8
WWW.DEMOCRATICA.COM Crisi Il capo del M5s ha scelto la destra e sta al tavolo con Salvini per il nuovo manuale Cencelli giallo-verde. Martina: “Niente popcorn, prepariamoci” n. 182 giovedì 10 maggio 2018 “In Marx ritroviamo il rigore di un metodo e la forza di una passione che deve spingerci a non arrenderci” (l’esponente di LeU Massimo D’Alema) I l governo grillo-leghista nasce con la benevolenza berlusconiana e sulla base di un imbroglio. Quello apparecchiato dal Movimento Cinque Stelle nel corso degli ultimi anni, e in particolare durante la campagna elettorale, quando agli elettori italiani è stato ripetuto fino allo sfinimento che i valori civili e gli obiettivi di rinnovamento politico, crescita economica e protezione sociale che avrebbero dovuto essere incarnati dal Partito Democratico trovavano invece accoglienza più coerente e compiuta nella “nuova sinistra” di Grillo e Casaleggio. SEGUE A PAGINA 5 La prova del budino e la nostra alternativa L’EDITORIALE /1 Andrea Romano M arco Travaglio è comprensibilmente a pezzi e a lui, che consideriamo ai nostri antipodi, va la nostra solidarietà umana. Umana, non politica e tantomeno professionale. Perché ha sbagliato l’analisi, e come diceva Togliatti (già) “se sbagliate l’analisi sbagliate tutto”, ha sfregato la lampada di Aladino Di Maio nell’illusione che questi portasse il “nuovo” nella stanza dei bottoni salvo ritrovarsi ieri sera con Aladino a braccetto con i baubau leghisti e sullo sfondo proprio lui, il Nemico B. M atteo Salvini e Luigi Di Maio ostentano ottimismo sulla formazione di un governo grillo- leghista, il governo dell’incontro tra il populismo digitale del M5S e il populismo sovranista della Lega, e hanno chiesto al Quirinale tempo (concesso) fino a lunedì per trovare un accordo. Dovranno fare i conti, però, con i “paletti” posti dal Quirinale, che ha tutta l’intenzione di fare valere i suoi poteri costituzionali, che riguardano la nomina del presidente del consiglio ministri (su proposta del presidente incaricato)... SEGUE A PAGINA 4 SEGUE A PAGINA 2 Il Vaffa di Di Maio a Marco Travaglio E Mattarella mette i puntini sulle “i” L’EDITORIALE / 2 L’EDITORIALE / 3 Mario Lavia Carmine Fotia ALLE PAGINE 2, 3, 4 e 5 L’IMBROGLIONE

Democratica n. 182 del 10 maggio 2018 - L'imbroglione · Crisi Il capo del M5s ha scelto la destra e sta al tavolo con Salvini per il nuovo manuale Cencelli giallo-verde. Martina:

  • Upload
    ngokiet

  • View
    212

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

WWW.DEMOCRATICA.COM

Crisi Il capo del M5s ha scelto la destra e sta al tavolo con Salvini per il nuovo manuale Cencelli giallo-verde. Martina: “Niente popcorn, prepariamoci”

n. 182giovedì

10 maggio2018

“In Marx ritroviamo il rigore di un metodo e la forza di una passione che deve spingerci a non arrenderci” (l’esponente di LeU Massimo D’Alema)

Il governo grillo-leghista nasce con la benevolenza berlusconiana e sulla base di un imbroglio. Quello apparecchiato dal Movimento Cinque Stelle nel corso

degli ultimi anni, e in particolare durante la campagna elettorale, quando agli elettori italiani è stato ripetuto fino allo sfinimento che i valori civili e gli obiettivi di rinnovamento politico, crescita economica e protezione sociale che avrebbero dovuto essere incarnati dal Partito Democratico trovavano invece accoglienza più coerente e compiuta nella “nuova sinistra” di Grillo e Casaleggio. SEGUE A PAGINA 5

“La prova del budinoe la nostra alternativa

L’EDITORIALE /1

Andrea Romano

Marco Travaglio è comprensibilmente a pezzi e a lui, che consideriamo ai nostri antipodi, va la nostra solidarietà umana. Umana, non

politica e tantomeno professionale. Perché ha sbagliato l’analisi, e come diceva Togliatti (già) “se sbagliate l’analisi sbagliate tutto”, ha sfregato la lampada di Aladino Di Maio nell’illusione che questi portasse il “nuovo” nella stanza dei bottoni salvo ritrovarsi ieri sera con Aladino a braccetto con i baubau leghisti e sullo sfondo proprio lui, il Nemico B.

Matteo Salvini e Luigi Di Maio ostentano ottimismo sulla formazione di un governo grillo-leghista, il governo dell’incontro

tra il populismo digitale del M5S e il populismo sovranista della Lega, e hanno chiesto al Quirinale tempo (concesso) fino a lunedì per trovare un accordo. Dovranno fare i conti, però, con i “paletti” posti dal Quirinale, che ha tutta l’intenzione di fare valere i suoi poteri costituzionali, che riguardano la nomina del presidente del consiglio ministri (su proposta del presidente incaricato)... SEGUE A PAGINA 4 SEGUE A PAGINA 2

“ “Il Vaffa di Di Maioa Marco Travaglio

E Mattarella mette i puntini sulle “i”

L’EDITORIALE / 2 L’EDITORIALE / 3

Mario Lavia Carmine Fotia

ALLE PAGINE 2, 3, 4 e 5

L’IMBROGLIONE

2 giovedì 10 maggio 2018

Premier cercasi disperatamente Di Maio e Salvini bloccati

Gli serve ancora tempo, addi-rittura fino a domenica: Mat-teo Salvini e Luigi Di Maio se la prendono comoda. Non perché siamo dei pigroni. Ma perché non trovano ancora

la quadra sul nome del premier e verismil-mente sui minstri: altro che contratto di go-verno!

Il capo politico dei Cinque Stelle - che parla di “coerenza e linearità” nel percorso tenuto

dal Movimento in questi due mesi - prefe-risce non esplicitare il problema dei nomi, mentre il leader del Carroccio (che pubblica sui social una sua foto davanti ad una ruspa accompagnata dalla frase “stiamo lavoran-do per voi”) fa sapere che sicurezza, immi-grazione e gestione degli sbarchi saranno temi centrali dell’accordo. Accordo che Di Maio si ostina a descrivere come “un con-tratto alla tedesca”, ma che molto difficil-mente, in così pochi giorni, potrà ricalcare il modello elaborato da Cdu, Csu ed Spd. “I tavoli tecnici sono convocati a oltranza”, ha cercato di tranquillizzare tutti il grillino, che non ha potuto dire se nel programma di go-

verno sarà inserita anche una legge sul con-flitto di interessi.

Ma la vera incongnita rimane quella della casella più importante, quella di presidente del Consiglio. Uno scoglio che non sarà age-vole superare. Intanto c’è da capire se sarà un premier tecnico, super-partes, o un pre-mier politico. Nel primo caso si fanno i nomi di Carlo Cottarelli o Enrico Giovannini, nel secondo quello del vicesegretario della Lega Giancarlo Giorgetti o di Giulia Bongiorno. Sembra invece già decaduta l’ipotesi di una staffetta tra Salvini e Di Maio (malaugurante e mal digerita dal Quirinale).

Politica

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Lega e Cinque Stelle chiedono tempo fino a domenica. Sarà un tecnico o un politico?

E il capo dello Stato mette i puntini sulle “i”

Dovranno fare i conti, però, con i “pa-letti” posti dal Quirinale, che ha tut-ta l’intenzione di fare valere i suoi poteri costituzionali, che riguarda-

no la nomina del presidente del consiglio, dei ministri (su proposta del presidente incarica-to) e il rispetto della collocazione e dei patti internazionali sottoscritti dall’Italia.

Nei giorni scorsi il Quirinale ha spronato le forze politiche a cercare la via di un “gover-no politico” senza il quale non resterebbero che un governo di tregua o le elezioni in pie-na estate. I “paletti” non riguardano quindi la maggiore o minore simpatia del presidente verso il governo che dovrebbe nascere, ma gli obblighi che la costituzione gli impone di rammentare a qualsiasi governo.

Il primo e più forte, emerso con nitidezza dal discorso tenuto ieri dal presidente Sergio Mattarella a Fiesole, riguarda la collocazione europea dell’Italia e il rifiuto di ogni logica sovranista: “Credere di farcela da soli è pura illusione o, peggio, inganno consapevole del-le opinioni pubbliche... È da qui che occorre

partire per avviare una riscoperta dell’Euro-pa come di un grande disegno sottraendoci all’egemonia di particolarismi senza futuro e di una narrativa sovranista pronta a propor-re soluzioni tanto seducenti quanto imprati-cabili, certa comunque di poterne addossare la responsabilità all’Europa” .

Quello del Quirinale non è un monito astratto perché si tradurrà in una serie di domande che il capo dello stato porrà ai dio-scuri del nuovo governo: discuterà dei nomi, quello del premier e dei ministri, ma anche dei programmi. Intendete rispettare la collo-cazione internazionale dell’Italia? Intendete rispettare gli impegni contratti dal nostro pa-ese con l’Europa? Intendete rispettare gli im-pegni sulle missioni internazionali? Ma non c’è solo la collocazione europea, ma anche le scelte economiche , che in qualche modo le sono connesse. Ciò non vuol dire che il pre-sidente voglia giudicare gli orientamenti po-litici del governo ma che sarà inflessibili sui vincoli di bilancio, a cominciare dal pareggio previsto dall’articolo 81 della costituzione.

Il Presidente osserva ed è informato tra-mite il suo staff delle trattative in corso, ma a un certo punto vorrà rendersi conto diretta-mente dello stato dell’arte e Salvini e Di Maio

possono togliersi dalla testa l’idea che basterà porgere un foglietto con un nome per Palaz-zo Chigi: intanto perché sarebbe più rispetto-so proporre una rosa piuttosto che un nome secco, e poi perché il presidente formulerà le domande sui temi che abbiamo indicato e pretenderà delle risposte.

D’altro canto Salvini e Di Maio si sono spin-ti troppo avanti e, dopo il via libera di Silvio Berlusconi, non hanno più alibi: più passa il tempo e più un fallimento peserebbe unica-mente sulle loro spalle. Ma il loro cammino è irto di difficoltà interne: il nome del premier, la spartizione del potere ministeriale, la con-ciliazione delle rispettive promesse elettorali. Il piccolo problema è che per mantenere an-che solo alcune promesse dovranno scassare i conti pubblici e sfuggire agli impegni presi con l’Europa, ma lungo questa strada incon-treranno la discreta ma inflessibile vigilanza del Quirinale.

Tutto porta dunque a pensare che non sarà un governo di legislatura ma un patto con un orizzonte più limitato: portare il paese alle elezioni entro un anno con un cinico pat-to di spartizione del potere e la realizzazione di alcune promesse demagogiche da offrire ai propri elettori.

Carmine FotiaSegue dalla prima

CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Democratica CONDIVIDI SU

3 giovedì 10 maggio 2018

Il governo giallo-verde fa paura

C’è scetticismo in Europa per la possibile formazione di un governo ‘giallo-verde’ e i fari degli investitori in-ternazionali cominciano inevitabilmente a conver-

gere sul nostro Paese. Oggi Piazza affari ha sofferto molto più delle altre Borse europee chiudendo con un ribasso di circa un punto percentuale. Anche lo spread è peggiorato, salendo a quota 137 punti, indice di qualco-sa che comincia davvero a preoccupare.

Per il momento si tratta soprattutto di pre-se di beneficio visto che l’indice italiano ha corso molto nelle ultime settimane. Ma all’o-rizzonte sembrano addensarsi nubi ben più consistenti, e soprattutto preoccupanti se si pensa che prima o poi Mario Draghi chiu-derà il suo (finora) salvifico ombrello.

A quel punto però gli investitori potreb-bero realmente cominciare a disfarsi dei nostri titoli di Stato e vendere a piene mani le azioni delle società quotate a Piazza Affa-ri. E se lo facessero, purtroppo, non sarebbe solo per pura speculazione, ma per rincor-rere piuttosto la logica che muove le scelte del mondo finanziario: perché puntare su un Paese che rischia di sbandare sforando i conti pubblici o addirittura di schiantarsi contro un muro uscendo dall’Euro?

I timori per un accordo tra Lega e M5s non sono pochi, soprattutto sul fronte eco-nomico. Mentre Bankitalia lancia l’allarme sulla sostenibilità del nostro debito pub-blico, suggerendo al governo che verrà di proseguire sulla strada del risanamento dei

conti, in qualche stanza di Montecitorio Sal-vini e Di Maio ragionano su un programma di governo che rischia realmente di mettere in difficoltà i bilanci pubblici. Il primo spau-racchio temuto dagli osservatori è il duetto “reddito di cittadinanza – flat tax”, i due ca-valli di battaglia di Lega e M5s, che secondo tutti gli economisti costerebbero alle casse dello Stato oltre 80 miliardi di euro.

Per non parlare del nodo relativo alle pen-sioni. Anche qui, mentre il Fondo Monetario internazionale e l’Unione europea parlano di un sistema a rischio nei prossimi anni senza un intervento correttivo, l’ipotetico governo giallo-verde pensa all’abolizione della riforma Fornero portando l’Italia sem-pre più lontana dalla sostenibilità dei conti.

È come se M5s e Lega fingessero di non sapere che per mantenere le loro promesse dovranno fare i conti con le istituzioni eu-ropee (cosa peraltro a loro ben chiara sin dalla campagna elettorale). Non sarà quin-di facile per loro dettare legge in ambito co-munitario: promettere è facile, governare è un’altra cosa.

L’eco delle trattative di Salvini e Di Maio sarà senz’altro arrivata nelle stanze di Bru-xelles, dove si respira preoccupazione pen-sando all’ultima campagna elettorale in cui Lega e M5s hanno continuamente parlato di sforamento del 3% del rapporto deficit/Pil. C’è poi l’aspetto politico che spaventa non poco le sedi europee: quello tra Lega e M5s sarebbe il primo governo populista della storia comunitaria.

Ecco perché Moscovici, sebbene abbia chiarito più volte di non voler interferire sulle scelte italiane (“spetta al popolo italia-no scegliere che riforme fare”), nei giorni scorsi ha voluto comunque lanciare un av-

vertimento: “L’Italia sia cosciente dei pro-blemi economici”. Il messaggio del titolare degli Affari Economici è stato chiaro: fate voi, ma sappiate che Bruxelles non resterà a guardare in caso di politiche economiche irresponsabili e scriteriate.

Economia

Stefano Minnucci CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

In primo luogo il nuovo governo dovrà recuperare circa 12,5 miliardi di euro per disinnescare le clausole di salvaguardia e impedire un nuovo aumento dell’Iva. Ci sono poi da trovare 2 miliardi di euro per finanziare la seconda tranche di aumenti del pubblico impiego: le intese firmate a febbraio riguardano il biennio 2016-2018, senza contare le richieste già arrivate dai sindacati per la conferma di quella quota di aumenti (fino al 24% negli enti locali, al 21% in sanità e così via) che altrimenti cadrebbe dal 1° gennaio. Altri 5 miliardi saranno inoltre necessari per rinnovare il reddito di inclusione a favore dei più deboli. Per non parlare delle tante misure a sostegno delle imprese e del ceto medio messe in campo dal governo uscente. Che ne sarà degli 80 euro, ad esempio?

Le promesse difficili

Sale lo spread, cala la Borsa. L’attenzione dei mercati comincia a convergere sul nostro Paese

4 giovedì 10 maggio 2018

E la coerenza? Adesso i delusi si fanno sentire

Quello grillino è un elettorato trasversale, un riflesso di quel-lo che è l’approccio politico del Movimento. Ci sono tante ani-me e, di conseguenza, di fronte all’accordo con la Lega la base

si sta dividendo. In tanti si sentono “frega-ti” dal M5S: sono quelli che vengono defi-niti dagli altri gli “ortodossi”, i pentastellati della prima ora, che in questo nuovo M5S non di lotta, ma di governo a tutti i costi non si riconoscono più. I commenti sui social aumentano di ora in ora sia su Facebook che sul blog delle stelle. Ci sono quelli che appoggiano Di Maio qualunque cosa deci-da, molti si dicono soddisfatti per l’accordo con la Lega. Poi ci sono tante persone pre-occupate che ritengono che il Movimento Cinque Stelle stia facendo l’accordo in buo-na fede e mette in guardia il leader grilli-no dal “Caimano” che “da dietro muove i

fili del pupo Salvini”, come scrive Davide sul blog. Oppure c’è Giovanni che non ha grandi aspettative “perché con Salvini (il dudu di Berlusconi) non si potranno fare legge anticorruzione e legge sul conflitto di interessi”. Ma in tanti dalla base iniziano a far sentire la loro delusione. Troppe inco-erenze, troppi punti fermi rinnegati e ora l’accordo con la Lega con dietro Berlusco-ni che non voterà la fiducia, ma che non pone veti sul governo. C’è chi scrive: “Non svendeteci”, altri più arrabbiati minac-ciano di togliere il voto alle prossime ele-zioni. Insomma, nella base c’è più di uno scontento, tanto che qualcuno scrive per riportare la calma, soprattutto tra chi “dei nostri vive su Marte” dal momento che “è evidente che qualche garanzia il Caimano dovrà averla” (sì, persino questo si legge tra i commenti). Ma quella che il M5S do-vrebbe temere di più è quella base silente che in questi giorni non si è espressa, ma che un po’ alla volta si sta allontanando, amareggiata da tanta incoerenza.

Politica

Democratica CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Il Vaffa di Di Maioa Marco Travaglio

Il direttore del Fatto ha lavorato per anni a fare del suo giornale la Pravda del M5s magnificando le grevità di Grillo e dei suoi epigoni ed elevando il Vaffa a paradigma

del suo giornalismo e finanche a canovaccio di spettacolini sold out con finte Boschi poco vestite. Il travaglismo è stata la traduzione in-tellettual-pecoreccia del grillismo della prima ora e anche del dimaismo arrembante, oltre che manganello del renzismo e sberleffo au-toreferenziale contro il giornalismo del resto del mondo. Ha trascinato con i suoi fiammeg-gianti editoriali e le sue quotidiane apparizio-ni tv del dopocena un bel pezzo di elettorato democratico e di sinistra verso i lidi di pro-messe popolari, anticasta e velleitariamente ugualitarie. Ha alimentato il mito dell’antipo-litica fino al limite dell’infrazione della legge, scrollando faldoni delle procure rovistati nei cestini dei magistrati pop, eccitando masse in-quiete, giovani inesperti e falliti di ogni risma.

E oggi? Oggi si ritrova nel pasticcio di un’in-tesa di governo da cui esala un’inconfondibile puzzo di potere con in più l’ingrediente acido di un Berlusconi che ha detto ok il prezzo è giusto, dando la sua benedizione ad un’opera-zione regressiva e di destra - il suo palcosceni-co di sempre.

Non è andata, e non poteva andare, come Travaglio desiderava e consigliava. L’idea che Cinquestelle possa realizzare il “governo del cambiamento” con gli orbaniani è evidente-mente un’idea velleitaria che non sta in piedi per manifesta contraddittorietà: a meno che, naturalmente, non si tratti sì di un cambia-mento ma in peggio.

Il terrore che pervade l’editoriale del di-rettore del Fatto è solo apparentemente figlio della “scoperta” che dietro l’operazione c’è l’uomo di Arcore; in realtà la grande angoscia di Travaglio deriva dall’ aver ingannato mi-gliaia di persone sulla natura del gruppo diri-gente del M5s, che - lo si vede bene oggi più di ieri - è un addentellato organico, della nuova destra europea, populista, sovranista, tenden-zialmente autoritaria.

Attenzione a distinguere fra gruppo diri-gente (a partire da Di Maio che già assume posture da ducetto) e gli elettori, e anche tan-ti militanti, del Movimento: ci sono moltissi-me persone, giovani, lavoratori, disoccupati che in perfetta buona fede hanno votato M5s perché stufi di una politica autoreferenziale e più attenta all’ultimo bollettino dell’Istat che a una protesta operaia nella convinzione che andasse aperta una nuova stagione, quale che fosse.

Travaglio ha alimentato queste inquietu-dini, ha soffiato sul fuoco dell’Italia impauri-ta e rancorosa facendone guizzare le lingue più alte, apprendista stregone di un gruppo di potere che oggi regge la scala alla peggio-re destra e che tutto farà tranne l’unica cosa per la quale è stato votato: portare pulizia, trasparenza e giustizia in un Paese nel quale - vedrete- i conflitti d’interesse sono destinati a moltiplicarsi, per la gioia dei nuovi Travagli, ché quello originale è meglio che si fermi a ri-flettere, possibilmente in silenzio.

Gli “ortodossi” M5s amareggiati dall’accordo con la Lega

Mario LaviaSegue dalla prima

CONDIVIDI SU

Toh, si sono scordati del conflitto d’interessi

“È arrivato il momento di mettere mano a questo conflitto d’interessi e di dire che un

politico non può essere proprietario di mezzi di informazione”. Era il 26 aprile del 2018, quindi meno di due settimane fa. A parlare era un Luigi Di Maio ancora convinto di poter fare il suo trionfale ingresso a Palazzo Chigi, con un codazzo di fan reali o virtuali in festa. Il capo politico dei Cinque Stelle, alle prese con i suoi due forni, portava al centro del dibattito uno dei cavalli di battaglia storici del Movimento, un punto

identitario e irrinunciabile, per cui i vari Grillo e Travaglio hanno combattuto (solo mediaticamente) per anni. Quindici giorni dopo, tutto è cambiato. La corsa di Di Maio si è fermata a qualche metro di distanza da Palazzo Chigi, incagliato nei corridoi di Montecitorio a parlare di “contratto di governo” con Calderoli, Borghi e Bagnai. Grazie alla (benevola o critica che dir si voglia) benedizione di Silvio Berlusconi. La legge sul conflitto d’interessi? “Vedremo, discuteremo”. Come si cambia, per non morire.

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

5 giovedì 10 maggio 2018Politica

La prova del budino e la nostra alternativa

Il patto con la Lega di Salvini e la benedizione di Ber-lusconi, al netto delle mille giravolte del solito Di Maio, non è una “Grande Coalizione” tra forze alter-native ma un’alleanza organica tra partiti omogenei. E rivela la vera natura del Movimento Cinque Stelle: una peculiare declinazione della nuova destra italia-

na ed europea, che come tale si prepara a realizzare anche nel nostro Paese quel programma sovranista (per quanto at-tiene alla politica estera), reazionario (nel campo dei diritti civili) e regressivo (sui temi sociali) che alle nostre latitudini è già stato sperimentato in paesi come l’Ungheria e la Polo-nia. Già questo dovrebbe essere materiale di riflessione per quel vasto apparato giornalistico e d’opinione che in que-sti stessi anni ha masticato, digerito e rilanciato l’imbroglio della “sinistra grillina”, mentre concorreva a spalancare le porte al governo di destra più aggressivo della nostra storia repubblicana. Ma piuttosto che attendere gli improbabili ri-pensamenti di chi ha sempre avuto come obiettivo l’indebo-limento del Partito Democratico, sarà opportuno rivolgerci rapidamente ai milioni di elettori (in buona parte provenien-ti dalle nostre fila) che in totale buona fede hanno creduto a quella finzione e che da domani dovranno essere proprio da noi protetti nei loro diritti e bisogni sociali e rappresentati nelle loro aspirazioni di libertà, crescita e benessere. Perché quella che si prepara è una grande “prova del budino” per il populismo italiano, che entro poche settimane dovrà cimen-tarsi con la traduzione pratica di anni di promesse tanto mi-rabolanti quanto sconclusionate. Uno spettacolo tutt’altro che rassicurante, davanti al quale si apre un enorme spazio politico per chi vorrà lavorare dentro e fuori il Parlamento per limitare i danni del primo esperimento di governo so-vranista e per parlare con chiarezza agli italiani: mostran-do loro che un’alternativa alla nuova destra esiste, guarda alla tutela delle libertà costituzionali e dei nuovi diritti civili conquistati nella scorsa legislatura, rivendica e difende le riforme sociali ed economiche che negli ultimi anni hanno permesso all’Italia di uscire dal fondo della crisi, crede che il nostro interesse nazionale sia quello di un grande prota-gonista dell’integrazione europea e internazionale piuttosto che quello di un paese isolato dal resto del mondo. E’ tutta materia prima per una forza politica popolare come il Parti-to Democratico che, dall’opposizione, voglia davvero usare questa stagione per tutelare l’Italia, incalzare la nuova mag-gioranza espressa dal voto del 4 marzo e prepararsi a go-vernare sulla base di una proposta radicalmente alternativa rispetto al programma dei vincitori.

Andrea RomanoSegue dalla prima

CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

“L’ipotesi di una staffetta a Palazzo Chigi tra Di Maio e Salvini è molto Prima

Repubblica. E mi pare che anche Berlusconi abbia un ruolo: quello della badante, il Caimano consente la nascita del governo di Lega e M5s”

LORENZO GUERINI

“Stiamo assistendo alla negazione di tutto quanto è stato detto in questi giorni. Dalla

finta chiusura di un forno, al fatto che c’era l’incompatibilità con Berlusconi”.

ETTORE ROSATO

“Dal presidente Mattarella parole chiare e ineccepibili: il sovranismo non è

la soluzione e chi si mette fuori dall’Unione Europea mette a rischio il proprio Paese”.

PIERO FASSINO

C’è da essere preoccupati per un governo come quello che stanno trattando Lega e Cinque Stelle con la compiacenza di Forza Italia.

Per le scelte economiche e finanziarie che farà e per le loro ricadute sociali. Per le posizioni che esprimerà in Europa e sulla scena internazionale. Per la dose quotidiana di propaganda che distillerà su temi delicati come immigrazione e sicurezza. Dubito che tanti elettori dei Cinque Stelle abbiano votato quel movimento per andare in braccio a Salvini e Berlusconi. Così come dubito che tanti moderati di centrodestra vogliano sostenere “benevolmente” un governo condizionato da leadership come queste.Si profila il governo delle contraddizioni e il rischio di una deriva sovranista dannosa. Con forze che al nord hanno predicato ancora “meno tasse per tutti” e altre che al sud hanno detto “più sussidi per tutti”. Populismi che non solo si sommano tra loro ma potranno pure moltiplicarsi nella logica sfrenata di una competizione interna quotidiana. In mezzo c’è l’Italia. Quella reale fatta di cittadini, famiglie e imprese che in questi anni hanno fatto sacrifici e sforzi enormi e che oggi non possono essere presi in giro ancora con promesse mirabolanti. A me hanno insegnato che viene sempre l’interesse generale prima delle convenienze di parte.Quanto a noi, al PD e alle forze di centrosinistra, dobbiamo prepararci e passare presto dalla (giusta) preoccupazione alla sfida. Alla proposta alternativa. Altro che “stare a guardare con i pop corn in mano”. Non scherziamo. Dobbiamo metterci presto al lavoro nella società, con ascolto e capacità di proposta. Tornare a mettere radici forti nei luoghi reali della vita delle persone. Senza accettare il loro terreno di propaganda, ma costruendo il nostro nuovo progetto per l’Italia.

Altro che pop corn. Passiamo dalla (giusta) preoccupazione alla sfida

Maurizio Martina

6 giovedì 10 maggio 2018

Compie 40 anni la legge Basaglia approvata il 13 maggio del 1978. Famosa perché decretò la chiusura dei ma-nicomi aveva come titolo “accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” e solo all’art.8 stabiliva che “le norme di cui alla presente legge si applicano anche agli infermi ricoverati negli ospedali psichiatrici

al momento dell’entrata in vigore della legge stessa”.Erano 60 gli ospedali psichiatrici in Italia e nel 1978 ospitavano

circa 100.000 degenti per i quali cominciava una nuova vita perché la legge disponeva che “negli attuali ospedali psichiatrici possono essere ricoverati, sempre che ne facciano richiesta, esclusivamente coloro che vi sono stati ricoverati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e che neces-sitano di trattamento psichiatrico in condizioni di degenza ospedaliera.” Cominciava così il proces-so di chiusura frutto di una lotta cominciata ne-gli anni precedenti e che, senza l’approvazione della legge, avrebbe portato ad un referendum popolare, promosso dal Partito Radicale, per l’abrogazione degli articoli essenziali della pre-cedente.

Infatti venivano abrogati gli articoli 1, 2, 3 e 3-bis della legge 14 febbraio 1904, n. 36, concer-nente “Disposizioni sui manicomi e sugli aliena-ti”.

La legge 180 ha avuto il merito di aprire una rifles-sione più generale sul fatto che in ogni tipo di società ci sono i poveri, i deboli e gli indifesi, ma che comunque il loro stato non ne lede necessariamente la dignità.

È l’atteggiamento o la reazione altrui che può costituire un’of-fesa alla dignità dell’individuo. La triste realtà è che di solito viene lesa o calpestata proprio la dignità di coloro che si trovano in situa-zioni sfavorevoli. Quante volte, nei casi di maltrattamento, anzia-ni, poveri e persone fisicamente o mentalmente disabili vengono definiti un peso o una nullità!

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 293 del 2000, ha af-fermato che «Quello della dignità della persona umana è, infatti, va-lore costituzionale che permea di sé il diritto positivo». Per questo la dignità della persona deve sempre riferirsi alla persona umana concreta, quale essa è e non quale dovrebbe essere secondo punti

di vista religiosi, filosofici o ideologici. La dignità implica che l’iden-tità specifica di ciascun individuo venga preservata e considerata, come è scritto testualmente nella sentenza n. 13 del 1994 della Cor-te costituzionale, che afferma che essa «un bene per sé medesima, indipendentemente dalla condizione personale e sociale, dai pregi e dai difetti del soggetto, di guisa che a ciascuno è riconosciuto il diritto a che la sua individualità sia preservata». La dignità non appartiene a chi se la merita, secondo criteri di valutazione assunti dalle leggi dello Stato o risultanti dalla cultura dominante, ma a tut-te le persone, qualunque sia o sia stato il loro comportamento. Essa non è soltanto una «dote» dell’essere umano, ma si identifica con la persona per il semplice motivo che un individuo privato della sua dignità soffre della negazione della sua stessa umanità. Seppur al tempo l’approvazione della legge sia stata accolta da non poche incertezze, in una società impreparata ad affrontare malattie fino

a quel momento gestite solo in strutture dedicate, uno de-gli scopi primari della legge Basaglia era ed è proprio

l’integrazione sociale dei malati. A ogni paziente va garantito il rispetto dei suoi diritti, permettendogli

di mantenere una rispettabile qualità della vita e di affrontare la terapia senza rinunciare ai rap-porti umani, scegliendo anche, se le sue condi-zioni lo permettono, a quali medici affidarsi e dove effettuare le cure.

In quegli anni furono simbolici gli ab-battimenti dei muri che circondavano gli ospe-

dali psichiatrici. In molte situazioni si trattò di un vero e proprio movimento di liberazione che

coinvolse studenti e intellettuali oltre che ammini-strazioni locali.

Per esempio a Collegno, sede di uno dei più grandi manicomi italiani, l’abbattimento del muro di cinta rappre-

sentò un vero e proprio ingresso della città e dei cittadini dentro un’istituzione chiusa e con persone segregate.

In moltissimi stanno scrivendo libri e articoli sulla ricorrenza; di grande impatto sono le mostre fotografiche con immagini che più di mille parole documentano la condizione di uomini e donne rinchiusi dentro le mura degli ospedali psichiatrici.

Forse non basta ricordare,forse è meglio compiere un altro pas-so avanti, per esempio istituire la Giornata nazionale della dignità della persona e potrebbe essere proprio la data del 13 maggio di ogni anno. Non solo perché non si riaprano mai più i manicomi, ma per il rispetto dei più deboli, a cominciare dai malati.

Pensieri e parole

Occorre fare altri passi per il rispetto

dei più deboli, a cominciare dai

malati

Umberto D’Ottavio

Ricordare i manicomi,

celebrare la dignità

delle personeIl 13 maggio del 1978 la legge Basaglia

decretò la chiusura degli ospedali psichiatrici. All’epoca erano 60 e

ospitavano circa 100mila degenti

CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

7 giovedì 10 maggio 2018

8 giovedì 10 maggio 2018

TwitterInstagramSocial

In redazioneCarla Attianese, Patrizio Bagazzini,Stefano Cagelli, Maddalena Carlino, Roberto Corvesi, Francesco Gerace,Silvia Gernini, Stefano Minnucci,Agnese Rapicetta

[email protected]

PD Bob

Società editrice:Democratica srl Via Sant’Andrea delle Fratte 16 - 00187 Roma

www.democratica.comwww.partitodemocratico.it

Per ricevereDemocratica: scrivi su Whatsapp a 348 640 9037oppure vai sul messenger Facebookall’indirizzom.me/partitodemocratico.it

DirettoreAndrea RomanoVicedirettoreMario Lavia

Face

bo

ok