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Discriminazioni sui luoghi di Lavoro LUNEDI 14 MARZO 2011 SALA CONSILIARE PROVINCIA DI CASERTA Prospettive e strategie alla luce della normativa che cambia

Discriminazioni sui luoghi di Lavoro

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Discriminazioni sui luoghi di Lavoro. Prospettive e strategie alla luce della normativa che cambia. LUNEDI 14 MARZO 2011 SALA CONSILIARE PROVINCIA DI CASERTA. Discriminazione. Qual è la normativa che regola le discriminazioni di genere? - PowerPoint PPT Presentation

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Discriminazioni sui luoghi di Lavoro

LUNEDI 14 MARZO 2011SALA CONSILIARE PROVINCIA DI CASERTA

Prospettive e strategie alla luce della normativa che cambia

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Discriminazione

Qual è la normativa che regola le discriminazioni di genere?

La normativa che regola nel nostro ordinamento le discriminazioni di genere sui luoghi di lavoro e nell’accesso al lavoro è contenuta nel D.Lgs. 25 gennaio 2010, n. 5 che in attuazione della Direttiva 2006/54/CE modifica ed integra il vigente D.Lgs. 11 aprile 2006 n.198, meglio conosciuto come:

Codice delle pari opportunità tra uomini e donne

Discriminazioni sui luoghi di Lavoro – 14 Marzo 2011

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DiscriminazioneCosa significa Discriminazione di Genere sui Luoghi di Lavoro?

La discriminazione di genere vuol dire differenza di trattamento tra uomini e donne sui luoghi di lavoro nei settori pubblici o privati quanto concertne:

1.l’accesso all’occupazione e al lavoro;2.l’accesso a tutti i tipi e livello di orientamento e formazione;3.il licenziamento;4.la retribuzione;5.l’affiliazione e nell’attività in un organizzazione di lavoratori;6.l’accesso alle prestazioni previdenziali;7.la reazione ad un comportamento teso ad ottenere il rispetto del principio di parità tra uomini e donne (vittimizzazione).

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DiscriminazioneQuali comportamenti vengono considerati discriminatori?

Sono discriminatori:1.i test di gravidanza al momento dell’assunzione;2.i colloqui, in sede di assunzione, in cui venga chiesto se la candidata è sposata o se ha figli;3.il rifiuto di assunzione perché la candidata è donna;4.il rifiuto di assunzione perché sono previsti orari notturni;5.il rifiuto di assunzione se la candidata è incinta;6.il rifiuto di assunzione perché il lavoro è pesante;7.provvedimenti datoriali che escludono i periodi di maternità dalla base di calcolo per la corresponsione di benefici economici ai dipendenti;8.mancata concessione del congedo parentale a cui hanno diritto individualmente i genitori lavoratori per la nascita/adozione di un figlio;9.non prevedere di posticipare l’eventuale prova d’esame richiesto dalle donne in gravidanza;10.ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza,11.molestie sui luoghi di lavoro;12.molestie sessuali sui luoghi di lavoro.

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DiscriminazioneQuanti tipi di discriminazioni esistono?

Le discriminazioni si distinguono in: dirette, indirette e collettive.•Discriminazione diretta; qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso.•Discriminazione indiretta; una disposizione, un criterio, una prassi, un patto o un comportamento, apparentemente neutri, che mettono o possono mettere i lavoratori in una posizione di particolare svantaggio rispetto alle lavoratrici e viceversa.•Discriminazione collettiva; assunzione di atti, contratti, comportamenti che, discriminando i lavoratori in base al sesso, producono un danno o , comunque, un trattamento meno favorevole – rispetto a quello di lavoratori di sesso diverso, in condizioni analoghe – ad una pluralità di lavoratori/trici.

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DiscriminazioneQuali sono le sanzioni a carico dei datori di lavoro?

La legge prevede sanzioni a carico dei datori di lavoro che non osservino le disposizioni in materia antidiscriminatoria. In particolare:

•l’inosservanza delle disposizioni riguardanti sia il divieto di discriminazione nell’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale, nelle condizioni di lavoro, sia il divieto di discriminazione contributiva, nella progressione della carriera, nell’accesso alle prestazioni previdenziali, è punita con l’ammenda da 250 euro a 1500 euro (art.41, comma 2, D.Lgs n.198/2006 come modificato dal D.Lgs n.5/2010)•l’inottemperanza alla sentenza del Giudice che accerta la discriminazione (di carattere collettivo) è punita con l’ammenda fino a 50.000 euro e l’arresto fino a sei mesi e comporta, altresì, il pagamento di una somma di 51 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento (art.37, comma 5, D.Lgs n.198/2006 come modificato dal D.Lgs n.5/2010)•l’inottemperanza al decreto, emesso dal giudice, di cessazione della condotta discriminatoria è punita con l’ammenda fino a 50.000 euro o arresto fino a sei mesi (art.38, comma 4, D.Lgs n.198/2006 come modificato dal D.Lgs n.5/2010)

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Discriminazione

A chi spetta l’onere della prova?

Spetta al datore di lavoro (convenuto) la prova sulla insussistenza della discriminazione, qualora il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all’assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e dai licenziamenti, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione di sesso, (Art. 40, d.Lgs n. 198/2006)

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Discriminazione

Chi sono i soggetti a cui chiedere tutela?

I soggetti deputati ai quali è possibile rivolgersi in caso di discriminazione sono:Consigliera di Parità, che, a norma degli artt. 36 ss. del D. Lgs 198/2006, può assistere o agire in giudizio per conto del/la lavoratore/trice discriminato/a;le organizzazioni sindacali investite su ricorso del lavoratore o per sua delega.

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Discriminazione

Chi è la Consigliera di Parità?

La Consigliera di Parità è un pubblico ufficiale ed è nominata con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro per le Pari Opportunità, su designazione degli organi a tal fine individuati dalle Regioni e dalle Province, sentite le commissioni tripartite, rispettivamente regionali e provinciali, di cui agli artt. 4 e 6 del D. Lgs n. 469/1997.

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Discriminazione

Di cosa si occupa la Consigliera di Parità?

In base all’art 15 del D.Lgsl 198/2006, la Consigliera di Parità intraprende ogni utile iniziativa, nell’ambito delle competenze dello Stato, ai fini del rispetto del principio di non discriminazione e della promozione di pari opportunità per lavoratori e lavoratrici, svolgendo in particolare i seguenti compiti:

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Discriminazione1. rileva situazioni di squilibrio di genere al fine di svolgere le funzioni promozionali e di garanzia

contro le discriminazioni;2. promuove progetti di azioni positive, anche attraverso l’individuazione delle risorse comunitarie,

nazionali e locali, finalizzate allo scopo;3. promuove la coerenza della programmazione delle politiche di sviluppo territoriale rispetto agli

indirizzi comunitari, nazionali e regionali, in materia di pari opportunità;4. sostiene politiche attive nel lavoro, comprese quelle formative, sotto il profilo della formazione e

della realizzazione di pari opportunità;5. promuove l’attuazione delle politiche di pari opportunità da parte dei soggetti, pubblici e privati,

che operano nel mercato del lavoro;6. collabora con le direzioni regionali e provinciali del lavoro al fine di individuare procedure efficaci

di rilevazione delle violazioni alla normativa in materia di parità, pari opportunità e garanzia contro le discriminazioni, anche mediante la progettazione di appositi pacchetti formativi;

7. diffonde la conoscenza e lo scambio di buone prassi e attività di informazione e formazione culturale sui problemi delle pari opportunità e sulle varie forme di discriminazione;

8. verifica i risultati della realizzazione dei progetti di azioni positive;9. collabora con gli assessorati al lavoro degli enti locali e con organismi di parità degli enti locali;10. svolge inchieste indipendenti in materia di discriminazioni sul lavoro e pubblica relazioni

indipendenti e raccomandazioni in materia di discriminazioni sul lavoro.

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Discriminazione

La Consigliera di Parità come può intervenire in caso di discriminazione individuale?

Nel caso di discriminazione individuale (diretta o indiretta), il/la lavoratore/trice può delegare la Consigliera di Parità Provinciale territorialmente competente:•in sede conciliativa;•in sede giudiziaria ( saltando il tentativo di conciliazione), vale a dire davanti al Trribunale Civile del lavoro oppure davanti al TAR.

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DiscriminazioneIn caso di discriminazione collettiva come può intervenire la Consigliera di Parità?

Nel caso di discriminazione collettiva, il/la lavoratore/trice può chiedere alla Consigliera di Parità di farsi rappresentare:•in sede conciliativa, nel qual caso, entro 120 giorni, la Consigliera di Parità chiede al datore di lavoro di disporre un piano di rimozione delle discriminazioni accertate, sentite le RSA o, in mancanza, le associazioni locali aderenti alle Confederazioni maggiormente rappresentative. Se il piano è ritenuto idoneo, non si ricorre alla giustizia; se, invece, il piano non è ritenuto idoneo, si procede per vie legali;•in sede giudiziaria (saltando il tentativo di conciliazione): sia davanti al Tribunale del lavoro sia davanti al TAR

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Discriminazione

N.B.

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 16031 del 16 aprile 2009, ha stabilito che la Consigliera di Parità e il sindacato di appartenenza di un lavoratore sono leggittimati a costituirsi parte civile nel giusizio penale che si instauri ai danni del datore di lavoro che abbia maltrattato il lavoratore stesso.

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DiscriminazioneCosa si intende per Azione Positiva?Le azioni positive consistono in misure volte alla rimozione degli ostascoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità e sono dirette a favorire l’ovvupazione femminile per la realizzare l’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro. In particolare, hanno lo scopo di:

•Eliminare le disparità nella formazione scolastica e professionale, nell’accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa e nei periodi di mobilità;•Favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne;•Favorire l’accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici;•Superare tutte le condizioni di carattere organizzativo in grado di pregiudicare i rapporti di lavoro delle donne;•Promuovere l’inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate;•Favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, l’equilibrio tra vita familiare e vita professionale;•Valorizzare il contenuto professionale delle mansioni a più forte presenza femminile.

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Discriminazione

Quali sono i soggetti che promuovono le azioni positive?

Le azioni positive possono essere promosse dal Comitato Nazionale per le Pari Opportunità, dalle Consigliere e dai Consiglieri di Parità, dai centri per la parità e le pari opportunità a livello nazionale, locale e aziendale, dai datori di lavoro pubblici e privati, dai centri di formazione professionale, delle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali.

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DiscriminazioneAzioni Positive e Datori di Lavoro?Per le pubbliche amministrazioni vige l’obbligo di predisporre piani di azioni positive, di durata triennale, tendenti sia ad assicurare la rimozione degli ostacoli, che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro tra uomini e donne sia, nel contempo, a favorire il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche qualora sussista un divario fra generi non inferiore a due terzi.Rientrano tra le azioni positive tutte le misure a sostegno della flessibilità di orario, finalizzate e promuovere ed incentivare forme di articolazione della prestazione lavorativa volte a conciliare tempo di vita e di lavoro.La mancata adozione del piano triennale di azioni positive composta a carico della P.A. l’impossibilità di procedere all’assunzione di nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette ai sensi della L.68/99(D.Lgs n.165/2001, s.m.i., art.6, comma 6).Sottoscrivere la Carta per le Pari Opportunità e L’uguaglianza sul Lavoro, costituisce uno dei presupposti fondamentali per promuovere l’uguaglianza concreta tra uomini e donne sui luoghi di lavoro. Si tratta di ‘una dichiarazione di intenti per la diffusione di una cultura aziendale e di politiche delle risorse umane inclusive, libere da discriminazioni e pregiudizi, capace di valorizzare i talenti in tutta la loro diversità, soprattutto quella tra uomo e donna’

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Discriminazione

Esiste una normativa riguardante le discriminazioni per la razza, convinzioni politiche, età, orientamento sessuale e motivi religiosi?

1.D.Lgs. 9 luglio 2003, n.215 Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica;2.D.Lgs. 9 luglio 2003, n,216 Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

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Mobbing e Straining

Cos’è il Mobbing?

Il mobbing consiste in una serie di comportamenti aggressivi e vessatori, che si protraggono nel tempo, nei confronti delle lavoratrici o dei lavoratori, e sono posti in essere dal datore di lavoro nonché da colleghi o superiori, e tali da caratterizzarsi come una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro. In conseguenza di questi attacchi e/o persecuzioni, la vittima precipita in una condizione di profondo disagio emotivo, che si ripercuote negativamente sul suo equilibrio psicofisico.

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Mobbing e StrainingQuanti sono i tipi di Mobbing?

Esistono cinque tipologie di mobbing:

1.Verticale: nel caso in cui i comportamenti aggressivi e discriminatori vengano messi in campo da parte di un superiore nei confronti di un subordinatoo , nel caso inverso, da parte di un gruppo di dipendenti nei riguardi di un superiore;2.Orizzontale: qualora detti comportamenti si verificano tra soggetti di pari grado;3.Collettivo: quando viene attuato come una vera e propria strategia aziendale, diretta alla riduzione ed alla razionalizzazione dell’organico, con particolare riguardo a determinati gruppi di persone;4.Doppio Mobbing: si verifica quando il mobbizzato riversa tutte le sue problematiche sulla sua famiglia;5.Esterno: quando la vittima è il datore di lavoro, che subisce pressioni, attuate sotto forma di minacce di denuncia per comportamenti mobbizzati, sia da parte di organizzazioni sindacali che da dipendenti con intenti di crescita di progressione.

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Mobbing e StrainingQuali sono i possibili comportamenti considerati Mobbing?

Il mobbing si caratterizza attraverso vari comportamenti, che sono:•Sottrarre ingiustificatamente incarichi ad un/una lavoratore/trice o, addirittura, la postazione fisica di lavoro;•Dequalificare professionalmente il/la lavoratore/trice, affidando compito di scarso contenuto professionale e tali da rendere umiliante il proseguio del lavoro;•Ricorrere con continuità, nei confronti del/della lavoratore/trice, a rimproveri e richiami, sia in privato che in pubblico, anche per motivi futili e con utilizzo di parole offensive;•Dotare il/la lavoratore/trice di attrezzature di lavoro di scarsa qualità o obsolete, scomode, inadeguate;•Interrompere il flusso di informazioni necessarie per l’attività lavorativa.

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Mobbing e Straining

Da un punto di vista giuridico, come ci si può difendere dal mobbing?

Le vittime di mobbing possono chiedere al Giudice il risarcimento dei danni subiti, che possono assumere la forma del danno biologico, esistenziale e morale, affidandosi al prudente apprezzamento del Giudice in via equitativa.Questa tutela giudiziaria può essere attivata in tutti i casi in cui sussistano condotte del datore di lavoro che colpiscono l’incolumità fisica nonché la personalità morale del/della lavoratore/trice.

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Mobbing e Straining

Quando ci si può rivolgere alla Consigliera di Parità?

Nelle ipotesi in cui il mobbing nasce da una discriminazione di genere, la vittima può rivolgersi alla Consigliera di Parità.Negli altri casi, oltre ai legali, ci si può rivolgere agli sportelli mobbing delle organizzazioni sindacali.

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Mobbing e StrainingQuali sono le novità in materia di Mobbing all’interno della legge 191/2009 Cd. Finanziaria 2010?

Il c.d. Collegato Lavoro alla manovra finanziaria 2010, all’art.21(Misure atte a garantire pari opportunità, benessere di chi lavora e assenza di discriminazioni nelle pubbliche amministrazioni), modifica il Testo Unico sul pubblico impiego (artt. 1, 7, 57, D.Lgs. N.165/2001), introducendo norme sulle pari opportunità di genere e divieti di discriminazione anche nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza del lavoro. Questa normativa istruisce altresì, il Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni.Lo scorso 3 Marzo 2011 sono state delineate le linee guida da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri ( reperibili sul sito della consigliera di parità nazionale http://www.lavoro.gov.it/consiglieranazionale )

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Mobbing e Straining

Quali sono i compiti del Comitato Unico di Garanzia per le Pari Opportunità?

Le modalità di funzionamento dei Comitati unici di garanzia sono disciplinate dalle linee guida contenute in una direttiva emanata, di concerto, dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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Mobbing e Straining

Quali sono i soggetti responsabili della costituzione dei comitati di garanzia?

La costituzione del Comitato unico di garanzia rientra tra le responsabilità dei Dirigenti incaricati della gestione del personale, il cui operato in materia sarà oggetto di valutazione anche ai fini del raggiungimento dei loro obiettivi gestionali.

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Mobbing e StrainingCos’è lo Straining?

Nelle tutele previste contro il mobbing, possono rientrare anche casi di straining.Il termine, derivato dall’inglese, significa ‘mettere sotto pressione’. Pur essendo simile al mobbing, esso se ne distingue per alcune peculiarità.In primo luogo, agli aggressori (strainers) possono essere esclusivamente il datore di lavoro ed i superiori gerarchici.

Un esempio di straining può essere la dequalificazione professionale.

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Molestia e Molestia Sessuale sui Luoghi di Lavoro

Esistono leggi contro la molestia sui luoghi di lavoro?

L’art. 26 del D.Lgs. 198/2006 considera come discriminazione anche le molestie ovvero tutti quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso e aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo (comma 1).

Tali atti assumono particolare rilevanza quando vengono effettuati nell’ambito del luogo di lavoro, in particolare quando sono accompagnati da minacce o ricatti da parte del datore di lavoro o del superiore gerarchico, relativamente alla costituzione, allo svolgimento ed all’estinzione del rapporto di lavoro.

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Molestia e Molestia Sessuale sui Luoghi di Lavoro

E contro la molestia sessuale?

L’art 26 del D.Lgs. 198/2006 considera assimilate alle discriminazioni molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare il clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.Sono considerati discriminazione anche quei trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di avere rifiutato i comportamenti offensivi descritti o di esservisi sottomesso (comma 2)

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Molestia e Molestia Sessuale sui Luoghi di Lavoro

Quali sono i comportamenti che possono considerarsi molestie sui luoghi di lavoro?

I comportamenti molesti possono essere molto vari, quali:

•Battute e/o gesti volgari;•Apprezzamenti offensivi;•Attenzioni o proposte insistenti ed indesiderate;•Ricatto sessuale, ovvero esplicite richieste di prestazioni sessuali, anche accompagnate da minacce, dalla cui accettazione o non accettazione dipenda una decisione riguardante il lavoro;•Molestie abientali, capaci di creare un abinete di lavoro intimidatorio, umiliante e ostile, anche in assenza di espliciti ricatti o richieste;•Atti di libidine e violenza sessuale;•In ambienti tradizionalmente maschili e maschilisti sono molto frequenti, quasi usuali, le molestie di genere, quelle, cioè che, se pur con basso profilo socio-culturale, sottolineano la differenza tra maschio e femmina come, ad esempio, il frasaggio volgare, la frase o il discorso ambiguo.

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