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SOMMARIO ANNO XLVIII GENNAIO-FEBBRAIO 2013 105 /13 BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI P.P.C. DI ROMA E PROVINCIA ARChITETTuRA Progetti a cura di massimo loCCi 16 un bilancio dell’architettura romana dell’ultimo decennio MassiMo locci arCHitetti romani 21 alessandro anselmi: architettura come affermazione di libertà MassiMo locci nuoVe teCnologie a cura di eliana CanGelli e Fabrizio tuCCi 26 Housing sociale: una sfida da vincere con l’industrializzazione eliana cangelli 30 tecnologie bioclimatiche per la nuova edilizia residenziale pubblica FabRizio tucci imPianti a cura di Carlo Platone e GiusePPe Piras 34 la superficie aero-illuminante questa sconosciuta... RobeRto caRRatù Consiglio dell’ordine degli architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di roma e Provincia (in carica per il quadriennio 2009-2013) Presidente f.f. Arturo Livio Sacchi Vice Presidenti Orazio Campo, Fabrizio Pistolesi segretario Aldo Olivo tesoriere Alessandro Ridolfi Consiglieri Loretta Allegrini, Andrea Bruschi, Patrizia Colletta, Enza Evangelista, Alfonso Giancotti, Luisa Mutti, Francesco Orofino, Daniela Proietti, Christian Rocchi, Virginia Rossini Direttore Lucio Carbonara Vice Direttore Massimo Locci Direttore responsabile Amedeo Schiattarella Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero Mariateresa Aprile, Eliana Cangelli, Luisa Chiumenti, Massimo Locci, Claudia Mattogno, Alessandro Pergoli Campanelli, Giuseppe Piras, Carlo Platone, Francesca Rossi, Luca Scalvedi, Monica Sgandurra, Elio Trusiani, Fabrizio Tucci, Massimo Zammerini segreteria di redazione e consulenza editoriale Franca Aprosio edizione Ordine degli Architetti di Roma e Provincia Servizio grafico editoriale: Prospettive Edizioni Direttore: Claudio Presta www.prospettivedizioni.it [email protected] Direzione e redazione Acquario Romano P.zza M. Fanti, 47 00185 Roma Tel. 06 97604560 Fax 06 97604561 www.rm.archiworld.it [email protected] Progetto grafico e impaginazione Artefatto / Manuela Sodani, Mauro Fanti Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247 stampa Arti Grafiche srl Via di Vaccareccia 57 - 00040 Pomezia Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albo di Roma e Provincia, ai Consigli degli Ordini provinciali degli Architetti e degli Ingegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la Redazione del periodico. Pubblicità Agicom srl Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256 Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ. Roma n. 11592 del 26 maggio 1967 In copertina: Alessandro Anselmi, Chiesa di S. Pio da Pietrelcina a Roma Tiratura: 18.000 copie Chiuso in tipografia il 7 marzo 2013 ISSN 0392-2014 restauro a cura di Giovanni Carbonara e alessandro PerGoli CamPanelli 38 i giardini storici. Piazza vittorio RiccaRdo d’aquino

Consiglio dell’ordine degli architetti, - AR 119 · territorio DimentiCato 62 Piazza sant’emerenziana alessandRo PeRgoli caMPanelli urbanistiCa a cura di ClaudiamattoGno 54 riqualificare

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MM

AR

IO

ANNO XLVIIIGENNAIO-FEBBRAIO 2013

105/13

BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI P.P.C.DI ROMA E PROVINCIA

ARChITETTuRA

Progettia cura di massimo loCCi

16 un bilancio dell’architetturaromana dell’ultimo decennioMassiMo locci

arCHitetti romani

21 alessandro anselmi:architettura comeaffermazione di libertàMassiMo locci

nuoVe teCnologiea cura di eliana CanGellie Fabrizio tuCCi

26 Housing sociale: una sfidada vincere conl’industrializzazioneeliana cangelli

30 tecnologie bioclimatiche per la nuova ediliziaresidenziale pubblicaFabRizio tucci

imPiantia cura di Carlo Platonee GiusePPe Piras

34 la superficie aero-illuminantequesta sconosciuta...RobeRto caRRatù

Consiglio dell’ordine degli architetti,Pianificatori, Paesaggisti e

Conservatori di roma e Provincia (in carica per il quadriennio 2009-2013)

Presidente f.f.Arturo Livio Sacchi

Vice PresidentiOrazio Campo,

Fabrizio Pistolesi

segretarioAldo Olivo

tesoriere Alessandro Ridolfi

ConsiglieriLoretta Allegrini, Andrea Bruschi,

Patrizia Colletta, Enza Evangelista,

Alfonso Giancotti, Luisa Mutti,

Francesco Orofino, Daniela Proietti,

Christian Rocchi, Virginia Rossini

Direttore Lucio Carbonara

Vice Direttore Massimo Locci

Direttore responsabileAmedeo Schiattarella

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero

Mariateresa Aprile, Eliana Cangelli, Luisa Chiumenti, Massimo Locci,

Claudia Mattogno, Alessandro PergoliCampanelli, Giuseppe Piras, Carlo Platone,

Francesca Rossi, Luca Scalvedi, Monica Sgandurra, Elio Trusiani,

Fabrizio Tucci, Massimo Zammerini

segreteria di redazione e consulenza editoriale

Franca Aprosio

edizioneOrdine degli Architetti di Roma e Provincia

Servizio grafico editoriale:Prospettive Edizioni

Direttore: Claudio [email protected]

Direzione e redazioneAcquario Romano

P.zza M. Fanti, 47 00185 RomaTel. 06 97604560 Fax 06 97604561

[email protected]

Progetto grafico e impaginazioneArtefatto / Manuela Sodani, Mauro Fanti

Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247

stampa Arti Grafiche srlVia di Vaccareccia 57 - 00040 Pomezia

Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albo diRoma e Provincia, ai Consigli degli

Ordini provinciali degli Architetti e degliIngegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali degli

Ingegneri e degli Architetti, agli Enti eAmministrazioni interessati.

Gli articoli e le note firmate esprimono solol’opinione dell’autore e non impegnano

l’Ordine né la Redazione del periodico.

Pubblicità Agicom srl Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256

Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1.DCB -

Roma - Aut. Trib. Civ. Roma n. 11592 del 26 maggio 1967

In copertina: Alessandro Anselmi, Chiesa diS. Pio da Pietrelcina a Roma

Tiratura: 18.000 copieChiuso in tipografia il 7 marzo 2013

ISSN 0392-2014

restauroa cura di Giovanni Carbonarae alessandro PerGoli CamPanelli

38 i giardini storici. Piazza vittorioRiccaRdo d’aquino

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territorio DimentiCato

62 Piazza sant’emerenzianaalessandRo PeRgoli caMPanelli

urbanistiCaa cura di Claudia mattoGno

54 riqualificare il paesaggiointermedio antonio PietRo latini

58 valle aurelia in progress: allaricerca di uno spazio condivisoFRancesca Rossi

sPazi Dell’abitarea cura di mariateresa aPrile

47 riflessioni sull’abitarecontemporaneoandRea gRiMaldi

SO

MM

AR

IO

RuBRIChE

63 libri

64 arCHinFo - a cura di luisa CHiumenti

e V e n t i

riapertura del nuovo edificio della bibliotheca Hertziana

m o s t r e

l’italia di le Corbusierbrueghel e l’architetturaarchitettura e urbanistica nell’impegno operativo di akbar

Paesaggioa cura di luCio Carbonara

e moniCa sGandurra

43 mirei shigemori: la tradizionenella modernità del giardinogiapponeseMonica sganduRRa

Città in ControluCea cura di Claudia mattoGno

51 lost in translation#.1 Perdersi a tokyoeliana saRacino

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Un bilanciodell’architettura romanadell’ultimo decennio MassiMo Locci

L’aggiornamento della “Guida” di P.O. Rossi riguarda edifici realizzati nel corso degliultimi dodici anni. Oltre alle note icone del contemporaneo, anche molte architetturepregevoli che nascono dalla coniugazione di sensibilità poetica e di razionalità, capacidi istituire nuove relazioni con il contesto e dalle quali emerge il valore della qualitàdiffusa e un’attenzione verso nuovi meccanismi di fruizione dello spazio urbano.

ARCHITETTURAPROGETTI a cura di MASSIMO LOCCI

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La recente pubblicazione della nuova edizionedella guida su roma di Piero ostilio rossi (laquarta dal 1984, una per ciascun decennio),grazie a più di cinquanta nuove schede consen-

te di fare uno screening della fase attuale, una letturacritico-interpretativa che si avvale, per le ultime opere,anche delle immagini fotografiche di andrea Jemolo,che da anni conduce campagne di documentazionesistematiche sulle opere più significative realizzate esulle trasformazioni in atto. roma, Guida all’architettura moderna 1909-2011,scritta in collaborazione con ilaria Gatti e Francescaromana Castelli, rappresenta, infatti, il più importantee sistematico strumento di documentazione e cono-scenza dell’architettura romana. non è una sempliceelencazione delle opere realizzate in questo secolo mauna ricognizione selettiva, strutturata cronologicamen-te per fasi rappresentative dei grandi cambiamenti e

non per ambiti territoriali (come è più usuale nelle gui-de). in filigrana emerge una lettura critica attraverso te-mi significativi, capaci di interpretare il senso delle tra-sformazioni, partendo dai Piani regolatori fino alleopere realizzate. la finalità, come evidente dal titolo, èanche didattica per introdurre il lettore (esperto o me-no) nelle logiche complesse della trasformazione urba-na (di tipo politico, artistico, economico), registrandoallineamenti o allontanamenti dalla programmazioneurbanistica, dagli strumenti di pianificazione nazionali,dalla cultura dell’epoca. i temi prevalenti differiscono nei vari decenni in ragionedelle problematiche storiche specifiche. le grandi fasi ei punti nodali della città moderna erano state trattate nel-le edizioni precedenti della guida: dal consolidamentodella struttura urbana dei primi decenni di roma capita-le si passa alle grandi opere del regime fascista, dalla ri-costruzione del dopoguerra alle infrastrutture per lo

ARCHITETTURAPROGETTI

17105|13

Pagina a fianco:> APsT Architettura, il Ponte della Scienza

In questa pagina,sopra:> O.Decq,Ampliamento delMACROsotto:> OMA, R.Koolhaase altri, Città deiGiovani ex MercatiGenerali

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’80. la pubblicazione presenta, dunque, un censimen-to confortante della nuova architettura; con una sele-zione ampia e varia che condividiamo in quanto le ope-re presenti sono state puntualmente segnalate o pub-blicate nella nostra rivista ar.tra le nuove schede, oltre alle note icone del contem-poraneo (maXXi, maCro, Chiesa del Giubileo, museodell’ara Pacis, es Hotel, Palazzo delle esposizioni, sta-zione tiburtina, Centro Congressi all’eur, torre eu-rosky), anche molte opere pregevoli e meno note (lachiesa del Quartaccio di nemesi, la chiesa di Garofalo-miura, il deposito per materiali archeologici di n!studioe Filetici, la biblioteca dell’università lateranense diKing & roselli, le due chiese dell’infernetto rispettiva-mente di riva e Pedreschi, Palazzetto bianco di Fagio-li e rossi, il Centro Civico a Falcognana di ian+, la pi-scina alla romanina di blow up architecture e noos ar-chitetti, il Centro Culturale a san basilio di Gatti e Cam-po architetti, molte opere infrastrutturali). architettureche nascono dalla coniugazione di sensibilità poeticae di razionalità, spesso realizzate da gruppi giovani emotivati da un atteggiamento di sperimentalismo mor-fologico e un orientamento aperto ai nuovi linguaggi in-

sport per le olimpiadi e al tema dei quartieri residenzialipubblici degli anni ’70 e ’80. le schede aggiunte riguar-dano quanto realizzato o in programma in questo de-cennio. Complessivamente rappresentano, quindi, unattraversamento analitico e interpretativo dei più impor-tanti processi di creazione della moderna Forma urbis,soffermandosi sia sulla creazione e trasformazione deiquartieri, sia sulla individuazione delle proposte archi-tettoniche più interessanti. attraverso le schede si pos-sono leggere tutte le esperienze più significative di ogniperiodo, realizzate o meno, le convergenze con la ri-cerca più sperimentale o le aperture ai linguaggi inter-nazionali, ma anche la difficoltà di affermazione nellanostra città dei linguaggi della modernità.anche se come progettisti romani lamentiamo che, fi-nora, poche sono state le opportunità concorsuali pertemi legati alla residenza, ai servizi e agli spazi urbanidi quartiere. in questo ultimo periodo a roma, in verità,si è costruito molto, con grande consumo di suolo econ interventi talvolta discutibili, soprattutto nelle peri-ferie. all’interno di questo panorama non sempre con-vincente si inseriscono le opere architettoniche dellegrandi firme dell’era rutelli-veltroni, lavori significativiche sono stati importanti anche perché hanno riporta-to l’attenzione sulla qualità architettonica, sull’innova-zione dei linguaggi e delle tecnologie. È sintomatico che le schede del libro relative a questafase sono percentualmente molto più numerose rispet-to ai periodi precedenti, in particolare rispetto agli anni

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Dall’alto:> R. Meier, Chiesa

del Giubileo> R. Meier, Museo

dell’Ara Pacis

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ternazionali; comunicative e dinamiche sono capaci diistituire nuove relazioni con il contesto. se nelle grandiopere si esalta la valenza iconica ed evocativa dell’og-getto, spesso avulsa dal tessuto edilizio circostante,nelle cosiddette opere minori sopracitate emerge il va-lore della qualità diffusa, che vorremmo vedere piùspesso, e un’attenzione verso nuovi meccanismi difruizione dello spazio urbano. Pur nella profonda diver-sità di contesti e di soluzioni formali i nuovi interventipresentano alcuni interessanti caratteri comuni.la realizzazione di importanti opere di scala cittadina(musei, spazi espositivi, piazze, chiese) ha posto, dun-que, l’architettura al centro degli interessi collettivi; lafioritura di tante ottime opere alla scala di quartiere cer-tifica la giustezza di questo assunto. il meccanismo di-mostra, inoltre, che l’intervento di qualità mette in motoun processo virtuoso che coinvolge anche le iniziativedei privati. la produzione di qualità, infatti, incomincianuovamente (come negli anni ’60) a essere realizzataanche dai privati, in particolare come esito dei proces-si innovativi di pianificazione concordati con il Comu-ne. Purtroppo, causa il sistema costruttivo italiano, lesoluzioni attuate rispondono a una logica di cauta in-novazione tecnologica che non consente di valorizza-re del tutto le ipotesi architettoniche.tra luci e ombre, quindi, lo giudicherei un decenniocomplessivamente interessante, principalmente per laprassi di recupero/integrazione delle strutture ediliziepreesistenti e perché comincia timidamente a prenderpiede la strategia di densificazione edilizia, la ricon-versione dei tessuti dismessi o degli ambiti sotto-utiliz-zati. molto c’è ancora da fare. infine, per poter fare unbilancio completo, sarebbe opportuno censire le infini-te proposte non costruite, lasciate incomplete o pro-fondamente modificate in fase di realizzazione.talvolta dalle schede del libro è possibile rintracciareanche il nome delle imprese realizzatrici (perché com-mittenti dell’opera o per aver preso parte ai team di pro-gettazione); ciò consente di misurare anche l’evoluzio-ne delle componenti tecnologico-costruttive, che co-me assodato non sono insignificanti nel processo.Committenza, progettisti e imprese, infatti, concorronopariteticamente alla qualità nell’architettura; è giustoquando operano correttamente dare evidenza anchedel contributo delle aziende realizzatrici.

la città nuova realizzata dagli immobiliaristi, però, ap-pare una stratificazione composita che si nega ad unavisione unitaria, non ha più il carattere spontaneo deldopoguerra (con i monumenti antichi o incompiuti del-l’e42 che metafisicamemte campeggiano tra i lotti ine-dificati), né un’immagine o un disegno urbano ricono-scibile. se guardiamo una fotografia aerea di roma de-gli anni ’80, corrispondente alla prima edizione dellaguida, si può leggerne chiaramente la stratificazione di

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Dall’alto:> Nemesi Studio,Centro civico-religioso alQuartaccio> King-Roselli AA,Biblioteca dellaPontificia universitàLateranense

LA REALIZZAZIONE DI IMPORTANTI OPERE DISCALA CITTADINA (MUSEI, SPAZI ESPOSITIVI,PIAZZE, CHIESE) HA POSTO, DUNQUE,L’ARCHITETTURA AL CENTRO DEGLI INTERESSICOLLETTIVI; LA FIORITURA DI TANTE OTTIMEOPERE ALLA SCALA DI QUARTIERE CERTIFICA LAGIUSTEZZA DI QUESTO ASSUNTO.

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di un processo di “dissolvimento della Forma urbis”,come l’ha definita Franco Purini. Più che al genere letterario la Guida architettonica e ur-banistica di roma appare come un saggio “polifunzio-nale” che può essere letto come racconti autonomi o invisione comparativa/sincronica del tema affrontato. il li-bro, infatti, non si limita ad illustrare i più celebrati edifi-ci contemporanei della città ma riesce a fornire una vi-sione esauriente delle dinamiche evolutive e relaziona-li dei molti volti della capitale. si dimostra che per com-prendere un’opera di architettura, la stessa deve esse-re valutata in relazione a più parametri, non solo esteti-ci o di funzionalità, ma anche di utilità collettiva, di rela-zioni tra le parti, preesistenti e nuove, di disegno urba-no e di inserimento nel contesto o nel paesaggio. lapubblicazione consente di effettuare anche letture si-nottiche con la cultura coeva e di attraversare l’intero ci-clo realizzativo: dall’evoluzione dei linguaggi espressivialle procedure, dalle ragioni all’origine delle forme alleleggi di finanziamento, dalla variazione delle norme ur-banistiche alla innovazione dei sistemi produttivi.il valore di un’architettura per Piero ostilio rossi, dun-que, risiede nella sua capacità di interpretare il sistemae la genesi, i condizionamenti e le opportunità offertedal sistema economico-finanziario-produttivo. una le-zione, pienamente condivisibile, sulla complessità del-l’architettura che rispecchia la costante tensione versoi valori etici della disciplina e i riferimenti metodologicidi ogni architetto. ❐

parti: quella antica entro le mura, quella consolidata trale due guerre, densa e omogenea, la periferia del do-poguerra che costituiva il margine tra città e campagna.solo 30 anni fa era ancora leggibile la logica e il disegnodei quartieri per l’edilizia economica e popolare, realiz-zati ai margini delle infrastrutture viarie grazie ai pianiina-casa e ai programmi iaCP. la stessa inquadratura attualizzata, viceversa, eviden-zia che non è altrettanto facile riconoscere gli interventirealizzati in questa fase recente, sia perché l’edilizia re-sidenziale pubblica con le sue strategie a grande scalaè stata quasi inesistente, sia perché i nuovi interventi ar-chitettonici sono stati realizzati prevalentemente neglispazi interstiziali del tessuto o sono frutto di programmidi riconversione urbana. È significativo che tra le opereschedate, solo pochissime realizzano un disegno rico-noscibile; i nuovi quartieri residenziali, prevalentemen-te di iniziativa privata, nonostante la grande estensione,sono indistinguibili, sia per la convenzionalità dei prin-cipi insediativi, sia per le tipologie ripetitive. oggi il carattere prevalente è la frammentarietà, con itessuti residenziali spontanei contrapposti a quelli pia-nificati, con i vuoti che inglobano frammenti di campa-gna romana e memorie archeologiche, i complessi di-rezionali frammisti ai centri commerciali. vedendo unaodierna mappa satellitare emerge una strategia di in-tervento sostanzialmente casuale, un processo di tra-sformazione della città per episodi singoli in cui romaappare sospesa in una dimensione “interrotta” e figlia

ARCHITETTURAPROGETTI

20105|13

Dall’alto e da sinistra:

> L. Cupelloni, Città dell’Altra

Economia> ABDR,

ricostruzione dellaserra Piacentini nel

Palazzo delleEsposizioni

> L. Pignatti, F. Ottone,

riqualificazione dipiazza San

Cosimato

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21105|13

ARCHITETTURAARCHITETTI ROMANI

architetturacomeaffermazionedi libertàAlessandro Anselmi è stato maestrodi molte generazioni di architetti, unafigura di riferimento per un’azionecorale capace di determinare nuovi ediversi rapporti con la società, con chigestisce le trasformazioni dell’habitat,con la politica e il mondo dellaproduzione edilizia. 

MassiMo Locci

a l e s s a n d r o a n s e l m i

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ARCHITETTURAARCHITETTI

ROMANI

22105|13

ma stessa della cultura di tutta la prima parte del nove-cento) non poteva più essere sostenuto e i legami fortiche univano le due categorie dovevano essere allenta-ti se non distrutti. (negli anni ’60 …) iniziò la trasforma-zione della società industriale in società della comuni-cazione, e in architettura ‘l’immagine’ perse la ‘funzionedi rappresentare’ le tipologie e le tecnologie e volò ver-so territori di apparente maggiore libertà formale. sichiuse così, anche in architettura, la lunga stagionedelle ideologie. (…) tuttavia, il testo più importante perla formazione di un intero gruppo d’architetti fu senz’al-tro ‘la critica del gusto’ dove della volpe approfondisceil concetto di “autonomia disciplinare” dei diversi sape-ri. tutto ciò rafforzò il mio, il nostro convincimento, chein architettura fosse necessario scavare innanzituttonelle tecniche, nelle procedure, nelle metodologie delnostro mestiere, in piena ‘autonomia’ appunto da ognidovere politico e, meno che mai, partitico; ancora unavolta una affermazione di libertà”.a partire dal 1980 inizia la seconda fase di coinvolgi-mento a scala internazionale. Con la biennale di vene-zia, infatti, “l’archetipo storico uscì dai sotterranei e di-venne il simbolo di una nuova stagione. Partecipai conil Grau al disegno di una delle facciate per la via no-vissima ma intuimmo invece la fine di quella ricerca or-mai ridotta a semplicistici stilemi. in sostanza lì finì ilGrau. la chiusura di questa esperienza mi aprì natu-ralmente altri territori. Già da qualche tempo andavo ri-flettendo sul fatto che l’inevitabile separazione tra con-tenuto e forma, ineliminabile nella condizione post-mo-derna vera (quella di lyotard per intenderci e non quel-la di Jencks), potesse essere espressa non solo dai tra-dizionali archetipi storici ma anche da altre forme ar-

Tre sono le fasi significative del percorso intellet-tuale e progettuale di alessandro anselmi. leripercorriamo con le sue parole in una recenteintervista a diego lama. Parlando degli anni

del Grau precisa: “dopo aver tanto lottato da studen-ti per un’applicazione integrale nella didattica universi-taria dei principi fondativi del movimento moderno, orasentivamo che quei principi non erano più adeguati al-le trasformazioni sociali e culturali che si venivano con-figurando. in altri termini, intuimmo che il rapporto stret-to tra contenuto e forma (rapporto che costituisce l’ani-

“LA COSA PER ME ANCORA PIÙ IMPORTANTE È L’AVERE SCOPERTO UNA NUOVA DIMENSIONE DELLAPROGETTAZIONE CONSISTENTE SEMPLICEMENTE NEL DISEGNARE UNA CHIESA A ROMA ... HOSENTITO DI LAVORARE, PROBABILMENTE PER LA PRIMA VOLTA, NEL SOLCO PROFONDO TRACCIATODALLA CULTURA AUTENTICA DELLA MIA CITTÀ”.

In questa pagina enella precedente:

> StudioArchitettura

Anselmi eAssociati, Chiesa

San Pio daPietrelcina a

Roma

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chetipiche comprese quelle dell’ormai storicizzato mo-vimento moderno. da questo rinnovato atteggiamentonascono i miei progetti in Francia”.la terza fase in italia muove ancora dalla via novissimae in opposizione a questa visione culturale, alessandroanselmi parte da un’acuta constatazione che essa “fuil primo timido tentativo di riscrivere l’architettura attra-verso la maschera, questi edifici ne costituiscono para-dossalmente l’apoteosi nel loro costituirsi più come‘eventi’ che come oggetti funzionali, più come enormiscenografie che come sistemi urbani; ma la scenogra-fia vive per eccellenza nel ‘segno della maschera’. in-fatti, per costruire “eventi” non servono architetti nor-mali, solo super-star dell’architettura che possono ope-rare al di sopra di ogni logica funzionale ed economica,disegnando edifici costosissimi: ‘maschere’ appunto.”riferendosi al presente: “la cosa per me ancora più im-portante è l’avere scoperto una nuova dimensione del-la progettazione consistente semplicemente nel dise-gnare una chiesa a roma. non sembri una banalità,perché nella ricerca ‘sensibile’ del luogo, nella ricercainevitabile di sintonie con immagini contemporanee edantiche, ho sentito di lavorare, probabilmente per la pri-ma volta, nel solco profondo tracciato dalla cultura au-tentica della mia città”.

durante la sentita commemorazione di commiato peralessandro anselmi all’accademia di san luca c’è sta-ta una grande partecipazione di amici, progettisti e do-centi, studenti, artisti, estimatori. la comunità degli ar-chitetti romani, sempre divisi per differenze di posizio-ni, per una volta si è riunita per rendergli omaggio. tut-to ciò deriva anche dal suo particolare carattere, sem-

pre disponibile a un confronto e che non poneva bar-riere; era un raffinato intellettuale con cui discutere pia-cevolmente. sandro anselmi è stato maestro di molte generazioni diarchitetti, compresi i suoi coetanei, che hanno ricono-sciuto in lui un caposcuola, una figura di riferimento perun’azione corale capace di determinare nuovi e diversirapporti con la società, con chi gestisce le trasforma-zioni dell’habitat, con la politica e il mondo della produ-zione edilizia. rispetto alla generazione precedente,che si era battuta per l’affermazione dell’architetturamoderna, la sua ha potuto concedersi il lusso di riflet-tere con spirito critico sul senso del proprio operare, sulvalore della contemporaneità (funzionale e figurativa)in continuità con le avanguardie storiche e in contrap-posizione con gli stilemi sclerotizzati dell’internationalstyle. Centrale in tal senso la riflessione e il rapportocon la storia, sui significati simbolici ed evocativi dell’o-pera d’arte, sul ruolo dell’architetto come intellettuale or-ganico. nel ’64 è tra i fondatori e figura trainante del Grau(Gruppo romano architetti urbanisti); il cui manifestochiarifica l’approccio, “il prezzo pagato dal movimentomoderno è stata una doppia impotenza: sul piano del-la trasformazione strutturale della società, tramite for-malistiche illusioni sociali e, sul piano dell’elaborazionearchitettonica, con l’erronea assunzione degli stessiparametri (socio-tecno-tipologici) a impossibili leggicompositive…”. nella prima metà degli anni sessanta ilpanorama dell’architettura, infatti, appariva loro imbri-gliato e incapace di aderire alle esigenze della societàe, quindi, di dare risposte ai valori della contempora-neità. Qualche anno dopo più esplicitamente rivendi-

23105|13

In questa pagina:> Anselmi,Passarelli,Gandolfi, Palazzodei Conngressi diRiccione

ARCHITETTURAARCHITETTI ROMANI

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è risultato chiuso e involuto, e il tanto atteso scontrofrontale con gli stilemi dell’international style risultòl’opposto di quanto fino ad allora teorizzato. viceversa il confronto con le sperimentazioni e la ric-chezza semantica di Gehry, di eisenman, di Hollein o diKoolhaas - tutti presenti alla biennale - fornì a sandroanselmi nuovi e vivificanti stimoli. Gli consentì di impo-stare una nuova ricerca sullo spazio liquido, sulle con-catenazioni geometriche (reinterpretando anche la le-zione wrightiana), sulle polifocali, sulla percezione efruizione obliqua, sulle forme simboliche di matrice an-che aleatoria, zoomorfica e fantastica, sulle superficipiegate, gli origami, le rigate, le superfici curve e i para-boloidi (lo spazio temporizzato e curvo di einstein),che ha portato avanti con molta coerenza fino a oggi,come testimonia il recente complesso parrocchiale s.Pio da Pietrelcina a roma. anche se dotata di una forte capacità intuitiva l’architet-tura di sandro anselmi è caratterizzata da una rigorosametodologia. Procedeva per “mappe e percorsi” con-cettuali-interpretativi, con processi di costruzione dallospazio a partire “vuoto”, inteso come espressione della“forma simbolica” e non come invaso casuale e resi-duale tra il costruito. interiorizzare un paesaggio archi-tettonico, come più volte da lui affermato, significa “tro-varsi all’interno di un mondo percorribile: lo spettatorenon deve essere soggiogato da un oggetto architettoni-co monumentale, ma al contrario gli devono essere pro-posti molteplici punti di vista, molteplici “vedute”. il se-condo problema è quello della conformazione del “vuo-to” architettonico, inteso come superamento dell’auto-nomia dell’oggetto architettonico a favore dell’instaurar-si di una serie di relazioni complesse”. l’opera, in sinte-si, nasce dal paesaggio e muore in esso, determinandofughe percettive divergenti e anti-prospettiche. nonostante il grande contributo culturale e di proposteper roma ci restano solo due opere significative disandro anselmi: il nuovo municipio di Fiumicino e il

cano per l’architettura una nuova identità come arte ecome “pensiero: unità del molteplice, giudizio, verità”.sulla scorta delle fascinazioni kahniane mettevano indiscussione alcune certezze apodittiche del mm: lecomposizioni seriali e rigide, le modalità d’interventoatopiche, la programmazione delle trasformazioni ur-bane senza commisurarsi con i valori geografici e an-tropologici. ragionando sulle necessità di definire limi-ti al costruito, tra città e campagna, nasceva una em-brionale coscienza ecologica e un’attenzione concretaper i centri storici, per le relazioni morfologiche e pae-saggistiche dei centri minori. ai movimenti d’avanguar-dia (Futurismo, Costruttivismo, dadaismo ed espres-sionismo) si affiancava un’attenzione non ideologicaverso il novecento italiano, cogliendo aspetti significa-tivi di ciascuna esperienza e coniugandolo con il pro-prio in modo non banale. Quella di sandro anselmi è una generazione di archi-tetti che si preparava al cambiamento rafforzando lastruttura teorica e comunicativa dell’idea progettuale;facendo leva sulle concatenazioni geometriche di figu-re primarie, sulle morfologie complesse, sull’astrazio-ne e le utopie (il loro progetto per gli uffici della Came-ra dei deputati aveva come motto un ossimoro: astra-zione determinata), sui significati simbolici ed evocati-vi dello spazio figurativo. intendevano il progetto di ar-chitettura come leva politica per un cambiamento del-la società e come strumento di opposizione all’ottimi-smo fideistico del capitalismo. l’esperienza del Grau sostanzialmente si chiudeparadossalmente proprio con la via nuovissima allabiennale di venezia del 1980, la prima grande vetrinainternazionale del gruppo, dove realizzano uno spaziofunereo, direi rispondente a un principio di “auto-con-testazione” (perché esito di un conflitto latente internoal gruppo). lo definirei una reinterpretazione storico-critica dei colombari romani per ospitare le ceneri delmovimento moderno. in verità lo spazio, più che ironico

ARCHITETTURAARCHITETTI

ROMANI

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In questa paginae nella

successiva:> Studio Anselmi,

Municipio diFiumicino

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complesso parrocchiale s. Pio da Pietrelcina, progetta-to con il figlio valentino e valerio Palmieri, opere artisti-che di Giovanna de sanctis. il primo, progettato nel1997 riprende una intuizione di F.l. Wright: “un profon-do sentimento per la bellezza del suolo sarebbe fonda-mentale nell’edilizia della nuova città: cercando la bel-lezza del paesaggio non tanto per costruire sopra,quanto per servirsene nella costruzione” (the living city,1958). l’immagine, infatti, è una collina che cambia loskyline della città, un parterre plasticizzato che inglobaun’ipotetica architettura ipogea. il piano inclinato, pie-gato, livellato è un nuovo terreno artificiale che consen-te, man mano che risale in altezza, di percepire quotesempre più significative di paesaggio: all’inizio si sco-pre il canale, poi il mare, quindi le anse del tevere. nel complesso parrocchiale s. Pio da Pietrelcina, in lo-calità malafede, con elaborate operazioni di geometriatopologica, deforma una superficie elastica per ottene-re uno spazio asimmetrico: ampio ed unitario verso l’al-tare, trilobato sul lato opposto. in sintonia con la poeticadi Klee, soprattutto per la capacità di interrogarsi sullagenesi del segno nella sintesi morfologica (per entram-bi una coniugazione di movimento e luce), flettendo lasuperficie della copertura definisce un volume plasticoad archi parabolici, piegando un esile nastro costruisceun campanile astratto e un simbolico quadriportico. tra le opere non realizzate l’edificio polifunzionale allastazione di s. Pietro, un corpo di fabbrica mistilineo cheattraverso elementi macrostrutturali forma i vuoti e le ec-cezioni compositive in un fronte permeabile a ridosso diun terrapieno ferroviario, e il nuovo Polo tecnologicodella tiburtina. il complesso (centro congressi, labora-tori, uffici, negozi, ristoranti e servizi per la ricerca avan-zata di roma Capitale) è stato disegnato dal gruppoanselmi come una grande mano di pietra con una pellein laterizio e una terrazza pensile: le cinque dita che siallungano verso la campagna sono un segno forte edunitario in un eterogeneo sistema insediativo.

Come intellettuale sandro anselmi aveva una partico-lare curiosità, spirito critico, sensibilità e ampiezzad’interessi: arte, storia, Politica, società. Con un lin-guaggio essenziale e senza alcun sofismo intellettuali-stico, nelle conversazioni, nelle lezioni, negli interventiil ragionamento spaziava liberamente, dal contingenteall’astrazione e ritorno al reale. avendo insegnato an-che alle scuole superiori (come mario ridolfi) posse-deva una rara capacità di affrontare temi complessicon linearità e semplicità, mischiando riferimenti aulicie prosaici, architettura e scienza come solo mauriziosacripanti era in grado di fare.tempo fa mi chiese di organizzare un confronto conl’amministrazione di Fiumicino, che ne aveva modificatogli spazi del municipio. iniziò il discorso parlando di pro-blemi legati alle funzioni e dopo poco eravamo coinvoltiin un ragionamento sul pensiero e l’arte del ‘900, sul sen-so dell’architettura in relazione alla morte, a partire dalbarocco e poi nella scuola viennese (da Freud a schie-le) fino ai contemporanei (bacon o Cattelan solo per ci-tarne alcuni). nella psicanalisi freudiana, evidenziava,la pulsione di vita e quella di morte sono avvicinati nel“principio di piacere”, in quanto tutto ciò che vive con-tiene in sé la possibilità di modificazione e di morte. dun-que ogni processo creativo tiene insieme costruzione,trasformazione e distruzione, e in ciò è il senso dell’ar-chitettura stessa. Come progettista soffriva per le mano-missioni operate sugli spazi ma, paradossalmente, co-me intellettuale era portato a difendere l’operato del-l’amministrazione, che aveva fatto propria l’opera adat-tandola alle proprie necessità. “l’architettura – afferma-va – non ha la caratteristica dell’assolutezza con cui l’ar-te figurativa si pone. se faccio un quadro, una perfor-mance o una scultura, io ho definito nello spazio e neltempo una determinata cosa: c’è la matericità e il con-cetto. ma l’architettura non ha questa definitezza, è unorganismo che vive nel tempo (…) sembra essere eter-na ma in realtà risulta essere la più precaria”. ❐

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“L’ARCHITETTURA NON HA LACARATTERISTICA DELL’ASSOLUTEZZACON CUI L’ARTE FIGURATIVA SI PONE.SE FACCIO UN QUADRO, UNAPERFORMANCE O UNA SCULTURA, IOHO DEFINITO NELLO SPAZIO E NELTEMPO UNA DETERMINATA COSA: C’ÈLA MATERICITÀ E IL CONCETTO. MAL’ARCHITETTURA NON HA QUESTADEFINITEZZA, È UN ORGANISMO CHEVIVE NEL TEMPO (…) SEMBRAESSERE ETERNA MA IN REALTÀRISULTA ESSERE LA PIÙ PRECARIA”.

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Housing sociale: una sfida da vincere conl’industrializzazioneAffinché l’investimento sia socialmente utile per il pubblico e remunerativoper il privato è necessario assicurare realizzazioni che siano sostenibilisotto il profilo etico, ambientale, tecnologico ed economico.

ELiana cangELLi

a cura di ELIANA CANGELLI e FABRIZIO TUCCI

ARCHITETTURANUOVE TECNOLOGIE

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Il settore delle costruzioni, ormai da tempo, individuanel tema dell’edilizia residenziale e sociale un’oppor-tunità di rilancio in un periodo in cui il mercato è afflit-to da scarsità di investimenti pubblici e da una soffe-

renza diffusa degli investitori privati. anche lo stato hariconosciuto l’importanza strategica di questo tipo diedilizia e recentemente ha sbloccato investimenti percirca 2 mld in ragione della oggettiva difficoltà del re-perimento di risorse1 in un comparto di per sé poco re-munerativo come quello dell’housing sociale. Questodovrebbe costituire un aiuto che favorisce la parteci-pazione di capitali privati alle iniziative locali. tuttavia l’investimento nell’edilizia sociale, per risultarevantaggioso, deve avere costi contenuti di realizzazio-ne, manutenzione, gestione e tempi certi garantendo al

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ELiana cangELLi

ARCHITETTURANUOVE TECNOLOGIE

ABITARE SOCIALE: IL FABBISOGNO STIMATO DAL COMUNE DI ROMA

Da un’indagine preliminare del CRESME, effettuata nel 2009, risultache a Roma la domanda complessiva per il segmento debole delladomanda residenziale è stimata in 52.800 alloggi, così suddivisi percategorie sociali:a) 5.000 alloggi per i senza tetto o con sistemazione precaria;b) 36.600 alloggi per le famiglie in condizioni di insostenibilità delcanone d’affitto;c) 4.400 alloggi risultano necessari per gli studenti che non godono diun sufficiente sostegno economico;d) 2.600 alloggi per i lavoratori fuori sede;e) 4.200 alloggi relativi alle famiglie proprietarie che hanno difficoltà,anche in relazione alla grave crisi economica-finanziaria internazionalein essere, a sostenere le rate di mutuo dovute.Tenendo conto di tutti i fattori (contributo comunale per l’affitto,edificazioni già programmate, ecc.), il numero di alloggi daconsiderare per la determinazione della nuova domanda di ediliziaresidenziale pubblica e di housing sociale da realizzare è stimabile in25.700 alloggi, dei quali circa 6.000 destinati a ERP.Ad oggi numerose sono le iniziative tese a dare risposta a questofabbisogno ma nessuna risulta in fase di cantierizzazione.Fonte: sito web del Comune di Romahttp://www.urbanistica.comune.roma.it/uo-opere-housingsociale.html

In questa pagina:> struttura a telaio

in legnoResidenze sociali | E3 | Architetti Tom

Kaden e TomKlingbeil | Berlino |

Germania | 2009http://www.e3berlin.de

http://www.kaden-klingbeil.de

Pagina a fianco:> Progetti in

pannelli Cementoarmato

prefabbricatoResidenze sociali |

Louis Blanc | ECDMarchitectes | Parigi |

Francia | 2006http://ecdm.eu

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problemi costruttivi e rivolgendosi quindi ad un merca-to, quello della prefabbricazione, abbandonato daglianni ’70 in ragione principalmente dell’omologazionedei risultati formali che l’industria di quel periodo stori-co proponeva. il tema dell’industrializzazione delle costruzioni è statoda sempre legato ai termini di unificazione, standardiz-zazione normalizzazione, ma l’introduzione da oltre unventennio delle macchine a controllo numerico, dei si-stemi integrati di lavorazione e l’evoluzione delle stru-mentazioni Cad–Cam flessibili e versatili consentonoormai oggi una prefabbricazione prototipica che ga-rantisce qualità delle realizzazioni e costi e tempi certispostando fuori opera le problematiche del cantiere. ecco allora che via via si sta diffondendo tra gli opera-tori la consapevolezza della necessità di ottimizzare letecnologie di cantiere per abbassare i costi e che l’in-dustrializzazione comincia a essere vista come unostrumento fondamentale per il perfezionamento delletecnologie di cantiere in grado di abbassare i costi e,affiancata a un’abile progettazione ambientale e biocli-matica, di favorire sensibilmente l’ecosostenibilità del-le realizzazioni.in ragione della crisi l’industria della produzione di ma-teriali e soluzioni per l’edilizia sta investendo nell’inno-vazione tecnologica per conquistarsi nuovi spazi dimercato e invertire la tendenza negativa. un’innovazio-ne tecnologica spesso strettamente legata a caratteridi efficienza energetica che risponde anche alle istan-ze di sostenibilità delle costruzioni.

ma quali sono gli elementi che evidenziano le poten-zialità dell’industrializzazione dell’edilizia? sono tre gli aspetti principali che interessa prendere in

contempo la qualità architettonica attraverso la proget-tazione di interventi con elevati livelli di qualità formale,funzionale e tecnologica.si chiede quindi a questo tipo di edilizia di essere vola-no per la ripresa del settore ed esemplare per ciò cheriguarda le soluzioni relative al contenimento energeti-co e all’efficacia tecnologica, innovativa per quanto ri-guarda le tipologie, socialmente equa ed aggreganteattraverso lo studio di soluzioni progettuali per gli spa-zi pubblici indoor e outdoor, strumento per il recupero eil riuso abitativo di centri storici e aree dismesse, carat-terizzata da mixitè funzionale e integrazione nel conte-sto urbano in cui è collocata e le si chiede anche e so-prattutto di essere economica. si tratta evidentementedi una sfida senza precedenti per un settore qualequello edilizio in cui i tempi difficilmente sono certi, l’in-novazione tecnologica trova spazio in realizzazioniesemplari e ad alto costo, e l’efficienza energetica solorecentemente viene affrontata con più serietà in ragio-ne sia della normativa via via più stringente, sia dellapotenziale domanda di mercato. una sfida quasi maivinta negli ultimi 50 anni e, anche quando progettisti ditalento sono riusciti a proporre soluzioni di alta qualitàprogettuale per l’edilizia popolare, le soluzioni costrut-tive difficilmente assicuravano livelli paritari di qualitàtecnologica. affinché, quindi, l’investimento sia socialmente utileper il pubblico e remunerativo per il privato è necessa-rio assicurare realizzazioni che siano sostenibili sotto ilprofilo etico, ambientale, tecnologico ed economico.la qualità del progetto deve essere affiancata da solu-zioni tecnologiche altamente performanti, economichee di veloce realizzazione, spostando nella fase del pro-getto esecutivo la risoluzione puntuale degli eventuali

ARCHITETTURANUOVE TECNOLOGIE

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In queste pagine:> Pannelli Xlam

Residenze sociali |Stadthaus 24 Murray

Grove | WaughThistleton Architects |

Londra | GranBretagna | 2009

http://www.waughthistleton.com

http://www.greeneducationfoundation.org

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considerazione in questa sede: compatibilità ambien-tale e risparmio delle risorse, qualità tecnologica e per-formance energetiche, tempi e costi di costruzione.Compatibilità ambientale e risparmio delle risorseFrutto di un processo industriale le componenti prefab-bricate per l’edilizia sono facilmente valutabili in termi-ni di impatto ambientale del processo di produzione.la produzione industriale difatti consente facilmenteuna contabilizzazione e un’ottimizzazione dei costi am-bientali in termini di energia e di materie prime consu-mate per la produzione e una riduzione degli scarti at-traverso l’applicazione di metodi di life Cycle Costing.Qualità tecnologica e performance energeticheil controllo delle performance in termini di isolamentoacustico, coibentazione termica, trasmittanza è pro-gettato e verificato fuori opera e, attraverso il controllopuntuale delle tecniche di assemblaggio, è possibilegarantirlo. Pannelli prefabbricati di tamponatura assi-curano la presenza delle componenti date e le conse-guenti prestazioni, non lasciando spazio ad errori do-vuti alle lavorazioni in cantiere e consentendo soventespessori nettamente inferiori a parità di isolamento.strutture e sistemi costruttivi prefabbricati sono testatiin termini di resistenza sismica, resistenza al fuoco etc. tempi e costi di costruzionetecniche di assemblaggio a secco spostano a montedel cantiere le problematiche costruttive rimandandoad una puntuale progettazione esecutiva la risoluzionedelle criticità. nei cantieri in cui strutture e d elementi diinvolucro sono frutto dell’industrializzazione (X – lam,

Ca prefabbricato, strutture ibride, etc.) le modalità di as-semblaggio a secco sono pianificate e progettate e lecomponenti costruttive prevedono già forometrie e al-loggiamenti che assicurano anche un montaggio celeredegli impianti idrici, elettrici e termici. Questo assicuraun cantiere pulito con tempi di costruzione e costi certi.

È evidente che l’utilizzo spinto nell’industrializzazionein edilizia lancia una nuova sfida alla quale costruttori eprogettisti devono essere in grado di rispondere pron-tamente. ai costruttori si richiede una rinnovata capacità di ge-stione del cantiere in grado di portare avanti tecnicheibride di costruzione: la presenza simultanea in cantie-re di tecniche e materiali costruttivi innovativi e tradizio-nali e la compresenza di lavorazioni umide e a seccoimplica un coordinamento che consenta la gestionedelle complessità di ognuno di questi aspetti. agli architetti si richiede una capacità di sfruttamentodelle nuove e ancora poco conosciute potenzialità co-struttive dell’innovazione tecnologica. Gli architetti de-vono dare risposte innovative sul piano progettuale ecostruttivo, donando un’anima e un’espressività esteti-ca alle nuove tecniche edilizie, e sviluppandone in pie-no l’illimitata ricchezza2. Perché questo avvenga è ne-cessario studiare e conoscere tecniche ed elementicostruttivi, in quanto – e gli architetti lo sanno bene - èsolo da questa conoscenza critica che viene assicura-to il governo del progetto di architettura in tutte le suefasi dall’ideazione alla realizzazione. ❐

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INDUSTRIALIZZAZIONE E SOSTENIBILITÀ: LE SPERIMENTAZIONI DEL NORD

È soprattutto il nord italia ad essere più attivo nel favorire lasperimentazione finalizzata a promuovere qualità architettonica ela ricerca e l’innovazione nel settore dell’edilizia residenziale edell’abitare sociale. Rilevanti in questo senso sono gli esiti del concorso Housingproject che propone un repertorio di esempi concreti di edificisignificativi per caratteristiche tipologiche ad elevate prestazionitecnologiche realizzabili a costi e tempi contenuti e che perseguel’obiettivo di incrementare le sinergie tra costruttori eprogettisti, per elevare la qualità del prodotto casa, adeguandoloalle richieste della committenza ed ai progressi tecnologici. Da citare anche cantiere delle torri di Polaris a Milano chesaranno terminate entro la prossima primavera. Si tratta di unquartiere destinato a social housing in via Cenni, moltopubblicato nell’ultimo periodo, sia in ragione del fatto che ilprogetto è stato selezionato nell’ambito di un concorso diprogettazione internazionale bandito dalla Fondazione HousingSociale, sia in ragione della scelta di realizzare l’interventoutilizzando la tecnologia X-lam che ha consentito tempibrevissimi di costruzione e controllo dei costi.

1 il dPCm del 28/12/2012 cancella il tetto del 40% del capitale per gli investimenti del Fia, il Fondo investimenti per l’abitare guidato daCassa depositi e Prestiti, in fondi locali di social housing.2 Pierluigi nervi, l’insegnamento dell’architettura, Casabella 768

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Tecnologie bioclimatiche per la nuova edilizia residenzialepubblica Il problema dell’abitare ha bisogno di un nuovo approccio alla

riqualificazione che guardi agli obiettivi ambientali ed energeticicon soluzioni tecnologiche innovative, tese ad ottimizzare icomportamenti “bioclimatici passivi” dell’edificio.

Fabrizio Tucci

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Considerazioni d’inquadramentonell’ultimo decennio la ricerca delle possibiliforme di evoluzione e innovazione del progettodell’abitare, ed in particolare dell’edilizia resi-

denziale Pubblica in quanto potenziale bacino di speri-mentazione che si potrebbe porre ad esempio virtuosodi ciò che si può fare nel più ampio ambito dell’housingsociale e dell’housing più in generale, è diventata la verasfida del progetto contemporaneo. il problema dell’abitare, e della casa pubblica in parti-colare, è un problema serio, oggi: i dati istat ci diconoche da dieci anni a questa parte il numero delle fami-glie è aumentato di un milione e mezzo di unità, che500.000 anziani vivono soli in affitto con pensioni intor-no ai 500 euro, che 4,8 milioni di giovani cercano casain affitto senza trovarla, che il 75% delle famiglie oggi inaffitto guadagna troppo poco per poter pagare l’affittoregolarmente. altro punto fondamentale da tener pre-sente è che c’è ormai una notevole quantità di popola-zione, appartenente non solo al cosiddetto ceto bassoma anche a quello medio in progressivo impoverimen-to, che ha bisogno di un nuovo progetto dell’abitare,che complessivamente sia in grado di dare risposta adun quadro di bisogni che sono costantemente in evolu-zione e che guardano con rinnovata attesa agli obietti-vi ambientali ed energetici.negli ultimi anni il dibattito sull’opportunità degli inter-venti di riqualificazione del patrimonio residenzialepubblico sta conoscendo una nuova ondata di risve-glio in tutta europa, vissuta timidamente anche in italia,senza però raggiungere il numero di interventi realizza-ti in altre nazioni più sensibili alla tematica come olan-da, inghilterra, Francia, Germania e spagna. il rinvigo-rito interesse per il portato innovativo di tali tipologie diinterventi si è inoltre arricchito degli attuali aspetti del-l’efficienza energetica e della sostenibilità ambientale,dettati nell’ultimo decennio da tre importanti direttiveeuropee: la ePbd del 2002, la ee-eei del 2006 e la piùrecente ePbd2 del maggio 2010; questioni centrali,ma che in passato non erano mai state affrontate in re-lazione al tema dell’housing visti soprattutto i limiti diapplicabilità e trasferibilità nell’area mediterranea e initalia di molte delle soluzioni morfologico-tecnologicheadottate prevalentemente nel mittel-europa e nel nord-europa 1.

il ruolo delle tecnologie di riqualificazione bioclimaticaalla luce di tale inquadramento le azioni che possiamoporre in atto nella concezione, progettazione e realiz-zazione di interventi di riqualificazione dell’edilizia re-sidenziale Pubblica dovranno fare particolare riferi-mento ai temi del rapporto tra impiego di determinatetecnologie - facilmente realizzabili e a basso costo da-to l’ambito d’intervento - e perseguimento dei rinnovatiobiettivi progettuali. il riferimento è a tre classi preva-lenti di relazioni:- il rapporto tra tecnologie da impiegare e gestione deifattori bioclimatici, centrale perché permette di porre ingioco nella progettazione l’attenzione alle questioni im-

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UN PUNTO FONDAMENTALE DA TENERPRESENTE È CHE UNA NOTEVOLE QUANTITÀ DIPOPOLAZIONE HA BISOGNO DI UN NUOVOPROGETTO DELL’ABITARE, CHE SIA IN GRADO DIDARE RISPOSTA AD UN QUADRO DI BISOGNI CHESONO COSTANTEMENTE IN EVOLUZIONE E CHEGUARDANO CON RINNOVATA ATTESA AGLIOBIETTIVI AMBIENTALI ED ENERGETICI.

Pagina a fianco:> Sezione di dettaglioche pone in evidenzaalcune strategiebioclimatiche per unintervento di ediliziaresidenziale pubblicanell’Isola de LaMaddalena

In questa pagina:> Studi di sezione perun intervento dihousing sociale conuna pronunciatacaratterizzazionebioclimatica a Roma

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zio-atrio o uno spazio-chiostrina suscettibile, senzagrosse variazioni volumetriche, al cambiamento inchiave bioclimatica), mentre è più fattibile dal punto divista tecnico-economico introdurre, ma con sapienza esolo nei punti più opportuni da determinare attraversole simulazioni, i sistemi di torri di ventilazione (spessopossibili nei corpi scala), di serre solari (spesso deter-minabili agendo su logge o balconi esistenti), di con-dotti interrati (realizzabili solo se si ha una conoscenzaattendibile della disposizione delle fondazioni e se si ri-corre a sistemi di micro-scavo quali le innovative “tal-pe”). Questa serie di soluzioni ha il pregio di essere si-stemiche ma “puntuali” nell’ambito dell’edificio, e di es-sere controllabili e confinabili dal punto di vista econo-mico. in teoria ricorrere all’azione sugli involucri esternicon isolamenti a cappotto e cambi d’infissi è la cosatecnicamente più semplice, ma spesso più difficile darealizzare perché non investe più solo gli spazi colletti-vi dell’edificio, più o meno lontani o comunque separa-ti dall’alloggio “privato”, ma tira in ballo la disponibilità(notoriamente scarsa) del proprietario a vedersi diret-tamente cambiare le caratteristiche dei propri serra-menti, delle proprie pareti e a subire il disagio di pas-sare un determinato periodo di tempo “incartato” daponteggi o simili strutture di supporto per l’esecuzionedegli interventi.inoltre occorre - oggi più che mai, e soprattutto in uncontesto climatico come il nostro definibile “mediterra-

materiali della gestione e regolazione “passiva” dei fe-nomeni di ventilazione, illuminazione, raffrescamento eriscaldamento naturali attraverso i fattori tecnologico-morfologici dell’edificato (sulla tematica, ricerche for-temente innovative vengono sviluppate in modo signi-ficativo, tra gli altri, dal dipartimento diretto dal grecomatheos santamouris dell’università di atene); - il rapporto tra tecnologie da impiegare e gestione deifattori biofisici naturali, e soprattutto la messa in giocodei princìpi bioecologici nella progettazione architetto-nica in rapporto alla gestione dell’acqua, all’analisi del-la forma del terreno e della vegetazione, all’uso dellebarriere vegetazionali al vento, alla progettazione deibiotopi (si pensi agli studi teorizzati da Jan Gehl e davan Kundsten; e alle sperimentazioni degli spagnoli tracui rafael serra, o dei francesi come Hélène Jourda);- il rapporto tra tecnologie da impiegare e gestione in-tegrata delle energie rinnovabili, in primis la solare el’eolica, soprattutto tramite lo studio, trasferito nell’ar-chitettura, dei fattori di ubicazione, delle caratteristicheevolutive intrinseche dei sistemi solari, delle tecnologieinnovative dei collettori, delle modalità di captazioneattiva microeolica, dei fattori di orientamento e di incli-nazione, e per l’appunto della questione della loro inte-grazione (ricordiamo nel panorama internazionale glistudi portati avanti dal Fraunhofer institut di Friburgo,nonché dal tedesco Gerhard Hausladen, forse il piùeminente fisico-tecnico europeo del settore).

ambiti e opportunità di interventoa supporto del “nuovo” approccio alla riqualificazionedell’erP esistono una serie ormai attendibile – perchésperimentata negli ultimi quindici anni - di soluzioni tec-nologiche innovative, costruttivamente abbastanzasemplici e relativamente economiche, tese ad ottimiz-zare i cosiddetti comportamenti “bioclimatici passivi”dell’edificio: torri di ventilazione, condotti interrati per lamovimentazione e lo scambio termico di masse d’aria,serre e logge solari, atri e chiostrine bioclimatici, con-dotti solari, camini d’illuminazione naturale, sistemi diinduzione e controllo dell’inerzia termica, ecc.nel campo degli interventi di recupero, riqualificazionee retrofit dell’esistente, soprattutto in riferimento al dif-fusissimo caso dei “condomini”, dal punto di vista tec-nico la strategia è quella di prediligere interventi chenon comportino importanti cambiamenti spaziali o vo-lumetrici: sono difficili da applicare i sistemi di atri/chio-strine biclimatici (a meno che non esista già uno spa-

ARCHITETTURANUOVE TECNOLOGIE

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NELLA PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE DI INTERVENTI DIRIQUALIFICAZIONE DELL’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA SIDOVRÀ FARE PARTICOLARE RIFERIMENTO AI TEMI DELRAPPORTO TRA IMPIEGO DI DETERMINATE TECNOLOGIE EPERSEGUIMENTO DEI RINNOVATI OBIETTIVI PROGETTUALI.

> Configurazionitecnologiche

differenziate per lesoluzioni

d’involucro insituazione estiva ed

invernale, in unprogetto di edilizia

residenzialepubblica a Cisterna

di Latina

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neo” - distinguere tra le soluzioni che producono un ap-porto in termini di risparmio energetico o più in genera-le di efficientamento energetico, che si sono stratifica-te, consolidate e codificate nel tempo, e quelle che –nell’assolvere comunque egregiamente al compito delcontenimento dei fabbisogni energetici – tengono ingrande considerazione anche le esigenze di migliora-mento con strategie ed azioni del tutto naturali del com-fort termoigrometrico e ambientale degli spazi fruiti,che spesso viaggiano nel loro tentativo di convivere ot-timamente con le prime su crinali di frontiera e di speri-mentazione. Certamente puntare su soluzioni tecnichequali enormi isolamenti a cappotto o ermeticità assolu-ta degli infissi esterni può aiutare molto sul lato del pu-ro risparmio energetico ma può rivelarsi devastante(non sempre, ma va simulato e controllato) dal punto divista del comfort estivo. oltretutto, paradossalmente,se interventi di quel tipo possono migliorare sensibil-mente il comportamento energetico invernale, rischia-no a volte di peggiorare decisamente il comfort estivo,e nel far questo spingono spesso l’utenza a dotarsi didispositivi di climatizzazione durante la stagione caldache producono un dissennato innalzamento dei con-sumi, oltre quello che gli stessi progettisti avevano pre-visto. Come uscire da questa potenziale impasse?spostando la propria attenzione progettuale sull’impie-go, nelle operazioni di progettazione sensibili agliaspetti bioclimatici in ambito mediterraneo, di spazi e

sistemi tecnologici che privilegino la movimentazionenaturale di masse d’aria durante l’estate combinatacon un intelligente impiego del tema della schermaturasulle frontiere dell’edificio per l’abbassamento naturaledella temperatura dell’aria e di quello dell’inerzia termi-ca sul perimetro e all’interno dell’edificio. Questo nonsignifica ricominciare a fare i muri con spessori massi-vi ormai improponibili oggi, ma usare la massa comeelemento progettuale da collocare sapientemente inpunti-chiave dell’edificio. Ho parlato della necessità diricorrere oggi a nuovi sistemi tecnologici ma anche dispazi innovativi: pensiamo, ad esempio, alle enormipotenzialità di corpi-scala ripensati nei loro ruoli e con-figurazioni, di chiostrine solari, di atri bioclimatici, tuttispazi collettivi, questi, che – in quanto tali – possonoprodurre risultati importanti nella duplice ottica da unaparte di un’ottimizzazione dei processi di efficienzaenergetica ed in particolare di risparmio energetico,dall’altra di un miglioramento del comfort ambientale,in particolare estivo, che – ormai lo abbiamo capito – èla vera sfida contemporanea del costruire e dell’abita-re consapevolmente nel mediterraneo. un’altra strate-gia fondamentale oggi è quella di dotare l’organismoarchitettonico di sistemi tecnologici per il convoglia-mento naturale delle masse d’aria nell’edificio attraver-so condotti orizzontali e verticali integrati in grado di in-nescare, sia negli spazi collettivi che in quelli privati, fe-nomeni naturali di fluidodinamica. ❐

ARCHITETTURANUOVE TECNOLOGIE

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1 È importante, nell’inquadrare il contestodi riferimento, considerare i più importantiriferimenti normativi che compongono ilquadro entro cui si inserisce la sperimenta-zione sul piano della efficienza energeticae della sostenibilità ambientale:- la direttiva europea 2002/91/Ce del16.12.2002 “rendimento energetico nel-l’edilizia”;- il decreto legislativo d.l. 192/2005 del19.8.2005 “attuazione della direttiva2002/91/Ce relativa al rendimento energe-tico nell’edilizia”.- la direttiva europea 2006/32/Ce del5.04.2006 “efficienza degli usi finali dell’e-nergia e i servizi energetici e recante abro-gazione della direttiva 93/76/Cee”;- il decreto legislativo d.l. 311 del29.12.2006 “disposizioni correttive ed inte-grative al decreto legislativo 19 agosto2005 n. 192, recante attuazione della diret-tiva 2002/91/Ce, relativa al rendimentoenergetico nell’edilizia”;

- il decreto legislativo d.l. 115 del 2008sulla “efficienza energetica nell’edilizia”;- il decreto del Presidente della repubbli-ca dPr 59/2009 del 2 aprile 2009 per l’at-tuazione del decreto legislativo d.l.192/2005 sul rendimento energetico nell’e-dilizia;- il decreto ministeriale (ministero per lo svi-luppo economico) del 26/06/2009 sulle “li-nee guida per la certificazione energeticadegli edifici”.- la direttiva europea 2010/ue del18.05.2010 sulle “Prestazioni energetichein edilizia”.

biblioGraFia- battisti, a. (2010), “sperimentazione inse-diativa ecoefficiente e sostenibile nell’edili-zia residenziale mediterranea”, rassegnadi architettura e urbanistica, vol. 132.- Cupelloni, l. (2011), “sostenibilità am-bientale/innovazione tecnologica per la ri-

qualificazione del patrimonio architettoni-co”. in tucci, F. (a cura di), efficienza eco-logica ed energetica in architettura. alineaeditrice, Firenze.- dierna, s., orlandi, F. (2005), buone prati-che per il quartiere ecologico, alinea editri-ce, Firenze.- Ferrante, t. (2008), informazione tecnicaper la riqualificazione dell’edilizia residen-ziale pubblica, dei, roma.- Herzog. t., battisti a., tucci F. (2012),“sperimentazioni di housing sociale tra ef-ficienza energetico-ambientale e bassocosto / experimentation on social housingbetween energy-environment efficiencyand low cost”. in: techne. Journal of tech-nology for architecture and environment,n. 4, 2012; pp.343-354.- tucci, F. (2008), “bioclimatic social Hou-sing”. in: monti, C., ronzoni, m.r., trippa,G., Cicconi, i., roda, r., biondo, G. (a curadi), + Qualità - energia per costruire sosteni-bile, be-ma editrice, milano.

OCCORRE - SOPRATTUTTO IN UN CONTESTO CLIMATICO COME IL NOSTRO DEFINIBILE“MEDITERRANEO” - DISTINGUERE TRA LE SOLUZIONI CHE PRODUCONO UN APPORTO IN TERMINI DIRISPARMIO ENERGETICO E QUELLE CHE – NELL’ASSOLVERE COMUNQUE EGREGIAMENTE ALCOMPITO DEL CONTENIMENTO DEI FABBISOGNI ENERGETICI – TENGONO IN GRANDECONSIDERAZIONE ANCHE LE ESIGENZE DI MIGLIORAMENTO DEL COMFORT AMBIENTALE.

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Circolare ministeriale dei lavori Pubblici n. 3151 del 22maggio 1967.“le presenti norme hanno lo scopo di individuare e defi-nire i principali parametri atti a caratterizzare il compor-tamento delle pareti perimetrali nei riguardi dei fatti o fe-nomeni capaci di influire sui requisiti termoigrometrici, diventilazione e di illuminazione naturale che gli ambientidelimitati dalle pareti anzidette debbono possedere perpoter soddisfare alle esigenze di abitabilità”. l’art. 1, tral’altro, impone che sia assicurato un sufficiente ricambiodell’aria, che la permeabilità all’aria della parete sia con-tenuta entro limiti accettabili, che siano impedite infiltra-zioni apprezzabili di acqua di pioggia attraverso la pare-te e che siano assicurate condizioni di illuminazionediurna accettabili. Per l’edilizia civile sovvenzionata sistabilisce che nell’illuminazione naturale, l’area delleporzioni vetrate delle pareti perimetrali opache non de-ve di norma eccedere il valore necessario per ottenereche il coefficiente medio d’illuminazione diurna degliambienti risulti superiore o almeno uguale a 0,06.il controllo della prescrizione va fatto attraverso un cal-colo del fattore di luce diurna medio, con la seguenterelazione:

Sf = superficie della porzione vetrata in m2;t = coefficiente di trasparenza del vetro da assumersi: 0,8 una lastrae 0,6 due lastre;Rm = coefficiente medio di rinvio delle facce interne pareti ambiente;S = area pareti ambiente;E = coefficiente d’illuminazione diurna calcolato in corrispondenzabaricentro finestra.

Capita a tutti prima o poi, nel recarsi negli ufficitecnici dei vari comuni, municipi, circoscrizio-ni, dipartimenti, distretti metropolitani, unitàterritoriali, sportelli unici, ecc. italiani di sentir-

si chiedere il rispetto del rapporto della superficie aero-illuminante, chiamato semplicemente “l’ottavo della su-perficie”. Questa grandezza, definita “aero-illuminan-te”, rappresenta il rapporto tra la superficie trasparenteespressa dalla superficie vetrata rispetto alla superficieutile dell’ambiente, ove nel caso del rapporto illuminan-te ci si riferisce al solo contributo della luce naturale enel caso dei ricambi d’aria alla sola superficie apribile.Questo rapporto è definito in funzione della destinazio-ne d’uso dei vari ambienti ed è stabilito dai vari regola-menti edilizi, regolamenti d’igiene ecc.ora che già un’unica grandezza definisca parametri didiversa qualità ambientale cioè illuminazione e ricambidi aria, deve far riflettere, se poi si cerca di capire megliola questione chiedendo lumi ai vari responsabili, si assi-ste ad una serie di risposte a dir poco “imprecise”.alla luce dello stato delle cose, dove regna la più totaleincertezza, sensazione tipica di chi varca gli uffici tecni-ci comunali, è utile approfondire l’argomento che ri-guarda il benessere ambientale degli spazi confinati,iniziando a dare uno sguardo alla normativa vigente na-zionale, dove, come al solito, si ha a che fare con articolidi legge seminati in miriadi di norme sparse nello spa-zio e nel tempo che non aspettano altro che di essere“interpretate”. Per quanto riguarda poi la normativa, sideve risalire al 1967, senza considerare le leggi, oraabrogate, come, ad esempio, il decreto del Presidentedella repubblica n. 303 del 19.03.56, “norme generaliper l’igiene del lavoro”, G.u. n.105 del 30.04.56.

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la superficie aero-illuminantequesta sconosciuta... robErTo carraTù

La grande incertezza che regna nella definizione di parametri per il controllo della lucee dell’aria nell’edilizia abitativa, rende particolarmente utile una panoramica“interpretativa” delle norme che regolano il benessere ambientale degli spazi confinati.

a cura di CARLO PLATONE e GIUSEPPE PIRAS

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inoltre stabilisce per la protezione delle superfici vetra-te che le stesse debbano essere in ogni caso dotate dischermature mobili, esterne e ventilate, che riducanoalmeno del 70% il flusso termico totale che, nel periododi insolazione, entrerebbe nell’ambiente in assenza dischermature. una seconda schermatura, mobile o fis-sa, deve essere predisposta a protezione dell’area del-le porzioni vetrate che risulti eccedente il valore innan-zi precisato. tale seconda schermatura deve essereprevista in modo che l’irraggiamento diretto sulle su-perfici protette risulti ridotto dell’80% durante la stagio-ne estiva. Questa norma è oggi superata dalle prescri-zioni delle norme uni/ts 11300/1.Questa circolare contiene l’unico metodo di calcolo fi-no ad ora esistente per la stima del fattore di luce diur-na medio e riproposto poi nella norma uni 10840/2007.

Circolare ministero dei lavori Pubblici 22 novembre1974, n. 13011. nel paragrafo 1.3 si prescrive che l’illuminazione inter-na degli ambienti ospedalieri, l’illuminazione naturale eartificiale degli ambienti di degenza e diagnostica (la-boratori e terapie, visita medica) deve essere realizza-ta in modo da assicurare un adeguato livello di illumi-nazione con accettabili disuniformità di luminanza.inoltre indica i valori minimi dei livelli di illuminazionenaturale e artificiale (tab. 1) e prescrive che particolarecura deve essere posta per evitare fenomeni di abba-gliamento sia diretto che indiretto, facendo in modoche nel campo visuale delle persone non compaianooggetti la cui luminanza superi rapporti di 20 volte i va-lori medi e che il fattore di luce diurna rispetti i valori in-dicati in tabella 2. si rammenta che le circolari ministe-riali non hanno valore di legge.

decreto ministero della sanità del 5 luglio 1975. Prescrive indicazioni relative ai locali di abitazione, inparticolare recita che: tutti i locali degli alloggi, eccettua-ti quelli destinati a servizi igienici, disimpegni, corridoi,vani-scala e ripostigli debbono fruire di illuminazione na-turale diretta, adeguata alla destinazione d’uso; che perciascun locale d’abitazione, l’ampiezza della finestra de-ve essere proporzionata in modo da assicurare un valoredi fattore luce diurna medio non inferiore al 2%, e comun-que la superficie finestrata apribile non dovrà essere in-feriore a 1/8 della superficie del pavimento; che per gliedifici compresi nell’edilizia pubblica residenziale occor-re assicurare, sulla base di quanto sopra disposto e deirisultati e sperimentazioni razionali, l’adozione di dimen-sioni unificate di finestre e, quindi, dei relativi infissi e chequando le caratteristiche tipologiche degli alloggi dianoluogo a condizioni che non consentano di fruire di venti-lazione naturale, si dovrà ricorrere alla ventilazione mec-canica centralizzata immettendo aria opportunamentecaptata e con requisiti igienici confacenti.

decreto ministeriale 18 dicembre 1975. Questa norma riguarda l’edilizia scolastica, in particola-re prescrive che l’illuminazione naturale e artificiale deglispazi e dei locali della scuola deve essere tale da assi-curare agli alunni il massimo del comfort visivo, pertantosi dovrà avere: livello d’illuminazione adeguato; equili-brio delle luminanze; protezione dai fenomeni di abba-gliamento; prevalenza della componente diretta su quel-la diffusa soprattutto nel caso di illuminazione artificiale.i valori minimi dei livelli di illuminamento naturale ed arti-ficiale sono riportati nella tabella 3. allo scopo di garanti-re che le condizioni di illuminamento prescritte siano as-sicurate in qualsiasi condizione di cielo e in ogni punto

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Tab. 1 - Valori minimi di illuminazione naturale ed artificiale della Circolare n. 13011/74

–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––ILLUMINAMENTO SUL PIANO ILLUMINAZIONE

IN LUX–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Sul piano di lavoro o osservazione medica (escluso quello operatorio) 300–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Sul piano di lavoro negli spazi di lettura, laboratori, uffici 200–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––In spazi per riunioni, ginnastica, ecc. 100–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Nei corridoi, scale, servizi igienici, spogliatoi, ecc. 80

Tab. 2 - Valori minimi del fattore di luce diurna medio della Circolare n. 13011/74

–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––FATTORE MEDIO DI LUCE DIURNA VALORE MEDIO

η m–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Ambienti di degenza 0.03–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Palestre, refettori 0.02–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Uffici, spazi per la distribuzione, scale 0.01

1. La superficieaeroilluminante diuna finestra devestabilire i parametridi qualitàambientale intermini di luce ericambi di aria

2. L'apporto del solee dell'aria in unospazio nei terminicorretti è anche unindice di unacorrettaprogettazionearchitettonica

3. La superficieaeroilluminante è unparametroverificabile anche (eforse meglio)tramite softwarededicati

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dei piani di utilizzazione considerati, deve essere realiz-zato uno stretto rapporto mediante integrazione dell’illu-minazione naturale con quella artificiale. Particolare cu-ra dovrà essere posta per evitare fenomeni di abbaglia-mento sia diretto che indiretto facendo in modo che nelcampo visuale abituale delle persone non compaianooggetti la cui luminanza superi di 20 volte i valori medi.al fine di assicurare l’economica realizzazione dei livel-li di illuminamento prescritti e contemporaneamente leesigenze derivanti dalla protezione dall’irraggiamentosolare è opportuno che il fattore medio di luce, definitocome il rapporto tra l’illuminamento medio dell’ambien-te chiuso e l’illuminamento che si avrebbe, nelle identi-che condizioni di tempo e di luogo, su una superficieorizzontale esposta all’aperto in modo da ricevere lucedall’intera volta celeste senza irraggiamento diretto delsole, risulti uguale ai valori riportati nella tabella 4.Per la tematica dei luoghi di lavoro, a seguito del testounico sulla sicurezza del lavoro n. 81/2008, per quantoriguarda l’illuminazione naturale, si prescrive che, persalvaguardare la tutela, la salute e la sicurezza dei la-voratori sui luoghi di lavoro, in particolare dagli effettinocivi sugli occhi e sulla cute, sia garantita una ade-guata illuminazione naturale.Per quanto riguarda invece la normativa tecnica uni re-lativa all’argomento della illuminazione naturale e non,in generale, si nota che la comunità scientifica ha dimo-strato interesse all’argomento solo negli ultimi anni, inparticolare in riferimento a tematiche relative ai luoghi dilavoro, al risparmio energetico e alla edilizia scolastica. Per l’edilizia scolastica, è in vigore la norma uni10840/2007, pubblicata nel maggio del 2007, “luce eilluminazione - locali scolastici: Criteri generali per l’illu-minazione artificiale e naturale”.Questa prevede l’ottenimento di una buona prestazio-ne visiva, una integrazione fra luce artificiale e luce na-turale. viene riproposta per il calcolo semplificato delfattore di luce diurna, applicabile solo a spazi di formaregolare, la formula già usata nella Circolare ministeria-le del lavori Pubblici n. 3151 del 1967, ove c’è solo unasostituzione della simbologia:

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Tab. 3 - Valori minimi di illuminazione naturale, ai sensi del D.M. 18.12.1975

–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––ILLUMINAMENTO SUL PIANO DI LAVORO LUX–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Sul piano dei tavoli negli spazi per il disegno, il cucito, il ricamo, ecc. 300–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Sulle lavagne e sui cartelloni 300–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Sul piano di lavoro negli spazi per lezione, studio, lettura, laboratori, negli uffici 200–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Negli spazi per riunioni, per ginnastica, ecc. misurati su un piano ideale posto a 0,60 m dal pavimento 100–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Nei corridoi, scale, servizi igienici, atri, spogliatoi, ecc. misurati su un piano ideale posto a 1,00 m dal pavimento 100–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Tab. 4 - Valori minimi del fattore di luce diurna medio,

ai sensi del D.M. 18.12.1975–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––FATTORE MEDIO DI LUCE DIURNA MEDIO η m–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Ambienti ad uso didattico (aule per lezione, studio, lettura, laboratori, disegno, ecc.) 0,03–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Palestre, refettori 0,02–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Uffici, spazi per la distribuzione, scale, servizi igienici 0,01–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––

ε = E0v / E0ηm = rapporto espresso in percentuale tra l’illuminamento medio del-l’ambiente Em, e l’illuminamento E0 che si ha nelle stesse condizioni ditempo e spazio, su una superficie orizzontale esterna che riceve lucedall’intera volta celeste, senza irraggiamento solare direttoE0 è l’illuminamento interno, nelle stesso condizioni di spazio e temposu una superficie orizzontale esterna che riceve luce dall’intera voltaceleste, senza irraggiamento solare diretto;E0v è l’illuminamento esterno sulla superficie vetrata verticale;Af è l’area della superficie della finestra, escluso il telaio;t è il fattore di trasmissione luminosa del vetro;ε = è il fattore finestra, rappresentativo della porzione di volta celestevista dal baricentro della finestra:η = 1,0 per finestra orizzontale (lucernario) senza ostruzioni;ε = 0,5 per finestra verticale senza ostruzione;ε < 0,5 per finestra verticale con ostruzione;Atot è l’area totale delle superfici che delimitano l’ambiente;Rm è il fattore medio di riflessione luminosa delle superfici che delimi-tano l’ambiente;ψ è il fattore di riduzione del fattore finestra.

alla luce di quanto esposto, per la parte riguardante laluce naturale, si deve quindi considerare come princi-pale ed unico indice di valutazione, il fattore di luce diur-na (Fld) o daylight factor (dF). Questo indice, attual-mente raccomandato dalla Cie (1972), si basa sull’as-sunto che le variazioni di luce che si hanno all’esternodi un edificio si riproducono in egual misura proporzio-

4. Il fattore di lucediurna, comesomma di tre

componenti

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nale all’interno dell’ambiente considerato. Con questoindice è possibile quantificare, in funzione delle reali si-tuazioni ambientali e quindi in presenza di eventuali om-breggiamenti, in presenza o meno di ostruzioni esterne,ecc. la quantità di luce che entra in uno spazio interno.Questo esprime il rapporto che esiste tra l’illuminamen-to che si ha all’interno di un ambiente e l’illuminamentoesterno che, nello stesso istante, si avrebbe su una su-perficie orizzontale esposta all’aperto, schermata dal-l’irraggiamento solare diretto1, dovuto quindi alla solacomponente diffusa. Con l’ipotesi di illuminamentoesterno costante, ed anche nella contemporaneità delrilievo dei due valori, si può asserire che il fattore di lu-ce diurna è un valore costante, indipendente dall’oradel giorno e dal periodo dell’anno, infatti costante è ilrapporto tra illuminamento interno ed esterno, e non cer-to il valore dell’illuminamento misurato. il fattore di lucediurna risulta composto sempre dalla somma delle trecomponenti: sKC = componente di cielo diretta (luceche entra direttamente dalla finestra); erC = compo-nente esterna riflessa (luce riflessa da superfici ester-ne come alberi, edifici vicini, ecc.); irC = componenteinterna riflessa (luce riflessa dalle superfici interne).È possibile effettuare il calcolo del fattore di luce diurnaanche attraverso altri metodi grafici tipo basati sul con-cetto di coefficiente d’utilizzazione (lumen method),prevalentemente studiati e sviluppati negli stati uniti, oattraverso software di calcolo dedicati ed avere un va-lore meno impreciso.Per quanto riguarda invece il rapporto aerante, cioè ilrapporto tra la superficie apribile delle finestre di un am-biente e la sua superficie utile, è da differenziare con ilnumero di ricambi di aria, previsto in genere nelle nor-mative relative al risparmio energetico, ove con questonumero si intende la portata di aria in metri cubi dellaquantità di aria che deve essere ricambiata in un’ora.Per gli edifici residenziali questo rapporto era fissato in0,5 volumi/h, oggi, in relazione alla norma uni/ts11300, ai fini del calcolo del carico termico, si assume

un tasso di ricambio d’aria pari 0,3 volumi/h. C’è da con-siderare che in caso di ricambi di aria che accadonoper via naturale, essi avvengono esclusivamente o peril gradiente termico (effetto camino) presente tra l’ester-no e l’interno della abitazione, che causa una diversadensità dell’aria, quindi una diversa pressione, che fa siche l’aria più calda (più leggera) tenda a salire richia-mando l’aria fredda, maggiore è la differenza di tempe-ratura, maggiore sarà la differenza di pressione (è piùfacile ricambiare l’aria in inverno rispetto all’estate) op-pure per effetto del vento che induce la parete interes-sata (parete sopravento) dalla sua azione ad avere unamaggiore pressione della parete rispetto a quella, in ge-nere quella opposta (parete sottovento), che si trova aduna pressione minore. la disposizione delle aperture ri-sulta quindi di fondamentale importanza, che poi il ri-cambio d’aria, in ambienti urbani particolarmente inqui-nati sia un bene, questo è tutto da dimostrare.in genere, quasi tutti i regolamenti comunali, hanno pre-scritto, per l’edilizia abitativa, in ottemperanza all’art. 5del decreto ministero della sanità del 5 luglio 1975 l’ap-plicazione del fattore dell’ottavo della superficie utiledel pavimento, ma fraintendendolo, ed applicandolocome unico parametro per il controllo sia della luce chedell’aria, forse perché la verifica del fattore di luce diur-na è un po’ più complicata. ora, alla luce di quanto ana-lizzato, sarebbe quindi auspicabile che il valore del 1/8della superficie del pavimento sia attribuito unicamenteal parametro dei ricambi di aria, in relazione alla sola su-perficie apribile, mentre quando si parla di illuminazio-ne naturale ci si deve unicamente riferire al solo para-metro del fattore di luce diurna medio, che consente tral’altro di verificare il reale comportamento di una super-ficie vetrata in relazione al suo apporto di luce naturale,ammettendo in questo caso anche situazioni non usua-li, come ad esempio la presenza di una serra solare ad-dossata ad una parete, che riduce certo l’apporto di lu-ce naturale, ma che non implica il non rispetto del pre-scritto valore imposto dalla normativa vigente. ❐

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1 ipotesi di cielo coperto standard, ricevuta da un cielo di nota distribuzione di luminanza

5. Gli attualisoftwarepermettono calcolidel fattore di lucediurna moltoaccurati, altrimentiimpossibili con imetodi di calcolodelle normative

6. Il ricambio di aria,non è solo legato adun semplicerapporto darispettare ma anchead una correttadisposizione dellefinestre

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la tutela dei giardini storici lo stesso concetto di tutela dei giardini storici è relati-vamente recente, in confronto ai principi maggiormen-te consolidati del restauro generalmente inteso.il convegno sulla “tutela e valorizzazione delle ville egiardini italiani”, organizzato nel 1959 dalla sezionelombarda di italia nostra, può essere assunto comemomento iniziale di una nuova ricerca per la cono-scenza e la conservazione di uno straordinario patri-monio storico che, per ignoranza, per incuria, per moti-vi speculativi, si andava rapidamente perdendo.nella stessa Carta del restauro di venezia del 1964non si parla ancora dei giardini. Pochissimo è detto nella relazione della CommissioneFranceschini (Per la salvezza dei beni culturali in italia,1967) dove è chiarita la definizione di “bene ambienta-le” ma i giardini sono appena citati. una svolta si ha solo a partire dagli anni ‘70: nel 1971 si

Premessain occasione del progetto di riqualificazione di Piazzavittorio emanuele ii, promosso in fase preliminare dalComune di roma e, per le grandi critiche ed opposi-zioni cittadine suscitate, prontamente ritirato ed in viadi sostituzione, potrebbe essere utile contribuire al di-battito innescato con alcune riflessioni circa il significa-to botanico, architettonico e artistico del giardino stori-co in generale e del giardino di Piazza vittorio in parti-colare, anche per la sua rilevante valenza urbana.occorre rilevare che manca ancora una coscienza pie-na del valore dei giardini antichi: anzi, molto spesso, siassiste a una pericolosa assimilazione dei giardini asemplici “zone verdi”. Giardini non più percepiti nellaloro qualità storica e artistica, nella loro dimensione cul-turale e simbolica, ma solo nell’accezione di verde d’u-so o di verde pubblico, estremamente pericolosa perla loro reale conservazione.

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i giardini storici. Piazza VittorioL’importanza di riconoscere il valore monumentale e documentale dei giardini storicie di fissarne l’equiparazione a qualsiasi altro bene oggetto di tutela e restauro conuna maggiore sensibilità dovuta alla loro “effimera” durata.

a cura di GIOVANNI CARBONARA e ALESSANDRO PERGOLI CAMPANELLIRESTAURO

riccardo d’aquino

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tiene il primo convegno organizzato a Fontainebleaudal Comitato internazionale dei Giardini e siti storici(costituito dall’iComos-iFla) e nel 1975, a zeist inolanda, si riunisce nuovamente il Comitato internazio-nale per i Giardini storici il quale riafferma la necessitàdi catalogare le essenze, congruenti dal punto di vistastorico, per aree culturali e botaniche, ribadendo an-che per le specie vegetali il concetto del restauro con-servativo e del rispetto del palinsesto, cioè del mante-nimento delle specie esistenti, immesse nel tempo eperciò storicizzate.una decisa presa di posizione si ha nel convegno di Fi-renze del 1981, organizzato dallo stesso Comitato,quando si arriva finalmente all’approvazione di una“Carta dei Giardini storici”, detta Carta di Firenze, cheha il merito di riconoscere il valore monumentale e do-cumentale dei giardini storici e di fissarne l’equipara-zione a qualsiasi altro bene oggetto di tutela e restaurocon una maggiore sensibilità dovuta alla loro “effimera”durata, alla loro naturale caducità. Pier Fausto bagattivalsecchi, infatti, membro del Comitato, all’epoca nota-va che “stante la specificità dei giardini, come monu-menti caratterizzati dalla presenza di materiali viventi,era sentita la necessità di indicare alcuni principi e me-todi che precisassero quelli di natura più generale con-tenuti nella Carta del restauro di venezia del 1964”.

il valore della conservazionela Carta di Firenze, dopo i primi articoli riguardanti ladefinizione dei giardini, precisa gli obiettivi (“la salva-guardia dei giardini storici esige che essi siano identifi-cati ed inventariati”, art. 9), in primo luogo la tutela, chepassa attraverso la conoscenza, e poi la definizionedegli eventuali interventi di manutenzione, conserva-zione e restauro. inoltre il principio che il “giardino sto-rico dovrà essere conservato in un intorno ambientaleappropriato. ogni modificazione dell’ambiente fisico

che può essere dannosa per l’equilibrio ecologico de-ve essere proscritta …” (art. 14). di conseguenza una particolare attenzione va riserva-ta non solo al giardino ma all’ambiente. in relazione al-l’azione di restauro la Carta afferma che: “ogni restau-ro - e a maggior ragione ogni ripristino di un giardinostorico - dovrà essere intrapreso solo dopo uno studioapprofondito che vada dallo scavo alla raccolta di tuttala documentazione concernente il giardino e i giardinianaloghi, in grado di assicurare il carattere scientificodell’intervento” (art. 15). inoltre: “l’intervento di restau-ro deve rispettare l’evoluzione del giardino in questio-ne. Come principio non si potrà privilegiare un’epoca aspese di un’altra a meno che il degrado o il deperimen-to di alcune parti possano eccezionalmente esserel’occasione per un ripristino fondato su vestigia o sudocumenti irrecusabili” (art. 16).

la Carta di Firenzela novità, come già accennato, è rappresentata dallaredazione di un nuovo documento che pone come og-getto specifico del suo interesse il valore e la conser-vazione dei giardini storici: questa Carta, redatta, co-me accennato, dal Comitato internazionale dei Giardi-ni e siti storici, fu registrata il 15 dicembre 1982 dall’i-Comos con l’intento di completare la Carta di venezia.se ne riportano, in sintesi, i punti salienti.

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sovrapposizione eindividuazione della piazzasulla antica necropoli

Colle Esquilino prima dellabonifica fatta da Mecenate;zona destinata a sepolture etrasformata dallo stessoMecenate in una villa tra il 42 eil 35 a.C.: la necropoli viene inparte eliminata interrandoalcune zone e dando il via allatrasformazione dell'Esquilino inun pianeggiante altopiano,utilizzato come luogo diresidenza, mentre le areesepolcrali verranno confinate aimargini delle grandi strade chelo attraversavano.

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gli alberi ed arbusti, allo studio della loro essenza bota-nica e della loro disposizione architettonica storicizza-ta, consentirà un corretto approccio conservativo al pa-linsesto - o quantomeno la sua comprensione, premes-sa necessaria ad ogni ulteriore atto - cioè ad un sistemacomplesso e, quasi per definizione, in fragile equilibrio.in Piazza vittorio, parzialmente recuperata qualche annofa ma senza un grande giovamento per il verde storico inessa contenuto, pur fra “lavori di manutenzione” perennie carenze di programmazione degli interventi, si posso-no, ad esempio, ancora osservare specie vegetali rareed esotiche, come la Grevillea, il brachychiton, l’alberodella Canfora, la metasequoia, la sofora, il Podocarpo.

Piazza vittorioPrima ancora d’individuare le metodologie di restaurodi un giardino storico è necessario affermare come

Per tutelare e conservare bisogna conoscerel’indagine diretta (unita alla schedatura, alla notificad’interesse - il cosiddetto ‘vincolo’ - e, dove necessa-rio, ad un idoneo reimpiego) ancora oggi si dimostracome l’esigenza preliminare ad ogni intervento.il giardino va analiticamente studiato in tutte le suecomponenti (architettoniche, vegetali, idriche, geologi-che, topografiche, ambientali ecc.) sia attraverso do-cumenti e fonti storiche e letterarie, sia attraverso rilievitopografici e catastali antichi, nonché ogni altra fonteiconografica, compresa la fotointerpretazione, sia,quando necessario, tramite l’indagine archeologica ebotanica diretta. tale studio analitico e comparato implica l’indispensa-bile concorso di molte specifiche discipline e compe-tenze, da quelle del botanico all’architetto, al topografoe all’archeologo. esso, associato alla catalogazione de-

RESTAURO

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A. Definizioni e obiettiviArt. 1 - Un giardino storico è una composizione ar-chitettonica e vegetale che dal punto di vista storicoo artistico presenta un interesse pubblico. Come ta-le è considerato come un monumento.Art. 2 - Il giardino storico è una composizione di archi-tettura il cui materiale è principalmente vegetale, dun-que vivente e come tale deteriorabile e rinnovabile. Ilsuo aspetto risulta così da un perpetuo equilibrio, nel-l’andamento ciclico delle stagioni, fra lo sviluppo e ildeperimento della natura e la volontà d’arte e d’artifi-cio che tende a conservarne perennemente lo stato.Art. 3 - Come monumento il giardino storico deveessere salvaguardato secondo lo spirito della Carta

di Venezia. Tuttavia, in quanto monumento vivente,la sua salvaguardia richiede delle regole specificheche formano l’oggetto della presente Carta.Art. 4 - Sono rilevanti nella composizione architetto-nica del giardino storico: la sua pianta ed i differentiprofili del terreno; le sue masse vegetali: le loro es-senze, i loro volumi, il loro gioco di colori, le lorospaziature, le loro altezze rispettive; i suoi elementicostruiti o decorativi; le acque in movimento o sta-gnanti, riflesso del cielo.Art. 9 - L’autenticità di un giardino storico concernesia il disegno e il volume delle sue parti che la suadecorazione o la scelta degli elementi vegetali o mi-nerali che lo costituiscono.

B. Manutenzione, conservazione, restauro, ripristinoArt. 10 - Ogni operazione di manutenzione, conser-vazione, restauro o ripristino di un giardino storicoo di una delle sue parti deve tenere conto simulta-neamente di tutti i suoi elementi. Separandoli, leoperazioni altererebbero il legame che li unisce.Art. 11 - La manutenzione dei giardini storici è un’o-perazione fondamentale e necessariamente conti-nua. Essendo la materia vegetale il materiale princi-pale, l’opera sarà mantenuta nel suo stato solo conalcune sostituzioni puntuali e, a lungo termine, conrinnovamenti ciclici (tagli completi e reimpianto dielementi già formati).Art. 12 - La scelta delle specie di alberi, di arbusti, diLA

CAR

TA DI FIRENZE - PU

NTI SALIENTI

… alla fine del percorso dell'acquedotto si trovava una costruzione (castellum aquae) che conteneva altre camere di decantazione ela vasca terminale da cui l'acqua veniva distribuita nelle condutture dell'utenza urbana. All'interno della città altri "castelli"provvedevano ad ulteriori ripartizioni del flusso, e d'altra parte potevano esserci anche "castelli" posizionati prima di quello principale,per le eventuali utenze delle ville extraurbane. A volte il castellum terminale assumeva l'aspetto di una fontana monumentale, comenel caso dei resti noti come "Trofei di Mario", visibili nei giardini dell'attuale piazza Vittorio.

L'Aqua Iulia è stato ilquinto acquedotto dellacittà di Roma. Captaval'acqua da sorgenti nelterritorio tuscolano.L'intero percorsomisurava ca 22,5 km, deiquali quasi la metà (circa11 km) in superficie

Dall’alto e dasinistra:

> Il tracciato degliacquedotti

> Diramazionedell'Acquedotto

tra via Giolitti e viaTurati verso

piazza Vittorio> Resti delcastello di

distribuzione inpiazza Vittorio

"I Trofei di Mario"> I sei archi

superstiti delladiramazione

dell'Aqua Iulia

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questo rappresenti un palinsesto composto da presen-ze architettoniche (interne come i ruderi del cosiddetto“trofeo di mario” ed esterne, il contesto edilizio del rioneesquilino) e da essenze arboree ed arbustive il cui svi-luppo è unico ed irripetibile e la cui consistenza e per-manenza sono segnate dalla fragilità nel tempo.non si dovrebbero, quindi, ammettere interventi ope-ranti al di fuori di un’accurata ricerca documentale pre-ventiva e dell’apporto di un gruppo ben coordinato diprogettisti - tutti a pari titolo firmatari del progetto di re-stauro - che rappresentino i diversi settori disciplinariindispensabili, così da evitare - il più possibile - inter-venti inconsapevoli e arbitrari.una prima serie d’indagini e valutazioni – sicuramenteda completare ed approfondire con gli apporti di unbotanico e di un archeologo – potrebbero essere:• un’analisi dendrologica dello stato di fatto:

- rilievo a vista dello stato di conservazione delle pian-te; - analisi fotografica all’infrarosso; - termografie;• il riconoscimento e catalogo delle specie arboree edarbustive:- sarebbe utile coinvolgere, in questo senso, l’orto bo-tanico di roma la cui catalogazione delle specie arbo-ree segue sequenze particolari, consolidate nel tempocosì da costituire, essa stessa, un patrimonio docu-mentale da cui attingere informazioni storiche; - per il prolungamento della vita degli alberi, ed in par-ticolare di quelli più vecchi, è possibile fare ricorso a“tecniche di rinvigorimento” fra le quali, in mancanza diun progetto specifico di pianificazione conservativa:consolidamento della stabilità e dell’attività vitale (- in-nesti; - concimazioni speciali, iniezioni endoxilemati-che; - dendrochirurgia); verifica delle lesioni esistenti opotenziali (- rami morti o morenti, cavità; - incroci peri-

RESTAURO

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piante, di fiori da sostituire periodicamente deve te-nere conto degli usi stabiliti e riconosciuti per le va-rie zone botaniche e culturali, in una volontà di man-tenimento e ricerca delle specie originali.Art. 13 - Gli elementi di architettura, di scultura, didecorazione fissi o mobili che sono parte integrantedel giardino storico non devono essere rimossi ospostati se non nella misura necessaria per la loroconservazione o il loro restauro. La sostituzione o ilrestauro di elementi in pericolo devono essere con-dotti secondo i principi della Carta di Venezia, e do-vrà essere indicata la data di tutte le sostituzioni.Art. 14 - Il giardino storico dovrà essere conservato inun intorno ambientale appropriato. Ogni modificazione

dell’ambiente fisico che possa essere dannosa per l’e-quilibrio ecologico deve essere proscritta. Queste mi-sure riguardano l’insieme delle infrastrutture sia inter-ne che esterne (canalizzazioni, sistemi di irrigazione,strade, parcheggi, sistemi di custodia, di coltivazione).Art. 15 - Ogni restauro e a maggior ragione ogni ri-pristino di un giardino storico dovrà essere intra-preso solo dopo uno studio approfondito che vadadallo scavo alla raccolta di tutta la documentazioneconcernente il giardino e i giardini analoghi, in gra-do di assicurare il carattere scientifico dell’interven-to. Prima di ogni intervento esecutivo lo studio do-vrà concludersi con un progetto che sarà sottopo-sto […] ad una valutazione collegiale.

Art. 16 - L’intervento di restauro deve rispettare l’evo-luzione del giardino in questione. Come principio nonsi potrà privilegiare un’epoca a spese di un’altra a me-no che il degrado o il deperimento di alcune parti pos-sano eccezionalmente essere l’occasione per un ri-pristino fondato su vestigia o su documenti irrecusa-bili. Potranno essere più in particolare oggetto di uneventuale ripristino le parti del giardino più vicine adun edificio, al fine di farne risaltarne la coerenza.Art. 18 - Anche se il giardino storico è destinato adessere visto e percorso, è chiaro che il suo accessodeve essere regolamentato in funzione della suaestensione e della sua fragilità in modo da preserva-re la sua sostanza e il suo messaggio culturale.

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ConclusioniGiardino come “monumento” e giardino come “docu-mento”: ecco i due termini che dobbiamo in qualchemodo collegare. documento in cui tutti gli elementi co-stituiscono “storia”, in cui tutti gli elementi vanno stu-diati, confrontati e, per quanto possibile, conservati.di fronte al disegno generale di un giardino antico, altaglio dei viali, alla distribuzione di certe siepi, all’orga-nizzazione di certe masse di verde, oltre che, ovvia-mente, alla presenza o alla traccia di elementi architet-tonici quali muretti, sedili, pavimentazioni, per non par-lare di fontane o tracce di opere idrauliche, gli architet-ti e i giardinieri di oggi non hanno che un compito: quel-lo di restauratori e di conservatori, non di ‘creatori’. es-si devono prima di tutto rispettare quanto esiste, anchese non rispondente in tutto al supposto disegno origi-nario del giardino.ripetiamo che anche nel caso dei giardini, come inquello delle architetture e di tutti gli altri beni artistici estorici, la necessità di “conoscere” per conservare è in-dispensabile e preliminare; essa dovrà essere consi-derata un compito grandissimo degli uffici preposti al-la manutenzione dei giardini, anche se attualmente èun compito troppo facilmente disatteso.È necessario, inoltre, che il giardino storico abbia unuso non contrastante con la sua intrinseca fragilità ecomunque tale da non provocare alterazioni alla suastruttura. È altresì necessario che i giardini pubblici neicentri storici siano esclusi dagli standards urbanistici,in quanto luoghi non modificabili in tale senso; ciò se sene vuole conservare la memoria e la forma botanica edarchitettonica, dedicata alla osservazione di specie ar-boree spesso rare, alla passeggiata ed al riposo. ❐

colosi per frizione sotto l’azione del vento; - pericoli peril carico da neve); verifica della sufficienza dell’arieg-giamento dell’apparato radicale;• studio archeologico:- rilievo diretto e laser scanner dei ruderi;- ricerca e sistematizzazione dei dati conosciuti;- individuazione di aree d scavo per completamentodelle informazioni;• studio storico della piazza:- recupero dei progetti originali;- ricerca iconologica (stampe, disegni, foto d’epoca);- ricerca documentale;- analisi storica ed architettonica degli sviluppi dellospazio urbano.

solo dopo questa fase preliminare potrà essere possibi-le redigere un’idea di progetto che tenga conto, pur nel-la libertà espressiva del progettista interna al concettostesso di “restauro critico”, delle seguenti limitazioni:• le indicazioni dell’analisi condotta dai botanici, qualielementi indispensabili e linee guida per qualsiasi pro-getto urbano, conservativo o di trasformazione;• le funzioni nel giardino storico, evitando piste ciclabili,aree per eventi od attrezzate e, in generale, tutto quantoconcerne un uso del giardino legato ad una sua interpre-tazione quale ‘standard urbanistico’ (d.m. 1444/1968);• l’individuazione delle relazioni con il contesto urbano:flussi di viabilità, attraversamenti pedonali, criticità inrelazione ai bordi del giardino;• l’elaborazione di un progetto partecipato che coniu-ghi le necessità della conservazione, l’informazione aicittadini e le richieste degli abitanti del quartiere conuna effettiva risposta architettonica ed urbana.

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note bibliografiche- Possibilità e metodologie di restauro botanico delle ville storiche. mario Catalano in: ville storiche, parchi e giardini del lazio. tipar edizioni, ro-ma 1999. - arborario Grafico. diego maestri. aracne, 2009. - il restauro dei giardini storici. emmina de negri. atti del Convegno le camelie ed ilgiardino, Pegliflora, Genova 1998. - uso del giardino storico. stefano Fera, atti del Convegno le camelie ed il giardino, Pegliflora, Genova 1998.

Da sinistra:> Situazione

urbanistica allafine del 1870

> Piano regolatoredel 1873

> Vista dellapiazza prima della

realizzazione delgiardino

> Vista dellapiazza dopo la

realizzazione delgiardino

> Laghettodei Trofei di

Mario

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La figura di mirei shigemori (1896-1975) ha attra-versato tutto il secolo passato definendo e trac-ciando, nell’epoca showa (1926-1988), una li-nea che lega la tradizione alla modernità del

giardino in Giappone, una forma di creatività formatanello studio e nella pratica, passando nelle arti figurati-ve e nell’ikebana, fatta di conoscenza delle antichememorie; un continuo lavoro dentro la tradizione inter-pretando ed attualizzando segni e costruzioni che se-gnano con precisione il contemporaneo.una frase del maestro espone con chiarezza la letturacontemporanea dello stato dell’arte e su come potersviluppare la cultura dei giardini nel suo paese: l’arte dioggi deve inventare la nostra era. […] la decadenza

del livello artistico del giardino è strettamente legata al-l’involuzione delle nostre capacità di ammirarlo. Perciòdobbiamo rinnovare il nostro approccio alla contem-plazione del giardino a partire da un punto di vista libe-ro e proprio di ognuno di noi, fino a un elevato livello diosservazione artistica.shigemori stesso ammette che la fama del giardinogiapponese nel mondo è dovuta alla sua esoticità, maaggiunge una cosa rilevante, ossia che tale importan-za non solo è riconosciuta per la capacità artistica del-le opere, ma perché mette a fuoco un concetto impor-tante per il giardino contemporaneo giapponese, quel-lo che vede la bellezza classica come elemento di mo-dernità all’interno della ricerca attuale. Questo non vuol

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mirei shigemori: la tradizione nellamodernità del giardino giapponeseNei giardini di Shigemori le geometrie, insieme alle forme naturalistiche, rimandanoa una ricerca espressiva intesa come momento artistico dell’opera che induce ilgiardino a nutrirsi di elementi simbolici che lo collegano al luogo e alla sua storia e,al contempo, a sperimentare nuove espressioni, introducendo materiali o forme cheportano a dire che non c’è tradizione senza innovazione. Monica sgandurra

a cura di LUCIO CARBONARA e MONICA SGANDURRA PAESAGGIO

> Tofuko-ji, Kyoto(1939), il giardinosud e le isole degliImmortali

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se il giardino è il luogo dell’artificio e dell’immaginarioma al contempo è un luogo reale, fatto di elementi, diprocessi materiali e temporali, allora mai come in que-sto organismo la possibilità di legare il reale con l’idea-le si sublima e trascende ogni componente, conse-gnando l’opera all’arte.il giardino giapponese racchiude tutto ciò; tecniche econoscenze, aspirazioni ed astrazioni, forme tradizio-nali di pensiero che si materializzano nel contempora-neo attualizzando incessantemente il pensiero sullanatura, trasportando la tradizione, la storia non dentroad un museo, ma rendendola parte attiva della rifles-sione sulle nuove visioni dell’oggi.in questo, il lavoro di shigemori si struttura proprio dauna forte preparazione sui saperi antichi; il maestro hastudiato pittura (nihonga) nella scuola di belle arti ditokyo all’inizio del secolo scorso, così come ha seguitolezioni sull’arte dell’ikebana e introdotto alla Cerimoniadel the (chado). ma non è tutto. intorno al 1920, dopola sua laurea, ha cercato di fondare una scuola di cul-tura giapponese, ma a causa del devastante terremotodi Kanto del 1923, dovette ritornare alla sua città natalenei pressi di Kyoto, rinunciando all’impresa ma questolo ha portato a continuare ad interessarsi di giardini tra-dizionali, fondando nel 1932 il Kyoto rinsen Kyokai, laprima associazione di giardinaggio dell’era modernanel sol levante. sempre un evento eccezionale, comeil tifone murato del 1934, lo portò in tutto il Giappone astudiare e catalogare, fotografare e disegnare gli oltre400 giardini storici presenti nel paese, dando alla luce,dopo tre anni, ad un’opera senza precedenti, in 26 vo-lumi, illustrated book on the History of the Japanese

dire un esercizio di stile che viene riproposto in modomeccanico, in una continua citazione sterile, ma un la-voro che va all’essenza del pensiero che fa del dialogotra uomo e natura il suo punto focale.terra, acqua e rocce sono i materiali in cui si manifestala natura e come tali proposti in forme e relazioni com-plesse che si perdono nelle filosofie panteistica e bud-dista. il lavoro nel paesaggio è un processo che nonpuò essere avviato se nella tradizione non ci sono ele-menti di innovazione, se le relazioni tra le parti non svi-luppano un continuum di strutture, ambienti, luoghi chenon interrompono la memoria, ma che la rinnovano at-traverso materiali e sguardi contemporanei.Come ci ricordano sachimine masui e beatrice testininel loro saggio1, il giardino giapponese è lo specchiodell’universo, san sen sou moku, e proprio questa ca-ratteristica dà la possibilità di adeguare la sua proget-tazione al contemporaneo. i due autori definisconoquesta condizione come l’opportunità di costruire del-le strategie che trasportano la tradizione nell’oggi, pia-ni di azione che sono riassunti in cinque modalità di in-tervento: ospitalità, attraversamento, riproduzione,riduzione e astrazione.l’opera di shigemori ha sicuramente, come punto diforza, la strategia dell’astrazione, ossia la modalità dioperare nel paesaggio e nel giardino attraverso visioniplastiche che, anche se passano per modi di riduzio-ne e riproduzione, vedono proprio nell’astrazione, nel-la capacità di elevare i processi e le forme del reale informe del sensibile, nel sentire della mente, nello statodell’essere qui e ora universali, eliminando ogni visioneindividuale, come ci ricorda la filosofia zen.

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> Il giardino est, ilgiardino dellecostellazioni

dell’OrsaMaggiore

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PAESAGGIO

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TERRA, ACQUA E ROCCE SONO I MATERIALI IN CUI SI MANIFESTA LA NATURA E COME TALI PROPOSTI INFORME E RELAZIONI COMPLESSE CHE SI PERDONO NELLE FILOSOFIE PANTEISTICA E BUDDISTA.

Dall’alto:> Il giardino ovest, lascacchiera di arbustiveche simboleggia icampi di riso> Il giardino sud dellepietre chesimboleggiano lecinque sette Zen diKyoto

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1236. il complesso, il più importante dell’epoca medie-vale, sorse per competere con altri due importanti tem-pli di nara, dai quali prese le iniziali dei nomi, todei-ji eKofuku-ji: il nome del tempio è quindi l’unione dei duenomi. Questo complesso ha al suo interno 24 templiche dopo incendi e distruzioni risalgono tutti al Xv se-colo. l’Hojo, l’edificio residenza del capo dei monaci,fu costruito nel 1890 e nel 1939 furono aggiunti, tutti in-torno alla costruzione, i giardini, progettati da shige-mori. si tratta quindi di una sequenza di giardini, moltodiversi tra di loro che si snodano intorno all’edificio, inun percorso che porta il visitatore al solo contatto visivocon gli spazi esterni. il primo giardino che s’incontra sullato sud è costituito da un lungo rettangolo dove trovaespressione un giardino di rocce e ghiaia. la composi-zione di rocce simboleggia le isole degli immortali, an-negate in un mare di ghiaia pettinata, mentre all’angoloopposto del giardino troviamo un tappeto di muschidove cinque piccoli rilievi simboleggiano le cinque set-te zen di Kyoto. Continuando nel cammino, si incontraun altro giardino che ricopre l’angolo del recinto; un di-segno a scacchiera realizzato con arbusti sempreverditagliati a forma obbligata che si interrompono diago-nalmente quando, nella ghiaia, avanza in modo natura-le, il muschio. Questa forma geometrica ricorda, se-condo l’autore, il pattern dei campi di riso, motivo ripro-posto nel giardino successivo, ma in negativo, con undisegno a scacchiera realizzato da mattonelle di pietraannegate morbidamente nel prato di muschio. sui bor-di, un lavoro di masse di azalee dalla fioritura rosa ta-gliate in forma sferica e di diverse dimensioni, rende illimite del giardino più morbido, come se l’ambientesconfinasse in un bosco. l’ultimo giardino, contienesette pietre tagliate a cilindro, di dimensione uguale macon altezze diverse. Queste pietre sono frutto di un ri-utilizzo di strutture di fondazione degli edifici più anti-chi; simboleggiano le sette stelle dell’orsa maggiore.le geometrie, insieme alle forme naturalistiche di que-sti giardini, non solo rimandano a forme di ricercaespressiva intesa come momento artistico dell’opera,ma inducono il giardino a nutrirsi di elementi simboliciche lo collegano al luogo e alla sua storia e, al contem-po, a sperimentare nuove espressioni, introducendomateriali o forme che portano a dire che non c’è tradi-zione senza innovazione. ❐

Garden (1938), una meticolosa documentazione edesposizione dei più importanti giardini antichi del Giap-pone, un lungo lavoro di ricerca scientifica e storica.solo dopo l’uscita di quest’opera, quando ormai shige-mori è un riconosciuto studioso del giardini tradiziona-li, inizia la su professione di progettista di giardini. Con-vinto che la decadenza dell’arte dei giardini nella suaepoca fosse dovuta proprio alla comparsa di manuali ealla progressiva affermazione della figura professiona-le del costruttore di giardini che ripropone sterilmente imodelli preesistenti senza capire lo spirito nel quale so-no ideati, shigemori dà inizio alla sua professione diprogettista di karesansui (il paesaggio secco e i giardi-ni rocciosi, in sintesi il giardino secco). i suoi giardini ri-propongono lo spirito shinto, la religione indigena delGiappone, e la filosofia buddista, costruendo una vi-sione unica dove l’uomo non è al centro dell’opera maè in comunione con la natura e con gli dei, non rele-gando questo pensiero a forme nostalgiche di paradisiperduti ma utilizzando espressive del moderno.shigemori ha progettato e realizzato nella sua vita oltre240 giardini ma uno dei primi, e sicuramente quello chepiù ha influenzato il mondo moderno occidentale, èstato il giardino per il tempio buddista tofuku-ji a Kyotodel 1939.il tempio, uno tra i cinque maggiori templi zen di Kyoto,fu fondato dal monaco enni dalla scuola rinzai nel

PAESAGGIO

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1 sachimine masui e beatrice testini, san sen sou moku. il giardino giapponese nella tradizione e nel mondo contemporaneo, Casadei-libri editore, Padova, 2007

IL GIARDINO GIAPPONESE È LO SPECCHIODELL’UNIVERSO, SAN SEN SOU MOKU, EPROPRIO QUESTA CARATTERISTICA DÀ LAPOSSIBILITÀ DI ADEGUARE LA SUAPROGETTAZIONE AL CONTEMPORANEO.

> Il giardino nord,il pattern di

muschio e pietra

Tutte leimmagini sono

di MonicaSgandurra

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Ciclicamente, e in special modo nei momenti dicrisi, tornano le domande sui significati ed ivalori profondi che animano l’esistenza del-l’uomo sulla terra, con tutto il portato di con-

traddizioni e aspirazioni tra dimensione ascetica epragmatico concretismo che sempre si confrontano inquesto tipo di riflessioni di stampo filosofico. l‘epoca di decelerazione economica che stiamo vi-vendo è uno di questi momenti, che possiamo utilizza-re per rimettere a sistema le istanze portate avanti dal-la contemporaneità con i significati più atavici e profon-di del fare architettura.È in questo quadro che il tema dell’abitare torna a recu-perare nel dibattito architettonico una non scontata cen-tralità, in virtù del suo contemplare appunto, questionied aspetti legati ai caratteri ancestrali dell’essere sullaterra, ovvero abitarla. un particolare ambito problemati-

SPAZI DELL’ABITARE

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a cura di MARIATERESA APRILE

riflessionisull’abitarecontemporaneoProgettare l’abitazionedell’uomo deve tornare arappresentare una rispostaalle sue esigenze in quantoessere complesso; corpo emente, cuore e anima, nellospazio e con la materia, incontesti nuovi o recuperatiche siano.

andrEa griMaLdi

Dal’alto:> Casa Knoll,W. Tscholl,vecchio enuovoconfiguranol'interno> G. MurcuttCasa Marika-Alderton

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dimenti e studi puntuali da parte del mondo accademi-co. le condizioni sociali, economiche ma anche cultu-rali attuali stimolano invece un nuovo modo di vedere ilcontesto che ci circonda. riflettere dunque sul proget-to di trasformazione dello spazio dato, sullo spaziocontenuto piuttosto che sulla trasformazione del conte-nitore, cioé dell’oggetto architettonico, comporta un’in-versione del punto di vista dal quale avviare il progetto.È in buona sostanza ciò che si è sempre fatto in ambitoabitativo attraverso gli interventi di ristrutturazione dei

singoli alloggi, ma sempre guardando aquesto tipo di lavoro come ad un setto-re quasi secondario rispetto all’architet-tura con la a maiuscola. ed invece que-sto specifico ambito professionale èuno degli anelli di connessione più fortetra la dimensione intellettuale del pen-sare architettura ed il corpo sociale chequei pensieri, materializzati, è chiamatoad abitare.Cosa significa intervenire su di un palin-sesto spaziale già dato e quanto è im-portante la capacità di comprensione edi ascolto da parte del progettista - po-tremmo dire di decodificazione dei va-lori archetipi dello spazio - per poterprodurre un risultato architettonico effi-cace sul piano emotivo e funzionale perchi abiterà quegli spazi? non è questio-ne di poco conto ed è tema che ha mol-to a che vedere con la disciplina degliinterni e con i temi ad essa legati. nei percorsi formativi delle nostre facol-tà si affronta il tema della piccola scalae del confronto con la dimensione minu-ta del fare architettura che costituisce lozoccolo duro della nostra professione?sono di parte, ma francamente mi sem-bra di poter dire che ciò avviene deci-samente troppo poco e quasi sempre in

maniera marginale. ed invece è proprio su temi comequello dell’abitare, e dell’abitare uno spazio circoscritto,che si riesce a far toccare con mano ai futuri architetti lacomplessità della dimensione fenomenica dell’essereumano e del suo composito sistema di apparati senso-riali suscettibile di dare adito ad una molteplicità di pia-ni d’interpretazione del fenomeno architettonico. sonotroppo pochi i casi in cui agli studenti è richiesto di in-

co sembra poi segnalarsi oggi come campo di applica-zione meritevole di approfondimenti e riflessioni anchedi stampo teorico: quello del progetto di trasformazionee recupero del patrimonio residenziale esistente. l’interesse per la casa quale tema specifico del fare ar-chitettura nell’architettura, cioé intervenendo sul co-struito, è stato quasi sempre relegato al dibattito inter-no alla professione, come se non meritasse approfon-

SPAZI DELL’ABITARE

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> C. Ma¦eckler,villa sul lago di

Costanza, esternodel volume

aggiunto e, sotto,un interno

RIFLETTERE SUL PROGETTO DI TRASFORMAZIONEDELLO SPAZIO DATO, SULLO SPAZIO CONTENUTOPIUTTOSTO CHE SULLA TRASFORMAZIONE DELCONTENITORE, CIOÉ DELL’OGGETTOARCHITETTONICO, COMPORTA UN’INVERSIONE DELPUNTO DI VISTA DAL QUALE AVVIARE IL PROGETTO.

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terrogarsi sulla componente fenomenica dell’abitare,cioé sullo spazio piuttosto che sull’involucro, sull’internopiuttosto che sull’esterno, sul significato composito epoliedrico dell’essere nello spazio piuttosto che sullaqualità meramente estetica delle superfici.eppure l’architettura è alle sue origini proprio costru-zione di cavità, di ripari, di invasi, di tane, di spazi cioénei quali far vivere e convivere uomini e cose in una di-mensione familiare che è parte essenziale del propriocodice genetico. da questo punto di vista possiamoforse affermare di essere in presenza di cambiamentidi tipo antropologico tali da trasformare la natura dellerelazioni tra uomo, spazio e cose? l’era digitale sta tra-sformando il nostro modo di pensare, vedere e inter-pretare lo spazio dell’abitare ovvero lo spazio archetipodella casa? Cambiano i materiali e le tecnologie, cam-biano le figure cardine per l’articolazione degli spazi, simodificano persino i riferimenti organizzativo-distribu-tivi degli ambienti, ma non cambia il carattere più pro-fondo e vero dello spazio abitato, dell’idea di casa:quello di spazio protetto, separato da una barriera fisi-ca, opaca o trasparente ma comunque presente chene segna i limiti ed i confini. ed è proprio su questo te-ma, sulla configurazione di questo limite che si costrui-sce e si sostanzia l’idea di casa. È il limite fisico, o nelcaso di un intervento sull’esistente la fodera dell’inva-so, come la chiama de Fusco, la superficie interna dellimite, che definisce il carattere dello spazio e dà il la al-la costituzione di quel carattere atmosferico, così ben

SPAZI DELL’ABITARE

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Dall’alto:> Shigeru Ban, casaa Kawagoe,Saitama,Giappone> G. Ioli e M.Carmassi, CasaMuti, Pisa> R. Erskine, unambito finestra nellasua casa diDrottningholm

L’ARCHITETTURA È ALLE SUE ORIGINI PROPRIOCOSTRUZIONE DI CAVITÀ, DI RIPARI, DI INVASI, DITANE, DI SPAZI CIOÉ NEI QUALI FAR VIVERE ECONVIVERE UOMINI E COSE IN UNA DIMENSIONEFAMILIARE CHE È PARTE ESSENZIALE DELPROPRIO CODICE GENETICO.

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dunque non costituiscono semplici fori nelle masse in-volucranti gli spazi ma con gli infissi che ne caratteriz-zano e ricostruiscono la continuità del limite, assumonoil ruolo di punti notevoli e qualificanti l’identità stessadello spazio abitato. anche nel progetto sull’esistente l’approccio proget-tuale ai varchi interni ed alle bucature esterne tramite isistemi tecnologici dei serramenti continua ad esserepassaggio progettuale carico di possibilità, ma non perla mera ostentazione dell’innovazione tecnologica,quanto per la qualità e dimensione confortevole dellospazio, prodotto anche dall’utilizzo di quello specificocomponente.mi sento allora di poter affermare come il nocciolo del-la questione non stia tanto nel rincorrere l’innovazionedei sistemi ed apparati tecnologici che partecipano al-la costruzione e trasformazione dei nostri spazi abitati,visto che anch’essi entrano rapidamente a far parte delmondo delle abitudini che Proust definiva come unadelle principali caratteristiche del nostro abitare chetutto metabolizza e rende rapidamente consueto. Parlando di casa ciò che conta, è contato e conterà

sempre, è la capacità del progetti-sta, attraverso la costruzione o ricon-figurazione dell’invaso dell‘abitazio-ne, di realizzare un sistema di «unitàspaziali la cui dimensione appropria-ta e il cui corretto grado di chiusurapermetta loro di accomodare le tra-me delle relazioni delle persone cheuseranno quegli stessi spazi»2. Per-metta cioè di mettere in scena partedello spettacolo della loro vita in unaprospettiva di positività che è parteessenziale dell’idea di abitare. Progettare l’abitazione dell’uomo de-ve tornare a rappresentare una ri-sposta alle sue esigenze in quantoessere complesso; corpo e mente,cuore e anima, nello spazio e con lamateria, in contesti nuovi o recupera-ti che siano. ❐

1 Peter zumthor, atmosfere. ambienti archi-tettonici. le cose che ci circondano, electa,milano, 2007.2 Herman Hertzberger, lezioni di architettu-ra, laterza, bari, 1996, pag. 187

delineato da zumthor1, che è altra parte fondamentaledell’idea di casa. e nella definizione di questa foderacontinua a mantenere una centralità problematica edunque qualificante il tema delle bucature intese qualiambiti di caratterizzazione non solo delle immaginiesteriori delle forme architettoniche ma soprattutto co-me sorgenti qualificanti e animanti lo spazio interno. laluce naturale infatti continua ed essere anima deglispazi abitabili, strumento fondamentale di definizionee caratterizzazione dello spazio interno. le bucature

SPAZI DELL’ABITARE

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Dall’alto:> EMBT alloggi di

servizio alParlamento di

Edimburgo> Gio Ponti, la

sua casa di viaDezza a Milano,

applicazione dellafinestra arredata

PROGETTARE L’ABITAZIONE DELL’UOMO DEVETORNARE A RAPPRESENTARE UNA RISPOSTAALLE SUE ESIGENZE IN QUANTO ESSERECOMPLESSO; CORPO E MENTE, CUORE EANIMA, NELLO SPAZIO E CON LA MATERIA, INCONTESTI NUOVI O RECUPERATI CHE SIANO.

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Il primo impatto con tokyo è devastante: la dimensio-ne, la quantità di gente che si muove, le file, gli inchi-ni, gli odori, le luci, con in più la complicità del fusoorario, provocano una sensazione di straniamento;

una prima impressione difficile da scrollarsi di dosso. ilritmo urbano è frenetico. la città è ordinatamente cao-tica. È un luogo complesso e contraddittorio, a tratti in-

comprensibile agli occhi di un occidentale. Colpisceinnanzitutto come, nonostante sia una città abitata da12 milioni di abitanti (35 se si considera l’area metropo-litana), con una densità di 5800 persone per kilometroquadrato (a roma sono 2125) e che può triplicarsi in al-cuni quartieri come shinjuku, tutto sia meccanicamen-te perfetto, chiaro e funzionante.

città in controluce

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LEGGERE LA CITTÀATTRAVERSO TESTILETTERARI,FOTOGRAFIE, FILMATI,CON LO SCOPO DI“DISVELARE ASPETTIINCONSUETI,CONTRADDIZIONI EINEDITA BELLEZZA,CAPOVOLGERE ILUOGHI COMUNI, FAREMERGERE ILSIGNIFICATO DELLOSPAZIO FISICO EDEGLI USI”,RIPRODURRE UNAVISIONE, UNASENSAZIONE.

L’immagine della città ha sempre esercitato un grandefascino nell’immaginario dando luogo a varie forme dirappresentazione cui gli architetti hanno spesso attintocome fonte inesauribile di suggestioni progettuali edevocative. Leggere la città attraverso testi letterari, foto-grafie, filmati, è sempre stato un esercizio fertile e assaipraticato, anche se a volte si corre il rischio di ripropor-re acritiche interpretazioni e consolanti stereotipi.Scopo della rubrica è quello di disvelare aspetti incon-sueti, di rovesciare luoghi comuni, di far emergere il si-gnificato dello spazio fisico e dei suoi molteplici usi, di

mettere in luce contraddizioni e inedite bellezze checonnotano città e paesaggi contemporanei. Attraverso brevi descrizioni e rapide riflessioni, che nonvogliono presentarsi come stralci da una guida di ar-chitettura, la rubrica si propone di far conoscere in con-troluce luoghi e sensazioni dei tanti tipi di spazio cheabitano la nostra vita, da quelli più domestici vicino ca-sa a quelli di lontane dimensioni metropolitane.

NOTE PER GLI AUTORI - Premesso che la pubblicazione de-gli articoli, come consuetudine, avverrà ad insindaca-bile giudizio del Comitato di redazione della rivista, siforniscono di seguito alcuni dati utili.Testi: il ruolo sostanziale sarà svolto dalle immagini,per questo la lunghezza dei testi sarà contenuta dai3000 ai 5000 caratteri (spazi compresi). Immagini: foto, diapositive, schizzi e disegni, immagi-ni digitali ad alta risoluzione (min. 300 dpi calcolati nel-la dimensione reale dell’immagine), corredate da op-portune didascalie numerate progressivamente.

Consegna testi e immagini: su CD alla “Redazione rivista AR” – Piazza M. Fanti, 47 – Roma.

lost in Translation #1. Perdersi a TokyoELiana saracino

> Il Sensō-ji nelquartiere diAsakusa

a cura di CLAUDIA MATTOGNO

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la sensazione che spesso si ha camminando per lesue strade è quella di essere inseriti in un flusso, in unagrande danza urbana in cui tutti sono ballerini di fila, incui non esiste il protagonista. tutti figuranti che si muo-vono in una scenografia rappresentante un paesaggiodove si fondono - spesso stridendo - oriente e occi-dente, tradizione e modernità, frenesia e lentezza. lavasta folla si muove secondo una danza ordinata e me-ticolosa; è la folla istruita per la realizzazione di un gran-de progetto, avviato dopo la guerra e funzionante finoall’inizio degli anni novanta, momento in cui è esplosala bolla economica. un progetto da cui non distrarsimai, in cui la disciplina si impara da bambini, in cui tut-to è previsto, organizzato e ritualizzato. si è incanalatiin un corridoio in cui si deve muovere con precisione lavita ordinata di ciascuno, per entrare a far parte - e non

CITTÀ IN CONTROLUCE

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Dall’alto:> Toyo Ito,

Mikimoto Ginza> Toyo Ito, Tod’s

Omotesandō> Kenzo Tange,Yoyogi National

Gymnasium

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ci sono alternative - di un ordine sociale che non am-mette smagliature.talvolta, tra i ballerini di fila più giovani, alcuni cercanodi farsi notare, attraverso stravaganti mode personali,fatte di costumi, colori e commistioni. si tratta di rocka-billies e cosplayer, di ganguro e goth loli che propon-gono attraverso il loro abbigliamento immaginari alter-nativi, spesso legati al mondo del pop, dei manga o de-gli anime. Questi gruppi si incontrano in luoghi specifi-ci, che eleggono come propri; luoghi in cui poter rico-noscere un’identità diversa da quella che la società gliha cucito addosso. uno di questi è il parco di Yoyogi,l’ex villaggio olimpico, simbolo del Giappone degli an-ni sessanta che emerge dall’isolamento post bellico.accanto al parco, le due palestre realizzate da Kenzotange, metafora del rinnovamento del paese, ancoraattuali nella loro forza espressiva, si stagliano sul tra-monto di una città senza fine. rispetto a questo tipo di sperimentazione formale, latendenza dell’architettura giapponese contemporanea,invece, si sta muovendo su logiche totalmente diverse.nella post-bubble city, la progettazione sembra essersisempre più focalizzata sulle superfici piane piuttostoche sulle forme tridimensionali. una direzione che sipuò rilevare, ad esempio, nei progetti per i grandi nego-zi di lusso, concentrati particolarmente nelle zone diGinza e di omotesandō, musei a cielo aperto del bino-mio marchio/archistar. in molti casi è stata sviluppataun’importante ricerca sulla smaterializzazione delle fac-ciate, sulla trasparenza, sulla sovrapposizione di pianivisuali, che conducono ad un immaginario superflat, incui lo sfondo è uno spazio infinito dove le gerarchiepreesistenti vengono messe in discussione; uno scena-rio in cui si abbandona la ricerca ambiziosa di un’imma-gine monumentale, preferendo sperimentare le piccoledifferenze esistenti all’interno di una società piatta.alle spalle di questi boulevard “perfetti” spesso la di-mensione urbana cambia totalmente; appare finalmen-te una città più reale, una città di vicoli, caratterizzatada ritmi diversi, da grovigli di cavi elettrici, da originaliassemblaggi, da pochi e stretti marciapiedi da cui po-

ter scorgere la frenesia e la scenica formalità delle stra-de di rappresentanza. ma anche in quest’ultime, in mo-do del tutto inaspettato e apparentemente contraddit-torio, compaiono luoghi che sembrano congelati neltempo, come templi e santuari; un tempo e uno spazioin cui gli unici suoni che si percepiscono sono quelli deipropri passi, del fruscio delle foglie, dell’acqua che ca-de sulla canna di bambù. una soglia, spesso materia-lizzata in un torii, segnala che si sta per entrare in unluogo sacro, passando dal mondo del quotidiano aquello del divino. superare quella soglia significa esse-re immersi in un’altra dimensione temporale, fatta dilentezza e contemplazione, in cui è evidente il tentativodi rafforzare le tradizioni come contraltare alla moder-nità incalzante e allo scenario globalizzato che ci si la-scia alle proprie spalle. entrare in questo mondo di contrasti vuol dire entrare afar parte della grande danza urbana, vuol dire esserecomprimari nella costante ricerca di equilibrio fra pola-rità opposte; ed è ciò che rende tokyo un luogo stra-niante, generatore di attrazione e repulsione, ma pro-prio per questo totalmente coinvolgente. ❐

CITTÀ IN CONTROLUCE

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Dall’alto:>Tokyo vista dalloShiodome CityCenter> uno dei vicolitrasversali aOmotesandō esullo sfondol’edificio Dior diSANAA

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esemplare per capire il ruolo potenziale negli assettimetropolitani del “paesaggio intermedio”, inteso nellospecifico come ambito compreso tra le periferie dellacapitale e i centri della prima corona.il “disegno di legge quadro in materia di valorizzazionedelle aree agricole e di contenimento del consumo delsuolo”, promosso dal ministro Catania, cui in molti ave-vamo guardato con qualche compiacimento nella fasedi elaborazione dei principi, alla luce della versione ap-provata nel Consiglio dei ministri del 16/11/2012, destamolte preoccupazioni e induce alla speranza che pos-sa essere ripreso nella prossima legislatura con lo stes-so spirito di buone intenzioni ma con una maggiore con-sapevolezza della condizione reale del nostro territorio.in particolare, accanto a provvedimenti molto opportu-

Uno sguardo senza preconcettil’urbanistica degli ultimi venti anni si è meritoria-mente concentrata sull’interpretazione e sulla so-luzione dei problemi dei centri urbani consolidati

nei punti di maggiore degrado fisico, morfologico, funzio-nale, sociale. i risultati sono stati alterni e ancora incertima, senza dubbio, lo sforzo profuso è stato notevole. alle zone periurbane, viceversa, fatte alcune eccezionisignificative ma eccessivamente isolate, solo ora sem-bra si inizi a dedicare una promettente attenzione nelnostro paese, anche grazie alla contaminazione di unarobusta produzione euristica e progettuale, sviluppatanelle realtà culturali nazionali tradizionalmente leadernel settore. eppure il tema riguarda una parte significa-tiva del territorio italiano e la realtà dell’area romana è

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riqualificare il paesaggiointermedio Solo di recente sembra si inizi a dedicare attenzione alle zone periurbane, intese comeambito compreso tra le periferie della capitale e i centri della prima corona. La necessitàdi sperimentare nuove vie ha portato ad una ipotesi progettuale che interessa l’areacompresa tra il GRA e i centri abitati della prima corona tra Frascati e Marino.

anTonio PiETro LaTini

URBANISTICA

> Parchi, zoneagricole e

configurazioneinsediativa (Elab.

Rachele Passerini)

a cura di CLAUDIA MATTOGNO

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ni, il ddl include fra le zone agricole da tutelare tutte lezone e del PrG, anche quelle interessate di fatto da in-sediamenti a bassa densità, che avrebbero bisogno didensificazione, omogeneizzazione e azioni di riqualifi-cazione tipo-morfologica e funzionale, piuttosto che diuna politica di contenimento delle trasformazioni.di fatto, al “paesaggio intermedio” romano, ad esem-pio, è stata già riservata un’azione di sempre più stre-nuo e sofisticato contrasto al cambiamento, con risul-tati negativi su molti fronti. si sono progressivamentecongelati gli interventi diffusi in una configurazionecaotica ed accidentale ma non si è riusciti ad impedirele molte importanti trasformazioni concentrate di servi-zi pubblici e privati, attività produttive e residenze adalta densità, realizzate al di fuori di un quadro di co-erenza comune. Peraltro, si è alimentata così la crea-zione di forti fenomeni di rendita parassitaria. ne è derivata una incerta qualità paesaggistica dell’in-sieme, con alcune zone circoscritte ma ancora di gran-de estensione in cui è tuttora possibile rintracciare i ca-ratteri qualificanti della campagna romana ma le cui ga-ranzie di tutela sembrano flebili e inadeguate rispettoagli andamenti delle trasformazioni. in molte altre zone,invece, dinamiche edilizie importanti, ma episodiche eprive di un’adeguata base progettuale, hanno lasciatoampie aree disseminate da insediamenti diffusi, disomo-genei e incoerenti per tipo e densità insediativi. ad ungenerale deterioramento paesaggistico si è aggiunto

uno stato di sofferenza ambientale e funzionale che ri-chiederebbe interventi e politiche di riqualificazione ter-ritoriale organizzate intorno alla rete infrastrutturale viariae, soprattutto, ferroviaria: tutt’altro che conservazione.a questa schematica rappresentazione dello spazio fi-sico va aggiunta la condizione di una frammentazionegeografica delle competenze e dell’azione amministra-tiva che, certo, non facilita la soluzione dei problemi mache non dovrebbe costituire un ostacolo insormontabi-le nel quadro di un impegno proattivo dell’amministra-zione regionale e del varo della Città metropolitana.

una linea di sperimentazioneCon i riferimenti appena ricordati, sembra particolar-mente utile verificare i margini per una strategia chepersegua gli obiettivi generali: (1) di riqualificazione diquella parte del territorio metropolitano deteriorata da-gli eventi degli ultimi decenni e di rafforzamento deglistrumenti di conservazione per le aree ancora inedifica-te; (2) di incremento di numero e qualità della disponibi-lità di edifici e quartieri nel territorio metropolitano ancheai fini di una politica di riequilibrio degli assetti funziona-li e di aiuto al contenimento dei prezzi immobiliari; (3) dirazionalizzazione e migliore sfruttamento della rete in-frastrutturale ed in particolare ferroviaria. Questi treobiettivi generali sono ricercati in una prospettiva di unuso equilibrato ed efficiente delle risorse (ambientali,funzionali, culturali ed economiche) a disposizione.

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> Configurazioneinsediativadell’areametropolitana erete ferroviaria(Elab. RachelePasserini)

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verso un piano a base tipo-morfologicail progetto che è servito come banco di prova per l’eser-cizio progettuale ha riguardato l’area compresa tra ilGra e i centri abitati della prima corona tra Frascati emarino, un ambito territoriale interessato da fenomeni in-sediativi destrutturati, a densità bassa e disomogenea,analogo a molti altri. le azioni previste (da consentire, in-dirizzare o gestire da parte dell’amministrazione pubbli-ca) sono legate alle condizioni di fatto del territorio che èstato a questo fine suddiviso in zone omogenee. Questa caratterizzazione tipologica è articolata se-guendo l’interazione di tre variabili determinanti, neldefinire i possibili lineamenti di assetto di progetto: lamorfologia insediativa, l’accessibilità, la qualità pae-saggistica. i parametri di classificazione vanno cali-brati in riferimento alle specifiche realtà. nel caso adot-tato, il tematismo della morfologia insediativa ha indivi-duato 5 tipi di zone: ad insediamento rado (indici di co-pertura territoriali [ict] < 2‰); diffuso (2‰ ≤ ict ≤ 5%)omogeneo e non omogeneo; compatto (ict > 5%) for-malizzato e non formalizzato. i livelli di accessibilità, inuna chiave di miglioramento della sostenibilità, sonovalutati sulla base della prossimità, entro 1 km di stradaesistente o realizzabile, da una fermata ferroviaria esi-stente, in fieri o, comunque, ipotizzabile.Per valutare il pregio paesaggistico delle aree, in fasesperimentale possono essere adottate le indicazionidel PtPr. la costruzione di un effettivo strumento dipianificazione richiederebbe, tuttavia, la redazione diuna classificazione ad una grana più aggregata, piùidonea ad individuare tipi di ambiti paesistici, basatasu di uno studio ad hoc. l’intreccio di queste caratte-rizzazioni, nel caso di studio ha individuato 13 tipi inse-diativi rilevanti, per ognuno dei quali sono state ipotiz-zate conseguenti azioni di progetto.l’ipotesi adottata per l’attribuzione dei diritti edificatoriè stata quella di riconoscere un plafond di 0,02 mq/mqladdove sono permessi e realizzabili interventi diretti

Parallelamente, anche la condizione dello strumentariodisciplinare è, da tempo, in sofferenza. e non soltantoperché l’impianto normativo nazionale, utilissimo e at-tuale ancora per molti versi, è per altri, tra cui il governodegli insediamenti diffusi, fortemente inadeguato. Ètutto l’impianto concettuale della zonizzazione funzio-nale che ha, da decenni, dimostrato le sue debolezze eche è stato sostituito, tuttavia, da strumentazioni edazioni segnate da una penalizzante episodicità. anchesul versante della tecnica urbanistica è necessario,dunque, sperimentare nuove vie. Per questo motivo, insieme a Gabriele tontini e annun-ziata Paolino, abbiamo verificato in termini qualitativi equantitativi alcuni possibili esiti progettuali del ricorso aduna zonizzazione a base tipo-morfologica ad una sezio-ne dell’area metropolitana romana. Questo genere di ap-proccio, largamente usato nei paesi anglosassoni, è mol-to ben inseribile nella tradizione culturale italiana. Consi-derate le condizioni del paesaggio intermedio romano,un approccio pianificatorio a base tipo-morfologica sipresta bene a supportare un’azione di governo organiz-zata intorno a tre principi progettuali di base: (1) unadistribuzione delle azioni previste legata al tipo di condi-zioni insediative di fatto; (2) una distribuzione non arbitra-ria dei diritti edificatori, con criteri omogenei per modalitàdi utilizzo; (3) una distribuzione dell’uso dei diritti edifica-tori indipendente da dove i diritti sono maturati. Quest’ultimo principio, che è da un lato una condizioneessenziale per il progetto e, più in generale, per unastrategia di recupero equo ed equilibrato, è, dall’altro,anche il riferimento operativo più complesso da tra-sporre dall’esperimento alla realtà operativa. resta,tuttavia, nell’alveo dell’evoluzione disciplinare e nor-mativa, il cui riferimento più prossimo, il dl 70/2011 –“decreto legge sviluppo” – art. 5, c. 3, autorizza la spe-ranza di una sua non remota fattibilità mediante la mes-sa a punto di un mercato dei diritti edificatori anche suaree di diversa appartenenza amministrativa.

URBANISTICA

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Da sinistra:> Finocchio: zonecompatte, rade e

diffuse (GiuliaVignaroli)> Marino

Castelluccia:articolazione viaria

(Gabriele Tontini)

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(un indice compreso nel ventaglio di quelli riconosciutidi fatto nel recente passato per le aree agricole) e di0,06 mq/mq per aree da cedere per una tutela proatti-va o per una operatività indiretta (anche questo simileagli indici adottati anche dal Comune di roma in situa-zioni analoghe).Gli indirizzi di progetto sono, ovviamente, più articolatidi quanto non possa essere descritto qui. È, tuttavia,utile riferire i criteri progettuali generali.Per le zone compatte gli interventi dovrebbero essere li-mitati a consolidamento, rifunzionalizzazione e restau-ro, nel caso di tessuti o spazi di valore storico. la partepreponderante delle zone rade è quella in cui ci sono ef-fettive ragioni per una tutela proattiva, con trasferimentodei diritti edificatori ad altra zona ed eventualmente pas-saggio della proprietà al pubblico, per un uso di interes-se collettivo quale, ad esempio, parco naturalistico oagricolo. solo una parte minoritaria di queste aree, inprossimità di fermate ferroviarie, può raccogliere un’e-dificazione concentrata per la realizzazione di quartierimodello, a realizzazione controllata, direttamente (p. es.attraverso stu) o indirettamente, dal pubblico.nelle zone attualmente edificate in modo diffuso do-vrebbe essere delineata una riqualificazione morfologi-ca, funzionale ed ambientale con omogeneizzazione eriduzione dei divari di densità fondiaria e obiettivi di ele-vati standard di sostenibilità ambientale ed estetica.i relativi processi di trasformazione, governati indiretta-mente dal pubblico attraverso norme generali e specifi-che per ogni zona, dovrebbero portare a una densifica-zione, leggera o più consistente quando si tratti di zoneprossime alle fermate ferroviarie, possibile bersaglio ditrasferimenti di diritti edificatori e realizzazioni di quartie-ri modello. anche in questo caso, per le dinamiche didensificazione leggera e riqualificazione, si trovano utiliprecedenti normativi nell’art. 56 della lr 38/99 sugli in-sediamenti residenziali estensivi, che dovrebbe essererivisto ed aggiornato all’uopo, per un maggiore impatto

a fronte di un maggiore controllo progettuale e nella lr28/80 sugli insediamenti spontanei, quando applicabile.una stima approssimativa degli effetti delle trasforma-zioni indotti dalle azioni accennate nell’area presa inconsiderazione, che misura 8.541 Ha, indica la possi-bilità di generare diritti edificatori dell’ordine di1.400.000 mq, per un totale di 40-45 mila abitanti inse-diabili teorici: dimensioni, queste, né eccessive per gliequilibri dell’area metropolitana nel settore considera-to, né irrilevanti per gli effetti sulla dotazione del patri-monio edilizio residenziale, sulle opportunità di investi-mento e di lavoro per imprese di dimensione da picco-la a media e sulla possibilità di generare riqualificazio-ne. non è trascurabile poi che, a fronte di una largaparte dei diritti edificatori concessi, il pubblico potreb-be acquisire aree per una tutela proattiva, come parconaturalistico, parco agricolo controllato o interventi di ur-ban forestry – considerato che l’ossigeno è un bene piùdi ogni altro da “chilometro zero” – da dare in conces-sione, e, in piccola parte, servizi e residenze pubbli-che. Politiche analoghe potrebbero interessare pro-gressivamente gli altri settori della corona romana coninsediamenti diffusi e forte infrastrutturazione. uno degli ostacoli maggiori a tale ipotesi resta quelloculturale, non del tutto ingiustificato alla luce degli an-damenti della storia urbanistica recente. accettare chele zone e – genericamente “destinate ad usi agricoli”anche quando stabilmente incolte o residenziali a bas-sa densità di fatto – nelle parti più funzionalmente epaesaggisticamente importanti dell’area metropolita-na vengano, piuttosto che “conservate”, progressiva-mente trasformate: quelle vere in zone F e quelle finte,già largamente edificate, in una nuova forma di zone b(o zone C, a normativa corrente invariata), è difficile dacollocare nel sistema dei principi e dell’ideologia disci-plinare che ci consegna il recente passato; della cui in-gombrante e purtroppo persistente eredità, tuttavia,non sembra ci si possa compiacere. ❐

URBANISTICA

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Da sinistra:> MarinoCastelluccia:distribuzionedell’edificato(Gabriele Tontini)> Villa Senni:articolazione viaria(Annunziata Paolino)

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Valle aurelia in progress: allaricerca di uno spazio condiviso

un progetto che interessa ilBorghetto di Valle Aurelia,un’area interna al ParcoRegionale urbano del Pineto,e che attraverso larealizzazione d’interventitemporanei e reversibili, hacercato di svelare lepotenzialità degli spazi oggisottoutilizzati o residuali delBorgo, per “far vedere” la loropresenza e renderli parteattiva del sistema di relazionispaziali e sociali interne alquartiere.

FrancEsca rossi

URBANISTICA

> L’area delBorghetto diValle Aureliacon la linea

ferroviariadismessa> L’anticoBorgo deifornaciari

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URBANISTICA

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Durante la settimana d’iniziative sostenute daeCoWeeK_2012 international Conference &Workshop for architecture & design (roma,24/30 settembre 2012), organizzazione greca

no-profit e non governativa che dal 2005 è attiva in die-ci paesi in europa e nel medio oriente per aumentare laconsapevolezza ambientale e promuovere i principidella sostenibilità, si è svolto valle aurelia in progress,un workshop ideato e condotto da osa architettura epaesaggio, orizzontale e lus_living urban scape*.obiettivo del workshop è contribuire al processo di re-visione dei modelli di trasformazione dello spazio urba-no, puntare sulla necessità di appropriazione deglispazi pubblici in disuso da parte degli abitanti e solle-citare la consapevolezza del valore sociale e ambien-tale dello spazio attraverso un processo di condivisio-ne degli interventi. il concetto di spazio pubblico inquesto modo diventa spazio collettivo, dove collettivoesprime il valore della comunità, di ciò che è comune apiù persone e che insieme, sulla base di rapporti diconsuetudine interpersonale, può essere esperito; ilconcetto di “opera”(pubblica o privata che sia, decisaa tavolino e calata dall’alto nel contesto di riferimento)si trasforma in quello di “azione”, come attività concre-ta che coinvolge dal basso la cittadinanza, per espri-mere un desiderio diffuso di trasformazione e superareil paradigma convenzionale dell’abitante come merocliente destinatario di un prodotto e della sua parteci-pazione unicamente come atto d’obbligo politico inun’ottica retorica e rassicurante.Questa la premessa per valle aurelia in progress,

un’occasione per sperimentare le potenzialità della mi-croscala in un’area della periferia romana e per attuare,con interventi di piccola dimensione e a bassissimo co-sto, processi di trasformazione capaci di individuarequei luoghi essenziali del paesaggio quotidiano e far-ne nuova esperienza: realizzare micro paesaggi diqualità, sia ambientale sia emotiva, attraverso l’inseri-mento di nuova vegetazione, manufatti costruiti a pièd’opera con materiali di recupero, tecniche e strumen-ti rudimentali, interventi di painting e grafica urbana.la scelta del sito riguarda il borghetto di valle aurelia,un’area inserita nel territorio del XiX municipio, settorenord-ovest del Comune di roma, denominata storica-mente valle dell’inferno ed oggi interna al Parco regio-nale urbano del Pineto, di cui rappresenta parte delgrande valore geomorfologico e storico culturale e di cuicondivide le caratteristiche vicissitudini urbanistiche.l’edificazione della valle dell’inferno ha inizio con losfruttamento delle risorse naturali del sottosuolo, che, adifferenza degli altri colli di roma di origine vulcanica,presenta una predominanza di giacimenti di argilla mi-sta a sabbia, eredità di antichissimi sedimenti marini.attività, quella di estrazione, che risale al i sec. d.C.,perdura fino al tardo impero, e, dopo una flessione nelmedioevo, riprende a pieno ritmo durante il rinasci-mento con la costruzione della basilica di s. Pietro. del-le 170 cave per l’estrazione della sabbia e dell’argillache si contano a roma nei primi del novecento, l’inse-diamento produttivo più consistente è proprio quellocollocato nel territorio compreso fra la via aurelia antica,il Gianicolo, le mura vaticane e, oltre san Pietro, fino amonte mario, con un’alta presenza di operai residentinei quartieri trionfale ed aurelio, così come testimonia-no anche i nomi di alcune strade, come via delle Forna-ci, via monti di Creta, via della Cava aurelia. la valledell’inferno, assume un carattere centrale all’internodell’attività laterizia romana: conta tredici fornaci con-centrate nel fondovalle naturale della zona, solcato dal-

* osa architetturae paesaggio è unostudio diprogettazionefondato nel 2007con sede in Romache opera in modotrasversale nellediscipline delpaesaggio,dell’architettura edel progetto dellacittà, grazie aicontributicomplementari deidiversi professionistiche ne sono parte:Massimo Acito,Marco Burrascano,Luca Catalano,Annalisa Metta,Luca Reale,Caterina Rogaiorizzontale è uncollettivo di architetticon base a Roma ilcui principaleoggetto di interesseè costituito daiprocessi diriattivazione degliscarti urbani ed ècomposto da:Jacopo Ammendola,Juan Lopez Cano,Giuseppe Grant,Margherita Manfra,Nasrin Mohiti Asli,Roberto Pantaleoni,Stefano Ragazzolus _living urbanscape. Abitare lospazio urbano,migliorare lavivibilità delleperiferie residenzialiè una Ricerca Firbtriennale 2010-2013dell’università degliStudi Roma Tre -DiPSA finanziata dalMIuR, CoordinatoreMaria Livia Olivetti

A sinistra:> Dal piano di zona……lungo via di ValleAurelia

A fianco, dall’alto:> Il PdZ Valle Aurelia, il parcodel Pineto e San Pietro> I segni della resistenza

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URBANISTICA

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scenario di un progressivo abbandono in netto contra-sto con le potenzialità ambientali del suo contesto. l’a-rea, infatti, nonostante le ingenti previsioni edificatoriecontenute nel Piano regolatore del 1931 e nel Pianodel 1962, rappresenta oggi una vera e propria pausanei tessuti densamente edificati dei quartieri circostan-ti (aurelio, balduina e trionfale della città consolidata ePrimavalle e torrevecchia della prima periferia roma-na) e conserva un particolare valore naturalistico, am-bientale, paesaggistico e storico culturale che neces-sita adeguate misure di salvaguardia, tutela e valoriz-zazione. nel 1976, in una fase di revisione ed aggior-namento del Piano regolatore del 1962, il ConsiglioComunale adotta una variante stralcio che, in via prio-ritaria, vincola a verde pubblico l’intero Parco; succes-sivamente, nel 1981, la destinazione a verde viene ri-confermata nella variante di Piano regolatore (che pe-rò non viene approvata) e nel 1985 il ministero per i be-ni Culturali e ambientali, in considerazione del rilevan-te valore estetico dell’area e della sua singolare bellez-za panoramica, assoggetta l’intera area a vincolo pae-sistico. nel 1987 la regione lazio, per il valore natura-listico ed ecologico dell’area, istituisce il Parco regio-nale urbano “Pineto” e ne delega la gestione a roma-natura, ente regionale dotato di autonomia amministra-tiva, finanziaria e patrimoniale e preposto alla gestionedei vincoli di legge.il Piano di assetto del Parco, adottato nel 1989, ha comecriteri informatori la salvaguardia dei valori naturalistici,ecologici ed ambientali del Pineto attraverso l’istituzionedi zone protette di riserva integrale e orientata, la previ-sione di aree a fruizione pubblica per rispondere alla ne-cessità di verde dei settori urbani circostanti ed il recu-pero della zona del borghetto aurelio. nel frattempo perla stessa area del borghetto vengono previsti interventidi recupero e riqualificazione con l’approvazione, nel

le prolungate escavazioni di argilla, che non vengonodemolite neanche nei lunghi momenti di crisi poichél’accentramento dell’attività produttiva nella zona scon-siglia la riconversione del terreno in chiave edilizia. Glistabilimenti, se chiusi, rimangono inattivi per alcuni an-ni, finché in un periodo di ripresa dell’attività edilizia unnuovo imprenditore rileva o prende in gestione dall’anti-co proprietario la fornace e la cava d’argilla.Parallelamente all’attività delle fornaci, sono costruiteanche le prime case (e baracche) dei fornaciari chetrasformano l’area in un luogo non solo di produzionema anche di abitazione e che danno vita ad un piccoloborgo operaio, animato da una particolare identità so-ciale e da una radicata coscienza politica legata alladimensione collettiva del proprio lavoro. l’insediamen-to residenziale si sviluppa lungo il percorso che dallasinistra di valle aurelia va verso il Pineto, con la pre-senza di negozi e alcune osterie e la realizzazione, nel1922, della chiesa di s. maria della Provvidenza volutae costruita da don Guanella, primo luogo di culto pergli operai fornaciari della valle.durante la seconda guerra mondiale il borghetto rap-presenta il baluardo della resistenza antifascista roma-na, quale espressione di una forte identità proletaria eanche di una realtà sociale particolarmente coesa magià dagli anni ‘60, a seguito della dismissione di alcunefornaci, le condizioni di degrado del borghetto si fannopiù evidenti con un conseguente indebolimento deltessuto sociale.nel 1976 l’area viene compresa nel piano di risana-mento delle borgate romane varato dalla giunta di sini-stra e l’antico borgo dei fornaciari diviene oggetto diprofonde trasformazioni che culminano nel 1981 con lademolizione di gran parte delle case ed il trasferimen-to degli abitanti nelle “torri” del Piano di zona valle au-relia appena realizzato. da allora il borghetto diventa

Sotto, da sinistra:> Il giardino

ritrovato> Cartoline da

valle Aurelia> uno spazio

per stare…> ... e per giocare

> Operazioni dilettering

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URBANISTICA

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2001, del Programma di recupero urbano (ex art. 11 l.493/93) valle aurelia, opera Pubblica n. 12 (Formazio-ne e attuazione Piano attuativo del borghetto).nonostante questo, l’area, che diviene un elemento diforte continuità ecologica nel sistema costituito dalla ri-serva naturale dell’insugherata, la riserva naturale dimonte mario, il parco urbano di monte Ciocci e la riser-va naturale dell’acquafredda, continua a subire pro-fonde trasformazioni dovute alla definitiva dismissionedelle fornaci, al progressivo impoverimento del tessutoedilizio e alla dismissione della linea realizzata a com-pletamento dell’anello ferroviario, in funzione solo inoccasione dei mondiali di calcio del 1990 ed in seguitoabbandonata. Cambiamenti che, in assenza dell’attua-zione del programma di interventi di riqualificazioneprevisto sia dal Piano di assetto del Parco sia dal Pro-gramma di recupero urbano, hanno determinato l’at-tuale stato di degrado dell’area e del suo contesto, adanno del suo valore storico-culturale e paesaggistico,e dove gli spazi vuoti, oggi predominanti sul costruito,rappresentano un potenziale di altissima qualità per larigenerazione del borghetto e dei quartieri limitrofi. in-tervenire in quest’area rappresenta quindi un’occasio-ne per integrare tematiche urbane e paesaggistiche, ri-spondendo alla complessa natura del luogo, conver-tendo i vuoti in spazi di socialità e condivisione, gioco,incontro e scambio, e trasformare l’assenza prodottadalle demolizioni in opportunità di rinascita urbana.una realtà interstiziale, un ambito diversamente com-promesso, nel quale si concentrano conflitti e valoriche la città stessa ha prodotto e che non è in grado dimetabolizzare. al workshop hanno partecipato quindici studenti pro-venienti da facoltà di architettura di diversi paesi (usa,turchia, Francia, israele, italia) che per una settimana

hanno lavorato ad un progetto unitario per il borghetto.attraverso la realizzazione d’interventi temporanei e re-versibili per i quali sono stati utilizzati solo materiali direcupero e di cantiere, valle aurelia in progress ha cer-cato di svelare le potenzialità degli spazi oggi sottouti-lizzati o residuali del borgo, per “far vedere” la loro pre-senza e renderli parte attiva del sistema di relazionispaziali e sociali interne al quartiere.Gli interventi, realizzati secondo la modalità dell’auto-costruzione, si sono concentrati in due aree rappre-sentative del borghetto: via di valle aurelia ed il Giardi-no del maresciallo.lungo il percorso che dal Piano di zona valle aureliaconduce al borghetto, si è intervenuti attraverso opera-zioni di lettering (stencil su strada) per raccontare a ri-troso la storia del quartiere e l’installazione di totem in-formativi (stencil su assi di legno) per divulgare gli in-terventi di trasformazione in atto e futuri.nel giardino del maresciallo, attualmente riconosciutocome spazio pubblico ma non utilizzato come luogod’incontro perché privo di qualsiasi attrezzatura per ilgioco o per la sosta, si è intervenuto con la realizzazio-ne di uno spazio collettivo dedicato agli abitanti delquartiere: un campo da calcio realizzato con il sempli-ce sfalcio dell’erba e un sistema di scivoli e sedute rea-lizzato con assi in legno di recupero.una festa, organizzata l’ultimo giorno nel giardino pub-blico del borghetto, il Parco del maresciallo, ha pre-sentato alla collettività gli spazi pubblici rinnovati, men-tre la musica della “stradabanda” accompagnava gliabitanti dei quartieri vicini, i passanti e i curiosi nei luo-ghi dove, grazie al contributo degli abitanti e dell’asso-ciazione “fotografi romamor”, è stata inaugurata unamostra fotografica Cartoline da valle aurelia per rac-contare il borghetto e la sua storia. ❐

TRACCIATO DELLE DISTANZE

LINEA DEL TEMPO

> Il percorso delworkshop: ilracconto delBorghetto

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TERRITORIODIMENTICATO

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imodi di insediarsi nellospazio danno luogo,spesso, a situazionicontraddittorie dagli

effetti imprevisti. Intensisfruttamenti e inusitatiabbandoni possonodeterminare cause di

degrado, mentreinesplicabili

disattenzioni o banalidimenticanze

testimoniano una scarsacura dei territori del

nostro abitare. A volte, le forme

complesse del viverequotidiano si

accompagnano adisfunzioni grandi e

piccole il cui ripetersisembra comportare unainevitabile assuefazione.

Difficoltà funzionali,inadeguate realizzazioni

ma anche scarsecapacità progettuali

comportano un sensibilescadimento delle qualitàambientali, allontanandonoi tutti da un sensibilecontatto con i luoghi. Immagini icastichepossono, allora,

contribuire a sollecitarenuove riflessioni che la

rubrica “TerritorioDimenticato” intendeproporre all’attenzione

dei lettori, auspicando dipoter ospitare anche dei

“Territori Ritrovati”.CLAUDIA MATTOGNO

SPECIFICHE DEI TESTIIl ruolo sostanziale sarà

svolto da una o dueimmagini: per questo lalunghezza dei testi sarà

limitata a 600-800caratteri (spazi inclusi). SPECIFICHE DELLE IMMAGINI

Foto e diapositive,immagini digitali ad altarisoluzione (minimo 300

dpi) devono essereaccompagnate

dall’indicazione diluogo, data e autore. l

a rottura di una tubazione e l'assenza d'ogni intervento creano per molte oreaffascinati prospettive urbane, con un gigantesco obelisco d'acqua che ricorda losplendore d'epoche passate.

Piazza Sant’EmerenzianaFoto di ALESSANDRO PERGOLI CAMPANELLI

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alessandra de Cesarisil progetto del suolo-sottosuoloGangemi 2012

il progetto del suolo-sottosuoloassume oggi una prioritàassoluta sia in termini di qualitàurbana che di sostenibilitàeconomica ed ambientale;l’urbanizzazione diffusadell’ultimo secolo ha trasformatoil suolo in una risorsa limitata. illibro di alessandra de Cesaris,edito nella collana Print deldipartimento di architettura eProgetto della sapienzauniversità di roma, affronta taletematica con l’idea che il suolo-sottosuolo debba essere oggiriscattato sia come valorenaturale che come elementostrategico per il progetto diarchitettura.la struttura del testo,organizzata in quattordicicapitoli tematici, offre unasequenza di punti di vista sulprogetto del sottosuolo chepossono essere scoperti tantoattraverso una letturatradizionale quanto tramite laselezione di differenti percorsi, aseconda del proprio interesse.le sintetiche parole chiave cheidentificano ciascun capitoloindagano il tema quanto maiattuale del rapporto tra suolo esottosuolo, mettendone in lucepossibilità e criticità nel progettodella città contemporanea.di volta in volta, quindi, il suolorecita una parte differente aseconda dell’argomento trattatoin un percorso in cui si toccanoquestioni di tipo geologico,tecnico o infrastrutturale maanche di forma della città, distoria dell’architettura e di valideesperienze contemporanee.Punto fondamentale diquest’operazione e filoconduttore di tutta la trattazioneè la cessata interpretazione del

suolo come astratto vassoiobidimensionale e la ritrovataconsiderazione, attraversoesempi attuali e del passato, delsuolo come spessore della città. luogo della memoria dimateriale geologico,archeologico e urbano oppurespazio costruito che ospita ora lefondazioni degli edifici, ora lecanalizzazioni delle infrastrutture,il suolo smette di essere unasemplice superficie perriacquisire il proprio valore divolume. un volume che hadefinito e orientato la formaurbana per il proprio andamentoorografico, per la natura deimateriali di cui è costituito, per ilmodo in cui è stato scavato perdotare le città delle infrastrutturenecessarie.in perfetta continuità con lericerche degli ultimi anni,alessandra de Cesaris ponequindi l’accento sul rapporto trale infrastrutture ed il suolo che leospita: l’attenta analisi deisistemi delle cittàcontemporanee, unita alla letturadelle più recenti ricerche sultema, esprime una rinnovatainterpretazione dell’infrastrutturache, da semplice rete erogatricedi servizi ed energia, ha bisognodi interpretare un ruolo attivonella città assolvendo al tempostesso i compiti di produzione,distribuzione e smaltimento delsistema. il progetto di un suolo3d è, quindi, proposto comeelemento fondamentale nelladefinizione delle strategie per lariqualificazione urbana. lanecessità di ridefinire gli spaziresiduali delle cittàcontemporanee, ad esempio, èqui interpretata come uno strettobisogno di riprogettare i suoliirrisolti, quindi i sottosuoli, tramiteoperazioni di densificazione einfrastrutturazione ponendo fineall’era delle fondazioni ex-novodelle città.Consumo di suolo, distaccodalla quota zero, fondazioni,infrastrutture, materiali, sezioni,urbanistica a tre dimensioni,scavi e metropolitane guidano ilracconto e attivano la riflessionesu come il progetto del suolo-sottosuolo, elemento dellamodernizzazione delle cittàottocentesche, possa divenire ilnuovo protagonista dellarigenerazione delle città delduemila.

alessia Guerrieri

Federico bucciFranco albini Padiglioni ina per le fiere di milano e bari - 1935ilios editore

Peculiarità delle agilipubblicazioni ilios è larilettura grafica di alcunicapolavori dell’architetturamoderna, assimilabile ad unprocesso di reverseengineering finalizzato afacilitare la comprensionedelle loro logiche spaziali: ilridisegno di prospetti, esplosiassonometrici, sezioniprospettiche, chiarificadettagli e relazioni formaliastraendo dal chiaroscuro,dalle trame materiche e daicolori dei volumi reali o dellefoto d’epoca.una rilettura tanto più utilequanto più gli edifici hannosubito trasformazioni nelcorso degli anni o siano staticontenitori di presenzeeffimere, quali i duepadiglioni di Franco albiniper le fiere di milano e baridel 1935. due realizzazioni“omologhe”, come indicatonella relazione firmata dallostesso albini per il padiglionebarese e meritoriamenteinserita nel volume, la cuilogica è quella, tuttacontemporanea, di offrirespazi flessibili rapidamentetrasformabili ed involucricomunicativi, checonsentono di aprire l’exhibital mondo esterno. lamassima funzionalitàespositiva è offerta dalmodulo 80x80 cm chedefinisce una grigliatridimensionale in grado dimettere in relazione i giuntidel pavimento con glielementi verticali di sostegnodei pannelli in mostra, conquelli orizzontali a soffitto,con la struttura edilizia e conla scansione della superficievetrata. albini crea unospazio dalle innumerevolipossibilità, un cubo magicoche può mutare rapidamente

e con grande facilitàsecondo le regole discrete diuna perfetta macchinaespositiva. il suo involucronon riesce però ascomparire o a rimanerecompletamente neutro neiconfronti dei contenuti, liorganizza bensì in unospazio atmosferico vibrante,sollevandoli a mezz’aria suesili supporti etrasformandoli in diaframmileggeri che condizionano glisguardi e gli spostamenti deivisitatori. Geometrie che Federicobucci interpreta come“metafore dell’esistenzaumana appesa al filo dellasua dimensione etica” enelle quali critici coevi, tracui Persico e Pagano,coglievano quello cheall’epoca poteva suonarecome un forte e affascinanteossimoro, un “razionalismoartistico” che si rendevaevidente nella fusione tra ilrigore geometrico-funzionalee la poesia della levitazionespazio-temporale.atmosferici sono “l’odore delsilenzio” o il “rumore sottiledell’architettura” evocati daltesto per cogliere lesuggestioni di essenzialità erarefazione che investono glispazi espositivi ma anche iprogetti residenziali di albini,di cui si dà brevementeconto nel testo. Caratteri cheandranno a connotare anchele sue opere più note deldopoguerra, pur perdendoparte della caricasperimentale nel venire apatti con contesti storico-artistici fortemente influenti.ma del gusto per la libertàprogettuale e sperimentale,offerta dal temadell’allestimento e delpadiglione, sembra chealbini non si sia mai volutoprivare, come dimostral’impressionante elenco diarchitetture effimereprogettate dal 1932 al 1976riportato in chiusura delvolume: una lunga ricercasull’architettura comestrumento di comunicazione,prezioso riferimento, ancoraoggi, per tutti coloro che sioccupano di exhibit design.

dimitri oliveri

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LIBRI

Piazza Sant’Emerenziana

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il finanziamento di 20 milionidi euro è stato erogato perdue terzi dal bund e dailänder tedeschi e sostenuto,per il rimanente terzo, dadonazioni private. i donatori (icui nomi sono stati insertiti inaltrettante iscrizioni nellevarie sale), sono stati : alfriedKrupp von bohlen undHalbach-stiftung, Fritzthyssen stiftung, ernst vonsiemens Kunststiftung,Gielen-leyendecker-stiftung,Kulturstiftung der deutschenbank aG, basF se, dr. arendoetker, deutsche bank aG,siemens italia s.p.a.,

Fördernde mitglieder dermax-Planck-Gesellschaft.il nuovo edificio, inaugurato il15 gennaio 2013, conriapertura al pubblico siadella biblioteca che dellafototeca nel mesesuccessivo, ha visto unimpegno di ben dieci anni dilavori, durante i quali l’istitutoe la biblioteca sono stati soloparzialmente accessibili. inaccordo con il “genius loci”, ilprogettista ha quindi ricercatoinnanzitutto le radicidell’impianto strutturaledell’edificio, considerandocome il luogo, nato come“giardino terrazzato” nellavilla romana di lucullo, siastato generato dalladisposizione sfalsata dei muridi sostegno sul versante delPincio scendendo il pendiomeridionale. molte le difficoltàche i progettisti hanno dovutosuperare in ottemperanza aivincoli presenti; così adesempio: le facciate deipalazzi non potevano esseremodificate, né era possibilerealizzare delle fondamentatradizionali a causa deirinvenimenti di repertiarcheologici di gran valore.Gli archeologi italiani hannoinfatti scoperto i resti di unavilla risalente circa al 60 a.C.appartenuta al generale luciolicinio lucullo. una squadradi ingegneri della teknoin,insieme al professor albertoParducci, all’ingegner alfredomarimpietri e all’architetto

▶ e v e n t i

riapertura del nuovoedificio dellaBibliothecaHertziana

e in particolar modo dell’artea roma in età rinascimentalee barocca (cui si è aggiuntapiù tardi una terza area diricerca relativa all’arte delmedioevo italiano), è situatain roma, in via Gregoriana.Poiché la struttura dellabiblioteca, collocata tra ilcinquecentesco Palazzozuccari e il Palazzostroganoff, non rispondevapiù alle norme di sicurezzaantincendio e presentavainoltre problemi di naturastatica, l’istituto minacciava diessere chiusodefinitivamente. a questasituazione veniva adaggiungersi la progressivacarenza di spazio dovuta alcrescente numero di volumidella biblioteca. Queste lecondizioni che hanno indottola società max Planck, lagrande istituzione di ricercatedesca con sede a monacodi baviera, a provvedere adun adeguamento dellastruttura da affidare aprogettisti che siqualificassero attraverso unConcorso internazionale e ilComune di roma ha subitosostenuto tale proposta.al progetto di Juan navarrobaldeweg è stato assegnatoil primo premio nel concorsointernazionale bandito nel1994 e concluso nel 1995,progetto che si distinseparticolarmente per leparticolari caratteristiche ditrasparenza, luminosità,ampiezza e capacità diconiugare, con grandeequilibrio, nel contestodelicato del Centro storico diroma, le esigenze di unamoderna funzionalità, con latradizione e la storia delluogo. la struttura si organizza,infatti, attorno ad un cortilecreato là dove un tempo c’erail giardino di Palazzo zuccari,coprendolo con un lucernarioa forma di trapezio, intorno alquale si sviluppano le sale dilettura e il deposito dei libri.Con uno studio adeguato deipercorsi e dei collegamenti, ilprogettista è riuscito inoltread aumentare del settantaper cento lo spaziodisponibile, grazieall’adozione di un sistema discaffalature compatte.

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ARCHINFO a cura di LUISA CHIUMENTI

la “bibliotheca Hertziana-istituto max Planck per lastoria dell’arte”, fondata nel1913 come “istituto dellaKaiser-Wilhelm-Gesellschaft”e preposto allo studiodell’arte italiana “post-antica”

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▶ m o s t r e

l’italia di le corbusier

a le Corbusier, dal 1920pseudonimo di Charles-Édouard Jeanneret,architetto, scultore, pittore,geniale pensatore, ideatoredella moderna urbanistica ecreatore del movimentomoderno, il maXXiarchitettura ha dedicatorecentemente la mostra“l’italia di le Corbusier” acura di marida talamona. l’allestimento, affidatoall’architetto milaneseumberto riva, si è avvalso,molto opportunamente, diuna successione di “setti”autoportanti, che, con la lorosezione triangolare, sipiegano ed insinuano moltoarmoniosamente nelleangolazioni create da zahaHadid per le architettureinterne del maXXi. nellasequenza di “stanze” così

create, si succedono i varitemi, sviluppati secondo unpercorso diacronico. nelmedesimo filone diinterpretazione critica dei“modi” e dei “segni” lanciatidalla poetica di le Corbusier,è stato giustamente notatocome umberto riva abbiasaputo scegliere il materiale,ossia “il legno” , materiale“grezzo”, “un materialevissuto”, da cassaforma, cherimanda al cemento eall’architettura di zaha Hadid.molte le influenze che l’italiaebbe sulla formazione e sullavoro del maestro: dai primiviaggi agli inizi del novecentoai progetti, mai realizzati, peril Centro Calcolo olivetti dirho e per l’ospedale divenezia degli anni sessanta:

tutto ciò si evidenzia inmostra attraverso disegni,schizzi, acquerelli, dipinti efotografie originali (circaseicento).“nel suo percorsocronologico e tematico,l’esposizione” come hasottolineato l’architettomargherita Guccione,direttore del maXXiarchitettura, “proseguel’indagine su temi, forme efigure del XX e XXi secolo”,ma in particolare, nella sceltadel rapporto tra le Corbusiere l’italia è da vedere “unachiave di lettura cherestituisce la poliedricità,molto contemporanea, dellasua figura: architetto,urbanista, designer, pittore,scultore e ‘homme de lettres’che ha letteralmenterivoluzionato il modo dipensare l’architettura

romano enrico da Gai, hasviluppato una costruzionestaticamente ardita,utilizzando un particolaresistema di micropali. ricordiamo che la bibliothecaHertziana nacque grazie allafondazione della mecenateebrea Henriette Hertz, cheacquistò il Palazzo zuccarinel 1904 per donarlosuccessivamente, nel 1913,alla società Kaiser Wilhelmcostituita due anni prima econfluita più tardi nellasocietà max Planck. Questoistituto non è solo uno dei piùantichi della società maxPlanck ma è il primo aindirizzo umanistico. nel marzo 2013 la bibliothecaHertziana celebra ilCentenario della suafondazione.ContemporaneamentePalazzo barberini, incollaborazione con labibliotheca Hertziana,organizza una mostradedicata alla donazione diHenriette Hertz allo statoitaliano. le opere provenientidalla collezione Hertz, oggiconservate nella Gallerianazionale d’arte antica,saranno esposte insieme perla prima volta.ricordiamo l’interessanteconferenza dal titolo“rinnovamento dellabiblioteca Hertziana” tenutada Juan navarro baldeweg

nell’ambito del ciclo “romametropoli. Come cambia loskyline della città eterna nelXXi secolo” organizzato dalmaXXi architettura.durante la conferenza, cuisono intervenute ancheelisabeth Kieven (direttoredella bibliotheca Hertziana) emargherita Guccione(direttore del maXXiarchitettura), l’architetto hamostrato schizzi, immagini dicantiere e disegni di Piranesi,tempesta, Falda, bernini,specchi, de sanctis e Panini,che sono stati per lui oggettodi profondo studio pergiungere a comprendere ildelicato rapporto con la città,i luoghi e la storiaarchitettonica e urbanisticadella città di roma. il progetto di Juan navarrobaldeweg prevede lariapertura della bocca del“mascherone”, un nuovoingresso che porta nel cortileintorno a cui si sviluppanoverso l’alto, a gradoni, i varilivelli con le sale di lettura e ilibri. uno spazio dedicato allacultura “.. attraversando labocca del ‘mascherone’,entriamo nella mente”, dicebaldeweg verso la fine dellaconferenza, descrivendo cosìl’entrata della sua biblioteca,come se le terrazze da luiprogettate fossero cassettidella memoria, livelli di unluogo di ricerca e diprogresso, un luogo positivoe pieno di luce dovel’architettura crea nuovilinguaggi e si confronta con ilpassato, senza per questorinunciare a puntare tutto sulfuturo”. mattoni tinti di biancoper le pareti, legno chiaro peri pavimenti, travertino per lescale: sono questi i nuoviingredienti illuminati dallaluce che entra attraverso lagrande vetrata, una strutturatecnologicamente avanzata,imponente per le suedimensioni eppure cosìleggera: “un organismo diluce al centro della corte, chepermette alle nuove terrazzedella bibliotheca Hertziana dibaldeweg di svilupparsidinamicamente creandospazio”.

l.C.info: www.biblhertz.itwww.fondazionemaxxi.it

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Dall’alto:> Le Corbusier,Autoritratto. Dal Carnetn. 10, 1917> Le Corbusier,Progetto per il CentroCalcolo elettronicoOlivetti a Rho. Schemaesplicativo, 19 aprile1962 > Cassa di orologiodisegnata e realizzatada Le Corbusierall’Ecole d’ArtAppliqués di La Chaux-de-Fonds ed espostanella sezione svizzeradell’Esposizioneinternazionale diMilano, 1906

Courtesy Fondation LeCorbusier

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cemento del maXXi”. anche se, in effetti, i progettidi architettura di leCorbusier per l’italia siprofilano solo alla fine dellasua vita, i viaggi, gli studi, gliscambi culturali e leaspirazioni personali diretti alnostro Paese “non solohanno gettato le basi peralcune tra le più originaliopere di concezionelecorbusieriana, dall’unitéd’habitation di marsiglia alpiano per la città diChandigarh, ma mettonomolto bene in evidenzal’eccezionalità del pensiero edelle realizzazionidell’architetto, attraverso lesue stesse vicende personalie professionali.si riscontra, nell’analisi che lamostra “l’italia di leCorbusier” ha messo in luce,una sostanziale continuità direlazioni che legano leCorbusier all’italia tra il 1907e il 1965, in unasorprendente e ricchissimavarietà di circostanze eapprocci. le Corbusier si immergegiovanissimo nella tradizionearchitettonica italiana, risalealle sue radici, ne cogliepeculiarità e criticità, nerielabora la lezioneattraverso esperienzeconcrete e studi teorici,senza trascurarne alcunmomento: dall’architetturaromana antica agli esempimedievali, da michelangelo aPalladio, ponendol’attenzione ora sull’elemento

architettonico ora su quellourbano. ma eccofrequentissime le relazionicon pittori come Carrà,morandi, severini e con igiovani architetti razionalistinegli anni trenta, a cui siaccomuna nella ricerca diuna via concreta che potesseportare l’italia verso unarelazione equilibrata con ilregime fascista (autoritàpubblica) e committentiprivati quali olivetti o agnelli.È quanto le Corbusier infineotterrà nell’italia deldopoguerra, per il Centro dicalcolo elettronico olivetti arho e per il nuovo ospedaledi venezia. Questi progettinon si realizzeranno, mafurono testimonianza deirapporti dell’architetto con ilnostro paese, proprio inrelazione alla fase conclusivadella sua carriera. unComitato scientificod’eccellenza, composto daspecialisti e studiosiparticolarmente del rapportotra le Corbusier e l’italia,hanno collaborato alsuccesso dell’esposizione,contribuendo al rinvenimentodi documenti inediti e anuovi studi e scoperte.realizzata in partenariatocon la Fondation leCorbusier di Parigi, si avvaledel supporto di un Consiglioscientifico composto daalcuni dei massimi espertidella vicenda lecorbuseriana.

l.C.

info: www.fondazionemaxxi.it

investendo con la sualezione l’intero pianeta”. si ètrattato di “un’operazione disintesi armonica: negli spaziche appartengono a unanuova fase dellalecorbusieriana revolutionarchitecturale, cui èascrivibile il progetto di zahaHadid”.il percorso espositivo sisnoda tra documenti diversi,testimonianze di viaggi,

studi, scambi culturali easpirazioni personali, daglischizzi dei monumenti italianisui “carnets de voyage” allariproduzione settecentescadella pianta di roma anticadi Pirro ligorio, della qualele Corbusier riprodusse unframmento per illustrare lasua “leçon de rome”, dallacorrispondenza con Pier

luigi nervi ai sei grandi foglicon disegni schizzati durantela conferenza di milano nelgiugno 1934 a documentarela complessa formazione“italiana” dell’architetto.le numerose fotografiepresenti in mostra aiutano ilvisitatore a comprenderemeglio alcune sfaccettaturemeno note della personalitàcreativa di le Corbusier,sempre correlata con artistie architetti con cui dialogavae si rapportava di continuo.antonia Pasqua recchia(Commissario straordinarioFondazione maXXi) hamesso in luce come sia statopresentato in questa mostraun tema complesso, “daisorprendenti intrecci chel’analisi diacronica deirapporti di le Corbusier conl’italia ha portato alla lucetracciando un percorsoaffascinante attraverso laricchezza e la complessitàdell’opera di le Corbusier”.in essa “l’interdisciplinaritàdel personaggio è stataoccasione di confronto ecollaborazione con molteistituzioni nazionali ed esteredi varia natura, come èavvenuto per il maXXi, inattenta “sinergia con laFondation le Corbusier diParigi che ha voluto esserenon un semplice prestatorema vero e proprio partnerdella mostra”. dalla mostra è nato altresì uninteressante “ripensamentosull’architettura delnovecento in modo inedito econtemporaneo in cui “ilrigore delle esperienzerazionaliste in le Corbusierlascia il passo, neldopoguerra, a un usoplastico del cemento, nonmeno rigoroso nellaconcezione etica delmateriale, in un percorso,astrazione delle formearchitettoniche giunge, allesoglie del nuovo secolo, al

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In alto> Le Corbusier, Vedutadella basilica di San

Domenico dall’Albergoalla Scala, Siena 1907

Sotto:> Le Corbusier, Primo

progetto di massima peril Nuovo Ospedale diVenezia. Planimetria

generale del primo e delquarto livello, 1964

A destra:> Le Corbusier a bordodi una Balilla sul tettodello stabilimento FIATLingotto, 22 aprile 1934

Courtesy Fondation LeCorbusier, Parigi

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Brueghel el’architettura

in una delle opere esposte aroma (Chiostro delbramante), nella mostra“brueghel. meravigliedell’arte fiamminga”,colpisce la descrizione, nellatipica meticolosità ericchezza di particolari dibrueghel, di un vero eproprio “cantiere” di lavoroedilizio, nella tela dal titolo“la torre di babele”. datata 1580, essa mostraanaliticamente i diversimomenti di lavorazione, delleimpalcature, di un reale“programma cantieristico”.d’altra parte, come si leggein un saggio in Catalogo“l’atto di affidare la creazionedelle opere alla bottegadell’artista si sviluppa inrelazione a una situazionespecifica e in un momentopreciso della storia dellabottega”. la relazione cheesiste tra le diverse formedell’arte – disegno –incisione, scultura, schizzo,bozzetto, modello, copia o

versione autografa è, ineffetti, molto complessa e laloro inferenza reciprocavaria in base alla situazionee al momento, con diversemodalità di interazione traqueste diverse forme d’arte.Ci sono delle similitudini checelano delle differenzefondamentali identificative diuna particolare circostanzavissuta in un atelier, ed ilriconoscimento della partedi lavoro svoltopersonalmente dall’artista equello eseguito invece daisuoi collaboratori “puòessere ipotizzato soloattraverso l’identificazionedelle modalità di esecuzionetipiche dello stile, dellamateria e del segno”. e sequesto è vero per colui cherealizza il dipinto, la ricercaè tanto più affascinante se cisi trova di fronte allaraffigurazione del sottilerapporto che esiste fra tutticoloro che partecipano (purraffigurati in una immaginepittorica) alle varie fasi dicostruzione, nel casoparticolare, di una strutturaarchitettonica identificatanella “torre di babele”, coneffetti realistici davverosorprendenti. nell’anticapittura nordica, il nome delmaestro veniva utilizzatosolamente nel caso in cui lasuperficie pittorica e ilsegno del suo autorefossero chiaramentericonoscibili; tuttavia, lemodalità con le quali siaffidava un incarico allabottega in quel periodostorico sono ancorapiuttosto oscure. le parti piùimportanti non eseguite dalmaestro a volte potevanoessere affidate alla bottegao a un collaboratorespecifico, ma il maestrorimaneva pur sempre il“direttore dei lavori” (o nelcaso specifico, almeno il“direttore del cantiere”,secondo quanto era stabilitoin ogni bottega circa unproprio “modus operandi”,sempre contrassegnato damotivi standardizzati e dauna propria gerarchia,poiché un’opera originaleviene realizzata sempresotto la diretta autorità delmaestro.

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Architettura e urbanisticanell’impegnooperativo diAkbar“l’arte e l’architettura delsubcontinente indiano dasole potrebbero bastare percostituire un capitolovastissimo e tra i piùaffascinanti della storiadell’umanità. il dato forsepiù significativo è che fin daquando i musulmanicomparvero stabilmente inindia, nel Xii secolo,passando per l’asiacentrale, si trovarono aconfrontarsi con la culturaartistica hindu, ma anchejainista e buddista,completamente diversa, sianell’impiego di materiali chenelle strutturearchitettoniche.dalla fusione di tradizionidiverse, ma nonincompatibili, ebbe dunquela sua origine e originalitàl’arte e l’architetturaindoislamica, il cui periodod’oro coincise con quellodella dinastia moghul, unastirpe di conquistatori (1526-1858, anche se lo statounitario si esaurisce nel1707), che diede vita a unimpero più grandedell’attuale india,spostandosi verso la Persia,dapprima a Kabul e poi adelhi e successivamente adagra”: queste fra l’altro leosservazioni che si colgononella presentazione che ilPresidente della Fondazioneroma, emmanueleFrancesco maria emanuele,ha fatto della bella mostracurata da Giancarlo Calza,“akbar e il grandeimperatore dell’india”,nell’allestimento moltosuggestivo, realizzato daCesare mari al palazzosciarra. l’esposizione presentacinque diverse sezioni digrande fascino, che vannoda “la vita di corte, governoe politica”, alla “Città,urbanistica e ambiente”, alle

analoghe sono le suggestioniche sempre i brueghelsuscitano nell’osservatoreper quanto riguarda ilpaesaggio, sia quellostrettamente naturale,quando un solo albero puòoccupare un’intera tela conla sua struttura lignea chegradualmente si ramifica aseconda della forza estaticità degli elementi, siaquello delle piccole case cheframmentano gli sfondi perdare prospettiva e profonditàalle azioni che animano larappresentazione.l’esposizione romanacomprende una vastaselezione di opere cheprovengono da museiinternazionali, ma soprattuttoda collezioni private epresenta tutta la dinastia

brueghel che per ben più di100 anni è stata protagonistasulla scena fiamminga, chepartendo dal Pieter brueghelil vecchio, con i due figliPieter brueghel il giovane eJan brughel il vecchio,hanno creato il vero e proprio“rinascimento delle fiandre”. la mostra, divisa per areetematiche in 5 sezioni, èstata prodotta da arthemisiaGroup e dart Chiostro delbramante, è stata curata dasergio Gaddi con doronJ.lurie, conservatore deidipinti antichi del museo ditel aviv e si avvale del belCatalogo edito da silvanaeditoriale, cui si rinvia perogni utile e interessanteapprofondimento.

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A sinistra, dall’alto:> Opere di Brueghel

in mostra

A destra, dall’alto:> Armadietto su base

a tavolino> Akbar ispeziona la

costruzione diFathepur

> Costruzione dellacitta di Fathepur

Pagina a fianco:> Scudo

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“arti e artigianato; “Guerra,battaglie e caccia”,“religione e mito”, ciascunaricca di acquarelli e dipintimolto raffinati e dai colorivivacissimi, armi, gioielli,mobiletti, tappeti, monete inoro e argento, atestimonianza dellagrandezza del regno.dopo quella organizzata dallaasia society a new York, nel1985-1986, concentrata solosu una parte del regno diakbar, la Fondazione romapromuove la prima mostra, inun contesto nazionale einternazionale, a esserepresentata al pubblico per lacompletezza di analisi dellafigura del Grande akbar edelle arti, rappresentative siadella sua vita privata chepolitica, sviluppatesi durantetutto il suo governo. Come haancora ricordato il Presidente,la Fondazione da temposegue un percorsointerculturale e interreligiosoconcretizzato attraverso lapromozione di mostre edeventi a esse correlati,aprendo nello specifico unaporta verso l’oriente, dopo laCina e il Giappone, di cui fuun bell’esempio l’altra grandemostra dedicata al maestrodell’ukiyoe Hiroshige, nel2009 e ora con l’india. sitratta di Paesi la cui crescitafa da protagonistanell’economia e nella politicacontemporanea e con i qualiè auspicabile dialogareintensamente sulla base dellaconoscenza delle reciprocheculture e del reciproco

rispetto. il dialogo e latolleranza per le diversità siadi credo che diappartenenza etnica,centrali nella politica diakbar, ancor più oggi sidimostrano quali pilastri perun mondo maturo ecosmopolita, che sappiaaccogliere le granditrasformazioni storiche eculturali con tolleranza esappia gestire lacomplessità che ormaicaratterizza la societàcontemporanea. l’esposizione si sviluppa incinque sezioni: la vita dicorte, governo e politica;Città, urbanistica eambiente; arti e artigianato;Guerra, battaglie e caccia;religione e mito, conacquarelli e dipinti moltoraffinati e dai colorivivacissimi, armi, gioielli,mobiletti, tappeti, monete inoro e argento.le opere in mostraprovengono da musei ecollezioni di Washington,Parigi, Colonia, londra, newdelhi, new York, vienna,Kuwait, zurigo,Copenhagen, Philadelphia,Firenze.ma senza dubbio uninteresse particolare suscitala sezione che prende inesame le grandi intuizioni ecapacità progettuali, incampo architettonico eurbanistico, dell’imperatoreakbar. nel paesaggio enell’urbanistica moghul,come ha bene sottolineatoattilio Petruccioli nel suo

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origine pre-islamica (baseproduttiva dell’impero);l’integrazione esovrapposizione di cittàintermedie (per lo scambio eil drenaggio dei prodottiagricoli), poste a unadistanza di 25-30 chilometri,secondo una “politica dinuove fondazioni” chedovevano “colmare i vuoti diun ideale reticolo territoriale”di cui la capitale veniva asituarsi nel baricentro.apparentemente moltogerarchico il sistemaconservava comunque unasua flessibilità da un latolegata alla tendenza allamobilità della gente moghul edall’altro all’utilizzo, a mo’ discacchiera in tutte le direzionidate dai punti cardinali.e tra il 1568 e il 1585 si viderosorgere ben quindici cittànuove, oltre alla rinascita diantichi centri come benares,Hardwar, mathura, ajodlhyae, tra le città di nuovafondazione, ricordiamoJalalabad e Faridnagar neldistretto di meerut, eakbarpur e Jalalpur nelFyzabad e Kishnpur neldistretto di Fathpur e muglaisarai sulla strada imperiale.

l.C.

saggio in Catalogo (Fathpursikri, la capitale di akbar e imodelli di costruzione dellacittà moghul), è da notare(ciò che al contrario èsfuggito ai viaggiatori del Xviisecolo, rimasti solo abbagliatidalla preziosità dei materialiadottati), un interessantissimoe moderno “parallelismo tral’esigenza di una razionaleriorganizzazione del gettitofiscale e la volontà moltocosciente di “dare ordine” atutto l’impero conun’architettura territorialeasservita alla geometria, nellaquale attività produttive e discambio trovassero unaordinata “collocazione”. “auna sistematica suddivisioneamministrativa in “subah”(province), suddivise in“sarkar” e ancora “dastar(distretti)”, poi aggregati in“paraganah”, corrispondevauna costruzione quasigeometrica del territorio”Quanto sopra fa bencomprendere la precisionedella stesura di un progetto“a lungo termine” che akbaraveva stilato, includendoanche una pianificazioneidraulica e regionale degliinsediamenti secondo treordini scalari: tre chilometri didistanza fra i villaggi di

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PREC I SAZ IONESu AR n. 104/12 alle pagine 52-56, nell’articolo diMarco Eramo “A proposito di contenimento delconsumo di suolo” , per uno spiacevole disguidonon è stato menzionato il nome di Paolo Cardoniautore delle fotografie a corredo del testo.Nello scusarci con l’autore cogliamo l’occasioneper pubblicare una sua suggestiva foto nonapparsa sul numero citato.

Pilone segnaletico per gare areonautiche (pylonraces) nel Parco della Maremma

www.paolocardoni.com

> L'entrata nel forte diRanthambhore