Ecco dei Barnabiti no 1 -2015

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  • 8/21/2019 Ecco dei Barnabiti no 1 -2015

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    1MARZO 2015ARZO 2 15

    Posteitaliane

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    Editoriale 

    1 L’unica legittima violenza (P. Rippa)

    Bibbia 

    2 Vita consacrata nella Chiesa oggi (G. Dell’Orto)

    Vocabolario ecclesiale 

    5 Viscere ( A. Gentili )

    Vita consacrata 

    6 Scrutate. La vita consacrata cammino di profezia e di esplorazione di nuoviorizzonti( E. Brambilla)

    Ecumenismo 

    11 La vita consacrata nelle tradizioni cristiane. Colloquio ecumenico di religiosi ereligiose: Roma 22-25 gennaio 2015 (E. Sironi )

    Spiritualitàb arnabitica 

    17 Intervista a un santo. Francesco Saverio Maria Bianchi(M. Regazzoni )

    Osservatorio paolino 

    23 Paolo di Tarso: quattro profili (G. Cagnetta)

    28 Il Santo Curato d’Ars ( A. Erba)33 «Venerabili » pellegrinaggi. P. Carlo M. Bascapè il “nostro” S. Carlo. Massima basca-

    peiana per il buon governo: «...consigliare, esortare, dialogare, prima di imporre ecomandare…», nel IV centenario della morte (1615) (F. Lovison)

    42 «Harlem è quello che Dio pensa di New York ». Una lettura sapienziale del conflittotra l’Oriente islamico e l’Occidente cristiano ( A. Gentili - G. Gentili )

    Dal mondo barnabitico 

    54 Protagonista: p. Mario Falconi – Notizie di casa nostra – Celebrazioni delventennale della cappella san Paolo a Puente Alto – Ordinazioni sacerdotali nelleFilippine – P. Emiliano Redaelli al Festival internazionale Al Gadir a Nayaf (Iraq) –Firenze: i nostri primi 70 anni di Amicizia – Don Giancarlo Bertagnolli, “sacerdotedei piccoli, amico dei giovani” – Ordinazione e Prima messa di Antonio Bongallino –Premio à Gbaby – Napoli, chiesa di Caravaggio: inizio della commemorazionedel bicentenario della morte di S. Francesco Saverio M. Bianchi – Arpino:commemorazione in occasione del bicentenario della morte di S. Francesco SaverioM. Bianchi – Prima visita del p. Generale alla nuova Fondazione messicana –Pittori di Niagara Falls ospiti allo Shrine

    Ci hanno preceduto 

    55 P. Enrico Brieda (G. Villa)

    Schedario barnabitico 

    56 A. Gentili, Il “sentire” cifra dell’esperienza religiosa nella testimonianza di S. Angelada Foligno (P. Rippa)

    SOMMARIO 

    RASSEGNA TRIMESTRALE

    DI VITA E DI APOSTOLATO

    DELL’ORDINE DEI CHIERICI REGOLARI

    DI S. PAOLO - BARNABITI

    Anno XCV

    n. 1 - Marzo 2015

    TrimestralePoste italiane S.p.A. - Spedizionen abbonamento postale - 70% Roma

    DIRETTORE RESPONSABILE

    P. Stefano Gorla

    DIRETTORE

    P. Paolo Rippa

    CAPOREDATTORE

    P. Mauro RegazzoniREDAZIONE

    P. Filippo Lovison

    CORRISPONDENTI

    Dal Cile: P. Mauricio Ahumada. DalleFilippine: P. Michael Sandalo. Dall’ItaliaCentro-Sud: P. Giovanni Scalese. Dall’Ar-gentina: P. Giorgio Graiff 

    COLLABORATORI

    P. Eugenio Brambilla, P. Giuseppe Ca-gnetta, P. Giuseppe Dell’Orto, P. EnricoSironi, P. Giovanni Villa, P. GiuseppeCiliberti, P. Antonio Gentili, P. RodrigoNilo, P. Giannicola Simone

    DIREZIONE

    Via Giacomo Medici, 15 - 00153 RomaTel. e Fax 06/581.23.39 - 588.28.63e-mail: [email protected]

    REDAZIONE

    Piazza B. Cairoli, 117 - 00186 RomaTel. e Fax 06/68307070

    AMMINISTRAZIONE

    c.c.p. 29654001 intestato a: I Barnabiti,Via Giacomo Medici, 15 - 00153 Roma

    REGISTRAZIONE

    Tribunale di Roman. 334 del 28 aprile 1950STAMPA

    Grafica Cristal S.r.l.

    Via R. Paolucci, 12/14 - 00152 RomaTel. 06/53.49.375 - [email protected]

    Eco dei Barnabiti viene inviato agliamici delle Missioni, delle Vocazionie delle Opere dei Barnabiti.© È possibile riprodurre gli articoli dellaivista citando la fonte e mandandone

    giustificativo in redazionewww.barnabiti.net

    opertina: Tunnel nel bosco, foto di Nicola TassisV di copertina: Nella gioia del Risorto..., disegno

    di Nicola Tassis

    Chiuso in redazione il 9 marzo 2015Finito di stampare il 22 marzo 2015

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    L’unica legittima violenza L’unica legittima violenza 

    Quotidianamente tartassati dalla violenza in tutte le sue varianti: fisica, verbale,

    psicologica, esplicita, implicita, diretta, indiretta, istituzionale..., viene proprio da

    pensare che agli umani costi enormemente chiudere i conti con comportamenti

    che ci illudevamo fossero peculiarità di epoche ormai remote. Ma non è così!

    Né duemila anni di cristianesimo, né lo sviluppo culturale e le conquiste tecniche

    di cui andiamo – giustamente – orgogliosi, né certe idee tali come, per esempio,

    la tolleranza che tanto sangue è costata prima di insediarsi nel nostro orizzonte

    esistenziale, pare siano stati capaci di modificare il cuore dell’uomo che continua

    ad emanare violenza.

    Le cronache che ogni giorno i media ci propinano, che parlano di aggressioni,

    di omicidi, di violenze, spesso attribuibili a motivi futili, palesano questa triste

    situazione.

    L’assenza di scrupoli dei corrotti di ogni colore e sapore, l’arroganza

    di chi presume aver il diritto di mettere a ferro e fuoco una città, una nazione,la prepotenza di chi strumentalizza valori così radicati nella coscienza collettiva

    dell’uomo come la religione per sostenere ideologie deliranti, la presunzione di chi

    pretende essere padrone della vita propria e dell’altrui, l’orgoglio individualista che

    non nutre nessuna pietà per le vittime, per chi giace, per gli ultimi, sembrano oggi

    diventati atteggiamenti che non suscitano ormai né scandalo, né sconcerto,

    né turbamento. E le vittime di queste sconvolgenti situazioni sono quasi sempre

    i più deboli: i bambini, le donne, i vecchi, i poveri, gli stranieri.

    Ma se proprio non possiamo fare a meno di una dose quotidiana di violenza,

    se ci risulta impossibile sradicarla dal nostro cuore, dal nostro codice geneticoo dalla nostra struttura cromosomica, orientiamola – almeno – verso l’unico

    obiettivo che, in qualche modo, la possa giustificare, ossia, noi stessi,

    contro i nostri vizi, così ben sinteticamente definiti nel De Mauro come: «abituale 

    disposizione al male e a seguire gli istinti più bassi ». Non certo per soddisfare un

    improponibile e assurdo autolesionismo ma per l’acquisizione di una maggior

    qualità di vita da cui, presumibilmente, dovrebbero nascere atteggiamenti di più

    umana e civile convivenza. La vittoria sulla violenza non si ottiene con decreti

    legge, ma con disciplina. Che poi questa lotta sia imprescindibile, ce lo insegna,

    senza andarne a cercare giustificazioni in territori remoti, il nostro Fondatore,

    S. Antonio Maria Zaccaria, che su questo genere di lotta la sapeva lunga in quanto

    a tattiche, strategie e obiettivi.

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    BIBBIA

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    I   l 30 novembre scorso, con

    la solenne Celebrazione Eu-caristica nella Basilica di

    San Pietro presieduta dal card. JoãoBraz de Aviz, ha avuto inizio l’Annodella Vita Consacrata, voluto da papaFrancesco in occasione del 50° anni-versario della costituzione dogmaticaLumen gentium e del Decreto conci-liare Perfectae caritatis sul rinnova-mento della vita religiosa. Questo An-no, che si concluderà il 2 febbraio2016 (festa della Presentazione di Ge-sù al tempio e Giornata mondiale del-

    la vita consacrata), si prefigge anzitut-to di «riproporre a tutta la Chiesa labellezza e la preziosità di questa pecu-

    liare forma di sequela Christi» (mes-

    saggio di Papa Francesco, 30 novem-bre 2014) perché, proprio nella attualesocietà secolarizzata, si possa conti-nuare a rispondere all’appello cheGiovanni Paolo II lanciava all’iniziodel terzo millennio: «Voi non avete so-lo una gloriosa storia da ricordare e daraccontare, ma una grande storia dacostruire! Guardate al futuro, nel qua-le lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi » (Vita consecrata,n. 110). È nel contesto del ConcilioVaticano II, infatti, che va compresa

    l’importanza e l’opportunità di un an-no dedicato alla vita consacrata. Se sirileggono i testi conciliari che ne trat-

    tano, si scopre come fossero stati get-

    tati allora tanti semi che il post-conci-lio ha fatto crescere e che oggi risulta-no ancora più attuali: la teologia delcarisma, la profezia, la vita fraterna,l’apertura alle diverse forme di vitaconsacrata, l’ecclesialità… e non ulti-me la radice battesimale della consa-crazione e lo stile di vita del consacra-to come sequela Christi , permanenteed efficace testimonianza nel mondodella Incarnazione di Cristo. La vitaconsacrata è segno per il Popolo diDio del compimento della comune

    vocazione cristiana e manifestazionedella grazia del Signore risorto e dellapotenza dello Spirito Santo: «la vostraluminosa testimonianza di vita sarà co-me una lampada posta sul candelabro

     per donare luce e calore a tutto il  popolo di Dio» (messaggio di PapaFrancesco, 30 novembre 2014). Non,quindi, un anno da vivere all’internodei propri Istituti o Congregazioni, maun abbraccio totale di tutta la Chiesa,perché – come diceva papa Francescogià nel 1994, nel corso del Sinodo –«La vita consacrata è dono alla Chiesa,

    nasce nella Chiesa, cresce nella Chie-sa, è tutta orientata alla Chiesa».Ecco dunque che questo  Anno si

    prefigge anzitutto di rappresentareun’occasione per tutti i religiosi di”evangelizzare” la propria vocazione edi «testimoniare la bellezza della se-quela Christi nelle molteplici forme incui si esprime la nostra vita… Tuttoquesto porterà i religiosi e i consacrati a continuare il rinnovamento propostodal Concilio, potenziando la loro rela-zione con il Signore, la vita fraterna incomunità, la missione, e curando unaformazione adeguata alle sfide del no-stro tempo, in modo da “riproporre

    VITA CONSACRATA 

    NELLA CHIESA OGGI L’Anno della Vita Consacrata appena iniziato costituisce un kairòs, un “tempo opportuno” dacogliere per meditare e riscoprire il ruolo e la missione della vita consacrata all’internodell’intero corpo ecclesiale nel mondo attuale. Anche l’Eco vuole offrire – quest’anno – ai suoi lettori, alcune pagine di riflessione dettate dal biblista p. Giuseppe Dell’Orto per ricuperare lacaratteristica della vita religiosa di essere oggi segno e profezia per la Chiesa e realizzarel’affermazione di papa Francesco: «Dove ci sono i religiosi c’è gioia».

    Gesù e i Discepoli - Duomo di Monreale

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    con coraggio” e con “fedeltà dinami-ca” e creativa (cf. VC 37) l’esperienzadei loro fondatori e fondatrici ». Così siesprimeva il 31 gennaio 2014 il card.

     João Braz De Aviz, nella Conferenza

    stampa di presentazione dell’Anno del-la Vita Consacrata. Ma, insieme, la ce-lebrazione di questo Anno è anche in-vito a tutto il popolo cristiano a strin-gersi «attorno alle persone consacrate,a gioire con loro, a condividere le lorodifficoltà, a collaborare con esse… per il perseguimento del loro ministero edella loro opera, che sono poi quelli dell’intera Chiesa» (Papa Francesco,Lettera a tutti i consacrati , 28 novem-bre 2014, III 2). Insomma, un kairòs,un “tempo opportuno” da cogliere permeditare e riscoprire il ruolo e la mis-sione della vita consacrata all’internodell’intero corpo ecclesiale nel mondoattuale. Vita consacrata nella Chiesaoggi , come recita il “motto” che ac-compagna il Logo ideato dalla pittriceCarmela Boccasile, e che intendiamoprendere come riferimento per il no-stro percorso di quest’anno.

    lo Spirito che aleggia sulle acque

    Con grande semplicità, il logo richia-ma simbolicamente i valori fonda-

    mentali della consacrazione religiosa,secondo uno schema ternario. La pri-ma terna è rappresentata, appunto, dalmotto.

    La seconda consta di tre segni grafi-ci: una colomba, il mare e un globo.La distesa dell’acqua rappresenta letempeste della storia, con evidente ri-chiamo ai flutti del diluvio, sui quali silibra la colomba della pace (Gn 8,

    8-14); e non è un caso se il profilo chedisegna la colomba evoca i caratteriarabi della parola “pace”! Il globo po-liedrico, infine, rappresenta il mondo;un mondo variegato, sfaccettato, com-plesso, nei suoi diversi e infiniti voltidi popoli e le culture: «Il modello nonè la sfera… è il poliedro, che riflette laconfluenza di tutte le parzialità che in

    esso mantengono la lorooriginalità… È l’unionedei popoli, che, nell’ordi-ne universale, conservanola loro peculiarità; è la to-

    talità delle persone in unasocietà che cerca un be-ne comune che veramen-te incorpora tutti » (Evan-

     gelii gaudium, n. 236).Come nel giorno della

    creazione, lo Spirito diDio aleggia sulle acque,sostiene il mondo e loconduce verso il futuro.Anche questo è un invitoai consacrati e alle con-sacrate: essere « portatori dello Spirito (pneumato-phóroi) , uomini e donneautenticamente spirituali,capaci di fecondare segre-tamente la storia» (VitaConsecrata, n. 6). Sul ma-re tempestoso del presente, la vita con-sacrata è chiamata ad essere operatricedi pace, faro di speranza, segno visibiledell’amore misericordioso di Dio per il mondo. ”Andate in tutto il mondo” ful’ultima parola che Gesù rivolse ai suoi e che continua a rivolgere oggi a tutti noi (cfr Mc 16,15). C’è un’umanità in-

    tera che aspetta: persone che hanno perduto ogni speranza, famiglie in diffi-coltà, bambini abbandonati, giovani ai quali è precluso ogni futuro, ammalati evecchi abbandonati, ricchi sazi di beni e con il vuoto nel cuore, uomini e don-ne in cerca del senso della vita, assetati di divino… Non ripiegatevi su voi stes-si, non lasciatevi asfissiare dalle piccolebeghe di casa, non rimanete prigionieri dei vostri problemi. Questi si risolveran-no se andrete fuori ad aiutare gli altri arisolvere i loro problemi e ad annuncia-re la buona novella. Troverete la vita

    dando la vita, la speranza dando spe-ranza, l’amore amando» (Papa France-sco, Lettera a tutti i consacrati , II 4).

    sentinelle del Vangelo

    Un’altra terna è rappresentata da treparole: Vangelo, profezia, speranza.Esse richiamano i tre obiettivi di questo

     Anno e, poiché riguardano in realtànon solo i consacrati ma ogni battez-zato, rendono evidente la strettissimarelazione tra vita consacrata e Chiesa.

    1) Guardare il passato con gratitu-dine. Conoscere, riscoprire la scintil-

    la ispiratrice, le idealità, i progetti, ivalori che hanno dato vita alle singo-le forme di vita consacrata significa,come diceva il compositore GustavMahler, «la salvaguardia del fuoco,non l’adorazione delle ceneri ». E allaradice di tutto non c’è che il Vange-lo! «Per i Fondatori e le Fondatrici la

    regola in assoluto è stata il Vangelo,ogni altra regola voleva essere soltan-to espressione del Vangelo e strumen-to per viverlo in pienezza. Il loroideale era Cristo, aderire a lui intera-mente, fino a poter dire con Paolo:“Per me il vivere è Cristo”» (PapaFrancesco, Lettera a tutti i consacrati ,I 2). In questo senso, tornare alle ra-dici del proprio carisma significa daun lato ritrovare nel Vangelo la stellapolare della propria vita, dall’altratradurlo concretamente nel quotidia-no, nella vita di tutti i giorni, nella

    concretezza dell’opera, della presen-za accanto agli uomini e alle donnedel nostro tempo, per essere «segnocredibile della presenza dello Spiritoche infonde nei cuori la passione per-ché tutti siano una sola cosa» (ibi-dem). I consacrati sono Vangelo in-carnato, sono la memoria viva ed ef-ficace di quanto il Signore ha fatto efa per noi. Come scriveva Jean-MarieTillard: « Alla radice di ogni vita reli-

     giosa autentica troviamo come moti-vazione prima e onnicomprensiva,non un per ma un a causa di... E l’og-

     getto di questo a causa di altro non èche Gesù Cristo. Non ci si fa religiosi 

    BIBBIA

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    lo Spirito di Dio aleggia sulle acque - Mosaicodella “Cupola della Genesi” - Venezia, S. Marco

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    per qualche cosa, ma a causa diqualcuno: di Gesù Cristo e del fasci-no che egli esercita». Come il vec-chio Simeone ha atteso per tutta lavita l’avvento di Dio e ne ha celebra-to la presenza nel Bambino Gesùpresentato al Tempio, così i consa-crati sono gli uomini e le donne dellamemoria e dell’attesa di Dio.

    2)  Abbracciare il futuro con speran-za. Solo così, radicati nel Vangelo, siinfonde speranza al mondo; solo così

    senza negare le difficoltà le si abbrac-cia e le si supera. La speranza è attesadi qualcosa di positivo per il futuro,ma che al tempo stesso deve sostenereil nostro presente; è affidamento liberoe incondizionato ad una promessa, ra-dicato nella fiducia in Chi tale promes-sa ha pronunciato. Perché «la speranzadi cui parliamo non si fonda sui numeri o sulle opere, ma su Colui nel qualeabbiamo posto la nostra fiducia (cfr 2Tm 1,12) e per il quale “nulla è impos-sibile” (Lc 1,37). È questa la speranzache non delude e che permetterà alla

    vita consacrata di continuare a scrivereuna grande storia nel futuro, al qualedobbiamo tenere rivolto lo sguardo,coscienti che è verso di esso che ci spinge lo Spirito Santo per continuare afare con noi grandi cose» (Papa France-sco, Lettera a tutti i consacrati , I 3). Co-me Simeone e Anna hanno vissuto nel-la speranza della venuta del Salvatore,pronti a far festa nell’ora dell’incontro,così i consacrati sono i “prigionieridella speranza”, chiamati a prefigurareil domani di Dio nel presente di tuttigli uomini, con la parola e con la vita.

    3) Vivere il presente con passione.Perché la nota che caratterizza la vita

    consacrata è la  profezia.Come la profetessa An-na, che comunica a tutticon gioia le meraviglieche Dio ha operato e

    opererà, così i consacratisono chiamati ad essereprofeti. Il profeta è coluiche “incarna” la Parola,perché le dà un corpo euna storia. Egli annunciauna parola divina crea-trice della storia, la inter-preta e si fa latore di es-sa. È Dio a porre la suaparola sulle labbra delprofeta e ad inviarlo co-me messaggio al suo po-polo. Unto e sostenutodallo Spirito, il profeta è

    chiamato «a portare il lieto annuncioai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionie-ri  (Is 61,1)». La parola che lo Spiritomette nel cuore e sulla bocca del pro-feta non è solo un fatto verbale, ma èun evento che accade. Questo signifi-ca che come la Parola opera in noi, lanostra azione, la nostra opera è fruttodi quella Parola; è il nostro agire chedeve rivelare la Parola che ci è stata

    annunciata; la parola è efficace seopera, l’opera è efficace se frutto dellaParola. «Il profeta “ogni giorno” ride-sta l’orecchio, va a scuola di Dio, per 

     poter nutrire se stesso ed essere in grado di dare una risposta agli stan-chi. Cerca la parola di Dio per essereun uomo di speranza. Senza questoincontro quotidiano non si può dareuna risposta a nessuno, né alla propriastanchezza, né a quella degli altri » (B.Maggioni). I consacrati sono chiamatia essere profezia che “ripara” la Chie-sa e la società, che trasforma il potere

    in servizio, il possesso in custodia, ac-compagnando il popolo di Dio allaluce del Vangelo, come una sentinellache veglia durante la notte e sa quan-do arriva l’aurora: «contemplano laluce di Dio, che viene ad illuminare il mondo, ed il loro sguardo profetico si apre al futuro, come annuncio del Messia» (Benedetto XVI).

    la stella polare

    Ultima terna sono tre stelle, simbo-lo dell’identità della vita consacratanel mondo come confessio Trinitatis,signum fraternitatis e servitium caritatis.

    La confessio Trinitatis come annun-cio al mondo di ciò che il Padre, permezzo del Figlio, nello Spirito com-pie con il suo amore, la sua bontà, lasua bellezza.

    Il signum fraternitatis come esem-pio trinitario di vita condivisa nel-l’amore, mistero di comunione e ico-na della comunione ecclesiale.

    Il servitium caritatis come annun-cio appassionato dell’amore “finoalla fine” di Cristo per l’uomo, attra-verso una vita di servizio concreto egeneroso.

    «I consacrati abbracciano perciòl’universo e diventano memoria del-l’amore trinitario, mediatori di co-munione e di unità, sentinelle oranti sul crinale della storia, solidali conl’umanità nei suoi affanni e nella ri-cerca silenziosa dello Spirito» (Os-servatore Romano, 8 ottobre 2014,p. 7).

    E proprio queste stelle vorremmoche fossero il punto di riferimentoper il nostro cammino di quest’anno.Un cammino che riguarda la Chiesaintera, perché se ai consacrati è chie-sto in modo particolare, ogni cri-stiano è chiamato all’annuncio delVangelo, al dono di sé per la vita e lafelicità degli altri, al perdono, all’im-

    pegno per un mondo più giusto e fra-terno. «I cristiani (e non solo i religio-si) abitano nel mondo, ma non sonodel mondo» (Lettera a Diogneto, VI 1).La vita consacrata non è fatta diperfetti, di persone “arrivate”, ma diuomini e donne quotidiani che cer-cano di vivere la vocazione accolta eprofessata. Sì, la vita religiosa è diffe-renza evangelica, differenza cristianarispetto al mondo: basta la sua pre-senza per essere testimonianza diCristo, per fare segno alla buona no-tizia del Vangelo. Essere segno è  già

    testimonianza e solo questo autoriz-za alla missione e dà la forza percompierla. E seguendo quelle trestelle, a cui ci dedicheremo nei pros-simi interventi, ogni comunità reli-giosa – e con essa ogni cristiano –potrà essere oggi segno e presagioper la Chiesa e realizzare l’afferma-zione di papa Francesco: «Dove ci sono i religiosi c’è gioia». Perché tutti «siamo chiamati a sperimentare emostrare che Dio è capace di colma-re il nostro cuore e di renderci felici »(Lettera a tutti i consacrati , II 1).

    Giuseppe Dell’Orto

    BIBBIA

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     presentazione di Gesù al tempio - Codex Egberti f. 18v

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    VISCERE – Un’antica preghiera del Messale invigore sino alla riforma del Vaticano II recitava, almomento della comunione eucaristica: «Il tuocorpo che ho ricevuto, Signore, e il sangue cui hoattinto, aderiscano alle mie viscere…». Come sispiega così marcato realismo che sta a indicarel’estrema concretezza dell’Incarnazione? Dobbia-mo premettere un richiamo alla visione biblicadell’essere umano. Nel libro della Genesi si leg-ge: «Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere

    del suolo (adamàh) e soffiò (ruah) nelle sue narici un alito di vita (neshamah) e l’uomo divenne unessere vivente (nefesh)» (Gen 2,7). Possiamo affer-mare di conseguenza che le dimensioni della per-sona sono costituite dal corpo fisico (adamàh, cf Gen 6,3); dall’anima o psiche che lo informa e gliconferisce l’energia vitale (nefesh, cf Gen 1,30;9,4-5); dalla facoltà mentale-volitiva propriadell’uomo (ruah, cf Gen 7,22) e infine dalla ne-

    shamah che è la presenza del divino nell’uomo.In particolare nefesh è un’entità psichica indivi-duale e indica il principio vitale consistente nelsoffio caldo che viene dalle viscere, mentre laparte superiore dell’uomo diventa ricettacolo del-lo Spirito/Soffio divino o neshamah. È a questasuprema effusione che fa riferimento il libro delProverbi quando recita: «Il respiro (neshamah)dell’uomo è una fiaccola che Dio ci ha donato

     per penetrare tutti i nascondigli delle viscere»(Prv 20,27), ossia le profondità dell’essere.

    Stando alla tradizione biblica (condivisa da tut-te le dottrine tradizionali: si pensi allo “hara” – dacui “harakiri” o “taglio del ventre” – della culturagiapponese), le viscere sono dunque la sededell’anima. Affermazione, questa, che si discostanettamente dalla visione cartesiana, secondo cuil’anima risiede all’altezza del cervello, nellaghiandola pineale. Leggiamo nelle Scritture ebrai-

    che, in riferimento al figlio della vedova di Zarep-ta richiamato in vita dal profeta Elia: «La sua ani-

    ma tornò nelle sue viscere» (1 Re 17,22). Semprein base all’antropologia biblica, i morti sono co-loro il cui spirito «se ne è andato dalle loro visce-re» (Bar 2,17). Per estensione, «nelle viscere degli idoli non c’è nessun soffio vitale» (Ab 2,19), in-tendendo con ciò affermare che sono realtà asso-lutamente prive di consistenza. «La legge divina

     – suscitatrice di vita spirituale – è radicata nelleviscere» dell’uomo (così il Sal 40,9), che di conse-guenza sono anche la sede della coscienza mora-

    le. È nelle viscere che si deve radicare saldamen-te lo Spirito rigeneratore di vita (cf Sal 51,12).

    Alle viscere come “luogo” in cui si insedia e vi-bra la preghiera interiore fa riferimento NiceforoMonaco, nel Metodo della sacra preghiera e del-l’attenzione: «Seduto in una cella tranquilla... elevail tuo spirito al di sopra di ogni cosa vana e tempo-rale, poi, appoggiata la barba sul mento, e rivoltol’occhio corporeo e lo spirito al centro del ventre,

    ossia verso l’ombelico, comprimi l’inspirazione del-l’aria che passa per le narici, in modo da non respi-rare agevolmente, ed esplora mentalmente l’inter-no delle viscere  per ritrovarvi il luogo del cuore,che le potenze dell’anima amano frequentare. Al-l’inizio troverai una tenebra e un’opacità ostinata,ma con la perseveranza e la pratica di questo eser-cizio notte e giorno, otterrai, oh! meraviglia, unafelicità senza limiti ». La metodologia di Niceforopuò essere fissata nei termini di «esplorazionementale del proprio io viscerale alla ricerca del luo-

     go del cuore. Ignoriamo a quale misterioso proces-so psico-fisiologico corrisponda questa esplorazio-ne delle viscere e questa apertura del cuore, cherientrano tuttavia nella logica stessa della tecnica(propria dell’ esicasmo), dal momento che essatende precisamente a ricondurre lo spirito dal-l’esterno al cuore, dove deve dimorare raccolto ecome concentrato» (Dictionnaire de spiritualité).

    Esercizio dell’orazione interiore e pratica euca-ristica registrano una straordinaria convergenza!

    Vocabolario ecclesiale 

    VOCABOLARIO ECCLESIALE

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    VITA CONSACRATA

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    L  a seconda icona biblica cheil documento Scrutate uti-lizza per rileggere l’espe-

    rienza della Vita Consacrata dal Con-cilio Vaticano II fino ai nostri giorni,è quella del profeta Elia.

    Introducendo la figura biblica delprofeta Elia, il documento lo presen-ta come “modello di riferimento perla vita consacrata sia per la sua vitadi solitudine e di ascesi, sia per lapassione per l’alleanza e la fedeltàalla legge del Signore, sia per l’auda-cia nel difendere i diritti dei poveri”.

    Anche l’Esortazione Apostolica VitaConsecrata aveva utilizzato l’imma-

    gine dello stesso profeta affermandocome «la tradizione patristica ha vi-sto un modello della vita monasticain Elia, profeta audace e amico di Dio. Viveva alla sua presenza e con-templava nel silenzio il suo passag-

     gio, intercedeva per il popolo e pro-clamava con coraggio la sua volontà,difendeva i diritti di Dio e si ergeva adifesa dei poveri contro i potenti del mondo» (VC 84.)

    Secondo l’autore biblico tutta lastoria personale di Elia è segnata dagrandi viaggi, uscendo dai confini

    stretti di Israele, egli mostra che ilprofeta deve vivere la sua testimo-nianza allargando la geografia, per-ché l’incontro con Dio può presen-tarsi su molti fronti. È il profeta cheapre cammini di speranza in mezzoalla confusione del popolo.

    In particolare il documento ci in-vita a cogliere il profeta Elia neltempo della crisi nel deserto di Ber-sabea (1Re 19, 1-8), di quella che èindicata come la “depressione mor-tale” di Elia.

    Elia, appare depresso, quasi tentatodi farla finita, desideroso di morire.Elia vive un momento di grande

    smarrimento, di demotivazione, divolontà di abbandono. Ed è qui, nel-la crisi e nello sconforto, che Elia in-vece di andarsene s’inoltra nel deser-to per giungere fino all’Horeb, almonte della rivelazione. Lì Dio «of-

    frendo pane e acqua di vita, sa tra-sformare con delicatezza la fuga in

     pellegrinaggio verso il monte Ho-reb». Elia torna alle fonti, al luogodella rivelazione, e così trova la forzaper andare avanti!

    In questo modo, il profeta Elia, di-venta esempio e punto di riferimentonelle notti oscure della vita consacra-ta, aiuta a comprendere che di frontealla pochezza, alla fatica, alla stan-chezza, alla frustrazione e delusione,diventa necessario reagire sapendoche le notti oscure precedono sem-pre lo splendore della teofania nellabrezza leggera, e preparano a nuovestagioni.

    Elia spinge la vita consacrata a rin-novare la propria identità profetica,capace di esplorare nuovi orizzonti,sempre aperta, e capace di scrutare isegni dei tempi, segni della presenza

    di Dio nella storia dell’uomo e del-l’umanità.

    il cammino profetico

    Nella lunga storia della vita consa-crata, in diverse circostanze, si è vo-luto riferirsi ai profeti, come a mo-delli di vita e punto di riferimentoper arricchire l’identità delle diverseesperienze di consacrazione. Unaqualifica, però, che è andata semprepiù spegnendosi, tant’è che nel corsodel Concilio Vaticano II i religiosi

    non l’hanno, di fatto, recepita.Nessuna allusione alla vita profeti-ca della vita consacrata è presente néin Lumen Gentium né in PerfectaeCaritatis. Solo nel post-concilio iniziaa riaffiorare la categoria profetica,come appare ad esempio in Evangelii Nuntiandi 69 e nel documento Reli-

     giosi e Promozione Umana.Sarà soprattutto il Sinodo sulla Vita

    Consacrata che riassumerà il vocabo-lario profetico.

    «Il carattere profetico della vita con-sacrata è stato messo in forte risaltodai Padri sinodali. Esso si configuracome una speciale forma di parteci-

    SCRUTATE La vita consacrata cammino di profezia 

    e di esplorazione di nuovi orizzonti 

    Il profeta Elia diventa simbolo e punto di riferimento nelle notti oscure della vita consacrata eaiuta a comprendere che di fronte alla frustrazione e delusione, diventa necessario reagiresapendo che le notti oscure precedono sempre lo splendore della teofania.

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     pazione alla funzione profetica di Cri-sto, comunicata dallo Spirito a tutto il Popolo di Dio. È un profetismo ine-rente alla vita consacrata come tale,

     per il radicalismo della sequela di Cri-

    sto e della conseguente dedizione allamissione che la caratterizza» (VC 84).Così, dall’Esortazione Apostolica

    Vita Consecrata, nella riflessione teo-logica e all’interno degli Istituti reli-giosi, la vita consacrata spesso è statadefinita vita profetica.

    È anzitutto necessario ricordareche la profezia è dono dello Spiritodi Dio e che il profeta è colui attra-verso il quale Dio parla! Noi confes-siamo che «lo Spirito Santo ha parla-to per mezzo dei profeti », e che nel-la sua libertà, in ogni tempo e inogni cultura, ha fatto udire la sua vo-ce e l’ha attestata in modo specificonei profeti del Primo Testamento.

    Se è vero che «i profeti hanno pro-fetato fino a Giovanni il Battista» è al-trettanto vero e definitivo che Dio «ci abbia parlato ultimamente per mezzodel Figlio Gesù Cristo» (cfr. Eb 1,2).

    Gesù Cristo è il profeta escatologi-co, su cui lo spirito è sceso per di-morare per sempre.

    Da ciò deriva che tutte le vocazio-ni ecclesiali ricevono e vivono il do-

    no della profezia e che tale dononon può essere esercitato in modoesclusivo da qualcuno. Resta peròvero che nella Chiesa, che nel suointerno è sacerdotale, profetica e re-gale, esistono alcune specificità.

    Se chi guida il popolo di Dio, as-solve in prima istanza alla funzionesacerdotale, se i fedeli esercitano so-prattutto la regalità di Cristo nellastoria, la Vita Consacrata vuole esse-re per l’oggi una Parola di Dio realiz-zata nella sua forma di vita, quale te-stimonianza di Cristo profeta.

    Il documento Scrutate attraversol’icona del profeta Elia rimette alcentro dell’identità dei consacrati edelle consacrate, la profezia. Leggia-mo, infatti, nel documento: «Si trattadi una funzione che appartiene aogni cristiano, ma nella vita consa-crata si caratterizza per la radicalitàdella sequela Christi e del primato di Dio, e insieme per la capacità di vi-vere la missione evangelizzatrice del-la Chiesa con parresia e creatività».

    E aggiunge, più avanti: «Il tempo di  grazia che stiamo vivendo, con l’insi-stenza di Papa Francesco di porre al centro il Vangelo e l’essenziale cristia-

    no, è per i consacrati e le consacrate,una nuova chiamata alla vigilanza,

     per essere pronti ai segni di Dio».Lo stile e la spiritualità del profeta,

    ci ricordano il primato assoluto dellaParola di Dio, ci invitano a recupera-re la dimensione del silenzio come

    atteggiamento essenziale perché laParola di Dio abiti in noi, ci sprona-no all’ascolto attento e profondo de-gli echi della presenza di Dio nellastoria, ci suggeriscono l’attesa comeatteggiamento tipico e proprio di chicrede, attesa dei «cieli nuovi e dellaterra nuova», in cui la presenza diDio diventa speranza e certezza diun’esistenza nuova.

    Lo stile del profeta apre il futuro,dà futuro all’oggi, suscita speranza. Ilprofeta è l’uomo cui è rivelata qualesia la volontà di Dio nelle circostan-ze concrete in cui il popolo si trova;come va compreso e incarnato il di-

    segno salvifico-amoroso del Signorequi e ora.

    Egli diventa parola udibile e pre-senza visibile della Parola silenziosae del Dio invisibile; memoria di Dioin mezzo agli uomini distratti, indaf-farati, disinteressati, peccatori… per

    il loro bene, e memoria dell’uomosecondo il disegno di Dio. È l’uomodi Dio in mezzo agli uomini e l’inter-cessore degli uomini davanti a Dio;l’uomo segnato dall’incontro conDio, l’uomo dello Spirito, l’uomodella Parola, l’uomo del senso storicosecondo il Signore.

    Riecheggiano ancora le parole diPapa Francesco quando ci ha ricor-dato che la priorità della vita consa-crata è la profezia del Regno. Dice-va, infatti, nell’ormai famoso dialogoavuto con i superiori generali rispon-dendo alla domanda: quale prioritàper la vita consacrata?

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     Elia torna alle fonti, al luogo della rivelazione, e così trova la forza per andare avanti

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    «La profezia del Regno, che non ènegoziabile. L’accento deve caderenell’essere profeti, e non nel giocaread esserlo. Naturalmente il demonioci presenta le sue tentazioni, e questa

    è una di quelle: giocare a farei profeti senza esserlo, assu-merne gli atteggiamenti. Manon si può giocare in questecose. Io stesso ho visto cosemolto tristi al riguardo. No, i religiosi e le religiose sono uo-mini e donne che illuminano il futuro».

    scrutare gli orizzonti

    Mi ha particolarmente col-pito la domanda che pone il

    documento Scrutate al n° 10ai consacrati e alle consacra-te: Quali terre stiamo abitan-do e quali orizzonti c’è datoscrutare?

    In questi ultimi anni la vitaconsacrata, in molte circo-stanze, è sembrata incapacedi abitare i nuovi orizzonti e inuovi contesti culturali impo-sti da una serie di cambiamentidiffusi e rapidi che la nostraepoca ci sta proponendo, for-se nemmeno è riuscita a sfrut-tare positivamente le diverse“crisi” interne ed esterne che

    hanno caratterizzato i nostri itinerari.Abbiamo faticato a guardare con at-tenzione e prontezza a questi nuoviorizzonti rischiando di chiuderci neinostri recinti e tra le mura dei nostri

    conventi favorendo la conservazionepiuttosto che l’innovazione.

    C’è il rischio, a volte evidente, di“tirare a campare”, di rispondere allenuove domande con progettualità e

    pensieri fragili e ripetitivi, invece dicostruire progettualità di granderespiro e capaci di rispondere alledomande che questo tempo di crisici sta proponendo.

    A questo proposito è interessanteun passaggio del documento Scruta-te: «La vita consacrata vive una sta-

     gione di esigenti passaggi e di neces-sità nuove. La crisi è lo stato in cui si è chiamati all’esercizio evangelicodel discernimento, è l’opportunità di scegliere con sapienza, mentre ricor-diamo che la storia è tentata di con-servare più di quello che un giorno

     potrà essere uti lizzato. Rischiamodi conservare ‘memorie’ sacralizzateche rendono meno agevole l’uscitadalla caverna delle nostre sicurezze».

    In questo scenario allora diventaancor più necessario ritornare a par-lare di speranza e di profezia, unasperanza e profezia capaci di genera-re una nuova partenza, una nuovastagione di ricerca e innovazione.

    Diventa decisivo ritornare a esserepellegrini, pronti a staccarci dalla so-

    lita strada, senza rischiare digirovagare senza meta, capacidi ricostruire percorsi e obiet-tivi in vista dell’oggi del Re-gno di Dio in mezzo a noi. «Si aprono davanti al nostro anda-re nuove frontiere, realtà nuo-ve, culture altre, necessità di-verse, periferie».

    Per compiere questo impor-tante passo e scrutare i nuoviorizzonti, bisogna avere il co-raggio di superare e vincere al-cune tentazioni che rallentano

    il nuovo percorso, che oscura-no i nostri orizzonti, che ci ten-gono fermi nella rassegnazio-ne, che rischiano di farci im-plodere nella nostra precariatranquillità.

    Ed è ancora Papa Francescoche nell’esortazione apostoli-ca Evangelii Gaudium ci indi-ca alcune tentazioni da supe-rare se vogliamo rimetterci sulgiusto cammino e ricostruirela nostra casa.

    Oggi, alla luce del magiste-ro di Papa Francesco, diventanecessaria una nuova lettura

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    la profezia: l’identità dei consacrati e delle consacrate

    scrutare gli orizzonti - K.D. Friedrich,il viandante nel mare di nebbia

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    della categoria profetica dellavita consacrata, un nuovo mo-do di intendere la profezia,capace di superare tutto ciòche ci blocca e ci impedisce

    di avventurarci verso i nuoviorizzonti dell’evangelizzazione.Nella seconda parte del-

    l’Esortazione Apostolico Evan- gelii Gaudium, dal n° 76, ilPapa indica alcune tentazionidegli operatori pastorali, hotrovato tali indicazioni appli-cabili e importanti per il pro-cesso di rinnovamento dellaVita Consacrata e nel recupe-ro della categoria profetica dichi sa scrutare gli orizzonti.

    La prima tentazione da su-perare è quella di una graveforma d’individualismo, crisid’identità e calo del fervoreche conducono a una formadi relativismo pratico.

    «Questo relativismo pratico consi-ste nell’agire come se Dio non esi-stesse, decidere come se i poveri nonesistessero, sognare come se gli altri non esistessero, lavorare come sequanti non hanno ricevuto l’annun-cio non esistessero» (80).

    La seconda tentazione è quella che

    il Papa chiama accidia egoistica,quando si sente «il bisogno imperio-so di preservare gli spazi di autono-mia» quando «non si accetta la diffi-

    cile evoluzione dei processi e si vuo-le che tutto cada dal cielo».

    E aggiunge il documento, Scrutate:«Una velata acedia fiacca, a volte, il nostro spirito, offusca la visione, sfibrale decisioni e intorpidisce i passi, co-niugando l’identità della vita consacra-ta su un paradigma invecchiato e auto-referenziale, su un orizzonte breve».

    All’accidia egoistica si deve aggiunge-re la « psicologia della tomba , che po-co a poco trasforma i cristiani in mum-mie da museo». Sembrerebbe esserciuna forte distanza tra una visione idea-le di rinnovamento e la concreta capa-cità delle persone e delle istituzioni acostruire esperienze nuove e capaci diesprimere vera vitalità e autentico spi-rito profetico. Il rischio è di rifiutareogni nuova prospettiva che nasce, giu-dicata spesso troppo idealista e teorica,con il risultato di far prevalere solo edesclusivamente il quotidiano, o il tirare

    avanti, vuoto e senza senso. È la stradache conduce necessariamente a esseremummie da museo!

    Altra tentazione da superare è il pessimismo sterile accompagnatodal senso di sconfitta.

    Le difficoltà che si possono incon-trare nel processo di rinnovamento,«non dovrebbero essere scuse per ri-durre il nostro impegno e il nostrofervore, consideriamole, piuttosto co-me sfide per crescere».

    Non siamo chiamati a essere profetidi sventura! Ci ricordava BenedettoXVI, «non unitevi ai profeti di sventurache proclamano la fine o il non senso

    della vita consacrata nella Chie-sa dei nostri giorni; piuttosto ri-vestitevi di Gesù Cristo e indos-sate le armi della luce, restandosvegli e vigilanti ».

    Il pessimismo sterile e il sen-so di sconfitta rischiano di tra-sformarci in « pessimisti scon-tenti e disincantati dalla facciascura» (cfr. EG 85).

    Il documento Scrutate si chiu-de con la domanda, «dove sa-ranno i consacrati?». La vitaconsacrata saprà accoglierela sfida delle domande cheprovengono dai crocevia delmondo?

    In particolare, avremo il co-raggio di collocare nei nostrinuovi orizzonti, l’esperienzadei poveri, il dialogo interreli-gioso e interculturale, la com-plementarietà uomo-donna,

    l’ecologia di un mondo malato, l’eu-genetica senza remore, l’economiaglobalizzata, la comunicazione pla-netaria, il linguaggio simbolico?

    Sono i nuovi orizzonti che non sipossono solo enumerare ma «vannoabitati e fermentati sotto la guida del-lo Spirito».

    Alla luce di questi ragionamenti ap-pare ancora più forte l’invito di PapaFrancesco a vivere l’anno della vitaconsacrata con coraggio e determina-zione nel guardare il passato con grati-tudine, vivere il presente con passionee abbracciare il futuro con speranza.

    Eugenio Brambilla

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    una velata acedia fiacca, a volte, il nostro spirito

    decisivo ritornare ad essere pellegrini

    quale direzione prendere? La vitaconsacrata saprà accogliere la sfidadelle domande che provengono daicrocevia del mondo? 

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    GLI ORIZZONTI DELL’ANNO DELLA VITA CONSACRATA

    1. Con questa mia lettera, oltre che alle persone consacrate, mi rivolgo ai laici che, con esse, condividono ideali, spirito,missione. Alcuni Istituti religiosi hanno un’antica tradizione al riguardo, altri un’esperienza più recente. Di fatto attornoad ogni famiglia religiosa, come anche alle Società di vita apostolica e agli stessi Istituti secolari, è presente una famiglia

    più grande, la “famiglia carismatica”, che comprende più Istituti che si riconoscono nel medesimo carisma, e soprattuttocristiani laici che si sentono chiamati, proprio nella loro condizione laicale, a partecipare della stessa realtà carismatica.Incoraggio anche voi, laici, a vivere quest’Anno della Vita Consacrata come una grazia che può rendervi più consapevolidel dono ricevuto. Celebratelo con tutta la “famiglia”, per crescere e rispondere insieme alle chiamate dello Spirito nellasocietà odierna. In alcune occasioni, quando i consacrati di diversi Istituti quest’Anno si incontreranno tra loro, fate inmodo di essere presenti anche voi come espressione dell’unico dono di Dio, così da conoscere le esperienze delle altrefamiglie carismatiche, degli altri gruppi laicali e di arricchirvi e sostenervi reciprocamente.

    2. L’Anno della Vita Consacrata non riguarda soltanto le persone consacrate, ma la Chiesa intera. Mi rivolgo così a tutto il popolocristiano perché prenda sempre più consapevolezza del dono che è la presenza di tante consacrate e consacrati, eredi di grandisanti che hanno fatto la storia del cristianesimo. Cosa sarebbe la Chiesa senza san Benedetto e san Basilio, senza sant’Agostino esan Bernardo, senza san Francesco e san Domenico, senza sant’Ignazio di Loyola e santa Teresa d’Avila, senza sant’Angela Meri-ci e san Vincenzo de Paoli? L’elenco si farebbe quasi infinito, fino a san Giovanni Bosco, alla beata Teresa di Calcutta. Il beatoPaolo VI affermava: «Senza questo segno concreto, la carità che anima l’intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso sal-

    vifico del vangelo di smussarsi, il “sale” della fede di diluirsi in un mondo in fase di secolarizzazione» (Evangelica testificatio, 3).Invito dunque tutte le comunità cristiane a vivere questo Anno anzitutto per ringraziare il Signore e fare memoria gratadei doni ricevuti e che tuttora riceviamo per mezzo della santità dei Fondatori e delle Fondatrici e della fedeltà di tanticonsacrati al proprio carisma. Vi invito tutti a stringervi attorno alle persone consacrate, a gioire con loro, a condividerele loro difficoltà, a collaborare con esse, nella misura del possibile, per il perseguimento del loro ministero e della loroopera, che sono poi quelli dell’intera Chiesa. Fate sentire loro l’affetto e il calore di tutto il popolo cristiano.Benedico il Signore per la felice coincidenza dell’Anno della Vita Consacrata con il Sinodo sulla famiglia. Famiglia e vitaconsacrata sono vocazioni portatrici di ricchezza e grazia per tutti, spazi di umanizzazione nella costruzione di relazionivitali, luoghi di evangelizzazione. Ci si può aiutare gli uni gli altri.

    3. Con questa mia lettera oso rivolgermi anche alle persone consacrate e ai membri di fraternità e comunità appartenenti aChiese di tradizione diversa da quella cattolica. Il monachesimo è un patrimonio della Chiesa indivisa, tuttora vivissimosia nelle Chiese ortodosse che nella Chiesa cattolica. Ad esso, come ad altre successive esperienze del tempo nel qualela Chiesa d’occidente era ancora unita, si ispirano analoghe iniziative sorte nell’ambito delle Comunità ecclesiali della

    Riforma, le quali hanno poi continuato a generare nel loro seno ulteriori espressioni di comunità fraterne e di servizio.La Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha programmato delle iniziative per fareincontrare i membri appartenenti a esperienze di vita consacrata e fraterna delle diverse Chiese. Incoraggio caldamentequesti incontri perché cresca la mutua conoscenza, la stima, la collaborazione reciproca, in modo che l’ecumenismodella vita consacrata sia di aiuto al più ampio cammino verso l’unità tra tutte le Chiese.

    4. Non possiamo poi dimenticare che il fenomeno del monachesimo e di altre espressioni di fraternità religiose è presente intutte le grandi religioni. Non mancano esperienze, anche consolidate, di dialogo inter-monastico tra la Chiesa cattolica ealcune delle grandi tradizioni religiose. Auspico che l’Anno della Vita Consacrata sia l’occasione per valutare il camminopercorso, per sensibilizzare le persone consacrate in questo campo, per chiederci quali ulteriori passi compiere verso unareciproca conoscenza sempre più profonda e per una collaborazione in tanti ambiti comuni del servizio alla vita umana.Camminare insieme è sempre un arricchimento e può aprire vie nuove a rapporti tra popoli e culture che in questo periodoappaiono irti di difficoltà.

    5. Mi rivolgo infine in modo particolare ai miei fratelli nell’episcopato. Sia questo Anno un’opportunità per accogliere cordial-

    mente e con gioia la vita consacrata come un capitale spirituale che contribuisce al bene di tutto il corpo di Cristo (cfrLumen gentium, 43) e non solo delle famiglie religiose. «La vita consacrata è dono alla Chiesa, nasce nella Chiesa, crescenella Chiesa, è tutta orientata alla Chiesa» [ S.E. Mons. J. M. Bergoglio, Intervento al Sinodo sulla vita consacrata e la suamissione nella Chiesa e nel mondo, XVI Congregazione generale, 13 ottobre 1994]. Per questo, in quanto dono alla Chiesa,non è una realtà isolata o marginale, ma appartiene intimamente ad essa, sta al cuore stesso della Chiesa come elementodecisivo della sua missione, in quanto esprime l’intima natura della vocazione cristiana e la tensione di tutta la Chiesa Sposaverso l’unione con l’unico Sposo; dunque «appartiene ... irremovibilmente alla sua vita e alla sua santità» (ibid., 44).In tale contesto, invito voi, Pastori delle Chiese particolari, a una speciale sollecitudine nel promuovere nelle vostrecomunità i distinti carismi, sia quelli storici sia i nuovi carismi, sostenendo, animando, aiutando nel discernimento, facendovivicini con tenerezza e amore alle situazioni di sofferenza e di debolezza nelle quali possano trovarsi alcuni consacrati, esoprattutto illuminando con il vostro insegnamento il popolo di Dio sul valore della vita consacrata così da farne risplenderela bellezza e la santità nella Chiesa.

    PAPA FRANCESCO, Lettera Apostolica del Santo Padre Francesco a tutti i consacrati in occasione dell’Anno della Vita Consacrata,28.11.2014, III.

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    ECUMENISMO

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    I   l Colloquio ecumenico direligiosi e religiose apparte-nenti alle diverse tradizioni

    cristiane ha avuto luogo puntualmentein Roma presso l’ Aula Magna dell’ Au- gustinianum dal giovedì 22 alla dome-nica 25 gennaio 2015, nella Settima-na di preghiera per l’unità dei cristiani .

    L’invito a partecipare era giunto pertempo e direttamente dal Dicasterovaticano anche all’Istituto di teologiaecumenica ‘S. Nicola’ in Bari della Fa-

    coltà Teologica Pugliese, che ha prov-veduto a inviare alcuni suoi rappre-sentanti, alunni e docenti cattolici eortodossi, debitamente preparati. Traloro pure io ho avuto la gioia dell’invi-to a partecipare al singolare Colloquio.

    giorni di arricchente fraternitànella diversità

    Il programma del Colloquio era be-ne distribuito. Il primo giorno era de-dicato alla vita consacrata nella tradi-zione cattolica, il secondo alla vita

    consacrata nella tradizione ortodos-sa, il terzo alla vita consacrata nellatradizione protestante e anglicana.Le assemblee avevano inizio alle ore 9con la preghiera comune del matti-no seguita dalle relazioni fondamen-tali, dalle diverse testimonianze di vi-ta consacrata e nel pomeriggio dal la-voro nei vari gruppi interconfessionaliper il dialogo, l’approfondimento deltema e l’indicazione di proposte ope-rative, il tutto a favore di una arric-chente e fraterna conoscenza e co-munione reciproca. Dopo la condivi-sione del pasto conviviale, il lavorodei gruppi continuava fino alle 18. Le

    sintesi venivano presentate in sedutaplenaria. Ogni giornata era conclusacon la preghiera della sera, tutti insie-me, rispettivamente nella chiesa cat-tolica del Gesù, nella nuova chiesaortodossa russa di S. Caterina d’Ales-sandria e nella chiesa anglicana  All Saints Church, accolti da pastori e fe-deli in un clima di grande cordialità,tra accurate introduzioni, salmodie,letture della Parola, bellissimi cantipolifonici russi, grandiose esecuzioni

    organistiche. L’animazione della pre-ghiera del mattino e nella chiesa delGesù era stata affidata al gruppodell’Istituto di teologia ecumenica di

    Bari. Ho avuto l’onore di inaugurareil Colloquio nell’ Aula Magna conl’inatteso invito a presiedere la primapreghiera comune del mattino.

    relazioni e testimonianze

    Le relazioni generali sono state tenu-te dal card. João Braz de Aviz, Prefettodella Congregazione per gli Istituti divita consacrata, con l’arcivescovo JoséRodríguez Carballo (OFM), Segretario

    della stessa e Moderatore del Collo-quio, dal card. Leonardo Sandri, Pre-fetto della Congregazione per le Chie-se Orientali, dal card. Kurt Koch, Pre-

    LA VITA CONSACRATA 

    NELLE TRADIZIONI CRISTIANE Colloquio ecumenico di religiosi e religiose Roma 22-25 gennaio 2015 

    Nel calendario dell’Anno della Vita consacrata, al primo posto degli incontri internazionali  promossi e coordinati dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vitaapostolica, spicca il Colloquio ecumenico di religiosi e religiose appartenenti alle diversetradizioni cristiane.

    Vaticano - Sala del Concistoro: foto generale dell’udienza pontificia concessaal Colloquio internazionale

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    sidente del Pontificio Consiglio per lapromozione dell’Unità dei cristiani edal vescovo della Chiesa ortodossa ser-ba Andrej Ćilerdžić. Tutti i convocatihanno ammirato la collaborazione, in

    sintonia di intenti, dei tre Dicasteri del-la S. Sede: un esempio di concorde

    sinergia. Seguivano poi le testimonian-ze delle diverse tradizioni di vita con-sacrata, come ad esempio quella delPriore di Taizé fr. Alois, del monacoGuido Dotti della comunità di Bose, disr. Agnès Granier delle Religieusesde Saint André, del monaco MarkosHamam della Chiesa Copta Ortodossa,dell’Igumena Sevastiani Apostolaki delmonastero greco-ortodosso della Trasfi-

    gurazione (Grecia), di Sr BénédicteGirard e sr. Mireille della Comunitàdelle Diaconesse di Reuilly (Francia),di Nicolas Stebbing della Community of the Resurrection, di Fr. Clark Bergedella Society of St. Francis, di Br. Cae-sarius Cavallin OSB del Monastery of the Holy Cross, Ostanback (Svezia),del p. José M. Hernández (CMF), cheha messo in risalto come anche la vitaconsacrata sia chiamata ad “essereponte e non fossato” tra i cristiani.

    È stata certamente una sofferenzaquella di non avere potuto condivi-dere l’Eucaristia; ma soffrire fa ma-turare, aiuta a valorizzare il dono

    dell’amicizia che avvicina e tocca ilcuore, apre all’ascolto reciproco e cifa scoprire realmente fratelli, radicatinell’unico battesimo e discepolidell’unico Maestro, sempre disponi-

    bili all’incontro, a lasciarsi invitare, acollaborare. E quale scoperta di doni

    sorprendenti abbiamo fatto in questigiorni trascorsi tra consacrati ecume-nici! Pregando insieme, ascoltando-ci, dialogando e guardandoci negliocchi, abbiamo assaporato la realebellezza della profonda unità spiri-tuale che già ci affratella, nella spe-ranza di ristabilirla anche in pienez-za visibile. «La speranza non delu-de» (Rm 5,5).

    vita consacratae promozione dell’unità

    Quanto ai partecipanti il numeroera volutamente ristretto: poco più diun centinaio di persone. Si trattava in-fatti di un simposio, di un’esperienzaecumenica tra consacrati mai avvenu-ta prima in Vaticano e voluta espres-samente dal Papa Francesco che saba-to mattina, 24 gennaio, ha desideratoricevere in udienza speciale i parteci-panti al Colloquio nella Sala del Con-cistoro. Clima di attesa gioiosa, pron-ta all’incontro e all’ascolto. Il Papa hatenuto a dirci che «la volontà di rista-

    bilire l’unità di tutti i cristiani è presen-te naturalmente in tutte le Chiese e ri- guarda sia clero che laici. Ma la vitareligiosa , che affonda le sue radici nella volontà di Cristo e nella tradizio-

    ne della Chiesa indivisa, ha senzadubbio una vocazione particolarenella promozione di questa unità.Non è d’altronde un caso che nume-rosi pionieri dell’ecumenismo sianostati uomini e donne consacrati. Tutto-ra, varie comunità religiose si dedica-no intensamente a tale obiettivo e so-no luoghi privilegiati di incontro tracristiani di diverse tradizioni… Alla vi-ta religiosa appartiene la ricerca del-l’unione con Dio e dell’unità all’inter-no della comunità fraterna… La vitareligiosa ci rivela che anche questa

    unità può compiersi soltanto cammi-nando insieme se percorriamo la viadella fraternità nell’amore, nel servi-

     zio, nell’accoglienza reciproca… Pre- go il Signore di ispirarvi a lavorare in-stancabilmente per la pace e la ricon-ciliazione fra tutte le Chiese e leComunità cristiane». Prima di incon-trare personalmente Papa Francesco,con lui abbiamo pregato tutti insiemela preghiera del Signore e ha conclu-so così: «Che il Signore ci benedicatutti ». Il gruppo di Bari ha donato a

    Francesco, per le mani del nostro gio-vane studente ortodosso romeno Jo-nut Pectu, una bellissima icona origi-nale della Theotòkos Eleusa, VergineMadre della tenerezza, che il Papa hagradito molto e baciato.

    la Comunicazione finale

    Domenica mattina, 25 gennaio, nel-la Festa della Conversione di S. Pao-lo, in seduta plenaria è stato rivisto,corretto e aggiornato il testo ufficiale,redatto in lingua francese, di una Co-

    municazione finale , articolata in treparti, espressione in sintesi dei lavoridi gruppo, approvata con unanimeconsenso. Sono felice di poterla offri-re ai lettori dell’Eco dei barnabiti. Igrassetti sono del sottoscritto.

    un’esperienza inedita

    «Per la prima volta è stato organiz-zato in Vaticano un ‘colloquio ecume-nico’ sulla vita consacrata riunendo uncentinaio di religiose e religiosi di di-verse appartenenze ecclesiali – cattoli-ci, ortodossi, ortodossi orientali, angli-cani, protestanti… –  per acquisire una

    ECUMENISMO

    Eco dei Barnabiti 1/201512

    consegna al Papa dell’icona della Theotòkos Eleusa, Vergine Madre dellatenerezza

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    reciproca conoscenza ,  per pregare ,scambiarsi le proprie esperienze e fa-vorire l’unità dei cristiani . Questo in-contro inedito , organizzato dal 22 al 25 gennaio 2015 durante la Settimana

    di preghiera per l’Unità dei cristiani èun’iniziativa della Congregazione per  gli Istituti di vita consacrata e le Socie-tà di vita apostolica in collaborazionecon altri due Dicasteri vaticani: Pontifi-cio Consiglio per la Promozione del-l’Unità dei cristiani e la Congregazione per le Chiese Orientali.

    Durante quattro giorni intensi questi uomini e donne consacrati, che tutti hanno offerto la loro vita a Dio nellasequela di Cristo, ma secondo modali-tà molto diverse, hanno fatto un’espe-rienza privilegiata che li ha ricolmati di gioia: scoprire la loro profonda co-munione nella medesima scelta di vi-ta e nello stesso tempo la felice diver-sità nella sua pratica. Per questo, la gratitudine è rivolta al Signore, mentresi è molto riconoscenti a Papa France-sco che ha indetto un Anno della vitaconsacrata in seno alla Chiesa cattoli-ca, associando anche coloro che se- guono la stessa via in una manieraanaloga nelle altre Chiese, incorag- giando ‘caldamente questi incontri  perché cresca la mutua conoscenza,

    la stima, la collaborazione reciproca,in modo che l’ecumenismo della vitaconsacrata sia di aiuto al più ampiocammino verso l’unità tra tutte leChiese» (Lettera Apostolica a tutti iconsacrati, 21 novembre 2014, 3,3).

    molteplici scoperte

    I partecipanti hanno ricevuto mol-to da questi tempi di incontro: la pa-rola dei Cardinali capi dei Dicasteriorganizzatori; la presentazione dellavita consacrata secondo ciascuna

    delle tre grandi tradizioni; le testimo-nianze vissute di sorelle e fratelli etc..Tuttavia, essi non hanno tanto discus-so di unità, quanto fatto un’esperien-za autentica di unità condividendomomenti di dialogo fraterno fra loro edi comunione con Dio, nello scam-bio di esperienze e di orazione, incomunione di preghiera con numero-se religiose e religiosi contemplativi.

    Durante questi giorni di incontro edi dialogo fraterno essi hanno scoper-to insieme ciò che hanno in comune:l’impegno a seguire il Cristo (sequelaChristi ) in forme comunitarie o no,che risalgono ai primi secoli del cri-

    stianesimo, quando la Chiesa era an-cora indivisa. Essi hanno riconosciutolo Spirito Santo che agisce in loro perfar crescere il dono del loro comunebattesimo. Hanno preso maggioreconsapevolezza di avere la vocazionead essere ‘esperti di comunione’, ser-vitori della riconciliazione da pro-muovere tra tutti i discepoli di Gesù:la vita consacrata, collocata nel cuorestesso della Chiesa, si trova al cuoredel cammino delle Chiese verso l’uni-

    tà. I partecipanti hanno potuto coglie-re meglio ciò che li distingue, ma nonli separa affatto, secondo la diversitàdelle loro tradizioni ecclesiali. Peresempio, la comprensione della vitaconsacrata nella tradizione orientalepuò essere recepita in modalità diver-se. Tale esperienza ha fatto maturarein essi una duplice convinzione.

    Quando le persone consacrate ri-spondono con verità alla loro voca-zione di donne e uomini di comu-nione, di riconciliazione con Dio etra loro, di unificazione interiore, dimisericordia in quanto «instancabili costruttori di fraternità» (Papa France-

    sco, ibid .), allora sono servitori dellacomunione nella Chiesa e tra lediverse Chiese, sotto l’azione delloSpirito Santo che suscita i carismiche essi vivono. La vita religiosa, perla sua ricerca di unità con Dio e al-l’interno della comunità fraterna, inparticolare quando riesce a riconci-liare la diversità e a superare i con-flitti, realizza in maniera esemplarela preghiera del Signore perché «tutti siano uno» (Gv 17,21), e diventa una

    ‘scuola di ecumenismo’. La santità,che passa attraverso una sempre piùgrande comunione con Dio e unamore fraterno fino alla croce – finoal martirio che ha mescolato il san-gue versato da tanti consacrati diogni origine confessionale – è l’uni-co cammino verso l’unità.

    Nel medesimo tempo i progressi delmovimento ecumenico hanno per-messo uno scambio di doni tra fratellie sorelle di diverse Chiese. Questo re-ciproco arricchimento è testimoniatodall’esperienza di numerose comunitàecumeniche e associazioni intercon-fessionali di religiose e religiosi.

    ECUMENISMO

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    gli invitati dell’Istituto di Teologia Ecumenica di Bari, con l’arcivescovo di Bari Francesco Cacucci davanti all’Augustinianum, sede del colloquio

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    prospettive rinnovate

    Al termine di questo incontro lepersone consacrate che vi hannopartecipato desiderano vedere mol-

    tiplicati incontri di questo generesecondo l’invito del Papa France-sco: «Mi attendo dunque non cheteniate vive delle utopie , ma chesappiate creare altri luoghi dove si viva la logica evangelica del dono,della fraternità, dell’accoglienzadella diversità, dell’amore recipro-co» (Lett. Ap. 2,2). Un tale scambiodi doni ha bisogno di una adeguataformazione che dovrà essere inco-raggiata.

    I partecipanti al Colloquio tornan-do ora alle loro comunità e alle loro

    Chiese, molto arricchiti della gra- zia sperimentata in questi giorni  , si augurano di vivere ancora megliocon le loro sorelle e i loro fratelli laloro comune chiamata alla santitàe alla conversione: unico camminodi unità.

    Essi invocano insieme il dono ab-bondante dello Spirito per essere,ciascuno personalmente e tutti insie-me, sempre più fedeli a Dio, affinchési compia al più presto il grande desi-derio di Cristo per tutti i suoi disce-

     poli e per tutta l’umanità: ‘Padre chetutti siano uno, perché il mondo cre-da!’ (Gv 17,21)».

    l’unità si fa camminando

    Il Colloquio ha avuto il suo epilogonella partecipazione di tutti alla cele-brazione dei vespri presieduti da Pa-

    pa Francesco nella Basilica di SanPaolo fuori le Mura, in preghiera ecu-menica per il ristabilimento dellapiena e visibile unità dei cristiani:questa è la meta dell’ecumenismo chefatica ancora a trovare un comuneconsenso, soprattutto nelle comunitàecclesiali nate dalla Riforma. Non sipoteva concludere in una data e inuna sede migliore: nella festa dellaConversione dell’Apostolo dell’unitàcristiana e nella Basilica della suaConfessione suprema.

    Papa Francesco nell’omelia ha af-fermato che «il confronto con chi èdifferente da noi può farci crescere…Per capirsi e crescere nella carità enella verità, occorre fermarsi, acco-

     gliersi e ascoltarsi . In tal modo, si co-mincia già a sperimentare l’unità.L’unità si fa nel cammino, non è mai ferma. L’unità si fa camminando».Nelle espressioni del Papa abbiamorivisto e rivissuto l’esperienza deigiorni del Colloquio che di propositosi è impegnato non nell’affrontareproblematiche teologiche e dottrina-

    li, ma nella conoscenza reciproca enello scambio di esperienze concretedi vita consacrata ecumenica, a vi-

    cendevole incoraggiamento alla per-severanza nella sequela fedele del-l’unico Signore. Sì, perché, ha prose-guito Francesco, «l’unità dei cristiani non sarà il frutto di raffinate discus-

    sioni teoriche nelle quali ciascunotenterà di convincere l’altro della fon-datezza delle proprie opinioni. Verràil Figlio dell’uomo e ci troverà ancoranelle discussioni. Dobbiamo ricono-scere che per giungere alla profondi-tà del mistero di Dio abbiamo biso-

     gno gli uni degli altri, di incoraggiar-ci e di confrontarci sotto la guidadello Spirito Santo, che armonizzale diversità e supera i conflitti, ricon-cilia le diversità».

    Verso la conclusione dell’omeliaFrancesco ha rivolto una parola aipartecipanti al Colloquio, a «religiosi e religiose appartenenti a diverseChiese e Comunità ecclesiali chehanno partecipato in questi giorni ad un Convegno ecumenico… La vitareligiosa come profezia del mondofuturo è chiamata ad offrire nel no-stro tempo testimonianza di quellacomunione in Cristo che va oltreogni differenza e che è fatta di scel-te concrete di accoglienza e dialo-

     go. Di conseguenza, la ricerca del-l’unità dei cristiani non può essere

    appannaggio solo di qualche singoloo comunità religiosa particolarmentesensibile a tale problematica. La reci-

     proca conoscenza delle diverse tra-dizioni di vita consacrata ed unfecondo scambio di esperienze  puòessere utile per la vitalità di ogni for-ma di vita religiosa nelle diverseChiese e Comunità ecclesiali ».

    Uscendo dalla Basilica ho potutodialogare col card. Walter Kasper,già Presidente del Pontificio Consi-glio per l’unità dei cristiani, con-vinto assertore della causa ecume-

    nica, sempre radioso e incoraggian-te all’impegno per l’unità, comerisulta anche dalle sue innumerevo-li pubblicazioni. È sua l’espressione:«l’ecumenismo non è il piacere pri-vato di alcuni matti, ...ma è un sacroobbligo per tutti”. Anzi, ha definitol’opera ecumenica “il cantiere dellaChiesa del futuro». Mi ha chiestodel Colloquio ed è rimasto ammiratodel buon esito dell’iniziativa che èriuscita a coinvolgere tre Dicasterivaticani a motivo della vita consa-crata ecumenica: «la vita consacra-ta opera miracoli anche in questoambito».

    ECUMENISMO

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    gli invitati dell’Istituto di Teologia Ecumenica di Bari nella Basilica di s. Pietro

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    incontri fraterni

    Durante i giorni del Colloquio hoavuto modo di rivedere con gioiatanti amici e di dialogare con le so-

    relle e i fratelli consacrati delle altreChiese, in particolare della Comu-nità di Taizé, delle Diaconesse diReuilly, della Jesusbruderschaft di Gna-denthal, in particolare con Br. Fran-ziskus Joest che non rivedevo da al-cuni anni, oltre che con le monachee i monaci di Bose, e di vari mona-steri ortodossi, col p. Tecle Vetralidell’Istituto di Studi Ecumenici S.Bernardino di Venezia, col p. JamesPuglisi dei Francescani Dell’Atone-ment , con Maria-Chiara, piccola so-rella di Gesù, ricordando soprattuttola permanenza a Kabul dei pp. Ber-nasconi, Nannetti, Panigati e Moret-ti, con Sr. Maria Giampiccolo delleFiglie della Chiesa, con l’anglicanofrancescano Fr. Clark Berge... Abbia-mo pregato, cantato e ascoltato in-sieme, ci riamo raccontati tante co-se, esperienze, ritmi di vita, impegni,difficoltà; abbiamo aggiornato indi-rizzi e recapiti, ci siamo consigliati,interrogati, confidati e impegnati anon perderci di vista. Quale emozio-ne ho provato ad esempio dialogan-

    do col p. Hyachinte Destivelle OP,della commissione preparatoria delColloquio, quando scoprendo la pre-senza di un barnabita tra i membriinvitati, mi ha parlato con ammira-zione dei pp. Cesare Tondini, Grigo-rij Šuvalov e Karl Schilling.

    comunità interconfessionali

    Ma in particolare ho avuto mododi dialogare a più riprese con il card.

     João Braz de Aviz e con l’Arciv. JoséCarballo, cordialissimi, a proposito

    della possibilità di costituire comuni-tà religiose interconfessionali all’in-terno di Ordini e Congregazioni, conserio discernimento e realistica valu-tazione delle modalità, per vivere in-sieme la stessa vocazione con corag-gio e audacia evangelica, escluden-do ogni forma di indifferentismo e diconfusionismo. Nel 2000 ne avevogià presentato la proposta al Capitologenerale di Napoli che era arrivato aesplicitarla nella delibera n° 98 chenon escludeva «la possibilità di arri-vare anche alla costituzione di unacomunità religiosa interconfessionalecome profezia della vita religiosa in

    una nuova forma, come via dinamicaverso l’unità», ma per vari motivi èrimasta inevasa e in seguito non piùrinnovata. Lo Spirito però non man-cherà di ricordarcela ancora e di sor-prenderci, più avanti, sperando chepossa essere ripresa in seria conside-razione. Certamente la vita consacra-

    ta può aiutare l’ecumenismo, ma an-che l’ecumenismo può aiutare la vitaconsacrata e stimolarla a vivere lapropria consacrazione con maggioreimpegno e con la forza della testimo-nianza fraterna pure nella diversitàdelle appartenenze ed essere cosìsegno profetico di unità per la Chiesa

    ECUMENISMO

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    INTENZIONI DI PREGHIERA 2015

    ANNO DELLA VITA CONSACRATA.SULLE ORME DI CRISTO, SECONDO LA GRAZIA

    CHE CI È STATA DATA, NELLA COMUNIONE DEI SANTI,VERSO LA PERFEZIONE DELLA CARITÀ

    Marzo: Per i Confratelli che in quest’anno celebrano il 25° e il 50° di Professione religiosa e di Ordinazione sacerdotale .

    – Perché il Signore li ricolmi di tutti i doni necessari allo svolgimento del loro generososervizio pastorale e alla loro feconda testimonianza di consacrazione a Dio.

    Aprile: 150° anniversario dell’affidamento dell’Ordine al patrocinio di San Giuseppe (Capitolo generale del 1865).– Perché la Congregazione continui sempre a confidare nella premurosa custodia di

    San Giuseppe, e ricorra a lui con fiducia in qualsiasi necessità materiale e spirituale.

    Maggio: La Beata Vergine Maria, «esempio sublime di perfetta consacrazione; maestra di sequela incondizionata e di assiduo servizio» (Vita consecrata, n. 28).

    – Perché la Vergine Maria ci aiuti a rimanere fedeli alla nostra vocazione, a progredirenel nostro cammino di santità e a vivere in pienezza la nostra consacrazione.

    Giugno: Per le nostre Consorelle Angeliche .– Perché apprendano dall’insegnamento del nostro Santo Padre Antonio Marial’amore e il gusto per l’orazione mentale, cibo e nutrimento di chi avanza nella via di

    Dio e ne sappiano trasferire i frutti nelle molteplici opere del loro apostolato.

    Luglio: 1° incontro di Formazione permanente .– Perché sia occasione efficace di crescita umana e spirituale, di incontro fraterno edi stimolo per servire il Signore e i fratelli con sempre maggior entusiasmo, dedicazione

    e profitto.

    Agosto: 25° anniversario della pubblicazione della «Regola di vita» dei Laici di San Paolo (24 marzo 1990).– Perché la Regola di vita costituisca per i Laici di San Paolo una guida sicura che li

    accompagni costantemente nel loro impegno di vita cristiana nel mondo.Settembre: Incontro mondiale delle famiglie (Filadelfia, 22-27 settembre 2015) -XIV assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia (ottobre 2015).– Perché nei nuclei familiari dei nostri parenti e amici e di quanti fanno riferimento

    alla spiritualità paolino-zaccariana ci si sforzi di realizzare in pienezza il progetto diDio sul matrimonio e la famiglia.

    Ottobre: Quarto centenario della morte del Venerabile Carlo Bascapè, “legislatore” di Barnabiti e Angeliche, XI Superiore generale dell’Ordine e Vescovo di Novara 

    (6 ottobre 1615).– Perché l’intercessione del Venerabile Bascapè ci ottenga un costante impegno

    nella disciplina regolare e un desiderio sconfinato per la salvezza delle anime.

    Novembre: Per i Confratelli che vivono la loro terza età .– Perché l’esempio di Cristo li aiuti a comprendere «la pace infinita, l’infinita mestiziadell’amore che soffre, del dolore che ama».

    Dicembre: 50° anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II (8 dicembre 1965).– Perché, continuando il cammino di rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano II,

    ci sforziamo di seguire sempre il Signore, vivendo con entusiasmo il nostro carisma, in

    compagnia di quanti ci hanno preceduto, per raggiungere insieme la pienezza dell’amore.

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    e per il mondo. Tale via interconfes-sionale può mostrare un volto in cuil’ecumenismo diventa profezia dellavita religiosa in una forma nuova,anche attrattiva. Soltanto la vita con-

    sacrata può fare questo! Dall’ascoltodelle testimonianze nel Colloquio ri-

    sulta che ciò è possibile. E se ciò èpossibile e avviene all’esterno dellaChiesa cattolica, perché non potreb-be avvenire anche al suo interno, ol-tre le poche realizzazioni già in atto?Non rientrerebbe forse nell’esplora-zione di “vie nuove” per mettere inpratica il Vangelo? L’unità va rag-giunta insieme!

    Il Cardinale e l’Arcivescovo mihanno incoraggiato a sostenere taleprospettiva «molto positiva e profeti-

    ca» e a parlarne apertamente nelgruppo ecumenico di lavoro. Nelladiscussione si è detto che per talerealizzazione «occorre un carismaspeciale», «adeguata formazione» e«tanto coraggio», ma «è da favori-re». Occorre osare e sognare comu-nità dove consacrate e consacrati or-todossi, cattolici, protestanti e angli-cani possano vivere e testimoniareinsieme. Lo Spirito di Dio suscitiquesta nuova Pentecoste per la vitaconsacrata, la aiuti a sognare e a osa-re vivere insieme. La proposta è statapresentata nella sintesi  in Aula ed ètrapelata nel comunicato finale.

    crescere nel desiderio dell’unità

    Il Cardinale, concludendo i lavoridel Colloquio e esprimendo con gio-ia la sua soddisfazione per il « gran-

    de dono condiviso», ha tenuto aevidenziare che «la vita consacrata

    interconfessionale è ricchissima di esperienza e di stimoli a favore del-l’unità, grazie allo Spirito Santo checontinua a generare sorprese», ag-giungendo che «occorre andareavanti con la vita, incontrarsi, con-dividere, non discriminare» e, assi-curando la totale disponibilità delDicastero all’accoglienza di ognisuggerimento a favore di una sem-pre più viva comunione, ha invitatotutti a «crescere nel desiderio del-

    l’unità», a «mettere in comune lericchezze della vita consacrata del-le tradizioni cristiane» e ad «amarela causa ecumenica». Ha invitatoinoltre a « guardare con simpatianon solo le esperienze di vita reli- giosa delle diverse tradizioni, maanche quelle non cristiane». PapaFrancesco nella Lettera apostolicacitata ha fatto notare che «cammi-nare insieme è sempre un arricchi-mento e può aprire vie nuove a rap- porti tra popoli e culture che in que-sto periodo appaiono irti di difficoltà»(3,4). Il primo Colloquio ecumenicodella vita consacrata è terminato

    col canto ripetitivo a canone delMagnificat !

    nel monastero invisibile dell’unità

    C’è da augurarsi, come di comuneaccordo si è espressa l’assemblea,che questa prima esperienza romanaabbia aperto la porta a successivi in-contri o simposi o meeting , a sca-denza biennale, pure in altre sedi,eventualmente coinvolgendo anche ireligiosi più giovani e i formatori.Personalmente ho lasciato il Collo-quio molto scosso e sono tornato incomunità contento, edificato, arric-chito e confermato nel proposito dicontinuare a servire sino alla fine lacausa dell’unità che di certo sta acuore al Signore, ricordando soprat-tutto che Gesù, come ha affermato ilcard. K. Koch, «non ha comandatoai suoi discepoli l’unità , ma ha pre-

     gato per essa». Durante il Colloquioho compreso meglio cosa intendevadire l’Abbé Paul Couturier quandoparlava del «monastero invisibiledell’unità» e ho compreso megliol’importanza che soprattutto oggi hal’ecumenismo esistenziale, che vaoltre le differenze dogmatiche, senzaaffatto ignorarle o minimizzarle. È

    bello infatti sentirsi circondati datante sorelle e fratelli consacrati che,pure nella diversità delle apparte-nenze e dei carismi, vivono la stessaappartenenza all’unico Cristo e sonoaccomunati e mossi dalla stessa pas-sione per l’unità, nonostante le note-voli distanze geografiche che sem-brano tenerci lontani. L’amore uni-sce, è vincolo di unità. Al dire diMadeleine Delbrêl, «l’amore è uni-tà». È confortante e stimolante sape-re che esistono tanti consacrati allacausa dell’unità, sapere che ci sia-

    mo! La vita consacrata ecumenica,posta nel cuore della Chiesa e per laChiesa, sta già realizzando l’unitàecclesiale, perché è in grado di tra-scendere le divisioni cristiane e diincoraggiare il movimento ecumeni-co con la condivisione della vita fra-terna autentica, rimanendo innanzi-tutto in ginocchio davanti al misterodella Trinità, come persone in rela-zione, grazie alla fondamentale con-sacrazione battesimale che la abilita,già da ora, a fare insieme tutto quel-lo che è possibile fare insieme.

    Enrico Sironi 

     p. Enrico Sironi: occhi negli occhi davanti al Papa... al termine dell’udienza

    ECUMENISMO

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    SPIRITUALITÀ BARNABITICA

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    Intervistatore: Carissimo Santo… posso chiamarla così?

    Francesco Saverio Maria Bianchi:Carissimo, in Dio siamo tutti santi!Se amiamo Cristo e cerchiamo divivere con tutto noi stessi nella suavolontà, siamo santi! Lo siamo perchiamata, perché lui stesso vuole chediventiamo santi e, come diceva ilfondatore dei barnabiti, s. AntonioMaria Zaccaria, «non santi piccoli…ma grandi!»

    I: Comunque tu sei santo, la Chie-sa ti ha dato il titolo di santo. Ti haiscritto nel libro dei santi!

    FSMB: Sì, è vero. La Chiesa mi ha

    riconosciuto questo titolo, ma lo hafatto perché i fedeli possano intravve-dere la possibilità di arrivare anch’es-si alla santità, ossia alla pienezza

    della vita, della felicità, della pace,dell’amore! Se ci sono riuscito io,che sono ben poca cosa, perché nondovrebbero riuscirci loro?

    I: Ma in questa vita terrena tu sei 

    stato un religioso e dunque hai sceltodi percorrere una strada “più facile”! Oalmeno così sembra agli occhi dei più!

    FSMB: Lo pensi realmente? Pensidavvero che la via della vita religiosasia la più facile? Innanzitutto la vita re-ligiosa è una chiamata, una vocazio-ne: non io ho scelto di seguire Cristopiù da vicino, ma lui ha scelto me. Miha chiesto di lasciare tutto, anche chi eciò che amavo di più per seguirlo sen-za riserve, senza se, senza ma e senzaforse. Credi che sia una cosa facile?Per rispondere sì ho dovuto combat-tere anche contro gli affetti più cari,soprattutto con mia madre, che non

    voleva. Superato questo ostacolo edentrato tra i barnabiti ho dovuto com-battere contro l’amore per gli studi.Pensa, mi avevano proposto anche lacarriera dell’insegnamento all’universi-

    tà, ma il Signore mi ha fatto capire chequell’amore mi distraeva e mi disto-glieva dall’amore per lui e, attraversodi lui, per i miei fratelli vicini e lontani,per i miei confratelli e per quanti in-contravo sul mio cammino, indicando-mi soprattutto coloro che erano attana-gliati dalla solitudine, dalla sofferenza,dalla stanchezza di vivere. Ma è statosolo l’inizio; e tuttavia solo a questopunto ho potuto camminare più spedi-tamente nel fare la volontà di Dio. IlSignore, però non si è accontentato eha voluto che mi perfezionassi, chepurificassi ancor di più il mio amoreper lui e per i miei fratelli e, come è

    INTERVISTA A UN SANTO.

    FRANCESCO SAVERIO MARIA BIANCHI Nel centenario della morte di Francesco Saverio Maria Bianchi vogliamo incontrarlo einterrogarlo su quella “fama di santità” che molti gli hanno riconosciuto in vita e dopo la suamorte. In una ideale intervista ripercorreremo il suo cammino di santità attraverso l’esercizio di quelle virtù che sono i punti di forza della vita cristiana e che i fedeli prima e la Chiesa poi gli hanno riconosciuto in grado eroico.

     S. Francesco Saverio Maria Bianchi

     panorama di Arpino, città natale di s. Francesco Saverio Maria Bianchi

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    successo a Giobbe, sono stato toccatonella carne: dolori alle gambe, chenon ti dico! Fuoco e spine! Fuoco espine! Un supplizio, un vero supplizio,che il Signore mi ha insegnato a sop-

    portare per amore del prossimo e per

    amore suo! Per la conversione e la sal-vezza dei peccatori! Solo quando ce-lebravo il santo sacrificio, avevo un

    poco di respiro, potevo alzarmi e cele-brare con devozione la santa messa.Poi, tutto riprendeva: dolori, immobili-tà… a volte anche l’esperienza dell’ab-bandono da parte di Cristo!

    I: Non c’è che dire! Un bell’eserci-zio di virtù!

    FSMB: Sì, un bell’esercizio di virtù!Pensa! Mi ha fatto fare un cammi-

    no nella vita dello spirito che mi haportato a sperimentare una profondae intima comunione con lui: mi hatrafitto il cuore con un suo dardod’amore! Mi ha fatto sperimentarequella che i teologi chiamano la“transverberazione” e poi… mi ha

    voluto accanto a sé, facendomi pro-vare l’esperienza della croce! Ma al-la fine mi ha sciolto da ogni angustiae ora sono nella sua pace!

    Ma veniamo a noi. Toglimi una cu-

    riosità. So che c’è stato un processo

    nel quale hanno passato al “setac-cio” la mia vita, dalla nascita fino al-la morte; e anche dopo la mia morte.

    I: Sì, è stato istruito quello chechiamano un “Processo di beatifica-zione e canonizzazione”: un vero e

     proprio tribunale composto da un presidente, dai giudici, da un promo-tore della fede (l’avvocato del diavo-lo) e da un avvocato difensore, dai te-stimoni e dai notai; e devo dire cheha lavorato a lungo e bene. Ho visto

     gli atti. Hanno esaminato le virtù date esercitate, per vedere se lo hai fattoin grado eroico. Poi hanno esaminatoi miracoli compiuti da Dio per tua in-tercessione e li hanno riconosciuti co-me tali. Solo dopo tutto questo laChiesa ti ha iscritto nell’albo dei santi.

    FSMB: Ma pensa un po’! E cosahanno chiesto ai testimoni? Che cosahanno detto di me? Sono proprio cu-rioso di saperlo!.... Non per me, maper la maggior gloria e lode di Dio!

    I: L’unico modo per saperlo è leg- gere i processi. Ma sono tante le pa- gine scritte, raccolte in diversi volu-mi, e non è facile farne una sintesi.Sappi che le testimonianze provengo-no da sacerdoti e da laici, uomini edonne, anziani e giovani, da chi ti haconosciuto direttamente, da chi hasentito parlare di te da chi ti ha in-contrato, ma anche da chi ha solosentito parlare di te. Sono state posteloro tante domande. Pensa: 234! Masono state necessarie per ripercorrerela tua vita, la fama di santità che ti hacircondato durante la vita e dopo lamorte e le grazie ottenute da Dio per tua intercessione.

    FSBM: Capisco. E allora come fac-ciamo?

    I: Ho un’idea. Faremo come fa il cuoco che passa davanti alle portate

     prima che siano trasferite su una ta-vola ben apparecchiata, per vederese tutto è pronto e a posto prima cheentrino gli invitati: assaggeremo quae là! Sei pronto?

    FSMB: Sono un poco perplesso per

    questi assaggi! Non vorrei che… Spe-riamo bene! So che è per la lode e lagloria di Dio e se può essere utile amigliorare la vita del lettore non possotirarmi indietro! Coraggio, partiamo!

    I: Prima di dare la parola ai testi-moni, devo aggiungere che il percor-so è lungo e pertanto credo sia op-

     portuno fare delle tappe. Come pri-ma tappa ti posso dire che tutti hanno colto in te un uomo di orazio-ne e di contemplazione. Non poten-do richiamare tutte le testimonianze,te ne offro tre.

    Michele Cuggia (sacerdote): Perme era un uomo di orazione, e nellemie angustie mi affidavo moltissimoalle sue orazioni; ho preso parte unavolta alla messa da lui celebrata nel-la cappella del suo convento e restaisommamente edificato dalla sommadevozione e fervore con cui celebra-va: cosa veramente ammirabile, giac-ché, soffrendo egli di indicibili doloriper gl’incommodi alle gambe, lequali erano straordinariamente gon-fie, nell’atto del sacrificio pareva chenon le sentisse, per cui ho pensatoche in quell’atto fosse assistito daDio. Io so per esperienza che il servo

    SPIRITUALITÀ BARNABITICA

    Eco dei Barnabiti 1/201518

    SCHEDA BIOGRAFICA DIFRANCESCO SAVERIO FILIPPO GIUSTINIANO BIANCHI

    Francesco Saverio Filippo Giustiniano Bianchi nacque ad Arpino il 2 dicem-bre 1743 da Carlo Antonio e da Faustina Morelli e il 3 dicembre fu battez-zato. Ricevette il sacramento della confermazione nell’ottobre del 1748.Sin da piccolo si dimostrò di indole docile e umile, obbediente ai genitori,composto e serio nel rapporto con i coetanei. Orientatosi per i gesuiti, igenitori vollero distoglierlo dal proposito e orientarlo per il sacerdoziosecolare, inviandolo nel 1758 al seminario di Nola. Nel 1761 rientrò adArpino e, dopo il tentativo dei genitori di proporgli la via del matrimonio,passò a Napoli per lo studio del diritto canonico e civile. Rientrato nelsettembre 1762 ad Arpino, nell’ottobre del 1762 accettò di entrare tra ibarnabiti, facendo la prima domanda nel collegio dei SS. Carlo e Filippo Neridi Arpino. Dopo aver fatto la seconda domanda, fu accettato il 6 novembre1762. Inviato a Zagarolo per il noviziato, vestì l’abito religioso il 28 dicem-bre e, mutato il proprio nome di battesimo in quello di Francesco SaverioMaria, fece la professione solenne dei voti religiosi il 28 dicembre 1763.Destinato a Macerata per lo studio della filosofia, vi rimase fino al 16 otto-bre 1765, per trasferirsi a Roma per lo studio della teologia. Per problemidi salute fu trasferito a Napoli in S. Carlo alle Mortelle e fu ordinato sacer-dote il 25 gennaio 1767. Destinato ad Arpino come insegnante di lettere,nel 1769 ritornò a Napoli come professore di filosofia. Nel 1773 fu eletto

    preposto di S. Maria in Cosmedin o di Portanuova. Gli si prospettò dap-prima la nomina a professore straordinario di teologia all’università diNapoli, l’aggregazione alle due Accademie reale ed ecclesiastica, oltrealla possibile nomina per due diocesi, ma il Bianchi scelse sempre di piùla via della preghiera, della penitenza e del nascondimento. Tra il 1801 e il1815 esercitò il mirabile apostolato della direzione spirituale e del confes-sionale, accompagnato da quello della carità, sopportando anche la sop-pressione della congregazione nel 1805. Morì a Napoli il 31 gennaio 1815.

  • 8/21/2019 Ecco dei Barnabiti no 1 -2015

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    di Dio si prestava per quello che ri-guardava il bene delle anime instan-cabilmente.

    Domenico Ceraso (barnabita): Soche era amantissimo dell’orazione a

    tal punto che da noi stava sempre nelcoro e mi dicevano le monache diSan Marcellino, contigue al nostrocollegio di Portanuova, che lo aveva-no veduto pregare per molte ore nel-la loro chiesa, dove egli quasi ognigiorno si portava a fare la visita alSantissimo Sacramento in occasionedi novene che si facevano in dettachiesa, e lo face