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XXVI CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI GRANDI EVENTI, OLIMPIADI E SVILUPPO LOCALE: COSTRUIRE UN'EREDITÀ OLIMPICA CONDIVISA NELLE VALLATE OLIMPICHE Egidio DANSERO 1 , Domenico DE LEONARDIS 1 e Alfredo MELA 3 1 Dipartimento Interateneo Territorio, Politecnico e Università di Torino, Piazza Arbarello 8, 10122, Torino; OMERO (Olympics and Mega Events Research Centre, Centro Interdipartimentale dell’Università di Torino) 2 Dipartimento di Scienze e tecniche per i processi di insediamento, Politecnico di Torino, Viale Mattioli 39, 10125, Torino; OMERO (Olympics and Mega Events Research Centre, Centro Interdipartimentale dell’Università di Torino). SOMMARIO Il presente contributo si concentra su un’area investita dalle trasformazioni innescate dal grande evento rappresentato dalle Olimpiadi invernali di Torino 2006. I grandi eventi in generale costituiscono un potente fattore di cambiamento per i territori coinvolti, sollecitate non solo a trasformarsi per poter adeguatamente accogliere l’evento, ma soprattutto per cogliere tutte le opportunità potenzialmente offerte dallo stesso (vetrina, impulso all’economia locale, stimolo culturale, adeguamento strutturale e infrastrutturale). Allo stesso tempo, una sempre più vasta letteratura e casistica di esperienze concrete mette in guardia da facili ottimismi. Nella fase attuale del processo di preparazione delle Olimpiadi di Torino 2006, diventa sempre più cruciale da parte dei territori coinvolti, occuparsi dell’eredità olimpica. Per quanto essa sia già in parte definita nel programma di opere olimpiche e connesse in corso di attuazione, le modalità con cui essa si potrà trasformare in un’eredità positiva e duratura per i territori dipende non soltanto dall’azione degli attori istituzionalmente preposti a vario titolo alla preparazione dell’evento, ma anche da come questa saprà interfacciarsi con le dinamiche e le progettualità dei territori coinvolti. L’obiettivo di questo contributo è esplorare alcuni scenari che possono guardare in particolar modo al rapporto città-montagna.

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XXVI CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI

GRANDI EVENTI, OLIMPIADI E SVILUPPO LOCALE: COSTRUIRE UN'EREDITÀ OLIMPICA CONDIVISA NELLE VALLATE OLIMPICHE

Egidio DANSERO1, Domenico DE LEONARDIS1 e Alfredo MELA3

1 Dipartimento Interateneo Territorio, Politecnico e Università di Torino, Piazza Arbarello 8, 10122, Torino; OMERO (Olympics and Mega Events Research Centre, Centro Interdipartimentale dell’Università di Torino) 2 Dipartimento di Scienze e tecniche per i processi di insediamento, Politecnico di Torino, Viale Mattioli 39, 10125, Torino; OMERO (Olympics and Mega Events Research Centre, Centro Interdipartimentale dell’Università di Torino).

SOMMARIO

Il presente contributo si concentra su un’area investita dalle trasformazioni innescate dal grande evento rappresentato dalle Olimpiadi invernali di Torino 2006. I grandi eventi in generale costituiscono un potente fattore di cambiamento per i territori coinvolti, sollecitate non solo a trasformarsi per poter adeguatamente accogliere l’evento, ma soprattutto per cogliere tutte le opportunità potenzialmente offerte dallo stesso (vetrina, impulso all’economia locale, stimolo culturale, adeguamento strutturale e infrastrutturale). Allo stesso tempo, una sempre più vasta letteratura e casistica di esperienze concrete mette in guardia da facili ottimismi. Nella fase attuale del processo di preparazione delle Olimpiadi di Torino 2006, diventa sempre più cruciale da parte dei territori coinvolti, occuparsi dell’eredità olimpica. Per quanto essa sia già in parte definita nel programma di opere olimpiche e connesse in corso di attuazione, le modalità con cui essa si potrà trasformare in un’eredità positiva e duratura per i territori dipende non soltanto dall’azione degli attori istituzionalmente preposti a vario titolo alla preparazione dell’evento, ma anche da come questa saprà interfacciarsi con le dinamiche e le progettualità dei territori coinvolti. L’obiettivo di questo contributo è esplorare alcuni scenari che possono guardare in particolar modo al rapporto città-montagna.

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1 INTRODUZIONE

Le analisi e le considerazioni contenute in questa relazione riflettono i primi risultati di un lavoro di ricerca che gli autori stanno svolgendo in un’area alpina (le valli Chisone-Germanasca) che, da alcuni anni, è impegnata nella preparazione dell’evento olimpico di Torino 2006. La problematica dell’area in oggetto, tuttavia, viene qui inquadrata in un contesto tematico più ampio che, dunque, rinvia alla questione dell’eredità olimpica dell’intero territorio coinvolto nei Giochi. Infatti, come la letteratura internazionale sta evidenziando in modo sempre più marcato, dal punto di vista del sistema locale interessato dall’organizzazione di un mega-evento – come sono, appunto, le Olimpiadi invernali – la vera posta in gioco è rappresentata, al di là del successo sportivo e mediatico dell’evento, dalla possibilità di usufruire di un complesso di risorse (materiali ed immateriali) che, rese disponibili dall’opportunità specifica rappresentata dal successo della propria candidatura, possono poi essere riutilizzate e valorizzate in seguito, divenendo così fattori di un modello di sviluppo locale che si intende perseguire a medio termine. Tali risorse costituiscono, appunto, una eredità che, tuttavia, può essere pienamente positiva solo se inserita in un processo di programmazione strategica del futuro dell’area, mentre, per altri versi, può anche rappresentare una zavorra negativa, qualora manchi una governance efficace, capace di definire un’adeguata progettualità e di realizzarla in forma coerente. Nel seguito della relazione, si cercherà dunque di individuare quali sono le poste in gioco nel caso di Torino 2006, anche tendendo conto della configurazione sostanzialmente bipolare del territorio interessato (che verrà d’ora in poi indicato come “territorio olimpico”). Esso, infatti, è costituito, da un lato, da Torino e, in particolare, dal suo “distretto olimpico” posto nella zona sud della città e, dall’altro lato, da un complesso di località poste nella parte superiore delle valli Susa e Chisone. Le prospettive di tale territorio olimpico (che comprende anche le “terre di mezzo”, vale a dire le parti inferiori delle valli, attraversate ma non coinvolte dall’evento) sono analizzate attraverso la costruzione di tre distinti scenari, coerenti con i più ampi scenari definiti dall’Ires-Piemonte per tratteggiare possibili percorsi evolutivi del sistema socioeconomico piemontese. Gli scenari qui presentati, in particolare, individuano differenti possibilità di valorizzazione dell’eredità olimpica nelle aree alpine: la prima di essa, che viene valutata negativamente, vede semplicemente una prosecuzione dei trend attuali e pone ciascuna località in condizioni di isolamento rispetto alle altre. Viceversa, il secondo ed il terzo scenario vedono – sia pure con modalità differenti e con diversi riferimenti alla domanda – la formazione di un sistema unitario, anche se articolato, di offerta, nella prospettiva di uno sviluppo territoriale integrato. Proprio tenendo conto di questa prospettiva, si presenterà qui uno schema analitico che, basandosi sul modello SloT (Dematteis…), cerca di individuare il profilo delle risorse a

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disposizione di ciascuna località in rapporto a ciascuno degli scenari delineati. Tale schema è qui tratteggiato unicamente come possibile percorso per una valutazione in itinere, che consenta di capire verso quale degli scenari il sistema si sta effettivamente dirigendo e che favorisca, al tempo stesso, l’individuazione delle condizioni necessarie per un’effettiva messa in valore degli effetti complessi che l’Olimpiade può lasciare sul territorio, a patto che esistano una visione condivisa ed un progetto in grado di tracciare la rotta. Come si può ricavare da quanto sin qui detto, la relazione che qui si presenta ha il carattere di un work in progress, la cui finalità è, essenzialmente, quella di fornire indicazioni concettuali e metodologiche per affrontare il tema della valorizzazione dell’eredità dei grandi eventi, indicando una prospettiva di lavoro nella quale l’attività di scienziati regionali di diversa estrazione disciplinare è rivolta, al tempo stesso, ad una valutazione e ad una stimolazione di potenzialità di sviluppo locale di un’area. Alcune sintetiche note su due specifiche località (Prali e Pragelato) serviranno, tuttavia, a fornire una prima esemplificazione con riferimento a situazioni concrete.

1 GRANDI EVENTI, OLIMPIADI E TERRITORIO: UN DIBATTITO CRESCENTE

Entro pochi mesi, a febbraio 2006, il lungo percorso di Torino 2006, iniziato nel 1998, e segnato dalla accettazione della candidatura nel giugno 1999, giungerà a compimento. L’evento, a cui in realtà seguiranno altri eventi minori ma non meno trascurabili come le Paralimpiadi nel marzo 2006 e le Universiadi nel gennaio 2007, segnerà uno spartiacque, tra un prima e un dopo e presumibilmente entrerà tra le date chiavi nella storia torinese. Con l’evento si concluderà un ampio e complesso processo di allestimento del palcoscenico olimpico, che attorno al divenire del programma olimpico ha visto agire con variegati obiettivi e logiche un vasto insieme di attori locali e sovralocali, dal comitato organizzatore (il Toroc), l’ente appaltante (l’Agenzia Torino 2006), agli enti locali, con in primis il Comune di Torino quale ente firmatario dell’Host City Contract il CIO e il CONI, e regionali, al governo nazionale, ai diversi attori dei mondo non solo sportivo, ma anche economico, culturale … coinvolti (per una mappa degli attori sulla scena olimpica si veda: Dansero, 2002b). Torino e tutto il vasto territorio olimpico rientrano così in quella vasta schiera di località che hanno scelto di puntare sui grandi eventi, definibili quali “eventi una tantum o ripetuti che per la loro rilevanza hanno il potere di catalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media a livello internazionale” (Dansero, 2002a). Sul tema dei grandi eventi, e delle Olimpiadi in particolare, si è sviluppata da alcuni anni un ampio dibattito sia a livello nazionale, sia a livello internazionale. Segnaliamo in particolare alcuni scritti che hanno cercato di analizzare le implicazioni più generali dei grandi eventi (Ferrari,2002; Imbesi, 2004), e delle Olimpiadi in particolare (Roche, 2003; Cashman, 2003; Guala, 2002), che ne hanno analizzato gli

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impatti economici (Preuss, 2002), infrastrutturali (Essex, Chalkley, 2002a; Furrer, 2002) e ambientali (May, 1995; Brunetta, Peano 2003; Giordano,2003; Segre, 2002), con lavori di taglio comparativo (Essex, Chalkley, 2002a; Preuss, 2002), o con analisi di casi studio riferiti a singole candidature selezionate, come Barcellona, Albertville, Sidney (Leonardsen, 1997; Cashman, 2003) ma anche a candidature mancate, come Manchester o Johannesburg, evidenziando gli effetti trasformativi e i conflitti scaturiti dalle sole proposte (Hiller, 2003 Cochrane, 1996). D’altra parte, soprattutto alimentati dalla incalzante cadenza delle Olimpiadi, sono ormai diversi i centri di ricerca a livello internazionale che si occupano di grandi eventi e Olimpiadi, con diverse accentuazioni (il centro UAB a Barcellona, Museo Olimpico di Losanna per citarne alcuni). Sul caso torinese, partire dal 2000 si è ormai accumulata una discreta mole di ricerche e pubblicazioni scientifiche, sia alimentate dagli studi preparatori dell’evento, in particolare dallo studio di Vas (Brunetta, Peano, 2003) e dagli studi specifici (piano delle acque, degli inerti, della mobilità sostenibile, del paesaggio, della sicurezza), sia da un più generale dibattito scientifico e culturale promosso da alcune istituzioni torinesi, oltre che da Università e Politecnico di Torino, come il Comitato Giorgio Rota (L’Eau Vive-Comitato Giorgio Rota, 2004 ), l’Ires Piemonte (De Magistris, 2004), l’Ires CGIL (Ires CGIL, Srf, Dasein, 2002), l’Unione industriale (UI, 2002). Questi scritti hanno messo in particolare in luce gli aspetti relativi agli impatti economici (Unione industriale, Ires CGIL, Comitato Giorgio Rota), ambientali (Brunetta, Peano, 2003; Segre, 2002), alle aspettative e percezione dei soggetti (Scamuzzi, Guala, 2002, 2004), alla costruzione di una rinnovata immagine di Torino e delle valli. In particolare questo scritto si inserisce all’interno dei lavori di OMERO (Olympics and Mega Events Research Observatory), centro di ricerca interdipartimentale dell’Università di Torino, che ha avviato una riflessione sulle implicazioni dei grandi eventi in un confronto internazionale (Bobbio, Guala, 2002; Dansero, Segre, 2002), sulle aspettative (Guala,2003; Scamuzzi, 2004), rappresentazioni e conflitti (Bobbio, Lazzeoni, 2002; Del Corpo, 2004) legati all’evento Torino 2006 e alla sua possibile eredità (Segre, Scamuzzi, 2004), e che sta attualmente conducendo una ricerca-azione sulle possibilità di costruzione di un distretto culturale del territorio olimpico.

2 L’EREDITÀ OLIMPICA: LA SCOMMESSA PER IL FUTURO

A pochi mesi dall’evento, il dibattito nel caso di Torino 2006, per quanto soffocato da un lato dalle urgenze degli ultimi “ritocchi”, dall’altro da altre difficili vicende che coinvolgono Torino e direttamente o indirettamente anche le Olimpiadi – su tutte la crisi Fiat e il destino dello stabilimento di Mirafiori, il contrastato avvio dei lavori dell’alta velocità/capacità Lione-

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Torino in Val di Susa, la chiusura dei grandi cantieri come la metropolitana, il Passante Ferroviario, l’alta velocità Torino-Novara, e ultima in ordine di tempo la vicenda sportiva-giudiziaria del Torino, che mette a rischio il completamento dello stadio olimpico e fa temere problemi di ordine pubblico in occasione dei Giochi – il tema è ormai spostato al dopo e all’eredità olimpica. Ma cosa si intende per eredità olimpica? Rinviando a altri scritti per un maggior approfondimento (Dansero, Mela, 2004), è opportuno sottolineare come nel dibattito internazionale sui grandi eventi la questione dell’eredità stia ricevendo una crescente attenzione. In particolare, si è sviluppata nel periodo recente una riflessione sull’eredità olimpica, sul senso e sui limiti di tale riferimento concettuale, sulla possibilità di programmare e valutare un’eredità del grande evento (Cashman,2003; De Moragas, Kennett, Puig, 2003). Tale dibattito vede coinvolti sia il movimento olimpico, con il CIO, le sue commissioni di studio e i Comitati organizzatori locali, sia gli attori locali delle località ospiti, sia il mondo accademico e della ricerca che studiano gli effetti dei grandi eventi. Il concetto di eredità dei grandi eventi – e di eredità olimpica in particolare – è ormai entrato nel lessico “specifico”. Esso appare particolarmente stimolante nell’indurre sia le località e le regioni ospiti, sia il movimento olimpico ad adottare una prospettiva di lungo periodo. Se inizialmente, da parte del CIO, si riteneva che la questione dell’eredità olimpica riguardasse solo le località ospiti, sempre di più il farsene carico rientra in una progressiva assunzione di responsabilità anche da parte del CIO per le implicazioni che l’ospitare i Giochi comporta per le località candidate e selezionate. L’eredità olimpica ha dunque una duplice valenza, sia per le località ospiti (ma anche per quelle candidate escluse) sia per il movimento olimpico. Il successo nel lungo periodo di un’edizione dei Giochi ha ricadute molto importanti sul movimento olimpico, sia sotto il profilo dell’immagine, sia sotto quello economico-finanziario. Edizioni di successo, come quelle di Barcellona o Sidney danno delle spinte determinanti al movimento olimpico, così come eventuali successi ne minano la credibilità, riducono l’appetibilità per sponsor e media, rendono più problematica la scelta della host city per la successiva edizione. Al di là del fascino del concetto di eredità e della sua efficacia sul piano politico e comunicativo, esso appare tuttavia ambiguo e difficile da definire, in quanto si può riferire ad una pluralità di ambiti (sportivo, economico, culturale, ambientale, territoriale …), è mutevole nel tempo (quando valutarla e che arco temporale considerare) e nello spazio (c’è solo un’eredità locale, o anche regionale, nazionale e magari globale?), dovendosi applicare a contesti culturali differenti, ed essendo influenzato da una pluralità di fattori globali e locali. Proprio per questo da parte di alcuni si ritiene sia preferibile non parlare di eredità, sia in quanto essa può avere diversi significati nelle differenti culture, sia perché l’eredità sembra connessa a qualcosa di positivo e programmabile, mentre gli effetti di un grande evento come

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le Olimpiadi possono essere, e talora lo sono stati, negativi e non voluti né previsti, sia perché, infine, ciò che rappresenta l’eredità olimpica dipende dai punti di vista con cui guardiamo l’evento e il post-evento (Cashman, 2003; Hiller, 2003). Ciononostante, accogliendo le critiche precedenti quali “precauzioni d’uso”, si ritiene che essa possa avere un’importante significato sia sul piano scientifico sia su quello politico, nell’orientare l’attenzione su ciò che rimane dopo l’euforia del grande evento, proponendosi come un’eredità sostenibile nel lungo periodo. In tal senso, l’eredità olimpica va intesa in senso multidimensionale, dovendo essere considerata sotto diversi profili (sportivo, culturale, economico, turistico, ambientale, architettonico e urbanistico, infrastrutturale ecc.). Queste diverse dimensioni dell’eredità olimpica devono considerare sia le componenti tangibili, materiali, come le ricadute sul piano occupazionale, i nuovi impianti e infrastrutture, l’afflusso turistico, sia quelle immateriali, come la diffusione dei valori olimpici, l’aumentata capacità decisionale e organizzativa di una città, l’immagine e la notorietà delle località ospitanti ecc. Queste ultime eredità, per quanto immateriali e più difficili da valutare e misurare, non sono meno importanti delle precedenti. Si pensi alla capacità di governance locale come possibile eredità di un grande evento in vista di future trasformazioni. Parimenti, altri studiosi delle trasformazioni legate ai Giochi olimpici preferiscono parlare di hardware (impianti e infrastrutture) e software (cultura, immagine, identità) nell’eredità olimpica.

2.1 L’eredità olimpica di Torino 2006

L’evento olimpico rappresenta certamente per la città un’occasione di qualificazione urbana e di visibilità attraverso l’eccellenza delle sue nuove architetture, ma questa occasione non appare ancora pienamente colta: è un indicatore di questa evenienza la limitata risonanza dei progetti sulla stampa e nella critica di settore. Se le precedenti sfide non sono a nostro avviso raccolte appieno, la posta dell’eredità olimpica presenta comunque nuove scommesse.Il tema dell’eredità olimpica, forte di un grande fascino evocativo, è anche fortemente ambiguo: chi è il beneficiario dell’eredità olimpica: il CIO, il CONI, Torino, le Valli alpine, il territorio provinciale o regionale, l’Italia tutta, ecc.? Chi la deve progettare e gestire e su quale orizzonte temporale e spaziale va valutata? Si tratta di quesiti già posti dall’esperienza internazionale che dimostrano quanto l’eredità olimpica sia un grande serbatoio di metafore e occasioni potenziali a cui i diversi attori possono attingere più efficacemente se agiscono in modo coerente e sinergico. Nonostante le molte eredità immateriali rivestano una grande importanza, riteniamo che siano soprattutto quelle materiali-territoriali su cui si gioca la valutazione nel futuro del grande evento, per la loro fisicità ed evidenza, in cui trovano sintesi i diversi aspetti settoriali (economici, culturali, ecc.) e per la loro permanenza e durabilità nel tempo. Un’altra

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importante eredità olimpica è la riscoperta nel programma dei Giochi di una dimensione non solo metropolitana ma pedemontana di Torino che ha ottenuto l’evento olimpico grazie a un’alleanza tra i valori e le possibilità urbane e alpine. Il protocollo predisposto da Toroc, Regione, Provincia Comune di Torino con gli altri enti locali intorno all’idea Torino Città delle Alpi indica una promettente direzione per il futuro di Torino e una immagine inedita che allude a un nuovo rapporto di sinergia. Una sfida innanzitutto culturale che presenta rilevanti implicazioni territoriali, cui dare concretezza ipotizzando e progettando sinergie fra Torino, le terre di mezzo e le Valli. Non si possono nascondere le difficoltà di dar concreto seguito ad un’immagine affascinante, in un contesto in cui la complessità delle sfide, sembra spingere gli attori a preferire posizioni individualistiche, relegando e la sinergia Torino-Valli alla estemporaneità dell’evento olimpico.

Tabella 1 Torino-Valli (eredità materiale) Tipo di eredità Effetti certi Effetti attesi Rischi Strutture olimpiche (impianti di gara, villaggi)

-Riuso delle strutture redidenziali; -Campus universitari; -Nuove gare/ spazi multifunzionali

--Nuova capacità di investimento da parte dei privati; -Capcità di attrarre nuovi eventi;

-Invertezza sull’utilizzo delle strutture;

Infrastrutture -Miglioramento dell’accessibilità;

-Nuova struttura territoriale;

-Diffusione urbana; -Congestione;

(nostra elaborazione)

Tabella 2 Torino-Valli (eredità immateriale) Tipo di eredità Effetti certi Effetti attesi Rischi Mentalità -Apertura mentale; -Cosmopolitan frame

of mind; -Conflitti culturali;

Immagine -Aumento della visibilità;

-Nuovi luoghi nell’immaginario internazionale;

-Immagine locale schiacciata dall’immagine del grande evento

Governance -Cooperazione interistituzionale;

-Pianificazione strategica;

-Conflitti; -Coalizioni d’interesse;

Know how - Miglioramento della capacità organizzativa;

-Standard eccellenti nell’orgqanizzazione di eventi;

-Perdita di capacità;

(nostra elaborazione)

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3 IL TERRITORIO OLIMPICO

Nel considerare le possibili eredità dei giochi olimpici di Torino 2006 sul piano delle trasformazioni spaziali e ambientali, occorre partire dal notare la peculiarità, proprio sul piano spaziale, dei XX Giochi Olimpici Invernali del 2006. Essi si articolano infatti nello spazio urbano di una media metropoli alla scala europea, e nelle località sciistiche poste alla testata di due vallate alpine – la Valle di Susa e la Val Chisone, a cui si aggiungono Pinerolo e la Val Pellice per alcune gare e allenamenti di sport del ghiaccio – che si dipartono dalla piana torinese in un raggio complessivo di oltre 80 km. Ciò fa sì che si sommino le problematicità e le opportunità di un’olimpiade estiva, nell’ambito urbano, e di una tipica olimpiade invernale, nei luoghi alpini. La struttura spaziale dei Giochi è quindi piuttosto articolata, composta di aree e di reti: a) la regione olimpica. In senso stretto è una porzione notevole della provincia di Torino compresa tra Bardonecchia a ovest, Torre Pellice a sud e Torino a est; b) i luoghi olimpici. A uno sguardo più attento, quest’area appare come un insieme di luoghi diversi raggruppabili in due differenti tipologie di ambiti spaziali: quello urbano, centrato sulla municipalità di Torino, e quello montano, con diverse località delle alte valli di Susa e Chisone e del Pinerolese; c) oltre a questi due ambiti possiamo individuarne un terzo, le terre di mezzo, posto in posizione centrale in questa suddivisione longitudinale e altimetrica, che comprende tutti quei luoghi “attraversati” metaforicamente e logisticamente dall’evento, ma non direttamente interessati dalla distribuzione geografica delle “funzioni olimpiche”; d) le connessioni di avvicinamento alla regione olimpica e ai luoghi olimpici che, per quanto riguarda la viabilità stradale e autostradale, sono oggetto di rilevanti interventi di adeguamento e miglioramento in vista del 2006; e) un ambito esterno di potenziale diffusione degli effetti (positivi o negativi) dei Giochi, che dipende tra l’altro dalle politiche di accompagnamento che Provincia di Torino e Regione Piemonte sapranno attuare. Un ulteriore passaggio di scala, entro i luoghi olimpici, evidenzia la complessità di questa configurazione spaziale: essa risulta strutturata su una rete di nove differenti località – i centri urbani di Torino e Pinerolo e i comuni montani (Torre Pellice, Pragelato, Bardonecchia, Sauze d’Oulx, Claviere, Cesana-San Sicario, Sestriere) – in cui si distribuiscono tutte le funzioni olimpiche (impianti di gara, residenze atleti, media e Famiglia Olimpica, cerimonie di apertura e chiusura ecc.). Nel caso di Torino 2006 ci troviamo dunque di fronte a una struttura multilocalizzata che, mentre sul piano dell’immagine esterna appare polarizzata su Torino, sul piano funzionale appare di tipo bipolare: accanto al polo principale di Torino – e di una particolare area della città che concentra su di sé le funzioni “strategiche” del complessivo evento, e il sistema

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funzionale legato agli sport del ghiaccio – troviamo il “polo della neve” nelle alte valli di Susa e Chisone, a sua volta centrato su Sestriere. L’evento lega dunque tra di loro, in modo inedito, più sistemi territoriali differenti in un unico sistema spaziale funzionale a servizio dell’evento: l’area metropolitana torinese, il Pinerolese, le alte valli e le “terre di mezzo”. Dal punto di vista di una geografia complessa dei valori territoriali, Torino 2006 può essere allora interpretato come il progetto (ma in parte anche il prodotto) di un “sistema locale territoriale”, inteso come costruzione volontaria di una coesione territoriale, dove opera una rete locale di soggetti che condividono un certo progetto di sviluppo e cooperano tra di loro per realizzarlo, valorizzando risorse e condizioni potenziali proprie di quel territorio, cioè un dato milieu territoriale locale. Torino 2006 si basa infatti su solidarietà territoriali inedite e tutte da costruire tra Torino e la sua area metropolitana da un lato e le vallate alpine dall’altro, su cui da qualche tempo si è iniziato a lavorare con il progetto di “Torino Città delle Alpi”.

4 TRE SCENARI DI POSSIBILE EVOLUZIONE SOCIOECONOMICA E SPAZIALE

Nel delineare le alternative di valorizzazione dell’eredità olimpica che si aprono di fronte al complesso del territorio interessato può essere utile tentare una schematizzazione facendo uso di scenari alternativi. In particolare, cercheremo qui di tratteggiare tre possibili scenari che si riferiscono ad altrettante modalità d’uso dei differenti elementi che compongono l’eredità olimpica e, al tempo stesso, corrispondono a diverse opzioni a riguardo della struttura spaziale del territorio olimpico e del sistema di relazioni tra Torino e le Valli e tra gli stessi centri dell’area alpina. E’ bene mettere in rilievo che le ipotesi qui presentate sono coerenti con gli scenari che l’IRES-Piemonte ha recentemente formulato per descrivere le più generali possibili linee evolutive del sistema regionale piemontese (Buran, 2005). La tabella 3 sintetizza e mette a confronto i caratteri essenziali degli scenari da noi individuati.

4.1 Lo scenario « inerziale » : ciascuna località per conto suo

Il primo scenario può essere descritto come « inerziale » : ciò significa che la dinamica socioeconomica e spaziale rappresenta unicamente la continuazione delle tendenze attuali. In questa prospettiva non si può parlare di un territorio olimpico, né, tanto meno, si può attribuire ad esso un disegno strategico: ciascuna località cercherà di cogliere le occasioni che derivano dalla disponibilità di nuove strutture per lo sport ed il turismo (per esempio, di impianti ammodernati e di nuove strutture ricettive) come pure dalla presenza di un patrimonio immobiliare realizzato per l’evento olimpico. Nel caso di Torino, poi, potremmo

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considerare “inerziale” una situazione nella quale le strutture olimpiche che non possono semplicemente essere destinate allo scopo che esse hanno durante i Giochi (come, ad esempio, la maggior parte delle strutture realizzate per gli sport del ghiaccio) vengono destinate ad altre funzioni in base ad opportunità singole – senza un progetto che le consideri nel loro insieme – o, peggio ancora, restino prive di destinazione continuativa. Tabella 3 Tre scenari per il territorio olimpico

Scenari Spazi principali attività Relazioni tra le parti del territorio olimpico

1) « Inerziale »

• Luoghi alpini sede di gare;

• Luoghi torinesi sedi di gare

Uso delle strutture esistenti dopo i Giochi

debole

2) « Rete delle eccellenze »

• Alta Valsusa e Pragelato;

• Torino

Creazione di una rete di attività di eccellenza rivolte al mercato internazionale (cultura, cinema, musei, sport invernali ecc).

forte

3)“Maturità Creativa”

• Torino • Valli alpine • ambiti culturali

ed ambientali delle « terre di mezzo »

Offerta di attività e servizi per soddisfare una domanda interna di residenti e turisti provenienti da aree circostanti (turismo ecocompatibile, cultura, loisir ecc.)

molto forte

In questo scenario, l’aspetto dell’eredità olimpica percepito come fondamentale è sostanzialmente quello materiale ed infrastrutturale; viceversa, gli aspetti immateriali non sono oggetto di specifica attenzione. Questo può comportare il fatto che le competenze ed il know how accumulato nella fase di organizzazione delle Olimpiadi non è tematizzato come una peculiare risorsa del milieu territoriale ed i singoli soggetti, che ne sono detentori, sono messi nelle condizioni di cercare di valorizzare le loro competenze in contesti diversi da quello torinese. In campo turistico, la tendenza dominante sarà quella alla conservazione del modello attuale di sfruttamento delle risorse (che vede una scarsa integrazione tra Torino e le Valli, ma anche tra le singole località alpine); tutt’al più vi sarà un aumento del flussi dovuto all’effetto della esposizione mediatica delle stazioni sedi di gara, ma è possibile che tale aumento abbia un carattere soltanto provvisorio e tenda ad esaurirsi a mano a mano che ci si allontana dalla data dell’evento. Anche per quanto attiene all’organizzazione spaziale, questo primo scenario è contrassegnato da una fondamentale continuazione degli schemi attuali. Innanzitutto, gli effetti principali sono destinati a concentrarsi solo nei luoghi che ereditano le strutture olimpiche e, dunque,

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principalmente a Torino e nell’Alta Val Susa. Molto più contenuti sono gli effetti che riguardano le “terre di mezzo”; in queste aree l’unica possibile eredità è quella legata alla realizzazione di opere infrastrutturale e, soprattutto, all’aumento dell’accessibilità dovuta al rafforzamento della rete stradale: per esempio, al completamento dell’autostrada Torino- Pinerolo, al nuovo tracciato della strada statale 23 della Val Chisone, alla nuova tangenziale di Avigliana. Questo aumento dell’accessibilità rappresenta, in se stesso, un indiscutibile vantaggio per le aree interessate; tuttavia, in assenza di una politica di pianificazione territoriale attenta al complesso del territorio, si potrebbe produrre una nuova spinta allo sfruttamento per scopi puramente residenziali (vale a dire per residenze primarie o secondarie) di zone esterne all’area metropolitana, ma ora accessibili da Torino in misura paragonabile a quella dei centri suburbani. Il rischio, dunque, è l’aumento dello sprawl e di un’espansione puramente immobiliare in aree come la parte inferiore della Val Chisone o della Val Pellice, con la loro trasformazione in una sorta di terza cintura metropolitana, senza reali effetti di sviluppo locale (Dansero, Dematteis, Governa, 2005). Da quanto ora si è detto, appare evidente che questo scenario deve essere valutato in termini essenzialmente negativi: in esso l’eredità olimpica compare come un vantaggio solo marginale per alcuni settori ed alcune località, mentre è altamente probabile l’aumento degli squilibri territoriali. Inoltre, esso non prevede alcun reale consolidamento di una governance locale, né una spinta alla ricerca di soluzioni innovative per i problemi economici e sociali.

4.2 La rete dei luoghi di eccellenza: il riposizionamento del territorio in un quadro internazionale

Al contrario del primo, i due successivi scenari corrispondono ad una evoluzione positiva del territorio olimpico: per motivi diversi, dunque, essi sono entrambi auspicabili e non debbono essere visti come possibilità mutuamente escluse, ma piuttosto come opportunità complementari. Ciò nonostante, essi si distinguono nettamente in quanto si fondano su diverse risorse socioeconomiche e tratteggiano dei modelli di sviluppo locale alquanto differenziati. Il secondo scenario mira soprattutto a mettere in rete le risorse del territorio olimpico che possono rappresentare delle eccellenze e che, dunque, sono in grado di rapportarsi ad un mercato internazionale. Per quanto concerne la valorizzazione dell’eredità dei Giochi di Torino 2006, questa prospettiva implica un’attenzione prioritaria a tutte le risorse e le attività che potrebbero fare avanzare la posizione di Torino e delle sue valli in un quadro europeo ed internazionale, in quanto località d’eccellenza per l’attività turistica, culturale, fieristica e, al tempo stesso, come sede adatta ad ospitare “ grandi eventi” di vario tipo (sportivo, culturale, economico, politico ecc.). Dunque, questo scenario fa leva soprattutto sugli spazi in cui si ha una

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particolare concentrazione di infrastrutture e che, in ragione di ciò, possono presentare dei vantaggi comparativi – rispetto a località affini di altri paesi – per l’organizzazione di attività rivolte ad un pubblico internazionale. Ancora una volta – come nello scenario “inerziale” – i protagonisti di questo percorso evolutivo sono soprattutto i quartieri più qualificati di Torino e le località alpine già ora dotate di una rilevanza nazionale o internazionale. Tuttavia, questa seconda prospettiva non può in alcun modo essere assimilata alla precedente: in effetti, la ricerca di un’eccellenza internazionale presuppone un progetto dotato di ampio respiro, che è l’esatto contrario dello sfruttamento inerziale dei vantaggi già acquisiti. Non si tratterà, dunque, di limitarsi ad un riuso delle strutture per attività già esistenti, ma di ripensare l’intero quadro dell’offerta per definire un sistema integrato, tanto in senso funzionale, quanto in termini spaziali. Insomma, le potenzialità del territorio dovranno essere considerate come qualcosa che supera la semplice addizione di quelle delle singole località, ma che costituisce, invece, un insieme coeso e caratterizzato, nel quale il riferimento alle Olimpiadi assume il significato di una garanzia di elevata qualità. Un altro tratto distintivo di questo modello sta nella presenza di un processo di governance, che non si limiti semplicemente a fornire risposte adeguate alla domanda attuale del mercato turistico, ma che sia in grado di agire in forma proattiva, anticipando le tendenze della domanda. Sul piano spaziale, questo comporta un più stretto rapporto tra le località montane (ciascuna delle quali potrebbe accentuare la propria specializzazione nel quadro di un sistema di complementarità molto strette) e, soprattutto, un più stretto rapporto tra Torino e le Valli. Per quanto concerne la città, in particolare, tale scenario implica la presenza di una costante regia operata dalla pianificazione pubblica, con un raccordo efficace tra le linee di pianificazione strategica e quello degli strumenti operativi. Da questo punto di vista, si può osservare che Torino dispone di un vantaggio importante: la presenza di un recente disegno dell’organizzazione spaziale della città che preesiste al momento dell’assegnazione delle Olimpiadi invernali 2006. Ciò è avvenuto grazie al PRG Gregotti-Cagnardi approvato nel 1995 ma veramente decollato solo alla fine del decennio proprio in coincidenza con l’avvio dell’avventura olimpica che ha accelerato il decollo della grande trasformazione della Spina Centrale. Non si può inoltre dimenticare il Piano strategico Torino Internazionale, varato nel 1998 e attualmente in corso di revisione, che ha inserito le Olimpiadi in una prospettiva più ampia di promozione internazionale. La presenza di un disegno strategico di trasformazione urbana costituisce un fattore potenziale di successo che, ad esempio, ha giocato favorevolmente nel caso di Barcellona, una città che, attraverso i grandi eventi, ha realizzato un disegno di ridefinizione del rapporto tra la città ed il mare, concepito da tempo ma che difficilmente si sarebbe potuto realizzare in tempi così rapidi in assenza di occasioni come quella delle Olimpiadi del 1992. Insomma, anche a Torino le olimpiadi stanno svolgendo un ruolo di catalizzatore e di acceleratore del cambiamento che

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la letteratura riconosce ai grandi eventi (Essex e Chalkley, 2002; Preuss, 2002; Hiller, 2002), imprimendo un’accelerazione a progetti già avviati in precedenza, quali il passante ferroviario, la metropolitana, la nuova linea ferroviaria ad alta capacità/velocità Torino-Novara, il potenziamento dell’aeroporto di Caselle. Ancora, un altro importante effetto è quello di accelerare il processo di riuso dei grandi vuoti (o semivuoti) urbani: gli ex Mercati Generali e la Dogana, le aree industriali dismesse della Spina 2, dell’ITALGAS, il vecchio Stadio Comunale in disuso, la sottoutilizzata area delle caserme con l’ospedale militare, il vecchio Palavela, altra pesante eredità di un grande evento del passato: quello di Italia ‘61. Alcune di queste aree sono nell’agenda delle trasformazioni da più di vent’anni: per talune il riuso era già sostanzialmente definito prima della candidatura, come per gli insediamenti universitari all’ITALGAS (nuovo polo dell’Università di Torino) e alla Spina 2 (dove è in corso il raddoppio del Politecnico). Per altre, come gli ex Mercati Generali, effettivamente la realizzazione del grande villaggio olimpico e del villaggio media rappresenta l’occasione per innescare una trasformazione della grande area dismessa di fronte al Lingotto. Nonostante quanto ora evidenziato, tuttavia, non esiste alcun automatismo che assicuri che questo ruolo catalitico, tipico dei grandi eventi, sia garanzia del successo di un modello di sviluppo a medio termine per il territorio olimpico: questo richiede un’azione di governance continuativa, che stimoli un rafforzamento delle capacità imprenditoriali e, soprattutto, la volontà di costruire una visione condivisa e di perseguirla con coerenza.

4.3 Lo scenario della « maturità creativa » : la valorizzazione del territorio in funzione di una domanda interna

Come si è accennato in precedenza, il terzo scenario non rappresenta necessariamente un’alternativa rispetto al secondo; in effetti esso non nega l’importanza di una rete di eccellenze rivolte ad una domanda di ampio raggio, ma si preoccupa di collocare questa rete in un contesto ancora più ampio, che non trascura potenzialità di altro tipo, che possono essere rivolte al soddisfacimento di una domanda di raggio più breve, con diversi connotati. Si può osservare, infatti che il territorio di Torino 2006 si colloca in una regione, come quella piemontese, che, pur attraversando attualmente una delicata fase di riorganizzazione socioeconomica, ha assunto i caratteri di un’area “matura” con livelli di reddito alquanto elevati, ma che è altresì in grado di esprimere una forte propensione all’innovazione e alla creatività. Tale regione costituisce un “naturale” bacino di gravitazione per le attività proprie del territorio olimpico; un bacino che, per alcune funzioni più rare, può ampliarsi sino a comprendere l’intero Nord-ovest italiano e le aree più vicine della Francia e della Svizzera. Se, dunque, si tiene conto di questa domanda “interna” che proviene da un’area fortemente urbanizzata, le funzioni da sviluppare non sono più soltanto quelle legate alla pratica degli sport invernali e neppure unicamente quelle legate alle eccellenze proprie dell’offerta turistica

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e culturale di Torino, ma si estendono ad un’ampia gamma di attività che rispondono ad esigenze ricreative, ambientali e di loisir, proprie di un contesto avanzato. In questo caso, dunque, la valorizzazione dell’eredità olimpica potrebbe seguire un percorso che la porta ad allontanarsi maggiormente dallo specifico dei contenuti delle Olimpiadi invernali, per aprire la strada ad una pluralità di direzioni. Il territorio, dunque, dovrà offrire un quadro complesso ed articolato di opportunità: si va dall’ambito turistico vero e proprio (non necessariamente quello di lungo raggio ma anche quello di breve distanza e di corta durata), alle diverse pratiche culturali, dall’attività sportiva a quella del fitness e del benessere. In questa prospettiva, è centrale l’idea di una destagionalizzazione dell’attrattività delle valli alpine, come pure dell’aumento dell’attrattività dell’area torinese legata ad un’immagine di elevata qualità della vita e dell’accoglienza e, dunque, in qualche misura sganciata dalla presenza di eventi particolari. In questo scenario è dunque prevista la moltiplicazione di nuove opportunità per il turismo dei week end (oggi basato su un uso predatorio del territorio e caratterizzato da una mobilità intensa e quasi esclusivamente automobilistica) e per la fruizione di periodi di vacanza in momenti diversi dell’anno, per il turismo scolastico, congressuale culturale e religioso (si pensi a questo proposito alla singolarità rappresentata dai presidi della cultura valdese nelle valli Pellice e Chisone-Germanasca), per l’enogastronomia ma anche per le attività motorie rivolte al benessere (non solo degli adulti, ma anche delle persone anziane e dei bambini), alla riabilitazione psicomotoria, per la conoscenza dell’ambiente e così via. Ma, soprattutto, occorre le che differenti attività, pur essendo rivolte a target specifici, si presentino come un sistema di offerta integrato, supportato da un complesso di servizi efficiente e da un management di qualità. Si potrebbe dire ancora che, in questa prospettiva, tutto il territorio olimpico (e non solo le località che hanno potenzialità competitive a livello internazionale) dovrebbe costituirsi come un unico distretto (per quanto articolato in un a molteplicità di ambiti diversamente specializzati): Si tratterebbe di un distretto che potrebbe essere definito “culturale”, dando al termine “cultura” un significato vasto, che ingloba diverse dimensioni. Dal punto di vista spaziale, ciò che è essenziale per il successo di un modello di questo tipo è la presenza di un rapporto forte tra tutte le parti del territorio, senza nessuna esclusione di principio; da questo punto di vista, anche gli spazi appartenenti alle “terre di mezzo” potrebbero costituire delle risorse importanti: si pensi, in particolare alle potenzialità della parte mediana ed inferiore delle valli per un turismo “dolce” ed ecocompatibile, legato ad una qualità della vita che non riguarda solo i visitatori, ma anche i residenti. I progetti che mirano a presentare Torino come una « città delle Alpi » vanno esattamente in questa direzione ; inoltre, essi si propongono di sviluppare il ruolo di capitale alpina per il capoluogo piemontese non solo in relazione con le valli circostanti, ma anche come polo centrale in rapporto ad un settore più ampio delle Alpi occidentali.

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5 UNA CHIAVE DI LETTURA: I SISTEMI LOCALI TERRITORIALI

Al fine di analizzare i diversi contesti territoriali coinvolti nella costruzione del territorio olimpico, come concettualizzato nel terzo scenario, utilizziamo come riferimento teorico e metodologico il modello dei sistemi locali territoriali (SLoT) (Dematteis, Governa, 2005). Tale modello è finalizzato a descrivere le relazioni tra interazione sociale, potenzialità del territorio locale, governance e sviluppo, e individuare una serie di indizi e condizioni che favoriscano e rendano plausibile auspicare, tramite opportune azioni di governance, la costruzione di un sistema locale territoriale in grado di agire come attore collettivo nella definizione del proprio sentiero di sviluppo (Dematteis, 2003). In quanto strumento analitico il modello concettuale SLoT si compone di questi elementi: 1) La rete locale dei soggetti: è formata dall’insieme delle relazioni e interazioni tra soggetti (individuali e collettivi, pubblici e privati, locali e sovralocali), presenti o attivabili in un territorio locale, per il conseguimento di obiettivi comuni di sviluppo di quel territorio. Per locale s’intende la scala geografica che permette le interazioni tipiche della prossimità fisica: relazioni basate sulla conoscenza e la comunicazione diretta (face-to-face), sulla fiducia, sulla reciprocità, sulla comune esperienza e pratica di un certo contesto o milieu territoriale ecc.. Si può cominciare a parlare di SLoT quando questo aggregato di soggetti agisce in qualche modo e in qualche occasione come un attore collettivo, cioè s’impegna nell’elaborazione e nella realizzazione di progetti condivisi di trasformazione, sviluppo e riqualificazione del proprio territorio, in base a una visione condivisa di esso. 2) Il milieu locale: indica l’insieme delle condizioni e dotazioni favorevoli allo sviluppo, specifiche del contesto territoriale in cui opera una certa rete locale dei soggetti, così come da questi percepite. Ha un riferimento oggettivo nelle “risorse potenziali immobili” ( o “capitale territoriale”) proprie di quel territorio. Esso non consiste però semplicemente in questo insieme oggettivo di risorse (così come le potrebbe descrivere e valutare un esperto esterno). Ha un lato soggettivo che comprende le rappresentazioni e le attribuzioni di valore operate dai soggetti locali. Riguarda cioè quell’insieme di proprietà che la rete locale dei soggetti considera come prese per trasformare e migliorare il loro ambiente di vita. 3) Il rapporto di interazione della rete locale col milieu e con gli ecosistemi locali: consiste nel tradurre le potenzialità del milieu in valori – di tipo ambientale, culturale, estetico, sociale ed economico – attraverso processi di trasformazione simbolica e materiale dell’ambiente. 4) Il rapporto interattivo della rete locale con reti e istituzioni di livello sovralocale (provinciale, regionale, nazionale, europeo, globale): si esplica in azioni che modificano sia la composizione della rete locale, sia il milieu e quindi il rapporto cognitivo, simbolico e tecnologico con l’ambiente locale in quanto sono rivolte a “importare” valori esogeni (cognitivi, culturali, sociali, economici) e ad esportare analoghi valori prodotti nell’interazione rete locale-milieu. Questi valori a loro volta modificano le reti e gli ambienti sovralocali in cui circolano.

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Questo modo di definire il sistema locale ha alcune implicazioni rilevanti. Anzitutto l’identità dello SLoT viene definita non solo in termini di senso di appartenenza, cioè di qualcosa che si basa sulla memoria del passato, ma anche e soprattutto in termini di organizzazione del sistema, cioè di senso di coesione e di continuità proiettata nel futuro. Inoltre lo SLoT, per il fatto di avere una sua specifica organizzazione e un proprio dominio cognitivo, va riconosciuto come sede di elaborazione (anche conflittuale) di razionalità locali che si esplicano poi in principi e regole specifiche di uso e di organizzazione del territorio. Allo SLoT va riconosciuta cioè una capacità (più o meno esplicita e consapevole) di autorappresentarsi e di autoprogettarsi, capacità che interagisce con quelle analoghe dei livelli sovralocali nelle forme della cooperazione, del conflitto e della negoziazione. Infine l’autorganizzazione del sistema locale in tutte le predette manifestazioni va considerata come una risorsa endogena che le politiche sovralocali di sviluppo devono conoscere, orientare, governare (governance). Va infine precisato che, pur riferendosi a un’entità territoriale individuabile geograficamente (anche se in modo “sfumato”, con contorni a geometria variabile), il sistema locale territoriale – nel nostro caso il territorio olimpico e le sue parti – differisce concettualmente da analoghe categorie descrittive precedentemente utilizzate le regioni omogenee e funzionali, i sistemi urbani, i comprensori, i distretti industriali ecc. Infatti ciò che il modello si propone di trovare (il suo possibile referente empirico) non è un sistema territoriale già esistente e funzionante come attore collettivo territoriale, ma una serie di indizi (attitudini, esperienze pregresse ecc) e di precondizioni soggettive e oggettive, che, con l’intervento di opportuni stimoli e azioni di governance, rendano possibile e altamente probabile la costruzione, in una certa area geografica, di un sistema territoriale che funzioni sul modello SLoT, cioè che sia capace di contribuire autonomamente ad obiettivi di sviluppo sostenibile (Dansero, 2005).

6 ABBOZZO DI UNA POSSIBILE METODOLOGIA PER ANALIZZARE IL TERRITORIO ALPINO IN BASE AD UN APPROCCIO ISPIRATO AI TRE SCENARI

Veniamo ora a definire alcune indicazioni di metodo per una valutazione delle potenzialità delle diverse località appartenenti al territorio olimpico (ed in particolare di quelle alpine), con riferimento ai tre scenari evocati al punto 5. Come appare evidente, un metodo adeguato a questo tipo di valutazione non può fare a meno di servirsi di un complesso di indicatori, siano essi di natura quantitativa o semplicemente qualitativa, desumibili da fonti secondarie ovvero ottenibili attraverso un’indagine diretta. Nel nostro caso, tenendo conto del fatto che ciascuno degli scenari disegna, in definitiva, il potenziale percorso evolutivo di un modello di sviluppo locale, si è scelto di fare riferimento al modello SloT, introducendo solo delle marginali variazioni dello schema-base, allo scopo di meglio aderire alle peculiarità del contesto problematico affrontato.

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Gli indicatori prescelti si riferiranno, dunque, ai 4 elementi di quel modello; l’ultimo, tuttavia, ovvero quello riguardante le relazioni tra la scala locale e quella sovralocale, sarà distinto in due aspetti, ovvero quello relativo alle risorse infrastrutturale e turistiche e quello riguardante gli aspetti politico-relazionali (vale a dire le “reti lunghe” che connettono i decisori locali con quelli di livello più ampio). In definitiva, dunque, saranno considerati 5 elementi, ovvero: a. la rete locale dei soggetti (le “reti corte”); b. il milieu locale; c. la relazione società-milieu; d. la relazione locale – sovralocale : aspetti infrastrutturali e turistici; e. la relazione locale-sovralocale: aspetti politico-relazionali (reti “lunghe”). La tabella 4 riporta, nelle righe, un elenco di possibili indicatori (o, comunque, di campi tematici nei quali definire degli indicatori), riferiti agli elementi sopra elencati del modello SLoT. Nelle colonne, invece, sono riportati i tre scenari prima descritti, vale a dire A: scenario “inerziale”; B: scenario della “rete di eccellenze”; C: scenario delle “maturità creative”. Il numero riportato in corrispondenza di ciascuna cella della tabella specifica il grado di importanza di ogni indicatore (relativo ai diversi elementi) con riferimento ad ognuno dei tre scenari: 1= poco importante; 2= abbastanza importante; 3= molto importante. Ovviamente, quello che qui si presenta non è altro che un esercizio astratto: esso serve, tuttavia a mettere in evidenza come nello scenario A solo poche variabili siano rilevanti; nello scenario B divengano rilevanti molte variabili, specie quelle atte a misurare l’eccellenza della località; nello scenario C aumenti ulteriormente il numero delle variabili rilevanti, estendendosi anche a fattori che incidono non solo sull’offerta turistica, ma anche sulla qualità della vita per i residenti della località in oggetto. Tenendo conto di questo sistema di “pesi”, relativi ad ogni indicatore, si può procedere a valutare la potenzialità attuale di ciascuna località in rapporto ai tre scenari; tale potenzialità sarà tanto più elevata, quanto più elevati sono i valori degli indicatori individuati con riferimento alle variabili rilevanti per ognuno dei modelli. La tabella 4, inoltre, serve a definire quali sono i campi tematici in cui si dovrebbe intervenire prioritariamente, qualora si intenda dirigersi verso uno dei due scenari ritenuti positivi (B e C), o verso uno scenario integrato; evidentemente, si tratterà di potenziare l’intervento negli

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ambiti tematici rilevanti per quello scenario, specie quelli in cui una località si dimostri maggiormente carente, in base agli indicatori individuati. Tabella 4 Indicatori di attivazione del locale nei tre differenti scenari per il territorio olimpico

ScenariIndicatori

A B

C

a. reti “corte” locali - Stakeholders locali (numero, rilevanza…) 2 3 3 - associazionismo locale (numero, capacità di mobilitazione…) 1 2 3 - politiche comunali volte a creare sinergie tra stakeholder 1 3 3 - stampa locale (numero di articoli dedicati al tema…) 2 3 3 - incontri, convegni ecc. dedicati allo sviluppo locale 1 2 3 b. milieu locale - impianti, infrastrutture 3 3 2 - strutture ricettive 2 3 3 - seconde case 3 2 1 - commercio 2 2 3 - servizi pubblici 1 1 3 - scuole 1 1 2 - attività produttive 1 2 2 - aree a parco, aree soggette a vincoli ambientali 1 2 3

- musei, zone di interesse culturale 1 1 3 c. relazione società-milieu - politiche locali atte alla valorizzazione di alcuni aspetti del milieu 1 2 3 - attività di volontariato rivolte alla tutela di elementi ambientali, alla

valorizzazione della cultura locale ecc 1 2 3

d. relazione locale – sovralocale : aspetti infrastrutturali e turistici - rete stradale 3 3 3 - Collegamenti sciistici 3 3 2 - Percorsi turistici 1 2 3 - Trasporti pubblici locali 1 2 3 e. relazione locale-sovralocale: aspetti politico-relazionali (reti “lunghe”)

- amministratori locali appartenenti ad istituzioni sovralocali (consiglieri della comunità montana, ATL, provinciali…)

1 3 3

- stakeholder locali con attività multilocate 1 3 3 - progetti e politiche sovralocali 1 2 3

Infine, la tabella potrebbe servire per monitoraggi successivi nel tempo, per verificare in che misura ci si stia dirigendo (o ci si stia allontanando) dallo scenario-obiettivo. Si può notare ancora che alcuni indicatori (specie quelli di cui ai punti d. ed e.) si riferiscono a caratteristiche relazionali: essi sono atti, dunque, non solo a stabilire le potenzialità delle singole località, ma anche ad indicare le relazioni reciproche. Usando in particolare quegli indicatori, è quindi possibile valutare l’interconnessione tra le singole località; si potrebbe, dunque, costruire diverse matrici di interconnessione tra le località, ciascuna delle quali fondata su singoli criteri (accessibilità, progetti e politiche sovralocali ecc.) ed eventualmente definire indicatori sintetici di interconnessione, che tengano conto simultaneamente di più criteri.

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7 UNA ESEMPLIFICAZIONE: PRALI E PRAGELATO E LA SFIDA DELLA EREDITA’ OLIMPICA

Il percorso metodologico delineato nel precedente paragrafo può trovare una preliminare esemplificazione su due località, Prali e Pragelato, poste rispettivamente alla testata della Val Germanasca e della Val Chisone, e la cui evoluzione futura è strettamente legata alle vicende olimpiche, per quanto in posizioni differenti: Pragelato è infatti sede di gara (fondo e salto dal trampolino), mentre Prali figura solo come potenziale pista di allenamento dello sci da discesa. Si tratta in qualche modo di due casi paradigmatici di località turistiche dalle potenzialità e prospettive completamente differenti. Posta al termine di uno dei tre rami in cui si ramifica la Val Germanasca – una delle vallate piemontesi con il più alto indice di marginalità e crisi secondo una ricerca dell’Ires Piemonte, passata dai 2.162 abitanti del 1971 ai 1.293 abitanti del 1991 – Prali si basa su un’economia legata soprattutto al settore turistico-alberghiero e relativo indotto (nel settore delle costruzioni e del commercio) con alcune attività economiche legate alla lavorazione del legno e ad attività agricole e pastorali. Lo sviluppo turistico di Prali è quello di una piccola località non investita da processi trasformativi invasivi, che si propone come meta di un turismo attento ai valori ambientali e culturali, essendo anche sede di un centro internazionale di cultura valdese. Può contare su un notevole patrimonio ambientale e paesaggistico, con in particolare la “Conca dei 13 laghi”, raggiungibile oltre che con percorsi escursionistici, con una seggiovia che ne consente un utilizzo sia invernale per lo sci da discesa (che si affianca a una bella e frequentata pista per lo sci di fondo), sia estivo, offrendo mete escursionistiche facili e suggestive. Ed è proprio sulla seggiovia che si gioca il tema dell’eredità olimpica per Prali. La trasformazione olimpica consente infatti di rifare il collegamento tra Prali e la Conca dei 13 laghi, sostituendo con una seggiovia biposto la vetusta monoposto, continuamente a rischio di chiusura. L’opera è stata inserita tra le cosiddette “opere di accompagnamento” dalla legge “olimpica” 285/2000 (Dansero, 2002). Sulla base del percorso di ricerca-azione che stiamo conducendo con l’obiettivo di costruire un’eredità olimpica condivisa a Prali e Pragelato1, da una prima analisi delle rappresentazioni e degli scenari di sviluppo così come percepiti dagli attori locali emerge come tutto ruoti intorno alla nuova seggiovia. Tuttavia, la creazione della nuova infrastruttura, più efficiente e capace della precedente non risolve i problemi e le incognite di una piccola comunità sempre a rischio di scendere sotto quel livello minimo vitale che consente di trattenere quei servizi essenziali (posta, banca, scuola, presidio sanitario e farmacia) alla sopravvivenza della comunità stessa e della sua attrattività turistica. L’incognita maggiore riguarda la gestione della nuova seggiovia, con la difficoltà di coinvolgere in essa i giovani locali, condizione che

1 Si tratta di uno studio inserito nel Progetto Interreg Alpcity, coordinato dalla Regione Piemonte, e che vede coinvolti il Dipartimento Interateneo Territorio del Politecnico e dell’Università di Torino, il Consorzio Pracatinat e la Comunità Montana Val Chisone-Germanasca.

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viene ritenuta indispensabile dai soggetti locali per un adeguato sfruttamento dell’infrastruttura. Ma le possibilità di perseguire uno scenario positivo di sviluppo per Prali si inseriscono proprio all’interno del terzo più ampio scenario della “maturità creativa”, attraverso il coinvolgimento del vasto insieme di proprietari di seconde case, “pralini” fidelizzati, potenzialmente interessati sia a far sì che Prali mantenga le attuali caratteristiche improntate ad uno sviluppo turistico ambientalmente e culturalmente sostenibile, sia anche a salvaguardare il capitale immobilizzato nel patrimonio immobiliare, posto a rischio da un non improbabile innesco di una spirale evolutiva negativa. Si tratta anche di sapersi collegare all’esperienza di Scopriminiera (l’Ecomuseo delle miniere e della Val Germanasca), con sede a Prali, che ha saputo attivare attorno a sé positive sinergie inter-attoriali alla scala sovralocale, con il Torinese in particolare, e alla scala locale, sovvertendo altresì le rappresentazioni dello sviluppo dominanti nel Pinerolese, fortemente plasmate da una consolidata, ma ormai declinante tradizione industriale di matrice fordista. Di tutt’altro tenore il caso di Pragelato, alla testata della Val Chisone, che tuttavia non è una valle chiusa come la Val Germanasca, ma che vede sullo spartiacque con l’alta Val Susa la più rinomata stazione turistica del Sestriere. Pragelato, grazie al potenziamento del collegamento stradale con Torino coperto dalle opere olimpiche e al nuovo collegamento con funivia direttamente con il Sestriere, accentua grazie all’evento olimpico le proprie potenzialità sia di stazione turistica invernale e estiva sia di punto di transito e eventuale base di appoggio logistica per i flussi turistici diretti al Sestriere. Con una dinamica demografica positiva (è passata da 483 a 561 residenti tra il 1999 e il 2003) e una marcata presenza di una comunità rumena (85 unità) Pragelato è indubbiamente una delle località olimpiche alpine caratterizzata da una più vivace dinamica di trasformazione, soprattutto sul piano immobiliare. L’essere sede olimpica ha infatti consentito di potenziare l’esistente pista di sci di fondo ed ha comportato la costruzione dei trampolini (5, tre di allenamento e due di gara) per le gare di salto, che unitamente alla pista di bob è l’opera più costosa, impattante e contestata di tutto il programma di trasformazioni olimpiche. Accanto a queste grandi trasformazioni le aspettative hanno portato un notevolissimo incremento della ricettività turistica (destinata a triplicare, da 500 a oltre 1500 posti letto in strutture alberghiere), a cui si aggiungono l’apertura di numerosi bed&breakfast e la messa a disposizione di un ampio patrimonio immobiliare delle seconde case quale struttura di accoglienza per le Olimpiadi, grazie a un apposito incentivo regionale. E’ soprattutto l’amministrazione comunale, con un atteggiamento fortemente imprenditivo, a guidare un ampio processo di ampliamento delle attrattive turistiche sia estive (campo da golf, pista da trial, nuovi itinerari escursionistici a piedi e in bicicletta) che invernali (percorsi su racchette da neve, pista automobilistica sul ghiaccio …) che possono contare su una notevole dotazione di risorse naturalistiche e culturali.

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Ma proprio l’essere una delle località più dinamiche nello sfruttare l’evento olimpico pone Pragelato come uno dei luoghi più contestati, sia da parte di una opposizione ambientalista, locale ma soprattutto sovralocale e nazionale (Pragelato ha “vinto” la bandiera nera di Legambiente nel 2004), sia da parte della più ampia comunità locale dell’Alta Val Chisone e del Pinerolese. Pragelato, all’indomani dell’assegnazione delle Olimpiadi, era stata infatti la più attiva nell’avviare un tavolo di coordinamento con tutte gli altri comuni dell’Alta Val Chisone e i tre parchi regionali presenti (Orsiera Rocciavré, Val Troncea, Gran Bosco di Salbertrand) allo scopo di coordinare le proposte turistiche, attuare progetti integrati alla scala sovracomunale come il campo di golf e la pista da trial. Questo tentativo di creazione di uno SLoT dell’Alta Val Chisone, ma anche di integrazione delle proposte turistiche sia con l’area metropolitana torinese, la pianura pinerolese e il Cuneese, non ha prodotto sinora i risultati sperati, anzi si è accentuata la frattura tra i percorsi evolutivi delle località turistiche più dinamiche come Pragelato e Sestriere, orientato ad uno sviluppo turistico “disinvolto”, e le altre località della Val Chisone, strette tra una scarsa caratterizzazione e cultura turistica e la crisi industriale nella bassa Valle e nel Pinerolese.

8 CONCLUSIONI

Questo scritto ha presentato una metodologia di valutazione dell’eredità olimpica basata sull’impiego di scenari sia alla scala dell’intero territorio olimpico, sia delle singole località in esso comprese. Non si tratta della costruzione di scenari come previsione scientifica del territorio olimpico al futuro, attraverso la produzione tecnica, esperta di best ways, ma di uno strumento che mira all’attivazione di senso e all’apprendimento collettivo. Se questo è l’obiettivo, elemento chiave della costruzione di scenari è la capacità di una collettività di istituzionalizzare un modo di pensare il futuro (Vettoretto, 2001). Lo scenario quindi non come il risultato previsivo del sapere tecnico di esperti, ma come processo, più che prodotto, di apprendimento collettivo orientato e proiettato nel futuro. Questi scenari saranno affiancati da un’analisi del territorio volta a cogliere le potenzialità dell’Alta Val Chisone e della Val Germanasca e saranno utilizzati in un percorso di ricerca-azione volto a mobilitare e accompagnare gli attori locali nella costruzione di un’eredità olimpica condivisa. I casi di Prali e Pragelato sinteticamente introdotti costituiscono due esperienze in qualche modo esemplari da un lato, a Prali, della difficoltà della creazione di una rete di soggetti locali, ma anche trasversali (come i turisti abituali delle seconde case), che sia disponibile a mettersi in gioco in un progetto di ripensamento del futuro di Prali, dall’altro lato, a Pragelato, della difficile integrazione in strategie fortemente orientate alla crescita economica e immobiliare, di attori locali e sovra-locali che valutano invece lo sviluppo della località sulla base di altri valori e parametri, e sulla base dei quali quello di Pragelato viene

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rappresentato come uno sviluppo tra i più insostenibili e predatori delle risorse territoriali e ambientali.

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ABSTRACT This paper focus on the relationship between mega-events and spatial transformations,

considering them as a complex result of a match among superlocal logic and local rationality.

The mega-event can be considered as the commonplace where this meeting happens. Games

of Torino 2006 will be analysed, presenting the different actors and the rationality which are

building the Olympic territorial stage, and exploring the coherence between these

transformations and the underlying strategies and visions of the many spatial systems

involved. In this context, environmental and territorial transformations are very important

aspects of the legacy of Olympic Winter Games of Turin 2006. Legacy is represented by the

effects that take part in physical changes of Olympic territory, in infrastructural facilities, in

network connections, and also by the effects that change the socio-economic and socio-

cultural systems of the involved communities.

We can see two types of effects: certain effects – who depend directly by the choice to

organza the Games – and potential effects, that are activated when exists a participate project

of valorisation the Olympic legacy in a strategic planning view. Which kind of scenarios are

available for the Olympic territory thanks to Games’ legacy?

It is possible to configure different opportunities which depend on the planning of the legacy

and on the socio-economic and spatial evolution of the area in object (Turin and

Piedmont).We propose three scenarios. The first scenario is a simple re-use of the single

Olympic facilities: this scenario means that the future of single facilities is different from case

to case and the idea of an “Olympic territory” fails. The second scenario is a joined

valorisation of Turin and the valleys which collects the excellencies of both the territories.

The purpose is the improvement of the international visibility of the territory. The third

scenario (which is complementary to the second) aims at the valorisation of the territorial

resources for the internal demand. In our paper we will discuss some empirical indicators in

order to analyse the possibilities linked to each of three scenarios.