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Lo Spirito e le Acque “…e lo Spirito di Elohim si librava sulla superficie delle acque” È il primo contatto della Potenza Divina con le “acque” della vita universale dopo l’oscurità. L’Amore Divino immanente nella Vergine Madre rifulge nei suoi occhi illuminandole tutta l’anima ( יייvolto”, questo termine indica la presenza, la persona, “colui che guarda”, da יייguardare"). Le onde primordiali generate dal Soffio dello Spirito sono piene di luce e di vita e fluendo e rifluendo si distendono su tutta la superficie del Cielo celeste. Esse sono le anime dei figli che nasceranno da Adamo-Eva dopo la scissione, nel tempo della “formazione”. La “superficie” delle acque costituisce il “Settimo cielo” detto Araboth, “la nube”. La vibrazione luminosa della Parola Divina “piovendo” continuamente genera in questo luogo l’armonia cosmica della vita universale. Il “cielo” e la “terra” per quanto distinti rimangono ancora un tutto-unità. Le “acque superiori” saranno divise dalle “acque inferiori” solo nel secondo “giorno”. A fare da divisione sarà una “distesa”, chiamata “cielo” (shamaim) e non “il cielo” (he- shamaim). Nella volta celeste Dio farà sorgere il firmamento che distinguerà le acque celesti da quelle terrestri, il trait-d’union tra la vita nel tempo e la vita nell’eternità. “L’acqua della terra è un essere degenerato e mortale come la terra stessa. Questa acqua materiale, contenuta nelle generazione esterna, è stata separata da quella inconcepibile” (Franz Hartmann –Il mondo magico di Jacob Böhme–Ed.Mediterranee). “L’acqua della vita venne separata dall’acqua della morte ma in modo che nel tempo di questo mondo esse sono unite insieme come anima e corpo” (F.Hartmann, op.cit.).

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Lo Spirito e le Acque “…e lo Spirito di Elohim si librava sulla superficie delle acque” È il primo contatto della Potenza Divina con le “acque” della vita universale dopo l’oscurità. L’Amore Divino immanente nella Vergine Madre rifulge nei suoi occhi illuminandole tutta l’anima .("guardare“ פנה volto”, questo termine indica la presenza, la persona, “colui che guarda”, da“ פני)

Le onde primordiali generate dal Soffio dello Spirito sono piene di luce e di vita e fluendo e rifluendo si distendono su tutta la superficie del Cielo celeste. Esse sono le anime dei figli che nasceranno da Adamo-Eva dopo la scissione, nel tempo della “formazione”.

La “superficie” delle acque costituisce il “Settimo cielo” detto Araboth, “la nube”. La vibrazione luminosa della Parola Divina “piovendo” continuamente genera in questo luogo l’armonia cosmica della vita universale. Il “cielo” e la “terra” per quanto distinti rimangono ancora un tutto-unità. Le “acque superiori” saranno divise dalle “acque inferiori” solo nel secondo “giorno”. A fare da divisione sarà una “distesa”, chiamata “cielo” (shamaim) e non “il cielo” (he-shamaim). Nella volta celeste Dio farà sorgere il firmamento che distinguerà le acque celesti da quelle terrestri, il trait-d’union tra la vita nel tempo e la vita nell’eternità. “L’acqua della terra è un essere degenerato e mortale come la terra stessa. Questa acqua materiale, contenuta nelle generazione esterna, è stata separata da quella inconcepibile” (Franz Hartmann –Il mondo magico di Jacob Böhme–Ed.Mediterranee).

“L’acqua della vita venne separata dall’acqua della morte ma in modo che nel tempo di questo mondo esse sono unite insieme come anima e corpo” (F.Hartmann, op.cit.). Nel Vangelo di Luca (1,35) si riscontrano delle analogie quando l’arcangelo Gabriele annuncia a Maria la nascita del Figlio di Dio: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza (la Dinamis) dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio”.

L'Infinito, Ain Sof e le 10 Sefiroth L’Infinito, l’Ain Sof. Le 10 Sefiroth.Le Sefiroth in una creazione percorrono tre condizioni: Nefesh, Ruah e Neshamah. Nel mondo di Nefesh le Sefiroth non formano Persone. Con la “rottura dei vasi” le sette cadute (i Re di Edom) si separano dalle tre Primordiali. Le Luci si mescolano con l’oscurità. Da questo caos primordiale Dio ritrasse la luce pura delle sette Sefiroth cadute per unirle alle tre primordiali e costituire il mondo increato di Atziluth.

Il mondo di Nefesh ha riferimento all’Anima Erosdinamica, al potere generativo dell’eros cosmogonico femminile e all’Opera al Nero degli Alchimisti. Nel Mondo di Ruah le Sefiroth si organizzano in cinque persone divine divise in due gruppi:

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1) Kether, l’Antico dei Giorni e i suoi attributi (il volto, la barba, capelli, ecc.);2) Chochmà, il Padre, da cui derivano le 32 Vie della Sapienza;3) Binà, la Madre, da cui derivano le 50 Porte dell’Intelligenza;4) Tifereth, il Re o il Figlio, i suoi attributi costituiti dalle Sefiroth: Chesed, Geburà, Hod, Netzah e Yesod;5) Malkuth, la Regina, la sposa del Re e i suoi attributi (il volto, i capelli ecc.) Il Mondo di Ruah è in relazione all’Anima Emotiva, alla seconda fase della creazione attuata da Dio dopo il “riposo” o ritiro in Binà, la fase della “formazione”. Corrisponde all’Opera al Bianco degli Alchimisti. Nel Mondo di Neshamah le cinque persone Divine si riuniscono in due gruppi: 1) L’Antico dei Giorni, il Padre e la Madre.2) il Re e la Regina, lo Sposo e la sua Sposa. Corrisponde alla terza fase della creazione. Unione. Opera al Rosso degli Alchimisti. Ain Sof, l’Infinito, è aldilà di ogni mondo. Le Persone costituiscono la Sfera Increata di Atziluth, e si ripetono tre volte nei tre mondi creati: Briah, il mondo del Trono, la sfera spirituale; Yetzirah, il mondo della “formazione”; Asiah, il mondo del divenire, azione-reazione. La Creazione avviene nella sfera di Malkuth ricettacolo delle Sefiroth superiori e del vuoto tenebroso creatosi dopo il ritiro della Luce. In alto i Cieli splendono della luce di Tifereth, in basso la tenebra di Malkuth avvolge la “terra”. Con il termine הארץ He-aretz, “terra”, Mosè non vuole parlare della terra-pianeta su cui viviamo, e neppure dell’elemento adamico hmda (adamah), ma di qualcosa di “denso”, di “fondo”, di caotico e oscuro rispetto ai “cieli”. ארץ (aretz) è un termine costituito dalla radice אר, che sta per אור “aor”, che significa “luce” e “fuoco”, e dalla suffissa ץ = tsadè, ( צידה= “insidia”), che conferisce al potere igneo una caratteristica oscura e pericolosa. È la terra nera, la terra feconda (aretz = poreh) generatrice del Mondo, l’eros cosmogonico femminile, la luce astrale, lo strumento dello Spirito Santo o di Satana.

BERESCHITH (Commento al primo giorno della Genesi) “In principio Iddio creò il cielo e la terra”. בראשית ברא אלהים את השמים ואת הארץ

“Il Principio”, בראשית, Be-Resith (da ראש Rash: “capo”), per creare l’Uomo Universale a propria immagine e somiglianza e rivelarsi a lui con il suo Messia, “creò” (ברא) Barà(שית), da tutta l’eternità, nel suo stesso Principio (ב-ראשית Be-Resith) e quindi della sua stessa essenza Divina, un “vestimento”, un “abito” (שית-), una “abitazione” per manifestare se stesso. Questa “abitazione” della Potenza Creatrice è “Elohim” (אלהים), “Noi Dio” (un plurale “maestatis” di la “El”, “Dio Altissimo”) ovvero “Lui - la Trinità”; …ed Elohim “creò” (ברא) (a sua somiglianza) il “cielo ( את .”(ואת הארץ) ”e la “terra (השמים

Il Principio (Rescith), ovvero la Potenza Creatrice Rinnovatrice, per creare Adamo e rivelarsi a lui deve manifestarsi e per farlo si “riveste” di una triplice Personalità.

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Queste tre Persone Divine sono i tre “Principi” (שת) dello Spirito Unico Creatore Rinnovatore. La Scin ש, iniziale di שית (“vestimento”), simbolizza il Fuoco Sacro generatore e quindi l’unità essenziale delle tre Persone Divine e la loro triplice distinzione; in particolare rappresenta il Ruah Elohim, lo Spirito Santo. Il valore numerico della lettera scin (300) corrisponde alla somma dei primi 24 numeri. La Iod י intermedia, la “mano” (iad), “il potere”, si riferisce al Figlio, la “potenza” del Padre, e al Padre stesso, perché il Figlio deriva dal Padre e non vi è Figlio senza il Padre. Il valore numerico della lettera Iod (10), corrisponde al 4 triangolare. La י e la ש formano יש, l’ “Essere” Divino rivelato. Infine la Tau ת, il “segno di croce”, emblema dell’immortalità e della completezza, della totalità e della Verità, si riferisce al Padre e al Figlio. Il valore pieno della lettera Tau 406תו corrisponde al nome divino אתה “Attà”, “Tu”; questo nome, rivela lo Zohar, designa il Sacerdote eterno secondo l’Ordine di Melchisedek. Il valore pieno della Tau (406) che corrisponde al 28 triangolare, comprende e completa gli altri due. Il significato simbolico del valore numerico di שית di (300+10+400=) 710 riferito alla Trinità Divina aggiunge altri chiarimenti. Da sinistra a destra: lo zero rappresenta l’Infinito e l’Immanifesto, l’unità il Principio della manifestazione creativa e il sette la sua Dinamica: Padre, Figlio e Spirito Santo. Inoltre il 17 per ghematria corrisponde alla somma delle iniziali “….et hashamaim vedh haaretz.”, “…il cielo e la terra”. Queste lettere: אהוה formano il “nome buono” di Dio creatore (Elohim). Da notare che l’inverso di שית, תיש, significa “becco”, “capro”, emblema delle forze diaboliche contrapposte. Il Principio Creatore, l’Archè, senza alcuna immagine, per creare Adamo a sua immagine e somiglianza, si rivelò a se stesso da tutta l’eternità come אלהים Elohim (Dio Uno e Trino). ,”la “Vita ה l’Onnipotente, la Potenza Suprema Irradiante, “il Padre”, generò da tutta l’eternità ,אל.”la “Madre Generatrice”; ed Elohim creò “il cielo” e “la terra ים e יה ”l’ “Essere”, il “Figlio הי Il Principio creò Elohim in se stesso (Barà-schith) e quindi della sua stessa essenza Divina, mentre Elohim creò fuori da se stesso, e di conseguenza non della sua stessa essenza Divina ma dal “nulla” (= quello spazio fluido adinamico circoscritto dal quale si era precedentemente ritirato), “il “cielo e la terra”. La “terra”, “ciò che sta in basso” rispetto a ciò che sta in alto, e il “cielo” rappresentano due aspetti opposti e complementari, una bipolarità nell’unità; questo dualismo caratterizzerà poi tutta laCreazione. Bisogna ricordare che con i termini שמים “cielo” e ארץ “terra”, Mosè descrive un cielo e una terra che non sono quelli che noi vediamo e comprendiamo, ma archepiti di un universo vivente, del tutto misteriosi. Il termine Shamaim, שמים (“cieli”), plurale irregolare di un supposto ymc shamai, è un vocabolo costituito da una c schin prefissa, simbolo del Fuoco (esh) e dal termine מים mim “acque”. La Schin individua per equivalenza numerica il “Ruah Elohim” ( =ריה אלהים =300ש=

200+6+8+1+30+5 +10+40 ), lo Spirito Santo. Elohim creò “i cieli” dinamizzando con il suo Fuoco

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le “acque” (מים), ovvero lo spazio fluido universale, “..e sulle acque si muoveva il Ruah Elohim” (Gen.1,2). Le “acque” universali fattesi “acque vive” per l’intervento della Potenza dell’Altissimo, divennero i “cieli”, ossia le dimensioni cosmiche, le dimore delle anime. I “cieli” sono le espressioni delle Divine Energie increate: i tre cieli superni in relazione a Kether, Chochmà e Binà, sono celati nella ש di Shamaim; i “cieli” sottostanti, in relazione a Tifereth, (il Re) e alle sue membra: Chesed, Geburà, Hod, Netzah e Yesod, sono distesi nelle “acque” מים di Shamaim; la “terra” in relazione aMalkuth (la Regina) è invece celata in ארץ aretz.

I Tre Regni Angelici “Dio volle creare un’armata angelica. Così creò Adamo ed egli doveva generare dal suo corpo creature del suo stesso genere, ma nel mezzo del tempo doveva nascere dal corpo dell’uomo il Re di tutti gli uomini, ed Egli doveva prendere possesso del nuovo regno come sovrano di queste creature, al posto del degenerato e scacciato Lucifero”. (Franz Hartmann–Il mondo magico di Jacob Böhme–Ed.Mediterranee)

Prima della creazione dell’uomo Dio creò e organizzò gli angeli in tre Regni, in relazione alle tre Persone Divine: il Regno di Michele, il più alto, il Regno di Gabriele, quello intermedio, e il Regno di Lucifero.

I Regni di Michele e Gabriele non sono mai caduti, mentre con la caduta di Lucifero anche il suo Regno precipitò nella materia e divenne la prigione degli angeli nella condizione infernale. Lucifero e i suoi diavoli formano la Gerarchia infernale in contrapposizione alla Gerarchia angelica. La Gerarchia demoniaca è in relazione alle Kelifoth, i Re di Edom, “i Re caduti”, i “gusci” o “vasi rotti” (i cadaveri), abbandonati, delle Luci Divine.

Le Kelifoth sono in contrapposizione alle Sefiroth in sintonia con la Gerarchia angelica ordinata da Dio in nove Cori al cui capo sta il Signore Gesù Cristo.

La creazione di Adamo aveva per scopo la restaurazione del Regno trascinato nella materia dalla caduta di Lucifero e dei suoi demoni divenuti fissi nel solo male. Nel tempo stabilito, dalla discendenza di Adamo, secondo una linea regale, sarebbe nato il Primogenito di Adamo e Eva (concepito nello stato di grazia), nelquale, si sarebbe incarnato il Verbo. Il Messia, il Salvatore e Liberatore dell’Umanità annunciato dai Profeti, è il solo in grado di vincere il mondo in preda al Maligno e ristabilire in forza il Regno di Dio.

Il Nun (Antico Egitto) Prima che qualunque forma di contrapposizione esistesse: il sì e il no, il più e il meno, il positivo e il negativo; prima che esistesse qualsiasi complementarità: l'alto e il basso, la luce e l'ombra, il maschile e il femminile; prima che ci fosse la presenza e l'assenza, la vita e la morte, il cielo e la terra; al di là di ogni nozione di spazio e di tempo, non c’era che un'unica, incomprensibile e

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innominabile Potenza, nuda e sola, inseparabile dal suo Nun, l'indefinibile oceano senza sponde, l'eterna ed infinita fonte degli Universi.

Il Nun venne concepito dai filosofi egizi come una sorta di fluido cosmico assai difficile da identificare, sempre associato a "Colui che è nascosto", suo unico padrone. Allegoricamente venne descritto come un pantano paludoso, una sorta di mescolanza stagnante di acqua e terra, dove vivono quattro coppie di serpenti e di rane: Naun e Naunet, che significano: "le prime acque" e "l'inerzia";Het e Hehet: "l'infinità spaziale";Kek e Keket: "l'oscurità";Amòn e Amònet: "Colui che è nascosto";Niau e Niaut: "il vuoto". Questi significati, che indicano le caratteristiche principali del Nun, consentono di definirlo come "uno spazio infinito (Het e Hehet), fluido e adinamico (Naun e Naunet), il vuoto (Niau e Niaut) che in principio era coperto da una tenebra (Kek e Keket), che nascondeva il volto di "Colui che è nascosto" (Amòn e Amònet). Il Nun è dunque il "Nulla", lo "Zero assoluto", "il Vuoto", privo di qualsiasi forma, che con la creazione verrà illuminato dalle divine Energie increate (Neteru) di "Colui che è nascosto", il Deus Absconditus (Atùm) che si rivela come vita e come luce. Il grande mistero della Creazione, il "passaggio" dal nulla all'essere, viene realizzato dalla Potenza Originaria che dall'Uno produrrà i Molti. Il primo impulso è una proiezione dell'Amore (Eros) del futuro Creatore, che vuole conoscere (=amare) Se stesso e realizzare la consapevolezza di Sé con l'atto creativo e rivelativo.

L'Anno Sabbatico o Shemittà Dio crea il mondo per mezzo delle sue divine Energie increate chiamate Sefiròth. Le tre Sefiròth superiori, che compongono il coro superno, rimangono celate e non attivano mondi al di fuori di se stesse. Dalla Sefirà Binà, chiamata anche "la Madre del Mondo", emanano le sette Sefiròth apprendibili ed espansive dette "di costruzione" (del Mondo): Chesed, Gheburà, Tifereth, Netzà, Hod, Yesod e Malchut. Ognuna di queste Sefiròth ha un ruolo particolare nel ciclo che rientra nel suo dominio, che è influenzato dalla sua natura specifica. Ciascun ciclo cosmico legato a una delle sette Sefiròth è chiamato Shemittà o "Anno Sabbatico" (Deut.15) ed ha una vita attiva di 6.000 anni. Nel (alla fine del) settimo millennio, che è il periodo della Shemittà detta il "Sabbat del Cielo", le Divine Energie increate cessano di operare e il Mondo ritorna nel caos per 1.000 anni.

Si completa così un ciclo di 6.000+1.000 = 7.000 anni, che corrispondono ai 6+1= 7 giorni della Genesi (Salmo 90:4 cfr. 2Pt.3:8). Successivamente il Mondo viene rinnovato tramite il potere della Sefirà seguente, che rimane attiva per il nuovo ciclo, e così via sino all'ultima Sefirà, la Shemittà detta "il Settimo Anno", quando la Terra riposa e si rinnova.

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Alla fine di tutte le Shemittòt vi è "il Grande Giubileo", quando non soltanto i Mondi inferiori ma anche le sette Sefiròth di sostegno vengono riassorbiti in Binà, detta per l'occasione "il Giubileo Superno", in cui tutto emerge nella sua libertà e ritorna alla sua fonte e perciò (Binà) è chiamata anche Teshuvah , "Ritorno". Ogni ciclo ha una durata di 7.000 anni. Nei primi 6.000 anni di ogni periodo il mondo rimane sotto il dominio di una delle 7 Sefiròth inferiori, e torna nel caos nel settimo millennio. Durante il periodo intermedio le Sefiròth attive non si fanno sentire e il mondo passa al rinnovamento sotto il dominio della Sefirà successiva a quella che aveva dominato il periodo precedente e via così. Dopo 49.000 anni o 7 Shemittòt si verifica il Giubileo del mondo. Ogni cosa ritorna nel nulla dal quale era stata tratta e segue una nuova creazione che utilizza il residuo lasciato dalla precedente. Dopo un certo numero di Giubilei il mondo termina, o non termina, solo Dio lo sa. Attualmente siamo sotto il dominio di Gheburà, "la Giustizia". Il periodo sarebbe iniziato dal momento della consegna della Legge a Mosè. Attualmente siamo nell'ultima Shemittà del presente periodo del Giubileo. Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLE SHEMITTOT COMMENTO AL SALMO 90" in La Dottrina delle Shemittot

Clemente Alessandrino e l'Apocatastasi Clemente d'Alessandria in un commento al Salmo 19 descrive "le celesti ascensioni" delle anime dei giusti. I "Cieli" rappresentano le Gerarchie angeliche che, a partire dai Protoctisti, "coloro che furono creati per primi" (i Primogeniti) da Dio e più prossimi al Verbo, trasmettono l'energia divina all’umanità nelle varie fasi della storia della salvezza; Dio per mezzo loro stabilì le sue "Alleanze": con Adamo, Noè, Abramo, Mosè, attuate mediante l'energia dei Protoctisti. «Mossi mediante il Signore, gli angeli Protoctisti attuavano le alleanze nei confronti degli angeli immediatamente vicini ai profeti, "narrando la gloria di Dio"» (cfr. Clemente Alessandrino, Estratti Profetici, Nardini Ed.) Dopo aver accennato alla relazione tra astri e angeli, San Clemente passa ad esporre in sintesi la progressiva ascensione dei giusti, che si può definire una gerarchizzazione di coloro che "crescendo" in grazia, amore e sapienza, vanno gradualmente ad occupare di volta in volta i gradi progressivi (Cori) della Gerarchia angelica. Dagli angeli ricevono di volta in volta (con l’alleanza) una misteriosa preparazione, un perfezionamento della loro natura che consiste in una assimilazione delle qualità angeliche sì da trasformarsi da uomini quali erano in "coloro che sono simili agli angeli" (isanghelos), fino a raggiungere il supremo riposo nella perfetta contemplazione di Dio, salvezza definitiva, che San Clemente d'Alessandria con Origene chiama Apocatastasi.

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Nel Sole c'è un angelo con compito direttivo. È stato ordinato "per il dominio dei giorni" come la Luna lo è "per dominate la notte": e ad essere chiamati "giorni" furono gli angeli. I "giorni" sono i "giorni di 1000 anni", ognuno dei quali è dominato da un Angelo diurno, e tutti fanno capo all'Angelo del Sole. Se ne deduce che anche le "notti" sono governate da un Angelo che sta nella Luna, a cui fanno riferimento gli angeli notturni che governano le notti cosmiche. 1000 anni rappresentano la durata di un periodo di istruzione e assimilazione delle qualità proprie di un Coro angelico. «I giusti prenderanno posto con gli angeli che sono col Sole (il Sole è un'unità in quanto "capo del corpo" che è uno), destinati ad essere per un certo periodo anche loro dominatori dei giorni: così l'Angelo che è nel Sole andrà nel luogo superiore, in cui era passato quello che prima di lui era nello stesso luogo. E, destinati di nuovo a salire, nel loro progresso, giungeranno alla prima dimora. Ma il signore pose (in tempo passato) gli angeli protoctisti, perché non svolgano più il servizio definito dalla provvidenza, ma siano in riposo e attendanoesclusivamente alla contemplazione di Dio: e coloro che sono immediatamente vicini a questi progrediranno fino a raggiungere il rango che quelli hanno abbandonato, e così analogamente quelli che sono sottoposti.

Secondo l'apostolo, coloro che occupano il grado più alto dell’ "apocatastasi", sono Protoctisti: i Protoctisti, pur essendo potenze, sono probabilmente "Troni", perché Dio riposa in loro come anche nei credenti. Ciascuno, a seconda del proprio progresso, possiede un'appropriata gnosi di Dio, in virtù della quale Dio riposa in lui,perché chi lo ha conosciuto con la "gnosi" è divenuto eterno. E forse il detto: "Nel Sole pose la sua tenda" va inteso così: la pose nel Sole (helios), cioè nel Dio, nell'El, ossia Dio, come nel Vangelo c'è "Elì, Elì" al posto di "Dio mio, Dio mio". E ciò che è "al di sopra di ogni dominazione, potestà e potenza e di ogni nome che possa essere nominato" sono gli angeli e gli arcangeli, che, da uomini quali erano, sono stati resi perfetti sì da divenire angeli "Protoctisti". Coloro che da uomini si trasformano in angeli per mille anni sono discepoli degli Angeli, per costituirsi nella perfezione; poi quelli che hanno insegnato si mutano in Arcangeli, mentre quelli che hanno appreso fanno da maestri a coloro che da uomini si trasformano in Angeli: quindi, in tal modo, nei periodi stabiliti sono costituiti nelrango angelico, loro appropriato, "del corpo"» (Clemente Alessandrino, Estratti Profetici, Nardini Editore). Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLE SHEMITTOT COMMENTO AL SALMO 90" in La Dottrina delle Shemittot

SALMO 90: I 1000 anni

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4- Perché mille anni agli occhi tuoi (sono) come il giorno di ieri quando è passato e una veglia nella notte. Il versetto spiega il perché dell'affermazione fatta in quello precedente, che in sintesi dice: "Fai ritornare l'uomo in polvere, e poi lo ricostituisci..... " a cui segue: "perché sono trascorsi 1000 anni (che costituiscono la durata di) un giorno (o ciclo cosmico)". Dopo il "giorno" sopravviene la "notte", ossia la "morte" di ciò che è corruttibile, la "dissoluzione" delle forme. Dopo la "notte" seguirà un nuovo "giorno", un nuovo atto creativo, come afferma la Scrittura: "e poi fu sera e fu mattina" (Gen.1:5). Dio impiega 6 "giorni" di "1000 anni" per compiere "l'Opera delle sue mani", che con il settimo, quello che Dio consacrò al "riposo", formano il settenario completo della manifestazione creativa e rivelativa.

Ognuno dei 6 cicli è composto di due parti: una diurna e l'altra notturna. Quella diurna è attiva e operativa, quella notturna è di contemplazione, di assimilazione di ciò che è stato fatto durante il giorno. 1000 anni agli occhi di Dio sono come un "giorno"... (come) "un turno" di veglia nella notte". La parola שנים "anni" contiene l'idea della ripetizione, della moltiplicazione, e della trasformazione di una unità (שנה). In questo caso l'unità è rappresentata da un singolo anno che equivale ad un "giorno". 1000 anni corrispondono dunque ad un ciclo spazio-temporale completo o "giorno", l'unità iniziale. L'apparente "frantumazione" del giorno-unità nella "molteplicità degli anni" è dovuta al potere generatore e moltiplicatore dell'unità che opera una trasformazione continua di se stessa rivelandosi in un "ciclico divenire", ossia nel tempo ciclico o anno, da annus, anello, la "ruota dell'esistenza".

anno" significa anche "sonno"; infatti gli "anni" del divenire cosmico non marcano mai il"שנהpresente, il presente eterno dello spirito, ma il susseguirsi del tempo in un ciclo suddiviso in tante frazioni, il ciclo della grande illusione (Maya), per cui "sonno" (dello spirito) e anno sono in questo caso equivalenti. I "1000 anni" rappresentano la durata di un "giorno" divino durante il suo svolgersi nel tempo e nello spazio universali. L'inizio e la fine di questa durata o manifestazione del "giorno", coincidono in un punto (origine del giorno) fuori dal tempo e dallo spazio, situato nell'eterno presente sotto gli occhi di Dio, che vede tutto il ciclo di "1000 anni" iniziare, svolgersi e finire simultaneamente, come "il giorno di ieri quando è passato e (come) un turno di guardia nella notte". Agli occhi di Dio il ciclo di 1000 anni è come il giorno di ieri, che essendo già passato, non fa mai parte del presente, rappresentato dal "giorno di oggi", la condizione dalla quale Dio vede tutto insieme. Questo giorno di oggi rappresenta il futuro degli esseri che vivono in uno dei cicli o "giorni" di "mille anni" del divenire cosmico. Per arrivare al loro "futuro" (il divino presente), gli esseri che vivono nel "giorno di ieri" devono superare l'intervallo che si frappone tra il giorno di "ieri" e quello dell'oggi: la notte.

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Essi devono vegliare tutta la notte coprendo i turni di guardia, perché l'addormentarsi farebbe ripiombare le loro coscienze in un nuovo ciclo di 1000 anni. La "veglia perenne" è una condizione divina, la condizione da cui Dio vede il susseguirsi del "giorno" e della "notte" simultaneamente. Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLE SHEMITTOT COMMENTO AL SALMO 90" in La Dottrina delle Shemittot

Mosè Il nome ebraico משה Moshè (probabilmente un adattamento dell'egiziano mesu che significa "fanciullo", "figlio") ha assonanza con il verbo ebraico משה "salvare", "trar fuori" (dall'acqua), per cui potrebbe significare "Colui che è stato salvato (=tratto fuori) dalle acque", ipotesi confermata dalla Scrittura. La figlia del Faraone mette il nome Moshè al fanciullo "poiché - ella esclama - dalle acque lo salvai!" (Es.2:10).

Dalla stessa radice del verbo "salvare" (= trarre fuori dall'acqua) מש ה, è formato il verbo מש- ה "ungere con olio", "consacrare", "tingere di rosso", da cui derivano משחה "unzione", e il sostantivo ."Mashiiah, o "Messia", "l'Unto (di Dio)", in greco Christos, in italiano "Cristo משיח Il Cristo è lo stesso Salvatore, Gesù, battezzato da Giovanni. Da un punto di vista esoterico "salvare" e "consacrare" sono complementari tra loro e si spiegano a vicenda. Colui che è stato salvato (dalle acque) è colui che è stato consacrato (con l'olio); colui che è stato consacrato è colui che è salvato (= tratto fuori) dalle acque, ossia "battezzato". Colui che è stato battezzato poi battezza a sua volta. Moshè è dunque colui che è stato salvato dalle acque dalla Provvidenza divina (la figlia del Re), l'Unto di Dio, che poi a sua volta consacra, ossia salva, il Popolo Eletto traendolo fuori dalle acque del Mar Rosso. Mosè è il Profeta che per primo annuncia la venuta del Messia: "Il Signore vostro Dio farà sorgere fra voi, vale a dire fra i vostri fratelli, un Profeta come me... E chiunque non lo ascolterà, sarà sterminato" (cfr. Atti 3:22; Deut.18:15-19). Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLE SHEMITTOT COMMENTO AL SALMO 90" in La Dottrina delle Shemittot

La Redenzione e il Messia La redenzione è il processo nel quale operano simultaneamente Dio dall'alto e l'uomo, che partecipa attivamente al piano salvifico divino, dal basso. L'Essere divino e l'essere umano s'incontrano: Dio elegge l'uomo suo Sacerdote in eterno e il Sacerdote lo consacra per sempre Re del suo Regno dando così l'ultima forma al suo stesso Creatore.

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L'anima segreta del processo storico evolutivo è l'ascesi mistico-iniziatica che prepara l'avvento del Messia, il Salvatore del mondo, per mezzo del quale avverrà la restituzione finale di tutte le luci disperse in esilio nel mondo della materia. Pertanto dipende dalla libera decisione dell'uomo accelerare questo processo o prolungarlo. Ogni azione dell'uomo è quindi in relazione con questo compito finale che Dio ha attribuito alla sua creatura. Così come in principio Dio creò l'Uomo con il processo dello Tzimtzùm, prima occultandosi e poi rivelandosi a quel vuoto di potere (il cuore dell'uomo) come Uomo Celeste, allo stesso modo l'uomo prepara nel deserto la via al Signore che deve tornare nella sua Gloria, ritirando la propria coscienza da sè in se stesso, astraendosi da tutto per separare così la sua luce intellettiva e volitiva dalle tenebre esteriori concentrandosi in un punto segreto del suo essere per amare Dio con tutto il suo cuore, con tutta la sua mente, con tutta la sua anima e con tutte le sue forze, e il prossimo suo come se stesso...e i nemici, per rinascere per Grazia divina nel Punto di Luce del Cuore di Dio, Cuore dell'Universo. L'energia divina riempirà allora il Tempio stabilendosi con la sua sovrabbondante luce e tutto quello che era stato perduto sarà cento volte ritrovato. Ogni vuoto sarà colmato. Ogni oscurità dileguata. E sarà arrivato il tempo della venuta del Messia, il Dio Vivente, che come il Sole sorgerà in tutto il suo splendore nelle profonde oscurità della rinnovata coscienza salvando l'uomo dalla morte donandogli gratuitamente la sua Vita Eterna. La discesa del Messia è così il sigillo definitivo di questo processo di redenzione (Tiqqùn) e di restaurazione del Regno, e la via verso la fine di ogni cosa; la conclusione della creazione è al tempo stesso la via verso un nuovo principio, una nuova creazione (Palingenesi) e la dottrina dei misteri della creazione (Berescith), della provenienza di ogni cosa da Dio, diviene così la dottrina della redenzione, come ritorno di tutte le cose al loro originario contatto con Dio per un nuovo principio. Questa via è la via dell'ascesi mistico-iniziatica prospettata dall'Archeosofia, il filo d'Arianna per mezzo del quale l'asceta, l'uomo cristico, supera i pericolosi guardiani per procedere dall'oscurità alla Luce, sua unica meta.

La Redenzione sarà vicina quando l'abominio della desolazione sarà visto stare nel luogo santo, quando l'indumento dell'infamia sarà calpestato, quando la macchia sarà cancellata, quando le vesti saranno lavate nel sangue dell'Agnello, quando l'unità del Nome Sacro sarà ripristinata e Iod-He e Vau-He saranno riunificati inYod-He-Shin-Vau-He. Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLA ROTTURA DEI VASI" in La Genesi Svelata

L'Adam Kadmon e L'Adam ha-Rishon L'uomo prima del peccato originale è l'essere cosmico che comprende e compenetra in sè tutti i mondi, e il cui rango spirituale è più alto del più eminente degli angeli.

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L' 'Adàm ha-Rishòn, l'uomo creato, corrisponde sul piano antropologico all' 'Adàm Qadmòn, l'Uomo Increato sul piano ontologico, pertanto essi sono in una stretta relazione. L'uomo terreno è la veste o il vaso dell'Uomo Celeste. Dal momento che Adamo comprendeva in sé tutto il creato, cadendo doveva necessariamente trascinare tutto con sè.

Il dramma dell' 'Adàm Qadmòn sul piano mistico si ripete con eguale ritmo nel dramma dell' 'Adàm ha-Rishòn sul piano terreno. Tutto si frammenta e cade ed è ridotto ad una «condizione di piccolezza». Il peccato originale ripete su un piano inferiore la rottura dei vasi con la conseguente involuzione caotica: niente rimane al suo posto, nulla resta come sarebbe dovuto essere, e più niente è nella sua debita sede. La luce spirituale della Shekhinà piomba nell'oscurità del mondo demoniaco e la mescolanza del bene e del male dovrà subire una nuova separazione seguita dalla riassunzione degli elementi della luce e il loro ritorno alla condizione precedente. Adamo era un essere spirituale che comprendeva il mondo spirituale di 'Asiyà ('Etz Chayyim). In seguito al suo peccato precipitò e si mescolò con il dominio inferiore delle Qelipòth. Così non solo si costituì il mondo in cui viviamo, ma anche l'uomo come essere composto di materia e spirito, che da dominatore e signore del creato divenne un'essere dominato dalla Legge che governa i destini. Con il peccato di superbia e l'instaurazione del dualismo cosmico, la bilancia umana squilibrata perdette il dono della vita eterna per assumere il peso della reincarnazione (Ghilgul). Quando l'Infinito, il misterioso En-Sof, si manifestò attivando le sue luci increate, lo fece con una creazione indefinita che si viene gradualmente a realizzare con creazioni successive, ciascuna delle quali è un'immagine parziale di quelle che la precedono. Ogni creazione ha così tre gradi di sviluppo chiamati mondo di Nefesh, mondo di Ruah e mondo di Neshamah. Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLA ROTTURA DEI VASI" in La Genesi Svelata

Il Tiqqùn o la Restituzione dei Vasi La rottura dei vasi rappresenta un evento decisivo nel processo della creazione e il procedimento per ristabilire la condizione originaria, il tutto originario, la Grande Opera degli Alchimisti, fu chiamato dai Cabbalisti Tiqqùn. La redenzione diviene il fine dell'evoluzione cosmica, ed i segreti per realizzare il suo compimento costituiscono i principali misteri della Dottrina Segreta d'Israele.

Prima della rottura dei vasi, nei vari stati corrispondenti alla manifestazione divina sotto l'aspetto di 'Adàm Qadmòn, le luci delle Sefiròth non sono ancora distribuite in maniera organica e quindi non hanno assunto alcuna determinata configurazione di carattere personale: esse sono ancora riunite in una sola ed unica luce. Dopo la rottura dei vasi, dal centro della fronte dell' 'Adàm Qadmòn scaturì un nuovo raggio di luce che riunificò gli elementi disordinati restituendo loro nuovi vasi. Così, per il potere plasmatore e ordinatore della Sapienza e dell'Intelligenza divina, le luci si organizzarono in configurazioni armoniche, immagini gloriose nelle quali si rifletteva lo stesso 'Adàm Qadmòn, l'Uomo Archetipico, secondo certi aspetti definiti, per cui ogni Sefirà si trasformò

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da un generale attributo di Dio in ciò che i cabbalisti chiamano Partzùf, ovverosia in un volto glorioso. Le potenze latenti in ogni Sefirà, sottoposte sempre più all'influenza del principio organizzativo e formativo emanato, sono trasformate in modo che in ognuna di esse appaia l'intera Personalità di Dio, ma in ciascuna secondo una ben determinata espressione. Il Dio che ora si manifesta è il Dio Vivente, il Dio Personale, la meta degli asceti cabbalisti, che rappresenta molto di più del nascosto En-Sof. È il Dio che si realizza come Persona compiuta nel processo del Tiqqùn e che gradualmente si rivela con i suoi volti luminosi all'asceta che purificandosi gradualmente ascende dalla terra al Cielo. Nel processo del Tiqqùn, la restaurazione delle luci divine ai loro legittimi posti, i diversi aspetti con i quali la Divinità si manifesta emanano l'un l'altro, concepiti come persone. Vi sono quindi cinque Persone o configurazioni importanti. Dove le potenze della pura Sapienza e dell'Amore divino sono unite insieme, ivi, secondo lo Zohar, sorge la configurazione 'Arìkh 'Anpìn che vuol dire il «Volto Lungo», ossia Dio longanime e misericordioso, il Santo Anziano. Le Sefiròth Chokhmà e Biná, la Sapienza e l'Intelligenza, sono divenute i Partzùfim del Padre e della Madre, 'Abba e 'Imma. Le sei Sefiròth inferiori, dette di costruzione per la loro importanza nel processo cosmico, ora in armonico equilibrio, sono configurate in un unico Partzùf, chiamato Ze'ir 'Anpìn, ossia il «Volto Corto», il Dio Vivente, Signore e Re dell'Universo, che in relazione con il Longamine, è definito l'Impaziente. La decima e ultima Sefirà viene configurata in Rachel, la sposa del Re.

Lo Ze'ir 'Anpìn, «il Santo, che sia lodato» dello Zohar, l'agnello nato dal grembo della madre celeste, e la Shekhinà, nome dato alla decima Sefirà configurata in Rachel, costituiscono due persone distinte finché il processo della redenzione non sia ultimato. Solo a quel momento si realizzeranno le nozze mistiche e il Re e la Regina seduti sullo stesso Trono diverranno una sola unica personalità pienamente sviluppata, ovverosia la figura androgina del Dio Vivente che nel processo del Tiqqùn è plasmato nella sostanza della luce increata dell'En-Sof. Dopo la rottura dei vasi, quando incominciò il processo della redenzione, l'ultima Sefirà si riorganizzò nella sposa celeste, ripristinando la sua potenza, e si sarebbe realizzata la completa riunione con lo Ze'ir 'Anpìn, ma a causa di un atto indicato come la diminuzione della luna (kénosis), per la seconda volta essa perdette parte della sua sostanza ('Etz Chayyim). Di nuovo con la creazione dell'Adamo terreno il Tiqqùn era sul punto di realizzare il suo compimento e i mondi erano quasi in procinto di tornare alla condizione originaria: se Adamo non avesse peccato, nel sesto giorno, la redenzione definitiva si sarebbe realizzata grazie alle preghiere e alle azioni spirituali e sarebbe cominciata l'eterna Shabbàth e tutto sarebbe ritornato alla prima radice. Ma la caduta di Adamo nuovamente distrusse l'armonia e provocò la rovina di tutti i mondi creati, costringendo ancora unavolta la Shekhinà all'esilio. Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLA ROTTURA DEI VASI" in La Genesi Svelata

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La Rottura dei Vasi e le Forze del Rigore I vasi o le sfere corrispondenti alle prime tre Sefiròth accolsero e contennero la loro luce, mentre la luce delle sei Sefiròth inferiori eruppe subito all'esterno, perchè era troppo forte e i vasi troppo deboli per contenerla, tanto che si ruppero e finirono in frammenti. La stessa cosa accadde, anche se in proporzioni più modeste, col recipiente della decima ed ultima Sefirà. Si vennero così a costituire delle differenziazioni che segnarono l'inizio di un ordinamento del plasma cosmico.

Tre principali suddivisioni o condizioni della sostanza universale incominciarono a distinguersi nell'ardente mare della vita primordiale dell'Universo: la prima, la più elevata e stabile, fu formata dalle tre sfere contenenti la luce delle Sefiròth superiori; la seconda, quella mutevole, dai frammenti dei vasi delle sei Sefiròth inferiori mescolati con le scintille di luce; la terza, quella inferiore, fu formata da una sola sfera parzialmente instabile contenente la luce della decima Sefirà. La dottrina della rottura dei vasi si ritrova nello Zohar dove si parla della distruzione di mondi che precedettero l'esistenza del mondo attuale. Questo mitico evento è messo in relazione con i re che edificarono una città e morirono, i Re che regnarono in Edòm (Gen. 36); Edòm significa il regno del rigore, ossia il tempo primordiale in cui il mondo era sotto il dominio delle forze della rigorosa Giustizia (Din) non [ancora] riequilibrate dalle forze della Compassione, per questo fu distrutto. La sussistenza del mondo, secondo il Sifra Zeniutha, il Libro del Mistero, è resa possibile soltanto dall'equilibrio dei contrari, simbolizzato dal librare della bilancia. Il Libro del Mistero è il libro che descrive il librarsi della bilancia.Prima che la bilancia fosse, la Faccia non guardava la Faccia.E i primi re morirono, e i loro alimenti più non si trovarono e la Terra fu desolata.Questa bilancia è sospesa nel luogo che non esiste. La Bilancia divina è la coppia Dio Padre-Madre, che genera ab æterno il Figlio. I piatti della bilancia della sfera superna sono la Sapienza e l'Intelligenza di Dio dalle quali derivano le vie e le porte che danno l'accesso al Trono. Esse hanno il loro equilibrio nella Volontà divina, la splendente Corona di Dio. Nella sfera inferiore i piatti della bilancia con la quale furono pesati i re che più non si ritrovarono, i re di Edòm, sono rappresentati dall'Amore e dal Timore di Dio. Edòm rappresenta le forze della materia in opposizione ad Israele, lo Spirito. La prevalenza delle forze del Rigore rompe l'equilibrio instaurando l'Età nera, l'Età della discordia. Ecco la ragione per la quale in questo periodo niente riesce a sussistere in una forma stabile e organizzata, e la terra era informe e deserta. Questa condizione di caos durerà fino a quando la Volontà divina (Kether) non abbia preparato e comunicato vesti d'onore, il che equivale alla restituzione di nuovi e infrangibili vasi e al ristabilimento dell'equilibrio della bilancia. Le forze di Din, che sono le medesime di Gheburà e di Pachad, il Terrore o Tremore di Dio, le forze della mano sinistra di Dio, hanno il loro complemento nelle forze della Grazia o dell'Amore divino, le forze della mano destra di Dio. L'azione purificatrice di queste forze antitetiche e complementari equivale ad un battesimo di acqua (Grazia) e di fuoco (Giustizia), quest'ultimo più efficace e risolutivo del primo.

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Le potenze della Giustizia e dell'Ordine vigilano che tutto nel processo cosmico si sviluppi nei limiti imposti dalle leggi divine, limiti a cui lo stesso Creatore, creando per amore della sua creatura, volontariamente si sottopone. Quando queste forze agiscono nei confronti di qualcosa o di qualcuno possono assumere l'aspetto impersonale delle forze scatenanti gli elementi della natura o l'aspetto personalizzato di guardiani incorrompibili e severi, capaci di causare uno spaventoso e terapeutico turbamento nell'interiorità degli impuri colpevoli per ricondurli nel proprio limite incautamente infranto. Essi rappresentano le Potenze della mano sinistra di Dio, oscuri guardiani che vigilano i confini delle sfere per respingere chi voglia oltrepassarli senza essere qualificato. Sono i Principati e le Potestà, i dominatori del mondo tenebroso, gli spiriti del male che abitano le regioni celesti (Ef. 6:12), i giganti che l'atleta del Cristo deve vincere per riconquistare la luce. Essi sono i guardiani delle porte dei sette santuari che dal fondo dei cieli consentono di salire sino al Trono dell'Eterno. Il fondo dei cieli è tutto pieno di perle, di diamanti, di zaffiri, e di smeraldi incastonati in esso: il loro fulgore attraversa tutti i cieli, e dal loro splendore i sette cieli sono attraversati. E lo splendore della sfera del sole, a confronto del loro splendore, è come la luce di una candela paragonata alla sfera del sole, e ogni cielo è pieno di un immenso fulgore, derivato dal loro splendore, come il cielo è pieno del fulgore della sfera del sole che riempie e illumina tutto il mondo. E non solo questo, ma quattro mura di fuoco li circondano nell'alto dei cieli. E perfino i grandi principi che si chiamano col nome di angeli HWYH, HWYH, Nome Glorioso e terribile, non possono guardare lo splendore dei muri che sono di fronte al Trono. Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLA ROTTURA DEI VASI" in La Genesi Svelata

Il Fuoco Celeste e le Acque dell'Abisso Il fuoco celeste interagendo con le acque dell'abisso (tehom), il vuoto di luce, la terra informe composta dall'elemento solido e da quello liquido mescolati caoticamente insieme, ruppe con il suo calore il legame che li univa separando le acque dalle acque. La polarizzazione della massa informe originaria indusse a sua volta una reazione turbolenta sugli elementi frantumati e polarizzati che rifluendo caoticamente in alto e in basso originarono un turbine o doppio vortice primordiale. In questo procedimento le scintille di luce si mescolarono in modo caotico con i frantumi della materia, dando origine all 'Olàm ha- Tòhu, il mondo della confusione e del disordine governato dalle leggi del caos, il mondo deserto (Tòhu) apparso con l'evaporazione delle acque, la terra infuocata dal soffio ardente del Signore (Is. 40:7). L'energia divina increata dinamizzò lo spazio fluido adinamico circoscritto increato per induzione, rimanendone sostanzialmente distinta, per cui le sostanze in gioco nell'Universo sono due, distinte tra loro ed esistenti su piani diversi: una increata, l'energia divina, la luce emanata dal sole occulto, e l'altra creata, completamente dipendente da quella increata. Si tratta della materia prima formata dal nulla spaziale, il vuoto in cui si propaga la luce, lo zero assoluto, ovvero lo spazio fluido adinamico e circoscritto reso dinamico dal potere della luce.

Con la creazione Dio porta all'essere dal nulla spaziale le prefigurazioni preesistenti nella mente divina iniziandole nel tempo tramite le sue divine energie increate, le Sefiròth, le mani di Dio, luci

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plasmatrici e principi ordinatori che strutturano la materia prima secondo il modello che esse stesse rappresentano. Così, dopo aver dato luogo alla eterogeneità primordiale, le Sefiròth, secondo un ordine stabilito sin dal principio, organizzano gradualmente il caos originario, la mescolanza turbolenta di energia e materia, in un cosmos fatto di forme e di rapporti puri. I frammenti, punti o unità di materia, muovendosi caoticamente danno luogo a forme informali particolari e più o meno complesse, che si formano e mutano continuamente l'una nell'altra in un insieme instabile e caotico il cui aspetto è «frattale», ossia «frantumato». Queste geometrie frattali sono formate dalle linee di forza vorticosa su cui si muove la materia, sono le immagini particolari dei sistemi dinamici materiaenergia, sono i frammenti dei vasi rotti, i vasi che dovevano contenere la luce delle Sefiròth inferiori. Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLA ROTTURA DEI VASI" in La Genesi Svelata

La Corona di Dio e Le Sefiroth Dalla Corona fiammeggiante del Dio Vivente proruppero tutte le luci delle Sefiròth, ma in uno stato di unità, perchè in tale libera condizione non avevano bisogno di forme che le contenessero e le separassero tra loro distinguendole. Una sola ed unica bianca luce increata senza alcuna forma risplendeva nell'oscurità dello spazio cosmico primordiale.

Per dispiegare dall'unità la molteplicità delle luci, processo necessario per creare dal nulla il mondo ad immagine di Se stesso, Dio fece procedere dalla luce originaria due luci principali, due qualità divine essenziali. Si tratta di una scissione dell'unità essenziale che polarizzandosi in due aspetti complementari forma un ternario stabile ed equilibrato. Da Binà deriveranno poi le altre sette (sei + una) Sefiròth. Così la bianca luce fulgente della Corona di Dio, Kether Helion, si propagò dalla fronte e dalla bocca dell'Uomo Celeste; poi, come quando un raggio di sole attraversando un cristallo si scinde in ottave di sette colori, la luce increata, emanando dagli occhi fiammeggianti di Colui che fu visto simile a figlio d'uomo, si dispiegò in sette qualità di luce che formarono l'ottava dell'energia della creazione. Le luci delle Sefiròth separandosi si distinguono assumendo una caratteristica individuale, un colore proprio, che è una forma con la quale rappresentano la propria qualità e con la quale possono comunicare e stabilire delle relazioni informando così la materia per far evolvere nello spazio e nel tempo la vita e la forma universali. Quando tutte le luci e le loro forme saranno armonicamente connesse e perfettamente ordinate, costituiranno una sola ed unica uni-totalità nell'immagine di Dio che si specchia in tutto. Questo accadrà alla fine del processo cosmico che instaurerà il nuovo principio. Però, dopo l'inizio del processo creativo rivelativo, le sette luci inferiori propagandosi nello spazio-tempo, a differenza delle tre superne che formano una equilibrata e stabile triunità, in un primo

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tempo non possono mantenere l'armonia dei rapporti, di conseguenza l'equilibrio si rompe, la forma armonica dell'insieme si frammenta e le singole parti entrano in un movimento caotico. Perduta la coesione originaria dovuta all'armonia dei rapporti dell'insieme delle luci, anche ogni singolo raggio, non potendo mantenere la continuità atemporale con gli altri, a sua volta si divide e si moltiplica in un numero indefinibile di parti, che sono le unità o punti di luce apparenti del divenire. La molteplicità turbinante di scintille di luce è il mondo delle luci puntiformi, 'Olàm ha-Nequdòth, la sfera turbolenta dell'esplosione primordiale. In questo tempo cosmico si vengono così a formare due divisioni o forme cosmiche fondamentali. La prima è quella determinata delle tre Sefiròth superiori, quella che contiene l'immagine e la somiglianza della Trinità formata dalle tre luci o principi superiori. In questa triplice sfera la vita divina e la forma materiale formano una armonica e stabile relazione sinchè dura il processo cosmico involutivo-evolutivo, poi, con la fine della creazione, l'essenza della luce sarà libera e completamente separata dalla forma creata divenuta senza-senza forma. La seconda forma o contenitore cosmico è invece quella instabile e caotica determinata dalla rottura dei vasi delle Sefiròth inferiori, dette «di costruzione» perchè sono le colonne infrante del Tempio cosmico di Dio, colonne che dovranno essere restaurate nella forma corretta per edificare la dimora della Sapienza (Pr.9:1). Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLA ROTTURA DEI VASI" in La Genesi Svelata

L'Abisso o Theom Con il termine Theom (תהום) (confr. l'assiro tiâmatu (tâmto) «mare») s'intende l'«abisso delle acque», il flusso caotico e turbolento o «vortice primordiale» che identifica il «vuoto» o il «deserto» ossia lo spazio nudo svuotato di luce, spazio fluido adinamico circoscritto reso dinamico per (תהו)induzione dall'energia dell' Assoluto. È la «materia prima» universale, la «materia vergine», sostanzialmente distinta dalla luce increata.

"Abisso - scrive S.Clemente d'Alessandria - è ciò che è indefinito secondo la propria sostanza, ma che viene portato a completezza mediante la potenza di Dio. Pertanto le essenze materiali, da cui hanno origine i generi particolari, e le loro specie, sono state dette abissi perchè (Daniele) non avrebbe potuto dire «abisso» soltanto l'acqua. Eppure abisso o materia indicano allegoricamente anche l'acqua".

«Abisso» è il nome della Gran Madre (Tiâmat) nell'antico mito babilonese della creazione, l'oceano primordiale da cui tutto nacque (in-acque). Sulla superficie del suo volto distese la sua ombra la potenza dell'Altissimo, e la luce del suo amore dileguò la notte e colui che nacque fu dunque chiamato «Sole che sorge». L'incontro della luce con le tenebre, del fuoco con l'acqua, dello spirito con la materia, segna l'inizio del processo creativo e rivelativo. Sono le nozze (nuptiae, da nubo «velare») della «nubile» (colei che è «tenebrosa», «oscura», «vuota»), la vergine «velata» o «sposata» (che sta per partorire) con il «celibe» (colui che è «luminoso»), l'eroe disceso dal cielo, la prima configurazione, forma o immagine assunta dalla luce divina emanata. Dalle mistiche nozze della terra e del Cielo nascerà l'uomo e l'Universo in cui s'incarnerà il Salvatore del mondo.

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Con l'iniziare del processo creativo e rivelativo l'Assoluto proiettò mediante la sua Parola una immagine e una somiglianza di Se stesso. Il raggio di luce-coloresuono che scaturì dall'Infinito si stagliò all'orizzonte dell'oscurità illuminando con il suo splendore la superficie delle acque e l'immagine del suo volto apparì dal nulla. E il Verbo si fece carne e dalla potenza passò all'atto, generato ab æterno nell'immenso oceano di luce, totalità dei mari: Maria. Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLA ROTTURA DEI VASI" in La Genesi Svelata

Il Mistero del Verbo e la Luce Divina Quando l'Infinito, ciò che non avrà mai fine perchè non ha mai avuto inizio, volle creare il mondo, lo fece con il suo Verbo che proiettò un'immagine di se stesso, e la creazione apparve. Ed Elohim disse: -Dio si manifestò come Verbo facendo udire un suono che si propagò al di fuori- «Sia la luce» - perchè ogni luce procede dal mistero del Verbo.

"Si chiama «Infinito» ('En-Sof) ciò che mai nessun uomo potrà comprendere, ciò che non avrà mai fine, perchè non ha mai avuto inizio. Noi chiamiamo «Capo» il «Punto Supremo», perchè a partire di là cominciano i misteri intelligibili. Questi misteri hanno per noi una fine, come pure hanno un inizio. Ma l'essenza dell'Infinito stesso è senza fine; non vi si riconosce né disegno, né luci, né clarità; tutte le luci emanano dall'Infinito; ma nessuna è abbastanza splendente per condurci a conoscere ciò che è l'Infinito. È una Volontà suprema, più misteriosa di tutti i misteri." (Zohar II, 239a) "Così, per un mistero dei più segreti, l'Infinito colpì con il suono del Verbo il vuoto, benché le onde sonore non siano trasmissibili nel vuoto. Il suono del Verbo costituì dunque l'inizio della materializzazione del vuoto. Ma questa materializzazione sarebbe sempre rimasta allo stato di imponderabilità, se, al momento di colpire il vuoto, il suono del Verbo non avesse fatto scaturire il punto scintillante, origine della luce, che costituisce il mistero supremo e la cui essenza è inconcepibile. Per questa ragione il Verbo è chiamato «Principio», visto che è l'origine di tutta la creazione."(Zohar I,15a)

"Il Punto Supremo proiettava una luce immensa d'una tale limpidezza, di una tale trasparenza e di una tale tenuità, che essa penetrò ovunque. In tal guisa si formò attorno a questo Punto un palazzo che gli servisse da vestimento. La luce del Punto Supremo essendo di una tenuità inconcepibile, quella del palazzo che le è inferiore forma così un cerchio opaco intorno ad essa. Ma la luce del primo palazzo, benché inferiore a quella del Punto Supremo, essendo comunque di uno splendore immenso, ha finito per formare attorno a questo palazzo un altro che le serve in certo qual modo da vestimento, e così via di seguito; così, a partire dal Punto Supremo, tutti i gradi della creazione non sono che involucri gli uni degli altri; l'involucro del grado superiore forma il cervello del grado inferiore. Questo ordine dell'alto è stato ugualmente costituito quaggiù, così come è scritto: «E Elohim creò l'uomo a sua immagine»; perchè l'uomo è composto di cervello e di meningi, di spirito e di corpi; tutto ciò è necessario all'ordine del mondo." (Zohar I,20a)

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La luce divina allorché irruppe nello spazio primordiale ancora privo di dimensioni apparso con lo Tzimtzùm, si dispiegò in vari gradi di potere e apparve sotto vari aspetti che nel loro insieme costituirono il mondo emanato e increato della pienezza della luce. Così, prima ancora della creazione di ogni essere dal nulla, nello spazio cosmico circoscritto ha origine nel raggio dell'essenza divina l'Adàm Qadmòn, l' «Uomo Primordiale», generato prima di tutti i secoli, ovvero prima dell'iniziare del tempo universale. È l'Uomo di luce increata anteriore alla creazione del mondo, l'Uomo nel pensiero divino, l'idea di Dio. È la figura umana che apparve al profeta Ezechiele (Ez.1:26); la figura di uno simile a figlio d'uomo (Dan.7:13; Ap.1:13); l' immagine (Gv.12:45, 14:8-11; 2Cor.4:4; Col.1:15; Eb.1:3) del Dio Vivente (Ap. 1:18; confr. Gen.22:8), l'Archetipo Creatore dell'uomo e dell'Universo micro-macrocosmico. Alessandro Benassai Estratto da " LA DOTTRINA DELLA ROTTURA DEI VASI" in La Genesi Svelata

Il Rigore e la Grazia di Dio Rigore e Grazia, Amore e Timore di Dio, sono quindi le due principali qualità o polarità dell'Io-Volontà divino. Queste due principali forze sono le colonne su cui poggia il mondo, ed è il bilanciamento delle loro forze che consente l'equilibrio e quindi l'esistenza dell'Universo. Le due qualità divine, Grazia e Giustizia, operano nel cosmo per induzione producendo l'alternanza equilibrata della forza centripeta e della forza centrifuga che origina il movimento della vita universale. Il potere del Din prevalendo nel primo divino atto dello Tzimtzùm, pone così le sue radici alla base e in tutto il processo cosmico. Esso domina nell'oscurità dello spazio primordiale apparso con il ritiro della Presenza Divina: è il potere di Pachad, il Terrore o Tremore divino. La coscienza primordiale del mondo soffre così la privazione della Presenza di Dio e l'azione purificatrice del Rigore divino. Le radici del Rigore si mescolarono con il residuo di luce divina che rimase dopo la contrazione, dando luogo ad una reazione turbolenta. Il caos ebbe il suo dominio in quello spazio primordiale prodotto dallo Tzimtzùm, e solo nella seconda fase un raggio proveniente dall'essenza dell'En-Sof provocò in questo caos una separazione degli elementi confusi, ordinandoli poi in forme sempre più pure secondo le leggi che regolano il processo dell'evoluzione cosmica. Il processo creativo involutivo-evolutivo dell'Universo è governato dalle forze dei due principi complementari, quelli dell'Amore e del Timore di Dio; la loro azione bilanciata determina il flusso e riflusso della vita universale, il dualismo cosmico, espansione e contrazione, movimento centrifugo e movimento centripeto, emersione e immersione o regressione. Le radici di tutto il bene e il male presente nel mondo, che si fondano nelle categorie del potere dell'Amore e del Tremore, dette altresì potere della Grazia o Misericordia (Ghedulà) e potere della Giustizia o Rigore (Gheburà), si trovano quindi già latenti nell'atto dello Tzimtzùm. Lo spazio primordiale prodottosi con lo Tzimtzùm non rimase assolutamente privo di Luce divina: un residuo di questa, chiamato Reshimu, restò. Questo spazio è lo spazio benedetto di Basilide, che

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non può essere rappresentato né caratterizzato con parole, ma che non è completamente privo della condizione di Figlio di Dio. Tutti gli spazi primordiali e le loro paternità vennero alla luce grazie alla piccola idea, lo spazio che come mondo splendente di luce Dio lasciò dietro di sè quando si ritrasse in Se stesso. Alessandro Benassai Estratto da "LA DOTTRINA DELLO TZIM-TZÙM" in La Genesi Svelata

***Il Dio Nascosto e la Creazione del Mondo L'Assoluto, la Potenza Creatrice Rinnovatrice, l'En-Sòf, l'inconoscibile Deus Absconditus, per creare il mondo dal nulla, ossia per iniziare nel tempo le prefigurazioni e preformazioni presenti nel suo pensiero, opera come primo atto una concentrazione della propria volontà assoluta, ritirandosi da Sé in Se stesso e astraendosi parzialmente da una zona esterna lasciandola vuota del proprio potere. Questo movimento interiore determina la formazione di un centro di Volontà e di Potere, che è la prima espressione della Coscienza Divina, la triplice Personalità con la quale l'Assoluto si rivela creando: Lui-la Trinità, Lui-l'Esseredegli- Esseri, l'Essere Divino. A Lui convergono e da Lui emanano nel vuoto creato le luci increate.

Il punto di concentrazione della Presenza Divina è il Centro di gravità dello Spirito Infinto, il cuore pulsante di ogni vita e di ogni luce che irradia fino ai confini del Creato, come scrive Clemente Alessandrino: Da Dio, Cuore dell'Universo, emanano le sei fasi del tempo e le sei dimensioni.... Il centro di gravità spirituale crea per induzione nella sfera dello spazio fluido adinamico circoscritto un centro di forza cosmica, un centro di gravità universale, un vortice caotico e turbolento in espansione-contrazione. Questo doppio vortice primordiale, formato dall'incontro delle due correnti formate dal fluido spaziale polarizzato, é il «motore immobile», il Sole irraggiante del Creato, il trasformatore cosmico che produce per induzione tutta l'energia-vita dell'Universo.

Il vortice primordiale o centro di forza e di coscienza cosmica, comunica attraverso il suo interno con il mondo increato delle luci e la Coscienza di Dio che si rivela come Io Sono (Giov.8:58), il nome con cui Cristo si rivelò a Mosè (Es.3:14). Eheieh esprime la vita divina rapportata al Padre e indica l'aspetto soggettivo dell'essenza divina. Eheieh esprime la presenza del Dio Nascosto e non rivelato, ossia l'Arché, la Potenza Suprema simbolizzata dall'Alfa o Alef. Principio e sintesi di tutti i nomi divini, Eheieh è la corona splendente di luce del Re del Cielo. L'Io-Sono Divino è l'Io-Volontà-Amore-Saggezza, l'Essere Coscienza Beatitudine, Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo. Tre Aspetti o Tre Personalità con i quali lo Spirito di Verità, l'Arché, il Vero ed Unico Dio, si rivela alla sua creatura nei tre gradi o mondi della manifestazione creativa, i tre gradi o i tre veli dei quali si riveste la Potenza Cosciente di Lui-la-Trinità per rivelarsi all'uomo.

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Con il primo atto di concentrazione e occultamento interiore, con il quale inizia gli Universi nel tempo, la Potenza Cosciente crea ab æterno, prima di tutti i secoli, ossia prima dell'iniziare del tempo cosmico, il suo Se stesso, l'Io-Volontà, ossia Lui-l'Essere-degli-Esseri come è scritto nel primo versetto della Genesi: Berescith bara Elohim..., In principio (Berescith) [la Potenza Suprema] creò (bara) Luil'Essere- degli-Esseri (Elohim).., e poi prosegue:..eth ha-schamaim eth ha-aretz, [e Elohim creò] il cielo (eth ha-schamaim) e la terra (eth ha-aretz). Elohim è il Dio Onnipotente, Creatore e Signore del Cielo e della Terra. Egli, Dio Padre-Madre, creò con la sua Parola (Dio Figlio), proiettando nel vuoto cosmico un'immagine ed una somiglianza di Se stesso e la creazione apparve: Ed Elohim disse: Sia la luce e la luce fu (Gen.1:3). È la luce del Sole spirituale che in principio si muoveva sulla superficie dell'abisso, il mare della vita universale (e lo spirito di Elohim aleggiava sulle acque), la Luce del Mondo, il Sole che sorge dall'alto per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte. (Lc.1:79). Alessandro Benassai Estratto da "LA DOTTRINA DELLO TZIM-TZÙM" in La Genesi Svelata

Il Digiuno e il Deserto Il deserto, che indica aridità, isolamento e morte, simbolizza quindi lo spazio primordiale, il nulla, il vuoto, l'abisso che nell'Infinita Luce (En-Soph-Aur) divenne oscuro perchè abbandonato dalla vita divina, la Presenza di Dio che si concentrò in Se Stesso. Da questo luogo infero resusciterà poi la luce e lo spazio sacro diverrà il luogo santissimo in cui la Gloria si stabilirà in tutta la sua potenza riempiendolo completamente.

La rinascita della vita veniva celebrata nei santuari del mondo antico in coincidenza di eventi stagionali significativi. In Egitto, si celebravano i misteri della resurrezione al tempo della Canicola, quando le acque del Nilo traboccavano dagli argini per le intense piogge per inondare l'arida terra, trasformandola in una terra feconda produttrice di abbondanti messi. Questi misteri che avevano un valore religioso esoterico e essoterico, rivestivano forme adatte alla mentalità del popolo e a quella più avanzata dei sacerdoti-iniziati. Il mistero della rinascita fu rappresentato nello Zodiaco egiziano da Iside, la vergine madre, con in mano una spiga di grano, simbolo del Figlio divino, nato dalla terra fecondata dalle acque del fiume sacro. La Spica della Vergine, individuata in una brillante stella azzurra piazzata proprio sull'eclittica, divenne per i sacerdoti-astrologi dei Paesi d'Oriente un punto di riferimento per calcolare alcune date importanti del calendario sacro. Gli aspetti che Alfa Virginis durante il suo cammino apparente lungo lo Zodiaco, dovuto al movimento di precessione degli equinozi, va a formare con le cuspidi dei Segni, il sole e la luna, segnavano per gli antichi osservatori del cielo i tempi sacri dell'inizio e della fine dei cicli della manifestazione divina, l'apparizione della luce, ovvero la discesa della vita sulla terra. Al tempo della nascita di Cristo, all'iniziare della primavera, quando il Sole entra nel Segno di Ariete, la Spica della Vergine si trovava all'inizio del Segno della Bilancia, e brillava fulgida e isolata nell'alto del cielo oscuro, al meridiano di Nazareth.

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Il luogo oscuro, il luogo deserto, è la dimora dello spirito. Nel deserto il Dio Vivente apparì ad Agar (Gen.16:7); nel deserto venne trasportato in spirito il profeta dell'Apocalisse (Ap. 17:3); nel deserto si alza il vento d'Oriente, il soffio distruttore del Signore (Os.13:15; Is.40:7); nel deserto Giovanni il Battista fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito fino al giorno della sua manifestazione a Israele (Lc.1:80; Mt. 3:3); nel deserto, dove si aggira lo spirito del male (Lc.11:24), Gesù si ritirava per pregare (Mc.1:35) e lottare contro le tentazioni di Satana; nel deserto grida la voce di uno che annuncia con forza: nel deserto preparate la via al Signore, appianate la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia colmata, ogni monte sia abbassato .... allora si rivelerà la Gloria del Signore ed ogni uomo la vedrà (Is. 40:3ss), perchè dai tempi di Giovanni (Giov.1:6) il Regno di Dio è stato annunziato e in ogni uomo grida forte crocifisso (Luca 16:16). Il deserto è il cuore arido dell'uomo e tutta la sua gloria è come un fiore di campo. Secca l'erba, appassisce il fiore quando il soffio del Signore spira su di essi. Secca l'erba, appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio dura in eterno (Is. 40:7). Le due fasi del processo creativo-rivelativo della luce divina riassunte dalla parola Tzimtzùm corrispondono alle due fasi principali del procedimento evolutivo della vita umana, che gli alchimisti chiamarono solve et coagula, ossia la via misticoiniziatica rivelata dal Messia Gesù il Cristo, caratterizzata dalla rinascita da acqua e da spirito (Giov.3:5): In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel Regno di Dio. Il significato del secondo termine Tzùm, «digiunare», in senso mistico significa attuare una purificazione totale della coscienza rinunciando volontariamente al male e al peccato (1Sam. 7:6), alla brama di vivere in senso deifugo, all'attrazione fatale della vita materiale del mondo tenebroso dominato dal Maligno, per aderire alla vita spirituale del mondo divino dominato dal Cristo. Questa rinuncia a Satana e alle sue attrazioni e la vittoria sul mondo di tenebra, dà all'eroe il diritto di inserirsi nella via iniziatica per contemplare e attrarre nel proprio spazio divenuto puro, che è il suo stesso cuore, la Verità che fa liberi, la Presenza Particolare di Dio, la quale una volta stabilitasi in forza lo farà diventareun Adepto. «Digiunare» in senso iniziatico significa non mangiare pane (Mt.4:4) e non bere vino che rappresentano il corpo e il sangue di Cristo, ossia rinunciare volontariamente alla vita divina di Cristo a favore del prossimo. Questo atto di volontaria carità è simbolizzato dal pellicano che nutre i suoi piccoli con il proprio sangue. Coloro che attuano veramente questo comandamento della carità sono divenuti come angeli del cielo, i ministri divini che non mangiano pane e non bevono vino ma li offrono in sacrificio perenne secondo il sacerdozio eterno di Melchisedek, il re di Gerusalemme e sacerdote dell'Altissimo. I 40 giorni (Mt.4:2) di digiuno di Cristo nel deserto rappresentano il tempo simbolico della durata del ciclo quaternario della manifestazione della vita divina sulla terra, della discesa e rivelazione di Dio nell'uomo che gradualmente evolve attraversando i quattro tipi di umanità stabiliti dai quattro Evangeli, che sono la proiezione nel tempo dell'Evangelo Eterno. Durante l'intero ciclo stagionale, il cosiddetto «tempo della Grazia», Dio rimane occultato in Se stesso e si manifesta e si rivela solo parzialmente nel Figlio dell'Uomo. Alla fine del ciclo, con l'Apocalisse e il giudizio finale, Dio, procedendo fuori da Se stesso, si manifesterà nella sua Gloria rivelandosi nel Figlio di Dio, il quale unito alla sua Sposa, la Fidanzata dell'Agnello, la Celeste Gerusalemme, siederà sul Trono, alla destra di Dio Padre. Il Re dei re (Ap.19:16) sarà allora il Padre dei secoli venturi, il Dio Onnipotente della nuova creazione (Is.9:5-6).

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I 40 giorni (o i 40 anni) rappresentano il tempo simbolico della manifestazione della Vita nel mondo; questo tempo è un ciclo formato da due fasi principali, una involutiva e l'altra evolutiva, due emicicli, un'emiciclo discendente e un'emiciclo ascendente, simbolicamente rappresentati dalla discesa e salita del carro del sole, discesa di Dio e salita dell'Uomo, la discendenza-ascendenza del Popolo Eletto. L'emiciclo discendente si riferisce alla caduta dell'uomo e alla discesa dell'Avatâr, Dio che nasce nell'Umanità; l'emiciclo ascendente si riferisce all'ascesi e alla salita al cielo dell'uomo-Dio, l'Uomo che rinasce nella divinità (Giov.3:3). In questo ciclo della vita, o ruota dell'esistenza, secondo la tradizione si entra e si esce attraverso due porte dette «Porta dell'uomo» e «Porta di Dio», ed anche «Porta del cielo» e «Porta dell'inferno». Esse sono i due poli o centri di gravità dell'alto e del basso, del cielo e della terra, della materia e dello spirito, situati ai due punti estremi del diametro che taglia verticalmente il cerchio o ciclo di manifestazione della luce. Equidistante tra i due poli è il punto di equilibrio, il centro della circonferenza che circoscrive lo spazio-tempo universale nell'infinito: è il punto d'intersezione della linea verticale con quella orizzontale che separa e unisce l'alto e il basso, l'acqua e il fuoco, formando la croce cosmica degli elementi, o nodo d'Iside che lega cielo e terra in mistiche nozze. È il segno inciso sulla pietra per ricordare l'origine divina. Alessandro Benassai Estratto da "LA DOTTRINA DELLO TZIM-TZÙM" in La Genesi Svelata

La Dottrina dello TzimTzùm Il termine Tzim-tzùm è composto da due parole che rispettivamente indicano la prima e la seconda fase del procedimento creativo-rivelativo della manifestazione della Divinità.

Tzim (ציים) alla lettera individua gli abitanti del deserto (Salmo 72:9), ma questo vocabolo si può pure leggere Tzarim צרים, «luoghi sotterranei», ossia gli inferi, con riferimento all'abisso coperto dalla tenebra che apparve (Gen.1:2) quando la luce divina si ritirò in se stessa.

Altri vocaboli che derivano dalla medesima radice identificano sia il vento ardente (Ger.4:11) del deserto, che la terra arida, nuda o scoperta, che simbolizza lo spazio primordiale lasciato vuoto dal ritirarsi della vita divina. Tzùm צום alla lettera significa «digiunare», ma potrebbe essere una modificazione assonantica di Tzùph צוף «inondare», «far traboccare (le acque)», verbo che indica anche lo scorrere del miele ( con evidente riferimento simbolico alla rivelazione della vita divina che trasforma l'arido ,(צוףdeserto nella feconda terra dove scorre latte e miele (Es.3:8). [...] Connessi con il termine צום Tzùm, digiunare, sono צמה germogliare, nascere e germe, germoglio, con allusione al Messia chiamato il germoglio di Davide (Is. 4:2); צמים laccio; צמד legare, unire, congiungere, paio, coppia; צמה distruggere, sterminare, estinguere per sempre.

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Questi significati non hanno che un comune denominatore: sono tutte espressioni di una medesima forza, quella dello Spirito di Dio, che ritornando nel luogo tenebroso dal quale si era parzialmente ritirato, distrugge completamente tutto ciò che è rimasto di corrompibile (la scorza del germe), purificando totalmente con la sua Presenza la coscienza dell'uomo per poi legarla, saldarla a Sé in intime e mistiche nozze. È da questa Sacra Unione o Santa Alleanza che può rinascere dall'Alto l'Uomo Nuovo, il nuovo Cristo, il germoglio di Davide (Is. 4:2). La dottrina cabbalistica dello Tzimtzùm (il procedimento con il quale Dio si manifesta e si rivela creando, prima ritirandosi da un luogo, lasciandolo vuoto della sua Divina Presenza, per rendere possibile l'apparire della sua creazione, e poi ritornando in questo stesso vuoto con la sua Luce occupandolo completamente di Sé), si trova accennata nei Salmi di Davide (Salmo 40:2) e nei Vangeli quando si parla dell'umile condizione della nascita del bambino divino, nato in una grotta oscura, in una mangiatoia (Lc.2:7) a simbolizzare l'«alimento» salvifico dell' Umanità. Poi ne fa menzione S.Paolo (Rm. 8:3; 2Cor.8:9; Flil. 2:7s; Eb. 2:9;5:8) con il termine Κε'νωσις, Kénosis (da keno'w vuoto) che ha due significati opposti. Il primo significato, render vuoto, si riferisce alla prima fase dello Tzimtzùm, al ritirarsi della luce divina fuori da un luogo rendendolo vuoto della sua Presenza; il secondo significato, emissione, inondazione, si riferisce invece alla seconda fase, al ritorno della luce in quella zona lasciata vuota per riempirla completamente. La prima fase, quella dell'occultamento, é un atto volontario di auto-limitazione per rendere possibile la creazione dell'Universo. La seconda fase, quella della rivelazione, è un atto di generosa donazione della sovrabbondante vita del Creatore che si riversa nel vuoto prodotto per stabilirvisi in maniera stabile e potente. Questo duplice atto di trattenere Se stesso per donare Se stesso, genera in Dio una intima tensione. Il termine Tzimtzùm deriva da un passo di un Midràsh dove è detto che Dio avrebbe concentrato la sua Shekhinà, ossia la sua Sacra Presenza, in un punto, nel Santo dei Santi, nel Luogo dei Cherubini. La concentrazione o contrazione della Luce Divina in un punto, viene realizzata da Dio per il (parziale) ritiro (e la conseguente rarefazione) della sua Coscienza da una zona circoscritta della sua Onnipresenza che occupa totalmente lo spazio infinito. Poi, proiettando le sue divine increate energie dal punto di concentrazione nella zona o porzione del tutto dalla quale si era precedentemente ritirato, Dio, con la potenza della sua parola, porterà all'essere dal nulla spaziale la sua creazione, iniziando nel tempo le prefigurazioni e le preformazioni preesistenti nella sua mente divina. Alessandro Benassai Estratto da "LA DOTTRINA DELLO TZIM-TZÙM" in La Genesi Svelata

Costituzione del Cosmo La ricerca archeosofica ha svelato che il Cosmo è sferico, limitato come dimensioni e composto di materia intelligibile, mentale, emozionale, eterica e chimica. Ebbene anche l'uomo ha un Io volitivo, pensante, emotivo ed erotico unito non per accidente, ma per affinità qualitativa, ad un corpo fisico per mezzo di alcuni corpi energetici, gli stessi che si ritrovano nel Cosmo.

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Risulta pure che il Cosmo è uno spazio fluidico circoscritto adinamico, reso dinamico da una Causa incausata alla quale tutte le religioni hanno dato lo stesso nome: Dio.

Il Cosmo, al di là della sua superficie sferica, ha la continuazione nello spazio fluido infinito, increato ed eterno adinamico, compenetrato dall'Essenza onnipresente e onnipotente di Dio. Immaginare il Cosmo, anche se vertiginosamente grande, tale da misurarne le distanze in anni luce, è possibile. Ma lo spazio non circoscritto, poiché infinito e totalmente occupato da Dio, è intellettivamente incomprensibile, assurdo, eppure vero. Il Cosmo contiene, in quanto spazio circoscritto e dinamizzato e fluido, numerose entità spirituali angeliche, psichiche, masse e campi gravitazionali quali le stelle, le galassie, i pianeti con la nostra Terra ed il suo carico di minerali, vegetali, animali, uomini e donne, creati, cioè iniziati nel tempo dalla Volontà creatrice della Trinità. Ogni cosa è portata all'essere dal nulla spaziale per l'opera creativa iniziata nel tempo in questa porzione del tutto, messa in stato dinamico dai poteri dell'Altissimo.

La Creazione dura ab æterno, perchè quando un Cosmo è stato creato nell'infinito spazio, Iddio può aver iniziato altre creazioni cosmiche e non possiamo saperlo, almeno per ora, se Egli non lo rivela ai suoi profeti. Che Dio abbia creato e creerà innumerevoli altri mondi non stupisce il teologo, perchè la creatività è una caratteristica della sua onnipotenza perenne: Dio è amore creativo ed è sempre stato Padre e Madre. Il Cosmo e le creature angeliche, come pure quelle umane, non sono state create ab æterno, ciò è scritturale, ma ab æterno esistono le prefigurazioni e le preformazioni, le idee create nel Figlio in quanto Sapienza increata, simile a un mondo intelligibile delle idee archetipiche che riflette le immagini in Sofia, la Sapienza creata. Alessandro Benassai Estratto da "ORIGINE E COSTITUZIONE DEL COSMO" in La Genesi Svelata

Cosmogonia e Cosmologia La Cosmogonia (dal greco còsmos e ghìgnomai = origine del mondo) è la dottrina mitica, filosofica, religiosa e scientifica che tratta in modo sistematico dell'origine e della formazione del mondo.

La Cosmologia (dal greco còsmos + lògos = scienza del mondo) è quella parte della filosofia che studia le origini ed il perchè dell'Universo (cosmos o macrocosmos in contrapposizione al microcosmos), considerato come un tutto armonico. Questa indagine non è superflua, dal momento che il Cosmo e l'Uomo sono stati creati in corrispondenza e con la stessa sostanza. Tutto ciò che si trova racchiuso nel Cosmo o Macrocosmo, si ritrova nell'Uomo o Microcosmo, così definito da S.Giovanni Damasceno. Questo assioma ha un fondamento concreto, di cui comprenderemo la portata nel corso dei nostri studi. La ricerca archeosofica ha svelato che il Cosmo è sferico, limitato come dimensioni e composto di materia intelligibile, mentale, emozionale, eterica e chimica. Ebbene anche l'uomo ha un Io volitivo, pensante, emotivo ed erotico unito non per accidente, ma per affinità qualitativa, ad un corpo fisico

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per mezzo di alcuni corpi energetici, gli stessi che si ritrovano nel Cosmo. Risulta pure che il Cosmo è uno spazio fluidico circoscritto adinamico, reso dinamico da una Causa incausata alla quale tutte le religioni hanno dato lo stesso nome: Dio. Alessandro Benassai Estratto da "ORIGINE E COSTITUZIONE DEL COSMO" in La Genesi Svelata

La Legge di Risonanza Antropo-cosmica La terra e il sistema solare sono immersi nel mondo eterico, nel mondo astrale e nel mondo mentale, che traggono origine dal mondo dello spirito. Questi mondi o piani della natura hanno sette tipi di vibrazione e compongono nell'insieme una vera gamma di vibrazioni.

La materia mentale è il veicolo del pensiero, quella astrale o emozionale è il veicolo dei sentimenti e delle passioni, la materia eterica è il medium di ciò che è erotico e vegetativo. Tutto è vibrazione. Dalla scienza dei suoni, l'acustica, sappiamo che in natura vige la legge della risonanza; alla risonanza acustica risponde anche una risonanza di ottava in ottava su tutti i piani o cieli del cosmo. È il meraviglioso fenomeno della meta-acustica, che permette all'ascesi spirituale di utilizzare la scienza dei suoni strumentali e vocali. La parola, la musica, la preghiera, il canto, un rito teurgico, creano degli impulsi all'azione, fanno provare sentimenti ed emozioni, formano immagini e colori nella nostra mente, fanno scaturire idee e intuizioni, percezioni animiche e illuminazioni spirituali per la accordata risposta dalle sfere celesti. Le cerimonie sacre che esprimono religiosità elevata, appaiono alla visione chiaroveggente come grandiosi scenari luminosi, animati da simboli, ai quali su di un piano ancora più elevato corrisponde una liturgia ove partecipano esseri celesti. Alessandro Benassai Estratto da "LA LEGGE DI RISONANZA ANTROPOCOSMICA" in La Metafisiologia

Le Forme Pensiero Quando l’individuo pensa, mette in movimento una serie di vibrazioni nel corpo mentale, accompagnate da un giuoco di colori iridescenti, vivi e delicati ad un tempo; una parte vibrante di materia luminosa si distacca dal corpo mentale e prende forma dalla natura stessa delle vibrazioni, come quando su una superficie metallica ricoperta di sabbia si forma una figura per l’influenza di una nota musicale.

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Questo è il caso di una persona che invia pensieri di aiuto ad un amico in difficoltà. L’azzurro rappresenta la devozione del pensiero, le forme gialle che accompagnano lo sforzo di comunicare forza intellettuale o coraggio. Se predomina il rosa ci segnala l’affettuosa simpatia che lega due amici. La forma pensiero attinge vitalità dall’idea che l’ha generata ed avrà grande forza ed energia se sarà di materia mentale di elevata vibrazione, prodotta da una volontà calma, forte e altruistica. Se viene a mancare la concentrazione mentale e l’adesione della volontà, la forma pensiero generata sarà debole ed avrà vita breve. Quando il pensiero è rivolto verso un oggetto che si desidera o verso attività passionali o emotive, e questo succede nella stragrande maggioranza dei casi, tale energia opera in una qualità di materia più densa di quella mentale, cioè nella materia che compone il corpo del desiderio o corpo astrale. Il corpo del desiderio dà vita ad una seconda classe di forme pensiero, di cui abbiamo visto degli esempi, generate dalla mente sotto l’influenza della natura inferiore, con una esistenza limitata al piano astrale. La mente dominata dal desiderio mette in moto vibrazioni nel corpo astrale, poi sotto la loro influenza espelle una parte vibratoria di sè, la cui forma è determinata dalla natura stessa delle vibrazioni. Tale forma pensiero ha per corpo questa essenza elementale e per forma animatrice il desiderio o la passione che l’ha generata. La forza della forma pensiero è determinata dalla quantità di energia mentale che viene unita alla passione o al desiderio. Alessandro Benassai Estratto da "LE FORME PENSIERO" in La Metafisiologia

La Scala di Giacobbe «Vedrete il cielo aperto gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo» (Giov.1:51). La scala vista da Giacobbe (Gen.28:12) è la scala sulla quale gli angeli del cielo salivano e scendevano e il Signore stava appoggiato in cima ad essa. Platone afferma che la via delle anime per andare verso la terra e tornare dalla terra passa attraverso i pianeti (i cieli, cerchi o sfere planetarie).

Così Paolo, a quelli capaci di comprendere presenta qui manifestamente (Corinzi 4:17-18) le cose sensibili, chiamandole quelle che si vedono, ed il mondo intelligibile, che il solo spirito può cogliere, sotto il nome di cose che non si vedono. Egli sa pure che le cose sensibili sono temporanee e visibili, mentre le verità intelligibili e che non siedono sono eterne. Per giungere alla loro contemplazione, egli, sostenuto dal desiderio che spinge verso di esse, considera ogni tribolazione come una cosa da nulla o del tutto trascurabile; nello stesso momento della tribolazione e delle fatiche, lungi dall'essere abbattuto, egli considera lieve ogni difficoltà,

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dacché può alfine contemplare tali cose. Infatti noi abbiamo un grande Sommo Sacerdote, che per la grandezza della sua potenza e del suo spirito ha traversato i cieli, Gesù, il figlio di Dio (Hebr.4:14). Egli ha promesso agli uomini, che hanno appreso schiettamente le cose divine, e che hanno trascorso la loro vita in modo degno di esse, di condurli ai beni, che stanno al di sopra del mondo: infatti così dice: affinché dove sono io, siate anche voi (Giovanni 14:3). È per questo che noi speriamo, dopo le fatiche e le lotte di quaggiù, di giungere al sommo della volta celeste, e ricevere sorgenti di acqua zampillante nella vita eterna (Giovanni 4:14) seguendo gli insegnamenti di Gesù e contenere in noi fiumi di contemplazione, per potere essere insieme a quelle acque dette al di sopra dei cieli, che lodano il nome del Signore. E fino a quando noi lo loderemo non saremo trascinati fuori dal cerchio del cielo (Platone Phaedr.p.247C), ma ce ne staremo a contemplare le opere invisibili di Dio: esse saranno percepite da noi, non più come dopo la creazione del mondo, in grazia delle cose fatte (Romani 1:20), ma nel modo che ha espresso il discepolo verace di Gesù, dicendo: allora davvero faccia a faccia, e quando poi verrà ciò ch'è perfetto, ciò ch'è imperfetto sparirà (1Corinzi 13:12;10). Alessandro Benassai Estratto da "LA SCALA DI GIACOBBE" in Le Gerarchie Angeliche

Tetraktys Nella Tετρακτυς, secondo gli insegnamenti di Pitagora, risiede la sorgente della Natura Vivente, del mondo terrestre e del mondo celeste. La Tetraktys, rappresenta il Mistero del Quattro; essa inizia con l'Unità, origine di tutti i numeri, e si completa nel 4 triangolare per un totale di 10, l'Unità finale che racchiude tutti i numeri semplici. Nella dottrina del Cosmo la Tetraktys si riferisce ai quattro mondi; nella dottrina di Dio si riferisce a Dio Uno e Trino e a Gesù Cristo.

Il primo Aspetto della purissima Essenza Trascendente è rappresentato dall'Unità iniziale, il Numero 1, l'Alfa o l'Alef, la Potenza Suprema, il Fuoco-Volontà, Dio nella trascendenza, il Padre che non è mai nato.

Il secondo Aspetto è rappresentato dal Figlio, Luce-Sapienza generata dal Padre, Dio che si rivela nella manifestazione sensibile. Il terzo Aspetto è rappresentato dallo Spirito Santo, la Madre Divina, l'Amore-Vita che promana dal Padre, Dio nella manifestazione occulta.

Il quarto Aspetto è rappresentato da Gesù Cristo, l'Unto di Dio, l'Uomo-Dio, che con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, forma l'Unità o Unitotalità dell'Umanità redenta in Cristo. La Tετρακτυς è la rappresentazione del Quattro Triangolare la cui somma è Dieci. Il Triangolo con il vertice rivolto verso l'alto è il simbolo del Fuoco e dello Spirito e del numero 3; il numero 4 è il simbolo del Quadrato e della Croce, della Terra, del Mondo Creato, della manifestazione quaternaria della Vita e della Luce di quel Fuoco simbolizzato dal Triangolo che, con alla base la Croce, forma il simbolo dello Zolfo Rosso o Archeo Celeste.

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Il Quadrato sormontato dal Triangolo rappresenta il simbolo alchemico dell'Antimonio o Pietra Piramidale. Questo complesso valore simbolurgico è sintetizzato dalla quarta lettera dell'alfabeto greco, il Delta, che nella sua forma minuscola δ è il numero 4 e nella sua forma maiuscola Δ il numero 10.

Il Delta illumina il Tempio e porta inscritto il Nome Ineffabile con cui la Santissima Trinità si rivela nel tempo della Legge, nel tempo della Grazia e nel tempo del Giudizio come Padre, Figlio e Spirito Santo. Il valore simbolico della Tetraktys e del Delta si ritrova nella Piramide dal cui Vertice o Punto Primo sorgono i Quattro Raggi (o Tetra-aktis) o Fiumi che formano la base quadrata. Il Tetragrammaton-Tetraktys, la cui immagine gloriosa apparsa a Profeti e Santi è stata chiamata Serafino, Cherubino, Haioth, fa riferimento alla dottrina segreta della Merkhabah, conosciuta da Pitagora, la cui origine è assai antica. Gli Egiziani ne resero testimonianza costruendo nel deserto un monumento che rappresenta un corpo fatto di tre bestie sormontato dal volto rosso del Faraone (cfr. Ap.4:2), il re dell'Alto e del Basso Egitto, che fissa il suo sguardo all'orizzonte orientale, da dove sorge il Sole della Verità, il Sole-Spirito, il Principio di tutto. Alessandro Benassai Estratto da "LA TETRAKTYS" in Le Gerarchie Angeliche

La Rivelazione del Nome di Dio "Come si può parlare di una forma di Dio? A ciò noi rispondiamo che Dio ha una figura, poiché la scrittura dice: "Egli vede la sembianza del Signore" (Num. XII:8), ma questa sembianza non è reale come quella dell'uomo, essa non è che soggettiva; quando Dio discese per governare le sue creature, apparve a diversi uomini secondo le loro facoltà, secondo il loro intendimento e secondo le loro forze immaginative. Tale è il senso delle parole: "profeti mi hanno rappresentato secondo immagini differenti".

Prima della creazione del mondo e prima che alcuna forma esistesse Dio dimorava solo senza figura e senza sembianze. Chi mai potrebbe comprendere Dio come era prima (del principio)?! Così è vietato fare l'immagine di Colui che è al di sopra di ogni forma. Ma dopo che egli ebbe impressa la figura dell'uomo celeste nel suo veicolo, egli discese nel veicolo e apparve sotto la forma di YHUH.

Volle essere chiamato secondo i suoi attributi, e secondo che governi il mondo con la Clemenza o con il Rigore; volle essere chiamato "El", "Elohim", "Tsebaoth" e "Essere". Poiché se Dio non si manifestava attraverso questi differenti attributi, come avrebbe governato il mondo sia con la clemenza che con il rigore, secondo le opere degli uomini? Come potrebbe diffondere la sua luce in tutte le sue creature e come queste potrebbero accoglierla? Come poi si compirebbero le parole della scrittura: "Tutta la terra è piena della sua gloria?" (Is.VI:3). Sventura all'uomo che riduce Dio alla figura d'un uomo, di cui la scrittura dice: "Coloro che abitano nelle case di fango e che hanno solo fondamenta di terra, saranno consumati e rosi da vermi".

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La figura con la quale Dio si manifesta a noi non è che soggettiva a seconda che egli faccia valere l'uno o l'altro dei suoi attributi e secondo le creature alle quali si manifesta." (Zohar II: 42b) Dio quando si rivela è percepito secondo il grado di perfezione raggiunto dall'asceta. Il grado più elevato corrisponde alla completa e totale smaterializzazione da tutte le forme e nomi, secondo le parole di Gesù Cristo alla Samaritana: "I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità" (Gv.4:23), perché Dio è Spirito e non ha nome. Alessandro Benassai Estratto da "LA RIVELAZIONE DEL NOME" in Le Gerarchie Angeliche

Coro Angelico degli Angeli “Messaggeri ed esecutori dei voleri di Dio”. Sono l'Ordine angelico più vicino all'uomo. Gli Angeli annunziano la Parola di Dio, assistono nella celebrazione dei Riti Sacri, ispirano il bello e il buono, aiutano, difendono dal male chi opera in senso apostolico. Ispiratori di buone intenzioni sono i custodi di ogni anima. Essi infondono, a chi si assimila a loro, la purezza e la pietà divina, l'amore e la capacità di soccorrere tutte le creature di Dio.

Gli Angeli sono rappresentati abbigliati con una tunica bianca ed i piedi riccamente calzati; hanno due ali. Recano nella mano destra il globo con il monogramma IC XC e nella sinistra un lungo bastone con la croce. Corrispondenze: Nome Divino: אל חי; Sefirà: יסוד; angelo:גבריאל; astrologia: Cielo della Luna.Il nome ebraico del Coro angelico degli Angeli è: כרובים “I Custodi” (Gen. 3:24). In greco ”Aγγελαι, “Messaggeri”. Alessandro Benassai Estratto da "CORO ANGELICO DEGLI ANGELI" in Le Gerarchie Angeliche

Coro Angelico degli Arcangeli “Esecutori delle missioni più importanti di Dio”, gli Arcangeli rivelano, insegnano ed illuminano; assistono i sacerdoti nei loro ministeri e dirigono in ogni uomo il culto divino. A chi gerarchizza l'anima al loro Ordine, gli Arcangeli comunicano una rivelazione della Sapienza Arcaica, luce che illumina l'intelligenza che diviene capace di comprendere i Misteri.

Gli Arcangeli più noti sono Michele, Gabriele e Raffaele.

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,”Colui che è simile a Dio”, è “il Primo dei Principi Primi” (Dn.10:13). Il termine “Primi“ ,מיכאלsta per Primi-nati (=creati) o Primogeniti, definiti da San Clemente d'Alessandria: “Angeli Protoctisti”, coloro che stanno nella Divina Presenza. Michael, il Principe dell'Esercito del Signore - veduto da Giosuè come - un uomo con la spada sguainata (Gs.5:14), è il Capo dell'Armata Celeste (Ap.12:7), il Firmamento delle Stelle (Is.40:26), che è il suo stesso corpo. Egli nel canone romano arcaico è chiamato “il Santo Angelo”, un singolare collettivo per indicare tutti i santi angeli. Gabriel è “il Forte, l'Invincibile (angelo) di Dio” che dice di sé: “Io sono Gabriel, alla ‚גבריאלPresenza di Dio io sto” (Lc.1:19). ,Rafael è “il Medico divino, Colui che guarisce da ogni male”. Egli dice di sé: “Io sono Rafael רפאלuno dei sette angeli che stanno alla Presenza della Maestà del Signore” (Tb.12:15). Nel Genesi di Mosè si legge: “Il Signore gli apparve... ed ecco tre uomini” (Gen.18:1). La locuzione shalisha ve-henna, “ecco tre” (uomini), rivela l'aspetto Trino di Dio apparso ad Abramo e identifica per Ghematria i nomi dei tre uomini (angeli): “questi sono Michael, Gabriel e Rafael”. Michael rappresenta Dio Uno e Trino (Giov.1:1) e la prima Persona della Trinità: il Padre. Il suo nome מיכאל è composto da tre parti. La prima, מי Mi, “Chi?”, designa il grado supremo dell'essenza divina (Zohar) e indica Dio prima della Creazione, “Colui che è” il Creatore del firmamento (Is.40:26; cfr. Ap.3:14). La seconda parte, la lettera כ, “come”, ha un valore di assimilazione e di uguaglianza e nel medesimo tempo di distinzione; designa il Verbo, il Figlio Creatore in virtù dell'Onnipotenza e Amore del Padre. La terza parte אל, “Lui l'Altissimo”, indica Dio Padre. Gabriel rappresenta lo Spirito Santo (Lc.1:35), ma anche la seconda Persona della Trinità perché il Figlio è Potenza del Padre. Il suo nome גבריאל‚ è composto da גבר‚ potente, da י simbolo della mano che indica il possesso, e da אל che significa “Dio Altissimo”; per cui si può interpretare sia “Dio (è) la mia potenza”, che “la Mano della Potenza Divina”. Rafael rappresenta la Sapienza Divina, la Medicina Divina e l'Amore Divino “che guarisce da tutti i mali”. Il nome רפאל è composto da רפא, “medicina”, “guarigione”, e da אל, “Dio”. L'unità essenziale delle Tre Persone o Personalità di Dio Uno, distinte dai tre Arcangeli, è espressa da un quarto Arcangelo: אוריאל, “il Fuoco Divino”. Questi tre Arcangeli raffigurano la Trinità dell'Antico Testamento:1) Dio, il Creatore, il Padre; 2) la Sapienza di Dio, il Figlio, la Fede che salva che guarisce dall'ignoranza deifuga; 3) la Potenza di Dio, lo Spirito Santo, la Carità che santifica e fa i miracoli. Gli Arcangeli sono rappresentati abbigliati da soldati con corazza e stivaletti, ma senza elmo, spesso con una fascia d'oro alla vita. Hanno un paio di ali. Nella mano destra la sfera con le iniziali di Gesù Cristo, nella sinistra una spada nuda con la punta rivolta in alto. Michele Arcangelo viene raffigurato con la spada fiammeggiante, strumento d'Iniziazione e di difesa, e la bilancia per pesare le anime per il giudizio finale.

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A Michele Arcangelo è stato dedicato il primo culto liturgico degli angeli celebrato con Gabriele e Raffaele il 29 Settembre, giorno della fondazione di Archeosofica. Corrispondenze: Nome Divino: ˙אלהים צבאות; Sefirà: הוד; angelo:רפאל; astrologia: Cielo di Mercurio.Il nome ebraico del Coro angelico degli Arcangeli è Beni Elohim “Figli di Dei” (Gen.6,2), tradotto in greco con 'Aρχαγγελαι, “Messaggeri delle Archai”. Alessandro Benassai Estratto da "CORO ANGELICO DEGLI ARCANGELI" in Le Gerarchie Angeliche

Coro Angelico dei Principati I Principati sono definiti i “Vigilanti sopra le Nazioni”. Sono i Principi, i Capi che sostengono, proteggono dai pericoli, respingono il male e infondono sicurezza, grazia, zelo, amore per la giustizia e ricchezza spirituale. Forza di comando illuminato e direzione incorrompibile per la dedizione totale, indefettibile, indeclinabile, al Principio che li anima, i Principati governano re, magistrati, regni, guidano alla vittoria ed hanno a loro sottomesse tutte le forze naturali.

Essi conferiscono a chi si assimila alla loro natura una virtù segretissima e superceleste e aprono la coscienza alla Grazia divina. I Principati cooperano con la Gerarchia cui appartengono uniformando i principi che essa esprime nella direzione voluta da Dio. Essi sono raffigurati come le Potenze, ma con abiti ancora più ricchi. Al posto del bastone con la croce tengono un lungo ramo di giglio. L'Angelo che regna sul 7° Coro è הניאל, il suo nome significa: “Dio in me” (ה אני אל). Corrispondenze: Nome Divino:יהוה צבאות ; Sefirà: נצח Netzà, la Vittoria Divina; astrologia: Cielo di Venere.Il nome ebraico del Coro angelico dei Principati è אלהים Elohim, “Dei” (Sal.8:6; Sal.97:7), tradotto in greco con: 'Αρχαι, “Dei”, Principi archetipici. Alessandro Benassai Estratto da "CORO ANGELICO DEI PRINCIPATI" in Le Gerarchie Angeliche

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Coro Angelico delle Potenze o Potestà “Coloro che si oppongono ai demoni”. Sono le Legioni della Luce che agli ordini di Michele Arcangelo scacciano gli angeli ribelli dall'Eden e si oppongono “contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” (Ef.6:10). Le Potestà rappresentano la potenza del Sole che dilegua le tenebre (Ap.12:7).

La 6a Essenza Celeste è splendore e magnificenza, bellezza e regalità, abbondanza divina e volontà d'amore, virilità, fierezza, potenza, coraggio ed eroismo che mai declina. Esse conferiscono a chi se ne rende degno il loro principio che produce luce e potere. Le Potenze sono raffigurate con i piedi nudi, un paio di ali, veste, tunica al ginocchio e mantello, il tutto ornato di ricami. Per il resto sono simili alle Dominazioni. Corrispondenze: Nome di Dio: יהוה; Sefirà: ˙תפארת˙; lettera: ו;angelo: מיכאל; astrologia: Cielo del Sole. Il nome ebraico del Coro angelico delle Potenze è ׂשרפים Serafim: “gli Ardenti” (Is.6:2-7). Alessandro Benassai Estratto da "CORO ANGELICO DELLE POTENZE O POTESTÀ" in Le Gerarchie Angeliche

Coro Angelico delle Virtù Gli “Operanti miracoli” hanno forza e potere divino miracoloso, valore e potenza militare incessante e invincibile che esercitano con vigore contro i nemici della fede e della verità. Rappresentano il principio incorruttibile del governo divino e la sottomissione a questa direzione, e non permettono nessuna deviazione da questa obbedienza.

Esecutori delle sentenze del divino tribunale e braccio perfetto della saggezza e della giustizia divina, colpiscono chi trasgredisce le leggi divine e incutono timore e spavento a chi incautamente si avvicina all'altezza spirituale senza la dovuta purificazione e rispetto verso la Maestà Divina. Agendo per la forza morale, le Virtù appaiono come ministri severi che puniscono per soccorrere, perché il castigo divino non è una punizione ma una disciplina che fa maturare.

Come le Dominazioni stabiliscono il principio della giustizia nei mondi, le Virtù rispettano e fanno rispettare la disciplina che ne deriva.

Il Coro angelico delle Virtù conferisce a chi si conforma alla loro natura potere dinamico, forza di perfezione e d’ascesi, disciplina spirituale, invincibilità e uno speciale carisma. Le Virtù sono raffigurate come le Dominazioni, salvo per i piedi che sono nudi. Corrispondenze:

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Nome Divino: אלהים; Sefirà: גבורה‚ Gheburah;Angelo: Camael, “la Forza instancabile”. Astrologia: Cielo di Marte.Il nome ebraico del Coro delle Virtù è Melachim: “La Milizia celeste”. Alessandro Benassai Estratto da "CORO ANGELICO DELLE VIRTÙ" in Le Gerarchie Angeliche

Coro Angelico delle Dominazioni “Potenti sopra gli uomini”. Questa purissima essenza celeste è maestà e impero che opera con pieni poteri nel dominio della saggezza e della giustizia nella clemenza. Esprime una dignità sacerdotale incapace di qualsiasi soggezione umiliante e decadente in forme sensibili e mondane.

Libertà e inflessibilità al di sopra di ogni servitù e umiliazione e forza di ascesi sotto gli auspici della grazia e dell'amore divini, le Dominazioni, libere da ogni oppressione, si muovono intorno a Dio e non sono in alcuna maniera sottoposte alle forze contrarie all'ordine divino, sulle quali esercitano il dominio assoluto. Le Dominazioni stabiliscono la giustizia per tutte le forze e in tutte le forme proiettate dalla Trinità, mantenute nella Creazione continua dagli Elohim e dagli Esseri Cosmici. La giustizia divina è la base dell'ordine e delle direzioni nella manifestazione (cfr. F.Rolt-Wheeler, Le Jour de Brahm). L'Angelo che regge le legioni nella sfera della Sefirà Chesed è צדקיאל Zadkiel; il suo nome significa: Giustizia e misericordia (Dn.4,24) divina. Le Dominazioni vengono raffigurate con i piedi calzati, un solo paio di ali, veste e mantello senza ornamenti, talvolta una fascia verdeoro in vita. Nella mano destra tengono una lunga verga d'oro terminante con una croce e nella sinistra una sfera con il monogramma IC XC. Il nome ebraico del Coro angelico delle Dominazioni è Chasmalim: i “Principi dello splendore” (Sal.68:32; Ez.1:4- 27). Il Nome Divino:אל, la Sefirà: חסד, Grazia, Amore Divino (Sal.33:22); astrologia: il Cielo di Giove. Simbolo: l'Aquila. Alessandro Benassai Estratto da "CORO ANGELICO DELLE DOMINAZIONI" in Le Gerarchie Angeliche

Coro Angelico dei Troni

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I Troni sono gli “Assistenti di Dio nei suoi giudizi”, “coloro che vedono (Dio)”, gli “specchi di Dio” (Is.33:7). Essi sono rappresentati come ruote di fuoco alate composte da quattro ali piene d’occhi. Nella parte bassa della ruota appare una testa di angelo. Il colore predominante è il giallo.

I Troni, sebbene partecipino alla natura dei Serafini e dei Cherubini, esprimono in particolare l'altezza spirituale, il perfetto distacco da ogni soggezione terrena, da ogni immagine e forma nella più potente regalità. Immobili, invisibili, immateriali, effondono perfetta purezza in un’indefettibile immutabilità, vegliando perennemente intorno a Colui che è l'Altissimo.I Troni ricevono impassibili l'influenza della forza e della sovrabbondanza divina e comunicano la loro natura a chi se ne rende degno. La loro Iniziazione è smaterializzazione totale e perfetta, veglia perenne, stabilità e saldezza, immobilità iniziatica nella contemplazione della Verità. L'Angelo preposto ai Troni attribuito alla terza Sefirà בינה Binà, l'Intelligenza Divina, è Zafkiel, l'Angelo della “contemplazione della Verità” detto “Visione di Dio”.Il Nome ebraico corrispondente al Coro dei Troni è Aralim, “gli Araldi” (Is.33:7), “Coloro che sono guardati da Dio”.Nome Divino יהוה אלהים . Astrologia: il Cielo di Saturno. Alessandro Benassai Estratto da "CORO ANGELICO DEI TRONI" in Le Gerarchie Angeliche

Coro Angelico dei Cherubini I Cherubini sono i “Medianti”, “coloro che contemplano Dio”. Essi vengono raffigurati con veste, tunica e mantello riccamente ornati; la tunica scende fino alle ginocchia ed i piedi sono calzati. Hanno due paia d’ali. Il Colore predominante è l'azzurro.

I Cherubini sono i custodi dell'Albero della Vita (Gen.3:24) che simboleggia la vita di Dio attraverso il Cristo, la sapienza divina, l'immortalità, la theosis, l'Archeosofia realizzata. Essi manifestano la potenza e la saggezza di Dio e trasmettono la Luce della Sapienza Divina.

Due Cherubini fatti d'oro (simbolo dell'abbondanza divina e della perfezione) l'uno di fronte all'altro, sono comandati da Dio a protezione dell'Arca della Testimonianza (Es.25:18s). Il termine ebraico כרוב Kerûb è considerato un'adozione della forma accadica karûbu (כרב) con significato di “intercessore”, “orante”. È la forma con cui, fra le divinità secondarie della Mesopotamia, viene indicata la coppia karûbu-karûbu di geni alati protettori, dall'aspetto umano e animale (aquila, toro, leone), per lo più affiancanti il trono regale o destinati a sorvegliare tesori e porte di santuari. I Cherubini rappresentano il carro (merkabah) o il Trono di Dio (Ez.10:15), la “cavalcatura” con la quale Dio discende planando sulle ali del vento (Sal.18:11).

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Essi comunicano, a chi si conforma al loro Ordine, la loro natura spirituale, la contemplazione divina, la forza e l'illuminazione suprema che dissipa qualsiasi tenebra. LE CORRISPONDENZE Il nome ebraico corrispondente al Coro dei Cherubini è Ofanim: “Le Ruote” (del Carro) (Ez.1:16,20). A questa essenza celeste è associato il secondo aspetto della Luce Divina: il Movimentoprimordiale. Nome Divino: יה Sefira: חכמה Chochmà, la Sapienza increata di Dio (Sal.147:5). Angelo che presiede: רזיאל Raziel. Lettera: ב.Astrologia: il Cielo delle stelle fisse. Alessandro Benassai Estratto da "CORO ANGELICO DEI CHERUBINI" in Le Gerarchie Angeliche

METATRON, IL PRINCIPE DEL VOLTO L'Angelo che presiede al Coro dei Serafini è conosciuto con il nome di מטטרון, Metatron. Nel Talmud e nella Kabbalà è chiamato “l'Angelo della Presenza” o “Principe del Volto”, colui che sta a capo di tutte le Legioni della Luce e della Saggezza.

Nell'Avesta è detto: “Luce visibile della Luce Invisibile”. Egli rappresenta il primo essere che ha conosciutol'Intenzione divina. La Legge fu data a Mosè da Metatron, perché l'Angelo della Presenza fu il “Volto di Dio” nella nube e il fuoco ardente sul monte Sinai. Nella sua qualità di Angelo della Presenza, Metatron conduce davanti all'Eterno le anime che hanno acquisito il corpo di gloria dell'immortalità. Alessandro Benassai Estratto da "METATRON, IL PRINCIPE DEL VOLTO" in Le Gerarchie Angeliche

Coro Angelico dei Serafini Serafim, dall'ebraico ׂשרפים, Serafim: gli “Ardenti”, “coloro che bruciano d'amore per Dio” (Is.6:3). La prima essenza celeste è fulgore di perfezione e splendore di bellezza (Sal.49:2-3), fuoco d'amore consumante (Es.24:17) e sovrabbondante fervore, incessante movimento indice di intensissima vita, che unendosi purifica sommamente (Is.6:6-7) e trasforma chi si rende degno partecipandolo alla sua natura, infondendogli con la propria stessa vivente essenza un impeto irresistibile e una

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indeclinabile virtù con il potere di vibrare, di sintonizzare con l'amore divino, la gioia divina, l'energia divina, e la volontà divina, avvicinandolo all'unione con Dio.

I Serafini comunicano agli Ordini inferiori ciò che ricevono dalla Luce gloriosa di Dio, che viene accolto secondo il grado di ricettività e affinità. I due Serafini “che stanno in piedi davanti al Signore seduto sul trono” sono individuati da Origene come il Verbo e lo Spirito Santo, che con il loro canto rivelano il Mistero della Santissima Trinità: «E l'uno rivolto all'altro proclamava:Santo, Santo, Santo è il Signore Tsebaoth»(Is.6:3). Santo-Santo-Santo si riferisce sia al Dio Unico, il “Re della Gloria” (Sal.24,10), che alle sue Tre Personalità uguali e distinte, individuate dalla triplice ripetizione di Qedhôsh: Padre, Figlio e Spirito Santo. Si fa riferimento ai due Serafini nel Salmo 33, versetto 6:«Con la Parola di Yahveh furono fatti i cielie con il Soffio della sua bocca (l'Onnipotenza creatrice)tutto il loro esercito (di angeli).» La visione del Serafino (Is.6:3 s.; Ap.4:8) “su cui risiede la Gloria di Dio d'Israele” (Ez.9:3;10:4;10:18), è oggetto di contemplazione degli estatici della Merkabah. I Serafini vengono dipinti completamente in rosso fuoco. Hanno ali rosse, delle quali due coprono il viso e due i piedi, ed una spada fiammeggiante nella mano destra. I loro piedi sono nudi e non hanno altro vestito che le ali. Essi sono coloro che vigilano intorno al trono di Dio (cfr. Tommaso Palamidessi, L'icona, i colori e l'ascesi artistica). LE CORRISPONDENZE Al Coro angelico dei Serafini corrisponde il nome ebraico Haioth Akkodesch: “le Sacre Creature Viventi” (Ez.1:5) a mezzo delle quali Dio distribuisce il dono di essere. Il Nome divino corrispondente è אהיה, la Sefirà כתר Kether. Il Cielo astrologico del Primo Mobile. A proposito delle corrispondenze celesti, Agrippa scrive nel suo De occulta philosophia che i 10 Nomi Divini Principali, attraverso le 10 Sefiroth «come attraverso abiti o strumenti o esemplari dell'archetipo, influiscono e agiscono su tutte le creature, a cominciare dalle superiori. Perché tali Nomi Divini influiscono in primo luogo e immediatamente sui nove ordini angelici e sul coro delle anime beate, indi, attraverso questi, sulle sfere celesti, sui pianeti e sugli uomini e infine sulle cose, di cui ciascuna ne riceve il potere e la virtù.» Poi aggiunge: «Il Nome di Gesù ha una medesima virtù del nome di 4 lettere, dato che il Padre gli ha conferito potestà su tutte le cose. I Cieli ricevono gli influssi dagli angeli e questi dal gran Nome di Dio e di JESV. La virtù è prima in Dio, poi si rispande sui dodici e sui sette angeli, che la trasmettono ai dodici Segni e ai sette Pianeti e da questi si riverbera su gli altri minori strumenti divini, penetrando successivamente sino alle cose più infime. Sono i sette spiriti che si tengono costantemente al cospetto di Dio e ai quali è stato dato il potere di disporre di tutto il reame del cielo e della terra.»

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Alessandro Benassai Estratto da " CORO ANGELICO DEI SERAFINI" in Le Gerarchie Angeliche

Discorso sulla Natura degli Angeli Gli Angeli sono preesistenti alla creazione del mondo e nella Rivelazione Dio lo conferma categoricamente (Giobbe 38:7). Il silenzio della Genesi (Gen.1:1) sulla creazione degli Angeli fa capire che tale creazione è antica, precedente quella dell’Uomo. Sofia, la Sapienza creata, era presente alla creazione del mondo e può essere identificata nell’angelo Hakhami El, «Dio mi rende saggio», da invocare per ricevere la saggezza. Gli Angeli, guidati da Sofia, contemplano Dio, governano le stelle ed i pianeti operando secondo le regole dell’astrologia esoterica: «Quando l’influsso astrale – scrive Daniele nel Sefer ha khokabim (Il libro delle stelle) – provoca vizi e avvenimenti dolorosi, l’Angelo che lo presiede non opera perché è uno Spirito del Bene, esso interviene quando la disposizione planetaria è annunziatrice di virtù e di gioia» Notizie sugli Angeli si trovano nel Libro di Enoch, nel Sefer ha Zohar e negli scritti di Qumran, dove vengono chiamati «spiriti» (IQS.3,4), «santi» (IQS.4,22) e «Figli di Dio» (IQH.2,3). «Da una sorgente di Luce sgorgano le generazioni dell’Equità, e da una fonte di Tenebre uscirono le generazioni dell’Iniquità. Nella mano del Principe della Luce sta il dominio su tutti i figli della rettitudine e per le Vie della Luce essi procedono. Nella mano dell’Angelo delle Tenebre sta il dominio dei figli dell’Iniquità ed essi procedono sulle vie delle tenebre. A causa dell’Angelo delle Tenebre i figli della Rettitudine si sviano, perciò tutto il loro peccato e le loro iniquità e la loro colpa ed opere colpevoli sono sotto il suo dominio, conforme ai Misteri di Dio, fino alla fine del suo tempo mentre tutte le loro afflizioni ed i tempi della loro angoscia, sono sotto il dominio del asua ostilità; e tutti gli spiriti a lui asserviti lottano per far inciampare pure i figli della Luce; ma il Dio di Israele e il Suo Angelo della Verità, hanno aiutato i figli della Luce. Egli creò gli spiriti della Luce e delle Tenebre, e su di loro fondò ogni cosa, e sulle loro vie guida ogni azione» Nei manoscritti esseni del Mar Morto è annunciato che alla fine dei tempi divamperà la guerra degli «Eroi del Cielo», e il Signore con tutti i suoi angeli sconfiggerà i figli delle tenebre (IQM.1,10; Mat.25:31). Gli angeli furono creati dal Verbo Divino come attesta re Davide nel Salmo 33 versetto 6:«Con la parola di Yahweh furono fatti i cieli,con il soffio della sua bocca tutto il loro esercito» e furono disposti da Dio in 9 Cori, come fa capire il profeta Isaia quando afferma: «Levate in alto i vostri occhie guardate: chi ha creato quegli astri?Egli fa uscire in numero preciso il loro esercitoe li chiama tutti per nome;per la sua onnipotenza e il vigore della suaforza non ne manca alcuno» (Is.40:26).

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Costituiti di materia e forma gli angeli sono citati come «nature ignee» (Salmo 103), Ministri di una perenne liturgia cosmica che celebra la Gloria di Dio: «I Cieli cantano le tue meraviglie, Signore,la tua fedeltà nell’assemblea dei santi»(Salmo 88:6; Is.6:2; Ap.7:11). Gli Angeli governano i Popoli (Dn.10:13), le Nazioni, i Regni e le Età. Sant’Agostino afferma che «ogni cosa visibile è governata in questo mondo da una potenza angelica che ad essa è preposta». Dodici angeli presiedono alle dodici porte della Gerusalemme Celeste (Ap.21:12). Pronti esecutori della volontà divina (Salmo 102:20) gli angeli annunciano e portano il pensiero continuo dell’Eterno in tutti i mondi della creazione. Indicati da san Paolo come spiriti incaricati di un ministero e inviati da Dio per assistere coloro che devono entrare in possesso della salvezza (Ebrei 1:14), gli angeli aiutano nello svolgimento dei Riti, annunziano la nascita del Signore (Luca 2:9) e del suo Precursore, Giovanni il Battista (Luca 1:11), testimoniano la resurrezione di Gesù Cristo (Mat.28:2), intervengono a favore degli Apostoli (Atti 5:19; 12:7), comunicano il volere di Dio (Atti 27:23), soccorrono (1Re 19:7) e proteggono (Esodo 14:19), liberano dal male(Gn.48:16), esprimono l’amore di Dio (Mt.18:10), assistono al giudizio (Luca 12:8) e puniscono il nemico della fede (Atti 12:23). Alessandro Benassai Estratto da "DISCORSO SULLA NATURA DEGLI ANGELI CARATTERISTICHE, MANSIONI DEI MESSAGGERI DIVINI BUONI E CATTIVI (Prima parte)" in Le Gerarchie Angeliche

Gli Angeli "Nessuno può andare direttamente verso la Trinità se non passa attraverso gli Angeli secondo la loro gerarchia ordinata da Dio in tre ordini. Gli Angeli sono preesistenti alla Creazione del Mondo e nella Rivelazione Dio lo conferma categoricamente: "Dov'eri tu quando Io mettevo le basi al mondo?DimMi dunque se possiedi vera scienza: chi ne fissò le misure, sai forse questo?O chi distese il regolo?Su che cosa furono poggiate le sue basi o chi pose la sua pietra angolare? Mentrecantavano insieme le stelle del mattino e giubilavano tutti i figli di Dio (angelicelesti) ...?" (Giobbe 38:7). Gli Angeli (Messaggeri di Dio) sono nominati nell'Antico e Nuovo Testamento; essi sono discretamente conosciuti in quanto queste essenze celesti sono nove divise e classificate in tre triadi, enunciate da Dionisio l'Arèopagita : Serafini, Cherubini, Troni;Dominazioni, Virtù, Potenze;Principati, Arcangeli, Angeli."

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"Lo schema della Scrittura e tradizione dell'ordinamento dei 9 Cori angelici indicato dall'esoterico Dionigi Arèopagita, è ricordato da san Paolo nella Lettera agli Efesini (1:21) in cui parla del trionfo e supremazia del Cristo riferendo le parole di Dio: "...manifestò in Cristo quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e potestà, e virtù, e dominazione, e sopra qualunque nome che sia nominato non solo in questo secolo, ma anche nel futuro". Troviamo menzione dei Serafini in Isaia, in Daniele e nell'Ecclesiastico; dei Cherubini in Ezechiele; nell'Epistola di san Giuda si accenna agli Arcangeli; e agli Angeli in tutta la Scrittura. Abbiamo così la conferma che lo schema di Dionigi Arèopagita è conforme al Cristianesimo dei primi tempi, e che la disposizione dei suoi 9 Cori è conforme a quella di Dante Alighieri esposta nel suo Paradiso, Canto XXVIII, che scarta le manipolazioni del Pontefice Gregorio Magno." Dante, Templare e Rosacroce, conoscitore delle dottrine esoteriche, che espone "sotto il velame delli versi strani", parla dettagliatamente degli angeli - le intelligenze motrici - e ne descrive diverse visioni. "A noi venia la creatura bellabianco vestito e nella faccia qualepar tremolando mattutina stella" (Purg. XII,88-90) Per il genio di Dante, gli angeli esprimono la loro azione come vigilanza, assistenza e insegnamento sia nel Purgatorio che nel Paradiso, pur restando le Gerarchie Angeliche collocate al di sopra, nell'Empireo, roteanti intorno a Dio. Ne parla quando giunge al nono cielo del Paradiso e vede nove cerchi che con diversa velocità ruotano attorno ad un punto luminosissimo: Dio. "Io sentiva osannar di coro in coroal punto fisso che li tiene alli ubi,e terrà sempre, ne ' quai sembre foro. E quella che vedea i pensier dubinella mia mente, disse: "I cerchi primit'hanno mostrato Serafi e Cherubi, Così veloci seguono i suoi vimi,per somigliarsi al punto quanto ponno;e posson quanto a veder son sublimi. Quelli altri amor che dintorno li vonno,si chiaman Troni del divino aspetto,per che 'l primo ternaro terminonno. In essa gerarcia son l'altre dee:prima Dominazioni, e poi Virtudi;l'ordine terzo di Podestadi èe. Poscia ne ' due penultimi tripudi

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Principati e Arcangeli si girano;l'ultimo è tutto d'Angelici ludi. Questi ordini di su tutti s'ammirano,e di giù vincon sì, che verso Diotutti tirati sono, e tutti tirano. E Dionisio con tanto disioa contemplar questi ordini si mise,che li nomò e distinse com'io. Ma Gregorio da lui poi si divise;onde, sì tosto come li occhi apersein questo ciel, di sè medesimo rise. E se tanto secreto ver profersemortale in terra, non voglio ch'ammiri;chè chi 'l vide qua su liel discoperse con altro assai del ver di questi giri."(Par. XXVIII,94 - 139) Gli ANGELI sono i messaggeri di Dio, annunciano e manifestano i voleri divini all'uomo. Sono quelli che più direttamente influenzano la gerarchia umana. Essi obbediscono ai comandamenti di Dio, fanno la sua volontà vigilando sugli uomini, come dice il Salmista: "Benedite il Signore, voi tutti, o Angeli di lui, che siete potenti, forti, ed eseguite il suo volere" (Salmo 102). Con il loro messaggio e poiché Dio in loro assiste come pietà, gli Angeli operano una purificazione in coloro che ad essi si uniformano nella scalata al cielo. Alessandro Benassai da Il Carro del Sole e il Trono del Cielo

L'Apocalisse e i 7 Gradi di Gloria I sette gradi di Luce, detti "sette gradi di gloria" dove risiedono gli Eletti si ritrovano nell'Apocalisse: 1° grado di Gloria : "Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio" (Apocalisse 2:7) 2° grado di Gloria : "Sii fedele sino alla morte e ti darò la corona della vita" (Apocalisse 2:10) 3° grado di Gloria : "Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi lo riceve" (Apocalisse 2:17)

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4° grado di Gloria : "Al vincitore che persevera sino alla fine nelle mie opere, darò autorità sopra le nazioni; le pascolerà con il bastone di ferro e le frantumerà come vasi di terracotta, con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio, e darò a Lui la stella del mattino" (Apocalisse 2:26) 5° grado di Gloria : "Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti, non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli" (Apocalisse 3:5) 6° grado di Gloria : "Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della Nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo" (Apocalisse 3:12-13) 7° grado di Gloria : "Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono" (Apocalisse 3:21). "E noi tutti, a viso scopertocontemplando la gloria del Signore,veniamo trasformati in quella medesima immagine,di gloria in gloria,secondo l'azione del Signoreche è Spirito." (II Cor. 3:18) Nel Libro di Enoch, oltre alla Gloria del Trono, vi è la descrizione della mistica di Metatròn che gravita intorno alla persona di Enoch. Questi, dopo una devota vita terrena, fu innalzato al rango di primo degli angeli e Sar Ha-panìm (alla lettera "principe del volto divino" o della presenza divina). "Dio mi prese via dalla progenie del diluvio universale, e mi trasportò sulle ali tempestose della Shekhinà al più alto dei cieli, e mi portò nei grandi palazzi in cima al settimo cielo 'Aravòt, dove sono il trono della Shekhinà e la Merkavà, le legioni dell'ira, e gli eserciti del furore, gli Shin'anìm del fuoco, i Keruvìm delle fiaccole fiammanti, gli Ofannìm delle braci infocate, i servitori delle fiamme e i Seraphìm dei fulmini, ed Egli mi collocò là perché ogni giorno servissi il trono della gloria." Alessandro Benassai da Il Carro del Sole e il Trono del Cielo

Il Trono di Dio Nostro Signore Gesù Cristo dice: "E chi giura per il cielo, giura per il Trono di Dio e per Colui che vi è assiso" (Mt. 23:22). Il trono ha una funzione universale di manifestazione della grandezza umana e divina, di supporto della gloria.Il trono si identifica alla scienza divina. Nell'Apocalisse di Giovanni si descrive il trono di Dio sostenuto da quattro animali corrispondenti alle quattro età del mondo.

"Ed ecco c'era un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto. Colui che stava seduto era simile nell'aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il Trono.

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Attorno al Trono, poi, c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro vegliardi avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo. Dal Trono uscivano lampi, voci e tuoni; sette lampade accese ardevano davanti al Trono, simbolo dei sette spiriti di Dio. Davanti al Trono vi era come un mare trasparente simile al cristallo. In mezzo al Trono e intorno al Trono vi erano quattro esseri viventi pieni d'occhi davanti e dietro." (Ap. 4:1-6) "I mistici parlando del Carro Divino, il carro del Trono celeste, fanno riferimento alla Gloria di Dio che è gloria senza misura, gloria nascosta, quella che all'esterno si manifesta a noi tramite la Shekhinah, ossia una presenza dell'essere divino occultato, detto presenza della sua gloria divina. La vera Gloria nascosta corrisponde a una manifestazione rappresentativa dell'apparizione di Dio sul Trono della sua Gloria. La gloria si manifesta con diverse visioni che sono ora facce raggianti di gloria, ora vesti di gloria, lampi celesti vari, impenetrabili aspetti che esprimono la Gloria." "Questa esperienza divina - scrive Gregorio Palamas - è data a ciascuno secondo la sua misura e può essere più o meno grande a seconda della dignità di coloro che la provano". "La Luce che può essere veduta è la luce increata della divinità, ove il Mistero dell'ottavo giorno appartiene al secolo futuro, quando Dio si farà vedere faccia a faccia. Tuttavia i meritevoli che si uniscono a Dio, possono sin da questa vita vedere il Regno di Dio come lo videro sul monte Thabor gli Apostoli del Signore." Alessandro Benassai da Il Carro del Sole e il Trono del Cielo

Gli Esseni Gli Esseni conoscevano i "meravigliosi segreti" menzionati negli scritti di Qumran che possono venire identificati nell'esoterismo del Trono di Gloria e del suo Occupante, del Giardino di Eden, degli angeli e della fine dei Tempi. Filone d'Alessandria nel suo libro De Vita Contemplativa descrive come lui conobbe i Terapeuti Esseni viventi in Egitto, specialmente intorno ad Alessandria, ed informa che il loro insegnamento è basato su tre norme fondamentali : l'amore di Dio, l'amore delle virtù, l'amore degli uomini.

Le fonti d'informazione sugli Esseni oltre che in Filone si ritrovano nelle opere di Giuseppe Flavio, Plinio il Vecchio e in alcune porzioni del Talmùd palestinese e di Babilonia. In questi testi gli Esseni sono descritti in maniera precisa e concorde. Il nome "Esseno" deriva dall'aramaico mesopotamico Hese che significa "santo", che trova riscontro nella parola Hassidim = "giusti, santi", che servì a designare coloro che si tennero raccolti in speciali comunità riservate, allo scopo di pervenire alla santità o Hassidut. Tuttavia nel Talmùd si rintraccia il nome Assaya = "sanatore", dal verbo Assè = "guarire", da cui il termine usato da Filone Therapeutes nel significato particolare di guaritori dell'anima e del corpo. Giuseppe Flavio nelle sue opere Guerra Giudaica e Antichità Giudaiche, parla degli Esseni che presenta prima dei Farisei e dei Sadducei, dicendo:

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"Costoro respingono i piaceri mentre guardano come virtù la temperanza e il non cedere alle passioni. Dispregiano la ricchezza e invano si cercherebbe tra di loro qualcuno che possegga più degli altri, dato che entrando nella corporazione cedono il loro patrimonio alla comunità, cosicché in tutti loro non appare né l'umiliazione della miseria, né l'alterigia della ricchezza, bensì essendo fusi insieme gli averi diciascuno, hanno tutti, come fratelli, un solo patrimonio. Si vestono di bianco e non si ungono con l'olio. La loro pietà verso la Divinità ha una forma particolare: prima del sorgere del sole non proferiscono alcunché di profano, ma recitano certe preghiere verso di esso, quasi a supplicarlo di spuntare. Dopo ciò ognuno è invitato dai sovrintendenti al mestiere che sa. Dopo aver lavorato energicamente fino all'ora quinta, si radunano nuovamente in un solo posto, e cintisi di un indumento di lino si lavano il corpo con acqua fredda. Dopo questa purificazione, vanno insieme in un edificio particolare dove a nessuno d'altra fede è concesso d'entrare; loro stessi non entrano nel refettorio che dopo essersi purificati, come in un recinto sacro. Dopo che, in silenzio, si sono seduti, il panettiere serve i pani per ordine, e il cuciniere serve a ciascuno una sola scodella con una sola vivanda. Il sacerdote premette al pasto una preghiera, e nessuno può gustare alcunché prima della preghiera; dopo che hanno mangiato egli aggiunge una nuova preghiera; cosicché sia al principio che alla fine venerano Dio come dispensatore della vita. Dopo, deposto le vesti indossate per il pasto, dato che esse sono sacre, tornano nuovamente ai lavori fino a sera. Allora ritornano e cenano nella stessa maniera in compagnia degli ospiti, se per caso ve ne sono di passaggio tra loro. Né clamore ne tumulto contamina la casa: per parlare si cedono la parola, gli uni agli altri, ordinatamente. A quelli che sono fuori il silenzio di quelli che sono dentro appare come uno spaventoso mistero, mentre è motivato dalla loro continua sobrietà e dal fatto che il cibo e la bevanda sono loro misurati in modo che siano soddisfatti, ma non più. Hanno una cura straordinaria degli scritti degli antichi, scegliendo specialmente quelli che riguardano il profitto dell'anima e del corpo. E qui studiano come guarire le malattie, le radici che preservano da esse e le proprietà delle pietre. Coloro che desiderano entrare nella loro setta non ne ottengono l'accessoimmediato. Al postulante impongono per un anno la stessa norma di vita, benché ne rimanga fuori: gli consegnano una piccola scure, la cintura e una veste bianca. Dopoché egli in questo tempo avrà dato prova di temperanza, s'inoltra più addentro nella norma di vita ed è fatto partecipe di acque di purificazione ancora più pure, ma non è ancora accolto nella vita comune. E infatti, dopo la dimostrazione di costanza, per altri due anni se ne mette a prova il carattere; e allora se appare degno è accolto nella società. Tuttavia prima che possa partecipare all'Agape deve pronunciare davanti ai suoi fratelli giuramenti terribili." Gli Iniziati Esseni seguivano una rigida disciplina ascetica, con voto di castità e povertà; aspettavano la venuta del Salvatore, il Messia promesso, Colui che doveva venire, per cui si possono considerare precursori dell'imminente Cristianesimo. Gli Esseni che avevano scuole di profetismo, erano tutti Nazirei (da Nazir = "puro")vocabolo che indicava coloro che erano "consacrati a Dio".

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Gli stessi principali tratti degli Esseni esposti da Flavio e da Filone, si ritrovano minutamente nelle descrizioni relative a coloro che con il nome di Hassidim, Assidei, e di Nazirei risalgono ai tempi dei profeti Amos e Geremias, e sono l'anello di congiunzione tra i discendenti di Mosè, gli Esseni riconfermati da Elia e gli Hassidim del tempo dei Maccabei. Tutti i lineamenti essenziali essenici o hassideici o nazirei, si convogliano evidenti in Giovanni il Battista e nello stesso Gesù il Nazareno, o Gesù Nazireo come è chiamato indifferentemente nei Vangeli e nei primi Cristiani. Alessandro Benassai da Il Carro del Sole e il Trono del Cielo

La Papessa Il secondo grande Arcano, il Santuario o la PAPESSA, rappresenta la conoscenza magica, la Gnosi, la Sapienza Segreta che si apprende nel Santuario, il cui accesso è sorvegliato da due guardiani, le due Colonne. Il volto della Papessa è coperto da una maschera simbolo della prudenza nella rivelazione; stringe in mano l’Ankh o chiave d’Iside e il libro o papiro della sapienza arcana, i cui insegnamenti consentono di conciliare gli opposti.

Alla Papessa, che significa la Scienza e la Scelta (di entrare o di rimaner fuori del Santuario), sta l’INNAMORATO. Il significato più profondo dell’Innamorato è l’Eros, la forza dell’amore simbolizzata dall’angelo solare che scocca la freccia; è la passione ardente, il fuoco interno, la forza dinamica necessaria per produrre il lavoro, secondo il detto “li vedrete dai loro frutti”. Il bivio indica chiaramente che questa forza passionale può essere diretta dal Mago in alto, per una trasmutazione interiore, o in basso per perdersi nella mediocrità della vita ordinaria e nella soddisfazione-sofferenza delle passioni sfrenate della vita sessuale e istintiva. L’Innamorato, allegoria della tentazione magica, continua a manifestare una forza dualistica stabilita dalle due colonne del Tempio della Papessa, ed è simbolo della scienza del bene e del male.Abbiamo visto che alla Papessa corrisponde il “denaro” da far fruttare secondo la parabola: “a chi ha sarà dato, e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”; il Mago deve far fruttare la sua Scienza per produrre un’opera o lavoro e per farlo deve accendere il Fuoco fattivo. Il fuoco senza la produzione del lavoro rimarrebbe sterile e morirebbe. Alessandro Benassai da La Chiave del Tarocco

Simbolismo del Numero Quattro “Il 4 indica i quattro Mondi della Kabbala (=Tradizione): 1) Mondo di Atziluth, mondo della emanazione; 2) Mondo di Beriah, mondo della creazione; 3) Mondo di Yetzirah, mondo della formazione; 4) Mondo di Asiya mondo della produzione.

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Quattro sono le virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Le quattro virtù archeosofiche: fede, speranza, carità, umiltà. Il 4 è il numero di un ciclo perfetto che riporta all'unità iniziale che ben si addice attorno al Trono di Dio.

Giovanni ha usato a proposito la simbologia del quattro, perché l'uomo decaduto, avendo perduto il senso dell'Eternità e il senso dell'Unità, deve fare ritorno al Centro + Croce, onde restaurare lo stato primordiale con il raggiungimento dell'Albero della Vita, il Cristo e riacquistare il senso dell'Eternità. Il quaternario è la progressione aritmetica dei quattro primi numeri di cui l'unità è il primo termine, cioè: 1+2+3+4=10. La decade che viene fuori dal quaternario è un simbolo di perfezione e chiave dell'universo. Racchiude un profondo insegnamento che fa ritornare al creatore, ottenendo con questa unione la potenza, l'intelligenza spirituale e l'amore. È la reintegrazione nella Nuova Gerusalemme. Il 4 rappresenta le quattro lettere ebraiche del nome di Dio YHVH dove ciascuna è secondo una tradizione ebraica: Y l'uomo, H il leone, V il toro (o vitello), il secondo H l'aquila. Quindi secondo san Ireneo agli evangelisti migliore attributo non si poteva dare. Il quaternario è fondamentale per ottenere la Grande Opera e la ricerca della Pietra Filosofale”. Alessandro Benassai da (Tommaso Palamidessi, Il Libro dei Numeri.) in La Chiave del Tarocco

Il Bagatto o Mago Arcano I . IL MAGOUn uomo in piedi. Ha un aspetto giovanile e sicuro, determinato, pieno d’iniziativa e fiducioso nei propri mezzi e nella Provvidenza. Porta sulla testa il simbolo dell’infinito matematico, simbolo della vita e dello spirito universale. Tiene in mano le insegne della potenza e ha davanti a sé una coppa e un denaro in oro.

Il Principio di tutto. Dio. L’Unità creatrice che opera nel mondo manipolando le quattro forze fondamentali. L’Uomo, l’Io-volontà. L’Alchimista mosso da una forza interiore e deciso ad intraprendere i lavori della Grande Opera. La Coppa, la Spada, il Bastone, l’Oro o Denaro sono i simboli delle sue qualità e facoltà. L’Oro, il Denaro o Moneta, indica il discernimento spirituale e la fede come criterio di verità. Il “Denaro” ha forma circolare vuota al centro per simbolizzare l’infinito nel finito. Corrisponde all’elemento Terra, al genere femminile, alla Madre. La Coppa è il simbolo della Sapienza e dell’Amore che risiede nel cuore. Corrisponde all’elemento Acqua, al genere femminile, alla Madre. La Spada rappresenta la Volontà di lotta per dividere il bene dal male e sta alla parola. Corrisponde all’elemento Aria e al genere maschile.

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Il Bastone è lo Scettro del potere e del comando, del dominio delle forze, lo strumento della proiezione delle forze. Corrisponde all’elemento Fuoco, al genere maschile, il Padre. Questi quattro simboli rappresentano il “quaternario” delle potenze che operano nella Creazione e nella realizzazione della “Grande Opera” alchemica intrapresa dal Mago o Teurgo. Il Quaternario riassume tutta la Creazione ed è la chiave del Tarocco o Rota dell’esistenza universale. Alessandro Benassai estratto da "LE 22 CHIAVI MAGICHE O ARCANI MAGGIORI"in La Chiave del Tarocco

I 22 Arcani Maggiori Nel paese di Mizraim che noi chiamiamo Egitto, presso i Sacerdoti della città di Moph, di cui i Greci ne fecero Memphis, venne scritto dal più grande gnostico o Sapiente dell’epoca, di nome Ermete–Thot, un libro strano composto di 22 Arcani Maggiori e 56 Arcani Minori. Settantotto fogli di papiro che più tardi vennero incisi su lame d’oro per tramandarlo ai posteri, quando l’ignoranza e le guerre avrebbero fatto perdere la tradizione orale.

Infatti Ermete Trismegisto ebbe ragione, perché, malgrado le stratificazioni di culture e di civiltà posteriori all’egiziana, malgrado la devastazione persiana di Cambise che distrusse biblioteche, sacerdoti e profeti, le Lame del Tarocco giunsero ai diversi Santuari Occulti dell’India e di altre regioni del mondo. L’originale di questo libro meraviglioso scomparve, ma i simboli si sono tramandati. Sicché i Maestri Kabbalisti ebraici, sulle orme dei Maestri Egiziani, hanno potuto svelarci l’insegnamento nascosto di questi fogli profetici e talismanici. Essi li usavano nei loro riti teurgici o di Magia Divina per dominare la Natura e ottenere da essa ciò che volevano, ricevendone anche degli oracoli precisi.

Queste Lame si diffusero in tutte le scuole esoteriche di magia per giungere persino al popolo, nella forma popolare e spoglia del Tarocco. I 22 Arcani Maggiori sono le carte fondamentali dalle quali derivano le altre 56. Vi sono rappresentati secondo l’insegnamento occulto, le lettere ebraiche ed egizie, i simboli, i numeri, le allegorie, in correlazione misteriosa con gli uomini e le cose, costituendo 22 Arcani o segreti. I 22 Arcani maggiori sono 22 Pentacoli, 22 Chiavi, un invisibile filo conduttore che mette a contatto con delle forze divine, angeli, Arcangeli, Enti che possono aiutare. Alessandro Benassai estratto da "LE 22 CHIAVI MAGICHE O ARCANI MAGGIORI"in La Chiave del Tarocco

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Il Simbolismo della Costellazione di Cassiopea CASSIOPEA, la Regina sul Trono.

Cassiopea è la Sposa del Re Cefeo, l’uccisore dell’Orsa, è la Regina del cielo che pesta la testa del Drago, l’Intelligenza, la madre d’Andromeda, la Potenza con la quale il Re regge e governa il mondo.

La prima parte del nome deriva dalla radice sanscrita Kaç: apparire, rendersi visibile, avere un bellissimo aspetto, rispondere (di luce), che trova confronto con l’ebraico Kes, Trono e il significato greco di pelle, rivestimento, copertura, come il latino Scortum, assonante con scorto (participio passato del verbo scorgere), nel senso che appare, diviene visibile, una copertura, una pelle che cela la nudità e riflette la luce del Sole. La radice greca indica anche un significato complementare come la sorella per un fratello, la luna rispettoal sole e l’anima per lo spirito. Cassiopea rappresenta la bellissima Vergine Iperborea, Opi(de) l’abbondanza divina, che indossa la candida “Pelle dell’Orso”, la Donna Arcaica, l’Aurora Boreale, la Regina del Cielo velata della luce del suo Sposo, il Re del (Mezzo)Giorno, la Dea-Luna che fulgida rischiara la lunga (Mezza)Notte polare. Alessandro Benassai estratto da "CASSIOPEA"in Origine e Significato delle Costellazioni

Il Simbolismo delle Costellazioni Circumpolari L’ORSA

L’Infinito, l’Ain-Sof-l’AssolutoL’Eros Demiurgico Divino.Il Potere che viene prima dell’essere e del non-essere, del manifesto e dell’immanifesto, la Potenza Cosciente di Lui e i tre veliIl DRAGOL’androgine tagliato in due da Bel-Marduk per dare inizio alla creazione del mondo con la divisione in Cielo e la terra. Tiamathu, il Caos Primordiale dominato dalla Luce, Prakriti, Maya, Maria, la Materia Prima, il Fondo su cui poggia la creazione, l’Abisso, le Profondità e le tre Forze che assumono la mutevole forma dell’Universo. La matrice dell’Assoluto, la Madre dell’Universo, la Vergine Pariturae coperta dall’ombra della potenza dell’Altissimo, il volto dell’abisso coperto dalla tenebra, il velo del Tempio infranto dalla Luce. L’atto della Potenza CreatriceL’Universo L’Assoluto quando volle entrare in azione, creare l’Universo e rivelarsi per la redenzione dell’uomo, fece procedere da se stesso Dio il Figlio, nato dal Padre da ogni eternità, e Dio Spirito Santo, che emana dal Padre da tutta l’eternità, che con il Padre, il non-nato, formano la Trinità.

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Il Figlio, l’Essere, l’Io Sono, la Sapienza, il Verbo, è Dio nella manifestazione, lo Spirito Santo, l’Eros Divino, l’Amore del Padre, la Madre Divina, la Shekhinah, è Dio nella manifestazione occulta mentre il Padre rimane sempre trascendente. La Potenza Cosciente di Lui,l’ORSAsi “polarizza” in:Potenza generativa Maschile Potenza creativa Femminile l’ORSO l’ORSA-DRAGODio Padre Madre il cui atto è la creazione dell’Universo o Adam Kadmon, tratto all’essere dal nulla, l’Uomo Celeste anteriore alla creazione materiale, creato nel pensiero divino ad immagine e somiglianza del Creatore, a cui Dio si rivela unendosi a lui come Trinità: Essere-Coscienza-Beatitudine. Dopo la scissione dell’androgino, e la caduta, Dio si rivela alla coppia umana, per la redenzione dell’uomo, come Dio il Figlio, Dio nella manifestazione e Sofia, l’archetipo della creazione ideale. Da Adamo Androgine Dio sdoppia (il misterioso parto della femmina) Eva, la Sciakti, CASSIOPEA, la Potenza, che (coperta dall’ombra dell’Altissimo) concepisce il figlio, Adamo, Sciva, CEFEO, lo Spirito. Alessandro Benassai estratto da "IL SIMBOLISMO DELLE 4 COSTELLAZIONI CIRCUMPOLARI"in Origine e Significato delle Costellazioni

Alef La lettera A, l’Alef, il numero 1, l’Unità da cui tutti i numeri nascono e sono formati, è la prima emanazione divina, la prima energia increata che contiene in sé le successive come il bianco ha in sé tutti i colori dello spettro continuo; da essa sorgono tutte le successive energie increate. È la primamanifestazione dell’azione di Dio, la Sfera Rossa, la volontà-amore, la corona di Dio, il potere direttivo e ordinatore, il dominio su tutta la creazione, il Principio di tutto ciò che è, che era e che sarà.

L’Alef è ad un tempo la prima dell’alfabeto e il numero 1. Il valore numerico del suo nome: 111 simboleggia l’aspetto trino dell’unità. Il significato del suo nome, che muta secondo i piani a cui si applica, indica il potere d’insegnare e di moltiplicare e vuoi dire uno e mille. È “il Capo”, il potere centrale, direttivo e ordinatore, colui che nomina ed investe di potere, in virtù della sua stessa natura. L’Alef rappresenta la volontà suprema, è l’unità che genera e forma tutti i numeri, la forza forte delle forze simboleggiata dalla figura o immagine dell’Alef: il toro, simbolo del Sole, il cui sangue è veicolo di vita immortale e di potere regale. Il sangue dell’Alef, il sangue del toro, è Alef-Dam (Dam: sangue) o ADAM, il primo Uomo nato dal sangue (sacrificio), dalla vita del Padre. L’Adam Kadmon è la figura umana che si vede (sul

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Trono) al di sopra delle Chaioth nella visione di Ezechiele. È il volto umano dipinto di rosso della Sfinge, che ha corpo di leone, il primo animale che Adamo chiamò ARIH. La voce AHI significa respiro potente ed impetuoso, AR è il fuoco su cui si bruciavano gli olocausti sull’altare, per cui ARIH significa respiro di fuoco o ruggito. Il leone, ARIH, ha un significato teologico e sta per il leone di Dio o di Gerusalemme, il Leone della Tribù di Giuda. La voce RI significa vedere guardare: il leone è colui che guarda o il Guardiano (=Drago), l’aspetto o lo specchio dell’Alef. Il nome ARIEH, scomposto in AR, fuoco, e AIH, il rapace, indica la Fenice o Aquila, NeSRa: N(caduta)-Sh(fuoco)-R(spirito), cioè la “pioggia di fuoco”. L’Alef, l’Unità, la Potenza Suprema, si manifesta e si rivela tramite un veicolo o corpo la cui figura è un’immagine sintetica formata da 3 simboli di animali nominati da Adamo per ordine di Dio: il Toro, il Leone, e l’Aquila, sopra i quali il volto dell’Uomo. Leone e Aquila sono due simboli che indicano regalità, dominio e potere in cielo e in terra e costituiscono con il Toro il corpo igneo dell’Alef. Le 4 figure regali indicano il dominio sui 4 Regni della Natura vivente. Alessandro Benassai estratto da "ALEF"in Origine e Significato delle Costellazioni

Kether Helion Kether Helion è la Corona del Re, la Corona di Dio Altissimo, l’Alef, l’1 e il 1000, l’Unità Trina nella sua espressione (A-L-F = 1-1-1) ad immagine della Tri-Unità Divina: Onnipotenza, Onnisapienza e Onniamore Kether, Causa delle Cause, è il Potere regale, direttivo ed ordinatore il dominio, la Volontà-Amore-Saggezza, prima espressione dello Spirito o Archè, il Principio in cui emanano tutte le Qualità e Virtù della Coscienza Assoluta. Da Kether, la Prima Emanazione divina, derivano le altre Sefiroth e da queste gli spiriti, le anime e i Mondi.

Kether, la Corona, è l’irradiazione del Sole Occulto, Athon-Rà, che splende nell’Infinito, l’Alef-UR-RU-Alef, il Centro invisibile da cui irradia ogni Vita e ogni Luce, i Raggi purissimi dell’Energia dell’Ain Sof formano l’inaccessibile Sfera dell’Essenza Divina di EHIEH, il Reame, della Potenza-Coscienza dell’IO SONO. La Candida Luce, la Forza-Vita è la proiezione o l’emanazione dell’Io-Sole, l’Io-Solus, l’Io-Unico o Io-Unità, è lo splendore o l’aur-eola, il rapido vento dello Spirito, la luce brillante dai 7 colori, la Gloria Superna, la Corona del Solo e Unico Dio.

Quando un raggio di luce del Sole attraversa un cristallo, le diverse vibrazioni monocromatiche, o numeri in movimento, rivelano i colori che nell’insieme formano il Bianco-Unità. Essi vengono riflessi con angolo il cui valore dipende dalla propria temperatura e proiettandosi su di un piano o schermo formano una scala continua fatta di infinite ottave di colori visibili o invisibili, detta Spettro. Ogni colore o vibrazione è una forma d’energia che ha una determinata frequenza e lunghezza d’onda percepita, secondo i sensi, come suono (udito), colore (vista), temperatura-calore (tatto), sapore (gusto), odore (olfatto).

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Il Cristallo, dal latino crystallus, acqua gelata, è la pura pietra diafana, attraverso la quale la prima Luce dal Tempio supremo traspare come Luce Iridescente, Luce dai 7 colori, che si chiama Aureola o Diadema la fascia che il Nume portava strettamente legata al capo, la pietra preziosa della corona di Dio, fatta della medesima luce, ma congelata; è la Luce Vergine strettamente legata, fissata o cristallizzata per un cambiamento di condizione: la Sapienza increata.

“Crystallus” sta per “coppa di cristallo” con allusione al Santo Graal. La radice sanscrita kriy significa sapienza, mentre ghiaccio viene da glacies: acqua ghiacciata, e da glaucus, azzurro, intendendo il coloredell’acqua e del ghiaccio, il colore della sapienza. La Sapienza increata Chochmà, la seconda Sefira, l’acqua vergine azzurra, è pura bianca-luce gelata, la gemma arcaica, l’occhio di Râ, l’An(tico) gelo, è il cristallo che diffrae la pura Luce di Kether dando origine alla Sfera di Atziluth, il Mondo degli Attributi Divini e delle Sefiroth; il piano, lo schermo o velo che nasconde la Gloria Superna, Kether, la Corona dell’Altissimo. La settemplice luce emanata da Chochmà, dalla Sapienza increata, il cristallo azzurro, è la Luce dell’Intelligenza, Binah, la Madre dei mondi, l’ottava, delle sette Luci increate inferiori, dette di costruzione. Da Chochmà derivano le 32 vie della Sapienza, i 32 Elohim. Da Binah derivano le 50 Porte dell’Intelligenza della Luce e gli Spiriti e il Mondo o la Sfera della Creazione Ideale. Alessandro Benassai estratto da "KETHER HELION"in Origine e Significato delle Costellazioni

La Sfera Celeste La Sfera Celeste, il Cosmo composto di materia creata intelligibile e sensibile, è anche uno spazio fluidico circoscritto adinamico, reso dinamico dalla Potenza Creatrice. Il Cosmo cosparso di stelle è una sfera rotante e pulsante nell’infinito ed immobile oceano, increato ed eterno, compenetrato dall’onnipotente edonnipresente essenza dell’Assoluto.

L’immensità del Cosmo con tutti i mondi o dimensioni che contiene, è difficile da misurare e da immaginare, ma lo spazio non circoscritto, dove si distende all’infinito l’Assoluto è intellettivamente incomprensibile. Tutto ciò che esiste nel Cosmo è stato portato all’essere dalla Volontà di Dio e la Creazione dura in eterno perché eterno è l’atto creativo di Dio Padre-Madre. Universi sono stati creati ed altri lo saranno dopo quelli di adesso in questa o in altre zone dell’infinito nulla. Il Polo rappresenta l’Isola rotante, la sede del Santo Graal, il Pernio del Mondo, il Motore Immobile. I due Poli simbolizzano i due aspetti opposti e complementari che formano i due piatti oscillanti della bilancia primordiale.

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Positivo e negativo, alto e basso, più e meno, maschile e femminile, Sole e Luna, Acqua e Fuoco, espansivo-attrattivo, forza centripeta e forza centrifuga, Yin e Yang, Adamo ed Eva, Shiva e Sciakti, Prakriti e Purusca. I due Poli sono gli epicentri dell’immanenza Adamo-Eva nell’Universo rappresentato dalla Sfera Celeste, l’anima del Mondo, l’Eros Cosmogonico bipolare, la materia prima polarizzata, il Fondo su cui avviene lo sviluppo evolutivo della Creazione, che imprimono un’impronta duale all’Universo e a tutte le singole parti che contiene. La Sfera Celeste metafisica rappresenta la Mente Universale in cui l’immaginazione creativa di Adamo ha creato i Mondi dell’Illusione, come nella mente individuale microcosmica, l’immaginazione creativa dell’uomo crea idee e pensieri. In questa Sfera si formano gli epicentri dell’Anima Erosdinamica e dello Spirito: il Centro Basale, sede della Potenza Ignea o Kundalini, l’immanenza nell’uomo e nella donna di Eva-Shakti cosmica, l’Eros Cosmogonico femminile, e il Centro Coronale dove risiede l’aspetto maschile Adamico. Questi due Poli, che sono in relazione con le Divine Energie Kether e Malkuth, la Corona di Dio e il Regno di Dio, tengono prigioniera nello stato dualistico del divenire cosmico la coscienza individuale dell’IO. Quando la potenza ignea si desta e sale nell’asse vertebrale accende tutti i Centri di Vita e unendosi all’altra polarità stabilita nel cervello, diviene la fusione di due elementi da cui sprizza la fiamma suprema dell’Illuminazione e della coscienza cosmica. Alessandro Benassai estratto da "LA SFERA DELLA CREAZIONE: LA SFERA CELESTE"in Origine e Significato delle Costellazioni

La Melurgia L’azione della melodia sulla natura interiore dell’uomo che aspira alla perfezione ed alla beatitudine contemplativa divina, si chiama melurgia, dal greco melos = canto, ed ergon = azione, opera. La melurgia è dunque l’azione della musica sull’anima umana in quanto scala diatonica naturale antropofonica: azione vibratoria che da fisica si trasforma nell’anima stessa in coscienza musicale alla ricerca della sintonia con il Verbo Creatore, il Cristo.

Il melurgo utilizza le simpatie cosmiche, compone, canta e suona l’organo nella tonalità che più gli si addice, intrattenendosi più a lungo sulle note che gli giovano ad accelerare il processo evolutivo della sua interiorità nella quale il battesimo e la resurrezione del suo Redentore hanno conferito la possibilità della convibrazione umano-divina. La melurgia va oltre il normale canto religioso per quanto perfetto esso sia dopo l’apporto nei secoli dei grandi della Chiesa. La melurgia è archeosofica e in quanto tale è musica esoterica, cioè conoscitrice e risvegliatrice dei rapporti fra i suoni modulati e armonizzati della scala diatonica e le diverse parti segrete dell’Uomo, dai suoi organi corporei, pelle, respiro, ai corpi sottili energetici (pluralità delle forme), quali il corpo eterico, il corpo emozionale, il corpo mentale, fino all’Io

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composto di eros, anima e spirito, nonché dei sette centri fondamentali del Corpo Causale, strumento dell’Io. Fra il Cosmo e l’anima vi sono degli scambi perché l’anima è lo strumento musicale che ci mantiene in contatto con il Cosmo ordinato. È questo un grande mistero sofianico connesso con l’Anima del Mondo.Non è superfluo riflettere sul fatto che i rapporti tra i Piani o Mondi della natura e l’uomo siano ordinati dalla legge dell’armonia. Alessandro Benassai estratto da "LA MUSICA ARCHEOSOFICA"in Musica e Creazione del Mondo

La Legge dell'Ottava Musicale Abbiamo detto che tutta la Creazione spirituale, psichica e materiale poggia sulle leggi delle Ottave o Scale musicali naturali. Conoscere la legge dell’Ottava cosmica e quindi di tutte le ottave è partecipare alla Vita del Creatore o Supremo Artista. Le ottave sono ascendenti e discendenti. Quando dobbiamo percorrerla dal basso verso l’alto l’ottava si può chiamare “Scala del Paradiso”, e si procede dal DO ascendente al SI, proseguendo di nota in nota cosmica.

Per i Pitagorici il mondo è stato creato secondo le leggi della musica, e la lira è stata formata dopo a imitazione del sistema planetario.

Lo studio dell’Ottava, cioè della gamma o estensione delle sette note DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI, più l’ottava nota ascendente che è il DO d’unisono o dell’ottava successiva, comporta la comprensione che tutto è vibrazione, sia nel fisico quanto nel metafisico, e che l’Uomo in quanto corpo, eros, anima patetica e spirito, si comporta come una ottava musicale, reagisce come una corda di cetra pizzicata da lui stesso con la partecipazione del Creatore.

La Musica archeosofica predispone all’ascesi e allo sviluppo dei carismi perché fa entrare in sintonia l’Ottava musicale umana, o Ottava antropofonica, con l’Ottava Cosmica. La conoscenza dei suoni della creazione è fondamentale e con essi la Legge del Tre e la Legge del Sette o Legge dell’Ottava. La Grande Ottava Cosmica è il raggio della creazione che parte dalla mente dell’Assoluto. Il DO dell’Ottava Cosmica è mosso dalla volontà e dall’amore del Creatore, e l’intervallo musicale fra DO e SI è pieno della Volontà di Dio. Tale insegnamento spiega il significato delle ottave ascendenti e discendenti nello spirituale e il cammino che l’anima redenta deve fare dal basso verso l’alto, proseguendo di nota in nota cosmica dal SI al DO della “Scala del Paradiso”. L’ottava e le ottave non sono soltanto vibrazioni materiali percepibili dall’udito e dagli strumenti ricettivi, sono anche vibrazioni psichiche e spirituali. Infatti da vibrazioni meccaniche i suoni

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percepiti dai dispositivi auricolari diventano vibrazioni elettriche e da elettriche psichiche e coscienti. La persona umana nella sua interiorità è una ottava musicale che nella misura della sua capacità di risuonare con l’Ottava Cosmica accordata all’Ottava Divina può partecipare alla vita interiore di Dio. Per comprendere il senso profondo della legge dell’ottava, è necessario farsi una idea precisa, chiara e inequivocabile di un’altra proprietà delle vibrazioni, la proprietà di dividersi in “vibrazioni interiori” in quanto in ciascuna vibrazione si producono altre vibrazioni, ragione per la quale ogni ottava può essere risolta in un grande numero di ottave interiori. Vi sono ottave discendenti creatrici e queste sono di Dio, ma vi sono ottave ascendenti o evolutive, e queste sono dell’uomo in quanto interiorità. Il punto d’incontro dell’ottava ascendente con la discendente è l’intervallo SI-DO; ebbene in questo intervallo transitabile attraverso una tecnica ascetico-melurgica si entra nel DO della grande Ottava Cosmica e convibrando con i suoi toni si scala il cielo di suono in suono. Alessandro Benassai estratto da "LA LEGGE DELL’OTTAVA"in Musica e Creazione del Mondo

Influenza delle Note sulla Psiche Benché vi sia una rispondenza psicologica all’influenza psicoacustica delle note, tuttavia le note, dominante e tonica del rispettivo centro psichico, devono essere ascoltate inserite in un accordo e una melodia. In linea di massima diamo alcuni significati frutto di osservazione:

TONICA O DOMINANTE IN DOEspressione di calore e di forza. Fattore di vitalità. Stimola la devozione attiva, il dono vero di sé e quindi il sacrificio. TONICA O DOMINANTE IN REDominare l’orgoglio, l’ambizione. TONICA O DOMINANTE IN MITrionfo della Rivelazione e dell’amore divino. Sintonia con il Verbo, il Cristo, il Sole spirituale. Fa scoprire la Luce degli Uomini. La Scienza di Dio. Amore e Saggezza di Dio cibo e bevanda dei rigenerati. TONICA O DOMINANTE IN FARigenerazione totale della coscienza, carità e speranza. Se l’uomo non nasce di nuovo non può vedere il Regno dei Cieli. Esortazione a seguire la sana dottrina cristiana. Musicalità che aiuta il neofito (piccola pianta) a riportare la sua vittoria sulle passioni. Saggezza. TONICA O DOMINANTE IN SOL

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Verità e saggezza. Iniziazione alle verità della vita eterna. Castità, fedeltà, lealtà, elevazione spirituale. Trasmutazione della coscienza. Verità divina. Immortalità. Missione d’iniziare gli uomini alle verità della vita eterna. Incontro con lo Spirito Santo. TONICA O DOMINANTE IN LAAmore per la Sapienza. TONICA O DOMINANTE IN SIPassione e morte per imitare il Redentore. Spogliamento della natura umana e rivestimento di quella di Dio. Sacrificio personale per Salvare gli altri onde condurli al Padre attraverso il Figlio. Aspirazione al martirio per la fede cristiana e chiamata per questo sacrificio. Nozze mistiche con Cristo attraverso la sua Chiesa metafisica. Sforzo iniziatico per trasmutare la propria natura mentre si è su questa terra.

Alessandro Benassai estratto da "INFLUENZA DELLE NOTE SULLA PSICHE"in Musica e Creazione del Mondo

Musica e Numero L'anima è paragonabile al numero in movimento; un numero in movimento è una nota musicale. L'anima dell'uomo, stato intermedio fra Dio e la materia, è l'arpa che suona l'eterno canto al Signore della Creazione, perché il Creatore muove le sue corde con il suo divino soffio.

L’Archeosofia vuole dare la possibilità di sperimentare in senso positivo il canto e una musica che elevino a Dio non in senso generico come può fare una melodia religiosa, ma nel senso di vera tecnica di risveglio cristico, mistico e iniziatico.

Se la corda sonora o la canna di un organo sono numeri che cantano, l’unisono con i numeri dell’anima è realizzabile attraverso la melurgia archeosofica. Vi sono logaritmi musicali e logaritmi dell’anima. Questa non è una ipotesi, ma una realtà da utilizzare.

Fra il Cosmo e l’anima vi sono degli scambi perché l’anima è lo strumento musicale che ci mantiene in contatto con il Cosmo ordinato. È questo un grande mistero sofianico connesso con l’Anima del Mondo.

L’Anima dell’uomo è un numero in movimento, l’Anima è un Numero che prega; un numero è una nota musicale, è l’arpa eolia che canta sotto il soffio dello Spirito di Dio, quando si accorda con Lui.

Perciò sant’Agostino non esitò a scrivere nel suo sesto libro sulla Musica: “Deus numerorum aeternorum fons et locus” = Dio, sorgente delle armonie e luogo dei numeri eterni.

Ogni nota è un numero dinamico, un moto vibratorio dello spazio e del tempo. La musica si può definire “numeri in movimento”.

Pitagora affermava che “tutto è numero”. I numeri non sono solo espressioni matematiche, sono gli elementi di un linguaggio astratto che interpretano e descrivono le leggi che regolano ed ordinano

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l'uomo e l'Universo. Gli stessi concetti applicabili alla Geometria, intesa da Pitagora come sorella della Musica, si applicano alla scienza dei suoni, ed entrambe sono figlie del Numero.

L’armonia è causata da un rapporto proporzionale accordato, consonante ordinato e ritmico di tutti gli elementi dell'opera musicale, allo scopo di formare un insieme armonico e dinamico.

L'elemento essenziale di un'opera d'arte è quindi la nozione di rapporto e proporzione fra le differenti parti dell’opera, rapporti che legano fra loro in perfetta euritmia suoni, colori e forme in un ritmomusicale.

Il termine euritmia deriva dal greco e significa “buon ritmo”; indica l'armonia nella distribuzione degli elementi compositori dell’opera d'arte. Ritmo origina da arithmos, che significa numero.”

Alessandro Benassai estratto da "MUSICA E NUMERO"in Musica e Creazione del Mondo

La Scala Musicale e il Cosmo Il Creatore con la sua energia produce il movimento della sostanza universale. Con l’iniziare dell’oscillazione dell’energia creatrice comincia il movimento dello spazio e del tempo. La contrazione e la successiva espansione dell’energia divina durante l’atto creativo genera una tensione dinamica tra il centro della creazione verso il quale l’energia si ritira, si contrae o si concentra, e l’espansione dell’energia creatrice che si riversa sino ai confini dello spazio cosmico.

Questa tensione è l’origine del movimento dell’energia e quindi della vibrazione o oscillazione della materia, del tempo e dello spazio. È la doppia corrente bipolare centrifuga – centripeta che anima il cosmo. I differenti gradi di vibrazione dell’energia formano i diversi gradi di densità della materia e i diversi stati di coscienza. Questi gradi, per un disegno provvidenziale della divina Sapienza, sono sette e formano la scala musicale naturale. Ogni grado di vibrazione è un grado di vita, di luce, di colore, di suono. I sette Mondi o Piani dell’Universo formano l’ottava cosmica, la grande scala che nasce dalla nota fondamentale, la nota iniziale, la tonica universale ed è caratterizzata dall’accordo perfetto (DO MI SOL) formato dalla prima, dalla terza e dalla quinta nota o grado musicale. A sua volta ogni Mondo o Piano di coscienza si suddivide in sette Sottopiani: sono i sette gradi dell’ottava che origina dalla nota che caratterizza il Mondo cosmico. Così ad ogni Mondo corrisponde una scala musicale particolare, un Modo caratterizzato da un accordo formato dalla tonica e dalla dominante. Alessandro Benassai

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estratto da "I MONDI O PIANI DELL’UNIVERSO E LA SCALA MUSICALE"in Musica e Creazione del Mondo

Musica e Creazione del Mondo “La musica è intimamente collegata alla creazione del mondo, in qualsiasi modo sia avvenuta, perché il fondamento della creazione è il moto e perciò il suono. L’Assoluto ha nella musica le potenti leve della manifestazione creativa. Egli, l’Assoluto, ha creato l’universo, cioè il mondo materiale, il mondo mentale, il mondo spirituale, insomma tutto ciò che esiste, attraverso il tempo, lo spazio e la causalità.

Fra l’Assoluto e l’Universo s’interpongono il tempo, lo spazio e la causalità che costituiscono l’essenza stessa del suono metafisico. L’Antico Egitto enuncia e glorifica la potenza del Verbo creatore fin dall’anno 2500 prima di Gesù Cristo. Da quella arcaica rivelazione, la tradizione del Verbo creatore passò nella Bibbia per opera di Mosè nella Genesi fino a delinearsi nel mondo cristiano con l’Evangelo e l’Apocalisse secondo Giovanni. Proprio nel Vangelo di Giovanni leggiamo (I capitolo, versetto 1-3) : “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo nel principio era presso Dio. Per mezzo di lui furono fatte tutte le cose”. Se riflettiamo sul contenuto di questa frase espressa dal Discepolo prediletto del Messia e su quella biblica di Mosè nella Genesi 1,3: ”E Dio disse: sia la luce. E la luce fu… Facciamo l’Uomo a nostra immagine e somiglianza… E Dio creò l’Uomo… etc.”, allora possiamo penetrare, capire l’importanza della voce umana, della parola, del canto, della poesia e della musica” (cfr. T.Palamidessi, Trattato di Musica e Melurgia Archeosofica). Dio è amore creativo ed è sempre stato Padre e Madre. La Creazione è un atto d’amore di Dio, amore infinito verso la sua creatura; e il Figlio di Dio ha dato a noi creature il comandamento: “Ama Iddio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze, … come te stesso…”. Perché Dio creò il mondo non possiamo saperlo, possiamo solo dire che lo fece nel suo Amore. Egli creò per rivelare il suo eterno Amore a Se stesso, nella sua Creatura. Nessuna creatura può derivare dallo stato d’essere puramente divino, poiché questo stato è privo di causa e di inizio, e non può essere fatto cominciare. Quando trattiamo della creazione del mondo non trattiamo di cose lontane ed a noi estranee, ma di cose che stanno avvenendo in noi, non vi è nulla di più vicino a noi di tale nascita perché siamo in essa comein nostra madre.

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La Genesi rivelata da Mosè non va intesa come la storia della creazione fin dall’inizio, piuttosto è la storia del rinnovamento e della restaurazione del mondo precedentemente abitato e governato da angeli, un mondo etereo che venne gettato nel caos dall’orgogliosa disubbidienza a Dio. L’Archeosofia crede nel male provocato da intelligenze divenute perverse, dette dalla Rivelazione “Angeli d’iniquità”, create libere e perfette, prima del mondo materiale e operanti nel male dopo la loro ribellione a Dio e la perdita del dono del libero arbitrio che le ha rese fisse nel solo male, negazione del bene, e lontane dalla Luce di Dio Uno e trino in uno stato denominato infernale. Questo intero mondo, la profondità della terra e le sue vette, su fino al cielo e alle stelle, che possiamo vedere con gli occhi ma non comprendere con i nostri sensi, tutto questo spazio è un solo regno, il regno degli angeli prima della corruzione, un regno splendente di grande potenza; ma altri regni esistono al di là del cielo creato, regni abitati da puri spiriti che non sono mai caduti. Prima del tempo della creazione del cielo, delle stelle, degli elementi, e anche prima della creazione degli angeli, non vi era altro che la Divinità, l’Amore infinito autorigenerante che concepiva la propria stessa immagine. Il Cosmo e le creature angeliche come pure quelle umane non sono state create ab æterno, ciò è scritturale, ma ab æterno esistono le prefigurazioni e le preformazioni, le idee create nel Figlio in quanto Sapienza increata (Bereschid), simile a un mondo intelligibile delle idee archetipiche che riflette le immagini in Sofia, detta pure “la Sapienza creata". L’uomo non esiste dall’eternità; solo come un’ombra apparve l’immagine, in cui Dio nella sua Sapienza sapeva tutte le cose dall’eternità, nello specchio della sua stessa Sapienza. La sapienza è una immaginazione divina, in cui le idee degli angeli e delle anime sono state viste dall’eternità, non come creature sostanziali e attuali, bensì come non essenziali, come le immagini inuno specchio. Alessandro Benassai estratto da "MUSICA E CREAZIONE DEL MONDO"in Musica e Creazione del Mondo

Il Sacerdozio Eterno secondo l'Ordine di Melchisedek

“Due capitoli classici della predicazione di San Paolo sono l’esaltazione della fede in Abramo e la dimostrazione della superiorità del sacerdozio del Cristo su quello di Aaronne, dopo che Melchisedek dette la Coppa ad Abramo”.

“Se nella linea discendente la Kabbalah arriva da Adamo, Noè, Henoch, non può essere arrivata a Mosè senza passare per il Patriarca Abramo, al quale è legato il mistero di Melchisedek.”

La caratteristica di questo sacerdozio è il Sacrificio Sanguinoso del Re Sacerdote che offre la Coppa della Conoscenza nascosta, con dentro il suo Sangue e la sua stessa Vita.

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Melchisedek Re di Salem città della Pace, Re di Gerusalemme, è l’Origine di questo Ordine Sacerdotale Eterno: “Il Signore ha giurato e non si pentirà: Tu sei Sacerdote in eterno secondo il modo di Melchisedek”. Dio il Padre nomina il Figlio: “Sacerdote in eterno secondo l’Ordine di Melchisedek”.

Melchisedek non ha genealogia, ossia non procede da persona, è immortale e non ha la sua origine nel tempo, ma viene dall’eternità. Egli appare nella storia come un sacerdote, sacerdote di Dio Altissimo, ma non era un uomo, bensì un Angelo incarnato che celebrò il Rito del pane e del vino (il corpo e il sangue di Cristo): l’Essere celeste che voleva introdurre nel seme di Abraham e trasformare in carne e sangue per stabilire l’Alleanza con il Dio il Padre. È lo stesso Verbo-Cristo ad operare l’investitura sacerdotale ad Abramo sotto il sembiante di Melchisedek per riapparire sotto la reale presenza fisica di Gesù dall’Avvento alla conclusione della sua vita terrena sul Calvario. Con Abramo e Sara s’instaura il nuovo Regno. Abraham, il Padre delle genti, il nuovo Capostipite, dà le decime, il principio del suo Regno, a Melchisedek che l’ha fatto degno Figlio e Re. Anche Giovanni il Battista è un uomo in cui si è incarnato un angelo speciale, Gesù lo nomina “più che Profeta” ed i due sono gli unici a riconoscersi a vicenda. Giovanni è l’Uomo-Angelo con la Sapienza Integrale (il Santo Graal ), è certo in grado di celebrare il Rito secondo il modo di Melchisedech, il “Ricevitore delle Luci”. Giovanni viene raffigurato con in mano una Coppa con dentro la sua testa, ovvero il suo sangue, la sua vita, che offre in sacrificio immolandosi sull’altare del mondo per noi tutti. Con il battesimo di Giovanni la luce di Cristo scese in Gesù che iniziò e completò la sua missione salvifica di pochi e di molti, immolando se stesso, secondo il modo di Melchisedech. Melchisedek investito direttamente da Dio Altissimo trasmette la Coppa ad Abramo. Abraham diviene il Capostipite del Popolo eletto e padre della Kabbalah, la rivelazione segreta d’Israele. La Sapienza di Melchisedek va ad Abramo e da Abramo arriva per Mosè (verrà uno come me) a Gesù Cristo. Abramo e Gesù sembrano due Personalità del medesimo Individuo Spirituale che s’incarna sulla terra per una missione salvifica. Ambedue ricevono l’investitura dal Verbo-Cristo-Melchisedech-Graal sotto le sembianze di un Angelo particolare incarnato in un uomo. Gesù riceve la Coppa da Melchisedech o Cristo e la trasmette al suo discepolo segreto, Giuseppe d’Arimatea, che diventa così il Capostipite della regalità del Santo Graal, perché la sapienza e la presenza di Melchisedech è in lui. Giuseppe d’Arimatea si ritira nella “Bretagna azzurra” e il Santo Graal è perduto per gli uomini, finché Melchisedech non ritorni ad offrirci la sua Coppa. Alessandro Benassai estratto da "IL SACERDOZIO ETERNO SECONDO L’ORDINE DI MELCHISEDEK"in Prologo di San Giovanni

Giovanni il Battista

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GIOVANNI IL BATTISTA

Giovanni il Battista proprio per la sua potente personalità e autorità e per la sua funzione di battezzatore, doveva essere al di sopra di tutti nell’Ordine degli Esseni, a cui appartenevano Giovanni Evangelista che era suo discepolo e Giuseppe d’Arimatea. Anche Gesù e Maria facevano parte degli Esseni .

Giovanni il Battista è il veggente per eccellenza, vede il futuro di chi battezza e solo lui è capace di riconoscere il Figlio di Dio. Anche Gesù riconosce Giovanni e gli chiede di essere battezzato, Giovanni lo battezza e grida: “Questi è il mio Figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”. “Secondo Origene, il Precursore rappresenta la venuta del Verbo del quale come uomo prepara ciò che di Gesù è visibile e come angelo compie la preparazione invisibile.” “Giovanni Battista, che è dipinto o raffigurato nelle icone assieme alla Madre terrena di Gesù Bambino, ha un significato perenne che gli Esseni preconoscevano attraverso le Sacre Scritture.” La missione giovannea è perpetua, sia nelle anime che nella Chiesa. “Il mistero di Giovanni si compie ancora oggi nel mondo. Chiunque è destinato a credere nel Cristo Gesù, bisogna che vengano lo spirito e la virtù di Giovanni nella sua anima per preparare al Signore un popolo perfetto e spianare i sentieri nelle asperità del cuore. Non è solo durante questo tempo che le vie furono appianate, ma oggi ancora lo spirito di Giovanni precede la parusia del Signore”. “Il Battista non era un uomo, è di un’altra natura; nelle icone antiche, nelle Deesis, la figura di S.Giovanni Battista è sempre legata alla Madonna con il Bambino, non c’è mai apparizione di S.Giovanni Battista senza il Cristo, in ogni periodo che il Cristo si manifesta, c’è il Battista con lui, la sua presenza è contemporanea ad una nuova rivelazione del Cristo”. L’anno liturgico celebra la nascita di Giovanni il Battista il 24 giugno ed il suo martirio il 29 agosto. Alessandro Benassai estratto da "GIOVANNI IL BATTISTA"in Prologo di San Giovanni

Le Sefiroth Le Divine Energie Increate scaturiscono da Kether Elion, la “Corona dell’Altissimo”, il primo Punto o Centro di concentrazione della Volontà Assoluta di Lui, la Potenza Creatrice, l’IO SONO Divino, Ehieh, l’Essere degli Esseri. La Corona è il Centro divino di gravità dello Spirito-Verità del Padre. Così come il Padre è l’origine del Figlio e dello Spirito Santo, Kether è l’origine di Kochmah, la Sapienza Increata, e di Binah, l’Intelligenza Increata.

Kochmah è il punto di concentrazione del Verbo-Cristo, la Sapienza Assoluta del Padre; Binah il centro di Forza e di Coscienza dello Spirito Santo del Padre, la Madre Divina. Da Binah prende vita lo Spirito dell’uomo.

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Kochmah e Binah confluiscono o rifluiscono in Daath, la Sefirà nascosta, la Scienza del Padre. Le prime tre Sefiroth formano una triade equilibrata. Da Kochmah derivano trentadue Vie, dette “le 32 Vie della Sapienza (Increata)”. Ventidue vie sono designate dalle 22 Lettere dell’alfabeto sacro e le altre dieci dai 10 Numeri o Sefiroth. Le 22 lettere si suddividono in tre madri, sette doppie e dodici semplici ed hanno le loro corrispondenze con il micro e macro cosmo. Le lettere e i numeri sono le potenze intelligibili con le quali il Verbo divino nomina e numera e tiene in vita tutta la Creazione. Da Binah derivano 50 Porte. Come dallo Spirito Santo promanano i sette Doni, da Binah derivano le sette Divine Energie Increate, dette di “costruzione” per l’allusione ai sette giorni della Genesi. Dalle prime cinque: Chesed, Gheburah, Tifereth, Hod e Netzah, suddivise ognuna per i dieci Numeri, derivano le Cinquanta Porte dell’Intelligenza della Luce, la cinquantesima delle quali è il Cristo. L’Immagine che Dio vede nella fase di ritiro da sé in Se Stesso è l’immagine dello Spirito di Verità che si specchia nella sapienza Divina, l’immagine risplendente di Luci del Verbo-Cristo, somigliante al Padre. Secondo questa immagine e somiglianza sarà creato l’Uomo spirituale, tratto all’essere dal ritorno delle Divine Energie Increate nella zona dalla quale Dio si era precedentemente ritirato. È una proiezione di una immagine luminosa del Verbo dalla mente di Dio alla mente creata di Adamo. È necessario comprendere che l’Immagine increata da tutta l’eternità è situata nel Mondo increato o Emanato, dal quale prendono vita e forma i tre mondi creati: Mondo della Creazione o Archetipico (creato), Mondo della Formazione e Mondo dell’Azione, che formano l’anima e il corpo dell’Uomo Cosmico. Per questa ragione l’uomo spirituale micro-macro cosmico è costituito da tre principi che formano la sua individualità e dai centri di forza presenti nel suo corpo causale che lo mettono in relazione con il Macrocosmo e le Divine Energie della Trinità. Alessandro Benassai estratto da "LE SEFIROTH"in Prologo di San Giovanni

Unità e Trinità Divina Chiarito che non vi può essere Trasmissione sapienzale viva, valida, salvifica e liberatrice senza la presenza viva e operante di Colui che l’ha predestinata per noi sin dal principio, possiamo iniziare il commento ai primi versetti del “Prologo” di Giovanni. In Principio era il Verboil Verbo era con Dio,il Verbo era Dio.

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Egli era in principio con Dio.

“Questi versetti intesi nella loro realtà non si devono soltanto “comprendere”, ma bisogna anche assimilarne la loro poderosa “forza occulta” trasformatrice. Allora chi sperimenta, subirà nella sua anima un cambiamento occulto in virtù della forza trasmutatrice di queste parole. Divenuto così chiaroveggente sarà capace di constatare di che cosa parla l’Evangelo di San Giovanni.” I primi tre versetti hanno una relazione binaria ed enunciano una distinzione nell’unità: Archè-Logos; Logos-Teon; Teos-Logos. Il quarto ha invece un carattere ternario: Egli (Logos)- Archè - Teon. Prima relazione: Archè-Logos.Il Principio (Archè) è l’origine del Verbo (Logos). Il Verbo scaturisce dal Principio da cui si distingue. Il Principio è Uno, il Verbo è voce (potenza) e parola (sapienza) di Uno. Seconda relazione: Logos-Teon.Il Verbo essendo unito a Dio-Spirito (Teon), partecipa alla Divinità dell’Archè, ma è distinto da Dio e dal Principio. Terza relazione: Teos–Logos. Dio è il Verbo, il Verbo è Dio, pur essendo distinti c’è una identità essenziale tra Dio-Spirito e il Verbo e quindi con il Principio da cui ambedue traggono la loro origine. Quarta relazione: Logos–Archè–Teon.Nell’eternità, cioè a dire prima e al di fuori dell’atto creativo-rivelativo, il Logos era (già) unito a Dio nell’Archè. L’Archè, che non ha alcuna origine, è l’unico e solo Principio sia del Verbo che di Dio-Spirito, che della Creazione. Questa tesi è confermata dal primo versetto della Genesi dove si legge che nel Principio (Be-rascith) Dio (Elohim) creò il cielo e la terra, implicitamente si afferma che il Principio (Rascith) è l’origine di Elohim e della Creazione. L’espressione greca En Arché (nel Principio) traduce esattamente la forma ebraica Be-rescith (nel Principio) usata da Mosè nella Genesi. Il Principio, Rascith o Archè, dette inizio alla Creazione manifestandosi come Dio, Elohim “Lui la Trinità”, come Spirito, il Ruach he-Elohim che si librava sulle acque, e come Verbo: “Ed Elohim disse: “Sia la Luce”; mentre nella creazione si rivelò come la Luce che era la Vita degli uomini. Il principio di tutto è sempre l’Archè o Rascith, che per creare l’uomo e l’universo si rivela con la sua Parola e il suo Respiro. I primi quattro versetti rivelano così l’esistenza sin da tutta l’eternità di un Verbo Divino Creatore, Salvatore e Liberatore dell’uomo, rivelazione di somma importanza perché ci fa capire l’origine della nostra esistenza, della nostra salvezza e della nostra liberazione. Infatti è il Verbo Divino ad incarnarsi tra noi in Gesù il Cristo per istruirci, iniziarci alla sua Sapienza, per accompagnarci nel suo Regno e nel Regno del Padre suo. I primi quattro versetti affermano inoltre l’indissolubile unità della Trinità, il Dio Unico, ma con delle precisazioni per evitare false interpretazioni con conseguenze fuorvianti.

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Alessandro Benassai estratto da "IL VERBO DIVINO E L’UNITÀ DELLA TRINITÀ"in Prologo di San Giovanni

Maria Madre di Dio MARIA, MADRE DI DIO E MADRE DEI VIVENTI "Quando il Cristo volle venire sulla terra, dagli uomini, Dio Padre chiamò nei Cieli una Potenza di nome Michael, e affidò Cristo alla sua cura. La Potenza Celeste venne giù nel mondo e fu chiamata Maria, per sette mesi Cristo restò nel suo seno." (Vangelo secondo gli Ebrei) La Rivelazione dello Zohar identifica l'"Angelo di Dio" (Michael) con la Schechinah, la "Sposa del Re", la Matrona o Gran Madre agli ordini della quale il Re (YHVH) ha disposto tutti gli angeli.

"Il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza di Dio" (Lc.22:69; 1Sal.110) La Potenza Divina (Ap.1:6), "la Mano destra del Padre"(Es.15:6) è la Potenza Creatrice con la quale Dio ha creato i cieli (Is.44:24ss) e la terra (Ger. 51:15), con la quale il Figlio di Dio, compie le sue opere(Rm.4:17;1Cor.6:14; ecc.)che testimoniano di Lui (Gv.5:36). La Potenza Eterna che si può contemplare (Rm.1:20; Sal.63:3)con la quale il Figlio dell'Uomo verrà dall'Oriente (Mc.13:26), è la Potenza di Dio che esaudisce Zaccaria con la nascita di Giovanni Battista (Lc.1:13ss) e che scende su Maria per la nascita di Gesù perché "nulla è impossibile a Dio" (Lc.1:35ss). L'angelo Gabriel annuncia la nascita di Giovanni Battista e poi quella di Gesù, il Figlio di Dio: "Sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio. Gli camminerà innanzi con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto" (Lc.1:15s). Giovanni il Battista è "l'Angelo di Dio" che porta lo Spirito Santo e la Potenza Divina, con la quale cammina innanzi al Signore Gesù Cristo per preparagli le vie, il popolo eletto. Dio trasfonde la potenza del suo Spirito su Maria tramite l'Angelo Gabriel che significa "Potenza di Dio", lo Spirito Santo scende in Maria la quale concepisce il Figlio di Dio: "Ecco, concepirai nel grembo e darai alla luce un figlio e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo, e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre, e regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno e il suo regno non avrà più fine". (Lc:1,31s) Maria, la Madre di Gesù, e la Madre di Coloro che rinascono da Acqua e da Spirito (Gv:3:5 cofr.1Gv:5) in ebraico si chiama Miriam la cui radice significa "mirra", "amaro", "fiele", "veleno di serpente" e "spalmare" (d'unguento), mentre la seconda parte del nome significa "acqua", "mare", traslato "madre", l'oceano primordiale su cui scende il "Fuoco Celeste". Miriam era anche il nome dato alla Stella Polare, la stella dei naviganti chiamata in Oriente Savana-Graha che significa "libazione del Soma", (da Sava: "Iniziazione" e Graha "Coppa"), "la verace Stella di Giacobbe" (San Bernardo), la Stella dei tre Re Magi, la Colonna di Fuoco, l'Angelo di Dio.

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Maria, la Madre di Gesù, "la radiosa Stella del mattino", è Maristella, la "Stella del Mare", la "Vergine di Luce", Aster-Maris. As-Ter-Mar-Is cabalisticamente significa: "La Divina Presenza della Trinità in Maria Madre di Dio, Colei che verrà come Avatar in corpo di Donna". As-Ter, la Stella, indica la Tri-unità, As:"Unità", Ter:"Tre", la Trinità Divina la cui presenza è l'Angelo-Stella; Mar-Is: indica Maria-Ish-is, Mar:"Mare",Maria, Is: "Ishis", la Madre Divina, "Colei" (Is) che verrà come Avatar in corpo di Donna. Le lettere latine di "Astermaris", "Stella del Mare", trasformate nelle equivalenti ebraiche, Aleph- Scin -Tau He -Resc Mem- Aleph- Resc Iod-Scin, formano a loro volta una frase significativa Alessandro Benassai estratto da "MARIA, MADRE DI DIO E MADRE DEI VIVENTI"in La Vergine dell'Infinito

L'Arcangelo Michele L'ARCANGELO MICHELE Iddio, Elohim: "Lui la Trinità", quando lo ritiene opportuno appare sulla scena del mondo tramite Malachi: "il mio Angelo" anagramma cabalistico del nome Michael, nome che poi riconduce al Nome Divino Elohim a conferma del passo biblico:"Il mio nome è in lui." (Es.23:21). Le medesime lettere che formano il nome Dio Elohim formano anche il nome dell'Angelo Michael con la differenza però che la lettera He di Elohim, emblema della Vita Divina, diviene una Kaf in Michael.

La Kaf situata nel mezzo del nome Michael, fa da collegamento tra il Mi, l'Arkhè, "il Creatore del Firmamento"(Is.40,26) e El, l'Altissimo, ed esprime il concetto di somiglianza, cabalisticamente indica l'Angelo Mittatron e significa: "Colui che detiene il potere". Così L'Angelo di Dio Michael porta una immagine e una somiglianza della Vita Divina della Trinità, che sono lo Spirito e la Potenza di El-Yah , i due nomi divini Elohim-Yahveh, Dio Padre-Madre, El-Ohi ,il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe e simbolo dei due Serafini che cantano l'un l'altro: "Santo - Santo - Santo èil Signore degli Eserciti,tutta la terraèpiena della tua Gloria"(Is.6:2) Yahveh-Elohim (Mc,12,29) è il "Nome Completo" (Francis Warrain: "Teodicea della cabala",pag.110.) che racchiude il mistero della fede e della sapienza (Zohar II,161). [...]

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Il nome angelico Michael analizzato nelle sue parti esprime l'Uni-Trinità della Divinità: "In principio era il Verbo,il Verbo era presso Dio,il Verbo era Dio."(Gv.1:1) presente nell'Angelo: Chi?, il Mi, il Punto dell' Alto, il Creatore del Firmamento, l'Esercito degli angeli, che "per la sua Onnipotenza non ne manca alcuno" (Is.40:26), o Colui che (è) "il Principio o l'Archè della creazione di Dio"(Ap.3:14); Kaf: come (Dio), designa il Verbo Creatore in virtù dell' Onnipotenza o Amore del Padre; El, Lui-l'Altissimo, il Padre, Dio. Michael il Capo dell'Armata Celeste, che è il suo stesso corpo, è chiamato nel canone romano arcaico (E.Lodi: Liturgia della Chiesa) il Santo Angelo, un singolare collettivo per indicare tutti i santi angeli. Michael è l'Uccisore del drago (Ap.12:7); egli ha in mano la spada fiammeggiante del Cherubino, lo strumento d'Iniziazione e di difesa contro le profanazioni dell'"Albero della Vita", e con la bilancia, strumento della giustizia, nell' atto di pesare le anime per il giudizio finale. L'identità con il Cherubino conferisce a Michael una caratteristica uni-quaternaria espressa dall' Haioth (Is.6:2), i 4 Esseri Viventi "che stanno in mezzo e intorno al Trono" (Ap:4,6) con fattezze di Leone, Toro, Uomo e Aquila che hanno corrispondenza con i 4 Evangelisti e i 4 Arcangeli: Michael: "Dio Altissimo Creatore", Gabriel: "Dio Onnipotente e giusto", Rafael: "Dio Guaritore di tutti i mali", Huriel: "Dio Luce-Fuoco che illumina econsuma". A san Michele è stato dedicato il primo culto liturgico degli angeli celebrato unitamente a Gabriele e Raffaele Arcangelo il 29 Settembre (1968) giorno della fondazione di Archeosofica, deliberata però dal suo Fondatore Tommaso Palamidessi il 16 Febbraio (1968) per sant' Elia. Nella prima antichità San Michele Arcangelo fu considerato il "difensore" del "popolo cristiano" e celebrato come "medico celeste" e come "angelo psicopompo", il condottiero e la guida delle anime nell'aldilà, per condurle alla "Luce Santa". Michael, l'"Angelo di Dio" o l'Angelo dell'Archè, è l'Archa-Angelo per eccellenza, il "Primo Creato" ad immagine e somiglianza di Dio Creatore tramite le sue Divine Energie Increate.

L'aspetto trinitario dell'Angelo di Dio è espresso dalle tre persone o angeli apparsi ad Abramo individuati dalla Tradizione cabalistica (per ghematria) in: Michael- Gabriel-Rafael (Gen.18:2ss) la cui unità essenziale è espressa dall'Angelo Huriel. Michele è l'Archistratega dei liturghi incorporei della Gloria divina "che annuncia al mondo che il Regno di Dio è già tra noi".

Michael, il Principe degli Angeli, un tempo fu chiamato Jahoel e nell'Apocalisse di Abramo, è detto che il Nome Divino è in lui; in seguito gli attributi riferiti a Jaho- El furono trasferiti a Metatron (Gershom Scholem, "La Cabala"). Tradizionalmente Michael è stato ed è considerato l'Angelo protettore del Popolo Eletto, la Guida (Metator) d'Israele, la Colonna di Fuoco che conduce e protegge il popolo di Dio (Es.16:19). Egli rappresentando la Divina Presenza (Es.33:1), "la Luce del Volto di Dio" (Sal.44:4), è nominato

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come il Principe della Presenza (Divina) o Principe del Volto (Divino), appellativi che poi furono attribuitiall'Angelo Metraton. Nel pensiero ebraico-biblico un'idea si può esprimere per mezzo di una parola che può avere più significati riferibili ad aspetti diversi, astratti o concreti, fisici o metafisici che nell' insieme completano il senso riconducendo al concetto fondamentale. Così per volto (divino) si intende "la parte che si volge verso qualcuno", cospetto, presenza (F.Scerbo:"Dizionario Ebraico e Caldaico dell'A.T.) Per "Faccia" s'intende anche la "superficie", "la parte anteriore", quella "che sta davanti", innanzi, che si può intendere in senso spaziale e temporale, ma significa anche la "persona" d'uno o "egli in persona", come nel versetto dell'Es:33,14: "la mia presenza andrà" (io in persona), inoltre il medesimo vocabolo significa "Principe"(Scerbo: Dizionario Ebraico e Caldaico"). Il "Volto" Divino è quindi l'"Aspetto esteriore", "Dio che si vede", "la Faccia" della Divina Presenza dello "Spirito e Verità", il Principe degli Angeli, è "Lui la Trinità" in Persona, cioè Dio che parla tramite una maschera (la persona) che un'immagine a Lui somigliante che sta, che cammina "davanti" a Lui Stesso. Alessandro Benassai estratto da "L'ARCANGELO MICHELE"in La Vergine dell'Infinito

L'Angelo di Dio L'ANGELO DI DIO"Ecco, Io mando il mio Angelo ed egli sgombra la via davanti a me e subito vieneal suo Tempio il Signore che voi bramate; e l'Angelo dell'Alleanza che voidesiderate ecco viene promette il Signore degli Eserciti Jehovah Tsebaoth."(Ml.3:1) Quando Iddio vuole apparire e discendere tra gli uomini appare ed opera tramite il "suo Angelo" che invia per preparare la strada davanti a se.

L'espressione "mio angelo" o "Angelo di Dio" in lingua sacra si scrive "Malak-iod" dove lo Iod suffisso rappresenta il pronome genitivo singolare "di me". Malachi è divenuto poi l' appellativo del profeta detto appunto Malachia, il cui vero nome, come attesta la parola del profeta stesso (Ml.3:23), sarebbe stato quello di Elia. Nella versione dei LXX malak viene tradotto con il termine greco agghelos che come quello ebraico significa messaggero: "l'incaricato che parla ed agisce per conto e in nome di colui che lo manda" sia in un ambito di rapporti umani (Gn.32:47: Num.21:21; ecc.) che tra Dio e gli uomini. La Vulgata invece distingue tra messaggero divino angelus e messo umano che chiama nuntius.

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I LXX traducono malak con agghelos eccetto in alcuni passi: Nm.21:21;22:5; Dt.2:26; Gs.6:25; Sam.25:42, dove vengono usati dei termini greci alternativi come: inviati, esploratori e servi; viceversa vengono tradotti sempre con il medesimo termine comune di agghelos altri esseri celesti come Bene Elohim, i Figli di Dio (Gn.6:2; Dt.32:8), Abbir, i Forti (Sal.78:25), Elohim, gli Dei (Sal.8:6;Sal.97:7), nomi che classificano alcuni tra i Cori Angelici nominati da Tycho Brahè in "Thelestes". Uniformando in una generica popolazione tutti gli angeli la distinzione gerarchica in Cori (D. l'Areopagita: "La gerarchia Celeste) con la versione dei LXX viene a mancare.

La Scrittura distingue l'Angelo di Dio, chiamato Mal'ak Yahveh (Gn.16:7; Es.14:19ss;ecc) o Mal'ak ha-Elohim (Gn.21:16), espressioni che ricorrono molte volte e sempre al singolare nell' Antico Testamento (E. Jenni e C. Westermann: "Dizionario Teologico dell'A.T."), da tutti gli altri angeli chiamati con il termine generico malak senza di seguito uno dei due nomi Divini Elohim o Yahveh che conferirebbero all' angelo una qualità in supremo grado (Scerbo: "Grammatica", pag.108).

Malak Yahveh viene tradotto dai LXX con Agghelos Kupion, l'Angelo del Signore, e Malak Elohim con Agghelos tou Teon, letteralmente: Angelo dello Spirito. Ciò che distingue l'Angelo Divino da tutti gli altri angeli, creati e ordinati da Dio in tre Gerarchie e in nove Cori (Dionigi l'Areopagita, op.cit.), è proprio, come afferma la Scrittura, il Nome di Dio che vuole indicare nell'Angelo la Divina Presenza:

"Ecco, io mando l'Angelo davanti a te a proteggerti nel cammino e per farti entrare nel luogo che Io ti ho preparato. Abbi rispetto della sua Presenza, ascolta la sua voce (Gv.1:23) e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione (Es.33:1), perché il mio Nome è in lui." (Es:23:20-21). [...]

La visione della Gloria Divina trova confronto con la visione del Serafino, l'aspettoigneo visibile e tangibile della Presenza Divina Speciale, la Colonna di Fuoco checrea e che trasforma: Dio proclama a Mosè il suo Nome (Gen.16,13; Ap.2:7) e lesue qualità (Es.34:6), il Nome di Dio che è nel suo Angelo, stabilendo così laSanta Alleanza con Mosè e quindi con il suo Popolo Eletto (Es.34:10). Quando,per mezzo del suo Angelo Dio elargisce, con la sua Grazia, una concentrazionedella sua Divina Presenza, l'Uomo Mosè diviene "Unto da Dio" e la sua gente "ilPopolo Eletto". Alessandro Benassai estratto da "L'ANGELO DI DIO"in La Vergine dell'Infinito

Il Fuoco Sacro e la Leggenda di Roma "La sede centrale dell'Ordine Iniziatico Loto+Croce è Roma, anche perché l'Urbe, in passato, fu un centro di irradiazione spirituale con il re Numa Pompilio, e più tardi con la stessa Ekklesia." Tommaso Palamidesi, 3° Quaderno di Archeosofia

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Roma, dal greco "la Forza", fu il nome della sposa di Enea che accompagnò suo figlio Ascanio sulle coste dell'Etruria alla foce del Tevere dove fondò Albalonga che significa "monte su cui sorge il sole". Roma in caldaico significa "altezza del cielo" e "tempio di Dio", in sanscrito designa la "donna", la "sposa" giovane e bella, l' "amore".

Secondo la leggenda Roma fu fondata nel 753 a.C. da Romolo discendente di Enea dopo che ebbe tratto gli auspici dall'osservazione rituale del volo degli uccelli. "Per prima cosa Romolo - narra Plutarco - chiamò dall'Etruria degli esperti, che gli spiegarono e insegnarono minuziosamente il cerimoniale prescritto dai testi sacri come se si trattasse di un rito magico. Quindi fu scavato un fosso rotondo, del perimetro dell'attuale Comizio, e vi furono riposte le primizie di tutte le cose sancite dalla natura come necessarie alla vita umana. Poi ciascuno portò una manciata di terra del paese dal quale proveniva, e la gettò tra le primizie confondendole tutte assieme. Indi, preso il fosso, che designano con il nome usato anche per l'Universo, e cioè mundus, come centro di un cerchio, tracciarono in giro il perimetro della città". Le "operazioni" simbolurgiche per la fondazione di Roma svelano tutto un procedere che ripete le fasi della creazione del mondo. Roma è così il "tempio", la sede terrena di un nuovo Centro di irradiazione, il luogo segreto dove si trasferisce la Sapienza Arcaica, ritiratasi dagli antichi centri iniziatici delle civiltà in fase di sgretolamento, dalle "terre inaridite", per approdare con Enea in un nuova terra , la "terra vergine", la feconda "terra nera" o "terra di Saturno", l'Italia, la "terra dei tori", per un nuovo giorno di manifestazione. Romolo, figlio del Sole (Ilion), portatore del Lituus, lo scettro etrusco, è il "Raggio di Sole" che feconda la terra nera di Saturno, il primo Re d'Italia, il fondatore di Roma.

Il Cerchio con il punto nel centro, immagine della fondazione di Roma, è il simbolo alchemico del Sole e dello Zolfo, l'Io-Volontà nel cui Centro si nasconde l'origine del tutto manifesto ed emana la luce e la vita. Il Punto è l'aspetto maschile-fecondatore della materia-vergine simboleggiata dal Cerchio. Dall' unione di questi due principi, l'Acqua e il Fuoco, nasce il Figlio del Sole, il cui emblema è il cerchio centrato dal punto, "Rama", il centro visibile dell'invisibile sorgente di ogni vita e di ogni luce. Enea trasla nella nuova terra, l' Italia, il culto di Vesta Iliaca, la terra-madre del Sole, il trono del Fuoco-Unità di Pitagora, e occulta lo sterile Fuoco-Fecondatore nel Lazio (da lateo = nascondere), nella nuova sede: Roma, l'Urbe (dal verbo urvo = urbo = "tracciare con l'aratro il circuito d'una città da fondare"), la "terra consacrata" (= ara - ta) dal Re-Sacerdote Romolo, l'Altare dove le Vergini-Vestali sorvegliavano e custodivano il "sacro fuoco". "A Numa come a Romolo - dice Plutarco - si ascrive pure la costruzione del santuario di Vesta, ov'è custodito il fuoco perenne. Questo edificio a forma circolare riproduce non la figura della terra, con cui è identificata Vesta, ma di tutto l'Universo, nel cui centro i Pitagorici pongono la sede del fuoco, che chiamano Vesta e Unità". Numa, il primo "pontifex maximus", era il Re-Sacerdote che consacrava le vergini vestali, alle quali aveva affidato la custodia del fuoco sacro "perché riteneva l'essenza del fuoco pura e incorrotta

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quindi tale da dover essere affidata a persone illibate e immacolate, o perché associò alla verginità la natura improduttiva e sterile del fuoco". "A Romolo come a Numa -continua Plutarco- si attribuisce anche l'istuituzione dell'ordine sacerdotale dei Pontefici e la venerazione del fuoco sacro secondo il culto che Enea avrebbe portato in Italia, chiamato di Vesta Iliaca." Aineia, l'eroe troiano, fu messo in relazione con Ianus, l' Esistente, arcaica divinità italica solare (Iuno = Sole) il cui culto si associava a quello di Iana = Luna (Diana). Jano fu celebrato come il governatore dell'inizio e della fine delle cose (da Giano = Gennaio il primo mese dell'anno). Alessandro Benassai estratto da "IL FUOCO SACRO E LA LEGGENDA DI ROMA"in La Vergine dell'Infinito

Fohat, Prana e Kundalini L'AUM composto da un accordo fondamentale formato da tre note simboleggia una triplice forza creativa che dà vita ed esistenza all'Uomo Universale micromacrocosmico. Questa forza una e trina si distingue in: Foath, l'energia di movimento, oscillazione - pulsazione - rotazione - rivoluzione; Prana: l'energia vitale; Kundalini : l'energia generativa, forza-coscienza.

Fohat, dalla radice phat di origine indoariana, indica il movimento, l' oscillazione. Tutto oscilla e vibra nell' Universo, niente è in quiete, il movimento contraddistingue la vita e fa riferimento al principio della vibrazione e della polarità che domina nel Cosmo.

Questa forza che sta alla base di tutti i fenomeni fisico-energetici che avvengono nel micro-macrocosmo, si può esprimere in diverse maniere o forme (elettricità, magnetismo, luce, calore, ecc.) ognuna trasformabile nell'altra e tutte riconducibili a quella fondamentale.

Prana, il "soffio della vita", è il fluido energovitale che sta alla base di tutti i processi che animano i regni della natura. Prana è una parola sanscrita composta dalla radice pra, "empire", e an, "spirare", "emettere un suono".

Da an deriva il termine greco "an-e-mos" e il latino "an-i-mus", da cui "an-i-ma", il "respiro vitale". In egiziano an trova confronto con il geroglifico ank, che significa "vita". Nel Mundakapanishat è detto che da Brahma, l'Unico, procede il Pra-an, la forza che riempie di vita.

Kundalini è un vocabolo sanscrito che deriva dalla radice Kund, "ardere", "emettere un suono", da cui "fuoco serpentino" o "potenza ignea". Altri significati inerenti questo termine si possono trarre da Kundala, "ruota", simbolo del potere che genera e che lega al divenire cosmico, la "ruota dell'esistenza" e da kunda, "coppa", simbolo del potere che dona l'eterna giovinezza e la liberazione dall'illusione cosmica. Alessandro Benassai estratto da "LE TRE ENERGIE COSMICHE"in La Vergine dell'Infinito

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Centri di Forza del Sistema Solare Questi centri di forza sono dominati dai 7 Pianeti (Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio, Luna) e dai rispettivi Segni Zodiacali in sintonia ai sunnominati Pianeti (Capricorno-Acquario; Pesci-Sagittario; Ariete-Scorpione; Toro-Bilancia; Gemelli-Vergine; Cancro e Leone), circa la loro azione sul corpo fisico e sui corpi energetici, ma in concordanza ai pianeti e allo Zodiaco operano i rispettivi Spiriti Planetari e Spiriti Zodiacali maschili e femminili che tengono soggiogati i Centri Causali. Ripetiamo: gli Spiriti dei Pianeti fisici agiscono sul Corpo Causale e sui suoi Centri; i Pianeti fisici influenzano soltanto i Centri ed i Corpi energetici e quello fisiologico. Di qui la necessità di conoscere in pratica l’Astrologia ordinaria e quella Occulta per sapersi svincolare e dagli astri e dai loro spiriti. Nel primo caso ci si destreggia in un modo, nel secondo con altri artifici.

In ciascuno Centro Causale opera l’insidia dello Spirito planetario nel suo duplice aspetto maschile e femminile. L’asceta deve con la pratica continua fatta di riti teurgici, di meditazioni, di esercizi vari, enucleare dai centri l’influenza di questi spiriti guardiani per metterli (i Centri) sotto l’influsso unico di Cristo, Luce della nostra anima.

L’uomo esiliato sulla terra, straniero asservito ai macchinatori di un Cosmo decaduto, conscio d’essere precipitato dall’ottava sfera, regno del divino, quaggiù in questo mondo divenuto malvagio, può lottare con i mezzi dell’ascetica archeosofica per rendersi insensibile, non ricettivo alle potenze planetarie, ossia agli Arconti, queste figure ostinate, antidivine, che operano sull’anima influenzando i sette centri del Corpo Causale con “lo scopo e la passione di una causa egoista”.

estratto da I Centri di Forza

Itinerario di Ascesi e Mistica Cristiana Le tappe del difficile e lungo itinerario proposto dalla Teologia Ascetica e Mistica Riformata vanno ricapitolate così: dal primo istante, lo scopo è preciso: liberare l’uomo dalla sua condizione di limitatezza umana, conquistare la libertà assoluta, realizzare l’unione con Dio. Il metodo presuppone molteplici metodi e tecniche (fisiologiche, mentali e mistiche), legate insieme da un elemento comune: il loro carattere anti-umano o anti-profano. Il profano vive in seno alla società, fonda una famiglia, mette al mondo dei figli, combatte, si procura denaro, distrae il suo pensiero dalle cose del cielo.

L’Asceta realizza la solitudine, la povertà, l’assoluta castità o l’equilibrato rapporto dei sessi. Il comune si lascia possedere dalla propria esistenza terrena: l’Asceta si oppone a lasciarsi vivere: al moto incessante oppone la posizione statica, l’immobilità della retta postura corporea; alla respirazione aritmica, agitata e multiforme, oppone il controllo del respiro e pensa di poter arrivare finanche alla completa ritenzione della respirazione che è come fermare il processo agitato della mente. Al fluire caotico della vita emotivo-mentale, al turbinare dei pensieri e delle immagini, risponde con la fissazione del pensiero in un solo punto: Dio, primo progresso verso il definitivo ritrarsi dal mondo profano o fenomenico che l’astrazione raggiungerà. Tutte le tecniche ascetiche suggeriscono una sola iniziativa contro l’inclinazione umana normale: fare l’opposto di quello che suggerisce la natura umana. Dall’isolamento alla castità, al distacco senza soluzione di continuità.

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Col rifiuto opposto alla vita, l’Asceta imita un modello trascendente, il Padre, attraverso il Figlio Gesù, Nostro Signore e Maestro. L’opposizione alla vita è un concetto antico che rispecchia la polarità universale e arcaica fra il sacro ed il profano. L’uomo che rifiuta e scientemente reagisce alla sua condizione, tentando di eliminarla con un’arte sottile, strategica, è un uomo assetato di amore e di incondizionata libertà per darsi tutto a questo amore ineffabile, imperituro, rovente: Dio.

L’Asceta, nell’interrompere i suoi rapporti di solidarietà con la società e le cose del mondo, procede per tappe. In primo luogo sopprime le abitudini vitali meno essenziali: distrazioni, comodità, perdita di tempo, dispersione di forze intellettuali, etc. Poi si sforza di “unificare” le più importanti funzioni della vita: la respirazione, la coscienza. Imporre una disciplina al proprio respiro, ritmarlo, ridurlo gradualmente a una sola modalità – quella del sonno profondo – equivale all’unificazione di tutte le varietà respiratorie. Soggiogamento delle funzioni nervose autonome ed endocrine, perché diventino coscienti e sotto il dominio della volontà attraverso il sistema nervoso centrale. Il metodo della concentrazione in un solo punto, fissa sul piano della vita psico-mentale il flusso della coscienza, finché si realizzi l’unificazione del pensiero, una continuità psichica senza interruzioni. Anche la più elementare tecnica Ascetica, la retta posizione corporea, si collega allo stesso fine: la coscienza della totalità del proprio corpo, percepito, sentito come unità è in funzione dell’esperienza di una delle positure corrette.

La calma, la serenità, l’estrema semplicità della vita, la statica posizione del corpo, la ritmizzazione del respiro, l’orazione mentale, il controllo biologico delle funzioni vegetative e la concentrazione in un solo punto (Iddio) sono esercizi che spingono verso un identico fine: eliminare o abolire la molteplicità e la disgregazione, reintegrare, totalizzare, unificarsi col Creatore, immutata restando la natura dell’anima creata nei confronti di Dio, spirito increato. Unificarsi non nel senso panteistico (per carità), ma nel senso di avere come centro della propria anima (somigliante, ma non identica a Dio) il Creatore di tutte le cose.

Traendosi fuori della vita umana profana, l’Asceta ritrova un’altra vita, più vera, più profonda, perché ritmata alla vita stessa del Cosmo. In verità possiamo dire che le prime tappe dell’Ascesi sono tutto un tendere verso uno sforzo eroico di “cosmizzazione” propria. Tuttavia la “cosmizzazione” è solo una fase intermedia, perché appena si avrà ottenuto con l’unificazione, la cosmizzazione, il processo va oltre: si tratta di rifare l’uomo in proporzioni macrontropiche, cioè gigantesche. Ma anche le esperienze del macrontropo non sono le ultime. Il fine del mistico è quello di “ritirarsi” completamente dal cosmo, interrompere i legami col cosmo, divenire impermeabile alle esperienze del cosmo. Uscire fuori dal cosmo con la sola anima immateriale e immortale per concludere un atto di reale trascendenza. Vuotare la propria anima di ogni contenuto, proprio come dice S.Giovanni della Croce: “l’anima liberata dal mondo sensibile e dal monto intellettuale, entra nella misteriosa oscurità di una santa ignoranza, e, rinunziando a ogni dato scientifico, si perde in Colui che non si può vedere né afferrare…; unita allo sconosciuto per la più nobile porzione di se stessa, e in ragione della sua rinuncia alla scienza; finalmente, attingendo in questa ignoranza assoluta una cognizione che l’intelligenza non potrebbe conquistare”.

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L’anima, scrive un profondo anonimo compendiatore della dottrina mistica di San Giovanni della Croce, prima di essere contemplativa, passa per molti stati, e indefinitamente vari. Altri dottori ve la dirigeranno, e non il nostro. Si sappia solo che l’opera divina è armonica e che, dalle prime orazioni ascetiche alle sublimi trasformazioni dello sposalizio spirituale che è lo sbocciare perfetto della vita della grazia, un medesimo ritmo comanda tutti i suoi procedimenti. È un ritmo di morte e di annientamento. Perché l’anima sia elevata fino alla stessa vita di Dio, perché sia deificata in verità, bisogna che si rettifichi, si ordini, si calmi la sua attività e muoia finalmente ciò che vi è in lei di troppo umano; bisogna che le sue potenze – tutte le sue potenze – perdano, fin nella loro applicazione a Dio e alle cose di Dio, il loro vigore e la loro vivacità, il loro modo vagabondo, tumultuoso e puerile, le loro abitudini di “vecchio uomo”, secondo le stesse espressioni di San Giovanni della Croce, e si “semplifichino” come Dio è semplice.

Tutta la tecnica ascetica psico-fisiologica, dalla “retta posizione” del corpo, alla “concentrazione su un punto” ci indica l’aspirazione di voler che il caos della vita bio-mentale profana del neofita in seno al cosmo, sia trasformata. L’Ascetismo medievale con Raimondo Lullo, San Tommaso d’Aquino, San Alberto Magno, Ruggero Bacone, Frate Elia successore di San Francesco d’Assisi, Dante Alighieri, indica tutto lo sforzo di omologare il corpo e la vita dell’uomo agli astri, ai ritmi cosmici, e naturalmente primi fra loro alla Luna e al Sole. Per i colossi dell’Ascetica e Mistica Medievale non era possibile raggiungere la liberazione finale, non era ammissibile passare dal caos alla libertà senza transitare per la tappa preliminare della “cosmizzazione”. Per essa la fase intermedia è il “cosmo”, cioè realizzare il ritmo su tutti i piani della vita bio-mentale. Ritmo d’altra parte che nella struttura dell’Universo ci viene segnalato dalla funzione “unificante” che in esso spetta al Sole e la Luna e gli altri astri. La fisiologia mistica medioevale si fonde sulla identificazione nel corpo umano dei “soli” e delle “lune”. Nel “controllo del respiro” la vita coesiste con la tecnica “ritenzione del respiro” come nell’esperienza di “ritrarre il seme”, ove la “vita” coincide con la “morte”. Con l’ “estasi”, la “contemplazione”, l’ “unione mistica”, l’iniziato trascende gli opposti e in un’unica esperienza unisce il vuoto e il pienismo, la vita e la morte, l’essere e il non essere. Con la “suprema concentrazione, estasi o unione” il mistico raggiunge l’unità primordiale; quella dell’Adamo nel Paradiso prima della caduta. Attua insomma il sogno che ha tormentato lo spirito umano sin da quando diede inizio alla storia: ritrovare la perduta Unità, coincidere con il Padre, rifare il cammino, abolire il Tempo e la Creazione, ovvero la molteplicità e l’eterogeneità del Cosmo. Programma gigantesco, sublime, ineffabile, attuabile solo dopo la venuta del Redentore, dell’Unigenito Figlio di Dio.

Tommaso Palamidessi estratto da un Articolo pubblicato su “Vita Cosmica”, Maggio 1955in I Centri di Forza, di Alessandro Benassai

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L'Arcangelo Michele e San Galgano Il primo culto agli angeli si può mettere in rapporto con l'Arcangelo Michele, "colui che è simile a Dio", considerato il capo delle Schiere Celesti, chiamato nella liturgia antica: "capo delle schiere dei liturghi incorporei", "il liturgo di quella divina luce che egli vede con i propri occhi ed a cui è iniziato". È colui che trionfa su Satana nella prima antichità.

Egli è preposto al popolo eletto come guida e nelle icone viene rappresentato con la spada fiammeggiante, scudo e lancia, elmo ed armatura, spesso nell'atto di uccidere il drago oppure con la bilancia mentre pesa le anime per il Giudizio Finale. A lui sono dedicati molti santuari e basiliche. Tra le più famose, oltre a Le Mont Saint Michel, ricordiamo: Monte Sant'Angelo sul Gargano, la Sagra di San Michele in provincia di Torino, San Galgano in provincia di Siena. Presso Chiusdino, vicino Siena, si può visitare la suggestiva abbazia di S.Galgano che, sebbene porti le tracce dell' indifferenza di secoli, mantiene ancora oggi un'atmosfera speciale, senza tempo. La chiesa abbaziale sembra calata dal cielo nel vasto verde, lontano da città e paesi. Verso il 1224 ebbe inizio la costruzione dell'imponente tempio da cui l'ordine cistercense si sarebbe poi irradiato per tutta la Toscana. Sconosciuti ne sono gli architetti; si crede a dei monaci ispirati dalle forme edilizie delle chiese francesi, e probabilmente tra loro vi era anche un monaco francese. La facciata, posta esattamente in direzione est, viene illuminata dal Sole sorgente all'Equinozio di Primavera ed è strutturata, con le sue finestre, a simboleggiare un messaggio, una rivelazione. Galgano Guidotti, nobile senese, monaco e cavaliere, affiliato all'ordine cistercense, ebbe la visione di Michele Arcangelo e tradizionalmente viene collegato al Mistero del Graal. Alla sua morte, nel 1180, i monaci dell'abbazia di Casamari ottennero di venire a vegliare sulle sue spoglie e di costruire un oratorio ed un edificio sulla sua tomba. Sorse così il monastero di San Galgano che, a causa delle preziose reliquie che conservava, attirò pellegrini ed offerte.

Alessandro Benassai estratto da Santo Graal - La Tradizione Archeosofica

(1) Tommaso Palamidessi, Esperienza Misterica del Santo Graal, Quaderno 18

I Re Magi e la Cattedrale di Colonia I tre Re Magi, guidati dall'Angelo-Stella, resero omaggio a Gesù Cristo recandogli in dono oro, incenso e mirra, riconoscendo in Lui il Re (l'oro) - Sacerdote (l'incenso) - Sacrificatore (la mirra) - secondo l'Ordine di Melchisedek, Redentore dell'Umanità. Questo episodio indica il fondersi della Rivelazione sapienziale precedente, nel nuovo ciclo aperto dall'Avatar Gesù Cristo e da Lui stesso completato.

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La visita dei Magi Zendici è infatti intimamente connessa con la preparazione didattica di Gesù e di Giovanni il Battista. "Il Signore del Castello" (Gasparre), "il Re della Luce" (Melchiorre), ed "il Protetto del Signore" (Baldassarre), magi, astrologhi, terapeuti, iniziati e sapienti, sono gli adoratori del fuoco-luce ed a Lui rendono omaggio. San Basilio nella sua liturgia dice:"Signore Gesù, vero Dio, fonte di vita e d'immortalità, lume dellume, venuto al mondo per recar luce, rischiara i nostri spiriti". Nel 1164 l'arcivescovo Reinald Von Dassel portò le reliquie dei tre Re Magi a Colonia da Milano dove erano state conservate in un antico sarcofago di marmo. I cittadini di Colonia però, volevano avere una cassa d'oro, argento e pietre preziose per custodire delle reliquie così importanti.

Il lavoro fu assegnato a Nikolaus da Verdun, uno dei più famosi artigiani dell'epoca. Nel 1180 egli arrivò da Vienna con la sua equipe di operai ed occorsero ben 40 anni per completare la cassa reliquiaria. Furono anche usati per le decorazioni molti pezzi antichi, provenienti dai bottini delle Crociate.

La Cassa è a forma di basilica, alta un metro e 53, lunga due metri e 20, e larga un metro e dieci. Dato che i tre Re Magi furono il simbolo di tutti coloro che erano alla ricerca di Dio, Colonia divenne uno dei più grandi centri di pellegrinaggio del mondo cristiano, ed il più frequentato dopo Gerusalemme, Roma, Santiago de Compostela ed Aix-la-Chapelle. Anche i re tedeschi, dopo essere stati incoronati ad Aix-la- Chapelle, venivano a Colonia a rendere omaggio al Signore ed offrirgli doni come avevano fatto i Re Magi. Quando la cassa delle reliquie fu terminata, nel 1230, si decise di costruire una nuova cattedrale, di proporzioni gigantesche. Ed i lavori iniziarono nel 1248.

Alessandro Benassai estratto da Santo Graal - La Tradizione Archeosofica

(1) Tommaso Palamidessi, Esperienza Misterica del Santo Graal, Quaderno 18

Il Santo Graal e la Terra Verde Quando l’uomo stanco del suo pellegrinare nell’oscurità, fa tacere gli affanni ed i bisogni della sopravvivenza mondana, e nel silenzio della notte, alzando gli occhi al cielo, rivolge il suo spirito verso l’Eterno, sente sorgere nel profondo del suo essere un impetuoso alito di carità, senza tempo e senza confini; un’antica malinconia gli percuote l’animo, memoria di una lontana Patria perduta nello spazio celeste, e tra le stelle, come improvvisa folgore, una parola gli infiamma il cuore di fede e di speranza: SANTO GRAAL.

Il Graal o Coppa nella lingua sanscrita è il Graha della razza indoariana, la razza guerriere (da Aries = Marte) che migliaia di anni fa era localizzata in una regione nordico-boreale di cui sono antiche rimanenze lo Svalbard e la Groenlandia, la terra verde.

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L’etimologia della parola Graal svela un significato intimo che può essere utile per far luce sul mistero che l’avvolge. La medesima radice si ritrova nelle voci germaniche GRUN e GRUND ed in quelle anglosassoni GREEN e GROUND, che si traducono rispettivamente: VERDE, con significato di vigore e giovinezza; e TERRA, base, fondamento. Da queste considerazioni emerge l’idea di una terra verde o terra della giovinezza intesa anche come fondamento della vita e della forza con una caratteristica di stabilità e di centralità che nella saga dei romanzieri-iniziati designa la sede, il luogo segreto del Santo Graal.

Il verde è il colore della rigenerazione spirituale, e nella simbolica graalica si fa riferimento ad una pietra verde o pietra di smeraldo caduta dal cielo, originariamente ornamento della fronte di Lucifero prima della sua caduta per la fallita rivolta. In alchimia si parla del “leone verde” come di un vaso che serve alla cottura. Il Cosmopolita fa capire quanto sia necessario nel corso del lavoro per il compimento dell’Opera: “C’è soltanto questo Leone Verde che chiude ed apre i setteindissolubili sigilli dei sette spiriti metallici, e che tormenta i corpifinché non li abbia completamente perfezionati, a prezzo di unalunga e perseverante pazienza dell’artista.” Altra luce si può cogliere approfondendo ulteriormente l’intimo significato di questo misterioso vocabolo che, come dice Von Eschenbach, “si chiama Graal perché piace ai prodi”.

Verde proviene dal latino viridem, da cui iride che a sua volta viene da iris che in greco significa “arcobaleno”, simbolo del ponte tra il cielo e la terra, tra l’umano e il divino, i cui sette colori sono le sette facce del Meru, il centro del mondo della tradizione orientale. Il vocabolo latino viridem è composto da vir e idem: vir richiama alle voci viro, virile, vero, verità e virtù, mentre idem significa “identico” da cui “identità” e “stesso”, “medesimo”. Viridem si avvicina al verbo latino virere, cioè “essere verde”. Queste ultime considerazioni ribadiscono l’idea di centro primordiale come sede del Graal , dove cielo e terra sono uniti ed aggiungono alla nostra analisi il concetto del Cavaliere, dell’Eroe virile, ricco di sapienza e virtù, l’uomo vero, sempre identico a se stesso, e l’identità vera, la verità stessa, l’essere verde, l’essere immortale, che trascende qualsiasi aspetto terreno, mortale e caduco, come caratteristica del Graal.

Il Graal o Santo Calice che contiene la bevanda d’immortalità, conquistato nei racconti cavallereschi dall’eroe che affermando le sue virtù supera gli aspetti limitativi della personalità inferiore e vince per Grazia divina la battaglia contro le forze oscure, i Re di Edom, come l’episodio di Melchisedek ed Abramo ci rivela:

“Sia benedetto Abram dal Dio Altissimo,creatore del cielo e della terra,e benedetto sia il Dio Altissimoche ti ha messo in mano i tuoi nemici.”

Dopo l’episodio biblico di Melchisedek, Abramo e poi Sara riceveranno da Dio Onnipotente un nuovo nome, una nuova identità:

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“Io sono Dio Onnipotente:cammina davanti a me e sii integro.Porrò la mia alleanza tra me e tee ti renderò numeroso molto molto.

[...]

Eccomi: la mia alleanza è con tee sarai padre di una moltitudine di popoli.Non ti chiamerai più Abramma ti chiamerai Abrahamoperché padre di una moltitudinedi popoli ti renderò.” (Gen. 17:1 e seg.)

Alessandro Benassai estratto da Santo Graal - La Tradizione Archeosofica

Jacques de Molay, Gran Maestro dei Templari Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro dell'Ordine dei Templari, nacque a Molay nel 1243. Entrato nell'ordine nel 1265, ne divenne Gran Maestro nel 1298. Si parlò di un progetto di fusione dei Templari con gli Ospitalieri, e Clemente V, nel 1306/1307, invitò a questo scopo Jacques de Molay che risiedeva a Cipro, a venire in Francia. Ma giunto a Parigi con 60 cavalieri fu improvvisamente arrestato con i suoi compagni il 13 ottobre 1307, per ordine di Filippo il Bello.

Sotto la presidenza di Guglielmo di Nogaret s'iniziò così a loro carico quel processo d'eresia che, condotto senza alcuna garanzia di giustizia, portò alla soppressione dell'Ordine. Jacques de Molay dinanzi al rogo a cui fu condannato, citò Filippo il Bello e Clemente V a comparire davanti al tribunale di Dio. La morte che nel medesimo anno colpì entrambi, contribuì a rafforzare tra i suoi contemporanei la certezza che egli fosse caduto vittima innocente di una innominabile ingiustizia.

Fu bruciato il 18 marzo 1314 insieme a Geoffroy De Charney nella località chiamata Ile aux Juifs perché vi avevano bruciato alcuni rabbini e talmudisti. Sull'innocenza dei due assassinati non vi sono dubbi, e così pure per le migliaia di altri cavalieri del Tempio sottoposti alle più atroci e demoniache torture. Il re di Francia volle la loro distruzione per ragioni politiche e brama delle loro ricchezze.

Non furono trovati alcun oggetto e prove materiali dei pretesi delitti compiuti dai Templari. Indubbiamente Filippo esercitò molta pressione su Clemente V, che soppresse l'Ordine senza tuttavia condannarlo. Nella torre del Coudray, nel castello di Chinon, una delle parti salvate dalla distruzione, si trovano i famosi graffiti, il cuore con la croce, un S. Bernardo e altri simboli incisi da Jacques de Molay e dagli altri cavalieri compagni di prigionia.

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Era il tempo in cui Dante Alighieri scriveva la sua opera immortale. Ecco cosa dice a proposito di Jacques de Molay nel XX Canto del Purgatorio: "Veggio in Alagna intrar lo fiordalisoe nel vicario suo Cristo esser catto.Veggiolo un'altra volta esser deriso;veggio rinnovellar l'aceto e'l fele,E tra vivi ladroni esser anciso.Veggio il novo Pilato sì crudele,Che ciò nol sazia, ma senza decreto,Porta nel Tempio le cupìde vele.O Segnor mio, quando sarò io lietoA veder la vendetta, che, nascosa,Fa dolce l'ira tua nel tuo secreto?" Con la soppressione dei Templari cessò di colpo tutta la “letteratura cavalleresca apparsa al tempo delle Crociate nel XII secolo con un intento ben preciso ed inconfondibile: far notare una tradizione segreta, additare agli uomini la Via dell'Illuminazione e della immortalità, il recupero della Sapienza perduta” (1). Alessandro Benassai estratto da Il Mistero dei Templari

(1) Tommaso Palamidessi, Esperienza Misterica del Santo Graal, Quaderno 18

La Caduta di San Giovanni d'Acri Con la fine del XIII secolo si accentuò la parabola discendente del ciclo templare. Il Gran Maestro del Tempio, i principali dignitari dell'Ordine, il patriarca di Gerusalemme, non cessavano di dare l'allarme, ripetendo che la Terrasanta era perduta se l'Occidente non avesse operato immediatamente un grande sforzo. Ma i loro messaggi non venivano presi in considerazione.

Dopo aver perduto posizioni su posizioni, non restava ormai che San Giovanni d'Acri, dov'era riunito tutto ciò che sopravviveva. Il sultano, che aveva già sconfitto le regioni a nord e a sud del regno, arrivò sotto Acri giovedì 5 aprile 1291. La sproporzione tra le forze in campo era enorme: 800 Templari e 10.000 poulains contro 200.000 musulmani.

Intorno alla città la pianura si coprì di una moltitudine di tende dominate dal rosso padiglione del sultano, elevato su una altura. Durante 8 giorni non accadde nulla: ciascuno si preparava.

Poi le macchine entrarono in azione appoggiate dal tiro rapido dei mangani, più leggeri e numerosissimi. Giorno dopo giorno i saraceni avanzavano e ad ogni attacco il Maestro ed i suoi Templari rispondevano con ogni possibile sortita ed una strenua difesa, fino alla morte del Maestro.

Venerdì 18 maggio "una grande nacchera" risuonò, dando il segnale dell'assalto. I musulmani avanzavano su tre file: la prima recava grandi scudi, la seconda era composta da lanciatori di fuoco

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greco, la terza da arcieri che scoccavano "dardi e frecce piumate così numerose che pareva pioggia che cadesse dal cielo".

Il Maresciallo Pietro di Sévry organizzò la resistenza nella munitissima fortezza del Tempio di Acri, dove si rifugiarono 10.000 persone. Gli assalitori allora aprirono una breccia nelle mura e si precipitarono nella fortezza in un così grande numero che i puntelli degli scavi cedettero sotto il loro peso, provocando la rovina di tutta la fortificazione. Gli ultimi Templari si seppellirono sotto le macerie, ma portarono con loro 2.000 musulmani.Questa fu la fine di San Giovanni d'Acri.

Alessandro Benassai estratto da Il Mistero dei Templari

Il Cammino di Santiago di Compostela Un antico pellegrinaggio che merita un accenno è quello di Santiago di Compostela. Sant'Yago, cioè San Giacomo il Maggiore, fratello di Giovanni, detto anche "fratello di Cristo", che fu presente alla Trasfigurazione di Gesù, si recò ad evangelizzare in Spagna. Dopo essersi fermato per molti anni a Saragozza, dove la Vergine gli apparve su una pietra tuttora conservata nella cattedrale, si stabilì nel nord della Spagna con due suoi discepoli. Dopo la sua morte, nel I secolo gli fu eretto un santuario.

La cattedrale di Santiago de Compostela è un grande ed insigne monumento d'arte romanica. Distrutta dagli Arabi nel secolo X venne ricostruita a partire dal 1075 da un maestro Bernardo, francese, e portata a termine nel 1211. Nell'atrio della cattedrale si trova la famosa colonna di Santiago dove i pellegrini inginocchiandosi appoggiano ormai da secoli le dita della mano destra su 5 incavi scolpiti nella colonna e nel raccoglimento interiore chiedono una grazia. Questo rituale tradizionale prosegue dentro la cattedrale con una serie di gesti e preghiere. Il pellegrino si dirige verso nord, recita una preghiera, si segna con una croce per 7 volte e compie un giro su se stesso. Poi si porta a sud ripetendo le medesime operazioni. Quindi si dirige verso l’altare maggiore dove è posto in alto il busto d'argento tempestato di pietre preziose che contiene la testa dell'apostolo guerriero-pellegrino. Sale le scale che portano al retro del busto reliquiario, vi appoggia con devozione le mani erecita un'orazione. Sant'Yago è raffigurato sia come pellegrino con la bisaccia ed il bastone da viaggio, sia come guerriero a cavallo, in lotta contro i nemici della fede, riunendo così in sé i due aspetti dell'Apostolo-Guerriero.

A qualificare il loro itinerario i pellegrini medievali dovevano mostrarsi contraddistinti da segni speciali che evidenziavano la loro destinazione: la conchiglia per Santiago de Compostela, le chiavi incrociate per Roma, la croce o il ramo di palma per Gerusalemme, l'effige di San Michele per le Mont Saint Michel o per il Gargano. Con il X secolo i pellegrinaggi cominciarono ad intensificarsi, con particolare riferimento a Santiago de Compostela ed a Gerusalemme. Gradualmente cominciò a farsi sentire una

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volgarizzazione dell'aspetto misterico tradizionale. Il pellegrino stava diventando via via più un visitatore turistico che il mistico alla ricerca della Verità. San Bernardo interviene, con il suo Itinerario ai luoghi santi descritto nel De Laude, chiarisce l'orientamento interiore che deve animare il vero pellegrino, e ben lungi da itinerari formali, così si esprime: "Il Tempio di Gerusalemme, nel quale hanno comune dimora [i Templari], è senza dubbio inferiore al celebre antico tempio di Salomone quanto a bellezza architettonica, ma non gli è da meno quanto a gloria. Mentre lo splendore dell'antico tempio consisteva nelle ricchezze corruttibili dell'oro e dell'argento, nelle pietre ben tagliate e nelle travi di varie qualità di legno pregiato, il decoro ed i begli ornamenti del nuovo tempio sono il pio comportamento di coloro che vi abitano e la loro perfetta condotta di vita. Il primo era mirabile per la varietà di colori; il secondo è venerabile per la varietà delle virtù e delle sante azioni. Difatti la santità conviene alla Casa di Dio, che si compiace non tanto dei marmi splendenti quanto piuttosto dei buoni costumi, e che alle pareti coperte d'oro preferisce le anime pure". Alessandro Benassai estratto da Il Mistero dei Templari

L'Iniziazione Templare L'accettazione nel Tempio era preceduta da avvertimenti che tendevano a vagliare la fermezza di propositi del nuovo cavaliere, invitato a riflettere severamente sull'impegno e responsabilità che doveva prendere per tutta la vita al servizio dell'Ordine. Ubbidienza e lealtà erano assolute, pena la condanna alla espulsione dall'Ordine o addirittura alla morte.

"Nella cappella di una Capitaneria, il Capitolo è riunito. Il Capitano chiede se qualcuno si oppone all'entrata del richiedente. Se tutti tacciono, egli lo fa chiamare e condurre in una stanza vicina al Capitolo, dove due o tre Probiviri gli rivolgono delle domande preliminari, insegnandogli nello stesso tempo che cosa dovrà rispondere."

Il neo-monaco guerriero veniva rivestito degli abiti templari a simboleggiare un cambiamento di personalità e riceveva un colpo sulla nuca infertogli dal Maestro con un pugno. Il pugno poteva simboleggiare il martirio e l'abbandono della propria volontà al servizio incondizionato dell'Ordine, ma anche riferirsi ad operazioni segrete per l'apertura di centri psichici superiori. La cerimonia comprendeva l'investitura con la spada per l'elevazione al grado di Cavaliere Templare, investitura di valore tradizionale documentata nei dipinti o nei bassorilievi delleCattedrali gotiche. “La spada è l'arma del cavaliere "senza paura e dal cuore puro", difensore dei deboli e degli oppressi. Essa rappresenta il combattente invincibile contro i nemici del "Grande Architetto dell'Universo" e dei Fratelli perseguitati dalle forze oscure del cielo e della terra, talora nascoste nell'inconscio; è la volontà iniziatica per eccellenza che può diventare strumento di consacrazione o di folgore”. L'esistenza di un aspetto esoterico, cioè nascosto, segreto, della tradizione cristica, in piena attività al tempo dei Cavalieri Templari, è testimoniata sia da una letteratura mistica che da una simbolica di cui si ritrovano ancora oggi tracce nelle cattedrali gotiche.

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L'architettura gotica, sorta sulle basi di quella cistercense, è un'architettura sacra che fa delle cattedrali il Tempio ideale dove si celebrano i misteri. Con la soppressione dei Templari fu perduta di colpo questa conoscenza insieme alle capacità architettoniche, che in breve decaddero in forme impure. Alessandro Benassai estratto da Il Mistero dei Templari

San Bernardo di Chiaravalle San Bernardo di Chiaravalle nacque a Fontaines-les-Dijon verso il 1091 da genitori appartenenti all'alta nobiltà. Nel 1112 fu ammesso, insieme con i suoi parenti ed amici, nel monastero di Cistercium, origine dell'ordine cistercense, sorto poco prima con lo scopo preciso di attuare rigidamente la regola di San Benedetto.

L'entrata di San Bernardo nel monastero segnò per questo l'inizio di un'era di prosperità. Il giovane monaco venne incaricato nel 1115 di fondare, sulla riva sinistra dell'Aube, nella Champagne, una nuova colonia religiosa che diede origine all'abbazia di Chiaravalle, da cui egli prese il nome.

Per dieci anni circa San Bernardo si occupò esclusivamente del suo ordine, che Papa Callisto II riconobbe ufficialmente nel 1119; lo difese contro le critiche dei Cluniacensi e contribuì pure a migliorare la vita monastica degli altri ordini. Poi nel 1126 cominciò ad estendere la sua attività in tutti i campi della vita ecclesiastica. Scrisse la lettera De Moribus et Officio Episcoporum indirizzata all'arcivescovo di Sens, in cui prospetta chiaramente quali siano i doveri dei vescovi anche di fronte alle autorità laiche.Due anni dopo nel concilio di Troyes, che diede ai Templari la regola, cominciò a comporre il celebre trattato De Laude Novae Militiae. Nel concilio di Etampes del 1130, in cui si discusse quale dei due pontefici eletti contemporaneamente in Roma fosse legittimo, Innocenzo II o Anacleto II, l'intervento di San Bernardo fu decisivo a favore del primo. E siccome molte città dell'alta Italia ed i Normanni parteggiavano per l'antipapa, l'abate di Chiaravalle intraprese tre viaggi in Italia a servizio di Innocenzo II, spesso trascinando le turbe col suo eloquente entusiasmo. I suoi successi personali ebbero per contraccolpo un grande sviluppo di monasteri cistercensi nella penisola. Grande influenza esercitò su Papa Eugenio III, suo antico discepolo, al quale dedicò i 5 libri del De Consideratione, che si potrebbero definire "il manuale del perfetto Pontefice". L'ultima grande manifestazione dell'attività di San Bernardo fu la predicazione per la seconda crociata negli anni 1146/1147. Città e castelli si spopolarono sotto l'influenza della sua infiammata parola. Di capitale importanza è stata la concezione che ebbe della crociata: al tempo di Pietro l'Eremita essa si era esaurita in un movimento popolare; all'abate di Chiaravalle invece appariva come la realizzazione dell'unità morale della cristianità attraverso la cooperazione militare dei singoli stati. Morì a Chiaravalle il 20 agosto 1153, lasciando ben 350 monasteri del suo ordine sparsi per l'Europa.

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Le numerose vestigia di abbazie cistercensi disseminate in Europa testimoniano un'architettura che porta tracce della revisione voluta da San Bernardo, che spogliò questi edifici sacri del superfluo, rendendo le loro linee più pure e semplici, emananti un'atmosfera di spiritualità arcaica. Ne è un raro esempio in Italia la misteriosa abbazia di San Galgano, costruita intorno al XII secolo da ignoti ma sapienti architetti.

La produzione più notevole di San Bernardo è costituita dai sermoni: quelli del commento al Cantico dei Cantici e le Omelie in onore della Vergine. Opere teologiche vere e proprie sono: il De Diligendo Deo, De Baptismo, De Gratia et Libero Arbitrio; la più importante è De Gradibus Humilitatis et Superbiae. Egli fu il primo a parlare esplicitamente del celebre simbolismo delle due spade, ed ha inoltre stabilito le leggi del canto liturgico per l'ordine cistercense. Il Divino Poeta lo incontra nel Paradiso in cima all’Empireo. È San Bernardo che mostra a Dante la Rosa Mistica e lo guida poi alla visione di Dio, intercedendo per lui presso Maria Vergine. Alessandro Benassai estratto da Il Mistero dei Templari

Astrologia Cinese e Comete Nel 1978 è stato pubblicato in Cina un documento preziosissimo per l'antica storia delle comete. Si tratta di un vero e proprio "Atlante di Comete" contenuto in un libro di seta trovato in una tomba del 168 a.C., a MA WANG TUI nei pressi di CHANG SHA. Il libro, consistente in una striscia di seta arrotolata lunga un metro e mezzo, contiene disegni di nubi, fenomeni ottici dell'atmosfera, occultazioni lunari e gruppi di stelle. La parte riguardante le comete è una delle meglio conservate e consiste in 29 disegni di comete.

Di tutte le scienze umane nessuna può essere rivale nell'antichità con l'astronomia, la scienza che si perde il più lontano nella notte degli anni. Essa è anteriore alla storia. La tradizione cinese fa risalire le prime osservazioni astronomiche al regno di SHIN-NUNG, l'immediato successore di FO-HI, il fondatore dell'Impero. SHINNUNG, secondo le cronache cinesi, fu incoronato e salì al trono verso l'anno 3250 a.C.

Il libro cinese più antico e autentico che conosciamo è il CHOU-KING, che fu rivisto da Confucio verso il VI secolo avanti la nostra era. Le cronache iniziano con l'imperatore YAO, che salì al trono nel 2356 a.C.. Egli ordinò ai suoi astronomi ufficiali, Hi e Ho, di osservare con cura le stelle degli Equinozi e Solstizi al fine di verificare con esattezza la lunghezza dell'anno.

Le stelle citate corrispondono all'Alfa dell'Idra, alle Pleiadi, alla Beta dello Scorpione e alla Beta dell'Acquario. In questa epoca le principali stelle del cielo avevano ricevuto dei nomi, cinque pianeti erano già conosciuti, una sfera celeste era stata disegnata e si osservavano gli astri con l'aiuto di strumenti. Questi fatti sono stabiliti con precisione nel CHOU-KING. La stella Alfa dell'Idra era chiamata "l'uccello rosso"; passava al meridiano al tramonto del Sole il giorno dell'Equinozio di Primavera, e le Pleiadi indicavano il punto equinoziale.

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Un'eclissi di Sole si verificò in Cina senza essere prevista da parte dei due direttori dell'Ufficio Astronomico, HI e HO. Era il primo anno del regno di CHANGKANG nell'ultimo mese di Autunno. I due funzionari, negligenti verso i loro doveri, furono condannati a morte. Il Sole rappresentava il re del celeste impero, e le eclissi erano accompagnate da cerimonie religiose importanti; la mancata previsione metteva a repentaglio l'infallibilità e la sovranità dell'imperatore. Gli astronomi cinesi erano capaci in quell'epoca di calcolare le eclissi di Sole per un luogo determinato, ciò fa intendere una maggiore conoscenza di quella di Ipparco 2000 anni più tardi. L'Ufficio Astronomico cinese aveva un osservatorio dotato di strumenti per misurare il tempo e la posizione degli astri. L'osservatorio era, di norma, nella capitale, adiacente al Palazzo Imperiale e all'interno del suo recinto. I fenomeni registrati, come risulta nel trattato contenuto nella "Storia della Dinastia Chin", erano i seguenti: rumori simili ai tuoni, eclissi di Sole, aloni solari e macchie solari, cambiamenti della Luna (eclissi, aloni, ecc.), congiunzioni planetarie, apparizioni diurne e congiunzioni della Luna e dei 5 pianeti con i vari asterismi, stelle di "cattivo augurio" e stelle "ospiti" (comete e novae), meteore, nubi e vapori straordinari (normalmente aurore polari).

Il personale dell'Ufficio Astronomico era numeroso e variamente organizzato e distribuito. Lecomte descrive come venivano compiute le osservazioni secondo quanto aveva visto lui stesso a Pechino: "Cinque matematici trascorrono ogni notte sulla Torre osservando ciò che accade in alto: uno guarda fissamente verso lo zenit, un altro a est, un terzo a ovest, il quarto volge gli occhi verso sud, e un quinto a nord, così niente di ciò che accade ai quattro angoli del mondo può sfuggire alla loro diligente osservazione. Ogni mattina portano un resoconto esatto al Sovrintendente delle Matematiche, perchè venga registrato nel suo ufficio". L'importante relazione tra fenomeni celesti e arte della divinazione dava agli astronomi cinesi prestigio e potere, ma li segregava e li vincolava al segreto d'ufficio. Nel THANG LIN TIEN si legge: "Nessuno strumento astrologico (come sfere armillari e clessidre) e nessun libro di astrologia può essere portato fuori degli uffici, nel timore che si possa farne cattivo uso da parte di persone non qualificate".

L'obbligo della segretezza durò quanto le osservazioni stesse, cioè fino alla fine dell'Impero cinese nel 1910. Il cielo era suddiviso in oltre 250 asterismi, cioè piccoli gruppi di stelle. Questa frammentazione del cielo stellato era una necessaria conseguenza della concezione astrologica. Infatti ogni gruppo di stelle o addirittura stelle singole, erano associati a ben determinate questioni, avvenimenti e figure terrestri. Così tra gli asterismi troviamo: l'Imperatore, il Principe Ereditario, il Ministro dei Lavori Pubblici, gli Eunuchi di Corte, il Tempio Celeste, il Fiume Celeste, ecc. L'apparizione di stelle o comete, gli spostamenti di corpi nuovi o noti su di una volta stellata suddivisa in tal modo, permettevano di leggere nel cielo messaggi chiari e precisi. I trattati delle prime storie dinastiche contengono pronostici associati a quasi tutte le osservazioni. Ad esempio, nella Storia della Dinastia Han Orientale si legge: "VIII anno (del periodo di regno YUNG PHING), 10° mese (giorno) JEN-YIN, l'ultimo giorno del mese (16 Dicembre dell'anno 65). Ci fu un eclissi di Sole e fu totale. Il Sole era a 11 gradi in NAN-TOU. NAN-TOU rappresenta lo stato di WU. KUANG-LING, per quanto lo riguardano le

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costellazioni, appartiene al WU. Due anni dopo, CHING, Re di KUANG-LING, fu accusato di tramare una ribellione e si suicidò".

La "Storia Ufficiale della Dinastia Chin" riporta: "V anno (del periodo del regno SHENG-PHING), 3° mese, (giorno) TING-WEI (1° Maggio dell'anno 361). La Luna invase Saturno a CHE. Secondo le norme dei pronostici ciò significava la morte di una persona importante. Nel quinto mese, MU-TI, (l'Imperatore) morì". Le stelle fisse, che nella Bibbia sono chiamate "armata celeste", sembrano indicare fatti eccezionali del destino e generalmente la loro azione sugli umani è violenta, improvvisa e drammatica. Alessandro Benassai estratto da Astrologia Iniziatica Scienza dei Magi

Stonehenge e il Mistero del Sole I riti sacri e le cerimonie misteriche che si riferivano al sorgere del Sole al Solstizio d'Estate, risalgono ai più antichi centri iniziatici, e sono testimoniati dall'orientamento di alcuni templi. Un famoso esempio è la costruzione megalitica di Stonehenge, in Inghilterra. Stonehenge era stata costruita deliberatamente e coscientemente come un tempio / osservatorio. I suoi costruttori avevano capacità cognitive sufficienti a comprendere e valutare cicli celesti, e capacità organizzative abbastanza raffinate per progettare un'impresa di costruzione di grandi dimensioni secondo un piano elaborato in modo preciso e determinato. Poiché Stonehenge risale al 2500 a.C., questa spiegazione si trova in contrasto con tutte le altre prove archeologiche, che invece mostrano i britanni di quest'epoca come selvaggi urlanti la cui cultura materiale non andava oltre una rozza ceramica e grossolani utensili in pietra. Questo dimostra che la tradizione sapienziale era unicamente patrimonio dei centri iniziatici, che la custodivano segretamente.

Stonehenge è costituita da una serie di cerchi concentrici. Il primo cerchio, il più grande, è un fossato erboso della profondità di un metro circa, e del diametro di un centinaio di metri. Immediatamente all'interno del fossato c'è un terrapieno ricoperto d'erba, alto oggi circa due metri e costruito presumibilmente con la terra tratta dal fossato stesso.

Subito all'interno del terrapieno c'è un cerchio di buche, note come BUCHE DI AUBREY, dal loro scopritore seicentesco John Aubrey. Altri due anelli di buche - quelle più esterne note come BUCHE Y, quelle più interne come BUCHE Z - si trovano a una ventina di metri dal terrapieno circolare.

I due anelli sono allineati in modo tale che le buche sembrano irradiarsi dalle pietre erette al centro del complesso, come le razze dal mozzo di una ruota. Viene poi il cerchio di pietre SARSEN, che rappresentano la struttura più famosa di Stonehenge. Un tempo questo cerchio era formato da 30 pietre infisse nel terreno, ciascuna delle quali pesava circa 25 tonnellate ed era stata sbozzata in figura press'a poco rettangolare. All'interno di questo anello di pietre sorgeva un altro cerchio, del diametro di circa 23 metri: quello delle così dette "pietre azzurre". Queste pietre non sono originarie dell'area del Wessex, e per molto

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tempo la loro provenienza rimase un mistero, finché non si identificò la loro origine nelle Montagne Prescelly, nel Galles.

All'interno del doppio cerchio di Sarsen e di pietre azzurre, si trovavano 5 giganteschi triliti disposti a formare una sorta di ferro di cavallo aperto in direzione nord-nordest.

Come suggerisce il loro nome, i triliti erano archi indipendenti formati da tre pietre, due verticali ed una terza collocata sopra di esse orizzontalmente e fissata ad incastro con mortasa e tenone. I triliti, di un'arenaria simile a quella dei Sarsen, sono impressionanti sotto ogni punto di vista, con i due lastroni verticali del peso medio di circa 50 tonnellate ciascuno e dell' altezza di 6, 7 metri e mezzo. All'interno del ferro di cavallo costituito dai triliti si trova un grande lastrone piano, chiamato "la pietra dell'altare". A circa 77 metri dal centro del cerchio dei Sarsen, c'è una singola pietra eretta, nota come "pietra del tallone" (Heel Stone). Al di sopra di questa pietra sorge il Sole il giorno del Solstizio estivo.

In coincidenza con determinati momenti astronomici, quali eclissi e solstizi, che segnavano nel calendario misterico le ricorrenze significative, gli antichi iniziati bretoni si davano appuntamento a Stonehenge per celebrare i loro riti. Entrando in processione, si disponevano gerarchicamente lungo i 3 cerchi del tempio megalitico; al centro il sacerdote, assistito dai dignitari del Tempio, celebrava il Mistero del dio Sole. Sir Fred Hoyle, uno fra gli astronomi britannici più famosi, pubblicò un articolo su "Nature" il 30 Luglio 1966. Quale che fosse l'opinione di qualsiasi archeologo, scrisse Hoyle, Stonehenge era un osservatorio astronomico e le buche di Aubrey facevano parte di un sistema per la predizione delle eclissi. Secondo Hoyle, il cerchio di Aubrey rappresentava l'Eclittica, e spostando lungo il cerchio degli indicatori, che dovevano rappresentare la Luna, il Sole ed i nodi, egli dimostrò che un osservatore poteva predire quasi tutte le eclissi lunari sulla terra con una certa precisione. La spiegazione di Hoyle, come gran parte della sua teoria cosmologica, era così densa, così matematica, che gli archeologi non riuscirono, ancora una volta, a conciliare l'evidente barbarie degli antichi britanni con la complessità concettuale del sistema. Alessandro Benassai estratto da Astrologia Iniziatica Scienza dei Magi

Piramide Maya e Astrologia La piramide di KUKULCAN a CHICHEN-ITZA, si delinea al di sopra della bassa foresta di arbusti della Penisola dello Yucatàn come una fortezza medievale trasportata in un ambiente estraneo. In effetti, i "conquistadores", i primi europei che videro questo splendido monumento, lo chiamarono EL CASTILLO, "il castello".

Alta 24 metri, e dal lato di base quasi 56 metri, la piramide è formata da una serie di 9 piattaforme sovrapposte a gradinata l'una sull'altra, sormontate da un piccolo tempio quadrangolare cui si accede salendo per ripide scalinate.Sulle due facce completamente restaurate, i muri delle scalinate assumono la forma di serpenti allungati e stilizzati (il serpente piumato della mitologia mesoamericana) terminanti ciascuno al piede delle scalinate in una grottesca testa di rettile, alta quasi 1 metro e mezzo.

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Al crepuscolo dell'Equinozio di Primavera, quando il Sole tramonta quasi esattamente ad ovest, i visitatori che osservano questa rovina maya, possono ammirare un fenomeno che la rende ancor più impressionante e affascinante. Quando da un lato del muro della scalinata, sulla facciata settentrionale, il Sole scende verso l'orizzonte piatto, i suoi raggi obliqui disegnano un motivo a denti di sega di luce e d'ombra. 7 triangoli di luce appaiono in sequenza, discendendo lentamente la balaustra del corpo del serpente dalla cima della piramide sino alle fauci spalancate della testa del rettile. Per un istante, quando il Sole raggiunge l'angolo giusto, l'intero serpente è dipinto di luce, cosicché il suo corpo di pietra sembra presentare i disegni a rombi tipici della livrea di un crotalo. Poi, quando il Sole è sceso ancor più, l'ombra della notte sale dal terreno ed i triangoli di luce si spengono uno ad uno, cominciando dalla testa del serpente e progredendo gradualmente sino alla coda. Infine, l'ultimo triangolo alla sommità della piramide svanisce, e l'intera struttura viene inghiottita dalle tenebre. All'interno della piramide, esattamente al di sotto del tempio e press'a poco nel punto in cui scompare l'ultimo triangolo di luce, c'è una camera segreta nella quale è custodita una statua ingioiellata del giaguaro sacro, simbolo del Sole. Nell'antico calendario Maya l'Equinozio di Primavera era una data importante perché commemorava il ritorno di KUKULCAN dal cielo, la celebrazione della rinascita di un dio.

Il calendario iniziava da una data che è possibile coincidesse, nella nostra cronologia, con l'8 Giugno 8498 a.C., ma il problema di questa data non è ancora stato risolto. I Maya possedevano straordinarie conoscenze astronomiche fin dal IV millennio a.C. Sono giunte a noi numerose osservazioni, ad esempio di un eclissi di Luna del 15 Febbraio 3379 a.C. In particolare erano ben conosciuti i periodi sinodici dei Pianeti e la periodicità delle eclissi. Alessandro Benassai estratto da Astrologia Iniziatica Scienza dei Magi

Ariete, il Simbolismo dell'Ariete L'Ariete è l'antico segno di Ram. Rama, chiamato anche Hari = il creatore di tutte le cose, è il divino condottiero celtico che stabilì un impero a carattere religioso universale millenni or sono; è l'eroe del 'Ramayama', chiamato nel suo aspetto sacerdotale Lam = l'agnello. In sanscrito Ariete si dice Uranah, che significa "fuoco", "luce originaria"; mentre il dio del fuoco si chiama Agni.

Agni, Agnus in latino, Gnana in sanscrito e Gnosis in greco, hanno una radice comune di origine indoeuropea che significa conoscenza. L'Agnello, simbolo dell'innocenza e della purezza (da pur = fuoco), è l'emblema del Cristo, il Messia, Sapienza e Potenza di Dio Padre; il Redentore che purifica l'umanità con il suo sacrificio

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celebrato a Pasqua, ricorrenza non solo della morte e resurrezione di Gesù Cristo, ma anche del suo concepimento.

L'Ariete corrisponde all'Oriente, dal latino Oriri = "sorgere", "nascere"; indica quindi l'alba, il sorgere del Sole che segna l'inizio, il rifiorire della vita nella natura con la Primavera.

Nelle Sacre Scritture il Sole che sorge è simbolo del Messia Gesù Cristo, "colui che tornerà alla fine dei tempi dall'Oriente per giudicare i vivi ed i morti". "Verrà a visitarci dall'alto un Sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte e dirigere i nostri passi sulle vie della pace", scrive San Luca (Luca 1:78-79).

Anche i giusti sono paragonati al Sole sorgente:"Coloro che ti amano siano come è il Sole quando sorge con tutto il suo splendore" (Gdc. 5:31). "Allora i giusti splenderanno come il Sole nel Regno del Padre loro"(Mat. 13:43). Alessandro Benassai estratto da Astrologia Iniziatica Scienza dei Magi

Lo Zodiaco Lo Zodiaco, che Dante chiamava "l'obliquo cerchio che i pianeti porta", è la fascia o zona celeste di 18 gradi di larghezza, divisa in due parti dall'Eclittica, in cui per prospettiva il Sole e tutti gli astri del sistema solare operano la loro evoluzione. In questa zona circola da millenni l'anima del nostro sistema solare per produrre, secondo le leggi Divine, tutte le manifestazioni della vita. Lo Zodiaco è diviso in 12 settori uguali, di 30 gradi ciascuno, che nel complesso formano una circonferenza di 360 gradi.

Da ogni settore, o Segno (in greco Zoiìn che significa "essere vivente", "immagine celeste"), pare scaturiscano correnti e fluidi i cui effetti sull'uomo sono studiati dall'Astrologia.

Zodiaco viene dal greco ZODIAKÔS, la cui radice etimologica è Zoe = "vita", "esistenza"; è il cerchio o circolo delle "immagini celesti" che sono le figure-simbolo delle 12 espressioni differenziate della vita Una.

Sinonimo di Zodiakìs è KYKLOS, "ciclo", "ruota", "movimento circolare". Lo Zodiaco è dunque la ruota, il cerchio del movimento della vita universale, o anima del mondo, che si esprime in maniera differenziata nella successione dei 12 Segni, per produrre tutte le manifestazioni della vita. In sanscrito Zodiaco si dice RASI-CHAKRA, da Rasa = "quinta essenza", "forza", e Chakra = "ruota", "movimento circolare". Chakra deriva da Shak = "avere il potere di agire", e dalla radice Kram = "muoversi", "emanare", ed è impiegato per designare il centro del mondo o un centro di coscienza. Questa etimologia permette d'interpretare la figura dello Zodiaco come il simbolo del centro cosciente e vivente dell'essenza universale in movimento: la quinta essenza animatrice di tutto, madre di tutte le forme, che si esprime nella manifestazione differenziata producendo il ritmo

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involutivo-evolutivo della trasmutazione dell'Energia-Vita che si manifesta nei differenti stati dell'Essere, stati della sostanza e stati della coscienza gerarchicamente disposti.

Il principio dello Zodiaco si ritrova nell'antica figura dell'Uroboros, o Urovorax, il serpente che si morde la coda, che divora se stesso eternamente in un circolo chiuso, emblema del Tempo-Eternità, le cui estremità, l'inizio (la testa) e la fine (la coda), sono chiuse in se stesse in un eterno divenire ciclico di rinnovamento. Il serpente, sebbene privo di arti, può muoversi rapidamente per l'azione delle costole e delle placche ventrali, che si traduce in un movimento propulsivo a carattere ondulatorio. Questa forza interiore propulsiva automotrice, simboleggiava per gli antichi egizi l'immagine del movimento cosmico, animato da una potenza interiore che si esprime nel tempo e nello spazio in una successione di fasi mai interrotte. Il serpente, in arabo El Haiath, "il vivente", è l'alchemico animatore universale e simbolo della materia prima e della luce astrale nel suo aspetto androgino: l'anima fisica dei 4 elementi che compongono i piani della natura. La figura dello Zodiaco con i 12 Segni ed i 7 Pianeti tradizionali, rappresenta l'immagine celeste dell'essere vivente, lo spirito unico creato ad immagine e somiglianza di Dio Uno e Trino, di cui tutti gli spiriti microcosmici fanno parte integrante: l'uomo universale, il macrocosmo, raccolto in se stesso in una posizione che si può definire "fetale", con la testa (l'Ariete) unita ai piedi (i Pesci). L'uomo universale è l' Adam biblico, androgino, prima della scissione in Adamo- Eva.

Il nome greco Zodiakìs si può scindere in due parole: Zo (Zoe) che significa "vita", "esistenza", e Diakìs che vuol dire "déi", "esseri divini". La radice del termine Diakìs è Dia, accusativo di Zeus, che al genitivo fa Dios. Zeus, Iove in latino, è la suprema divinità greco-romana, detto lo "splendente", l'"eterno"; è Iuppiter da Iup = Dio, cielo luminoso, e Piter = padre, la divinità Una e Trina.

L'aspetto ternario è designato simbolicamente dalla lettera iniziale di Diakìs, il Delta triangolare, simbolo del fuoco. E' il Delta luminoso e fiammeggiante della simbolica cristiana, che si trova spesso nelle cattedrali con inscritto il nome divino YAHVEH, che significa "l'Eterno". Questa etimologia mette in evidenza che il Fuoco Celeste, la vita divina della Santa Trinità, anima l'Uomo Zodiacale o Uomo Universale, lo spirito unico creato, che ne porta una immagine e una somiglianza. Immagine e somiglianza divina di Gesù Cristo, l'Immagine vera, l'Uomo Increato, come afferma San Paolo nella Lettera ai Colossesi (1:15-16): "Egli è immagine del Dio invisibile,generato prima di ogni creatura;poiché per mezzo di luisono state create tutte le cose". Alessandro Benassai estratto da Astrologia Iniziatica Scienza dei Magi

I Re Magi I RE MAGI – I Re Magi, ossia re sacerdoti, sono tre misteriosi personaggi (“i loro corpi avevano delle ali”) che resero omaggio al nuovo Re Messia portandogli in dono le chiavi della conoscenza

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arcaica (La storia dei Tre Re, capitolo 47). Essi rappresentano un collegamento tra la fine e l’inizio di un ciclo di manifestazione. La visita dei tre re sacerdoti al Messia ricorda la visita dei tre angeli ad Abramo per annunciargli, con la distruzione di Sodoma e Gomorra, la fine dell’era della corruzione ed un nuovo inizio per la sua futura discendenza con la nascita di un figlio (l’erede).

I Re Magi possedevano la totalità delle conoscenze ermetiche; eccellevano in alchimia, astrologia, matematica, medicina, e secondo la leggenda erano i detentori delle monete d’oro che furono coniate da Abramo. Queste sarebbero appartenute in seguito a Giuseppe, alla regina di Saba e a Salomone. I Re Magi, dopo averle ritrovate, le offrirono alla Sacra Famiglia. Maria però le perse nel deserto d’Egitto dove un nomade le raccolse. Avendolo Gesù guarito da un male incurabile, l’uomo ne fece dono ad una comunità religiosa. Qualche anno più tardi i pezzi servirono per pagare il tradimento di Giuda, poi furono divisi tra la guardie del sepolcro e i cavalieri presenti a Gerusalemme, ed esse infine toccarono in sorte ai Templari. Con la sparizione dei Templari si persero le loro tracce.

Iniziati ai misteri di Zoroastro, i Re Magi all’inizio furono raffigurati con il berretto frigio, proprio degli iniziati di Mitra, in seguito sostituito con la corona. Essi portarono dall’antica Persia oro, incenso e mirra per donarli al Re fanciullo, il “Padre del secolo venturo”.

Melchior, che significa “il mio Re (Dio) è luce”, portò l’oro.Baldassar, balâtsu-ushur (Daniele 1:7), “vitam eius protege”, il “custode della vita (la conoscenza divina)”, portò l’incenso.Gasphar, “l’apparire dell’aurora che s’intensifica di luce con il sorgere del Sole”, portò la mirra, ossia il miron. L’oro, che corrisponde al Sole, simbolizza la rivelazione divina, l’abbondanza divina, la gloria, la corona regale, il potere di governare. Corrisponde al Re, all’Età aurea solare. L’incenso, emblema del potere sacerdotale, rappresenta la vita divina, il potere di purificare, e simboleggia il “corpo immortale o spirituale”. Corrisponde al Sacerdote, all’Anima Emotiva, all’Età lunare dell’Argento. La mirra, l’amarezza che precede la dolcezza della rivelazione della luce, è simbolo della morte mistica e rappresenta il corpo mortale del re. [...] Corrisponde al Guerriero Sacrificatore, all’Anima Erosdinamica, all’Età del Ferro.

I tre Re Magi, che simbolicamente riassumono l’aspetto trinitario della divinità regale di Gesù Cristo, furono battezzati da San Tommaso, il patrono degli architetti, e ricevettero la missione di percorrere il mondo per fondare delle chiese. Venerati sugli altari, dettero origine alla festa dell’Epifania, “la manifestazione della luce” di Cristo, il “Re dei Re Magi”.

Alessandro Benassai dal capitolo "I RE MAGI" estratto dal La Leggenda del Santo Graal e il Regno Misterioso

Krishna e Arjuna “E il Beato disse:

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Io esposi al Sole questa dottrina imperitura dell’ascesi, e il Sole la rivelò a Manu e Manu la disse a Ikshvâku.Così trasmessa d’uno in altro la conobbero i Râjarshi ma per molto tempo essa andò perduta in questo mondo, o martirio dei tuoi nemici” (Gîtâ 4:1-2).

“Beato”, Bhagavat, è il nome con il quale fu chiamato Krishna quando, in un’epoca remota della storia dell’India, fondò la nuova religione a carattere monoteista, rinnovando l’ormai decadente concezione che gli Indiani si erano fatti della tradizione (smriti) e della rivelazione (sciruti) abbracciante i Veda, correggendone le conclusioni sbagliate e richiamando gli uomini alla vera spiritualità e alla pietà del cuore. Il nome Krishna significa nero, sia nel senso di occultato, nascosto, che di caldo, ardente (d’amore), moro, ossia “annerito” riferito all’azione del fuoco e del Sole.

Arjuna significa bianco, argento, luminoso (come la luna piena). Dalla radice arj deriva il nome della razza “bianca”, detta la razza degli Âryi o Ariana, che al suo sorgere, circa diecimila anni fa, discese dall’estremo nord scontrandosi con l’antica razza “nera”, eclissandola gradualmente ed ereditandone la conoscenza. La nuova rivelazione portata da Krishna, figlio di Vasudeva e della vergine Devakî, si diffuse all’inizio tra i guerrieri della sua tribù e di quelle vicine, poi si estese a più largo raggio, ed i suoi seguaci ebbero nome Bhâgavati. Pur non negando l’autorità degli antichi testi (sciruti) su cui poggiava la legge brâhmanica, la parola salvifica dell’Avatâr è la fonte stessa della sapienza.

Alessandro Benassai dal capitolo "BHAGAVAD GITA E LA DOTTRINA DELL'AVATAR" estratto dal La Leggenda del Santo Graal e il Regno Misterioso

Melchisedek MELCHISEDEK – Un misterioso personaggio della Bibbia, Melchisedek, re di Shalem, la “città della pace”, la “città di Cristo” (cfr. Efesini 2:14), la Città Santa, la Celeste Gerusalemme, dimora di Dio Altissimo, è l’archetipo perfetto della regalità sacerdotale. Egli è il Re di Giustizia, l’invincibile Re Guerriero che sconfigge i “re del Caos” consegnandoli ad Abramo (Genesi 14:20) per ristabilire l’Ordine, e il Gran Sacerdote Sacrificatore che benedice e celebra il rito archetipico offrendo la coppa del pane e del vino ad Abramo e Sara. “Egli, senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio, rimane sacerdote in eterno ”(Ebrei 7:3).

Melchisedek, il Re dei due aspetti definiti “amore e timore di Dio ”, è Colui che possiede le chiavi per aprire e chiudere le porte della Città Santa. Egli è il Signore delle due vie (mistica e iniziatica) tramite le quali lo Spirito si rivela agli uomini, e non avendo padre, egli stesso è il principio della genealogia, ossia della sua discendenza umano-divina, la cosiddetta “stirpe regale”, e il principio stesso della trasmissione, il “sangue reale” che trasmesso iniziaticamente da padre in figlio stabilisce la Santa Alleanza. Non essendo mai nato, non può morire, ed essendo eterno non ha bisogno di vita. Egli è l’origine stessa della vita e il centro sorgente della manifestazione.

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Melchisedek è il costruttore della Città Santa, il Tempio celeste dell’Altissimo, come testimonia il Libro armeno dell’infanzia, dove si legge:

“All’epoca del profeta Mosè c’era un uomo chiamato Zaradust, ideatore della dottrina del Magismo. Un giorno, seduto presso una fontana, mentre istruiva i suoi discepoli iniziati, confidò loro: Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio senza conoscere uomo. La sua buona novella sarà diffusa nelle sette atmosfere della terra. I Giudei lo crocifiggeranno nella città fondata da Melchisedek”. Alessandro Benassai dal capitolo "BHAGAVAD GITA E LA DOTTRINA DELL'AVATAR" estratto dal La Leggenda del Santo Graal e il Regno Misterioso

La Bhagavad Gita e la dottrina dell'Avatar La Bhagavad Gîtâ, ossia “il canto del Beato”, è un episodio del più grande poema indiano, il Mahâbhârata. Essa si trova inserita nella descrizione della grande battaglia tra Kuruidi e Pânduidi e precisamente nel Libro VI, lettura 25-42, Libro di Bhîshma. Si tratta di un dialogo tra il Signore Krishna, l’Avatâra, “Colui che discende (dal cielo)”, il Dio incarnato nell’umanità, e l’eroe pânduide Arjuna.

Ecco brevemente quale fu la causa della guerra fratricida che si combatté nel Kuruhshetra che forma il soggetto della maggior epica indiana. Da Kuru, eroe solare, dopo molte generazioni nacquero Dhritarâshtra e Pându. Il primo, sebbene maggiore, essendo cieco non poteva diventare re secondo la legge brâhmanica. Tenne dunque il governo Pându e dopo di lui il maggiore dei suoi figli, Yudhishtrhira. Fratelli suoi nati dalla stessa madre Kuntî furono Arjuna e Bhîma. Figli di Pându ma di altra madre furono Nakula e Sahadeva. Questi furono i cinque Pânduidi.

Dhritarâshtra e i suoi figli mal tolleravano che il potere fosse passato al ramo cadetto della loro famiglia, e Duryodhana, il primogenito, cercava con tutti i mezzi di spodestare il cugino; alla fine riuscì con frodi e inganni a spogliarlo del regno per tredici anni, durante i quali i Pânduidi dovettero andare in esilio. Alla fine del tredicesimo anno i cinque Pânduidi ritornarono in patria per riprendere il regno, ma Duryodhana rifiutò di consegnarglielo. Allora i cugini si mostrarono disposti a rinunciare ai loro diritti in cambio del governo di cinque province, ma Duryodhana rispose che “senza guerra non avrebbero avuto nemmeno tanta terra quanta se ne può raccogliere sulla punta di una spada acuminata”. Il vecchio Dhritarâshtra fu dello stesso parere del figlio. S’interposero i saggi ma invano e la guerra scoppiò. Dhritarâshtra essendo cieco è lontano dalla lotta e non avrebbe potuto seguire lo svolgimento degli avvenimenti se Vyâsa non gli avesse offerto una visione chiaroveggente, che per volontà dello stesso Dhritarâshtra venne conferita al suo auriga e cantore Sañjaya. Egli, in stato estatico, raccontò al vecchio re cieco le vicende della guerra e il colloquio tra il divino auriga Krishna e il prode guerriero Arjuna.

La battaglia si svolse nel “campo di Kuru”, presso Amballa, nell’India settentrionale, divenuto poi meta di pellegrinaggi. “Campo di Kuru” fu detto anche il territorio tra il Gange superiore, la Yamunâ e la Drisadvatì, centro da cui irradiò nell’India la cultura brâhmanica e perciò considerato sacro.

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Kuru, discendente di Bharata, secondo la leggenda dopo le imprese eroiche giovanili si fece eremita e il suo campo divenne sacro. Egli dette nome alla stirpe che da lui discese; infatti Kuruidi sono tanto i Pânduidi quanto i Dhritarâshtridi, sebbene i primi in modo particolare. Sañjaya dopo aver spiegato al vecchio re cieco la disposizione degli eserciti e dato una descrizione geografica dell’India, riportò il dialogo tra Krishna e Arjuna, dialogo che costituisce appunto l’argomento della Gîtâ.

Alessandro Benassai dal capitolo "BHAGAVAD GITA E LA DOTTRINA DELL'AVATAR" estratto dal La Leggenda del Santo Graal e il Regno Misterioso