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I TEMI DELLA NUTRIZIONE Diagnostica nutrizionale A cura di Ermanno Lanzola Direttore del Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica Università degli Studi di Pavia Con la collaborazione di Roberto Bellù, Antonio Carroccio, Alberto Daghetta, Ermanno Lanzola, Giuseppe Montalto, Alberto Notarbartolo, Marisa Porrini, Silvia Scaglioni, Anna Tagliabue, Giulio Testolin, Giovanna Turconi Accertamento e valutazione dello stato nutrizionale I STITUTO D ANONE I I T T E E M M S S

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I T E M I D E L L A N U T R I Z I O N E

Diagnostica nutrizionale

A cura di

Ermanno LanzolaDirettore del Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica

Università degli Studi di Pavia

Con la collaborazione di

Roberto Bellù, Antonio Carroccio, Alberto Daghetta, Ermanno Lanzola, Giuseppe Montalto, Alberto Notarbartolo,

Marisa Porrini, Silvia Scaglioni, Anna Tagliabue, Giulio Testolin, Giovanna Turconi

Accertamento e valutazione dello stato nutrizionale

I S T I T U T O D A N O N E

II TT EE MM SS

102/95 copertina+retro+costa 29-05-2002 10:06 Pagina 1

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M O T I V A Z I O N I E O B I E T T I V I

DD anone è una società multinazionale operante nel settore alimentare. La sua “mission”istituzionale è quella di migliorare l’alimentazione umana, sia con prodotti di alta qua-

lità, sia con iniziative di ricerca e di divulgazione scientifica. In quest’ottica ha deciso di desti-nare risorse alla ricerca e alla cultura della nutrizione, dando vita all’Istituto Danone.

L’Istituto Danone si prefigge di:

Incoraggiare la ricerca scientifica sul rapporto tra alimentazione e salute;

Promuovere una corretta educazione alimentare;

Diffondere i risultati della ricerca nutrizionale presso gli operatori della salute e del-l’educazione alimentare;

Costituire un anello di giunzione tra il mondo scientifico e gli operatori della salute e dell’educazione alimentare.

Gli obiettivi dell’Istituto Danone sono quindi due:

Conoscere – è incoraggiato mediante l’istituzione di premi per giovani ricercatori e il finanziamento di progetti di ricerca;

Far conoscere – si esprime con la promozione di attività editoriali e congressualimirate a diffondere la cultura della nutrizione.

Per adempiere a questa missione, l’Istituto Danone si avvale di un Comitato Scientificoche rappresenta l’elemento propositivo, la fonte delle conoscenze ed il garante della scientifi-cità di tutte le attività dell’Istituto stesso. A far parte di questo Comitato sono stati chiamati,tra i massimi esperti nazionali dei vari settori della nutrizione umana, i professori MarcelloGiovannini (Presidente), Ermanno Lanzola e Carlo Vergani (Vicepresidenti), Vittorio Bottazzi,Alberto Daghetta, Alberto Notarbartolo, Enrica Riva e Angelo Stacchini.

Sede Istituto Danone: 20124 Milano – Via F. Filzi, 25Segreteria Scientifica e Organizzativa: Sudler & Hennessey – 20145 Milano – Via F. Guerrazzi, 1

I S T I T U T O D A N O N EPER LA RICERCA E LA CULTURA DELLA NUTRIZIONE

102/95 Lettera 29-05-2002 10:07 Pagina 1

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Diagnostica nutrizionale

I T E M I D E L L A N U T R I Z I O N E

II TT EE MM SS

Accertamento e valutazione dello stato nutrizionaleA cura di

Ermanno LanzolaDirettore del Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica

Università degli Studi di Pavia

Con la collaborazione di

Roberto BellùAiuto Universitario Clinica Pediatrica Ospedale S. Paolo,

Università degli Studi di Milano

Antonio CarroccioAssistente Universitario di Medicina Interna, Università degli Studi di Palermo

Alberto DaghettaProfessore Ordinario Cattedra di Analisi Chimica dei Prodotti Alimentari,

Università degli Studi di Milano

Giuseppe MontaltoProfessore Associato di Medicina Interna, Università degli Studi di Palermo

Alberto NotarbartoloProfessore Ordinario di Medicina Interna, Università degli Studi di Palermo

Marisa PorriniProfessore Associato di Alimentazione e Nutrizione Umana,

Università degli Studi di Milano

Silvia ScaglioniRicercatore presso la Clinica Pediatrica Ospedale S. Paolo,

Università degli Studi di Milano

Anna TagliabueRicercatore presso il Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica,

Università degli Studi di Pavia

Giulio TestolinProfessore Ordinario di Fisiologia della Nutrizione e Razionamento,

Dipartimento Scienze e Tecnologie Alimentari e MicrobiologicheSezione Nutrizione, Università degli Studi di Milano

Giovanna TurconiRicercatore presso l’Istituto di Scienze Sanitarie Applicate,

Università degli Studi di Pavia

102/95 frontespizio 29-05-2002 10:07 Pagina 1

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Introduzione 5E. Lanzola

Le basi conoscitive della diagnostica nutrizionale 7E. Lanzola

Metodi di valutazione dei consumi alimentari 29S. Scaglioni, G. Turconi

Determinazioni antropometriche nell’adulto e nel bambino 49R. Bellù, A. Tagliabue

Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali 75

A. Daghetta, M. Porrini, G. Testolin

Test immunologici e funzionali nella valutazione dello stato nutrizionale 105

A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo

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II ndice

102/95 indice 29-05-2002 10:08 Pagina 3

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Le acquisizioni delle ultime decadihanno posto chiaramente in evidenza ladipendenza della salute dal processonutritivo ed hanno anche precisatoquanto potenziale di efficienza fisica epsichica possa derivare all’individuo daun’adeguata nutrizione. La nutrizione,infatti, secondo la vecchia ma chiaradefinizione di Mc Carrison “è la sommadi atti o processi per mezzo dei quali lastruttura e le funzioni di tutti gli organi eparti dell’organismo vengono determi-nate e mantenute; in breve è la funzio-ne dell’organismo da cui dipende la sa-lute”.

Lo stato di nutrizione esprime perciòil grado con cui sono soddisfatte le ne-cessità fisiologiche di un soggetto in re-lazione ai vari nutrienti introdotti con ilregime alimentare e, mentre costituisceun aspetto particolare dello stato di sa-lute, condiziona, a sua volta, altri aspettidella salute stessa quali: resistenza alleinfezioni, insorgenza di malattie degene-rative, ecc. L’intreccio di dipendenze tra

nutrizione e salute, la capillarità di condi-zionamenti tra equilibrio dinamico nutriti-vo e manifestazioni vitali dell’organismoassumono un valore ancora più grandequando si consideri la frequenza realedella malnutrizione sia per difetto cheper eccesso o per squilibri alimentari.

Da queste premesse parte l’inte-resse che, dagli anni Cinquanta in poi,è andato via via crescendo per il capito-lo dell’“accertamento dello Stato di nu-trizione”, come veniva chiamato unavolta e che oggi più appropriatamente èconsiderato una branca della diagnosti-ca medica corredata di una propria se-meiotica. Grazie anche al progressodella tecnologia applicata al settore me-dico questa branca si è sviluppata inmodo sempre più complesso in analo-gia, del resto, ad altri aspetti della pro-fessione medica.

L’espressione semplicistica “bennutrito” con cui fino a qualche decinad’anni or sono veniva qualificato nellacartella clinica lo stato di nutrizione di

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II ntroduzione

E. Lanzola

102/95 introduzione 29-05-2002 10:08 Pagina 5

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un paziente appare oggi superficiale senon addirittura anacronistica e deve la-sciare il posto ad una valutazione piùtecnica ed obiettiva dello stato di nutri-zione. Hanno concorso a questo muta-mento di pensiero anche i progressicompiuti nel settore della nutrizione cli-nica e dell’alimentazione artificiale (nu-trizione parenterale totale e nutrizioneenterale) che richiedono un monitorag-gio continuo e adeguato dello stato nu-trizionale del paziente.

Ad un tema dunque tanto importan-te ed attuale l’Istituto Danone ha intesodedicare il secondo quaderno degli

ITEMS. Il lavoro è frutto di esperienzapersonale degli Autori ed è ispirato acriteri squisitamente pratici, non trascu-rando tuttavia di fornire ogni volta il “ra-zionale” delle varie determinazioni e mi-sure che fanno parte della Semeioticanutrizionale.

Scopo primario del quaderno, infat-ti, è di offrire a tutti i medici e non soloagli specialisti in Scienza dell’Alimenta-zione una breve guida di diagnosticanutrizionale aggiornata, sicura e di facileconsultazione.

Prof. Ermanno Lanzola

Introduzione

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102/95 introduzione 29-05-2002 10:08 Pagina 6

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L’eziologia delle malattie non tra-smissibili che possono colpire l’uomo è,come è noto, multifattoriale; tuttavia, trai vari fattori, è universalmente ricono-sciuto il ruolo svolto dall’alimentazioneche è in grado di influenzare, ancheprofondamente, lo stato di salute siadegli individui che delle comunità.

Sebbene le correlazioni più cono-sciute tra alimentazione e malattie nontrasmissibili siano di tipo più associativoche causale esiste un largo consensocirca il nesso di causalità per alcuneforme morbose quali coronaropatieischemiche, malattie cerebro-vascolari,alcuni tumori, cirrosi epatica, diabetenon insulino-dipendente, obesità e ingran parte anche per l’osteoporosi.

A queste malattie degenerativevanno aggiunte alcune forme carenzialiche permangono nella nostra societàcome i disordini da carenza di iodio (conmanifestazione ultima il gozzo) e le ane-mie nutrizionali (1).

Le relazioni tra alimentazione e sta-

to di salute sono schematicamente rap-presentate nella Figura 1 dalla qualeappare evidente la posizione chiave cheoccupa il riconoscimento dello stato nu-trizionale nella dinamica che, partendodal rischio dietetico, porta al condizio-namento dello stato di salute.

Classificazione della malnutrizione

Le malnutrizioni possono essereclassificate in funzione di vari parametri;una prima e ovvia classificazione è ba-sata sul fattore nutritivo la cui deficienzao eccedenza è responsabile della ma-lattia. Seguendo una classifica che tie-ne conto di gruppi analoghi di fattorinutritivi si ha:

a. malnutrizione proteico-energetica; b. malnutrizione lipidica; c. malnutrizione vitaminica e da fat-

tori affini; d. malnutrizione idro-minerale.

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LL e basi conoscitive della diagnostica nutrizionale

E. Lanzola

Direttore del Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica – Università degli Studi di Pavia

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La malnutrizione da insufficienteapporto energetico si accompagna inpratica alla malnutrizione proteica siaperché in questo tipo di malnutrizionel’apporto proteico è quasi sempre ca-rente sia perché anche quando è suffi-ciente le proteine vengono in gran parteutilizzate per produrre energia.

D’altra parte, sebbene sperimental-mente sia possibile riprodurre allo statopuro tutte le suddette malnutrizioni, es-se si presentano in natura più o menosovrapposte cosicché in pratica si tro-

vano quadri molto complessi dove un ti-po di malnutrizione prevalente è compli-cato da una o più malnutrizioni acces-sorie.

Queste a loro volta si distinguono inmalnutrizioni per difetto e per eccesso.

Una seconda classificazione tieneconto del decorso e dell’aspetto clinicodella malnutrizione.

Essa distingue pertanto le formeacute, appariscenti o classiche (obesità,rachitismo, scorbuto, ecc.), da quellecroniche, latenti o subcliniche.

Le bas i conoscit ive della d iagnostica nutriz ionale

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Figura 1

Ipotesi di lavoro,modello concettuale.(da Ferro Luzzi A, 1994)

DETERMINANTI

RISCHIO DIETETICOFattori socio-economici

• livello di reddito

• scolarità

• professione

Fattori socio-demografici

• area geografica

• zona rurale o urbana

• origine etnica

Fattori biologici

• stato fisiologico

• condizione di salute

• età e sesso

Dieta: scelta alimenti e modelli

• nutrienti essenziali

• sostanze protettive

• sostanze dannose

• qualità nutrizionale

• quantità

• varietà

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Da questo punto di vista va tenutopresente che nella nostra società lamaggior parte delle malnutrizioni umanedecorre con aspetti clinici poco appari-scenti; queste forme subcliniche, purnon essendo letali a breve termine, rap-presentano una delle cause più comunidi sofferenza e di limitata efficienza pervaste comunità umane.

Una terza classificazione, peraltrolargamente adottata, tiene conto delmodo di origine della malnutrizione epertanto distingue:

a. malnutrizioni primarie (cioè di ori-gine alimentare);

b. malnutrizioni secondarie o condi-zionate (cioè prodotte da meccanismiche, indipendentemente dall’apportoalimentare, alterano il fabbisogno, l’as-sorbimento, l’escrezione e il metaboli-smo dei singoli fattori nutritivi).

L’eziologia delle forme primarie èrappresentata da tutte le cause che di-rettamente influenzano, in senso nega-tivo o positivo, la disponibilità ed il con-sumo dei principi nutritivi contenuti nellarazione alimentare quotidiana. Essa ingenere riguarda più le comunità (care-stie regionali, campi di prigionia, ecc.)che non i singoli individui.

La malnutrizione secondaria o con-dizionata si realizza quando l’inadegua-tezza nutritiva è determinata da fattoridiversi dalla insufficienza alimentare.Essa è il corollario di particolari situazio-ni fisiologiche e patologiche, di tratta-menti terapeutici, che interferisconosull’ingestione, l’assorbimento, l’utilizza-zione dei principi nutritivi o che ne au-mentano le quote di fabbisogno, escre-zione, distruzione.

I principali fattori sono i seguenti: a. variazioni del fabbisogno nutritivo

(gravidanza, accrescimento, convale-scenza, attività fisica elevata, alta tem-peratura e forte umidità dell’ambiente

E. Lanzola

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STATO PRE-CLINICO

Stato di salute

• morbosità

• mortalità

ESITO

Stato nutrizionale

• modifichebiochimichemetaboliche

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esterno, febbre, terapie speciali, ecc.); b. anormale assorbimento di princi-

pi nutritivi (malattie gastrointestinali,malattie epatobiliari, stato fisico o chi-mico di certi principi nutritivi, terapiespeciali, ecc.);

c. ostacolata utilizzazione dei princi-pi nutritivi (epatopatie, tumori maligni,malattie metaboliche, ipotiroidismo,ecc.);

d. aumentata distruzione di principinutritivi (acloridria, tossicosi esogene,terapie speciali, ecc.).

Al contrario delle malnutrizioni pri-marie le secondarie sono per lo più in-dividuali ed il loro quadro clinico è spes-so complicato da fenomeni morbosi ca-ratteristici della malattia condizionante.

Patogenesi della malnutrizioneper difetto

Il meccanismo patogenetico dellamalnutrizione per difetto è legato allostato di carenza cellulare di uno o piùfattori nutritivi. Come tale esso seguealcune tappe evolutive, obbligate, la cuisuccessione cronologica è più o menorapida a seconda del tipo di carenza edello stato di nutrizione del soggetto (2).

La prima tappa è rappresentata

dall’esaurimento delle riserve nutritiveeventualmente presenti nelle cellule enei liquidi organici.

Segue quindi il vero e proprio dan-no tissutale che comprende a sua voltatre fasi teoricamente successive, mache in pratica sono parzialmente so-vrapposte.

Prima Fase: danno biochimicoConsiste essenzialmente in un’altera-zione dei sistemi enzimatici cellulari conaccumulo di metaboliti intermedi oanormali (come, per esempio, acido pi-ruvico nella malnutrizione aneurinica); sitratta di una fase reversibile.

Seconda Fase: danno funzionaleQuesta è la conseguenza diretta dellaprima fase e compare indipendente-mente da qualunque apprezzabile alte-razione morfologica cellulare. Questodanno cellulare può essere tanto graveda diventare incompatibile con la vita(per esempio, morte improvvisa dei pic-cioni beriberici); esso, in genere, ècompletamente e rapidamente reversi-bile, come lo è il danno biochimico. Lemanifestazioni di questa seconda fasesono molteplici: generali (astenia, ano-ressia, dolori diffusi, ecc.) o specifiche(emeralopia, fragilità capillare, disturbinervosi, ecc.).

Terza Fase: danno anatomicoQuesto è rappresentato da lesioni cellu-

Le bas i conoscit ive della d iagnostica nutriz ionale

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lari di tipo degenerativo, regressivo oanche produttivo, e costituisce un tipodi danno che spesso è irreversibile (peresempio, polineurite beriberica, fibrosiepatica, deformità rachitiche, ecc.).

Il decorso e la prognosi della mal-nutrizione sono influenzati dalla capacitàindividuale di adattamento al danno fun-zionale (come, per esempio, la riduzio-ne del fabbisogno specifico), daglistress fisiologici e patologici che colpi-scono le unità biologiche, ecc.

Da un punto di vista generale lamalnutrizione infantile è più allarmantedi quella dell’adulto non solo perché èpiù facilmente letale, ma anche perchélascia spesso tracce indelebili in organivitali come: ipoevolutismo fisico e psi-chico, fibrosi del fegato e del miocardio,maggiore recettività verso certe malat-tie, ecc.

Per quanto riguarda i pazienti ospe-dalizzati, deve essere sempre sospetta-to per alcuni di essi uno stato di malnu-trizione al momento dell’ammissione inospedale ovvero durante la degenza.Si tratta di: – pazienti anziani; – pazienti con ictus pregresso; – pazienti con malattie croniche, quali ar-trite, e anoressia associata; – pazienti con traumi massivi acuti; – pazienti con ustioni;

– pazienti con tumori maligni; – pazienti sottoposti a chemioterapia eterapia radiante; – pazienti ricoverati per interventi ga-strointestinali che restano in nutrizioneparenterale dopo l’intervento; – pazienti con infezioni massive; – pazienti affetti da malattie mentali; – pazienti affetti da patologia gastroen-terica o affetti da sindrome di malassor-bimento.

Metodiche di impiego in diagnosticanutrizionale

La diagnostica nutrizionale utilizzasvariate metodiche appropriate ai diver-si stadi di sviluppo della carenza nutri-zionale (Tab. 1). I metodi sono basati suuna serie di determinazioni che vannoda indagini dietetiche a misure antropo-metriche, fisiche, di laboratorio nonchéa rilevamenti clinici.

Queste metodiche possono essereimpiegate di volta in volta singolarmen-te o, più spesso, in combinazione traloro.

Le indagini dietetiche, che posso-no essere condotte con modalità varie(come viene descritto nell’apposito ca-pitolo) costituiscono un valido ausilio

E. Lanzola

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nell’identificazione di specifiche caren-ze alimentari.

Dall’indagine può risultare, infatti,che l’assunzione di uno o più nutrientisia inadeguata per una carenza primaria(ridotto livello del nutriente nella dieta)ovvero per una carenza secondaria. Inquest’ultimo caso gli apporti alimentaririsultano adeguati alle necessità nutri-zionali tuttavia vari fattori condizionanti(quali certi farmaci, componenti delladieta o stati patologici) possono interfe-rire con l’ingestione, la digestione, l’as-sorbimento, il trasporto, il metabolismoe l’escrezione del nutriente.

Con le misure antropometriche siottengono dati relativi in particolare allacomposizione corporea (vedasi para-grafo successivo) a sua volta correlatanel lungo termine a squilibri eventuali

nell’apporto di energia e proteine. Ri-vestono un significato antropometricoanche le misure che si avvalgono distrumentazione fisica come è il casodella bioimpedenzometria (BlA) e dellaconducibilità elettrica totale del corpo(TOBEC).

Le metodiche che si appoggiano allaboratorio di chimica clinica consento-no di identificare vari gradi di malnutri-zione lungo il decorso della malnutrizio-ne stessa. Come è stato già accennatonelle carenze nutrizionali sia di origineprimaria che secondaria le riserve tissu-tali di nutrienti si esauriscono gradual-mente. Come risultato di questo esauri-mento si possono verificare riduzioni nellivello dei nutrienti stessi o dei prodottidel loro metabolismo, riscontrabili sia indeterminati liquidi corporei che nei tes-

Le bas i conoscit ive della d iagnostica nutriz ionale

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Fase Metodiche impiegate

1. Inadeguatezza alimentare Indagine alimentare

2. Diminuzione livello delle riserve tissutali Antropometriche, Fisiche, Biochimiche

3. Diminuzione livello nei liquidi corporei Biochimiche

4. Diminuzione livello funzionale dei tessuti Antropometriche, Fisiche, Biochimiche

5. Diminuzione attività di enzimi nutrienti-dipendenti Biochimiche

6. Alterazioni funzionali Comportamentali-Fisiologiche

7. Sintomi clinici Cliniche

8. Segni anatomici Cliniche

Tabella 1

da Gibson RS, 1989(modificata)

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suti ovvero nell’attività degli enzimi di-pendenti dai nutrienti deficitari.

Tale deplezione può essere eviden-ziata mediante test biochimici e/o proveche misurano le funzioni fisiologiche ocomportamentali dipendenti da unospecifico nutriente (3) come avviene, adesempio, per l’adattamento all’oscurità(vitamina A), per la sensibilità gustativa(zinco), per la fragilità capillare (vitaminaC), per la funzione cognitiva (ferro).

I test funzionali forniscono una mi-sura dell’importanza biologica di un de-terminato nutriente dal momento cheessi evidenziano le conseguenze funzio-nali della carenza nutrizionale (4). Unaanamnesi precisa ed un esame fisicoaccurato costituiscono i pilastri fonda-mentali della metodologia clinica perevidenziare i segni ed i sintomi associaticon la malnutrizione.

Tuttavia sia i segni che i sintomi so-no spesso non specifici e si presentanogeneralmente quando la malnutrizione èormai in uno stadio avanzato. Per que-sto motivo la diagnosi di carenze nutri-zionali non può essere basata esclusi-vamente su metodi clinici (5) che devononecessariamente essere corredati deirisultati di accertamenti di laboratorio.

È appena il caso di aggiungere chequando l’accertamento dello stato dinutrizione riguarda collettività o popola-

zioni va presa in considerazione la rac-colta di informazioni su un certo numerodi variabili che notoriamente influenzanolo stato nutrizionale di una popolazionequali i dati economici e sociodemografi-ci, il livello culturale, le abitudini e i pre-giudizi alimentari nonché il costo dellaspesa alimentare. Hanno quindi impor-tanza i dati su commercio, distribuzione,conservazione degli alimenti, i dati sullestatistiche socio-sanitarie. A propositodi queste ultime può risultare utile ac-quisire informazioni sulla percentualedella popolazione che ha a disposizionefonti sicure di acqua potabile, sulla per-centuale di bambini vaccinati contro ilmorbillo, sulla percentuale di neonati dibasso peso, sui tassi di mortalità peretà e per causa.

In sintesi le misure per la valutazio-ne dello stato di nutrizione possono es-sere suddivise in: misure di base o fon-damentali, misure di seconda istanza,misure di terza istanza secondo loschema seguente.

A. Misure di base o fondamentali 1. Storia alimentare (stima dell’in-

take attuale di kcal, proteine, grassi, vi-tamine, minerali);

2. esame fisico comprendente lemisure antropometriche;

3. esame clinico con particolare

E. Lanzola

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attenzione a cute, mucose, occhi, ca-pelli, unghie.

B. Misure secondarie 1. Stima diretta delle effettive intro-

duzioni alimentari e cioè di energia, pro-teine, grassi, vitamine e minerali;

2. test chimico-clinici elementari:esame emocromocitometrico, elettrolitisierici, glicemia, lipidemia, albumina sie-rica, creatinina urinaria delle 24 ore eazoto ureico, calcemia, protrombinemia.

C. Misure terziarie1. Misure dei livelli di nutrienti nel

sangue, nelle urine, nei capelli, nelle feci; 2. studio dei bilanci metabolici (ad

esempio dell’azoto, dei grassi); 3. misura di “indicatori” di alcuni nu-

trienti quali: transferrina, TIBC, retinol-binding protein, ceruloplasmina;

4. test di carico quali: istidina, trip-tofano;

5. test cutanei per l’ipersensibilitàritardata.

Va ricordato, infine, che dati deri-vanti dai vari metodi impiegati in dia-gnostica nutrizionale vengono soventecombinati fra loro per stabilire degli indi-ci. Esempio di tali combinazioni sono ilpeso per età, il valore della creatininaurinaria per l’altezza, il valore dell’emo-globina in relazione all’età e al sesso, la

concentrazione corpuscolare media diemoglobina (ossia il rapporto tra emo-globina e ematocrito). Questi dati ven-gono impiegati come indicatori dellostato di nutrizione (6).

Composizione del corpo umano:compartimenti corporei

Per una migliore comprensione delsignificato delle misure antropometriche(descritte in dettaglio in un capitolosuccessivo) si ritiene utile riportare inquesta sede qualche dato relativo ai co-siddetti compartimenti che costituisco-no il corpo umano.

Lo studio sistematico della compo-sizione del corpo umano ha avuto iniziooltre 100 anni or sono quando i pesi deivari organi e dei diversi segmenti sche-letrici vennero accuratamente misuratiin cadaveri ed i risultati furono riportatinei trattati di Anatomia.

A caval lo tra l ’Ottocento e i lNovecento fecero seguito tentativi dimisurare la composizione corporea invivo; da allora, sfruttando di volta in vol-ta apparecchi, tecniche e metodologienuove, tali ricerche continuano anche algiorno d’oggi.

Allo stato attuale lo studio della

Le bas i conoscit ive della d iagnostica nutriz ionale

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102/95 cap. 1 29-05-2002 10:27 Pagina 14

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composizione corporea si situa all’inter-faccia delle ricerche sull’accrescimento,lo sviluppo, la gravidanza, l’allattamen-to, la senescenza e vari stati patologiciquali il diabete e la sindrome di immu-nodeficienza acquisita (AIDS).

Studiare la composizione corporeasignifica suddividere la massa corporeain due o più compartimenti in funzionedei componenti minerali, chimici, anato-mici o fluidi.

Il modello chimico costituisce lapietra miliare nello studio della compo-sizione del corpo umano: da esso deri-vano, in tutto o in parte, gli altri modelli.L’importanza del modello chimico è an-che dovuta al suo ruolo centrale nellostudio del metabolismo energetico, delmetabolismo proteico, lipidico e mine-rale.

Il classico modello chimico, derivatodalle ricerche sui cadaveri, presenta seicompartimenti a loro volta distribuiti intre gruppi principali e cioè acqua, mine-rali e sostanza organica. Il gruppo deiminerali è costituito dai due componen-ti: minerali ossei (75%) ed extra ossei(25%).

I minerali extra ossei sono distribuititra i compartimenti intra ed extra cellu-lari. I tre componenti organici sono co-stituiti da glicogeno, proteine e grasso.Il glicogeno, sebbene rappresenti sol-

tanto l’1%, o anche meno, del pesocorporeo, è incluso per completezza nelmodello.

Pertanto il modello a sei comparti-menti nei quali è suddivisa la massacorporea (MC) può essere sintetizzatodalla equazione seguente: MC = A + Mo + Mc + Pr + Gl + Gr + Rdove:

A = acquaMo = minerali ossei Mc = minerali cellulari Pr = proteine Gl = glicogeno Gr = grasso R = componenti residui

non misurati. Nel soggetto vivente, tuttavia, per

la ovvia impossibilità di misurare in vivoalcuni dei componenti della massa cor-porea si ricorre generalmente ad unmodello a 2 compartimenti anche senegli ultimi venti anni la possibilità di im-piegare sistemi di analisi sofisticati qua-li, ad esempio, l’attivazione neutronica el’assorbimetria total body bifotonica haconsentito di sviluppare nuovi modellipluricompartimentali fornendo stimedella composizione corporea tali da mi-nimizzare gli errori dovuti all’età, allarazza, alla presenza di obesità, che pur-troppo sono inevitabili nel modello adue compartimenti (7-11).

E. Lanzola

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Le bas i conoscit ive della d iagnostica nutriz ionale

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Modello a due compartimenti

Quando, intorno alla fine degli anniQuaranta, iniziarono gli studi relativi allacomposizione corporea nell’uomo viven-te, dei sei compartimenti sopra segna-lati soltanto uno poteva essere misuratoin vivo e cioè l’acqua corporea totale.Un approccio alternativo era quello dicostruire modelli convenienti di compo-sizione corporea che raggruppasseroinsieme diversi compartimenti. Questimodelli vennero trovati partendo sia daassunti teorici che da analisi empiricheimpiegando dati provenienti da campio-ni di autopsie di cadaveri umani o ani-mali. Venne seguito il concetto generaledi scindere la massa corporea nei suoicompartimenti metabolicamente attivi enei depositi di energia costituiti da gras-si. In base a questo approccio il grassoè costituito dai lipidi estraibili con eteree ciò che rimane è la Massa Priva diGrasso (Fat Free Mass, FFM).

Pertanto il modello a due comparti-menti può essere definito dalla seguen-te equazione

BW = F + FFM dove:

Bw (Body Weight) = Massa Corporea F = grassoFFM = A + Mo + Mc + Pr + Gl In base a questo modello, quindi, il

corpo umano si può considerare costi-tuito da due compartimenti di densitàrelativamente costante, ma differenti incomposizione:

1. la massa lipidica totale (FATMass) misurata in kg, ha densità pari a0,9 g/ml. Questa costituisce circa, incondizioni fisiologiche, il 15-18% delpeso corporeo totale nei maschi e il 25-28% nelle femmine;

2. la massa corporea alipidica omassa magra (FFM, Fat Free Mass),che si ottiene sottraendo dal peso cor-poreo il valore della FAT mass. È an-ch’essa misurata in kg, con densità paria 1,1 g/ml.

Anatomicamente è costituita damuscoli scheletrici e non scheletrici, datessuti magri e dallo scheletro e contie-ne mediamente:– proteine 19,5%;– acqua 72,4%;– minerali (scheletro) 8,0%;– glicogeno 0,1%.

È da sottolineare che i muscolischeletrici e non scheletrici e i tessutimagri di alcuni organi costituiscono itessuti metabolicamente più attivi.

1. Massa lipidica totale (FAT Mass) Alla nascita il grasso corporeo co-

stituisce circa il 14% del peso totale, a12 mesi il 23% e a 6 anni il 18% (12).

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Durante questo periodo, nelle femmineè leggermente superiore che nei ma-schi e tale differenza aumenta in modopiù pronunciato dopo i 6 anni. Nell’ado-lescenza la differenza del contenuto digrasso corporeo è ancora più accen-tuato tra i due sessi e tale differenzapersiste nell’età adulta.

Nell’adulto, come già accennato, lapercentuale di grasso corporeo è del15-18% nel maschio e del 25-28%nella femmina.

2. Massa magra (Fat Free Mass)Per quanto riguarda la massa ma-

gra, i maschi mostrano un aumento ra-pido e permanente, con modesto ac-quisto di grasso corporeo nella primafase della pubertà, seguito poi da unariduzione. Il periodo dell’aumento dellamassa magra coincide con l’accresci-mento più rapido in altezza e continuasino a 20-25 anni. Nella seconda de-cade di vita, i maschi raddoppiano la lo-ro massa magra. Alla maturità (intornoai 50 anni) la FFM è pari a circa 60 kgper un peso corporeo totale di circa 70kg (85,7%) (13).

Le femmine, al contrario, presenta-no un minor aumento della FFM mentreacquisiscono più grasso corporeo. L’in-cremento della massa magra terminaintorno ai 18 anni, in accordo con la

marcata diminuzione dell’accrescimentostaturale dopo il menarca. Nella secon-da decade di vita, le femmine aumenta-no la loro FFM solo di una volta e mez-zo. Alla maturità, la FFM è pari a circa42 kg per un peso corporeo totale dicirca 63 kg (66,6%) (13).

Nell’età adulta e in seguito durantel’invecchiamento, in entrambi i sessi siverifica un declino della FFM che diven-ta evidente intorno ai 40 anni. A 85 an-ni, la FFM raggiunge un valore che èpari a 3/4 di quello dell’adulto. Conl’avanzare dell’età viene perso più po-tassio che azoto, il che sta a indicareche la massa magra, ricca di potassio,si riduce in modo marcato. La perdita dipotassio è circa il 10% tra i 60 e gli 80anni. Soggetti con età superiore a 70anni hanno circa il 40% di muscolaturain meno rispetto agli adulti, mentre ma-nifestano una minore riduzione dellamassa degli organi viscerali. La perditadella massa muscolare è contempora-neamente associata ad un incrementodel grasso e a una riduzione dell’acquacorporea. Questo fatto spiega altresì laprogressiva riduzione del metabolismobasale (MB) con l’avanzare dell’età.

È da sottolineare che nella tardaetà si verifica, insieme a un decrementodella massa muscolare, anche una ridu-zione di quella ossea.

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Durante le diverse età, comunque,all’interno della FFM esistono differenzetra le proporzioni dei vari tessuti: dallanascita alla maturità, il cervello aumentadi circa cinque volte; il fegato, cuore ereni, metabolicamente più attivi, au-mentano 10-12 volte, mentre la mu-scolatura incrementa la sua massa sinoa 40 volte.

Acqua corporea totale

(compresa nella massa magra

nel modello a due

compartimenti)

L’acqua corporea totale rappresen-ta circa i l 60% del peso corporeonell’adulto ed è costituita da acqua in-tracellulare (34% circa del peso corpo-reo) e acqua extracellulare (26%).

L’acqua extracellulare a sua volta sidivide in: – acqua plasmatica: 4,1% del pesocorporeo; – acqua della linfa interstiziale: 12%; – acqua del tessuto connettivo e osseo:8,2%; – acqua transcellulare: 1,5%.

Il contenuto idrico corporeo può co-munque subire rapide fluttuazioni gior-naliere dell’entità di circa 1 kg; questeaumentano sensibilmente nei soggetti

che praticano attività sportiva e in se-guito a sudorazione. È da sottolineareche i muscoli contengono circa il 75%dell’acqua intracellulare.

Il contenuto corporeo di acqua variacon l’età, il sesso, e la proporzione tra iltessuto muscolare e quello adiposo. Èpiù elevato nella prima infanzia, negliuomini rispetto alle donne e negli atletirispetto a chi non pratica attività sporti-va. Con l’avanzare dell’età, accanto aun declino della massa magra e ad unaumento di quella lipidica, si verificauna riduzione del contenuto di acquacorporea.

All’inizio dello sviluppo endouterino,il feto è costituito da circa il 94% di ac-qua, il neonato dal 77%. Negli annisuccessivi, la quantità di acqua si riduceulteriormente, soprattutto quella extra-cellulare, a seguito dell’aumento dellamassa cellulare. Al termine dell’accre-scimento corporeo (25 anni) il contenu-to tende a stabilizzarsi per ridursi ulte-riormente dai 45 anni in poi. È da sot-tolineare che dai 25 ai 50 anni iniziauna diminuzione progressiva della mas-sa cellulare accompagnata, come giàprecedentemente evidenziato, da unaperdita di potassio.

Nella Tabella 2 vengono riportate lemodificazioni dell’acqua e del grassocorporeo con l’età.

Le bas i conoscit ive della d iagnostica nutriz ionale

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E. Lanzola

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Età TBW ECW ICW F

Feto 1 mese 94 – – –

Feto 5 mesi 87 62 25 1

Feto 8 mesi 81 52 29 4

Neonato 77 44 33 10-15

1 mese 73 39 34 16

2 mesi 70 33 37 20

4 mesi 67 30 37 24

6 mesi 63 28 35 26

9 mesi 61 27 34 28

1 anno 60 26 34 29

2 anni 63 28 35 25

3 anni 63 27 36 24

6 anni 62 26 36 22

9 anni 62 26 36 20

12 anni 61 25 36 18

18 anni M 65 26 39 15

F 54 25 29 28

25 anni M 59 25 34 20

F 51 24 27 30

45 anni M 56 25 31 24

F 49 24 25 33

65 anni M 53 25 28 28

F 47 24 23 36

85 anni M 50 26 24 32

F 45 24 21 40

Tabella 2

Acqua corporea totale(TBW), acquaextracellulare (ECW),acqua intraceIluIare(ICW), e Iipidi (F). (% del peso corporeo)(Friis-Hansen, 1965)

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Stima quantitativa

dei due compartimenti

Tre sono le metodiche di misurageneralmente riconosciute valide pergiungere ad una stima quantitativa deidue compartimenti; esse si basanosull’osservazione che nel soggetto vi-vente è possibile misurare l’acqua cor-porea totale, la densità corporea e il po-tassio corporeo totale e che partendoda ciascuno di questi parametri è possi-bile, mediante opportune equazioni, ot-tenere il valore sia della massa corpo-rea grassa che di quella magra.

1. Metodo dell’acqua corporeatotale (metodo dilutometrico)

Il metodo presuppone che il conte-nuto di acqua nella massa corporeamagra sia costante (A/FFM = 0,732).

La massa corporea magra può es-sere quindi calcolata come: A/0,732 ela massa grassa come F = BW – FFM.

Molti composti possono distribuirsinell’acqua corporea totale, tuttavia lamaggior parte dei laboratori impiega at-tualmente la diluizione con acqua mar-cata.

Tre isotopi di H2O sono disponibili:uno radioattivo (3H2O) e gli altri duestabili (D2O, H2

18O). Tutti e tre questiisotopi possono essere impiegati per

calcolare l’acqua totale con il metododella diluizione, tenendo presente tutta-via alcune precisazioni. Se vengono im-piegati D2O e 3H2O l’idrogeno dell’ac-qua marcata si scambia rapidamentecon l’idrogeno dei gruppi carbossilici,amidici, idrossilici ed altri gruppi incor-porati nelle molecole delle proteine, deigrassi e dei carboidrati. Il risultato diquesto processo di scambio è che i vo-lumi di diluizione di D2O e 3H2O sonodel 3-5% più ampi dell’acqua corporeatotale reale.

Occorre adottare quindi un fattoredi correzione e cioè si stima che il volu-me dell’acqua corporea totale corri-sponda al 95% dei volumi di diluizionedell’3H2O o del D2O.

La massa idrica va poi calcolatamoltiplicando il volume trovato di acquacorporea totale per la densità dell’ac-qua a 37°C (0,994 g/ml), ma questamodesta correzione viene spesso tra-scurata negli studi clinici.

Considerazioni analoghe valgonoper l’isotopo H2

18O con la differenzache in questo caso è l’ossigeno marca-to che va a scambiarsi con l’ossigenodei bicarbonati presenti nel sangue. Ibicarbonati marcati sono in equilibriocon il CO2 che viene eliminato per le vierespiratorie.

L’ossigeno 18 dell’acqua marcata

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si scambia lentamente anche con l’os-sigeno di composti inorganici e organicipresenti nell’organismo, in particolarecon il gruppo carbonioso dell’idrossia-patite di calcio.

Anche in questo caso risulta che lospazio di diluizione dell’H2

18O è di circa1% più grande rispetto a quello dell’ac-qua corporea totale.

2. Metodo della densità corpo-rea (metodo densitometrico)

La densità corporea è la sommadelle singole densità dei compartimenticorporei. In particolare la densità delgrasso, quale è risultato da ricerchecondotte su campioni di biopsie a se-guito di interventi chirurgici, è di 0,9g/ml; per la densità della massa corpo-rea magra, che corrisponde all’insiemedelle densità dell’acqua, delle proteinee dei minerali contenuti, viene indicatoun valore medio di 1,1 g/ml.

È da tenere presente che nella sti-ma della densità corporea occorre pro-cedere ad una correzione per l’aria resi-dua che rimane nei polmoni.

Assumendo dunque DF = 0,9 eDffm = 1.1 la quota corrispondente algrasso della massa corporea di un de-terminato soggetto può essere calcola-ta partendo dalla densità corporea me-diante l’equazione di Siri:

4,95fF = – 4,50

Db dove:

fF = quota della massa corporea(BW) costituita da grasso

Db = densità corporea La massa corporea magra può es-

sere calcolata per differenza:BW x (1 – fF)

3. Metodo del potassio corpo-reo totale

Da ricerche sia sul cadavere che invivo è noto il rapporto potassio/massamagra, per cui quest’ultima può esserecalcolata quando si conosca il valoredel contenuto del potassio totale.Questo a sua volta può essere ottenutomisurando con la tecnica del total bodycounter il 40K che in natura è in rappor-to costante con il potassio stabile.

Nel diagramma della Figura 2 è ri-portato il modello di composizione corpo-rea a due compartimenti con le tre me-todiche di misura sommariamente de-scritte.

Tutte e tre le metodiche partono dalpresupposto che i cinque componentichimici che costituiscono la FFM si tro-vino tra loro sempre nella stessa pro-porzione in tutti i soggetti ed in effetticiò può essere considerato un assunto

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BW

FFM

Fat

M

A

Gl

Pr

Metodi Presupposti

Dilutometria A/FFM = 0.732

Densitometria

Misura del KCorporeo Totale

DF = 0.900 g/cc

DFFM = 1.100 g/cc

K/FFM (mmol/kg)60 (femmine)66 (maschi)

Le bas i conoscit ive della d iagnostica nutriz ionale

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Figura 2

Tre metodiche impiegatenello studio del modellodi composizionecorporea a duecompartimenti. I metodipresuppongono che:a) il contenuto idrico, la densità e il contenutodi potassio della FFM siacostante;b) F = BW – FFM e FFM = BW x (1 – fF).

3 Compartimenti 4 Compartimenti 6 Compartimenti

M

PrPrMMA

...........................................

100%

75%

50%

25%

0%

Pes

o co

rpor

eo

A A

A

RGl

GrassoGrassoGrasso

Mc+

Mo

Figura 3

Composizione corporea.Modelli a 3, 4 e 6compartimenti.

BW = Peso CorporeoM = MineraliPr = Proteine Gl = Glicogeno A = AcquaFFM = Massa magra

A = AcquaMMA = Massa magra anidraPr = Proteine M = MineraliMc = Minerali cellulariMo = Minerali osseiR = ResiduiGl = Glicogeno

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accettabile nella maggior parte degliadulti giovani e in buona salute. Tuttaviain un certo numero di condizioni, chevanno dalla gravidanza all’età moltoavanzata nonché agli stati di malattia, lemetodiche descritte non sono in gradodi fornire stime accurate della composi-zione corporea. Un esempio a questoriguardo può essere illustrativo: in unsoggetto anziano di sesso femminile af-fetto da grave osteoporosi e da lieveedema, due condizioni abbastanza co-muni nella popolazione geriatrica, il rap-porto acqua/massa magra è certamen-te superiore a 0,732 e la densità dellamassa magra è inferiore a 1,1 g/ml;ciò finirà per dar luogo a una sottostimao a una sovrastima del grasso corporeoa seconda che si impieghi rispettiva-mente la metodica dilutometrica o quel-la densitometrica.

È per questi motivi che, approfittan-do di tecnologie avanzate resesi dispo-nibili negli anni più recenti, sono statioggetto di studio modelli multicomparti-mentali (da tre fino a sei compartimen-ti). Queste nuove tecnologie sono ingrado di fornire ai ricercatori dati più ac-curati sulla composizione corporea indi-pendentemente dall’età, dal sesso edallo stato etnico.

I nuovi modelli pluricompartimentalihanno gia dimostrato la loro utilità ad

esempio nel confronto tra la composi-zione corporea di soggetti di sesso fem-minile di razza bianca e nera. È emerso,infatti, che le donne di razza nera hannouna maggiore massa muscolare rispettoalle donne bianche e una densità dellaFFM > 1,1 dovuta ad un maggior con-tenuto di minerali, in particolare di po-tassio. Impiegando le solite costanticonvenzionali già menzionate con il mo-dello a due compartimenti basati sulladensitometria e sul valore del potassiototale, si sarebbe ottenuta una sottosti-ma del grasso nelle donne nere.

I modelli pluricompartimentali pos-sono risultare molto utili quali criteri diriferimento nell’impiego delle nuovemetodiche cliniche per la determinazio-ne della composizione corporea quali ilTOBEC (Total body electrical conducti-vity) e BIA (Bioimpedance analysis oimpedenzometria) per una loro opportu-na calibrazione.

Nella Figura 3 sono rappresentatischematicamente i modelli a 3, 4 e 6compartimenti e nella Tabella 3 sono ri-portate in sintesi le caratteristiche deimodelli a 2, 3, 4 e 6 compartimenti conle rispettive metodiche di misura e glielementi oggetto delle misure stesse.

Per quanto riguarda infine l’approc-cio alle misure di composizione corpo-rea le metodiche possono essere clas-

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sificate in: dirette, indirette e doppia-mente indirette. Con quest’ultimo ter-mine si intendono metodiche che fannoriferimento per la loro validazione a me-todiche indirette: appartengono a que-sta categoria tecniche che sono attual-mente di largo impiego nella pratica cli-nica quali l’antropometria nutrizionale, laimpedenzometria, la misura dell’escre-

zione urinaria della creatinina e della 3-metilistidina (Tab. 4).

Conclusioni

Lo stato di nutrizione fa parte dellostato di salute e a sua volta è la risul-tante di una serie concatenata di appor-

Le bas i conoscit ive della d iagnostica nutriz ionale

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Tabella 3

Caratteristiche deimodelli di composizionecorporea a due o più compartimenti.

Metodiche

Dilutometria oppureDensitometria oppuremisura del PotassioCorporeo totale

Assorbimetria bifotonica

Dilutometria con D2OAttivazione neutronica(gamma pronta)Attivazione neutronica(gamma ritardata)

Combinazione dellemetodiche di attivazioneneutronica (gamma prontae gamma ritardata)

N° compartimenti

2 (BW = F + FFM)

3 (BW = M + F + FMFT)

4 (BW = A + M + Pr + F)

6 (BW = A + Mo + Mc + Pr + Gl + F + R)

Oggetto della misura

Massa magra o massagrassa

Minerali e massa grassa

AcquaProteine (azoto corporeo)Minerali (calcio totale)

AcquaMinerali osseiMinerali cellulariProteine

BW = Peso corporeoF = GrassoFFM = Massa magraM = Minerali A = Acqua FMFT = Massa magra senzaminerali (= A + Pr + Gl) Pr = Proteine Mo = Minerali ossei Mc = Minerali cellulari Gl = GlicogenoR = Composti residui

Dirette Indirette Doppiamente indirette

Analisi del cadavere Densitometria Antropometria nutrizionale

Attivazione neutronica Dilutometria Assorbimetria all’infrarosso

Misura del 40K Ecografia

Tomografia computerizzata Impedenzometria

Risonanza magnetica nucleare Escrezione di creatinina

Assorbimetria bifotonica Escrezione di 3-metilistidina

Tabella 4

Metodiche perdeterminare lacomposizione corporea(da Deurenberg,Fondation Nestlè -Rapport Annuel, 1992).

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ti energetici e nutrizionali, assorbimen-to, equilibri metabolici, eliminazione discorie e metaboliti. Almeno teoricamen-te ogni maglia di questa catena può es-sere oggetto di rilevamenti e misure epuò dare risposte e indicazioni in meritoalla situazione del proprio settore dicompetenza, più o meno ampio. Tuttiquesti settori possono risultare impe-gnati nella cosiddetta “grave denutrizio-ne clinica”: più frequentemente si verifi-cano stati di carenza e subcarenza chepossono interessare alcuni nutrienti edanche uno soltanto di essi. Non haquindi molto senso parlare generica-mente di malnutrizione senza specifica-re la diagnosi tanto più che esiste an-che una malnutrizione per eccesso(obesità): sotto questo aspetto può es-sere stato fuorviante avere iniziato aparlare in passato di accertamento dellostato di nutrizione anziché di semeioticanutrizionale.

Nelle ultime decadi la possibilità diimpiego dell’alimentazione artificiale inpazienti critici ha portato al tentativo didelineare un sistema di indicatori nutri-zionali atti a rilevare lo stato di nutrizio-ne anche allo scopo di acquisire datiper una accurata prognosi circa l’evolu-zione della malattia in questi pazienti.

In questo senso sono stati propostialcuni indici prognostici (14,15) il cui si-

gnificato, tuttora oggetto di discussio-ne, è, se mai, limitato al cosiddetto pa-ziente critico al fine di ricavare indicazio-ni sull’opportunità di procedere ad unsupporto nutrizionale preoperativo.L’accertamento dello stato di nutrizioneè peraltro reso più complesso dal fattoche i vari indicatori dipendono in molticasi anche da altri fattori oltre quelli nu-trizionali; ciò vale soprattutto per la de-nutrizione proteico-calorica. Esistonoinoltre interazioni tra gli stessi nutrientidi cui occorre tenere conto nelle misureda effettuare specie se si vuole valutarelo stato funzionale connesso alla nutri-zione. Le funzioni legate, ad esempio,al retinolo dipendono almeno da tre va-riabili: dallo stesso retinolo, dalla retinol-binding-protein e dallo zinco.

Altri fattori da tenere presenti sonola difficoltà di definire e quantizzare ter-mini quali “normale” e “ottimale” nonsoltanto in senso assoluto ma anche insenso relativo. Significativo è, a questoriguardo, il problema che si pone perl’accertamento dello stato di nutrizionenel soggetto anziano. Gli anziani, infatti,vanno incontro in varia misura ad undeterioramento delle funzioni degli or-gani ed una percentuale elevata di essiè affetta da varie malattie in particolaredi tipo cronico e degenerativo. Ancheper quella minoranza in condizioni di sa-

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lute apparentemente buone è dubbio sesia appropriato fare riferimento a valoristandard tipici della popolazione più gio-vane.

Partendo da questa considerazioneè opportuno che gli standards usati perla valutazione nutrizionale degli anzianivengano modificati sulla base di più ac-curate conoscenze scientifiche rispettoa quelli impiegati per la popolazioneadulta normale.

In effetti le comuni tecniche impie-gate per l’accertamento dello stato dinutrizione presentano dei limiti quandovengono applicate agli anziani. Inoltrenella valutazione dello stato di nutrizio-ne di questi occorre domandarsi sem-pre se i deficit nutrizionali eventualmen-te riscontrati sono conseguenza di ina-deguati apporti dietetici ovvero di di-sfunzioni della digestione, dell’assorbi-mento e dell’utilizzazione e, ancora, sele modifiche funzionali osservate sonoconnaturali alla fisiologia dell’invecchia-mento oppure riflettono una compro-missione derivante dalla malattia dege-nerativa.

Sulla base delle considerazioni svol-te finora uno schema di approccio per ilrilevamento dello stato di nutrizione puòessere impostato nel modo seguente: – malnutrizione proteico-calorica: lamisura simultanea di diversi indici tesi a

valutare i differenti settori dell’organi-smo consente di ridurre i fattori di erro-re che – come si è già accennato – pos-sono inficiare una corretta valutazionedi questo aspetto nutrizionale. Gli indicipiù utili sembrano essere la misura delpeso, le misure antropometriche, il bi-lancio azotato, la misura delle proteinea semivita breve, la creatininuria e la 3-metilistidinuria misurate su tre giorniconsecutivi e riferite all’altezza o al pesoideale. Frequenza delle misure: setti-manale;– malnutrizione vitaminico-minerale:misura delle vitamine A, C e dei folatinonché dei minerali Ca, P, Mg, Zn, Fe.Frequenza delle misure: settimanale.

Con frequenza settimanale dovreb-be essere altresì misurata l’emoglobinaed effettuata una conta dei linfociti to-tali.

Bibliografia

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Le bas i conoscit ive della d iagnostica nutriz ionale

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E. Lanzola

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La raccolta di informazioni sui con-sumi alimentari e sull’intake di nutrientirappresenta un momento molto impor-tante della ricerca e della pratica nutri-zionale. Molto è stato fatto nel campodell’epidemiologia nutrizionale; al mo-mento attuale alcuni problemi rendonoancora difficile la comprensione dei fe-nomeni correlati all’alimentazione.

I problemi principali che si incontra-no nelle ricerche di tipo epidemiologicosono rappresentati da:– multifattorialità delle cause;– latenza delle malattie;– tempo di “esposizione”;– relativa rarità di queste;– variabilità nei rilevamenti dei consumi.

Tutti questi punti sottolineano l’im-portanza di avere metodi sempre piùvalidi e precisi. L’ultimo punto costitui-sce, tra gli altri, un aspetto di particola-re importanza in quanto lo studio deiconsumi alimentari di un individuo o digruppi mirati di individui o di popolazioniè fondamentale ai fini dell’accertamen-

to globale dello stato di nutrizione mira-to alla prevenzione nonché alla terapiadi svariate patologie correlate all’ali-mentazione.

Numerose sono le metodiche im-piegate, giacché non esiste un unicometodo per lo studio dei consumi ali-mentari che possa essere raccomanda-to per tutti gli obiettivi preposti. La scel-ta del metodo dipende dallo scopo dellaricerca, dal target della popolazione daindagare e, non da ultimo, da conside-razioni pratiche quali la disponibilità nonsolo di personale specializzato (dietista,nutrizionista), ma anche di tempo, non-ché dalla gravosità dei costi. Ciò spiegail fatto che, a seconda delle differentisituazioni, gli investigatori sono portati ascegliere un metodo piuttosto che unaltro o ad adattare metodi preesistentiin funzione degli obiettivi che si voglionoperseguire. Ogni metodo ha comunqueimpliciti in sé errori sia di tipo sistemati-co (bias: lo strumento di misura tendesistematicamente a sottostimare o a

29

MM etodi di valutazione dei consumi alimentari

S. Scaglioni*, G. Turconi**

* Clinica Pediatrica Ospedale S. Paolo – Università degli Studi di Milano** Istituto Scienze Sanitarie Applicate – Università degli Studi di Pavia

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sovrastimare il valore reale) che casuale(random) e presenta sempre vantaggi esvantaggi che devono essere di volta involta attentamente ponderati.

Resta comunque di fondamentalenecessità che, qualunque sia il metodoscelto, questo debba essere accurata-mente validato prima del suo impiegoattraverso diverse procedure variabili divolta in volta, quali:– confronto con un metodo di riferi-mento;– confronto con gli intakes di alcuni nu-trienti determinato attraverso dosaggiodi markers biologici (possibi le, adesempio, per proteine, acidi grassi es-senziali, alcune vitamine, ecc.);– verifica dell’uso “sul campo”: con-fronto del potere predittivo nei confron-ti di markers biologici o fisiologici (adesempio, colesterolemia, pressione ar-teriosa, ecc.).

In questo contesto non vengonopresi in esame i Food Balance Sheets,che riguardano unicamente la produzio-ne-utilizzazione e quindi la disponibilitàdelle derrate alimentari nazionali e non ireali consumi, e neppure il metodo del-l’inventario, strettamente legato alla fa-miglia e non all’individuo, che prevedela registrazione degli stock alimentaripresenti nella dispensa all’inizio e alla fi-ne dell’indagine (generalmente della

durata di una settimana), inclusi gli ac-quisti effettuati durante tale periodo.

Metodi di rilevamento

Tra i metodi di rilevamento più fre-quentemente utilizzati si riportano:

Registrazione simultanea su dia-ri o libretti alimentari di tutti gli alimenticonsumati nell’intera giornata;

Recall (ricordo) delle 24 ore, ef-fettuato da un intervistatore esperto(dietista o nutrizionista) e riguardante le24 ore precedenti l’intervista;

Questionari delle frequenze diconsumo;

Storia dietetica comunementeutilizzata nella diagnostica clinica.

Questi ultimi due metodi permetto-no di valutare gli abituali consumi ali-mentari e vengono generalmente impie-gati contemporaneamente.

Registrazione simultanea

Viene considerato il metodo miglio-re e si effettua registrando su appositidiari alimentari, meglio se tascabili, vol-ta per volta, nell’arco della giornata, tut-ti gli alimenti e bevande, nonché glisnacks, nel momento in cui vengono

Metodi d i valutaz ione de i consumi al imentari

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consumati. La possibilità di dimenticarequalche alimento e quindi la possibilitàdi errore viene notevolmente ridotta.

Tra i vantaggi vi è la precisione dellestime ottenute; occorre ricordare peròche il metodo è piuttosto dispendioso intermini di tempo. La più importante limi-tazione risiede inoltre nel fatto che la re-gistrazione di un diario alimentare è sen-za dubbio in grado di modificare il com-portamento alimentare nel periodo diosservazione, introducendo in tal modoun errore sistematico di notevole signifi-cato. Le caratteristiche di questo meto-do di indagine, tuttavia, ne limitano l’usoa persone con un discreto grado di cul-tura e soprattutto molto motivate (1).

Recall delle 24 ore

Il ricordo degli alimenti consumatinelle 24 ore viene registrato da unesperto intervistatore (dietista o nutri-zionista) il quale, mediante domandeopportunamente mirate, stimola l’indivi-duo a ricordare tutto ciò che ha consu-mato nelle 24 ore precedenti. È moltoimportante che durante l’intervista ven-gano impiegati dei sussidi visivi (2) perfacilitare l’intervistato a quantificare ipropri consumi (atlante alimentare foto-grafico, modelli di porzioni di alimenti,

misure casalinghe di capacità definite).Il recall delle 24 ore (3, 4) è un tipo

semplice di anamnesi alimentare; conquesta metodica si raccoglie esclusiva-mente l’apporto alimentare di un giornostabilito. In mani esperte richiede untempo limitato, circa 20 minuti, per ogniintervistato; inoltre non è necessarioistruire il soggetto. Con la metodica delrecall delle 24 ore, tuttavia, è emersa fre-quentemente la presenza della cosiddetta“flat-slope syndrome” (sindrome del pen-dio piatto) (5-8): la caratteristica di talesindrome consiste nel fatto che piccoliintakes tendono ad essere sovrastimati,mentre grandi quantità di alimenti ten-dono ad essere sottostimate.

Da diversi studi presenti in lettera-tura (9-11) si evince che in generale il ri-cordo delle 24 ore dà risultati estrema-mente variabili e associati ad errori piut-tosto grandi tali da non essere conside-rato un metodo affidabile per singoli in-dividui o gruppi ristretti di popolazione,indipendentemente che siano studiatigli alimenti oppure l’energia o i nutrienti.

Al contrario, il metodo si può consi-derare valido su ampi gruppi di popola-zione nelle indagini epidemiologiche, rite-nendo accettabile un errore del ± 10%,qualora si vogliano trovare associazionitra nutrizione e patologie ad essa cor-relate.

S. Scagl ioni , G. Turconi

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Questionari

delle frequenze di consumo

Consistono nella registrazione perricordo degli alimenti per frequenza diassunzione e mediante analisi quantita-tiva. Il questionario è rappresentato daun elenco specifico di alimenti, differen-ziato per varie età, con un casellario perla frequenza (giornaliera, settimanale,mensile, ecc.) e una misura standard,indicativa della quantità assunta, checonsente una stima semiquantitativadell’apporto di nutrienti.

Rappresentano i metodi sui quali ildibattito è attualmente più vivace; la lo-ro fama è dovuta ai seguenti aspetti:– praticità di impiego (a volte sono au-tosomministrati);– rapidità di raccolta delle informazioni;– indagine estesa a periodi prolungati(variabili da un mese ad un anno).

Il fine dell’impiego di questa meto-dica è la comprensione della dieta “abi-tuale”.

Tra i principali svantaggi vi è la perdi-ta di precisione teoricamente introdotta.

Fondamentale è il metodo attraver-so il quale si giunge alla formulazione diun questionario di frequenze. Questoconsta in una serie di alimenti (raggrup-pati secondo rigidi criteri) che devonorappresentare gli alimenti effettivamen-

te consumati dalla popolazione oggettodi studio: ciò al fine di non perdereinformazioni relative ad alimenti “signifi-cativi” pur escludendo cibi che pococontribuiscono all’apporto di nutrienti oalla loro variabilità nella popolazione.Alla lista di alimenti occorre giungereattraverso dati già esistenti, raccolti conmetodiche classiche (ad esempio trami-te recall delle 24 ore) e trattati con tec-niche statistiche che forniscano perogni nutriente la lista di alimenti checontribuiscono all’apporto di quel deter-minato nutriente fino ad un certo limitestabilito. Tale procedimento è specificoper la popolazione oggetto di studio;ogni questionario potrà essere utilizzatosulla popolazione dalla quale è statatratta la lista degli alimenti.

Storia dietetica

Le origini della storia dietetica sifanno risalire a Burke nel 1947 (12), chepubblicò un articolo dal titolo “La storiadietetica quale strumento di ricerca”,anche se precedentemente, nel 1940,Turner aveva abbozzato le linee per otte-nere una stima della storia alimentare.

La storia dietetica, mirata a valutaregli intakes abituali e utilizzata soprattut-to nella clinica o nella ricerca per trova-

Metodi d i valutaz ione de i consumi al imentari

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re eventuali correlazioni con una datapatologia, consiste nella descrizionedella abituale dieta quotidiana, con pre-ciso riferimento al consumo dei pasti ealle dimensioni delle porzioni assunte.Durante l’intervista, il soggetto viene in-vitato anche a ricordare gli alimenti con-sumati nelle 24 ore precedenti, a com-pilare una lista precisa di alimenti abi-tualmente consumati e a registrare iconsumi alimentari per un periodo di 3giorni. Recentemente Petersen e colla-boratori (13) hanno messo a punto e va-lidato una storia dietetica semplificataper lo studio degli intakes di energia emacronutrienti, tale da permettere mi-nor impiego di tempo e di personale.

È stato dimostrato (7,13,14), tuttavia,che la storia dietetica, se confrontatacon la registrazione simultanea degliintakes, tende frequentemente a dareuna sovrastima dei consumi alimentari,soprattutto a riguardo dei micronu-trienti.

Metodi utilizzati perquantificare i consumi

I metodi utilizzati per quantificare iconsumi possono essere:

Pesata diretta mediante bilancia;Stima delle quantità mediante

l’impiego di misure casalinghe (misuredi capacità) o di modelli o di fotografiedi alimenti.

Pesata diretta

La pesata diretta è senza dubbio ilmetodo migliore ma non sempre è pra-ticabile a causa dell’elevato impiego ditempo e di personale e quindi di elevaticosti. È consigliabile utilizzare bilanceelettroniche precise con uno scarto di 1grammo; pesare gli alimenti allo statocrudo al netto edibile e gli eventualiavanzi. Un limite di tale metodo è dovu-to al fatto che, oggigiorno, la maggiorparte degli individui consuma almeno unpasto fuori casa e pertanto la pesata di-retta risulta praticamente impossibile.

Stima delle quantità

In alternativa al metodo della pesatadiretta, i consumi possono esserequantificati stimando il peso degli ali-menti mediante l’impiego di misure ca-salinghe che devono essere opportuna-mente calibrate in quanto le capacità dicucchiai, bicchieri o tazze apparente-mente uguali possono variare del 20-30% (15).

S. Scagl ioni , G. Turconi

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Si possono altresì utilizzare modellio fotografie di alimenti per stimare i pe-si delle porzioni; è indispensabile in ognicaso avere a disposizione, per lo stessocibo, un numero svariato di porzioni.

Comunque sia, prima dell’impiegodi misure di capacità o modelli o foto-grafie, è necessario effettuare una vali-dazione del metodo di quantificazioneche si vuole utilizzare, confrontandolocon la pesata diretta.

Da lavori presenti in letteratura (16,17)

emerge che le registrazioni dei consumialimentari che utilizzano la stima dei pe-si piuttosto che la pesata diretta, sesupportate da parametri di riferimentostandard, sono sicuramente valide, inquanto mostrano errori sufficientemen-te piccoli (entro il ± 5-10%).

Compilazione dei questionari

I questionari possono essere com-pilati mediante intervista da parte dipersonale esperto (dietista o nutrizioni-sta) oppure autocompilati dagli individuistessi. Nel primo caso è necessariostandardizzare la procedura dell’intervi-sta, istruendo adeguatamente gli inter-vistatori ed effettuando prove di ripetibi-lità del metodo sugli individui.

Nel secondo caso è necessarioistruire i soggetti circa la procedura dicompilazione dei questionari, fornendoloro tutte le istruzioni indispensabili e glistrumenti necessari per la quantificazio-ne dei consumi (bilance oppure atlantealimentare fotografico, ecc.). È altresìindispensabile che i questionari, unavolta compilati, vengano successiva-mente esaminati dalla dietista in pre-senza del soggetto al fine di controllareche gli stessi siano stati compilati inmodo esatto e completo e che non sia-no stati omessi alimenti quali zucchero,condimenti, sale e bevande, che ven-gono facilmente dimenticati.

Tecnichecomputerizzate

In U.K. ed in altri paesi nei quali leregistrazioni dei consumi alimentari sonodiventate ormai tecniche routinarie, so-no disponibili bilance elettroniche con di-spositivo di registrazione su nastro (PE-TRA) (18). Il sistema è semplice da usarepoiché è necessario soltanto premereun pulsante e dettare le descrizioni permicrofono. Con una portata di 2000 g elo scarto di 1 g, il cibo può essere servi-to in piatti normali ed il peso cumulativoè registrato automaticamente.

Metodi d i valutaz ione de i consumi al imentari

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Un secondo vantaggio rispetto allametodica tradizionale è che la registra-zione è conservata in una “scatola ne-ra”, per cui per il paziente è difficile ef-fettuare delle correzioni, fatto questoche si può verificare spesso durante laregistrazione degli alimenti sul questio-nario, in quanto il soggetto si accorgeche sta mangiando troppo.

Un’altra tecnica computerizzata de-scritta da Kretsch (19) è la tecnica NES-SY, utilizzata per la descrizione quali-quantitativa dei consumi alimentari. Talemetodo utilizza un software interattivoper guidare gli utenti durante la regi-strazione e descrizione degli alimenti.

La validazione di tale tecnica, me-diante confronto con la registrazione si-multanea per pesata diretta, ha dimo-strato che le differenze medie tra le duemetodiche, per l’energia e i vari nutrien-ti, erano inferiori al 5%; inoltre la tecni-ca NESSY richiedeva 1,7 ± 0,3 minutiper pesare e registrare ciascun alimen-to, mentre la tecnica manuale richiede-va 8,4 minuti.

Variabilità intra ed inter-individuale

È noto che la variabilità intraindivi-duale, composta principalmente dalla

“vera” variabilità (giornaliera, stagionale,ecc.) e dall’errore proprio dei metodi,può essere tale da non permettere lacomprensione della dieta abituale di unsoggetto; ciò si traduce, ad esempio,nella necessità di indagare periodi pro-lungati di tempo (calcolabili secondoformule pubblicate) al fine di cogliere,con un certo limite di errore, la “vera”dieta di un individuo.

Nelle indagini nutrizionali su popola-zioni è indispensabile inoltre tenereconto anche della variabilità interindivi-duale che può essere talvolta sorpren-dentemente grande.

Per la popolazione in età evolutivale stime della variabilità intra e tra indivi-dui sono specifiche secondo caratteri-stiche che rendono la popolazione inoggetto del tutto peculiare dal punto divista epidemiologico. Oltre ai fattoriclassici che contribuiscono alla variabi-lità della dieta di ogni individuo, il bambi-no presenta infatti caratteristiche antro-pometriche in continua evoluzione, se-condo i pattern di crescita differenti nel-le varie età, che sono tra i più importantideterminanti dell’assunzione di alimenti.

Le considerazioni relative alle fontidi variabilità si riflettono sulle modalità didisegno delle ricerche nutrizionali, inparticolare sul numero di giorni da inda-gare e sulla numerosità del campione.

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Durata dell’indagine,successione dei giornie stagionalità

Definire i tempi di durata dell’inda-gine e quindi il numero e la successionedei giorni è molto importante, in quantoindagini molto brevi possono essere li-mitative e altresì indagini troppo lunghepossono ridurre la compliance dei sog-getti alla ricerca.

Innanzi tutto è necessario definirequali nutrienti si vogliono studiare nellospecifico, considerando la variabilità in-dividuale giornaliera, quella settimanalee quella stagionale.

Secondo Mac Cance e Widdowson“una settimana sarebbe sufficiente perstudiare le abitudini alimentari di un in-dividuo riguardanti gli intakes di energiae macronutrienti, ma per particolari sco-pi sarebbero necessarie più settimane”.Vitamine, minerali e fibra alimentare ri-chiedono infatti osservazioni ripetute neltempo, almeno per 14 giorni. Questenon devono necessariamente essereeffettuate in un unico periodo di tempo:4 registrazioni della durata ognuna di 3-4 giorni potrebbero essere un compro-messo accettabile.

Da una rassegna di lavori riportati inletteratura (20) emerge che l’ampiezzadella variazione giornaliera può differire

da un individuo all’altro dal 4 al 45%per quanto riguarda l’apporto energeti-co e dal 9 al 52% per le proteine; talivariazioni comunque si riducono all’au-mentare del numero di osservazioni. Levariazioni tra settimana e settimana so-no in generale molto minori di quelle tragiorno e giorno, anche se la vitamina Asembra essere altamente variabile trauna settimana e l’altra. Altresì, differen-ze stagionali nelle assunzioni medie divitamina C in U.K. sono ben documen-tate, come pure quelle di fibra alimenta-re nello stesso paese e in aree ruralid’Europa.

In conclusione, l’entità della variabi-lità entro soggetti riguardante gli in-takes di nutrienti è più grande per mi-nerali, vitamine, colesterolo e gli ali-menti in genere, e ciò in parte è dovutoalla scarsa frequenza con cui sono as-sunti determinati alimenti.

Nella Tabella 1 sono riportati, peralcuni nutrienti (aggiustati per l’intaketotale di kcalorie), il numero di giorninecessari per stimare la dieta abitualedi bambini e adulti in determinate fascedi età, con un errore contenuto entro il20% (21-24).

Come si può notare, il numero digiorni necessario per stimare la dietadel singolo individuo può porre seri pro-blemi in molti studi. Si deve inoltre os-

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servare come tale numero di giorni siadifferente nelle diverse epoche della vi-ta (più contenuto nella prima infanzia,massimo nell’età scolare).

La durata dell’indagine dipende al-tresì dal grado di precisione che si vuole

ottenere e su questa base verrà decisoil numero delle osservazioni. Calcoli sta-tistici (Tab. 2) suggeriscono che nel ca-so degli adulti la registrazione di 7 giorniè in grado di determinare gli intakes allivello di precisione di ± 10% se si vo-

S. Scagl ioni , G. Turconi

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1ª infanzia Età Età Adultoprescolare scolare

Giovannini Nelson Miller Willet,et al, 1995 et al, 1989 et al, 1991 1990

Varianza* N. Varianza* N. Varianza* N. Varianza* N.entro/tra giorni entro/tra giorni entro/tra giorni entro/tra giorni

Kcalorie 0,65 2 1,5 7 3,70 7 1,39 7

Proteine 0,76 3 1,0 5 7,95 14 1,78 6

Lipidi 0,95 5 1,6 7 5,32 10 1,93 7

Glucidi 0,63 2 1,3 6 4,40 8 1,38 3

Colesterolo 1,70 27 6,3 27 65,00 116 2,55 36

Vit. A 0,93 55 4,6 20 7,57 14 3,28 105

Vit. E 1,02 19 2,3 10 7,23 13 – –

Vit. C 0,86 26 0,5 3 5,14 9 1,46 29

Vit. B6 1,50 16 1,8 8 35,89 64 1,67 4

Calcio 0,62 5 0,8 4 10,35 18 1,66 13

Ferro 0,84 11 1,3 6 8,28 15 1,79 8

Tabella 1

Numero di giorninecessari per stimare ladieta abituale di diversigruppi di popolazione(con un errore entro il 20%).

* rapporto: varianza entro soggetti/varianza tra soggetti

Numero di giorni per

Nutrienti 50% del gruppo 70% del gruppo 90% del gruppo

Energia 5 7 13

Proteine 5 7 14

Lipidi 9 13 23

Fibra alimentare 12 13 28

Tabella 2

Numero di giornirichiesti per determinarel’intake medio di ungruppo di soggetti * (con un errore standarddel ±10%).

* individui maschi residenti in Cambridge, di età 20-80 anni (n = 32) (Bingham et al., 1981)

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Metodi d i valutaz ione de i consumi al imentari

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gliono studiare parametri quali l’energiao i nutrienti energetici.

Se tuttavia il campione è sufficien-temente ampio, come verrà successiva-mente riportato, è sufficiente effettuareil rilevamento dei consumi per 3 giorni,scegliendoli non consecutivi, di cui unodurante il weekend, nel quale notoria-mente l’alimentazione è meno abitudi-naria che nei giorni lavorativi.

Dimensione del campione

Nelle indagini nutrizionali, se si vo-gliono evidenziare differenze modeste,è importante tenere conto della variabi-lità entro soggetti al fine di effettuareuna scelta adeguata delle dimensionidel campione. Le dimensioni del cam-pione influenzeranno a loro volta la du-rata dell’indagine.

Da uno studio condotto da Binghame collaboratori (25) emerge, per esempio(Tab. 3), che con una dimensione cam-pionaria di 500 individui, se viene effet-tuata la registrazione di un solo giorno,è possibile evidenziare una differenzapercentuale di tale valore dalla media,ottenuta da osservazioni ripetute suogni individuo, del 6-8%, mentre talevalore si riduce al 5% per l’energia e i

nutrienti studiati (proteine, grassi, fibraalimentare e riboflavina) con una regi-strazione sia di 3 che di 7 giorni.

Pertanto non ci sarebbe una moti-vata giustificazione statistica nell’au-mentare il numero di registrazioni oltre i3 giorni, per esempio a 7, se il campio-ne è sufficientemente ampio.

Fattori che possonoinfluenzare la variabilità della risposta

Numerosi sono i fattori che posso-no influenzare la variabilità della rispostaindividuale e quindi i risultati finali. Traquesti ricordiamo:

Il metodo di rilevamento

Come già sopra riportato.

Il modo di condurre

l’intervista

È stato evidenziato, da numerosistudi effettuati, che soggetti intervistatida differenti intervistatori riguardo lostesso periodo di dieta, hanno dato ri-

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sposte diverse, dal momento che l’in-tervistatore può “pilotare” diversamentel’intervistato e quindi influenzarne la ri-sposta. È pertanto indispensabile, pri-ma di effettuare una indagine alimenta-re, come già sopra riportato, standar-dizzare la procedura dell’intervista edeffettuare prove di ripetibilità del meto-do sugli individui.

L’età

L’età dei soggetti su cui si effettual’indagine costituisce un fattore deter-minante la scelta del metodo da utiliz-zarsi al fine di minimizzare la variabilitàdella risposta e quindi dei risultati.

BambiniSi ritiene generalmente che i ricordi

dei bambini siano meno accurati diquelli degli adulti. Al proposito, i dati

emersi da numerose ricerche hannoevidenziato risultati contrastanti, inquanto alcuni (26) hanno messo in risaltodifferenze significative secondo il meto-do utilizzato (recall delle 24 ore vs storiadietetica), mentre altri (27) hanno dimo-strato che il recall delle 24 ore venivadai bambini compilato accuratamente.

Recentemente si stanno ponendoall’attenzione, quali metodi per l’età pe-diatrica, quelli basati sulle frequenze diconsumo, che utilizzano questionari di-versamente strutturati.

Al proposito sono stati messi apunto, dalla V Clinica Pediatrica del-l’Università di Milano (28, 29), partendoda dati ottenuti da diverse indagini epi-demiologiche, questionari di frequenzealimentari per le varie fasce di età. Si ri-portano, come esempio (Questionario1: prima infanzia; Questionario 2: etàprescolare e scolare) alcuni raggruppa-menti di alimenti.

S. Scagl ioni , G. Turconi

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Differenza % dalle medie ottenute da numerose

Nutrienti osservazioni su ogni individuo

Un giorno Tre giorni Sette giorni

Energia 6 5 4

Proteine 6 5 5

Lipidi 7 5 5

Fibra alimentare 7 5 5

Riboflavina 8 5 4

Tabella 3

Differenzaa rilevabile

nelle medie in un

campione di 500

individui.

a = varianza (Bingham et al.,1981)

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Metodi d i valutaz ione de i consumi al imentari

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QUANTITÀPrima infanziaQUESTIONARIO 1 CONSUMO MEDIO

La porzionemedia è

– = +

La sua porzione usuale è

Mai omeno di1 voltaal mese

1voltaal mese

2-3volteal mese

1voltaalla sett.

2voltealla sett.

3-4voltealla sett.

5-6voltealla sett.

1voltaal giorno

2volteal giorno

1. Latte intero 250 cc

2. Latte di seguito in polvere 250 cc

3. Yogurt, yogurt alla frutta 1 vasetto

4. Ricotta, formaggio magro,formaggio magro fiocchi,formaggino magro

50 g

5. Parmigiano 1 cucchiaino

6. Formaggino caprino 50 g

7. Mozzarella 50 g

8. Certosino, Bel Paese,robiola

50 g

9. Uovo intero 1

1

4 cucchiai

50 g

3 cucchiai

1 pugno e 1/2

1/2 panino

3 pezzi

3 cucchiai

1

10. Tuorlo d’uovo

11. Pastine per l’infanzia

12. Pasta, pasta all’uovo

13. Crema multicereali, crema di riso, semolino di grano

14. Riso

15. Pane, pane all’olio, pane al latte

16. Fette biscottate

17. Passato di verdura cotto

18. Patata piccola(consumata da sola)

19. Verdura di contorno 1 porzione

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S. Scagl ioni , G. Turconi

41

QUANTITÀEtà prescolaree scolare

QUESTIONARIO 2 CONSUMO MEDIO

La porzionemedia è

– = +

La sua porzione usuale è

Mai omeno di1 voltaal mese

1voltaal mese

2-3volteal mese

1voltaalla sett.

2voltealla sett.

3-4voltealla sett.

5-6voltealla sett.

1voltaal giorno

2volteal giorno

1. Pasta di semola 65 g

2. Pasta integrale 55 g

3. Tortellini, cannelloni,ravioli, lasagne 120 g

4. Riso, orzo 70 g

5. Pane bianco 1 panino (60 g)

6. Pane integrale 1 panino (60 g)

7. Grissini, crackers 1 pacchetto

8. Focaccia, pizza bianca 1 fetta (90 g)

9. Pizza con pomodoro e mozzarella

1 pizza

1 tazza

3 cucchiai

3 cucchiai

1 cucchiaio

1 cucchiaio

1 ricciolo

1 ricciolo

1 dado

1 cucchiaio

10. Brodo di carne o di pollo

11. Pomodori pelati, sugo di pomodoro

12. Ragù di carne

13. Olio di oliva

14. Olio di semi, di mais,di soia

15. Margarina

16. Burro

17. Dado

18. Maionese

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I dati di validazione del questionarioper i bambini in età prescolare e scola-re, ottenuti sia per confronto con meto-dica standard (diario alimentare di 7giorni) sia mediante uso sul campo,comparati al metodo del recall delle 24ore, indicano come il questionario pre-senti coefficienti di correlazione con ilmetodo standard da 0,4 a 0,6 per lamaggior parte dei nutrienti (28), mentrenella previsione dei livelli di colesterole-mia di una popolazione di circa 400bambini della prima infanzia, il questio-nario si è dimostrato più valido rispettoal recall delle 24 ore (29).

AdolescentiAnche per quanto riguarda gli ado-

lescenti, alcuni autori (30) hanno eviden-ziato differenze significative tra stime diintakes dietetici ottenute con il recalldelle 24 ore e valori reali di consumo ri-guardanti l’energia e le proteine.

AnzianiRelativamente agli anziani si ritiene

che gli stessi siano meno abili, rispettoagli adulti, nella capacità di ricordo riguar-dante intervalli di tempo brevi, in quanto,con l’avanzare dell’età, si manifestanoflessioni per alcune specifiche facoltàdella memoria. Anche in questo casonon tutti gli autori sono d’accordo (Tab.

4) (31). Tali effetti imputabili all’età non so-no comunque così consistenti quando èimplicata la memoria a lungo termine.

Il sesso

Tradizionalmente le donne sono piùcoinvolte, rispetto agli uomini, nell’ac-quisto dei cibi e nella preparazione deipasti. Ciò può rendere più facile non so-lo il ricordo corretto dei consumi, ma an-che l’identificazione delle dimensioni edei pesi delle porzioni (32). Non tutti i daticomunque sostengono l’ipotesi che ledonne registrino più fedelmente e accu-ratamente l’informazione dietetica (33).

Il peso corporeo

È stato ipotizzato che il sovrappesosia frequentemente associato alla sot-tostima dei consumi alimentari (31). Èpossibile, infatti, che individui obesi sia-no portati, consciamente o inconscia-mente, a omettere informazioni nel ri-portare le loro assunzioni dietetiche co-me altresì siano portati a sottostimare lagrandezza delle porzioni consumate.Alcuni autori (34, 35) hanno evidenziatouna scarsa abilità delle persone obesenello stimare le quantità di alimenti as-

Metodi d i valutaz ione de i consumi al imentari

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sunti, anche se l’errore non andava, co-me si potrebbe supporre, verso la sot-tostima, ma al contrario le porzioni era-no percepite più grandi di quanto inrealtà fossero. Non tutti i dati sono co-munque concordi con quanto sopra ri-portato. Lindroos e collaboratori (36), in-fatti, hanno dimostrato che è possibileottenere da soggetti obesi informazionidietetiche valide e riproducibili quantoquelle ottenute da soggetti normopeso.

Fattori psicologici

ed emozionali

Stato d’animoLo stato d’animo, al momento della

compilazione del questionario alimenta-

re o dell’intervista, può costituire un fat-tore molto importante: sensazioni di sa-zietà, di noia, di appetito o di inappe-tenza possono influenzare diversamentele risposte. Altresì i ricordi intrisi di emo-zione, legati ad un momento alimentareparticolare, possono influenzare il ricor-do di alimenti.

AttenzioneUna ragione per cui il ricordo degli

alimenti assunti può essere incompletoè che la maggior parte delle personenon presta attenzione a ciò che mangia.Tale osservazione spiega, per esempio,le frequenti omissioni di alimenti o be-vande che non rappresentano le vociprincipali del pasto (37), quali i condi-menti, il sale, lo zucchero, il parmigiano

S. Scagl ioni , G. Turconi

43

Nutrienti Intakes medi Intakes medi t-valuericordati registrati

Energia (kcal) 666,68 625,68 – 0,888

Proteine (g) 36,95 30,63 – 2,228 *

Calcio (mg) 237,01 219,60 – 0,715

Fosforo (mg) 479,84 413,53 – 1,791

Ferro (mg) 4,90 4,29 – 1,656

Riboflavina (mg) 0,53 0,48 – 1,000

Tiamina (mg) 0,35 0,33 – 0,614

Acido ascorbico (mg) 34,77 33,06 – 0,347

Vitamina A (U.I.) 2118,67 2538,87 1,028

Colesterolo (mg) 136,67 121,82 – 1,476

Tabella 4

Risultati del t-test perdati appaiati tra ricordodelle 24 ha eregistrazione simultanearelativi ad un pasto dimezzogiorno.

a = 31 anziani di età > 60anni (Gersovitz et al., 1978)* p < 0,05

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aggiunto per insaporire i primi piatti, ilbicchiere di vino o birra.

Il sentirsi osservatiQuando i soggetti sono invitati a te-

nere una registrazione di qualunque co-sa essi mangino, c’è sempre il rischioche apportino modifiche alle loro nor-mali abitudini alimentari, sia per renderepiù semplice la registrazione, sia perchéimprovvisamente si rendono conto diquanto in realtà sono abituati a mangia-re o di quanti errori nutrizionali commet-tono nella loro alimentazione. Altri sog-getti, invece, vogliono cercare di “im-pressionare” con le loro risposte l’inter-vistatore, mentre altri ancora, che sitrovano in trattamento dietoterapico, ri-portano informazioni molto più esatte diquanto non farebbero in condizioni nor-mali perché costretti a seguire la dietamolto attentamente (38).

Fattori che possonoinfluenzare l’analisi dei dati

Transcodifica dei questionari

e diari alimentari

La transcodifica dei questionari ali-mentari richiede molta precisione ed

anche in questo caso è necessaria unastandardizzazione di tale procedura tragli operatori.

La scomposizione delle ricette in in-gredienti elementari, l’applicazione deifattori di conversione cotto-crudo e vi-ceversa devono essere effettuate conuna metodica standard ben definita.

Tabelle di composizione

degli alimenti

e metodiche analitiche

I risultati delle indagini alimentari di-pendono altresì dalla qualità delle tabel-le di composizione degli alimenti utilizza-te, nonché dall’accuratezza delle meto-diche analitiche impiegate qualora glialimenti consumati vengano analizzatidirettamente in laboratorio.

Sono state pubblicate tabelle dicomposizione degli alimenti general-mente appropriate per la maggior partedei paesi del mondo, ma esistonospesso numerose discordanze tra lestesse dovute a differenti sistemi dianalisi chimica o a diverse procedure dicampionamento o anche al differentecontenuto di un dato nutriente in ali-menti di diversa provenienza (es. sele-nio) o diversamente trattati (es. sodioaggiunto).

Metodi d i valutaz ione de i consumi al imentari

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Conclusioni

Da quanto esposto emerge chenelle indagini nutrizionali la compilazionedei questionari e diari alimentari e le ri-sposte all’intervista presentano nume-rosi limiti, alcuni insiti nelle metodichestesse di rilevamento, altri dovuti allavariabilità alimentare degli individui, altriancora a fattori di diverso tipo che sonostati sopra riportati. Pertanto, se non sieffettua una accurata standardizzazionepreliminare dei metodi da utilizzarsi al fi-ne di minimizzare tali errori, i risultatinon sono né attendibili, né confrontabili.Ne consegue che è assolutamente ne-cessario utilizzare metodiche che devo-no essere accuratamente standardizza-te e validate mediante una indagine pi-lota prima dell’inizio di ogni studio, al fi-ne di ottenere il minor grado possibile dierrore. La standardizzazione deve ri-guardare in particolare:– la scelta della metodica di espleta-mento dell’indagine in funzione di diver-se variabili, quali il target di popolazioneda indagare, la numerosità del campio-ne, il grado di accuratezza e di precisio-ne che si vuole ottenere, nonché l’en-tità dei costi;– la modalità di quantificazione dei con-sumi: pesata diretta oppure stima me-diante l’impiego di misure e dimensioni

casalinghe standard o di fotografie omodelli di porzioni;– la scelta delle tabelle di composizionedegli alimenti e la metodica analitica dautilizzarsi se si vogliono misurare diretta-mente negli alimenti nutrienti specifici;– la modalità di espletamento dell’inter-vista mediante un training appropriatodegli intervistatori accompagnato daprove di ripetibilità sugli individui; – la modalità di istruire i soggetti circa ilmodo di compilare i questionari, se au-tocompilati; – la durata dell’indagine (numero, sceltae successione dei giorni) in funzione deinutrienti che si vogliono studiare, dellanumerosità del campione e del grado diaccuratezza che si vuole ottenere;– la scelta del programma alimentare com-puterizzato per l’elaborazione statistica.

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S. Scagl ioni , G. Turconi

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Metodi d i valutaz ione de i consumi al imentari

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S. Scagl ioni , G. Turconi

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Altezza

L’altezza è una misura di base a cuivengono rapportati molti parametri (es.peso, valore dell’impedenza corporea,ecc.) utilizzati nella valutazione dellostato di nutrizione. Essa viene misuratacon lo stadiometro o antropometro, unostrumento costituito da una barra verti-cale incorporante un metro ed una oriz-zontale da porre a contatto con il puntopiù alto del capo. Al momento della mi-surazione il soggetto deve essere in po-sizione eretta con il dorso ed i talloniaderenti al piano verticale. Il capo deveessere posto in modo tale da mantene-re orizzontale la linea di visione o meglioil piano di Francoforte (piano passanteper il trago sinistro e per il punto piùbasso del margine inferiore dell’orbita disinistra). I piedi dovranno essere scalzi,con i talloni uniti e le punte leggermen-te divaricate (1).

L’altezza viene misurata con una ap-prossimazione di 0,1-0,5 cm, secondo il

tipo di stadiometro utilizzato. Nei bam-bini e nei soggetti con difficoltà alla sta-zione eretta l’altezza può essere misu-rata in posizione supina. In questo casosi utilizza un piano di misurazione oriz-zontale che presenta una tavoletta fissaper la testa ed una mobile per i piedi,ciascuna perpendicolare alla superficiedel piano. Per una accurata misurazio-ne, il capo del soggetto deve poggiaresaldamente contro la tavoletta appositaed il corpo deve essere mantenuto sudi una stessa linea con le gambe este-se e le piante dei piedi in posizione ver-ticale. Dovendo paragonare determina-zioni fatte in posizione sdraiata con altrefatte in posizione eretta occorre tenerpresente che la lunghezza di un sogget-to sdraiato è lievemente superiore allasua statura. In età pediatrica si misurala lunghezza (in posizione sdraiata) finoall’età di tre anni, in seguito l’altezza inpiedi.

L’altezza è un parametro fonda-mentale nella valutazione della crescita

49

DD eterminazioni antropometrichenell’adulto e nel bambino

R. Bellù*, A. Tagliabue**

* Clinica Pediatrica Ospedale S. Paolo – Università degli Studi di Milano ** Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica – Università degli Studi di Pavia

Misure primarie

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del bambino e dell’adolescente. Ai finidi una corretta valutazione di tale para-metro occorre confrontare il valore mi-surato con le apposite curve di crescitaspecifiche per sesso e per età. Gene-ralmente si utilizzano le curve di crescitadi Tanner, basate su rilevazioni della po-polazione pediatrica britannica; le diffe-renze etniche e geografiche rispetto allapopolazione italiana sono minime, percui l’uso nel nostro paese di tali stan-dard è perfettamente adeguato.

Peso

Qualunque variazione nel contenutodi acqua, massa magra o grassa delcorpo si riflette in una variazione del pe-so corporeo. Il peso rappresenta quindiun indice primario oltre che semplice edimmediato per la valutazione dello statodi nutrizione. La misura del peso vieneeffettuata con apposita bilancia a pesimobili con una approssimazione di 100g. Il soggetto dovrebbe essere nudo (ocon biancheria intima leggera) con ipiedi posizionati al centro della piat-taforma della bilancia (1).

Il peso di un adulto può presentarevariazioni diurne di circa 2 kg e quello diun bambino di circa 1 kg. Perciò è op-portuno registrare l’ora del giorno in cui

la misura è stata effettuata. L’adegua-tezza del peso misurato può essere va-lutata confrontando tale valore con ilpeso fisiologico ideale per sesso, età estatura riportato in alcune tabelle di rife-rimento. Le più utilizzate a tale scoposono le tabelle elaborate dalla Metro-politan Life Insurance Company in basea studi statistici effettuati sui propri as-sicurati (2) in cui sono riportati i range dipeso “desiderabili” in quanto legati allamassima aspettativa di vita per soggettidi età superiore ai 25 anni.

Al fine di rendere indipendente lavalutazione del peso corporeo dall’altez-za dell’individuo e quindi di rendere pos-sibile il confronto del peso tra soggetti egruppi di individui sono stati elaborati di-versi indici peso/altezza. Il più utilizzatonella letteratura recente è l’indice dimassa corporea (Body Mass Index,BMI) o indice di Quetelet calcolato co-me peso/altezza2 (3). La correlazione delBMI con il contenuto di grasso corporeoè buona (variando da 0,6 a 0,8 secondol’età) (4) e l’errore nella predizione dellapercentuale di grasso (3-5%) è simile aquella osservata con la misura delle pli-che cutanee o dell’impedenza corporea.

Il BMI può essere utilizzato per va-lutare l’adeguatezza del peso corporeoin soggetti adulti di ambo i sessi secon-do le indicazioni di Garrow (5):

Determinaz ioni antropometriche nell ’adulto e nel bambino

50

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Una valutazione più dettagliata edifferenziata per sesso è stata fornitadall’OMS (6) sulla base dei dati di Bray eviene riportata in Tabella 1.

Nel bambino la valutazione del so-vrappeso può essere fatta attraverso ilcalcolo del peso ideale per sesso ed al-tezza, e quindi calcolando l’eccessoponderale secondo la formula:

E.P. (%) =(peso reale – peso ideale)

x 100peso ideale

In tal modo si definisce sovrappe-so un bambino il cui eccesso pondera-le sia maggiore o uguale al 10% eobeso quando il sovrappeso è superio-re o uguale al 20% rispetto al pesoideale; quando il peso è inferiore del10% al peso ideale si parla di sottope-so. Anche in età pediatrica è possibileutilizzare il BMI.

In tal caso si farà riferimento, peruna corretta interpretazione, ad apposi-te tabelle di percentile specifiche peretà e sesso. Si definiscono così obesi ibambini che superano l’85° percentiledi BMI per età e sesso.

Circonferenze

Le circonferenze corporee esprimo-no le dimensioni trasversali dei vari seg-menti corporei. Esse sono indici oltreche dello stato di nutrizione (es., cir-conferenza del braccio) anche della di-stribuzione del grasso corporeo (es.,circonferenze della vita e dei fianchi) edella crescita (es., circonferenza delcranio). La circonferenza del braccio(misurata esattamente a metà distanzatra acromion e olecrano a gomito flessodi 90 gradi) è una tecnica antropometri-ca di notevole valore in quanto permettedi ottenere un stima della circonferenzamuscolare nella stessa sede. Quest’ulti-ma si ottiene dalla circonferenza delbraccio corretta dalla misura della plicacutanea secondo l’equazione:

Cm = Cb – πP

dove: Cm = circonferenza del muscolo; Cb = circonferenza del braccio;

π = 3,14 e P = spessore della plica.

R. Bellù, A. Tagl iabue

51

BMI compreso tra 20,0 e 24,9 normopeso

BMI compreso tra 25,0 e 29,9 sovrappeso o obesità di I grado

BMI compreso tra 30,0 e 40,0 obesità di II grado

BMI superiore a 40 obesità di III grado

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Tale formula è basata sull’assunzioneche la sezione del braccio sia approssi-mativamente circolare, che lo strato adi-poso sottocutaneo sia uniformementedistribuito intorno al braccio e che il con-tributo dell’osso alla composizione del

braccio sia costante nei diversi soggetti(Fig. 1). Il fatto che queste assunzionisiano raramente soddisfatte costituisceuna delle maggiori fonti di errore dellatecnica che, tuttavia, per la sua sempli-cità e diffusione viene tuttora inclusa tra

Determinaz ioni antropometriche nell ’adulto e nel bambino

52

Tabella 1

Media e range dei pesidesiderabili per altezzadegli adulti a.

Maschi FemminePeso senza vestiti (kg) Peso senza vestiti (kg)

Media RangeObesi

Media RangeObesi

desiderabile desiderabile desiderabile desiderabile

1,45 46,0 42-53 64

1,48 46,5 42-54 65

1,50 47,0 43-55 66

1,52 48,5 44-57 68

1,54 49,5 44-58 70

1,56 50,4 45-58 70

1,58 55,8 51-64 77 51,3 46-59 71

1,60 57,6 52-65 78 52,6 48-61 73

1,62 58,6 53-66 79 54,0 49-62 74

1,64 59,6 54-67 80 55,4 50-64 77

1,66 60,6 55-69 83 56,8 51-65 78

1,68 61,7 56-71 85 58,1 52-66 79

1,70 63,5 58-73 88 60,0 53-67 80

1,72 65,0 59-74 89 61,3 55-69 83

1,74 66,5 60-75 90 62,6 56-70 84

1,76 68,0 62-77 92 64,0 58-72 86

1,78 69,4 64-79 95 65,3 59-74 89

1,80 71,0 65-80 96

1,82 72,6 66-82 98

1,84 74,2 67-84 101

1,86 75,8 69-86 103

1,88 77,6 71-88 106

1,90 79,3 73-90 108

1,92 81,0 75-93 112

BMI b 22,0 20,1-25,0 30,0 20,8 18,7-23,8 28,6

Altezzasenzascarpe(m)

a Fonte: Bray GA, ed.Obesity in America,Proceeding of the 2ndFogarty International CenterConference on Obesity,Report No. 79 WashingtonD.C., Department of HealthEducation and Welfare,1979. Based on: Mortalityamong overweight men andwomen, Statistical Bulletin41. New York, MetropolitanLife Insurance Co., 1960b Indice di massa corporeaBMI = Wt (kg)/Ht2 (m)

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le tecniche antropometriche di base (7). È possibile ricavare il valore della

circonferenza (e dell’area) muscolaredel braccio utilizzando un apposito no-mogramma (8) riportato in Figura 2.

Il rapporto tra la circonferenza del-la vita e quella dei fianchi (WHR, waisthip ratio) è l’indice antropometrico piùutilizzato della distribuzione del grassocorporeo. Esso ha assunto un notevo-le rilievo negli ultimi anni a seguito del-le osservazioni epidemiologiche di unaassociazione tra valori elevati di WHRe rischio di malattie cardiovascolari ediabete (9,10). Più precisamente vieneconsiderata a maggior rischio la distri-

buzione del grasso di tipo addominaleo “androide” identificata da valori diWHR superiori a 1 nell’uomo e 0,8nella donna (11).

Si tratta di una misura molto sem-plice da effettuare e che presenta unabuona riproducibilità (circa 2%) (12).

Esistono, tuttavia, in letteratura va-rie indicazioni circa i punti di repere dautilizzare per le misure. Secondo le rac-comandazioni dell’OMS (7) i punti di ri-ferimento sono i seguenti: il punto dimezzo tra l’ultima costa e la cresta ilia-ca per la vita ed il livello del grande tro-cantere per i fianchi (Fig. 3).

Lo svantaggio di queste misure de-

R. Bellù, A. Tagl iabue

53

Cb

db

dm

cm

Figura 1

Calcolo della circonferenza muscolaredel braccio: – misurare la circonferen-za del braccio Cb (in cm); – misurare la plica tricipitale P (in mm) che èpari a 2 volte lo spessoredella cute più il grassosottocutaneo da cui: P = db (diametro del brac-cio) – dm (diametro delmuscolo) e dm = db – P; – Circonferenza del brac-cio Cb = πdb; – Circonferenza del mu-scolo Cm = π (db – P) =πdb – πP = Cb – πP.

(modif. da Krause MV e MahanLK: Food, Nutrition and DietTherapy, Saunders, 1979)

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Determinaz ioni antropometriche nell ’adulto e nel bambino

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Figura 3

Rappresentazioneschematica del livello alquale dovrebbero esseremisurate le circonferenzedella vita, dei fianchi edella coscia secondo leraccomandazionidell’OMS. Vita: a metà tra ilmargine inferioredell’ultima costa e lacresta iliaca. Fianchi: a livello delgrande trocantere.Coscia: a livello dellapiega glutea.

plic

a t

rici

pit

ale

(m

m)

circ

on

fere

nza

mu

sco

lare

de

l b

racc

io (

cm)

circ

on

fere

nza

de

l b

racc

io (

cm)

are

a d

el

bra

ccio

(cm

2)

are

a m

usc

ola

re d

el

bra

ccio

(cm

2)

40,0

23,0

39,0

38,0

37,0

36,0

35,0

34,0

33,0

32,0

31,0

30,0

29,0

28,0

27,0

26,0

25,0

24,0

128,0

124,0

120,0

116,0

112,0

108,0

104,0

100,0

96,0

92,0

88,086,0

84,082,0

80,078,076,074,072,070,068,066,064,0

62,0

60,0

58,0

56,0

54,0

52,0

50,0

48,0

46,0

44,0

42,0

120,0

116,0

112,0

108,0104,0100,0

96,0

92,0

88,0

84,0

80,0

76,0

72,0

68,0

64,0

60,0

56,0

54,0

48,0

44,0

40,0

36,0

32,0

28,0

24,0

20,0

16,0

12,012,0

39,0

38,0

37,0

36,0

35,0

34,0

33,0

32,0

31,0

30,0

29,0

28,0

27,0

26,0

25,0

24,0

23,0

22,0

21,0

20,0

19,0

18,0

17,0

16,0

15,0

14,0

13,0

2

4

6

10

12

14

16

18

20

22

24

26

28

30

32

34

36

8

Figura 2

Per ottenere lacirconferenza muscolare:1) unire con il regolo ivalori della circonferenzadel braccio e della plicacutanea; 2) leggere lacirconferenza muscolaresulla scala centrale. Le aree del braccio e delmuscolo sono indicate afianco dei rispettivi valoridelle circonferenze.

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riva dal fatto che esse non permettonouna distinzione tra grasso addominaleviscerale e sottocutaneo. A tal fine oc-corre utilizzare metodiche quali la tomo-grafia assiale computerizzata o la riso-nanza magnetica nucleare.

Pliche

Il metodo più comunemente usatoper stimare il grasso corporeo è la plico-metria. Attraverso la misura del grassosottocutaneo, effettuata mediante il pli-cometro, è possibile stimare, utilizzandoappropriate equazioni (13-15) il contenuto

totale del grasso corporeo assumendoche il grasso sottocutaneo ne rappre-senti una frazione costante. La misuradelle pliche cutanee può essere effet-tuata in numerose sedi del corpo ma lepiù frequentemente utilizzate sono la tri-cipitale, bicipitale, sottoscapolare e so-vrailiaca. La plica tricipitale viene misura-ta sul lato posteriore del braccio a metàdistanza tra l’estremità dell’acromion edell’olecrano (Fig. 4). La plica bicipitaleviene rilevata alla stessa altezza ma sullato anteriore del braccio. La plica sotto-scapolare viene misurata al di sotto dellapunta inferiore della scapola, a 45° circarispetto alla verticale (Figg. 5a e 6) e la

R. Bellù, A. Tagl iabue

55

Acromion

Punto medio

Olecrano

Figura 4

Sede di misura dellaplica tricipitale.

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Determinaz ioni antropometriche nell ’adulto e nel bambino

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a

bLinea Medio-Ascellare

Sede plicasovrailiaca

Braccio dietrola schiena

Sede plicasottoscapolare

Figura 5

Sedi di misura della plicasottoscapolare (a) e dellaplica sovrailiaca (b).

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sovrailiaca al di sopra della cresta iliacalungo la linea ascellare media (Fig. 5b).Le rilevazioni vengono generalmente ef-fettuate sul lato non dominante del cor-po. La sommatoria di più pliche permet-te di tenere conto delle differenze nelladistribuzione corporea del grasso sotto-cutaneo e riduce l’errore di misura. Taleerrore è pari a circa il 3-5% del valore

del grasso corporeo stimato con la den-sitometria (16). La percentuale di grassocorporeo stimata in base alla sommato-ria delle quattro pliche cutanee sopradescritte è riportata in Tabella 2 [trattadal lavoro di Durnin & Womersley (13)].

La misura delle pliche cutanee ri-chiede una notevole esperienza da partedel rilevatore. Tuttavia per la sua sempli-

R. Bellù, A. Tagl iabue

57

Figura 6

Misurazione della plicasottoscapolare.

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Determinaz ioni antropometriche nell ’adulto e nel bambino

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cità e diffusione la plicometria viene tut-tora inclusa tra le tecniche antropometri-che primarie per la stima del grasso cor-poreo (7). In età pediatrica essa risulta diapplicazione più incerta e difficoltosa.

Una tecnica affine, denominata plicome-tria dinamica (17), viene utilizzata nel neo-nato per stimare l’acqua extracellularecon discreta precisione (r = 0,71).

Tabella 2

Percentuale di grasso

corporeo corrispondente

ai diversi valori della

sommatoria di 4 pliche

(bicipitale, tricipitale,

sottoscapolare e

sovrailiaca) di maschi e

femmine a diverse età.

Maschi (età in anni) Femmine (età in anni)

17-29 30-39 40-49 50+ 16-29 30-39 40-49 50+

15 4,8 – – – 10,5 – – –

20 8,1 12,2 12,2 12,6 14,1 17,0 19,8 21,4

25 10,5 14,2 15,0 15,6 16,8 19,4 22,2 24,0

30 12,9 16,2 17,7 18,6 19,5 21,8 24,5 26,6

35 14,7 17,7 19,6 20,8 21,5 23,7 26,4 28,5

40 16,4 19,2 21,4 22,9 23,4 25,5 28,2 30,3

45 17,7 20,4 23,0 24,7 25,0 26,9 29,6 31,9

50 19,0 21,5 24,6 26,5 26,5 28,2 31,0 33,4

55 20,1 22,5 25,9 27,9 27,8 29,4 32,1 34,6

60 21,2 23,5 27,1 29,2 29,1 30,6 33,2 35,7

65 22,2 24,3 28,2 30,4 30,2 31,6 34,1 36,7

70 23,1 25,1 29,3 31,6 31,2 32,5 35,0 37,7

75 24,0 25,9 30,3 32,7 32,2 33,4 35,9 38,6

80 24,8 26,6 31,2 33,8 33,1 34,3 36,7 39,6

85 25,5 27,2 32,1 34,8 34,0 35,1 37,5 40,4

90 26,2 27,8 33,0 35,8 34,8 35,8 38,3 41,2

95 26,9 28,4 33,7 36,6 35,6 36,5 39,0 41,9

100 27,6 29,0 34,4 37,4 36,4 37,2 39,7 42,6

105 28,2 29,6 35,1 38,2 37,1 37,9 40,4 43,3

110 28,8 30,1 35,8 39,0 37,8 38,6 41,0 43,9

115 29,4 30,6 36,4 39,7 38,4 39,1 41,5 44,5

120 30,0 31,1 37,0 40,4 39,0 39,6 42,0 45,1

125 30,5 31,5 37,6 41,1 39,6 40,1 42,5 45,7

130 31,0 31,9 38,2 41,8 40,2 40,6 43,0 46,2

135 31,5 32,3 38,7 42,4 40,8 41,1 43,5 46,7

Sommapliche(mm)

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R. Bellù, A. Tagl iabue

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Maschi (età in anni) Femmine (età in anni)

17-29 30-39 40-49 50+ 16-29 30-39 40-49 50+

140 32,0 32,7 39,2 43,0 41,3 41,6 44,0 47,2

145 32,5 33,1 39,7 43,6 41,8 42,1 44,5 47,7

150 32,9 33,5 40,2 44,1 42,3 42,6 45,0 48,2

155 33,3 33,9 40,7 44,6 42,8 43,1 45,4 48,7

160 33,7 34,3 41,2 45,1 43,3 43,6 45,8 49,2

165 34,1 34,6 41,6 45,6 43,7 44,0 46,2 49,6

170 34,5 34,8 42,0 46,1 44,1 44,4 46,6 50,0

175 34,9 – – – – 44,8 47,0 50,4

180 35,3 – – – – 45,2 47,4 50,8

185 35,6 – – – – 45,6 47,8 51,2

190 35,9 – – – – 45,9 48,2 51,6

195 – – – – – 46,2 48,5 52,0

200 – – – – – 46,5 48,8 52,4

205 – – – – – – 49,1 52,7

210 – – – – – – 49,4 53,0

Tabella 2

[segue]Sommapliche(mm)

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Impedenzometria(Bioelectric ImpedanceAnalysis, BIA)

L’impedenzometria stima la compo-sizione corporea basandosi sul principiofisico della diversa conduzione elettricadei tessuti, in relazione al loro contenu-to di acqua ed elettroliti (16). La condu-zione di una corrente elettrica risulta in-fatti molto più elevata nella massa ma-gra rispetto al tessuto adiposo.

Applicando al corpo una debolissi-ma corrente elettrica alternata (800 µA)a frequenza fissa (50 kHz) e rilevandol’impedenza presentata dal corpo stes-so al passaggio di tale corrente è possi-bile calcolare il contenuto di acqua cor-porea totale (TBW). Assumendo quindiun fattore di idratazione costante è pos-sibile ricavare dal valore di TBW laquantità di massa corporea magra(FFM) e grassa (FM). I vantaggi di taletecnica sono la facilità d’uso, l’assolutanon invasività, la velocità di misurazione

e la trasportabilità dell’attrezzatura chela rendono utilizzabile anche “sul cam-po” per ricerche epidemiologiche (Fig.7). Gli studi di validazione effettuatisull’adulto hanno mostrato una buonaaccuratezza (l’errore di stima è pari a1,5-2,5 kg per TBW e 2,5-3,5 kg perFFM) oltre ad un’alta riproducibilità(0,5%) se vengono seguite attenta-mente le norme di standardizzazione inparticolare per quanto riguarda il posi-zionamento degli elettrodi (18).

Le limitazioni del metodo riguarda-no le situazioni con variazioni dell’idrata-zione corporea e/o della concentrazioneelettrolitica. Probabilmente per questomotivo gli studi condotti durante varia-zioni della composizione corporea han-no ottenuto risultati contrastanti (19-25).

Nel bambino questa tecnica soffredi alcune limitazioni dovute alla neces-sità di avere opportune equazioni perpredire la massa magra, equazioni cheper le età più precoci ancora mancanoo hanno poca validità (26); ancora diffi-

Determinaz ioni antropometriche nell ’adulto e nel bambino

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Misure bioelettriche

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coltà intrinseche al metodo sono la neces-sità di operare in condizioni piuttosto rigide,quali l’assenza di sudorazione (che può alte-rare la conduttività del corpo) e di movimentidurante la misurazione; tali condizioni rara-mente possono verificarsi, specie nel bambi-no molto piccolo. Queste difficoltà e l’assen-za di equazioni specifiche rendono il metodopraticamente ancora non utilizzato nel neo-nato e nel bambino fino all’età scolare. Alcu-ni valori di composizione corporea ottenutimediante BIA in bambini in età scolare sonoriportati in Tabella 3.

Prospettive interessanti possono essereaperte dai nuovi strumenti a frequenza varia-bile che offrono la possibilità di stimare se-paratamente i compartimenti idrici corpo-rei (27-28) (Tab. 4).

Teoricamente, infatti, a bassa frequenza

(1 o 5 kHz) la corrente alternata non attra-versa le membrane cellulari e permette lastima dell’acqua extracellulare (ECW). Afrequenze elevate (100 kHz e oltre) la cor-rente passerebbe invece negli spazi intraed extracellulari permettendo di stimareTBW. Gli studi di validazione condotti nel-l’adulto con i metodi di diluizione hannoconfermato che l’analisi dell’impedenza afrequenza variabile può predire separata-mente i valori di ECW e TBW con un coef-ficiente di variabilità del 5% (28, 29). Gli erroripredittivi dipendono soprattutto da differen-ze nella distribuzione idrica dei soggetti mi-surati rispetto al campione in cui è statasviluppata la formula predittiva (29).

L’applicabilità clinica del metodo in parti-colare a pazienti con disturbi idroelettrolitici ètuttora in fase di studio.

R. Bellù, A. Tagl iabue

61

Figura 7

Analisi dell’impedenzabioelettrica.

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62

Unità MEDIA DS

TBW kg 40,2 3,7

TBW % peso 56,0 3,6

ECW kg 17,4 1,6

ECW % peso 24,0 1,6

ICW kg 22,9 2,1

ICW % peso 32,0 2,1

Unità MEDIA DS

TBW kg 30,0 2,6

TBW % peso 53,4 3,3

ECW kg 13,2 1,1

ECW % peso 23,4 1,6

ICW kg 16,8 1,5

ICW % peso 30,0 1,8

Tabella 4MASCHI

FEMMINE

Valori dei compartimentiidrici corporei di soggettiadulti sani, rilevatimediante analisidell’impedenzabioelettricamultifrequenziale pressoil Centro Ricerche sullaNutrizione Umana e laDietetica, Università diPavia.

Età (anni)

6 7 8 9 10

Massa magra (kg)

Media 18,9 20,8 22,8 27,5 29,4

DS 2,7 2,9 3,5 2,6 3,5

Massa grassa (kg)

Media 3,5 4,4 4,9 5,2 5,8

DS 1,6 2,9 3,5 3,9 2,9

Massa grassa (%)

Media 15,4 16,4 16,4 17,3 15,8

DS 7,2 7,0 7,0 7,2 5,8

Età (anni)

6 7 8 9 10

Massa magra (kg)

Media 18,4 20,3 23,2 26,0 28,6

DS 2,4 3,3 1,2 3,3 5,8

Massa grassa (kg)

Media 3,3 5,5 4,8 6,2 8,2

DS 1,8 3,3 1,2 3,3 5,8

Massa grassa (%)

Media 15,1 19,9 15,9 18,3 19,9

DS 6,6 8,8 7,2 6,7 9,9

Tabella 3

MASCHI

FEMMINE

Valori di composizionecorporea di bambini tra 6 e 12 anni, rilevatimediantebioimpedenzometriapresso la ClinicaPediatrica V, Universitàdi Milano.

TBW (total body water) =acqua corporea totale

ECW (extra-cellular water) =acqua extracellulare

ICW (intra-cellular water) =acqua intracellulare

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TOBEC (Total BodyElectric Conductivity)

Un’altra metodica basata sulla di-versa conduttività dei tessuti è rappre-sentata dal TOBEC (30).

Tale strumento è costituito essen-zialmente da un cilindro che mantiene alsuo interno un debolissimo campo elet-tromagnetico a 5 MHz (Fig. 8). Quandoun conduttore, quale il corpo umano,viene posto all’interno del cilindro, si ve-rifica una perturbazione dell’impedenzadel campo elettromagnetico rilevabiledallo strumento; la differenza di impe-denza tra il cilindro vuoto e il cilindrocontenente il conduttore rappresenta ilcosiddetto numero TOBEC, dal quale sipuò poi calcolare, in base ad opportuneequazioni, la massa magra presente nelcilindro stesso.

Il principio sul quale il metodo si ba-sa è la differente conduttività dei tessuti

corporei, che per la frequenza scelta (5MHz) è massima per i tessuti magri(muscoli, organi splancnici), minima perquelli grassi (tessuto adiposo, cervello,midollo osseo) (31). Le equazioni vengo-no derivate diversamente per lo stru-mento ad uso pediatrico (fino a due an-ni) rispetto a quello utilizzato per i bam-bini dall’età scolare in poi e per gli adul-ti. Per i primi, infatti, la mancanza di unmetodo di validazione rende indispensa-bile derivare le equazioni dal confrontocon un modello animale comparabilecome composizione corporea al neona-to e al piccolo lattante. Per adulti ebambini grandicelli si procede invece al-la validazione mediante confronto con lapesata idrostatica.

I risultati forniti dalla misurazionesono espressi in kg di massa magra ilcui contenuto in elettroliti determina lamodificazione del campo elettromagne-tico. La differenza rispetto al peso rile-

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Solenoide (5 Mhz)

Impedenzometro

Soggetto

Figura 8

Misura dellacomposizione corporeamediante TOBEC.

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vato rappresenta pertanto la massagrassa. La precisione del metodo èestremamente interessante.

Nel bambino grandicello la stima èparagonabile a quella ottenuta median-te pesata idrostatica (32). Nel lattantetale confronto non è possibile non es-sendo possibile effettuare tale tipo dirilevamento. Alcuni valori di composi-zione corporea ottenuti mediante TO-BEC in neonati a termine e bambini diun anno di età sono riportati nelle Ta-belle 5 e 6.

Il confronto con tecniche quali ladeterminazione dell’acqua deuterata(che pure non stima la massa magrabensì l’acqua corporea totale) mostrauna precisione ed una validità almenoaltrettanto buoni (32). La semplicità e larapidità di esecuzione, l’assoluta non in-vasività, la qualità dei risultati fanno del-la metodica TOBEC, secondo alcuni, il“gold standard” per la determinazione dimassa magra e massa grassa in etàpediatrica (33), specie nella prima infan-zia. Altri punti rilevanti sono rappresen-tati dall’ottima ripetibilità, dalla possibi-lità di effettuare le misurazioni senzaspogliare il bambino e dall’insensibilitàdella rilevazione rispetto a variabili qualiil grado di sudorazione o di attività svol-ta. Particolarmente interessante appa-re, per lo strumento in uso per i bambini

grandicelli e adulti (basato su un meto-do di rilevazione a scansione), la possi-bilità di effettuare rilevazioni per seg-menti fornendo in tal modo una misuradella distribuzione regionale del grassocorporeo. Altra interessante caratteristi-ca, disponibile in un prossimo futuro, èla possibilità di fornire stime separatedell’acqua corporea totale e della mas-sa magra, superando in tal modo la li-mitazione di considerare costante il rap-porto tra queste due componenti. Tragli svantaggi vi sono l’alto costo inizialeed il fatto di non poter disporre attual-mente di una attrezzatura trasportabile.Le possibili applicazioni sono rappre-sentate da tutte le situazioni patologi-che e fisiologiche nelle quali è necessa-rio conoscere con ottima precisione lacomposizione corporea in termini dimassa magra, massa grassa e acquacorporea totale; il monitoraggio nutrizio-nale, specie in bambini ed adulti ad altorischio, rappresenta naturalmente l’areadi utilizzo più importante.

Determinaz ioni antropometriche nell ’adulto e nel bambino

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PERCENTILE

Unità MEDIA DS 5 10 50 90 95

Massa magra (FFM) g 2817 320 2300 2500 2800 3300 3400

Massa grassa g 454 190 200 220 400 700 800

Massa grassa (%) 13,0 5,7 3,8 5,5 12,5 21,6 22,8

PERCENTILE

Unità MEDIA DS 5 10 50 90 95

Massa magra (FFM) g 2635 280 2200 2300 2600 3000 3100

Massa grassa g 467 161 200 300 500 700 750

Massa grassa (%) 14,8 3,8 7,7 8,8 14,8 18,9 20,0

Tabella 5

MASCHI

FEMMINE

Valori di composizionecorporea per neonati atermine, rilevatimediante TOBEC pressola Clinica Pediatrica V,Università di Milano.

PERCENTILE

Unità MEDIA DS 5 10 50 90 95

Massa magra (FFM) kg 7,67 0,73 6,8 6,8 7,7 8,2 9,3

Massa grassa kg 2,32 0,53 1,20 1,25 2,50 2,71 3,01

Massa grassa (%) 23,0 3,90 15,0 15,5 24,3 25,5 28,1

PERCENTILE

Unità MEDIA DS 5 10 50 90 95

Massa magra (FFM) kg 6,86 0,46 5,9 6,3 6,8 7,5 7,6

Massa grassa kg 2,50 0,58 1,5 1,9 2,4 3,2 3,6

Massa grassa (%) 26,4 4,1 15,0 15,5 24,4 25,5 28,1

Tabella 6

MASCHI

FEMMINE

Valori di composizionecorporea per bambini diun anno di età, rilevatimediante TOBEC pressola Clinica Pediatrica V,Università di Milano.

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Ecografia

L’ecografia è stata proposta cometecnica non invasiva alternativa per lamisura del grasso sottocutaneo in quan-to essa potrebbe superare alcune dellelimitazioni connesse all’utilizzazione del-la plicometria (34, 35). Gli apparecchi adultrasuoni sono in grado di misurare ilgrasso sottocutaneo a profondità di100 o più mm senza comprimere i tes-suti e rilevando l’interfaccia tra due tes-suti di densità diversa con l’accuratezzadi 1 mm (36).

La correlazione tra le misure delgrasso sottocutaneo ottenute con il ca-libro e con gli ultrasuoni è generalmen-te elevata [r > 0,80 (37)].

Alcuni autori non hanno rilevatonessuna differenza nella predizione delgrasso corporeo totale a partire dai datiottenuti con plicometro o ultrasuoni insoggetti adulti (36, 38) mentre Borkan (37)

suggerisce una maggiore capacità pre-dittiva della plicometria. Le maggiori dif-

ficoltà di questa metodica consistononella corretta applicazione della sondaad ultrasuoni che dovrebbe essere per-pendicolare rispetto ai tessuti sotto-stanti e non esercitare alcuna pressio-ne. Inoltre la rilevazione di un buon se-gnale riflesso dipende dalla quantità ditessuto connettivo all’interfaccia tra tes-suto adiposo sottocutaneo e muscolo.

Gli ultrasuoni permettono ancheuna misura del grasso viscerale a livellodell’addome come è stato recentemen-te dimostrato (39).

Assorbimentoall’infrarosso

Questo metodo è basato sulle dif-ferenze di assorbimento e riflessionedello spettro luminoso vicino all’infra-rosso (700-1100 nm) nei diversi tessu-ti. Quando la radiazione elettromagneti-ca colpisce un materiale, l’energia lumi-nosa viene riflessa, assorbita o tra-

Determinaz ioni antropometriche nell ’adulto e nel bambino

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Altre misure fisiche

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smessa subordinatamente alle proprietàdi dispersione e di assorbimento delcampione dipendenti dalla sua compo-sizione chimica. Il metodo è stato svi-luppato in agricoltura per determinare lacomposizione dei cereali e della car-ne (40, 41). Nel 1984 è stato applicatoper la prima volta allo studio della com-posiz ione del corpo umano daConway (42) che ha ottenuto una buonacorrelazione (r = 0,94) tra i valori rilevatimediante interazione con infrarossi eacqua corporea totale determinata condiluizione del deuterio in 53 volontari.L’errore nella predizione del grasso cor-poreo era del 3,2%. Tuttavia un suc-cessivo studio di validazione (43) non haconfermato l’utilità della metodica ri-spetto agli altri metodi di studio dellacomposizione corporea.

Densitometria

La pesata idrostatica rappresenta ilmetodo più tradizionale per misurare ilcontenuto corporeo di grasso; il metodosi basa sul principio di Archimede perdeterminare la densità corporea rappor-tando il peso dell’individuo in condizioninormali e quello ottenuto quando il sog-getto è completamente immerso nel-l’acqua; poiché massa magra e grassa

hanno densità diverse e costanti, èpossibile risalire alla costituzione deidue compartimenti (44, 45). Nell’adultotale tecnica è ampiamente utilizzata eha rappresentato il “gold standard” conil quale validare le altre tecniche.

In età pediatrica la densitometriatrova numerose limitazioni. Innanzituttoè completamente inapplicabile al neo-nato e nel bambino piccolo, in quanto èassolutamente necessaria la collabora-zione del soggetto che deve rimanerecostantemente immerso nell’acqua peril periodo di misurazione. Inoltre occorretener conto che la densità della massamagra è diversa nel bambino e variacon l’età. Da ultimo non è applicabile abambini ospedalizzati. Per questi motiviquesta tecnica può essere ottima dal-l’adolescenza in poi, mentre nelle etàprecedenti ha finora trovato uno scarsoimpiego.

Diluizione isotopica

Numerosi metodi sono disponibiliper stimare l’acqua corporea totale(TBW) basati sul principio di diluire unquantitativo noto di sostanza nei liquididell’organismo e di risalire dalla con-centrazione della sostanza in un certocompartimento al compartimento ac-

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quoso totale. Il metodo più diffuso at-tualmente si basa sulla diluizione dideuterio, un isotopo stabile la cui con-centrazione viene poi misurata nel san-gue o nelle urine (46). Questi metodi so-no ideali, presentando un’ottima preci-sione, quando il compartimento di mag-gior interesse è l’acqua corporea totale;per stimare altri compartimenti (massamagra e massa grassa) occorre natu-ralmente assumere che il grado di idra-tazione della massa magra sia costante,il che è chiaramente un’approssimazio-ne. Tra gli svantaggi di tale tecnica, visono i costi delle attrezzature e degliisotopi, la relativa invasività e la tossicitànon perfettamente nota, specie nelneonato, degli isotopi stabili.

Potassio corporeo

Un metodo molto preciso per deter-minare la massa magra è rappresentatodalla misura del potassio corporeo (47).Tale misura è resa possibile dal fattoche il potassio naturale contiene unaquantità fissa dell’isotopo radioattivo40K. Misurando con un opportuno con-tatore questa frazione è possibile risalireal contenuto corporeo totale di potassio;poiché questo è presente solo nellamassa magra e non nel tessuto adipo-

so, questi possono essere immediata-mente derivati con opportuni calcoli.Questo metodo presenta come van-taggio, oltre alla grande precisione, ilfatto di essere del tutto sicuro e non in-vasivo. In età pediatrica, tuttavia, è piut-tosto difficile da utilizzare in quanto ilbambino deve rimanere isolato per pe-riodi piuttosto lunghi (20-40 minuti) inuna speciale camera. Inoltre una possi-bile fonte di imprecisione deriva dal fattoche il contenuto di potassio nella massamagra può variare in età pediatrica (33).

Tomografia AssialeComputerizzata (TAC)

Questa metodica permette di visua-lizzare sezioni trasverse del corpo e diosservare i tessuti contenuti in tali se-zioni in modo bidimensionale. Il pazienteviene posto tra una fonte di raggi X edun rilevatore che si muovono all’unisonoesaminando zone diverse del corpo.L’attenuazione del raggio emittente di-pende dalla densità dei segmenti esa-minati e viene trasformata dal computerin una immagine.

La tomografia è particolarmenteutilizzata per valutare la distribuzione deltessuto adiposo e in particolare la pro-porzione tra tessuto adiposo viscerale e

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sottocutaneo a livello addominale (48, 49).Quando è possibile effettuare misura-zioni multiple di varie sezioni corporeesullo stesso soggetto si può calcolare ilvolume dei tessuti misurati, in particola-re del tessuto adiposo, e risalire, assu-mendo valori standard di densità, allacomposizione corporea (50-52). In caso dimisurazione unica il sito migliore perpredire il grasso corporeo totale risultaessere il livello corrispondente alle ver-tebre L4-L5 (53). La tomografia risultaessere un metodo costoso e, a causadell’esposizione alle radiazioni, limitato apazienti che necessitano di sottoporsi aquesto esame per scopi diagnostici.

Un metodo analogo ma che nonutilizza radiazioni è la risonanza magne-tica nucleare.

Risonanza MagneticaNucleare (RMN)

La tecnica si basa sul comporta-mento dei nuclei dell’idrogeno (presentiprevalentemente nell’acqua) in un cam-po magnetico. Per effettuare questo ti-po di indagine, il corpo umano vieneposto all’interno di un campo magneti-co ed i segnali ottenuti vengono utilizza-ti per costruire un’immagine bidimen-sionale della parte del corpo esaminata

analoga a quanto ottenibile con la TAC.A differenza di quest’ultima, tuttavia, ilcorpo non viene sottoposto a radiazioniil che ne permette un maggior utilizzo ascopo di ricerca anche se i costi del-l’esame sono molto elevati. I tempi dimisura generalmente piuttosto lunghisono stati ridotti recentemente da 1 oraa 30 minuti per un’analisi completa delcorpo (54).

Assorbimento fotonico

Le misure non invasive per lo studiodella composizione corporea sono stateampliate dall’inclusione dei metodi ba-sati sull’assorbimento fotonico che of-frono stime sia dello scheletro che deitessuti molli (55, 56). Il principio sottostan-te è la differente attenuazione tessutaledi fotoni a due livelli di energia emessi oda un radionuclide (assorbimento adoppio-fotone, DPA) o più recentemen-te da una fonte di raggi X (assorbimen-to a raggi X a doppia energia, DXA). Inquest’ultimo caso, il corpo o parte diesso viene esplorato dai raggi X a duediversi livelli di energia, 38 e 70 KeV, ri-spettivamente (57). L’attenuazione tessu-tale viene rilevata da fotocellule e per-mette al computer di generare una figu-ra unidimensionale del corpo o del seg-

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mento corporeo in esame. Il software èin grado di calcolare diverse componen-ti corporee: massa magra, grasso e mi-nerale osseo (55, 58). Questi calcoli sonopossibili anche su segmenti del corpo,es. gambe, braccia o tronco. Il metodonon è, tuttavia, in grado di distingueretra grasso sottocutaneo e viscerale. Ladose di radiazioni utilizzata è bassa, in-feriore a quella richiesta per effettuareuna radiografia del torace.

La riproducibilità del metodo è moltoalta e varia dallo 0,5% per la misura del-la densità ossea al 2% nella valutazionedella composizione corporea totale.

Gli svantaggi del metodo includonola dimensione limitata del piano di misu-ra che esclude dalle misurazioni personetroppo alte o troppo grasse. Inoltre l’at-tenuazione dei raggi X dipende dallospessore del tessuto rendendo neces-sarie correzioni per la costituzione fisi-ca (59). Si tratta infine di uno strumentodal costo molto elevato.

Attivazione neutronica

Si tratta di un metodo che permettela misura in vivo di alcuni componentichimici del corpo umano: calcio, fosfo-ro, azoto e carbonio. La misura vieneeffettuata irradiando il soggetto in esa-

me con neutroni veloci di energia notache interagiscono con gli elementi chi-mici nel corpo (es. azoto o calcio) eprovocano quindi emissione di radiazionigamma che possono essere misurate.Assumendo un contenuto costante dicalcio nell’osso, di azoto nelle proteinee di carbonio nel grasso è quindi possi-bile risalire al contenuto corporeo diquesti compartimenti (60, 61).

L’attivazione neutronica costituiscel’unico metodo diretto di studio del cor-po umano in vivo ma richiede una dosedi radiazioni non trascurabile e pertantoil suo utilizzo viene riservato, insiemeall’analisi chimica di cadaveri umani, al-lo sviluppo di modelli di composizionecorporea che costituiscono la base ditutti i metodi indiretti di più vasta appli-cazione.

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R. Bellù, A. Tagl iabue

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102/95 cap. 3 29-05-2002 10:26 Pagina 73

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Determinaz ioni antropometriche nell ’adulto e nel bambino

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La valutazione dello stato di nutri-zione proteico può essere affrontatacon metodologie diverse, dal momentoche la risposta dell’organismo all’as-sunzione insufficiente di alimenti è com-plessa e multifattoriale. In modo del tut-to generale, la malnutrizione proteicapuò essere descritta macroscopica-mente con la crescita inadeguata neibambini e la riduzione della massa cor-porea magra negli adulti. Si verifica inpratica una perdita di tutti i componentiproteici citoplasmatici, dei lipidi struttu-rali e dei minerali a livelli differenti neivari tessuti. La valutazione della massamagra e dell’azoto corporeo totale sonoquindi i metodi più comuni per stimarelo stato di nutrizione proteico dell’orga-nismo.

Per quanto riguarda l’approcciobiochimico gli indici ideali dovrebberoavere una emivita breve, esistere princi-palmente in un compartimento organicofacilmente accessibile, avere limitaticontrolli omeostatici e una velocità ca-

tabolica costante e non essere influen-zati dallo stato vitaminico e minerale oda stati patofisiologici (1). Numerosi so-no gli indici biochimici dello stato di nu-trizione proteico-energetico attualmentedisponibili, ma nessuno è in grado difornire indicazioni complete e precisesul reale stato dell’individuo. Per questomotivo verranno brevemente consideratii metodi più comunemente utilizzati nel-la pratica clinica, cercando di eviden-ziarne i limiti e quindi le reali condizionidi applicabilità.

Proteine plasmatiche

Diverse proteine plasmatiche di ori-gine epatica sono state considerate unbuon indice dello stato nutrizionale.Tenendo conto di tutti i possibili fattoriinterferenti, si ammette che in periodi incui l’assunzione energetica o proteica èinsufficiente, si verifica una diminuzionedei livelli delle proteine plasmatiche do-

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MM isure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine,vitamine e mineraliA. Daghetta*, M. Porrini**, G. Testolin**

** DISTAM – Sez. Nutrizione – Università degli Studi di Milano* DIFCA – Cattedra di Analisi Chimica dei Prodotti Alimentari – Università degli Studi di

Proteine

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vuta alla riduzione della loro sintesi epa-tica e della loro secrezione. Il ripristinodi una dieta adeguata induce la sintesiproteica e riporta i livelli proteici plasma-tici alla normalità.

La velocità a cui la concentrazioneplasmatica di una proteina varia in ri-sposta ad una dieta inadeguata dipendedall’emivita della proteina; infatti losquilibrio tra la velocità di sintesi o se-crezione e quella di catabolismo si ma-nifesterà più velocemente in proteinecon un’emivita più breve.

Delle varie classi di proteine pla-smatiche l’albumina e le proteine di tra-sporto, prealbumina (PA), proteina le-gante il retinolo (RBP = retinol bindingprotein) e transferrina (TA) sono state lepiù studiate quali indicatori dello stato dinutrizione (2). La fibronectina (FB), unaglicoproteina presente nella matrice ex-tracellulare del sistema nervoso centra-le, è stata inserita solo più recentemen-te nella lista.

In generale PA, RBP, TA e FB han-no emivita più breve e pool di dimensio-ni minori rispetto all’albumina, per cuimostrano variazioni più rapide delleconcentrazioni e sono quindi considera-te indicatori più sensibili della denutri-zione subclinica rispetto all’albumina.

Nella scelta della variabile che sivuole dosare e nell’interpretazione dei

risultati ottenuti è quindi indispensabileeffettuare una distinzione tra indicatoridello stato di nutrizione a breve e a lun-go termine.

La principale obiezione all’utilizzodelle proteine plasmatiche quali indica-tori di deplezione e carenza proteica è ilruolo svolto dalla loro risposta alla “faseacuta di situazioni patologiche” (3).Infatti la concentrazione plasmatica dialbumina, PA, TA, RBP e FB diminui-sce in seguito ad una situazione infiam-matoria acuta dovuta a motivi diversi,quali interventi chirurgici, infarto, infezio-ni, traumi e tumori. La loro concentra-zione risulta pertanto influenzata ancheda fattori non nutrizionali.

Anche se l’importanza della rispostaalla fase acuta di situazioni patologicherispetto ai fattori nutrizionali nella rego-lazione delle proteine plasmatiche non èancora stata studiata sistematicamentein molte situazioni cliniche, gli studi finoad ora effettuati ne evidenziano l’impor-tanza e sottolineano la difficoltà a di-stinguere tra l’influenza della nutrizionee di altri fattori di stress. Ciò significache l’utilità delle proteine plasmatichequali indicatori inequivocabili dello statonutrizionale è notevolmente limitata.Maggiore utilità sembrano invece rive-stire nel monitoraggio dell’efficacia dellaterapia nutrizionale.

Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali

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Albumina

È stata la frazione proteica più stu-diata e più frequentemente utilizzata inclinica per la valutazione dello stato disalute in generale, dal momento che èanche quella presente nelle più alteconcentrazioni nel plasma. Una carenzaproteica prolungata determina sicura-mente un calo della concentrazione dialbumina nel plasma. Molti studi hannoverificato che l’ipoalbuminemia è un in-dice prognostico accurato dell’aumen-tata morbidità, mortalità e tempo di de-genza tra i pazienti ospedalizzati (4, 5).Tuttavia esistono una serie di limitazioniteorico-pratiche al suo corretto impiegoper la valutazione dello stato di nutrizio-ne a breve termine:

1. l’albumina è distribuita in un poolcorporeo relativamente ampio in granparte extravascolare (solo il 30-40% siritrova nel siero). Pertanto eventuali mo-difiche che possono verificarsi al di fuoridello spazio intravascolare non possonoessere rilevate dalle determinazioni sieri-che: il pool corporeo totale si può ridurreinfatti ad 1/3 del livello normale primadella comparsa di ipoalbuminemia. Perquesto motivo e per la sua emivita lunga(15-19 giorni) può essere un importanteindice prognostico solo nelle condizionidi grave depauperamento organico;

2. l’ipoalbuminemia non è presentein tutte le condizioni di denutrizione oiponutrizione; essa ad esempio è carat-teristica del Kwashiorkor, mentre in adultivolontari sani a semidigiuno protratto persei mesi, se ne è verificata solo una mo-desta riduzione (appena il 2%);

3. il metabolismo dell’albumina èfacilmente perturbato da diverse condi-zioni morbose, quali malassorbimento,epatopatie, nefropatie, infezioni, traumi,neoplasie, squilibri osmotici ed ormonali;

4. è importante la standardizzazionedel prelievo; la posizione ortostatica,aumentando la pressione idrostaticanegli arti inferiori, tende a lieve emo-concentrazione. Si possono pertantoosservare variazioni percentuali dell’al-buminemia così come delle proteine to-tali, dell’emoglobina, dell’ematocrito,del calcio e del potassio, fino al 10-15%in più o in meno. Si spiega così la dimi-nuzione di questi parametri che si os-serva frequentemente nei pazienti pochigiorni dopo l’ospedalizzazione.

Intervallo di normalità: 3,5-5 g/dL (6).

Transferrina

È una betaglobulina con peso mole-colare 77.000 Dalton ed emivita di 8giorni. Il suo metabolismo è complesso

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poiché riveste un ruolo centrale nel me-tabolismo del ferro, essendone la princi-pale proteina plasmatica di trasporto (6).

La TA diffonde liberamente nelcompartimento extracellulare (linfa, pla-sma e fluido interstiziale) e circa il 50-60% è localizzato nello spazio extrava-scolare. I livelli di TA si possono modifi-care in varie condizioni fisiopatologiche:gravidanza, uso di anticoncezionali, epa-titi acute, cirrosi epatica, infezioni croni-che, neoplasie, sindrome nefrosica.Inoltre i suoi livelli aumentano in condi-zioni di carenza di ferro (7). Se quindi ilpaziente in esame presentasse conco-mitante carenza proteica e di ferro, i suoilivelli di transferrina risulterebbero nell’in-tervallo di normalità. La sua concentra-zione può anche venire calcolata dalla“capacità totale di legare il ferro” (totalbinding iron capacity – TIBC) secondouna equazione che viene messa a puntoin ciascun laboratorio di analisi, dal mo-mento che si possono utilizzare molteprocedure diverse per misurare il TIBC.

In generale si ritiene che la sensibi-lità e la specificità della TA come indicedello stato di nutrizione proteico, analo-gamente a quanto osservato per l’albu-mina, sia molto scarsa, per cui la suadeterminazione ha maggior validità inepidemiologia che in clinica. Intervallo dinormalità: 220-400 mg/dL (8).

Prealbumina

La PA è un indice dello stato di nu-trizione più sensibile della TA perché hauna emivita di 1-2 giorni ed un pool to-tale più contenuto. La sua concentra-zione plasmatica risponde rapidamentea cambiamenti nell’apporto dietetico edè ben correlata alle variazioni del bilan-cio di azoto, per cui può risultare utilecome supporto negli interventi terapeu-tici. I livelli circolanti di PA sono influen-zati dalla disponibilità della tiroxina dellaquale funge da proteina di trasporto. Diconseguenza in condizioni di ipertiroidi-smo l’utilizzo della PA come marker nu-trizionale può risultare compromesso.Intervallo di normalità: 10-40 mg/dL (6).

Proteina legante il retinolo

È una proteina sintetizzata nel fega-to (PM 21.000 Dalton) con emivita dicirca 10 ore, che è in grado di legarespecificamente il retinolo e trasportarlonel plasma. Nel plasma si ritrova in for-ma di un complesso con la prealbuminache ne riduce la filtrazione glomerularee, di conseguenza, il catabolismo. Incondizioni normali circa il 90% dell’RBPè saturata con retinolo, per cui la suaconcentrazione plasmatica è influenzata

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dallo stato di nutrizione vitaminico (9). LaRBP viene metabolizzata dal rene; pertale ragione le sue concentrazioni sieri-che sono aumentate nell’insufficienzarenale. In condizioni di malnutrizioneproteica e calorica invece i suoi livelli ri-sultano abbassati. Intervallo di norma-lità: 40-50 µg/mL (10).

Fibronectina

È una glicoproteina ad alto pesomolecolare presente nel plasma, nellalinfa e negli spazi interstiziali, che si èdimostrata molto importante per la suaalta affinità per il collagene, la fibrina el’actina. La sua concentrazione siericasi riduce notevolmente dopo traumi esepsi, probabilmente perché rapida-mente consumata per il suo “legameobbligatorio” con gli elementi cellularidell’infiammazione. Le variazioni dellasua concentrazione sierica sono pertan-to un buon indice prognostico nelloshock. Ha una emivita di 12-24 ore,per cui risulta essere molto sensibile avariazioni dello stato di nutrizione (6).

In conclusione il dosaggio delle pro-teine sieriche può essere utilizzato perla valutazione dello stato di nutrizione,ma con alcune precauzioni; in particola-re la standardizzazione del prelievo e

l’attenzione a concomitanti patologieche possono alterare la loro concentra-zione nel siero. Esiste poi un’ampia va-riabilità interindividuale nella loro con-centrazione, per cui la loro valutazione ècertamente più utile in indagini epide-miologiche o per informazioni di carat-tere generale, piuttosto che per una va-lutazione clinica del singolo caso.

Aminoacidi plasmatici

Anche i rapporti tra gli aminoacidiplasmatici sono stati studiati come indicidello stato di nutrizione (11, 12). Partico-lare attenzione è stata posta agli ami-noacidi a catena ramificata, agli aroma-tici e ai solforati. Le concentrazioni pla-smatiche e i rapporti tra questi aminoa-cidi risultano alterati nella malnutrizionesevera (riduzione degli aminoacidi a ca-tena ramificata ed aumento di quelliaromatici e solforati) (13). La maggiorparte degli studi sui livelli aminoacidicinella malnutrizione sono stati condotti inetà pediatrica. Va comunque ricordatoche i sistemi di regolazione omeostaticadei livelli aminoacidici plasmatici nell’uo-mo sono estremamente efficienti equindi le alterazioni dell’aminoacido-gramma sono quasi sempre tardive epresenti solo nella grave malnutrizione

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proteica, quando i segni clinici sono giàmolto evidenti. Il profilo aminoacidicoplasmatico risulta invece di grande inte-resse per la diagnosi di errori congenitidel metabolismo e come indice progno-stico di sindromi da insufficienza multiorganica (6).

La cirrosi e l’encefalopatia, peresempio, sono associate ad un aumen-to degli aminoacidi aromatici e solforatiche può venire normalizzato sommini-strando formule arricchite con aminoa-cidi ramificati.

Per meglio comprendere le specifi-che alterazioni del metabolismo proteiconella malnutrizione sono state utilizzatetecniche sofisticate per lo studio dellasintesi e degradazione proteica median-te aminoacidi marcati con radioisotopi. Irisultati di questi studi sono ancora diffi-cilmente utilizzabili nella pratica clinica.

Massa muscolare

La riduzione della massa muscolareè sicuramente una delle componentiprincipali della deplezione proteica, percui la sua determinazione è di primariaimportanza. I marker biochimici più uti-lizzati allo scopo sono:– creatinina urinaria;– 3-metil-istidina urinaria.

Creatinina urinaria

La creatinina è il prodotto di degra-dazione della fosfocreatina, molecola dideposito dell’energia nel muscolo. Lacreatinina viene escreta inalterata nelleurine, senza soglia di eliminazione rena-le. Quindi la valutazione dell’escrezioneurinaria di creatinina nelle 24 ore insoggetti con normali funzioni renali, die-ta adeguata e di composizione costanteriflette la quantità totale di creatininadell’organismo e quindi la massa mu-scolare. È stato stimato che 1 g dicreatinina urinaria corrisponde a circa18 kg di muscolo, per cui dai datidell’escrezione urinaria di creatinina nel-le 24 ore è possibile risalire alla massacorporea magra (MMC) applicando laseguente equazione:

La creatininuria viene generalmenteespressa in rapporto all’altezza del sog-getto in esame. Esistono tabelle di rife-rimento con i valori ideali della creatini-nuria nelle 24 ore nei due sessi in fun-zione dell’altezza (14). Il rapporto tra lacreatininuria del soggetto in esame e ilvalore ideale moltiplicato per 100 costi-tuisce l’Indice Creatinina/Altezza. Valoricompresi tra 80 e 90% indicano ridu-

MMC (kg) = 7,138 + 0,002908 x(mg creatinina urinaria nelle 24 ore).

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zione scarsa della massa muscolare, tra70 e 80% riduzione moderata e inferioria 70% indicano riduzione severa dellamassa muscolare (6).

Esistono diversi limiti all’applicabilitàdi questo indice (15). Innanzi tutto l’e-screzione di creatinina diminuisce conl’età e aumenta in seguito ad infezioniacute, traumi, stress emotivi, eserciziofisico intenso e diete iperproteiche ric-che di creatina e creatinina (es. carne).L’indice creatinina/altezza non dipendesoltanto dall’altezza, ma anche dalla co-stituzione fisica, e ciò ovviamente ne li-mita la sensibilità come indice di malnu-trizione. Infine, affinché i valori siano at-tendibili è indispensabile che la raccoltadelle urine delle 24 ore sia effettuatamolto accuratamente e possibilmenteper tre giorni consecutivi.

3-metil-istidina urinaria

La 3-metil-istidina è un aminoacidopresente nelle proteine miofibrillari chesi forma per metilazione post-trascrizio-nale di specifici residui di istidina. In se-guito al turnover delle proteine muscola-ri viene rilasciata ed escreta tal qualenelle urine in quantità che in teoria risul-tano essere quindi proporzionali allamassa muscolare totale. L’uti l izzo

dell’escrezione di 3-metil-istidina perpredire la massa muscolare nell’applica-zione clinica presenta però una serie dilimiti. In condizioni di sepsi, trauma oinanizione il catabolismo proteico è ac-celerato e l’escrezione di 3-metil-istidinacresce smisuratamente (16), per cui isuoi valori dovrebbero essere espressiin rapporto all’escrezione di creatinina eal peso corporeo. Inoltre l’escrezione di3-metil-istidina è significativamentemaggiore nei soggetti che consumanocarne, per cui si dovrebbe prescrivereun regime alimentare privo di carne neigiorni precedenti l’esame. Infine esisto-no dubbi sul contributo della 3-metil-isti-dina non muscolare (di origine gastroin-testinale ed epidermica), specialmentein caso di interventi chirurgici o traumi.

Intervallo di normalità: 200-545 -µmol/24 ore (17).

Somatomedina C (Insulin-like growthfactor o IGF-1)

C’è un crescente interesse all’utiliz-zo dell’IGF-1 quale indicatore dello sta-to di nutrizione proteico (1), soprattuttonei bambini, poiché è mediatore del-l’azione dell’ormone della crescita. Sti-molando la sintesi del collageno è un

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regolatore primario della crescita delleossa e, probabilmente, della crescita ingenerale. Interviene inoltre nella regola-zione dell’omeostasi di Ca, Mg e K (6). Isuoi livelli plasmatici sono sensibili allostato nutrizionale proteico, infatti neibambini gravemente malnutriti la con-centrazione sierica di IGF-1 risulta ri-dotta e nell’adulto è molto ben correlataal bilancio azotato.

Inoltre, durante la rialimentazionedopo un periodo di carenza, le sue con-centrazioni aumentano in r ispostaall’assunzione energetica e proteica piùprontamente di quanto facciano i livellidi albumina e transferrina. Un limite allasua applicazione per la valutazione dellostato di nutrizione è che la sua concen-trazione si riduce nel corso di malattieinfiammatorie, per cui presenta gli stes-si limiti delle proteine plasmatiche vistein precedenza.

Bilancio d’azoto

Il bilancio d’azoto viene calcolatodalla differenza tra la quantità di azotoassunta e quella eliminata. L’azoto as-sunto è considerato pari al 16% delleproteine della dieta. L’eliminazionedell’azoto avviene principalmente attra-verso le urine, ma quantità apprezzabili

possono anche essere perse nelle feci,attraverso la pelle e gli essudati (6). Unavalutazione accurata del bilancio d’azotodovrebbe tener conto di tutte le vie e ti-pi di perdite possibili, tuttavia nella prati-ca clinica le perdite azotate extrarenalivengono generalmente considerate co-stanti e stimate attorno ai 2 g, da cui:

BN = assunzione di N nelle 24 h (g) – [N urinario totale nelle 24 h (g) + 2]Frequentemente invece dell’azoto

urinario totale si misura l’azoto ureico,che è circa l’80% di quello totale.

Il bilancio d’azoto è una determina-zione fondamentale per studiare lo sta-to proteico dell’organismo e la sua ne-gativizzazione è indice di catabolismoproteico endogeno. Tuttavia è possibileche in condizioni di denutrizione cronical’organismo riduca il catabolismo azota-to adattandosi al nuovo stato: in questecondizioni il bilancio d’azoto non rifletteesattamente il grado di malnutrizione.Diversi fattori devono inoltre essereconsiderati nella sua determinazione neipazienti ospedalizzati.

Innanzi tutto le perdite di azoto neipazienti con insufficienza renale cronicadevono essere corrette per l’accumulodi urea nel sangue; inoltre l’escrezionedi azoto può essere modificata nelle en-teropatie e in caso di immobilizzazioneprotratta nel tempo.

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Per la valutazione dello stato nutri-zionale vitaminico e minerale sono statisviluppati diversi metodi biochimici, tut-tavia la scelta di quello più accurato edaffidabile per l’applicazione clinica ècomplicata da numerose considerazioni.

Vitamine

Per quanto riguarda le vitamine, co-me evidenziato da Brubacher (18) eschematizzato nella Figura 1, il primoevento che si verifica quando ne dimi-nuisce l’assunzione è un calo delle ri-serve corporee, seguita nel tempo dauna riduzione della concentrazione dimetaboliti, una riduzione dell’attività dienzimi vitamina-dipendenti e disturbi or-monali del metabolismo. Durante il pe-riodo di rialimentazione si verifica lastessa sequenza con direzione opposta(Fig. 2) (18).

Quando l’assunzione vitaminica nonè costante, le variabili biochimiche che

presentano un tempo di risposta lungoall’assunzione riflettono meglio lo statovitaminico medio e sono quindi più utilidelle variabili con un tempo di rispostabreve. Quindi in generale si può direche la valutazione della forma attiva del-la vitamina nelle cellule ematiche riflettemeglio lo stato dell’organismo di quantofacciano i livelli plasmatici o urinari.

Considerando queste brevi premes-se, passiamo ora ad analizzare quali so-no i test consigliabili per alcune vitamine.

Un approccio ormai largamente ac-cettato per valutare lo stato nutrizionaledelle vitamine B1, B2 e B6 è la valuta-zione, negli eritrociti, del coefficiente diattivazione di alcuni enzimi vitamina-di-pendenti (19): transchetolasi (ETK) perla tiamina, glutatione reduttasi (EGR)per la riboflavina e glutammico ossala-cetico aminotransferasi (EGOT) per lavitamina B6. In pratica, un ridotto au-mento dell’attività enzimatica in seguitoall’aggiunta di un eccesso del coenzimavitaminico (cioè una risposta bassa alla

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Vitamine e minerali

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Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali

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stimolazione coenzimatica) è indice del-la già avvenuta saturazione dell’enzimacon il coenzima e, di conseguenza, diun buon stato vitaminico. Al contrario,una risposta elevata alla stimolazionecoenzimatica indica uno stato nutrizio-nale inadeguato. Il risultato del test distimolazione è espresso come coeffi-

ciente di attivazione α (attività dopo lasaturazione/attività senza saturazione).

Intervallo normalità (19):α ETK 1,16-1,25 deficienza marginaleα ETK > 1,25 deficienza severaα EGR 1,20-1,29 deficienza marginaleα EGR > 1,29 deficienza severaα EGOT > 2,0 deficienza

................................. Ass

unzio

nem

argi

nale

Metaboliti

Enzimi e ormonivitamina-dipendenti

Disturbi biochimicie funzionalie cambiamentimorfologici

Car

enza

subc

linic

a

Carenza clinica

Sta

dio

inizi

ale

Car

enza

man

ifest

aS

tadi

ofin

ale

Stadio 1 2 3 4 5 6

Pool corporeo Ridotto contenuto vitaminico corporeo

Ridotta sintesi di metaboliti

Ridotta attività

Asp

ecifi

ca

Spe

cific

a

Irrev

ersi

bile

Figura 1

Livelli di carenzavitaminica durante unperiodo di deplezione.(da Brubacher GB, 1982)

..................................

1 2 3 4 5 6

Carenza clinica

Disturbi biochimicie funzionalie cambiamentimorfologici

Enzimi e ormonivitamina-dipendenti

Metaboliti

Pool corporeo

Stadio

Ridotto contenuto vitaminico corporeo

Ridotta sintesi di metaboliti

Ass

unzio

nem

argi

nale

Car

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linic

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Sta

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Ridotta attività

Asp

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bile

Figura 2

Livelli di carenzavitaminica durante unperiodo di rialimentazione.(da Brubacher GB 1982)

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In alcune situazioni, tuttavia, è ne-cessario un approccio differente. Peresempio, per quanto riguarda la vitami-na B1 l’analisi della tiamina come talenel sangue intero o negli eritrociti puòessere di grande utilità per valutare lostato vitaminico dei singoli individui (20).Per esempio, durante una carente as-sunzione di vitamina B1 protratta neltempo o una malnutrizione complessa(come nell’alcolismo) il coefficiente diattivazione può essere apparentementenormale in seguito alla diminuita sintesidell’apotranschetolasi (21). Anche in ca-so di difetti genetici o malattie specifi-che (diabete, polineuriti, anemia perni-ciosa o disordini del tratto gastrointesti-nale) la sintesi e/o le funzioni cinetichedell’apoenzima possono essere altera-te. I livelli di riferimento sono specificiper ciascuna popolazione, tuttavia si ri-tiene che per le popolazioni europee li-velli ematici di tiamina inferiori a 80µmol/L indichino una elevata probabi-lità di carenza di vitamina B1

(1).Le stesse osservazioni valgono per

la riboflavina: l’analisi del FAD nel san-gue intero può essere un indice attendi-bile dello stato nutrizionale vitaminiconei singoli individui (22), specialmentenei pazienti con carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi o severa uremia ecirrosi. Allo stesso modo, il piridossal

5'-fosfato plasmatico (PLP) può essereconsiderato un buon indice della vitami-na B6 circolante disponibile per i tessu-ti. Anche per queste vitamine i valori diriferimento sono specifici per ciascunapopolazione; valori di FAD inferiori a200 nmol/L e valori di PLP inferiori a20 nmol/L sono comunque general-mente considerati indice di alto rischiodi carenza (1).

La valutazione della concentrazionedei folati nel sangue è importante nellavalutazione dell’eziologia dell’anemiamegaloblastica, oltre che nella valuta-zione dello stato di nutrizione. Carenzedei livelli plasmatici di acido folico si os-servano durante la gravidanza, negli eti-listi e negli individui con diete povere difrutta e verdura fresca. Un buon indicedello stato nutrizionale dell’acido folicoè anche il suo livello nei globuli rossi,dal momento che i globuli rossi rappre-sentano il reale deposito di acido folicoper l’organismo e sono quindi meno in-fluenzati da variazioni recenti dell’as-sunzione di vitamina con la dieta diquanto non lo siano i livelli sierici (23).

Attualmente il metodo più adattoper dosare i livelli di folato è la tecnicaradioisotopica. Il limite di questa proce-dura dipende dal fatto che i folati poli-glutammici danno una risposta più altadei folati monoglutammici, rendendo la

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tecnica inadatta alla determinazionedella miscela di derivati normalmentepresente nel materiale biologico, ad ec-cezione del siero e degli eritrociti.Metodi più nuovi e rapidi sono comun-que in corso di sviluppo.

Una vitamina il cui stato nutrizionaledeve essere valutato attentamente perle implicazioni che ha nel mantenimentodel buono stato di salute delle cellule edei tessuti è l’acido ascorbico. I duemetodi attualmente più utilizzati alloscopo sono la valutazione dei suoi livellinel plasma o nello strato spugnoso. Lavitamina C plasmatica dà un’indicazionedella vitamina disponibile per i tessu-ti (1). È il più semplice dei due metodi,poiché richiede quantità più piccole disangue e procedure di preparazione delcampione meno complicate e dispen-diose. Il principale svantaggio è che i li-velli plasmatici fluttuano in funzione del-le assunzioni più recenti, e sono quindipoco rappresentativi dello stato nutrizio-nale a lungo termine; il dosaggio an-drebbe perciò ripetuto più volte nell’ar-co di un certo periodo di tempo. Inoltre ilivelli plasmatici scendono a valori quasinon rilevabili durante restrizioni dieteti-che severe, molto prima che gli organiinterni ne siano severamente depaupe-rati. Nonostante ciò, se correttamenteinterpretato può essere considerato un

indice attendibile dello stato di nutrizio-ne della vitamina C.

La concentrazione della vitamina Cnello strato spugnoso è un buon indicedei suoi livelli intracellulari (1), che sonocorrelati al contenuto di vitamina C dimolti organi interni; può quindi fornireinformazioni accurate sulle riserve di vi-tamina specialmente durante periodi diassunzione inadeguata, nei quali le ri-serve e i livelli di vitamina nello stratospugnoso cadono più lentamente diquanto non facciano i livelli plasmatici.Lo svantaggio di questo test è che ri-chiede maggiori quantità di sangue ecomplesse procedure di preparazionedel campione. Inoltre i risultati possonoessere di difficile interpretazione peresempio durante le infezioni (in cui vie-ne indotta leucocitosi), o comunque tut-te le volte che il rapporto leucociti/pia-strine si discosta dall’intervallo di nor-malità. Livelli inferiori a 0,2 mg/dL nelplasma o 0,10 µmol/108 cellule nellostrato spugnoso sono considerati indicedi alto rischio di carenza (1).

Per quanto riguarda la vitamina Aè importante ricordare che i suoi livelliplasmatici sono regolati da un meccani-smo omeostatico, per cui possono es-sere considerati indici dello stato vitami-nico solo quando le assunzioni con ladieta sono molto basse. Inoltre rifletto-

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no l’assunzione vitaminica media di uncerto periodo di tempo, piuttosto che levariazioni quotidiane, dal momento chesi verifica un notevole intervallo di tem-po tra l’assunzione e la modificazionedel livello plasmatico, che dipende prin-cipalmente dai depositi epatici. Se l’as-sunzione di proteine è molto bassa, vie-ne ridotta la sintesi di RBP (proteinasecreta nel fegato per il trasporto delretinolo), il che induce un abbassamen-to dei livelli plasmatici di vitamina A an-che se l’assunzione con la dieta è ade-guata. D’altra parte, nel caso di ipervi-taminosi A, i livelli plasmatici di retinolosono aumentati solo di poco, mentreaumentano notevolmente i livelli di reti-nil palmitato (forma in cui la vitamina Aviene trasportata dall’intestino al fegatolegata alle lipoproteine). La valutazionedi quest’ultimo è considerato indice diipervitaminosi A assieme al rapportomolare retinolo/RBP che, in caso diipervitaminosi, risulta maggiore di 1.

Secondo Smith e Goodman (24) latossicità della vitamina A si manifestaquando elevate quantità di vitamina Adi ritrovano in associazione alle lipo-proteine, piuttosto che legate all’RBP,che è in grado anche di proteggere itessuti dalle proprietà tensioattive dellavitamina.

Il metodo migliore per valutare lo

stato vitaminico A sarebbe la determi-nazione della concentrazione di retinolonel fegato, dove è immagazzinato pre-valentemente come retinil palmitato.Tuttavia, per l’impossibilità ad effettuarequesta analisi, si effettua generalmenteil dosaggio nel plasma.

Livelli di vitamina A plasmatici infe-riori a 10-20 µg/dL sono consideratiindice di deplezione epatica e quindi dielevato rischio di carenza (1).

Nella valutazione dello stato vita-minico E è importante considerare chenella linfa e nel sangue l’α-tocoferolo èlegato alle lipoproteine, in particolar mo-do la frazione β. I livelli plasmatici di vita-mina E risultano infatti altamente corre-lati ai lipidi totali, alle β-lipoproteine e alcolesterolo totale. In conseguenza, ilrapporto tra l’α-tocoferolo plasmatico e ilipidi può essere considerato un indicepiù adeguato dello stato nutrizionale del-la vitamina E rispetto al valore del soloα-tocoferolo. La vitamina E viene anchecaptata dagli eritrociti, per cui anche i li-velli vitaminici eritrocitari sono conside-rati un indice dello stato nutrizionale.Generalmente, comunque, si preferisceutilizzare i livelli plasmatici e sierici (25); ètuttavia importante ricordare che, anchese per questa vitamina non esistonomeccanismi omeostatici che ne regola-no i livelli plasmatici, la correlazione con

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le quantità assunte con la dieta esisteper i bassi livelli di assunzione, ma nonper i livelli più elevati.

Anche la valutazione dell’α-tocofe-rolo nelle piastrine è stata suggeritaquale mezzo per valutarne lo stato nutri-zionale, tuttavia la sua utilità non è an-cora stata del tutto verificata.

Livelli plasmatici di α-tocoferolo in-feriori a 5 µg/mL vengono consideratiindice di elevato rischio di carenza.

Minerali

Per quanto riguarda gli elementiminerali l’approccio è un po’ differente,dal momento che si deve verificare se ilsoggetto è a rischio di carenza o di tos-sicità per l’elemento in questione. Ec-cetto alcuni casi, poche determinazionipossono essere utilizzate per risponderead entrambe le domande.

A differenza dei nutrienti organici, iminerali non possono venire trasformati.Possono alterare il loro stato di ossida-zione, formare complessi con altre mo-lecole biologiche, ma non perdono maila loro integrità. L’omeostasi è ottenutamediante regolazione dell’assorbimen-to, della secrezione epatointestinale,dell’escrezione urinaria, o mediante ilsequestro dell’elemento in pool sistemi-

ci specifici o pool tissutali relativamenteaspecifici con un turnover biologicomolto lento.

La risposta clinica e l’adattamentometabolico alla carenza o all’eccesso de-gli elementi minerali è schematizzata nel-la Tabella 1 (26). Dallo schema è evidentecome le carenze o gli eccessi di un mi-nerale stimolino differentemente i mec-canismi omeostatici di controllo, tuttavia ipool più sensibili nell’iniziare e regolare lerisposte omeostatiche non sono stati an-cora identificati per tutti gli elementi mi-nerali, per cui non è sempre possibileconsigliare metodi precisi ed affidabili ascopo diagnostico (27). Il metodo più affi-dabile per valutare l’esistenza di uno sta-to di carenza per molti minerali (es. Fe,Zn, Cu, Se) è ancora quello di monitora-re la risposta biochimica di uno o più pa-rametri funzionali, omeostatici o di com-posizione dopo la supplementazionedell’elemento in questione.

Prendiamo ora brevemente in ras-segna alcuni degli elementi minerali peri quali esistono variabili affidabili.

Calcio

Per la valutazione dello stato nutri-zionale del calcio si deve innanzi tuttoconsiderare quale funzione o pool di

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calcio è il più appropriato allo scopospecifico. Per avere un parametro divalutazione delle funzioni fisiologiche delcalcio si può effettuare la determinazio-ne dei livelli plasmatici del calcio ioniz-zato, mentre per ottenere indicazionidella sua funzione nelle ossa (peresempio nell’osteomalacia e nell’iper-paratiroidismo) si può misurare il calcioplasmatico totale. La valutazione dellamassa e della densità ossea può esse-re utilizzata per valutare l’entità dellaprincipale riserva di calcio, mentre la

valutazione delle cinetiche richiede unamisura accurata dell’assorbimento delcalcio, del turnover osseo e delle perdi-te di calcio urinarie. La valutazionedell’omeostasi del calcio include ancheil dosaggio dell’ormone paratiroideo,della calcitonina e dei vari metabolitidella vitamina D.

Il calcio ionizzato (28) fornisce unabuona indicazione dello stato del calcio,poiché è biologicamente attivo e stret-tamente regolato dagli ormoni legati almetabolismo calcico. È considerato più

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Tabella 1

Fenomeni fisiopatologiciassociati allo statonutrizionale del ferro.(da Aggett PJ, 1991)

Tossicità – omeostasi e sequestro inadeguati; manifestazioni cliniche, biochimiche e patologiche

Omeostasi – omeostasi e sequestro adeguati; compensatoria assenza di manifestazioni cliniche

Eccesso iniziale – immagazzinamento omeostatico ed escrezione

Carenza iniziale – l’omeostasi protegge i pool funzionali vitali;assenza di alterazioni della concentrazione nei tessuti e nei fluidi; mobilizzazione delle scorte; assenza di manifestazioni cliniche

Fase metabolica – l’omeostasi diventa inadeguata; compaiono segni compensatoria funzionali precoci;

possibili disordini nel metabolismo di altri nutrienti; probabili effetti sulla salute

Fase metabolica – estesi difetti funzionali specifici ed aspecificinon compensatoria

Morte

Adeguatezza

Fase clinica

Morte

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accurato dei valori di calcio totale poi-ché indipendente dai livelli di proteine, equindi più facilmente utilizzabile ancheper pazienti che sono sottoposti ad in-terventi chirurgici (che hanno quindi ri-cevuto sangue, piastrine o eparina) e inpazienti sottoposti a cure intensive.Viene misurato direttamente nel plasmautilizzando un elettrodo selettivo (29).

L’intervallo di normalità del Ca2+ perl’adulto in condizioni basali è 1,15-1,35mmol/L (4,6-5,4 mg/dL) (6).

Il calcio plasmatico totale è misu-rato generalmente utilizzando tecnichecolorimetriche o con la spettrofotome-tria ad assorbimento atomico. Poiché ilCa è legato alle proteine sieriche i suoilivelli plasmatici totali sono influenzatidalla concentrazione delle proteine,specialmente dell’albumina. Anche seuna correzione matematica non puòmai tener conto delle diverse condizionifisiologiche o patologiche in cui si trova-no i pazienti, i valori ottenuti dal dosag-gio del Ca totale vengono generalmen-te corretti per i livelli di albumina sieri-ca, per esempio (30) sottraendo 0,025mmol/L di calcio per ogni 0,1g/dL dialbumina eccedente i 4 g/dL e facendoil procedimento inverso per valori di al-bumina inferiori a 4 g/dL (1). Il fattore dicorrezione viene calcolato dal coeffi-ciente di regressione della retta ottenu-

ta per il Ca totale rispetto ai livelli di al-bumina in gruppi specifici di pazienti osoggetti sani. Poiché laboratori diversipossono utilizzare metodi e livelli di rife-rimento diversi sia per il dosaggio delCa che dell’albumina, ciascuno dovreb-be calcolarsi i propri coefficienti di cor-rezione.

I livelli di normalità riportati in lette-ratura sono di 2,20-2,60 mmol/L (8,5-10,5 mg/dL) (1).

Le tecniche di misurazione dellamassa e della densità ossea sono oggiin rapida espansione. Il Ca totale del-l’organismo può essere misurato me-diante attivazione neutronica, assorbi-mento fotonico bicromatico o mediantetomografia computerizzata. Per la de-scrizione dei metodi e per gli intervalli dinormalità si rimanda a pubblicazionispecialistiche.

Per quanto riguarda la valutazionedelle cinetiche, l’assorbimento del Capuò essere studiato mediante metodo-logie isotopiche, il turnover osseo me-diante dosaggio dell’idrossiprolina uri-naria (indice del riassorbimento e delladegradazione ossea) (31) e dell’osteo-calcina sierica (indice della formazioneossea) (32).

Il limite del dosaggio dell’idrossi-prolina urinaria quale marker del rias-sorbimento osseo è che può derivare

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anche dalla degradazione del collagenodi natura non ossea, come per esempioda pelle, tendini e cartilagine. Può es-sere inoltre influenzata da fattori dieteti-ci (alimenti contenenti collageno). Unvalore elevato quindi può non esserenecessariamente indice di aumentatoriassorbimento osseo.

L’intervallo di normalità nell’adulto è6-22 mg/24 h/m2 di superficie corpo-rea, nell’anziano (oltre i 66 anni) 5-17mg/24 h/m2 (1).

L’osteocalcina sierica risulta eleva-ta in presenza di aumentata sintesi os-sea, come avviene in seguito ad unafrattura, e ridotta quando la formazioneossea è depressa, come in pazientitrattati con corticosteroidi. La determi-nazione viene generalmente effettuatacon metodi radioimmunologici utilizzan-do kit del commercio. I valori trovati neisoggetti sani sono molto variabili anchein funzione della metodologia di analisi.

Fosfato

Il fosfato nel siero è presente siacome anione monovalente (H2PO4

– )che bivalente (H2PO4

=) in un rapportoche varia da 1:1 nell’acidosi a 1:4 a pH7,4 e 1:9 nell’alcalosi. Circa il 10% èlegato a proteine, il 35% è complessa-

to con Na++, Ca++ o Mg++, il restante èlibero. Solo il fosfato inorganico vienemisurato.

I meccanismi di controllo omeostati-co del fosfato non sono del tutto cono-sciuti. I suoi livelli plasmatici sono rego-lati principalmente dall’escrezione renaledi fosfato, che è influenzata direttamen-te dal paratormone, che ne riduce ilriassorbimento a livello dei tubuli renali.

La determinazione è effettuata ge-neralmente con metodo colorimetri-co (33) dopo aver fatto reagire gli ioni fo-sfato con molibdato di ammonio.

L’intervallo di normalità nell’adulto è2,5-4,5 mg/dL di fosfato espresso co-me fosforo (0,81-1,45 mmol/L) (6). I li-velli di fosfato, infatti, vengono normal-mente riportati come “fosforo” anche seciò è scorretto poiché solo il fosfato, enon il fosforo elementare, circola nelsangue e può venire misurato.

Magnesio

Nell’organismo il magnesio è conte-nuto per circa il 55% nello scheletro eper il 30% nel muscolo. L’abbassamen-to dei livelli sierici è un indice abbastanzaprecoce di deplezione (34). Tuttavia con-centrazioni inferiori a 0,5 mmol/L non sievidenziano finché non si ha la perdita

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del 25% del magnesio intracellulare.Poiché la conservazione renale gioca unruolo importante nell’omeostasi di taleelemento, l’escrezione urinaria è ancheun indice utile per valutarne la carenza.

La determinazione del magnesionel siero e nelle urine viene effettuatageneralmente per spettrofotometria adassorbimento atomico o mediante me-todi colorimetrici.

Intervalli di normalità del magnesio:

nel siero 0,6-1,1 mmol/L (1)

nelle urine 3,0-5,0 mmol/die (6)

Ferro

Uno degli elementi minerali di cui èpiù facile riscontrare carenza anche nel-le popolazioni occidentali è il ferro. Lacarenza nutrizionale di ferro comparequando le richieste non sono soddisfat-

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Tabella 2

Storia naturale dellacarenza di ferro eindicatori dello stato dinutrizione.(da Hercberg S et al.,1991)

PERIODOPRE-PATOGENETICO

* TIBC = total iron bindingcapacity

Rischio di carenza di ferro

Ampiezza riserve di ferro corporee

riserve di ferrocorporee

esaurimentodelle riserve

• indagini nutrizionali

• studi sullo stato di salute

• studi sui fattori ambientali

TIBC *

apporto di ferro

assorbimento di ferro

perdite di ferro

richieste di ferro

• ferro midollo osseo

• ferro epatico

• diluizione isotopica

• ferritina sierica

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te dalla dieta e/o quando c’è un incre-mento nella perdita di ferro dall’organi-smo. Il corpo umano reagisce a questoscompenso richiamando il ferro dalleproprie riserve e incrementandone l’as-sorbimento. Se non viene ripristinatauna assunzione adeguata si ha unesaurimento delle riserve e, di conse-guenza, una alterazione delle funzionimetaboliche che coinvolgono i compostidel ferro.

La carenza di ferro si instaura ingenere gradualmente, secondo unaprogressione riportata nella Tabel-la 2 (35).

Lo stato di nutrizione del ferro puòessere quindi accertato a livelli diversi: – livello pre-patogenetico: accertamen-to del rischio di carenza;– livello patogenetico: a. accertamentodelle riserve di ferro; b. accertamentodell’adeguatezza dei rifornimenti di ferro

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ANEMIAAdeguatezza rifornimento di ferro al midollo

PERIODO DI PATOGENESI

sintomi morteanemiabiochimica

indici globuli rossi*

alterazioni fisiologiche e metaboliche

• ferro sierico

• saturazione transferrina

• protoporfirina eritrocitaria

• emoglobina

• ematocrito

• segni clinici

• dati morbidità

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al midollo; c. accertamento del grado dianemia.

Livello pre-patogenetico: a questolivello si possono ottenere informazionisul rischio di carenza tramite le indagininutrizionali che permettono di ricavareinformazioni sull’assunzione di ferro, siaper quanto riguarda la quantità e qualità(Fe-eme e non-eme) che la presenza diinibitori dell’assorbimento (tè, caffè,ecc.); tramite la valutazione dello statodi salute, per evidenziare condizioni fi-siologiche a rischio (es. gravidanza, al-lattamento) o patologiche (parassitosi,emorragie croniche, ecc.).

Livello patogenetico: a questo livel-lo si può effettuare:

a. accertamento delle riserve diferro. I metodi utilizzati sono la determi-nazione del contenuto di ferro nel mi-dollo osseo e nel fegato, la diluizioneisotopica, e la valutazione della ferritinasierica (35).

I primi sono metodi complessi, chehanno più significato sperimentale cheapplicativo, e per la cui trattazione si ri-manda a testi specializzati. In breve, leriserve di Fe reticoloendoteliale posso-no essere stimate dalla valutazioneistologica dell’emosiderina contenutanel midollo osseo. È anche possibilevalutare la concentrazione di Fe nel fe-gato mediante l’esame di biopsie epati-

che. Poiché il fegato contiene 1/3 deidepositi totali di Fe corporeo, è l’organodi elezione per questa valutazione.

La tecnica della diluizione isotopi-ca viene effettuata iniettando piccolequantità di 55Fe nel plasma per marcarel’emoglobina dei globuli rossi circolanti.Durante la fagocitosi dei globuli rossi daparte del sistema reticoloendoteliale il55Fe si mescola con il Fe dei tessuti, eciò determina un calo dell’attività speci-fica del Fe nell’emoglobina. Dopo ilcompleto mescolamento si può calcola-re il Fe totale miscibile nei tessuti. Unmetodo più facilmente applicabile an-che nella pratica quotidiana è la deter-minazione della ferritina del siero.Normalmente solo circa l’1% del Feplasmatico è contenuto nella ferritina.La ferritina plasmatica è però in equili-brio con i depositi dell’organismo, e isuoi livelli riflettono accuratamente levariazioni nella quantità di Fe del corpo.La concentrazione di ferritina nel pla-sma cala molto precocemente durantelo sviluppo della carenza di Fe, moltoprima che si verifichino cambiamentinella concentrazione dell’emoglobina,nella dimensione dei globuli rossi o nel-la concentrazione di Fe sierico. Quindila valutazione della concentrazione dellaferritina sierica può essere considerataun indicatore molto sensibile della ca-

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renza di Fe. I metodi di dosaggio utiliz-zati sono l’analisi immunoradiometrica(IRMA) che utilizza anticorpi radiomar-cati, l’analisi radio immunologica (RIA)che utilizza antigeni radiomarcati e isaggi immunoenzimatici quali l’ELISA(Enzyme Linked ImmunoSorbentAssay) che non necessitano di radioiso-topi. Ci sono comunque situazioni pato-logiche in cui la concentrazione di ferri-tina aumenta, quali infezioni croniche,disordini infiammatori cronici (artritereumatoide, malattie renali) e forme tu-morali. In pazienti che hanno una diqueste patologie associata a carenza diFe, la concentrazione di ferritina risultamolto spesso normale.

Aumenti della concentrazione diferritina si hanno nell’epatite virale o al-tre patologie epatiche come risultatodel rilascio della ferritina dalle celluledanneggiate del fegato.

I valori di ferritina circolante normalisono 15-120 µg/L nella donna e 20-200 µg/L nell’uomo (6); valori al di sot-to di 10-20 µg/L indicano un virtualeesaurimento dei depositi di ferro.

b. accertamento dell’adegua-tezza dei rifornimenti di ferro al mi-dollo. Viene effettuato dosando il Fesierico. Col termine Fe sierico ci si rife-risce al Fe legato alla sua specifica pro-teina di trasporto: la transferrina. La

transferrina può essere determinatacon metodi immunologici (36).

Poiché normalmente solo un terzodei siti di legame della transferrina per ilFe sono occupati dal Fe(III), è anchepossibile determinare la concentrazionemassima di Fe che può essere legata,esprimendola come capacità totale dilegare il ferro (TIBC) (36). I metodi perdeterminare la TIBC sono quelli in cuiviene aggiunto al campione una quan-tità di Fe in eccesso rispetto alla capa-cità legante della transferrina. La stimadel Fe viene poi effettuata con metodicolorimetrici o mediante spettrofotome-tria ad assorbimento atomico, dopo averrimosso il Fe in eccesso. Le variabili in-dici del trasporto di Fe generalmente ri-mangono costanti fino a che i depositisono completamente esauriti. Solo laTIBC può iniziare ad aumentare quandoi depositi iniziano ad esaurirsi, tuttavia èmeno sensibile ai cambiamenti dell’en-tità dei depositi di Fe della ferritina sieri-ca. La transferrina e la TIBC, quindi,non sono di grande utilità per la valuta-zione della carenza di Fe; sono utili in-vece per effettuare uno screening dimalattie da sovraccarico cronico di Fe eper confermare e monitorare l’avvelena-mento acuto da Fe nei bambini (6).

Un’altra determinazione per valuta-re l’adeguatezza del rifornimento al mi-

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dollo è quella della protoporfirina eri-trocitaria, che è il complesso che sicombina con il Fe per formare l’emo-globina. Una carenza di rifornimento diFe ai globuli rossi in via di sviluppo dan-neggia la sintesi di emoglobina e deter-mina l’accumulo di protoporfirina IX nel-le cellule circolanti. Generalmente laprotoporfirina eritrocitaria aumenta do-po diverse settimane di eritropoiesi Fe-carente. Nelle indagini epidemiologichevalori più alti di 700 µg/L di sangue in-tero o di 3 µg/g di emoglobina indicanoche il rifornimento di Fe al midollo è in-feriore all’ottimale (37). La concentrazio-ne della protoporfirina eritrocitaria puòessere determinata molto rapidamentecon tecniche fluorimetriche.

c. accertamento del grado dianemia. Uno stadio avanzato di carenzadi ferro è associato ad una significativariduzione dell’emoglobina circolante.Quando il livello di emoglobina è inferio-re ai livelli normali indicati per sesso edetà (1) il soggetto è considerato anemico:

bambini dai 6 mesi ai 6 anni 11 g/100 ml

bambini dai 6 ai 14 anni 12 g/100 ml

adulti: uomini 13 g/100 ml

adulti: donne 12 g/100 ml

donne in gravidanza 11 g/100 ml

Altro indicatore è l’ematocrito(PCV), che è una misura del rapportodel volume occupato dai globuli rossi ri-spetto al volume del sangue intero in uncampione di sangue capillare o venoso. Ilrapporto è determinato dopo centrifuga-zione, viene espresso come frazione de-cimale ed è una sicura e rapida misuradel grado di anemia. Anche le caratteri-stiche morfologiche dei globuli rossi for-niscono informazioni sulla severitàdell’anemia. Gli indici più utilizzati sono: ilvolume corpuscolare medio (MCV) el’emoglobina corpuscolare media(MCH). Bassi valori di MCV (< 85 fl ne-gli adulti) associati a bassi valori di MCH(< 27 pg/cellula) sono indici di una inibi-ta sintesi dell’emoglobina dovuta ad unadiminuzione dell’approvvigionamento diFe al midollo osseo. Esistono valori di ri-ferimento diversi in funzione dell’età (38).L’MCV viene misurato direttamente conun contatore elettronico, mentre l’MCHviene ricavato dividendo la concentrazio-ne di emoglobina per la conta degli eri-trociti. Infine, le evidenze più conclusivedell’anemia da carenza di Fe sono l’au-mento dell’emoglobina in seguito a tera-pia orale o parenterale (39) e i sintomi cli-nici (dispnea, pallore, letargia e, in casipiù gravi, disturbi respiratori, cardiova-scolari, renali, ecc.). La scelta degli indi-catori della carenza di Fe dipenderà dagli

Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali

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obiettivi dell’indagine e dalle caratteristi-che del soggetto, oltre che dalla sensibi-lità e possibilità pratica di analisi della va-riabile scelta. Una diminuzione dell’emo-globina, dell’ematocrito e/o la comparsadi segni clinici di anemia corrispondonoad uno stadio avanzato di carenza e han-no quindi bassa sensibilità. Indicatori piùsensibili sono quelli che valutano la di-sponibilità di Fe al midollo, quali il Fe sie-rico, la TIBC e la protoporfirina eritrocita-ria. Questi a loro volta sono meno sensi-bili degli indicatori dell’entità delle riservedi Fe come la ferritina sierica. La deple-zione delle riserve di Fe rivela l’inadegua-tezza dell’apporto in funzione delle richie-ste dell’organismo. Quindi la ferritina sie-rica appare come un buon indicatore perl’accertamento dello stato di nutrizionedel Fe. Per semplificare l’interpretazionedei risultati ottenuti con i diversi metodi,nella Tabella 3 sono riassunti i principalifattori confondenti che possono interferi-re con ciascuno di essi (35). Nella Tabella4 sono invece riportati i limiti di accetta-bilità delle variabili utilizzate per valutarelo stato di nutrizione del Fe (35).

Zinco

La concentrazione dello zinco nelplasma viene comunemente utilizzata

come indice dello stato di nutrizione delminerale. I livelli possono venire ridottinel corso di infezioni, in situazioni distress, durante l’assunzione di contrac-cettivi orali come pure durante la gravi-danza. Tra i tessuti i leucociti sono con-siderati i più validi allo scopo (40), dalmomento che hanno un turnover piutto-sto rapido e quindi possono risponderealla carenza di zinco più velocemente dialtri tessuti. L’analisi dei livelli nei globulibianchi è di più facile interpretazione ri-spetto all’analisi dell’intera frazione leu-cocitaria, dal momento che cellule di-verse hanno contenuto diverso di zincoe diversa emivita. Ciò comporta però laseparazione delle diverse frazioni leuco-citarie e rende quindi il metodo di piùcomplessa applicabilità.

Negli studi epidemiologici viene an-che effettuato il dosaggio dello zinco,come pure di altri elementi minerali, neicapelli. Tuttavia questo metodo sembradi scarsa applicabilità per il singolo indi-viduo, anche in funzione del fatto che ilcontenuto in oligoelementi dei capellidipende molto dalla loro velocità di cre-scita. Periodi anche brevi di carenzaproteica posso influenzare la morfologiadel bulbo: nella grave malnutrizione, peresempio, una grande quantità di capellisi trova in uno stato di crescita stazio-naria, per cui la velocità di crescita dei

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Misure biochimiche per la valutazione dello stato di nutrizione di proteine, vitamine e minerali

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Tabella 3

Fattori cheinterferiscononell’interpretazione dellevariabili indici dellostato del ferro.(da Hercberg S. et al.,1991)

Sindromi infiammatorie

Infezioni

Malattie epatiche

Tumori maligni

Leucemia acuta

Artrite reumatoide

Alcolismo cronico Sindromi infiammatorie

Uso di contraccettivi orali Infezioni

Carenza di folati e vit. B12 Carenza di acido ascorbico

Emoglobinopatie Malattie croniche con emolisi cronica della pelle

Epatiti virali acute Artrite reumatoide

Leucemia acuta Infarto acuto al miocardio

Carenza di piridossina Traumi fisici

Malnutrizione proteica Uso di contraccettivi orali

Infezioni croniche Gravidanza

Cirrosi alcolica Epatite virale acuta

Tumori maligni

Sindrome nefrosica

Enteropatia

Sindromi infiammatorie

Infezioni

Avvelenamento da piombo

Carenza di folati e vit. B12 Talassemia

Malattie croniche

Carenza di folati e vit. B12

Emoglobinopatie

Parassitosi

Infezioni croniche

Ferritinasierica

Falsi negativi Falsi positivi

Ferro sierico

TIBC

Protoporfirinaeritrocitaria

Volume cellularemedio

Emoglobina

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Tabella 4

Limiti di accettabilità per le variabili utilizzatenella valutazione dello stato di nutrizionedel ferro.(da Hercberg S. et al.,1991)

Accettabilità

0,5-10 anni < 110 g/l

11-15 anni – uomini < 120 g/l

– donne < 115 g/l

> 15 anni – uomini < 130 g/l

– donne < 120 g/l

– gravidanza < 110 g/l

0,5-4 anni < 32%

5-10 anni < 33%

11-15 anni – uomini < 35%

– donne < 34%

> 15 anni – uomini < 40%

– donne < 36%

< 60 µg/dl

> 400 µg/dl

0,5-4 anni < 0,12

5-10 anni < 0,14

> 10 anni < 0,16

0,5-4 anni > 80 µg/dl RBC

> 4 anni > 70 µg/dl RBC

0,5-15 anni < 10 µg/l

> 15 anni < 12 µg/l

Ferritina sierica

Protoporfirina eritrocitaria

Saturazione della transferrina

TIBC

Ferro sierico

Ematocrito

Emoglobina

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capelli è minore della velocità di deposi-zione dello zinco, la cui concentrazionepuò risultare quindi normale o addirittu-ra aumentata. Infine anche la valutazio-ne dell’attività della fosfatasi alcalina,che è un metallo-enzima zinco dipen-dente, può dare utili informazioni sullostato nutrizionale dello zinco (41). Poichétale attività è soggetta a numerose in-fluenze fisiologiche e i suoi livelli au-mentano in seguito ad accrescimentorapido, le migliori indicazioni si ottengo-no valutando le variazioni di attività inseguito alla supplementazione di zinco.

Intervallo di normalità nel plasma:9-22 µmol/L (1).

Per i leucociti non esistono ancoraintervalli di normalità comunemente ac-cettati, per cui si consiglia che ciascunlaboratorio si determini i propri.

Rame

Anche per il rame i livelli plasmaticivengono normalmente utilizzati per lavalutazione dello stato nutrizionale. I li-miti osservati sono dovuti al fatto che ilivelli aumentano in condizioni di stress,assunzione di contraccettivi orali, malat-tie epatiche e infezioni. I livelli risultanopoi bassi in alcune malattie metabolichecongenite (malattia di Wilson, sindrome

di Menkes). In alternativa è possibiledosare i livelli di ceruloplasmina, protei-na deputata al trasporto della quasi to-talità del rame presente nel plasma.Anche i livelli di ceruplasmina risultanoaumentati in alcune condizioni, comestress, esercizio intenso, gravidanza,somministrazione di estrogeni, infezioni,traumi, ostruzione delle vie biliari; sonoinvece ridotti in condizioni di malnutrizio-ne, nefrosi e malattie epatiche (1).

Intervallo di normalità: – Cu plasmatico: 10-22 µmol/L (1).– Ceruloplasmina plasmatica: 18-45mg/dL, i valori dovrebbero però essereverificati in ciascun laboratorio (6).

Selenio

Il selenio (Se) è un elemento mi-nerale per il quale è stato mostratomolto interesse recentemente, a cau-sa della sua importante attività antios-sidante cellulare. Lo stato nutrizionaledel Se può essere determinato dosan-do i suoi livelli nel plasma (mediantespettrofotometria ad assorbimentoatomico) o dosando l’attività della glu-tatione perossidasi-Se dipendente(GSHPx) nel sangue (42).

I livelli di Se nel plasma sono comu-nemente utilizzati come indice dello sta-

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to di nutrizione, tuttavia sono influenzatida diversi fattori, specialmente di origi-ne dietetica. In condizioni di bassi livellidi Se, ad esempio, un incremento nel-l’assunzione con la dieta nei giorni im-mediatamente precedenti il dosaggio èin grado di influenzarne apprezzabil-mente i livelli: il dato così ottenuto nonè quindi rappresentativo del reale statodell’organismo, dal momento che il Senon è ancora stato utilizzato nei mecca-nismi biologici.

L’attività della GSHPx nel sanguerisulta un buon indice dello stato nutri-zionale; in particolare l’attività plasmati-ca è indice dello stato nutrizionale abreve termine, mentre quella eritrocita-ria è indice dello stato a lungo termine emeno sensibile alle fluttuazioni del-l’apporto di Se con la dieta. Ciò dipendedal fatto che la GSHPx viene sintetizza-ta nel globulo rosso al momento dell’eri-tropoiesi, per cui le sue variazioni dipen-dono dalla vita del globulo rosso (circa120 giorni). L’intervallo di normalità èspecifico per ciascuna popolazione infunzione delle caratteristiche della dieta.

In gruppi di popolazione italiana (42)

il livello medio di Se è risultato: 110µg/L plasma, 99 µg/l eritrociti.

In un gruppo di popolazione bel-ga (43) l’attività media della GSHPx eri-trocitaria è risultata: 48 UI/g Hb.

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A. Daghetta, M. Porrin i , G. Testol in

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Immunità e malnutrizione

La relazione tra alterazione dellafunzione immunitaria e deficit nutrizio-nale è ben documentata da una amplis-sima messe di dati in letteratura. Accan-to a numerosi studi sperimentali, vi so-no i dati clinici osservati nei paesi delTerzo Mondo ove Kwashiorkor e mara-sma costituiscono a tutt’oggi delle con-dizioni purtroppo molto frequenti e oveè nota l’associazione tra questi severideficit nutrizionali e la mortalità legataalle infezioni (1-4).

Il problema clinico del deficit immu-nitario legato ad una carenza dello statonutrizionale non deve peraltro essereconsiderato una esclusiva prerogativadei paesi poveri. Una malnutrizione ca-lorico-proteica secondaria a diverse pa-tologie (es. fibrosi cistica, tumori, ma-lassorbimento, tireotossicosi, anoressianervosa, bulimia, ecc.) può in ogni casodeterminare una alterazione delle difese

immunitarie non dissimile da quella os-servabile nei casi di malnutrizione pri-maria da insufficiente apporto dietetico.Da queste brevissime note introduttivesi può comprendere che è indispensa-bile sul piano clinico tener conto del de-ficit immunologico che si ha nei pazienticon compromissione dello stato nutri-zionale e, specularmente, che una valu-tazione di quest’ultimo può essere ef-fettuata prendendo in considerazionealcuni parametri della risposta immune.Articoleremo dunque questo argomentosu due piani: dapprima riassumendoquali alterazioni del sistema immunitariosi registrano nei soggetti malnutriti, poiindicando quali test immunologici pos-sono essere utili nella valutazione dellostato nutrizionale.

La risposta immunitaria legata ailinfociti B (risposta umorale) è solita-mente poco compromessa in corso dimalnutrizione. Il numero di linfociti Bcircolanti viene riportato normale od au-mentato dalla maggior parte degli

105

TT est immunologici e funzionalinella valutazione dello stato nutrizionale

A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo

Cattedra di Medicina Interna – Università degli Studi di Palermo

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Autori (5, 6), benché sia segnalata la pos-sibilità di un deficit nei pazienti con gradiestremi di malnutrizione (7).

Il numero normale od elevato di lin-fociti B è considerato conseguente al-l’aumentata esposizione a vari agentiinfettanti verso i quali il soggetto non èpiù in grado di “montare” una adeguatarisposta immune per il “crollo” del com-partimento dei T-linfociti. Suskind et al,per primi, hanno ipotizzato che il calodei linfociti T suppressor possa esserealla base della proliferazione dei linfocitiB e di una incontrollata, non specificaproduzione anticorpale (8).

Le immunoglobuline sieriche, ana-logamente a quanto osservato per i lin-fociti B, sono generalmente normali oelevate (9,10) e solo molto raramente ri-dotte (11). La Tabella 1 mostra i dati rile-vati in un recente studio condotto insoggetti con bulimia nervosa; questapatologia psichiatrica è caratterizzata daun iperconsumo di cibo, seguito imme-diatamente dopo da vomito provocato.Contrariamente a quanto si potrebbepensare, pertanto, i soggetti affetti dabulimia sono molto spesso sottopeso,piuttosto che in eccedenza ponderale.Lo studio che riportiamo si riferisce, in-fatti, a pazienti bulimici che presentava-no un BMI significativamente inferiore aquello del gruppo di controllo (12); si può

osservare come i linfociti CD20 (linfocitiB) siano significativamente più numero-si nei soggetti bulimici che nei controlli,mentre non si osservano differenze neilivelli di IgG, IgM e IgA.

La classe di immunoglobuline chepiù frequentemente presenta livelli sieri-ci elevati è quella delle IgE; ciò è proba-bilmente legato alla frequenza di infe-zioni da parassiti nei pazienti malnutriti.Un recente studio su bambini guatema-lesi in età scolare ha infatti evidenziatouna notevole frequenza di infezioni reci-divant i da Ascaris lumbricoides ,Trichiuris trichiura e Giardia lamblia;tali infezioni interessavano dal 15 al25% della popolazione in esame (13). Vaperò sottolineato che in questi pazientile reazioni anafilattiche di tipo I, legateall’attivazione delle IgE, sono assentiverosimilmente per la consistente ridu-zione dei mastociti che sono essenzialiper questo fenomeno.

Alla produzione di immunoglobulineed alla risposta anticorpale è legata an-che la ridotta efficacia della pratica vac-cinale nei pazienti malnutriti. È noto in-fatti che mentre alcuni antigeni sono ingrado di determinare una valida immu-nizzazione (poliovirus, tossina tetanica edifterica, ecc.) altre non stimolano la ri-sposta anticorpale (virus influenzale,tifo, ecc.) (14).

Test immunologic i e funzional i nella valutaz ione dello stato nutriz ionale

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È molto probabile che la rispostaimmune sia valida nei casi che non ri-chiedono la cooperazione tra linfociti Be linfociti T, mentre quando l’interazionecon i T-linfociti è necessaria si abbiauna ridotta o assente produzione di an-ticorpi. Un ruolo molto importante neldeterminare la risposta vaccinale paresia svolto dalla vitamina A (15).

La Figura 1 mostra i dati sperimen-tali su ratto ottenuti utilizzando la tossi-na tetanica (16).

Si può notare che nei ratti con defi-cit di retinolo la risposta anticorpale èsignificativamente inferiore a quella de-

gli animali con normali livelli vitaminici.Solitamente lo stato di malnutrizione siassocia anche ad un deficit delle IgAsecretorie (17); anche in questo casopare determinante un deficit di vitaminaA (18).

La ridotta produzione di IgA può es-sere associata a diarrea e gastroenteri-te e dunque ad un danno dei villi intesti-nali con conseguente ulteriore riduzionedella sintesi di IgA secretorie. L’instau-rarsi di un circolo vizioso finisce dunqueper aggravare il deficit nutrizionale e diconseguenza l’incompetenza immuno-logica.

A-def A-suf

TT...........................................

1,5

1,0

0,5

0

Ant

i-TT

IgG

(mg/

L)

*

A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo

107

Figura 1

Stimolazione primariadella produzione di IgGantitossina tetanica inratti con deficit divitamina A e in ratti con normali livelli di vitamina A.

* p < 0,05

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Smythe et al hanno riportato per pri-mi una ridotta attività emolitica nel sierodi pazienti con malnutrizione proteico-calorica (19). Un deficit dei fattori delcomplemento è stato successivamenteconfermato da molti Autori (12, 20, 21)

ed è stato generalmente interpretatocome secondario all’iperconsumo daattivazione della cascata del comple-mento, oltre che alla carenza proteicanella dieta (Tab. 1).

L’immunità cellulo-mediata è sicu-ramente quella più compromessa neglistati di malnutrizione. Il grave interessa-mento del compartimento T-linfocitarioè testimoniato dalle alterazioni anato-mo-patologiche osservabili a carico deltimo nei bambini affetti da severa mal-nutrizione. Studi autoptici hanno infattidimostrato la sostituzione del normaletessuto timico con scarso tessuto fibro-so o, addirittura, la scomparsa dell’or-gano. Anche negli stadi precoci di undeficiente apporto proteico (in III-IV

giornata) si osservano significative ridu-zioni del peso e/o della funzione del ti-mo. Una conseguenza della depressio-ne del timo è il notevole calo dei leuco-citi con una marcata linfopenia; oltrequeste variazioni quantitative, si osser-vano diversi altri fenomeni: la ridotta ca-pacità a blastizzare dei linfociti di frontead una stimolazione mitogena, unaalta percentuale di “null cells”, la ridottarisposta ai test cutanei (skin test), ecc.

L’alterazione degli skin test è statainizialmente documentata nel corso diprove cutanee con tubercolina in popo-lazione con elevata prevalenza di infe-zione tubercolare (22); successivamenteil dato è stato confermato utilizzando di-versi antigeni, ed il grado di compromis-sione immunologica è apparso diretta-mente correlato all’entità del deficitponderale dei pazienti (23).

Si tratta dunque, in questo caso, diun aspetto del problema “malnutrizione-alterata risposta immunitaria” che ha

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Tabella 1

Immunità umorale e complementemia in soggetti con bulimiasottopeso e nei controlli.

Linfociti B (1) 0,12 ± 0,05 0,39 ± 0,25 *IgG (g/l) 12,28 ± 2,39 11,41 ± 2,74

IgA (g/l) 1,73 ± 0,66 1,54 ± 0,85

IgM (g/l) 1,59 ± 0,52 1,11 ± 0,75

C3 (g/l) 1,17 ± 0,10 0,89 ± 0,12 *C4 (g/l) 0,44 ± 0,76 0,35 ± 0,10 *

PazientiControlli

* p < 0,05 (v. bibl. 12)

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una chiara conseguenza pratica. I testcutanei per la diagnosi di tubercolosi (ti-ne test, intradermoreazione di Mantoux)sono ancor oggi ampiamente utilizzatinella pratica clinica, ed inoltre l’inciden-za dell’infezione tubercolare appare inchiaro aumento rispetto alle precedentidecadi; è dunque necessario conside-rare che in soggetti malnutriti, qualispesso sono i pazienti affetti da tuber-colosi, i test cutanei possono dare risul-tati falsi negativi.

La Tabella 2 mostra lo stato dell’im-munità cellulo-mediata in un gruppo dipazienti con ridotto BMI rispetto ai con-trolli (12). Si può osservare che vi è unasignificativa riduzione dei linfociti T CD2e dei CD4 (T helper), mentre sono im-modificati i CD8 (T suppressor); il rap-porto fra CD4: CD8 risulta così diminui-to. Proprio la riduzione del rapporto frahelper e suppressor è considerata unsensibile indice degli stati subclinici di

malnutrizione (24). La stessa tabella mo-stra che complessivamente il 77% deipazienti ha una risposta agli skin testseveramente o moderatamente ridotta.Parallelamente a questa alterazione invivo della funzione T-linfocitaria, si os-serva in vitro un ridotto uptake di timidi-na triziata in linfociti sottoposti a stimolomitogeno (23, 25). La Tabella 3 mostra glieffetti di un intervento terapeutico nutri-zionale in un gruppo di bambini malnu-triti, valutati mediante gli skin test e larisposta proliferativa dei linfociti alla fi-toemoagglutinina (test di incorporazionedella timidina tritiata) (26).

Dati discordanti vengono infine ri-portati per quanto riguarda la rispostachemiotassica e la fagocitosi da partedei polimorfonucleati e dei macrofagi. Inlinea generale queste funzioni non sem-brerebbero gravemente compromes-se (27), anche se viene riportata da alcu-ni Autori una depressione della capacità

A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo

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Tabella 2

Immunità cellulo-mediata in soggetti bulimicisottopeso e in controllisani.

Linfociti CD2 (1) 0,79 ± 0,09 0,48 ± 0,14 *Linfociti CD4 (1) 0,41 ± 0,11 0,18 ± 0,09 *Linfociti CD8 (1) 0,26 ± 0,11 0,26 ± 0,14

CD4: CD8 1,56 ± 0,64 0,66 ± 0,29 *Relativa anergia (skin test) % 0 11

Ipoergia (skin test) % 0 33

Scarsa risposta (skin test) % 0 33

PazientiControlli

* p < 0,05 (v. bibl. 12)

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migratoria dei leucociti (28). A questoproposito è interessante notare che unadiminuzione delle cellule natural killer, edella attività fagocitaria, è riportata insoggetti con elevato consumo di acidigrassi polinsaturi (PUFA); si è infatti os-servata una correlazione inversa fra nu-mero di cellule NK ed i livelli plasmaticidi PUFA (Fig. 2) (29). Questo dato indi-ca come errori dietetici possano deter-minare una alterazione del sistema im-munitario, senza che necessariamentevi sia uno stato di malnutrizione.

Test immunologicinella pratica clinica

Sulla base di quanto abbiamo sin quiesposto, possiamo raggruppare i testimmunologici che valutano lo stato nu-trizionale in tre gruppi:

a. test che esplorano l’immunitàumorale;

b. test che esplorano l’immunità

cellulo-mediata;c. test che valutano il sistema del

complemento e l’attività antibatterica.I test che esplorano l’attività umora-

le, più che basarsi sul dosaggio delleimmunoglobuline totali (non significati-vamente alterate nei pazienti malnutriti),sono incentrati sul dosaggio delle IgAsecretorie. Queste immunoglobulinepossono essere ricercate nel muco na-sale o nel secreto salivare e vengonodosate con dosaggio radioimmunologi-co (con antisiero per le IgA dimeriche) ocon metodo di immunodiffusione radialesu piastra. I test che riguardano l’immu-nità cellulo-mediata possono consisterenella valutazione del numero dei linfociticircolanti o nella reattività ai test cutaneidi inoculazione antigenica. Il numero deilinfociti T risulta tanto più ridotto quantomaggiore è lo stato di denutrizione deisoggetti; valutazioni con anticorpi mo-noclonali hanno consentito di accertareche ad essere maggiormente compro-messa è la popolazione linfocitaria di

Test immunologic i e funzional i nella valutaz ione dello stato nutriz ionale

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Tabella 3

Immunocompetenza inbambini malnutritiall’ingresso in studio edopo 105 giorni diterapia nutrizionale conuna formula lattea adalto contenuto di zinco.

Normale risposta di ipersensibilità cutanea 11 42 *

Depressa risposta linfoc. alla fitoemoagglutinina 61 17 *

Ridotta concentrazione di IgA secretorie 22 22

Dopo terapia (%)Inizio (%)

* p < 0.05 (v. bibl. 26)

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A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo

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Figura 2

Correlazione fra l’attivitàdelle cellule naturalkiller e gli acidi grassipolinsaturi (PUFAs), gliacidi grassi n-6 ed ilivelli plasmatici di acidolinoleico.

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T-helper (T4), la cui conta può dunquedimostrarsi un test di maggiore sensibi-lità. Gli skin test possono essere ese-guiti sia mediante inoculazioni multipledi diversi antigeni ubiquitari a livello in-tradermico (es. tossina tetanica, candi-dina, streptochinasi, ecc.) alla dose di0,1 cc nella faccia volare dell’avam-braccio, sia mediante l’uso di multitestcon applicatori multipuntura che con-sentono l’inoculazione di sette antigenie di un controllo contemporaneamente.Gli antigeni presenti nei multitest delcommercio (multitest IMC-Mariaux-lion)sono: tetano, difterite, streptococco, tu-bercolina, proteus, tricophyton, candidae glicerina come controllo. La reazionesi considera positiva, e dunque il sog-getto non immunodepresso, se si os-serva un diametro medio per ogni pre-parato maggiore o uguale di due mm. Èda considerare che la specificità di que-sti test nella valutazione dello stato dinutrizione è estremamente bassa; infattiin moltissime condizioni patologiche (in-fezioni intercorrenti, cirrosi epatica, in-sufficienza renale cronica, emorragia,malattia neoplastica, ecc.) si ha una ri-dotta risposta ai multitest cutanei. Inoltrealcuni farmaci di larghissimo uso nellapratica clinica, quali steroidi, H2-antago-nisti, aspirina, ecc. possono alterare il ri-sultato delle intradermoreazioni.

Infine la valutazione dell’attività anti-batterica può essere fatta con il dosag-gio del fattore C3 del complemento econ la valutazione dell’attività fagocita-ria. Il C3 è dosabile secondo la tecnicadi Mancini, con immunodiffusione radia-le. È peraltro da sottolineare come unariduzione dei fattori del complemento siabbia in tutte le patologie caratterizzateda iperattivazione del sistema immunita-rio: patologie autoimmuni, malattie daipersensibilità, ecc.; ancora una voltaquesto test non è certamente specificodegli stati di malnutrizione e va interpre-tato cautamente. La valutazione dell’at-tività antibatterica può anche essereeseguita osservando in vitro l’attivitàdei polimorfonucleati del paziente, mes-si a contatto con un campione di batterie/o miceti (solitamente Staphylococ-cus aureus, E. coli e Candida albi-cans in rapporto di 5:1 con i fagociti).In condizioni normali i fagociti sono ingrado di uccidere in un tempo di 2 orealmeno il 95% dei batteri.

In conclusione, riassumiamo nellaTabella 4 il comportamento più frequen-temente osservato di alcuni indici immu-nologici negli stati di malnutrizione, el’utilità della loro valutazione nella praticaclinica quotidiana. Va osservato che an-che per i test la cui utilità è consideratasoddisfacente, l’esecuzione dell’esame

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ha il solo scopo di monitorare lo stadiodi nutrizione di un paziente in corso diterapia; la già accennata mancanza dispecificità delle alterazioni immunologi-che osservate grava infatti su tutti i testche abbiamo preso in considerazione.

Test funzionali come indice dello statodi nutrizione

La valutazione dello stato nutrizio-nale si può basare su diversi parametri:dalle semplici misure antropometriche,alla stima di alcuni indici ematochimicidi routine (albumina sierica, lipidemia,azotemia, calcemia, ecc.) alla misura

dei livelli di nutrienti nel sangue, nelleurine, nelle feci o nei capelli. Tutti que-sti indici vanno considerati parametri“statici” dello stato nutrizionale, nel sen-so che essi fotografano la situazionenutrizionale (globale o di un singolo nu-triente) in un dato momento, senza va-lutare gli effetti che lo stato di nutrizioneha sulla fisiologia di diversi apparati.Proprio quest’ultimo aspetto è invecepreso in considerazione dai test funzio-nali; si tratta infatti di valutare le altera-zioni che un determinato deficit di nu-trienti determina su alcune funzioni fi-siologiche.

È evidente che questa valutazionedel problema nutrizionale, di tipo “dina-mico”, offrirebbe vantaggi significativi.

A. Carroccio, G. Montalto, A. Notarbartolo

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Tabella 4

Comportamento piùfrequentementeosservato di alcuniparametri immunologicinegli stati dimalnutrizione ed utilitàdella loro valutazionenella pratica clinica.

Test Comportamento Utilità

Conta linf. totali Normali o ridotti Scarsa

Conta linf. B Normali o aumentati Nessuna

Conta linf. T Ridotti Scarsa

Conta T-helper Ridotti Buona

Conta T-suppressor Normali Nessuna

Rapporto help/suppr. Ridotto Buona

Intradermoreazioni Ridotte Buona

Dos. immunoglob. sier. Normali o aumentate Nessuna

Dos. IgA secretorie Ridotte Buona

Complementemia (C3, C4) Ridotta Buona

Capacità emolitica del siero Ridotta Buona

Risposte linfoprolif. alla fitoemoagglut. Ridotta Buona

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Lo stato di deplezione di un nutriente,depositato in un dato tessuto, non ne-cessariamente infatti corrisponde aduna alterazione funzionale dell’organi-smo. Una valutazione mediante testfunzionali consentirebbe di valutare lereali conseguenze di un deficit nutrizio-nale. Alcuni dei test funzionali fanno ri-ferimento ai possibili deficit delle funzio-ni immunologiche cui abbiamo fattoampio cenno precedentemente (che-miotassi leucocitaria, attività fagocitariadei leucociti, ipersensibilità cutanea ri-tardata). Per molti altri va sottolineatoche la loro specificità nella diagnosticadello stato di malnutrizione è limitatissi-ma: fragilità capillare, fragilità eritrocita-ria, tempo di protrombina, cattura tiroi-dea del radioiodio, aggregazione piastri-

nica, frequenza cardiaca, ecc.; bastipensare che la captazione del radioiodioè di per sé alterata in tutti i pazienti conpatologia tiroidea, che il tempo di pro-trombina è costantemente alterato nelleepatopatie croniche (patologia di gran-dissima prevalenza nella popolazionegenerale), che moltissimi farmaci pos-sono alterare l’aggregazione piastrinica(primo fra tutti l’acido acetilsalicilico, digrande consumo). Questa mancanza dispecificità dei test imunologici e funzio-nali dei quali ci siamo occupati non vacomunque considerata un limite assolu-to alla loro utilizzazione; è infatti comun-que utile considerare questi parametriripetutamente nell’individuo. Questi testpossono infatti darci indicazioni circa larisposta individuale di un paziente mal-

Test immunologic i e funzional i nella valutaz ione dello stato nutriz ionale

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Figura 3

Variazioni di frequenzacardiaca sotto sforzo(HRW) vs variazioni neilivelli di emoglobinadopo trattamento conferro (tondini pieni) e con placebo (tondinivuoti) in soggetti conanemia sideropenica.

r = –0,60p < 0,001

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nutrito, all’integrazione terapeutica connutrienti. Non dobbiamo dunque consi-derarli ed interpretarli come test discreening, ma come utili strumenti dimonitoraggio individuale dello stato nu-trizionale. Un esempio della loro utilizza-zione può essere fornito da un recentestudio condotto su pazienti affetti daanemia sideropenica (30). La Figura 3mostra la correlazione fra le variazioni dilivelli di emoglobina e le variazioni di fre-quenza cardiaca: si può notare che alcrescere dell’emoglobina, dopo terapiamarziale, corrisponde un calo della fre-quenza cardiaca (r = – 0,60); in questostudio, dopo terapia, la frequenza car-diaca dei soggetti scendeva in media di4,4 battiti al minuto.

In ogni caso per la loro complessitàquesti test vengono eseguiti pressostrutture cliniche specialistiche ed è op-portuno che l’interpretazione e la valu-tazione vengano effettuate in strettacollaborazione con gli specialisti nutri-zionalisti.

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I S T I T U T O D A N O N E

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