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Con lui Dio non si era sbagliato - estratto libro di Roberta Vinerba - Paoline

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Giampiero Morettini è un giovane indifferente alla vita di fede, finché la visita inattesa di una suora nel suo negozio non lo mette davanti alla Verità alla quale si arrende e si consegna senza mezze misure. http://www.paolinestore.it/shop/con-lui-dio-non-si-era-sbagliato.html

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I.

SENZA DORMIRE

Un inizio come tanti

Giampiero nasce in Sardegna, a Luogosanto, allora in provincia di Sassari (oggi in provincia di Olbia-Tempio), il 10 dicembre del 1977, giorno della festa li-turgica della Madonna di Loreto. Una presenza, quella mariana, che segnerà tutto l’arco della sua breve esisten-za. La madre Caterina, sarda, è una donna semplice, di robusta fibra umana, essenziale e schietta. Il padre Mario, uomo di poche parole, gran lavoratore, ha fami-liarità con l’elettricità e con la terra. Di estrazione con-tadina, conserva gelosamente il radicamento con questa cultura, fiera e umile al contempo. Famiglia di tradizio-ne cattolica, come due anni prima Francesco, il primo-genito di Mario e Caterina, anche Giampiero viene battezzato. Il giorno, il 1° gennaio 1978, è anch’esso una ricorrenza mariana: la festa di Maria Madre di Dio, la Theotokos.

Nel 1979 i quattro si trasferiscono a Sant’Angelo di Celle, frazione limitrofa al capoluogo perugino, appar-tenente al piccolo comune di Deruta. Si tratta di un paese di circa mille abitanti a forte vocazione agricola, con un nucleo più antico concentrato intorno alla chie-sa parrocchiale e cinque raggruppamenti, i rioni, che si

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snodano dal centro storico. L’origine di Sant’Angelo è fatta risalire al 980 d.C., quando i monaci benedettini si insediarono in questo territorio ricco di acquitrini e paludi per bonificarlo. Il termine celle, appartenente al lessico monastico, indica i piccoli monasteri, le comuni-tà minori rette da un priore e dipendenti da un mona-stero maggiore. Il primo parroco del borgo fu nominato nel 1280. La parrocchia venne posta sotto la protezione di San Michele arcangelo. La casa dei Morettini è cir-condata dai campi della dolce campagna umbra a due passi dal centro e dalla chiesa, retta fin dal 1980 dal parroco don Gino Ciacci.

Giampiero ha tre anni quando inizia a frequentare l’asilo affidato alle suore Pastorelle del beato Alberione, e si iscrive poi alla scuola elementare, sempre del paese. Caterina lo ricorda come un bambino molto vivace, con molto appetito, allegro, non particolarmente desideroso di studiare ma comunque diligente. Come tutti i bam-bini del paese, frequenta il catechismo in parrocchia e riceve la prima comunione in quarta elementare, il 3 maggio 1987. Dalla madre sappiamo che, come « eredi-tà » di quel giorno, Giampiero usava farsi il segno della croce prima dei pasti, abitudine mantenuta, più o meno, anche negli anni lontani dalla fede. Don Gino, facendo riferimento alla piccola statura e all’incarnato scuro dei fratelli Morettini, ricorda l’affettuoso appellativo di to-pini che riservava loro. Giampiero è, nei ricordi del parroco, un « topino nero che gironzolava per la chiesa. Fisicamente era piccolino, scuro scuro, sereno e sempre sorridente. Al catechismo era puntuale, preciso, pulito. Guardandolo, lo assomigliavo all’immagine di Domeni-co Savio che abbiamo in sacrestia. Colpivano anche gli

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occhi vispi, pieni di domande. Il giorno della prima comunione mi colpì perché quando ricevette l’ostia consacrata si commosse. In seguito cominciò il servizio all’altare come chierichetto, puntualissimo e onnipre-sente insieme al fratello; usavo scompigliargli i capelli durante la celebrazione perché era piccolino e non arri-vava all’altare ».

La cresima segna, praticamente, l’inizio del suo allon-tanamento dalla fede e dalla parrocchia, cresima che riceve dalle mani di monsignor Ennio Antonelli il giorno della Madonna di Fatima, il 13 maggio 1980. Per un breve periodo frequenta il gruppo del dopocresima. Fino alla terza media la messa domenicale e poi, di lui parrocchiano, si perdono le tracce.

Giampiero consegna alle pagine dello Scrutinio (una sorta di esame di coscienza in vista del rito di ammissio-ne agli ordini sacri, che avverrà l’8 dicembre 2013, pochi mesi prima della sua morte) i ricordi di questo periodo. In esso troviamo le tracce della sollecitudine materna per la sua istruzione cattolica, sollecitudine che soppe-risce allo zelo, in verità non molto solerte, del figlio.

Nato a Luogosanto in provincia di Sassari mi sono trasferito con la famiglia quando ero ancora piccolo a Sant’Angelo di Celle ed è proprio qui che è avvenuta la mia iniziazione cristiana (…), spesso obbligata, perché non avevo voglia. Dopo di che x scelte che ho fatto, anzi pensieri e pregiudizi personali, ho camminato in una strada che andava dalla parte opposta di quella di Gesù, della Chiesa1.

1 Scrutinio. Gli scritti di Giampiero e le espressioni che sono con sicurezza sue, quando non siano evidenziati fuori testo come in questo caso, saranno

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Fabio Bistarelli, l’amico di una vita, senza mezzi ter-mini ricorda che andavano al servizio di chierichetti stimolati dalle rispettive madri.

I tre anni di scuole medie segnano la progressiva rottura con i libri2: la prima media scorre senza infamia e senza lode. Tuttavia la promozione non dovette sem-brargli scontata se attese il ritorno della madre, andata a conoscere il risultato dell’anno, sotto il letto, nascon-diglio dal quale non « emerse » se non dopo la rassicu-razione materna circa il buon esito dell’anno scolastico. Così la promozione arrivò con difficoltà anche in secon-da e in terza media, frequentate senza passione e distrat-to da altri passatempi paesani.

Senza convinzione e con nessuna voglia di studiare, si iscrive, terminate le medie, all’Istituto Tecnico Indu-striale Statale (Itis) « A. Volta » di Perugia, insieme ad altri amici del paese, e sceglie l’indirizzo di meccanica. A giugno è bocciato ed esprime il desiderio di interrom-pere gli studi e iniziare a lavorare. I genitori lo spingono a continuare la scuola, ma, pur avendo ricominciato a frequentare a ottobre, Giampiero non cambia idea e ben presto papà e mamma si arrendono al suo spiccato ri-fiuto per lo studio e acconsentono a che inizi a lavorare

riportati in corsivo per facilitarne la riconoscibilità. Ho scelto anche di non correggere gli errori o le abbreviazioni per rispettarne la genuinità.

2 Espressione usata da Giampiero con don Mauro Salciarini, responsabile dell’anno propedeutico di Giampiero in seminario e, successivamente, padre spirituale del seminario stesso. La biografia del Nostro è stata ricostruita a partire dall’ascolto di quanti lo hanno conosciuto. Anche correndo il rischio di appesantire la lettura del testo, ho scelto di specificare il nome di colui che parla, in modo da rispettarne il pensiero e le espressioni, e anche per garantire la rintracciabilità delle fonti. Ritengo inoltre che la storia di ciascuno sia, sem-pre, la storia condivisa con altri e che narrare di Giampiero sia inevitabilmente raccontare un ambiente fatto di volti e di altre storie che si intrecciano con la sua e che l’hanno resa quella che è.

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in una officina nella periferia di Perugia, dove resterà per circa sei anni.

Dal 1996 al 1998 è attivissimo nella Pro-Loco del paese con il ruolo di cassiere. Nel 1997 svolge il servizio militare ad Albenga, poi a Roma e infine a Perugia, ferita dal terremoto. Nel 1999 lascia l’officina « Servizio Freni e Ammortizzatori » per lavorare in proprio, come già il fratello due anni prima, dando vita, sui terreni di proprie-tà della famiglia, a un’azienda agraria per la coltivazione di meloni, peperoni, angurie. Nel 2004, insieme alla madre, apre un negozio di frutta e alimentari in centro storico a Perugia, in via del Roscetto, e successivamen-te, nel 2006, nella frazione perugina di Castel del Piano.

Un adolescente di provincia

Abbandonata ogni pratica religiosa, fatta eccezione per le messe di Natale e Pasqua nel santuario di Santa Maria degli Angeli insieme a Fabio, Giampiero vive que-sti anni in modo frenetico. Emerge con chiarezza un ca-rattere impetuoso, caparbio, determinato, a tratti forte-mente permaloso, segnato da molteplici interessi e decisioni repentine, instancabile nel lavoro e nei diverti-menti, volitivo e riservatissimo. Amico degli amici, alle-gro, autoironico e pieno di vita, sempre pronto allo scher-zo e alle bravate, lascia tuttavia trasparire pochissimo della sua vita interiore: schivo e discreto, non si sbottona mai né sulla sua vita affettiva né su altre questioni quoti-diane, né con gli amici né, men che meno, in famiglia.

Il racconto di questi anni fatto da Fabio e da altri amici del paese è godibilissimo e mi ha restituito l’im-

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magine di una robusta compagnia di amici, uniti e soli-dali, con imprese che ricordano i buontemponi geniali di Amici miei.

Giampiero già dalle medie entra nella compagnia degli amici del fratello ed è il piccolo del gruppo. La comitiva si incontra di sera, fino a notte fonda, in una casa vicina al paese di proprietà del padre di Moreno, uno del grup-po: lì si fanno grigliate, si fumano le prime sigarette, si ascolta musica fino a tardi, si chiacchiera. Giampiero, per le scorribande del gruppo, usa la Vespa del nonno, finché non ne avrà una tutta sua. Decisamente in sovrappeso e fortemente miope, il volto nascosto dietro due grandi lenti rotonde, dalle foto si comprende perché gli amici raccontino che, fin verso i quattordici-quindici anni, fos-se un po’ la mascotte del gruppo. Allegrissimo, non si sottraeva agli scherzi e teneva il passo dei più grandi, come quando, senza patente, guidò la Vespa con un pas-seggero, pur non avendone l’età. Peccato che, fermati dai carabinieri, lui fu l’unico a cui, giustamente, fu fatta la multa e ritirato il mezzo. Ordinaria amministrazione per ragazzi che decidono di entrare in sei in macchina per andare a Perugia ai « baracconi » (luna park) con il più piccolo, Giampiero appunto, accovacciato nello spazio tra il sedile posteriore e il cambio. Fermati dalla polizia, il Nostro non ha di meglio da fare che ridere a crepapel-le della situazione e farsi scoprire mentre gli amici scap-pano per i campi per evitare la conta. La discoteca era la meta di ogni sabato sera, così come le sagre dei paesi vi-cini lo erano per le altre sere e per i giorni festivi. In pae-se la comitiva non mancava di farsi notare.

Il Comune dovette chiudere la fonte in piazza perché da loro usata per la sfida dei gavettoni, che cominciava

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con bottiglie e secchi e finiva poi con gli idranti delle cisterne dei trattori di famiglia, che i ragazzi guidavano allegramente come fossero biciclette. La passione per i trattori, mezzo che Giampiero padroneggia già da quan-do era poco più che bambino, procede di pari passo con quella per qualunque mezzo abbia un motore. Il gruppo setaccia il paese e i posti vicini alla ricerca di macchine dismesse che, mancando ancora la normativa che impo-ne la riconsegna della targa e la demolizione del mezzo, venivano lasciate come carcasse nelle aie e nei campi, ad arrugginirsi. Una volta scovata e acquisita la macchina ferma, si applicavano a rimetterla in sesto. Speso quel poco necessario per qualche tanica di benzina, comin-ciava la giostra dei rally in mezzo ai campi, trasformati per l’occasione in ottime piste. Finita la benzina, la macchina veniva nuovamente abbandonata.

Il gruppo era composto prevalentemente da ragazzi, meno numerosa e occasionale la presenza di ragazze. Di le gami affettivi, almeno fino al periodo del militare, non ho trovato tracce: timido e discreto, pare che in quegli an ni Giampiero non abbia avuto molta fortuna col sesso femminile. L’essere in sovrappeso non deve averlo aiu-tato, anche se nessuno ricorda di aver notato in lui im-barazzo o disagio. Eppure questo fu motivo di grande sofferenza, tanto che, anche in età matura, furono pochis-simi quelli ai quali confidò di averne sofferto. La caratte-ristica della permalosità, che negli anni 1993-1998 sembra condizionare non poco le sue relazioni, potrebbe risalire anche a questa particolare fragilità. Dopo il militare co-mincerà a dimagrire e a raggiungere quella forma fisica normolinea che manterrà fino alla fine anche grazie al lavoro, allo sport e all’attenzione all’alimentazione.

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A diciotto anni, senza preavviso, senza dare nessuna spiegazione neppure al fratello col quale condivideva gli amici, prende la licenza di caccia e per due anni, la do-menica, va a caccia del cinghiale con la squadra dell’a-mico Loris Lucarini. Fin quando, così come era comin-ciata, finisce: una domenica torna a casa dopo la battuta di caccia, appende il fucile al chiodo e non vuole più saperne. Senza dare nessuna spiegazione. Mettendo insieme i racconti degli amici e dei familiari, si potrebbe pensare che l’abbandono repentino sia di-peso, forse, dal fatto di essersi lasciato scappare, quella domenica, un grosso cinghiale. Per il suo carattere, l’allegra ironia della squadra sul fatto che, del cinghiale che scappava, lui avesse fatto in tempo a vedere « solo la coda » può forse averlo indotto a chiudere questa esperienza. Il fratello, del resto, lo descrive come « im-pulsivo », i familiari e gli amici si stupiscono, ma non più di tanto, abituati ai colpi di testa del suo temperamento volitivo.

La carambola del tempo

Terminato il militare, cambia radicalmente l’aspetto fisico: dimagrito, lascia crescere il pizzetto (che colorerà per brevi periodi di rosso) e soprattutto i capelli. Il fra-tello Francesco dice che « sembrava Che Guevara » e osservando le foto è difficile non dargli ragione. Quella che resta invariata è invece l’abitudine alle notti senza dormire. Per anni Giampiero ha dormito due-tre ore per notte: non rinunciando al lavoro e neppure al diverti-mento, il tempo del sonno è necessariamente ridotto a

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pochi scampoli. La mancanza di sonno si accentua, co-munque, con l’apertura dell’azienda agraria e, soprat-tutto, con quella del negozio, che richiede levatacce a ore impossibili. Così il ritmo ordinario consiste nell’an-dare a letto non prima delle due o delle tre di notte, dopo il pub o la discoteca, per alzarsi non dopo le 4.30. Le domeniche nelle quali va a caccia, passa dalla disco-teca al bosco senza soluzione di continuità.

Adolescente inquieto, affamato di esperienze e di relazioni, vulcanico nei progetti – nel biennio 1996-1997 accarezza l’idea di andare a fare il pastore nell’amata Sar-degna, ad esempio –, dopo il militare lavora sul suo cor - po trasformandolo, ma conserva intatta l’irrequietezza.

L’azienda agraria, intanto, richiede un mezzo adatto al terreno dei campi e al trasporto dei materiali: esce di casa e torna con un mastodontico Mitsubishi L200, all’epoca un affare da trenta milioni, come se niente fosse. I genitori lo vedono tornare con il mezzo cono-scendone molto vagamente il progetto d’acquisto. La moto, per lui un pezzo di cuore, un bolide rosso fiam-mante, invece, è portata a casa senza alcun preavviso. Fabio dice di lui che « voleva fare ciò che gli vietavi ».

Sono gli anni, quelli dal 1999 al 2006, nei quali usa il fuoristrada come casa per andare al mare, gli anni dei due pacchetti di Marlboro al giorno – abitudine inter-rotta bruscamente una sera, insieme a Fabio, quando i due decidono, in un attimo, di buttare dal finestrino della macchina il pacchetto –, di una toccata e fuga di un semestre nel mondo delle « canne », della discoteca, dei pub perugini, primo fra tutti Il Dollaro, delle notti del 31 dicembre trascorse in centro, a Perugia, con il rituale della bottiglia di spumante in tasca e fra le dita

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il sigaro più costoso acquistato nella tabaccheria peru-gina più fornita. Un viveur di periferia, attento all’ab-bigliamento, alla forma fisica (in casa allestisce una piccola palestra, anche se il lavoro manuale quotidiano, da solo, sarebbe stato più che sufficiente a garantirgli un fisico scolpito), appassionato di musica e di amici. A proposito di musica, nel suo studio ci sono decine e decine di cd di ogni genere: non mancano i giganti del rock internazionale, i cantautori della grande stagione italiana, gli interpreti, i più affermati, insieme alla mu-sica più estrema, d’élite o popolare. Una varietà im-pressionante che da sola testimonia una vivacità d’in-teressi fuori del comune.

In famiglia trascorre pochissimo tempo. Riservato, discreto, non lascia trasparire il suo mondo di fuori, soprattutto quello affettivo. Questo è l’ambito più dif-ficile da ricostruire: gli amici riferiscono di qualche storia che suppongono, ma della quale Giampiero non ha raccontato più di tanto. Certamente è stato legato per almeno un anno a una ragazza di Agrigento, Valeria, conosciuta a Perugia ai tempi del negozio in via del Roscetto (tra il 2004 e il 2006). Quando decide di tra-scorrere quindici giorni da lei, accade un fatto emble-matico che aiuta a capire il carattere di Giampiero. Un giorno, mentre ad Agrigento è in bicicletta insieme a un parente della ragazza, cade rovinosamente. Una bruttis-sima caduta, in conseguenza della quale resta in coma per tre giorni, con il volto pesantemente deturpato e in una condizione generale preoccupante. Risvegliatosi dal coma, chiede a Fabio di reggergli il gioco e non dice nulla alla sua famiglia. Solo al ritorno, con ancora sul volto i segni del trauma, dirà ai familiari, come fosse la

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cosa più naturale di questo mondo, con estrema tran-quillità, di essere stato in coma.

Lavora con passione e con generosità: l’azienda agra-ria che mette in piedi risponde al suo sogno di indipen-denza. Vuole avere « qualcosa di suo » e vi si dedica senza riserve, senza mettere tra parentesi il carattere irruento. Memorabile l’anno in cui, a causa del maltem-po che aveva danneggiato i meloni e i peperoni, prende il trattore e vi passa sopra distruggendo tutto, finendo lui quello che la pioggia aveva iniziato.

Macarena

Coltivatore di frutta e verdura, decide di diventare, dei suoi prodotti, venditore al dettaglio. Inizia così una nuova stagione della sua vita, quella di negoziante. Nel 2006, venduta l’auto, apre il primo negozio, non solo di frutta e verdura ma anche di generi alimentari, a Peru-gia, in una zona dove risiedono molti studenti universi-tari. Trasferisce in questa attività l’irrequietezza e la fantasia che lo contraddistinguono. Per meglio consi-gliare i clienti (studenti per lo più), frequenta un corso per sommelier. Comico il racconto di Fabio quando narra di loro due intenti a scegliere il vino alle sagre paesane come fossero nel ristorante più raffinato della città. Un corso per poter aiutare gli studenti a scegliere una bottiglia di vino per le loro cene squattrinate. Questo particolare fa emergere una peculiarità di Giampiero, quella di buttarsi in imprese che richiedono, in fondo, un dispendio di energie sproporzionato rispetto alla reale necessità, un buttarsi per divertimento e, soprat-

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tutto, per curiosità. Fu sempre convinto che le cose, se si sceglie di farle, vanno fatte bene.

In quegli anni si aggiunge la nuova passione del bal-lo. Insieme ad alcuni amici si iscrive a una scuola di balli latino-americani che frequenta assiduamente per due anni, una frequenza favorita anche dal fatto di aver intrecciato una sorta di relazione con la propria compa-gna di ballo conosciuta al corso.

Il negozio è oggetto delle sue cure: ogni giorno cerca di sistemare le cose in modo tale da non abituare i clien-ti alla monotonia. A suo giudizio, questo era un modo per stimolare le vendite e l’interesse. L’attività va bene, i suoi sforzi, e quelli della madre, sembrano venir ripa-gati, ma la zona dove è ubicato il negozio si rivela ben presto pericolosa. Tossici e piccola delinquenza imper-versano. Un giorno un ragazzo accoltellato in una rissa trova rifugio proprio nel suo negozio, viene protetto e nascosto da Giampiero e Caterina dietro il bancone e poi medicato. La situazione si fa pesante, Giampiero è preoccupato soprattutto per la madre che si trova spes-so sola in negozio quando lui è impegnato in consegne o commissioni varie. Lasciarla sola lo impensierisce, edè pure consapevole del fatto che la chiusura serale, con l’incasso della giornata in tasca, è un momento molto rischioso. Comincia a pensare a un trasferimento in una zona più tranquilla e approda a un locale in una frazio-ne dell’immediata periferia perugina, Castel del Piano, in forte espansione e molto ricercata come residenza dalle giovani coppie, proprio perché vicina al capoluogo e con affitti ragionevoli. Lì Giampiero sceglie di tra-sferire l’attività, in via Pirandello, a due passi dal centro del paese, dalla piccola chiesa e dalla piazza. In onore

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delle serate da ballerino, chiama il nuovo negozio Ma-carena e nel gennaio-febbraio del 2006 comincia la nuova avventura, solo come rivendita della frutta e della verdura che provengono sia dall’azienda di fami-glia, che Francesco porta avanti con dedizione e fatica, sia dal mercato ortofrutticolo all’ingrosso, dove Giam-piero si reca ogni mattina all’alba per rifornirsi della merce più fresca. Tutte le sere fuori con gli amici e il mattino, prima della luce del sole, con il suo furgoncino al mercato per iniziare la giornata che proseguirà, fino a sera, in negozio. Si instaura così una sorta di routine quotidiana che sarà repentinamente interrotta quando una suora farà il suo ingresso al Macarena.

Caterina racconta che in negozio Giampiero ogni mattina rivoluzionava la disposizione della merce espo-sta ed era molto attento che la frutta e la verdura fosse-ro sempre abbondanti per non dare l’impressione, ai clienti, di un negozio povero, poco fornito o poco cura-to. I corsi che aveva frequentato per imparare le tecniche di vendita lo avevano giustamente convinto di questa tattica. Con i clienti è sempre sorridente, cortese, senza essere sussiegoso. Si presta ad aiutare a portare la spesa, è gentile e corretto nei pesi, nelle misure, nei prezzi, così come lo è nel rendiconto economico e fiscale. Diceva che « le tasse vanno pagate, bisogna essere onesti » (Mar-co Briziarelli): questa la sua convinzione, mutuata cer-tamente da una famiglia nella quale l’onestà non era neppure in discussione, non era una scelta ma l’ovvietà.

Don Mauro Salciarini ricorda che Giampiero gli « diceva che quasi non dormiva mai. Dopo il lavoro andava nei locali, aspettava che i genitori andassero a letto e si vestiva per l’occasione. Arrivava a casa in silen-

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zio e alle cinque si alzava di nuovo e andava ai mercati generali. Conquistatore, andava all’arrembaggio. Non aveva legami con la Chiesa ».

Quello che si svolge in paese, in parrocchia o nella chiesa vicina non rientra nei suoi interessi o, meglio, non è oggetto delle sue attenzioni se non come materia di dialogo con i clienti. A Luciana, una cliente molto mat-tiniera, Giampiero chiede se quell’orario di spesa sia motivato dalla necessità di recarsi presto al lavoro. Quando la signora risponde che torna invece dall’ado-razione eucaristica fatta nella chiesa parrocchiale, lui le domanda: « E che è? ».

Con la madre, in negozio, i rapporti sono vivaci come possono essere quelli di due persone che, pur volendo-si bene, stanno gomito a gomito tutto il giorno. Entram-bi con un carattere esuberante, ironico, determinato. Caterina ricorda sorridendo le scaramucce col figlio risolte, sempre, al momento della chiusura o appena prima.

Con il trascorrere dei mesi, però, Caterina si accorge che qualcosa di nuovo è accaduto: Giampiero « era di-ventato più calmo, si arrabbiava di meno, era più buono nei miei confronti ». Mario, il padre, aggiunge: « Era molto più umano. Si preoccupava di più di noi genito-ri ». Caterina lo vedeva il mattino uscire dal negozio con il computer e andare nella panetteria vicina, dove si intratteneva con un’amica. A fare cosa, alla madre non è dato sapere. Le assenze in negozio, mai fatte fino a quel momento, cominciano a essere frequenti. Si assenta per un’ora senza dire dove va. Cominciano a entrare in ne-gozio persone che Caterina non conosce e che, più che a fare spesa, vengono a trovare Giampiero. Per la prima

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volta la madre comincia a orecchiare le parole parrocchia, comunità, Santissimo. Piano piano accade che chi va a fare spesa le dica di aver visto il figlio in parrocchia, alla messa. Lei finge di essere a conoscenza delle attività del figlio, ma a lui si guarda bene dal fare domande. Eppu-re dentro di sé registra tutto e non si lascia sfuggire niente degli scampoli di questa strana novità della vita di Giampiero che lei capta in negozio, stretta tra il de-siderio di sapere cosa stia accadendo a questo figlio, che l’ha abituata a cambiamenti e colpi di testa, e un senso indefinito di timore che le suggerisce di non approfon-dire la questione. Insomma: meglio non sapere.

A sua insaputa, tutto era iniziato, proprio in quel negozio, il pomeriggio del 13 marzo 2006.

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INDICE

Prefazione, del card. G. Bassetti pag. 7

I. senza dormire » 11Un inizio come tanti » 11Un adolescente di provincia » 15La carambola del tempo » 18

Macarena » 21

II. la rosa e la croce » 26Un giorno come tanti, diverso da tutti » 26« Dammi il tuo cuore » » 31Uno sguardo incantato dietro gli occhiali neri » 36La cellula « Santa Rita » » 41Il meno famoso, il meno « fico » » 43« Kiappece » » 46La cena di Caterina » 53

III. Gli anni in seminario » 60L’anno propedeutico » 60I formatori » 65I compagni di seminario » 70La fatica dello studio » 83Nelle parrocchie da seminarista » 89

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IV. tra un prima e un dopo pag. 95 Scheda di valutazione di don Antonio » 95 Lo Scrutinio » 96 V. il tempo Breve » 106 29 maggio 2014: il malore » 106 « Chi crede in me, anche se muore, vivrà » » 110 Il tempo s’è fatto breve » 115 VI. « la notte è lunGa e tanto fredda » » 120 Intervento delicato ma riuscito » 120 L’altare del reparto » 124 Consummatum est » 133 VII. nel momento Giusto al posto Giusto » 140 Nel segno delle nozze » 140 « Tramite Maria ora sono con il Padre » » 147 Da parte mia, grazie » 149

 

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« La storia di Giampiero è un esempio semplice di chiamata alla santità quotidiana, alla preghiera, alla riscoperta consapevole del sacerdozio.

Il suo cuore fisico non ce l’ha fatta, non ha vinto la sfida contro quella malformazione congenita per anni rimasta latente, ma ha vinto in Cristo il suo tutto: un cuore che ancora batte in ognuno di noi, nelle tante persone che hanno ricevuto da lui una parola di conforto, un gesto di amore e di pace.

In queste pagine, frutto di un lavoro di incontro dell’autrice con un numero amplissimo di testimoni che volontariamente hanno aderito a questo pro-getto, ci viene donato il ritratto di Giampiero dalla sua nascita alla rinascita in cielo: una continua riscoperta anche per me, unita alla meraviglia e allo stupore per l’opera di Dio su di lui ».

(dalla Prefazione del card. Gualtiero Bassetti)

I proventi per diritti d’autore derivanti dalla vendita di questo volume saranno interamente devoluti per la costruzione

del Complesso interparrocchiale « San Giovanni Paolo II », Unità pastorale di Prepo - Ponte della Pietra - San Faustino (Perugia).