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B) NORME COMUNI ( 299— 311) Can. 298 § 1. Nella Chiesa vi sono associazioni, distinte dagli istituti di vita consacrata e dalle società di vita apostolica, in cui i fedeli, sia chierici, sia laici, sia chierici e laici insieme, tendono, mediante l’azione comune, all’incremento di una vita più perfetta, o alla promozione del culto pubblico o della dottrina cristiana, o ad altre opere di apostolato, quali sono iniziative di evangelizzazione, esercizio di opere di pietà o di carità, animazione dell’ordine temporale mediante lo spirito cristiano. § 2. I fedeli diano la propria adesione soprattutto alle associazioni erette, lodate o raccomandate dall’autorità ecclesiastica competente. Can. 299 § 1. I fedeli hanno il diritto di costituire associazioni, mediante un accordo privato tra di loro per conseguire i fini di cui al can. 298, § 1, fermo restando il disposto del can. 301, § 1. § 2. Tali associazioni, anche se lodate o raccomandate dall’autorità ecclesiastica, si chiamano associazioni private. § 3. Nessuna associazione privata di fedeli è riconosciuta nella Chiesa, se i suoi statuti non sono esaminati dall’autorità competente. Can. 300 Nessuna associazione assuma il nome di "cattolica", se non con il consenso dell’autorità ecclesiastica competente a norma del can. 312. Can. 301 § 1. Spetta unicamente all’autorità ecclesiastica competente erigere associazioni di fedeli che si propongano l’insegnamento della dottrina cristiana in nome della Chiesa o l’incremento del culto pubblico, oppure che intendano altri fini il cui conseguimento è riservato, per natura sua, all’autorità ecclesiastica. § 2. L’autorità ecclesiastica competente, se lo giudica opportuno, può erigere associazioni di fedeli anche per il conseguimento diretto o indiretto di altre finalità spirituali alle quali non sia stato sufficientemente provveduto mediante iniziative private. § 3. Le associazioni di fedeli erette dall’autorità ecclesiastica competente si chiamano associazioni pubbliche. Can. 302 Le associazioni di fedeli si chiamano clericali se sono dirette da chierici, assumono l’esercizio dell’ordine sacro e sono riconosciute come tali dall’autorità competente. Can. 303 Le associazioni i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma di un istituto religioso, sotto l’alta direzione dell’istituto stesso, assumono il nome di terzi ordini oppure un altro nome adatto. Can. 304 § 1. Tutte le associazioni di fedeli, sia pubbliche sia private, con qualunque titolo o nome siano chiamate, abbiano propri statuti con cui vengano definiti il fine dell’associazione o ragione sociale, la sede, il governo e le condizioni richieste per parteciparvi, e mediante i quali vengano determinate le modalità d’azione tenendo presente la necessità o l’utilità relativa al tempo e al luogo. § 2. Assumano un titolo o un nome, adatto agli usi del tempo e del luogo, scelto soprattutto in ragione della finalità perseguita. Can. 305 § 1. Tutte le associazioni di fedeli sono soggette alla vigilanza dell’autorità ecclesiastica competente, alla quale pertanto spetta aver cura che in esse sia conservata l’integrità della fede e dei costumi e vigilare che non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica; ad essa perciò spetta il diritto e il dovere di visitare tali associazioni,

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B) NORME COMUNI  ( 299— 311)

Can. 298§ 1. Nella Chiesa vi sono associazioni, distinte dagli istituti di vita consacrata e dalle società di vita apostolica, in cui

i fedeli, sia chierici, sia laici, sia chierici e laici insieme, tendono, mediante l’azione comune, all’incremento di una vita più perfetta, o alla promozione del culto pubblico o della dottrina cristiana, o ad altre opere di apostolato, quali sono iniziative di evangelizzazione, esercizio di opere di pietà o di carità, animazione dell’ordine temporale mediante lo spirito cristiano.

§ 2. I fedeli diano la propria adesione soprattutto alle associazioni erette, lodate o raccomandate dall’autorità ecclesiastica competente.

Can. 299§ 1. I fedeli hanno il diritto di costituire associazioni, mediante un accordo privato tra di loro per conseguire i fini di

cui al can. 298, § 1, fermo restando il disposto del can. 301, § 1.§ 2. Tali associazioni, anche se lodate o raccomandate dall’autorità ecclesiastica, si chiamano associazioni private.§ 3. Nessuna associazione privata di fedeli è riconosciuta nella Chiesa, se i suoi statuti non sono esaminati

dall’autorità competente.

Can. 300Nessuna associazione assuma il nome di "cattolica", se non con il consenso dell’autorità ecclesiastica competente a

norma del can. 312.

Can. 301§ 1. Spetta unicamente all’autorità ecclesiastica competente erigere associazioni di fedeli che si propongano

l’insegnamento della dottrina cristiana in nome della Chiesa o l’incremento del culto pubblico, oppure che intendano altri fini il cui conseguimento è riservato, per natura sua, all’autorità ecclesiastica.

§ 2. L’autorità ecclesiastica competente, se lo giudica opportuno, può erigere associazioni di fedeli anche per il conseguimento diretto o indiretto di altre finalità spirituali alle quali non sia stato sufficientemente provveduto mediante iniziative private.

§ 3. Le associazioni di fedeli erette dall’autorità ecclesiastica competente si chiamano associazioni pubbliche.

Can. 302Le associazioni di fedeli si chiamano clericali se sono dirette da chierici, assumono l’esercizio dell’ordine sacro e

sono riconosciute come tali dall’autorità competente.

Can. 303Le associazioni i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel

mondo al carisma di un istituto religioso, sotto l’alta direzione dell’istituto stesso, assumono il nome di terzi ordini oppure un altro nome adatto.

Can. 304§ 1. Tutte le associazioni di fedeli, sia pubbliche sia private, con qualunque titolo o nome siano chiamate, abbiano

propri statuti con cui vengano definiti il fine dell’associazione o ragione sociale, la sede, il governo e le condizioni richieste per parteciparvi, e mediante i quali vengano determinate le modalità d’azione tenendo presente la necessità o l’utilità relativa al tempo e al luogo.

§ 2. Assumano un titolo o un nome, adatto agli usi del tempo e del luogo, scelto soprattutto in ragione della finalità perseguita.

Can. 305§ 1. Tutte le associazioni di fedeli sono soggette alla vigilanza dell’autorità ecclesiastica competente, alla quale

pertanto spetta aver cura che in esse sia conservata l’integrità della fede e dei costumi e vigilare che non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica; ad essa perciò spetta il diritto e il dovere di visitare tali associazioni, a norma del diritto e degli statuti; sono anche soggette al governo della medesima autorità secondo le disposizioni dei canoni seguenti.

§ 2. Sono soggette alla vigilanza della Santa Sede le associazioni di qualsiasi genere; sono soggette alla vigilanza dell’Ordinario del luogo le associazioni diocesane e le altre, in quanto esercitano la loro azione nella diocesi.

Can. 306Perché uno possa fruire dei diritti e dei privilegi dell’associazione, delle indulgenze e delle altre grazie spirituali ad

essa concesse, è necessario e sufficiente che vi sia validamente accolto e non dimesso legittimamente dalla medesima, secondo le disposizioni del diritto e degli statuti dell’associazione.

Can. 307§ 1. L’accettazione dei membri avvenga a norma del diritto e degli statuti di ciascuna associazione.§ 2. La stessa persona può essere iscritta a più associazioni.§ 3. I membri degli istituti religiosi possono aderire alle associazioni, a norma del diritto proprio, col consenso del

proprio superiore.

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Can. 308Nessuno, legittimamente iscritto, sia dimesso da una associazione, se non per giusta causa, a norma del diritto e degli

statuti.

Can. 309Le associazioni legittimamente costituite hanno facoltà, a norma del diritto e degli statuti, di emanare norme

peculiari riguardanti l’associazione stessa, di tenere assemblee, di designare i moderatori, gli officiali, gli aiutanti e gli amministratori dei beni.

Can. 310Un’associazione privata non costituita in persona giuridica, come tale non può essere soggetto di obblighi e di diritti;

tuttavia i fedeli associati possono congiuntamente contrarre obblighi, acquisire e possedere diritti e beni come comproprietari e compossessori; sono in grado di esercitare tali diritti e obblighi mediante un mandatario o procuratore.

Can. 311I membri di istituti di vita consacrata che presiedono o assistono associazioni in qualche modo unite al proprio

istituto, abbiano cura che tali associazioni prestino aiuto alle attività di apostolato esistenti in diocesi, soprattutto operando, sotto la direzione dell’Ordinario del luogo, insieme con le associazioni finalizzate all’esercizio dell’apostolato nella diocesi.

Le norme comuni sono norme che valgono per tutte le associazioni, pubbliche e private.1.  Il diritto dei fedeli1)  Un diritto originario 299, § 1  Il 215, già esposto in precedenza (nn. 1365—1366), riconosce e sanziona in modo formale il diritto dei

fedeli di fondare e dirigere liberamente proprie associazioni, con fini di carità, di pietà e di apostolato. Il 299 § 1, ribadisce tale diritto, riservando tuttavia alla competente autorità ecclesiastica l’erezione di particolari associazioni, indicate nel 301, § 1.

Tale diritto è originario, poiché si fonda sul battesimo e sulla conseguente partecipazione alla missione di Cristo e della Chiesa.

2)  Associazioni di carattere privato 299, § 2  Le associazioni fondate direttamente dai fedeli hanno carattere privato. Se lo riterrà opportuno, l'autorità

ecclesiastica potrà anche lodarle e raccomandarle; ma esse resteranno private. Resteranno tali anche se la competente autorità ecclesiastica conferirà loro la personalità giuridica ( 322).

La distinzione tra associazioni private e pubbliche è nella loro diversa erezione, come apparirà meglio dal prossimo 301, § 3.

3)  Il riconoscimento da parte della Chiesa 299, § 3 (686, § 1*)  In forza del diritto di associazione sancito nei 215 e 299, § 1, i fedeli possono erigere proprie

associazioni, con fini religiosi (esclusi quelli indicati nel 301, § 1), senza alcuna autorizzazione da parte dell’autorità ecclesiastica (Communicationes, a. 1983, pp. 82—83, 674). Una tale associazione, tuttavia, priva del riconoscimento della Chiesa, non avrebbe nel nuovo ordinamento canonico alcun carattere “ecclesiale” e sarebbe del tutto privata. Volendo ottenere il detto riconoscimento (riconoscimento semplice, non riconoscimento giuridico, attributivo della personalità), è necessario sottoporre gli statuti alla revisione della competente autorità ecclesiastica (Communicationes, a. 1982, p. 144, 114). È sufficiente nel caso la revisione (recognitio), né si richiede l’approvazione (approbatio), che, a termine del 322,§ 2, è invece necessaria per la concessione della personalità giuridica.

Supposta la revisione degli statuti, che è una condizione essenziale, l'autorità competenteconcede il riconoscimento, che può assumere varie forme: decreto formale di approvazione, o anche semplice attestato di apprezzamento, di lode, di benemerenza; basta, per sé, anche il solo fatto della revisione degli statuti (riconoscimento implicito). La competente autorità ecclesiastica, per analogia col 312, § 1, è la Santa Sede relativamente alle associazioni di carattere universale e internazionale; la Conferenza Episcopale, per le associazioni di carattere nazionale; il Vescovo diocesano, per le associazioni di carattere diocesano.

Mediante il “riconoscimento” da parte dell’autorità ecclesiastica, le associazioni private erettedai fedeli acquistano il carattere di “ecclesialità”, ricevono cioè l’esse ecclesiasticum (cfr. S. Congregazione del Concilio, Corrienten., 13 nov. 1920, n. II, 3: X. OCHOA, Leges Ecclesiae, I, n. 139, col. 336). In un certo senso, viene loro concesso “un attestato d’identità cristiana”, col quale si garantisce che nulla c’è in esse, “nei fini e nei mezzi, che sia contrario alla dottrina, alla disciplina e all’integrità dei costumi” (Communicationes, a. 1983, p. 83, 674).

In tale contesto, si distinguono tre specie di associazioni private: —  Associazioni di fatto, del tutto private, fondate esclusivamente sulla libera iniziativa dei fedeli e prive di qualsiasi

riconoscimento da parte dell’autorità ecclesiastica—  Associazioni private semplicemente riconosciute, con atto formale o implicito—  Associazioni private costituite in persone giuridiche con particolare provvedimento amministrativo.È per altro da osservare che anche le associazioni del tutto private, ossia mancanti diqualsiasi riconoscimento, sono soggette

alla vigilanza e alla giurisdizione del Vescovo diocesano, Pastore responsabile della diocesi, al quale spetta ipso iure, su tutti i fedeli che fanno parte della Chiesa affidata alle sue cure, la potestà ordinaria nella sua triplice funzione: legislativa, esecutiva e giudiziaria ( 391). Il diritto di vigilanza e di giurisdizione del Vescovo sulle associazioni del tutto private (le società laicali, secondo la terminologia del tempo) è affermato espressamente nella citata Decisione della S. Congregazione del Concilio,

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Corrienten.: “Può dirsi senz’altro (absolute) con verità (vere) che i fedeli sono soggetti alla giurisdizione del Vescovo sia come singoli, sia, similmente, quando sono uniti in società. Certamente, il potere giurisdizionale del Vescovo sulle società laicali (ossia del tutto private) non è lo stesso del potere giurisdizionale che egli ha sulle società propriamente ecclesiastiche e sulle confraternite; tuttavia egli ha il diritto e il dovere di vigilare perché non s’introducano in esse degli abusi e perché i fedeli non abbiano a correre alcun pericolo in ordine alla loro salvezza (n. II, 7: Leges Ecclesiae, I, 337, n. 140, 3). Il documento cita il 336, § 2, del Codice 1917, in cui si prescrive: “Advigilent (Episcopi dioecesani) ne abusus in ecclesiasticam disciplinam irrepant... curentque ut puritas fidei ac morum in clero et populo conservetur”. Sono sostanzialmente le medesime prescrizioni del Codice attuale:

—  Integritatem et unitatem fidei credendae mediis, quae aptiora videntur, firmiter (Episcopus) tueatur ( 386, § 2).—  Advigilet ne abusus in ecclesiasticam disciplinam irrepant ( 392, § 2).Nella “Decisione” della S. Congregazione del Concilio, di cui s’è fatto cenno, è disposto formalmente: Il Vescovo di

Corrientes (Argentina) “ha sulla detta società (la società laicale, ossia del tutto privata, di S. Vincenzo de’ Paoli) il diritto e il dovere di vigilanza e di curare che in essa nulla si attenti contro la fede e il costume, e, qualora vi fossero abusi, di correggerli e reprimerli” (Leges Ecclesiae, I, 339, Resolutio). La detta Decisione ebbe l’espressa approvazione e conferma di Benedetto XV.

4)  La qualifica di “cattolico” 300  Il divieto disposto nel canone è un’applicazione del 216, il quale prescrive che, con l’entrata in vigore del nuovo

Codice (la norma non ha effetto retroattivo, e quindi non tocca le associazioni denominatesi “cattoliche” anteriormente) nessuna opera e nessuna iniziativa assuma il nome di “cattolica” senza il consenso della competente autorità ecclesiastica (n. 1368).

Il medesimo divieto è confermato nei 803, § 3, e 808, relativamente alle scuole e alle università.Il canone, evidentemente, riguarda le associazioni private sprovviste di personalità giuridica. Per le associazioni pubbliche

erette dall’autorità ecclesiastica e per le associazioni private munite di personalità giuridica, il problema non si pone, poiché sono da considerarsi “cattoliche” ex se.

2. Associazioni erette dall’autorità ecclesiastica1)  Associazioni la cui erezione è riservata alla competente autorità 301, § 1  Sono associazioni che rivestono una particolare importanza per le finalità che perseguono. Nel canone sono

indicate:—  Le associazioni che si propongono l’insegnamento della dottrina cristiana in nome della Chiesa, o l’incremento del

culto pubblico, che è tale se viene celebrato “nomine Ecclesiae” ( 834, § 2).—  Le associazioni che tendono ad altri fini, il cui perseguimento spetta “natura sua” all’autorità ecclesiastica. Tale, ad

esempio, sarebbe un’associazione che avesse come scopo la formazione dei chierici, o l’organizzazione delle missioni popolari.

La determinazione dell’autorità competente risulta dal 312, § 1.2)  Associazioni la cui erezione non è riservata 301, § 2  Le associazioni che perseguono altri fini religiosi non sono riservate all’autorità ecclesiastica, e possono

essere fondate liberamente dai fedeli. Ma nel caso che questi non vi provvedano con proprie iniziative, l’autorità ecclesiastica competente ( 312, § 1), se lo giudica opportuno, erige anche queste associazioni, esercitando un suo diritto e un dovere di supplenza.

3)  Associazioni pubbliche 301, § 3  Le associazioni erette dalla competente autorità ecclesiastica ( 312,§ 1), sono tutte associazioni pubbliche,

operanti “nomine Ecclesiae”, e dotate eo ipso, in forza della stessa erezione, di personalità giuridica ( 313).Il criterio di distinzione fra associazioni pubbliche e private è pertanto nella diversità della loro erezione e nel loro modo di

operare (cfr. Communicationes, a. 1983, pp. 85—86, 687— 688). Le associazioni erette dall’autorità ecclesiastica, sono tutte pubbliche; quelle erette dai fedeli, sono private e restano tali anche se conseguano la personalità giuridica ( 322). Nulla però impedisce — come s’è già accennato (n. 803) — che una persona giuridica privata venga trasformata successivamente in persona giuridica pubblica: sarà sufficiente che l’autorità ecclesiastica ( 312, § 1) vi provveda con un particolare decreto, che le conferisca, ai sensi del 116, la “missio” di operare a nome della Chiesa (cfr. anche 313).

3. Associazioni clericali e Terzi OrdiniI 302 e 303 considerano e definiscono due particolari tipi di associazione: le associazioni clericali e i Terzi Ordini.

302  A termine del 302, le associazioni clericali in senso giuridico sono quelle che presentano in modo unitario i seguenti caratteri o elementi:

—  Sono formate e rette da chierici—  Hanno come scopo l’esercizio del sacro ministero da parte dei membri—  Sono riconosciute come tali dalla competente autorità ecclesiasticaDi conseguenza, non possono esistere associazioni clericali, se non siano riconosciute ecclesiasticamente attraverso la

concessione della personalità giuridica, o almeno attraverso la revisione (recognitio) degli statuti. Ciò significa che ai chierici è vietato di riunirsi in associazioni del tutto private (nn. 1686—1689). Il divieto è giustificato da particolari vincoli che legano i chierici alla Chiesa e ai sacri Pastori.

Relativamente alle associazioni clericali, sono da tener presenti i 278 e 287.Il testo originario del canone terminava con l’affermazione: “secus laicales sunt”, ma quest’affermazione e stata soppressa,

perché non era esatta. Le associazioni non clericali non sono necessariamente laicali, formate cioè da soli laici: possono essere sia laicali che miste, formate cioè anche da chierici (cfr. Communicationes, a. 1980, p. 96, 46).

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303  I Terzi Ordini, che possono avere anche un’altra denominazioneappropriata, sono associazioni secolari affiliate a un Istituto religioso. I loro membri:

—  Vivono nel mondo—  Si dedicano all’apostolato e tendono alla perfezione cristiana, partecipando allo spirito dell’Istituto religioso a cui

sono associati—  Operano sotto l’alta direzione dell’Istituto stessoNel Codice anteriore la normativa sui Terzi Ordini conteneva varie limitazioni, che nonsono state confermate nel nuovo

Codice, e pertanto sono da considerarsi abrogate. Nel nuovo ordinamento:1°  Qualunque Istituto religioso potrà avere il suo Terzo Ordine, né si richiede un particolare privilegio della Sede

Apostolica.2°  La revisione e approvazione degli statuti da parte della Santa Sede è necessaria solo se il Terzo Ordine ha carattere

universale o internazionale.3°  Un religioso membro di un Istituto può far parte del Terzo Ordine di un altro Istituto, senza alcuna incompatibilità: si

richiede solo il consenso del proprio Superiore ( 307, § 3).4°  Una medesima persona può essere ascritta a più Terzi Ordini d’Istituti religiosi diversi, senza alcuna speciale

autorizzazione ( 307, § 2).A termine del nuovo 303, i Terzi Ordini seguono infatti le norme stabilite per le associazioni in genere.4.  Statuti e titolo1)  Obbligatorietà e contenuto degli statuti 304, § 1(689*)  Tutte le associazioni dei fedeli, sia pubbliche che private, devono avere i propri statuti. Il contenuto

indicato dal canone è quello essenziale. Negli statuti sono da definirsi:—  Lo scopo e la ragione sociale dell’associazione—  La sede—  Il governo—  Le condizioni per l’ammissione dei membri—  I principi e le norme dell’attività, conformemente alle concrete esigenze di tempo e di luogo.La revisione o l’approvazione di tali statuti da parte della competente autorità ecclesiastica ( 312, § 1), è necessaria, come

s’è già accennato (n. 1687 ss.), solo nel caso che si voglia ottenere il riconoscimento della Chiesa o acquisire la personalità giuridica. Anche le eventuali modifiche sono soggette a questa norma.

Gli statuti non sono da confondere con i regolamenti. Gli statuti ( 94, § 1) contengono le norme fondamentali che regolano la struttura e la vita di un’associazione e, in genere, di un qualsiasi ente o istituzione. Il regolamento, invece, contiene le norme di carattere applicativo o pratico. Sono gli statuti, non il regolamento, che occorre revisionare o approvare.

È opportuno che gli statuti delle associazioni siano redatti in forma civilmente valida, ossia in piena osservanza delle norme statuali, in modo da poter conseguire anche gli effetti civili.

2)  Il titolo 304 § 2 (688 e 710*) Le associazioni sono tenute a un secondo obbligo: assumere un titolo o un nome adatto, scelto

soprattutto in rispondenza al fine che intendono perseguire.5.  La competenza dell’autorità ecclesiastica1)  Il diritto di vigilanza 305, § 1, I parte (690*) È un diritto e un dovere nativo dell’autorità ecclesiastica esercitare un’opportuna vigilanza su tutte le

associazioni, pubbliche e private, operanti nella Chiesa, anche su quelle del tutto private (n. 1690). Spetta ad essa in particolare:

—  Aver cura che nelle associazioni sia conservata l’integrità della fede e deicostumi

—  Vigilare che non s’insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica—  Visitare canonicamente le dette associazioni, a norma del diritto e degli statutiÈ evidente che la vigilanza da esercitare sulle associazioni pubbliche ha un ambito più esteso della vigilanza esercitata sulle

associazioni private, poiché le prime sono legate più strettamente alla Chiesa e ne coinvolgono la responsabilità, in quanto agiscono in suo nome: “nomine Ecclesiae” ( 116, § 1, e 313).

2)  La potestà giurisdizionale 305, § 1, II parte (690*)  Le associazioni pubbliche e private (anche quelle del tutto private) sono soggette non solo

alla vigilanza dell’autorità ecclesiastica, ma anche alla sua potestà giurisdizionale, da esercitarsi per altro a norma del diritto (secundum praescripta canonum). Tale potestà, infatti, “non deve interpretarsi come un potere arbitrario, che soffochi la legittima autonomia delle associazioni: il suo compito precipuo è di favorirne, stimolarne, promuoverne l’attività e le iniziative, e di tutelarne la legittima libertà” (Communicationes, a. 1986, p. 232, 60 cpv).

Si ritornerà sull’argomento nei 315 e 323.3)  L’autorità competente 305, § 2 (690*)  Il diritto di vigilanza e di visita e, in genere, la potestà giurisdizionale spettano alla Santa Sede

relativamente alle associazioni di qualsiasi tipo e ambito, e all’Ordinario del luogo (Vescovo diocesano, Vicario generale, Vicario episcopale nei limiti della propria competenza), relativamente alle associazioni di carattere diocesano ed anche alle altre, ossia a quelle nazionali e internazionali, che svolgano la loro attività nella sua diocesi.

Il canone non accenna alle Conferenze Episcopali, per cui alcuni autori affermano che adesse non spetti il diritto di vigilanza sulle associazioni erette dalla medesima, e si richiamano al fatto che un tale diritto venne escluso formalmente dalla Commissione per la revisione del Codice.

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Ma questo sembra un controsenso: la Conferenza Episcopale avrebbe il potere di erigere un’associazione (cfr. n. 1719), e poi non avrebbe il diritto di esercitare su di essa l’opportuna vigilanza! D’altra parte, la vigilanza della Conferenza Episcopale è supposta in vari canoni:

—  314: in forza di esso, la Conferenza Episcopale ha la “superiore direzione” circa l’attività e le iniziative dell’associazione.

—  319: la Conferenza ha similmente la “superiore direzione” circa l’amministrazione dei beni patrimoniali e ha diritto al rendiconto annuale.

—  318, § 2: può rimuovere “iusta de causa” il Presidente.—  318, § 1: può nominare, in particolari circostanze, un commissario, che, in suo nome, diriga temporaneamente

l’associazione.—  320, § 2: per gravi cause può perfino deliberare la soppressione di un’associazione, se la situazione lo richieda.Tranne che si vogliano negare queste facoltà alle Conferenze Episcopali, non si vede com’essa potrebbe esercitarle

concretamente, se dovesse restar priva del diritto di vigilanza. Riteniamo pertanto che, nonostante la dichiarazione della Commissione per la revisione del Codice, tale diritto spetti anche alla Conferenza Episcopale in ordine alle associazioni erette dalla medesima. Sostanzialmente, tale diritto è cumulativo con quello dell’Ordinario del luogo.

6.  L’ammissione e la dimissione dei membri1)  Necessità dell’ammissione formale 306 (692*)  Per far parte di un’associazione e acquisirne i relativi diritti e gli eventuali privilegi, indulgenze e grazie

spirituali, è necessario esservi ammesso legittimamente con atto formale, secondo le modalità prescritte. Occorre inoltre continuare a farne parte, cosa che cesserebbe sia con le dimissioni dell’interessato sia con una eventuale espulsione (cfr. 316, § 2).

2)  Modalità dell’ammissione 307 (693—695*)  L’accettazione dei membri deve avvenire a norma del diritto (cfr. 316, § 1) e degli statuti propri di

ciascuna associazione. Nel secondo e nel terzo paragrafo, il canone si limita a dettare due disposizioni di carattere generale:1°  Una medesima persona può essere iscritta per sé a più associazioni (§ 2).2°  L’iscrizione dei religiosi deve effettuarsi a norma del diritto proprio e col consenso del Superiore (§ 3).Toccherà agli statuti determinare le modalità concrete dell’ammissione: circa l’età, il sesso, ecc.3)  L’eventuale dimissione 308 (696*)  Una persona, ammessa legittimamente in un’associazione, non può esserne espulsa se non per giusta causa, a

norma del diritto ( 316, § 1) e degli statuti. In questi, pertanto, dovranno essere indicate sia i motivi concreti che esigono l’espulsione, sia l’autorità a cui compete deliberarla. Ovviamente, contro una tale decisione, l'interessato ha il diritto di ricorrere all’autorità competente.

Nel diritto precedente, la facoltà di espulsione spettava sia all’Ordinario del luogo relativamente alle associazioni esistenti nella sua diocesi, sia al Superiore religioso relativamente alle associazioni erette dai religiosi per un indulto apostolico ( 696, § 3). Tali facoltà spettanti per diritto sono da considerarsi abrogate, perché non sono state confermate nel nuovo Codice. Possono però stabilirsi negli statuti dell’associazione, e competono per diritto generale in particolari situazioni al Vescovo del luogo, in virtù della “potestas regiminisì che egli ha sui fedeli e sulle istituzioni della sua diocesi.

7.  L’attività delle associazioni1)  Il funzionamento 309 (697*)  Le associazioni dei fedeli, sia private che pubbliche, godono di una legittima autonomia. A norma del diritto

e dei propri statuti, esse hanno facoltà:—  Di emanare norme particolari concernenti il funzionamento, l’attività e la disciplina dell’associazione stessa—  Di tenere riunioni e assemblee—  Di designare il presidente, gli ufficiali, gli amministratori dei beni e gli altri addetti e dipendentiQueste facoltà saranno meglio precisate nei canoni propri delle associazioni pubbliche e di quelle private. Saranno anche

determinati i limiti a cui va soggetta l’autonomia, in modo che sia assicurato il retto funzionamento dell’associazione.2)  Le associazioni prive di personalità giuridica 310  Il canone è alquanto fuori posto, poiché riguarda esclusivamente le associazioni private, che non godono di

personalità giuridica. Mancando di personalità giuridica, le suddette associazioni non sono né possono essere, in quanto tali, soggetto di obbligazioni e di diritti. Possono però esserlo collettivamente coloro che ne fanno parte, assumendo gli obblighi congiuntamente e acquistando e possedendo diritti e beni come comproprietari e compossessori. L’esercizio di tali diritti e l’adempimento di tali obblighi sarà effettuato mediante un mandatario o procuratore.

Le associazioni prive di personalità giuridica sono spesso denominate dagli autori “persone puramente collettive”.3)  Esortazione in ordine alle associazioni unite ad Istituti di vita consacrata 311  È una esortazione che riguarda per sé tutte le associazioni, in quanto tutte svolgono la loro attività per fini religiosi e

sono al servizio della Chiesa. Il canone, tuttavia, si rivolge propriamente ai membri d’Istituti di vita consacrata, i quali dirigono o assistono associazioni unite in qualche modo al proprio Istituto, esortandoli ad aver cura che le dette associazioni prestino aiuto alle opere diocesane di apostolato, collaborando, sotto la direzione dell’Ordinario del luogo, soprattutto con le associazioni che hanno scopi apostolici. Si richiama la “direzione” dell’Ordinario del luogo, propriamente del Vescovo diocesano, perché è a lui che spetta per diritto il coordinamento di tutte le attività apostoliche che si svolgono nella sua diocesi ( 394, § 1).

Il dovere della collaborazione viene rinnovato nei 323, § 2, e 328. Un ulteriore canone esorta gl’Istituti religiosi, che comprendono associazioni di fedeli, ad aver cura con particolare sollecitudine, affinché siano permeate del genuino spirito della loro famiglia ( 677, § 2).