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Ebook catalogo ISBN 978-88-6057-180-9
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GULLOTTA
D A N I E L A
G U L L O T T A
L A P O S S I B I L I T À
D E L F U T U R O
A C U R A D I
E L E O N O R A
F R A T T A R O L O
Daniela Gullottala possibilità del futuro
L’ Ariete artecontemporaneaaprile/maggio 2013
a cura di Eleonora Frattarolo
responsabile progettoDiego Santamaria
coordinamento editoriale
testo criticoEleonora Frattarolo
traduzione testo criticoSara Vivenzio
progetto graficoLuciano Leonotti/Trasguardo
referenze fotograficheLuciano Leonottipag. 3-50-51-52-54-56-64Matteo Montipag. 14-16-19-21-22-23-24-26-29-30-32
si ringraziaFrancesco De SanctisGianpaolo FerroniRanieri Frattarolo
copyright© Daniela Gullotta© L’Ariete artecontemporanea© vanillaedizioni© per i testi, gli autori
ISBN978-88-6057-180-9
Volume digitale realizzato nel mese di aprile 2013 a cura di vanillaedizioni. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotto o trasmesso in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore.
Traversa dei Ceramisti 817012 Albissola Marina (SV)Te l . + 3 9 0 1 9 4 5 0 0 6 5 9Fa x + 3 9 0 1 9 4 5 0 0 7 4 [email protected]
è un progetto
Daniela Gullottala possibilità del futuro
L’ Ariete artecontemporaneaAprile/Maggio 2013
a cura di Eleonora Frattarolo
responsabile progettoDiego Santamaria
coordinamento editoriale
testo criticoEleonora Frattarolo
traduzione testo criticoSara Vivenzio
progetto grafi coLuciano Leonotti/Trasguardo
referenze fotografi cheLuciano Leonottipag. 3-50-51-52-54-56-64Matteo Montipag. 14-16-19-21-22-23-24-26-29-30-32
si ringraziaFrancesco De SanctisGianpaolo FerroniRanieri Frattarolo
copyright© Daniela Gullotta© L’Ariete artecontemporanea© vanillaedizioni© per i testi, gli autori
ISBN978-88-6057-181-6
Volume stampato nel mese di aprile 2013 a cura
di vanillaedizioni. Nessuna parte di questo libro
può essere riprodotto o trasmesso in qualsiasi
forma o con qualsiasi mezzo elettronico, mec-
canico o altro senza l’autorizzazione scritta dei
proprietari dei diritti e dell’editore.
Traversa dei Ceramisti 817012 Albissola Marina (SV)Te l . + 3 9 0 1 9 4 5 0 0 6 5 9Fa x + 3 9 0 1 9 4 5 0 0 7 4 [email protected]
Daniela Gullottala possibilità del futuro
L’ Ariete artecontemporaneaAprile/Maggio 2013
a cura di Eleonora Frattarolo
responsabile progettoDiego Santamaria
coordinamento editoriale
testo criticoEleonora Frattarolo
traduzione testo criticoSara Vivenzio
progetto grafi coLuciano Leonotti/Trasguardo
referenze fotografi cheLuciano Leonottipag. 3-50-51-52-54-56-64Matteo Montipag. 14-16-19-21-22-23-24-26-29-30-32
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ISBN978-88-6057-181-6
Volume stampato nel mese di aprile 2013 a cura
di vanillaedizioni. Nessuna parte di questo libro
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canico o altro senza l’autorizzazione scritta dei
proprietari dei diritti e dell’editore.
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Daniela Gullottala possibilità del futuro
L’ Ariete artecontemporaneaAprile/Maggio 2013
a cura di Eleonora Frattarolo
responsabile progettoDiego Santamaria
coordinamento editoriale
testo criticoEleonora Frattarolo
traduzione testo criticoSara Vivenzio
progetto grafi coLuciano Leonotti/Trasguardo
referenze fotografi cheLuciano Leonottipag. 3-50-51-52-54-56-64Matteo Montipag. 14-16-19-21-22-23-24-26-29-30-32
si ringraziaFrancesco De SanctisGianpaolo FerroniRanieri Frattarolo
copyright© Daniela Gullotta© L’Ariete artecontemporanea© vanillaedizioni© per i testi, gli autori
ISBN978-88-6057-181-6
Volume stampato nel mese di aprile 2013 a cura
di vanillaedizioni. Nessuna parte di questo libro
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canico o altro senza l’autorizzazione scritta dei
proprietari dei diritti e dell’editore.
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Daniela Gullottala possibilità del futuro
L’ Ariete artecontemporaneaAprile/Maggio 2013
a cura di Eleonora Frattarolo
responsabile progettoDiego Santamaria
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testo criticoEleonora Frattarolo
traduzione testo criticoSara Vivenzio
progetto grafi coLuciano Leonotti/Trasguardo
referenze fotografi cheLuciano Leonottipag. 3-50-51-52-54-56-64Matteo Montipag. 14-16-19-21-22-23-24-26-29-30-32
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copyright© Daniela Gullotta© L’Ariete artecontemporanea© vanillaedizioni© per i testi, gli autori
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Volume stampato nel mese di aprile 2013 a cura
di vanillaedizioni. Nessuna parte di questo libro
può essere riprodotto o trasmesso in qualsiasi
forma o con qualsiasi mezzo elettronico, mec-
canico o altro senza l’autorizzazione scritta dei
proprietari dei diritti e dell’editore.
Traversa dei Ceramisti 817012 Albissola Marina (SV)Te l . + 3 9 0 1 9 4 5 0 0 6 5 9Fa x + 3 9 0 1 9 4 5 0 0 7 4 [email protected]
Daniela Gullotta e la possibilità del futuro.
Le architetture sono mondi ostinati, con cieli propri e tetti e
fondazioni che recingono e così facendo compiono un’azione di
chiusura all’opera della natura selvaggia e al tempo delle stagioni.
Ci fu un tempo in cui gli uomini resero sacro questo spazio
recintato e credettero che la fondazione di un edificio fosse un
atto di fede dal carattere religioso e dunque eterno. Oggi che le
religioni sono diventate fragili crisalidi e il sacro e i riti del
costruire sono forse solo un ricordo, permane comunque la verità
del dettato di Heidegger secondo cui l’abitare è il modo in cui i
mortali sono sulla terra. Daniela Gullotta da sempre rappresenta
architettura, apparentemente disertata da chi l’ha vissuta o agita.
La pittrice riveste di potente significato organismi vetusti immersi
in vorticosi Maelstrom temporali: sacrari cimiteriali, antichi edifici
simboli della civiltà occidentale, stabilimenti industriali, capannoni
di una recente storia manifatturiera neanche tanto “proto”,
conformati in modo da diventare imbuti luminosi, densi di
materia pesante e pensante e ricchi di luce leggera e quasi marina,
quella dell’alba del mondo. Sono immagini cognitive esteriori e
interiori, temporalmente profonde e connotano semplicemente,
simbolicamente, un articolato e sensibile paradigma di potenza
dell’ingegno umano, una rassegna delle sue qualità, gestite e
onorate dal deterioramento, dal collaudo del loro essere “passato”.
In mezzo, il marasma tra acque generatrici e infedeli,
appantanate o scolate, che a volte dileguano in nebbia di miasmi
e vaporizzano in atmosfere dense e volatili, intrise del sortilegio
della cancellazione, in cui il vento della diaspora delle anime che
vissero libera gli spazi dalla presenza del fervore, dalle emozioni
e dai suoni alti o pacati delle voci. Solo alzati, spaccati, proiezioni
d’esterni, fughe prospettiche d’interni solitari, anche se ricchi di
invisibili presenze operose, in visuali che manifestano l’immanenza
dello spirito e la cura intellettuale, manuale e immaginifica che
ebbero del mondo, del loro mondo, gli umani delle altre epoche,
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come antichi Manes, eroi fondatori, che nell’esemplare laconico e
ruderale di ciò che fu, residuano con orgoglio un’identificazione
oltre l’alterità della morte e rivelano la verità di un messaggio e di
un modus vivendi ancora fertile e capace di trasmissione.
Ed è forse a causa di questo impasto di tempo e materia, di
assenza e di azioni che le rappresentazioni di Daniela Gullotta sono
paradossalmente riedificatorie, sono scenografie di possibilità del
futuro, sono avvertimenti, in quanto in dialogo col passato, nella
compresenza di contrazione e dilatazione, chiusura e voragine, ove
affiorano le fondazioni, esposte, che non possono rovinare come
le mura che da esse si ergono e che si affacciano fosche, ma anche
disponibili, all’indagine meticolosa, ingegneristica, delle possibilità.
Un collasso e un caos che è un ritratto di noi come specie umana
attraverso i suoi prodotti più evidenti e permanenti, le architetture,
che differenziano e traducono lo scorrere del tempo in un modo
che le ossa e persino i manufatti non riescono a fare. Inoltre, in un
periodo come il nostro dove immondizia e riciclo non hanno ancora
dato vita a un nuovo vergine e vivace modo di vivere, basato su una
chimica di radicale scomposizione dell’artificiale nei suoi elementi
primari, negli atomi e nelle molecole originarie delle sostanze che
stiamo aggregando e manipolando dalla nascita dell’industria, e che
riusciamo a malapena a spezzettare, a frantumare e a riproporre in
stampi per usi alternativi ed “ecologici”, i quadri dell’artista sembrano
indicare anche questo, organismi e materiali della disgregazione si
fondono organicamente in un compostaggio storico che esprime la
capacità di assorbimento di noi che ha la terra e che non ci
spossessa, ma semmai è il viatico più importante per la nostra
rinascita, nel susseguirsi di civiltà imparentate e tutte emerse dal
grembo del pianeta. In un libro sul “dominio dei morti”, Pogue Harrison
evidenzia l’etimo e afferma a questo riguardo che l’umanità è tale
perché è umabile, seppellibile come humus, e come tale altrettanto
fertile. Ed è proprio in questa straordinaria capacità di
autofecondazione che viene dal passato, in questa possibilità di
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memoria culturale autogenerativa che promana dal profondo
dell’essere, che giace come in uno scrigno il segreto dell’esistenza,
effimera e preziosa dell’umanità, tale da suscitare l’invidia degli
dei immortali per l’insostituibile valore dell’istante creativo, latente
e impellente, che segna e fa di questa esistenza un’opera d’arte.
Riguardo alla formazione musicale di Gullotta, i suoi studi di
pianoforte producono ancora efficacemente echi enarmonici,
riformulati pittoricamente negli alberi genealogici delle sue
archeologie. Due suoni di notazione diversa, ma di identica altezza,
combaciano come un do diesis e un re bemolle e si identificano
nella fattispecie di immagini sfalsate cronologicamente che
evidenziano uno stesso significato, una medesima ontologia.
Un’arena romana che ruota o sembra ruotare in un turbine
di autocancellazione e sparizione, abbandonando tempo
e dimensione, un capannone industriale assemblato in un
parallelepipedo stretto e lungo come una lama prospettica
che penetra nelle viscere della storia manifatturiera, volgono
entrambi all’ipòstasi dell’essenza delle cose, che resta immutata
pur all’interno del proprio divenire, e che combacia e consuona
in un unisono enarmonico, quello del senso stesso del proprio
tramandarsi all’interno del tempo. Un’ipòstasi che nel suo
scomparire e riaffiorare si potrebbe anche tradurre, sotto un’altra
angolazione, come una rivendicazione del suolo che si ripulisce
dai manufatti dell’uomo e se ne purifica, sacralizzando la propria
fertilità di matrice. Su questo tema, che inerisce strettamente alle
fondazioni, un famoso saggio di antropologia culturale di Anita
Seppilli, Sacralità dell’acqua e Sacrilegio dei ponti, evidenzia nelle
culture arcaiche la centralità salvifica dei riti di fondazione che
celebravano l’unione delle basi costruttive immerse o sprofondate,
con i due elementi cosmici dell’acqua e della terra.
Tali sacrifici sin dai primordi delle terramàre garantivano
apotropaicamente contro il ribollire magmatico delle viscere di
fuoco, contro l’avversità sprigionata dalle anime dell’Ade, contro le
6
inondazioni e i maremoti e tutto ciò che poteva manifestare
l’irritazione di Gea per l’ingerenza e la tracotanza dell’uomo.
Erano, dunque, riti fondamentali contro il sacrilegio dello scempio
del suolo che rinasce e risucchia, laddove ciò che vi è infisso viene
inflitto senza emendare la colpa della trasgressione. Una fondazione
è, infatti, una ferita cicatrizzata, è contemporaneamente taglio e
sutura, cesura e continuità nel tessuto e nello spazio del suolo o delle
istituzioni in cui appare, un compromesso temporale tra cellule morte,
in questo caso quelle degradate delle rovine o di ciò che soggiace
all’invecchiamento e deve essere soggetto a manutenzione
sostitutiva, e le cellule nuove dei materiali di questa sostituzione o,
nel caso delle rovine, del terreno che ne prende il posto. Lo sguardo
di Gullotta è una consapevole rinunzia all’indagine del paesaggio
canonico, pur essendosi a dire il vero da tempo diffuso un nuovo
“rovinismo” che sorto dalla tradizione pittorica, scenografica,
incisoria, approda nel ‘900 sulle rive di film come Fuga da New York o
Blade Runner e velocizzato da un corto circuito letteratura-cinema-
fumetto si attiva ai nostri giorni variamente declinato nel lavoro di
fotografi come Fabiano Parisi o di pittori dal gesto vasto e grandioso
come Valery Koshlyakov. Nelle immagini di Parisi ad esempio gli
edifici sono come i corpi degli esseri umani, come i corpi degli esseri
che li costruirono e sfaldandosi, sbriciolandosi, conservano un rigore
complessivo, un’essenzialità asciutta che è quella della vecchiaia, che
parla di tempo, di volontà, di scopi e obiettivi sottoposti all’alea della
sorte, al tarlo dei dubbi e alle contraddizioni, alle ricomposizioni e
agli assestamenti.
Ma soffermandomi sul gusto e sulla pratica fabrile di Daniela Gullotta,
educati in giovinezza dalla magnifica tecnica e dall’alta poetica di
Maurizio Bottarelli, dalla scenografica assolutezza di Anselm Kiefer,
dal genio di Alberto Giacometti, dalle preziosità poetiche di Klimt
e di una Vienna che le è familiare e cara quanto l’Italia, mi piace ora
rammentare la rete leggiadra e preziosa che nei suoi quadri è tessuta
da circoli dorati, lucenti geometrie post-cubiste, grumi colorati e
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colanti, piccole addizioni da collage in tela sabbiose e bronzee…
grafemi, ornamenti significanti, che danzano al ritmo della pura
pittura in un altrove rispetto al luogo rappresentato, il quale ruina
estenuato, è vero, ma anche grazie ad essi, ricco, e sontuoso.
Esemplare di questa risoluzione e di questa abilità è la Fabbrica o il
Laminatoio dell’ex Falck.
Negli incroci di segni orizzontali albuminosi e sfocati come fosfeni
marini, che talvolta s’incrociano a X, si annidano tagli neocubisti
attraversati da striature laser che richiamano le vedute di città nel
traffico urbano notturno di antiche fotografie. La Fabbrica sembra in
effetti una vera città allagata dall’alba e dai traccianti dei gas di scarico
della notte, con sfere luminose non molto grandi, a volte piccolissime,
che sostengono visivamente i segmenti che segnalano il tetto
e che fuggono verso il pieno giorno rilucente dello sfondo
lontano. In queste immagini la pittrice sfida lo spazio tenendolo in
tensione, trattenendolo senza farlo risucchiare dai suoi fuochi
prospettici, ma lo fa in realtà interrogando il tempo, le sue scansioni
taglienti e ordinate riflettute nei comparti delle catene di
montaggio, dove uso e abbandono diventano più toccanti proprio
perché industriali, recenti ed espressione di una potenza di
produzione collettiva moltiplicata dalle macchine e sovraumana.
Questa artista ci emoziona con la sua pittura in modi paradossali,
perché agogna una risposta razionale e non emotiva al disordine
dell’annullamento e cerca una prospettiva diversa e possibile tra le
mille già visionate ed espletate: forse perché tra l’ideazione e la
razionale selezione operata dal gesto creativo c’è un intervallo di
natura morale e spirituale che le concede quell’ottimismo
propositivo, quella necessità di essere, che si chiama intelligenza.
Eleonora Frattarolo
Grizzana Morandi, Marzo 2013
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Daniela Gullotta and the chances for the future.
Architectures are stubborn worlds, with their own enclosing skies,
ceilings and foundations, performing an enclosing action to the
work of wild nature and the time of seasons. There was a time
when men used to sanctify this enclosed space and to believe that
founding a building was an act of faith with a religious and eternal
character. Nowadays that religions have become empty chrysalids
and that the holy and the rite of building are maybe only a memory,
the truth of Heidegger’s dictate remains: inhabiting is the way in
which mortals are on earth.
Daniela Gullotta has always been representing architecture, appa-
rently neglected by those who lived or made it. The painter covers
with powerful meaning, very old organisms immersed in whirling
temporal Maelstrom: cemeterial sanctuaries, old buildings symbol of
western society, plants, sheds with a recent manufacturing history
not even so “proto”, shaped to become shining funnels, dense with
heavy and thinking matter, rich in an almost marine light, the light
of world’s dawn. They are temporally deep, cognitive exterior and
interior images, simply connoting symbolically an articulated and
sensitive paradigm of power of human intelligence, a survey of its
qualities, managed and honored by the deterioration, by the test of
their being “past”. In the middle, the chaos between generating and
unfaithful waters, muddy or drained, dispersing sometimes in a fog
of miasmas and vaporize in dense and volatile atmospheres, filled
with the spell of cancellation, in which the wind of the souls that
lived frees the spaces from the presence of fervour, from emotions
and from the high or silent sounds of the voices. Only projections of
externals, perspective points of lonely interiors, though rich in invisible
hard-working presences, in views manifesting the
immanence of the spirit and the intellectual, manual and highly
imaginative care they had of the world, of their world, the human
beings of other epochs, as ancient Manes, founding heroes, who in
the laconic and wrecked model of what had been, are proudly left
10
with an identification beyond the alterity of death and reveal the
truth of a message and a modus vivendi still fertile and capable of
transmitting. It is maybe because of this mixture of time and matter,
of absence and actions that the representations by Daniela Gullotta are
paradoxically riedifying, they are scenographies of chances of the
future, warnings, as they are dialogue with the past, in the presence
of contraction and dilation together, of closure and abyss, where
the foundations emerge, exposed: they can’t ruin like the walls
emerging out of them and appearing dull, but also available to the
meticulous, engineering, possibilist inquiry. A collapse and a chaos
which are a portrait of us as human species through its more evident
and permanent products, the architectures, which differentiate and
translate the rolling by of the time in a way that even bones and
handiworks can’t. Moreover, in an age like ours, where rubbish and
recycle have not yet given birth to a new, virgin, lively way of living,
based on a chemistry of radical decomposition of the artificial in its
primary elements, in the atoms and the original molecules of the
substances that we are aggregating and manipulating since the
birth of industry and that we can hardly break into pieces, smash
and repropose in moulds for alternatives and “ecological” usages, the
works of the artist seem to indicate this too: organisms and materials
of the disintegration melt organically into an historical composting,
expressing the capability of us which the earth has and that doesn’t
dispossess us. It is, if anything, the more important viaticum for our
rebirth, in the succession of related civilizations all emerged from the
womb of our planet. In a book on the “ dominion of the dead”, Pogue
Harrison underlines the etymon and says that humanity is such,
because it can be buried as humus, and as such is fertile. It is in this
extraordinary capability of self-fecundation deriving from the past, in
this possibility of self-generating cultural memory coming from the
deep of the soul, that lays as a jewel case the secret of the ephemeral
and precious human existence, able to provoke the envy of immortal
gods, because of the irreplaceable value of the creative moment,
11
compelling and latent, which signs and makes of this existence a
work of art. As for Gullotta’s musical education, her piano studies still
effectively produce enharmonic echoes, pictorially reformulated in
the genealogic trees of her archaeologies. Two sounds of different
notation but with the same pitch, correspond like a C- sharp and a
D-flat and identify as chronologically staggered images, which
express the same meaning, the same ontology. A Roman arena
rotating, or apparently rotating, in a turmoil of self-cancellation and
disappearance, abandoning time and dimension, a shed assembled
in a parallelepiped narrow and long as a perspective blade, which
penetrates into the bowels of the manufacturing history, both turn
into the hypostasis of the essence of things, which stay unchanged
within its own becoming, and corresponds and sounds with an
enarmonic unison, that of the sense itself of its own handing on
within the time. An hypòstasis which in its disappearing and
resurfacing could also be translated, from another angle, as a claim
of the soil which cleans itself up from the human handiworks and
gets purified, consecrating its own fertility as a matrix. On this su-
bject, directly inherent to the foundations, a famous essay of cultural
anthropology by Anita Seppilli, Sacralità dell’acqua e Sacrilegio dei ponti,
she underlines in archaic cultures the redeeming centrality of the
foundation rites, celebrating the union of the basis of
constructions immersed or subsided, with the two cosmic elements
of water and earth. Since the origins of the villages in the Bronze
age, these sacrifices would be an apotropaic warrantee against the
magmatic rumbling in the fire bowels, against the adversity of Hades’
souls, against floodings and submarine earthquakes and everything
that could show Gaia’s irritation for the interference and arrogance of
men. These were fundamental rites against the sacrilege of the ruin
of the soil which revives and swallows up, where what is embedded
gets inflicted without amending the sin of transgression. A foundation
is a closed wound, cut and suture, edge and continuity at the same
time in the tissue and space of the soil or the institutions where it
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appears, a temporal compromise between dead cells (in this case the
ones deteriorated by the ruins or by what is subject to ageing and
need to be kept in substitutive maintenance) and the new cells of the
materials of this replacement, or in this case of the ruins, of the soil
that takes its place. Gullotta’s look is a well aware renounce to study
the canonical landscape, even though since long, a new “ruinism”
has spread out. Born out of the pictorial, scenographic and carving
tradition, it gets ashore in movies like Escape from New York or Blade
Runner; bouncing in a short circuit literature-cinema-comics, it gets
activated in our days, variously declined in the work of
photographers like Fabiano Parisi or painters with a large and
magnificent gesture as Valery Koshlyakov. In Parisi’s images, for
example, the buildings are like the bodies of human beings, the
bodies of the beings which built them, which breaking up, crumbling,
maintain a general rigour, a dry essentiality, typical of the old age,
speaking of time, will, ends, subject to the hazard of fate, to the
gnawing of doubts and to contradictions, recompositions and
adjustments. But, dwelling upon the taste and the practice of Daniela
Gullotta, trained in her youth by the magnificent technique and the
high poetics of Maurizio Bottarelli, from the scenographic
absoluteness of Anselm Kiefer, the poetic preciousness of Klimt and
of a Vienna which is familiar and dear to her like Italy is, I want to
remember the graceful and precious network that in her paintings is
made of golden circles, shining post-cubist geometries, coloured and
melted clots, small additions of sand and cupper… graphemes,
important decorations, dancing to the rythm of pure painting in a
place elsewhere than the place represented, which ruins exhausted, but
also, thanks to them, rich and luxurious. The Fabbrica or the Laminatoio
by ex Falck group is exemplary for this resolution and this ability.
In the intersections of horizontal signs, albuminous and blurred like
marine phosphenes, sometimes x-crossed, neo-cubist cuts hide,
crossed by laser stripes, reminding the views of a town in the night
urban traffic of ancient photos.
13
The Fabbrica really looks like a real city inundated at dawn by the
tracers of the exhaust gases, with not very big (sometimes really
small) light circles, visually sustaining the optical tracers signaling
the ceilings and escaping towards the full bright day of the far
background. In these images, the painter challenges the space
keeping it in tension, without letting it be swallowed up by the
perspective points, and she does that, interrogating the time too,
its cutting and well-ordered splittings, reflected into assembly lines,
where usage and abandonment become more touching because
they are industrial, recent, expression of a power of collective,
wsuperhuman production multiplied by machines. This artist touches
us with her painting in paradoxical ways, because she longs for a
rational and not emotional answer to the confusion of cancellation
and looks for a different perspective, which is possible among the
ones already inspected and fulfilled: maybe because between the
ideation and the rational selection operated by the creative gesture
there is an interval of moral and spiritual nature, which gives her that
optimism of proposing, that necessity of being, called intelligence.
Eleonora Frattarolo
Grizzana Morandi, March 2013
18
Galleria, particolare (pag.16-17)
Galleria degli Angeli, 2013tecnica mista su legno, cm 130 x 100
Galleria, 2013tecnica mista su legno, cm 90 x 130 (pag.14-15)
20
Laminatoio, ex Falck, 2012tecnica mista su legno, cm 260 x 200
22
Laminatoio, ex Falck, particolari
22
Laminatoio, ex Falck, particolari
23
22
Laminatoio, ex Falck, particolari
2323
25
Omec, ex Falck, 2012tecnica mista su legno, cm 140 x 200particolare (pag. 26-27)
4
Fabbrica, 2012 tecnica mista su legno, cm 200 x 140
28
T5 - ex Falck, 2012 tecnica mista su legno, cm 80 x 200
30
31
Trafilerie - ex Falck, 2012 tecnica mista su legno, cm 140 x 200 (pag.32-33)
Foro Romano, 2010
tecnica mista su legno, cm 140 x 200
(pag.30-31)
Pantheon, 2010
tecnica mista su legno, cm 200 x 200
36
Foro Romano, 2010
tecnica mista su legno, cm 140 x 200
(pag.30-31)
Pantheon, 2010
tecnica mista su legno, cm 200 x 200
36
Foro Romano, 2010
tecnica mista su legno, cm 140 x 200
(pag.30-31)
Pantheon, 2010
tecnica mista su legno, cm 200 x 200
36
Castel Sant’Angelo, 2010 tecnica mista su legno, cm 140 x 200 (pag. 40-41)
38
Castel Sant’Angelo, 2010 tecnica mista su ardesia, cm 40 x 40
Castel Sant’Angelo, 2010
tecnica mista su legno, cm 140 x 200
(pag. 40-41)
38
Castel Sant’Angelo, 2010
tecnica mista su ardesia, cm 40 x 40
Castel Sant’Angelo, 2010
tecnica mista su legno, cm 140 x 200
(pag. 40-41)
38
Castel Sant’Angelo, 2010
tecnica mista su ardesia, cm 40 x 40
46
Interior, 2008 tecnica mista su legno, cm 150 x 150
Colosseo, 2010 tecnica mista su legno, cm 200 x 250 (pag. 44-45)
Arco di Settimio Severo, 2010 tecnica mista su legno, cm 140 x 200 (pag. 42.43)
46
Interior, 2008
tecnica mista su legno, cm 150 x 150
Colosseo, 2010
tecnica mista su legno, cm 200 x 250
(pag. 44-45)
Arco di Settimio Severo, 2010
tecnica mista su legno, cm 140 x 200
(pag. 42.43)
46
Interior, 2008
tecnica mista su legno, cm 150 x 150
Colosseo, 2010
tecnica mista su legno, cm 200 x 250
(pag. 44-45)
Arco di Settimio Severo, 2010
tecnica mista su legno, cm 140 x 200
(pag. 42.43)
Interior, 2007 tecnica mista su legno, cm 132 x 92
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50 51
50 51
Daniela Gullotta è nata a Bologna nel 1974.
Studia pittura all’Accademia di Belle Arti e
contemporaneamente compie gli studi di pianoforte con il
M° L. Mostacci fino al settimo anno (esami conseguiti al
Conservatorio G. B. Martini di Bologna).
Tra il 1996 e il 1998 collabora come assistente nello studio
dell’artista Maurizio Bottarelli.
Si diploma all’Accademia di Belle Arti nel 1998.
Nello stesso anno vince la John Crane Scholarship per il Royal
College of Art di Londra (Borsa di studio per un unico studente
tra tutte le accademie italiane).
Si trasferisce quindi a Londra e studia alla prestigiosa RCA dove
nel 2000 prende il Master of Arts, in questi anni vince diversi
premi tra cui il Daler Rowney prize for drawing.
Dalla fine del 2000 inizia ad esporre in diverse mostre collettive
per importanti gallerie di Londra, Parigi e New York.
Nel 2001 è invitata come Artist in Residence alla Citè
Internationale des Arts di Parigi, dove soggiorna per 3 mesi, nel
2002 inizia anche ad esporre con la storica galleria
Marlborough Fine Art di Londra che nel 2003 organizza la sua
prima mostra personale e con la quale continua ad esporre
regolarmente.
Nel 2007 è invitata come Artist in Residence presso la Monash
University di Melbourne dove soggiorna per 2 mesi.
Dal 2008 inizia anche ad esporre in Germania con la
Galerie Koch.
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Eleonora Frattarolo è docente di Storia dell’Arte Contemporanea
e Beni Culturali e Ambientali presso l’Accademia di Belle Arti di
Bologna, dove è anche Responsabile del Gabinetto dei Disegni
e delle Stampe Moderni e Contemporanei. Ha collaborato con
la Soprintendenza ai Beni Storici di Parma e Piacenza fino alle
schede critiche per il Catalogo Generale della Pinacoteca
Nazionale di Parma e alla mostra nel Palazzo della Pilotta
dedicata a Massimo Pulini (Il Museo Sonnambulo, Parma 2000).
Nel 2000 è consulente per il progetto museologico della Galleria
d’Arte Moderna del Palazzo della Dogana in Foggia. Nel 2008
cura con Fabia Farneti la mostra dedicata ad Antonio Basoli
(1774-1848) nella Pinacoteca Nazionale di Bologna.
Nel 2010 progetta e cura il Convegno promosso dall’Accademia
di San Luca in Roma La necessità dell’arte oggi: rappresentare o
presentare?, una riflessione sull’etica, sul mercato, sullo stato
delle cose nell’arte odierna. Studiosa sia di arte moderna che di
contemporanea (su Leonardo Cremonini, 2010 ; sui significati
relativi alla rappresentazione della testa sul piatto di San Giovanni
Battista, 2011), dal 2012 è consulente del Comune di Grizzana
Morandi per la realizzazione delle mostre nei Fienili del Campiaro
e nella casa-studio di Giorgio Morandi (Il Paesaggio Necessario,
Grizzana Morandi, 2012). Su Daniela Gullotta ha già scritto in
Lascia un segno, catalogo della mostra, Pinacoteca Nazionale,
Bologna, 2011.
Con l’ARIETE artecontemporanea ha collaborato in occasione di
Sotto il disegno, Bologna 2008, e Vanni Spazzoli. Magazzino dei
ricordi (testi di E. Frattarolo e C. Spadoni), Bologna 2011.
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DANIELA GULLOTTA Nata a / Born in Bologna, 1974.
Vive e lavora a / Lives and works in Bologna and London.
FORMAZIONE / EDUCATION
1998-2000 MA Fine Art Painting, Royal College of Art, Londra, UK 1993-98 Diploma, Accademia delle Belle Arti di Bologna, IT 1988-92 Diploma, Liceo Artistico Arcangeli di Bologna, IT
MOSTRE PERSONALI / SOLO EXHIBITIONS
2012 ‘Visioni’ San Pietro in Atrio, Como, IT
2011 ‘Views of Rome: a personal tribute to Piranesi’ Marlborough Fine Art, London, UK
2009 ‘Architektonisce Relikte’ Junge Kunst, Wolfsburg, DE
2008 ‘Architectonic Relicts’ Galerie Koch, Hannover, DE
2007 ‘Urban Landscape’ Caulfield Gallery, Melbourne, AUS 2006 ‘Signs of Forgotten Spaces’ Marlborough Fine Art, London, UK
2004 ‘Spaces’ Soho House, London, UK
2003 ‘Interiors’ Marlborough Fine Art, London, UK
MOSTRE COLLETTIVE / GROUP EXHIBITIONS 2012/2013 ‘Altrove-Luogo o Poesia’ Catania Art Gallery,Catania, IT
2011/2012 ‘Lascia un segno’ Pinacoteca Nazionale di Bologna, IT
2008/2009 ‘Gullotta, Outlon, Pilkington’ Galerie Arque, Lisbona, PT
2008 ‘9 artists’ Marlborough Fine Art, Londra, UK
2000 ‘Stranger Geography’ Monash University, Prato, IT
2005 ‘50 Jahre Galerie Koch’Galerie Koch, Hannover, DE
2004 ‘Perpektiven’ Galerie Koch, Hannover, DE ‘Architectonic Views’ A Gallery, Londra, UK 2003 ‘Eloge de l’immobilite et du silence’
Fondation D’Art Contemporain Guerlain, Parigi, FR
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2000 ‘Project 10’ Wimbledon Gallery, Londra, UK
‘Prospects’ Essor Gallery, Londra, UK
‘SO 02’ Nunnery Gallery, Londra, UK
‘Painting and Photography’ Art First Gallery, Londra, UK
‘The BOC Emerging Artist Award 2002’ Finalist show,
BOC Windlesham, UK
2001 ‘Still’ Vertigo Gallery, Londra, UK
‘RCA Secret’ Royal College of Art, Londra, UK
‘11 artists from the RCA in London’ Museum of Contemporary Art
in Denmark- Roskilde, DK
‘Contemporary Dialogue’ Marlborough Fine Art, Londra, UK ‘TI group collection’ Sothebys, Olympia-Londra, UK
‘4 Italian Artists’ Paul Morris Gallery, New York, USA
2000 ‘Chase’ Royal College of Art, Londra, UK ‘Painting 2000’ Royal College of Art, Londra, UK
‘Assembly’ Stepney City, Londra, UK
‘CAS Contemporary Art Society Market’ Royal Festival Hall, Londra, UK
‘Between painting and photography’ Exit Art Gallery, New York, USA
‘Urban Paintings’ Albemarle Gallery, Londra, UK
1999 ‘Underground’ ENSBA, Parigi, FR
1998 ‘Mostra giovani artisti’ City Council exhibition room, Bologna, IT
1997 ‘Primaparete’ Galleria S. Fedele, Milano, IT
‘Mostra del premio Maurizio Marchese’ Roma, IT
1996 ‘Arte in Comune, Comune in Arte’ Bologna, IT
ARTE FIERE / ART FAIRS
2004/2012 Art Basel, TEFAF Maastricht, Art Cologne, Masterpiece London, Fine Art
Fair Frankfurt
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RESIDENZE, PREMI, BORSE DI STUDIO RESIDENCIES, PRIZES, GRANTS
2007 Artist in Residence: Monash University studio, Melbourne, AU 2001 Artist in Residence: Paris Studio; Cite’ Internationale des Arts, Paris, FR
Society and Waterstones Artbook Prize, UK
2000 TI Budapest Travel Award, UK
1999 John Crane New York Travel Award, UK
John Crane USA Travel Award, UK
Daler-Rowney Prize for Drawing, UK
1998-2000 John Crane Italy Scholarship, RCA, UK
COLLEZIONI / COLLECTIONS
British Airways, London - Milano
Royal College of Art, London Bank of America, London
Financial Services Authority, London
ABN Amro Bank, Amsterdam
Novart, Basel Monash University- Faculty of Art & Design, Melbourne
Pinacoteca Civica di Como
Gabinetto dei disegni - Accademia delle Belle Arti di Bologna
BIBLIOGRAFIA / BIBLIOGRAPHY
‘Gullotta-Tesori da dipingere’ Corriere di Como,8 marzo 2012 IT
‘Daniela Gullotta riscrive l’architettura industriale’ Il Giornale, 6 marzo 2012 IT
‘Le visioni di Daniela Gullotta’ Corriere di Como, 4 marzo 2012 IT
‘Daniela Gullotta-L’Artista che cerca la via di casa’ Manuela Valentini, Il Resto del
Carlino, 29 febbraio 2012 IT
‘Lascia un segno’ E. Frattarolo, Cat. 2011 IT
‘Gullotta-Una pittrice bolognese alla conquista di Londra’ Nicoletta Barbieri Mengoli,
Il Resto del Carlino, 26 luglio 2011, Bologna IT
62
‘Daniela Gullotta a Londra’ L’informazione-Il Domani. 24 luglio 2011 p.22, Bologna IT
‘Paintings that breathe’ V.Coen,‘Spiritual Solace’ Andrew Lambirth, The Spectator,
16 July 2011, cat,London UK
‘Junge Kunst zeigt Daniela Gullotta’ Wolfsburger Allgemeine, 12 June 2009 DE
‘Austellung: Kunstlerin zeigt ruinen in Wolfsburg’ Wolfsburger Zeitung, 20 April 2009 DE
‘Relikte’ Hannover Kurier 17 June 2009 DE
‘Daniela Gullotta’ Indigo Magazine, April 2009 DE
‘Dustere Relikte bei Junge Kunst’ Wolfsburger Allgemeine, 17 April 2009 DE
‘Verlassene Fabriken, Verfallende Kirchen’ Hannover Zeitung, 17 April 2009 DE
‘Zeigen, was bleibt wenn der mensch geht’ Wolfsburger Kurier, 25 April 2009 DE
‘Gullotta, Outlon, Pilkington’ Daniela Catulo, Cat. Arque Chiado Galerie, Lisbon, 2008 PT
‘Architectonic relicts’ Caroline Kading, Cat. Galerie Koch, Hannover, 2008 DE
‘Finding new Structures’ Andrew Lambirth, Cat. Marlborough Fine Art, London, 2006, UK
‘Artists in Britain since 1945’ David Buckman, Art Book, London, 2006 UK
‘Signs of forgotten spaces’ Andrew Lambirth, The Spectator, 20 May 2006, London UK
’50 Jahre’ Detlev Rosenbach, Cat. Galerie Koch, Hannover, 2005, DE
‘Il silenzio della citta’’ Gabriele Magnani, AD-Architectural Digest-p36 N.268
Settembre 2003 IT
‘Eloge de l’immobilite et du silence’ Roy Exley, Cat. Fondation d’ Art Contemporain
Guerlain, Paris, 2003 FR
‘Interiors’ Tom Morton, Cat. Marlborough Fine Art, London, 2003 UK
‘Contemporary Dialogue’ Jim Healy, What’s On, 18 July 2001, London UK
‘11 Artists from the RCA in London’ Mette Marcus & Morten Sondergaard,
Cat. Museum of Contemporary Art in Denmark, Roskilde, 2001 DK
‘Still’ Evening Standard, p.49, 19 April 2001, London UK
‘TI Group Collection’ Cat. Sotheby’s, London, 2001 UK
‘Assembly’ Roger Black, Cat. London, 2000 UK
‘Art Collections’ Paul Huxley, Cat. London, 1998 UK
‘Primaparete’ Marina De Stasio, Cat. Galleria San Fedele, Milan, 1997 IT
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DANIELA