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SOMMARIO Editoriale 1/Le speranze dell'autunno Lo scrigno Z/ Notizie in breve A CURA DI LOREDANA FASC/OLO Mercurio 3/ Disservizi e silenzio complice ERMANNO DET11 Attualità 4/Parlare bene è pensare bene Il valore democratico di una buona conversazione INTERVISTA A LUIGI BERLINGUER DI ANNA MARIA VILLAR/ 8/Lingua italiana. Crisi della comunicazione linguistica. Una sfida democratica DoCUMENTO 1 O/Modelli tecnici e scelte strategiche Il costo standard degli studenti universitari FABIO MATARAZZO Sistemi 13/Quantità totale La valutazione nell'università ANNA MARIA VILLAR/ Strategie didattiche 15/11 notaio è in maternità Grammatica consapevole MARIA PIA ERCOLINI Z0/11 nostro viaggio l giovani migranti nel sistema educativo americano FABIO Rocco, GIULIA MONTEFIORE Incontri Z3/La manipolazione delle menti Fake news e post verità ANNA OUVER/0 FERRARIS Tempi moderni Z8/Ricerca di verità e ansia di assoluto Clemente Rèbora, una delle voci più poetiche del nostro '900 DAVID BALDINI 33/60 anni fa moriva Curzio Malaparte. Un ricordo dalle sue opere 34/Poeta dell'eterno e del transitorio l protagonisti/ Clemente Rèbora AMADIGI DI GAULA 35/La polemica sul Gattopardo La specola e il tempo/ Giuseppe Tomasi di Lampedusa A CURA DI ORIOLO 36/Filosofo militante Badiou e l'avventura filosofica francese MASSIMO MARI 40/La passione educativa di Gramsci Un convegno in ottobre a Roma DoNATELLO SANTARONE Studi e ricerche 44/L'Italia rentier che non investe sul futuro 50 o Rapporto CENSIS DANIELA PIETRIPAOL/ Cultura 46/0rizzonti visionari Bibbiena-Editoria-Arte alla 4• edizione GIOVANNI CARBONE Funzione educativa dell'arte 48/Quel sottile legame percettivo tra visibile e invisibile Correlazioni tra sciamanesimo e arte contemporanea MARCO F10RAMAN11 Cinema 5Z/IIike you Un film contro il bullismo VINCENZA FANIZZA Libri 53/Like a rolling stone Claudio Morandini, "Le pietre" MARCO FIORAMAN11 54/Caro Giacomo ... L: arte di essere fragili. Come Leopardi può slvarti la vita DANIELA PIETRIPAOL/ 55Nero, falso oppure probabile Il convegno nazionale didattica della matematica Recensioni 56/ Schede A CURA DI ANITA GARRANI Articolo 33 mensile promosso dalla FLC Cgil anno IX n. 7-8 2017. Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 488 del 7/12/2004- Valore Scuola coop. a r.I.- via Leopoldo Serra, 31/37 - 00153 Roma- T el. 06.5813173 - Fax 06.58131 18- www.edizioniconoscenzo.it - [email protected] Abbonamento annuale: euro 50,00 - Per gli iscritti FLC CGIL euro 35,00 - PREZZO UNI- TARIO PER una copia euro l 0,00 - Versamento su c/c p n. 6361 l 008 - intestato a Volore Scuola coop. o r.I. oppure bonifico bo neo rio. Direttore responsabile: Ermanno Detti Direzione: Renato Comanducci, Gennaro Lopez, Anna Maria Villari Comitato scientifico: Alessandro Arienzo, Emanuele Barbieri, Mariagrazia Contini, Francesco Cormino, Ermanno Detti, Massimiliano Fiorucci, Giuliano Franceschini, Caterina Gammaldi, Gennaro Lopez, Dario Missaglia, Giovanni Mo retti, Alessandro Pazzaglia, Mario Ricciardi, Paolo Rossi, Francesca Serafìni, Francesco Susi, Anna Maria Villari, Guido Zaccagnini, Giovanna Zunino - In redazione: David Baldini, Paolo Cardoni, Loredana Fasciole, Marco Fioramanti, Fabio Matarazzo, Luciana Risola, Paolo Serreri. Loyout, impaginazione, copertino: Marco Fioramanti. Seompo:Tipolitografoa CSR, via di Pietralata, 157 - Roma - Ho nn o co//oboroeo o questo numero: Giovanni Carbone, Maria Pia Ercolini,Vincenza Fanizza,Amadigi di Gaula,Anita Garrani,Anna Oliverio Ferraris, Massimo Mari, Fabio Matarazzo, Giulia Montefiore, Oriolo, Daniela Pietripaoli, Fabio Rocco, Donatello Santarone.

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SOMMARIO

Editoriale 1/Le speranze dell'autunno

Lo scrigno Z/ Notizie in breve A CURA DI LOREDANA FASC/OLO

Mercurio 3/ Disservizi e silenzio complice ERMANNO DET11

Attualità 4/Parlare bene è pensare bene Il valore democratico di una buona conversazione INTERVISTA A LUIGI BERLINGUER DI ANNA MARIA VILLAR/

8/Lingua italiana. Crisi della comunicazione linguistica. Una sfida democratica DoCUMENTO

1 O/Modelli tecnici e scelte strategiche Il costo standard degli studenti universitari FABIO MATARAZZO

Sistemi 13/Quantità totale La valutazione nell'università ANNA MARIA VILLAR/

Strategie didattiche 15/11 notaio è in maternità Grammatica consapevole MARIA PIA ERCOLINI

Z0/11 nostro viaggio l giovani migranti nel sistema educativo americano FABIO Rocco, GIULIA MONTEFIORE

Incontri Z3/La manipolazione delle menti Fake news e post verità ANNA OUVER/0 FERRARIS

Tempi moderni Z8/Ricerca di verità e ansia di assoluto Clemente Rèbora, una delle voci più poetiche del nostro '900 DAVID BALDINI

33/60 anni fa moriva Curzio Malaparte. Un ricordo dalle sue opere

34/Poeta dell'eterno e del transitorio l protagonisti/ Clemente Rèbora AMADIGI DI GAULA

35/La polemica sul Gattopardo La specola e il tempo/ Giuseppe Tomasi di Lampedusa A CURA DI ORIOLO

36/Filosofo militante Badiou e l'avventura filosofica francese MASSIMO MARI

40/La passione educativa di Gramsci Un convegno in ottobre a Roma DoNATELLO SANTARONE

Studi e ricerche 44/L'Italia rentier che non investe sul futuro 50 o Rapporto CENSIS DANIELA PIETRIPAOL/

Cultura 46/0rizzonti visionari Bibbiena-Editoria-Arte alla 4• edizione GIOVANNI CARBONE

Funzione educativa dell'arte 48/Quel sottile legame percettivo tra visibile e invisibile Correlazioni tra sciamanesimo e arte contemporanea

MARCO F10RAMAN11

Cinema 5Z/IIike you Un film contro il bullismo VINCENZA FANIZZA

Libri 53/Like a rolling stone Claudio Morandini, "Le pietre" MARCO FIORAMAN11

54/Caro Giacomo ... L: arte di essere fragili. Come Leopardi può slvarti la vita DANIELA PIETRIPAOL/

55Nero, falso oppure probabile Il convegno nazionale didattica della matematica

Recensioni 56/ Schede A CURA DI ANITA GARRANI

Articolo 33 mensile promosso dalla FLC Cgil anno IX n. 7-8 2017. Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 488 del 7/12/2004- Valore Scuola coop. a r.I.- via Leopoldo Serra, 31/37 - 00153 Roma- T el. 06.5813173 - Fax 06.58131 18- www.edizioniconoscenzo.it - [email protected] Abbonamento annuale: euro 50,00 - Per gli iscritti FLC CGIL euro 35,00 - PREZZO UNI­TARIO PER una copia euro l 0,00 - Versamento su c/c p n. 6361 l 008 - intestato a Volore Scuola coop. o r.I. oppure bonifico bo neo rio. Direttore responsabile: Ermanno Detti Direzione: Renato Comanducci, Gennaro Lopez, Anna Maria Villari Comitato scientifico: Alessandro Arienzo, Emanuele Barbieri, Mariagrazia Contini, Francesco Cormino, Ermanno Detti, Massimiliano Fiorucci, Giuliano Franceschini, Caterina Gammaldi, Gennaro Lopez, Dario Missaglia, Giovanni M o retti, Alessandro Pazzaglia, Mario Ricciardi, Paolo Rossi, Francesca Serafìni, Francesco Susi, Anna Maria Villari, Guido Zaccagnini, Giovanna Zunino - In redazione: David Baldini, Paolo Cardoni, Loredana Fasciole, Marco Fioramanti, Fabio Matarazzo, Luciana Risola, Paolo Serreri. Loyout, impaginazione, copertino: Marco Fioramanti. Seompo:Tipolitografoa CSR, via di Pietralata, 157 - Roma - Ho nn o co//oboroeo o questo numero: Giovanni Carbone, Maria Pia Ercolini,Vincenza Fanizza,Amadigi di Gaula,Anita Garrani,Anna Oliverio Ferraris, Massimo Mari, Fabio Matarazzo, Giulia Montefiore, Oriolo, Daniela Pietripaoli, Fabio Rocco, Donatello Santarone.

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www.edizioniconoscenza.it 4 ARTICOLO 33

ATTUALITÀ

IL VALORE DEMOCRATICO DI UNA BUONA CONVERSAZIONE

Saper parlare, farsi capire eriuscire a comunicare con glialtri, avere idee da esprime-re, capire gli altri e quelloche si legge non esprime sol-

tanto competenze acquisite e buonaeducazione, ma anche uno stile di vi-ta sano, una buona alimentazione eun ambiente sociale in cui si sta benee ci si riconosce.

nella propria lingua madre, sono ancoraoggi, ma lo sono sempre stati, elementidi esclusione e marginalizzazione so-ciale e culturale.

In un recente documento La Fonda-zione Di Vittorio e l’Associazione ProteoFare Sapere propongono una riflessionesulla comunicazione linguistica e sulbuon uso della propria lingua, nel nostrocaso l’italiano. Il documento, che pubbli-chiamo a pag. 8 rilancia la tesi dell’im-portanza, anche per la tenuta democra-tica di una società, che i cittadini sap-piano parlare e argomentare, conoscanoun buon numero di parole. “Una buonaconoscenza – si legge – della lingua ècondizione essenziale per capire la realtàin cui si è immersi e comprendere gli al-tri, per conoscere usi, costumi, norme,per accedere a percorsi di inserimentoscolastico e lavorativo”. La lingua, dun-que, come questione culturale, sociale epolitica, che non può essere banalmenteaffrontata proponendo una scuola più se-lettiva, come qualcuno chiede a granvoce in nome di una severità perduta. Traprimi i firmatari del documento, dopo Su-sanna Camusso, leggiamo il nome diLuigi Berlinguer, ministro della pubblicaistruzione dal 1996 al 2000.

nell’intervista che ci ha gentilmenteconcesso ci conduce dal problema delsaper parlare a quello di una scuola chedeve spostare la propria centralità dal-l’insegnamento all’apprendimento, daldocente al discente.

Un coro unanime denuncia la scarsacapacità dei giovani (ma non solo loro)di parlare e scrivere in italiano e di ca-pire quello che leggono…

Riflessioni e digressioni su un documento della Fon-dazione Di Vittorio e dell’Associazione Proteo Fare Sa-pere su Lingua italiana. Crisi della comunicazionelinguistica: una sfida democratica. L’importanza di unascuola aperta a tutti e della diffusione della cultura

PARLARE BENE È PENSARE BENEIntervista a Luigi Berlinguer di ANNA MARIA VILLARI

Questi concetti stavano alla basedelle 10 Tesi per l’educazione lingui-stica democratica lanciate da Tullio DeMauro 42 anni fa. Tesi che non hannoperso né il loro fascino né la loro mo-dernità, soffermandosi sulla “comples-sità dei legami biologici, psicologici,culturali, sociali del linguaggio verbale”e mettendo in evidenza “i suoi legamicon altre forme espressive degli esseriumani”. I deficit linguistici, soprattutto

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5 www.edizioniconoscenza.itN.7-8 2017

IL VALORE DEMOCRATICO DI UNA BUONA CONVERSAZIONE

ATTUALITÀ

Quindi non possiamo parlare di impo-verimento linguistico?

LB. C’è un arricchimento linguistico ri-spetto ai tempi in cui io andavo al liceo.Per comunicare con i miei compagni digiochi che non frequentavano il liceo,dovevo usare allora il dialetto oppureuna lingua approssimativa. Dubito cheragazzi che si trovino ancora in questecondizioni entrino in contatto con quelcentinaio di professori universitari chedenuncia il declino dell’italiano ascuola. Io scorgo in questa denuncial’analisi di una patologia: non c’è dub-bio che c’è chi parla male, fa strafal-cioni, non solo tra i giovani, perché haun percorso di studi insufficiente. È ap-punto una patologia. Ma quando a stu-diare erano in pochi, questo fenomenoera molto più diffuso. E l’ignoranza nonriguardava solo l’italiano, ma anche lamatematica, la geografia, ecc. La ca-renza linguistica era solo l’epifenomenoche rilevava una condizione generale dibassa cultura. I giovani colti e “benpar-lanti” c’erano, ma erano pochi, moltimeno di ora. Oggi questo fenomeno èstato fortemente ridotto grazie alla sco-larizzazione di tutti, che ha prodotto im-portanti risultati di acculturazionegenerale. La percentuale di quelli cheseguono la scuola superiore con un li-vello linguistico insufficiente non è certola totalità dei nostri studenti.

Ora, però, nell’affermazione drasticache la scuola si sarebbe deteriorata per-ché non insegna la lingua, colgo ancheun aspetto politico, che secondo me ri-vela – anche se non in tutti i critici –l’ostilità alla scuola di massa, allascuola aperta a tutti. Colgo una legit-

tima preoccupazione, ma anche – in ta-luno – un animo conservatore, in qual-che caso un fastidio reazionario. “Perfavore, la zavorra lasciamola fuori…”. ri-cordiamo invece che l’obiettivo deipaesi evoluti è di scolarizzare tutti, al-meno fino al diploma di scuola supe-riore. E scolarizzare tutti è diverso chescolarizzare i pochi dei miei tempi. Lascuola di massa, per quanto insuffi-ciente, certo carente linguisticamente,con mille problemi, è tuttavia un fattoenorme, è la più grande rivoluzione so-ciale del secolo scorso, della secondametà del novecento, paragonabile alvoto alle donne. Fino al 1946 le donneerano considerate minus habentes. An-che l’arrivo delle donne al voto è statoun grande fatto di acculturazione.

Nel vostro documento parlate di unasfida democratica sulla lingua, quindisegnalate un problema.

LB. Certo. Un problema serio. Sgom-bro subito il campo da equivoci dicendoche il problema linguistico è sicura-mente il rispetto delle regole grammati-cali, lessicali e sintattiche. La lingua sibasa su un sistema di regole. Ma non èsolo questo, essendo essenzialmenteuno strumento di comunicazione, il prin-cipale strumento di comunicazione. In-fatti l’educazione linguistica non è solorivolta all’insegnamento della lingua,ma riguarda tutte le discipline, le quali,ciascuna nel proprio ambito, devono sti-molare gli allievi e nel rispettivo conte-nuto e nel curare la comunicazionedialogica, la capacità argomentativausando sapientemente la lingua. Tor-niamo alle fondamentali 10 Tesi per

LB. Mi permetta di interromperla.Questo non è vero.

È una fake news.LB. Perlomeno detto in questi termini.

E intanto il coro non è unanime. Esi-stono comunque anche giovani chesanno parlare, e chi dà questi giudizinon si accorge dell’esistenza di chi siesprime correttamente in italiano.

Eppure le rilevazioni internazionali di-rebbero altro, almeno sulle capacità dicomprensione…

LB. Diciamo subito che il problemaesiste ed è serio. Le indagini internazio-nali però non riguardano soprattutto gliaspetti grammaticali e sintattici o glistrafalcioni lessicali, ma mettono in evi-denza l’incapacità di esprimersi o dicomprendere un testo, non solo in ita-liano. Tuttavia vorrei che riflettessimo suuna circostanza particolare. Quando ioandavo al liceo eravamo approssimati-vamente il 20% della mia leva d’età.Adesso alla scuola superiore vannotutti, anche se non tutti la portano acompimento. Tutti significa non solo i ra-gazzi che vengono da famiglie abbientie acculturate, nelle quali si parla unbuon italiano… Intendiamoci poi, cisono famiglie abbienti dove non si saparlare e famiglie di operai dove si parlabenissimo: lo dico perché molti degli at-tuali censori ignorano questi dati equelli che propongono non sono scien-tificamente fondati. C’è molta approssi-mazione in queste denunce. Il problemacomunque c’è, è serio ma è molto com-plesso, da non trattare con atteggia-menti liquidatori, che rivelano ben altro.

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6www.edizioniconoscenza.it ARTICOLO 33

ATTUALITÀ

IL VALORE DEMOCRATICO DI UNA BUONA CONVERSAZIONE

l’educazione linguistica democraticalanciate 40 anni fa da Tullio De Mauro,dove si suggeriva una metodologia di-dattica molto lontana da quella propo-sta dai 600 docenti universitari.

È proprio questo il punto. Conoscerele regole linguistiche resta un presup-posto… Ma vorrei fare una premessa.nel movimento dei lavoratori, che hacontribuito a emancipare i cittadini, mi-lioni di lavoratori hanno imparato a eser-citare la lingua. nelle riunioni disindacato e di partito nei fatti si impa-rava la lingua. E d’altronde è un vecchioadagio del movimento operaio che chisa 10 parole è più debole di chi ne sa100. È interesse del movimento operaioche tutti parlino bene la propria lingua,perché chi la parla male si difende inmodo più debole. Questo è anche l’in-segnamento di don Milani, oltre che ditutta la storia operaia. Un passaggio es-senziale non è solo costruire il sinda-cato e difendere la condizione di lavoro,ma allargare la base culturale anche at-traverso una maggiore conoscenza lin-guistica. La ricchezza lessicale è unacondizione di emancipazione che raf-forza la condizione soggettiva del lavo-ratore. non ci si può considerare insen-sibili alla competenza linguistica. Tutta lastoria del movimento operaio ci con-ferma in questa attenzione e nella con-vinzione che più lavoratori e cittadiniparlano meglio la propria lingua, meglio èper tutti. Aggiungo che l’apprendimentolinguistico non può essere soltanto lessi-cale, grammaticale, sintattico; esso devedare anche la capacità di dominare di-verse discipline, capirle e sapere conver-sare con altri di queste discipline. Quindil’apprendimento linguistico non significasolo l’italiano, ma l’italiano che spiega lamatematica, l’italiano che spiega la sto-ria, la filosofia e la stessa lingua italiana.Dunque un rapporto stretto tra contenutied espressione.

Tutto questo chiama in causa lascuola e le sue strategie didattiche. A

riusciremo nemmeno a potenziare la lin-gua al massimo livello.

E questo secondo lei è un problemapiù politico o più pedagogico?

LB. Entrambi. Culturalmente il pro-blema va affrontato nell’ambito dellescienze dell’educazione. Ma la ragionedell’ostilità al cambiamento è politica.

La scuola è stata inventata perché lagente imparasse, si impadronisse dellacultura attraverso vari sistemi, tra cui lalingua, la matematica, la storia, ecc.Una grandissima invenzione, sia chiaro.Ma chi l’ha organizzata sapeva benis-simo che, mantenendo un impianto cat-tedratico trasmissivo, dall’alto verso ilbasso, poteva governare e indirizzare iprocessi sociali e politici, anche dellademocrazia, impedendo che essaesplodesse. Si teme che impadronen-dosi di più cultura la gente sia più liberaanche di ribellarsi, sia meno passiva.Per evitare che la scuola induca alla ri-bellione o favorisca la piena autonomiadi ciascuno, si dettano regole che han-no in sé una natura autoritaria. Un ap-prendimento linguistico più attento allenecessità di chi studia implica pertantosoprattutto una partecipazione attiva daparte dello studente.

Un concetto che la pedagogia ancheitaliana ha sempre sostenuto…

LB. L’esempio migliore di realizzazionedi queste idee è stata l’esperienza di reg-gio Emilia, che è però rimasta un’isola.

Quindi si ripropone il problema delleresponsabilità della politica.

LB. La politica non è una cosa uni-voca. È fatta di progressisti e di conser-vatori. E non sono la stessa cosa. Inrealtà nel nostro Paese c’è una sorta dimaggioranza silenziosa che ha volutoorganizzare una scuola autoritaria, cat-tedratica, che trasmette ed è quella,devo dirlo, a cui una parte dei docenti èpiù affezionata, perché non intacca cer-tezze. È la parte che resiste all’innova-

50 anni dall’esperienza di Barbiana,dopo decenni di riforme importanti,dalla scuola media unica al tempopieno, di sperimentazioni interessanti,la scuola sembra essersi fermata, nonriesce a innovarsi. Lei è stato ministro eha firmato una riforma che però è statasubito bloccata. Gli interventi legislativisuccessivi non hanno aiutato la scuolaa uscire da una sorta di conformismo,di tradizionalismo nelle pratiche di in-segnamento. In questo io ravviso ancheun fallimento della politica.

LB. Intanto non tutta la scuola si è fer-mata. Vi sono importanti esperienze in-novative. Ho ricordato prima che aitempi miei si diplomava il 20% dei ra-gazzi, adesso siamo al 75%: questodato quantitativo significa che aumental’investimento intellettuale, pur non rag-giungendo la perfezione linguistica. Il di-fetto linguistico è figlio del difettoscolastico. Voglio dire: la scuola italianaè fondamentalmente trasmissiva, chi satrasmette a chi non sa. Le conoscenzesono trasmesse dalle fonti di cono-scenza ai discenti, che imparano attra-verso un processo prevalentementecognitivo e imparano quelle cose. Ma segli allievi restano solo destinatari di unmessaggio di conoscenza non sono fa-voriti nell’arricchimento linguistico, per-ché questo avviene certo ascoltando,ma anche parlando. Basti guardare iprocessi di apprendimento dei bambini.Il bambino riesce a imparare le piùastruse regole sintattiche ascoltandoma soprattutto parlando; egli componeun periodo, che è un’operazione intel-lettuale molto difficile. Quindi, non soloascoltando ma soprattutto parlando,sforzandosi di farsi capire. riceve e tra-smette. nella scuola non si vuole svi-luppare una potenza elaborativa del-l’organizzazione didattica centrata sul-l’apprendimento, ma una funzione tra-smissiva centrata prevalentementesull’insegnamento. È sulla natura pas-siva del processo cognitivo che bisognaincidere, superandolo, altrimenti non

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IL VALORE DEMOCRATICO DI UNA BUONA CONVERSAZIONE

ATTUALITÀ

te subito”. Il che non significa andarealle calende greche. L’importante è ciòche si conquista. Il riformismo è gra-dualità. Quello che non condivido in chisi oppone e basta è che egli finisce perdifendere lo status quo. A parole tuttisono d’accordo col cambiamento, mapoi quando qualcuno prova a fare qual-cosa, la componente conservatrice delmondo scolastico reagisce negativa-mente. Ed è quella componente che in-tende mantenere l’iperdisciplinarità,ogni disciplina separata dall’altra. Unascuola così non è disponibile ad allar-gare l’offerta formativa alle esperienzedi partecipazione da parte dei discenti enon crea novità.

Il vostro appello che cosa si proponein concreto?

LB. Prima di tutto che vada avanti l’al-largamento della base culturale dellascuola e quindi il raggiungimento di unobiettivo rivoluzionario che è l’istruzioneper tutti. non ricerchiamo solo la perfe-zione linguistica né un ritorno alla scuo-la elitaria. naturalmente la lingua va cu-rata e bisogna ripensare a forme diesercizio linguistico, il cui abbandonosarebbe un errore. Ma si tratta di stru-menti semplici. L’importanza – continuoa ripeterlo – è il protagonismo discente,la centralità dell’apprendimento: che glistudenti siano sollecitati a esprimersi ein questi momenti introdurre correttivi emiglioramenti delle pratiche. Bisognanaturalmente creare le occasioni in cui

gli studenti parlano di più, e che sianocorretti quando parlano. Ma per farequesto bisogna che la scuola superi lasua natura quasi esclusivamente tra-smissiva e introduca nelle sue metodo-logie scolastiche principali la conversa-zione, l’incontro. Guardi l’orario scola-stico, soprattutto quello delle superiori:finita la prima ora inizia subito la se-conda, poi la terza e così via: maquando si parla? Quando i temi dellaprima ora sono discussi tra i ragazzi ecol docente? E quando e dove si pro-blematizza l’accesso al sapere? L’ac-quisizione del sapere non può essere lapura esposizione del contenuto di quelsapere, ma una sua problematizza-zione, la quale invoca la partecipazionedello studente, il suo parere. Questa sa-rebbe una vera rivoluzione scolastica.

L’apprendimento deve essere fondatosul logos, sulla razionalità, sull’uso delrigore cerebrale, ma anche sull’espres-sività artistica di ciascuno. Eppure que-sta è stata bandita dalla scuola, è stataconsiderata una non-cultura. Bisognachiedere agli studenti non solo di scri-vere un tema, ma anche una poesia, didipingere, di suonare… Sì, suonando siimpara di più anche l’italiano, perché lamusica sviluppa tutti gli emisferi cere-brali, perché introduce un’iniezione vio-lenta di emozioni, laddove il puroragionamento diventa asettico. Mi per-metta di richiamare un’iniziativa che holanciato per il prossimo 13 di ottobre, siintitola: “nessun parli…”

Sembra un paradosso dopo tuttoquello che mi ha detto

LB. Le spiego perché. Vogliamo che inquel giorno di scuola, il 13 ottobre, nes-suno parli, ma possa solo suonare ocantare, proprio per dare piena cittadi-nanza all’espressione artistica e far ri-cordare che c’è una legge che dice cheil bambino, fin dalle elementari deve im-parare a leggere, a scrivere, a far diconto e a far di canto.

Anche così si imparerà di più e meglioa usare bene la lingua.

zione. Dall’altra parte, però, c’è ancheuna certa sinistra che grida alla ditta-tura di fronte a qualunque iniziativa diriforma e modernizzazione.

Però la Legge 107 del 2015 non sem-bra tanto riformatrice.

LB. In realtà è tutte e due le cose. Èprogressista e conservatrice. Ma non sicostruisce il cambiamento se si ha sem-pre e solo paura che la dittatura sia die-tro l’angolo. L’importante è introdurre unmetodo riformista che faccia fare passiin avanti. Così si costruisce un paese li-bero.

E sulla scuola lei vede in questo mo-mento una ventata riformista?

LB. Si potrebbero aprire degli spazi. Iomi considero un riformista. Ci tengo pro-prio. E voglio farle qualche esempio.Avere introdotto l’arte nei contenuti sco-lastici – come stiamo forse riuscendosolo ora – è dirompente, perché l’arteinduce alla ribellione. Infatti nel passatoi conservatori, i reazionari l’avevanoesclusa perché avrebbe intaccato quel-le regole autoritarie che disciplinano lavita nella scuola, perché avrebbe intac-cato la scuola dell’insegnamento e nonquella dell’apprendimento. Su questecose anche il mio sindacato, la Cgil,deve riflettere: non è più tempo dellesole parole o del solo sventolio di ban-diere, ma bisogna fare dei passi, dellescelte. Bisogna sapere che se si vuole“tutto e subito” il risultato certo è: “nien-

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ATTUALITÀIL COSTO STANDARD DEGLI STUDENTI UNIVERSITARI

L’avevamo previsto, nelprecedente commento al-la sentenza della CorteCostituzionale (“Articolo33” n. 5-6/17); ma era fa-

cile farlo. Il Governo ha risposto ai rilievidella Corte sul costo degli studenti delleuniversità, elevando il livello di fonte nor-mativa: dall’atto ministeriale al decretolegge, nel quale sono sostanzialmente ri-prodotte le medesime disposizioni.

L’ha fatto con un decreto legge (n. 91del 20 giugno, all’art. 12) intitolato allacrescita economica nel Mezzogiorno,con il quale ha rideterminato, a decor-

senza di “precisazioni in merito allaquota del FFO da distribuire in base alcosto standard, nemmeno nella formadell’indicazione di un minimo o un mas-simo, o nella rappresentazione di unasua incidenza dinamica, anche solo ten-denziale, sul complesso del finanzia-mento da distribuire fra gli atenei”.

La Corte rilevava ancora che il decretolegislativo lasciava indeterminati aspettiessenziali della nuova disciplina, dislo-cando di fatto l’esercizio della funzionenormativa dal Governo, nella sua colle-gialità, ai singoli Ministri competenti, edeclassando la relativa disciplina a li-vello di fonti sub-legislative.

L’art. 12 colma ora queste lacune?Per ora siamo in attesa che l’iter parla-mentare ci consegni una definitiva ver-sione del testo legislativo. D’altronde giàmolti interventi, attenti e puntuali,hanno commentato il decreto metten-done in luce lacune e novità.

Sembra più utile, in questa sede, sof-fermarsi su alcuni aspetti dell’interventoministeriale che meritano, a mio giudi-zio, maggiore riflessione di quanta neabbiano ottenuta finora.

Dalla spesa storica al costo standard

La relazione al decreto sottolinea chela finalità del costo standard è quella disuperare il previgente criterio di ripartodel Fondo di finanziamento ordinario ba-sato sul criterio del trasferimento storico,con un criterio equo e oggettivo, finaliz-zato a eliminare le ingiustificate disparitànella quota di finanziamento attribuita a

Il costo standard per studente sarà uno dei criteri inbase ai quali si ripartirà il FFO tra le università. Lascelta dei criteri non è neutra. Il ricorso al decretolegge taglia una discussione che sarebbe utile

MODELLI TECNICIE SCELTE STRATEGICHEFABIO MATARAZZO

rere dal 2018, la disciplina per il calcolodel costo standard per studente univer-sitario, sulla cui base è annualmente ri-partita una percentuale non trascura-bile del Fondo di finanziamento ordina-rio delle università statali, salvando,nello stesso tempo, le assegnazioni de-gli anni 2014, 2015 e 2016. Qualchemarginale innovazione è prevista perquest’anno. La Corte Costituzionalenella sentenza 104 rilevava come inuna delle deleghe previste dalla legge240/10 non fossero individuate conprecisione le “spese da includere nelcomputo del costo standard” e i criteriper la loro determinazione. E inoltre l’as-

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IL COSTO STANDARD DEGLI STUDENTI UNIVERSITARIATTUALITÀ

L’invocata efficienza della spesa puòessere ottenuta, dunque, non solo conla quantificazione oggettiva dei costi sti-mati ma, e direi soprattutto, con l’indi-viduazione di criteri indirizzati a riequi-librare e incoraggiare situazioni di diffi-coltà economica e ambientale, a porresempre più in condizione paritaria si-tuazioni profondamente differenziate ea privilegiare indirizzi e settori didattici escientifici ritenuti degni di incoraggia-mento e sviluppo. Era l’intento esplicitodella legge che ha introdotto l’autono-mia finanziaria delle università!

Una scelta con forti ricadute strategiche

Le opzioni per muoversi in questa di-rezione possono essere, come si com-prende, tante e diverse. Se la finalità delcosto standard è di superare il criteriodi riparto basato sul trasferimento sto-rico, con modalità più eque e oggettive,con l’intento di eliminare le ingiustifi-cate disparità nella quota di finanzia-mento attribuita a ciascun ateneo econsentire agli studenti di poter di-sporre di un adeguato livello di docenzae di servizi, non si raggiunge questoobiettivo se non si colmano le attuali ca-renze e se si trattano in misura ugualesituazioni intrinsecamente disomoge-nee. Sul Parlamento e sul Governo,come ha ricordato la Corte, incombe laresponsabilità della distribuzione dei fi-nanziamenti con modalità tali da assi-curare l’effettività dei princìpi e dei diritticonsacrati negli articoli 33 e 34 dellaCostituzione. La possibilità per tutti di

essere posti in condizioni paritarie peraccedere ai più alti livelli di studio an-che con la possibilità di godere dellestesse opportunità di insegnamenti eservizi. Può ritenersi realizzato, o co-munque utilmente perseguito, questoobiettivo con l’introduzione, dal 2018,dei criteri e indirizzi definiti con questodecreto di cui si afferma la natura pere-quativa perché collegati a fattori di con-testo economico-territoriale e infrastru-tturale? I criteri sono sempre discutibilie opinabili. Si tratta di definire chi ecome si decide e con quale prospettivasi propongono.

Le modalità del finanziamento stataledelle università esprimono l’idea difondo del rapporto dello Stato con il si-stema dell’alta formazione. nel mo-mento in cui, giustamente, si individuain questo sistema la leva essenziale perlo sviluppo e il progresso delle nostrecomunità, i criteri di finanziamento pos-sono costituire il volano fondamentaleper l’avvio di un percorso virtuoso. An-che il costo standard può rappresentareun tassello significativo della progettua-lità strategica e politica del settore.

Se si condivide questa opinione sicomprende perché mi appaia riduttivae surrettizia la replica governativa alleosservazioni critiche della Corte Costi-tuzionale. Operare esclusivamente sullagerarchia delle fonti normative senzaapprofittare dell’occasione per riconsi-derare l’intera questione, testimoniauna colpevole superficialità nell’affron-tare temi che meriterebbero ben altroapprezzamento. Sottrarre, di fatto, alParlamento e alla discussione pubblicae partecipata, aspetti importanti delle

ciascun ateneo e a consentire agli stu-denti di poter disporre di un adeguato li-vello di servizi in termini di docenza diriferimento e di servizi amministrativi, di-dattici e strumentali, riconducibile a cri-teri di efficienza nell’impiego dellerisorse e a standard quantitativi omoge-nei a parità di area disciplinare.

Una fotografia della situazione esi-stente, colta nei suoi ineccepibili dettaglioggettivi. Si assume così l’efficiente usodelle risorse e della loro ripartizione conlo scopo di superare il criterio del trasfe-rimento storico dei finanziamenti. È il cri-terio della legge 240/10. L’art. 5 nerichiede l’introduzione prescrivendone ilcalcolo secondo indici – da individuaresentita l’AnVUr – commisurati alle diversetipologie dei corsi di studio e ai diversicontesti economici e territoriali in cuiopera l’università. Al costo standard lalegge collega l’assegnazione di unaquota del finanziamento ordinario non fi-nalizzata a incentivi premiali.

L’opportunità del criterio del costo perstudente non è tuttavia un’idea originariadella c.d. riforma Gelmini. Lo aveva giàprevisto, infatti, la legge 537/93. Isti-tuendo il fondo di finanziamento ordina-rio delle università l’art. 5 lo articolava inuna quota base, da ripartirsi alla streguadel finanziamento storico, e una quota diriequilibrio da ripartire sulla base di cri-teri “relativi a standard dei costi di pro-duzione per studente, al minore valorepercentuale della quota relativa allaspesa per il personale di ruolo sul fondoper il finanziamento ordinario e agliobiettivi di qualificazione della ricerca, te-nuto conto delle dimensioni e condizioniambientali e strutturali”.

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ATTUALITÀ

IL COSTO STANDARD DEGLI STUDENTI UNIVERSITARI

modalità con le quali si assegnano leesigue risorse finanziarie al sistema del-l’alta formazione, è in palese contraddi-zione con la ripetuta, unanime afferma-zione dell’opportunità del contributo co-rale e costruttivo ad argomenti sui qualil’interesse generale e la prospettiva fu-tura non dovrebbero ammettere con-trapposizioni strumentali o limiti per ladiscussione. La giustificazione del de-creto legge e del contesto normativo nelquale è inserito, è data dall’ opportunità,come recita un comunicato stampa mi-nisteriale del 20 giugno 2017, di assicu-rare alle università “il mantenimentodelle risorse ricevute nell’ultimo triennio,visto che, peraltro, proprio sulla basedella disponibilità di questi fondi, hannogià approvato i loro bilanci e preso im-pegni, fra cui anche quelli relativi all’as-sunzione di personale”. Ulteriore motivo:la garanzia delle risorse per il 2017 perconsentire l’attuazione della c.d. “no taxarea” per gli studenti di famiglie con ISEE

inferiori a 13.000 euro.

Il modello per i costi standard

I commi 1-3 recano la definizione dicosto standard e la disciplina per la de-terminazione del suo modello di calcolo,che si applicherà dal 2018.

Il primo comma, riprendendo sostan-zialmente il contenuto dell’art. 8 delD.LGS. 49/2012, e i principi recati dal-l’art. 5 della L. 240/2010, definiscequale costo standard per studente il co-sto di riferimento attribuito allo studentein corso, discriminando ancora unavolta i fuori corso, spesso tali per condi-zioni disagiate che rendono più arduo illoro percorso di studio e più dilatati itempi per concluderlo. Si tiene contodella tipologia di corso, delle dimensionidell’ateneo e dei differenti contesti eco-nomici, territoriali e infrastrutturali in cuiopera l’università.

Il secondo comma individua i criteri e

tra gli atenei in base a questo criterio. Lapercentuale non potrà comunque essereinferiore a quella prevista dal 5° comma,entro l’intervallo compreso tra il 19% e il22% dello stanziamento, ed è incremen-tata tra il 2% e il 5% all’anno, fino a unmassimo del 70%, in modo da sostituiregradualmente il criterio dell’assegna-zione storica del Fondo.

Una scelta tutta politica

La parola passa ora al Parlamento ma,come si è detto, lo strumento del decretolegge, il contesto normativo nel quale èinserita la norma, al di là della risposta,più o meno esaustiva ai rilievi dellaCorte, non sembra in grado di agevolareil dibattito auspicato e doveroso che do-vrebbe accompagnare questo argo-mento. Ancora una volta, non so conquale e quanta consapevolezza, si sce-glie la strada di rinviare a una pretesa og-gettività tecnica, scelte che richiedereb-bero, invece, l’assunzione di una precisae consapevole responsabilità politica.

È del resto ciò che chiede anche la mo-zione, presentata dall’on. Ghizzoni e altrie approvata dalla Camera il 29 giugno,con la quale, tra l’altro, si invita il Governoa “valutare la possibilità di aggiornare ilmodello di calcolo del costo standarddello studente, in particolare per quantoriguarda: l’addendo perequativo, per te-ner meglio conto, come prescrive la leggen. 240 del 2010, dei ‘differenti contestieconomici, territoriali e infrastrutturali’ incui operano le università; il numero distudenti (regolari, in ritardo e part-time)da ponderare con maggiore gradualità;le dimensioni ottimali dei corsi di studioarticolandole rispetto alle classi di corsidi laurea, ai contesti territoriali e alle ti-pologie di studenti”. L’augurio è che que-sta sollecitazione, approvata a largamaggioranza dalla Camera, sia in gradodi innescare quell’auspicata, efficace eampia riflessione su un tema che ri-guarda il futuro di tutti.

le voci di costo sulla base dei quali condecreto del Ministro, acquisiti i pareri diCrUI e AnVUr, sarà determinato il mo-dello di calcolo del costo per studente. Aproposito di chi e come si decide, balzaagli occhi l’assenza dell’apporto delCUn, l’unico organo di rappresentanzaistituzionale delle università, per un ar-gomento del quale si è sottolineato il si-gnificato strategico.

I criteri attengono ai costi del perso-nale, docente e tecnico-amministrativo,e a quelli di funzionamento e gestionedelle strutture didattiche, di ricerca e diservizio. I costi di funzionamento e di ge-stione delle strutture dei diversi ambitidisciplinari sono stimati sulla base deglioneri medi rilevati dai bilanci degli ate-nei, tenendo conto anche dei costi fissidella sede universitaria, non dipendentidal numero degli iscritti. È palese chesedi più ricche e più strutturate abbianocosti fissi maggiori di quelle di minori di-mensioni e con bilanci più poveri.

ll terzo comma riguarda la perequa-zione tra atenei. Per tenere conto dei dif-ferenti contesti, al costo stimato con icriteri individuati, potrà essere aggiuntoun importo parametrato al costo stan-dard medio nazionale, fino a un mas-simo del 10%, in base alla diversa capa-cità contributiva degli studenti iscritti, de-terminata tenendo conto del reddito me-dio familiare del territorio dove ha sedel’ateneo.

È previsto anche un ulteriore importodi natura perequativa, che tiene contodella diversa accessibilità a ogni univer-sità in relazione alla rete dei trasporti edei collegamenti. L’entità di questa cifrapotrà essere rapportata al costo medionazionale e superarne l’importo fino a unmassimo del 10%. Il settimo comma de-manda, ancora una volta, al decreto mi-nisteriale con il quale si provvede allarideterminazione del modello di calcolodel costo per studente, con validità trien-nale, la determinazione della percen-tuale del Fondo, al netto degli interventicon vincolo di destinazione, da ripartire

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STRATEGIE DIDATTICHEI GIOVANI MIGRANTI NEL SISTEMA EDUCATIVO AMERICANO

Nel mese di giugno di que-st’anno abbiamo avutol’opportunità di partecipa-re a un viaggio negli USAnell’ambito del program-

ma IVLP (International Visitor Leader-ship Program) gestito dal Dipartimentodi Stato con l’obbiettivo di realizzare vi-site negli Stati Uniti, nelle quali figureemergenti scambiano esperienze e col-tivano relazioni durature con le lorocontroparti americane, concentrandosisu interessi professionali specifici.

no; Marilena novellino, vicaria della di-rigente presso la scuola elementare C.Pisacane di roma.

Attraverso la prospettiva di tre cittàmolto diverse tra loro, Washington DC,Salt Lake City e Detroit, abbiamo potu-to immergerci nella complessa realtàamericana.

Il sistema scolastico

Il governo federale americano contri-buisce solo per il 10% al budget perl’educazione (circa 95 dollari ad alun-no), concentrando la maggior parte deipropri finanziamenti sulle aree a ri-schio. Il resto della spesa, e delle con-seguenti scelte per il sistema educati-vo, è a carico dei singoli stati. Il rappor-to tra la spesa e le politiche nel siste-ma americano è estremamente tra-sparente: a ogni tassa viene aggancia-to in modo preciso un settore di inter-vento pubblico. In alcuni stati, adesempio, per finanziare la scuola del-l’infanzia adoperano i fondi ricavatidalla tassa sulle bevande gassate. Lascuola dell’obbligo, che dura 12 anniper gli studenti, viene finanziata con letasse sulla casa dei cittadini residentiin ogni distretto. Tutti i cittadini, anchequelli che non hanno figli a scuola,possono quindi eleggere gli organi col-legiali e orientare le politiche scolasti-che locali. Questo sistema di tassazio-ne crea una forte disparità: una comu-nità povera avrà una scuola che forni-sce scarse opportunità, esattamente ilcontrario di quanto avviene per una co-munità ricca. Si è diffuso così il feno-

Anche se riesce a diplomarsi, uno studente immigra-to senza cittadinanza non può accedere a borse distudio né a prestiti federali per università pubbliche/private: il Dream Act, sostenuto da Barack Obamadurante la sua presidenza, non è stato mai approvato

IL NOSTRO VIAGGIOFABIO ROCCO E GIULIA MONTEFIORE

Il focus del nostro programma eral’integrazione in classe degli alunni mi-granti attraverso il confronto non solocon le istituzioni scolastiche e le uni-versità, ma anche con le comunità, idistretti scolastici e le OnG che suppor-tano le scuole.

La nostra delegazione, oltre agli scri-venti, era composta da: Luca Agosti-netto, docente di pedagogia intercultu-rale presso l’Università di Padova; Sa-bina Banfi, responsabile dell’ufficio po-litiche educative del Comune di Mila-

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I GIOVANI MIGRANTI NEL SISTEMA EDUCATIVO AMERICANO

STRATEGIE DIDATTICHE

Oggi ormai le sperimentazioni più si-gnificative per gli English Learners sisono diffuse nelle scuole pubbliche ditutto il Paese: il bilinguismo, l’insegna-mento intensivo di una lingua stranie-ra, le classi internazionali, l’educazionefamiliare, l’immersione linguistica per ineo-arrivati, solo per citarne alcune.Dovrebbe quindi chiudersi la fase disperimentazione e con essa i privilegidelle Charter, ma non avviene, per ga-rantire solo degli interessi economici.

La mediazione culturale

Sono quasi 5 milioni i bambini pre-senti nelle scuole di origine non statu-nitense da almeno due generazioni.Spesso la lingua della comunità origi-naria resta la lingua madre anche perla seconda o terza generazione. Gli in-terventi federali legati all’acquisizionedelle competenze linguistiche hannoportato dall‘8% al 38% la percentualedi coloro che superano i test di lingua,anche se sono solo il 62% quelli che sidiplomano rispetto all’82% della me-dia nazionale. La logica che animaquesti interventi è tipica della merito-crazia americana: dare a tutti le stesseopportunità a prescindere dalle condi-zioni di partenza, anche se è difficilecolmare il divario sociale di base, per-ché metà dei minori migranti vive sottola soglia di povertà.

Per colmare le difficoltà a dialogarecon le famiglie e aiutare i genitori a tro-vare lavoro è nata l’educazione familia-re: genitori e figli vanno a scuola assie-me, alla materna e nei primi anni della

primaria, con ottimi risultati per tutti.Oggi la mediazione linguistica e cul-

turale nelle realtà più avanzate degliUSA si compone di due formule nei pri-mi anni di scuola: il bilinguismo, ovverolo studio delle materie in due lingue ri-volto a tutti, dalla materna alla supe-riore, affiancando all’inglese la linguaprevalente della comunità territorialecircostante la scuola; i corsi intensivi,la cui durata varia tra i 10 e i 20 giorni,rivolti soprattutto ai neo-arrivati chenon sanno l’inglese e che vengono rag-gruppati per lingua d’origine, così dadefinirne il livello per l’inserimento efavorirne un più fluido ingresso in clas-se. Questi corsi, gratuiti, si ripetono piùvolte l’anno.

negli USA si è affermata l’idea cheportare fuori i bambini da una classeper poche ore al giorno e cercare di in-segnare loro l’inglese, non consentaagli studenti di sviluppare un’alfabetiz-zazione linguistica adeguata. L’investi-mento nello sviluppo professionale pergli insegnanti, che nelle classi multicul-turali hanno maggiori responsabilità,dovrebbe tradursi anche in specifichemodalità di reclutamento e in uno sti-pendio conseguente, ma per ora è cosìsolo in pochi casi.

nella scuola superiore la modalitàche abbiamo riscontrato è quella delleclassi internazionali: gli alunni non an-glofoni fanno lezione in classi appositecon unità di apprendimento facilitate,l’apprendimento cooperativo vienesfruttato affiancando ai neoinseriti deicoetanei con maggiori competenze lin-guistiche in inglese, mentre gli inse-gnanti parlano poco e accompagnano

meno di genitori che si indebitano, nontanto per pagare le spese scolastiche,ma piuttosto per andare a risiedere neiquartieri benestanti, dove i figli posso-no accedere alle scuole migliori.

Gli interventi federali

È solo dagli anni ’90 che l’interventodel governo federale nella scuola haassunto caratteri strutturali. È in quelperiodo che vengono promosse e sidiffondono le Charter School.

Si tratta di strutture educative pub-bliche dotate di autonomia didattica efinanziaria. Svincolate dai distretti, nondevono rispondere a un criterio territo-riale, perché può accedervi chiunque,anche da quartieri diversi. Sono natecome esperienze sperimentali. non dirado attuano programmi per studentimigranti.

Oggi sono oggetto di pareri contro-versi, come abbiamo riscontrato in par-ticolare nelle scuole di Detroit. È nellacittà dell’industria automobilistica, cheoggi vive gli effetti più devastanti dellacrisi economica, che si rendono evi-denti alcune contraddizioni. rispettoalle scuole pubbliche tradizionali chevivono di finanziamenti statali e dicrowdfunding, le Charter accedono fa-cilmente a fondi privati, costituiti an-che da grosse Corporation. Queste in-vestono negli edifici scolastici e, nelcaso in cui le scuole non funzionino,una volta chiuse, possono riutilizzarliper scopi commerciali, facendo diven-tare quindi l’istruzione un business co-me un altro.

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I GIOVANI MIGRANTI NEL SISTEMA EDUCATIVO AMERICANO

STRATEGIE DIDATTICHE

inaccessibile alla stragrande maggio-ranza di questi ragazzi, che comunque,una volta laureati, si ritrovano nell’im-possibilità di lavorare legalmente nelpaese e sottoposti al rischio di imme-diata deportazione.

A sanare questa situazione interver-rebbe il DREAM ACT, fortemente soste-nuto da Barack Obama durante la suapresidenza, ma mai approvato. L’attocreerebbe una nuova modalità di ac-cesso alla cittadinanza per tutti i ra-gazzi giunti negli Stati Uniti prima dei16 anni e lì diplomatisi, che decidesse-ro di intraprendere l’università o di pre-stare servizio militare. Inizialmente iDREAMER otterrebbero la residenza le-

gale permanente negli Stati Uniti, po-tendo quindi accedere a borse di stu-dio, prestiti e in-state tuition, per poiottenere la cittadinanza. L’atto interver-rebbe a sanare il paradosso di uno iussoli puro che riconosce la cittadinanzaa una persona nata negli Stati Uniti an-che se non vi ha mai vissuto, mentre larifiuta all’infante che è stato portatonegli USA subito dopo la nascita. Con ilDREAM ACT si procederebbe all’integra-zione reale di ragazzi che americanigià sono. Argomentazioni, queste ulti-me, avanzate anche a favore dello ius

culturae italiano, parziale oggetto dellariforma della cittadinanza attualmentein discussione. Tuttavia, mentre in Ita-lia sarebbe l’essere stato educato nel-la scuola italiana l’elemento determi-nante per il riconoscimento della citta-dinanza, negli Stati Uniti sarebbe sola-mente l’apporto positivo che l’indivi-duo potrebbe offrire al Paese, sottoforma di lavoro dopo la laurea o comeservizio militare, a legittimarne l’in-gresso nella comunità dei cittadini, manon nel caso di abbandono degli studiprima del diploma.

nell’impossibilità di vedere il DREAM

ACT approvato, nel 2012 l’amministra-zione Obama ha istituito come palliativoil DACA, uno strumento amministrativoche per due anni, con possibilità di rin-novo, sospende la deportazione e con-sente di lavorare a coloro che ne fannorichiesta se sono giunti in America dabambini e hanno completato la scuolanegli USA. Grazie al DACA gli studenti uni-versitari non temono più la deportazio-ne durante gli studi, anche se il provve-dimento non dà accesso ai finanzia-menti pubblici né costituisce una moda-lità di avviamento alla cittadinanza. Og-gi si teme che l’amministrazione Trumpsospenda il programma.

Parallelamente, 20 dei 50 stati ame-ricani hanno messo in atto strumentilegislativi per concedere la in-state tui-tion ai residenti privi di documenti, le-gandola al completamento di due o treanni di scuola superiore all’interno del-lo stato. Questi strumenti non sonouna modalità di accesso alla cittadi-nanza e non regolarizzano i ragazzi.Quindi risiedere in uno stato che rendela laurea possibile, potrebbe rivelarsifondamentale se il DREAM ACT venisseapprovato, perché permetterebbe airagazzi di avvalersi della laurea ottenu-ta per intraprendere velocemente ilpercorso verso la cittadinanza.

Fabio Rocco, docente di scuola primaria, PadovaGiulia Montefiore, English Playtime, Roma

semplicemente il percorso dei ragazzi.Ogni anno gli studenti svolgono un testdi inglese: se lo superano vanno fre-quentare le classi regolari.

A una prima avversità “ideologica”da parte nostra a questo modello, si èpresto sostituita una suggestione, an-cora non del tutto risolta: e se fossevero, come dicono loro, che in adole-scenza gli alunni che non conosconola lingua, “buttati” nelle classi faticanoa inserirsi, perché si sentono stigmatiz-zati, rendendo quindi meno, mentrenel rapporto tra pari possono stringererelazioni positive che li motivano a im-pegnarsi? A voi la risposta.

Certo è che negli USA, che non hannoratificato la Convenzione sui diritti del-l’infanzia, può accadere da un momen-to all’altro di trovare un banco vuoto: laclandestinità prevede il rimpatrio im-mediato, anche dei minori.

L’accesso all’universitàdei ragazzi stranieri irre-golari cresciuti negli USA

Ogni anno circa 65.000 ragazzi arri-vati illegalmente da bambini negli StatiUniti si diplomano nelle scuole statuni-tensi. Cresciuti in America ma impossi-bilitati a ottenerne la cittadinanza o aregolarizzare la propria posizione, mol-ti di loro vorrebbero proseguire gli stu-di. negli Stati Uniti lo studente puòomettere dai documenti ufficiali il pro-prio Social Security number, permet-tendo quindi anche ai ragazzi senzadocumenti di poter accedere all’univer-sità. Tuttavia, un irregolare non può ac-cedere né a borse di studio o prestitifederali per università pubbliche o pri-vate, né alle in-state tuition, cioè al co-sto delle università pubbliche riservatoagli studenti residenti nello stato del-l’università (in media $9.500), e devequindi pagare tanto quanto chi risiedein un altro stato (in media circa$25.000). L’università risulta pertanto

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23 www.edizioniconoscenza.itARTICOLO 33 | N.7-8 2017

INCONTRI

FAKE NEWS E POST VERITÀ

Quello della manipolazionedelle menti è un temache ha attraversato tuttele epoche storiche, mache oggi assume una rile-

vanza maggiore rispetto al pas-sato perché viviamo immersi nella co-municazione, circondati da tecnologieestremamente raffinate ed esperti co-municatori che sanno come aggiustarele notizie, renderle appetibili al grandepubblico a volte inventarle di sanapianta come nel caso delle fake news.

e non solo, contro l’Iraq di Saddam Hus-sein accusato di possedere armi di di-struzione di massa. A guerra conclusasi venne a sapere che l’Iraq non posse-deva armi nucleari. È un esempio tra itanti da cui si deduce che le fake newspossono essere diffuse a tutti i livelli,anche dai Governi di paesi democratici.Il che ovviamente è inquietante.

La comunicazione offre molti aspettiinteressanti che è bene conoscere. Peresempio, è utile sapere che dietro amolti personaggi politici che si confron-tano in una campagna elettorale di ri-lievo nazionale c’è una équipe di esperti

Come difendersi dai condizionamenti di un sistemacomunicativo penetrante dove non tutto ciò che ap-pare è reale. I persuasori non sempre sanno di cosaparlano, ma sanno come dirlo

LA MANIPOLAZIONE DELLE MENTIANNA OLIVERIO FERRARIS

Prendiamo il caso dei vaccini, chehanno portato a un incremento del mor-billo in Italia. Il morbillo è stato debel-lato nell’America del nord come inquella del Sud, in Italia invece è tornatoin forma virulenta per la circolazione ediffusione di false informazioni sui me-dia. Ma pensiamo anche ad altre vi-cende, per esempio quando nel 2003 ilPrimo Ministro britannico Tony Blair riu-scì, grazie al lavoro dei suoi addettistampa, consiglieri e agenti, a surriscal-dare l’opinione pubblica del suo Paese,

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FAKE NEWS E POST VERITÀINCONTRI

intrattenuti – della recita che gli “attori”riescono a realizzare. A un piglio asser-tivo, a un modo deciso di porsi e di pren-dere la parola, a una ostentazione disicurezza può corrispondere una effet-tiva capacità gestionale, ma può anchetrattarsi di una recita a beneficio deglielettori. Ciò vale ovviamente non soloper i personaggi politici ma, ancor dipiù, per altri personaggi che animano italk-show. non si spiega altrimenti per-ché la nota criminologa mostri le coscementre disquisisce su un efferato de-litto. O perché lo psicologo alla modareciti la parte del bel tenebroso. O an-cora, perché il critico d’arte punteggi isuoi interventi di parolacce e aggredi-sca gli ospiti in studio con insulti e vol-garità.

Convincere è legittimo e in molti casidoveroso. Se ragiono con una persona,rifletto insieme a lei, le lascio spazioper esprimere le sue opinioni e rispetto

le regole del dialogo, non c’è nulla disconveniente se con la forza delle ar-gomentazioni riesco a convincerla. Di-verso è, invece, se non le lascio spazioper esprimersi, se distolgo la sua atten-zione dall’argomento centrale del di-scorso focalizzandola su aspetti irrile-vanti o di contorno (fronzoli), se per ot-tenere il suo consenso cerco di compia-cerla (come fanno i venditori di aspira-polveri…) o di colpire la sua imma- gina-zione e le sue emozioni in modo da nonlasciarle il tempo per riflettere.

Retorica onesta e retorica disonesta

La questione era nota già ai filosofidell’antica Grecia. ne Il Gorgia, peresempio, Platone criticava le tecnicheoratorie dei sofisti, non perché non fos-sero degli ottimi oratori, ma perché con

comunicatori che non soltanto cura l’im-magine del personaggio in questione (illook, la sua biografia, i suoi discorsi, lesue esternazioni) ma che decide o con-siglia quali informazioni dare o non dareal pubblico e con quali modalità. A voltesi tratta di creare un evento che possacolpire l’opinione pubblica (informa-zione gestita), altre volte viene rimodel-lata una notizia (non “aumento delletasse” ma “riassetto fiscale”), altre volteancora si tratta di suscitare un interesseintorno a vicende insignificanti che peròdistolgono l’attenzione degli elettori daquestioni più urgenti.

Grazie alla evoluzione delle tecnichedella comunicazione, la politica sulloschermo è oggi fatta in gran parte dirappresentazioni e in parte minore dicontenuti. In ogni caso i contenuti sono,dal punto di vista della performance,meno importanti – per molti spettatoriche si attendono soprattutto di essere

CHE COSA SI INTENDE PER POST-VERITÀ?

Post-verità è stata eletta parola dell’anno 2016 dall’Oxford Dictionary in quanto descrive un modo subdolo con cui oggisi può formare l’opinione pubblica. Una non-verità viene confezionata dai professionisti della comunicazione – i cosiddettispin doctor, ma non solo – che, con diverse strategie, si impegnano a diffonderla sui media. e più la notizia confezionata adarte si diffonde e viene rilanciata dai diversi mezzi di informazione, più essa tende ad acquistare valore di verità soprattuttoquando vengono a mancare dei validi contrappesi: ossia, approfondimenti, confronti e un reale dibattito tra persone infor-mate dei fatti.

il termine si diffuse durante la campagna per il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea (Bre-xit) e successivamente, negli ultimi mesi del 2016, durante la campagna delle elezioni presidenziali americane che viderotrionfare Donald Trump sia pure tra pesanti sospetti di manipolazioni dell’informazione e della privacy, il principale dei qualiriguarda il discredito gettato sull’avversaria Hillary clinton da parte di esperti operatori informatici.

il termine però non è del tutto nuovo. Nel 2009 il saggista americano colin crouch usò tale termine per delineare unmodello di politica nei paesi democratici, dove «le elezioni di fatto esistono e possono cambiare i governi, ma dove il di-battito elettorale pubblico è uno spettacolo strettamente controllato, gestito da squadre rivali di professionisti espertinelle tecniche di persuasione, che scelgono solo una piccola gamma di temi, da affrontare durante i dibattiti». crouch at-tribuiva al «modello di industria pubblicitaria», applicato alle comunicazioni politiche, la causa della crisi di fiducia nella po-litica. Un concetto che fu poi ripreso da altri commentatori in diversi Paesi per designare la disinvoltura con cui i fattipossono essere manipolati, da chi ne ha interesse, in tanti modi diversi: per esempio fornendo ai media notizie “informali”facendole passare per confidenze, per informazioni riservate o anonime.

Testo di riferimento: anna Oliverio Ferraris, Chi manipola la tua mente? Vecchi e nuovi persuasori: riconoscerli per difendersi. Giunti, 2016

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la loro arte oratoria riuscivano a mani-polare le menti. Dice Gorgia rivolgen-dosi a Socrate: «Se un retore o unmedico arrivassero in una città qualsiasie se si trovassero a dover competere aparole nell’assemblea o in un’altra pub-blica adunanza su quale dei due vadascelto come medico, il medico nonavrebbe alcuna possibilità di uscirnevincitore, ma la scelta cadrebbe suquello capace di parlare. non c’è, infatti,argomento di cui il retore di fronte allafolla non sappia parlare in modo piùpersuasivo di qualsiasi altro speciali-sta». E Socrate commenta: «Allora, chinon sa fra gente che non sa risulterà piùpersuasivo di chi sa, se è vero che il re-tore è più persuasivo del medico nel set-tore della medicina».

La tematica fu ripresa anche da Ari-stotele, allievo di Platone, che nel suosaggio La Retorica distingue tra reto-rica onesta e retorica disonesta. Il filo-sofo spiega che anche un oratoreonesto prepara il suo discorso, fa usodelle metafore e delle similitudini,cerca di suscitare interesse e condivi-sione nel pubblico, non lo fa però conl’intento di ingannarlo. La differenzatra retorica onesta e retorica disonestasta nella trasparenza. Che cosa signi-fica? Significa che mentre il comunica-tore onesto può, se interrogato, ricono-scere di aver preparato il suo inter-vento con l’obiettivo di essere convin-cente, colui che manipola è impossi-bilitato a rivelare le proprie strategie.non può, per esempio, dire: per dimo-strare la mia tesi ho utilizzato dellefalse premesse. non può dire: per con-vincervi ho accostato dei concetti chenon hanno nessun nesso tra di loro,ma che sono seduttivi. non può dire:mi guardo bene dal dirvi quello chepenso veramente, ma vi dico soltantoquello che vi aspettate di sentire, perpoi manipolarvi: il che è prassi comunetra i comunicatori disonesti.

Già nell’Antichità esisteva, dunque,una consapevolezza su questi aspetti

e che era anche un buon americano fe-dele al suo Paese. Mentre parlava, la te-lecamera si soffermava molto spessosul suo fedele cane Checkers – infatti,questo discorso passò alla storia comeil discorso di Checkers –, che stava ac-cucciato di fronte al camino acceso.Due furono i fattori che giocarono in fa-vore di nixon: un cagnone, tipo San Ber-nardo, col suo muso onesto, e il camino,che è il simbolo della casa, del calorefamiliare, della sicurezza, della prote-zione, delle relazioni affettive.

La trasmissione si concluse con unappello ai telespettatori: nixon li invitò ascrivere al Comitato nazionale del Par-tito repubblicano per stabilire se dovevarestare candidato alla vicepresidenza,oppure dimettersi. E l’effetto fu imme-diato e massiccio. Al Comitato del Par-tito repubblicano giunse una valanga dilettere, telegrammi e telefonate in suofavore. Dunque, nixon fu premiato nonperché avesse dimostrato di non essersiappropriato del denaro dei contribuentiper la sua campagna elettorale, cosache non avrebbe potuto sostenere; maperché la sua immagine televisiva, lastoria del buon padre di famiglia e delcittadino fedele che aveva raccontatoaccanto al caminetto e al muso di Chec-kers aveva fatto breccia nel cuore deglispettatori. Da allora in poi ogni Presi-dente degli Stati Uniti fa, una volta al-l’anno, il discorso del caminetto.

Il secondo esempio evidenzia il ruolodelle emozioni. Il 5 febbraio 1990, nelcorso di una puntata di Mixer (un setti-manale di informazione della rai) il gior-nalista televisivo Gianni Minoli mostraun documentario d’epoca, in cui il giu-dice Sansovino confessa di aver truc-cato, d’accordo con altri membri delTribunale elettorale, i risultati del refe-rendum del 1946 su monarchia o re-pubblica. Molti spettatori che all’epocaavevano votato per l’una o per l’altra se-guono il programma in preda a allosconcerto e a un’emozione crescente.Soltanto al termine della proiezione Mi-

della comunicazione, tuttavia con il dif-fondersi delle tecnologie della comuni-cazione si è verificato un salto diqualità di grande portata. L’oratore, ilsofista, poteva manipolare attraversole parole e il linguaggio non verbale de-gli atteggiamenti, mentre nel nostromondo alle parole e agli atteggiamentisi è aggiunta la multimedialità. Ci sonole parole, ci sono le immagini, c’è lamusica di sottofondo, c’è il movimento,ci sono i colori, ci sono i primi piani, glistacchi, i dettagli, le gigantografie. Sipuò creare una scenografia coinvol-gente e veloce in modo che lo spetta-tore non abbia il tempo per pensare oconsultarsi con coloro che hanno puntidi vista diversi. Il tutto dentro casa, nelnido protetto, dove lo spettatore èmeno difeso psicologicamente, più di-sposto a dare fiducia in ciò che gliviene mostrato.

Potenza dell’immagine

Come è stato dimostrato da studiscientifici, le immagini hanno un forteimpatto sulla nostra mente per cui l’ap-parenza, il look, la scenografia, possonoavere la meglio sulle parole e sulla con-sequenzialità del discorso. Due esempi.

Il primo riguarda un politico ameri-cano dei tempi passati, richard nixon.

nel 1952, quando era candidato allavicepresidenza degli Stati Uniti, nixonera stato accusato di essersi indebita-mente appropriato di denaro pubblicoper la sua campagna elettorale, il chenegli Stati Uniti è considerata una colpagrave che ha come conseguenza l’im-peachment. Per difendersi di fronte aglielettori e spiegarsi alla nazione nixonaffittò mezz’ora di televisione. Durantequella mezz’ora le sue parole non chia-rirono le accuse che gli erano state ri-volte. nixon non accennò mai al fattoche si era appropriato del denaro pub-blico, disse però che lui era un buon pa-dre, un buon marito, un buon cittadino

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ficarsi con un contesto rassicurante efamiliare in cui molti spettatori si rico-noscono. Vengono evocate emozioni esentimenti positivi. Si cerca di attivarenon soltanto la vista e l’udito ma ancheil gusto. Il politico che sta al centro dellascena vuole associarsi a questo in-sieme di sensazioni positive. Vuole chegli spettatori lo considerino uno di loro.Vuole essere ricordato in un contestogradevole, ottimista, simpatico.

Passiamo ora a un’altra immagine(fig. 2, pagina seguente). È la pubbli-

cità di un televisore, che però ci rac-conta una storia complessa eabbastanza inquietante. C’è l’invito aspecchiarsi nel calciatore di successo.Il bambino, guar- dando il televisore,vede riflessa un’immagine. Potrebbeessere la sua, però si trasfigura nelmito del momento che allora era Kaká.Particolare tutt’altro che insignificante:il bambino è in posizione orante, è inginocchio di fronte al televisore e difronte al personaggio. Sul lato sinistrosi affaccia una bambina, la sorellina,che è in posizione uterina, adagiata su

un cuscino, ossia in una condizione dimassima recettività.

È evidente che molti dei messaggiche riceviamo via schermo, in partico-lare negli spot pubblicitari, non sonoaffatto neutri, in essi c’è una comples-sità che è il risultato di studi, scelte estrategie di abili comunicatori, chesono esperti in psicologia e psicoana-lisi, in questo caso anche in psicologiadell’età evolutiva. Costoro cercano dilavorare sull’inconscio degli spettatori,sulle loro emozioni, sui loro desideri,

sui loro impulsi,e così facendo,indurre dei biso-gni che dovreb-bero portare al-l’acquisto deiprodotti. Oltre aimessaggi espli-citi ci sono tuttauna serie di mes-saggi impliciti,che raggiungonola mente dellospettatore senzache lui ne siaconsapevole.

Le tecnicheche vengono uti-lizzate sono raffi-nate. Per esem-pio, vi siete maichiesti perchéprima viene mo-

strata una pubblicità completa e dopouna decina di minuti viene mandato inonda soltanto un frammento di quellospot? non è casuale ma frutto di unaprecisa strategia scientifica. L’obiettivoè quello di sfruttare il nostro cervellofacendolo lavorare. La memorizzazioneè maggiore se lo spettatore fa unosforzo. Vedendo un frammento di spotdopo che aver visto lo spot completo,lo spettatore ricostruisce tutto lo spotnella sua mente e mentre il cervello faquesto lavoro mentale la memoria sirafforza.

noli rivela l’inganno e spiega che il giu-dice che compariva nel filmato era in re-altà un attore, il vecchio documentarioin bianco e nero era stato girato in unostudio qualche settimana prima con deifiguranti. Tutto era falso, a eccezione,però, della profonda emozione vissutada milioni di spettatori. «Abbiamo volutomostrare come si possa manipolare l’in-formazione televisiva» – spiegò il giorna-lista – «e bisogna ormai imparare adiffidare dalla televisione e dalle imma-gini che ci vengono presentate».

In altre pa-role, siccomel’emozione chegli spettatorihanno vissutonel corso dellatrasmissione èun’emozioneautentica, essisono portati ac o n s i d e r a r evera anche lanotizia o il rac-conto all’ori-gine di quellaemozione. Laverità del-l’emozione sis o v r a p p o n ealla narrazione,che può esse-re vera ma an-che completa-mente falsa.

Sono tanti i fattori che possono sug-gestionarci o sviarci nella valutazione.Per esempio, nella figura qui sopra ve-diamo Bruno Vespa in una cucina beneattrezzata, con un cuoco dal sorriso ras-sicurante e, al centro, un noto politico.notiamo anche che in primo piano c’è ilculatello, un tipo di salame molto ap-prezzato. Ma che cosa ci fa il noto poli-tico tra Vespa e il cuoco, di fronte a unabatteria da cucina e al culatello? A checosa mira questa rappresentazione? Ilmessaggio, implicito, è l’invito a identi-

Fig. 1

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Come difendersi

Un altro aspetto su cui riflettere è lasovrapposizione tra opinionista edesperto. È vero che l’opinionista non èun esperto ed esprime opinioni perso-nali, però il pubblico finisce per attri-buirgli competenze che non ha per laposizione che generalmente occupasulla scena: primi piani, gigantografie,assertività, il credito attribuitogli dalconduttore che gli pone le domandeecc. Con l’aiuto della multimedialità èfacile creare un setting “autorevole”. Ta-belle e statistiche vengono spesso mo-strate nei TG e nei talk-show allo scopodi dare credibilità scientifica al discor-so. Spesso sono attendibili. Qualchevolta non lo sono. Un caso significativofu quello di Mannheimer, esperto stati-stico della trasmissione “Porta a Porta”di raiUno.

Dopo anni di presentazione di tabelle estatistiche si scoprì che i numeri che ve-nivano esibiti in trasmissione non sem-pre corrispondevano a ricerche sulcampo condotte con metodologie cor-rette, ma erano assemblati sulla base diintuizioni. negli ultimi tempi Mann-hei-mer era diventato un personaggio checon il suo aspetto bonario e le sue spiri-tosaggini riusciva simpatico al pubblico.

robert Cialdini, autore di un famosolibro sulla persuasione, scrive: «I profes-sionisti della persuasione non sono isoli a conoscere e usare questi princìpia proprio vantaggio. Ma lo specialista hamolto più della nostra vaga e dilettante-sca cognizione di ciò che funziona op-pure no». Anche noi possiamo arrivare,da soli, con le nostre conoscenze e il no-stro bagaglio culturale, a comprenderedeterminati meccanismi, a dubitare diciò che vediamo e a prendere le di-stanze da una serie di messaggi, chi èpreparato a utilizzare le tecniche dellapersuasione e della manipolazione saperò esattamente come intervenire.

Per evitare di essere manipolati, o co-munque per ridurre l’impatto della ma-

tiera apprezzabilissima, che non in-ganna ma aiuta a capire. Lo spettatoredeve essere critico, capace cioè di pren-dere le distanze dai messaggi che loraggiungono e non referenziale ossiaidentificarsi con la storia, con i perso-naggi, con le situazioni rappresentate.

È bene infine che l’etica abbia unruolo centrale nelle facoltà universita-rie di Scienze della Comunicazione.

nipolazione sulla nostra mente, è dun-que necessario che le strategie della co-municazione multimediale diventinopatrimonio comune. Che fin da bambinisi impari a discriminare tra fiction e real-tà, tra vero e verosimile e si comprendail tipo di lavoro, complesso, che vienesvolto dietro alle quinte per realizzareun programma, uno spot, una campa-gna elettorale. Esiste una finzione veri-

Fig. 2