19
LE PERSONE FISICHE ( 96— 112) Can. 96 Mediante il battesimo l’uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri, in quanto sono nella comunione ecclesiastica e purché non si frapponga una sanzione legittimamente inflitta. Can. 97 § 1. La persona che ha compiuto diciotto anni, è maggiorenne; sotto tale età, è minorenne. § 2. Il minorenne, prima dei sette anni compiuti, viene detto bambino e lo si considera non responsabile dei suoi atti, compiuti però i sette anni, si presume che abbia l’uso di ragione. Can. 98 § 1. La persona maggiorenne ha il pieno esercizio dei suoi diritti. § 2. La persona minorenne nell’esercizio dei suoi diritti rimane sottoposta alla potestà dei genitori o dei tutori, eccetto per quelle cose nelle quali i minorenni sono esenti dalla loro potestà per legge divina o per diritto canonico; per ciò che attiene alla costituzione dei tutori e alla loro potestà, si osservino le disposizioni del diritto civile, a meno che non si disponga altro dal diritto canonico, o il Vescovo diocesano in casi determinati abbia per giusta causa stimato doversi provvedere con la nomina di un altro tutore. Can. 99 Chiunque manca abitualmente dell’uso di ragione, lo si considera non responsabile dei suoi atti ed è assimilato ai bambini. Can. 100 La persona viene detta: abitante, nel luogo in cui è il suo domicilio; dimorante, nel luogo in cui ha il quasi-domicilio; forestiero, se si trova fuori del domicilio e del quasi-domicilio che ancora ritiene; girovago, se non ha in alcun luogo il domicilio o il quasi-domicilio. Can. 101 § 1. Il luogo di origine del figlio, anche neofita, è quello in cui, quando il figlio è nato, i genitori avevano il domicilio o, mancando questo, il quasi-domicilio, oppure, se i genitori non avevano il medesimo domicilio o quasi-domicilio, l’aveva la madre. § 2. Se si tratta di un figlio di girovaghi, il luogo di origine è il luogo stesso della nascita; se di un esposto, è il luogo in cui fu trovato. Can. 102 § 1. Il domicilio si acquista con la dimora nel territorio di qualche parrocchia o almeno di una diocesi, tale che o sia congiunta con l’intenzione di rimanervi in perpetuo se nulla lo allontani da quel luogo, o sia protratta per cinque anni completi. § 2. Il quasi-domicilio si acquista con la dimora nel territorio di qualche parrocchia o almeno di una diocesi, tale che o sia congiunta con

Drept canonic curs 11

Embed Size (px)

DESCRIPTION

drept canonic Roma curs 11

Citation preview

Page 1: Drept canonic curs 11

LE PERSONE FISICHE  ( 96— 112)

Can. 96

Mediante il battesimo l’uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri, in quanto sono nella comunione ecclesiastica e purché non si frapponga una sanzione legittimamente inflitta.

Can. 97

§ 1. La persona che ha compiuto diciotto anni, è maggiorenne; sotto tale età, è minorenne.§ 2. Il minorenne, prima dei sette anni compiuti, viene detto bambino e lo si considera non responsabile dei

suoi atti, compiuti però i sette anni, si presume che abbia l’uso di ragione.

Can. 98

§ 1. La persona maggiorenne ha il pieno esercizio dei suoi diritti.§ 2. La persona minorenne nell’esercizio dei suoi diritti rimane sottoposta alla potestà dei genitori o dei

tutori, eccetto per quelle cose nelle quali i minorenni sono esenti dalla loro potestà per legge divina o per diritto canonico; per ciò che attiene alla costituzione dei tutori e alla loro potestà, si osservino le disposizioni del diritto civile, a meno che non si disponga altro dal diritto canonico, o il Vescovo diocesano in casi determinati abbia per giusta causa stimato doversi provvedere con la nomina di un altro tutore.

Can. 99

Chiunque manca abitualmente dell’uso di ragione, lo si considera non responsabile dei suoi atti ed è assimilato ai bambini.

Can. 100

La persona viene detta: abitante, nel luogo in cui è il suo domicilio; dimorante, nel luogo in cui ha il quasi-domicilio; forestiero, se si trova fuori del domicilio e del quasi-domicilio che ancora ritiene; girovago, se non ha in alcun luogo il domicilio o il quasi-domicilio.

Can. 101

§ 1. Il luogo di origine del figlio, anche neofita, è quello in cui, quando il figlio è nato, i genitori avevano il domicilio o, mancando questo, il quasi-domicilio, oppure, se i genitori non avevano il medesimo domicilio o quasi-domicilio, l’aveva la madre.

§ 2. Se si tratta di un figlio di girovaghi, il luogo di origine è il luogo stesso della nascita; se di un esposto, è il luogo in cui fu trovato.

Can. 102

§ 1. Il domicilio si acquista con la dimora nel territorio di qualche parrocchia o almeno di una diocesi, tale che o sia congiunta con l’intenzione di rimanervi in perpetuo se nulla lo allontani da quel luogo, o sia protratta per cinque anni completi.

§ 2. Il quasi-domicilio si acquista con la dimora nel territorio di qualche parrocchia o almeno di una diocesi, tale che o sia congiunta con l’intenzione di rimanervi almeno per tre mesi se nulla lo allontani da quel luogo, o sia protratta effettivamente per tre mesi.

§ 3. Il domicilio o il quasi-domicilio nel territorio di una parrocchia è detto parrocchiale; nel territorio di una diocesi, anche se non in una parrocchia, diocesano.

Can. 103

I membri degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica acquistano il domicilio nel luogo dove è situata la casa cui sono ascritti; il quasi-domicilio, nella casa in cui, a norma del can. 102, § 2, dimorano.

Can. 104

I coniugi abbiano in comune il domicilio o il quasi-domicilio; a motivo di legittima separazione o per altra giusta causa, entrambi possono avere un proprio domicilio o quasi-domicilio.

Can. 105

§ 1. Il minorenne ritiene necessariamente il domicilio e il quasi-domicilio di colui, alla cui potestà è soggetto.Uscito dall’infanzia può acquistare anche un proprio quasi-domicilio; e legittimamente emancipato a norma del diritto civile, anche un domicilio proprio.

§ 2. Chiunque per una ragione diversa dalla minore età è stato affidato legittimamente in tutela o in curatela di un altro, ha il domicilio e il quasi-domicilio del tutore o del curatore.

Page 2: Drept canonic curs 11

Can. 106

Il domicilio e il quasi-domicilio si perdono con la partenza dal luogo con intenzione di non tornare, salvo il disposto del can. 105.

Can. 107

§ 1. A ciascuno sia per il domicilio sia per il quasi-domicilio tocca il parroco e l’Ordinario proprio.§ 2. Il parroco o l’Ordinario proprio del girovago è il parroco o l’Ordinario del luogo in cui il girovago

dimora attualmente.§ 3. Il parroco proprio di colui che non ha se non il domicilio o il quasi-domicilio diocesano, è il parroco

del luogo in cui attualmente dimora.

Can. 108

§ 1. La consanguineità si computa per linee e per gradi.§ 2. Nella linea retta tanti sono i gradi quante le generazioni, ossia quante le persone, tolto il capostipite.§ 3. Nella linea obliqua tanti sono i gradi quante le persone in tutte e due le linee insieme, tolto il

capostipite.

Can. 109

§ 1. L’affinità sorge dal matrimonio valido, anche se non consumato, e sussiste tra il marito e i consanguinei della moglie, e parimenti tra la moglie e i consanguinei del marito.

§ 2. Si computa in maniera tale che coloro che sono consanguinei del marito, siano affini della moglie nella medesima linea e grado, e viceversa.

Can. 110

I figli, che sono stati adottati a norma della legge civile, sono ritenuti figli di colui o di coloro che li hanno adottati.

Can. 111

§ 1. Con la ricezione del battesimo è ascritto alla Chiesa latina il figlio dei genitori, che ad essa appartengono o, se uno dei due non appartiene ad essa, ambedue i genitori di comune accordo abbiano optato che la prole fosse battezzata nella Chiesa latina; che se manca il comune accordo, è ascritto alla Chiesa rituale, cui appartiene il padre.

§ 2. Qualsiasi battezzando che abbia compiuto quattordici anni di età, può liberamente scegliere di essere battezzato nella Chiesa latina o in un’altra Chiesa rituale di diritto proprio; nel qual caso, egli appartiene a quella Chiesa che avrà scelto.

Can. 112

§ 1. Dopo aver ricevuto il battesimo, sono ascritti a un’altra Chiesa rituale di diritto proprio: 1) chi ne abbia ottenuto la licenza da parte della Sede Apostolica; 2) il coniuge che, nel celebrare il matrimonio o durante il medesimo, abbia dichiarato di voler passare alla Chiesa rituale di diritto proprio dell’altro coniuge; sciolto però il matrimonio, può ritornare liberamente alla Chiesa latina; 3) i figli di quelli, di cui ai nn. 1 e 2, prima del compimento dei quattordici anni di età e parimenti, nel matrimonio misto, i figli della parte cattolica, che sia passata legittimamente a un’altra Chiesa rituale; raggiunta però questa età, i medesimi possono ritornare alla Chiesa latina.

§ 2. L’usanza, anche se a lungo protratta, di ricevere i sacramenti secondo il rito di una Chiesa rituale di diritto proprio, non comporta l’ascrizione alla medesima Chiesa.

1.  Concetto di persona

Il termine “persona” può essere assunto in senso ontologico e in senso giuridico.In senso ontologico o filosofico, la persona, secondo la celebre definizione data da Boezio(480—524), è “la sostanza

individua di una natura razionale” (De duabus naturis, cap. 3: PL 64, 1344). Non diversa è la definizione di San Tommaso: “Subsistens in rationali natura” (S. Th., I, q. 29, a. 3)

In senso giuridico — quella che a noi ora interessa — la persona è il soggetto di diritti e diobbligazioni. Ciò comporta una duplice capacità:

—  La capacità giuridica, che è l’attitudine a essere titolare di diritti e di obblighi giuridici—  La capacità di agire, che è la capacità di porre in essere atti giuridici, con le limitazioni di cui ai 98 e 1478.

Page 3: Drept canonic curs 11

Soggetto giuridico è anzitutto la persona fisica, ossia l’uomo concreto, distinto nella suaindividualità. Ma soggetto giuridico è anche la persona giuridica, una creazione del diritto, composta sia di persone (universitates personarum) che di cose (universitates rerum).

1. Nel Codice precedente, la normativa sulle persone fisiche e giuridiche nella Chiesa, costituiva la parte introduttiva del II libro De personis. Nel nuovo Codice, attesa la diversa strutturazione della intera materia, essa è stata inserita opportunamente nel I libro De normis generalibus (Communicationes, a. 1982, p. 127, n. 1).

2.  La persona nella Chiesa 96 (87*)  La personalità giuridica dell’uomo è, anzitutto, un diritto di natura. Lo ha richiamato solennemente

Giovanni XXIII nella Enciclica Pacem in terris dell’11 aprile 1963: “In ogni convivenza umana ordinata e feconda, va posto come fondamento il principio che ogni uomo è una persona, cioè una natura dotata d’intelligenza e di volontà libera, e quindi soggetto per sé stesso di diritti e di doveri, che scaturiscono direttamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili e inalienabili” (Discorsi, Messaggi e Colloqui, Tip. Vaticana, vol. V, p. 523).

Ma l’uomo vive ed opera in una società, retta da un ordinamento positivo, e tale, ossiapositiva, è anche la sua personalità giuridica, la quale presenta un duplice aspetto: civile e religioso. La personalità civile comprende i diritti e gli obblighi di carattere civile; quella religiosa, i diritti e gli obblighi di carattere religioso o ecclesiale.

Fondamento della personalità giuridica civile è l’appartenenza allo Stato, che si determinacon la nascita (art. 1 del Codice Civile Italiano). Fondamento della personalità giuridica religiosa è l’appartenenza alla Chiesa, che è posta in essere dal battesimo, l’atto costitutivo della incorporazione a Cristo e alla Chiesa, la fonte (e non semplice condizione) dei diritti e degli obblighi ecclesiali ( 96).

Tali diritti ed obblighi — precisa il canone — si realizzano secondo la particolarecondizione di ciascuno (attenta quidem eorum condicione). Se infatti è vero che tra i fedeli esiste, in virtù del battesimo, una fondamentale uguaglianza nella dignità e nell’agire ( 208), è altrettanto vero che sussiste una diversificazione per situazioni e fattori vari, che, da una parte, modificano i diritti e gli obblighi comuni, e, dall’altra, ne creano di ulteriori, particolari o propri di ciascuno. Altri pertanto sono, ad esempio, i diritti e i doveri del semplice laico, e altri quelli del ministro sacro; altri i diritti e i doveri del minore, e altri quelli dell’adulto, ecc. È questa differenziazione di responsabilità e di compiti che arricchisce la Chiesa e fa di essa una realtà viva ed organica.

È comunque da tener presente che l’appartenenza alla Chiesa non è un atto puramenteformale: è essenzialmente comunione, senza la quale non esiste né può esistere personalità ecclesiale, e questa può essere anche sospesa o limitata nel suo esercizio da “una sanzione inflitta legittimamente”.

1. Si discute fra gli autori sul significato di sanzionare: se debba intendersi in senso proprio, come una vera e propria sanzione penale, oppure in senso più ampio, come una legittima disposizione della legge o del superiore competente. Sembra più fondata la seconda interpretazione, poiché la “sanctio” è riferita all’osservanza degli obblighi e all’esercizio dei diritti, e tale esercizio è regolato dall’autorità ecclesiastica ( 223, § 2).

3.  Il problema dei fratelli separatiSorge ora il problema dei cristiani che sono stati battezzati al di fuori della Chiesa Cattolica, ossia nelle Chiese e nelle

comunità ortodosse e protestanti. Godono anch’essi di capacità giuridica nell’ordinamento canonico, a norma del 96, oppure ne sono privi?

Tenendo conto dello spirito ecumenico del Concilio Vaticano II, che, nel Decreto Unitatisredintegratio del 21 novembre 1964, afferma espressamente:

—  Che “coloro i quali credono in Cristo e hanno ricevuto debitamente il battesimo, sono costituiti in una certa comunione — sebbene imperfetta — con la Chiesa cattolica” (n. 3, 1);

—  Che “giustificati nel battesimo della fede, essi sono incorporati a Cristo e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani e dai figli della Chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti quali fratelli nel Signore” (ibid.).

Tenendo conto nello stesso tempo dei 205; 383, § 3; 463, § 3; 844, §§ 3—4; 883, n. 2; 908; 933; 1124, in cui è ripetuto con insistenza che anche gli ortodossi e i protestanti — in quanto cristiani e battezzati — sono nella comunione della Chiesa cattolica, anche se non pienamente, la risposta non può essere dubbia: anch’essi, canonicamente, sono persone e quindi soggetti di diritto, anche se la loro capacità giuridica e i loro diritti e doveri risultano notevolmente limitati.

Le limitazioni maggiori sono contenute: —  Nel 11, per il quale “sono tenute alle leggi puramente ecclesiastiche (soltanto) le persone battezzate nella Chiesa

cattolica o accolte successivamente in essa” (cfr. il commento al detto canone).—  Nel 908, che vieta “ai sacerdoti cattolici di concelebrare l’Eucaristia con sacerdoti o ministri delle Chiese o delle

comunità ecclesiali, le quali non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica”.—  Nei 874 e 893, § 1, che escludono dall’ufficio di padrino nel battesimo e nella confermazione i battezzati

appartenenti a una comunità non cattolica.Concessioni significative si hanno invece: —  Nel 844, § 2, che permette ai cattolici di ricevere i sacramenti della penitenza, dell’Eucaristia e dell’unzione

degl’infermi, da ministri non cattolici in determinate circostanze e a determinate condizioni.—  Nel 844, § 3, che consente ai ministri cattolici di amministrare i detti sacramenti a membri delle Chiese orientali e di

altre Chiese cristiane non cattoliche, anche questo a determinate condizioni.—  Nel 1127, § 1, per il quale, nella celebrazione dei matrimoni misti dei cattolici con i fratelli ortodossi, è sufficiente,

per la validità, l’intervento di un ministro sacro anche non cattolico.—  Nel 1183, che permette “le esequie ecclesiastiche di battezzati iscritti a una Chiesa o a una comunità ecclesiale non

cattolica, se non consti della loro volontà contraria e a condizione che non sia possibile avere un ministro proprio”.Sotto un profilo strettamente giuridico, Mons. Mario F. Pompedda, Uditore di Rota, ritieneopportuno aggiungere

sinteticamente:

Page 4: Drept canonic curs 11

1.  ”Vi è un ambito giuridico appartenente alla persona umana in quanto tale, e sotto questo profilo vi è una distinzione fra cattolici e acattolici”.

2.  ”Vi è poi un ambito giuridico derivante dalla incorporazione a Cristo e quindi alla Chiesa mediante il battesimo (cfr. 96), e sotto questo profilo vanno riconosciuti i diritti — doveri di tutti i battezzati in quanto tali”.

1. 3.  ”Vi è infine un ambito giuridico derivante dalla formale incorporazione nell’unica Chiesa (la Cattolica), e sotto questo aspetto è da considerare l’ordinamento canonico specificamente tale (cfr. 11): è un ambito nel quale non rientrano gli acattolici e dentro il quale essi non hanno diritti — doveri”.

4.  Il problema dei non battezzatiIl problema relativo ai fratelli separati si estende anche ai non battezzati. A tal riguardo, ipareri sono discordi; furono

divergenti anche i pareri espressi dai Padri Consultori nella seduta del 16 ottobre 1979 (Communicationes, a. 1980, pp. 56—58; cfr. anche a. 1985, pp. 166—167, lett. b).

Uno di essi di appellò all’ecumenismo:—  In un nuovo Codice che si ispira all’ecumenismo, non possiamo dimenticare il problema della soggettività del non

battezzato. Il concetto di soggettività è esteso, con il Vaticano II, anche ai non battezzati, che sono anch’essi soggetti di diritto canonico.

Altri, e furono la maggior parte, sostennero la tesi opposta:—  Il battesimo è necessario perché un uomo diventi nella Chiesa soggetto di diritto canonico. I non battezzati non hanno

né obblighi né diritti canonici.—  La Chiesa riconosce a tutti gli uomini i diritti che scaturiscono dalla loro dignità di persona, ma questo è cosa diversa

dalla personalità canonica.Nella Chiesa si diventa “persona” solamente con il battesimo (baptismus aquae). È vero che ogni uomo, in quanto figlio di

Dio, ha diritto ad essere battezzato e a diventare membro della Chiesa, ma questo non è un diritto canonico.Attesa la diversità dei pareri, i Padri Consultori decisero di astenersi dal fare qualsiasiaccenno alla soggettività giuridica nel

diritto canonico dei non battezzati. Il problema rimane e non è certo di facile soluzione. Esso è strettamente connesso con quello più generale del vincolo effettivo che lega i non battezzati alla Chiesa cattolica. È per altro innegabile che numerosi canoni del Codex Iuris Canonici, direttamente o indirettamente, riguardano anche i non battezzati, come soggetti di diritti e di doveri.

Ad esempio: —  748, § 1: “Tutti gli uomini sono tenuti a ricercare la verità in quel che riguarda Dio e la sua Chiesa, e, conosciutala,

hanno il dovere e il diritto, in forza della legge divina, di dare ad essa la propria adesione e di custodirla”.—  771, § 2: Tutti gli uomini hanno il diritto e il dovere di ricevere il messaggio evangelico, e i pastori di anime,

soprattutto i Vescovi e i parroci, hanno l’obbligo di aver cura e sollecitudine dei non credenti non diversamente che dei fedeli (cfr. anche 383, § 4).

—  861, § 2: Chiunque, anche non cristiano, può in caso di necessità, amministrare i+ battesimo.—  1086, § 1: L’impedimento di disparità di culto concerne direttamente il fedele battezzato, ma indirettamente estende il

potere della Chiesa sulla persona non battezzata.—  1142: La dispensa dal matrimonio non consumato da parte del Romano Pontefice comprende sia il matrimonio fra

battezzati che il matrimonio fra una parte battezzata e l’altra non battezzata.—  1476: Anche i non battezzati possono agire in giudizio nei tribunali ecclesiastici, con piena capacità processuale.—  1549: Sono ammessi come testimoni (cfr. anche 2027 del Codice del 1917).Ma tutto questo forse non è sufficiente per affermare che i non battezzati hanno nella Chiesauna vera e propria capacità

giuridica. Meritano per altro una considerazione a parte i catecumeni, i quali, avendo chiesto con volontà esplicita di far parte della Chiesa, “sono a lei uniti con un proprio vincolo particolare”, e la stessa Chiesa “ne ha cura come se fossero già suoi” ( 206, § 1).Esiste inoltre per essi uno speciale istituto giuridico, detto “catecumenato”, e il suo ordinamento è di competenza delle Conferenze Episcopali, a cui spetta, a norma del 788, § 3, “determinare gli obblighi dei catecumeni e le prerogative che sono loro riconosciute”. Ma neppure i catecumeni sono, propriamente, soggetti di diritti e di obbligazioni nella legislazione della Chiesa, almeno “ex iure condito” (cfr. Communicationes, a. 1985, p. 167, ultimo cpv.).

5.  Situazioni varieCome s’è già accennato, la concreta condizione canonica delle persone fisiche, ossia la loro capacità giuridica e di agire

(questa seconda soprattutto), è determinata da fattori e situazioni varie, dipendenti da cause sia naturali che volontarie.Il Codice considera in particolare:—  L’età—  L’uso di ragione—  Il luogo di origine e di residenza—  Il vincolo di consanguineità e di affinità—  L’adozione—  Il rito ecclesialeNon considera il sesso, a cui accenneremo per altro in una nota.6.  L’etàL’età ha un’influenza determinante sulla capacità ecclesiale, come su quella civile, poiché da essa dipende lo sviluppo

psicologico, che è in rapporto diretto con la capacità giuridica. Questo principio è alla base dei 97— 98.1)  Distinzioni 97 (88*)  In relazione all’età, il 97 distingue tra persone maggiorenni e minorenni, seguendo il criterio ormai generale

delle moderne legislazioni.

Page 5: Drept canonic curs 11

Maggiorenne è colui che ha compiuto diciotto anni; minorenne, chi è di età inferiore. Ilminorenne che non ha compiuto sette anni, viene detto infante.

1. In rapporto alla maturità fisiologica, il Codice precedente distingueva anche tra pubes eimpùbes (pubere e impubere): pubes era considerato l’uomo dai 14 anni compiuti, la donna dai 12 ( 88, § 2*). Tale distinzione non figura più nel nuovo Codice, perché priva d’importanza pratica (Communicationes, a. 1974, pp. 94—95; a. 1977, p. 238, c. I).

2)  Effetti giuridici 98 (89*)  La persona maggiorenne ha per sé il pieno esercizio dei suoi diritti (§ 1).Sono esclusi ovviamente gli atti per i quali il diritto prescrive un’età superiore ai diciottoanni:1. —  21 anni compiuti, per la professione perpetua negl’Istituti religiosi ( 658, n. 1)2. —  23 anni compiuti, per la recezione del diaconato ( 1031, § 1)3. —  25 anni compiuti, per l’ammissione al presbiterato ( 1031, § 1) e al diaconato permanente ( 1031, § 2)4. —  30 anni, per la nomina a Vicario generale o episcopale ( 476, § 1) a Vicario giudiziale e a Vicario giudiziale

aggiunto ( 1420, § 4)5. —  35 anni compiuti, per il conferimento del diaconato permanente a persone sposate ( 1031, § 2) e per

l’elezione all’ufficio di Amministratore diocesano ( 425, § 1)6. —  35 anni, per l’elezione a Vescovo ( 378, § 1, n. 3)Sono sufficienti invece 18 anni, ossia l’età maggiore: 1. —  Per la piena capacità processuale ( 1476, § 1)2. —  Per la professione religiosa temporanea ( 655, n. 1)3. —  Per l’ammissione alla prova iniziale negl’Istituti secolari ( 721, § 1, n. 1)4. —  Per la nomina a procuratore e ad avvocato nei giudizi ( 1483)Con l’età maggiore ha inizio l’obbligo del digiuno, che si estende fino ai 60 anni iniziati ( 1252).La persona minorenne, che pur è soggetto di diritti ecclesiali in virtù del battesimo, nonavendo una maturità sufficiente

rimane per sé sottoposta alla potestà dei genitori e dei tutori nell’esercizio di tali diritti (98, § 2). Sono eccettuati quegli atti nei quali il minorenne, per legge divina o per disposizione canonica, è esente dalla loro potestà. Tali sono, ad esempio, la scelta del proprio stato di vita ( 219) e la testimonianza in giudizio ( 1550, § 1).

Per quanto riguarda la costituzione dei tutori e la loro potestà, il 98, § 2, rinviaalle norme del diritto civile, tranne che sia prescritto diversamente dal diritto canonico oppure il Vescovo diocesano (non il semplice Ordinario del luogo) in casi particolari disponga la nomina di un tutore diverso.

Atti consentiti nell’età minore: —  14 anni compiuti: per la scelta della Chiesa rituale nel battesimo ( 111, § 2); per la celebrazione del matrimonio da

parte della donna ( 1083, § 1); per poter essere ammessi come testimoni nei giudizi ( 1550, § 1). Dopo i 14 anni comincia l’obbligo dell’astinenza, che dura tutta la vita ( 1252).

—  16 anni compiuti: per poter assumere l’ufficio di padrino nel battesimo e nella confermazione ( 874, § 1, n. 2, e 893); per la celebrazione del matrimonio da parte dell’uomo ( 1083, § 1); per la passibilità di una pena canonica ( 1323, n. 1).

—  17 anni compiuti: per l’ammissione al noviziato religioso ( 643, § 1, n. 1); per l’ammissione al periodo di prova nelle Società di vita apostolica ( 735, § 2).

Norme ulteriori: —  Circa il domicilio e il quasi — domicilio ( 105, § 1)—  Circa il matrimonio dei minorenni ( 1071, § 1, e 1072)—  Circa la rappresentanza in giudizio ( 1478— 1479)—  Circa l’imputabilità dei minorenni: causa esimente o attenuante ( 1323, n. 1; 1324, § 1, n. 4)7.  L’uso di ragioneL’uso di ragione è un elemento essenziale della personalità giuridica, e il suo difetto, nelle forme più gravi, compromette

irreparabilmente la capacità di agire.1)  Gl’infanti 97, § 2 (88, § 3*)  Relativamente agli infanti — ossia ai minori che non hanno compiuto sette anni — il 97, § 2,

stabilisce che essi non sono considerati responsabili delle loro azioni (sui compotes). Compiuti però i sette anni, si presume (praesumptio iuris tantum, non iuris et de iure) che i minori abbiano l’uso di ragione.

Di conseguenza, gl’infanti: —  Non sono per sé tenuti all’osservanza delle leggi puramente ecclesiastiche, anche se abbiano conseguito l’uso di

ragione ( 11).—  Non sono in grado di porre alcun atto giuridico ( 124, § 1)Alcuni doveri di carattere spirituale riguardano invece anche gl’infanti, qualora abbianoraggiunto l’uso della discrezione

prima dei sette anni:—  914: ammissione alla comunione—  920: precetto pasquale—  989: obbligo della confessione annuale2)  Usu rationis habitu carentes 99 (88, § 3*)  Il 99 concerne le persone affette da gravi infermità mentali, quali sono gli ebeti o idioti, i dementi, e

stabilisce che chiunque sia destituito abitualmente dell’uso di ragione — non chi sia “minus firmae mentis” ( 1474, § 4) — è considerato per presunzione di diritto (censetur) non responsabile delle sue azioni (sui compos), ed è assimilato in tutto agl’infanti, anche in ordine al domicilio e al quasi — domicilio ( 105, § 2) e al battesimo ( 852, § 2).

Conseguentemente, “nisi capacitas probetur”, tali persone:

Page 6: Drept canonic curs 11

1. —  Sono esenti “in foro externo” dalle leggi puramente ecclesiastiche, anche negli eventuali momenti di lucido intervallo ( 11).

2. —  Sono privi di capacità processuale, per cui possono stare in giudizio soltanto per mezzo dei loro genitori oppure dei loro tutori o curatori ( 1478, § 1).

3. —  Sono incapaci di contrarre matrimonio, in quanto non sono in grado di prestare un valido consenso ( 1095; — cfr. anche 1105, § 4).

4. —  Sono irregolari circa la recezione degli ordini sacri ( 1041, n. 1).5. —  Sono impediti circa l’esercizio degli ordini di cui sono insigniti ( 1044, § 2, n. 2).—  Non sono capaci di emettere voti ( 1191, § 2).Relativamente alla imputabilità e alle pene, v. 1322 e commento.La norma del 99 riguarda le persone prive dell’uso di ragione abitualmente(habitu), non in forma passeggera (ad tempus).

Trattandosi infatti d’insania o demenza temporanea, cessato lo stato patologico e riacquistata la sanità, si ricupera nello stesso tempo la normale capacità. Bisogna comunque agire con molta prudenza.

8.  Il luogo di origine1)  Concetto 101 (90*)  Nell’ordinamento canonico, il luogo d’origine di una persona non è quello effettivo della sua nascita, ma il

luogo legale determinato dal diritto. Conseguentemente, a norma del 101:—  Il luogo d’origine del figlio è per sé quello in cui, al tempo della sua nascita, i genitoriavevano il domicilio o, in

mancanza di questo, il quasi — domicilio. La norma vale anche per la persona battezzata in età adulta (neofito); la precisazione risultava già nel Codice del 1917 ( 90, § 1): modificava una vecchia norma per la quale, trattandosi di un neofito, si considerava come luogo di origine quello del battesimo, ossia della nascita spirituale.

Nel caso che i genitori avessero un domicilio o un quasi — domicilio diverso, si considerano quelli della madre (§ 1).—  Il luogo d’origine del figlio di un girovago, che non ha sede fissa, è il luogo stesso dellasua nascita (§ 2).—  Il luogo d’origine di un bambino esposto o trovatello è il luogo in cui è stato rinvenuto, e questo, secondo alcuni

autori, rimane anche se in seguito venga a conoscersi il luogo effettivo della sua nascita o se egli venga legittimato dai suoi genitori: il luogo d’origine non si muta né si perde come il domicilio. Altri sono di parere diverso.

—  Trattandosi di un bambino nato da madre non sposata, occorre tener presenti i vari casiprospettati nel 877, § 2.2)  Effetti giuridiciIl luogo d’origine non ha molta rilevanza nella Chiesa. Serve solo a determinare la parrocchia di battesimo del neonato, che,

a norma del 857, § 2, è di regola la chiesa parrocchiale dei genitori, “nisi iusta causa aliud suadeat”. Per questa scarsa importanza, si pose la questione se conservare o sopprimere il 90 del Codice 1917 (Communicationes, a. 1974, p. 95, n. 3).

1. Nel Codice del 1917, il luogo d’origine era richiamato nel 956 relativamente al Vescovo proprio dell’ordinazione dei chierici secolari; ma nel corrispondente 1015, § 1, del nuovo Codice, il richiamo è stato soppresso.

9.  Il luogo di residenza1)  Distinzioni100 (91*)  In rapporto al luogo di residenza o dimora, la persona assume canonicamente quattro distinte qualifiche:

incola, àdvena, peregrinus e vagus, che in italiano si traducono comunemente con abitante, dimorante, forestiero e girovago.Incola in senso proprio è la persona che ha in un luogo il suo domicilio.Advena, la persona che ha in un luogo il quasi — domicilio.Peregrinus, la persona che si trova fuori del domicilio o del quasi — domicilio, che ancora ritiene.Vagus, la persona che non ha in alcun luogo il domicilio o il quasi — domicilio.Il significato giuridico di domicilio e di quasi — domicilio sarà determinato nei prossimiparagrafi. Genericamente possono

definirsi:—  Il domicilio, la residenza o dimora stabile di una persona fisica in un dato luogo—  Il quasi — domicilio, la residenza o dimora stabile in un dato luogo, ma in linea relativa e quasi sussidiariaLa dimora semplicemente transitoria è propria del “peregrinus”.Il quasi — domicilio è un istituto prettamente canonico, elaborato lentamente dalla dottrina.I concetti enunciati si applicano alle persone fisiche; trattandosi di persone giuridiche, si parla di “sede”.2)  L’acquisto del domicilio e del quasi — domicilio 102 (92*)  Si tratta ovviamente del domicilio e del quasi — domicilio elettivo, dipendente dalla libera volontà della

persona, non di quello legale o necessario, determinato dalla legge per alcune categorie di persone.Il 102 riporta sostanzialmente la normativa del 97 del Codice precedente, modificando solo i tempi prescritti.Il domicilio ecclesiastico si acquista in un duplice modo (§ 1): 1°  Con la dimora nel territorio di una parrocchia o almeno di una diocesi, congiuntamente all’intenzione di rimanervi

indefinitamente (perpetuo), se nulla richiami altrove;2°  Con la dimora effettiva protrattasi per un quinquennio completo (un decennio nel 92, § 1, del Codice precedente).Nel primo caso, ovviamente il domicilio si acquista fin dal primo momento in cui si pongono le due condizioni prescritte: la

dimora in un dato luogo (commoratio) e l’intenzione di rimanervi (animis manendi), se nulla richiami altrove; nel secondo caso, al compimento effettivo dei cinque anni.

Occorre per altro precisare: a)  La dimora (commoratio) richiesta dal canone è la dimora stabile di abitazione, non quella determinata da altri motivi

(studio, lavoro, cure sanitarie, ecc.), che può anche risultare in una località diversa, ossia in un’altra parrocchia o diocesi; molto meno un semplice soggiorno. Propriamente, la dimora di abitazione è quella in cui risiede la famiglia e nella quale di regola si pernotta.

Page 7: Drept canonic curs 11

b)  Una tale dimora può effettuarsi anche in luoghi molteplici, con la possibilità di averecontemporaneamente più domicili. È il caso di una persona che possiede due o tre abitazioni (in città, in campagna, al mare), nelle quali dimora alternativamente tre o quattro mesi all’anno (il periodo di tempo ritenuto sufficiente a tale scopo).

c)  La volontà di rimanere nel territorio parrocchiale o diocesano, congiunta alla effettiva“commoratio”, dev’essere una volontà reale, concreta, ma non tale da escludere la prospettiva di un possibile trasferimento: il Codice aggiunge espressamente si nihil inde àvocet. Non basta però la volontà condizionata; per esempio: “Resterò, se avrò il tale ufficio”; avveratasi tuttavia la condizione, l’intenzione si considera valida fin dall’inizio.

d)  Due casi concreti. Un pensionato si stabilisce in una parrocchia, per finirvi i suoi giorni: egli vi ottiene fin dall’inizio il domicilio, perché la sua intenzione, congiunta alla effettiva dimora, è di rimanere indefinitamente ( perpetuo) in quella parrocchia, anche se poi, per il mutare delle circostanze, deciderà di trasferirsi altrove.

Un pubblico funzionario arriva in una parrocchia, ma sa con certezza che presto o tardi sarà trasferito: egli non vi acquista il domicilio dall’inizio, perché, in attesa del trasferimento (certo, non soltanto possibile), non ha né può avere l’intenzione di fermarsi indefinitamente (perpetuo) in quella parrocchia. Potrà acquistarvi il domicilio solo dopo cinque anni di effettiva dimora, nel caso che il trasferimento si facesse ancora attendere.

e)  Alla parrocchia è equiparata la quasi — parrocchia ( 516, § 1), e alla diocesi laprelatura e l’abbazia territoriale, il vicariato e la prefettura apostolica, l’amministrazione apostolica stabilmente eretta ( 368).

f)  La dimora effettiva quinquennale prescritta nel secondo caso, dev’essere continua. È peròsufficiente una continuità morale, la quale consente delle moderate interruzioni.

102, § 2 (92, § 2*)  Anche il quasi — domicilio si acquista in due modi: 1°  Con la dimora nel territorio di una parrocchia o almeno di una diocesi, congiuntamente all’intenzione di rimanervi

almeno per un periodo di tre mesi (per la maggior parte dell’anno, nel 92, § 2, del Codice precedente), se nulla richiami altrove;

2°  Con la dimora effettiva protrattasi per tre mesi (ad maiorem anni partem, nel 92, § 2, del Codice del 1917).Il quasi — domicilio suppone sempre il domicilio. L’uno e l’altro, tuttavia, possono essere molteplici nell’ordinamento

canonico. 102, § 3 (92, § 3*)  Il § 3 del 102 precisa che il domicilio oquasi — domicilio può essere anche soltanto diocesano. È,

per esempio, il caso di un operaio, che, per motivi di lavoro, non ha sede fissa nell’ambito di una parrocchia ed è costretto a spostarsi continuamente, pur rimanendo nel territorio diocesano. È anche il caso dei fedeli di una prefettura o di un vicariato apostolico, non ancora diviso in parrocchie né quasi — parrocchie.

3)  Il domicilio e il quasi — domicilio legaleAlcune categorie di persone, per motivi particolari, non hanno un domicilio o un quasi — domicilio scelto liberamente, ma

determinato dalla legge: si tratta dei membri d’Istituti religiosi o di Società di vita apostolica, dei minorenni e delle persone soggette a tutela o curatela per una ragione diversa dalla minorità.

103  È un canone nuovo, anche se la norma vige da tempo, poiché si ritenevafondatamente che il 93 del Codice precedente non avesse carattere tassativo. In conformità con i 665, § 1, e 740 — i quali fanno obbligo ai religiosi e ai membri delle Società di vita apostolica di risiedere nelle case o comunità assegnate loro dai Superiori e di non assentarsi illegittimamente — il 103 stabilisce che il loro domicilio è da considerarsi la casa di ascrizione, indipendentemente dalla durata di tale ascrizione.

Essi, tuttavia, possono avere un quasi — domicilio, che si acquista alle condizioni stabilite nel 102, § 2.Possono avere anche un secondo domicilio? Il caso non è escluso e può verificarsi, sel’assenza del religioso o del membro di

una Società di vita apostolica dalla propria casa e comunità sia determinata, ad esempio, da motivi di salute che richiedano il ricovero in un sanatorio, e questo, a termine del 102, § 1, si protragga per un quinquennio completo.

In caso d’infermità mentale ( 689, § 3), si applica il 105, § 2.I novizi, che pur già vivono la vita dell’Istituto ( 646) non sono tuttaviamembri (sodales), poiché l’incorporazione giuridica

si ha solo con la professione, almeno temporanea ( 654). Di conseguenza, i novizi sono soggetti alle norme comuni:1°  Il novizio minorenne ha ex lege il domicilio dei suoi genitori o tutori, e, insieme, il quasi — domicilio elettivo nella

casa di noviziato ( 105, § 1).2°  Il noviziato maggiorenne ha nella casa di noviziato il domicilio elettivo, e può anche aver conservato un altro

domicilio, per esempio nel luogo di residenza della propria famiglia. 104 (93*)  Il 93, § 1, del Codice precedente stabiliva il domiciliolegale anche per la donna sposata, la quale — tranne il

caso di legittima separazione — era vincolata necessariamente al domicilio del marito. Questa norma è stata soppressa e il nuovo canone, in conformità con i 1135 e 1151, si limita a richiamare il dovere dei coniugi di avere il domicilio e il quasi — domicilio comune.

In caso di legittima separazione ( 1152— 1153) o per altra giusta causa, possono tuttavia avere un proprio domicilio o quasi — domicilio. Trattandosi di giusta causa, per es. motivi d’impiego, di lavoro, di domicilio o quasi — domicilio proprio non esclude quello comune.

105, § 1 (93*) Il domicilio e il quasi — domicilio del minorenne — ossia fino alcompimento dei 18 anni ( 97, § 1) — sono necessariamente quelli delle persone alla cui autorità egli è soggetto: i genitori o i tutori ( 98, § 2). Se il domicilio o il quasi — domicilio dei genitori o del tutore sono molteplici, tali sono anche il domicilio e il quasi — domicilio del minore.

Il minorenne uscito dall’infanzia — ossia compiuti i sette anni ( 97, § 2) — puòavere anche un quasi — domicilio proprio, a termine del 102, § 2 (se, per esempio, frequenta un istituto come alunno interno). Naturalmente, con l’acquisto del quasi — domicilio proprio, egli non perde il domicilio e il quasi — domicilio dei genitori o dei tutori, perché la sua condizione resta quella di minore. Se poi egli è emancipato a norma del diritto civile, acquista inoltre un domicilio proprio, alle condizioni prescritte nel 102, § 1. Perde per altro il domicilio dei genitori o dei tutori, perché legalmente non è più minore.

A termini degli artt. 390 e 391 del Codice Civile, in Italia l’emancipazione del minore avevaluogo, fino al 1975, ope legis col matrimonio, oppure con provvedimento del giudice tutelare, per i minorenni che avessero compiuto 18 anni. Poiché la legge 8

Page 8: Drept canonic curs 11

marzo 1975, n. 39, ha abbassato la maggiore età al compimento del 18° anno, l’emancipazione giudiziale non ha più luogo, e rimane soltanto quella acquisita col matrimonio.

105, § 2 (93, § 1)  La tutela viene concessa non soltanto ai minori, ma anchealle persone maggiorenni, affette da incapacità ai sensi del 99. In tal caso, anche la persona maggiorenne sottoposta a tutela o a curatela, ha per legge il domicilio e il quasi — domicilio del tutore o del curatore.

1. Il Codice precedente considerava soltanto l’alienato mentale (amens), e parlava di domicilio, per cui nella dottrina si discuteva se si dovesse ammettere il quasi — domicilio legale. Col nuovo Codice tale discussione è chiusa (si parla espressamente anche di quasi — domicilio), e, d’altra parte, si estende il domicilio e il quasi — domicilio legale a tutte le persone incapaci (quicumque) soggette a tutela o curatela.

4)  Il domicilio del Cardinale Decano o SottodecanoA norma del 352, § 4, essi devono acquisire il domicilio nell’Urbe, ossia in Roma, se mai non ve l’abbiano.5)  La perdita del domicilio e del quasi — domicilio 106 (95*)  Occorre distinguere tra il domicilio o quasi — domicilio elettivo e quello legale.1°  Il domicilio e il quasi — domicilio elettivo si perdono con la partenza dal rispettivo luogo, unita all’intenzione di non

tornarvi. È necessario che si verifichino tutt’e due le condizioni congiuntamente, per cui non basta la sola “discessio a loco”, anche se prolungata, se permane l’intenzione di tornarvi; né è sufficiente da sé l’intenzione di lasciare il domicilio o il quasi — domicilio che si possiede, se non ha luogo l’effettiva partenza. È per questo che lo studente o l’emigrante, per esempio, i quali restano lontani dal luogo del domicilio anche per più di cinque anni, ma conservano l’intenzione di tornarvi, non perdono il domicilio, e, d’altra parte, possono acquistare di fatto un altro domicilio, se maggiorenni.

2°  Il domicilio e il quasi — domicilio legale si perdono col cessare della causa che li hadeterminati: concretamente, col raggiungimento della maggiore età, per il minorenne; con l’eventuale riacquisto della capacità e il cessare della tutela o curatela, per il maggiore incapace, in caso di guarigione; con la separazione definitiva dell’Istituto religioso o dalla Società di vita apostolica, per il membro dei medesimi.

6)  Effetti giuridiciIl domicilio e il quasi — domicilio hanno una grande importanza nell’ordinamento canonico, poiché da essi seguono vari

effetti giuridici.1°  È dal domicilio e dal quasi — domicilio che derivano anzitutto le qualifiche personali diincola, àdvena, peregrinus,

vagus.—  Incola: 475, § 2—  Peregrinus: 13, § 2; 91; 136; 1196, n. 1—  Vagus: 13, § 3; 101, § 2; 107, § 2; 1071, § 1, n. 1; 1409, § 1 107 (94*)  In rapporto al domicilio e al quasi — domicilio sono determinati ilparroco e l’Ordinario proprio. Il 107

prospetta tre ipotesi:—  Il parroco e l’Ordinario proprio dell’incola e dell’àdvena: sono il parroco e l’Ordinario sia del domicilio che del quasi

— domicilio (§ 1).In conseguenza della possibile molteplicità del domicilio e del quasi — domicilio, nulla impedisce che il fedele abbia

contemporaneamente più Ordinari e più parroci propri, che sono tutti tali a pari titolo.—  Il parroco e l’Ordinario proprio del vagus: sono il parroco e l’Ordinario del luogo in cui il girovago dimora in atto (§

2).—  Il parroco proprio di chi ha soltanto il domicilio o il quasi — domicilio diocesano: è il parroco in cui egli dimora in

atto (§ 3).Canoni relativi: 1. —  Parroco proprio: 1115; 11772. —  Parrocchia propria: 1121, § 3; 1177, §§ 1 e 33. —  Chiesa parrocchiale propria: 857, § 24. —  Ordinario proprio: 65, § 1; 162; 285, § 4; 289, § 2; 295, § 1; 644; 824, § 1; 886, § 1; 887; 1053, § 2;

1115; 1265, § 1; 1288; 13025. —  Vescovo proprio: 245, § 2; 268, § 1; 271, § 3; 278, § 2; 738, § 3; 1015, §§ 1—2; 1016; 1018, § 1, n. 1;

1025, § 1; 1029; 10366. —  Chiesa propria: 257, § 2; 268, §§ 1—2; 271, §§ 2—3—  Diocesi propria: 357, § 22°  Effetti ulteriori del domicilio e del quasi — domicilio1. —  L’obbligo delle leggi territoriali per l’incola e per l’àdvena: 12, § 32. —  L’obbligo del peregrinus: 13, § 23. —  L’obbligo del vagus: 13, § 34. —  La convocazione degli elettori per l’elezione a un ufficio ecclesiastico: 166, § 15. —  Il domicilio e la facoltà di confessione: 967, § 2; 9756. —  Il domicilio e l’ordinazione diaconale: 10167. —  La celebrazione del matrimonio: 11158. —  La competenza del giudice: 1408— 14099. —  Le cause riguardanti eredità e legati pii: 1413, n. 210. —  La competenza delle cause matrimoniali non riservate alla Santa Sede e delle cause di separazione dei

coniugi: 1673, nn. 2 e 3; 1694—  Il Vescovo competente a ricevere l’istanza della dispensa “super rato”: 1699

Page 9: Drept canonic curs 11

3°  La menstrua commoratio. Il Codice considera anche la dimora protratta per un mese inuna parrocchia, ma questo solo in ordine alla celebrazione del matrimonio: 1115

10.  Il vincolo di consanguineità e di affinitàSi distingue a tal riguardo un quadruplice rapporto: —  Di consanguineità, ossia della parentela del sangue (parentela in senso proprio): il vincolo che unisce le persone

discendenti dal medesimo stipite.—  Di affinità: il vincolo che unisce una persona sposata ai consanguinei dell’altro coniuge.—  Di parentela spirituale (cognatio spiritualis): il vincolo che unisce il padrino e la madrina di battesimo o di

confermazione al suo figlioccio.—  Di parentela legale (cognatio legalis): il vincolo che sorge dall’adozione civile.1. Nel Codice precedente. La parentela spirituale tra il battezzato e la madrina o tra labattezzata e il padrino costituiva un

impedimento dirimente in ordine al matrimonio ( 1079). Nel nuovo Codice, l’impedimento è stato soppresso, ma rimane la “cognatio spiritualis”, che obbliga il padrino ad aver cura del figlioccio, collaborando con i suoi genitori soprattutto in ordine alla sua educazione cristiana. Sarebbe stato opportuno che il nuovo Codice richiamasse espressamente questa “cognatio spiritualis” (la sostanza c’è, ma manca il termine), come non aveva mancato di fare il Codice precedente in ordine alla confermazione ( 797*).

1)  La consanguineità 108 (96*)  Il fondamento della consanguineità non è il matrimonio, ma la generazione, sia essa legittima o illegittima,

naturale o artificiale. Il suo computo si effettua per linee e gradi.1°  La linea è la serie ordinata delle persone che traggono origine dal medesimo stipite. Èretta, quando le persone

discendono l’una dall’altra: padre, figlio, nipote abiatico (figlio del figlio o della figlia). È collaterale o obliqua, quando le persone hanno il medesimo stipite, ma non discendono l’una dall’altra: fratelli e sorelle, zio e nipote, cugini.

La linea retta può considerarsi tanto nella sua direzione ascendente, che in quella discendente.2°  Il grado esprime la distanza esistente tra le persone consanguinee.3°  Lo stipite, infine, sono le persone o la persona da cui discendono i vari consanguinei, come da un ceppo o radice

comune.Di regola il ceppo comune è formato da due persone (padre e madre comune), e laconsanguineità che ne deriva è detta

bilaterale (ex utroque stipite). Se invece lo stipite comune è costituito da una sola persona (il padre o la madre, che abbiano generato più figli, l’uomo con un’altra donna, e la donna con un altro uomo), si ha la consanguineità unilaterale (ex uno stipite).

I fratelli nati dallo stesso padre e dalla stessa madre, sono detti germani. I fratelli nati dallo stesso padre e da madri diverse, sono detti unilaterali e più propriamente consanguinei. I fratelli nati dalla stessa madre e da padri diversi, sono detti similmente unilaterali e più propriamente uterini.

Nel determinare il grado di consanguineità, il 108 dà le seguenti norme: a)  Nella linea retta, tanti sono i gradi quante sono le generazioni, ossia quante sono le persone, escluso lo stipite.Di conseguenza:—  Tra padre e figlio, la consanguineità è di primo grado—  Tra nonno e nipote abiatico, di secondo grado—  Tra nonno e pronipote, di terzo gradob)  Nella linea collaterale, tanti sono i gradi quante sono le persone in tutt’e due le lineeinsieme, escluso lo stipite.Di conseguenza:—  Tra fratello e sorella, la consanguineità è di secondo grado—  Tra zio e nipote, di terzo grado—  Tra zio e pronipote, di quarto grado—  Tra primi cugini, di quarto grado—  Tra secondi cugini, di sesto grado.Relativamente al computo dei gradi nella linea collaterale, il nuovo Codice ha abbandonatoil sistema germanico —

introdotto gradatamente nella Chiesa probabilmente a partire dal VII secolo o almeno dall’VIII, e confermato definitivamente da Alessandro II nel 1065 — ed è ritornato al sistema romano, seguito dalla maggioranza delle leggi civili (Communicationes, a. 1974, p. 97, n. 5) e dalle Chiese orientali.

Nella linea retta i gradi del sistema romano e del sistema germanico coincidono.Per determinare praticamente il grado di consanguineità di due persone, si traccia il loro albero genealogico.SCHEMALuigiAntonio GiovannaMario Renata Alberto Patrizia Nella linea collaterale—  Tra Antonio e Giovanna la cons. è di II grado—  Tra Antonio e Renata ” di III grado—  Tra Antonio e Patrizia ” di IV grado—  Tra Mario e Renata ” di IV grado—  Tra Mario e Patrizia ” di V grado—  Tra Alberto e Patrizia ” di VI grado2)  L’affinità

Page 10: Drept canonic curs 11

109 (97*)  Nei due paragrafi di cui si compone, il 109 mette in evidenza l’origine o fondamento dell’affinità, il suo ambito, il suo computo.

1°  L’affinità è un vincolo giuridico, non naturale come la consanguineità: sorge dalmatrimonio valido, che è pertanto il suo esclusivo fondamento. Matrimonio valido, precisa il § 1 del nuovo canone, sopprimendo l’espressione “sive rato tantum, sive rato et consumato”, che lasciava dei dubbi circa l’affinità derivante dal matrimonio legittimo dei non battezzati. Con la nuova formulazione, ogni dubbio è tolto e risulta chiaro che l’affinità sorge da qualsiasi matrimonio valido dei battezzati, consumato e non consumato (la non consumazione è rilevata espressamente).

L’affinità è un vincolo ex se perpetuo; non cessa né per la morte di un coniuge, né per unaeventuale dispensa “super rato” da parte del Romano Pontefice. Qualora il matrimonio venga dichiarato nullo, la nullità del matrimonio comporta la nullità dell’affinità, salvi gli effetti previsti nel 1093 in ordine all’impedimento di pubblica onestà.

2°  Circa l’ambito dell’affinità, il § 1 del 109 pone il principio che essasussiste soltanto tra il marito e i consanguinei della moglie, e parimenti tra la moglie e i consanguinei del marito.

Non sussiste dunque tra i consanguinei di uno dei due coniugi e i consanguinei dell’altro, secondo l’antico adagio: “Affinitas non egreditur copulatos”.

Un esempio: Tizio e Caia, vedovi ambedue, si uniscono in matrimonio. Dalle nozze precedenti, essi hanno dei figli. Fra Tizio e i figli di Caia, come fra Caia e i figli di Tizio, sorge senz’altro il vincolo di affinità; ma tra i figli dell’uno e dell’altro (i cosiddetti fratellastri) non esiste alcuna affinità.

Non sussiste neppure tra un coniuge e gli affini dell’altro coniuge, secondo l’adagio: “Affinitas non parit affinitatem”.Esempio: Tizio e Caia sono marito e moglie. Caia ha una sorella e un fratello sposato con Antonia. Fra Tizio e la sorella di

Caia, ossia della moglie, sussiste il vincolo di affinità, ma non fra Tizio e Antonia, cognata di Caia.Ovviamente tra i coniugi non esiste alcun rapporto di affinità: la relazione che li unisce prende nome di vincolo coniugale.3°  L’affinità non ha linee né gradi propri. Si applicano le linee e i gradi dellaconsanguineità. Di conseguenza, “coloro i

quali sono consanguinei del marito, sono affini della moglie nella medesima linea e nel medesimo grado, e viceversa” (§ 2).Così, per esempio:—  Tra nuora e suocera o tra genero e suocera come tra patrigno e figliastra o tra matrigna e figliastro, c’è un’affinità di

primo grado nella linea retta.—  Tra cognati, c’è un’affinità di secondo grado nella linea collaterale.3)  Effetti giuridiciIl principale effetto giuridico della consanguineità e dell’affinità concerne il matrimonio, poiché l’una e l’altra costituiscono,

in determinati gradi, un impedimento dirimente alla sua celebrazione.—  Consanguineità: 1091—  Affinità: 1092La consanguineità e l’affinità comportano anche altri effetti giuridici, che tuttavia sonostati notevolmente ridotti in rapporto

alla legislazione precedente:1°  L’esclusione da alcuni incarichi—  Dall’ufficio di Vicario generale o episcopale per i consanguinei del Vescovo diocesano fino al quarto grado: 478, § 2—  Dalla nomina a membri del consiglio per gli affari economici per i consanguinei e gli affini del Vescovo diocesano:

fino al quarto grado: 492, § 31. 2°  Alcuni divieti in ordine alla vendita e alla locazione di beni ecclesiastici: 12982. 3°  Alcuni divieti di carattere giudiziale: 1448, §§ 1—23. 4°  Una esenzione per testimoni giudiziari, in casi particolari: 15484)  Il matrimonio putativo e la quasi — affinitàIl matrimonio putativo è il matrimonio invalido, celebrato in buona fede da almeno una delle due parti ( 1061, § 3).Da esso,

evidentemente, non sorge alcun vincolo di affinità, che, a norma del 109, § 1, si fonda esclusivamente su un matrimonio valido. Nel caso, tuttavia, si può parlare di una quasi — affinità, da cui deriva l’impedimento matrimoniale di pubblica onestà ( 1093).

Tale impedimento sorge da qualsiasi matrimonio invalido, a cui sia seguita la convivenza, oppure da un notorio o pubblico concubinato ( 1093).

11.  La “cognatio legalis” 110 (1080*)  Il 110 rappresenta uno dei casi di rinvio alle leggi civili, previsti dal 22. Per esso, l’adozione effettuata in

conformità con le norme civili, costituisce il fondamento della parentela legale — cognatio legalis, dice espressamente il 1094 — per la quale le persone legittimamente adottate si considerano giuridicamente figli della persona o delle persone adottanti.

L’effetto canonico che ne deriva, è l’impedimento matrimoniale dirimente tra l’adottato el’adottante (linea retta) e tra l’adottato e i figli propri dell’adottante (secondo grado della linea collaterale). L’impedimento sussiste anche fra gli adottati, se sono più di uno e di sesso diverso ( 1094).

Altri effetti dell’adozione nell’ordinamento canonico sono quelli connessi con la “patriapotestà”: cfr. a tal riguardo i 98, § 2; 105, § 1; 774, § 2; 793; 796, § 2; 797; 798; 851, § 2; 855; 867; 868, § 1, n. 2; 869, § 3; 872; 874, § 1, n. 1; 890; 914; 1071, § 1, n. 6; 1136; 1183, § 2; 1252; 1366, ecc. Si tratta, sostanzialmente, dei canoni concernenti i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei propri figli.

Per la registrazione dell’adozione nel libro dei battezzati, cfr. 535, § 2, e 877, § 3.12.  Il rito ecclesialeLa Chiesa è una, ma esiste in essa una pluralità di riti, che, insieme ad altri elementi, sono alla base di particolari

“aggruppamenti organicamente congiunti sorti nel corso dei secoli, i quali, salva restando l’unità della fede e l’unica divina costituzione della Chiesa universale, godono di una propria disciplina, di un proprio uso liturgico, di un proprio patrimonio teologico e spirituale” (Lumen Gentium, n. 23 d).

Page 11: Drept canonic curs 11

I riti fondamentali sono due: quello occidentale o latino e quello orientale, suddivisi in variriti particolari. Non tutti i riti particolari sono costituiti in Chiese rituali sui iuris ( 111— 112), ossia autonome, con propri libri liturgici e anche con disciplina e gerarchia propria.

Nella Chiesa latina, insieme al rito romano esistono il rito ambrosiano in Milano, e quello mozarabico o visigotico in Spagna (Toledo); ma né la Chiesa ambrosiana né quella mozarabica costituiscono delle Chiese rituali “sui iuris”.In Oriente, invece, le Chiese rituali cattoliche “sui iuris” sono molto numerose: Chiesa armena, caldea, copta, italo—albanese, malabarica, melkita, rutena, sira, ecc.

1. Per le sue implicazioni giuridiche, l’appartenenza all’una o all’altra Chiesa rituale ha una grande importanza, e non può essere certo lasciata alla libera scelta dei fedeli. Essa è regolata da norme precise, contenute nei 111 e 112, in cui sono considerati tre casi: l’ascrizione a una Chiesa rituale prima dei 14 anni di età, dopo i 14 anni e il passaggio a una Chiesa rituale diversa dopo la prima ascrizione.

1)  L’ascrizione prima dei 14 anni 111, § 1 (98, § 1, e 756*)  Il 111, § 1, non dà un principio generale valevole per ogni fedele cattolico, poiché il

Codice riguarda la sola Chiesa latina ( 1), ed è l’ascrizione a questa Chiesa che direttamente viene disciplinata. Tenendo tuttavia conto e del 111, § 1, del Codex Iuris Canonici, e del 6 del M.P. Cleri sanctitati di Pio XII, 2 giugno 1957, sui riti e sulle persone nelle Chiese orientali cattoliche (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, I, coll. 3628—3629), come anche del 98, § 1, del Codice del 1917, risultano le seguenti norme.

1°  Il rito ecclesiale è determinato dal battesimo, poiché con esso si è incorporati alla Chiesadi Cristo e nella medesima si è costituiti persona.

2°  Non basta tuttavia ex se il solo battesimo: per quanti non hanno compiuto i 14 anni, bisogna anche tener conto della Chiesa rituale dei genitori. Se questi, l’uno e l’altro, fanno parte della Chiesa latina, anche il figlio viene ascritto alla Chiesa latina; se invece fanno parte, l’uno e l’altro, di una Chiesa orientale, il figlio viene ascritto similmente alla Chiesa orientale, poiché tutti i riti “sui iuris” hanno pari dignità e cittadinanza nella Chiesa di Cristo (Decr. conc. Orientalium Ecclesiorum, n. 3). Di conseguenza, qualora il battesimo venga conferito — legittimamente (per es. in caso di necessità) o illegittimamente — secondo un rito diverso da quello dei genitori, il battezzato è ascritto ugualmente alla Chiesa rituale dei suoi genitori (cfr. Pont. Comm. per l’interpret. del Codice, 16 ottobre 1919, n. 11: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, I, n. 210, col. 231; — M.P. Cleri sanctitati, 6, § 2: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, II, coll. 3628—3629).

3°  I genitori potrebbero anche appartenere a Chiese rituali diverse. In questo caso, a norma del 111, § 1:—  Il bambino, il ragazzo, l’adolescente che non ha compiuto 14 anni, viene ascritto alla Chiesa latina, se i genitori

abbiano deciso di comune accordo di battezzarlo nella detta Chiesa—  Mancando tale accordo, il figlio è ascritto nella Chiesa rituale a cui appartiene il padre.2)  L’ascrizione dopo i 14 anni compiuti 111, § 2  Dipende dalla decisione del battezzando, che può scegliere liberamente la Chiesa rituale “sui iuris” che

preferisce, e il battesimo liturgico relativo.3)  Il passaggio a un’altra Chiesa rituale 112, § 1 (98, §§ 3—4*)  L’ascrizione a una Chiesa rituale è ex se definitiva, e per il passaggio a un’altra Chiesa

dopo la recezione del battesimo, è necessaria la licenza della Sede Apostolica (n. 1).Il 112 prevede tuttavia due casi:1°  Il coniuge latino (sia lo sposo che la sposa, non soltanto la sposa, com’era disposto nelprecedente canone 98, § 4 del

Codice precedente) all’atto del matrimonio o anche dopo, ha facoltà di passare alla Chiesa Orientale dall’altro coniuge. Sciolto poi il matrimonio — per la morte dell’altro coniuge o per l’eventuale dispensa “super rato” ( 1141— 1142), o anche per un’eventuale sentenza di nullità matrimoniale divenuta esecutiva ( 1684— 1685) — egli può tornare liberamente alla Chiesa latina.

Il canone non precisa come e a chi debba esser fatta la suddetta dichiarazione. Nel M.P. Cleri sanctitati di Pio XII, obbligatorio per i cattolici di rito orientale, è prescritto che all’atto del matrimonio si faccia in iscritto. Durante il matrimonio è invece sufficiente anche una dichiarazione orale, fatta dinanzi all’Eparca o al parroco del nuovo rito o a un loro delegato, e insieme alla presenza di due testimoni (X. OCHOA, Leges Ecclesiae, II, col. 3629, 13). All’Eparca corrisponde nella gerarchia latina il vescovo diocesano.

2°  Prima del compimento dei 14 anni—  Sia i figli che abbiano ottenuto dalla Santa Sede la licenza di passare a una Chiesa orientale—  Sia i figli del coniuge latino passato alla Chiesa orientale della comparte—  Sia infine, nei matrimoni misti, i figli della parte cattolica passata legittimamente a un’altra Chiesa rituale:anche se battezzati nella Chiesa latina, passano ope legis alla nuova Chiesa rituale.Compiuti tuttavia i 14 anni, hanno facoltà di tornare liberamente alla Chiesa latina.1. A norma del 535, § 2, il cambiamento di rito dev’essere debitamente annotato nel registro dei battesimi.4)  Una consuetudine giuridicamente irrilevante 112, § 2 (98, § 5)  In più canoni, è consentito ai fedeli di ricevere in qualsiasi rito cattolico:1. —  Il battesimo: 861, § 22. —  La confessione: 9913. —  La Comunione: 9234. —  La Confermazione: 882 e 887—  L’unzione degl’infermi: 1003, § 2 (quilibet); cfr. anche 844, § 2È pure consentito partecipare in qualsiasi rito cattolico al Sacrificio eucaristico, e la partecipazione è valida per

l’adempimento del precetto festivo ( 923 e 1248, § 1). Per la celebrazione del matrimonio, cfr. 1108— 1110 con 1119; cfr. anche 1127.

Page 12: Drept canonic curs 11

Ma una tale prassi — precisa il 112, § 2 — anche se protratta a lungo, non comporta alcun mutamento di rito.5)  Norme ulteriori—  La cura dei fedeli di altro rito da parte del Vescovo diocesano: 383, § 2—  L’erezione di diocesi personali, distinte secondo il rito dei fedeli: 372, § 2—  L’erezione di parrocchie: 518—  La nomina di un particolare Vicario episcopale: 383, § 2, e 476—  L’obbligo del ministro di celebrare i sacramenti secondo il proprio rito: 846, § 2—  La competenza dell’Ordinario del luogo e del parroco circa l’assistenza ai matrimoni nel proprio territorio: “purché

almeno uno degli sposi sia di rito latino”: 1109—  Un divieto: il rilascio delle lettere dimissorie a un Vescovo di rito diverso da quello dell’ordinando, senza un indulto

apostolico: 10211. —  Per l’assistenza spirituale agli emigranti di rito diverso: cfr. Istruzione della S. Congregazione per i Vescovi,

22 agosto 1969, nn. 16, § 2; 31, § 3; 38 (Enchir. Vat., vol. 3, p. 917, n. 1517; p. 935, n. 1559; p. 941, n. 1576).13.  Il sessoIn coerenza col 208 e col principio in esso contenuto, che “fra tutti i fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo,

sussiste una vera uguaglianza nella dignità e nell’azione”, il capitolo sulla condizione canonica delle persone fisiche nella Chiesa non considera il “sesso” come un elemento determinante a tal riguardo. È così affermata una piena parità di diritti e di doveri fra l’uomo e la donna (cfr. Communicationes, a. 1980, p. 226, n. I), che ha la sua formale sanzione in numerosi canoni di carattere generale e specifico.

1°  Canoni di carattere generale1. —  208— 232: sugli obblighi e diritti di tutti i fedeli—  224— 231: sugli obblighi e diritti dei fedeli laici2°  Canoni di carattere specifico, nei quali è ammessa la partecipazione e la cooperazionedella donna allo stesso titolo

dell’uomo:1. —  In uffici e incarichi ecclesiastici in genere: 228, §§ 1—22. —  In consigli vari: 228, § 2 (consigli in genere); 492, § 1 (consiglio diocesano per gli affari economici); 512, §

1 (consiglio pastorale diocesano); 537 (consiglio parrocchiale per gli affari economici); 536 (consiglio pastorale parrocchiale)3. —  Nell’ufficio di cancelliere della curia diocesana: 483, § 24. —  Nell’ufficio di notaio: 4835. —  Nell’ufficio di economo diocesano: 4946. —  Nell’attività giudiziaria: 1421, § 3, in qualità di giudice; 1424, come assessore — consulente; 1428, § 2,

come uditore; 1435, come promotore di giustizia e difensore del vincolo7. —  Nelle azioni liturgiche: 230, § 28. —  Nel ministero della parola: 230, § 3; 759; 7669. —  Nella distribuzione della Comunione: 910, § 210. —  Nell’amministrazione del Viatico: 911, § 211. —  Nella cura pastorale della parrocchia: 517, § 212. —  Nell’assistenza canonica dei matrimoni: 111213. —  Nella guida dei riti esequiali nella casa del defunto e al cimitero: Rito delle esequie, n. 19, 214. —  Nell’amministrazione di alcuni sacramentali: 116815. —  Nella celebrazione del Concilio particolare e del Sinodo diocesano: 443, § 3, n. 2, e § 4; 460; 463, § 1, n. 5,

e § 2.Nel 1135 è affermata formalmente la piena parità dei coniugi, per quanto riguarda la vita coniugale.3°  Relativamente alla donna, restano nell’ordinamento ecclesiastico solo le seguentipreclusioni, per motivi di

convenienza e anche di esigenza teologica:—  Circa i ministeri di lettore e di accolito, conferiti stabilmente: 230, § 1—  La sacra ordinazione diaconale e presbiterale: 1024—  La promozione al Cardinalato: 351, § 1—  Tutti gli uffici che richiedono l’ordine sacroÈ infine da rilevare che, a norma del 1083, per la valida celebrazione del matrimonio si richiede nell’uomo l’età di 16 anni

compiuti, e nella donna l’età di 14 anni similmente compiuti; e che, a termine del 1089, l’impedimento di ratto sussiste solo nel caso di ratto della donna.

14.  Il diritto di precedenzaIl 106 del Codice precedente dava norme precise sul diritto di precedenza delle persone sia fisiche che morali, dette oggi

giuridiche. Tale canone, riprodotto con leggere modifiche negli Schemi del nuovo Codice (Communicationes, a. 1977, p. 237, tit. X), è scomparso dal testo ufficiale promulgato nel 1983.

Non si può negare che il canone soppresso aveva ed ha un suo valore, poiché, se la precedenza è talvolta occasione di sciocca vanità, in sé è una espressione del rispetto e dell’onore dovuto alle persone in ragione della dignità che esse rivestono nella Chiesa e dell’ufficio o compito che esercitano. Sotto questo aspetto, il Vescovo, ad esempio, non può non aver diritto di precedenza sui presbiteri; similmente il vicario foraneo sui parroci della sua zona; il parroco sui vicari parrocchiali; il rettore del seminario sul vicerettore e gl’insegnanti, ecc.

Con la soppressione del 106, di cui non si è data alcuna spiegazione ufficiale, s’è determinata nel Codex una lacuna giuridica, che dovrà essere risolta a norma del 19. In concreto, riteniamo che possa applicarsi il 106 del Codice anteriore, a cui il Vescovo potrà apportare le modifiche o le integrazioni necessarie, tenendo conto delle esigenze dei nuovi tempi e di quelle particolari della sua diocesi.

Page 13: Drept canonic curs 11