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Atti di polizia e processuali periodo 1927-1936 relativi all’attività di Enrico Minio e del nucleo degli antifascisti civitonici A cura di Luigi Cimarra.

Enrico Minio Verbali Polizia

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Atti di polizia e processuali periodo 1927-1936 relativi all’attività di Enrico Minio e del nucleo degli

antifascisti civitonici

A cura di Luigi Cimarra.

[SENTENZA] IN NOME DI SUA MAESTA’ VITTORIO EMANUELE III per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia Il tribunale Speciale per la Difesa dello Stato istituito ai sensi dell’art. 7 della Legge 25.11.1926 n° 2008 composto dagli ill.mi SAPORITI Grande Ufficiale Alessandro Generale di Div. Presidente SGARZI Cav. Giovanni Console MVSN Giudice ALFARO Comm. Alfredo idem idem OTTANELLI Cav. Domenico idem idem DE MARTINI Cav. Uff. Vittorio idem idem BUTTAFURRI Cav. Giacomo Avvocato Giudice Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA DEL PROCEDIMENTO PENALE A CARICO DI: 1. POCCECAI Vittorio fu Giuseppe e di Grassi Lucia nato ad Istria (?) il 13 Marzo 1896. 2. MINIO Enrico di Vincenzo e di Antonini Maria, nato a Civitacastellana il 4 maggio 1906. 3. TORNIAI Enrico di Angelo e di Toschi Giulia nato a Firenze il 2 maggio 1905. 4. CANNELONGA Carmine di...... (?) nato a San Severo il 3 marzo 1904 5. SANNA Antonio fu Domenico e di Murgia Elisa nato ad Oristano il 3 Febbraio 1904. 6 SURACI Paolo ....... (?) nato a Reggio Calabria il 15 gennaio 1897. 7. CARACCIOLO Domenico di Vincenzo e di Santori Rosa nato a Cette (Francia) il 15 settembre 1899. IMPUTATI a) - del delitto previsto e punito dall’art. 4 p.p. 1 e 2 capoverso della Legge 25 novembre 1926 n. 2008 per avere sino alla data del loro arresto (dicembre 1927) fatto parte del partito comunista ricostituitosi dopo lo scioglimento ordinato dalla Pubblica Autorità. b) – il Poccecai, il Torniai ed il Minio anche del delitto di mentite generalità e di uso sciente di falsi documenti previsti e puniti dagli articoli 285-436 C.P. per avere al momento del loro arresto declinato false generalità ed esibito carte di identità false. c) - il Suraci per il reato di cui all’art. 436 dico 436 C.P. per avere al momento del suo arresto declinato false generalità. IN PUBBLICA UDIENZA Udita la lettura della sentenza di rinvio e degli atti processuali; Udita la requisitoria del P.M.; Sentiti i difensori e gli accusati che hanno avuto per ultimi la parola IN FATTO ED IN DIRITTO

è risultato quanto appresso: La R. Questura di Napoli con separati rapporti in data 22 giugno e 28 giugno 1927 informava l’Autorità Giudiziaria di questo Tribunale che in Napoli erasi scoperta la sede dell’Ufficio 15 del Partito Comunista il quale aveva il compito di operare nella zona dell’Italia meridionale e della Sicilia per costituire le fila del partito stesso. Che le indagini fatte per conoscere quali fossero i maggiori componenti del detto Ufficio portarono alla identificazione dei comunisti SANNA Antonio e SURACI Paolo i quali ricoprivano la carica di segretario interregionale il primo e di vice segretario interregionale il secondo. Che dopo l’allontanamento di costoro perché ricercati per l’assegnazione al confino, il partito comunista li fece sostituire nel lavoro di organizzazione e propaganda da un individuo che si faceva chiamare ANNONI Francesco. E dalla vigilanza esercitata attorno a costui si accertò che egli a Napoli aveva frequenti contatti con altri compagni di fede, e cioè coi sedicenti ZANETTI Pietro e ROSSI Mario, i quali si recavano spesso nelle altre città dell’Italia Meridionale per la riorganizzazione del partito e per la propaganda. Che in data 30 giugno la Questura di Salerno aveva segnalato a quella di Napoli la partenza per detta città di un giovane i cui connotati corrispondevano a quelli del sedicente ROSSI Mario, e veniva riferito che costui aveva tentato in Salerno di consegnare a compagni di fede materiale di propaganda comunista. Disposto un servizio di pedinamento furono tratti in arresto i sedicenti ANNONI Francesco, ZANETTI Pietro e ROSSI Mario, ed in base alle perquisizioni eseguite sulle loro persona e nei loro domicili è risultato che l’ANNONI era invece tale POCCECAI Vittorio, che lo ZANETTI era tale SOLATITETTO Guido, e che il ROSSI era invece tale MINIO Enrico. Costoro furono trovati in possesso di copioso materiale di propaganda comunista consistente in libri, opuscoli, tessere, indirizzi, manifesti, giornali, punzoni, stampiglie, emblemi del partito, una macchina da scrivere ed un apparecchio completo Antolito Serafini, per riprodurre stampati. Inoltre in una valigia veniva trovata la somma di L. 23.000,00 ed [3 -965] indosso agli arrestati la complessiva somma di L. 1800,00 che venivano sequestrate. Al momento dell’arresto i tre suddetti individui declinarono false generalità ed esibivano carte d’identità false, ma alle contestazioni del Funzionari finirono per dire i loro veri nomi. Veniva in seguito rintracciato ed arrestato tale TORNIAI Guglielmo che aveva funzioni di corriere; costui sottoposto ad interrogatorio confessava di avere avuto incarico a Roma da certo Galileo di portare a Napoli il materiale di propaganda da consegnare ad un tale Corneto, il quale altri non era che il Minio. L’Ufficio di Polizia Politica della R. Prefettura di Foggia con rapporto in data 26 giugno 1927 (V. I, F 6-12) informava l’autorità Giudiziaria di questo Tribunale che nella provincia di Foggia si era ricostituita la Federazione Provinciale del Partito Comunista con sede a San Severo e che il fiduciario di detta Federazione era il comunista CANNELONGA Carmine il quale si recava frequentemente a FOGGIA per trovare elementi comunisti, con i quali si manteneva in corrispondenza dirigendo le lettere all’indirizzo convenzionale di RUSSI Addolorata Via Bonfiglio N:5, e firmando con pseudonimo di ALDO, che ogni fine mese recapitava sussidi in danaro a famiglie di arrestati e confinati politici; e che effettuava la distribuzione di manifestini del partito a lui consegnati dal corriere interregionale proveniente da Napoli. Con rapporto in data 23 Febbraio 1928 (V. I, F. 185) la R. Questura di Salerno informava che l’ex ferroviere CARACCIOLO Domenico, noto comunista di Salerno, si recava spesso a Napoli col pretesto di sollecitare la liquidazione di alcune indennità dovutegli dall’Amministrazione Ferroviaria, ma in realtà andava per abboccarsi con emissari del partito comunista dai quali riceveva anche sussidi da distribuire alle famiglie dei confinati, e che infine eragli stato spedito un apparecchio litografico destinato alla riproduzione clandestina di giornali, manifesti ed opuscoli del partito – difatti il 28 marzo era giunta al suo indirizzo [5- 966] allo scalo ferroviario di Salerno una cassetta di rilevanti dimensioni contenente una macchina da scrivere “Antolito Serafini” che era stata spedita da Roma e figurava mittente Caracciolo Domenico e destinatario se stesso in Salerno.

Pertanto si procedeva contro i denunziati per i fatti risultanti dai suaccennati rapporti. Durante l’istruttoria perveniva a questo Tribunale dal Procuratore del Re di Torino un altro procedimento a carico di Minio Enrico per il seguente fatto: il mattino del 10 marzo 1927 alle ore 10 erano state rinvenute nell’Ufficio telegrafico della Borsa annesso alla Camera di Commercio, cinque o sei copie del giornale “L’Unità” del 25 Febbraio 1927, sparse in parte sul tavolo degli esperimenti ed in parte nascoste sotto i registri degli apparati ed introdotte clandestinamente nell’Ufficio stesso durante l’assenza di tutto il personale. Le copie del detto giornale furono tolte dal Capo dell’Ufficio Telegrafico cav. Gallia prima che gli impiegati ne potessero prendere visione. In seguito a ciò fu interrogato il portiere e questi ha dichiarato che verso le ore 9 del giorno stesso si presentò a lui un individuo per chiedergli le chiavi del telegrafo dovendo verificare un registro; ed egli in buona fede gliele diede perché aveva visto altre volte lo stesso individuo prestare servizio nell’Ufficio Telegrafico. Dai connotati dati dal portiere si ritenne che l’individuo fosse Minio Enrico, in quanto che costui aveva prestato servizio per alcuni mesi nel detto Ufficio Telegrafico, e poi era stato licenziato per scarso rendimento. Per tale fatto si procedette contro il MINIO, ed il relativo procedimento venne abbinato a quello contro POCCECAI ed altri in cui, come è detto avanti, è coinvolto anche il MINIO. La Commissione Istruttoria con sentenza in data 27 agosto 1927 VI in esito alle risultanze degli atti rinviava a giudizio il POCCECAI, il MINIO, il CANNELONGA [6-967], il TORNIAI, il SANNA, il SURACI ed il CARACCIOLO per rispondere ciascuno dei reati a loro rispettivamente ascritti in rubbrica (!). All’odierno dibattimento l’imputato POCCECAI ha dichiarato di appartenere al partito comunista dalla sua costituzione e di aver fatto sempre del suo meglio per servire il detto partito nel raggiungimento del suo programma. Ha confessato di aver ricoperto la carica di Segretario Interregionale anche prima dell’arresto del SANNA e del SURACI, e che il danaro sequestratogli, e cioè L. 23.000,00 rinvenuto nella valigia, e L: 870,00 trovatigli in dosso, sono il ricavato della raccolta fatta tra gli operai per sovvenzionare le vittime politiche e per sostenere le spese di propaganda e di altro. Ha confessato di avere al momento dell’arresto dichiarato agli agenti false generalità, ed esibito l’identità falsa di FABBRETTO Mario. Dalle sue stesse dichiarazioni emerge quindi la prova dei fatti che gli sono attribuiti e che trovano conferma nei rapporti della Questura di Napoli e nella deposizione del Commissario cav. Manzi. Anche il copioso materiale sequestratogli, che è descritto al V. I, F. 50 e 53, dimostra che egli si occupava della propaganda mediante diffusione di giornali e di altre stampe comuniste. Egli quindi deve essere ritenuto colpevole dei reati di ricostituzione del partito comunista a senso dell’art. 4 prima parte della Legge 25 novembre 1926 N. 2008, di appartenenza al partito comunista a senso del primo capoverso del citato articolo e di propaganda sovversiva a senso del secondo capoverso dello stesso articolo, nonché del reato di false generalità a senso dell’art. 436 C.P. e del reato di uso sciente di carta d’identità falsa a senso dell’art. 285 stesso codice. Si osserva però che il reato di appartenenza al partito comunista rimane assorbita nel reato maggiore, che è quello di ricostituzione, a senso dell’art. 78 C.P. in quanto il Tribunale ha sempre ritenuto che chi ricostituisce il partito comunista necessariamente [7-968] ne fa parte. Così pure il reato di false generalità rimane assorbito dal reato maggiore di uso di carta d’identità falsa, inquantoché la esibizione della carta d’identità falsa importa necessariamente di mentire le generalità. Interrogato il Minio ha confermato le dichiarazioni fatte in periodo istruttorio da cui risulta che si è recato da Torino a Napoli per ordine del partito comunista con l’incarico di Segretario interregionale giovanile n° 20 per l’Italia meridionale e per la Sicilia con lo stipendio di L. 1200,00 mensili; che ha esplicato la sua attività per la ricostituzione del partito e per la propaganda, e che tutto il materiale sequestratogli gli veniva fornito dalla Direzione del partito.

Ha soggiunto che prima di recarsi a Napoli, il partito comunista lo munì della carta d’identità falsa a nome di ROSSI Mario, e che egli al momento dell’arresto esibì agli agenti declinando false generalità. Ha negato di avere depositato nell’Ufficio Telegrafico della Borsa di Torino le copie del giornale L’Unità a scopo di propaganda. Però gli elementi raccolti in istruttoria fanno ritenere che egli, e non altri, sia l’autore del fatto denunziato, in quanto che egli stesso ha confessato di essere colui che in quel giorno ha chiesto le chiavi al portiere per entrare nell’Ufficio (V. 4, F. 87) . Il copioso materiale di stampa sequestratogli e descritto a volume I foglio 56-57 dimostra la sua attività per la ricostituzione della federazione giovanile comunista e per il lavoro di propaganda. Anche il fatto commesso nell’Ufficio Telegrafico di Torino fa parte dell’attività che egli svolgeva dovunque a favore del partito comunista. Non vi ha dubbio quindi che le prove dei fatti che sono a lui attribuiti è raggiunta [969-11]. Questi fatti rivestono rispettivamente caratteri dei reati di ricostituzione, di propaganda e di appartenenza a senso dell’art. 4 della citata Legge 25 Novembre 1926 n° 2008; nonché dei reati di false generalità e di uso di carta d’identità falsa a senso degli art. 436 e 285 C.P. Per le stesse ragioni dette avanti nell’esaminare le responsabilità del POCCECAI, devesi ritenere assorbito il reato di appartenenza nel reato di ricostituzione del partito comunista ed il reato di false generalità nel reato di documento falso. Circa la somma di L. 375,00 trovate in dosso al Minio è risultata che essa faceva parte del danaro che gli venne inviato dal partito comunista per l’attività che egli svolgeva. L’imputato TORNIAI Guglielmo ha confessato di appartenere al partito comunista e che disimpegnava la mansione di corriere della Federazione Giovanile con lo stipendio di L. 1000,00 al mese portando materiale di propaganda ed altro da Roma a Napoli. Nel rapporto della Questura di Napoli risulta che nella busta di cuoio che aveva con sé al momento dell’arresto si rinvennero copie di giornali, manifestini, resoconti, bollettini, tessere provvisorie e L. 2.000,00. Egli era munito di tessera ferroviaria per l’intera rete d’Italia con le false generalità di CIOTTI Renato, e che esibì al momento del suo arresto. In base a tali risultanze mentre devesi ritenere raggiunta la prova della sua appartenenza al partito comunista e del suo concorso alla propaganda sovversiva mediante il trasporto da una località all’altra di giornali e di stampe del partito comunista destinati alla diffusione, non si è però raggiunta la prova che egli abbia concorso all’opera di ricostituzione del partito comunista che svolgevano il POCCECAI ed il MINIO nell’Italia Meridionale [12-970]. Pertanto in ordina a questo capo d’imputazione deve andare prosciolto per non provata reità, e deve invece essere ritenuto colpevole dei reati di appartenenza al partito comunista e di propaganda sovversiva a senso dell’art. 4 primo e secondo comma della Legge 25 Novembre 1926, n° 2008 Raggiunta altresì la prova che egli ha declinato agli agenti al momento del suo arresto false generalità e che ha fatto uso di documenti falso, consegue che deve essere ritenuto colpevole dei reati di cui agli articoli 436 e 285 C.P. rimanendo però assorbito il reato minore nel reato maggiore come è detto avanti. L’imputato CANNELONGA ha dichiarato di aver fatto parte del partito comunista sino al 1926 e poi di non essersi più occupato di politica. Invece nel rapporto della Questura di FOGGIA e dalla deposizione del Commissario TRIOLO è risultato che il CANNELONGA nel 1927 era fiduciario del partito comunista e lo ha confessato egli stesso nel suo primo interrogatorio. Che si mantenne in rapporto col segretario interregionale LISA ATHOS Adone incaricato della ricostituzione del partito e da costui riceveva denaro per sussidiare le famiglie dei detenuti e confinati politici, e manifesti e giornali per la diffusione. Che si recava spesso a FOGGIA ed avvicinava elementi comunisti che si manteneva in corrispondenza con costoro scrivendo all’indirizzo convenzionale di RUSSI Addolorata Via Bonfiglio N. 5.

Pertanto vi sono elementi sufficienti di prova che dimostrano la sua appartenenza al partito comunista e la sua attività per la ricostituzione del partito nella provincia di FOGGIA e per la propaganda esercitata mediante la distribuzione di sussidi. Rimane assorbito il reato di appartenenza al partito comunista in quello di ricostituzione; e perciò il CANNELONGA deve esser ritenuto colpevole dei reati di ricostituzione propaganda a senso degli articoli [971-13] 4 parte prima e seconda della citata Legge. SANNA Antonino ha dichiarato di non essere stato mai iscritto al partito comunista, invece dal rapporto della Questura di Napoli e dalla deposizione del Commissario TRIOLO è risultato che il SANNA era segretario interregionale dell’Ufficio 15 incaricato della ricostituzione del partito e della propaganda nell’Italia Meridionale. MANCA UNA PAGINA [972-15] Esaminata in tal modo le responsabilità di ciascun imputato in ordine ai reati a loro rispettivamente ascritti si passa all’applicazione delle pene ed il Tribunale le determina nel modo seguente: A ciascuno degli imputati POCCECAI e MINIO infligge: a) per il reato di ricostituzione del partito comunista dieci anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici Uffici a norma della prima parte dell’art. 4 della Legge 25 Novembre 1926 2008. Alla pena di reclusione aggiunge tre anni di vigilanza speciale della pubblica sicurezza a norma dell’art. 28 C.P. b) per il reato di propaganda 4 anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici Uffici a norma del citato art. 4. Ed alla pena della reclusione aggiunge tre anni di vigilanza speciale della Pubblica Sicurezza a norma dell’art. 28 C.P. c) Per il reato di uso di documento falso 4 mesi di reclusione a norma dell’art. 284 C.P. Procedendo al cumulo giuridico delle dette pene a norma dell’art. 68 C.P. si perviene alla complessiva pena di dodici anni e due mesi di reclusione e della interdizione perpetua dai pubblici uffici. Rimane ferma la vigilanza speciale per la durata di tre anni che è il massimo consentito dall’art. 28 C.P. All’imputato SANNA Antonio infligge: a) per il reato di ricostituzione dieci anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici a norma della prima parte del citato articolo 4; a cui aggiunge tre anni di vigilanza speciale a norma del detto articolo 28 C.P. b) per il reato di propaganda quattro anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici a norma del secondo capoverso dello stesso articolo, a cui si aggiunge tre anni di vigilanza speciale della P.S. a norma del citato articolo 28 C.P. E procedendo al cumulo giuridico delle dette pene a senso dell’art. 68 si perviene alla complessiva pena di dodici anni di reclusione, [973-16] della interdizione perpetua dai pubblici uffici e di tre anni di vigilanza speciale della P.S. A ciascuno degli imputati CANNELONGA Carmine e SURACI Paolo infligge a) per il reato di ricostituzione del partito comunista otto anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici Uffici a norma del secondo capoverso dell’art. 4, e tre anni di vigilanza speciale. b) per il reato di propaganda quattro anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici Uffici a norma del secondo capoverso dell’art. 4; e tre anni di vigilanza speciale. Al SURACI singolarmente per il reato di false generalità lire 300 di ammenda a norma dell’art. 436 C. P. Procedendo quindi al cumulo giuridico delle dette pene a norma dell’art. 68 C.P. si perviene alla complessiva pena di dieci anni di reclusione e della interdizione perpetua dai pubblici Uffici, e nei riguardi del SURACI anche di lire trecento di ammenda, ferma restando per entrambi la vigilanza speciale per la durata di tre anni. A TORNIAI Guglielmo infligge:

a) Per il reato di appartenenza al partito comunista cinque anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici Uffici a norma del primo capoverso del citato articolo 4; a cui aggiunge tre anni di vigilanza speciale. b) per il reato di propaganda cinque anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici a norma del secondo capoverso del citato articolo 4; e tre anni di vigilanza speciale sempre a norma dell’articolo 28 C.P. c) per il reato di uso di documenti quattro anni di reclusione a norma dell’articolo 285 C.P. Procedendo al cumulo giuridico delle dette pene a norma dell’articolo 68 C.P. si perviene alla complessiva pena di sette anni e otto mesi di reclusione e della interdizione perpetua dai pubblici Uffici, oltre tre anni di vigilanza speciale. A CARACCIOLO Domenico infligge: per il reato di appartenenza al partito comunista cinque anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici a norma del secondo capoverso del citato articolo quattro e tre anni [974-17] di vigilanza speciale a norma dell’articolo 28 C.P. Ritenuto che i condannati sono obbligati in solido al pagamento delle spese processuali a norma dell’articolo 39 C.P. Ritenuto infine che il danaro e gli altri oggetti sequestrati devono essere confiscati a norma dell’articolo 36 stesso codice perché erano destinati a commettere i reati. PER QUESTI MOTIVI Il tribunale letti ed applicati gli articoli 13, 20, 24, 28, 36, 39, 78, 285, 436 Codice Penale nonché l’articolo 4 della Legge 25 Novembre 1926 N. 2008 e gli articoli 485 Codice Penale Esercito dichiara: a) non provata la reità di TORNIAI Guglielmo in ordine del reato di ricostituzione del partito comunista e lo assolve da questa imputazione; b) non provata la reità di CARACCIOLO Domenico in ordine ai reati di ricostituzione del partito comunista e di propaganda sovversiva e lo assolve dalle dette imputazioni; c) assorbito il reato di appartenenza al partito comunista nel reato di ricostituzione di detto partito nei riguardi di POCCECAI Vittorio, MINIO Enrico, CANNELONGA Carmine, SANNA Antonio e SURACI Paolo; d) assorbito il reato di mendaci generalità nel reato di uso sciente di documento falso nei riguardi di POCCECAI, di MINIO e di TORNIAI; conseguentemente ritiene gli imputati colpevoli degli altri reati a loro ascritti e condanna

- POCCECAI Vittorio e MINIO Enrico ciascuno alla complessiva pena di dodici anni e due mesi di reclusione, alla interdizione perpetua dai pubblici Uffici ed a tre anni di vigilanza speciale.

- SANNA Antonio alla complessiva pena di dodici anni di reclusione [975-18] alla interdizione perpetua dai pubblici uffici ed a tre anni di vigilanza speciale.

- CANNELONGA Carmine e SURACI Paolo ciascuno alla complessiva pena di dieci anni di reclusione, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici ed a tre anni di vigilanza speciale; ed il SURACI anche a lire trecento di ammenda.

- TORNIAI Guglielmo alla complessiva pena di sette anni ed otto mesi di reclusione, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici ed a tre anni di vigilanza speciale.

- CARACCIOLO Domenico alle pena di cinque anni di reclusione, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici ed a tre anni di vigilanza speciale.

Pone a carico dei suddetti condannati l’obbligo in solido del pagamento delle spese processuali ed ordina la confisca del denaro e degli altri oggetti sequestrati. Roma ventidue ottobre millenovecentoventotto – Anno VI.

IL PRESIDENTE F. Saporiti Alessandro

IL GIUDICE RELATORE I GIUDICI F. Buccafurri Giacomo F. Sgarzi Giovanni “ Alfaro Alfredo Il CANCELIERE “ Oliveti Ivo F. Carli “ Ottanelli Domenico “ De Martini Vittorio con declaratoria in data 28 Aprile 1930 il Tribunale Speciale dichiara condonati condizionatamente nei riguardi di POCCECAI Vittorio – MINIO Enrico e di TORNIAI Guglielmo quattro mesi di reclusione inflittigli per il reato di cui all’art. 285 C.P. determinando la residuale pena per POCCECAI e MINIO in dodici anni e di reclusione e per TORNIAI in sette anni e sei mesi di reclusione. Dichiara estinta per amnistia la pena di L. 300,00 di ammenda inflitta a SURACI Paolo per il reato di mentite generalità art. 3 R.D.I. gennaio 1930 N. 1. Roma li 7 maggio 1930 A. VIII Il Cancelliere Capo F. Augusto FERMAZZA R.D. 5 Novembre 1932 N. 1403

Declaratoria 9 Dicembre 1932-XI

DICHIARA 1° Cessata per amnistia l’esecuzione delle condanne: per il reato di cui all’art. 4 primo capoverso Legge 25.11.1926 N. 2008 per il Torniai e il Cannelonga; per il reato di cui all’art. 4 secondo capoverso legge suddetta per Poccecai, Minio, Cannelonga e Suraci; per il reato di cui all’art. 285 n° 3 C.P. 1889 per il Poccecai, Minio, e Torniai. Cessati per i soli Torniai e Cannelonga la vigilanza speciale e l’interdizione dai pubblici uffici. 2° Condonati per effetto dell’indulto 3 anni delle pene riportate per il reato di cui all’art. 4 parte prima legge 25. 11. 1926 n. 2008 da Poccecai, Minio, Sanna, Cannelonga e Suraci; e cessata la esecuzione della vigilanza speciale per Suraci e Cannelonga, rimanendo ferma la vigilanza per gli altri tre e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Roma li 17 dicembre 1932-XI Il Cancelliere Capo F.to A. BACHIDDU [trascritto da L.C. ottobre-dicembre 2006]

ACS, Min. dell’Interno, Direz. Gen.le della Pubblica Sicurezza, Divisione Polizia Politica - Viterbo Comunismo B 91/2 Div. Polizia Politica 1927-1944 9

Doc. n° 1 Roma 2 giugno 1935 XIII Mi ha telefonato il Luogotenente Generale comm. Gino Calza Bini pregandomi di ricevere il signor Paesani Pio pittore residente a Civita Castellana (Viterbo) che aveva da riferire notizie che interessavano i servizi di Polizia Politica. Ho infatti, poco dopo, ascoltato il predetto individuo il quale mi ha riferito che nella Provincia di Viterbo vi deve essere un’organizzazione antifascista, con molta probabilità a sfondo comunista. Il Paesani è stato più volte avvicinato da individui che gli hanno fatto vedere stampati antifascisti con tanto di falce e martello impressi sul frontespizio. Altri individui gli hanno detto che quei fogli li fanno stampare essi stessi in provincia e lo hanno invitato ad entrare nella loro organizzazione, a contribuire alle spese per la stampa dei fogli di propaganda ecc. ecc. Il Paesani adducendo le difficoltà nelle quali si dibatte ha preso tempo ed ha pensato di rivolgersi per consiglio al comm. Calza Bini che egli conosce da anni perché è vecchio fascista. Chiestogli se gli altri sapessero che è fascista mi ha risposto negativamente affermando che anzi lo credono ostile al Regime perché abitualmente disoccupato e perché da anni non si è messo in vista nel partito. Invitato a fare nomi mi ha detto che conosce di vista gli individui coi quali ha avuto contatti, non sa come si chiamano, ed ha aggiunto che costoro gli hanno accennato ad un capo che sarebbe un attivo antifascista già compromesso, confinato ed ora, da qualche tempo tornato in provincia di Viterbo. Il Paesani afferma che se autorizzato e guidato in breve tempo potrebbe far scoprire tutta l’organizzazione, ma ha fatto intendere altresì che non desidererebbe avere contatti con funzionari della Provincia di Viterbo, ove egli è molto conosciuto. Gli ho detto che nel caso che la cosa meriti uno sviluppo fra alcuni giorni invieremo da lui un nostro incaricato affinché dia a questi tutte le indicazioni precise, prenda da lui istruzioni e le segua strettamente. Qualora si decida di inviare un funzionario da lui occorrerà che questi gli fissi un appuntamento in un albergo di Viterbo, inviandogli un biglietto firmato “Quinto”. [trascritto da L.C. ottobre-dicembre 2006]

Doc. n° R. PREFETTURA DI TERNI Direzione PS N. di prot. 08483 17 giugno 1935 OGGETTO: Rinvenimento di copia del giornale sovversivo “L’UNITA’” datato Milano - Giugno 1935. Alle LL. SS. i PREFETTI di VITERBO – MILANO – VARESE- TRENTO – ROMA e p.c. ON. MINISTERO DELL’INTERNO Direzione Generale PS – ROMA Il 16 corrente, alle ore 11, si presentavano al Segretario del Fascio di Sangemini (Terni) i sottoscritti autisti che gli consegnavano una copia, a foglio intero, poligrafata, con caratteri corsivi color violetta, del giornale sovversivo ‘L’Unità’ datato “ Anno XI N. 7 Milano giugno 1935” che porta nella prima pagina impresso a lettere evidenti “Nell’anniversario del martirio di Giacomo Matteotti = Abbasso il governo degli assassini” con speciale titolo del primo articolo che impegna tutta la prima facciata “I delitti dei fascisti ed il tradimento socialdemocratico”: BRUNELLA Franco di Casimiro e di Santamaria Giuseppina, nato a Varese il 12 maggio 1905, ivi domiciliato Via S. Martino n. 11; SPADA Libero, di Alberto e di Terminioni Valentina, nato a Milano, il 1° luglio 1905, residente a Varese Via Donizetti n. 4; MARCOLINI Guido di Gaetano e fu Boni Elena, nato il 18 settembre 1908 ad Arco (Trento) residente a Busto Arsizio – Via Luigi Maino n. 5. Il Comandante di quella Stazione dell’Arma dei CC.RR., subito avvertito, interrogava i tre autisti i quali dichiaravano che la notte dal 15 al 16 andante, essendosi –con l’autotreno da loro condotto – fermati per pernottare nei pressi di Sangemini, e precisamente in località “Grotta degli Zingari”, mentre il Marcolini si accingeva a coricarsi, vedeva sul piano del cassone della motrice, il giornale sovversivo cui trattasi. Meravigliato della scoperta ne parlava subito ai compagni e quindi il mattino successivo tutti uniti sporgevano denuncia. Gli autisti affermavano di essere partiti da Roma diretti a Sangemini, alle ore 16 del 15 corr., con l’autotreno scarico, movendo dello Spolettificio militare sito in Via Flaminia . Giunti a Civita Castellana, pare, verso le ore 22 sostavano nelle vicinanze del Ponte “Clementino” e cenavano presso la trattoria “Dei Cacciatori”. In precedenza, si erano fermati, per circa un’ora e mezza, avendo dovuto eseguire delle riparazioni alla macchina, nei pressi della trattoria “Due Ponti” sita lungo la via Salaria, in località che non hanno saputo precisare. Lungo il percorso, hanno escluso di essere stati avvicinati da chicchessia ad eccezione del proprietario dell’osteria “Due Ponti”, uomo dall’apparente età di anni 60, alquanto tarchiato, alto m. 1,65 circa, e con il quale si erano intrattenuti, brevemente, a parlare.

Gli autisti, ritengono che il giornale, della cui esistenza non se ne erano avvisti a Roma, sia stato lanciato nella loro macchina a Civitacastellana, e questo perché soltanto colà, ricordano di aver lasciato l’autotreno incustodito per circa un’ora. Dei tre Brunella e Spada, sono iscritti al PNF, e precisamente alla sezione di Varese; il Marcolini ha dichiarato di non far parte del PNF. Si pregano le SS.LL. i Prefetti di Milano, Varese, Trento di fare raccogliere e riferire minuziose informazioni sulla moralità, condotta politica, precedenti e capacità in propaganda sovversiva, antinazionale dei tre autisti e fare esperire nei loro confronti tutte quelle altre indagini che saranno ritenute idonee del caso. Si prega vivamente S.E. il Prefetto di Viterbo nella cui giurisdizione (Civitacastellana) si presume essere avvenuta la diffusione e S.E. il Prefetto di Milano ove, come appare dal giornale stesso, è stata curata la formazione e la tiratura, disporre le opportune investigazioni riferendone l’esito direttamente al Superiore Ministero e per conoscenza a questa Prefettura. Essendo poi gli autisti partiti da Roma, movendo dallo Spolettificio militare di Via Flaminia anche la Prefettura di Roma è pregata di far svolgere indagini intese ad identificare possibilmente i diffusori di tale stampa sovversiva. Intanto la copia sequestrata si rimette al Superiore Ministero. IL PREFETTO (Selvi) [trascritto da L.C. ottobre-dicembre 2006]

Doc. n° B91/2 Roma 26 luglio 1935 Risulta che a Civita Castellana vi è un forte covo di antifascisti. Potrebbe anzi dirsi meglio esservi colà un covo comunista e propaganda contraria al Fascismo ed al Regime. Avvengono riunioni di operai soprattutto fra coloro che lavorano nelle fabbriche di laterizi e di maioliche. Sembra che i predetti siano collegati con altri comunisti che vivono fuori del paese e coi quali sarebbero in strette relazioni. Occorrerebbe una oculata vigilanza sugli operai predetti. Si afferma che al Comandante della Stazione dei Carabinieri del luogo dovrebbe essere assai facile scoprire coloro che fanno propaganda antifascista e coloro che intervengono alle riunioni di cui sopra è cenno. [A sin. aggiunto a penna]: 1°/8/935 XIII Data copia al Comm. Andreani il quale provvederà a riguardo. [A dextr. aggiunto a matita blu]: Fatto vedere al Comm. Andreani. Evidentemente il sig. Paesani mandato dal g.le Calza Bini gira la posizione. [trascritto da L.C. ottobre-dicembre 2006]

Doc. n° 3 Roma, 19 Agosto 1935- XIII A S.E. il Capo della Polizia ROMA Come è noto all’E.V. da qualche tempo, a mezzo di un fiduciario, seguo la situazione del Comune di Civita Castellana, ove, per un complesso di circostanze, si deve ritenere via sia un sensibile risveglio da parte di elementi comunisti. Sono riuscito a penetrare nella organizzazione e ad individuare il dirigente del movimento nella persona di Minio Enrico di Vincenzo e di Antonini Maria nato a Civita Castellana il 4-5-1906 comunista schedato. Il Minio, ieri, nell’abitazione di certo CECCARELLI Pio ed in presenza del fiduciario ha pubblicato un foglio dal titolo “L’Unità – giornale del partito comunista – a. XII n. 9 – Milano Agosto 1935”. Ho presso di me una copia di detto giornale col quale si chiamano a raccolta i lavoratori per la lotta contro la guerra imperialista e contro il Fascismo affamatore. Il Minio ha interpellato il fiduciario se è disposto a trasportarlo, sabato 24 corrente con la motocicletta, a Reggio Emilia ove deve incontrarsi con altri elementi comunisti. La gita, ove non sorgano fatti nuovi, avrà luogo ed in quella città disporrò, d’accordo col comm. D’Andrea, accurato servizio per la identificazione degli individui che si incontreranno col Minio, che dovrebbe far ritorno in Civita Castellana la notte della domenica successiva. Subito dopo il ritorno del Minio, procederò in Civita Castellana sviluppando in pieno il servizio d’accordo con al R. Questura di Viterbo. Andreani [trascritto da L. C. ottobre-dicembre 2006]

Doc. n. N. 180 Roma 8 settembre 1935 – XIII A S.E. il Procuratore Generale del Tribunale Speciale Difesa dello Stato ROMA OGGETTO: Associazione comunista in Civita Castellana. Mi pregio di riferire alla S.V. che in Civitacastellana, da circa un anno, era stato notato un certo risveglio di attività politica da parte di elementi sospetti. Le notizie fiduciarie confermavano tale circostanza, ma, uno specifico episodio, dette la prova sicura che in quel Comune si svolgeva propaganda comunista, specie a mezzo di un giornale stampato alla macchia. La sera del 15 maggio u.s. gli autisti: a) BRUNELLA Francesco di Casimiro e di Santamaria Giuseppina, nato a Varese 12-5-1905, ivi domiciliato in Via San Martino 11; b) SPADA Libero di Alberto e di Terminioni Valentina, nato a Milano l’1-7-1905, domiciliato a Varese, in Via Donizzetti, 4; c) MARCOLINI Guido di Gaetano e fu Boni Elena, nato ad Arco (Trento) il 18-9-1908, residente a Busto Arsizio, con un autotreno, provenienti da Roma e diretti a Sangemini, verso le ore 22, si fermarono a Civitacastellana per consumare la cena. Lasciarono l’automezzo incustodito per circa un’ora nei pressi del ponte Clementino, recandosi nella vicina osteria “Dei cacciatori”. Ripreso il viaggio e, giunti nei pressi di Sangemini, rinvennero sul piano del cassone della vettura motrice, un giornale sovversivo poligrafato con inchiostro violetto dal titolo “L’Unità – giornale del partito comunista – anno XI – n° 7 – Milano – giugno 1935” che portava in prima pagina a grossi caratteri “Abbasso il Governo degli assassini – nell’anniversario del martirio di Giacomo Matteotti”. I suddetti denunziavano il fatto al Comandante la Stazione dei CC. RR. di Sangemini che procedeva al sequestro del giornale (reperto n. 1). Le indagini praticate dall’Autorità di Polizia esclusero ogni responsabilità degli autisti, due dei quali, il Brunella e lo Spada, sono iscritti al PNF e stabilirono in modo quasi certo che il giornale era stato lanciato sull’autotreno durante la sosta in Civitacastellana. Ricevuto ordine da S.E. il Capo della Polizia di rendermi conto dello stato delle cose per stroncare tale attività criminosa, disposi subito le necessarie indagini e venivo a precisare che i primi sintomi del risveglio sovversivo in quel comune si ebbero poco tempo dopo la liberazione dal carcere del comunista 1) MINIO Enrico, (inteso Pizzardino), di Giovanni (!) e fu Antonini Maria, nato a Civitacastellana li 4-5-1906, ceramista. Il Minio, condannato da codesto On. Tribunale Speciale nell’ottobre 1928 ad 11 anni di reclusione per attività comunista, nel luglio <dello> scorso anno, scontata la pena, si stabilì in Civita Castellana occupandosi come ceramista nella fabbrica De Angelis e C. ove, pur dimostrandosi buon lavoratore, non si lasciava sfuggire alcuna occasione per prendere le difese dei compagni e per acquistare benemerenze nella classe operaia. Per tale atteggiamento il proprietario della ditta De Angelis Giuseppe fu Pietro (verbale interrogatorio allig. 18) aveva deciso di licenziarlo. Il Minio, come egli stesso afferma, (verbale interrogatorio allig. 9) appena ritornato in libertà si dette al lavoro per la ricostituzione del gruppo comunista, in quel Comune. La sua opera, invero, non era ardua ove si consideri che Civitacastellana, per avere numerose fabbriche di ceramiche, è un importante centro operaio ove, pel passato, i lavoratori hanno

professato idee sovversive estreme ed anche tuttora, almeno buona parte di essi, continua a nutrire sentimenti ostili al Regime Fascista. Egli riusciva a costituire subito il nucleo dei dirigenti formato dai più fidi compagni che successivamente venivano identificati per 2) CECCARELLI Pio fu Pietro e di Di Mario Ezia, nato a Faleria il 13-07-1899, domiciliato in Civitacastellana, Via Regina Margherita, 48 ceramista; 3) FALLINI Marino fu Giovanni e Tampioni Francesca, nato a Nepi 8-2-1900, domiciliato in Civitacastellana, Piazza Quintana, ceramista; 4) SOLDINI Vittorio fu Augusto e di Romagnoli Girolama, nato Civitacastellana 19.5.1905, abitante Corso Umberto I 18, ceramista; 5) ODDI Giuseppe fu Giuseppe e di Contenti Santina, nato a Civitacastellana il 19.09.1908, domiciliato in Via Roma, n° 6, ceramista. Sorse di conseguenza la necessità di provvedere ad un mezzo di propaganda, e, poiché le riunioni numerose degli aderenti, potevano richiamare l’attenzione degli organi di Polizia, si decise di pubblicare clandestinamente un giornale poligrafato dal titolo “L’UNITA’ – giornale del partito comunista” – che doveva figurare stampato a Milano per fuorviare ogni sospetto locale. Per ovvie ragioni il Minio non portò a casa sua nessun oggetto o scritto che potesse comunque comprometterlo, e, per il lavoro di stampa e tiratura delle copie, scelse l’abitazione di Ceccarelli Pio, mutilato e pensionato di guerra, ove fece trasportare due poligrafi e tutto il materiale occorrente. Il lavoro procedeva a gonfie vele; la propaganda si faceva sempre più intensa ed efficace ed ogni giorno gli affiliati aumentavano di numero. Redattore del giornale era il Minio, l’unico dotato di una certa cultura, che si occupava anche della tiratura delle copie col poligrafo coadiuvato dal Fallini Marino e Oddi Giuseppe, mentre per la distribuzione del foglio agli aderenti provvedevano lo stesso Fallini Marino e Soldini Vittorio. In ogni fabbrica venivano introdotte poche copie, che passando di mano in mano, venivano lette da tutti gli affiliati e simpatizzanti e poscia distrutte nelle fornaci. Il programma dell’azione da svolgere si fissava in frequenti riunioni serali nelle campagne limitrofe all’abitato, alle quali partecipavano oltre il Minio ed i citati dirigenti le cellule delle fabbriche, e pochi elementi scelti tra i più fidati. Un anno di intenso lavoro, svoltosi senza alcun infortunio e, si credeva, senza destare sospetti, aumentò l’audacia dei maggiorenti che in una riunione stabilivano di non limitarsi più alla sola organizzazione e propaganda delle teorie comuniste, ma che bisognava dare la sensazione della esistenza e rigogliosa attività del movimento, eccitando gli aderenti a compiere manifestazioni materiali di fede man mano che si presentavano le buone occasioni. E le occasioni non mancarono. A) La sera del 14 luglio u.s., durante la sfilata in Piazza Vittorio Emanuele del 6° Regg. Cavalleria, colà giunto per le manovre, un vecchio paralitico non potette togliersi il cappello al passaggio della bandiera. Un fascista, molto inopportunamente, lo redarguì tirandogli un pugno e provocando il giusto risentimento dei parenti del disgraziato. Accortisi dell’incidente i comunisti che sostavano compatti davanti al vicino “Caffè Roma” – autentico covo di tutti i sovversivi del luogo – e col pretesto di difendere il vecchio inabile si scagliarono contro il fascista insultandolo e minacciandolo. Intervennero i militari dell’Arma che riuscirono, sotto la loro protezione, a fare allontanare il fascista evitando ulteriori incidenti. L’episodio, che potrebbe essere considerato trascurabile fu per i comunisti – ai quali non sembrava vero, dopo tanti anni, di aver potuto rialzare la testa fare la voce grossa in piazza – un felicissimo debutto ed una prima vittoria per la quale menarono grande vanto; B) Pochi giorni dopo alcuni comunisti, capeggiati da certo Antonini Paolo, di Vincenzo e di Brandi Anna, nato a Civitacastellana il 12.3.1912, ceramista, cugino del Minio, nelle ore della notte avvinazzati giravano per la città disturbando la quiete pubblica. Invitati da una pattuglia di militari

dell’Arma a smettere e rincasare, risposero in modo provocatorio e minaccioso. I militi procedettero al fermo di uno di essi, ma gli altri riuscirono a liberare l’arrestato commettendo violenza agli agenti. Il mattino successivo furono tutti identificati e arrestati. ma la loro ribellione fu elogiata dai compagni di fede; C) Anche nelle fabbriche di ceramiche il movimento diventava sempre più evidente. Nello stabilimento di Coletta Ugo, ove per la intensa propaganda, che svolgeva il Fallini Marino, le masse erano più eccitate non si parlava che di comunismo e di riscossa. Il proprietario, (verbale interrogatorio allig. 17) tempo fa, preoccupato, diffidò un gruppo di operai a non occuparsi di politica durante le ore di lavoro e speciale personale ammonimento rivolse al Fallini capeggiatore delle maestranze. Ma il Coletta era uno dei più odiati padroni e bisognava colpirlo: nel luglio u.s., furono consumati due sabotaggi ai suoi danni mischiando materie estranee in due impasti di smalto. La ditta, convinta che trattavasi di vendette, denunziò i fatti all’Arma, ma i responsabili non potettero essere identificati. Intanto l’azione deleteria dei suddetti penetrava in profondità nella massa operaia, che, quasi tutta, aveva aderito o simpatizzava al movimento comunista. Ciò non era più un mistero per nessuno e nel paese si parlava apertamente della esistenza della organizzazione sovversiva. Mancavano però elementi di prova e le Autorità locali dovettero limitarsi ad esercitare una vigilanza sui più indiziati e adottare qualche inadeguato provvedimento precauzionale. Così il podestà, avvocato Alberto Parruccini (dichiarazione allig. 16) su conforme parere del Comandante la Stazione dei CC.RR. maresciallo Fiaschetti Domenico, con nota 23 luglio 1935 interessava il Giudice di Sorveglianza del Tribunale di Viterbo perché fosse revocato il permesso di rincasare, nei giorni festivi, alle ore 23 di Minio Enrico che un libero vigilato. Il Segretario Politico del luogo Riccioni dott. Riccardo, al quale da varie fonti pervenivano notizie sulla gravità del movimento sedizioso, mantenevasi a continuo contatto col Comandante la Stazione dell’Arma. L’attività intensa e manifesta dei capoccia non sfuggiva neanche ai Giovani Fascisti del luogo. Il Caposquadra del gruppo Racioppa Umberto di Ettore (verbale interrog. n. 19) fin dal luglio u. sc. seguiva il movimento illegale e, nel mese successivo, sentì il bisogno di costituire una squadra di polizziotti (!) improvvisati, composta di Giovani Fascisti, per pedinare e seguire le mosse dei dirigenti. Intanto una buona occasione si presentava ai capi per raccogliere più abbondanti frutti ed inoculare maggior odio negli organizzati contro il Regime. La notizia dell’inasprimento del conflitto con l’Etiopia ed il richiamo sotto le armi di diverse classi, avevano determinato nella massa bolscevizzante uno stato di malessere che bisognava sfruttare. Verso la metà dell’agosto u.s. i dirigenti, con l’intervento dei più fidati elementi, tennero un convegno nel quale stabilirono d’intensificare la propaganda contro la guerra. Fu deciso di provvedere subito alla pubblicazione di un numero del giornale “L’Unità” dedicato completamente a tale scopo; di fare intensa propaganda antimilitarista fra i giovani che stavano per ritornare sotto le armi e, incredibile, ma vero, di tenersi sempre pronti per una manifestazione di piazza contro la guerra ove si fosse presentato il momento favorevole. Infatti si provvide subito alla produzione di un giornale “L’Unità – n. 9 – Milano – Agosto 1935” dedicato alla propaganda contro la guerra, mentre veniva iniziato il lavoro per la tiratura al poligrafo di appositi manifestini. In possesso di così gravi notizie, rigorosamente controllate e riscontrate esattissime, cominciavo a predisporre i servizi per intervenire e, possibilmente, sorprendere i dirigenti mentre lavoravano alla tiratura del giornale. Ma un fatto nuovo stava per compromettere la buona riuscita dell’operazione. Come ho detto dianzi una squadra di Giovani Fascisti, con a capo il Racioppa, pedinava i dirigenti del movimento. Tale attività di polizia, svolta da giovani inesperti, alcuni dei quali non facevano mistero del compito assuntosi, fu subito notata dai comunisti, che, presi da panico, domenica 25 agosto, si dettero affannosamente a far sparire ogni traccia della loro azione illegale.

Per fortuna però la sorpresa era stata fissata per la notte successiva e così il tentativo dei responsabili riuscì vano. Alle ore una della notte del 25 u.s. con funzionari della Questura, diretti dal Questore Comm. Ceniti Vincenzo, con Comandante la Compagnia dei CC.RR. Cloos dott. Rosario e con adeguato numero di agenti e militari dell’Arma giunti in Civitacastellana disponendo il simultaneo arresto e perquisizione nel domicilio di tutti i dirigenti. E poiché era già a mia conoscenza che durante la giornata precedente, i poligrafi ed il materiale occorrente per la stampa erano stati dal Ceccarelli Pio, su consiglio del Minio Enrico, nascosti in una legnaia sita nello stesso stabile del Ceccarelli, tenuta in fitto da una certa Spidoni Giulia, maritata Bonfiglioli, impartii le opportune disposizioni al funzionario incaricato della sorpresa. Tutti i dirigenti la stessa notte furono arrestati e nella legnaia della Spidoni fu sequestrato (reperto n. 2) un pacco contenente una cassetta con entro due poligrafi, pasta, pennine speciali, compassi, guanti, alcune copie del giornale “L’Unità – n. 6 – 1° Maggio – Milano anno II – maggio 1935”, altre copie, alcune delle quali incomplete e poco chiare (n° 9 anno XI – Milano agosto 1935” precisamente quello dedicato per la propaganda contro la guerra; un manifesto stampato per il ‘soccorso rosso’; manifesti a striscie colle frasi poligrafate “Abbasso la guerra – Abbasso il fascismo che l’ha voluta” – “Basta con la prepotenza fascista” “Lavoratori non dimenticate i compagni camerati le vittime delle barbarie fasciste”; carta bianca manoscritti ed altro. In casa dell’Oddi Giuseppe nella perquisizione operata al momento dell’arresto nulla fu rinvenuto, ma poiché da notizie precise risultava che trovatasi una buona quantità di carta, usata per il giornale, si procedette ad una più accurata perquisizione e furono sequestrati (reperto n. 3) Kg 3,600 di detta carta. Risultava inoltre che il Fallini Marino era solito nascondere cose compromettenti nell’abitazione della propria suocera identificata per Tronti Quintina in Morganti fu Leone di anni 62 da Civitacastellana. Procedutosi a perquisizione nel domicilio di quest’ultima fu sequestrata (reperto n. 4) una copia del giornale “Il Messaggero” con macchie evidenti di inchiostro violetto per poligrafo precisamente di quello usato per la tiratura del giornale “L’Unità”. Di fronte a tali schiaccianti elementi di prova, il Ceccarelli ha dovuto confessare (verbale interrogatorio allig. 10) che nella sua abitazione si stampava il giornale ad opera del Minio Enrico e dell’Oddi Giuseppe, ma non ha voluto indicare i nomi degli altri responsabili. Egli cerca di attenuare la propria responsabilità affermando che, quale analfabeta, non poteva rendersi conto di ciò che si stampava e non aveva mai supposto che trattavasi di attività delittuosa. Dichiara che cominciò ad avere sospetti soltanto domenica 25 u.s. quando il Minio, verso le ore 10 antimeridiane, lo consigliò a far sparire “ogni cosa”. Fu un seguito a tale invito che andò a nascondere il materiale nella legnaia della Bonfiglioli. L’affermazione della sua buona fede ed inconsapevolezza non risponde a verità, perché egli era stato già individuato da me, dal caposquadra dei Giovani Fascisti Racioppa Enrico e dal Segretario Politico Riccioni dott. Riccardo per uno dei caporioni. Inoltre la stessa figlia Ceccarelli Nella (verbale interrogatorio allig. 14) ha confermato che quando in casa si recavano il Minio e l’Oddi, il padre l’allontanava unitamente alla madre, dicendo “Voi andate a passeggio, perché non dovete vedere ciò che facciamo”. Anche il Minio Enrico ha dovuto riconoscere le sue gravi responsabilità (verbale interrogatorio allig. 9). Ha ammesso che quando nel luglio s.a. fu dimesso dal carcere si stabilì in Civitacastellana iniziando la propaganda comunista e provvedendo alla pubblicazione del giornale “L’Unità” in casa Ceccarelli, per poter fare opera di penetrazione nelle masse operaie. Ha confessato anche di aver tenuto parecchie riunioni serali con i dirigenti nelle campagne limitrofe all’abitato e che nell’ultimo convegno fu stabilito di intensificare la propaganda contro la guerra. Non ha però voluto indicare i nomi dei suoi compagni di fede. Il Fallini Marino, invece, si è mantenuto cinicamente negativo (verbale interrogatorio allig. 13) escludendo financo di essere comunista. Non ha potuto negare però di essere stato diffidato dal proprietario della fabbrica Ugo Coletta a non occuparsi di politica nello stabilimento. Certo si è che egli è uno dei più accesi propagandisti e nella fabbrica ove lavora, mercè sua, si era costituito un

vero covo di arrabbiati bolscevici. I quali, tanto per cominciare a sfogare l’odio contro l’aborrito padrone, consumarono i citati atti di sabotaggio in danno della ditta. Il Fallini era stato già individuato dal caposquadra Racioppa e dal Maresciallo dei CC. RR. per uno dei capi ed era già sottoposto a vigilanza. Il sequestro nella casa della suocera di un giornale con tracce d’inchiostro violetto per poligrafo sta a dimostrare che non era estraneo alla pubblicazione del foglio clandestino. Anch’egli domenica u.s. annusò tempesta e, come dirò in seguito, provvide a far mettere al sicuro un gruzzoletto di denaro, destinato alla famiglia, nel caso fosse stato arrestato. Anche il Soldini, la di cui perquisizione domiciliare è riuscita negativa, si è chiuso nel più assoluto mutismo negando ogni addebito (verbale interrogatorio – allig. 12). Ma la sua attività era stata individuata da me, dal caposquadra Racioppa e dal Comandante la Stazione CC.RR. Egli, domenica 25 agosto, si recò dal compagno di fede Lucidi Giovanni fu Augusto e di Lelli Anna, nato il 2.12.1905 a Civitacastellana abitante Via Clementina 57, elettricista, consegnandogli una scatoletta di cartone con entro L. 240, con l’incarico di consegnare il denaro, metà alla famiglia Fallini, metà alla famiglia Oddi, nel caso i rispettivi capi famiglia venissero arrestati. Ciò ha confessato il Lucidi (verbale interrogatorio – allig. 15) il quale ha dichiarato anche che il giornale “L’Unità” gli veniva sempre dato per la lettura precisamente dal Soldini. Nell’abitazione di Lucidi è stata sequestrata una scatoletta di cartone con lire 240 (reperto n. 5). Anche l’Oddi si professa innocente, ma a suo carico, oltre alle precise accuse del Ceccarelli Pio, di Ceccarelli Nella e di Lucidi Giovanni, sta il fatto che nella sua abitazione teneva chilogrammi 3,600 di carta per il giornale, di cui una parte l’aveva già tagliata a strisce per la stampa dei manifesti. Denunzio pertanto per i provvedimenti di legge il Minio Enrico, Ceccarelli Pio, Fallini Marino, Soldini Vittorio e Oddi Giuseppe, i quali, quanto prima saranno tradotti a Roma ed associati nelle Carceri Giudiziarie a disposizione di codesto On. Tribunale Speciale. Tutto il materiale sequestrato, debitamente repertato, sarà depositato presso codesta Cancelleria. Per tutti gli altri aderenti al movimento, fra cui Lucidi Giovanni e Antonini Paolo, a carico dei quali, o non si sono potuti raccogliere sufficienti prove da concretare una denuncia penale, o non sono emersi elementi di particolare pericolosità, saranno adottati provvedimenti di polizia, in conformità delle istruzioni impartite dall’On. Ministero. Alligo gli atti assunti. IL F.F. ISPETTORE GENERALE DI P.S. Andreani [trascritto da L.C. ottobre-dicembre 2006]

Doc. n° 4 B 91/ 2 Roma 12 sett. 1935 Corre voce che in questi giorni sarebbero stati rinvenuti in vari luoghi una grande quantità di manifestini ostili al Fascismo ed alla impresa Etiopica, diffusi subdolamente da mani ignote ed asservite all’antifascismo di oltre frontiera. Si afferma all’uopo che la Polizia avrebbe già operato parecchi fermi di gente sospetta e che con il concorso di elementi Fascisti si starebbe esercitando una strettissima sorveglianza diurna e notturna onde individuare i responsabili di questi ed altri tentativi del genere. Si aggiunge che nella scorsa settimana i carabinieri di Civita Castellana avrebbero colà arrestati circa trenta individui, fra cui note persone del luogo, sorpresi mentre erano riuniti in una casa solitaria per organizzare in quella zona una sezione comunista. Si vuole che in tale occasione sarebbero stati sequestrati molti manifesti sobillatori, nonché materiale vario di propaganda antifascista, blocchi di ricevute e tessere occorrenti per la progettata organizzazione. [trascritto da L.C. ottobre-dicembre 2006]

Doc. n° 5 Roma 14 settembre 1935 Ci viene segnalato che nella zona industriale di Civita Castellana si è andanta (sic!) intensificando una propaganda antinazionale, a sfondo comunista, con un tentativo di organizzazione di vere e proprie “cellule comuniste”. Nelle fabbriche, in cui tale movimento va dilagando, viene diffuso un foglio che reca gli ordini di una organizzazione centrale: tale foglio del mattino viene inteso dagli affiliati sotto il nome di Messaggero – e la mattina l’uno all’altro viene comunicato col massimo segreto che “è arrivato il Messaggero”. Sembra che in tale organizzazione entri anche un prete del luogo, il quale avrebbe soprattutto affiliato parecchi giovani, già iscritti alle organizzazioni giovanili del Regime. Non mancheremo di raccogliere maggior particolari e di trasmetterli con la urgenza del caso. [trascritto da L.C. ottobre-dicembre 2006]

Doc. n° 6 R. PREFETTURA DI VITERBO Div. PS N. di prot. 010631 Viterbo 21 Dicembre 1939 – XVII OGGETTO: Civita Castellana – Attività sovversiva. Proposta di provvedimento di polizia. ON.LE Ministero dell’Interno Direzione Generale della P.S. Divisione AG.R. e per conosc. Divisione Polizia Politica ROMA Con riferimento – per ultimo alla mia riservata del 9 corrente, p.n., confermo a codesto On.le Ministero che, a quanto risulta al Questore per notizie confidenziali attendibili ed all’Arma dei CC. RR. del luogo, a seguito di vigilanza eseguita e d’informazioni assunte, i noti comunisti ODDI Giuseppe fu Giuseppe e FALLINI Mariano fu Giovanni, già condannati dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato per motivi politici, sempre ostinati nella loro avversione al Regime, continuano con ogni circospezione a far propaganda antinazionale fra i compagni di fede e specie nell’elemento giovane, tentando di inquinare la massa operaia. Essi vanno, fra l’altro, sussurrando che la guerra non si è fatta, perché il popolo si sarebbe ribellato. All’Arma dei CC. RR. è stato confidato dalla suocera del FALLINI che questi ha fatto sparire da casa una fotografia del Duce. Il figlio del Fallini, a nome Edoardo, di anni 14, ha pure riferito all’Arma dei CC. RR., che il padre si è opposto a farlo iscrivere nelle organizzazioni del Regime, dicendogli: “PRIMA VATTI A BUTTARE DAL PONTE CLEMENTINO”. Detti ODDI e FALLINI, inoltre, a quanto è stato assicurato, avrebbero cominciato a raccogliere del denaro da inviare al noto MINIO Enrico, attualmente in espiazione di pena nel penitenziario di Castelfranco Emilia per condanna politica. Viene, altresì, confermato di Giacomini Giovanni di Massimo del quale si è fatta parola nella precedente riservata del 9 corrente p.n. sempre in combutta con l’ODDI ed il FALLINI, terrebbe in casa poesie a sfondo antifascista da lui scritte, e, libri sovversivi, che farebbe circolare tra i compagni di fede. In relazione al telegramma del 19 corrente n° 58675 col quale sono state condonate dal DUCE tutte le ammonizioni politiche inflitte e da infliggersi per fatti anteriori al Natale, si è ritenuto opportuno di sospendere pel momento qualsiasi operazione di polizia senza il benestare di codesto On.le Ministero. Considerato, però che specie nell’ambiente fascista di Civita Castellana si comincia a mormorare sul comportamento dell’ODDI, del FALLINI e del GIACOMINI, si reputa necessario ed urgente provvedere al loro fermo e proporli per l’assegnazione al confino nella certezza che tale provvedimento verrà anche a mettere in guardia altri elementi del luogo, animati dalle medesime utopie. Resto comunque in attesa dell’autorizzazione di codesto On.le Ministero. IL PREFETTO [trascritto da L.C. ottobre-dicembre 2006]

ACS - Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato – Fascicoli processuali ff. 5454-5467 B. 530 930 L’anno 1935-XIII – addì 27 del mese di agosto nella Questura di Viterbo; innanzi a noi sottoscritti Funzionari de P.S. e Ufficiale dei CC. RR. è presente Minio Enrico di Vincenzo e fu Antonini Maria, nato a Civitacastellana il 4 maggio 1906, ceramista, domiciliato ivi, Via Garibaldi 26, il quale opportunamente interrogato dichiara quanto segue: Ho sempre professato idee comuniste e quando mi è stato possibile mi sono adoperato per fare propaganda in favore del partito comunista. Posso assicurare però che la mia attività è stata isolata e personale e non ho mai avuto collegamenti con le organizzazioni del partito comunista, né con l’estero né nel regno. Nel luglio del 1934 rimesso in libertà dopo avere scontato una pena per reato politico mi trasferii nel comune di Civitacastellana riuscendo poco dopo a trovare lavoro come ceramista presso la ditta Profili e De Angelis. Presi contati con molti operai del luogo ed allo scopo di propagandare le teorie comuniste ritenni opportuno di scrivere un giornale a cui detti il titolo “L’Unità”. Riuscii a munirmi di un poligrafo e di tutto il materiale occorrente e non potendoli tenere in casa perché troppo vigilato dalle autorità pensai di depositarlo nella casa di un operaio. Prescelsi il Ceccarelli che essendo un elemento politico insospettato mi offriva maggior garanzia. Per la verità debbo dichiarare che egli si offrì quasi inconsciamente e senza rendersi conto della grave responsabilità della cosa. La cassetta del poligrafo la feci trasportare da persona che ignoro nella casa del Ceccarelli nel maggio o nel giugno u.sc. Ho potuto così pubblicare n° 3 giornali e precisamente il numero speciale di maggio; quello di giugno e l’ultimo di agosto. L’ultimo giornale porta il n° 9 ma in effetti come ho detto dianzi ne ho pubblicato soltanto tre. Il foglio risulta stampato a Milano per allontanare ogni sospetto da parte delle autorità locali. Di ogni numero riuscivo a tirarne circa cinquanta copie che depositavo in casa Ceccarelli da dove altri compagni che ignoro li prelevavano distribuendoli ai simpatizzanti e componenti del gruppo. E’ perfettamente vero che domenica 25 corrente verso le ore 10 andai a trovare Ceccarelli consigliandolo di far sparire subito dalla sua abitazione il poligrafo e gli altri oggetti perché l’autorità di Polizia aveva già dei sospetti. La notizia io la ebbi nello stabilimento da un operaio che lavora in quel stabilimento, il quale a sua volta l’aveva sentito da alcuni avvisi del giovane fascista Racioppa che non so meglio indicare, che da diversi giorni non faceva misteri di aver preparato una nota di comunisti sui quali esercitare vigilanza. E’ perfettamente vero che circa un mese fa mi sono recato a Roma in Via Taranto 144 ove abita un altro mio compagno di fede che ho conosciuto in carcere e che si chiama D’Onofrio Edoardo. Ma non potetti vederlo, anzi seppi dalla mamma che egli era riuscito ad espatriare e che attualmente trovasi a Parigi. A.D.R. Le riunioni di tutti i componenti del gruppo ero solito tenerle di sera e sempre in località di campagna nei pressi della città. L’ultima riunione nella quale fu stabilito di intensificare la propaganda contro la guerra fu tenuta nei primi di agosto e anche in campagna. Letto, confermato e sottoscritto. Enrico Minio Cloos Rosario Capitano CC:RR. Baldo Baldani (?) Commissario P.S. Pasquale Andriani Vincenzo Ceniti Questore [trascritto da L.C. ottobre-dicembre 2006]

DOC. N° PROCESSO VERBALE di interrogatorio dell’imputato (Art. 245, 366, 367, 368 cod. proc. penale; art. 25 D Dispos. attuaz. C. p. p. 28 maggio 1931, n° 602 391, 392, 394 e 395 C. p. Esercito) L’anno millenovecentotrentacinque [1935] il giorno due del mese di ottobre alle ore 9 e 30 in Roma, nelle carceri giudiziarie Regina Coeli Avanti a noi avv. CURATOLA Cav. uff. Salvatore Giudice Istruttore assistiti dal sottoscritto Cancelliere è comparso il sottonominato detenuto il quale interrogato sulle sue generalità e ammonito sulle conseguenze a cui si espone chi si rifiuta di darle o le dà false Risponde: Sono Minio Enrico di Vincenzo e fu Antonini Maria, nato il 4 maggio 1906 a Civitacastellana ed ivi dom(icilia)to e residente, ceramista, celibe, istruzione superiore all’elementare (terzo corso tecnico) non ho prestato servizio militare perché riformato, nullatenente, già condannato dal Tribunale Speciale per attività sovversiva. Quindi contestatigli i reati previsti e puniti [933] dagli art. 270 p.p. e capv. 2° CP nonché il reato di cui all’art. 272 p.p. C.P. ascrittigli come da mandato di cattura in data 3 settembre u.s. del quale gli viene data lettura, ed opportunamente interrogato con invito a discolparsi Risponde: Mi confesso colpevole del reato di propaganda sovversiva, ma non ammetto né l’imputazione che mi viene fatta di organizzazione e costituzione del partito comunista né l’appartenenza allo stesso partito; tuttavia non escludo di aver sempre professato idee comuniste. Uscito dal carcere nel luglio del 1934 dopo aver scontato una pena cui venni condannato dal Tribunale Speciale mi stabilii a Civitacastellana ove trovai lavoro come ceramista presso la ditta Profili e De Angelis. [934] D.R. Circa la mia attività politica tengo a fare la seguente dichiarazione rettificando in parte quella già da me data nel precedente interrogatorio del 27 agosto dinanzi ai funzionari di polizia giudiziaria di Viterbo. Confesso di aver fatto, quando ho potuto, propaganda per il partito, ma si tratta di una attività isolata non avendo avuto più collegamenti con le organizzazioni del partito comunista sia con l’estero che nel Regno: tuttavia presi contatti con altri operai del luogo che convertii alle idee comuniste, non era però mia intenzione di svolgere [935] un’attività a carattere organizzativo per dare nuovi sviluppi al movimento comunista locale. Nell’aprile u.s. ebbi occasione di conoscere a Civitacastellana come compagno un individuo che si qualificò per Paesani Pio il quale mi propose di stampare, alla macchia, un giornale comunista dando ad esso il titolo di “Unità”: cedendo alle sue insistenze, io accettai le proposte da lui fattemi e prendemmo accordi per stampare il predetto giornale. I mezzi furono in parte forniti da lui e in parte anche da me. Si poté così acquistare [936] il materiale occorrente, consistente in pasta poligrafica, recipienti, carta e oggetti vari. Chiesto di indicarmi una persona fidata che potesse tenere il detto materiale e permettermi di compiere il mio lavoro nella propria abitazione per la tiratura delle varie copie del giornale, egli mi fece il nome del Ceccarelli al quale io mi rivolsi per essere da lui autorizzato a portare in casa sua il materiale già da me preparato, ottenendone la relativa autorizzazione. Infatti, credo verso giugno-luglio, io portai a casa del Ceccarelli il materiale di cui sopra, dedicandomi al lavoro di [937] riproduzione del giornale “L’Unità”, stampando varie copie di tre numeri del giornale. D.R. Le copie del giornale, che variavano da venti ai quaranta per ogni numero, io le lasciavo a casa del Ceccarelli ed era il Paesani che si incaricava della distribuzione, non potendo occuparmene io perché vigilato speciale e quindi noto alle autorità di P.S. D.R. Debbo per la verità dichiarare che il Ceccarelli si è prestato quasi inconsciamente essendo analfabeta senza rendersi conto della grave [938] responsabilità che si assumeva.

D.R. I tre numeri furono rispettivamente nel giugno, luglio agosto, il quale ultimo numero era dedicato al conflitto italo-abissino, allo scopo di far propaganda contro la guerra e ciò per consiglio dello stesso Paesani. D.R. Il giornale figurava stampato a Milano per allontanare ogni sospetto da parte delle autorità locali. D.R. L’ultimo giornale porta il n° 9 ma tale numerazione non ha importanza essendo stato messo così a caso il n° 9, mentre insisto nell’affermare [939] [Non è stato fotografato un foglio] compagno a nome D’Onofrio Edoardo, abitante in Via Taranto n° 144, ma non lo trovai essendo egli, come seppi dalla madre, espatriato clandestinamente a Parigi. Lo scopo della mia visita era quello di rivedere un compagno che era stato con me in carcere, ma non per riallacciare legami politici a scopo organizzativo. A questo punto, data l’ora tarda, si sospende l’interrogatorio. Letto, confermato e sottoscritto. [Segue firma di Minio, del Giudice istruttore e del cancelliere.] Riaperto il presente verbale oggi tre ottobre 1935, alle ore 9 e 30 in Roma, nelle [940] carceri giudiziarie Regina Coeli, è richiamato l’imputato Minio Enrico. D.R. Mi sono deciso a fare più ampie dichiarazioni a V.S. rettificando il mio precedente interrogatorio, e facendo il nome del Paesani che avevo prima taciuto, perché ritenevo che costui fosse un sincero e fidato compagno di fede, e per non comprometterlo, avevo addossato sulle mie spalle l’intera responsabilità dei miei atti; avendo ora il sospetto che il Paesani, invece, mi abbia denunciato, dopo avermi spinto a riprendere la mia attività politica che avevo già cessato, ho ritenuto di non omettere più il nome del Paesani, pur mantenendo per la parte che mi riguarda, dico meglio, riconoscendo per parte mia, le colpe commesse. [941] D.R. Conosco Oddi Giuseppe, ma non ho avuto con lui mai legami di natura politica e né amichevole; escludo perciò che gli mi abbia coadiuvato nel lavoro di riproduzione del giornale “L’Unità”. Domanda: Ceccarelli afferma che l’Oddi chiese per primo il permesso di portare a casa sua una cassetta con due tavolette insieme a voi ed infatti avendo il Ceccarelli aderito al desiderio dell’Oddi, costui nella stessa giornata, accompagnato da voi, portò in casa del Ceccarelli il detto materiale: subito dopo voi, assistito dall’Oddi, avete iniziato il lavoro di tiratura del giornale “L’Unità” trattenendovi con l’Oddi per circa un’ora. Anche la figlia e la moglie del Ceccarelli confermano di aver visto in casa loro l’Oddi insieme a voi. Risposta: non è vero; l’Oddi non si è mai trovato insieme a me in casa del Ceccarelli. D.R. Conosco fin dall’infanzia Soldini Vittorio ed ammetto che vi sia stata anche fra noi comunanza di idee, dico meglio, ho avuto con lui soltanto rapporti di amicizia, ma escludo che egli abbia spiegato con me attività politica a scopo organizzativo e propagandistico nel movimento comunista. D.R. Conosco solo di vista il Fallini Marino: non ho avuto con lui mai rapporti di amicizia e tanto meno politici. Domanda: Risulta che nella riproduzione del giornale “L’Unità” voi eravate coadiuvato, oltre che dall’Oddi anche dal Fallini. Risposta: Non è vero. Domanda: Risulta che per la distribuzione del giornale cennato ai compagni comunisti provvedevano, dietro vostro incarico, lo stesso Fallini Marino e Soldini Vittorio.

Risposta: Non è vero ed insisto nell’affermare che io personalmente non ho fatto alcuna distribuzione di copie del giornale [944] comunista, come parimenti escludo di avere incaricato le persone sopra cennate, che V.S. mi nomina, a provvedere alla distribuzione delle relative copie. Domanda: Risulta che era stato da voi costituito in Civitacastellana un gruppo comunista, di cui voi eravate capo e del quale facevano parte Ceccarelli Pio, Fallini Marino, Oddi Giuseppe e Soldini Vittorio. Risposta: Ripeto, come ho già dichiarato di non aver costituito a Civitacastellana alcun gruppo comunista, come V.S. mi contesta, e che sarebbe stato formato dagli elementi di cui V.S. mi fa il nome [945]. D.R. Circa la cartolina indirizzata a me dalla casa editrice “Laterza” portante la data del 6 Novembre 1934, dichiaro che effettivamente io avevo richiesto delle pubblicazioni che sono in commercio e perciò non si tratta di pubblicazioni di carattere sovversivo. D.R. I manoscritti sequestrati nella mia abitazione sono appunti da me fatti a scopo di studio e non hanno alcun riferimento con le mie idee e con la mia attività politica. D.R. Le copie del giornale “L’Unità” rispettivamente del giugno n° 7 Milano, del luglio 1935 – Milano n° 9 (due copie) e dell’agosto 1935 Milano n° 9 sono state riprodotte da me e dovevano [936] servire per la diffusione, come poi furono riprodotti da me i manifestini che V.S. mi mostra recanti il titolo “Lavoratori”, ed in calce “Abbasso la guerra – abbasso il Fascismo che l’ha voluta” , e l’altro “Basta con la prepotenza fascista”. Questi tre tipi di manifesti riprodotti da me nel numero rispettivo di copie 44 pel primo, 61 pel secondo e 59 pel terzo dovevano servire per la diffusione a scopo di propaganda, ma in effetti non era stata ancora distribuita alcuna copia. D.R. Riconosco anche di mia pertinenza il resto del materiale sequestrato al Ceccarelli, consistente in due opuscoletti di cui uno con l’effigie e la vita di Giacomo Matteotti e l’altro di Massimo Gorki dal titolo “La storia di un delitto”. Lo stesso posso dire circa i varii manoscritti a carattere sovversivo, da me vergati in cinque fogli di carta da lettera e da quaderno, che dovevano servire come articoli da pubblicare sul giornale “L’Unità”. Identica dichiarazione io faccio circa il foglietto sovversivo dal titolo “Nella Mischia” organo della sezione italiana “S.R.I.” settembre 34; ho ricevuto detto foglio nel settembre 1934, senza ch’io possa nulla dire circa la provenienza; ed ancora due ritagli del giornale riproducente l’uno la notizia del “Doloroso incidente a Trieste (?)” e l’altro sul “.....contro l’anarchia”. [manca una pagina?] De Rossi, contenenti quest’ultimi in una busta in cui si legge la parola scritta di mio pugno e per due volte “Repubblica”. D.R. Riconosco inoltre come di mia appartenenza il resto del materiale sequestrato al Ceccarelli consistente in rotoli di carta bianca, pasta per poligrafo, bacinelle di latta, pennelli penne e relativi astucci ed in genere tutti gli accessori di cui mi servivo per la riproduzione del giornale “L’Unità”, materiale questo che, come ho già dichiarato, fu personalmente portato da me in casa del Ceccarelli. D.R. Dichiaro di apporre la firma per ricognizione sui manifesti, giornali, scritti vari ed opuscoli, sopra menzionati. D.R. Non ho altro da aggiungere. Letto confermato sottoscritto.

[trascritto da L.C. ottobre-dicembre 2006]