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didascalie PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Rivista della scuola in Trentino n.12 dicembre 2009 08/02/2006 AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006 15 n.12 dicembre 2009 Inserto a cura di: Mario Caroli Interventi di: Mario Caroli, Paola Barolo, Zygmunt Bauman, Lina Broch, Michela Fia, Dario Ianes, Patrizia Lucca, Riccardo Mazzeo, Edgar Morin. Con Erickson per fare il punto e procedere meglio “INTEGRAZIONE” il doier DENTRO IL CONVEGNO il doier il convegno la fintra sul mondo la ttimonianza l’analisi l’indagine in cle la mozione

Didascalie informa - Dicembre 2009

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La rivista della scuola in Trentino

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1n.12 dicembre 2009

didascalie

PROVINCIA AUTONOMADI TRENTO

Rivista del la scuola in Trentino

n. 12 dicembre 2009

08/02/2006AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006

15

n.12 dicembre 2009

Inserto a cura di: Mario Caroli

Interventi di:

Mario Caroli, Paola Barolo, Zygmunt Bauman, Lina Broch, Michela Fia, Dario Ianes,

Patrizia Lucca, Riccardo Mazzeo, Edgar Morin.

Con Erickson per fare il punto e procedere meglio“INTEGRAZIONE”

il do�ierDENTRO IL CONVEGNO

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l’indaginein cle

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2 n.12 dicembre 2009

DIDASCALIE Rivista della scuola in TrentinoPeriodico mensileAnno XVIII, numero 12 dicembre 2009

Rivista promossa dallaProvincia Autonoma di Trento(L. P. 3 maggio 1990, n.15, art. 22)Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 745dell’11.1.1992

Direttore responsabile:Giampaolo Pedrotti

Coordinatore:Mario CaroliE-mail: [email protected]

In redazione:Norma BorgognoPatrizia LuccaManuela Saltori (segreteria)

In questo numero:Paola Barolo, Zygmunt Bauman, Norma Borgogno, Lina Broch, Mario Caroli, Cecilia Giuseppe Colangelo, Dalla Torre, Fiorenzo Degasperi, Livio Degasperi, Michela Fia, Alberto Garniga, Dario Ianes, Silvana Jellici, Patrizia Luc-ca, Daniela Mandarini, Maurizia Manto, Riccardo Maz-zeo, Mario Morandi, Edgar Morin.

Redazione: Via Gilli 3,38121 Trentotel. 0461/497268 - 69fax 0461/497267

Realizzazione e StampaLitografia Effe e Erre - Trento

Per richiedere la rivista Didascalietelefonare o mandare un fax o scrivere a:Redazione Didascalie,Palazzo Istruzione via Gilli, 3 – 38121 TrentoE-mail: [email protected]

Didascalie è stampata su cartaecologica, sbiancata senza cloro

Le foto di questo numero sono di:archivio Didascalie, fornite dai diretti interessati, foto Panato/archivio Educa

In copertina in alto: un’immagine dell’inaugurazione della scuola media di Aldeno con genitori, ragazzi e autorità (vedi servizio alle pagine 10-12); a destra, sempre in alto, la copertina del libro di F. Premi letto a due mani nel Segnaliamo e di P. Loperfino recensito nella pagina dopo (pagine 46- 48); in basso, la copertina e un’immagine del dossier interno su “Integrazione…” (vedi pp. 15-34)1n.12 dicembre 2009

didascalie

PROVINCIA AUTONOMADI TRENTO

Rivista del la scuola in Trentino

n. 12 dicembre 2009

il do�ier

SOMMARIO

la notizia/La scuola in Finanziaria 1provincia/delibere: Iscrizioni nella scuola dell’infanziaprovincia/Elezioni per il consiglio del sistema educativoprovincia/ Riordino del secondo ciclo 2-3provincia/Presidi: via al corso-concorso 12-14dalle scuole/l’annuario: Liceo da Vinci Trentodalle scuole/ITI Marconi Roveretodalle scuole/Collegio Arcivescovile Trento 2-3dalle scuole/Scuola media Aldeno: Inaugurato edificio ristrutturato 10-12dalle scuole/Liceo Maffei Riva del Garda: Autobiografia 13-14

il dossier

dentro il convegno

“INTEGRAZIONE…”Con Erickson per fare il punto e procedere meglio

Il dossierIl convegnoLa finestra sul mondoLa testimonianzaL’analisiL’indagineIn classeLa mozione

Inserto a cura di: Mario CaroliInterventi: Mario Caroli, Paola Barolo, Zygmunt Bauman, Lina Broch, Michela Fia, Dario Ianes, Patrizia Lucca, Riccardo Mazzeo, Edgar Mo-rin

Inserto 15-34

educa 2009/il dibattito: Scuola: istruire o educare? 35-37formazione professionale/Cfp Centromoda Canossa Trento: formazione professionale/Olanda… 38-41formazione professionale/Istituto “S. Pertini” Trento: formazione professionale/Non solo festa… 42-45segnaliamo/Il libro: Fabrizio De André, un’ombra inquietasegnaliamo/letto a due mani: G. Colangelo e M. Gianella 46-47segnaliamo La recensione: Le meccaniche dell’infelicità di P. Loperfido 48offerta varia/il convegno: Valutare per apprendere terza di copertinaof ferta variaIl master: Bes… quarta di copertina

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LA NOTIZIA

Anche stavolta nella legge finanziaria della Provincia, approvata venerdì scorso 18 novembre 2009, alcuni articoli ed alcuni emendamenti riguardano la scuola; meno delle passate finanziarie, ma ci sono novità anche negli insegnanti interessati all’apertu-ra delle nuove graduatorie. Eccole in estrema sintesi.

FINANZIARIANovità anche per la scuola

Punteggi nelle graduatorie

Viene derogata l’applicazione dell’articolo 92, comma 2, lettera e), della legge provinciale sulla scuola, solo per il prossimo aggiornamento straordinario delle graduatorie provin-ciali per titoli previsto dall’articolo 66 della legge finanziaria di assestamento 2009. Tale disposizione è finalizzata quindi a garantire maggiormente la necessaria continuità d’inse-gnamento a tutela del processo formativo degli studenti attribuendo ai docenti che presta-no il servizio effettivo per tre anni scolastici continuativi in Trentino una maggiorazione di punteggio: 40 punti per tre anni continuativi nella scuola trentina fino ad un massimo di quattro volte. Tale emendamento è a favore quindi dei docenti da lungo tempo in servizio a tempo determinato in Trentino.

Le scuole delle minoranze

Viene modificato l’articolo 98 della legge provinciale sulla scuola prevedendo una discipli-na particolare per la dotazione organica del personale docente delle scuole situate in comu-ni mocheni o cimbro. Si stabilisce infatti la previsione di una riserva di posti su tali scuole per i docenti che abbiano l’attestato di conoscenza della lingua mochena o cimbra e un ob-bligo di permanenza per un quinquennio se l’assunzione è disposta a tempo indetermina-to; in tal modo si garantisce la tutela della lingua e cultura mochena e cimbra e contestual-mente la necessaria continuità didattica;

Un rimborso forfettario

Viene modificato l’articolo 100 della legge provinciale sulla scuola prevedendo la possibili-tà per la Giunta provinciale di attribuire un rimborso forfettario ai candidati che utilizzano aspettativa non retribuita per frequentare il periodo di tirocinio formativo intensivo previ-sto dal corso-concorso per il reclutamento dei dirigenti scolastici;

Reclutamento dei docenti nella Formazione professionale

Viene sospesa l’applicazione dell’articolo 95, comma 1, della legge provinciale sulla scuola per avere il tempo di coordinare e uniformare il sistema di reclutamento dei docenti delle discipline di tipo culturale delle istituzioni formative provinciali (Istituto del legno e Istitu-to alberghiero) con il sistema di reclutamento dei docenti delle istituzioni scolastiche pro-vinciali. In attesa della definizione di un nuovo sistema di reclutamento si mantiene quindi, per i docenti delle discipline di tipo culturale delle istituzioni formative provinciali, l’attua-le sistema di reclutamento distinto limitandolo però alle assunzioni a tempo determinato e dando comunque una precedenza al personale docente in possesso dell’abilitazione all’in-segnamento.Viene disposta l’abrogazione di alcune disposizioni superate o da coordinare con le modi-ficazioni successive.

Livio Degasperi

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PROVINCIA

delibere

Nella seduta del 22 dicembre 2009, la Giunta pro-vinciale ha approvato la delibera proposta dall’asses-sore all’istruzione e allo sport, Marta Dalmaso con le disposizioni generali per l’iscrizione e l’ammissio-ne alle scuole dell’infanzia e al servizio dell’orario prolungato per l’anno scolastico 2010-2011. La de-libera integrale con il relativo allegato si può con-sultare e scaricare sul portale della scuola trentina: www.vivoscuola.it.

SCUOLE INFANZIAVia con le iscrizioni al nuovo anno

IscRIZIONE E AmmIssIONE ALLE scUOLE dELL’INFANZIA PER L’ANNO scOLAsTIcO 2010-2011

Termini di apertura e chiusura delle iscrizioni

Le iscrizioni al servizio di scuola dell’infanzia ed al ser-vizio di prolungamento d’orario per l’anno scolastico 2010-2011 si raccolgono dal 25 gennaio al 5 febbra-io 2010 presso le scuole dell’infanzia.

modalità

requisiti per l’iscrizione:tre anni compiuti entro il 31 gennaio 2011 e fino all’età di inizio dell’obbligo scolastico (bambini nati nel periodo dal 1° settembre 2004 al 31 gennaio 2008)si considera conclusa con l’a.s. 2009/2010 la fase di sperimentazione dell’ingresso anticipato alla scuola dell’infanzia per i bambini che compiono i tre anni nei mesi di febbraio e marzo dell’anno scolastico di riferimento. Nessuna scuola, quin-di, apre le iscrizioni per bambini nati nel perio-do 1° febbraio – 31 marzo 2007 i quali potran-no, come i bambini nati nel mese di aprile 2007, essere iscritti solamente per l’ingresso di gennaio 2011 in scuole con posti a disposizione.

domanda di iscrizione alla scuola e all’eventua-le prolungamento di orario:la domanda di iscrizione va compilata dai genitori o da chi ne fa le veci legali sull’apposito modulo dispo-nibile presso le scuole e relativi siti informatici.

Il modulo di iscrizione, compilato in ogni sua par-te, va presentato al Comitato di Gestione della scuo-la prescelta. La richiesta di iscrizione può essere pre-sentata ad una sola scuola dell’infanzia.

Priorità nelle iscrizioni

Nel caso di posti insufficienti presso la singola scuola rispetto alle domande di iscrizione presentate, l’am-missione è decisa dal Comitato di gestione nel ri-spetto delle priorità stabilite dalle vigenti disposizio-ni generali approvate dalla Giunta provinciale.

Iscrizioni al servizio di prolungamento d’orario

concorso finanziario delle famigliePer l’ammissione al servizio di prolungamento d’orario è richiesta la partecipazione economica delle famiglie con il versamento di una tariffa an-nuale stabilita in relazione al numero di ore richie-ste (da una a tre ore giornaliere). La tariffa piena determinata per l’anno 2010-2011, dopo un confronto con le tre maggiori Or-ganizzazioni sindacali confederali, è pari a 200 euro annuali per un’ora giornaliera di prolunga-mento e rispettivamente a 400 ed a 600 euro an-nuali per due e per tre ore giornaliere.tariffa annuale agevolataLe famiglie che intendono chiedere l’agevolazio-ne rispetto alla tariffa piena in base alle condizioni economiche del nucleo familiare possono presenta-re dichiarazione ICEF per i redditi ed il patrimo-nio e la domanda di agevolazione presso i sogget-ti abilitati. La tariffa agevolata va da un minimo di 75 euro annui per un’ora di prolungamento fino al massi-mo di 200 euro annui; per due ore giornaliere la ta-riffa agevolata va da un minimo di 150 euro annui fino al massimo di 400 euro annui; per tre ore gior-naliere la tariffa agevolata va da un minimo di 225 euro annui fino al massimo di 600 euro annui. Alla tariffa dovuta è applicata una riduzione del 50% per il secondo figlio che utilizza il servizio dell’ora-rio prolungato mentre tale servizio è gratuito per il terzo figlio.E’ confermata anche per il prossimo anno scolasti-co la possibilità di differire fino al 5 marzo 2010 il versamento della tariffa dovuta per il servizio di orario prolungato. (m.c.)

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delibere

CONSIGLIO DEL SISTEMA EDUCATIVO Si voterà il 24 febbraio 2010

Le elezioni per il rinnovo delle componenti elettive del Consiglio, previsto dalla legge di riforma nr. 2/2006 e disciplinato poi da una successiva delibera della Giun-ta provinciale del 25 settembre 2009, si svolgeranno nella giornata di mercoledì 24 febbraio 2010 dalle ore 7.30 alle ore 19.30.Lo ha stabilito la determina n. 176 del 23 novembre 2009 del dirigente del Servizio scuola dell’infanzia, istruzione e formazione professionale, Roberto Cec-cato, con la quale ha indetto le elezioni per il rinno-vo delle componenti elettive del Consiglio del sistema educativo provinciale.Un passaggio importante perché si tratta di fatto delle prime elezioni dell’organo collegiale del sistema scola-stico e formativo rappresentativo al più alto livello.Il consiglio del sistema educativo provinciale è un im-portante organo di partecipazione e di rappresentanza delle componenti di tutta la comunità scolastica, sia provinciale che paritaria, ed andrà ha sostituire l’at-tuale consiglio provinciale dell’istruzione, che a sua volta aveva sostituito il “Consiglio scolastico provin-ciale” (presieduto per molti anni dall’insegnante Lucia Coppola). Dall’anno 2003 non ci sono più state ele-zioni dei vari componenti, ma solo proroga di quelle esistenti, in attesa dell’introduzione del nuovo orga-no rappresentativo, “il consiglio del sistema educati-vo provinciale”.La disciplina delle modalità di costituzione, di elezio-ne e di funzionamento del consiglio sono state appro-vate con delibera della Giunta provinciale n. 2306 del 25 settembre 2009, dando così attuazione all’articolo 39, comma 9, della legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5.Con una nuova determinazione, la n. 184 del 1 di-cembre 2009 è stata nominata la commissione eletto-rale provinciale che vigilerà sul buon andamento della procedura elettorale.Importante sottolineare che le liste dei candidati do-vranno essere distinte per ciascuna delle componenti elettive e potranno essere consegnate da uno dei can-didati alla commissione elettorale provinciale dalle ore 9.00 di lunedì 18 gennaio 2010 alle ore 12.00 di mercoledì 27 gennaio 2010. Ulteriori modalità operative e precisazioni in merito verranno fornite alle singole scuole con circolare del Servizio scuola dell’infanzia, istruzione e formazione professionale. (m.c.)

RIORDINO DEL 2°CICLOCon il fiato sospeso fino all’ultimo

Mentre chiudiamo questo numero della rivi-sta Didascalie non è ancora chiaro se il Gover-no potrà o meno far partire la riforma dal pros-simo anno, superando ostacoli di vario genere (dalle obiezioni del Consiglio di Stato al fron-te sempre più numeroso di chi chiede il rinvio). Ovvio che anche le sorti della proposta provin-ciale siano legate all’esito della riforma in cam-po nazionale. A giorni, la situazione dovrebbe essere chiara.Sull’ultimo numero di Tuttoscuola online (N. 421, 21 dicembre 2009) vengono riportate “le buone ragioni “ dei due fronti. In sintesi:Ragioni del “NON RINVIO” (che fanno capo al Ministro)“C’è innanzitutto una immagine politica da salva-guardare. Il ministro fin dall’inizio del suo man-dato si è spesa (e con lei l’intera maggioranza) per avviare la riforma delle superiori e ha già dovuto piegarsi (malvolentieri) una prima volta, un anno fa, alla logica del rinvio. C’è un’altra ragione, molto più concreta, che toc-ca anche il ministro Tremonti per gli aspetti eco-nomici. Dalla riforma delle superiori, a comincia-re dal 2010, sono attese cospicue “economie”….la quota più consistente dei risparmi dovrà veni-re dalla riforma delle superiori che, attraverso la contrazione delle ore di lezione nominali ridurrà sensibilmente gli organici del personale docente. Risparmi già quantificati dall’art. 64 della legge 133/2008 e che dovranno essere onorati… C’è, infine, una ragione ancora più rilevante. Se la riforma dovesse subire un altro rinvio, rischia di non partire affatto, vittima delle necessità politi-che di convenienza.”Ragioni del “RINVIO” (che fanno capo al Mi-nistro).Dal mondo sindacale soprattutto per il timore di ripercussioni sugli organici, sulla mobilità del per-sonale e sulla regolarità dell’avvio dell’anno scola-stico. Il mancato parere del Cnpi sulle nuove clas-si di concorso va proprio in questa direzione (in subordine si chiede di rinviare l’applicazione delle nuove classi di concorso).Dal fronte politico (non solo dell’opposizione) per i tempi di preparazione e di informazione che, a causa dei ritardi di procedura, si stanno facendo più stretti. Dal mondo scolastico c’è preoccupazione per i tempi ristretti di predisposizione della nuova or-ganizzazione, di approntamento dei quadri orari e, soprattutto, dei piani di studio.

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Regole nuove

La legge provinciale 3 aprile 2009, n. 4 (Norme di semplificazione e anticongiunturali di accompagna-mento alla manovra finanziaria provinciale di assesta-mento per l’anno 2009) ha modificato l’articolo 100 prevedendo in particolare che al corso-concorso sia ammesso il personale docente in servizio a tempo in-determinato, in possesso di diploma di laurea, che ha maturato almeno sette anni di servizio effettivo, anche a tempo determinato, nelle scuole statali o provinciali e ha rinviato al regolamento la disciplina delle modalità di svolgimento del corso – concorso. Non sono più richiesti, perciò, sette anni di servizio di ruolo (a tempo indeterminato), ma è sufficiente essere sì di ruolo, ma avendo maturato almeno sette anni di servizio effettivo anche a tempo determinato. Questo, per favorire la partecipazione anche di inse-gnanti più giovani.Nella delibera il 3 luglio scorso, la Giunta aveva ri-badito l’esigenza di dare attuazione alle novità in-trodotte dalla legge provinciale n. 4/2009 con l’ap-provazione del regolamento, prevedendo nello stesso modalità di reclutamento dei dirigenti delle istitu-zioni scolastiche e formative provinciali che garan-tiscano, attraverso un corso-concorso, una selezio-ne ottimale.

L’iter

Approvato il regolamento, è stata modificata la pro-cedura del precedente corso-concorso, che ora risul-ta così articolata:una preselezione per titoli che valorizzi il percorso culturale e l’esperienza maturata nella scuola;

una ulteriore prova di preselezione che verifichi il possesso delle conoscenze di base sull’autonomia scolastica e sulla legislazione scolastica del Trenti-no e nazionale, nonché delle attitudini necessarie nell’espletamento del ruolo di dirigente delle istitu-zioni scolastiche e formative provinciali;un concorso di ammissione che, attraverso una pro-va scritta ed una prova orale, consenta di verificare la preparazione del candidato sulle principali tema-tiche che riguardano la scuola dell’autonomia (prin-cipali documenti, processi innovativi e rapporti con il territorio), processi di governo della scuola (orga-nizzazione, cura e valorizzazione delle risorse umane; monitoraggio, verifica e valutazione dei servizi eroga-ti; comunicazione degli esiti dei processi all’interno e all’esterno), processi educativi a scuola (progettazione, attuazione, verifica e valutazione degli interventi edu-cativi; differenziazione degli interventi educativi; pro-mozione dell’integrazione). La prova orale, cui parte-cipano i candidati che hanno superato la prova scritta, consiste in un colloquio individuale vertente sulle ma-terie oggetto della prova scritta e comprendente altresì l’accertamento della conoscenza della lingua inglese o tedesca scelta dal candidato nella domanda di parteci-pazione al corso-concorso;un periodo intensivo di tirocinio formativo, al ter-mine del quale sarà effettuatoun esame finale, con una prova scritta e una prova orale incentrate sugli argomenti sviluppati nel perio-do di tirocinio formativo, volto ad accertare la pa-dronanza complessiva delle competenze richieste per l’esercizio del ruolo di dirigente delle istituzioni sco-lastiche e formative provinciali.

La preselezione per titoli

Per il corso–concorso per dirigenti delle istituzio-ni scolastiche e formative provinciali, bandito dal-la Provincia Autonoma di Trento, si sono iscritti in 1094. Dopo il 25 novembre, data della scadenza del-la presentazione domande, è stata realizzata e la gra-duatoria della preselezione per titoli ed indicazio-ne dei candidati ammessi alla prova di preselezione approvata con determinazione del dirigente Mauri-zia Zadra il 22 dicembre.Ricordiamo che il corso-concorso si articola nelle se-guenti fasi procedurali:a) la preselezione che si svolge in due parti: la prese-lezione per titoli e la prova di preselezione;b) il concorso di ammissione;c) il periodo di tirocinio formativo;d) l’esame finale.Potevano inoltrare domanda tutti i docenti a tem-

Nella seduta del 3 luglio 2009 la Giunta ave-va approvato con la delibera proposta dall’As-sessore all’istruzione e allo sport, Marta Dalma-so, il nuovo Regolamento per il reclutamento dei dirigenti delle istituzioni scolastiche e for-mative provinciali, come previsto dall’ articolo 100 della legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5 con molte novità rispetto alle modalità prece-denti. Poi, il 16 ottobre 2009 c’è stato il Ban-do del corso-concorso, che nei giorni scorsi è giunto alla prima fase cruciale della preselezio-ne per titoli.

“PRESIDI”Partito il corso-concorso

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po indeterminato, in possesso di diploma di durata almeno quadriennali e che ha maturato almeno set-te anni di servizio effettivo, anche a tempo determi-nato.Sono stati ammessi alla prova di preselezione 260 docenti che concorreranno per coprire 25 posti e che dovranno sostenere prima il test a risposta mul-tipla il 15 gennaio 2010 presso la palestra dell’Isti-tuto Tecnico “Tambosi” a Trento mentre presso il Palazzo Istruzione si svolgeranno i colloqui indivi-duali dal 19 al 30 gennaio.

Portfolio e iter…

A pena di esclusione dal concorso tutti i candida-ti dovranno presentare, ai fini del colloquio indi-viduale, il proprio portfolio professionale debita-mente compilato e firmato entro l’11 gennaio.La prova di preselezione, valutata in centesimi ver-te sulle materie comprese tra le seguenti aree tema-tiche e ambiti di riferimento:a) la scuola dell’autonomia con i suoi principali docu-menti quali lo statuto, il progetto di istituto, il regola-mento interno, la carta dei servizi;b) processi di governo della scuola. Organizzazione cura e valorizzazione delle risorse umane;c) aspetti istituzionali: legislazione e organizzazione del sistema educativo di istruzione e formazione del Tren-tino e in relazione con l’analoga normativa nazionale ed europea, ordinamento statutario della Regione Tren-tino Alto Adige/Südtirol.

La commissione d’esame

La commissione esaminatrice è stata nominata con delibera n.3121 il 22 dicembre 2009 ed è compo-sta da:Presidente: Anna Maria Ajello, professore ordinario di psicologia dell’educazione presso l’Università La Sapienza di Roma(sostituita, in caso di assenza o impedimento, da Ar-duino Salatin – direttore dell’Istituto provinciale di ricerca, aggiornamento e sperimentazione educati-va) Commissari: Massimiliano Costa – ricercatore universitario presso l’Università degli studi Cà Fo-scari di Venezia (sostituito, in caso di assenza o impedimento, da Fio-rino Tessaro – professore associato presso la Facol-tà di lettere e filosofia dell’Università degli Studi Cà Foscari di Venezia);Rosanna Antoniol – dirigente scolastico provincia-le a riposo

(sostituita, in caso di assenza o impedimento, da Ma-ria Luisa Baldessari – dirigente scolastico provin-ciale a riposo);Piergiuseppe Ellerani – ricercatore presso la Libera Università di Bolzano(sostituito, in caso di assenza o impedimento, da Li-liana Dozza – professore ordinario presso la falcol-tà di Scienze della formazione della Libera Universi-tà di Bolzano)Alla commissione si affiancano i Membri esperti: Giancarla Donati – psicologa (sostituita, in caso di assenza o impedimento, da Simona Ragazzini – esperta nella selezione delle risorse umane);Francesco Franco Civelli – psicologo(sostituito, in caso di assenza o impedimento, dalla Nadia Scopsi - psicologa)Vito Piccinni – consulente esperto in materia di ma-nagement dei servizi, gestione delle risorse umane, qualità ed organizzazione degli enti locali(sostituito, in caso di assenza o impedimento, da Da-niela Pagano – consulente esperta in materia di or-ganizzazione e gestione delle risorse umane e project management).Segretario della commissione esaminatrice:Mariolina Mittempergher – dipendente in servizio presso il Servizio per la gestione delle risorse umane della scuola e della formazione(sostituita, in caso di assenza o impedimento, da Car-lo Pallaoro – dipendente in servizio presso il Servizio per la gestione delle risorse umane della scuola e del-la formazione).La delibera stabilisce inoltre che “al fine della condu-zione dei colloqui individuali nell’ambito della prova di preselezione, la commissione esaminatrice proce-derà alla costituzione di tre sottocommissioni, e che tali sottocommissioni saranno formate secondo cri-teri di imparzialità stabiliti dalla stessa commissio-ne, rispettando ove possibile la rappresentatività di entrambi i generi e fermo restando che la revisione e l’attribuzione del voto saranno disposti dalla com-missione al completo;Si rinvia, invece, a successivo provvedimento, “la no-mina del direttore del periodo di tirocinio formati-vo nonché dei componenti aggiunti per la prova con-cernente la lingua straniera, e la relativa assunzione di spesa.” (m.c.)

Tutta la documentazione relativa al corso-concorso per il reclutamento dei nuovi dirigenti scolastici (de-libere e determine con relativi allegati e comunicati stampa) si può consultare e scaricare dal portale del-la scuola trentina www.vivoscuola.it nella sezione dei “DIRIGENTI”.

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DALLE SCUOLE

l’annuario

Il 19 dicembre 2009 è stato presentato l’Annuario dal titolo “La scuo-la del ponte” del Liceo Scientifico e Linguistico Leonardo da Vinci di Trento, giunto alla settima edizione, curato dagli insegnanti Finessi e Martinelli e presentato prima di Natale ai 230 alunni diplomati del pas-sato anno scolastico “senza autorità” perché, come ha spiegato il dirigente Alberto Tomasi, i veri protagonisti sono i ragazzi stessi. Un personaggio c’era in realtà, l’ex studente del da Vinci, Andrea Castelli, che ha presen-tato un passo dell’Iliade di Omero con la sua inconfondibile simpatia.

SCUOLA DEL PONTELiceo “L. da Vinci” di Trento

Non solo didattica

Pubblicato per la prima volta nel 2002, l’anno scorso l’annuario era uscito in edizione speciale dal tito-lo In pause/In pose, con le “facce – fotografie” degli studenti, cura-ta da fotografi professionisti Ca-vagna, Cavulli e Magrone. Que-sta settima edizione ripristina la tradizionale identità dell’annuario con le attività di due anni scolasti-ci, ma anche le relazioni tra scuola - famiglie e territorio. 350 pagine, arricchite dalla grafica Studio Ver-ba Volant, colme del fascino della musica rock di tre cantautori, del gemellaggio con il liceo di Mik-keli dell’eccellente sistema scolasti-co finlandese, di tanti “progetti in ordine sparso” con la Festa Euro-pea dello Sport, il progetto Come-nius, la rappresentazione teatra-le di Peter Pan nel Da Vinci Show per citarne alcuni, poi foto e ap-profondimenti.

Le lezioni dei prof e le emozioni dei ragazzi

Tra gli insegnanti, Marcello Fari-na condivide il suo diario sul viag-gio che lo ha visto, insieme a diversi docenti, nella Cappadocia, alla sco-perta di civiltà antiche tra Asia Mi-nore e Anatolia. Nella sezione inti-tolata “I cento saggi” si può leggere una delle relazioni di Antola sul pri-mo ciclo sistemico iberico-genove-se del capitalismo previsto da un progetto attivato dal dipartimento di Storia e Filosofia, per proseguire con il contributo di Ferrari sul pae-saggio letterario e sulla sua valenza da Rousseau al Romanticismo, con gli appunti per una lezione di lette-ratura latina su Seneca di Finessi e una riflessione dell’insegnante Mar-tinelli sui 20 anni dalla caduta del

muro di Berlino e sull’unità del po-polo tedesco. Suggestivo l’ “interlu-dio fotografico” di Ulrich Rach che ha catturato con i suoi scatti i trat-ti moderni e al contempo ricchi di storia della città di Berlino e il con-tributo di Casetti sull’impressioni-smo e sullo “storico” viaggio-scam-bio scolastico a San Pietroburgo.Gli studenti raccontano le loro emozioni sia nella sezione dei pro-getti realizzati che nei saggi o nel-la sezione “banco dei pegni” con Francesca e la sua esperienza di un anno passato in Cina, e con le ri-flessioni di Sara scaturite dalla let-tura di Brecht e quelle di Matteo sulla fine della seconda Repubbli-ca. Ci sono anche racconti simpati-ci come la “ricetta per inventarsi un musical da un libro apparentemen-te noiosissimo” di Jennifer o il dia-rio del coro di Rossella e Fulvio e l’originale laboratorio sul sapore del Settecento con le ricette fornite dai ragazzi e corredate di cenni storici, ingredienti e indicazioni per la pre-parazione.Non mancano le “pagine leonar-diane” con numerosi articoli da quotidiani nazionali, che aggiungo-no nuovi tasselli alla figura storica del genio Leonardo. Infine: i piani di studio, i progetti, il personale e soprattutto nomi e foto di studen-ti e.. la tentazione di sfogliare l’An-nuario a ritroso, partendo dalle foto di classe, diventa forte, alternativo punto di partenza nello scorrere le pagine che ricordano con simpatia fatiche e soddisfazioni di un anno scolastico. (N.B.)

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l’annuario

Nuova grafica

Quella dell’annuario d’istituto è una tradizione che ha ripreso vi-gore con l’introduzione dell’auto-nomia scolastica ed il desiderio-bi-sogno di rendere conto all’utenza ed al territorio delle attività svol-te e delle riflessioni condivise in un anno di lavoro. Questa terza edizione fa sfoggio di una grafica nuova e accattivante. Il testo è ric-co di piacevoli foto a colori a testi-monianza della vitalità dei gruppi classe e dei momenti più signifi-cativi dell’anno appena trascorso, ma anche foto d’epoca, a suppor-to delle pagine iniziali con la storia dell’istituto dalla fine della Gran-de guerra, quando padre Faustino Monti, ritornato in Trentino, chie-se che l’istituto di S. Ilario venisse sgomberato e riparato per arrivare al secondo grande ampliamento, dopo la seconda guerra mondiale, e infine al 1975 quando la città di Rovereto scoprì la propria vocazio-

I.T.I. “G. Marconi” Rovereto

Presentata giovedì 17 dicembre 2009 alle ore 20 nella palestra dell’istitu-to la nuova edizione dell’annuario per l’a.s. 2008/’09 dell’Istituto Tecni-co Industriale “G. Marconi” di Rovereto. La cerimonia è stata allietata da musica e danze eseguite dal corpo di ballo della scuola e da un piccolo rinfresco con scambio di auguri per le imminenti festività natalizie.

2008/2009L’Annuario ha fatto “3”

ne industriale e decise di sistema-re nello stabile di S. Ilario il nuovo istituto tecnico industriale.

Qualità e progettualità

Nelle pagine successive viene pre-sentato il sistema qualità in atto al Marconi, istituto certificato secon-do la normativa europea ISO fin dal 2003 ed i percorsi di alta for-mazione, istituiti in base alla leg-ge 5/2006 anche all’ITI di Rovere-to, dove è stato attivato il percorso biennale di automazione indu-striale che ha già dato i primi di-plomati. Inoltre viene ricordato che l’ITI Marconi offre la possibi-lità di diplomarsi anche lavorando, avendo attivato già da sei anni un corso serale ad indirizzo informa-tico ed elettronico. Oltre alle offer-te formative, l’annuario presenta il piano delle attività relative all’anno scolastico 2008/2009 ed i proget-ti realizzati. Veniamo così a sapere che c’è stato un corso di fotogra-

fia, una giornata europea dedicata alla robotica, il completamento del murales iniziato nel 2008, la rior-ganizzazione del cortile dell’istitu-to progettata dagli studenti stessi, il restyling del sito della scuola (www.marconirovereto.it) oltre ad un progetto relativo alle biotecnologie, una collaborazione col Museo tri-dentino di scienze naturali e mol-ti altri ancora, impossibile elencarli tutti in questa sede. Un’attenzione particolare è stata data ai progetti di educazione fisica e sportiva, con la partecipazione della scuola alle Olimpiadi della danza e con una nuova esperienza di nordic walking avviata per favorire la conoscenza degli sport della montagna.

studenti ex ed attuali

Anche gli ex studenti dell’ITI han-no dato il loro contributo scrit-to, proponendo i loro ricordi e le riflessioni sul dopo diploma. Una parte dell’annuario è dedica-ta ai progetti delle classi quinte che comportano una realizzazione concreta e quest’anno ci sono sta-ti un robot “panettone”, in grado di muoversi liberamente su super-fici accidentate, un movimentato-re gommato, una fresa a controllo numerico e perfino una baby car. Come in ogni annuario che si ri-spetti non mancano i racconti dei viaggi di istruzione, così sfoglian-do l’annuario vediamo scorrere le foto scattate a Cracovia, Auschwiz, Firenze, ma anche alle cave di Al-biano. La parte finale del volume è dedicata al ricordo delle classi che hanno frequentato l’ITI quest’an-no, foto e composizione, così come è riportata la composizione dello staff di dirigenza, del personale do-cente e di segreteria, dei collabora-tori di laboratorio e del consiglio di istituto. Numerosi volti ci sorrido-no dalle pagine di questo annuario a testimonianza che la scuola è una comunità. (P.L.)

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8 n.12 dicembre 2009

La pubblicazione dell’annuario, il più antico in Italia e oggi giunto all’anno 75°, è un appuntamento fisso, ormai tradizionale per il Col-legio Arcivescovile e che ha l’importante scopo di dare uno spacca-to della vita culturale ed educativa della scuola, attivare i rapporti con il mondo esterno, testimoniare l’attività di chi vi lavora oltre che co-stituire un importante ricordo per gli alunni e le loro famiglie. La re-alizzazione e il coordinamento della pubblicazione sono a cura di Marco Bridi e le fotografie di Giampietro Guerra, entrambi inse-gnanti dell’Arcivescovile da molti anni. L’artista scelto per l’edizione 2008/2009 è il roveretano Maurizio Frisinghelli.

Collegio Arcivescovile “C. Endrici” Trento

PIÙ ANTICO L’Annuario 2008-2009

Rettore: passaggiodi consegne

Nel raccontare un anno di vita dell’istituto, l’an-nuario propone, pro-prio nelle prime pagine il passaggio di consegne nel ruolo di Rettore, da monsignor Umber-to Giacometti a don Bruno Tomasi. Dopo 32 anni trascorsi nella ricerca appassionata di un intento educativo che si coniugasse con i tempi moderni, assicurando so-stegno ai genitori e una formazio-ne solida per i giovani, don Gia-cometti lascia come dice egli stesso nella lettera d’incipit dell’annuario “..un’istituzione nella quale ho cre-duto, per la quale ho faticato e lot-tato, un’istituzione (ragazzi, docen-ti, personale ausiliario, genitori) alla quale ho voluto bene.” Tanti ricordi, tante fatiche condivise con i presi-di, i docenti, i genitori che hanno avuto fiducia nell’azione educativa della scuola, che coinvolge tutte le dimensioni della persona umana, intellettuale e spirituale.

dentro la scuola

Anche l’ultimo annuario è uno strumento, in cui la scuola si rac-

conta esprime e mette in luce la propria identità, non in manie-ra meramente compilativa, come un elenco di esperienze didatti-che, ma in maniera consapevole, con una logica coerente. Si sus-seguono le sezioni per ordine di scuola: la primaria e le seconda-rie di primo e secondo grado, il convitto maschile e la residenza universitaria di Trento, le scuole primaria e secondaria di primo grado “Dame Inglesi” e il Liceo Internazionale con sede a Rove-reto. All’interno di esse trovia-mo articoli, relazioni, diari di viaggi internazionali, gemellaggi e scambi, progetti e attività delle varie classi, ma anche saggi e ap-profondimenti, ricordi di perso-ne care che ora non ci sono più,

il tutto documentato da miriadi di fotoricordi. Nelle ultime due sezioni viene presentata in brevi cenni la storia del Collegio Ar-civescovile e via via si elencano i nomi di tutti i docenti, gli alun-ni con le loro foto, i rappresen-tanti di classe, i piani di studio a partire dalla scuola primaria per seguire i vari ordini di scuo-la, ma non un freddo elenco di nomi in ordine alfabetico, ben-sì di persone che contribuisco-no a “fare” il Collegio Arcivesco-vile. L’ultima parte è dedicata ai

risultati e alle prove d’esame.

Oltre la didattica

Questa pubblicazione, come quelle degli anni precedenti non rac-coglie solo ciò che ri-guarda, pur con tutte le sfaccettature, l’attivi-tà che gli alunni svol-gono in classe ma tut-to ciò che ruota attorno al loro modo di “essere giovani”. Troviamo al-lora teatro, coro, tornei

di scacchi, olimpiadi di matema-tica, orientamento universitario, sport e danza e tanti ospiti che sono intervenuti portando le loro esperienze e le hanno racconta-te ai ragazzi come Magdi Allam, Maria Falcone, Michel Sabbah, suor Carolina Gavazzo, Robert Jhonson e altri. Ci sono poi le at-tività più simpatiche e che acco-munano non solo i ragazzi ma an-che le famiglie come la castagnata e la Maratona di Primavera, Festa della scuola cattolica trentina or-mai giunta alla 23° edizione. Ed alla fine, come in famiglia, una sezione dedicata agli annunci lie-ti, dalle lauree, ai matrimoni, alle nascite e a quelli meno lieti, ma che ricordano con affetto coloro che se ne sono andati. (N.B.)

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9n.12 dicembre 2009

Lunedì 14 dicembre 2009, aula magna del Collegio Arcivescovile come sempre gremi-ta da studenti, genitori e insegnanti sia di Trento che di Rovereto per la presentazio-ne dell’Annuario, ma anche per fare il pun-to sul percorso delle scuole paritarie cattoli-che che fanno riferimento all’Arcivescovile e per assegnare i dovuti riconoscimenti agli studenti che si sono distinti per merito e im-pegno nell’anno scolastico 2008/2009. Sul palco, don Umberto Giacometti (nella ve-ste di rettore uscente, ma di preside in cari-ca degli istituti superiori), don Bruno Toma-si (nuovo rettore) e Pierangelo Giovanetti (direttore del quotidiano “l’Adige” ed “ex studente”dell’Arcivescovile), Angela Ma-ria Marchetti (docente di inglese) e Alberto Chini (presidente dell’Associazione culturale di Segno “Padre Eusebio Chini”).

PRESENTAZIONE “Un diario scritto a tre mani”

“continuate a tenere la penna in mano come persone che pensano”

Gli onori di casa e le presentazio-ni le fa il curatore di sempre, l’ani-ma editoriale dell’Annuario: Mar-co Bridi, docente di latino e greco. Poche parole da parte di don Giaco-metti, per ricordare che “vedo alun-ni ed ex alunni che fanno la raccolta dell’Annuaro dei vari anni, un libro scritto a tre mani, da studenti, do-centi e genitori. Continuate a tene-

re la penna in mano – ha concluso rivolto ai ragazzi – come teste che pensano e come persone che vivo-no e sentono intensamente”. “L’Annuario non è un libro di rou-tine, ma un pezzo delle storie d’in-sieme che voi costruite con altri e che poi si può ammirare come un quadro proprio in una visione d’in-sieme e, proprio come avviene per il giornale, l’Annuario diventa un ottimo strumento di comunicazio-ne”. Così, Giovanetti ha rimarcato il ruolo importante di un Annuario e di quello antico e intenso dell’Ar-civescovile, in particolare: “Non vedo qualcosa di ripetitivo, ma un libro con la vostra visione ludi-ca, certo, però anche custode del-la vostra identità e dell’orgoglio di una scuola, utile per tutti quando ci chiederemo chi siamo e dove an-diamo…”. Kino, l’amico dei nativi

La novità: accanto all’Annuario è stato presentato un opuscolo a fu-

metti: “Kino, l’amico dei nativi”. Nato da un’idea e con la supervi-sione della docente di inglese, An-gela Maria Marchetti, con il pro-getto grafico e l’impaginazione di Giorgio Di Vita, testi e disegni del-la classe prima liceo Arcivescovi-le a. s. 2008/2009: Giulia Foscari, Teresa Job, Agnese Monegatti, Fi-lippo Pellegrini, Carlo Serafini, Si-mone Tosi, Beatrice Bettotti, Ros-sella Covi, Chiara Delpero, Elena Zambaldi, Caterina Antoniacomi, Federica Ferrari, Sofia Fontana, Lorenzo Maurina, Marco Cattani, Alessia Scarpa, Alessia Sommados-si, Arianna Zancanella, Alessan-dro Botteon, Miriam Dadi, Mat-teo Forni, Sara Mazzetti.Breve intervento anche da par-te del presidente dell’associazione: www.padrekino.org.ed infine poche parole di piacevo-le sorpresa “per tutte le cose belle che vado scoprendo” da parte del nuovo rettore don Bruno Tomasi, prima delle premiazioni agli stu-denti meritevoli. (m.c.)

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n.12 dicembre 200910

La cerimonia

Apertura del sindaco, Emiliano Beozzo, che sottoli-nea l’ importanza del legame tra scuola e popolazione di Aldeno e dei Comuni limitrofi (presenti anche il sindaco di Cimone, Gino Lorandi e quello di Garni-ga Terme, Andrea Friz). Il coro di tutti i ragazzi della scuola, diretto dal docente Stefano Rattini ha accom-pagnato la manifestazione con tre Inni significativi: alla Gioia, di Mameli, quello al Trentino e, non pote-va mancare, l’Inno di Aldeno. Taglio del nastro, te-nuto dagli scolari Favero e Oliana, compiuto dall’As-sessore provinciale all’istruzione e allo sport, Marta Dalmaso. “Chi lavora nel mondo della scuola - ha esor-dito l’Assessore - conosce l’importanza di avere al centro dell’intero sistema il ragazzo, il giovane. La scuola, come è giusto, è un luogo di formazione delle future generazio-ni ma anche il luogo dove realtà diverse (famiglie, inse-gnanti, personale e ragazzi) devono trovare un momento di crescita e di lavoro armonici. Solo unendo in modo si-nergico tutte queste forze la scuola riesce ad esprimere ap-pieno le potenzialità”.

L’importanza del ruolo della scuola

Poi il riferimento alla riforma scolastica: “Stiamo lavo-rando per migliorare la scuola trentina in un contesto na-zionale che sta cambiando. Il nostro obiettivo è di rispon-dere alle attese e ai bisogni dei ragazzi e di tutti coloro che operano nel contesta scolastico. La scuola deve rappre-sentare un supporto alla nostra società e alla famiglia ma non può sostituirsi ad esse, ma con esse trovare la migliore intesa. Per questo motivo la risorsa umana è fondamen-tale per garantire la crescita della scuola: è difficile per gli insegnanti adeguare la propria professionalità in un con-testo in continua evoluzione e rispondere alle aspettative di genitori ed alunni”.Il parroco di Aldeno, don Daniele, ha benedetto scuola e partecipanti, prima di brevi e concisi inter-venti delle autorità, che hanno sottolineato all’uniso-no il ruolo importante svolto dalla scuola per l’educa-zione e l’istruzione dei futuri cittadini. E’stato ribadito l’impegno da parte di tutti a far crescere alunni re-sponsabili e impegnati per il miglioramento continuo di sé stessi e di tutto ciò che li circonda. Entusiasman-te la partecipazione degli scolari.

due testimoni importanti

Un momento significativo e commovente: l’intitola-zione dell’aula magna al Dirigente scolastico Silvio Baldessari tragicamente scomparso, e della sala in-formatica all’insegnante. Alberto Casella, altra gra-ve perdita dell’istituzione scolastica. Il Comune, nella persona del vicesindaco Alida Cramerotti, ha conse-gnato le due targhe commemorative alle Signore Lui-sa Baldessari e Pina Armenante, mentre l’AVIS di Ra-vina e Romagnano ha voluto ricordare il suo associato professor Casella con una targa ricordo, che sarà col-locata all’interno dell’aula informatica.Prima della fine i partecipanti hanno potuto visitare una mostra del materiale scolastico portato su dall’ar-chivio e di altri reperti storico-didattici recuperati presso le famiglie. Vecchie foto di scolaresche, pagel-le, libri, abbecedari, imparaticci di ricamo e tabelloni didattici sono stati raccolti dalla docente Pina Arme-nante, al fine di mantenere per le nuove generazioni l’importante memoria di questa “ nuova scuola”.

Maurizia MantoDirigente scolastica dell’I.C. Aldeno-Mattarello

28 novembre 2009: scuola media di Aldeno, ce-rimonia di inaugurazione del nuovo edificio ri-strutturato, con la popolazione presente in massa. Lavori iniziati due anni fa per rendere più acco-glienti “i muri” costruito nel 1973 ed ora molto innovati con pannelli solari fotovoltaici, isolazione acustica, nuova uscita di sicurezza, adeguamento a norma della rete elettrica, idrica e termosanitaria.

Scuola media di Aldeno

INAUGURAZIONEIl nuovo edificio ristrutturato

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11n.12 dicembre 2009

Il gemellaggio… dei comuni

Dovendo dire in poche parole ciò che caratterizza que-sta scuola dai molti progetti, troppi per essere raccon-tati in una mattina sola, Pina mi dice che è la collabo-razione con il Comune che è presente in tutti i progetti della scuola. A partire dal gemellaggio “speciale” se-condo le sue parole perché all’inizio sono stati i Co-muni a gemellarsi. “Quali Comuni, scusa?”domando, mi sembra che la concitazione di questa mattina fac-cia saltare qualche passaggio logico. E così vengo a sa-pere che il comune con il quale Aldeno si è gemella-to è un altrettanto piccolo comune della Repubblica Ceca il cui nome è Zelezna Ruda. Però, a parte le di-mensioni, c’è qualche differenza, lassù c’è tanta neve. Difatti si tratta di una stazione sciistica, anche se il pa-ese si trova a soli 600 metri sul livello del mare. Il ge-mellaggio va avanti ormai da molti anni e non è una semplice gita o uno scambio, tanto è vero che riguar-

da tutte le classi terze e determina la programmazione didattica del secondo quadrimestre in cui gli studenti vengono preparati, anche tramite un opuscolo appo-sitamente redatto a quello che visiteranno, a conosce-re la cultura del luogo e poi iniziano la conoscenza dei loro colleghi d’Oltralpe con scambio di mail e di vere e proprie lettere.

Tutti coinvolti

La visita vera e propria che avviene ogni anno, tanto è vero che è diventata una tradizione che anche gli ex studenti ricordano con piacere, dura cinque giorna-te molto intense che comprendono la visita di Mona-co, Praga e Dachau, oltre a Zelezna Ruda, che si trova proprio al confine con la Germania. Tutto apposita-mente preparato e non solo dai docenti di lingua stra-niera, si fanno attività insieme di educazione fisica, di musica, di canto. È un’occasione per parlare inglese e tedesco, come si è capaci, come si può, ma con tanta voglia di comunicare con i compagni che dopo diversi mesi si possono conoscere anche di persona e dopo si continuerà per mail. E poi magari da grandi ancora le vacanze, qua o là, in fondo il turismo è presente in en-trambe le località. La caratteristica di questo gemellag-gio è che è molto “ramificato”, include anche le ban-de ed i cori del Comune, i vigili del fuoco, insomma una specie di rapporto da territorio a territorio. Capi-ta così che sia anche la banda ceca, con tanto di ma-jorettes, a venire ad Aldeno oppure il coro, che ci sia-no degli spettacoli durante la festa di fine anno.

Una giornata particolare

Una giornata di “scuola aperta”, così viene chiamata la festa di fine anno perché vi partecipano gli studen-ti e le loro famiglie, con un mercatino in cui ognuno porta qualcosa da vendere e il ricavato poi serve a fi-nanziare due progetti di solidarietà, uno in Madaga-scar, dove adesso c’è Suor Germana e uno in Bolivia. Solidarietà. Interculturalità. I progetti si incrociano. Quello che non manca mai in questa occasione di fe-

Ore 10 del mattino del 27 novembre 2009 alla scuola media di Aldeno, vigilia dell’inaugurazione ufficiale dell’edificio completamente restaurato. La vicaria Giuseppina, detta Pina, Armenante, do-cente “storica” della scuola che la vede impegnata in “prima fila” da più di vent’anni, vicepreside e in-segnante a tempo pieno, oggi è più indaffarata che mai per preparare l’evento e per l’occasione anche una mostra sulla scuola del passato con oggetti d’epoca, documenti, fotografie. Quella delle mostre nei locali scolastici è una tradizione ormai consoli-data, così come il legame con il territorio e soprat-tutto la collaborazione con il Comune.

COLLAbORAZIONIImportante quella col Comune

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12 n.12 dicembre 2009

sta è un punto di ristoro in cui ognuno porta un piat-to tipico della sua zona, ci sono anche studenti paki-stani, marocchini, quindi si assaggiano un po’ tutti i sapori. Tutti gli studenti mostrano alle famiglie e al territorio ciò che hanno “prodotto” durante l’anno, i loro progetti particolari. “E dietro a questi progetti sempre il Comune” mi racconta Pina.

La passione per il canto

Entro in una classe, aprendo una delle porte blu nuo-ve di zecca e scopro un’aula particolare, quella di mu-sica perfettamente insonorizzata. Gli studenti della classe 2B, accompagnati dal loro insegnante alla pia-nola, stanno intonando canti natalizi, in italiano, in tedesco e in inglese. È tradizione della scuola che gli studenti cantino nelle chiese del territorio circostan-te, in occasione delle festività natalizie, così ogni clas-se si reca in una chiesa particolare. Vengo invitata al concerto del 22 dicembre qui ad Aldeno, peccato che so già di non potere, la voce di questi ragazzi è davve-ro toccante. C’è anche un altro progetto tipico della scuola che promuove la passione per il canto degli stu-denti, si chiama Cantascuola, è una gara tra ragazzi solisti che amano il canto e si conclude con una pre-miazione finale. Dopo questa esperienza alcuni han-no deciso, mi racconta la vicepreside di continuare la propria formazione sul canto.

Il progetto sulla lettura

Entro in un’altra aula, un’altra classe seconda e vedo che gli studenti hanno in mano dei libri di narrativa dalle copertine diverse. Mi spiegano che si tratta di un nuovo progetto intitolato “Critici in erba” che coin-volge una ventina di biblioteche pubbliche del Trenti-

no. La scuola ha un ottimo rapporto con la biblioteca locale, tanto è vero che ogni quindici giorni gli stu-denti vengono accompagnati dai loro insegnanti nei locali della biblioteca, per scegliere i libri che preferi-scono e naturalmente familiarizzarsi con l’ambiente. Questo progetto particolare, che viene sperimentato quest’anno per la prima volta coinvolge tutte le clas-si della secondaria e alcune della primaria. L’obietti-vo è quello di promuovere la lettura autonoma e cri-tica da parte degli studenti, che si sa in questi tempi dominati da internet non è che leggano molto, ed in-sieme a questo la capacità di discussione e valutazio-ne delle opere lette da parte di ragazzi e naturalmen-te incentivare nei ragazzi la frequentazione spontanea della biblioteca.

come funziona

Per partecipare a questo progetto, promosso dalla Provincia Autonoma di Trento, con il contributo del-la Cassa di risparmio di Trento e Rovereto, i ragaz-zi sono chiamati a leggere cinque testi di narrativa scelti da un comitato di esperti bibliotecari. Si trat-ta di autori italiani contemporanei. Ai primi di no-vembre i ragazzi hanno partecipato ad un incontro di presentazione dei testi da parte della biblioteca-ria di Aldeno e della lettrice esperta Antonina Dal-piaz, che li ha catturati con la lettura espressiva di al-cuni passi. Gli studenti hanno scelto i libri da leggere e dopo la lettura, ogni studente-lettore dovrà esprime-re un giudizio personale riguardo ai cinque testi pro-posti. A marzo presso la biblioteca di Aldeno si realiz-zeranno dei laboratori con delle drammatizzazioni a cui parteciperanno oltre ai ragazzi anche degli opera-tori teatrali. Tra i promotori del progetto ci sono infat-ti il teatro delle Quisquilie di Trento e la Fondazione Aida del Teatro stabile di Verona. L’autore o gli auto-ri che avranno ottenuto il maggior numero di consen-si saranno presenti alla cerimonia finale che si svol-gerà il 20 maggio. I giovani lettori in quella occasione potranno porgli domande, chiedere chiarimenti, con-frontarsi. Seguirà infine una premiazione dei ragaz-zi membri della giuria consistente in libri o buoni per l’acquisto di libri.

Patrizia Lucca

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13n.12 dicembre 2009

Il legame con la comunità

Si è creato un legame forte tra due comunità del territorio, la scuola e l’ente assistenziale, che recipro-camente rafforzano il loro ruolo sociale. Ciò ben si adatta al per-corso di studi d’indirizzo e alla necessità di curare la crescita re-lazionale degli studenti, in chiave di una futura professione nell’am-bito del sociale. Già in altre classi dello scientifico gli studenti era-no stati invitati ad intervistare propri familiari sull’esperienza di emigrazione dal Trentino: i ra-gazzi avevano scoperto con sor-presa quanto fosse vicino a loro tale vissuto, che essi invece ave-vano fin lì considerato una vicen-da altrui. La pratica autobiogra-fica può venire valorizzata anche per ricerche storiche nell’arco del triennio: è di quest’anno un interessante lavoro di ricerca sto-rica sulla scuola nel periodo fa-scista, elaborato da una terza del pedagogico, che si è avvalsa, oltre che di fonti documentarie messe a disposizione dal Museo Civico di Riva, anche dell’apporto di te-stimonianze dirette, acquisite at-traverso lo strumento dell’inter-vista.

I collegamenti interdisciplinari

Il percorso formativo sulla scrittu-ra autobiografica permette di crea-re collegamenti interdisciplinari e favorisce lo sviluppo di una com-petenza importante per gli studen-ti, che investe l’applicazione di più saperi in un unico ambito appli-cativo. Preziosa la collaborazione con la Mnemoteca del Basso Sar-ca, diventata ormai una presenza importante che merita attenzione da parte degli enti pubblici cultu-rali del nostro territorio. La scuola ha spesso mostrato scarsa propen-sione a promuovere con continuità e metodo la scrittura delle espe-rienze personali: soprattutto a li-vello di scuola superiore, spesso ci si trova a dare uno spazio via via più esclusivo alla scrittura di tipo letterario. La pedagogia costrutti-vista ha però recentemente rilan-ciato l’efficacia dei percorsi di di-dattica autobiografica, attraverso la promozione di progetti ricondu-cibili alla tematica del “raccontar-si a scuola”, promossi in partico-lare da Duccio Demetrio e Marco Dallari, secondo i quali la scrittura personale non è vista come ripie-gamento su se stessi, ma anzi come

collegamento dell’io col mondo esterno (racconto ed ascolto delle narrazioni altrui).

Uno strumento di educazione interiore

Attraverso la scrittura, gli alunni recuperano la memoria dei fatti, educandosi a ricordare. La prati-ca autobiografica a scuola non ha il semplice scopo di rievocare il passa-to in chiave retrospettiva, ma anche quello di essere uno strumento di educazione interiore. Ci si è spesso-lamentati del fatto che i giovani vi-vano troppo concentrati sul presen-te, attimo per attimo: pensiamo alle ironiche ma illuminanti considera-zioni di Marco Lodoli sul “presente difficile da digerire” o alla analisi del pessimismo dilagante tra i giovani, rilevato da Umberto Galimberti. Se effettivamente si riscontra tra le nuove generazioni una diffusa dif-ficoltà a comprendere se stessi ed il mondo circostante - e quindi a pro-gettarsi per il futuro-, ciò è dovu-to anche all’incapacità di guardare dietro di sé, per conoscersi meglio, capendo da dove si proviene, come individui e come parte di una socie-tà determinata. Riconoscere questa mancanza di prospettiva nei giova-ni, da un lato, ha convinto a poten-ziare la conoscenza della storia (e quindi il suo insegnamento, soprat-tutto dell’età contemporanea, alla quale da tempo si dedica per inte-ro l’ultimo anno della scuola media e di quella superiore); d’altro lato

Liceo “Maffei” Riva Del Garda

Già da alcuni anni al Liceo “Andrea Maffei” si re-alizzano progetti di scrittura autobiografica nel biennio. Avviato dapprima il coinvolgimento delle classi seconde dell’indirizzo pedagogico, i progetti proposti dagli esperti della Mnemoteca hanno sino-ra riguardato temi come la scuola, il lavoro, l’amore, sui quali si sono recuperate preziose testimonianze presso la Casa di Soggiorno per Anziani di Riva del Garda, una vera e propria miniera vivente di memorie da valorizzare. Quest’anno l’of-ferta formativa ha coinvolto anche tre classi prime del liceo scienti-fico con una proposta della Mnemoteca del Basso Sarca riguardante il tema dei migranti in Trentino.

AUTObIOGRAFIAAnche a scuola può essere utile

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14 n.12 dicembre 2009

può costituire come compito della scuola contribuire a sanare la frattu-ra generazionale, che sempre meno si riesce a ricucire all’interno della cerchia familiare, attraverso l’ascol-to e la valorizzazione del vissuto personale delle generazioni adulte e anziane in particolare.

Importante in adolescenza

La scrittura autobiografica possiede una valenza didattico–formativa, soprattutto nell’età adolescenzia-le. Gli adolescenti hanno bisogno di definirsi, di “leggere” dentro se stessi: la stesura di un testo autobio-grafico può essere l’occasione per osservare sentimenti o emozioni e tentare di chiarirli. I percorsi didat-tici che ruotano intorno alla scrittu-ra autobiografica possono favorire il processo di costruzione dell’identi-tà personale, permettendo ai giova-ni di riconoscersi “uguali” ed insie-me “diversi” dai genitori, ma anche dai loro stessi coetanei. Tali meto-dologie spesso coinvolgono anche i più restii, contribuendo a scalfire le tendenze opposte, spesso presenti nelle classi, di egocentrismo da un lato e di paura/reticenza dall’altro. Il principio del non-giudizio stimo-la nei ragazzi la capacità di essere tolleranti e di accettare punti di vi-sta diversi dai propri, contribuendo all’instaurarsi di un buon clima di classe. Questi metodi incoraggia-no a scrivere con maggior precisio-ne, sviluppando creatività e abilità comunicative, sia sintattico-mor-

fologiche che lessicali e soprattutto logiche, suscitando negli studenti il piacere di scrivere ed eliminan-do l’idea scrittura = tortura, attra-verso attività coinvolgenti. La scrit-tura personale valorizza emozioni e sentimenti nella pratica educati-va scolastica, attraverso la condivi-sione - dialogo sul proprio vissuto tra alunni ed insegnante. Gli alun-ni: hanno la possibilità di condi-videre attività pratiche, realizzan-do dei prodotti finali (laboratorio di scrittura a gruppi, realizzazione e stesura delle interviste); possono trasferire le loro esperienze in con-testi più ampi (territorio e confron-to generazionale). Possono svolgere delle attività concrete, che raffor-zano e creano motivazioni partico-larmente forti rispetto a quanto si è appreso a livello teorico; sono coin-volti in prima persona, aumentan-do il loro senso di responsabilità nel gruppo classe.

Il legame con la letteratura

Nella scuola secondaria di 2° gra-do, tali attività, che assumono for-te valenza orientativa, oltre che culturale (si pensi ad esempio al raccordo tra letteratura e storia), devono essere supportate da spes-sore teorico e tecnico, attraver-so l’analisi letteraria o artistica e l’utilizzo di strumenti multime-diali, che prevedano una rielabo-razione personale. Durante i pro-getti autobiografici si cerca di dare spazio all’esame di opere lettera-

rie di autori anche diversi tra loro per contesto geografico, storico e culturale, che abbiano saputo fare della scrittura autobiografica uno strumento privilegiato per espri-mere con forza, ironia, profondità i loro percorsi interiori di distacco dal mondo dell’infanzia, fino alla definizione di sé nell’età adulta. Nel biennio superiore le conoscen-ze disciplinari sono più vaste e si possono introdurre argomenti che fungano da prerequisiti: si pensi, ad es. al testo narrativo e a quello poetico, a tipologie testuali come la recensione e il testo giornalisti-co (es. l’intervista), all’analisi ed interpretazione di un’immagine o di un testo musicale (lo straordina-rio potere evocativo della musica!), all’uso del computer (programmi di scrittura e presentazione), ecce-tera. Si possono dunque utilizzare i supporti informatici, quali la lava-gna multimediale e il programma di presentazione Power Point, per fornire maggiori competenze pra-tico- teoriche alle classi e favorirne la partecipazione attiva.

Cecilia Dalla Torre, Daniela Mandarini

docenti di italiano Liceo “Andrea Maffei” - Riva del Garda

Per avere informazioni sulle at-tività della Mnemoteca rivol-gersi a: Mnemoteca del Bas-so Sarca Tel. 0464 517040. Email: [email protected]; www.mnemoteca-bs.it

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Inserto a cura di: Mario CaroliInterventi di:Mario Caroli, Paola Barolo, Zygmunt Bauman, Lina Broch, Michela Fia, Dario Ianes, Patrizia Lucca, Riccardo Mazzeo, Edgar Morin.

Con Erickson per fare il punto e procedere meglio

“INTEGRAZIONE”

il dossier DEnTRo IL ConvEGnoil dossier

il convegnola finestra sul mondo

la testimonianzal’analisi

l’indaginein classe

la mozione

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il dossier

Torniamo ad occuparci di Bisogni educativi speciali e, in particolare dell’ultimo “appuntamento” internazionale del Centro Studi Erickson con un dossier interno alla rivista. Il Convegno sul “La qualità dell’inte-grazione scolastica”, ormai alla sua settima edizione, s’è tenuto a Rimini nelle giornate dal 13 al 15 novembre 2009. Dal Trentino, oltre a chi ha partecipato a titolo personale o in altra veste, sono partiti 119 docen-ti per partecipare all’evento, grazie al sostegno anche finanziario della Provincia che ha messo a disposizione tre pullman ed ha coperto le spe-se di vitto e alloggio, come racconta nelle pagine seguenti Patrizia Luc-ca, che ha seguito le tre giornate per conto della rivista.

L’APPUNTAMENTOHandicap, disabili, diversamente abili, bes…

Un legame che viene da lontano

È vero, da qualche hanno la pre-senza degli insegnanti trentini al Convegno sull’integrazione orga-nizzato dal Centro Erickson è di-ventata “più organizzata” e con il sostegno anche pubblico; ma esiste un legame profondo tra la scuola trentina e i problemi dell’integra-zione, da una parte, ma anche tra la rivista Didascalie e l’integrazione dei “diversi”, da sempre.Per quanto riguarda la scuo-la trentina, non serve richiama-re qui le aperture verso l’integra-zione dai primi anni ’70, quando non si usavano tanti giri di paro-le e tante sottigliezze e si parlava (e principalmente “si lottava”) per l’inserimento degli “handicappa-ti nella scuola”, poi timidamente

verso “l’integrazione dei portatori di handicap” e via via verso i disa-bili, i diversamente abili fino agli attuali “BES” (bisogni educativi speciali), dal momento che il ter-mine “diverso” ha abbattuto mol-te barriere ed oggi spazia concet-tualmente a 360 gradi, facendo anche dei danni nella confusione e nell’assimilazione indebita di di-sabili, stranieri, musulmani “altro da noi”… Ma questo è un altro di-scorso, che speriamo di poter ri-prendere anche nel merito. didascalie e l’integrazione scolastica

Non è questa la prima volta e non sarà certo l’ultima che la rivista de-dica un dossier al tema dell’inte-grazione e, nello specifico, all’even-to organizzato ogni due anni dal Centro Erickson. Oggi lo faccia-mo a maggior ragione, dal mo-mento che più di cento insegnan-ti vi hanno partecipato portanto il contributo della scuola trentina in un contesto di confronto anche in-ternazionale.Come rivista, abbiamo sempre se-guito quello che è diventato sicura-mente “L’appuntamento” naziona-le (ma con importanti contributi di esperti internazionali) unico per gli insegnanti di sostegno innan-

zitutto, ma non solo. Da Rimini a Riva del Garda (per un anno) e poi di nuovo a Rimini, il conve-gno sulla qualità dell’integrazione scolastica ha avuto e continua ad avare un merito indiscusso: “met-tere in contesto di riflessione” seria e avanzata, chi si occupa con pas-sione, professionalità e dedizione emotiva dell’integrazione scolasti-ca. Per le autorità nazionali (sem-pre meno direttamente coinvolte nell’evento) e per quelle territoria-li, per chi crede che l’integrazione a scuola passi SOLO attraverso la lente del bilancio e delle risorse fi-nanziarie, questo non è un appun-tamento che possa dire qualcosa; anzi, l’atteggiamento diffuso pare essere quello di chi pensa che an-che sull’integrazione scolastica si possa dire: “Ah, il caso di quel ra-gazzo? Di quella scuola? Ma non ne avevamo già parlato? Cosa vo-gliono altri solti? Altri docenti di sostegno?...).A chi ragiona in questi termini, l’evento della Erickson non può dire nulla di nuovo. Pare, invece, che continui a dire e molto, in ter-mini anche innovativi di pensiero e d’azione, a chi crede che parla-re e fare integrazione scolastica vo-glia dire mettersi ancora in gioco come persone, come genitori, ma anche come amministratori, come figure professionali, come dirigen-ti, come docenti…

Mario Caroli

2005

2009

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spesa inferiore al previsto

Il numero previsto di partecipanti era stato di 132, un numero consistente che aveva costretto gli organizza-tori a prenotare camere in due alberghi differenti del-la riviera adriatica; all’ultimo momento, però, questo numero si è ridotto a causa dell’influenza, così tut-ti i docenti hanno potuto alloggiare nello stesso ho-tel, con una bella ricaduta sulla spesa preventivata per trasporti, vitto e alloggio che dalla cifra quantificata nella relativa determina in 45.000 euro, dopo il con-fronto concorrenziale è scesa a 23.886 euro, e a con-ti fatti, subirà una ulteriore riduzione (contrariamente alle cifre allarmate pubblicate da un quotidiano loca-le). Ad essa si aggiungeranno le quote di iscrizione al Convegno, ma dal momento che il pagamento è stato stabilito a consuntivo, la cifra effettiva subirà all’incir-ca una riduzione del 50% rispetto ai 51.00 euro ini-zialmente stanziati.Queste le cifre esatte sui costi sostenuti dalla Provin-cia.

il convegno

La Provincia ha consentito a 119 docenti (curri-colari e di sostegno, assistenti educatori e dirigenti della scuola trentina) di seguire la 7a edizione del Convegno internazionale sulla Qualità dell’inte-grazione scolastica, organizzato dal Centro Stu-di Erickson, mettendo a disposizione due pul-mann, partiti giovedì 12 novembre nel primo pomeriggio dal piazzale Zuffo a Trento e ritornati nello stesso posto domenica sera.

INTEGRAZIONE120 docenti trentini a Rimini

Giornate intense

I tempi del Convegno sono stati intensi, dalle 9.00 del mattino alle 13 e 30’ le riunioni plenarie, con più di 3000 persone presenti e la partecipazione di esperti noti a livello internazionale, quali Edgar Mo-rin, Anna Sfard, figlia di Zygmunt Bauman (il quale è stato presente in videoconferenza), Andrea Caneva-ro, Dario Ianes, Franco Frabboni, Cesare Cornoldi, Giacomo Stella, Italo Fiorin e molti altri, che con i loro interventi hanno stimolato la platea. Nel pome-riggio, workshop che i partecipanti hanno potuto sce-gliere tra 80 proposte diverse, durante i quali sono state presentate esperienze di qualità che hanno avu-to luogo nelle diverse regioni italiane. Qualità dell’in-tegrazione scolastica, che, secondo l’impostazione del Centro Studi Erickson, è una qualità che interessa tutta l’istituzione scolastica e porta benefici ad ogni studente non solo ai disabili o a quelli con bisogni educativi speciali.

Tante idee per il confronto

Ricco di stimoli l’evento, secondo l’opinione dei par-tecipanti trentini, che, nel pullman di rientro hanno continuato a comunicarsi impressioni ed a raccontarsi esperienze, anche perché per molti più che di novità si è trattato di conferme riguardo al proprio lavoro. Il Di-partimento Istruzione di Trento, infatti, aveva organiz-zato nel 2006 un intero anno di formazione sul tema dei bisogni educativi speciali e molti di questi docen-ti, diventati referenti nelle loro scuole hanno partecipa-to anche a Rimini. Ma a parte i contenuti più o meno noti, quello che tutti hanno potuto apprezzare e di cui si aveva bisogno sono stati l’entusiasmo e la passione per il proprio lavoro, che sola spinge ad andare avanti tra le mille difficoltà quotidiane e che nasce dalla con-statazione che non si è soli e che altri condividono lo stesso sogno. “Bisogna avere un progetto, anche pic-colo, anche un progettino...” ha concluso Andrea Ca-nevaro, per resistere a questi tempi “duri” in cui sembra che le nuove riforme della scuola, come quella del ma-estro unico, non tengano conto della lunga tradizione di qualità della scuola italiana ed in cui il termine meri-tocrazia viene troppo spesso affiancato a quello di sele-zione. “Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” è infatti il sottotitolo di questa edizione del Convegno. (P.L.)

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18 n.12 dicembre 200918 n.12 dicembre 2009

Responsabilità e complessità

Premetterò che le due parole chiave dell’educazione, e di conseguenza dell’integrazione scolastica, sono re-sponsabilità e complessità. Era palesemente irresponsa-bile e cieco tentare di curare l’autismo con la psicoa-nalisi, riducendo le cause di un disturbo ancora oggi a eziologia sconosciuta all’immagine tanto immagini-fica quanto fuorviante e offensiva della “madre frigo-rifero”, facendo cioè risalire una patologia che ha fat-to e fa soffrire amaramente moltissime ottime madri a un atteggiamento materno di chiusura e di imperme-abilità ai bisogni del bambino. Forse oggi non ce ne si ricorda più, ma un tempo un autistico veniva con-siderato uno psicotico da curare con l’analisi; per for-tuna il principe degli psicoanalisti, Bruno Bettelheim, confessò il suo scacco in questi tentativi nel libro ma-gistrale che è La fortezza vuota, ma si sarebbe restati ancora al punto di partenza, cercando ancora di apri-re quella porta con la chiave sbagliata, ostinandosi a cercare disperatamente di girarla in un modo diverso, se non fosse comparso Eric Schopler (USA) e il suo TEACCH che hanno cambiato radicalmente la pro-

spettiva e hanno mostrato come una persona autisti-ca, seppure non può guarire, può però aumentare le sue acquisizioni, conquistare competenze e migliorare la qualità della sua vita. Noi abbiamo tradotto alcuni dei suoi libri e lo abbiamo avuto come relatore al no-stro convegno.

Albert Bandura (UsA)

Un altro ospite memorabile è stato Albert Bandu-ra (USA), con il suo costrutto più che mai attuale dell’autoefficacia, di cui la Erickson ha tradotto in ita-liano Autoefficacia. Teoria e applicazioni, 800 pagine fertili e dense che avevano fatto arretrare altri editori italiani e che invece hanno riscosso un grande succes-so nel nostro Paese. Il senso di autoefficacia, alla base dell’empowerment e della capacità di delineare con forza e determinazione la traiettoria della propria vita, è un presupposto educativo imprescindibile per con-seguire i propri obiettivi e non abbandonare il proprio progetto, quale che sia, specie in tempi, come questi, di “evaporazione del padre”, per dirla con Recalcati. Bandura non si è limitato a teorizzare il costrutto, ma lo ha applicato negli ambiti più svariati: con l’ideazio-ne di soap operas insieme a Sabido in Messico, dove l’apprendimento vicario sul video ha consentito l’alfa-betizzazione di due milioni di persone, o con gli sce-neggiati radiofonici in Africa dove ha contrastato la piaga dell’aids, o con i videogiochi per bambini gra-vemente malati.

Robert J. sternberg e Howard Gardner (UsA)

Altri due ospiti indimenticabili sono Robert J. Ster-nberg e Howard Gardner (USA), che insieme dap-principio, e poi separatamente, hanno operato una vera e propria rivoluzione copernicana rispetto al con-cetto di “quoziente intellettivo”, quello misurato dai test, che dava ragione soltanto di alcuni aspetti dell’in-telligenza, quelli verbali e matematici, ma lasciava fuo-ri dimensioni essenziali di cui la scuola si occupa meno e che sono invece fondamentali quando dalla scuola si

la finestra sul mondo

All’indomani della conclusione della settima edi-zione del Convegno “La Qualità dell’Integrazio-ne Scolastica”, “Didascalie” mi ha chiesto di riper-correre brevemente i numerosi e importanti autori stranieri che hanno partecipato alle varie edizioni, che hanno sempre dato molto rilievo alle aperture internazionali. Lo faccio volentieri.

CONFRONTOLa dimensione internazionale

Bauman (a destra)

Morin (a sinistra)

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esce per entrare nella vita adulta, dove i problemi non sono più strutturati e le soluzioni sono molteplici.

sternberg, di cui la Erickson ha pubblicato fra gli al-tri Le tre intelligenze e Stili di pensiero, nella sua teoria triarchica dell’intelligenza, oltre all’intelligenza criti-co-analitica, ovvero le abilità valutate dai test del QI, pone l’accento sull’intelligenza creativo-sintetica, ca-ratterizzata dallo scoprire, produrre novità, immagina-re e intuire, e sull’intelligenza pratico-contestuale che si realizza nell’organizzazione, nella capacità di usare strumenti, applicarli, attuare concretamente progetti e piani mirati a obiettivi.gardner, di cui la Erickson ha pubblicato in antepri-ma mondiale Educazione e sviluppo della mente, è inve-ce noto per la teoria delle intelligenze multiple (musi-cale, che materializza la geometria nel suono, in cui la persona è al centro di una creazione che la trascende; spaziale, dei navigatori dei mari del Sud, degli inge-gneri e dei chirurghi; cinestetico-corporea, dei ballerini, degli atleti e degli artigiani; ci sono infine l’intelligen-za interpersonale, cioè la capacità di comprendere le al-tre persone, cosa le motiva, come funzionano, come fare per collaborare con loro, l’intelligenza che devono possedere i commercianti, i politici, gli psicoterapeuti e i leader religiosi, e l’intelligenza intrapersonale, un’at-titudine simile ma rivolta verso l’interno, lo gnothi se-auton che è alla base di tutta la nostra storia culturale e che Heidegger e Lacan hanno cercato di minare).

Edward de Bono (GB)

Alla penultima edizione ha partecipato Edward De Bono (GB), ideatore del pensiero laterale e dei sei cappelli, autore di ottanta libri tradotti in quaranta Paesi. La Erickson ha appena pubblicato il suo ultimo lavoro, Sei forme per pensare, dopo gli altri due volu-mi Una bella mente e Buona idea! De Bono ha appena partecipato ai Nobel Colloquia di Trieste, il 2 e il 3 di-cembre, e nel secondo giorno il “Corriere della Sera” dava la notizia che la Cina gli ha affidato il compito di rifondare il suo sistema di istruzione alla luce del-le sue teorie per l’enorme bisogno di creatività di una nazione laboriosa ma disabituata allo slancio genera-tivo divergente.

Edgar morin (Francia)Zygmunt Bauman (Polonia)…

A questa edizione, infine, benché sia ben lungi dall’aver menzionato tutti gli stranieri illustri che vi si sono av-vicendati, c’erano il grande Edgar Morin (Francia), per antonomasia il filosofo della complessità, e nel vi-

deo da noi registrato nella sua casa di Leeds Zygmunt Bauman (Polonia), il sociologo della responsabilità, dei temi etici più brucianti, il mio pensatore preferito e la persona più nobile che abbia mai conosciuto. Inu-tile parlare di loro, poiché sono fin troppo noti, ma fra tutti i loro libri potreste leggere quelli pubblicati da noi: Il gioco della verità e dell’errore di Morin, e Homo consumens di Bauman.

… ed altri

Mi piace aggiungere che, proprio in un’ottica di inte-grazione e di interscambio fertile, la Erickson ha col-tivato e studiato il pensiero dei grandi stranieri per venticinque anni e adesso sta restituendo al resto del mondo una serie di esperienze, idee e opere significati-ve. Al convegno quest’anno Nenad Suzic ha parlato di come sta utilizzando l’esempio italiano per alimentare l’integrazione scolastica, ancora allo stato nascente, in Bosnia Erzegovina. Molti nostri libri, di Dario Ianes e Fabio Folgheraiter innanzitutto, ma anche di altri au-tori, sono stati tradotti in Inghilterra, USA, Germa-nia, Francia, Spagna, Sud America ispanofono, Bra-sile, Norvegia. Per chiudere con le parole di Bauman, “è giunto il momento, trovandoci sulla stessa barca, di cominciare a coordinare le condizioni della nostra vita, a fare ciò che Lessing predisse che avremmo do-vuto fare, cioè imparare ad apprezzare le opportunità create dalle nostre differenze, anziché temere le conse-guenze di convivere con le differenze”.

Riccardo MazzeoResponsabile comunicazione

e letteratura internazionale Centro Erickson

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Il mio lavoro

Credo di essermi persa un solo convegno dei sette sulla Qualità dell’integrazione e del resto, no-nostante il ruolo su una delle più stimolanti discipline della scuo-la secondaria (lingue straniere) e il proponimento annuale di un cam-biamento professionale radicale per evitare di diventare un fossile ridicolo, lavoro continuativamen-te nell’ambito dell’integrazione scolastica da sedici anni; non mi so schiodare da questo banco di prova, distogliermi dalla curiosi-tà di veder come, in questo ambi-to, la vita nelle nostre classi, vada avanti e, nonostante tutto, credo, migliori. Nell’Istituto in cui lavo-ro godo di una prospettiva privi-legiata rispetto all’osservazione del fenomeno e della sua evoluzione almeno in ambito provinciale, in quanto svolgo il compito di refe-rente per l’ambito BES.

La formazione degli insegnanti

Sono impegnata inoltre nella for-mazione per gli insegnanti sul tema della progettazione di piani educativi individualizzati e di per-corsi personalizzati. Ho uno spac-cato del universo “bisogni educa-tivi speciali” che comprende, oltre naturalmente agli alunni e alle loro famiglie, un gran numero di col-leghi e colleghe, provenienti da formazioni anche specifiche mol-to diverse e con idee di disabili-tà/ sostegno/ integrazione/ quadri normativi di riferimento e sfon-di pedagogici molto vari. Il lavoro di rete attivato dai progetti di in-tegrazione mette inoltre in contat-to con la scuola figure professiona-li diverse che fanno riferimento al servizio sociale, alla neuropsichia-tria infantile e alla psicologia, al privato sociale, al mondo del vo-lontariato, ecc.. Dalla sintesi del-

Sono riuscita ad andare a Rimini anche questa volta. E dico riuscita non solo perché il mio nome ad un certo punto è passato dalla lista di attesa a quella degli ammessi al viaggio per il Convegno, ma anche perché sarei passata da un giovedì a scuola ad un lunedì a scuola sen-za, per così dire, “passare da casa” con quanto ne consegue per l’orga-nizzazione familiare.

IN DIRETTAIl convegno secondo me

le istanze portare da ciascuno si di-pana un’azione capace di produrre integrazione e, nello specifico, in-tegrazione scolastica.

Tutti a Rimini

A Rimini ci sono tutti: dalla ricer-ca neurologica alla didattica minu-ta, dalla filosofia delle migrazioni alla narrazione psicologicamente orientata per accompagnare l’abu-so sui minori, c’è la LIM ed Ed-gar Morin, il luminare della peda-gogia speciale ed il genitore dello studente disabile. Tutto, tutto in-sieme. Manca forse il mercato. Lo dico paradossalmente perché molti “convenuti” a Rimini si aggirava-no tra gli stand espositivi come ad una fiera cui il convegno sembra-va fare più da contorno che altro. Il Centro Studi Erickson, del tutto legittimamente si intende, presen-ta i suoi prodotti con magistrale strategia di marketing lasciando di fatto intendere che essi rappresen-tino il tutto. Ho scambiato alcune riflessioni con colleghe e colleghi (un simpatico gruppo di torinesi) e ci siamo detti come potrebbe es-sere interessante trovare esposti an-che progetti di scuole architettoni-camente ben fatte che dimostrino quanto una società che si dice ci-vile ed avanzata, ami i suoi figli, tutti, anche quelli che hanno bi-sogno di attenzioni speciali; tro-vare sussidi ed ausili che facciano venire idee a coloro ai quali esse mancano, vedere tecnologia appli-cata alla didattica anche al di fuo-ri delle piste di ricerca del Centro Studi trentino. Credo che Erikson sia così solida e autorevole a livel-lo nazionale e non solo, da poter-selo permettere senza temere le in-sidiose regole del mercato.

Il mio punto di vista

Ma torniamo a quello che Rimini è stato per me: il Convegno rap-

la testimonianza

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presenta l’occasione, sempre rin-novata, da un lato di avere il pun-to della situazione nazionale (con qualche cenno relativo alla ricerca anche al di fuori dell’Ita-lia) e dall’altro di risintonizzare il mio vissuto professionale, di dare un ordine alle cose che vedo e con le quali lavoro quotidianamente. Esso permette inoltre di tornare al quotidiano con una bella carica di energia: essa deriva da una mag-giore consapevolezza (buon anti-doto alla frustrazione) che l’inte-grazione non è mai un processo compiuto, che la formazione degli insegnanti, ancor più in questa fase di transizione post-SSIS così poco chiara, resta un cardine essenziale di tale processo, che le buone leg-gi di per sè non garantiscono nes-suno, ma sono imprescindibili, e che ... anche da questo punto di vista, in Trentino abbiamo un ter-reno di lavoro più favorevole.

Una legge favorevole

La L.P 5/06 ha finalmente disgiun-to dalla certificazione di deficit cli-nicamente rilevabili e riconducibili alla L. 104./92 il dovere/possibilità

per la scuola di strutturare percorsi educativi più adeguati e realmen-te rispondenti a bisogni educativi specifici di singoli alunni al fine di creare contesti scolastici veramente capaci di integrare tutti e ciascuno con la propri specificità. Essa ha dato, attraverso i suoi regolamen-ti, le indicazioni di metodo ed or-ganizzative necessarie a compiere un passo di qualità dentro le scuo-le, faticoso per certi aspetti ma as-solutamente necessario. Da questo punto di vista il confronto con i colleghi provenienti dal cosiddetto “resto d’Italia” ci dava una pro-spettiva per l’immediato futuro, decisamente più favorevole.

Presenti anche i dirigenti

Incoraggiante anche la partecipa-zione di un bel gruppo di Diri-genti scolastici trentini, per lo più di “nuova generazione”. In passa-to, per il ricordo che ho, si vede-vano singoli presidi particolar-mente sensibili al tema e quindi già formati ed attivi nel settore. Lo scambio di riflessioni anche tra in-segnanti e coloro i quali possono sostenere un preciso impulso con-

creto a favore del lavoro per l’inte-grazione dentro gli Istituti è stata una novità, una piacevole novità. Avevo programmato il mio percor-so nei workshop seguendo due fili rossi: i disturbi di attenzione e ipe-rattività e i disturbi specifici di ap-prendimento nei figli di migranti. Nelle sale del palazzo dei convegni mi è stata segnalata la presenza di altre occasioni interessanti: l’edu-cazione emotiva e la prevenzioni primaria dell’abuso, prevenzione del bullismo, esperienze di inter-culturalità in contesti geografici a forte carattere migratorio, ecc.

Un’occasione privilegiata

Ho cercato di sfruttare al massimo un’occasione di formazione asso-lutamente privilegiata. Ringrazio tutti coloro che hanno reso possi-bile (anche economicamente) a me ed a tutti le mie colleghe e colle-ghi la partecipazione al Convegno. Solo una cosa mi desta stupore, ancora oggi a distanza di un mese: perché in cattedra (lunga svaria-ti metri) all’avvio dei lavori c’era-no otto maschi su nove persone ed in platea c’erano tremila donne (approssimazione per difetto) su quattromila persone? In Italia an-che quella di genere resta una fac-cia del caleidoscopio Integrazione.

Lina BrochDocente referente BES Istituto TN7

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Eros ovvero la passione

In questo convegno Edgar Morin, sebbene francese, ha scelto di par-lare in italiano al pubblico italiano, esemplificando alcuni dei suoi con-cetti più famosi, utilizzando un lin-guaggio semplice e meno ricerca-to di quello delle sue opere. La sua prima affermazione è che senza eros non c’è possibilità di educare, dove eros sta per desiderio, amore, pas-sione. Il compito dell’insegnante è principalmente quello di insegna-re a vivere, quindi ad affrontare i problemi che gli studenti dovranno affrontare nella loro vita personale. La difficoltà a fare ciò è che il sape-re attuale è frammentato, disperso nelle varie discipline. Questo non significa che le discipline non siano utili ma che vanno utilizzate per af-frontare e capire i problemi dell’uo-mo contemporaneo.

l’analisi

Molti i nomi di spicco che si sono succeduti nell’ambito della VII edizione del Convegno internazionale su La qualità dell’integra-zione scolastica, svoltosi a Rimini nelle giornate del 13, 14 e 15 no-vembre. Tra gli altri, la mattina del 13 novembre, durante la confe-renza plenaria abbiamo avuto l’occasione di conoscere personalmente una delle figure più prestigiose della cultura contemporanea, Edgar Morin, autore di “La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e ri-forma del pensiero” e “I sette saperi necessari all’educazione del futuro” che hanno ispirato molte delle riflessioni attuali sui curricoli scolasti-ci, anche in Trentino.

MORINUna testa ben fatta…

La conoscenza della conoscenza

Siamo tutti d’accordo che dobbia-mo insegnare la conoscenza, ma a volte l’errore, l’illusione pren-dono la forma della conoscenza e chi li compie non se ne accor-ge. Una conoscenza non è solo lo specchio delle cose o del mondo esterno. Tutte le conoscenze sono traduzioni e ricostruzioni cere-brali a partire da stimoli sensoriali Le neuroscienze ci aiutano a capi-re come ciò avviene, spiegando-ci come lavora il cervello. Occor-re sempre una traduzione del dato percettivo, infatti a volte le nostre percezioni ci fanno sembrare vere cose che non lo sono, come ad esempio il fatto che vediamo più piccole le persone sedute più lon-tano, allora interviene la costan-za percettiva che traduce ciò che i

nostri sensi hanno percepito. Non c’è nessuna differenza intrinseca tra l’allucinazione e la percezio-ne. È di importanza fondamen-tale che a scuola venga insegnata la conoscenza della conoscen-za. E la conoscenza più impor-tante è la conoscenza pertinente perché è l’unica capace di inseri-re gli elementi nel loro contesto e di metterli in relazione tra loro. Essa non è la più sofisticata. La conoscenza matematica può es-serlo maggiormente, ma ignora le passioni e la sofferenza della vita umana. Quindi l’economia basa-ta essenzialmente sul calcolo non è in grado di prevedere gli even-ti o le crisi perché si tratta di una scienza isolata. La contestualiz-zazione della conoscenza è una necessità primaria, perché una co-noscenza frammentata nelle varie discipline impedisce di cogliere il legame tra le parti ed il tutto.

L’identità umana

Oggi nelle scuole non viene in-segnata la complessa identità dell’essere umano, perché tutti gli elementi per poter capire cosa essa significa sono dispersi nelle varie scienze come se fossero se-parati, isolati, mentre, a ben pen-sarci non c’è separazione tra bio-logia, psicologia, storia quando consideriamo l’essere umano che è nel contempo fisico, biologico, psichico, culturale, sociale, stori-co. Abbiamo in noi tutta la storia della vita, dentro di noi si trova tutta la storia dell’universo, nel-le nostre cellule sono presenti le prime cellule che si sono differen-ziate sulla terra. Siamo allo stesso tempo esseri cosmici e terrestri. È innegabile il nostro legame con la natura, con la biosfera, con l’uni-verso. Come definire l’uomo? È un individuo, ma è anche par-te di una società, di una specie. Si tratta di tre elementi insepa-

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rabili. Noi siamo allo stesso tem-po individuali, sociali e biologi-ci; siamo prodotto e produttori della società, siamo prodotti e ri-produttori per continuare la spe-cie. Abbiamo quindi la necessità etica di agire, non solo per noi, ma anche per i nostri figli, amici, parenti anche per la società tut-ta. Non abbiamo solo dei diritti ma anche di doveri, doveri molto concreti verso la comunità e verso la specie umana. La nostra è una comunità di destino ed è innega-bile il destino planetario del ge-nere umano, anche se a scuola se ne parla poco o niente. Siamo cit-tadini del pianeta, non solo italia-ni o europei.

se cerchiamo una definizione

Le definizioni di homo sapiens, homo faber, homo economicus che danno eccessivo rilievo alla ra-zionalità, alla tecnica, alle attivi-tà utilitaristiche non bastano più a farci capire cos’è l’essere uma-no. Infatti l’uomo della raziona-lità è anche l’uomo dell’affettivi-tà, del mito, del delirio (demens). L’uomo del lavoro è anche l’uomo del gioco (ludens). L’uomo econo-mico o economo è anche dilapi-

datore e consumista (consumans). L’uomo empirico è anche imma-ginario. L’uomo prosaico è anche quello della poesia ossia dell’en-tusiasmo, della partecipazione, dell’amore. Compito degli inse-gnanti è aiutare i giovani a vivere poeticamente, a trovare passione e motivazione in quello che fanno. Tutti questi aspetti sono presenti nell’essere umano, che se proprio vogliamo definirlo non possiamo che chiamare homo complexus. È al cinema che ci rendiamo conto della complessità umana quando ci capita di identificarci con pro-tagonisti anche diversi da noi, al-lora scopriamo le mille sfaccetta-ture dell’animo umano.

Insegnare la comprensione

Cosa significa soggetto? C’è un egocentrismo vitale, ma abbiamo anche un principio complemen-tare e antagonista che è quello del noi, il senso del noi si incar-na nei sentimenti verso la fami-glia, la patria, proietta l’indivi-duo oltre il proprio io, lo rende perfino capace di mettere in pe-ricolo la propria vita per la difesa del noi. La civilizzazione è legata alla solidarietà. Compito dei do-centi è rigenerare la solidarietà, il principio del noi che sta dormen-do al nostro interno, non è mor-to, va solo risvegliato. Insegna-re la comprensione umana con il contributo delle diverse discipli-ne, non solo comprensione verso gli stranieri che hanno una cultu-ra diversa, ma anche comprensio-ne tra le generazioni, tra uomo e donna. Senza dimenticare che per comprendere gli altri è necessa-rio comprendere prima di tutto se stessi, magari utilizzando la narra-zione di sé, il diario personale. In-fatti “l’incomprensione di sé è una fonte molto importante dell’incom-prensione nei confronti degli altri,

si mascherano a se stessi le proprie carenze, le proprie debolezze e si at-tribuiscono agli altri.”

Affrontare l’incertezza

Un’altra caratteristica dell’essere umano è quella di dover imparare a convivere con l’incertezza. Già Euripide ci aveva consigliato di at-tenderci l’inatteso, perché ciò che aspettiamo non accade ma all’inat-teso un dio apre la vita. Morin in questo convegno che tocca più vol-te la questione dei tagli alla scuola pubblica quasi ci conforta dicen-do che “Nulla è sicuro, neanche il peggio”. Dobbiamo quindi in-segnare ai nostri ragazzi ad affron-tare l’incertezza, visto che si trat-ta di una caratteristica della vita, non solo di quella personale ma di quella dell’umanità, infatti l’av-ventura umana ha un futuro sco-nosciuto. In una parola, Morin ci suggerisce di insegnare a vive-re. Vivere in una società comples-sa, in un’epoca planetaria, domi-nata dalle interconnessioni e dalle relazioni. È necessaria una riforma che non sopprima le discipline ma ne permetta l’integrazione. E infi-ne dobbiamo insegnare la civiliz-zazione perchè per andare verso il futuro dobbiamo tenere presente anche il passato e nello stesso tem-po insegnare virtù che permettano di trovare un antidoto ai mali della civilizzazione.

Patrizia Lucca

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Vivere con il diverso

L’emigrazione in questi anni è cre-sciuta a dismisura e non accenna a calare, siamo ogni giorno sem-pre più esposti alle differenze, an-che se vivere accanto agli stranieri, a chi consideriamo diverso e altro da noi non è un fatto nuovo nel-la storia moderna. Ciò che è cam-biato però sono le caratteristiche della migrazioni odierne che non comportano più l’assimilazione. Un tempo l’idea dominante era che chiunque fosse diverso, alieno, stra-niero avrebbe perso con il tempo queste sue caratteristiche per acqui-sire al loro posto le nostre, per asso-migliarci sempre più fino, magari nel giro di un paio di generazioni, a non distinguersi più da noi, a per-dere cioè i suoi caratteri identita-ri. La politica dominante verso gli stranieri per la maggior parte della storia moderna è stata cioè una po-litica di assimilazione. “voi siete qui, siete fisicamente vicini, diventiamo vicini anche spiritualmente, mental-mente, eticamente” il che vuol dire accettare gli stessi valori universali, dove “universali”però sta però per “i nostri valori. Secondo questa pro-spettiva l’essere stranieri era solo un fastidio temporaneo e non esisteva affatto l’idea di dover imparare a vi-vere con il diverso.

l’analisi

Parlando di qualità dell’ integrazione a Rimini, non poteva non esse-re affrontato anche il tema dell’immigrazione e degli stranieri con cui entriamo sempre più in contatto e che affollano oggi le nostre aule scolastiche. A questo proposito è risultato molto interessante l’inter-vento in video conferenza del famoso sociologo e filosofo britanni-co Zygmunt Bauman, inventore della metafora dell’uomo liquido per descriver la condizione priva di certezze e punti di riferimento dell’uomo contemporaneo. Per l’occasione ha illustrato il suo pensie-ro sulle caratteristiche delle migrazioni nella società postmoderna e globalizzata. Pubblichiamo una parte del suo discorso liberamente adattato. Il testo è apparso su Repubblica il 16 novembre 2009.

bAUMAN Le nuove migrazioni

Non più assimilazione

Ora per la prima volta nella sto-ria moderna siamo arrivati a capi-re che le cose non stanno così. La modernità è sempre stata un perio-do di migrazioni massive di perso-ne da un continente all’altro, da un capo all’altro del mondo, da una cultura all’altra. La migrazione è stata necessaria, date le circostan-ze dei tempi moderni, in cui le per-sone cosiddette in soprannumero, persone per cui non si poteva trova-re una sistemazione nella loro socie-tà d’origine, perché non c’era spazio per loro nel nuovo ordine, nel nuo-vo stato di avanzato progresso eco-nomico, erano costrette a viaggiare. Tuttavia c’è una differenza: le mi-grazioni contemporanee hanno un

carattere diasporico, non assimila-torio. Le persone che vanno in un altro Paese non ci vanno con l’in-tenzione di diventare come la po-polazione ospite né la popolazione ospite nativa è molto interessata ad assimilarle. Ci sono circa 180 dia-spore che convivono attualmente a Londra, 180 diverse lingue, cultu-re, tradizioni, memorie collettive. E il problema è che se la politica di assimilazione non è più facilmen-te percorribile, come è possibile per noi vivere giorno per giorno con gli stranieri? Come possiamo coo-perare, comunicare, vivere in pace senza che noi perdiamo la nostra identità e che loro perdano la loro, quindi in una coabitazione che non porti uniformità?

La tolleranza non basta

In altre parole la questione non è più quella di essere tolleranti ver-so le persone diverse. La tolleranza spesso è solo uno dei volti della di-scriminazione, un modo per sentir-si superiori “Sono tollerante verso le tue abitudini e le tue usanze bizzarre. Sono una persona molto aperta, sono superiore a te. Capisco che il mio sti-le di vita non può essere seguito da te. Tu non puoi raggiungere il mio stesso livello, quindi ti permetto di seguire il tuo stile di vita, ma io non lo farei mai”. La sfida con cui ci dobbiamo confrontare oggi consiste nel passa-re da questo atteggiamento di tol-leranza ad un livello più alto, cioè ad un atteggiamento di solidarie-tà. Non solo, dobbiamo ormai ras-segnarci al fatto che ci siano degli stranieri, ma anche imparare a rica-varne di vantaggi.

due atteggiamenti contrapposti

La maggior parte di noi vive in grandi città, le quali sono sempre piene di stranieri e la loro presenza è inquietante perché non si sa come

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si comporterebbero se non li si te-nesse a distanza, destano sospetto, fanno paura semplicemente perché sono delle entità estranee. Bauman ha chiamato questa paura, tipica delle nostre città contemporanee mixofobia, fobia di mescolarsi con altre persone, perché laddove accet-tiamo di mescolarci ad altre perso-ne, in un ambiente poco favorevole, può succedere di tutto. La condi-zione di mescolanza con gli stranie-ri può provocare anche un altro at-teggiamento. Siamo di fronte a due reazioni contraddittorie allo stes-so fenomeno, entrambe osservabi-li nelle città contemporanee. La se-conda reazione è la mixofilia, cioè la gioia di essere in un ambiente di-verso, più stimolante.

Un futuro incerto

Secondo il pensiero di Golthold Ephraim Lessing, uno dei pionieri dell’illuminismo tedesco, giudicato da Hanna Arendt come una delle figure più lungimiranti tra i filosofi della modernità, non bisogna limi-tarsi ad accettare il fatto che la diffe-renza sia destinata a perdurare, ma occorre apprezzarla, riconoscere in essa un potenziale creativo senza precedenti. Il fatto di mettere in-

sieme esperienze, ricordi, visioni del mondo molto diverse può portare ad una prosperità di sviluppo cultu-rale. È troppo presto per dire quali potranno essere gli sviluppi perché le due tendenze contrapposte han-no più o meno un’uguale forza. A volte prevale l’una, a volte prevale l’altra. La questione è incerta, sia-mo ancora nel mezzo di un proces-so che non possiamo sapere come andrà a finire.

Apprezzare le differenze

Quel che stiamo vivendo e facen-do nelle vie delle nostre città, nel-le scuole primarie e secondarie, nei luoghi pubblici, dove stiamo ac-canto a persone di culture diverse è di estrema importanza non soltan-to per il futuro della città in cui vo-gliamo trascorre il resto della nostra vita o perlomeno in cui viviamo al momento, ma è di somma impor-tanza per il futuro dell’umanità. Viviamo in un mondo sempre più globalizzato. La globalizzazione ha raggiunto un punto di non ritor-no, oggi non possiamo più tornare indietro, siamo tutti interconnes-si e interdipendenti. Ciò che av-viene in luoghi remoti ha un im-patto formidabile sulle prospettive

di vita e sul futuro di ognuno di noi. Quindi è il momento di fare ciò che già Lessing predisse che avremmo dovuto fare, cioè impa-rare ad apprezzare le opportunità create dalle nostre differenze, anzi-ché temere le conseguenze mor-bose del convivere con esse.

La scuola come laboratorio di convivenza

Ci confrontiamo con le conse-guenze della globalizzazione in ogni strada della città in cui vivia-mo, in ogni scuola in cui insegnia-mo, ma dal lato opposto, per la stessa ragione, le città e le scuole possono divenire il laboratorio in cui sviluppiamo modalità per im-parare a trarre beneficio, a tesau-rizzare e a rallegrarci per la natura diasporica della realtà contempo-ranea. Bauman non ci dice che si tratta di un percorso facile da in-traprendere. Confrontarsi con una sfida che i nostri antenati non han-no mai raccolto ci pone di fronte ad un compito che mette a dura prova sia la nostra mente che le no-stre emozioni e che dobbiamo riu-scire ad affrontare nel suo dispie-garsi, in corso d’opera, senza poter disporre di soluzioni precostituite.

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l’indagine

Durante il Convegno sulla Qualità dell’integrazio-ne scolastica, quando già alcuni interventi avevano messo in luce il momento difficile che sta vivendo oggi l’integrazione a causa degli ultimi interven-ti legislativi, Dario Ianes ha presentato i risultati di un’indagine sulla percezione degli insegnanti riguardo alcune qualità dell’integrazione scolasti-ca, per vedere qual è l’opinione diffusa presso chi a scuola ci lavora ogni giorno, per vedere se su al-cuni punti c’è “tenuta” o se tutto rischia di anda-re perduto in questi “tempi duri”. L’indagine che ha coinvolto un campione di 3064 insegnanti si è svolta dalla primavera all’autunno del 2009.

INTEGRAZIONELa percezione degli insegnanti

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I numeri

L’indagine si è svolta attraverso la compilazione di un questionario contenente alcune domande chiave per evidenziare le politiche integrative attuate nelle scuole. Le scuole coinvolte sono state 354 tra asili nido e scuo-le dell’infanzia, 1399 scuole primarie, 687 secondarie di primo grado, 624 secondarie di primo grado e CFP. A rispondere sono stati 1087 docenti curricolari, 1808 in-segnanti di sostegno, 238 educatori, 150 dirigenti e co-ordinatori, 387 altre figure. Il 62% è in possesso di un titolo di specializzazione. Nel riferire i risultati, per facili-tare la lettura abbiamo arrotondato i valori percentuali.

dentro e fuori dalla classe

La prima domanda è stata “Dove svolge realmente le sue attività di apprendimento l’alunno con problemi di apprendimento?” “Sempre in classe” il 39,%, “in par-te dentro in parte fuori” il 55%, “sempre fuori” il 6%. Questo testimonia una buona percentuale di inclusio-ne, visto che alternare i momenti dentro e fuori dalla classe a seconda del tipo di attività e del bisogno speci-fico dello studente può essere la scelta migliore. Riguar-do alla percentuale del tempo passato fuori dalla classe, per il 73% si tratta di meno della metà dell’orario sco-lastico, mentre solo il 26% passa fuori dalla classe un tempo superiore alla metà. È stato interessante collega-re questi dati all’ordine di scuola, così abbiamo visto che in tutti la prassi di tenere lo studente con disabilità fuori dalla classe è la meno praticata. Nella scuola dell’infan-zia il percorso “sempre in classe” registra la percentuale più alta, nella primaria il percorso “in parte dentro ed in parte fuori” riporta i valori più alti, superando di poco

però quello “sempre in classe”. Nella secondaria di pri-mo grado prevale la prassi in “parte dentro ed in parte fuori” e diminuisce quella “sempre in classe”. Alle supe-riori “sempre dentro” ed “in parte dentro in parte fuo-ri” hanno valori molto vicini.

Le metodologie utilizzate

È stato interessante vedere le attività praticate dallo stu-dente con disabilità e le metodologie didattiche adottate quando si trova in classe coi compagni. Quando l’alun-no è fuori dall’aula in genere viene utilizzato materiale adattato. In tutte le classi, indipendentemente dalla pre-senza o meno dell’alunno disabile, la metodologia più praticata è la spiegazione al grande gruppo, seguita in alcuni casi dalle utilizzo di schede didattiche o dalla di-scussione di gruppo. Poco diffuso è il lavoro di gruppo secondo la modalità del cooperative learning anche se la percentuale di chi afferma che viene utilizzato sale ad un 26% nelle classi cosiddette a piena integrazione, cioè dove lo studente disabile passa la maggior parte del tem-po coi compagni. Sale anche in percentuale l’utilizzo dell’altra metodologia solitamente poco praticata, che è il tutoraggio tra pari, dove gli studenti si aiutano vicen-devolmente ed uno più bravo può spiegare un’attività o un argomento che ha ben capito ad un compagno in difficoltà. In questo caso la percentuale sale dal14% sen-za integrazione al 24% in quelle a integrazione piena.in sintesi: la percezione degli insegnanti è che negli ul-timi cinque anni il numero degli alunni con disabilità certificata sia aumentato e che le risorse siano diminui-te, ma la maggior parte ritiene che il clima generale nel-la scuola rispetto all’integrazione sia invariato o miglio-rato, solo il 30% ha la percezione che sia peggiorato.

Uno sguardo su alcune qualità

dell’integrazione scolastica:

la percezione degli insegnanti

Prof. Dario Ianes

Università di Bolzano

© 2009 Dario Ianes - Atti Convegno Erickson

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in classe

Ancora a caldo del workshop “A scuola con il corpo”, proposto dalla Regione Valle d’Aosta, che ha riscosso molto gradimento tra gli in-segnanti, provo a dar conto dibuone pratiche realizzate da insegnanti specializzati in sostegno, ed. fisica, teatro e musica, a favore di alun-ni con disabilità e degli altri ragazzi disponibili all’incontro ludico-creativo con le diversità. Abbiamo potuto constatare con chiarezza quanto siano grandi ed opportuni i progetti centrati sulla naturale fluidità tra mente e corpo fisico ed emozionale dei nostri studenti. Si tratta cioè di mirare le sollecitazioni educative-formative non solo sulla parte mentale, ma di favori-re l’espressione di tutte le com-ponenti dell’essere umano, per un suo equilibrato e globale svi-luppo.

WORKSHOP L’importanza del corpo

Il gioco del Baskin

Il primo progetto esposto si chiama “Baskin”, termine nato dall’unio-ne di due parole: Basket e inte-grazione: il gioco del basket con 10 regole inventate da un colle-ga di educazione fisica e dal papà di una ragazza con difficoltà mo-torie, per consentire la formazione di squadre miste: maschi, femmi-ne e diversamente abili. Rispet-to al basket introduce una novità importante: i canestri sono quat-tro, dislocati in quattro aree di-verse, due a fondo campo, gli altri due in corrispondenza della linea di metà campo, a portata di chi sta su una sedia a rotelle, in posizio-ni del campo dove non è possibile contrastare l’avversario. Nel Baskin ogni attaccante dispone sempre di due alternative che il difensore non è in grado di prevedere, que-sto pone nella costante necessità di prendere decisioni strategiche. La squadra è divisa in ruoli facilmen-te identificabili, i giocatori rivesto-no un certo ruolo a seconda delle loro capacità motorie. In certi casi i punti guadagnati da un giocatore sono doppi rispetto al consueto.

Il teatro

Il progetto teatrale dell’associazio-ne “I monelli dell’arte” ha mo-strato la sua effettiva validità in merito all’integrazione di tutti i partecipanti, con e senza diversi-tà. Nel filmato si è potuta consta-tare un’atmosfera positiva presente in tutto il gruppo. Anche nel back-stage, o nelle sequenze relative alle prove per lo spettacolo emergeva chiaramente l’intesa e l’attenzio-ne verso ogni persona coinvolta. La gratificazione e il divertimen-to come naturale effetto per ognu-no. Espressione teatrale nelle scuo-le, antitesi esatta di certe iniziative che puntano essenzialmente a per-formances ineccepibili sul piano della forma, costi quel che costi sul piano umano.

suonare insieme per ritrovare energia

Il terzo progetto si intitola “Taxi Orchestra”: una ventina di ragazzi, sempre con e senza disabilità, si di-vertono a suonare insieme. In qual-che occasione si aggiungono rock band locali e perfino artisti di fama internazionale in tournee da quel-le parti. Appena finiti i filmati, dal fondo della sala è iniziato un faci-le, ma accattivante ritmo battuto con le mani di sempre più persone. Sull’onda di questi bit, come una sorta di Pifferaio Magico, il docen-te di musica ci ha condotto fuori, al centro del piano terra del Palacon-gressi. Lì a terra era disposto in un grande cerchio circa un centinaio di strumenti: alcune decine di tam-buri di varie misure e materiali, ba-stoncini musicali, sonagli eccetera. L’aspetto decisamente particolare è stato vedere come i corsisti si siano posizionati davanti allo strumento prescelto senza fare alcuna doman-da e senza smettere di alimentare quel ritmo con le mani. Poi, guida-ti dai gesti e dal fischietto brasiliano del musico, abbiamo con natura-lezza iniziato a suonare, quasi come non avessimo fatto altro nella vita e come ci conoscessimo da sempre. Garantisco che l’energia che ne è risultata ci ha consentito di torna-re, sorridenti e galvanizzati, ciascu-no nelle proprie fila. Forse anche ai nostri ragazzi farebbero altrettanto bene occasioni simili per sorridere di più?...

Michela FiaInsegnante di diritto

liceo Rosmini di Trento

Informazioni: per avere ma-teriali relativi ai tre progetti, rivolgersi a Maria Pilati, re-ferente integrazione, Sovrin-tendenza agli Studi, Aosta

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L’uso delle Lavagne Interattive Multimediali (LIM) si sta sempre più diffondendo nelle scuole italiane, e la nostra provincia è sicura-mente all’avanguardia in questo settore. Anche la Erickson nell’ulti-mo convegno di Rimini ha dato ampio spazio a questo strumento; un’intera sessione è stata dedicata alle buone prassi realizzate dagli in-segnanti con la LIM: i lavori migliori, selezionati dalla Commissione Scientifica composta da Paola Pasotto, direttore generale Centro Stu-di Erickson, Luigi Guerra dell’Università di Bologna, Antonio Calva-ni e Giovanni Bonaiuti dell’Università di Firenze, sono stati presenta-ti, condivisi e discussi assieme durante le giornate del Convegno.

LIML’Istituto Comprensivo Revò al Convegno

L’esperienza trentina

Da tempo la nostra Provincia ha messo a disposizione dei suoi do-centi un numero crescente di que-sti sussidi su progetti che ne pre-vedessero l’uso nel contesto della classe in qualità di strumento da utilizzare nell’azione didattica quotidiana. Ha fornito il suppor-to tecnico, la formazione teorica e spazi di aggiornamento specifi-co anche all’interno del progetto realizzato da Didapat sulle nuo-ve tecnologie per l’apprendimen-to. Ha favorito in questo modo la creazione di ambienti di appren-dimento significativi e costrutti-vi, che hanno permesso agli inse-gnanti di ripensare la didattica in generale e le modalità di sostegno degli alunni con Bisogni Educati-

vi Speciali. La mia sensazione al Convegno di Rimini è stata che molte delle realizzazioni presenta-te non avessero ancora sfruttato al meglio le potenzialità dello stru-mento, in particolare assomiglia-vano più a presentazioni utili a so-stenere la lezione dell’insegnante che a strumenti interattivi utilizza-bili dagli studenti. Credo si sia an-cora alle prime esperienze in Italia e nel confronto la nostra Provin-cia sembra aver fatto più strada, un esempio lo si può reperire nel pro-getto “sLIMteam”, l’area Web ap-positamente dedicata (all’indirizzo www.slimteam.it/) dove si è crea-to un ambiente di dialogo fra in-segnanti che mettono a disposizio-ne le risorse prodotte in particolare durante i corsi frequentati a partire dall’a.s. 2006-2007.

La mia esperienza

Anch’io ho avuto la fortuna di es-sere fra quegli insegnanti che han-no potuto sperimentare in prima battuta l’uso della lavagna interat-tiva e mi sono fatta promotrice della sua diffusione nel mio isti-tuto, che è l’istituto comprensi-vo di Revò, dove è molto apprez-zata e utilizzata nelle classi in cui è stata installata e la richiesta di nuo-ve lavagne è in continua ascesa. La presenza di tale strumento all’inter-no dell’aula mi ha sollecita ad una nuova organizzazione della clas-se, più attiva e flessibile e ad una di-versa interpretazione del mio ruolo e di quello dei miei allievi. Mi sono trovata nella condizione di “parlare” meno e di mostrare di più, solleci-tando contemporaneamente diver-se forme d’intelligenza e risponden-do meglio alle abilità degli alunni, in particolare a quelli con bisogni educativi peculiari (specifici). Ho sempre avuto nelle mie classi alun-ni “speciali” che sono stati per me e i miei colleghi una sfida e la LIM mi ha offerto una sorprendente potenzialità. In particolare per i bambini con difficoltà nell’area lin-guistica e comunicativa, ho trovato nelle immagini lo stimolo adegua-to per proporre e rendere più intel-legibili alcune proposte didattiche. È stato più facile catturare e mante-nere l’attenzione, ma anche veicola-re contenuti altrimenti poco acces-sibili, per questi studenti, attraverso le sole parole.

Un apprendimento facilitato

L’uso di immagini e video mi ha aiu-tato a far intuire concetti che sareb-bero risultati altrimenti poco com-prensibili ingenerando sentimenti di inadeguatezza, cosa che scatena facilmente rifiuto ed ostilità, e nei soggetti più fragili, l’oppositività e l’auto esclusione dal compito e dal

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gruppo. Poter mostrare un model-lo o il risultato atteso, ha ridotto la necessità di usare spiegazioni verba-li, che risultano per alcuni noiose e troppo lunghe, non sostenibili dal-la propria memoria di lavoro e an-cor meno da quella a lungo termi-ne e perciò non “a-prendibili”. Mi è più naturale richiedere agli studen-ti la partecipazione attiva e l’azio-ne interattiva perché ho a disposi-zione strumenti creativi di scrittura e multimedialità, funzionali ed im-mediati: un gran numero di penne, la tastiera, forme, righelli, compas-si, una nutrita galleria di immagini e prodotti multimediali, ma anche lo strumento per la cattura del-le immagini e la videoregistrazio-ne, file audio/video che insieme ad uno scanner e una stampante per-mettono ad ogni alunno la realizza-zione dei prodotti di qualità ed ef-fetto. Il collegamento ad internet inoltre dà la possibilità di allarga-re in modo esponenziale le risorse a disposizione, vi trovo non solo in-formazioni ed immagini adatte, ma anche una miriade di giochi e atti-vità di libero utilizzo, adeguate al livello di sviluppo e all’argomento che stiamo affrontando in quel mo-mento, per cui è più facile calibra-re le attività sull’effettivo interesse e bisogno formativo dello studente.

Nella scuola secondaria

In una prima classe della scuola secondaria di primo grado, in par-ticolare, abbiamo progettato l’in-serimento di uno studente con un grado di ipoacusia importante, avvalendoci come sussidio specifi-co proprio della LIM e dell’uso del-le mappe concettuali per favorire la comprensione della lingua parlata.

Gli insegnanti hanno seguito uno specifico corso di aggiornamento ad inizio anno scolastico e hanno progettato modalità e strumenti di lavoro per superare questa forma di svantaggio con l’ausilio delle tecno-logie. Siamo al terzo anno di lavoro, e studente, insegnanti e genitori ri-tengono molto positiva l’esperienza e adeguate le metodologie adottate. La LIM si è dimostrata uno stru-mento facilitante per gli alunni con diagnosi di dislessia: permette di avere il testo proiettato alla lavagna, evidenziare i concetti essenziali, ag-giungere note, trasformare un con-tenuto di studio in una mappa con-cettuale che può essere stampata e consegnata agli studenti, ma anche portata a casa in file e ulteriormente personalizzata e rielaborata e queste attività particolarmente efficaci per questi alunni vanno a vantaggio di tutti. Inoltre favorisce la memoriz-zazione perché il lavoro salvato è immediatamente riproducibile e ri-percorribile favorendo la riflessio-ne metacognitiva e l’acquisizione di senso sul percorso fatto.

Efficace per la dislessia

Si è visto con l’esperienza che pro-prio due strumenti compensativi, la sintesi vocale e l’utilizzo di map-

pe concettuali, sono risultati stru-menti compensativi efficaci per migliorare l’apprendimento negli studenti con DSA. La LIM diven-ta pertanto uno strumento com-pensativo inclusivo perché usato per tutti gli alunni, efficace ed utile non solo per chi è in difficoltà, ma potenziamento didattico per tutta la classe perché facilita la creazio-ne di un metodo di studio, diventa un organizzatore potente e il risul-tato elaborato insieme è facilmen-te trasferibile ad ogni studente sia su carta che sul proprio pc a casa e a scuola, tanto più se l’insegnante si avvale del proprio spazio Web in cui dialogare, depositare i prodotti costruiti insieme in classe e fornire feedbak ai propri studenti. (Il mio sito è Didapat.net/11/j, l’ho pro-gettato non solo per i miei alunni, ma soprattutto per il gruppo terri-toriale della rete BES di cui il no-stro istituto è capofila). Questa or-ganizzazione didattica pensata per favorire studenti disabili si è rivela-ta una ricchezza e una risorsa im-portante per tutta la classe.

cosa cambia per l’insegnante

Per essere efficace richiede all’in-segnante un pensiero e una pro-gettazione più puntuale e ragio-nata, è indispensabile preparare e selezionare il materiale da utilizza-re con attenzione e, dopo una scel-ta oculata, un grande aiuto può ve-nire dall’acquisto di testi scolastici in formato digitale.Quest’anno la fondazione AID ha ottenuto un contributo dalla Tele-com Italia per la sua biblioteca di-gitale che su richiesta delle scuole, tramite il suo sito, era disponibi-le ad inviare agli studenti certifica-ti come DSA i testi scolastici adot-tati in PDF.

Paola BaroloInsegnante di scuola primaria

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n.12 dicembre 200930

A Rimini in alcuni seminari sono state presentate metodologie adatte ad aiutare l’apprendimento e a sviluppare l’intelligenza non solo di chi presen-ta difficoltà, ma anche di tutti gli studenti. Uno dei workshops più interessanti per tutti i docenti, non solo per chi opera sul sostegno è risultato essere “Educazione cognitiva ed emotiva: il contributo del metodo Feuerstein” condotto da Ester Bom-bardini del CAM ( Centro per l’apprendimento mediato). Molti insegnanti infatti hanno subito ri-empito la piccola sala D e la curiosità era alta.

INTELLIGENZAUn metodo per svilupparla

Insegnare a pensare

Si tratta di un metodo nato in Israele nel secondo do-poguerra e oggi diffuso in 50 paesi, che si propone di migliorare i processi cognitivi. Studiato per ragazzi con difficoltà di apprendimento, attualmente è utiliz-zato per sviluppare creatività e flessibilità e soprattut-to per attivare risorse rivolte all’imparare a impara-re. È un metodo centrato sull’ascolto, sull’attenzione ai saperi individuali e sui diversi stili cognitivi, privi-legia la riflessione sui processi mentali piuttosto che la trasmissione di contenuti. La consapevolezza del pro-prio modo di apprendere consente di trasferire in al-tre situazioni le abilità possedute e acquisite tramite la formazione e avvia ad un uso autonomo del pensie-ro. L’educacabilità cognitiva ed emotiva è il principio su cui si fonda il metodo Feuerstein, che rientra in quelle metodologie rivolte al potenziamento delle ri-sorse umane e focalizzate sul “come si apprende” e sul

“come aiutare ad apprendere”, obiettivo imprescindibi-le della nuova professionalità docente.

La modificabilità cognitiva

Alla base c’è la concezione olistica dell’individuo che non separa intelligenza ed emozioni, educazio-ne razionale ed educazione emotiva. Un altro princi-pio è la teoria della modificabilità cognitivo struttu-rale ovvero la convinzione che l’intelligenza non sia un dato di fatto, presente dalla nascita e immutabi-le nel tempo, bensì che in ogni età e situazione l’indi-viduo sia modificabile e possa attivare risorse latenti. Tale modificabilità può essere indotta più facilmente attraverso l’apprendimento mediato, una particolare relazione tra docente e discente, in cui il ruolo dell’in-segnante non è quello di dare soluzioni, ma di aiutare lo studente a diventare consapevole del processo di ap-prendimento. È un’attenzione dialogica che si focaliz-za sui processi. Viene chiesta giustificazione di tutte le risposte, anche di quelle corrette. Un altro passaggio poi è fare bridging, cioè trasferire i principi acquisi-ti in contesti diversi, stabilire relazioni tra le esperien-ze nuove e quelle familiari. Il mediatore inoltre usa in-centivi intrinseci al compito, comunica entusiasmo rispetto all’apprendimento in modo che l’allievo ac-quisisca fiducia in se stesso e nelle sue capacità.

Attenzione al compito

Essere dei mediatori consapevoli significa riflettere su quali sono le funzioni cognitive di base che si vo-gliono stimolare e su quale tipo di compito sia più adatto a farlo. Il compito deve sempre fornire degli stimoli e avere delle variabili in modo da poter entrare nella zona di sviluppo prossimale, di cui ci ha parlato Vygotskij: non essere cioè né troppo facile né troppo difficile, ma contenere una sfida ottimale. Può stimo-lare al confronto, alla classificazione, all’esplorazione sistematica, cioè alle operazioni mentali più impor-tanti per vivere e per avere un bagaglio cognitivo for-te. La didattica utilizzata è fortemente interattiva e ri-chiede un’attività di natura metacognitiva, riferendosi alla conoscenza che ciascuno ha dei propri processi cognitivi e dei loro prodotti, di cui l’educatore diven-ta cassa di risonanza. Tutti i compiti sono impostati sul problem solving, mentre i contenuti possono es-sere di varia natura. Ad esempio, un compito molto semplice che richiede di unire diversi puntini, nume-rati o meno a seconda dell’età dei discenti, mobilita la capacità di attenzione, pianificazione, interiorizzazio-ne, flessibilità e richiede di osservare, decidere, inter-pretare.

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L’esperienza in prima persona

Dopo aver condiviso gli aspetti teorici su cui pog-gia il metodo Feuerstein e averne visto i passaggi, il gruppo ne ha fatto esperienza diretta. Sullo schermo è stato proiettato un compito che nessuno dei pre-senti è riuscito a risolvere, nonostante si trattasse di persone adulte e laureate. Il sentimento generale è stato di frustrazione. La conduttrice ci ha fornito un esempio di apprendimento mediato, fornendoci un compito più semplice e guidandoci nelle varie operazioni di identificazione del problema, di scelta delle possibili soluzioni, di consapevolezza del pro-cesso. Non ci ha mai dato soluzioni, ma solo gli stru-menti per arrivare alla soluzione. Una volta risolto il compito più semplice il gruppo è stato in grado di risolvere anche quello più complesso, facendo pon-te e applicando la stessa strategia. La soddisfazione è stata generale, soddisfazione di aver capito il tipo di compito, di avere capito qual era il meccanismo utile per risolverlo e di essere arrivati da soli alla so-luzione. La sensazione di incompetenza e stanchezza che credevamo legata all’orario, visto che si trattava dell’ultimo workshop della giornata, si era magica-mente dissolta. Come ci è stato detto, cognizione ed emozione sono due facce della stessa medaglia e la componente emotiva è anche quella energetica.

La ricerca

I cambiamenti registrati nelle classi dopo l’utilizzo di questo metodo generalmente sono la diminuzio-ne del numero di errori, l’uso di vocaboli e concet-ti più difficili, l’utilizzo di più fonti di informazione, la tendenza a leggere spontaneamente le istruzioni, l’aumento del sentimento di competenza, la dimi-nuzione dell’ansia rispetto al nuovo e al comples-so e della giustificazione di fronte all’errore. È stata presentata una ricerca condotta, con la supervisio-ne dell’Università di Bologna, in una scuola media di Rimini. Ha coinvolto studenti, insegnanti, per-sonale ATA e genitori. Gli studenti hanno svolto in orario scolastico dei laboratori cognitivi utilizzan-do il metodo Feuerstein, detto anche Programma di Arricchimento Strumentale, gli insegnanti ed il per-sonale non docente hanno seguito una formazione specifica sul metodo ed i genitori hanno seguito dei laboratori cognitivi a loro rivolti. Si trattava di una classe prima, affiancata da una classe di controllo che ha seguito una didattica tradizionale. Si è così po-tuto verificare che l’applicazione del metodo Feuer-stein ha avuto una ricaduta positiva anche sull’ap-prendimento delle discipline stesse, in particolare

si sono registrati miglioramenti nella comprensione della lettura e nelle abilità matematiche. È aumenta-ta la comprensione e la sensibilità al testo estesa an-che alla comprensione del testo di problemi mate-matici, è migliorata la categorizzazione dei problemi, di cui viene riconosciuta la struttura profonda.

Feuerstein in diretta

Prima di concludere questo workshop, abbiamo po-tuto vedere e ascoltare in video l’ideatore del metodo, Reuven Feuerstein, carismatico e arzillo, nonostan-te gli ottantotto anni, con l’aspetto di un patriar-ca biblico. Le sue parole ribadiscono il ruolo delle emozioni nell’apprendimento. L’affettività è un fat-tore energetico che genera ed è generato dai processi cognitivi. Alla domanda perché nel suo metodo ven-ga data tanta importanza agli aspetti cognitivi, Feu-erstein risponde che l’elemento cognitivo è quello che presenta più modificabilità, mentre l’elemen-to emotivo è meno plastico, si modifica però conse-guentemente alle modifiche cognitive. La determi-nante cognitiva permette all’individuo di leggere i suoi sentimenti, di elaborarli e reinterpretarli secon-do una prospettiva più ampia, ciò determina anche un cambiamento emotivo. Nel corso dell’apprendi-mento mediato lo stesso mediatore cambia, grazie alla sua intenzione di mediare. Feuerstein conclude dicendo che se siamo interessati a trasmettere alle ge-nerazioni future qualcosa di noi, la consapevolezza di questa nostra intenzione modifica il nostro stesso comportamento eliminando gli aspetti di che non ci sembrano funzionali. Da questo punto di vista l’ap-proccio mediato all’insegnamento è una spinta po-tente anche al cambiamento di sé. (P.L.)

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32 n.12 dicembre 2009

la mozione

Più di 4000 persone da tutta Italia, del mondo della scuola, dei servizi sanitari e sociali, dell’uni-versità e della ricerca, nonché familiari di perso-ne con disabilità, si sono incontrate, come ogni due anni, a Rimini nel più importante appunta-mento nazionale sui temi dell’inclusione scola-stica e sociale. È stato un momento di appassio-nato incontro non solo scientifico e pedagogico, sullo sviluppo della qualità del nostro lavoro. È stato, come sempre, anche un incontro di valore civile, di riconoscimento dell’identità di chi cre-de in una società inclusiva e non si arrende mai.

ACCOGLIENTI“Una vita non si boccia. Mai”

Mozione fi nale

«Una vita non si boccia. Mai»

Più di 4000 persone da tutta Italia, del mondo della scuola, dei servizi sanitari e sociali, dell’università e della ricerca,

nonché familiari di persone con disabilità, si sono incontrate, come ogni due anni, a Rimini nel più importante ap-

puntamento nazionale sui temi dell’inclusione scolastica e sociale.

È stato un momento di appassionato incontro non solo scientifi co e pedagogico, sullo sviluppo della qualità del

nostro lavoro. È stato, come sempre, anche un incontro di valore civile, di riconoscimento dell’identità di chi crede in

una società inclusiva e non si arrende mai.

Due anni fa, i partecipanti alla sesta edizione del convegno hanno approvato una speciale «carta di impegni» nella

quale ognuno ha condiviso di agire con la durezza e la tenerezza che l’argomento richiede, partendo dal proprio

lavoro, per dare qualità all’integrazione senza alibi e reticenze.

Con la stessa durezza e tenerezza di due anni fa, confermiamo il nostro impegno personale.

Ma altrettanto denunciamo i rischi di deriva sociale che viviamo ogni giorno e che temiamo portino oggi a un punto

di non ritorno. Temiamo cioè il declino di una vera integrazione, verso nuove forme di esclusione, di carità com-

passionevole, di assistenzialismo, cioè l’opposto di una naturale realizzazione di diritti elementari, che pensavamo

conquistati una volta per tutte: diritto alla qualità della vita, allo studio, al lavoro, alla relazione, allo sviluppo di tutte

le potenzialità ed eccellenze, alla cura come rispetto e dignità, all’autodeterminazione, alla non discriminazione e

pari opportunità.

Quest’epoca ci chiede una denuncia civile e ragionata che coinvolge tutto il nostro paese, dai soggetti politici, a

quelli sociali, economici, e culturali: siamo in un paese che è ancora di eccellenza per l’integrazione in Europa ma che

rischia tra non molto di diventare solo un ex.

La Qualitàdell’integrazione scolastica

Rimini, 13-14-15 novembre 2009

7° Convegno internazionale

2009

Centro Studi Erickson

n.12 dicembre 200932

Nel 2007 “la carta di impegni”

Due anni fa, i partecipanti alla se-sta edizione del convegno hanno approvato una speciale «carta di impegni» nella quale ognuno ha condiviso di agire con la durezza e la tenerezza che l’argomento ri-chiede, partendo dal proprio lavo-ro, per dare qualità all’integrazione senza alibi e reticenze. Con la stes-sa durezza e tenerezza di due anni fa, confermiamo il nostro impe-gno personale. Ma altrettanto de-nunciamo i rischi di deriva socia-le che viviamo ogni giorno e che temiamo portino oggi a un pun-to di non ritorno. Temiamo cioè il declino di una vera integrazio-ne, verso nuove forme di esclusio-ne, di carità compassionevole, di assistenzialismo, cioè l’opposto di una naturale realizzazione di dirit-ti elementari, che pensavamo con-quistati una volta per tutte: diritto alla qualità della vita, allo studio, al lavoro, alla relazione, allo svi-luppo di tutte le potenzialità ed eccellenze, alla cura come rispet-to e dignità, all’autodeterminazio-ne, alla non discriminazione e pari opportunità. Quest’epoca ci chie-de una denuncia civile e ragionata

che coinvolge tutto il nostro paese, dai soggetti politici, a quelli socia-li, economici, e culturali: siamo in un paese che è ancora di eccellen-za per l’integrazione in Europa ma che rischia tra non molto di diven-tare solo un ex.

Centro Studi Erickson

signori politici, amministratori, responsabili istituzionali!

Non dimenticate mai che la disabi-lità attraversa la vita, è nella vita, non è un destino fuori di noi. Po-trebbe capitarvi un giorno di avere bisogno di una carrozzina, di pan-noloni, di riabilitazione, di avere un figlio o un parente con disabilità.

Capireste allora il troppo gran-de scarto tra le tante buone paro-le delle nostre leggi e i fatti concreti che si realizzano nella quotidianità del governo dell’integrazione. Per troppi di voi la Legge 104, la Leg-ge 328 sul progetto di vita, la stessa convenzione ONU sui diritti del-le persone con disabilità sono, se vediamo i fatti, petizioni astratte, chiacchiere buoniste, illusioni di

diritti mai davvero con cretamente realizzati per tutti. Mentre il mon-do ci interroga su come abbiamo fatto a creare un modello scolasti-co inclusivo, l’Italia è assente dal-la Conferenza di Salamanca del 2009, il più importante appunta-mento internazionale sull’inclusio-ne. L’abulia, la marginalità di inte-resse istituzionale, la troppa varietà di comportamenti istituzionali a macchie di le opardo nel paese, de-nunciano la vostra assenza di visio-ne del futuro: ogni negativa inte-grazione di ogni singolo giovane diventa un costo sociale ed econo-mico in più nel futuro, oltre che una dolorosa lesione di diritti, so-prattutto una perdita di umanità. Con la vostra abulia voi bocciate troppe vite. Ciò che vi chiediamo non sono solo investimenti econo-mici, ma anche una diversa cultura del servizio pubblico, dove gover-nance attiva, promozione, qualità dei servizi si alleano con ogni per-sona disabile diventando fatti, non parole, diritti e non carità, respon-sabilità condivisa e non estenuan-te contrattazione personale per i diritti quotidiani negati. Per que-sto condividiamo il grido d’allar-me che le federazioni delle perso-ne con disabilità della FISH e della

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FAND hanno lanciato in questi giorni. L’elenco delle vostre abu-lie sarebbe lungo. Ci basta qui se-gnalarvi la scarsa attenzione alla formazione di tutti gli operatori scolastici sul tema dell’integrazio-ne, accompagnata da disattenzio-ne sulla qualificazione e organiz-zazione del personale specifico per l’integrazione, spesso considera-to di fatto marginale e accessorio, più una concessione alla pietà che un progetto di sviluppo. Ci basta segnalarvi l’abnorme aumento del numero degli alunni per classe, fuori dal DPR 81/09 e da qualsiasi buon senso pedagogico, in presen-za di un grande numero di alun-ni con disabilità, a discapito di una minima qualità dell’in segnamento per tutti. Ci basta segnalarvi come i processi scolastici in atto sembrano confondere merito con selezione, come se l’integra zione con successo dell’alunno con disabilità non fos-se il primo indicatore di eccellenza per tutti gli altri.

Vogliamo quindi dire a voi chiaro e tondo basta, almeno noi che con du-rezza e tenerezza giorno per giorno lavoriamo nell’integrazione, rice-vendo da questa esperienza un sen-so vero della vita e uno scopo alto di umanità.

signori sindacalisti!

Non dimenticate mai che la disabili-tà attraversa la vita, è nella vita, non è un destino fuori di noi. Potrebbe ca-pitarvi un giorno di avere bisogno di una carrozzina, di pannoloni, di ri-abilitazione, di avere un figlio o un parente con disabilità.

Capireste allora che tra il giusto interesse del lavoratore e il dirit-to della persona con disabilità bi-sogna una volta per tutte scegliere a favore della seconda. È ora di so-stenere, ad esempio, senza drammi che la continuità didattica del do-cente di sostegno è necessaria sen-za se e senza ma, che questa profes-sione va ben selezionata e formata, e va valorizzata la sua professiona-lità non come alibi per entrare nei ruoli. È ora soprattutto di sostene-re che tutti i docenti -assolutamen-te tutti- debbano essere esperti di inclusione. È ora di riconoscere in-sieme che conta di più il diritto di ogni bambino ad essere promosso e non bocciato da regole contrat-tuali corporative. Non vi pare che così si renderebbe il lavoro docen-te migliore, più professionale per tutti? Con il vostro corporativismo voi bocciate troppe vite.

Anche a voi diciamo, quindi, chia-ro e tondo basta, almeno noi che con durezza e tenerezza giorno per gior-no lavoriamo nell’integrazione, rice-vendo da questa esperienza un sen-so vero della vita e uno scopo alto di umanità.

signori delle chiese e del terzo settore!

Crediamo e speriamo che anche voi condividiate i diritti inalienabi-li di ogni persona umana ad avere una vita di gnitosa, aperta, di auto-realizzazione. Vi chiediamo quin-di più coerenza con questi princi-

pi per evitare che tra alcu ni di voi prevalga un assistenzialismo carita-tevole, l’offerta mimetizzata di isti-tuzioni chiuse, con classi speciali e differenziali, evitando una sorta di business della carità a fronte del-la manchevolezze dei sistemi socia-li pubblici e aperti di integrazio-ne: Non fate degli errori pubblici un vostro affare, siate invece con noi a migliorare la qualità dell’in-tegrazione. Non bocciate nessuna vita assieme a noi, assieme a quel-la grande scuola di Barbiana, del nostro comune ispiratore Don Lo-renzo Milani, per il quale «la scuo-la che espelle Gianni non ha dirit-to di chiamarsi scuola».

signori dell’economia e della produzione!

Non dimenticate mai che la disabi-lità attraversa la vita, è nella vita, non è un destino fuori di noi. Po-trebbe capitarvi un giorno di avere bisogno di una carrozzina, di pan-noloni, di riabilitazione, di avere un figlio o un parente con disabi-lità.

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34 n.12 dicembre 2009

Capireste allora che la vostra appa-rente furbizia per evitare di assume-re un cittadino disabile, aggirando le leggi, rende la qualità della no-stra ricchezza nazionale inquinata, il profitto una vera ingiustizia. Ma perdete così anche un’opportu nità di fare delle imprese e del lavoro un patrimonio capace di fare in-sieme sviluppo economico e civil-tà del lavoro.

Anche a voi diciamo chiaro e ton-do basta, ricordandovi che la recen-te crisi economica non è derivata dai lavoratori che chiedono lavoro sta-bile e salari decenti, e neppure dai disabili che chiedono un lavoro di-gnitoso, ma dall’ingordigia di alcu-ni di voi che hanno speculato nella finanza, alla faccia di una mi gliore distribuzione delle ricchezze. Voi ri-schiate così di bocciare la vita di tan-ti, non solo dei disabili, se non sa-remo insieme capaci di trovare una nuova etica nell’economia e nel la-voro.

signori cittadini qualsiasi della nostra Italia!

Non dimenticate mai che la disabi-lità attraversa la vita, è nella vita, non è un destino fuori di noi. Po-trebbe capitarvi un giorno di avere bisogno di una carrozzina, di pan-noloni, di riabilitazione, di avere un figlio o un parente con disabilità

Capireste allora che la disabili-tà riguarda tutti, che non è bene girarsi dall’altra parte perchè oggi non vi riguarda. Capireste che quel bambino compagno di ban-co di vostro figlio è una risor-sa di civiltà e di apprendimen-to per tutti, non un peso perchè così vostro figlio non va avanti. Vi diciamo che non serve pietà, non serve beneficenza, non serve commuoversi per qualche lacrime-

vole storia che passa in tv, ma par-tecipare tutti con responsabilità al destino di ogni nostro vicino di casa. Il destino di tutti è il vostro personale destino. Non bocciate la vita degli altri, perchè vi interes-sa solo la promozione della vostra. Così bocciate la vostra umanità.

Anche a voi diciamo basta al disin-teresse, alla pietà ingenua che spesso diventa cinica, ve lo diciamo noi che con durezza e tenerezza giorno per giorno lavoriamo nell’integrazione, ricevendo da questa espe rienza un senso vero della vita e uno scopo alto di umanità.

L’emergenza educativa e sociale a cui molti dicono di porre oggi at-tenzione, spesso disseminando più paura che speranza, ha bisogno di credere invece in tutte le persone, oggi più che nel passato, ora che nelle nostre classi e nelle nostre città aumenta l’eterogeneità individua-le, sociale ed economica. Un balzo in avanti di eguaglianza, di comu-nità e di solidarietà, è la nostra uni-ca possibile eccellenza per il futu-ro, non la nascita di nuovi ghetti, il brevetto di nuovi farmaci chimici e ideologici miracolosi, l’organiz-zazione coatta di nuovi sofisticati

assistenzialismi. Non bocciamo nessuna vita, e lo diciamo noi che quotidianamente viviamo con le vite che rischiano esclusione e ab-bandono. Come ci ha insegnato De Andrè, dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori.

È dalla vita di ognuno, a partire da quella più difficile da realizzarsi, che la vita ha senso per tutti, anzi spesso dal letame nasce migliore di quella che nasce nel lusso e nell’ap-parenza. Non è l’eccellenza di al-cuni che renderà felice una socie-tà, ma se questa è aperta a tutti, in una terra comune fertile per la vita di ognuno, una società diventerà felice per valori essenziali condivisi (alla dignità, allo sviluppo, alla fe-licità realisticamente possibile) re-alizzati a partire da chi ha avuto di meno. Con la solita durezza e con la soli-ta tenerezza, noi siamo ancora qui ad impegnarci in prima persona, proprio per questo non possiamo fare sconti a nessuno né trovare at-tenuanti. Come ci dice lo slogan di questo convegno: «quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare» e dunque felici di essere italiani se e perchè accoglienti.

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Il rapportocon la tradizione

Secondo Massimo Borghesi, la questione fondamentale riguar-da il rapporto tra la tradizione e il presente. Quello che manca nel-la scuola attuale è, a suo parere, il legame con la tradizione cultu-rale che permette di trasmettere ciò che è degno di esistere. Perché questo accada occorre che l’inse-gnante si faccia educatore. Tut-ti abbiamo chiaro, ormai da anni, che istruire non è educare. Di crisi educativa parlano così tanto gior-nali e riviste da farle rischiare la banalizzazione. Dalle ultime in-dagini IARD, emerge però che gli insegnanti non sono pentiti della loro scelta professionale, anzi la ri-farebbero. Questo dimostra che la passione educativa non è venu-ta meno, e allora, ci si chiede, per-ché non riescono più ad educare. La tradizione culturale umanisti-ca fino a qualche decennio fa co-stituiva l’asse portante della scuola, il problema oggi è che essa è venu-ta a mancare, lasciando al suo po-sto un grande vuoto.

La società senza storia

Siamo nella società del vuoto. Tut-to ciò non è piombato sulla scuola

EDUCA 2009 il dibattito

“Basta istruire?” è stato senza dubbio uno de-gli appuntamenti pià vicini al mondo dellla scuo-la nell’edizione 2009. Venerdì 25 settembre alle 17.30, nell’aula Magna del Palazzo istruzione di Rovereto, Mario Rusconi, dirigente scolastico vicepresidente dell’ANP, Massimo Borghesi, docente di filosofia morale presso l’Università di Perugia ed Edoardo Albinati, scrittore e insegnante di materie letterarie, coordinati da Riccardo Bonacina, hanno discusso sul ruolo della scuola e sulla sua funzione educativa o puramente istruttiva nella società attuale.

SCUOLAIstruire o educare?

per caso. La fine della grande spe-ranza, alimentata dal comunismo, ha lasciato il vuoto dietro di sé. È come se oggi fossimo in una di-mensione di fine della storia. Fine della storia del progresso continuo. Questa fine della storia significa che i giovani oggi si sentono senza pas-sato. La nostra generazione, invece, aveva una storia, grazie alla quale entrava in contatto con una tradi-zione umanistica attraverso i clas-sici. In famiglia c’erano i racconti della Seconda Guerra Mondiale e attraverso la sfera familiare ci si sen-tiva dentro la grande storia; i parti-ti politici portavano con sé più di un secolo di storia. Scuola, famiglia e società, tutte insieme, introduce-vano alla storia. La generazione di oggi, invece, è senza storia alle spal-le, senza radici. A questa mancan-za si è proposto come falso rime-dio l’invenzione di una tradizione, lo studio del dialetto, del folclore, il localismo; si è cercato così di co-struire una tradizione. Ma a scuola, secondo Borghesi, il termine “tra-dizione” ha senso solo se indica la tradizione umanistica, che va dal particolare all’universale.

La crisi della scuola

Non si va a scuola per apprendere tutto. Oggi le scuole sono come dei

supermarket che offrono di tutto un po’. Ovviamente si va a scuola per apprendere un lavoro, ma questo dovrebbe essere inserito nel quadro di una tradizione culturale. Dan-te e Omero sono importanti anche per chi farà il metalmeccanico. Così pure Dostojewski ed i grandi della letteratura straniera. La formazio-ne e l’educazione a scuola passano attraverso una tradizione cultura-le che viene consegnata da una ge-nerazione all’altra. Essa è come il testamento che consegna alle nuo-ve generazioni ciò che la generazio-ne passata considera il meglio che si possa tramandare. Ora questa idea di meglio non è più chiara. I libri, i contenuti non sono irrilevanti nel processo formativo e l’insegnante diventa “maestro” quando li riat-tualizza nel presente. La crisi della scuola è anche crisi della sua tradi-zione, ora non si trasmette più nul-la che rimanga per la vita, e poi ci si lamenta che gli studenti non san-no più scrivere.

crisi educativa

Questo processo attraversa, non solo l’Italia, ma tutti i paesi evolu-ti. La crisi educativa è un processo che resiste ad ogni riforma, perché in sé una riforma non può interve-nire a questo livello; può attuare un maggior rigore, che sarebbe legitti-mo solo se avesse la contropartita di una tensione rinnovata tra scuo-la e mondo del lavoro. Lo scopo

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ultimo della scuola è l’introduzio-ne alla vita, mentre la scuola oggi non forma né per l’uno né per l’al-tra. Non istruisce né forma e quan-do ancora lo fa è perché singoli do-centi non hanno dimenticato la vocazione e la passione che li han-no spinti ad insegnare. Qui è il do-cente che supera la dissociazione tra l’ideologo e il tecnico. L’insegnan-te è colui che trasmette un’abilità all’interno di una tradizione cultu-rale. Riccardo Bonacina interpella sul tema della tradizione anche Al-binati, insegnante scrittore, auto-re di numerosi libri che spesso de-scrivono situazioni di frontiera, sia biografiche sia geografiche o socia-li. Ha appena pubblicato la raccolta di racconti, “Guerra alla tristezza”, alcuni dei quali sono di argomento scolastico, come il racconto “Undi-cesimo: non insegnare”.

Le situazioni “estreme”

L’insegnante scrittore, dopo avere dichiarato che il suo punto di vista è anche quello di un padre, confes-sa, per quanto riguarda la scuola, di trovarsi ad assumere spesso il pun-to di vista degli studenti e di sentir-si molto empatico nei loro riguar-di. Questo lo aiuta a compiere il

suo dovere di insegnante. Si è sem-pre interessato, anche nei suoi libri, alle situazioni cosiddette “estreme” perché è lì che si vede se le cose funzionano. La scuola nel carce-re di Rebibbia, presso la quale at-tualmente insegna, è una di queste. In essa essere senza libri o con una finestra rotta e magari fare lezione ad un tossicodipendente in crisi di astinenza è all’ordine del giorno. È lì che si può vedere se si riesce legge-re una pagina di Dante, se funziona oppure no Se non ci si riesce, vuol dire che c’è qualcosa di sbagliato. E invece succede che ci si riesca e con successo. Albinati dichiara di svol-gere gli stessi programmi di un isti-tuto normale, senza riduzioni, ma-gari con più soddisfazione perché a volte trova qui chi è in grado di ca-pire certi autori, come, ad esempio, Machiavelli o Leopardi. Certi temi che sugli studenti della scuola nor-male “scivolano” in questa situazio-ne, invece, lasciano una traccia in-delebile aiutando a capire meglio se stessi.

Il senso della scuola

Non solo la letteratura, ma in carce-re si riesce pure ad insegnare l’ana-lisi logica, che è la cosa più astratta

e formale, per apprendere la quale occorre pazienza, mentre la menta-lità del detenuto è portata alla con-cretezza e alla praticità. Eppure ci si riesce e serve. La scuola, secon-do Albinati, è un mondo separa-to, la lezione è un istante astratto, che può contenere una sua perfe-zione, dove l’esistenza viene sospesa e proprio questo “distacco”nel cor-so di una detenzione è importante. L’orientamento pedagogico attuale sempre più tende a ridurre l’educa-zione in vista dell’inserimento nel mondo del lavoro, senza considera-re che si sta a scuola per così tanti anni che è meglio che la scuola ab-bia un fine in se stessa e non solo in vista di una professione futura. Il tempo della scuola deve essere valo-rizzato in ogni suo momento e ave-re senso mentre avviene. La singola ora di lezione deve essere significa-tiva in sé, non solo perché alla fine di un percorso di cinque anni si ot-terrà il diploma. “Rendere ogni ora degna di essere vissuta”, que-sto potrebbe essere il motto del-la scuola.. La scuola non può avere senso solo quando finisce, sarebbe come dire che il senso della vita è solo la morte

Quale cittadino per i futuro?

Anche a Mario Rusconi viene chie-sto di esprimere il proprio pensiero, sulla base della sua esperienza di di-rigente scolastico, che sicuramente lo stimola alla concretezza. La scuo-la, secondo lui dovrebbe creare un buon cittadino e allora chiedia-moci quali siano ne siano i requi-siti fondamentali nella società at-tuale. Certamente delle conoscenze

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culturali, che comprendano anche l’ambito scientifico e delle com-petenze professionali, unite però anche a delle abilità pro-sociali. È importante senza dubbio che lo studente, futuro cittadino, acquisi-sca il rispetto delle regole di citta-dinanza, l’apertura verso gli altri, la solidarietà. Ha trovato deprimente il dibattito sulla questione del 5 in condotta così come quello sull’inse-gnamento del dialetto nelle scuole, che ha occupato numerose pagine dei giornali. È ora di passare da una fase dominata dalla retorica della centralità dello studente alla cen-tralità del docente per rivederne la formazione iniziale, la formazio-ne in servizio e stabilire anche delle categorie di merito. Siamo l’unico Stato, insieme alla Grecia, che non prevede una carriera per i docenti, cioè una valorizzazione del merito. Lasciare la situazione così come sta significa non riconoscere la profes-sionalità degli insegnanti. Un’altra questione, su cui ci invita a riflettere Massimo Borghesi, autore de “Il soggetto assente” è che la cul-tura trasmessa oggi dall’istituzione scolastica è basata sull’abolizione dell’io, su una specie di spersona-lizzazione, mentre è dall’afferma-zione dell’io che sarebbe necessario ripartire. Alla scuola si sta chieden-do di istituire corsi di cittadinanza, corsi di educazione stradale, edu-cazione alla salute ecc. Le si chie-de di reagire alla crisi attuale, senza tenere conto che è essa stessa par-te del problema. È proprio a scuola che i ragazzi assimilano un sostan-ziale scetticismo riguardo al senso della vita. Se un insegnante molto scettico comunica ai ragazzi una so-stanziale diffidenza, l’ambiente sco-

lastico non induce ad una adesio-ne positiva all’esistenza, ma diventa luogo della problematizzazione infinita. Per avere un valore posi-tivo, la problematizzazione dovreb-be essere accompagnata da un pro-cesso che permetta di capire che da qualche parte le risposte ci sono.

I libri di testo odierni

Di fronte alle lamentele dei figli che fanno fatica a studiare, Bor-ghesi ha potuto constatare che in questi anni i libri di testo sono cambiati. Sono aumentati inter-venti che potrebbero essere defini-ti di disarticolazione della ragione. Educare alla ragione è educare a riconoscere ciò che è essenziale da ciò che è secondario. Ora invece ci troviamo di fronte a libri di te-sto che contengono di tutto e di più, così abbiamo ragazzi che stu-diano tutto (pochi) e ragazzi che non studiano niente (la maggior parte). Negli ultimi quarant’anni è cambiata la tradizione cultura-le presente nei manuali scolastici: l’elemento soggettivo è stato tol-to. Nell’opera non è più rilevan-te il contenuto, ma solo la forma, forma che abolisce la soggettività. Capita così che uno studente deb-ba leggere dieci pagine di critica letteraria prima di poter leggere il brano, si rompe così la comunica-zione tra lo studente e l’autore. Una metodologia oggettiva ha avuto il sopravvento su quella che insegnava la soggettività. Nei manuali di un tempo, un ragaz-zo poteva ancora riconoscersi in scrittori come Leopardi o Manzo-ni o Ungaretti perché le doman-de che l’autore si poneva erano le

sue. L’insegnante non doveva fare altro che far capire questa corri-spondenza. Al giorno d’oggi, in-vece, bisogna studiare la letteratu-ra per studiarne generi e registri, e non gli autori. Gli studi letterari hanno lo scopo di farci conosce-re gli strumenti di cui si servono, di conseguenza leggere le opere letterarie non porta più a riflet-tere sulla condizione umana, ma su nozioni critiche. L’insegnan-te di lettere si trova di fronte ad una scelta che il più delle volte gli sfugge per cui si limita a seguire il testo. Il disamore per l’umano

Il metodo strutturale è una del-le cause del disamore per l’umano nella scuola di oggi. Ha più senso studiare i metodi di analisi oppu-re le opere ritenute fondamentali grazie ai metodi di analisi? Si legge per trovare un significato, per ab-bellire la propria esistenza, per ca-pire meglio se stessi. Così anche per la storia, che certamente non è fatta solo di date e grandi perso-naggi, ma adesso si è passati all’ec-cesso opposto e ne esce una storia fatta di diagrammi statistici, rifles-sioni economiche e geografiche. Come fa un ragazzo ad appassio-narsi ad una storia così? Potreb-be essere questa una delle cause dell’apatia giovanile nello studio. Il problema della crisi della scuo-la di oggi è, sempre secondo Bor-ghesi, anche il problema della crisi di una tradizione culturale uma-nistica. Ci si lamenta che i ragazzi non studiano, ma sono i libri testi ad essere complicatissimi e poco invitanti. (P. L.)

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FORMAZIONE PROFESSIONALE

Cfp “Centromoda Canossa” Trento

Destinazione scuola moda Koning Willelm I College a Hertogen-bosch, Olanda. I ragazzi del Centromoda Canossa sono rientrati il 17 novembre dopo aver trascorso una settimana nel Communi-ty College, un polo di notevoli dimensioni, con un’utenza di circa 12000 alunni e strutturato in diverse divisioni: moda, grafica, teatro, alberghiero, turismo e tanto altro. Creatività e tecnica le parole chia-ve che ricevono un nuovo slancio e che si sono portati dietro i ragazzi del quarto anno, che si preparano ormai al mondo del lavoro.

OLANDA Alla scuola moda di Hertogenbosch

Il college

Nella splendida aula con le travi a vista della sede ristrutturata di via Grazioli, in cui il Centromoda Ca-nossa è rientrato dall’anno scolasti-co appena trascorso, i ragazzi par-lano volentieri dell’esperienza che si è conclusa soltanto il giorno pre-cedente a Hertogenbosch. Sono entusiasti di essere stati in Olanda e, nonostante la stanchezza, han-no voglia di raccontare le loro im-pressioni non solo scolastiche e di classe ma anche le relazioni uma-ne che hanno intessuto e la diver-sa “società” che hanno sperimen-tato per qualche giorno. Il campus

intitolato a Koning Willelm I è un polo scolastico davvero molto grande, quasi una piccola cittadel-la con tanto di vie e di indicazioni per potersi muovere con disinvol-tura e una grande mensa che fun-ge da punto di riferimento per tutti questi ragazzi che si spostano da un corso all’altro. Ma non è solo que-sto, è una scuola molto importan-te perché forma gli allievi ad affron-tare il mercato del lavoro a livello internazionale, utilizzando le tec-nologie più all’avanguardia e speci-fiche strategie di apprendimento. Si punta molto anche sull’esperienza sul campo, sperimentando nel con-creto le realtà lavorative che si an-

dranno a utilizzare nel mondo del lavoro. I ragazzi portano a esempio di come gli allievi del settore turisti-co degli ultimi anni lavorino già sul campo, visto che all’interno del-la scuola esiste una vera e propria agenzia viaggi funzionante e a di-sposizione di genitori, insegnanti e alunni.

Le potenzialità dei ragazzi

Molti dei ragazzi trentini sono sta-ti attratti dalla creatività dei coeta-nei olandesi, dal punto di vista di-verso con cui guardano alla moda e dal loro modo di creare diverso. Raccontano che i professori han-no un rapporto particolare con gli alunni tanto che la figura dell’inse-gnante è equiparabile a un supervi-sore. Gli olandesi lavorano con più autonomia, il loro apprendimento è strutturato in maniera differen-te, si punta molto sull’empirico, si procede per tentativi ed errori. Gli insegnanti valorizzano molto le po-tenzialità degli studenti, che ven-gono sollecitati continuamente alla sperimentazione e all’innovazio-ne, a provare e riprovare anche se ci sono errori ma senza darne un giudizio nell’immediato. La valu-tazione non è uguale alla nostra e l’obiettivo è posto a lunga scadenza, si guarda al prodotto finale e il per-corso è individuale, nel rispetto dei tempi di ognuno.

La didattica

Anche la didattica è completa-mente differente, c’è molta alter-

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Cfp “Centromoda Canossa” Trentonanza tra l’attività pratica e quella teorica che si fa in classe, tra le le-zioni frontali e i progetti che ven-gono affidati e realizzati in team. L’idea stessa della classe è superata, i gruppi si organizzano su proget-ti che durano 10 settimane l’uno e sono trasversali alle materie men-tre ogni studente ha un tutor di ri-ferimento. Gli spazi della scuola sono studiati con cura e precisio-ne e tutto sembra avere la funzio-ne di motivare i ragazzi allo stu-dio, ma allo stesso tempo viene posta attenzione anche ai momen-ti liberi, da dedicare alle relazione e allo svago. Il focus è naturalmente sull’apprendimento ma grandissi-ma importanza viene data al pen-siero che è alla base dello stesso. La “politica” dominante della scuo-la è la creazione di spazi apposita-mente dedicati al pensare, come la brain–room, nella convinzione che prima devono essere messi a pro-prio agio gli studenti per poi pro-cedere a motivarli nella consapevo-lezza delle proprie potenzialità.

Le creatività olandese

L’impressione è che ci sia più pre-cisione da punto di vista tecni-co nella scuola italiana mentre in Olanda sperimentano maggior-mente, c’è più creatività. Il pun-to di vista è completamente nuovo perchè da noi è rivolto più alla tra-dizione alla moda vera e propria, mentre lì la situazione è differen-te, si punta più all’aspetto artisti-co, all’avanguardia, la moda è let-ta anche come provocazione ed è quindi a forte impatto. Notevole l’importanza affidata all’osserva-zione, si guardano molto le sfilate e si punta l’attenzione sulla vesti-bilità, le proporzioni, le associa-zioni dei tessuti, i colori. I ragaz-zi riportano l’esempio che è stato presentato loro e creato da studen-ti olandesi in cui la modella oltre al vestito molto particolare e colo-rato porta sulle spalle una lampa-da. Interessante il diverso approc-cio al lavoro: in Olanda i ragazzi realizzano il moullage, cioè il ma-nichino in piccolo, mentre al Cen-

tromoda si opera direttamente su taglia e su manichini grandi: fanno sì il disegno, ma poi viene fatta la prova in carta e poi il prototipo in tessuto utilizzando le misure reali e con manichini grandi. Riguardo ai software di design una volta ve-niva utilizzato anche al Centromo-da il programma di disegno moda, ma poi si è preferito passare a qual-cosa di più generalista come Pho-toshop, che nasce per la grafica e ha utilizzi più ampi. In futuro pro-babilmente si tornerà ad usare, pur con costi elevati, il software di set-tore, che ha i suoi vantaggi in ter-mini di velocità.

La lingua inglese

Dal punto di vista dell’esperienza linguistica l’inglese era necessario per poter comunicare. In Olanda e nel Nord Europa l’inglese vie-ne insegnato fin da piccoli e già da molti anni si guarda la televisio-ne britannica con i sottotitoli nella lingua del paese. Il contesto più se-reno e la situazione di full immer-sion hanno permesso ai ragazzi di “lanciarsi” nel parlare in inglese di-versamente da come fanno a scuo-la, in maniera più sciolta. A scuo-la l’inglese viene studiato per tanti anni ma a volte si riscontra spro-porzione con le abilità produtti-ve come la comunicazione ora-le. Un’esperienza sul campo come questa può essere un imput impor-tante per acquisire quella sicurez-za che spinge a parlare un’altra lin-gua pur con la consapevolezza di non essere perfettamente corretti. L’ambiente stesso, in un certo sen-so, permetteva di fare errori ed è stato quindi più facile relazionar-si con gli altri di quanto non sem-brasse all’inizio. Importante e fon-damentale anche l’esperienza per capire che l’apprendimento e le competenze non avvengono solo a lezione, ma anche in contesti non strutturati, nella vita quotidiana. Come persone i coetanei olande-si si sono mostrati interessanti, socievoli e pazienti nel cercare di capire quello che si voleva comu-nicare con i gesti là dove non ar-

rivava la competenza della lingua inglese.

Le differenze Caffè e cibo sono le uniche criti-che mosse. Per il resto ogni gior-no era ben organizzato e struttura-to come la visita culturale alla città di Amsterdam, l’uscita per andare a pattinare e altre iniziative volte alla socializzazione. Ma gli alunni del Centromoda Canossa sono ri-masti molto affascinati soprattutto dall’impostazione apparentemente più libera, in cui i ragazzi, educa-ti già a scuola ad avere fiducia nel-le proprie capacità e potenziali-tà, si gestiscono la loro vita da soli ancora piuttosto giovani. La mag-gior parte dei ragazzi incontrati studiano e lavorano e sono ormai fuori casa, distaccati dalla famiglia molto più di quello che sono i ra-gazzi italiani. Per certi versi sono agevolati perché il datore di lavo-ro preferisce e investe proprio sui giovani. Non va trascurato il fat-to però che nella maggiore auto-nomia si è chiamati anche a una maggior responsabilità e infatti ai nostri studenti questo stile di vita se ha entusiasmato inizialmente ha dato poi un senso di dispersione e smarrimento. È stata in conclusio-ne un’esperienza importante e for-mativa perché sono entrati in con-tatto con un mondo molto diverso dal loro e che, da come hanno rac-contato, li ha arricchiti facendo anche apprezzare loro quello che hanno.

Norma Borgogno

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creatività, innovazione, eccellenza nel servizio

“Osa esser creativo, potresti non avere scelta”. Questo è la mission statement, ovvero la sintesi dell’identità e dello scopo di esistere di una scuola olandese a cui siamo mol-to legati e da cui abbiamo imparato molto. È il punto di partenza per la breve riflessione sulle metodologie didatti-che e gli sforzi di innovazione che stiamo portando avan-ti presso la nostra piccola realtà scolastica. Il risultato fina-le esplicito è l’eccellenza nella formazione verso la moda. Dove per eccellenza intendiamo il miglioramento conti-nuo del lavoro in due dimensioni chiave: relazionale, la dimensione prioritaria, relativa al modo in cui attuiamo il servizio per il bene degli allievi e professionale, relativa ai processi e contenuti della nostra formazione orientati-va alle professioni tecniche della moda.

Una didattica modellata sul flusso progettuale

Come tradurre le buone intenzioni pedagogiche, le in-dicazioni europee in termini di competenze finali, le linee guida dettate dalla Provincia per la programma-zione didattica, in concreta operatività? Nella program-mazione didattica abbiamo provato a ripartire da quel-lo che è il processo reale nel nostro settore relativamente alla ideazione, progettazione e produzione di una col-lezione moda. Capito questo abbiamo cercato di ripro-

durlo, per quanto possibile nel triennio e con maggior chia-rezza il quarto anno, tagliando trasversal-mente le discipline e “funzionalizzando-le” a questo percor-so ideale che da una ricerca di immagine porta, attraverso la progettazione tecnica, che è il cuore della nostra offerta formativa, a dei prototipi. Nel percorso le competenze in ballo sono sia soft (comunicare, lavorare in gruppo, essere intra-prendenti, cercare di risolvere i problemi ecc.) che hard (utilizzare macchinari, utilizzare software per la model-listica dell’abito, assemblare pezzi di tessuto ecc.) e con-sapevoli che le nuove tecnologie modificano l’approc-cio alla conoscenza, stiamo cercando di aggiornare la didattica non solo negli strumenti ma anzitutto nei me-todi con l’obiettivo di creare una Wiki-school.

Alcuni esempi concreti

Dal dire al fare… quando ci confrontiamo sulle pro-grammazioni didattiche oramai tutta la nostra attenzio-ne si focalizza sul come: sembra facile scrivere obiettivi, mentre è molto più difficile pianificare concretamen-te risorse, tempi, spazi, fasi, azioni. Ancora più diffi-cile è non replicare sempre gli stessi schemi e model-li ma aprirsi all’innovazione, adottare ogni tanto scarti di lateralità per inventare qualcosa di nuovo o rivedere il senso delle procedure adottate. Lo chiamiamo in ma-niera un po’esagerata project management creativo, ma è proprio di questo che si tratta. In questi anni ci sia-mo sforzati, come molti dei colleghi degli altri centri di Formazione Professionale, di sperimentare soluzioni di-verse, alcune delle quali abbiamo poi messo a sistema,

Quando 5 anni fa si è trattato di riprendere in mano il percorso e fare scelte decisive, ci siamo posti tre domande chiave per dare senso al lavo-ro in cui siamo quotidianamente impegnati: Chi siamo? dichiarare nuovamente lo scopo del nostro stare assieme e lavorare; Dove siamo diretti? pre-figurare il risultato finale del nostro lavoro, ovve-ro avere una vision rappresentabile in un’immagi-ne concreta di breve/medio/lungo periodo; Come vogliamo camminare? definire precisamente uno stile di lavoro e dei metodi concreti per coordinar-ci, pianificare, agire, in funzione di precisi obiet-tivi e con un chiaro programma di lavoro. Per in-camminarci abbiamo quindi iniziato un lungo e anche doloroso confronto tra noi, ci siamo aperti decisamente al mondo reale e abbiamo cercato di osservare cosa fanno altri che fanno bene.

WIKI SCHOOLLe motivazioni di una scelta

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per evitare che l’innovazione sia demandata solo alla buona volontà del singolo ma entri invece nella struttu-ra del nostro fare scuola. Desidero pertanto elencare in massima sintesi alcune delle azioni cui siamo più legati, accorpandole per aree.area della modellazione del lavoro aziendale e im-prenditorialitàSimulimpresa: moduli in cui si attivano le imprese si-mulate (ma molto concrete!) sulla progettazione e con-sulenza del prodotto moda; Project Work (PW): viene specificamente dedicato alla progettazione personaliz-zata di un prodotto per ogni allievo o per piccoli grup-pi, in modo da riprodurre in piccolo tutta la filiera del-la moda; in Quarta poi il PW viene svolto su commessa di una vera azienda esterna; Associazione studenti: per stimolare l’iniziativa imprenditoriale si è dato vita ad una vera e propria, regolarmente registrata, associazione di studenti ed ex studenti denominata Art Show; Ceii: in collaborazione il Centro Europeo Innovazione e Im-presa dell’Associazione Artigiani, gli allievi di quarta in-contrano imprenditori, ipotizzano idee per proprie dit-te e stilano un Business Plan.area della didattica digitaleWiki-school 2.0: abbiamo attivato un progetto per creare una redazione di una Web Radio, alcuni docenti utilizzano piattaforme open-source per la gestione del-le lezioni (Moodle), abbiamo promosso un progetto di apprendimento creativo in Second Life.area del pensiero creativoMind Lab: stiamo sperimentando il metodo sui gio-vani adulti in un’ottica di potenziamento delle abilità di pensiero e delle soft-skill, secondo il metodo dell’ap-prendimento attraverso il gioco.area dell’orientamentoCon il Consultorio Ucipem moduli mirati in collabo-razione sull’identificazione del Sè e della relazione so-ciale; con Assoform moduli sulla definizione di profes-sionalità e scelte di studio e lavoro.

area dell’internazionalizzazioneGemellaggi operativi, con moduli didattici all’estero, con Olanda, Cina, Svizzera e partecipazione a progetti Leonardo per confronto su prassi con scuole europee.area del presidio educativoprogetto campus, cui abbiamo aderito nel sistema della FP, finalizzato ad arricchire l’offerta formativa e promuovere il merito, prevenire il disagio e marcare il limite.

Alberto Garniga

IL LIbROUna lunga pagina di storia

L’anno scorso sono avvenute le celebrazioni - ricordo del-la presenza delle suore ca-nossiane in terra trentina. La memoria di questi incon-tri celebrativi è stata affida-ta a Silavana Jellici Formi-lan che ha curato il testo dal titolo “200 Anni nel Mon-do 180 a Trento”. L’occasio-ne nasce dall’anno 2008 che richiama due date molto si-gnificative per la storia del-le canossiane: il 1808, anno in cui nasce l’Istituto per opera di S. Maddalena di Canossa e il 1828, anno che vede l’apertura del-la casa canossiana nell’ex convento dei padri Con-ventuali di S. Francesco a Trento. In questa pub-blicazione hanno trovato posto molti interventi e contributi apportati per celebrare Maddalena di Canossa, donna e santa di grande spiritualità, che ha testimoniato con la carità un impegno non solo spirituale ma anche sociale e che ha fondato non una scuola “normale” ma di lavoro. Ripercorrere le tappe di quello che oggi è il Centro di Formazio-ne Professionale Centromoda significa guardare al progetto educativo di Maddalena, nella cui scuola i giovani possono progredire come persone, matura-re nella fede, trovare strumenti di promozione so-ciale in vista dello sviluppo completo delle poten-zialità di ciascuno.

Silvana Jellici Formilan, 200 Anni nel Mondo 180 a Trento - Una lunga pagina di storia canossia-na, Graffite Studio Editore, Malè 2009, pp 190

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Prima che inizi la scuola, nelle ancor calde giornate di tarda estate, gli allievi delle prime dell’Istituto Professionale “S. Pertini” Servizi alla Persona e del Legno, zaino in spalle, partono da Trento per Pra-lungo, vicino a Montevaccino. Accompagnati dagli insegnanti che, per l’occasione, conoscono per la prima volta, si incamminano per tre giorni di accoglienza.

NON SOLO FESTAStudenti, docenti, genitori… tutti!

dall’accoglienza…

Un’accoglienza organizzata e fina-lizzata ad instaurare buone relazio-ni tra gli allievi, e gli insegnanti. Per far capire quali sono gli obiet-tivi di questo istituto nato sul saper fare e finalizzato all’introduzione nel mondo del lavoro. E non solo. Dopo i primi mesi di scuola ecco l’esperienza chiamata “pit stop” e “stop and go”, ovvero “fermati, pensa e riparti”. E’ un’esperienza nata sul presupposto che gli erro-ri se non vengono corretti diven-tano difetti. Quindi, dopo il primo periodo di scuola, si fa il punto, sia da par-te degli insegnanti che degli allie-vi. Questo vuol dire, in pratica, che chi ha ottimizzato il profitto entra in una fase di progettazio-ne di attività extracurriculari che vanno a favore di tutto l’Istituto. Mentre per gli altri c’è un’azione di recupero e di rimotivazione con interventi mirati e talvolta indivi-dualizzati. Interventi effettuati da-gli insegnanti e da formatori ester-ni alla scuola che per l’occasione sono coinvolti nel sistema proget-tuale scolastico. Questo si è con-cretizzato in un’escursione di due giorni a Venezia. La scelta del luo-go non è casuale. La città laguna-re permette allo sguardo di perder-si nell’infinito e nello stesso tempo di rivolgersi al proprio interno per scoprire assonanze tra il proprio Io e la storia e la geografia di un luogo

“altro” rispetto a quello quotidiano degli allievi.

…alla festa del 17 dicembre 2009

Lì, lungo la costa adriatica, è nata l’idea di una grande festa che coin-volgesse tutte le classi dell’istituto. Festa che si è materializzata il gior-no giovedì 17 dicembre alla pre-senza dei genitori, degli insegnan-ti e delle personalità. Gli allievi dei Servizi alla Persona e del Legno si sono organizzati, chi allestendo un gruppo musicale, chi mettendo in cantiere un team creativo, chi si è prestato all’accoglienza dei genitori e delle personalità esterne per l’oc-casione convenute. Poi alcuni allie-vi, assieme ai docenti teorici, han-no predisposto il canovaccio della presentazione e con gli insegnanti di Tecnologia e Processi Operativi si è predisposta una sfilata di accon-ciature natalizie. Uno dei momen-ti più toccanti è stata la proiezio-ne di uno slide show riguardante il principale progetto che ha coinvol-to allievi e docenti della sezione le-gno, la costruzione di tutto l’arre-damento della chiesa di Paganica nell’Abruzzo terremotato. Grande gesto di solidarietà che ha innescato un coinvolgimento tale da prolun-gare le attività in orario extrasco-lastico, permettendo così di vince-re una scommessa contro il tempo e far sì che gli abitanti del piccolo centro possano partecipare alle ce-

lebrazioni natalizie nella loro chiesa. Durante lo spettacolo si sono alter-nati interventi del Dirigente dott. Andrea Schelfi, dell’insegnante co-ordinatore dell’area Bes – Fiorenzo Degasperi –, del coordinatore pro-getto Campus Mario Miorandi, e di personalità esterne come il dott. Roberto Ceccato. Interventi ine-renti le esperienze nate all’interno dell’Istituto di Formazione Profes-sionale e che si stanno, anno dopo anno, migliorando e strutturando. Un’esperienza che vede come fulcro l’Istituto stesso e il mondo esterno. Infatti oltre alle esperienze sopraci-tate, l’Istituto vive un continuo rap-porto tra l’esperienza scolastica in-terna e ciò che accade nel territorio nei vari ambiti: da quello profes-sionale-artigianale, al mondo crea-tivo dell’acconciatura e dell’esteti-ca, alla cooperazione, ai Servizi alla Persona, alle docenze nel Carcere Distrettuale di Trento, nel servizio svolto agli anziani nelle Case di Ri-poso e di Salute Mentale, ecc., agli scambi internazionali (Cina, Gal-les, Irlanda, Finlandia).Questo vuol dire, in termini didat-tici e pedagogici, trasformare il sa-per fare in una cultura teorica e pratica, valutare gli allievi per le loro effettive capacità e tener con-to delle loro potenzialità e indi-rizzarle verso obiettivi di qualità della vita e di qualità professio-nale.Questi sono i primi piccoli pas-si verso un lungo e impegnativo cammino denso di relazioni inter-personali che consentiranno agli allievi di crescere umanamente e acquisire un bagaglio di esperienze significative, valore aggiunto che li porterà a distinguersi anche da un punto di vista professionale.

Mario Morandicoordinatore Progetto Campus

Fiorenzo Degaspericoordinatore BES

(Bisogni Educativi Speciali)

Istituto professionale “S. Pertini” Trento

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SEGNALIAMO

il libro

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scheda

Fabrizio De André, un’ombra inquie-ta - Dieci anni dopo la morte del più gran-de autore della canzone del Novecento si sa quasi tutto della sua vita, quasi tutto del-le sue opere, ma è rimasto per buona parte inesplorato il tesoro originale del suo pensie-ro, della filosofia anarchica che l’ha gui-dato, fin da giovane, su sentieri “eretici” e “disobbedienti”, sempre “in direzione osti-nata e contraria”. Questo libro affronta per la prima volta in modo organico la conce-zione della vita e dell’arte di Fabrizio De André, il filo rosso dell’individualismo li-bertario che spiega le sue scelte artistiche ed esistenziali. Attraverso l’analisi dei suoi li-bri conservati nell’archivio dell’Università di Siena, di lettere e di interviste, si scopro-no i legami profondi tra il suo pensare e i te-sti delle sue canzoni. Ne viene fuori un De André “filosofo anarchico”, sottile e coerente, non solo maestro di melodie e parole…

Federico Premi (Verona 1983), laurea-to in filosofia e linguaggi della moderni-tà (TN) si occupa di comunicazione am-bientale nelle scuole medie e superiori. Cultore di meteorologia, alpinista dilet-tante e musicista irregolare (suona piano-forte e chitarra, il suo circoscritto reper-torio comprende, oltre a De André, De Gregori e Guccini), ha pubblicato poe-sie e saggi su diverse riviste, collabora con il periodico anarchico “A” e con i mensili “Il Momento” e “Il Margine”. Federico Premi, Fabrizio De André, un’ombra inquieta, Ritratto di un pen-satore anarchico, Il Margine, Trento 2009, pp. 196, € 18,00

LETTO DA…… un insegnante

“… Queste pagine dense, coinvolgenti e ben scritte di Fede-rico Premi daranno agli antichi estimatori molte buone ra-gioni in più per amare l’opera di Fabrizio De André…”

Fra tutti i cantautori italiani Fabrizio De André è certamente quello che sembra godere del credito più ampio, anche al di fuo-ri del mondo della canzone. Di lui, infatti, si sono occupati non solo i consueti addetti ai lavori ma pure critici letterari, poeti e scrittori. Il che è dovuto – è appena necessario ricordarlo – so-prattutto all’alta qualità dei suoi testi; una qualità che l’artista ge-novese, lontano da qualsiasi smania di visibilità, aveva saputo col-tivare con una ricerca estremamente accurata sul linguaggio. La sua, invero, era una nativa incontentabilità che lo spingeva sem-pre più avanti, a perseguire una fusione perfetta tra il momento musicale e quello della parola. Fu così che giunse ad esiti straor-dinari come Creuza de mä (1984), Le Nuvole (1990) e Anime sal-ve (1996), che lo situano nella stessa direzione di marcia della più avanzata poesia italiana contemporanea. Verso la molteplicità di registri, il plurilinguismo, il recupero di lingue e la mescolanza degli stili. Ed era destinato a toccare, se la morte non lo avesse ghermito anzitempo, risultati vertiginosi.Rispetto ad un percorso creativo così forte, ho sempre pensato che per parlarne degnamente ci sarebbero voluti solo interpreti seri, capaci di coglierne di volta in volta le numerose sfaccettatu-re, le specificità, la complessità, ed è per questo che ora saluto con vero favore un libro appena pubblicato dalla casa editrice trenti-na Il Margine: “Fabrizio De André, un’ombra inquieta”. L’autore, Federico Premi, giovane studioso di Verona, laureato in filosofia e linguaggi della modernità presso l’Università di Trento, parten-do dall’ipotesi <<che al centro del pensiero poetico deandreiano stia l’idea di anarchia>>, ne indaga le origini, le componenti e le manifestazioni attraverso l’analisi scrupolosa e appassionata del-le opere edite e soprattutto delle carte inedite, accolte e conser-vate dal Centro studi Fabrizio De André dell’Università di Siena. Per la prima volta la filosofia anarchica del Faber, quella che oltre a fare di lui, fin dall’esordio, il cantore degli esclusi, dei margina-li e delle vite fuori binario è stata poi alla base delle sue scelte ar-tistiche ed esistenziali, emerge in tutta la sua originalità e in tut-to il suo autentico spessore. Queste pagine dense, coinvolgenti e ben scritte di Federico Premi daranno, io credo e spero, agli an-tichi estimatori molte buone ragioni in più per amare l’opera di Fabrizio De André e a quelli futuri strumenti solidissimi per sco-prirne il grande valore.

Giuseppe ColangeloDocente di materie letterarie istituti superiori

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«Cantare, credo che sia un ultimo grido di libertà. Forse il più serio». Con questa citazione del cantauto-re genovese Federico Premi conclude l’ultimo capito-lo del libro, lasciando che lo stesso De André ci con-segni queste parole evocative e pregne il cui significato profondo può sfuggire ai più. Eppure, al termine della lettura, dopo che il ritratto del pensatore anarchico si è fatto chiaro, queste parole come quelle molto più co-nosciute delle canzoni assumono un significato nuo-vo, potente e rivoluzionario. Certamente questo è il primo libro che, ricomponen-do in una trama organica i numerosi appunti di Fa-brizio annotati a margine dei libri, sui biglietti del-la spesa o su ritagli di giornale, ci consegna un nuovo ed inedito De Andrè: il pensatore e filosofo con una ben definita visione del mondo che – dietro la bellezza delle sue canzoni – ha sempre difeso e coerentemen-te praticato. E che tutti dovrebbero praticare per esse-re davvero liberi. Solo se saremo in grado di «metterci in cammino», alla fine potremo «consegnare alla mor-te una goccia di splendore», come recita l’ultimo verso dell’ultima canzone di Fabrizio, Smisurata preghiera.

Il pensiero di de Andrè svelato nel libro

L’uomo occidentale nasce malato, affetto da quello che lui chiama «borghesie», ossia «l’infiammazione acuta del desiderio di avere»; i sintomi sono chiari, ma ven-gono ignorati perché in fondo il borghese non si cre-de ammalato: tutto va bene, basta avere uno stipendio sicuro, la TV che ci dice cosa pensare, il grande fra-tello il giovedì per divertirsi, la casa, il conto in banca e la famiglia che danno sempre «danno rendite sicu-re» (La canzone del padre), una moglie e un marmoc-chio cui regalare «una pistola per Natale che sembra vera» (Canzone per l’estate). Eppure, nella frenesia del fare per avere di più, il borghese rimane inchiodato, immobile, incapace di volare nella vita con le nuvo-le e il vento. Fissato in quei fondamenti, precisamente archè in greco, che bloccano il fluire dirompente della vita, il borghese chiama amici i simili e nemici gli al-tri, difende la norma dall’anomalia, si rifugia nel po-tere e lo usa per eliminare il diverso. Una società si-

mile si fonda sulla paura, sulla diffidenza, sull’invidia, sulla disamistade (disimicizia) che finisce per soffoca-re la nostra umanità facendo prevalere il lupo. Allora come guarire? L’autore si fa portavoce della risposta di De Andrè: bi-sogna avere il coraggio di cambiare, imbarcarsi, «at-traversare litri e litri di corallo/per raggiungere un po-sto» chiamato anarchia. I numerosi frammenti trovati all’archivio di Siena conducono all’unica soluzione possibile: è necessario innanzitutto scappare dal luo-go infetto, dalla città, dalla società occidentale fatta di tecnica e asfalto, e ritornare a essere umani, legati alla terra, come il servo pastore che si muove tra un ro-smarino e un cisto, tra sughere, stelle e mare, dimen-ticando il suo nome. Non a caso lo stesso De Andrè è scappato da quella “bottiglia d’orzata dove galleggia Milano” per perdersi nella selvaggia natura sarda. Qui si è soli, in gioco con se stessi, si è semplicemente, e non perché si ha. Qui non contano la famiglia, il con-to corrente, l’impiego, i titoli accademici o nobiliari. Da qui l’autore parte per una vera e propria rivaluta-zione del concetto di anarchia che, in senso etimologi-co, significa appunto assenza di fondamento, significa slegarsi da tutto ciò che blocca la vita. Ecco allora che la solitudine va praticata, come dice De Andrè, per emanciparsi da tutti i legami imposti (e poi assunti) nella società borghese. È nella natura e non da un pul-pito dorato che si può assumere “il punto di vista di Dio”, diventare zingaro, senza patria, terra, beni, nes-suno da invidiare, nessuno da imitare. Ecco finalmen-te svelato il fulcro di tutta l’arte deandreiana, il mes-saggio cifrato dietro versi di bellezza pura: ognuno di noi è chiamato a donare agli altri ciò che di più pro-fondo ha, ossia la sua umanità unica, di volta in volta tradotta in note e poesia, colori e linee, parole, sguar-di, sorrisi. Questa è la vera anarchia, l’essere liberi da ogni archè, diventare ciò che si è e donarlo agli altri, attraverso l’arte, in qualsiasi forma essa si manifesti: tutti noi, sostiene De André, in diversi appunti, ab-biamo la possibilità (o il dovere?) di essere artisti, al-meno di noi stessi. È a questo punto che si capisce perché, a fronte di un pensiero così organico e strutturato, De Andrè ab-bia preferito alla forma del saggio filosofico la musica: perché dare emozioni attraverso versi belli era l’unica possibilità per trasmetterci la sua umanità e il suo pen-siero forte, anarchico, il suo «ultimo grido di libertà. Forse il più serio».

Marco GianellaStudente di Lingue e letterature moderne

Università Trento

LETTO DA…… uno studente

“… dare emozioni attraverso versi belli era l’uni-ca possibilità per trasmetterci la sua umanità e il suo pensiero forte, anarchico, il suo «ultimo gri-do di libertà. Forse il più serio».”

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Incipit enigmatico

Un attacco curvato al misterioso (cosa è accaduto di irrimediabile?) per un libro dal titolo (bello) ironi-camente esplicativo, da leggere qua-si come il referto finale di un’ana-lisi positivista sulla condizione del vivere.In realtà questo più che un incipit è una sorta di prologo nel quale un narratore esterno, dopo aver det-to che a pensarci bene anche quan-do tutto è accaduto, si fa sempre in tempo a rimediare, ci rivela che l’uo-mo è un medico, si chiama Giaco-mo Andreatti, ha quarantotto anni e «la storia che vorrebbe raccontare è la sua» e «comincia alla pagina se-guente».Ed è appunto dalla pagina succes-siva che prende l’avvio il racconto vero e proprio, un lungo racconto, che dipana con passo sicuro ma non prevedibile una vicenda assai tesa e tortuosa. A narrarla in prima perso-na è il protagonista, Giacomo An-dreatti, medico di base, scrittore per hobby (tale egli vuole essere consi-derato, pur avendo centrato un suc-cesso pieno con il suo libro d’esor-dio) che vive con la moglie e due figli a Bologna, dove ha studiato e si è laureato.

Un libro che ha spessore e verità

Fin dalle prime battute della sua narrazione scopriamo che l’azione

“L’uomo vorrebbe raccontare una storia. Tutto è ormai accaduto e lui non può farci proprio un bel niente. Solo raccontare. Mettere una parola davan-ti all’altra e cominciare. Sta pensando che il modo migliore per farlo è guar-darsi alle spalle e ficcare tutti quei porci pensieri in un libro. E così sia … Il mondo ha l’abitudine un po’ cafona di prestare parole per reclamarne la restituzione subito dopo. Solo scri-vendole, quelle parole, possiamo riconsegnarle al mondo”. Inizia così il nuovo romanzo di Pino Loperfido.

INFELICITÀLe meccaniche di Loperfido

la recensione

del romanzo si svolge in un tempo immaginario, spostato in avanti di qualche decennio rispetto al nostro: una anziana paziente gli dà la noti-zia che in Inghilterra William ha ab-dicato in favore della sua primoge-nita Elisabetta, simile in tutto e per tutto a Diana. Subito dopo, la mol-la che fa scattare l’intreccio: una te-lefonata del fratello Giorgio che gli annuncia la morte del loro anziano padre, un tempo potente e rispetta-to presidente della Provincia. Gia-como torna così a Trento, sua cit-tà natale, da cui si è tenuto lontano per ben venticinque anni. Anche qui sono avvenuti molti cambia-menti, sia paesaggistici che sociali. Alcuni li coglie d’emblée. Per esem-pio le turbofunivie che si inerpicano tra sentieri e forre, l’enorme cupola della serra comunale e un minareto che svetta più alto delle torri stori-che e dei campanili della città. Altri li scopre progressivamente: l’incene-ritore, il cui fumo maleodorante ri-stagna sul capoluogo e i sobborghi; l’onnipresenza della milizia provin-ciale; il fatto che sia stata abolita ogni forma di imprenditoria priva-ta e che tutte le attività economiche e politiche siano nelle mani di una sola, gigantesca, abnorme azienda – istituzione, la “ReziaCom”, sul cui stemma troneggia il motto Comu-nità, Identità, Stabilità. Tuttavia, al di là di questi cambiamenti, ciò che appare centrale nel racconto via via più drammatico di Giacomo è il rimescolio che il ritorno a Tren-

to provoca in lui. Da questo turba-mento nasce il bisogno di far luce su un oscuro episodio del passato che lo aveva visto coinvolto insieme al fratello Giorgio, a Elisa la sua ra-gazza di allora e a un imprenditore morto in circostanze mai del tutto chiarite. Quell’episodio allunga an-cora la sua ombra cupa sul presen-te, coinvolgendo di nuovo gli stessi attori, in un contesto caratterizza-to da ciniche manovre di potere e da un sordido miscuglio di politica, affarismo, stampa e religione. Alla fine Giacomo riuscirà faticosamen-te a scoprire una verità inquietan-te che lo obbligherà a prendere una difficile decisione.“Le meccaniche dell’infelicità” è un libro di grande compattezza, che si legge con interesse crescente e il cui fascino discreto risiede in una su-spense che dura impalpabile come un pulviscolo, fino all’ultima pagi-na; un libro che ha spessore e veri-tà, che viene da lontano, dal pro-fondo di meditazioni disincantate sulla natura umana e sulla comples-sità della vita.Pino Loperfido si dimostra scrittore disposto a osare molto in chiave di fantasia pur rimanendo saldamen-te accampato nella più corposa re-altà. (G. C.)

Pino Loperfido, Le meccani-che dell’infelicità, Romanzo, Curcu e & Genovese, Trento 2009, pp 414, € 15,00

Page 51: Didascalie informa - Dicembre 2009

n.12 dicembre 2009

OFFERTA VARIA

il convegno

La valutazione autentica prepara, complementa e

riempie di senso la valutazione più tradizionalmente

a�data alle certi�cazioni linguistiche.

Essa si situa nel cuore del territorio precipuo della

scuola, che è quello dell’educare e del formare

all’autonomia e al pensiero critico.

lend Trento e lend nazionaleorganizzano

ASSESSMENT FOR LEARNING - BEWERTEN ZUM LERNEN

EVALUER POUR APPRENDRE - EVALUAR PARA APRENDER

4-7 TRENTINO

MARZOLEVICO TERME

2010

LA VALUTAZIONE AUTENTICA

IN AMBITO EDUCATIVO

Convegno articolato in sessioni plenarie

e workshops, alla ricerca

di un glossario comune

DESTINATARI Insegnanti di francese - inglese

italiano L1 - italiano L2

spagnolo - tedesco

VALUTAREPER APPRENDERE

lend Trento:Via Malfatti, 2 | 38122 Trento | ITALY | Tel. +39 0461 209516

Fax +39 0461 914498 | Cell. +39 349 2683427

www.lendtrento.eu | [email protected]

Comitato Scientifico: Direttivo lend Trento PRESENTAZIONE

grap

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Associazione professionale quali�cata per la formazione del

personale della scuola u�cialmente riconosciuta dal Ministe-

ro della Pubblica Istruzione (D.M. 23.05.2002, prot. 2400/C/3)

lendlingua e nuova didattica

ore 14.00-16.00 Registrazione

ore 16.00-16.30 Saluti

ore 16.30-17.30 Relazione di apertura:

V. Kohonen, Università di Tampere

(“Stato dell’arte sulla valutazione autentica”)

ore 17.30-18.30 Plenaria: J. Cummins, OISE Toronto

ore 19.30 Cena a bu�et

Programma serale

ore 8.30-12.00 Programma sociale di attività all’aperto

(opzionale e a scelta):

1. Sci

2. Visita della città di Trento

3. Opzione wellness

per gli ospiti in albergo

ore 13.00 Pranzo a bu�et in albergo

(solo per ospiti)

ore 14.30-15.20 Sessioni plenarie parallele:

R. Rossner, EAQUALS

(“Valutazione docenti, in EN”)

M. Barni (ITL2), Università di Siena

ore 15.30-18.30 Laboratori (round 1)

con pausa ca�è ore 16.45

ore 18.30-19.15 Sessioni case editrici (pub 1)

ore 19.00-20.00 Cocktail in albergo

(per gli ospiti in albergo)

ore 20.00 Cena di gala

Programma serale

ore 8.30-9.20 Sessioni plenarie parallele:

Relatore tedesco da confermare

M.T. Medjadji (FR),

Ministero dell’Istruzione, Parigi

ore 9.30 - 12.30 Laboratori (round 2)

con pausa ca�è ore 10.50

ore 12.45 Pranzo a bu�et per tutti al Palalevico

ore 14.00-14.50 Sessioni case editrici (pub 2)

ore 15.00 - 18.00 Laboratori (round 3)

con pausa ca�è ore 16.15

ore 18.10-19.00 Sessioni case editrici (pub 3)

ore 19.30 Cena tipica trentina

Programma serale

ore 8.30-9.20 Sessioni plenarie parallele

M. Gonzalez (ES),

Concordia University, Canada

M. Piscitelli (ITL1), Lend Firenze

ore 9.30-10.20 Plenaria conclusiva:

F. Quartapelle, Lend Milano

(“Verso un glossario comune tra le lingue”)

ore 10.30-11.00 Cerimonia di chiusura,

arrivederci a

Portonovo in agosto 2010

e a Levico 2012.

PROGRAMMA Convegno Internazionale lend | Centro Congressi Palalevico

Giovedì 4 Marzo

Venerdì 5 Marzo Sabato 6 Marzo

Domenica 7 Marzo

Page 52: Didascalie informa - Dicembre 2009

n.12 dicembre 2009

il master

Master I livelloMetodologie di intervento educativo in contesti specifici e territoriali:

“Bisogni educativi speciali per i soggetti con Disturbi Pervasivi dello Sviluppo”a.a. 2009-2010

Il Master ha l’obiettivo di preparare professionisti (educatori professionali, psicologi, insegnanti, operatori) in grado di attuare

interventi educativi specializzati per lavorare con soggetti con Disturbi Pervasivi dello Sviluppo nei diversi contesti sociali (famiglia, scuola e

centri educativi).

DURATA: Gennaio 2010 - gennaio 2011.

ORGANIZAZZIONE: Le lezioni si svolgeranno il venerdìpomeriggio e il sabato due volte al mese.

AMMISSIONE: E’ necessario aver conseguito un diploma di laurea o un diploma universitario o un titolo di studio conseguito all'estero riconosciuto idoneo in base alla normativa vigente dal Consiglio Direttivo del Master. Le selezioni si svolgeranno per valutazione dei titoli e in base ad un colloquio. Il numero massimo di posti disponibili è 30.

ARTICOLAZIONE: Il Master prevede 150 ore di lezione frontale, 200 ore di laboratorio formativo e 200 ore di tirocinio presso diverse strutture.

CREDITI: Crediti formativi universitari (CFU): 60.

DIPLOMA DI MASTER: La valutazione per il rilascio del Diploma di Master sarà effettuata in base ai risultati delle verifiche sulle lezioni frontali, alla frequenza del 75% delle ore e al superamento di un esame finale.

ISCRIZIONE E INFORMAZIONI: La quota di iscrizione al Master è di € 2.500.Il modulo d’iscrizione alla selezione, da inviare entro il 22/01/2010, è disponibile nella sezione “Offerta formativa” al sito http://portale.unitn.it/cogsci .Insieme alla domanda di ammissione vanno consegnati: curriculum vitae, abstract della tesi ed eventuali pubblicazioni.

SEDE DIDATTICA e AMMINISTRATIVA:Facoltà di Scienze Cognitive – Università degli Studi di Trento, Polo di Rovereto – Palazzo Istruzione, Corso Bettini 84, 38068 Rovereto.

Per ulteriori informazioni consultare il bando pubblicato sul sito http://portale.unitn.it/cogsci .Progetto grafico e stampa realizzato dal gruppo di adolescenti con Disturbo dello Spettro Autistico dell’Istituto grafico Artigianelli e cooperativa Il Ponte.

Comitato Scientifico: Paola Venuti (Università degli Studi di Trento), Filippo Muratori (Università degli Studi di Pisa), Marco Dallari (Università degli Studi di Trento), Dario Fortin (Universitàdegli Studi di Trento), Massimiliano Tarozzi (Università degli Studi di Trento).

Master Manager: Stefano Cainelli (Laboratorio di Osservazione e Diagnostica Funzionale).

Contenuti:

Disturbi Pervasivi dello Sviluppo-Definizione ed eziologia-Dalla diagnosi al progetto educativo-Le tecniche di riabilitazione

Metodologie e tecniche di educazione speciale-Tecniche di comunicazione alternativa -Tecniche espressive-Tecniche basate sul supporto emotivo-Tecniche di espressione motoria -Tecniche di espressione musicale -Tecniche di attivazione cognitiva-Tecniche di lavoro in gruppo

L’intervento nei diversi contesti- L’intervento con la famiglia- L’intervento con la scuola- L’intervento nei centri educativi

Direttore - Paola Venuti, Professore di Psicopatologia Clinica all’Università degli Studi di Trento

www.odflab.unitn.it – [email protected] – 0464-808115/16

Laboratorio di Osservazione e Diagnostica Funzionale