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nuova serie, 4 | 2010 Dipartimento per le Politiche della Famiglia Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Cittadini in crescita Editoriale: Una comunità che educa ò I diritti dell’infanzia nell’ordinamento costituzionale e internazionale ò La mediazione per ricostruire i legami familiari ò La condizione economica dei minorenni in Italia ò Interviste a Gustavo Zagrebelsky e Francesco Tullio-Altan ò Il Progetto Sinba ò La legislazione sociale per la famiglia in Italia ò Esperienze locali di conciliazione ò Percorsi di partecipazione con minori stranieri non accompagnati o svantaggiati ò Giovani e consumo di droghe ò Child in the City; Raccomandazioni per le politiche europee rivolte alla prima infanzia; Seconda Conferenza nazionale della famiglia; Working for inclusion ò Rassegna normativa 4 2010 Cittadini in crescita

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nuova serie, 4 | 2010

ISSN 1723-2562

Dipartimento per le Politiche della Famiglia

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

Cittadini in crescita

Editoriale: Una comunità che

educa ò I diritti dell’infanzia

nell’ordinamento costituzionale e

internazionale ò La mediazione

per ricostruire i legami familiari ò

La condizione economica dei

minorenni in Italia ò Interviste a

Gustavo Zagrebelsky e Francesco

Tullio-Altan ò Il Progetto Sinba

ò La legislazione sociale per la

famiglia in Italia ò Esperienze

locali di conciliazione ò Percorsi

di partecipazione con minori

stranieri non accompagnati o

svantaggiati ò Giovani e consumo

di droghe ò Child in the City;

Raccomandazioni per le politiche

europee rivolte alla prima infanzia;

Seconda Conferenza nazionale della

famiglia; Working for inclusion ò

Rassegna normativa

Davanti alla parcellizzazione dei tessuti sociali e cultu-rali, alla crescente differenziazione dei valori di riferimento e dei mo-delli educativi, alla maggiore frammentazione degli spazi e dei tempiquotidiani, va crescendo in coloro che operano in campo educativoun’esigenza di raccordo e di dispositivi di sintesi; in un mondo sem-pre più mobile e “liquido”, risulta sempre più urgente riconoscerel’educazione come una questione che riguarda tutti, stringendo nuovee più comprensive alleanze educative. Non basta abitare nello stesso territorio e dipendere dagli stessi ser-vizi perché le persone si sentano parte di una comunità e ancora dipiù compartecipi di un impegno comune: è necessario convergere sualcuni valori. Non basta affermare che l’educazione delle nuove ge-nerazioni è importante: occorre condividere dei principi e dei signifi-cati forti a cui ispirare la propria azione. E ancora, se si vuole davvero porre lo sviluppo integrale dell’infanziatra le priorità bisogna mantenere alta l’attenzione sulla qualità rela-zionale ed educativa delle trame informali e quotidiane che la inner-vano, promuovere l’attivazione di contesti vitali di socializzazionedove i bambini e i ragazzi possano incontrarsi, giocare, esprimersi,sperimentarsi non solo come fruitori ma come elaboratori di cultura.

Il Centro nazionale di documentazione e analisi perl’infanzia e l’adolescenza si occupa di: raccolta e diffusione di nor-mativa, dati statistici e pubblicazioni scientifiche; mappatura ag-giornata dei servizi e delle risorse destinate all’infanzia a livellonazionale, regionale e locale; analisi della condizione dell’infanziae valutazione dell’attuazione della legislazione; predisposizionedegli schemi di rapporti e relazioni istituzionali. La gestione dellesue attività è affidata dal Ministero del lavoro e delle politiche so-ciali e dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Presi-denza del consiglio dei ministri, in rapporto convenzionale,all’Istituto degli Innocenti di Firenze.

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Cittadini in crescita

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nuova serie, 4/2010

Dipartimento per le Politiche della Famiglia

Ministero del Lavoro e delle Politiche socialiDirezione Generale per l’inclusione e i diritti sociali e la responsabilità sociale delle imprese (CSR)

Cittadini in crescita

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze il 15 maggio 2000 (n. 4965)

ISSN 1723-2562

Direttore responsabile Roberto Marino

Direttore scientifico Francesco Paolo Occhiogrosso

Condirettore scientifico Valerio Belotti

Comitato di redazione Roberto Marino, Francesco Paolo Occhiogrosso, Valerio Belotti, Donata Bianchi, Adriana Ciampa, Salvatore Me, Piercarlo Pazè, Maria Teresa Tagliaventi, Pierpaolo Triani

Area documentazione, ricerca e formazione Aldo Fortunati

Servizio documentazione, editoria e biblioteca Antonella Schena

Redazione Roberta Ruggiero, Donata Bianchi, Anna Buia, Barbara Guastella, Tessa Onida

Supporto tecnico-organizzativo Maria Bortolotto

Realizzazione editoriale Elisa Iacchelli, Paola Senesi

Progetto grafico e impaginazione Barbara Giovannini

Stampa Litografia IP, Firenze - maggio 2011

Per le tavole riprodotte in questo numero© Altan/Quipos

Questa pubblicazione è stata realizzata dall’Istituto degli Innocenti nel quadro delle attività del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza. Tutta la documentazione prodotta dal Centro nazionale è disponibile sul sito web www.minori.itLa riproduzione è libera, con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia, salvo citare la fonte.

Istituto degli InnocentiPiazza SS. Annunziata, 12 - 50122 Firenzen. verde 800 435433www.minori.it - [email protected]

Per agevolare l’accesso degli utenti ai propri servizi e alle proprie risorse, ilCentro nazionale ha attivato il numero verde gratuito 800 435 433

Al numero verde risponde sempre la “storica” segreteria del Centronazionale ed è possibile richiedere informazioni e pubblicazioni e mettersiin contatto con i diversi settori di attività.

Il Portale dell’infanzia e dell’adolescenzaè lo spa-zio web del Centro nazionale dedicato all’informazione sulla realtà dell’infanzia edell’adolescenza e sulle iniziative che ne promuovono i diritti. Il portale proponenotizie e approfondimenti, segnala eventi e dà ampio spazio a documenti, ricerchee progetti che promuovono il benessere delle nuove generazioni. Si sostiene così lo scambio di saperi ed esperienze, nella consapevolezza che unamigliore informazione in questo campo favorisce l’aggregazione tra le istituzioni,gli operatori del settore, le associazioni di volontariato e le famiglie.

Sul portale sono consultabili i contenuti prodotti dal Centro nazionale edall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza: rapporti erelazioni, indagini, monitoraggi, tavole statistiche, banche dati, rassegne, progetti,pubblicazioni (tutte acquisibili in formato pdf).Notizie e documenti sono organizzati anche per aree tematiche: Contesti e situa-zioni, Cultura, Educazione, Salute, Diritto, Politiche e servizi e sono rintracciabilisia tramite ricerca testuale libera, sia grazie al sistema di etichettatura che con-sente collegamenti trasversali determinati da tag e categorie.

Tra gli spazi tematici dedicati, l’AREA 285 raccoglie le attività fatte per concretizzare questalegge e mette a disposizione i progetti e i relativi materiali riconosciuti come buone pratiche. Da qui è possibile consultare la nuova Banca dati progetti 285 delle Città riservatarie.

PER SEGNALARE INIZIATIVE E INVIARE MATERIALI E RAPPORTI

potete CONTATTARE la redazione del portale tramite mail a

p o r t a l e @ m i n o r i . i to attraverso il numero verde 800 435 433

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Sommario

Cittadiniincrescıta nuova serie

4 | 2010

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E D I TOR I A L EUna comunità che educa

Pierpaolo Triani

APPRO FOND IMENT II diritti dell’infanzia nell’ordinamento costituzionale e internazionale

Andrea Giorgis

La mediazione: un percorso per ricostruire legamiAnna Coppola De Vanna

La condizione economica dei bambini e degli adolescenti in ItaliaAndrea Brandolini

I N T E R V I S T ELa mitezza del diritto e delle istituzioni negli interventi e nei procedimenti per le persone, la famiglia e i minori di etàIntervista a Gustavo Zagrebelsky a cura di Piercarlo Pazé

La Pimpa è... il mondo come potrebbe essereIntervista a Francesco Tullio-Altan a cura di Anna Buia

PO L I T I CH E P E R L ’ I N FANZ I A E L ’ ADO L E SC ENZAProgetto Sinba. Per avviare un sistema informativo locale e nazionalesulla cura all’infanzia

Antonio Oddati

La legislazione sociale per la famiglia in Italia Francesco Tomasone

DA L LA PART E D E I “ C I T TAD I N I I N CR E SC I TA ”Alcune esperienze locali di conciliazione

Barbara Guastella

Percorsi di partecipazione con minori stranieri non accompagnati o a rischio di esclusione sociale

Laura Lagi

PO L I T I CH E I N T ERNAZ I ONA L IGiovani e consumo di droghe

Angela Me

E V E N T IChild in the city

Sabrina Breschi

Raccomandazioni per le politiche per l’educazione e l’accoglienza della prima infanzia in Europa (2010-2020)

Florence Pirard e Benoît Parmentier

Seconda Conferenza nazionale della famiglia Giovanni Vetritto

Working for inclusionBarbara Pagni

RASS EGNA NORMAT I VA a cura di Tessa Onida

cic

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Le tavole che illustrano questo numero sono state realizzate da FRANCESCO TULLIO-ALTAN,scrittore, illustratore, disegnatore satirico meglio noto col nome di ALTAN. Lasciati gli studi di architettura, Altan (Treviso, 1942) inizia a lavorare come scenografo e

sceneggiatore per il cinema e la televisione. Nel 1970 si trasferisce a Rio de Janeiro, dove pubblica

il suo primo fumetto per bambini su un quotidiano locale; dal 1974 inizia a collaborare come

fumettista con periodici italiani. Nel 1975, dopo il ritorno in Italia, prende vita sul Corriere dei

Piccoli la cagnolina Pimpa, uno dei suoi personaggi più famosi. Dopo Pimpa, Altan crea altri

personaggi molto amati dai bambini, come Kika, Kamillo Kromo, Olivia Paperina; illustra

numerose opere di altri autori, tra cui l’intera serie dei libri di Rodari della Einaudi Ragazzi, Il libro

dei gatti tuttofare di Eliot, Il naso di Gogol, Istruzioni alla servitù di Jonathan Swift, le Fiabe

campane di Roberto De Simone.

Altan è anche autore di romanzi a fumetti destinati a un pubblico adulto: Sandokan (1976),

Colombo (1979), Ada (1979), Fritz Melone (1978), Franz (1980), Cuori pazzi (1981), Macao (1986)...,

ma è noto soprattutto come creatore di Cipputi, l’operaio metalmeccanico vetero-comunista e

disincantato, e del Cavalier Banana; le sue vignette appaiono oggi su L’Espresso e La Repubblica.

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dei diversi corpi sociali intermedi; investe se-riamente nella formazione delle figure educa-tive, nel potenziamento e nel rinnovamentodei servizi; è attenta alla valenza formativa deipropri linguaggi, riti, regole, comportamenti,mode; costruisce strumenti di raccordo e dicondivisione; guarda ai bambini e ai ragazzinon solo come destinatari, ma come protago-nisti del processo educativo.Una comunità che educa non è un dato difatto quanto piuttosto un’idea orientativa perdefinire obiettivi, tracciare indirizzi, generareinnovazione. Una comunità che educa è uncompito aperto, un processo continuo che hacome principi dinamici la disponibilità a con-dividere un nucleo comune di significati e lospirito di collaborazione.Non basta abitare nello stesso territorio e di-pendere dagli stessi servizi perché le persone si

una COMUNITÀche EDUCA

Pierpaolo Trianicic

EDITORIALE

Ci vorrebbero più alleanze educative. È questol’auspicio – condiviso da tuttigli interlocutori, genitori,insegnanti, operatori sociali,responsabili delle istituzioni –che spesso risuona nei dibattitie nei tavoli di lavoro dedicatiall’educazione dei bambini edei ragazzi.

In effetti la parcellizzazione dei tessuti sociali eculturali, la crescente differenziazione dei va-lori di riferimento e dei modelli educativi, lamaggiore frammentazione degli spazi e deitempi quotidiani, porta con sé, legittima-mente, l’esigenza di raccordo e di dispositividi sintesi. Va crescendo in coloro che operanoin campo educativo la consapevolezza dell’in-sufficienza dei singoli soggetti e delle singole“agenzie” e l’importanza che le comunità ter-ritoriali comprendano l’educazione come unaquestione che riguarda tutti; che esse si rico-noscano, tra i tanti aspetti caratterizzanti,anche come realtà educanti.Una comunità che educa è tale nella misura incui mette tra le proprie priorità il diritto al-l’educazione e allo sviluppo delle nuove gene-razioni; promuove, in una logica di sussidia-rietà, la soggettività educativa della famiglia e

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4cittadiniin crescita

TRIANI | EDITORIALE

sentano parte di una comunità e ancora di piùcompartecipi di un impegno comune. È ne-cessario convergere su alcuni valori. Non è suf-ficiente affermare che l’educazione delle nuovegenerazioni è importante, occorre invece con-dividere principi e significati forti a cui ispi-rare la propria azione. La Costituzione, laConvenzione Onu sui diritti del fanciullo, laCarta dei diritti fondamentali dell’Unione Eu-ropea, come ci ricorda Andrea Giorgis in que-sto numero, rappresentano un punto diriferimento sostanziale per costruire questeconvergenze e declinare un impegno educativoa misura dei diritti dell’infanzia.Una comunità che intende creare sinergie, perpromuovere sempre meglio la crescita deibambini e dei ragazzi, ha bisogno di tenerevivo e alimentare lo spirito di collaborazione.Occorre, a questo proposito, operare in duedirezioni, strettamente connesse. Si tratta dauna parte di coltivare una cultura (ossia unmodo di pensare) e dall’altra una prassi (ossiaun modo di agire).La promozione di una cultura collaborativachiede innanzitutto a un comunità di non dareper scontata la collaborazione stessa. A volte sidà per certo che gli uomini siano naturalmentepredisposti a lavorare insieme, che basti affer-mare l’importanza dell’interdipendenza perchétutti si diano da fare. I fatti purtroppo ci diconoqualcosa di diverso. Collaborare costa faticaperché, come osservava Mounier, nonostantegli uomini siano strutturalmente disposti allacomunicazione, «c’è qualcosa dentro di noi cheresiste intimamente allo sforzo di reciprocità» e«quando abbiamo costituito un’alleanza di re-ciprocità, famiglia, patria, istituzioni religiose,ecc., questa alimenta ben presto un nuovo ego-centrismo e innalza così un nuovo ostacolo trauomo e uomo»1. Collaborare richiede risorse edisposizione a mettersi in gioco, richiede lascelta. Non si collabora solo perché a volte èbello, ma perché si crede sia decisivo per laqualità della vita sociale.Proprio perché precario lo spirito di collabo-razione richiede un’azione culturale che ri-chiami costantemente, con pacatezza maanche con decisione, i principi base a cui siispira una determinata vita collettiva e che co-stituiscono il collante per uno sforzo educa-tivo condiviso; comporta inoltre un continuolavoro di approfondimento di questi valori

anche alla luce delle sfide che i cambiamentisociali continuamente pongono.In stretta connessione con la coltivazione diuna cultura capace di lasciare spazio alla con-divisione, la comunità che educa prende formaattraverso un modo di agire collaborativo.Sono diversi i passi che possono essere com-piuti in questa direzione.Un territorio che voglia potenziare la sinergiae la corresponsabilità educativa cerca innanzi-tutto di accrescere la qualità dello scambio diinformazioni e di comunicazione tra i diversisoggetti coinvolti nel lavoro di educazione,promozione, prevenzione e recupero. È inquesta linea il Progetto Sinba teso ad avviareun sistema informativo locale e nazionale sullacura dell’infanzia, presentato in questo nu-mero da Antonio Oddati.Una comunità che intende essere educantecerca inoltre di accrescere il confronto sull’ana-lisi dei problemi, per cui quando si fanno acutideterminati fenomeni (si pensi ad alcuni attidevianti degli adolescenti) non si chiede solocome controllare la situazione, ma assieme allaregolamentazione (legittima e necessaria) si in-terroga sulle cause e sui cambiamenti più pro-fondi che possono essere attivati. Cerca, ancora,di predisporre progetti comuni e attivare azionidi sostegno per i diversi soggetti educanti, so-prattutto quando essi vivono momenti di diffi-coltà esistenziale, affettiva o economica. Nonsempre chi è impegnato nell’educazione, ce loricordano con tagli diversi gli articoli dedicatialla mediazione familiare e alla condizione eco-nomica dell’infanzia, ha le risorse psicologicheo materiali per far fronte ai propri compiti.Una comunità che vuole porre lo sviluppo in-tegrale dell’infanzia tra le priorità ha bisognodi mantenere alta l’attenzione sulla qualità re-lazionale ed educativa delle trame informali equotidiane che la innervano, ha bisogno dipromuovere l’attivazione di contesti vitali disocializzazione dove i bambini e i ragazzi pos-sano incontrarsi, giocare, esprimersi, speri-mentarsi non solo come fruitori ma comeelaboratori di cultura. Ha il compito di per-correre la strada della responsabilizzazionedelle nuove generazioni attraverso proposte direale partecipazione dei bambini e dei ragazzi,come ha ribadito anche la quinta conferenzaChild in the city, presentata proprio in questonumero.

1 Mounier, E., Il personalismo,Roma, Ave, 2004, p. 64.

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La CostituzioneLa Costituzione italiana – a differenza

della Carta dei diritti fondamentali del-l’Unione Europea – non contiene alcun arti-colo specificamente dedicato ai dirittidell’infanzia e del bambino. Da questa assenzasi potrebbe trarre l’impressione che la nostraCarta costituzionale non consideri i bambiniquali titolari autonomi di posizioni giuridichesoggettive e/o l’infanzia oggetto di particolareprotezione giuridica.

Così però non è. Se si scorre la prima partedella Costituzione, e ci si sofferma su quelledisposizioni in cui vengono enunciati i cosid-detti principi fondamentali, si trovano alcuneimportanti e impegnative enunciazioni che, seinterpretate in tutte le loro potenzialità, evi-denziano subito quanta attenzione il nostroordinamento costituzionale dedichi all’infan-zia e quanto sia in esso presente una prospet-tiva volta ad affermare il primato della personafin dai suoi primi anni di vita. Innanzitutto vi è l’articolo 2, il quale – nel ri-conoscere e garantire «i diritti inviolabili del-l’uomo, sia come singolo sia nelle formazionisociali ove si svolge la sua personalità» – pro-clama il principio personalistico, muovendo dalpresupposto che ogni essere umano abbia va-lore in sé e, in quanto essere umano appunto,debba poter vivere, nel presente, e realizzare, nelfuturo, la propria specifica e irripetibile perso-nalità: questo significa considerare gli individuipersone fin dalla nascita, e dunque – sul pianopiù strettamente giuridico – riconoscere loro,fin dai primi anni di vita, diritti soggettivi al-l’autonomia, alle relazioni sociali e affettive, al-l’accesso ai beni e ai servizi essenziali, nonché alrispetto dei caratteri salienti del proprio parti-colare e contingente modo di essere1. Ancora più esplicito è l’articolo 3, comma se-condo, il quale – nel prescrivere alla Repub-blica di adoperarsi per «rimuovere gli ostacolidi ordine economico e sociale, che, limitandodi fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini,impediscono il pieno sviluppo della personaumana e l’effettiva partecipazione […] all’or-ganizzazione politica, economia e sociale del

i DIRITTI dell’INFANZIAnell’ORDINAMENTOcostituzionale e internazionale

Andrea Giorgis cic

APPROFONDIMENTI

1 Cfr., anche per ulterioriindicazioni bibliografiche, Rossi, E.,Art. 2, in Commentario allaCostituzione, Torino, Utet, 2006,vol. I, p. 38ss; Baldassarre, A.,Diritti inviolabili, in Enciclopediagiuridica, Roma, Treccani, 1989,vol. XI.

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2 Cfr. Giorgis, A., Art. 3, comma 2,in Commentario alla Costituzione,Torino, Utet, 2006, vol. I, p. 88ss.3 Cfr. Corte cost. sent. n. 120/2001.4 E anche se nati da una relazioneincestuosa: cfr. Corte cost. sent. n.494/2002. 5 Cfr. Lamarque, E., Art. 30, inCommentario alla Costituzione,Torino, Utet, 2006, vol. I, p. 622ss.Sulla posizione dei figli nei confrontidei genitori e della famiglia e, inparticolare, sull’incidenza dellaprospettiva personalista ancheall’interno delle formazioni sociali,cfr. la motivazione della citatasentenza della Corte costituzionalen. 494/2002 con la quale è statoriconosciuto, anche ai “figliincestuosi” il diritto alla statusfiliationis.

proclama, non giustificano infatti – spiega laCorte – una concezione della famiglia nemicadelle persone e dei loro diritti, anche perché,«conformemente […] al principio personali-stico […], il valore delle formazioni sociali, trale quali eminentemente la famiglia, è nel finea esse assegnato, di permettere e anzi pro-muovere lo svolgimento della personalità degliesseri umani».

Alcuni diritti soggettivi trovano peraltro un ri-conoscimento esplicito anche in ulteriori e piùparticolari disposizioni costituzionali: l’arti-colo 30, comma primo, ad esempio, nel disci-plinare la posizione dei genitori nei confrontidei figli, attribuisce a questi ultimi (anche senati fuori dal matrimonio4) il diritto al man-tenimento, all’istruzione e all’educazione. Enaturalmente, per definire che cosa sia l’edu-cazione e l’istruzione che i figli hanno dirittodi ricevere dai genitori occorrerà muovere daquella prospettiva personalistica di cui si èdetto sopra, in virtù della quale non sono ibambini per i genitori e la famiglia, ma i ge-nitori e la famiglia per i bambini e per la lorocrescita e la loro persona5. Con il linguaggio del diritto oggettivo (più chein quello dei diritti soggettivi), ma nella me-desima prospettiva personalista, l’articolo 31della Costituzione prescrive poi alla Repub-blica di aiutare i genitori, con misure econo-miche e altre provvidenze, e, sempre nellastessa prospettiva, al legislatore di predisporreinterventi pubblici e istituti giuridici a tuteladei bambini, dell’infanzia e della gioventù,qualora i genitori si dimostrino incapaci diadempire i propri doveri (e si renda quindi ne-cessario che altri soggetti si prendano cura deiminori di età).

Paese» – individua nella persona umana e nelsuo continuo e dinamico divenire il fonda-mento e l’obiettivo dell’azione di tutti i pub-blici poteri2.Da questi principi, che definiscono i tratti fon-damentali del nostro ordinamento e dell’antro-pologia da cui esso muove, non pare quindidifficile trarre il riconoscimento di veri e pro-pri diritti dell’infanzia e dei bambini, per moltiversi analoghi a quelli enunciati dalla Carta diNizza e dalle Carte internazionali, come, adesempio, il diritto di intrattenere relazioni coni due genitori (sempre che non sussistano ra-gioni che rendano tali relazioni contrarie all’in-teresse del bambino), o il diritto di esprimere lapropria opinione, e il diritto a che tale opinionevenga presa in considerazione, specie sulle que-stioni che li riguardano (seppur tenendo contodell’età e della maturità), oppure ancora il di-ritto a un’educazione e a un’istruzione che con-sentano loro di acquisire tutti quegli strumenticulturali che sono necessari per un pieno svi-luppo della personalità e un libero e consape-vole esercizio della volontà (in campo civile,politico, economico e sociale), ecc.Dal principio personalistico e di uguaglianza –oltre che dagli articoli 7 e 8 della Convenzionesui diritti del fanciullo – discende inoltre –come ha sottolineato la Corte costituzionale –il diritto di ogni bambino a uno status filiatio-nis (quale elemento costitutivo dell’identitàpersonale)3. «Nessuna discrezionalità dellescelte legislative, con riferimento al quartocomma dell’art. 30 della Costituzione, cheabilita la legge a dettare norme e limiti per laricerca della paternità – si legge nella sentenzan. 494/2002 – [potrebbe] essere invocata incontrario», né potrebbe giustificarsi una limi-tazione del fondamentale diritto al riconosci-mento, in nome della tutela della famiglia edei suoi diritti come formazione sociale (exart. 29 della Costituzione). L’adozione di mi-sure sanzionatorie nei confronti di condotteche ne compromettano l’identità, come av-viene nel caso dell’incesto, non può spingersial di là della cerchia degli autori delle condottemedesime, fino a coinvolgere «soggetti total-mente privi di responsabilità, come sono i figlidi genitori incestuosi», ai quali non può essereperciò negato il diritto al riconoscimento e alladichiarazione giudiziale di paternità. La Co-stituzione, e il principio personalistico che essa

APPROFONDIMENTI

cittadiniin crescita

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Pur non contenendo nessunarticolo specificamente dedicatoai diritti dell’infanzia, laCostituzione italiana, già dai primiarticoli, afferma il principiopersonalistico e di uguaglianza equindi il primato della persona findai suoi primi anni di vita

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L’articolo 33 della Costituzione prescriveallo Stato di disciplinare e di istituirescuole per tutti gli ordini e gradi: tuttidevono poter acquisire quel livello diistruzione che consente libertà di giudizioe pieno sviluppo della persona

nale, un dovere. Nell’articolo 34 si legge, in-fatti, che l’istruzione, impartita per almenootto anni, è «obbligatoria e gratuita». Cia-scuno, oltre che il diritto, ha il dovere di con-correre alla realizzazione di quell’insieme dicondizioni materiali e spirituali che consen-tono appunto, come recita l’articolo 3, comma2, il pieno sviluppo della persona umana e l’ef-fettiva partecipazione di tutti all’organizza-zione politica economica e sociale del Paese:ognuno, si potrebbe sintetizzare, ha il doveredi prendersi cura di sé, dello sviluppo dellapropria persona, e del “tutto” in cui vive.L’articolo 33, oltre a imporre allo Stato di pre-disporre un’organizzazione potenzialmente ca-pace di accogliere tutta la popolazione in etàscolare, riconosce a enti e privati il diritto diistituire scuole e istituti di educazione, «senzaoneri per lo Stato». Quest’ultimo inciso è tut-tora oggetto di dispute interpretative: secondol’interpretazione al momento prevalente, l’in-ciso varrebbe a escludere qualsiasi tipo di fi-nanziamento pubblico, diretto o indiretto, allascuola non statale. Numerose e diffuse sonoperò anche le interpretazioni che tendono a ri-durre l’assolutezza del divieto: tra queste la piùricorrente è quella che fa leva sulla necessità digarantire il pluralismo scolastico e di rendereeffettiva la libertà di scelta delle famiglie attra-verso il sostegno economico di quelle che nonintendono servirsi della scuola pubblica e sitrovano in condizioni economiche disagiate.A ogni studente/famiglia – si argomenta – do-vrebbe riconoscersi l’effettiva libertà di sce-gliere quale tipo di scuola frequentare e, inparticolare, quale tipo di progetto educativo eformativo ricevere.Ora, al di là delle considerazioni di caratterestrettamente logico-giuridico e letterale chepossono essere avanzate per criticare questotipo di argomentazione, si dovrebbe riflettere

Gli articoli 33 e 34 disciplinano invece il mo-mento dell’istruzione che si svolge all’esternodel rapporto tra genitori e figli. Anche in que-sto caso la prospettiva personalista non cam-bia, ma si arricchisce di una dimensionepubblica che cerca di tradurre in termini diservizi e di diritti soggettivi il carattere demo-cratico e pluralista dell’ordinamento. L’articolo 33 – dopo aver riconosciuto la li-bertà dell’arte, della scienza e dell’insegna-mento – prescrive allo Stato di disciplinare e diistituire scuole per tutti gli ordini e gradi. Laragione e l’obiettivo di questa disposizionesono chiari: da un lato, garantire quel plurali-smo culturale e quella libertà di ricerca che ilfascismo, come tutte le forme di stato totali-tarie e organicistiche, aveva negato; dall’altro,promuovere quella diffusione del sapere che èindispensabile per consentire a ciascuno di svi-luppare una coscienza critica e di partecipareall’organizzazione politica, economica e socialedel Paese (art. 3, comma 2).La scuola è infatti considerata dalla nostra Co-stituzione – per riprendere una felice espres-sione di Calamandrei – come un «organocentrale della democrazia e completamentonecessario del suffragio universale». Poiché atutti è riconosciuto il diritto di votare, di essereeletti (art. 48) e di prendere parte alla vita po-litica economica e sociale (art. 3), e poiché unesercizio libero e consapevole dei diritti di par-tecipazione presuppone un certo grado diistruzione, di sapere o, comunque, la disponi-bilità di strumenti culturali, tutti devono poteressere messi nella condizione di acquisirli, tuttidevono cioè poter acquisire quel livello diistruzione che consente libertà di giudizio epieno sviluppo della persona. Anziché limitareil voto alle persone istruite (e più ricche) comeavveniva nello Stato liberale, la nostra Costi-tuzione prescrive allo Stato di assicurare a tuttiun livello adeguato di istruzione (e di risorseeconomiche). Del resto, una società nellaquale non vi è un’adeguata diffusione dellacultura rischia di compromettere le ragionistesse del vivere democratico, il quale si fondasulla capacità e sulla responsabilità dei singolie dei gruppi di comprendere e valutare criti-camente i problemi del proprio tempo.Alla luce di questo principio (democratico) sicomprende anche perché l’istruzione, oltre cheun diritto, sia, per la nostra Carta costituzio-

GIORGIS | I DIRITTI DELL’INFANZIA NELL’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE

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6 Dapprima con le leggi 1204/1971e 903/1977, successivamente con lalegge 53/2000 e, da ultimo, con ilT.U. 151/2001 rubricato «Testounico delle disposizioni legislative inmateria di tutela e sostegno dellamaternità e della paternità». 7 Cfr. Corte cost., sentt. n. 1/1987 en. 179/1993.

L’articolo 37 della Costituzione prescrive che lecondizioni di lavoro siano tali da consentire alladonna di adempiere alla sua essenziale funzionefamiliare; contiene una direttiva di parità dicondizioni di lavoro e di diritti tra uomo e donnae prescrive al legislatore di stabilire il limiteminimo di età per il lavoro salariato e di tutelareil lavoro dei minorenni con speciali norme

risprudenza costituzionale7 estendendo ancheal padre lavoratore il diritto di conciliare vitaprofessionale e cura del legame con i figli: fattaeccezione per il cosiddetto periodo di com-porto, durante il quale sono garantite partico-lari condizioni di lavoro alla sola donna, sia lamadre che il padre (siano essi naturali o adot-tivi) hanno infatti diritto di usufruire dei me-desimi tipi di congedo e dei medesimi riposigiornalieri per potersi prendere cura dei figli. Sempre l’articolo 37, al secondo e al terzocomma, prescrive al legislatore di stabilire il li-mite minimo di età per il lavoro salariato e ditutelare il lavoro dei minori di età con specialinorme, garantendo, a parità di lavoro, il di-ritto alla parità di retribuzione.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea

Con l’entrata in vigore (1° dicembre2009) del Trattato di Lisbona (che ha ridisci-plinato i Trattati sull’Unione Europea e sul suofunzionamento), la Carta dei diritti fondamen-tali (solennemente proclamata a Nizza nel di-cembre 2000) ha acquisito veste ed efficaciagiuridica (analoga a quella delle norme conte-nute nei trattati istitutivi) in tutto l’ordina-mento europeo, e quindi anche nel nostroPaese: i diritti del bambino che essa proclamasono perciò diritti fondamentali che spettano atutti i bambini europei (nei confronti della fa-miglia, dei singoli e delle autorità pubbliche). Ibambini dell’Unione Europea sono quindi ti-tolari di un fondamentale e generale «diritto allaprotezione e alle cure necessarie per il loro be-nessere» (art. 24, comma 1). In questa prospet-tiva hanno, tra l’altro, «diritto di intrattenereregolarmente relazioni personali e contatti di-retti con i due genitori» (art. 24, comma 2); diesprimere la propria opinione sulle questioniche li riguardano (art. 24, comma 1); di fre-quentare (perlomeno) la scuola dell’obbligo(artt. 14 e 32); di non subire alcuna discrimi-nazione, specie nell’accesso ai beni e ai servizipubblici (artt. 20 e 21) ecc. I bambini, inoltre– ai sensi dell’art. 32 –, non potranno essereammessi al lavoro fino a quando non avrannoraggiunto l’età in cui termina la scuola dell’ob-bligo, e, una volta ammessi al lavoro, dovrannocomunque «beneficiare di condizioni appro-priate alla loro età» e dovranno «essere protetticontro lo sfruttamento economico o contro

sulle caratteristiche di fondo, i presupposti ele esigenze di un ordinamento e di un conte-sto sociale pluralistico.Un ordinamento costituzionale “aperto”, chericonosca e intenda preservare il pluralismo so-ciale e culturale, ha bisogno di luoghi e di mo-menti di integrazione: un ordinamentopluralista ha cioè bisogno di luoghi e di mo-menti nei quali promuovere quell’educazionealla convivenza tra diversi e quella comunanzaculturale di base senza le quali la sua stessa so-pravvivenza come unità sarebbe a rischio.Non si tratta quindi di negare il diritto al-l’educazione delle famiglie, ma di riconoscereche questo diritto non è illimitato, e che l’edu-cazione e la formazione, in un contesto socialepluralistico, è bene che siano (anche) uguali (eimpegnate a educare alla pluralità e all’ugua-glianza nella pluralità).Una specifica disposizione costituzionale a tu-tela dell’infanzia la si ritrova infine nell’ambitodei rapporti economici. L’articolo 37 della Costituzione prescrive chele condizioni di lavoro siano tali da consentirealla donna di adempiere alla sua essenziale fun-zione familiare, e tali da assicurare alla madree al bambino una speciale protezione: la donnadeve essere sollevata dal dilemma di dover sa-crificare il posto di lavoro per salvaguardare lalibertà di dar vita a una nuova famiglia e il di-ritto-dovere di accudire i figli, o viceversa, didover rinunciare a questi suoi fondamentalidiritti (uno dei quali è altresì un diritto delbambino) per evitare la disoccupazione (cfr.Corte cost., sent. n. 27/1969). Lo stesso articolo, al primo comma, contieneanche una direttiva di parità di condizioni dilavoro e di diritti tra uomo e donna che è stataattuata dalla legislazione ordinaria6 e dalla giu-

APPROFONDIMENTI

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8 Per un commento analitico deidiversi articoli della Carta di Nizza euna rassegna della giurisprudenzaeuropea cfr. AA.VV, L’Europa deidiritti. Commento alla Carta deidiritti fondamentali dell’UnioneEuropea, Bologna, Il mulino, 2001(spec. artt. 14, 24, 32, 33).9 Cfr., anche per ulterioriindicazioni bibliografiche,Longobardo, T., La Convenzioneinternazionale sui diritti del fanciullo(New York 20 novembre 1989), in Ildiritto di famiglia e delle persone,1991, p. 370ss.; Balboni, M., Laconvenzione sui diritti del fanciullo(New York 20 novembre 1989), in Lenuove leggi civili commentate, 1992,p. 1151ss.10 Cfr. Manera, G., Primeimpressioni e valutazioni dellaConvenzione europea di Strasburgosull’esercizio dei diritti dei fanciulli,in Giur. merito, 2004, p. 166ss.11 Cfr., per tutti, Ferrajoli, L.,Diritti fondamentali. Un dibattitoteorico, Bari, Laterza, 2002;Baldassarre, A., Diritti inviolabili, inEnc. giur, Roma, 1989, vol. XI;AA.VV., Lo Statuto costituzionale delnon cittadino, Atti del convegnoannuale dell’Associazione italianacostituzionalisti, Cagliari, 16/17ottobre 2009, in www.associazionedeicostituzionalisti.it12 Così, espressamente, Corte cost.sent. n. 62/1994. In senso analogo,tra le diverse decisioni della Cortecostituzionale che ribadisconol’applicazione del principiod’uguaglianza anche agli stranieriladdove si verte su diritti“fondamentali” o “inviolabilidell’uomo”, cfr. sentt. n. 120/1967,104/1969, 144/1970, 303/1996.

I diritti riconosciuti dalla Costituzione, dalla Carta di Nizza e dallaConvenzione Onu sono considerati diritti fondamentali e, in quanto tali,spettano anche ai bambini che, pur non essendo cittadini europei, sonosottoposti alla sovranità di uno Stato membro dell’Unione Europea

il compito non solo di agire nel nome e perconto del bambino, ma, soprattutto, di farmaturare, in relazione alla concreta capacità didiscernimento, l’opinione propria di quest’ul-timo e di portarla a conoscenza del giudice10.

I diritti dell’infanzia come diritti fondamentaliI diritti riconosciuti dalla Costituzione,

dalla Carta di Nizza e dalla Convenzione Onusono considerati dalla giurisprudenza e dalladottrina diritti fondamentali e, in quanto tali,diritti che spettano anche ai bambini che, purnon essendo cittadini europei, sono sottopostialla sovranità di uno Stato membro del-l’Unione Europea. È questo un aspetto moltoimportante sul quale soffermarsi. I diritti, nella misura in cui vengono qualificati(in via positiva o in via interpretativa) comediritti fondamentali (o diritti inviolabili), voltiad assicurare la soddisfazione di bisogni essen-ziali connaturati alla condizione umana o co-munque inerenti alla dignità della persona –in conformità a quanto dispongono le princi-pali norme del diritto internazionale sui dirittidell’uomo – spettano a tutti gli esseri umani11.Il principio d’uguaglianza (ancorché l’art. 3della Costituzione faccia espresso riferimentoai soli cittadini) – come ha ribadito in più oc-casioni la stessa Corte costituzionale – quandoviene riferito al godimento di diritti inviola-bili dell’uomo non tollera discriminazioni ne-anche «tra la posizione del cittadino e quelladello straniero»12. Ogni bambino, sia esso cittadino italiano, siaesso straniero – e sia esso straniero regolar-mente residente, sia esso straniero entrato inItalia violando le norme sul diritto di immi-grazione – per tutto il tempo in cui sarà sot-toposto alla sovranità dello Stato italiano, avràdiritto a quell’insieme di diritti soggettivi fon-damentali (di libertà, di relazione e a presta-zioni positive) che la Costituzione italiana, laCarta di Nizza e le Carte internazionali rico-noscono ai bambini.

ogni lavoro che possa minare la sicurezza, la sa-lute, lo sviluppo fisico, mentale, morale o so-ciale o che possa mettere a rischio la loroistruzione»8.

La Convenzione di New York sui diritti del fanciullo

Il testo normativo internazionale piùimportante e completo in materia di promo-zione e tutela dei diritti dell’infanzia è, tuttora,com’è noto, la Convenzione sui diritti del fan-ciullo, approvata dall’Assemblea generale delleNazioni Unite il 20 novembre 1989 a NewYork (e introdotta nell’ordinamento italianocon la legge 176/1991).Pur non possedendo la forza giuridica di attri-buire ai singoli minori di età veri e propri dirittisoggettivi immediatamente azionabili (nei con- fronti degli Stati e dei privati), la Convenzionedi New York è tuttavia un documento impor-tante: sia perché ribadisce la «preminenza del-l’interesse del bambino» e il principio di ugua-glianza di tutti i minori e, quindi, il divieto, pergli Stati che hanno aderito o ratificato il trattato,di operare qualsiasi discri minazione nel ricono-scimento e nella tutela dei diritti ivi sanciti; sia,soprattutto, perché testimonia il consolidarsi eil diffondersi (sul piano internazionale appunto)di un’evoluzione culturale nel modo di conce-pire i bambini. Essi non debbono più essereconsiderati semplicemente come “oggetti”, perdefinizione privi di autonomia di giudizio (equindi giuridicamente “incapaci di agire”) chenecessitano di tutela e protezione, ma “sog-getti”, la cui “capacità di discernimento” e di de-terminazione deve essere valutata in concreto etenuta nel debito conto9.A questo riguardo merita di essere segnalata laConvenzione europea di Strasburgo del 1996(ratificata con la legge 77/2003), volta a pro-muovere l’esercizio dei diritti da parte deibambini attraverso il riconoscimento di dirittiprocessuali e l’istituzione della figura del co-siddetto “rappresentante”, al quale è attribuito

GIORGIS | I DIRITTI DELL’INFANZIA NELL’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE

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1 De Vanna, I., Flash, in «Mediares»,12, 2008, p. 131ss.

APPROFONDIMENTI

cicAnna Coppola De Vanna

la MEDIAZIONE: un percorsoper RICOSTRUIRE LEGAMI

stessi mediatori dividevano, reclamando inutilie pretestuose supremazie: della mediazione fa-miliare su quella penale, ad esempio. Era fi-nalmente ora che la mediazione fosse ri cono-sciuta nei suoi principi generali, piuttosto chein riferimento ai singoli campi applicativi. Pernoi riferirsi a un codice deontologico del me-diatore tout court significa vedere riconosciutoil significato della mediazione nel suo statutoontologico, riprendere lo slogan “per una me-diazione senza aggettivi” elaborato dal gruppobarese di mediazione fin dal 1996. E gli ag-gettivi contano poco quando i mediatori, comesi dice nel testo del codice, affermano la loroadesione ai diritti umani e ai valori […]; l’eticadeve intendersi come la riflessione del media-tore sulla sua pratica e le sue azioni in rapportoa questi valori […]; la deontologia fissa l’in-sieme delle regole e degli obblighi tra le rela-zioni tra i professionisti»1.

Lo statuto della mediazione«La mediazione, sia quella giudiziaria

che quella convenzionale, è un percorso strut-turato fondato sulla responsabilità e l’autono-mia dei partecipanti che, volontariamente,attraverso l’aiuto di un terzo neutrale, impar-ziale, indipendente e senza potere decisionaleo consultivo, favorisce mediante incontri con-fidenziali la costruzione o la ricostruzione dilegami, la prevenzione, la regolazione dei con-flitti». Così, il Codice nazionale di deontolo-gia del mediatore presentato nel corso di unaconferenza stampa il 5 febbraio 2009 in Fran-cia, a firma delle più accreditate associazionidi categoria.«Esso si riferisce a ogni ambito applicativodella mediazione, superando corporativismi esettorialismi che spesso hanno impedito unosviluppo e una diffusione della pratica media-tiva, essendo difficile unificare quello che gli

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b) l’intima e personale aspirazione a condi-videre un progetto (qualcuno, in maniera piùromantica, usa anche l’espressione “condivi-dere un sogno”).Sul piano organizzativo, il contratto prevedepoche clausole che mirano a stabilire le regolefondamentali della relazione coniugale: regolesono le reciproche richieste di comportamentiammessi nella relazione, una sorta di mecca-nismo equilibratore. Di fatto, non esistono re-gole “buone” e regole “cattive”; la qualità diuna regola è che deve adeguarsi ai bisogni deicontraenti la relazione. Ci sono per esempiocoppie nelle quali sono ammessi spazi di au-tonomia ampi e coppie nelle quali ciò non èprevisto; ci sono coppie nelle quali è ammessala regola del dirsi tutto e coppie nelle quali èpiù dilatata la dose dei segreti.

I comportamenti “regolativi” si costruisconoper tentativi ed errori: il processo di costruzionechiarisce gradualmente ruoli, compiti, funzioniintrasistemici, ossia interni alla coppia, ed ex-trasistemici, ossia riferibili alle famiglie d’origine,ai contesti lavorativi e amicali; definisce confini,anche in questo caso, interni, per esempio lospazio di intimità e lo spazio di libertà perso-nale, la dignità attribuita alle rispettive attivitàlavorative, ed esterni, ad esempio, i tempi e imodi delle frequentazioni con le rispettive fa-miglie d’origine, la maggiore o minore confi-denza con gli amici e i colleghi ecc.Nella prima fase le regole non sono chiare, puòquindi accadere che determinati comporta-menti vengano vissuti dall’altro come viola-zioni di una clausola e producano conseguenticomportamenti oppositivi o aggressivi e, di se-guito, un nuovo comportamento trasgressivoe un conseguente comportamento aggressivo.La facile soluzione di contrattare chiaramenteuna regola o di ricontrattarla lascia il posto allasequenza “più trasgressione più opposizione”,

Credo sia di fondamentale importanza, in que-sto testo, la sottolineatura del carattere valorialedell’intervento e l’individuazione della finalitànella ricostruzione dei legami, obiettivo chedeve riguardare tutte le relazioni in generale equelle familiari in particolare. In questo ambitoe per questo aspetto la mediazione deve supe-rare le posizioni che ne fanno una semplice tec-nica riorganizzativa dei rapporti per attestarsicome percorso ricostruttivo, laddove la dissolu-zione e la corruzione delle relazioni significativerischia di svilire o svalorizzare l’importanza esi-stenziale dei legami.In riferimento a ciò, vorrei cominciare dedi-cando particolare attenzione al significato deitermini “dissoluzione” riferito alla coppia co-niugale e “riorganizzazione” riferito alle rela-zioni familiari a seguito della dissoluzione, conl’intento di individuare i percorsi che vannodall’iniziale costruzione del legame alla sua dis-soluzione e quelli che orientano verso la rior-ganizzazione delle relazioni, in vista dellaricostruzione dei legami.L’esperienza comune e quella professionale in-segnano che nella maggior parte dei casi il pas-saggio dalla disgregazione alla ricostruzione èdifficile, e questo rende di fatto non rispettatoil diritto dei figli alla famiglia, anche se si trattadi una famiglia “divisa”.Per semplificare, procederò per schemi.Vediamo la definizione del termine “dissolu-zione”: da dis-solvere = disgregare, disunire,ma anche “corrompere” = privare della dignitàe del rispetto dovuti a se stessi e agli altri.C’è un altro termine di comune radice chevorrei recuperare ai fini del discorso ed è “dis-solvenza”: graduale allontanamento di un per-sonaggio dal primo piano di una vicendanarrata o rappresentata.Cercherò, di seguito, di chiarire il significatoparticolare che questi termini assumono se in-scritti nell’analisi del ciclo vitale della famiglia.

Il sistema familiare tra costruzione e corruzione

Ogni nucleo familiare si costituisce apartire dalla costruzione del legame coniugale;tale legame si fonda su un contratto che, nelcaso specifico, comprende:a) una serie di clausole, prevalentemente im-plicite, che costituiscono le regole di organiz-zazione e di funzionamento della coppia;

COPPOLA DE VANNA | LA MEDIAZIONE: UN PERCORSO PER RICOSTRUIRE LEGAMI

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La mediazione deve superare le posizioni chene fanno una semplice tecnica riorganizzativadei rapporti per attestarsi come percorsoricostruttivo, laddove la dissoluzione e lacorruzione delle relazioni significative rischiadi svilire l’importanza dei legami

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APPROFONDIMENTI

una sorta di analisi “contabile” che consentedi riconoscere se l’iniziativa imprenditorialeprogredirà, avrà successo, diventerà solida: sitratta di chiedere agli investitori, ovvero ai sin-goli componenti il sodalizio, i soci, i coniugi,di redigere un bilancio del proprio capitale “li-bero” disponibile. Nella stragrande maggio-ranza dei casi uno o entrambi i soci si trovanoin una situazione “finanziaria” precaria, a mo-tivo della condizione debitoria o creditoria neiconfronti della vecchia impresa familiare. Inconcreto accade che i problemi filiali insolutirafforzano, in negativo, vincoli emotivi tali chesi ha sempre la percezione di dover ancora re-stituire qualcosa ed esigere qualcosa dalla rela-zione con i genitori.Ora, è evidente che un legame di coppia co-struito in presenza di una tale condizione re-lazionale presenta dei seri rischi di non tenerenel tempo, mancando, di fatto, quella soliditàche deriva dalla presa di distanza di ciascunodei componenti dalla propria famiglia d’ori-gine e dalla conseguente capacità di saper starenella relazione in maniera adulta.In linea generale a questa incapacità a livelloemotivo corrisponde una difficoltà a negoziareregole comportamentali rispettose, libere: l’altroviene usato come strumento per la soddisfa-zione di bisogni e la risoluzione di problemi ir-risolti o allontanato come nemico, comeproduttore del malessere che ci investe. Pro-gressivamente si procede nel desolante distan-ziamento dall’altro. Il legame precipita verso ladissoluzione. Si corrompe. Quando per uno deidue o per entrambi la situazione diventa insop-portabile, è tempo di uscire da questa zona do-lorosa: in “dissolvenza” ciascuno si allontana dalprimo piano della vicenda.Come passare da questa fase del ciclo vitale auna nuova che si configuri come riorganizza-zione?Partiamo ancora una volta dalle definizioni:a) “organizzazione”: attività che corrispondein modo sistematico alle esigenze di funziona-lità e di efficienza di un’impresa per lo più col-lettiva;b) “riorganizzazione”: conferimento di un as-setto in gran parte nuovo e più efficiente dalpunto di vista organizzativo e funzionale.Rispetto all’organizzazione, la famiglia rap-presenta un’“impresa collettiva”; la si defini-sce infatti “gruppo con storia”, che si costi tui-

in una rigida escalation che, ovviamente, fini-sce per indebolire la comunicazione, dilatare ladistanza, innescare un meccanismo bellico didefinizione arbitraria della relazione da partedi ciascuno dei componenti della coppia.La contrattazione, che è un procedimento cheprevede una certa maturità, si fonda sull’assuntoche i comportamenti regolativi reciproci de-vono poter essere modificati nel tempo per ri-spondere in maniera adeguata ai bisogni diversiche via via emergono nel corso del ciclo vitaledella famiglia.

È di tutta evidenza che la nascita di un figlioproduce inevitabili cambiamenti nella vitadella coppia e che, conseguentemente, gli esitisaranno diversi a seconda che il processo di re-golazione e di organizzazione della relazionesia stato facile o difficoltoso.Dovranno essere ridefiniti compiti e ruoli al-l’interno del sistema e confini intra e intersi-stemici, dovrà essere attivato un sistema diregolazione, un nuovo e vero e proprio con-tratto tra genitori e figli. Gli esiti potrannoconfluire o nella sana alleanza genitoriale onella distruttiva coalizione genitore-figli con-tro l’altro genitore: la conseguente struttura re-lazionale consentirà l’evolversi del processo diappartenenza-individuazione o esiterà nellaprogressiva disgregazione.Questo, in brevissima sintesi, sul piano del-l’organizzazione. Quanto alla speranza di condividere un pro-getto, esso si configura come un’idea di sestesso con l’altro: ci si promette amore, com-prensione, riconoscimento di se stessi; si cercaun supporto per crescere, autonomizzarsi, di-ventare adulti. Si investe in questo progetto,come se si trattasse di una nuova impresa, a“conduzione familiare” anche questa. Tale in-vestimento richiede l’utilizzo e la disponibilitàdi tutto il capitale emotivo circolante. Esiste

La nascita di un figlio produce inevitabilicambiamenti nella vita della coppia: dovrannoessere ridefiniti compiti e ruoli all’interno delsistema e confini intra e intersistemici, dovràessere attivato un sistema di regolazione, unvero e proprio contratto tra genitori e figli

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COPPOLA DE VANNA | LA MEDIAZIONE: UN PERCORSO PER RICOSTRUIRE LEGAMI

sce per assolvere a degli scopi, a delle funzioni:il benessere dei singoli componenti e la cura ela crescita dei figli. Rispetto agli obiettivi,quindi, è necessaria l’organizzazione del si-stema in sottosistemi funzionali: quello dicoppia, quello genitoriale, quello filial-fra-terno, quello dei nonni. Un’organizzazionefunzionale consente progressivi e coerenti ade-guamenti dei comportamenti regolativi alledifferenti istanze delle diverse fasi del ciclovitale; consente di coniugare efficacementeappartenenza e individuazione.Ma, come abbiamo visto, più frequentementel’organizzazione familiare si rivela disfunzio-nale, a motivo della mancata elaborazionedelle esperienze filiali in abilità di indipen-denza e di salda progettualità di se stessi nelfuturo. Da ciò l’impossibilità di costruire le-gami di coppia adulti, liberi, che vedano lacoesistenza dell’intimità e della libertà, dell’af-fermatività e del rispetto dell’altro, del rico-noscimento delle rispettive dignità.Ed essere adulti non è che la forma più coe-rente di declinazione della genitorialità. Il pas-saggio dalla complementarità di coppiaall’alleanza genitoriale è il percorso obbligatosia per le famiglie unite che per quelle “divise”,se davvero si vuol parlare di diritto del bam-bino alla famiglia.

Ricostruire legami attraverso la mediazioneLa separazione rappresenta un tenta-

tivo, spesso maldestro, di cambiare la propriacollocazione rispetto a una relazione fru-strante, insoddisfacente, minacciosa dell’inte-grità dell’Io, ma spesso rappresenta unamodalità di cambiare senza cambiare, nelsenso cioè che mutano le situazioni logistiche,ma non quelle relazionali, e la separazione chepotrebbe costituire un momento di cambia-

mento finisce per riproporsi come momentodi staticità e di omeostasi rigida. È rispetto aquesta configurazione strutturale che è chia-mata a intervenire la mediazione.Evidentemente non vi è alcuna possibilità diricucire un legame di coppia che si è gradata-mente disgregato, corrotto, potremmo dire,utilizzando il significato della definizione a li-vello figurato, nel senso cioè della mancanzadi dignità e di rispetto nella relazione. Quelliche possiamo ridefinire sono i ruoli e le fun-zioni genitoriali perché è ancora presente unsuperiore interesse da tutelare che è quello deifigli alla famiglia.È come se dovessimo riscrivere la storia di quelnucleo andando a operare secondo una sortadi “mappa delle omissioni”, chiedendoci cioèche cosa è mancato.Un primo elemento sicuramente mancato è lavera individuazione: tale carenza ha impeditoa uno o a entrambi di “salire di grado”, ovverodi passare dallo stadio dell’essere figli a quellodell’essere adulti, coppia e successivamente ge-nitori. È necessario allora accompagnarli versouna sana autonomia che si connetta con la ca-pacità di progettarsi, nel caso specifico si po-trebbe meglio dire ri-progettarsi nel futuro,affrontando l’inevitabile solitudine e tutti iproblemi dell’autogestione.Accompagnare oltre la zona del conflitto: que-sto è il compito principale del mediatore ed èin questo passaggio che s’incontreranno i con-tenuti antagonisti, i tempi inesorabilmentefuggiti, le emozioni negate, i luoghi involutiviche impacciano il cammino, radicano le posi-zioni, frustrano la speranza di scoprire il per-corso verso l’autonoma individuazione e la re-sponsabile condivisione. Accompagnare ariconoscersi e riconoscere l’altro nell’impossi-bilità, piuttosto che nell’incapacità e nell’ina-

La famiglia rappresenta un’“impresa collettiva” che si costituisce perassolvere a degli scopi: il benessere dei singoli componenti e la cura e lacrescita dei figli. Il passaggio dalla complementarità di coppia all’alleanzagenitoriale è il percorso obbligato sia per le famiglie unite che per quelle“divise”, se davvero si vuol parlare di diritto del bambino alla famiglia

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2 Coppola De Vanna, A., Editoriale,in «Mediares», 12, 2008, p. 19.

della scala gerarchica, confondendo ruoli e fun-zioni e realizzando una sorta di fratria incon-grua: madre e padre diventano fratelli dei pro-pri figli per portare avanti inutili guerrefratricide che distruggono tutti, non essendoviun obiettivo concreto da distruggere.

Restituire la dignità personale è la rispostaideale al conflitto: ciò è reso possibile dal fattoche nell’ambito della relazione l’attenzione èrivolta alle persone e non al ruolo che ciascunoriveste. È importante consentire ai confliggentidi uscire dal ruolo di “genitore separato”, checonnota in modo rigido la vicenda conflittualein atto, per riappropriarsi di quelli di “figlio”,“amante”, “professionista”, “appassionato dicinema”, ecc. Questo implica la ricollocazionedel conflitto nell’ambito della propria storia divita, nella storia dei conflitti pregressi con lefigure di riferimento significative.Il conflitto, infatti, rappresenta sempre unasintesi, per lo più inconsapevole, delle moda-lità di gestione delle relazioni apprese nel corsodell’esistenza.È mancata una sana alleanza genitoriale: ilpercorso è fondamentalmente orientato a per-seguire questo obiettivo.La mediazione familiare consente ai genitoridi sviluppare una maggiore sensibilità al pro-prio ruolo e di realizzare un ascolto più attentoe più declinato sui bisogni dei figli. Ascoltarei bambini è un’operazione complessa e deli-cata: il linguaggio dei grandi, sintonizzato sucodici di comunicazione prevalentemente ver-bale, incontra difficoltà nel recepire i messaggidei bambini che hanno una logica propria sulpiano dei contenuti e caratteristiche peculiarisul piano espressivo. L’intervento mediativopuò avere l’effetto di rassicurare i genitori, diaiutarli a riflettere sulle manifestazioni emo-tive dei figli, a sviluppare nuove modalità d’in-terazione e diverse capacità di accoglienza ditutta la vasta gamma di emozioni, a volte con-trastanti, che accompagnano l’esperienza se-parativa nel vissuto dei bambini.È mancata la capacità decisionale di contrattareregole per l’organizzazione del sistema fami-liare: è quindi necessario riformulare un nuovocontratto con nuove clausole e rinnovati com-portamenti regolativi a livello genitoriale.Appare evidente che i limiti personali e rela-zionali che hanno caratterizzato il rapporto di

deguatezza, ad agire comportamenti diversiche traducano la fatica di un nuovo progettoverso il futuro che svincoli, liberi dai vecchi edisfunzionali legami al passato.Un secondo elemento carente è stata la comu-nicazione. I contraenti di una relazione di-sfunzionale finiscono per interagire soltanto at-traverso comunicazioni “di servizio”, mentrehanno smesso di raccontarsi, di usare parole si-gnificative per il reciproco riconoscimento: ènecessario allora riaprire canali comunicativiefficaci, ridare voce a quel non detto che si è se-dimentato a costruire rabbia, rancore, senti-menti di vendetta, per rielaborarlo in terminidi aspettative, bisogni, desideri, che possonoessere riconosciuti e rimessi in campo per unprogetto di se stessi nel futuro. È necessario in-tessere una comunicazione valoriale che, uti-lizzando il dialogo maieutico, accompagni i ge-nitori verso la condivisione di scelteresponsabili, in vista della ricostruzione dei le-gami lacerati dal conflitto. Quello che c’è dafare non è semplicemente portare la discus-sione sui contenuti della contesa, quanto piut-tosto creare il dialogo, un dialogo agonico «chenon è né negoziato, né irenismo. Ha senso esuccesso solo se nel suo corso le soggettività deidialoganti mutano e così si avvicinano, op-pure rimangono distanti ma nella consapevo-lezza delle implicazioni della distanza»2. Ma èpossibile pervenire a questo traguardo soltantose i mediatori si affrancano dall’obiettivo diraggiungere degli accordi più o meno soddi-sfacenti, per puntare lo sguardo più lontano,alla riconquista dell’abilità di intessere rela-zioni e ricostruire legami.È mancata la dignità, è mancato il rispetto. Viè una strana sensazione quando s’incontranocoppie in crisi o in separazione nella stanza dimediazione: visti disgiuntamente, ciascuno diloro appare coerente, capace, adeguato al con-testo; visti congiuntamente, diventano reci-procamente aggressivi, ripetono meccanica-mente comportamenti ridondanti, ricorronoall’uso di strategie offensive sempre più sofisti-cate, quasi che l’unica identità possibile siaquella dell’oppositore, del nemico. In questaguerra a oltranza tutti gli strumenti d’offesa ri-sultano leciti, anche i figli, spesso utilizzati peralleanze perverse e coalizioni. Messi da parte,dunque, la dignità e il rispetto, ciascuno deicontendenti cerca alleati in una diversa zona

APPROFONDIMENTI

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La mediazione familiare consente ai genitoridi sviluppare una maggiore sensibilità alproprio ruolo e di realizzare un ascolto piùattento e più declinato sui bisogni dei figli;può inoltre avere l’effetto di rassicurare igenitori, di aiutarli a riflettere sullemanifestazioni emotive dei figli, a svilupparediverse capacità di accoglienza delleemozioni che accompagnano l’esperienzaseparativa nel vissuto dei bambini

Perché tentare questa riorganizzazione, questonuovo assetto? Perché i figli hanno diritto amantenere relazioni positive con entrambe lefigure genitoriali anche se separate e con tuttii componenti dei nuclei originari con i qualihanno intrattenuto rapporti affettivi.È possibile rilevare tutta una serie di vissuti ne-gativi da parte dei bambini all’evento-separa-zione che vanno dalla paura dell’abbandono alsenso di colpa; dalla vergogna alla rabbia; essirientrano, per così dire “fisiologicamente”,nell’esperienza del ciclo vitale che chiamiamoseparazione o disgregazione. Esiste, poi, unadose di plusvalore negativo che consiste nellamancata comunicazione di quello che sta ac-cadendo ai bambini, nelle accuse reciprocheche i genitori si fanno, nelle arbitrarie sottra-zioni al figlio di una delle figure genitoriali. E d’altra parte non si può prescrivere la geni-torialità per sentenza giudiziaria, né si può re-stituire dignità ai coniugi-genitori attraversoricorsi che ne sottolineino gli aspetti negativi,né si possono ricostruire legami attraverso l’in-tervento delle forze dell’ordine.Il percorso possibile è quello che riposizionain capo ai genitori la responsabilità delle scelteche riguardano i figli, recuperando, in unasorta di cammino a ritroso, individuazione,autonomia, comunicazione, consenso, alle-anza, dignità: in sostanza, qualità indispensa-bili alla crescita dei figli.La mediazione può rappresentare un adeguatoe significativo percorso in questa direzione.

coppia sono difficilmente superabili (soprat-tutto attraverso imperative prescrizioni dicomportamento) nella fase in cui si prendeatto del fallimento del matrimonio. Il primopasso nel percorso di ricostruzione della rela-zione della coppia parentale è dato, infatti, dal-l’accettazione dei limiti dell’altro e dei propri.L’accettazione, cioè, che la realtà “è quella cheè”, e non quella che “dovrebbe essere” o che si“vorrebbe che fosse”.La ricontrattazione è un momento incredibil-mente coinvolgente nel percorso mediativoperché è il segno della conquistata capacità diabbandonare l’illusoria fantasia di ottenere ri-conoscimenti sulla base dell’implicito, del nondetto e finalmente rendere espliciti bisogni,desideri, paure, progettazioni. Dalla reciprocaaccettazione di questa rinnovata modalità diintessere relazioni deriveranno regole condi-vise per l’espressione di atteggiamenti costrut-tivi e la messa in campo di comportamenti piùfacilmente negoziabili.L’alleanza e il consenso sono obiettivi ineludi-bili e dunque sarà necessario una forte attivitàdi consensualizzazione delle scelte che riguar-dano i figli e il nuovo assetto familiare.Il consenso rappresenta una fase di notevoleimportanza nell’ambito della mediazione poi-ché determina i possibili percorsi evolutivi delprocesso mediativo. Quando i genitori pre-stano il loro consenso al percorso mediativo, sitrovano nella situazione relazionale del con-sentire, ovvero di provare la sensazione dipoter con-dividere, con-fidare, approvare,concedere, termini che, nell’etimo, rimandanotutti al consenso. Essi decidono, cioè, di af-frontare un percorso il più delle volte arduo efaticoso, che permette loro di sentirsi ancoragenitori: i passi da compiere per avvicinarsi atale obiettivo cominciano dalla possibilità cheentrambi si riconoscano attraverso la reciprocasofferenza, esplorino progressivamente i lorobisogni, pervengano con gradualità a fidarsiuno dell’altro, aiutandosi nei compiti genito-riali. Come nel matrimonio il contratto co-niugale, fondato sul consenso, concernel’affettività e la progettualità della coppia co-niugale, così nella separazione, attraversol’esperienza della mediazione, un contrattoconsensuale stabilito su legami e progetti co-muni definisce gli accordi della coppia paren-tale tutelari dell’interesse dei figli.

COPPOLA DE VANNA | LA MEDIAZIONE: UN PERCORSO PER RICOSTRUIRE LEGAMI

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16cittadiniin crescita

Paesi mediterranei e dei Paesi di lingua inglese.In Italia è particolarmente grave la condizionedi disagio economico di molti bambini e delleloro famiglie. Secondo i dati del LuxembourgIncome Study (Lis, 2010), intorno al 2004 il18,4% dei minori di 18 anni viveva in famigliea basso reddito, una quota pari a una volta emezzo il valore medio per l’intera popolazione(12,1%; fig. 1). L’incidenza della povertà tra iminori era superiore solo negli Stati Uniti e inPaesi meno sviluppati, e più diseguali, comeRussia, Israele e molti Stati dell’America Latina.Colpisce non solo il livello, ma anche la diffe-renza rispetto all’incidenza nella popolazionenel suo complesso, in assoluto tra le più alte trale nazioni della figura 1; all’opposto, nei Paesinordici, in alcuni dell’Europa centrale, nei duePaesi asiatici, la diffusione della povertà è piùbassa tra i minori che tra gli adulti.

la CONDIZIONE ECONOMICAdei BAMBINI e degli ADOLESCENTI in Italia

Andrea Brandolini* cic

APPROFONDIMENTI

La distribuzione dei redditifamiliari è oggi in Italia piùsperequata di quanto fosse neiprimi anni ’80, ma nonabbiamo da allora assistito afasi di aumento intenso eprolungato delladisuguaglianza come nellamaggior parte dei Paesiavanzati (Brandolini, 2009)1. Questa considerazione non deve far dimenti-care che il livello della disuguaglianza e dellapovertà è elevato nel confronto internazionale,ben superiore a quello dei Paesi nordici e del-l’Europa continentale, in linea con quello dei

* Le opinioni qui espresse sono diesclusiva responsabilità dell’autore enon impegnano la Banca d’Italia.Desidero ringraziare PieroCipollone, Massimo Livi Bacci,Marco Magnani, Luisa Minghetti eChiara Saraceno per i commenti e ipreziosi consigli. 1 L’aumento della disuguaglianza èstato accentuato negli anni ’80 negliStati Uniti e nel Regno Unito, neglianni ’90 in Canada, Svezia eFinlandia e nel primo decennio deglianni 2000 in Germania; la Franciarappresenta una significativaeccezione a questa tendenzaall’ampliamento delle disparità direddito (Brandolini, Smeeding,2009).

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BRANDOLINI | LA CONDIZIONE ECONOMICA DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI IN ITALIA

Una situazione che dura da tempoQuesta situazione caratterizza da tempo

il nostro Paese e si è andata accentuando negliultimi quindici anni, nonostante l’evoluzionedemografica abbia ridotto il peso dei giovanisulla popolazione. Secondo l’Indagine sui bi-lanci delle famiglie italiane (Ibfi) (Bartiloro etal., 2010), tra il 1993 e il 2008 il numero dipersone che vive in una famiglia con almenoun minore di età è sceso dal 49% al 41% deltotale; la quota dei minorenni è diminuita dal20% al 17%, mentre quella delle persone con65 e più anni è aumentata dal 17% al 21%.In parallelo con questo invecchiamento dellapopolazione, si è allargato il divario econo-mico tra le famiglie con minori e le altre fa-miglie. Il reddito disponibile “equivalente”,ovvero reso comparabile tra nuclei di compo-sizione differente2, è cresciuto del 6% per leprime e del 14% per le seconde. La caduta delreddito provocata dalla grande recessionemondiale già nel 2008 ha interessato esclusi-vamente le famiglie con minori, soprattuttoquelle dove sono più numerosi. In tutti gli anni considerati la presenza di mi-nori si associa a peggiori condizioni economi-che (fig. 2). Nel 2008 il reddito equivalentedelle famiglie con un minore era pari all’82%di quello dei nuclei composti da soli adulti;questo rapporto scendeva al 75% per le fami-glie con due minori e al 55% per quelle contre o più minori. Un giudizio sul benessereeconomico complessivo non può tuttavia fer-marsi ai valori medi, ma deve anche conside-rare la disparità nella distribuzione dei redditi.Un’efficace valutazione sintetica è fornita nellafigura 3 dal confronto tra le “curve di Lorenzgeneralizzate”, che mettono in relazione laquota cumulata di persone in ordine crescentedi reddito equivalente con il reddito equiva-lente medio che quelle persone ricevono, mol-tiplicato per la quota stessa. Per ciascuna quotadi popolazione, il benessere è tanto maggiorequanto più elevata è la curva, che nel puntofinale indica per costruzione il valore mediodel reddito equivalente3. Come mostra la fi-gura, lo standard di vita si riduce al cresceredel numero dei minori che vivono nella fami-glia, non solo quando si considerano le medie,ma anche quando si raffrontano altri puntidelle rispettive distribuzioni. Nel 2008 laquota di persone con un reddito equivalente

al di sotto della soglia di povertà, ovvero infe-riore alla metà del reddito mediano, è l’8,3%nelle famiglie senza minori; sale al 16,4% nellefamiglie con un minore, al 18,0% in quellecon due minori e a oltre il 40% in quelle contre o più minori. Tra il 1993 e il 2008 l’inci-denza della povertà è rimasta sostanzialmentestabile nella popolazione nel suo insieme (dal14,0% al 13,4%), ma ha mostrato una ten-denza ad aumentare tra le persone che vivonoin famiglie con minori (dal 19,6% al 20,7%)e, conseguentemente, tra i minori (dal 20,6%al 22,0%).

2 Il reddito disponibile include tuttele entrate percepite dai componentidi una famiglia (compensi per lavorodipendente e autonomo, pensionipubbliche e private, sussidi didisoccupazione, prestazioni diassistenza sociale, redditi da capitalereale e finanziario), al netto delleimposte e dei contributi socialipagati. Per confrontarne il potered’acquisto nel tempo, esso è divisoper il deflatore dei consumi dellefamiglie di contabilità nazionale,preferito agli indici dei prezzi alconsumo perché considera anche gliaffitti imputati sulle case occupatedai proprietari. Il redditoequivalente è attribuito a tutti icomponenti della famiglia, compresii minori, sotto l’ipotesi che nebeneficino in misura uguale. 3 Ciò richiede che le personeabbiano un’avversione, anchedebole, alla disuguaglianza.

Figura 1. Incidenza della povertà in alcuni Paesi intorno

al 2004 (valori percentuali)

7,9

7,0

7,1

33,6

31,1

30,5

26,7

25,3

22,2

22,1

21,2

18,4

17,2

17,2

16,8

15,813,0

14,016,2

14,011,6

13,312,2

13,2

10,7

10,4

9,9

9,2

7,7

7,2

5,5

4,9

4,7

3,9

3,7

27,2

20,5

25,9

21,1

19,2

18,4

18,7

17,3

12,1

14,1

11,5

8,8

12,5

8,5

14,0

7,4

8,0

7,3

9,5

8,1

7,1

7,1

5,6

5,6

6,5

0 5 10 15 20 25 30 35

Perù 2004Brasile 2006

Guatemala 2006Colombia 2004

Israele 2005Messico 2004

Russia 2000Stati Uniti 2004

Italia 2004Estonia 2004Polonia 2004Canada 2004Irlanda 2000

Regno Unito 2004Australia 2003

Lussemburgo 2004Grecia 2004

Germania 2004Corea del Sud 2006

Ungheria 2005Svizzera 2004Francia 2000Taiwan 2005Belgio 2000

Austria 2004Slovenia 2004

Norvegia 2004Svezia 2005

Danimarca 2004Finlandia 2004

Quota di persone a basso reddito (%)

Minori Popolazione totale

Fonte: Luxembourg Income Study (2010). La soglia di povertà è fissata al 50% del reddito disponibile equivalente; la scala di equivalenza è la radice quadrata della dimensione familiare. I Paesi sono ordinati in base all’incidenza della povertà tra i minori.

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18cittadiniin crescita

APPROFONDIMENTI

Quanto contano le ipotesi di misurazione?Le stime calcolate sui dati dell’Ibfi sono

più alte di quelle del Lis riportate in apertura4.Ciò riflette soprattutto la diversa “scala di equi-valenza”5. Il calcolo dei redditi equivalenti serveper rendere confrontabile il tenore di vita tranuclei di diversa composizione, tenendo contodei bisogni differenti dei vari componenti e deirisparmi che derivano dalla coabitazione (peresempio, nelle spese per il riscaldamento). Lestime dell’Ibfi suppongono che i bisogni deibambini siano pari a tre quinti di quelli degliadulti, mentre quelle del Lis non distinguonotra bambini e adulti ma incorporano economiedi scala più pronunciate6. Così, per esempio, leprime ipotizzano che una coppia con due bam-bini piccoli debba avere un reddito di 4.200euro per raggiungere lo stesso tenore di vita diuna coppia senza figli con un reddito di 3.000euro, mentre le seconde prevedono che questoreddito debba essere di 4.243 euro. Come cam-biano le stime sulla diffusione della povertà mo-dificando queste ipotesi? Come indica la tabella 1, quando variamo lascala di equivalenza, l’incidenza della povertànel 2008 non cambia molto per la popolazionenel suo complesso, ma muta sensibilmente peralcuni sottogruppi demografici7. In particolare,la quota di minori poveri è stimata al 24,4%ipotizzando che i risparmi generati dalla coabi-tazione siano modesti e che un bambino abbiabisogni prossimi a quelli di un adulto, ma è cal-colata al 15,3% quando queste ipotesi sonomodificate in direzione opposta. Questi risul-tati invitano a non porre un’enfasi eccessivasulle stime dei livelli, ma sono concordi nel se-gnalare che l’incidenza della povertà è maggioretra le famiglie con minori ed è molto più altaquando essi sono tre o più. L’evidenza che il rischio di povertà è in Italiapiù elevato per i minori che non per gli adultinon dipende quindi dalle ipotesi di calcoloadottate.

Figura 2. Reddito disponibile equivalente

medio nel periodo 1993-2008

8

10

12

14

16

18

20

22

1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008

Redd

ito m

edio

(mig

liaia

di e

uro

ai p

rezz

i 200

8)

Nessun minore 1 minore2 minori 3 o più minori

Fonte: elaborazioni su dati Ibfi.

Nessun minore 1 minore2 minori 3 o più minori

0246810121416182022

0,0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1,0

Quota cumulata di popolazione

Redd

ito m

edio

(mig

liaia

di e

uro)

Fonte: elaborazioni su dati Ibfi.

Figura 3. Curve di Lorenz generalizzate per la distribuzione

del reddito disponibile equivalente nel 2008 per numero

di minori nel nucleo familiare

4 Secondo le stime basate sui dati dell’Ibfi, nel 2004 vivevano in famiglie a basso reddito il 13,7% di tutte le persone e il 21,9% dei minori.5 Anche la definizione di reddito disponibile è parzialmente diversa: per ragioni di comparabilità internazionale, quella del Lis esclude gli affittiimputati sulle case occupate dai proprietari, mentre quella dell’Ibfi li comprende. I dati di base sono tuttavia gli stessi, poiché l’Ibfi fornisce quelliinclusi nell’archivio del Lis.6 Più precisamente, le stime del Lis usano la “scala di equivalenza della radice quadrata”, secondo cui il numero di adulti-equivalenti è uguale allaradice quadrata del numero dei componenti, mentre le stime dell’Ibfi usano la “scala di equivalenza dell’Ocse modificata”, che calcola il numero diadulti-equivalenti sommando a 1 per il primo adulto, 0,5 per ogni altra persona di 14 e più anni e 0,3 per ogni bambino con meno di 14 anni. 7 Indicando con a e b, rispettivamente, il numero di persone con 14 e più anni e il numero di bambini fino a 13 anni, il numero di adulti-equivalenti è dato nella scala dell’Ocse modificata dalla formula 0,5(1+a)+0,3b. Nelle cinque ipotesi alternative riportate nella tabella 1 è invececalcolato in base alla formula (a+gb)�, dove il costo relativo di un bambino g è preso uguale a 0,4, 0,6 o 0,8 e l’intensità delle economie di scala k èfissato uguale a 0,25, 0,5 o 0,75 (nell’ordine: intensità alta, media e bassa). L’alternativa II, in cui è k uguale a 0,5, genera stime vicine a quellebasate sulla scala della radice quadrata impiegata dal Lis.

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BRANDOLINI | LA CONDIZIONE ECONOMICA DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI IN ITALIA

Il rischio di povertà non è lo stesso per tutti i bambini

Le statistiche finora discusse si riferi-scono a medie nazionali. Sappiamo tuttaviache esistono ampi divari territoriali tra il Norde il Sud del Paese e che gli ultimi quindici annisono stati caratterizzati da un’intensa immi-grazione8. Come influenzano questi due feno-meni la povertà dei minori? Per avere qualcheindicazione, possiamo suddividere le personeresidenti in Italia in tre gruppi, in base alla re-gione di residenza e al luogo di nascita del ca-pofamiglia: a) le famiglie dei nati in Italia chevivono nel Centro-nord; b) le famiglie dei natiin Italia che vivono nel Mezzogiorno; c) le fa-miglie dei nati all’estero, indipendentementedalla regione in cui vivono9. Questa partizioneè imperfetta, per esempio nell’identificazionedegli stranieri con i nati all’estero, che potreb-bero comunque essere cittadini italiani, ma il-lustra con chiarezza la netta stratificazionedella povertà in Italia.Nel 2008 le persone povere sono il 3,1% nellefamiglie degli italiani residenti nel Centro-nord, il 27,2% nelle famiglie degli italiani re-sidenti nel Mezzogiorno e il 33,2% nellefamiglie degli stranieri (tab. 2, parte supe-riore). In tutti e tre i gruppi demografici, que-sta quota è superiore nei nuclei in cui vivealmeno un minore. Differiscono tra i gruppi,invece, gli andamenti tra il 1993 e il 2008. Il

rischio di povertà è uniformemente diminuitoper le famiglie degli italiani nel Centro-nord,indipendentemente dalla presenza o meno difigli. Anche nel Mezzogiorno la situazione ap-pare migliorata, ma soprattutto per la ricom-posizione determinata dal forte calo del pesodelle famiglie con figli. All’opposto, è drasti-camente aumentata la quota delle famigliedegli stranieri in condizioni di povertà, so-prattutto se comprendono minori.Questi divari territoriali nel reddito sono inparte ridimensionati se li misuriamo a paritàdi potere d’acquisto, ovvero prendiamo i red-diti al netto delle considerevoli differenze nellivello dei prezzi tra le regioni (Brandolini,Torrini, 2010). Pur riducendosi di un quarto,l’incidenza della povertà stimata tra i residentiitaliani del Mezzogiorno rimane pari al 20%,

8 Secondo i dati dell’Ibfi, nel 2008 ilreddito equivalente dei residentimeridionali era pari al 59% diquello degli abitanti centro-settentrionali, un divario aumentatorispetto al 63% di quindici anniprima. Nello stesso periodo, in basealla risultanze anagrafiche la quotadei cittadini stranieri residenti èpassata da circa l’1% al 6,5%.9 Le famiglie di immigrati non sonodistinte per regione di residenza acausa dell’insufficiente numerositàcampionaria. Quelle regolarmenteiscritte all’anagrafe, tra le quali èselezionato il campione dell’Ibfi,vivono in grande maggioranza nelCentro-nord.

In Italia è particolarmente grave la condizionedi disagio economico di molti bambini e delleloro famiglie: la caduta del reddito provocatadalla grande recessione mondiale nel 2008ha interessato esclusivamente le famiglie con figli minorenni, soprattutto quelle dovequesti sono più numerosi

Fonte: elaborazioni su dati Ibfi.

Tabella 1. Persone a basso reddito nel 2008, per varie scale di equivalenza (quote percentuali)

Ocsemodificata Alternativa I Alternativa II Alternativa III Alternativa IV Alternativa V

Economie di scala (k):basse alte medie basse basse basse

Gruppi Rapporto tra bisogni dei minori e bisogni degli adulti (g):demografici 0,6 0,6 0,6 0,6 0,8 0,4

Nuclei senza minori 8,3 11,7 9,4 8,0 7,8 8,5Nuclei con 1 o più minori 20,7 14,0 17,3 20,9 22,7 18,81 minore 16,4 12,0 14,1 16,7 17,2 15,92 minori 18,0 11,4 14,6 18,2 20,8 15,53 o più minori 46,4 31,1 38,5 46,8 50,5 41,3

Minori (0-17 anni) 22,0 15,3 18,6 22,2 24,4 19,6Adulti (18-64 anni) 13,2 11,2 12,1 13,2 13,7 12,9Anziani (oltre 64 anni) 7,1 15,0 9,4 6,3 6,1 6,9

Totale 13,4 12,7 12,6 13,3 13,9 12,7

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20cittadiniin crescita

APPROFONDIMENTI

cinque volte e mezzo quella al Centro-nord(tabella 2, parte inferiore); la situazione appareancor più sfavorevole per le famiglie dei natiall’estero. In breve, i minori rappresentano il 17% dellapopolazione italiana, ma il 28% della popola-zione povera, indipendentemente dalla corre-zione per il costo della vita. Hanno un rischiodi povertà pari a una volta e mezzo quellomedio in tutti e tre i gruppi demografici, mail livello molto diverso del tenore di vita mediodi questi gruppi implica che vive in povertà unminore su 20 nelle famiglie degli italiani resi-denti nel Centro-nord, uno su 4 nelle famigliedegli italiani residenti nel Mezzogiorno, unosu 2 nelle famiglie degli stranieri.

Le conseguenze durevoli della povertàCondizioni materiali di vita inadeguate

non riducono solo la qualità della vita corrente,ma hanno conseguenze durevoli sullo sviluppodei giovani e sulle loro capacità da adulti. In-fluenzano la loro crescita fisica e mentale, laformazione culturale, l’acquisizione di compe-

tenze nella famiglia e a scuola. Dall’analisi deirisultati delle rilevazioni internazionali sullecompetenze degli studenti italiani a età diverse,«emerge in maniera chiara che le condizionidella famiglia di provenienza sono fortementecorrelate alla performance scolastica […]»(Montanaro, 2009, p. 457-458). Lo svantaggio accumulato negli anni giovanilisi manifesta nei risultati conseguiti sul mer-cato del lavoro da adulti. Blanden, Hansen eMachin (2010) stimano che, nel Regno Unito,gli individui che hanno vissuto a 16 anni incondizioni di povertà abbiano a 34 anni unaretribuzione in media più bassa del 10% e unaprobabilità di occupazione inferiore del 2%;questi effetti si sommano a quelli direttamenteassociati alle caratteristiche individuali, com-presi i risultati scolastici, e della famiglia diprovenienza. Secondo i loro calcoli, il costodella povertà dei bambini è pari a quasi l’1%del prodotto interno lordo britannico solo perquanto riguarda la perdita dei maggiori red-diti da lavoro che avrebbero potuto produrreda adulti se non fossero cresciuti in povertà. Il

Tabella 2. Persone a basso reddito, per residenza e luogo di nascita (quote percentuali)

Fonte: Elaborazioni su dati Ibfi. “Centro-nord” indica le famiglie dei nati in Italia che vivono nel Centro-nord;“Mezzogiorno” indica le famiglie dei nati in Italia che vivono nel Mezzogiorno; “Stranieri” indica le famiglie dei natiall’estero, indipendentemente dalla regione in cui vivono. I redditi sono espressi a parità di potere d’acquistodeflazionandoli con gli indici regionali elaborati da Cannari e Iuzzolino (2009, Tav. A2.1, definizione 9).

2008 Variazione assoluta 1993-2008

Gruppi demografici Totale Centro-nord Mezzogiorno Stranieri Totale Centro-nord Mezzogiorno Stranieri

Redditi nominali

Nuclei senza minori 8,3 2,7 18,8 16,3 -0,4 -1,9 0,6 10,9Nuclei con 1 o più minori 20,7 3,9 36,6 45,2 1,1 -2,8 -0,6 40,4Minori (0-17 anni) 22,0 4,6 37,3 48,6 0,7 -2,5 -0,6 44,3Adulti (18-64 anni) 13,2 2,9 27,1 28,5 1,8 -2,2 -2,4 22,5Anziani (oltre 64 anni) 7,1 2,7 17,0 13,5 3,0 -2,5 2,8 11,8

Totale 13,4 3,1 27,2 33,2 -0,6 -2,4 -1,9 28,1

Redditi a parità di potere d’acquisto

Nuclei senza minori 7,3 3,2 14,2 17,3 -0,6 -2,3 0,8 11,5Nuclei con 1 o più minori 17,4 4,4 26,8 48,1 1,0 -3,4 -1,2 40,0Minori (0-17 anni) 18,9 5,2 28,1 50,1 1,6 -3,0 -0,7 42,3Adulti (18-64 anni) 11,4 3,5 20,4 31,0 -0,2 -2,5 -1,6 23,5Anziani (oltre 64 anni) 5,5 3,0 10,8 13,5 -2,3 -3,7 0,7 10,5

Totale 11,4 3,6 20,1 35,2 -0,6 -2,9 -1,7 28,4

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BRANDOLINI | LA CONDIZIONE ECONOMICA DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI IN ITALIA

corrispondente valore stimato da Holzer et al.(2007) per gli Stati Uniti è pari all’1,3%. Inentrambi i casi, le stime aumenterebbero se siincludessero anche i costi che derivano allacollettività dalle peggiori condizioni di salutee dalla maggiore frequenza di comportamenticriminali che si riscontrano tra gli adulti vis-suti in condizioni di povertà da giovani. Que-ste valutazioni si basano su molteplici ipotesidi misurazione e vanno prese con prudenza,ma danno un’idea dell’entità dei costi econo-mici che si associano alla povertà dei bambini,indipendentemente da qualsiasi altra conside-razione di natura etica10.Non disponiamo di stime analoghe per l’Ita-lia, ma sappiamo che il legame tra i redditidei genitori e quelli dei figli è tra i più strettinel confronto internazionale, simile a quello,elevato, osservato negli Stati Uniti e nelRegno Unito e assai superiore a quello sti-mato per i Paesi nordici e dell’Europa conti-nentale (Mocetti, 2007; Piraino, 2007;D’Addio, 2007). Più in generale, non vi sonoindicazioni che in Italia si sia allentata la tra-smissione della disuguaglianze da una gene-razione alla successiva. Secondo Pisati eSchizzerotto (2004), la mobilità intergenera-zionale tra classi sociali, individuate sulla basedel tipo di occupazione, è rimasta sostanzial-mente stabile tra il 1985 e il 1997. Il divarionella probabilità di conseguire un diplomasuperiore o una laurea universitaria tra i gio-vani di classi elevate e quelli di classi operaieo agricole è aumentato (Schizzerotto, 2007).La forte persistenza del grado di istruzione edella condizione professionale tra generazionispiega perché il livello delle retribuzioni deilavoratori nati tra il 1940 e il 1974 dipendain misura crescente dal luogo di nascita edalle caratteristiche dei genitori, a scapito dicaratteristiche individuali come il titolo distudio conseguito (Rosolia, 2008).

10 Levine e Zimmerman (2010)suggeriscono che la valutazione deglieffetti sui salari potenziali da adultirappresenta un criterio unificanteper giudicare l’efficacia degliinterventi sociali rivolti ai minori daun punto di vista strettamenteeconomico. Dalla loro analisi,relativa agli Stati Uniti, emerge che iprogrammi più efficaci sono quellispecificamente mirati a sviluppare ilcapitale umano dei giovani.

L’insufficienza delle politiche socialiLa condizione di disagio economico per

una parte cospicua delle famiglie con minoridipende da molteplici fattori, connessi con lastruttura demografica, il funzionamento delmercato del lavoro, l’organizzazione dello statosociale. Colombini e Silvestri (2010) mo-strano, per esempio, come esista una strettacorrelazione inversa tra occupazione dellemadri e povertà dei minori in un’economiaforte come quella della provincia di Modena.Secondo i dati dell’Ibfi, la quota di minori po-veri sale dal 7% quando nella famiglia ci sonodue o più percettori di reddito da lavoro al34% quando c’è un solo percettore, a oltrel’80% quando non ce n’è nessuno. Molte analisi si soffermano sulla debolezzadelle politiche sociali italiane, soprattutto nelraffronto con gli altri Paesi europei (Saraceno,2007; Mantovani, Toso, 2007). Nel 2007 leprestazioni sociali per famiglia, abitazione edesclusione sociale erano appena l’1,3% delprodotto interno lordo, rispetto a una mediadel 2,9% nell’Unione Europea; tra i Paesi co-munitari, solo la Polonia aveva un valore piùbasso (Eurostat, 2010). A parità di potere d’ac-quisto, l’Italia spendeva 323 euro per abitante,neanche un terzo dei 997 euro spesi in Fran-cia e dei 1.032 euro spesi in Germania. Que-sti dati aggregati possono non cogliere lecomplesse interrelazioni che esistono tra le di-verse prestazioni sociali e le imposte sul red-dito. Le stime derivate con un dettagliatomodello di micro-simulazione da Figari, Pau-lus e Sutherland (2010) confermano che leprestazioni monetarie nette per il sostegno deiminori, comprensive degli effetti associati alcumulo di più sussidi, dei trasferimenti realiz-zati attraverso le deduzioni e le detrazioni fi-scali e delle decurtazioni dovute alle imposte,sono in Italia tra le più basse in Europa: nonraggiungono il 4% del reddito nazionale di-

La povertà ha conseguenze durevoli sullo sviluppo dei giovani esulle loro capacità da adulti: influenza la loro crescita fisica ementale, la formazione culturale, l’acquisizione di competenze nellafamiglia e a scuola. Lo svantaggio accumulato negli anni giovanili simanifesta nei risultati conseguiti sul mercato del lavoro da adulti

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22cittadiniin crescita

APPROFONDIMENTI

sponibile pro capite, come in Grecia e Spagna,mentre si collocano intorno al 9% in Germa-nia e nel Regno Unito e al 12% in Francia. Intutti i Paesi queste prestazioni nette riduconol’incidenza della povertà tra i minori, in mi-sura proporzionale all’entità della spesa: la ri-duzione dell’indice, rispetto al valore calcolatoescludendole dal reddito, è di circa un quintoin Italia, della metà in Germania e nel RegnoUnito e di oltre due terzi in Francia. Oltre al-l’entità della spesa, è tuttavia importante di-

stinguere la struttura delle politiche sociali: lepolitiche che incentivano la partecipazione allavoro delle donne (in particolare, combi-nando prestazioni legate alle retribuzioni conuna rete di servizi di cura per i bambini) sem-brano essere più efficaci nel ridurre la povertàdelle politiche tradizionali basate su trasferi-menti familiari in cifra fissa, soprattutto perl’effetto positivo sui redditi di mercato (Bäck-man, Ferrarini, 2010).Alcune cause della povertà sono più profondee traggono origine dalle dotazione di capitale,umano e materiale, degli individui. La ric-chezza materiale ha un rilievo particolare nellatrasmissione intergenerazionale delle disugua-glianze (Bowles, Gintis, 2002). La distribu-zione dei patrimoni familiari è notoriamentepiù diseguale di quella dei redditi. Nel 2008la metà meno abbiente delle famiglie italianepossedeva appena il 10% della ricchezza fami-

liare netta, mentre il 10% più ricco ne con-trollava il 45% (Alivernini, Ietti, 2009, tav.4a). Cannari e D’Alessio (2006) calcolano chenel 2002 il 34% delle famiglie aveva ricevutoun’eredità o una donazione e che la loro ric-chezza media era superiore a quella delle altrefamiglie del 122%. Secondo le stime di Guisoe Jappelli (2002), ricevere un’eredità o una do-nazione rende più probabile acquistare unacasa e permette di comprarne una di valoreassai superiore.Queste osservazioni suggeriscono che per as-sicurare condizioni di partenza meno iniqueai giovani che si affacciano alla vita adulta puòessere utile introdurre strumenti redistributividella ricchezza oltre che del reddito. La crea-zione di una dotazione di capitale a beneficiodei giovani al compimento della maggiore etàè stata proposta da Ackerman e Alstott (1999)negli Stati Uniti e da Livi Bacci (2004a,2004b) in Italia ed è concretamente perseguitadal Child trust fund, istituito nel 2003, nelRegno Unito11. Una dotazione di capitale al-l’inizio della vita adulta può aiutare ciascun in-dividuo a determinare più liberamente ilproprio futuro: può consentire di avviareun’attività economica, meglio di un sostegnocorrente di reddito spalmato su più anni; puòpermettere di acquisire un’istruzione univer-sitaria, anche se non è necessariamente più ef-ficace di un assegno di studio o della fornituradiretta di servizi. È plausibile supporre che untrasferimento di capitale possa rappresentareun valido meccanismo di incentivo, che sti-moli il senso di responsabilità degli individuie li spinga a ricercare comportamenti più effi-cienti e produttivi (Bowles, Gintis, 1998).

Osservazioni conclusiveI dati sulla povertà economica dei mi-

nori in Italia sono preoccupanti: l’incidenza èelevata nel confronto internazionale e il feno-meno è fortemente concentrato, nel Mezzo-giorno e tra le famiglie di stranieri. In unavisione multidimensionale, il benessere umanonon è riducibile al solo reddito disponibile ealle condizioni materiali di vita (Sen, 1987;1992). Così un reddito insufficiente può as-sociarsi a condizioni migliori in altre dimen-sioni, modificando la valutazione che diamodel grado di benessere collettivo. Nei confrontiinternazionali dell’Unicef (2007) e di Brad-

11 Questi schemi sono discussi inBrandolini (2007). Per informazionisul Child trust fund cfr.www.childtrustfund.gov.uk ewww.hmrc.gov.uk/stats/child_trust_funds/child-trust-funds.htm

In Italia non sembra si sia allentata latrasmissione della disuguaglianze da unagenerazione alla successiva: la fortepersistenza del grado di istruzione e dellacondizione professionale tra generazionispiega perché il livello delle retribuzionidei lavoratori nati tra il 1940 e il 1974dipenda in misura crescente dal luogo dinascita e dalle caratteristiche dei genitori

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BRANDOLINI | LA CONDIZIONE ECONOMICA DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI IN ITALIA

shaw, Hoelscher e Richardson (2007), peresempio, il livello molto elevato della povertàeconomica dei minori è controbilanciato inItalia dai buoni risultati per la salute e sicu-rezza dei bambini e per l’intensità dei rapportifamiliari. Questa evidenza ci aiuta a dare unarappresentazione più accurata della condizionedei bambini italiani, ma non deve indurci asottovalutare la dimensione economica, per leconseguenze che ha sulla qualità della loro vitacorrente e sullo sviluppo delle loro capacità daadulti. Per questo, appare prioritario introdurre formedi sostegno per le famiglie con figli minori, in-dividuando trasferimenti monetari e misureche complessivamente stimolino la partecipa-zione al mercato del lavoro delle madri. Il di-segno di queste misure è reso complesso nonsolo dalla stratificazione territoriale e demo-grafica del fenomeno, ma anche dalla neces-sità di affrontare una situazione in cui è ridottala mobilità sociale. Ciò richiede di immaginareuna combinazione innovativa di strumenti, incui la fornitura di servizi si integri con le pre-stazioni monetarie, in cui la redistribuzione ri-guardi la ricchezza come il reddito. In unasocietà come quella italiana, che appare oggipoco favorevole all’inserimento delle nuove ge-nerazioni, una dotazione di capitale per i gio-vani, finanziata con un’imposta sulle ereditàal di sopra di una data soglia, potrebbe con-tribuire a ridurre l’iniquità delle condizioni dipartenza, rendendo più trasparente il vincolointergenerazionale e più responsabili le scelteindividuali.

Per assicurare condizioni dipartenza meno inique ai giovaniche si affacciano alla vita adultapuò essere utile introdurrestrumenti redistributivi dellaricchezza oltre che del reddito,poiché una dotazione di capitalepuò aiutare a determinare piùliberamente il proprio futuro

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APPROFONDIMENTI

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1 Zagrebelsky, G., Il diritto mite.Legge, diritti, giustizia, Torino,Einaudi, 1992.

INTERVISTE

cicLa mitezza del diritto e delle istituzioni negli interventi e nei procedimenti per le persone,la famiglia e i minori di etàa cura di Piercarlo Pazé

GUSTAVO ZAGREBELSKY

Nel libro Il diritto mite questa impostazione ègenerale, non distingue un settore del dirittoda altri settori, il diritto di famiglia dal dirittopenale. Quanto al diritto di famiglia, intantoè abbastanza evidente che il suo fine è la tu-tela della convivenza familiare e, nel caso que-sta vada a rotoli, evitare le conseguenze piùdrammatiche per le persone che sono coin-volte nella fine di un matrimonio. Lì vannopresi in considerazione non solo principi di-versi, ma anche principi molto indefiniti comequello dell’interesse del minore. Che cosa vuoldire interesse del minore? È una di quelle for-mule che non si prestano a essere definite apriori, vanno valutate in relazione alle situa-zioni concrete tenendo presenti le più diversevariabili, come la personalità dei due genitori,le condizioni morali dei singoli genitori, lecondizioni patrimoniali, ecc.

Raccogliendo e sviluppando rifles-sioni e suggestioni tratte dal libro Ildiritto mite1, alcuni vedono nellamitezza l’atteggiamento comunecui il sistema sociale e la giustiziadevono ispirarsi quando si occu-pano di persone, di minori e di re-lazioni familiari. Viene rilevato cherientrano nel quadro della mi-tezza i grandi principi affermatidai più importanti documenti econvenzioni internazionali: perfare alcuni esempi, la ricercadell’interesse del minore, il di-ritto del minore alla famiglia ealle relazioni familiari, il parti-colare riguardo dovuto ai mi-nori devianti o autori di reati, la previsione per iminori della residualità della pena e del car-cere, la funzione educativa della pena, l’infor-mazione e l’accompagnamento per il processo,l’ascolto, la ricerca del consenso e dell’accordoprima di imporre delle soluzioni, e così via.Si può concludere che i valori della mitezza edella moderazione possono essere colti comeparametri costituzionali del diritto minorile e fa-miliare e, in quanto tali, a esso sovraordinati?Sono d’accordo su questa applicazione del-l’aggettivo mite, in qualche modo vi rientra.Il diritto mite dovrebbe essere il diritto in cui laprotezione sociale, perché fine del diritto è pursempre quello di far vivere la struttura sociale,la si ottiene non estirpando il corpo malato mareintegrandolo nella vita comune. In questosenso è il diritto della convivenza, a differenzadel diritto che esclude dalla convivenza.

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INTERVISTE

Il diritto è mite in quanto consente di pren-dere in considerazione più principi di riferi-mento e quindi più esigenze, ma una volta chequesto accade è chiaro che nel diritto scritto,nella legge, non si trova più la soluzione delcaso concreto.Il diritto mite non fa che indicare dei punti diriferimento ai quali il giudice deve rifarsi, nonpuò dimenticarne nessuno, ma poi la combi-nazione concreta la deve fare lui, non più il le-gislatore.

La fortuna della formula del diritto mite staportando a un ripensamento dei percorsi divari capitoli del diritto minorile e familiare. Peresempio, ci si chiede se nelle procedure diadozione la giustizia deve, fino a quando è pos-sibile, evitare di effettuare interventi con laspada per passare a una gestione di accompa-gnamento dei genitori naturali e del bambino;e se i passaggi di un bambino da una famigliaa un’altra devono essere guidati e spiegati

prima di tutto al bambino evitando rotture trau-matiche. Nel procedimento penale minorile siattribuisce rilievo a elementi in parte nuovi,come l’informazione, l’ascolto, la vicinanza allavittima e allo stesso colpevole, insomma lostare dietro alle persone.Sono temi delicatissimi, questi: quando loStato assiste con la sua autorità e quando, in-vece, diventa uno Stato che impone…Il diritto mite tende a sostituire al sì e al noimposti dall’autorità una procedura di accom-pagnamento che lascia però la parola ultimaall’autodeterminazione delle persone coin-volte. Diciamo, il primo obiettivo è l’accordo, il con-senso, la soluzione meno traumatica. E quindil’intervento del giudice avviene in secondabattuta, o in terza, o in quarta, o in quinta,non in prima.Naturalmente anche questo spostamento diattenzione non risolve il problema di evitarel’autoritarismo. La spada può arrivare alla fine,ma anche nelle procedure ci possono esseredelle formule più sottili di intimidazione, dicoartazione della volontà. Pensiamo all’aborto:è da un po’ di tempo che si discute su chi af-fiancare in queste procedure di accompagna-mento. Se si individuano persone che sono ingrado di esercitare un’intimidazione sulla vo-lontà di chi in quel momento è palesementein difficoltà, c’è un’altra forma di autoritari-smo, più subdola. Perché mentre il diritto conla spada dice «il diritto è questo e in questomomento ti è nemico, perché ci sono superioriesigenze che impongono al diritto di usare laspada», le formule subdole ti mettono accantouna persona che fa finta di essere tuo amicoma che in realtà si impadronisce della tuaanima.Tutto questo mostra chiaramente la pluriva-lenza delle procedure, che possono essere usateper comprimere la sfera di libertà minacciandole pene dell’inferno oppure aprendo delle pos-sibilità. Il diritto mite dovrebbe essere il dirittoche apre delle possibilità, che libera le energiemigliori della persona.Dietro la proposta del diritto mite c’è la scom-messa antropologica che gli esseri umani, unavolta liberati dalle oppressioni (per esempio,della famiglia, del clan) e dalle costrizioni,siano in grado di far emergere qualcosa dibuono. Il diritto oppressivo è il diritto che

GUSTAVO ZAGREBELSKYgià professore ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università di Torino, è stato

giudice costituzionale dal 1995 al 2004 e presidente della Corte costituzionale dal 28 gen-

naio al 13 settembre 2004. In seguito ha continuato l’attività di docente di Giustizia co-

stituzionale presso l’Università di Torino e docente a contratto presso l’Università Suor

Orsola Benincasa di Napoli.

Studioso conosciutissimo nel panorama italiano e internazionale, Zagrebelsky nel suo

pensiero giuridico evidenzia il pericolo derivante dall’acriticità di un diritto solo formale

o solo sostanziale. Per superare questa antitesi, nel libro Il diritto mite. Legge, diritti, giu-

stizia (1992) ha introdotto l’idea della mitezza come carta fondante dell’identità di uno

Stato, espressione delle sue varie componenti e pertanto caratteristica necessaria delle

costituzioni moderne, le quali recepiscono ideologie e spinte ideali diverse presenti nella

società e le tengono insieme. Egli spoglia così il diritto dell’antico e implacabile attributo

della durezza e di organizzazione della coercizione, gli nega aggressività e forza e lo

proietta verso «soluzioni miti, comprensive di tutte le ragioni che possono rivendicare

buoni principi a loro favore». Uno Stato democratico serve i cittadini in forma mite fon-

dandosi sulla cittadinanza comune, sul consenso condiviso delle norme e sulla ricerca

del consenso, limitando l’uso della forza a quanto strettamente necessario.

La proposta della mitezza è stata ripresa e sviluppata da altri studiosi come caratteri-

stica necessaria negli interventi sociali e giudiziari relativi alla persona, alla famiglia e

all’infanzia. Gustavo Zagrebelsky dialoga sul significato e sulla portata di questa appli-

cazione del diritto mite in un’intervista, di cui qui riportiamo una parte, che sarà pub-

blicata integralmente sulla rivista Minorigiustizia.

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GUSTAVO ZAGREBELSKY

parte dall’idea che gli esseri umani sono un’an-tropologia negativa. Antropologia positiva op-posta a antropologia negativa.Dietro il diritto mite c’è l’idea di una resurre-zione, anche redenzione, ma non come com-pito dell’autorità ma come liberazione dienergie interiori. Appunto: lo stato di natura èlo stato dei lupi che si divorano o è lo stato dipersone che, invece, sono in grado di svilup-pare benevolenza reciproca? Ecco, il diritto mite parte da questa scom-messa, che è poi quella dell’articolo 27 dellaCostituzione: le pene devono consistere nonin un percorso rieducativo imposto, ma nellacreazione di condizioni nelle quali il singolosia in grado di uscire da forme di abbruti-mento, quali l’alcol, la droga, la compulsionesessuale, ecc.

L’articolo 27 della Costituzione diventa così unparadigma circa un modo mite di procedere inqueste materie.Sono le materie in cui al fondo c’è la personaumana, lo status della persona umana. Nelcampo del risarcimento del danno patrimo-niale, nel diritto dei contratti, non c’è questo.

Dal diritto mite si passa al giudice mite. Ma ècorretto parlare di giudice mite? Un’obiezioneche viene fatta è che un giudice è un giudice toutcourt. Non occorre un giudice mite.Il giudice non ha aggettivi. Il giudice è giu-dice.

Però può avere attitudini miti come persona ocome modalità di lavoro, essere una personache ascolta. Qui non si tratta tanto di correttezza del giu-dice (essere puntuali alle udienze, trattare benegli avvocati). C’è anche questo aspetto, maviene posta in questione proprio una conce-zione del ruolo del giudice, della giurisdizione.Sarebbe già importante, secondo me, che igiudici, in particolare nei settori di cui stiamoparlando, si ponessero la domanda: a cosaserve l’amministrazione della giustizia?Primo dilemma: serve a tagliare i rami malatio a guarirli?Secondo dilemma: per guarirli devo imporreio la mia idea di salute o devo invece pro-muovere? Diciamo così: devo essere un chi-rurgo o devo essere un omeopata?

Il diritto deve usare mezzi radicali comel’asportazione oppure deve promuovere leenergie interiori, fornire le condizioni per?Possiamo anche dire così: il diritto deve mi-rare a cambiare l’essere umano o a svilupparequegli elementi interiori per cui l’essereumano semmai si trasforma da sé?Il giudice puro tecnico, applicatore meccanicodella legge, in realtà non funziona perché oggiil diritto non si presta ideologicamente a queltipo di giudice e il paternalismo giudiziario haun elemento di autoritarietà. Sono formule, ma occorre un diritto che pro-muova l’autopromozione dell’individuo, quindiche non sia né paternalistico, perché non vuoleimporre un modello, né freddo e meccanico; undiritto che crei spazio per la crescita. A quelpunto entrano i servizi sociali, i sostegni sociali.In questo spazio, che il giudice deve garantire, lasocietà può intervenire per aiutare, ma che nonsia il giudice, la funzione giudicante è un’altracosa. Poi, naturalmente, alla fine il giudice dellabilancia e della spada non è escluso. Qui si ra-giona sempre sulla base di categorie generali.

Nell’ipotesi di un intervento giudiziario in campominorile, è inevitabile che i servizi o i giudici ab-biano un modello che si ponga quanto menocome di raffronto, perché separa la sufficienzadall’inadeguatezza. Penso alla nozione di capa-cità genitoriale.Per usare un’immagine si tratta più di una cor-nice, al di là dei confini della quale c’è l’inter-vento repressivo, ma dentro ognuno devepoter costruirsi. E potrebbe anche decidere dinon volerci stare dentro. Il diritto ad esempiodel detenuto a seguito di una denuncia penaledi essere refrattario integralmente al percorsodi recupero, anche questo è un diritto, se-condo me, basilare; e va bene, sconterà la penafino in fondo.

Il diritto mite tende a sostituire alleimposizioni dell’autorità una procedura diaccompagnamento che lascia la parolaultima all’autodeterminazione delle personecoinvolte. Il primo obiettivo è l’accordo, ilconsenso, la soluzione meno traumatica

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INTERVISTE

È il genitore che rifiuta il discorso di recuperodella responsabilità genitoriale, e non gli da-ranno l’affidamento del figlio.Il diritto mite è un diritto delle possibilità, nondelle realizzazioni delle possibilità. Si ricollega al discorso di prima. C’è un’onto-logia positiva in tutto questo. Si pensa che gliesseri umani sono in grado di coglierle, questepossibilità.

Come si può parlare di un diritto e di un giudiceche promuovono l’autopromozione, quando lapersona è un minore e quando il minore ha unaresponsabilità ridotta?Si parte dall’idea che nello sviluppo della per-sonalità ci sono delle tappe, per cui al bambinosi possono imporre certi comportamenti, certidivieti, ma questo non è legato alla punizione.Si deve dire al bambino «Non mettere le ditanella presa elettrica», ma se le mette non è chelo punisci, gli togli le dita, gli impedisci di farlo.

Il concetto di pena cresce in progressione, inrapporto crescente con l’idea che, a un certopunto, la persona si può assumere una re-sponsabilità per quello che ha fatto. Se non c’èresponsabilità non ci può essere pena; ci puòperò essere un intervento coattivo per impe-dire cose che non devono accadere.Allora, pena e responsabilità. Qui viene fuoriun aspetto del diritto mite, legato al dirittominorile, in quanto per i minori si deve pre-supporre che vi sia una minore responsabilitàrispetto a ciò che compiono. Vecchio tema èche si riconosce loro in via di principio una ca-pacità di autodeterminazione minore diquanto sia la responsabilità maggiore propriadegli adulti. Si presume una non raggiunta

maturità. Naturalmente in questo bisogna es-sere un po’ schematici, perché anche a 60 annila maturità si può non averla raggiunta.Un tema civile molto importante è quello del-l’allargamento delle responsabilità. Un altrogrande dilemma: la responsabilità è indivi-duale o della società?Prendiamo questo esempio. Ci sono bande diragazzini violenti che fanno azioni orripilanti.Allora? Risposta uno: li ficchiamo in galeracome un adulto. Risposta due: poveretti, sonoil frutto della società e quindi dell’insicurezza,del disagio sociale.Mi chiedo se non ci sia in questi casi la possi-bilità di evitare sia l’una sia l’altra soluzione di-cendo: non è colpa della società, e quindi nonè colpa di nessuno, ma di una parte della so-cietà, quella che sta più vicino a questi ragazzi;e quindi si può chiamare in causa la responsa-bilità dei genitori, della scuola, per un’omis-sione di educazione.È un tema terribile perché poi si dice: pas-siamo alla responsabilità dei genitori. Ma i ge-nitori a loro volta vivono in condizioniparticolari, e si arriva quindi alla società, adAdamo ed Eva, colpevoli tutti e quindi nes-suno. Però c’è l’idea di stabilire che quanto mi-nore è la responsabilità del singolo minorenne,tanto maggiore è la responsabilità degli altri.Non ci può essere un vuoto, deve esserci unequilibrio: meno responsabilità da una parte,maggiore dall’altra. Ma non immediatamenteresponsabile la società tutta.

La cultura minorile pensa a una finalità di inte-grazione di un ragazzo in una cittadinanza posi-tiva. Si impiega questa nozione di integrazioneche la Corte costituzionale ha sovente usato perl’ingresso dei diritti dei disabili. Questo significarisalire a responsabilità positive. Se finora seivissuto in un certo modo devi integrarti in unaltro circuito. Una città si prende carico di te, tiinserisce e non ri-emargina. Quindi finisce la fi-gura del giudice che ti educa. L’educazione èquella che avviene fuori dalle sedi giudiziarietramite processi di integrazione. È giusto porrela questione in questo modo? Sì, secondo me questo funziona bene. È unmodo per evitare un eccesso di responsabilitàdella società ma si può dire che sono respon-sabili le cerchie sociali in cui si vive (la fami-glia, la scuola, ecc).

Il diritto mite parte dalla scommessa, cheè poi quella dell’articolo 27 dellaCostituzione, che le pene devonoconsistere non in un percorso rieducativoimposto, ma nella creazione di condizioninelle quali il singolo sia in grado di uscireda forme di abbrutimento

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GUSTAVO ZAGREBELSKY

C’è la responsabilità e la necessità quindi di fareun lavoro molto importante in questo senso.Non solo una responsabilità morale. Ci si do-manda: gli insegnanti che trascurano i segnalidi disagio e non li segnalano alle famiglie sonoresponsabili, dovrebbero esserlo o no? E così igenitori che se ne fregano dei figli e danno lorosolo i soldi per comprarsi la droga, sono deibuoni genitori? Sono concetti banali.Si deve precisare che non si tratta solo di ba-dare se sono cattivi genitori o insegnanti, mache si vivono obblighi civili di convivenza acui bisogna poi anche pensare di collegarequalche sanzione. Il preside di una scuola chenon segnala episodi di bullismo e, prima an-cora, non cerca di individuarli non deve fare ilpreside.Un punto a cui tengo è che il diritto mite nonvuol dire diritto permissivo, anzi dovrebbe es-sere il diritto che richiama al massimo il sensodi responsabilità. Invece il diritto bianco onero può fare a meno della responsabilità.

Queste modalità miti fanno anche sì che la giu-stizia familiare e minorile diventi un pezzodella comunità di cura, di un sistema di wel-fare dei genitori, dei minori e delle persone de-boli, insieme con i servizi e la scuola; e ilgiudice si abitua a lavorare insieme e in colle-gamento con quanti si occupano del sostegnodelle persone e, nel decidere, comprende chesi muove in un contesto in cui sono in gioco lesorti delle persone.Ponendosi nella prospettiva che anche la giu-stizia è parte di un sistema di cura si com-prende come, in occasione di un procedimentogiudiziario, prendono il via una serie di attivitàparallele a contenuto di cura: per esempio lamediazione familiare, le comunità e le comu-nità per madri e bambini; l’affidamento fami-liare, l’attivazione sul territorio di ricorsesociali e sanitarie, la pratica ordinaria del giu-dice di relazionarsi con le professioni di aiuto,i tutori personalizzati e quell’istituto straordi-nario di protezione delle persone prive in tuttoo in parte di autonomia che è l’amministra-zione di sostegno.Uno dei postulati del diritto mite è che il di-ritto non è un pezzo separato dalle altre strut-ture sociali. Altro che la teoria pura del diritto:mi occupo solo del diritto, tutto il resto nonmi interessa.

No, il diritto è un pezzo di un tassello. Quindi,se non c’è una cultura generale che penetradappertutto, a cominciare dalla scuola, dairapporti interindividuali che poi si organiz-zano nelle diverse sfere, il diritto mite non hail suo terreno di coltura.

La proposta di Franco Occhiogrosso di lanciareil diritto di famiglia, delle persone e dei minori,come diritto mite con “un manifesto per il dirittomite” sembra dire che qui la mitezza è ancheun’aspirazione, un ideale da raggiungere, unqualcosa che non è ancora abbastanza e chetutti dobbiamo scoprire e praticare. Occhio-grosso cioè dice: definiamo questo ramo del di-ritto come mite e impegniamoci a renderlo tale,perché solo attraverso la caratteristica della mi-tezza lo rendiamo veramente efficace per la pa-cificazione delle relazioni familiari e per laprotezione dell’infanzia. Il diritto mite diventa una tensione per il miglio-ramento qualitativo della giustizia minorile e fa-miliare. Diventa un progetto ideale. Esattamente. Il diritto mite è un grande pro-getto per il diritto minorile.Se si volesse generalizzare, è l’ethos democra-tico questo, quindi l’ethos dell’integrazione,del rispetto, del dialogo. La democrazia è il re-gime in cui ci si confronta, in cui si trovanopunti di stabile convivenza fra i singoli. Il di-ritto penale non è un diritto democratico, neabbiamo purtroppo bisogno come estremaratio a dimostrazione del fatto che la demo-crazia ha anch’essa i suoi confini.Però è un obiettivo, il diritto mite. Effettiva-mente mi sembra che esso sia un aspetto dellademocrazia così intesa, non come regola dellamaggioranza ma come regola della convivenza.

Se non c’è responsabilità non ci puòessere pena, ma un intervento coattivo perimpedire cose che non devono accadere.In questo senso, un aspetto del diritto mitelegato al diritto minorile presuppone cheper i minorenni vi sia una minoreresponsabilità rispetto a ciò che compiono.Si presume una non raggiunta maturità

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coli. Era un po’ questa l’idea. La Pimpa dà unaveste ufficiale e pulita a una maniera di espri-mersi attraverso i disegni che era quello di miafiglia.

Ha inventato la Pimpa nel 1974 per giocare consua figlia; ora è nonno, e Pimpa va verso la qua-rantina… Si aspettava che il suo personaggioavesse vita così lunga e un tale successo, cheva oltre i confini nazionali e si trasmette tra di-verse generazioni?No, naturalmente. Tutto è nato un po’ comeuna cosa privata: non immaginavo che le sto-rie di Pimpa avrebbero avuto successo, nonpensavo nemmeno a pubblicarle queste cose…Al principio era solo un gioco tra me e mia fi-glia. Ed è un gioco che ora continua per la mianipotina Olivia, che ha 4 anni, e che ha già

FRANCESCO TULLIO-ALTANcic

INTERVISTE

Sono 36 anni che Pimpa, la cagnolina a pois rossi, con lelunghe orecchie, la lingua penzoloni e i grandi occhisgranati, corre alla scoperta di un mondo coloratissimodove tutto è animato: sole, stelle, vento, tronchi d’albero,sassi, ma anche oggetti d’uso quotidiano come la sveglia,parlano e interagiscono con lei. A volte entra nell’arcobalenoe ne esce con un po’ di colori addosso, a volte il vento o lapioggia le scolorano i pois... alla sera, comunque, tornasempre da Armando, il baffuto padrone di casa, unico amicoumano di Pimpa. Dalla prima pubblicazione sul Corriere deipiccoli, nel 1975, le avventure a fumetti della Pimpa sonostate tradotte in 7 lingue, pubblicate in 23 Paesi, trasferite ateatro, e hanno ispirato diverse serie a cartoni animatiprodotte dalla Rai. Da molti anni Pimpa ha un mensile tuttosuo e un sito visitatissimo (www.pimpa.it). Abbiamo chiestoad Altan di parlarci del suo lavoro.

Quale idea, desiderio, pensiero, l’hanno spintaa creare personaggi come la Pimpa, Kika e Ka-millo Kromo?Più che pensieri o idee, i pensieri di mia figliapiccolina. La nascita di Pimpa è avvenuta percaso quando mia figlia Kika aveva due anni emezzo. Io ho semplicemente incominciato afare dei disegni per lei e insieme a lei.

Pimpa è senz’altro il più celebre dei suoi perso-naggi. Il tratto e l’uso del colore richiamano lamaniera di disegnare dei bambini, semplice ediretta, e altrettanto diretto è il personaggio dellacanina bianca a pois rossi, che esprime senzaveli il proprio stato d’animo e i propri desideri. Sì, in qualche modo, sia la Pimpa sia soprattuttoi libretti della Kika sono come la bella copia diun disegno di quelli che fanno i bambini pic-

La Pimpa è... il mondo come potrebbe esserea cura di Anna Buia

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Credo che Pimpapiaccia aibambini perchéricorre a ungioco da loromolto amato,quello di animaretutto quello che licirconda... siidentificano conlei, perchéconcepiscono ilmondo nellostesso modo.Come Pimpa, cheparla con le cosecome se fosserovive

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FRANCESCO TULLIO-ALTAN

fatto il suo ingresso nelle avventure dellaPimpa in forma di paperina gialla. La Pimpa va avanti, abbiamo un mensile chedà parecchio lavoro. Il disegno lo faccio an-cora a mano, come una volta, con un penna-rello a tratto grosso. Per colorare, invece,utilizzo il computer. D’altronde, i tempi cam-biano e il pc ha fatto la sua apparizione anchenelle storie della Pimpa.

Come si spiega, per lei, che la Pimpa sia cosìpopolare tra i bambini, dopo tanti anni? Credo che Pimpa piaccia ai bambini perché ri-corre a un gioco da loro molto amato, quellodi animare tutto quello che li circonda... LaPimpa e gli altri miei personaggi parlano conle cose come se fossero vive, e i bambini – ibambini molto piccoli, che non sono tanto di-versi da quelli di 35 o 36 anni fa – si identifi-cano con loro, perché concepiscono il mondonello stesso modo.

Pimpa e Armando sono nati insieme. Chi è Ar-mando? Sono nati insieme, fin dalle prime immaginidi Pimpa c’era questo signore coi baffi. È ab-bastanza ovvio pensare che ci sia stata una spe-cie di identificazione fra me e mia figlia da unlato, Armando e la Pimpa dall’altro... ma sonocose poco consapevoli.

Quindi lei è un po’ Armando?In qualche modo sì.

L’incontro con i bambini, per esempio nei labo-ratori che periodicamente tiene, le offre spuntiper il suo lavoro? Quando tengo laboratori, nelle scuole, o inqualche biblioteca, di solito vado e disegno peri bambini, e loro poi colorano i disegni. Lacosa che mi dicono più spesso è “Come la di-segni bene, la Pimpa”… Da questi incontriqualche spunto viene, perché ogni tanto c’è unbambino che dice qualcosa che ti fa pensare.Ma non ci vado per questo: è per il piacere divedere i miei lettori dal vivo, come in generaleper gli scrittori che tengono conferenze. Ionon sono uno che fa conferenze, e poi a quel-l’età non serve neanche.

Ci sono libri e autori che l’hanno aiutata a megliocomprendere l’universo infantile?

In verità, io credo che in queste cose ognuno la-vori con la sua personale esperienza. Però, sì, c’èun libro che ho letto da bambino e che mi è ri-masto molto impresso: la serie di Susanna scrittae illustrata da Colette Rosselli… credo che qual-cosa, come i colori della Pimpa, vengano da lì.

Lei collabora da anni con quotidiani e periodicicome L’Espresso e La Repubblica. Quanto spa-zio ritiene venga dato dai media italiani all’infan-zia? E come le sembra che venga rappresentata?Ad essere sincero, non è che veda molto. Siparla dei bambini solo quando ci sono pro-blemi o emergenze, ma in generale mi pare chel’infanzia sia un po’ delegata a chi se ne occupaprofessionalmente, o alle famiglie… non vedoin generale grandi dibattiti su questo tema.

Al fumetto, nell’ultimo decennio, è stato ricono-sciuto il valore di vera e propria arte, in quantolinguaggio moderno capace di rappresentare lasocietà contemporanea; quali fumettisti se-condo lei sanno o hanno saputo raccontare me-glio la condizione del bambino e perché? Non saprei dire... forse l’unica che con i suoifumetti ci fa davvero vedere il mondo con gliocchi dei bambini è Grazia Nidasio: lavora-vamo entrambi per il Corriere dei piccoli quandoè nata la Pimpa. Nelle storie di Stefi, che si ri-volgono a bambini un po’ più grandi di quelliche leggono le storie di Pimpa, Grazia mostraveramente una sensibilità precisissima.

Come fa a creare personaggi positivi, poetici eallegri come la Pimpa e al tempo stesso perso-naggi cinici, senza speranza, come quelli dellesue vignette di satira politica? Io ho iniziato come vignettista satirico; poi, conla nascita di mia figlia, ho scoperto che c’era unmondo di speranza, di possibilità, un mondoauspicabile, quindi, come dico spesso, sono perme come le due facce del mondo, quello chepotrebbe essere e quello che è. Bisogna crederci.

Ma a lei piace di più costruire le storie dellaPimpa o fare vignette di satira?Non c’è nessuna differenza. Io mi impegnonello stesso modo quando affronto una storiadella Pimpa o una vignetta col Cavalier Banana.Nessuno spirito pedagogico, nessuna voglia didare lezioni, nessun messaggio da trasmettere:sono uno che fa disegni, non un guru.

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Progetto SINBA PER AVVIARE UN SISTEMA INFORMATIVO LOCALEE NAZIONALE SULLA CURA ALL’INFANZIA

Antonio Oddati cic

POLITICHE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA

ContestoUno dei nodi dell’azione di program-

mazione sociale riguarda il sistema informativo,strumento indispensabile per comunicare intempo reale dati sulla pianificazione e attua-zione dell’azione sociale territoriale. Laddove laforma organizzativa dei sistemi del welfare re-gionale si è nel corso degli ultimi anni struttu-rata su processi di programmazione regionale eterritoriali, accreditamento delle strutture (con-trollo del tetto di offerta) e verifica della qualitàdei servizi (rispetto di standard predefiniti), ilsistema informativo costituisce lo strumentofondamentale per la valutazione e il monito-raggio degli interventi sociali.

Questione In questo senso, il Ministero del lavoro

e delle politiche sociali ha ritenuto necessarioavviare i lavori per la costruzione di un Sistemainformativo nazionale sulla cura e la protezionedei bambini e delle loro famiglie (Sinba) nel-l’ambito del Sistema informativo nazionale suiservizi sociali, per rendere disponibili i dati neidiversi livelli territoriali sulle prestazioni ero-gate ai minori e alle loro famiglie. Ancora oggi,infatti, perdura la carenza di informazioni edati sul numero dei bambini fuori della fami-glia di origine e collocati in affidamento fami-liare o ai servizi sociali e sugli interventi diprevenzione dell’allontanamento e del disagio.

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Il progetto Sinbanasce per renderedisponibili i datisulle prestazionierogate ai minori ealle loro famiglie,poiché ancora oggiperdura la carenzadi informazioni sulnumero deibambini fuori dellafamiglia di originee collocati inaffidamentofamiliare o aiservizi sociali esugli interventi diprevenzionedell’allontanamentoe del disagio

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ODDATI | PROGETTO SINBA

Il progetto si muove all’interno dei principistabiliti dalla Convenzione internazionale suidiritti del fanciullo del 1989, ratificata conlegge dello Stato nel 1991. Secondo questiprincipi, a ogni bambino devono essere assi-curate le condizioni necessarie al pieno svi-luppo della sua personalità e delle sueattitudini e deve essere garantito il diritto adavere una famiglia in cui crescere. In partico-lare, la Convenzione e le raccomandazionisuccessive svolte dagli organismi nazionali einternazionali di monitoraggio, rivolte al mi-glioramento dell’effettività dei diritti dell’in-fanzia, individuano l’obiettivo di predisporreadeguati sistemi informativi sugli interventidi cura e di protezione dei bambini, soprat-tutto dei bambini allontanati dalla propria fa-miglia per evidenti situazioni pregiudizialiallo sviluppo del loro benessere psicofisico erelazionale. Sono queste le basi che hannodato avvio al lavoro d’indagine del Centronazionale di documentazione e analisi perl’infanzia e l’adolescenza, particolarmente at-tento alla dimensione dei bambini fuori dellafamiglia di origine, anche nell’ottica del mo-nitoraggio del processo di chiusura degli isti-tuti di accoglienza.Questo progetto si inserisce nell’ambito delleattività promosse dal Ministero del lavoro edelle politiche sociali ai fini della realizza-zione del Sistema informativo dei servizi so-ciali (Siss), che, come specificato dall’articolo21 della legge 328/2000, consente di «assi-curare una compiuta conoscenza dei bisognisociali, del sistema integrato degli interventie dei servizi sociali» e permette di «disporretempestivamente di dati e informazioni ne-cessari alla programmazione, alla gestione ealla valutazione delle politiche sociali». Inun’ottica di integrazione e di implementa-zione, il sistema informativo sulla cura e laprotezione di bambini e adolescenti e dellaloro famiglia costituisce il secondo dei mo-duli tematici dell’intero sistema informativodei servizi sociali. A tale riguardo, si richiama l’esperienza av-viata dal Ministero, in collaborazione con laRegione Liguria, per la realizzazione di unprogetto sperimentale volto alla creazione eimplementazione del sistema informativo na-zionale sui servizi sociali per le non autosuf-ficienze (Sina).

Progettazione e fonti di finanziamentoIl coordinamento tecnico interregionale

presso la Commissione degli assessori alle po-litiche sociali della Conferenza delle Regioni edelle Province autonome nella riunione del 15dicembre 2009 ha affidato alla Regione Cam-pania il coordinamento dei lavori per la rea-lizzazione del sistema informativo.La Regione Campania e il Ministero del lavorohanno sottoscritto un protocollo di intesa (ap-provato formalmente dalla Giunta regionaledella Campania con Dgrc 1886/2009) con ilquale si sono impegnate a collaborare alla rea-lizzazione di un sistema informativo nazionalesulla cura e la protezione dei bambini e delleloro famiglie. Un sistema che va a concorrerealla costituzione del sistema informativo sui ser-vizi sociali. La Regione si è impegnata a coor-dinare il progetto per la parte regionale, coin-volgendo, attraverso il coordinamento tecnico,altre Regioni o Province autonome interessate arealizzare il progetto sul proprio territorio, innumero non inferiore a sette. Dal canto suo, aifini di sostenere il progetto e di individuare l’ar-ticolazione dettagliata delle attività e la pro-grammazione delle fasi di realizzazione, il Mi-nistero ha attivato (con decreto del Direttoregenerale per la gestione del fondo nazionale perle politiche sociali e il monitoraggio della spesasociale) un Comitato di coordinamento, pre-sieduto dalla Direzione generale per la gestionedel fondo nazionale per le politiche sociali e ilmonitoraggio della spesa sociale e dalla Dire-zione generale per l’inclusione e i diritti socialie la responsabilità sociale delle imprese, e com-posto dai rappresentanti del Ministero, delleRegioni e Province autonome partecipanti, del-l’Anci, dell’Istat e del Centro nazionale di do-cumentazione e analisi per l’infanzia e l’adole-scenza. Il protocollo ha previsto, inoltre, che aifini della realizzazione delle attività progettualila Regione, laddove necessario, possa avvalersidella collaborazione di enti estranei all’ammi-nistrazione, di comprovata esperienza e profes-sionalità. Il progetto è finanziato con un contributo finoalla concorrenza di 665.000,00 euro a caricodel bilancio del Ministero per l’anno finanzia-rio 2009 a rimborso delle spese sostenute dallaRegione e, per suo tramite, dalle altre Regionicoinvolte per la realizzazione del progetto. Lerisorse finanziarie trasferite dal Ministero sono

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34cittadiniin crescita

POLITICHE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA

Considerato che per l’implementazione di unprogetto è fondamentale la partecipazioneconsapevole ai processi attivati, la metodologiadi lavoro prevede un modello di “governancepartecipata” strutturato su alcune priorità:• la definizione partecipata delle scelte opera-tive in considerazione dell’obiettivo del pro-getto e degli specifici bisogni di ciascunpartecipante;

• la garanzia di una comunicazione fluida, perquanto concerne le fasi del lavoro da atti-vare, gli attori da coinvolgere, le metodolo-gie da utilizzare, la costituzione dei gruppidi lavoro ecc.;

• la responsabilità di funzione, attraverso l’in-dividuazione, per ciascuna Regione parteci-pante al progetto, di referenti amministrativi,referenti scientifici e referenti tecnico-infor-matici;

• la definizione concordata del set minimo delfascicolo elettronico individuale;

• la scelta negoziata del sistema informativoda implementare e mettere a regime per larealizzazione del Sinba;

• la realizzazione di strumenti informativiconsultabili on line attraverso un’area dedi-cata al progetto Sinba e inserita sul sito di“Campania sociale digitale”, di report spe-cifici alla chiusura delle fasi di lavoro ecc.

Per la realizzazione del percorso di lavoro sonoprevisti almeno sei incontri pubblici, atti a pro-durre concretamente l’iter della partecipazione.Il coordinamento del progetto è affidato al Co-mitato di coordinamento che si dota di una ca-bina di regia composta dal Ministero e dalla Re-gione Campania e, di volta in volta, integrata daesperti e/o altri componenti dello stesso Comi-tato, al fine di definire gli indirizzi e le attivitàda sottoporre al Comitato. Ogni Regione/Pro-vincia autonoma partecipante al progetto dovràgarantire l’apporto di specifiche competenzeamministrative, scientifiche e tecnico-informa-tiche, individuando propri referenti.La Regione Campania, in qualità di ente co-ordinatore, per lo svolgimento della sua atti-vità di coordinamento del progetto haindividuato quattro équipe di lavoro:1) l’équipe tecnico-amministrativa che ha ilcompito di seguire tutti i processi attivati sulpiano amministrativo, tecnico e finanziario. Sioccupa di organizzare gli incontri, di monito-

1 La somma viene erogata dietropresentazione di apposite richiesteda parte della Regione: per il 40%alla dichiarazione di avvio delleattività, contenente un dettagliatoprogetto esecutivo; per il 40% allapresentazione di un rapportointermedio sulle attività svolte,previa verifica dell’effettivo utilizzodi almeno il 75% della sommaerogata all’avvio delle attività; per laquota a saldo, a conclusione delprogetto, dietro presentazione delrapporto conclusivo e previa verificadell’effettivo utilizzo di almeno il75% della seconda tranche erogata.Alle attività di coordinamento, diassistenza tecnica e di realizzazionedell’indagine pilota potrà esseredestinata una somma non superiorea un quarto delle risorse disponibili,mentre le altre risorse sarannodestinate alle Regioni partecipanti,compresa la Campania, perfinanziare le spese relativeall’implementazione del progetto ealla costruzione dei rispettivi sistemiinformativi sull’infanzia. A tal fine,la Regione provvederà alla stipula diaccordi bilaterali con le altre Regionipartecipanti.

state destinate dalla Regione in apposito capi-tolo di spesa del proprio bilancio, il cui uti-lizzo è vincolato1.

ObiettiviGli obiettivi generali del progetto sono,

come si è anticipato, la rilevazione e l’integra-zione informativa dei diversi interventi pro-mossi per la cura e la protezione dei bambinie della loro famiglia, indipendentemente dalladiversa natura e appartenenza dell’ente ero-gante. Una condizione necessaria anche se nonsufficiente per l’avvio di una reale program-mazione integrata delle politiche svolte sia alivello locale che nazionale. L’obiettivo strategico è di disporre di informa-zioni individuali, nel rispetto delle norme sullaprivacy, relative alle prestazioni erogate ai minoridi età e alle loro famiglie in difficoltà al fine di: • individuare e qualificare la domanda sociale; • misurare il sistema di offerta dei servizi/pre-stazioni/interventi;

• valutare gli esiti e l’efficacia degli interventi; • disporre di strumenti utili alla programma-zione degli interventi.

Gli obiettivi operativi sono: • acquisire e integrare le informazioni prove-nienti da più fonti (Isee, sistemi informativilocali sui servizi sociali, sistemi informativisanitari);

• archiviare le informazioni in formato elet-tronico;

• elaborare e diffondere le informazioni (conaggiornamenti periodici).

La giunta regionale della Regione Campaniaha approvato con la Dgrc 590/2010 il pro-getto esecutivo e gli schemi di convenzione dasottoporre ai partner istituzionali che hannomanifestato l’intenzione di aderire al progettoSinba. Al momento hanno aderito le RegioniBasilicata, Emilia-Romagna, Liguria, Marche,Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana,Umbria e Veneto e la Provincia autonoma diTrento. Il progetto inoltre, avendo come obiet-tivo trasversale l’integrazione tra i sistemi inun processo di costruzione reale della rete, siaa livello orizzontale che verticale, coinvolgeràaltri partecipanti del sistema nazionale e localedi welfare: tribunali dei minori (o per i mino-renni); privato sociale; università ed enti di ri-cerca; ambiti territoriali.

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ODDATI | PROGETTO SINBA

rare l’avvio e il completamento delle fasi di la-voro sia per la Regione Campania sia per lealtre Regioni partecipanti al progetto; man-terrà i rapporti con i dirigenti regionali el’équipe scientifica e di ricerca;2) l’équipe scientifica con il compito di redigereil progetto esecutivo in accordo con il coordi-natore dei servizi sociali regionali, il dirigentedell’area Programmazione minori e responsabi-lità familiari e i referenti delle altre Regioni par-tecipanti; coordina il lavoro dell’équipe di ri-cerca locale e dell’équipe di implementazionedei processi informativi; si confronta con tuttele équipe di ricerca regionali per lo svolgimentodella raccolta dati; predispone il materiale per gliincontri nazionali con i referenti delle altre Re-gioni; definisce il set minimo del fascicolo per-sonale elettronico (Sinba);3) l’équipe di ricerca che svolge le due fasi diraccolta dati, la ricognizione delle base dati edei sistemi informativi esistenti e l’indagine pi-lota su un campione di Comuni particolar-mente significativi;4) l’équipe di implementazione dei processi in-formatici che si occupa di monitorare e di stu-diare i differenti modelli informativi regionali.Successivamente lavorerà alla costruzione delmodello informatico più funzionale alla messain rete delle cartelle sociali individuali e allasuccessiva organizzazione di un modello uni-tario di ricognizione, inserimento dati in undata base house e utilizzo delle informazionidei differenti enti territoriali. A tale gruppodovrà partecipare almeno un esperto informa-tico individuato da ogni Regione partecipanteed esperto del sistema informativo regionale,dove sia già esistente e in uso, o che possa es-sere di supporto alla sperimentazione e allamessa a regime del nuovo sistema informativo,dove non fosse già presente.

Il progetto, che durerà complessivamente 18mesi, prevede sei fasi di realizzazione, aognuna delle quali corrisponde una serie diazioni specifiche.La prima fase prevede la definizione di un pro-getto progredito di fattibilità con la defini-zione puntuale della tipologia degli interventipertinenti e delle procedure da attivare; la se-conda prevede la ricognizione delle base dati edei sistemi informativi esistenti a livello localee regionale con riferimento agli interventi pro-

Il progetto hacome obiettivotrasversalel’integrazione tra isistemi in unprocesso dicostruzione realedella rete, sia alivello orizzontaleche verticale, ecoinvolgeràpartecipanti delsistema nazionalee locale diwelfare: tribunalidei minori, privatosociale, universitàed enti di ricerca,ambiti territoriali

mossi dai servizi sociali pubblici e del privatosociale in favore dei bambini e delle loro fa-miglie. La terza fase prevede la realizzazione diun’indagine pilota su un insieme ragionato diComuni, volta a rilevare in forma sperimen-tale gli interventi promossi per la cura e la pro-tezione dei bambini e delle loro famiglie; laquarta ha per obiettivo la definizione concor-data di un dato set minimo di informazioniindividuali da raccogliere in forma correnteper ogni intervento realizzato. La quinta fasepunta a definire le caratteristiche tecniche deidati e la realizzazione di tecnologie volte allacomunicazione fra i sistemi informativi regio-nali e il sistema informativo centrale. Infine,la sesta fase mette a regime il sistema informa-tivo con la creazione di infrastrutture da met-tere a disposizione delle Regioni prive disistema informativo in ambito sociale.La Regione Campania produrrà un rapporto dilavoro a conclusione di ognuna delle fasi delprogetto e un rapporto finale. Il progetto si in-tegrerà con l’indagine sui minori fuori famigliacondotta dal Centro nazionale di documenta-zione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza.

Riflessioni conclusiveLe elezioni regionali del marzo 2010

hanno determinato, e non poteva oggettiva-mente essere altrimenti, un rallentamento neitempi previsti per la definizione del progettoesecutivo. Il rinnovo delle giunte e dei consi-gli regionali, con la fase di ordinaria ammini-strazione che precede il voto e quella successivanecessaria per la proclamazione e l’insedia-mento dei nuovi eletti, ha prodotto effetti dirallentamento nell’azione amministrativa. Ep-pure, anche in questa fase che formalmentenon ha prodotto atti amministrativi si è lavo-rato per realizzare una progettazione esecutivacoerente con gli obiettivi e, soprattutto, con-divisa con gli altri partner del progetto. Cisono, a oggi, tutte le condizioni, per raggiun-gere i risultati attesi. Crediamo che questopiano di azione abbia una grande valenza in-novativa delle nostre politiche sociali. Può, as-sieme alla strutturazione del Siss e del Sina,fungere da robusto collante al fine di omoge-neizzare la capacità di programmazione e divalutazione delle politiche nazionali, regionalie degli ambiti territoriali per gli interventi e iservizi sociali rivolti ai minori.

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La LEGISLAZIONE sociale per la FAMIGLIA in Italia

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POLITICHE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA

Nell’affrontare iltema che mi èstato assegnatoho avvertitol’esigenza dichiarire unaquestionepreliminare: aldi là delle piùintuitivepercezioni, cosa sideve realmenteintendere per “legislazionesociale per la famiglia”? Cosaincludere nel perimetrostesso della ricognizionenormativa? In definitiva,quale criterio adottare perassegnare rilevanza“familiare” a un intervento, aun istituto giuridico, così dapoterlo inserire in unipotetico testo unico delledisposizioni in materia dilegislazione sociale per lafamiglia?

È indubbio che buona parte degli interventiadottati nei più diversi settori dell’ordina-mento ha effetti diretti e/o indiretti sulla fa-miglia, quale nucleo fondativo ed essenzialeelemento costitutivo della società civile equindi dello Stato-comunità. Con la conse-guenza che un approccio, per così dire, “panfamiliarista”, che enfatizzi cioè le ricadute ditali misure sulla famiglia, condurrebbe a farrientrare quasi tutto in un’accezione lata di le-gislazione per la famiglia e, in quanto tale, perdefinizione “sociale”. Se, per contro, si volesseadottare un criterio strettamente terminolo-gico, la ricognizione degli interventi norma-tivi espressamente diretti alla famiglia siridurrebbe ad aree quali: le previsioni in ma-teria fiscale correlate alla composizione e alreddito del nucleo familiare, le disposizionisugli assegni al nucleo familiare, la disciplina

* L’articolo riporta quasiintegralmente il testo dell’interventopresentato alla seconda Conferenzanazionale della famiglia (Milano 8-10 novembre 2010).

Francesco Tomasone*

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TOMASONE | LA LEGISLAZIONE SOCIALE PER LA FAMIGLIA IN ITALIA

dei congedi parentali, le disposizioni in temadi asili nido, quelle concernenti il sistema deiservizi alla famiglia di cui alla legge328/2000, altri interventi di tipo socioassi-stenziale e così via. A mio avviso non sarebbenemmeno idoneo, ai nostri fini, ricorrere a unterzo criterio, per così dire intermedio, consi-stente nel passare in rassegna la legislazione so-ciale nei suoi tipici settori di intervento (lavoroe occupazione, previdenza e assistenza, ecc.)per verificarne le possibili implicazioni e/o ri-cadute sulla famiglia. Ciò proprio perché iltema centrale della famiglia correrebbe il ri-schio di rimanere assorbito e/o oscurato nellepiù generali problematiche del sistema di wel-fare e nel loro tradizionale declinarsi rispetto asituazioni giuridiche soggettive di caratterepersonale/individuale. A fronte di tali opzioni mi sembra, dunque,necessario che l’interprete si doti di una “bus-sola concettuale”, ma anche metodologica, checonsenta di individuare nell’assai frastagliatoe complesso ordinamento un corpus norma-tivo ascrivibile alla legislazione sociale per lafamiglia. Anzi a tal fine ritengo che questa re-lazione possa costituire piuttosto un’utile oc-casione proprio per cercare di procedereinnanzitutto a una sistematizzazione della ma-teria. Invece, cioè, che effettuare una mera ca-talogazione di disposizioni più o menoafferenti il tema in esame, si tratta di risalirepiù ambiziosamente alla matrice stessa di unalegislazione sociale per la famiglia, cercando dicoglierne la causa et ratio nel dettato costitu-zionale, nell’ordinamento, nel sistema Paese. Così individuate le basi giuridiche del sistemadi welfare familiare e le sue specifiche finalità,che lo rendono articolazione mirata nel piùampio ordinamento dello stato sociale, si cer-cherà di tratteggiarne le caratteristiche salientiattraverso alcuni istituti e misure di partico-lare rilievo non già oggetto di altre relazioni. Infine, identificate alcune fra le principali pro-blematiche, si proporranno alla riflessione,dato il tempo disponibile, solo alcuni fra itanti temi che la materia offre. In questa prospettiva, per individuare l’areanormativa qualificabile in termini di “legisla-zione sociale per la famiglia”, non si può nonpartire dallo stesso concetto di “legislazione so-ciale”, per declinarlo poi sul versante specificodella famiglia.

Per “legislazione sociale” si intende, come ènoto, il complesso di disposizioni intese a tu-telare i cosiddetti “diritti sociali” e a regolarnele forme di esercizio. Storicamente alla sua ori-gine vi è la tutela dell’individuo nel suo statusdi lavoratore e, segnatamente, di quello su-bordinato, in relazione a diversi fattori di ri-schio cui è esposto nella vita: infortuni emalattia, vecchiaia, disoccupazione. Per talifattori di rischio la legislazione ha appuntoprevisto via via misure e interventi di preven-zione e/o tutela, quali prestazioni economiche,che sono la matrice stessa del diritto del lavorodi tipo risarcitorio-indennitario. Ma la legisla-zione sociale nel corso del secolo passato ha as-sunto un’accezione via via sempre più estesa,con il crescere degli ambiti e le forme di tu-tela, proprie dell’affermarsi dello stato sociale,non più nei confronti della persona esclusiva-mente quale soggetto lavoratore. Per questa vial’originaria legislazione sociale è venuta a coin-cidere con la più aggiornata definizione di “le-gislazione della sicurezza sociale”, definizioneche metabolizza nella stessa terminologia la fi-nalità degli interventi e costituisce la veste giu-ridica del sistema di welfare. Gli interventidanno luogo a un or dinamento inteso a con-sentire l’accesso da parte di tutti i membridella Comunità (in specie quelli che versanoin stato di maggior disagio) all’esercizio dei di-ritti civili e politici attraverso la creazione dicondizioni funzionali a tale concreto esercizio,ovvero colmando quei gap che a esso si frap-pongono. Un’accezione dunque ampia che dallavoro si estende ai più diversi momenti del-l’esistenza, in relazione a situazioni peculiariin cui la persona possa venire a trovarsi: dallasalute alla difficoltà economica, all’indigenza,alla riduzione e/o perdita dell’autosufficienza. In questo quadro così sia pure sinteticamentedefinito come si colloca allora il tema della “fa-miglia”? In altri termini, venendo al quesitoiniziale, cosa si intende per “legislazione so-ciale per la famiglia” se per legislazione sociale,o come si è detto della “sicurezza sociale”, siintende l’insieme delle misure apprestate pertutelare e promuovere il concreto esercizio disituazioni giuridiche soggettive così ricono-sciute dall’ordinamento? Ai fini in esame, la persona in relazione alla fa-miglia, ma al contempo la stessa famiglia comeentità specifica, possono qualificarsi come ele-

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POLITICHE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA

menti costitutivi di una complessa situazionegiuridica tutelabile ex sé, situazione che non sirisolva in quelle connesse alla concomitantequalifica di cittadino e/o di lavoratore delcomponente stesso? In definitiva, questa si-tuazione giuridica è, in quanto tale, tutelata epromossa dall’ordinamento, con misure fun-zionali e specifiche, ovvero declinando inmodo mirato istituti di carattere generale, alloscopo di favorire e promuovere la costituzionedi un nucleo familiare e l’assolvimento deglionerosi compiti che ne conseguono? Ritengo che la risposta sia positiva. Difatti,nella Costituzione, fonte originaria dei diritticivili, politici e sociali, la famiglia e le con-nesse funzioni trovano riferimenti che noncostituiscono mero ossequio formale, ma veririconoscimenti valoriali densi di implicazioniconcrete. Essi, difatti, configurano il “profilofamiliare” come aspetto essenziale della vitadell’individuo e della stessa società, propo-

l’uomo, oltre che come singolo, nelle forma-zioni sociali ove si svolge la sua personalità e,prima tra esse, appunto la famiglia quale ele-mento fondamentale della stessa società e delloStato-Comunità. In corrispondenza, l’art. 29sancisce che la Repubblica riconosce i dirittidella famiglia come società naturale fondatasul matrimonio, mentre poi l’art. 30 sancisceil diritto-dovere dei genitori al mantenimento,all’istruzione e all’educazione dei figli. Da parte sua l’art. 31, rispetto a tali diritti, maanche doveri, viene a svolgere, come si è detto,una funzione proattiva, là dove afferma che «laRepubblica agevola con misure economiche ealtre provvidenze la formazione della famigliae l’adempimento dei compiti relativi con par-ticolare riguardo a quelle numerose». Tale af-fermazione a mio avviso è a sua volta ricon-ducibile, come specie a genere, al dispostodell’art. 3, secondo cui «è compito della Re-pubblica rimuovere gli ostacoli di ordine eco-

nendo una visione integrata e funzionalmentecoordinata dei diritti della persona e della fa-miglia come nucleo sociale. In tale direzione milita una lettura sistemica,ovvero il coordinato disposto degli artt. 2, 3(relativi ai principi fondamentali) e 29, 30 e31(inseriti nel Titolo dedicato ai rapporti eti-cosociali), integrato, sul versante dei principiafferenti i rapporti economici, dall’art. 37, maanche dall’art. 36. Al riguardo va subito evi-denziata la funzione proattiva e dinamica chea mio avviso svolgono i principi specificienunciati dagli artt. 31 e 3, secondo comma,rispetto a quelli generali degli artt. 2, 29 e 30,in funzione della costruzione, nell’ambito delsistema di legislazione sociale, e più in gene-rale, di welfare, di uno specifico sottosistemadefinibile di welfare familiare. Difatti, l’art. 2afferma, in generale, che la Repubblica rico-nosce e garantisce i diritti inviolabili del-

nomico e sociale che, limitando di fatto la li-bertà e l’uguaglianza dei cittadini, impedi-scono il pieno sviluppo della persona umana el’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori al-l’organizzazione politica, economica e socialedel Paese». L’Assemblea costituente si è così mostrata pie-namente consapevole che la formazione e ilmantenimento di una famiglia costituisconoun indubbio onere non solo economico, magestionale-organizzativo che può frapporsi alcompiuto esercizio dei predetti riconosciuti di-ritti e doveri, ma al contempo costituire osta-colo al pieno sviluppo della persona neitermini indicati dal ricordato art. 3. Da quil’esigenza, parimenti avvertita dai Costituenti,che la Repubblica adotti misure mirate a ren-dere meno gravoso tale onere così da evitareun effetto perfino paradossale: quello cioè chedall’esercizio di un preciso diritto-dovere con-

Buona parte degli interventi adottati nei più diversi settori dell’ordinamento(dal regime fiscale all’istruzione, dalla salute all’assistenza, dal lavoro allaprevidenza, dalle politiche economiche a quelle demografiche) ha effettidiretti e/o indiretti sulla famiglia, quale nucleo fondativo e essenzialeelemento costitutivo della società civile e quindi dello Stato-comunità

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TOMASONE | LA LEGISLAZIONE SOCIALE PER LA FAMIGLIA IN ITALIA

sacrato dalla Costituzione derivi nei fatti unimpedimento a un pieno, effettivo esercizio dialtri diritti pure di rango costituzionale. Nella Costituzione mi sembra dunque emergauna concezione della famiglia oltre che comeluogo e fattore generatore di specifiche situa-zioni endo-familiari (regolate dal diritto di fa-miglia), anche, per quello che interessa i nostrifini, come microcosmo che interagisce con ilmondo “esterno”, ovvero con fattori, situa-zioni e contesti esogeni di tipo lavorativo, eco-nomico, sociale, che possono condizionarnee/o comprometterne le funzioni. Interazioni,queste ultime, rispetto alle quali la “Repub-blica” è chiamata ad adottare misure e inter-venti coerenti, finalizzati appunto a favorireinnanzitutto le condizioni per la creazionedella famiglia e poi per l’assolvimento dei re-lativi compiti, con particolare riferimento, traessi, al più volte ricordato diritto-dovere deigenitori di cui all’art. 30. A ciò si aggiunga,come già detto, il principio posto dall’art. 37della Costituzione, là dove si afferma che «lecondizioni di lavoro devono consentire alladonna lavoratrice l’adempimento della sua es-senziale funzione familiare». Sebbene inseri-bile tradizionalmente in un contesto diverso –quello delle politiche di genere e di pari op-portunità e pur nel suo ormai forse datato ri-chiamo all’essenzialità della funzione familiaredella donna lavoratrice –, la disposizione con-corre per questa via al medesimo obiettivo in-dicato dall’art. 31 di favorire l’assolvimentodei compiti familiari. Né va sottaciuta, peraltro versante, la forza del richiamo costitu-zionale (art. 36) sulla necessità che la retribu-zione sia, tra l’altro, sufficiente ad assicurare allavoratore e alla sua famiglia un’esistenza li-bera e dignitosa: richiamo le cui implicazioninon sono state sempre adeguatamente consi-derate dall’ordinamento. Sulla base del proposto criterio identificativodi matrice costituzionale, la legislazione socialeper la famiglia, e con essa il sistema di welfarefamiliare, viene a risultare costituito innanzi-tutto dall’insieme di misure che trovano la lororagione ispiratrice nei seguenti punti:a) nel favorire la realizzazione dell’aspira-zione di ogni persona alla costituzione di unafamiglia; b) nell’agevolare l’esercizio del diritto-doverea espletarne le connesse responsabilità;

c) nell’individuare, quindi, le modalità piùfunzionalmente adeguate attraverso cui l’indi-viduo possa svolgere la sua personalità nella fa-miglia come formazione sociale. A queste misure vanno poi aggiunte quelle chesu tali elementi incidono in modo più o menoindiretto, ma comunque in misura rilevante. Nel ricordato impegno cui è chiamata la Re-pubblica – nelle sue diverse articolazioni – sirinviene dunque il fondamento dei diritti so-ciali della famiglia e la necessità stessa di unalegislazione specifica che non si risolva in unamera estrapolazione di disposizioni dal gene-rale sistema normativo. Il “fattore famiglia” as-sume con ciò un rilievo propriamente giuridicoal più alto livello delle fonti normative, qualeelemento trasversale che deve orientare l’azionedel legislatore in una pluralità di settori che piùdirettamente incidono sulla compiuta realizza-zione dei ricordati precetti costituzionali. Ciò detto va altresì evidenziato che tale azioneregolatrice è nel nostro ordinamento affidata adiversi attori istituzionali. Basterà difatti ri-cordare in proposito che, a seguito della ri-forma costituzionale del Titolo V, ai sensidell’art. 117, allo Stato permane, ad esempio,la competenza esclusiva in materia di immi-grazione, di ordinamento civile (cui, ad esem-pio, è ascrivibile il diritto del lavoro) e diprevidenza sociale. Parimenti è demandata alloStato una competenza fondamentale per la te-nuta di un sistema decentrato e ancor più fe-derale, qual è la determinazione di livelliessenziali delle prestazioni concernenti i diritticivili e sociali che devono essere garantiti sututto il territorio nazionale. Sono, invece, dilegislazione concorrente Stato-Regioni mate-rie di notevole rilievo ai fini in esame, comel’istruzione e la salute1, mentre poi alle Regionispetta la potestà legislativa in riferimento aogni materia non riservata espressamente allalegislazione statale. A ciò si affianca la novella costituzionale del-l’art. 118, secondo cui «Stato, Regioni, cittàmetropolitane, province e Comuni favorisconol’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e as-sociati, per lo svolgimento di attività di inte-resse generale sulla base del principio di sussi-diarietà». Sono difatti evidenti le implicazioniche anche in una materia come quella in esamescaturiscono dalla predetta consacrazione co-stituzionale del principio di sussidiarietà nelle

1 Si ricorda poi l’enunciato dell’art.117 della Costituzione: «le leggiregionali rimuovono ogni ostacoloche impedisce la piena parità degliuomini e delle donne nella vitasociale, culturale e economica». Ciòper le implicazioni sul tema inesame, seppure sotto l’approccio di“genere” di cui al ricordato art. 37.

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POLITICHE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA

sue concrete attuazioni, prevedendosi il coin-volgimento fattivo della società civile. Occorre richiamare l’attenzione su comeemerga, già da un pur così sintetizzato quadrodelle fonti normative, la crescente difficoltà diparlare di legislazione sociale per la famiglia inItalia, come se l’ordinamento costituisse ununicum omogeneo. Si è difatti sempre più inpresenza di una pluralità di ordinamenti, di-versificati sul territorio, che al corpo normativoconcernente i settori di competenza statuale ag-giungono le più diversificate forme e tipologiedi interventi nelle materie di competenza re-gionale, nonché in quelle proprie degli ordina-menti locali, quadro destinato a ulteriorecomplessità a seguito del nuovo scenario fede-ralista. Ne consegue che lo stesso giudizio circal’adeguatezza dell’ordinamento a corrisponderee attuare i ricordati precetti costituzionali sullafamiglia, si trasforma in giudizi diversificati, inrelazione all’area territoriale esaminata, sullosfondo della costante storica nazionale costi-tuita dal divario tra le aree del Paese e nella per-durante assenza della determinazione dei livelliessenziali delle prestazioni. Data la ristrettezza dei tempi, l’evidenziatacomplessità dei settori di intervento e dellefonti normative della legislazione sociale perla famiglia impone di focalizzare l’attenzionesu quelli di maggiore rilievo, con specifico ri-ferimento alle fonti normative statuali, pro-prio in quanto di applicazione e portatagenerale. Nella “legislazione sociale per la famiglia” rien-trano innanzitutto le misure economiche e/oaltre provvidenze (adottate a livello nazionale,regionale o locale) di carattere fiscale, contri-butivo, assistenziale previste per i familiari acarico e, in particolare, quelle correlate alla nu-merosità della prole. In tale area vanno anno-

verate misure come gli assegni per i nuovi nati,quelli tradizionali al nucleo familiare, le de-duzioni e le detrazioni per figli a carico. Comeè noto, al riguardo è in corso un ampio e ac-ceso dibattito nella prospettiva di valorizzarela famiglia in sede di riforma del sistema fi-scale e nella prospettiva del federalismo (si ve-dano in materia fiscale le ipotesi sul quozientefamiliare piuttosto che di altre forme di pon-derazione del fattore famiglia). Ci si limita quipertanto a una considerazione e a un’osserva-zione. Quanto alla prima, sono dell’avviso chele misure e gli interventi fin qui adottati ap-paiono nella loro entità, frammentarietà e di-scontinuità non coerenti e conseguenti già soloalla natura di “spese di investimento” che de-vono sostenere i genitori nel ricordato eserci-zio del diritto-dovere al mantenimento,all’istruzione e all’educazione dei figli, ma chesono per ciò stesso funzionali alla crescita delsistema Paese. Sotto altro profilo, vale osser-vare un peculiare effetto che l’ordinamento de-termina in ordine al reddito prodotto dalnucleo familiare. Ci si riferisce alle disposizioniin materia fiscale e previdenziale-pensionisticache fanno riferimento al concetto di redditofamiliare per l’erogazione di talune prestazioni(integrazione al minimo, pensioni di reversi-bilità, ecc.), concetto invece superato in temadi imposta complementare sul reddito e poi diIrpef per effetto della sentenza della Corte co-stituzionale 179/1976. La comprensibile ne-cessità, anche allo scopo di contenere la spesapubblica, di considerare il nucleo familiare intermini reddituali come un unicum, ai finidella determinazione del parametro dell’esi-genza economica giustificatrice dell’inter-vento, fa sì che il superamento di determinatitetti reddituali a seguito della sommatoria diquelli percepiti dai singoli coniugi o compo-

In merito alla “legislazione sociale per la famiglia” le misuree gli interventi fin qui adottati appaiono non coerenti allanatura di “spese di investimento” che devono sostenere igenitori nell’esercizio del diritto-dovere al mantenimento,all’istruzione e all’educazione dei figli

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nenti del nucleo produce l’effetto di ridurre ofar venire meno il diritto a una prestazione cheil coniuge o il componente avrebbero conse-guito uti singuli. In tale prospettiva la famiglia,correttamente qualificata come nucleo unita-rio, diventa per ciò stesso fattore negativo infunzione di diritti altrimenti riconoscibili in-dividualmente ai suoi singoli componenti. Ilfenomeno delle separazioni formali divienedunque la risposta fattuale a una situazione di-versamente valutabile a secondo della pro-spettiva che si intenda assumere. Nell’ambito della tipologia degli interventiesaminati, vanno poi ricordati quelli di im-portanza crescente adottati dalle istituzioni lo-cali. In proposito, hanno avuto notevole ri-lievo, anche massmediologico, le misuredeliberate dal Comune di Parma e, da ultimo,dal Comune di Roma, ispirate alla logica del“quoziente familiare”, volta cioè a rimodellareil sistema di tariffazione e dei costi dei servizicomunali relativi a nidi, scuole dell’infanzia,servizi socioassistenziali, ecc., in relazione aspecifiche caratteristiche compositive del nu-cleo familiare. Seppure in termini diversi econ ambiti più ridotti, tale logica ispira stru-menti come l’Isee (Indicatore della situazioneeconomica equivalente). Ancora, area parimenti fondamentale nel-l’ambito di una legislazione sociale per la fa-miglia è costituita dagli interventi in materiadi lavoro di cura familiare, nelle sue più di-verse articolazioni: il sistema dei servizi perl’infanzia e l’adolescenza, i servizi alla famigliadi cui alla legge 328/2000, con le misure perla valorizzazione e sostegno delle responsabi-lità familiari, i sostegni al lavoro di cura per fa-miglie con persone non autosufficienti, lemisure di sostegno al lavoro di cura delle assi-stenti domiciliari private, la normativa suicongedi parentali e le politiche di concilia-zione fra tempo di lavoro e tempo di cura. Con riguardo al lavoro di cura va innanzituttoposto l’accento sull’atteggiamento del legisla-tore in ordine alla stessa qualificazione dell’at-tività lavorativa svolta da componenti delnucleo familiare nell’ambito e per finalitàendo-familiari. Il legislatore, per la verità, nonha affrontato il tema nella sua complessità e intutte le sue implicazioni. Si è, difatti, limitatoa un approccio nei ricordati tradizionali ter-mini di sicurezza sociale ovvero di protezione

dal rischio infortunistico per invalidità per-manente derivante dal lavoro svolto in ambitodomestico, introducendo l’assicurazione ob-bligatoria Inail contro gli infortuni domesticiper chi espleti in via esclusiva tale attività(legge 493/19992). Per contro, ha previsto lamera facoltatività dell’iscrizione a forme diprevidenza al fine di consentire una presta-zione pensionistica a chi espleti in via esclu-siva attività di cura (da ultimo, il Dlgs565/19963). Per quanto riguarda la giurispru-denza si può ricordare l’ormai consolidatoprincipio secondo cui chi svolge attività do-mestica ancorché non percepisca un redditosvolge tuttavia un’attività valutabile in terminieconomici: pertanto in caso di danno anchetale tipo di lavoratore ha diritto al risarcimentoin forma ampia4. Ciò premesso, assumono naturalmente granderilievo, nell’ambito delle misure in esame, il si-stema dei servizi per l’infanzia e l’adolescenzae gli interventi volti a incrementare il numeroe la capacità di accoglienza degli asili nido. Mi-sure tanto più necessarie a fronte dell’ancorabassa percentuale di copertura offerta dal si-stema, rispetto al quale sono particolarmenterilevanti le iniziative adottate a livello territo-riale (anche sotto forma di micro-nidi, Tages-mutter, ecc.). Riguardo agli interventi assuntia livello centrale, basterà qui ricordare la de-stinazione a tale fine di gran parte delle risorseassegnate al Fondo per le politiche per la fa-miglia e le specifiche iniziative volte a pro-muovere la creazione di nidi d’infanzia pressoi luoghi di lavoro delle pubbliche amministra-zioni nazionali. Quanto al sistema dei servizi alla famiglia, dicui alla legge 328/2000, non si può non se-gnalare la perdurante insoddisfacente attua-zione, con la difficoltà di assicurare la necessa-ria continuità dei finanziamenti e al contempodi definire un sistema organico di assistenza so-ciosanitaria che faccia risaltare la centralità siadella persona sia della famiglia. Per quanto ri-guarda specificamente le misure in caso di nonautosufficienza, si configura, come del resto al-trove, anche un difficile equilibrio fra interventia carico del sistema socio-assistenziale-sanitario,soluzioni di tipo indennitario (come, ad esem-pio, l’indennità di accompagnamento, di cuiperaltro si propone ricorrentemente l’aggan-cio al reddito personale o familiare), e sistemi

2 Significativo il disposto dell’art. 6,co. 1, della citata legge, secondo cui«Lo Stato riconosce e tutela il lavorosvolto in ambito domesticoaffermandone il valore sociale eeconomico connesso agliindiscutibili vantaggi che da taleattività trae l’intera collettività».3 Il Dlgs 565/1996, istitutivo delFondo di previdenza per le personeche svolgono lavori di cura nonretribuiti derivanti da responsabilitàfamiliari, ha rivisitato la disciplinarelativa alla gestione “Mutualitàpensioni” di cui alla legge 389/1963.4 Si può ricordare, in questo senso,la recente pronuncia della TerzaSezione civile della Cassazione n.16896 del 2010 in un caso dirichiesta di danni formulata da unacasalinga ferita in un incidentestradale in riferimento alla suadiminuita capacità di svolgere illavoro di casa. La Cassazione haaffermato che l’eventualecontinuazione dell’attività domesticanon esclude la sussistenza del dannose le residue energie lavorative dellavittima, pur consentendole almomento lo svolgimento delleattività, comportano però unamaggiore usura e di conseguenza sirende verosimile un’anticipazionedella cessazione dell’attività stessaovvero si precluda alla vittima lapossibilità di espletare attività piùremunerative. Inoltre, la Cassazioneha affermato l’irrilevanzadell’esistenza di un apportolavorativo di una collaboratricefamiliare, affermando anzi che essopuò diventare elemento valutativoulteriore del danno ove si presumache il ricorso a tale apportocollaborativo debba aumentare inconseguenza della diminuitacapacità lavorativa della casalingavittima dell’infortunio.

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5 Non ancora pubblicato nellaGazzetta ufficiale alla data di stesuradella presente Relazione.6 Si pensi, ad esempio, all’istitutomutuato da esperienze straniere(reverse mortgage o equity release) delprestito vitalizio introdotto dall’art.11-quaterdecies, co. 12, del DL203/2005, convertito dalla legge248/2005. L’istituto prevede che lepersone con più di 65 anni possonoottenere, offrendo in garanziaipotecaria l’immobile di proprietà,una somma anche ingenterimborsabile o direttamente oeventualmente dagli eredi. Si trattacome si vede di un’innovativaformula, ben diversa dalmeccanismo usufrutto/nudaproprietà, offerta in particolare aigenitori che intendano sostenere lespese di “impianto” di un proprionucleo familiare da parte dei figli. 7 In proposito si ricorda che neldisporre l’innalzamento dell’etàminima per l’accesso alpensionamento delle dipendenti dapubbliche amministrazioni, illegislatore ha previsto che leeconomie derivanti confluiscano inun fondo per essere destinate ainterventi dedicati a politiche socialie familiari, con particolareattenzione alla non autosufficienza eall’esigenza di conciliazione tra vitalavorativa e vita familiare dellelavoratrici (art. 22-ter del DL n. 78del 2009, convertito dalla legge102/2009, come modificatodall’articolo 12 del DL n. 78 del2010, convertito dalla legge122/2010).

mini concreti attesta ancora una volta come ilwelfare familiare si configuri sempre più comeun circuito necessariamente integrato, desti-nato a operare senza soluzione di continuitàper l’intero arco di vita dei rapporti familiari enon già per la sola fase iniziale o avanzata, at-traverso un flusso che da figli a genitori in ter-mini di sostegno si sta orientando, in relazioneal mutato clima occupazionale e economico,in senso opposto. Correttamente si è, dunque,parlato in proposito di un ordinamento chevede nella famiglia in via di fatto il primo “am-mortizzatore sociale”, nel quale i redditi geni-toriali e in particolare quelli da pensionesuppliscono sempre più a lungo alla carenzae/o alla discontinuità dei redditi da lavoro deifigli. È perfino ovvio rilevare che, se tale sce-nario assumesse carattere strutturale, saremmoin presenza di un fenomeno preoccupante intermini di prospettive di sviluppo e di tenutadel sistema, ove si consideri oltretutto chesono i redditi da lavoro a finanziare in base alcriterio della ripartizione il sistema pensioni-stico. Del resto, la prevista graduale riduzionedel tasso di copertura pensionistica, unita alladifficoltà di pervenire a una “pienezza” di vitacontributiva, attesa anche la crescente diffu-sione di rapporti di lavoro non standard, ren-derà comunque difficile il ricorso in futuro atale funzione di supplenza. Anche con riferimento agli aspetti appena evi-denziati, grande rilievo assume, quindi, nellalegislazione sociale per la famiglia la materiaprevidenziale e assistenziale. È stato evocato iltema degli ammortizzatori sociali, ovvero il si-stema volto a garantire la continuità di redditoin situazioni di non lavoro. È tema di carat-tere generale, ma è evidente che l’esigenza dicontinuità di reddito è tanto più avvertita inpresenza dei bisogni di un nucleo familiare. Inproposito, nella prospettiva di riforma dellamateria, ora rilanciata dalla rinnovata delegaal governo attribuita al riguardo dal ricordatocollegato lavoro, il “fattore famiglia” potrebbeessere valutato in termini, ad esempio, di spe-cifica modulazione dell’entità della prestazionein funzione delle caratteristiche compositivedel nucleo familiare. Si è altresì accennato alla rilevanza che nellamateria assume l’ordinamento pensionistico7.Qui il problema, tra i tanti, è quello già ricor-dato dell’idoneità dei trattamenti a fronteg-

di sostegno della domanda (voucher, buoni,ecc.), con l’interazione e integrazione della so-cietà civile tramite il ricorso alla sussidiarietà. Vaperaltro evidenziato che sulla materia è inter-venuto, da ultimo, il cosiddetto collegato la-voro, recentemente approvato dal Parlamento5,laddove prevede, tra i criteri e principi direttivicui deve ispirarsi il governo nell’attuare la de-lega per il riordino della normativa in materiadi occupazione femminile, «il rafforzamentodell’azione dei diversi livelli di governo e dellediverse amministrazioni competenti, con rife-rimento ai servizi per l’infanzia e agli anzianinon autosufficienti, in funzione di sostegnodell’esercizio della libertà di scelta da parte delledonne nel campo del lavoro». Al complessivo sistema attinente il lavoro dicura familiare può poi ricondursi, come si èdetto, la disciplina dei congedi parentali, a suavolta ascrivibile al più generale tema della con-ciliazione fra vita familiare e vita lavorativa;temi sui quali si avrà modo di tornare. Si affiancano agli interventi sopra richiamati, ri-feribili espressamente alla famiglia, quelli benpiù ampi e numerosi che, pur appartenendo apolitiche generali e/o settoriali diverse, inci-dono in modo indiretto, ma parimenti massic-cio, sulle medesime finalità perseguite dall’art.31 della Costituzione: creazione della famigliae assolvimento dei conseguenti obblighi. È l’area innanzitutto delle politiche volte asopperire al disagio abitativo con le misurepreviste a favore delle giovani coppie in ter-mini di acquisizione dell’abitazione ovvero dilocazione (e a ciò condurrebbe una rivisita-zione della legge 431/1998), nonché delle mi-sure volte a favorirne l’accesso al creditofunzionali alla creazione di un nucleo familiarestabile, piuttosto che di quelle rivolte al disa-gio abitativo delle famiglie dei pensionati edelle persone anziane. Per altro verso, la crescente difficoltà che i gio-vani affrontano in termini di reperimento dioccupazione stabile e con essa di un redditoadeguato a fronteggiare gli oneri connessi allacreazione e mantenimento di una famigliahanno indotto a ricercare soluzioni innovativevolte al reperimento di risorse non pubbliche,bensì rinvenibili all’interno dello stesso cir-cuito familiare6. Il fenomeno fattuale, maanche giuridico, del costante contributo che lefamiglie d’origine sono chiamate a dare in ter-

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8 Tale articolo annovera tra le azionipositive promozionalidell’uguaglianza sostanziale tra gliuomini e le donne sul lavoro, quelle(comma 2, lettera f ) di «favorireanche mediante una diversaorganizzazione del lavoro, dellecondizioni e del tempo di lavoro,l’equilibrio tra responsabilitàfamiliari e professionali e unamigliore ripartizione diresponsabilità tra i due sessi». 9 Ci si riferisce, tra l’altro, al pareren. 16/2008 del Comitatoeconomico e sociale europeo volto apromuovere tra gli Stati europeil’adozione di misure concrete tra lequali l’utilizzo dell’orario di lavoroflessibile e comunque il ricorso auna articolazione della prestazionelavorativa compatibile con la curadei figli.10 La normativa in materia dicongedi parentali trae origine dallalegge 1204/1971 in materia dicongedi per maternità e paternitàper lavoratori subordinati, poi estesiai lavoratori autonomi dalla legge535/1987 e, da ultimo, a quellicosiddetti parasubordinati, quali ilavoratori a progetto, della legge296/2006. Il sistema è statoridefinito dalla legge 53/2000, perpoi approdare al testo unico di cui aldecreto legislativo 26 marzo 2001,n. 151 e s.m.i. 11 Si pensi, ad esempio, ai problemiderivanti dall’applicazione al lavoroautonomo e ai conseguenti redditidi una disciplina nata in funzione diredditi da lavoro dipendente.

configurarsi un vero e proprio “diritto allaconciliazione” tra due sfere così essenziali dellavita, ma altresì fondamentali per la stessa te-nuta e crescita dello Stato-Comunità: un di-ritto che è a un tempo della persona e dellafamiglia. Se si vuole, l’approccio per così direfamiliaristico, basato sull’art. 31, è speculare aquello più tradizionale di tipo lavoristico, cioèriguardante la compatibilità tra lavoro ed esi-genze di vita, in specie familiare, evidenziatadal ricordato disposto dell’art. 37, seppur inriferimento allo status di madre-lavoratrice,ma anche dallo stesso art. 3, co. 2, laddove lagravosità degli impegni familiari non adegua-tamente supportati da una legislazione di so-stegno impedirebbe al lavoratore un’effettivapartecipazione all’organizzazione politica, eco-nomica e sociale del Paese. Come l’ordinamento in proposito rispondealla sollecitazione costituzionale, cui si è ag-giunta anche quella degli organismi del-l’Unione Europea9? Oltre ai ricordati interventi del sistema relativoai servizi alla famiglia e quelli per l’infanzia el’adolescenza, sul piano più propriamente giu-slavoristico, vi sono, come si è detto, le dispo-sizioni in materia di congedi parentali, volte aconsentire l’espletamento degli obblighi geni-toriali conseguenti alla nascita ovvero all’in-gresso di un figlio nella famiglia o anche allacura e assistenza della prole fino al raggiungi-mento di un limite di età10. Non si può certodar conto in questa sede delle tante proble-matiche11 e delle numerose proposte di inter-vento in materia. Ma al di là del tema costi-tuito dalla durata dei periodi di fruizione dicongedo previsti dalla normativa, vi è, come ènoto, quello della limitata copertura reddi-tuale e di come promuovere una maggiorecondivisione, atteso che, oltretutto, la diversitàdei livelli di reddito da lavoro tra i coniugi fi-nisce per ostacolare la possibilità di un effettivocoinvolgimento del padre, in quanto general-mente intestatario di un trattamento retribu-tivo più elevato. Il Parlamento europeo, insede di esame della nuova direttiva in materiadi congedi parentali, ha introdotto due signi-ficative novità, tali anche per l’ordinamentoitaliano, che invece già prevede il congedo dimaternità nella durata di 20 set timane, oraprevisto dallo schema di direttiva. Ci si riferi-sce all’incremento dall’80% al 100% dell’ul-

giare la necessità non solo di famiglie semprepiù anziane. Ancora, rientrano in tale ambitooltre che, come già emerso, le politiche del la-voro volte a creare opportunità di impiego(quale famiglia senza certezza di lavoro equindi di reddito?), quelle in particolare mi-rate a incrementare l’occupazione femminile ea favorire la conciliazione tra vita e lavoro. Èpalese il rilievo che assume, come già si è detto,il tema dell’incremento dell’occupazione fem-minile e la funzionalità a tal fine delle politichedi conciliazione tra vita e lavoro, come traspareanche dagli interventi normativi in materia diazioni positive (ad esempio, l’art. 42 del Dlgs198/20068) e dall’attenzione dedicata al temadei documenti concernenti l’occupazione fem-minile (ad esempio, si veda il Programma diazione per l’inclusione delle donne nel mer-cato del lavoro: Italia 2020, proposto dal Mi-nistro del lavoro e dal Ministro per le pariopportunità), nonché dalla stessa ricordata de-lega prevista in merito nel collegato lavoro.Ma, a mio avviso, nella prospettiva propria diun ordinamento sociale per la famiglia, è iltema della conciliazione in sé e di per sé ad as-sumere un autonomo rilievo. Difatti, la crea-zione di strumenti utili alla ricerca di un puntodi equilibrio tra tempi della famiglia e quellidel lavoro costituisce impegno fondamentaledel legislatore non solo in una logica orientataalla promozione dell’occupazione femminile enella prospettiva della realizzazione di un’ef-fettiva parità e della piena condivisione deiruoli, ma anche di compiuta realizzazione diogni persona nella dimensione familiare e la-vorativa. Sono infatti dell’avviso che proprioin riferimento alla conciliazione tra le due fun-zioni familiare e lavorativa che la persona èchiamata a svolgere, entrambe costituzional-mente qualificate, la legislazione sociale per lafamiglia acquista aspetti ancor più marcati diattuazione dei richiamati precetti costituzio-nali. Ciò in quanto la Repubblica, come si è ri-cordato, è chiamata a farsi carico di quellemisure intese a consentire all’individuo dipoter contemperare gli obblighi derivanti dalsuo rapporto di lavoro, laddove il lavoro è ilvalore fondante nella Carta costituzionale, conquelli conseguenti all’esercizio delle sue re-sponsabilità familiari parimenti contemplatedalla Costituzione. In proposito, in base aisuoi evidenziati principi, potrebbe perfino

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tima retribuzione per il congedo di maternitàe la previsione di congedi autonomi di pater-nità di almeno due settimane sempre con me-desimo parametro retributivo del 100%. Lereazioni suscitate da tali proposte costitui-scono l’ennesima dimostrazione di come siadifficile contemperare esigenze sociali e indi-viduali fondamentali, quali sono quelle con-nesse all’effettivo esercizio del ruolo genito-riale, con esigenze economiche di sistema(connesse agli oneri finanziari derivanti dalprevisto incremento), ma anche produttive-or-ganizzative. Inoltre, sullo sfondo, si paventa uneffetto boomerang di tali misure sull’occupa-zione femminile a causa delle maggiori one-rosità e rigidità. Senonché, al di là di tali pro-spettive di riforma prefigurate a livelloeuropeo, va registrato che è intervenuto, in

materia, da ultimo, il menzionato collegato la-voro, prevedendo, nell’ambito della ricordatadelega intesa al riordino della normativa inmateria di occupazione femminile, anche ilcriterio di rivedere la normativa sui congediparentali, «con particolare riferimento al-l’estensione e alla durata di tali congedi e al-l’incremento della relativa indennità al fine diincentivarne l’utilizzo». Accanto a tale normativa, vanno richiamate lemisure intese a consentire l’espletamento diobblighi di assistenza e cura verso figli porta-tori di handicap (il già richiamato Dlgs151/2001, ma anche l’art. 33 della legge104/1992); quelle contemplanti permessi pergravi motivi familiari (art. 4, legge 53/2000) ei permessi e misure per i lavoratori che assi-stono parenti e affini con handicap in situa-zioni di gravità (legge 104/1992). Il collegatolavoro ha peraltro introdotto modifiche pro-prio alla legge 104/1992, restringendo l’am-bito soggettivo dei fruitori dei permessi perl’assistenza a portatori di handicap e interve-nendo sulle modalità di utilizzo e ha, altresì,attribuito al governo una delega per riordinare

complessivamente la materia dei congedi(oltre che dei permessi e delle aspettative)entro sei mesi dalla data di entrata in vigoredella legge. Sempre tra le misure adottate perconsentire l’assolvimento da parte del lavora-tore degli impegni familiari, si possono ricor-dare quelle per favorire il ravvicinamentofamiliare ai dipendenti di amministrazionipubbliche in presenza di figli con meno di 3anni (art. 3, co. 105, della legge 350/2003, cheha inserito l’articolo 42-bis nel citato testounico 151/2001). Ciò detto, però, il resto dell’“ordinaria” vita la-vorativa e familiare, con le correlate esigenze diassolvere le incombenze connesse alla presenzadi figli con età superiore agli 8 anni piuttostoche di familiari anziani e/o in situazioni di dif-ficoltà se non di non autosufficienza è rimasta

fin qui sostanzialmente estranea a uno specificointervento giuslavoristico. Per la verità, comegià si è avuto modo di evidenziare, il legislatoreha avvertito questo problema soprattutto sottoil profilo della promozione dell’occupazionefemminile e della valorizzazione e riequilibriodella presenza femminile nei contesti lavorativi.Così come possono poi in proposito ricordarsile disposizioni dell’art. 9 della legge 53/2000 re-lative al finanziamento di specifici progetti in-novativi intesi a favorire la conciliazione tra itempi di vita e quelli di lavoro12. Non a casonella stessa direzione, cioè quella di promuoverel’occupazione femminile, si muove il ricordatocollegato al lavoro, con la più volte citata delegaper il riordino della normativa in materia, lad-dove tra i criteri posti vi sono anche quelli diprevedere «incentivi e sgravi contributivi miratia sostenere i regimi di orari flessibili legati allanecessità della conciliazione tra lavoro e vita fa-miliare, nonché a favorire l’aumento dell’oc-cupazione femminile», e di rafforzare gli istitutiprevisti dal citato art. 9 della legge 53/2000,con particolare riferimento al lavoro a tempoparziale e al telelavoro.

Nell’ambito delle misure relative alla famiglia assumono grande rilievo ilsistema dei servizi per l’infanzia e l’adolescenza e gli interventi volti aincrementare il numero e la capacità di accoglienza degli asili nido, a frontedell’ancora bassa percentuale di copertura offerta dal sistema

12 Sul tema, si rinvia alla relazionesvolta il 9 ottobre 2009, nel corsodel seminario tecnico organizzatodal Dipartimento per le politichedella famiglia e dalla Commissioneeuropea sul tema Per una miglioreconciliazione tra vita lavorativa efamiliare: misure nazionali einiziative sperimentali sul territorio.

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Tuttavia, al di là di tali misure promozionalie/o sperimentali, l’esigenza di conciliare l’atti-vità lavorativa con le esigenze connesse alla vita“ordinaria” della famiglia, piuttosto che a si-tuazioni particolari non regolate dalla norma-tiva, è stata fin qui sostanzialmente rimessa,oltre che al rapporto individuale datore/lavo-ratore, alle parti sociali e quindi alla contrat-tazione collettiva. Di conseguenza viene arisultare sempre più determinante ed essen-ziale il ruolo degli attori sociali, in quanto pro-tagonisti nella creazione di un ambiente dilavoro realmente “inclusivo”, ovvero di uncontesto aziendale favorevole alla famiglia. A tal fine possono essere utilizzati in chiave fa-mily friendly istituti lavoristici di carattere ge-nerale quali le possibilità offerte dal lavoro atempo parziale13, dal telelavoro, dalla modu-lazione dell’orario di lavoro e dell’organizza-zione aziendale, dalla banca delle ore. Leconcrete esperienze registratesi sul territoriohanno dimostrato che il ricorso a tali misureha comportato benefici effetti in termini dicalo dell’assenteismo, incremento della pro-duttività, benessere organizzativo, riduzionedella conflittualità, motivazione, senso di ap-partenenza e “fidelizzazione”. Proprio per que-sto gli interventi al riguardo devono essereintensificati e raffinati, alla luce dell’esperienzamaturata, in termini certamente operativi, maanche normativi. Da un lato, difatti, si trattadi diffondere la conoscenza della positivitàdelle esperienze, anche in termini di analisicosti-benefici; dall’altro, potrebbe aiutare il ri-corso a metodi, quali quelli dell’audit, volti acertificare un clima aziendale family friendlycui possano conseguire da parte dell’ordina-mento riconoscimenti utili a vario fine. Cosìcome contribuirebbe una più decisa azionedelle parti sociali, oltre che delle istituzioni. Alriguardo, si può osservare che se la contratta-zione aziendale costituisce certamente la sedenaturale per tale tipo di interventi, in quantoda commisurare alla specificità dei diversi con-testi organizzativi, produttivi e territoriali, èpur vero che tale sede contrattuale, attese lecaratteristiche del nostro sistema produttivo,ha una diffusione limitata. Proprio per questonella direzione auspicata, potrebbero aiutareaccordi quadro in materia a livello nazionale,così come orientare il sistema della bilateralitàin funzione di promozione e supporto alle

azioni. Naturalmente, come l’esperienza di-mostra, l’efficacia delle misure è certamenterafforzata in presenza di accordi e protocollicon tutti gli attori del sistema, comprese le isti-tuzioni locali, intese a creare sul territorio unclima favorevole alla conciliazione (attraverso,ad esempio, l’organizzazione dei servizi e delsistema dei trasporti e di mobilità, la modula-zione degli orari, ecc.). Del resto, che questasia la strada maestra era stato già intuito dallalegge 53/2000, in materia di riorganizzazionedei tempi della città; legge rimasta, sul punto,largamente inattuata. Il ricorso a istituti giuslavoristici generali è, tut-tavia, esposto inevitabilmente ai mutamentiche tali istituti subiscono nel tempo in funzionedelle finalità precipue cui sono preordinati,come ovviamente al mutare dei contesti e delleesigenze economico-organizzative. Si vuol direcioè che regolazioni normative di tali istitutipensate prioritariamente per altre finalità –quali quelle di creare opportunità di occupa-zione e in situazioni di crisi di mantenerla, diridurre il costo del lavoro anche attraverso mo-delli di organizzazione del lavoro più flessibilied efficienti, di incrementare la produttivitàattraverso il ricorso a un maggior impegno ora-rio – possono determinare implicazioni nega-tive sulla stessa possibilità di utilizzarli in chiaveconciliativa. In questa direzione sembrano an-dare alcuni recenti interventi in tema di collo-cazione temporale della prestazione e di tipo-logie contrattuali14. Rimane ora il tempo solo per alcune conside-razioni conclusive da aggiungere a quelle spe-cifiche già svolte, tralasciando quelle relative aproblematiche affrontate specificamente inaltri momenti del convegno. Dal punto di vista strettamente ordinamen-tale, la maggiore criticità è, a mio avviso, pro-prio l’assenza, protrattasi a lungo, di una pienaconsapevolezza nel legislatore dello stesso ri-lievo innanzitutto costituzionale del “fattorefamiglia” e della sua trasversalità rispetto a unapluralità di politiche settoriali. Tale mancanza,che è anche di tipo culturale, è per di piùacuita dalla stessa disarticolazione e frammen-tarietà dell’ordinamento in difetto di un forteraccordo tra i vari livelli di competenza istitu-zionale. Ciò ha impedito il crearsi di una legi-slazione sociale per la famiglia globalmenteispirata alla ricordata mission costituzionale

13 In proposito si può ricordare unarecente risposta a un interpello daparte del Ministero del lavoro e dellepolitiche sociali (68/2009) proprioin tema di conciliazione dei tempi divita e di lavoro e diritto a forme diflessibilità dell’orario edell’organizzazione del lavoro.Richiamandosi all’articolo 37 dellaCostituzione, oltre che al parere18/2008 del Comitato economico esociale europeo, nella risposta siafferma che «il datore di lavoro,ancorché non presenti progetti dirichiesta di contributi per lapromozione di azioni volte aincentivare la conciliazione deitempi di vita e di lavoro, non èesonerato dal dovere di lealecollaborazione sotto i profili dellabuona fede, correttezza eragionevolezza nello svolgimento delrapporto di lavoro. Pertanto lo stessoè tenuto a valutare con la massimaattenzione ogni soluzione utile adagevolare l’assolvimento dellafunzione genitoriale del dipendente,in particolare attraverso una diversaorganizzazione del lavoro o unaflessibilizzazione degli orari. Talevalutazione, evidentemente, andràeffettuata con riferimento al casoconcreto, avendo riguardo allaoggettiva e comprovata situazione didifficoltà familiare e alledocumentate esigenze di accudienzaed educative della prole». È peraltroevidente la densità di implicazioni ditali enunciazioni sul piano giuridicoe fattuale.14 Si pensi, ad esempio, riguardo aun istituto ritenuto prioritario nelpoter assolvere la funzioneconciliativa qual è il rapporto dilavoro a tempo parziale, allemodifiche intervenute in sensorestrittivo sulla relativa disciplinaoperante nella pubblicaamministrazione. Dapprima, nel2008, con l’articolo 73 del decretolegge 112/2008, si è intervenutisulle più favorevoli disposizioni delsettore pubblico, riconducendole aquelle del settore privato ove, comeè noto, la trasformazione delrapporto di lavoro da tempo pienoin lavoro a tempo parziale è, salvocasi specifici, frutto della volontànegoziale delle parti e non già unvero e proprio diritto del dipendentecome stabilito dalla previdentedisciplina nel settore pubblico. Ora,con il richiamato interventonormativo, il cosiddetto collegatolavoro (articolo 16), si prevede cheentro 180 giorni dalla pubblicazionedella legge l’amministrazione possasottoporre a nuova valutazione iprovvedimenti di concessione dellatrasformazione del rapporto dilavoro da tempo pieno a tempoparziale adottati precedentementealla data di entrata in vigore delcitato decreto legge, seppur nelrispetto dei consueti canoni dibuona fede e correttezzacontrattuale.

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Un segnaledell’assenza diun’espressavalorizzazione delfattore famiglia ècostituito dalladifficoltà diindividuare unospecifico target“famiglia” negliinterventinormativi. Sotto ilprofilo piùdirettamente diordinefinanziario, è poievidente come lastessa ampiezzadella platea deidestinataridetermini ladifficoltà diimpostareinterventirealmenteefficaci in terminidi impatto e dirisultati

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che tutti gli attori istituzionali sono chiamatiad assolvere, mission sorretta, a sua volta, dauna forte e condivisa vision, seppure poi arti-colata nei diversi livelli di governance. Ne è conseguita l’elaborazione per successivastratificazione di un sistema normativo perbuona misura non direttamente funzionaleallo scopo, ma piuttosto sommatoria di inter-venti in gran parte assunti a diverso titolo e peraltre finalità nell’ambito dell’ordinamento especificamente nel più ampio sistema del wel-fare. Ne è conseguito, altresì, un costante ri-tardo nel cogliere le nuove dinamiche, nell’af-frontare le nuove sollecitazioni, nell’attivazionedelle parti sociali e tutti gli attori del sistema(anche alla luce del ricordato principio di sus-sidiarietà), nell’apprestare risposte efficaci ainuovi bisogni, nel riqualificare conseguente-mente la spesa pubblica. Peraltro, anche lad-dove il legislatore è intervenuto tempestiva-mente su aspetti importanti, le attuazioni nonsono state integrali e coerenti. Basterà ricordarele già rilevate carenze in materia di attuazionedella legge 53/2000 sul coordinamento deitempi della città e della legge 328/2000 inmateria di sistemi dei servizi alla famiglia oltre,con ancora maggiore significatività, la mancataattuazione della previsione costituzionale inordine alla indispensabile determinazione deilivelli essenziali delle prestazioni. E non è un caso che la stessa complessità e plu-ralità dei livelli e conseguentemente dell’iterformativo degli atti normativi costituisca osta-colo oggettivo alla loro tempestiva adozione.In proposito, del resto, una delle difficoltà ècostituita dalla costruzione di strumenti rego-latori, non tradizionali nel sistema delle fonti,che nel rispetto delle competenze e delle auto-nomie possano comunque operare efficace-mente in direzione di un’armonizzazione eintegrazione sinergica delle misure e dei livellidi intervento (direttive, linee guida, defini-zione di standard, accordi e protocolli, ecc.). Ulteriore segnale dell’assenza di una espressavalorizzazione del fattore famiglia è costituito,poi, dalla stessa difficoltà di individuare unospecifico target “famiglia” negli interventi nor-mativi, potendo le misure aventi incidenza so-stanziale su di essa essere indifferentementequalificate e denominate. La circostanza as-sume ancor più evidenza con riguardo allenormative di competenza regionale in materia

socioassistenziale nelle quali diviene oltretuttodifficile ricostruire la quota di risorse effetti-vamente family oriented. A ciò si aggiunga lapluralità e la diversificazione degli approccidelle politiche per la famiglia pensate oraavendo a riferimento il modello costituzionale,ora a quello fattuale, con riguardo a nuclei ipiù variamente composti. Sotto il profilo più direttamente di ordine fi-nanziario, è poi evidente che la stessa am-piezza della platea dei destinatari determini ladifficoltà di impostare interventi realmente ef-ficaci in termini di impatto e di risultati, cosìcome di prevedere misure aggiuntive, rispettoa quelle di carattere generale, correlate allapresenza di un nucleo familiare (cioè, adesempio, un quid pluris a una prestazione eco-nomica che l’ordinamento possa riconoscerein presenza di un’appartenenza familiare).Ancora, viene sempre più in evidenza il pro-blema di come conciliare l’universalità degliinterventi propri del sociale e dei diritti di cit-tadinanza con la loro selettività ovvero con iridotti stanziamenti a disposizione, semprepiù costruiti in termini di tetti di spesa e cometali incompatibili con diritti assoluti, cosìcome quello dell’equilibrio fra interventopubblico e apporti della società civile. Il quadro è certamente reso oggi ancor più dif-ficile dai problemi derivanti dalla crisi in attoe dalle esigenze di contenimento della spesapubblica. Tali problemi, difatti, nell’affliggereil sistema di welfare in generale, corrono perciò il rischio di incidere negativamente sullepur affermate prospettive di miglioramentodel welfare familiare (come, ad esempio, sullagià ricordata attuazione del punto della delegarelativo all’estensione e alla durata dei congediparentali e all’incremento della relativa inden-nità). Rischio tanto più da evitare, ove si con-sideri la funzione centrale e essenziale svoltadalla famiglia, e per essa dal sistema di welfarefamiliare, per la crescita della persona, per ilrafforzamento della coesione sociale, dunqueper lo stesso sviluppo equilibrato del Paese.

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Questo concetto, rilanciato di recente da espertie aziende che sperimentano con successo ini-ziative family friendly, è ribadito con forza in unrecente documento del Cnel (Consiglio nazio-nale dell’economia e del lavoro), che dedicaun intero paragrafo alle politiche per la conci-liazione dei tempi di vita e di lavoro. Il testo diosservazioni e proposte Il lavoro delle donne inItalia, approvato dall’assemblea dell’organoconsultivo il 21 luglio 2010, punta a fornire uncontributo concreto alla definizione di unastrategia complessiva sull’occupazione femmi-nile, settore che nel nostro Paese registra livelliancora molto bassi. Costruire un ambiente fa-vorevole al lavoro delle donne, si legge nel do-cumento, «consentirebbe di rispondere alle esi-genze delle donne e valorizzare una risorsaimportante per lo sviluppo economico delPaese, spesso più qualificata di quella maschile,nonché di fornire un efficace mezzo di contra-sto alla povertà delle famiglie rispondendoquindi sia a obiettivi di equità ed eguaglianza diopportunità che di efficienza economica».Lo stesso concetto – che vede gli strumenti diconciliazione come mezzi efficaci non solo permigliorare la qualità della vita delle donne maanche per rilanciare l’economia – ispira i mo-delli di sviluppo, le iniziative e i progetti diconciliazione famiglia-lavoro realizzati da al-cune amministrazioni pubbliche italiane. Nesono esempi virtuosi le esperienze della Pro-vincia autonoma di Trento, del Comune diParma, dell’Agenzia per la famiglia dello stessoComune e quelle della Regione Veneto.Esempi particolarmente significativi, per laqualità e per la molteplicità di attori coinvolti,

alcune ESPERIENZE locali di CONCILIAZIONE

Barbara Guastella cic

DALLA PARTE DEI “CITTADINI IN CRESCITA”

In tema di occupazione lepolitiche di conciliazione deitempi di vita e di lavororivestono un ruolo centrale.Strumenti come il part time, iltelelavoro e l’offerta di orariflessibili hanno ricaduteimportanti non solo sulbenessere, sulla gestione deltempo e su tanti altri aspettidella vita delle donne – sullequali gravano ancora la curadei figli e la gestione dellavoro domestico – ma sututta l’economia.

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Distretto famiglia e nuove tecnologie. Attra-verso il Family audit sono individuati obiettiviconcreti e attivate iniziative utili a migliorare lapossibilità di conciliazione delle lavoratrici e deilavoratori.«Le sperimentazioni attuate in questo campodalla Provincia autonoma di Trento», concludela premessa, «hanno posto le basi operative e ge-stionali per adottare uno specifico standard au-toctono adattabile alle dimensioni delle aziendeper realizzare concretamente il Trentino “amicodella famiglia” sostenendo il management delleorganizzazioni che reinterpretano in questomodo la propria responsabilità sociale».I buoni di servizio o di accompagnamento, in-vece, sono titoli di spesa – rilasciati dalla Strut-tura multifunzionale di servizi dell’Ufficiofondo sociale europeo della Provincia auto-noma di Trento – che consentono ai titolari diacquisire, a fronte di un contributo finanziariopersonale pari ad almeno il 10% del valore no-minale del buono, servizi di educazione e curadi minori fino a 16 anni di età, o fino a 18 nelcaso di disabili. Un altro strumento di conciliazione attuato nel-l’ambito del Distretto è lo Sportello estate gio-vani e famiglia, un’iniziativa realizzata dallaProvincia in collaborazione con il Forum tren-tino delle associazioni per la famiglia e alcuniComuni e con il contributo di associazioni ealtre realtà che ha previsto la creazione di unabanca dati dei servizi di animazione offerti daorganizzazioni pubbliche e private nel periodoestivo – consultabile on line sul portale trenti-nofamiglia.it – e la realizzazione di una guidacartacea. Le attività ricreative riguardano so-prattutto minori da 0 a 14 anni, ma dal 2010 labanca dati contiene anche proposte che offronooccasioni di socializzazione per tutta la famiglia.Lo Sportello estate giovani e famiglia prevede,inoltre, la possibilità di acquisire informazionisulle attività ricreative tramite cellulare, in-viando un sms al numero indicato sul sito dellaProvincia. Il servizio costituisce un primo am-bito di applicazione di un progetto più ampioche punta sulle nuove tecnologie per permet-tere ai cittadini di ottenere informazioni e in-viare segnalazioni sul tema dei servizi allafamiglia in modo semplice e immediato.Il servizio di Tagesmutter, altra misura di conci-liazione che caratterizza l’esperienza trentina, èstato introdotto per dare risposte differenziate e

che aprono la strada a nuovi scenari e invitanoa riflettere sul ruolo di enti locali e Regioninell’attuazione delle politiche di conciliazione.

Nell’esperienza trentina le iniziative e i pro-getti sul tema s’inseriscono all’interno di unpiù ampio modello di sviluppo, il Distretto fa-miglia, un percorso a cui la Provincia auto-noma di Trento lavora dal 2005. Nel Distrettofamiglia converge l’azione di attori diversi (laProvincia e gli altri enti locali, le famiglie e leorganizzazioni private) che condividono unobiettivo comune: accrescere il benessere dellefamiglie, concepite come risorse vitali per l’in-tera collettività. Il Distretto opera sul territo-rio secondo un modello reticolare, stimolandoenti e organizzazioni a orientare o riorientarei propri servizi o prodotti sul benessere dellefamiglie residenti e ospiti. Passi fondamentalidel percorso avviato nel 2005 sono la stesuradel Libro bianco sulle politiche familiari e perla natalità – approvato dalla Provincia il 10 lu-glio 2009 e contenente un capitolo sul temadel coordinamento dei tempi –, il disegno dilegge approvato dalla Giunta provinciale il 29gennaio 2010 – il cui capo terzo è dedicato allemisure per coordinare i tempi del territorio efavorire la conciliazione tra i tempi familiari ei tempi di lavoro – e, infine, le linee guida perla conciliazione famiglia e lavoro delle orga-nizzazioni pubbliche e private, approvate dallaGiunta provinciale nel giugno 2010.L’attenzione al tema del coordinamento deitempi trova riscontro nell’ampia gamma dimisure di conciliazione attuate nell’ambito delDistretto. Ne fanno parte, fra le altre, lo stan-dard Family audit e i buoni di servizio o di ac-compagnamento.Il Family audit è uno standard di processo voltoa migliorare le modalità con cui un’organizza-zione attua politiche di gestione del personaleorientate alla famiglia. Nella premessa dellelinee guida è definito come «un processo di va-lutazione sistematica, documentata e obiettivadelle politiche di gestione del personale di or-ganizzazioni di ogni dimensione e tipologia, cheintendono certificare il proprio impegno per ilmiglioramento della conciliazione di famiglia elavoro al loro interno». Il processo analizza, inparticolare, sei macro ambiti all’interno delleaziende: organizzazione del lavoro, cultura dellaconciliazione, comunicazione, benefit e servizi,

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famiglia-lavoro-città, mirato a promuovere unpatto territoriale, rimodulando i tempi dellacittà. Il progetto, promosso dall’Agenzia nel2009, prevede una serie di azioni, alcune giàsperimentate, altre ancora da realizzare: fra leprime, un’indagine interna al Comune sultema della conciliazione e una ricerca suglistrumenti attuati dalle aziende per favorire ilcoordinamento dei tempi; fra le seconde,l’apertura di uno sportello per imprese e fa-miglie che fornirà informazioni su tutte le mi-sure di conciliazione, comunali e nazionali.La realtà parmense si arricchisce di nuoveesperienze sul tema grazie ad alcuni servizipromossi dal Comune, che mirano, come leiniziative descritte sopra, a una migliore ge-stione dei tempi di cura e di lavoro. I contri-buti a sostegno della genitorialità nel primoanno di vita del bambino, i contributi per ser-vizi alternativi al nido d’infanzia e i centri perbambini e genitori – spazi dedicati alla socia-lizzazione dei più piccoli, ma anche di chi liaccompagna – rappresentano alcuni esempi diservizi promossi dall’amministrazione con l’in-tento di agevolare la conciliazione tra famigliae lavoro. I primi sono contributi economicierogati per un massimo di nove mesi alle fa-miglie con bambini di età inferiore a un anno,i cui genitori sono entrambi lavoratori, men-tre gli altri sono contributi economici erogatialle famiglie con bambini dai 5 ai 20 mesi, chehanno validità per l’intero anno scolastico,così da consentire alle famiglie di usufruire diservizi alternativi al nido come l’educatrice fa-miliare o la baby-sitter.Rientrano nei servizi di conciliazione propostidal Comune altri strumenti, fra cui, ad esem-pio: l’albo comunale delle baby-sitter (elencodi persone selezionate dopo un periodo di ti-rocinio obbligatorio svolto presso i nidi d’in-fanzia comunali, a cui il Comune garantisceuna formazione permanente); il servizio di Ta-gesmutter, erogato da soggetti accreditati dal

concrete ai bisogni delle famiglie, promuo-vendo un incremento dei servizi educativi per ibambini da 0 a 3 anni in complementarità congli asili nido già presenti sul territorio. La leggeprovinciale 4/2002 definisce la Tagesmuttercome «una persona adeguatamente formatache, professionalmente, in collegamento conorganismi della cooperazione sociale o di utilitàsociale non lucrativi, fornisce educazione e curaa uno o più bambini di altri, presso il propriodomicilio o altro ambiente adeguato a offrirecure familiari». La peculiarità del servizio, silegge nella presentazione dell’iniziativa, «si ri-trova sia negli aspetti organizzativi, come la fles-sibilità degli orari o la maggior coperturadiurna, sia nella scelta di svolgere il servizio inun ambiente familiare o in una struttura che,nella definizione degli spazi, mantiene il piùpossibile l’aspetto di una casa e dove possonoessere presenti anche i figli della Tagesmutter».

Anche a Parma la famiglia è al centro di nume-rosi interventi che si propongono di migliorarela qualità della vita dei genitori, garantire lestesse opportunità a tutti i bambini e, al tempostesso, promuovere l’economia e il benesseredell’intera collettività. Centrale, in quest’am-bito, il ruolo dell’Agenzia per la famiglia, costi-tuita nel 2007 per sostenere e coordinareprogetti “a misura di famiglia”. L’Agenzia noneroga direttamente servizi, ma si propone comespazio di confronto, ricerca, innovazione pro-gettuale e collaborazione con enti, associazionie altre realtà del territorio. Il suo programma diiniziative ha diverse finalità, elencate nel por-tale dedicato: «promuovere il benessere della fa-miglia e la sua capacità di accogliere, di curaree di educare; far crescere l’associazionismo fa-miliare; lavorare insieme con gli assessorati e leagenzie del Comune in una prospettiva trasver-sale; portare innovazione attraverso la valoriz-zazione della realtà esistente; svolgere un ruolodi governance rispetto alle forze sociali ed eco-nomiche del territorio».Fra i vari aspetti che ri-guardano il benesserefamiliare, particolareattenzione è rivolta altema della concilia-zione, ampiamente svi-luppato nel progettoConciliazione dei tempi

GUASTELLA | ALCUNE ESPERIENZE LOCALI DI CONCILIAZIONE

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Costruire un ambiente favorevole al lavoro delle donne«consentirebbe di rispondere alle esigenze delle donne e valorizzareuna risorsa importante per lo sviluppo economico del Paese, spessopiù qualificata di quella maschile, nonché di fornire un efficacemezzo di contrasto alla povertà delle famiglie»

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offerta. L’attività di Nido in famiglia si svolgein un’abitazione con precisi requisiti di qua-lità, necessari a garantire la sicurezza delle per-sone. La flessibilità e la dimensione familiaresono caratteristiche innovative del servizio,mediante le quali si realizzano la personaliz-zazione dei rapporti, delle attività e dei tempi,la promozione dell’individualità del bambinonel rispetto dei suoi ritmi di crescita e la pro-mozione di occasioni di socializzazione per igenitori, che hanno la possibilità di entrare incontatto tra loro in un gruppo di piccole di-mensioni. Il Nido in famiglia, si legge nellapubblicazione che presenta l’iniziativa, «èun’organizzazione con modalità flessibili che,valorizzando la relazione tra famiglia/famiglieed operatori educativi, risponde ai bisogni diaccoglienza, condivisione, cura, fiducia».Punto di forza del progetto, l’utilizzo dellarete informatica, che assicura informazione,interconnessione e dialogo tra i diversi stake-holder, garanzia di qualità del servizio, for-mazione e aggiornamento.Nel nuovo corso di politiche sociali e familiariinaugurato dalla Regione la famiglia diventa,dunque, non solo destinataria, ma anche ero-gatrice di servizi, protagonista di un percorsoche punta alla costruzione di legami solidi trai diversi attori coinvolti, allo scambio e allapartecipazione, per raggiungere un obiettivocomune: il benessere delle famiglie e dell’in-tera collettività.In tutte le esperienze descritte la famiglia eser-cita un ruolo attivo, proponendosi come risorsavitale per la società e l’economia. La valorizza-zione della sua “dimensione pubblica” si traducein una nuova visione delle politiche di conci-liazione, che considera famiglia e lavoro noncome concetti antitetici ma complementari. Il tema è stato di recente approfondito in oc-casione della Conferenza delle Regioni euro-pee su conciliazione famiglia-lavoro, che si ètenuta ad Abano Terme, in provincia di Pa-dova, dal 28 al 30 gennaio 2010. Alla confe-renza – organizzata dall’Osservatorio regionalenuove generazioni e famiglia su mandato del-l’Assessorato alle politiche sociali della RegioneVeneto – hanno partecipato rappresentanti diistituzioni, italiane e di altri Paesi europei, so-ciologi, rappresentanti di aziende e altri esperti,aprendo un dibattito che ha toccato diversiaspetti, dalle buone prassi alle sfide future.

Il Nido in famigliaè un’unità diofferta confunzionieducative, dicura e disocializzazione,rivolta a unmassimo di seibambini dai 3mesi ai 3 anni. La flessibilità e la dimensionefamiliare sonocaratteristicheinnovative delservizio,mediante le qualisi realizzano lapersonalizzazionedelle attività, deitempi e lapromozionedell’individualitàdel bambino

Comune e inseriti in un apposito albo costi-tuito di recente; il nido non nido, servizio spe-rimentale che permette la frequenza con orariflessibili per agevolare i genitori con orari dilavoro atipici.

La famiglia riveste un ruolo centrale anchenelle politiche sociali della Regione Veneto, daanni impegnata in una serie di progetti voltiad accrescere il benessere di genitori e bambiniattraverso la creazione di nuovi servizi e nuovereti di relazione fra pubblico e privato. La Re-gione ha dato così il via a un nuovo corso, chesi è tradotto in una molteplicità di azioni di-versificate dirette a sostenere la famiglia su varipiani, nell’ottica di offrire risposte concrete anuovi bisogni sorti in seguito alle profondetrasformazioni della realtà sociale e territoriale.Ne è un esempio il progetto regionale Mar-chio famiglia, nato nel 2006 con l’obiettivo dipromuovere una cultura “amica della fami-glia”. Il Marchio famiglia è una sorta di bol-lino di qualità che viene rilasciato a enti esoggetti privati che attraverso i propri servizi oattività professionali si impegnano a dare con-cretezza alle politiche a supporto e a sostegnodelle famiglie. Il focus del percorso intrapresodalla Regione ruota attorno ad alcuni concettichiave: rinnovamento culturale orientato al fa-miliare; innovazione e sperimentazione nelcampo dei servizi alla famiglia; creazione direti e relazioni; riorganizzazione dei soggettidelle politiche sociali; conciliazione tra vita fa-miliare e vita lavorativa. Proprio la conciliazione è uno degli obiettiviprincipali del progetto Nido in famiglia, pro-mosso dalla Regione nell’ambito del Marchiofamiglia. Il progetto, avviato nel 2008, pre-vede una forte partnership tra lo staff dellaRegione, le organizzazioni del terzo settore, leeducatrici, le famiglie e le aziende. Il Nido infamiglia è un’unità di offerta con funzionieducative, di cura e di socializzazione, rivoltaa un massimo di sei bambini dai 3 mesi ai 3anni. A occuparsi dei bambini garantendoloro cura, pasti, attività educative e ricreativesono i collaboratori educativi, persone ade-guatamente preparate attraverso specifici per-corsi di qualificazione, che fanno capo a unorganizzatore che svolge funzioni di promo-zione, tutoraggio, mediazione e verifica pergarantire l’uniformità tra le diverse unità di

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Save the Children Italia haimplementato negli ultimianni specifici programmi inItalia in favore dei minoristranieri che lungo il loropercorso migratorionecessitano di particolareprotezione e tutela perchéconsiderati più a rischio dimarginalità, sfruttamento,abuso e lesione dei dirittifondamentali: in primis iminori stranieri nonaccompagnati ma anche queiminori tra i più svantaggiatiche migrano al seguito dellafamiglia o raggiungonocomponenti della propriacomunità, ad esempio quellidi etnia rom.

L’importanza della partecipazione di bambinie adolescenti nelle decisioni e azioni che li ri-guardano è riconosciuta dall’articolo 12 dellaConvenzione dei diritti del fanciullo del 1989(Crc), ma è un principio che attraversa l’interaConvenzione.Alcuni articoli della Crc richiamano espressa-mente tale diritto per alcuni gruppi di bam-bini particolarmente vulnerabili: l’articolo 30ad esempio tutela specificamente il diritto allapartecipazione di bambine, bambini e adole-scenti appartenenti a minoranze etniche, reli-giose o linguistiche. Riconoscere il loro“diritto alla partecipazione” significa pensare,

percorsi di PARTECIPAZIONEcon MINORI STRANIERInon accompagnati o a rischiodi ESCLUSIONE SOCIALE

cic

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Laura Lagi

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stenendo il supporto informale tra pari tra iragazzi che frequentano il Centro e tra questie i ragazzi su strada; rafforzando l’attuazionedi alcune azioni specifiche condotte dai ragazzi(impaginazione e redazione del giornale distrada Griot, partecipazione a eventi del quar-tiere, proposizione e gestione diretta di alcuneattività del Centro); supportando l’inseri-mento nel team del progetto della figura del-l’educatore alla pari attraverso metodologie ecriteri via via più adeguati in base all’espe-rienza pluriennale in ambito di peer supportnegli interventi di bassa soglia. Parte delle at-tività di supporto tra pari è confluita e si è at-tuata anche nella realizzazione di percorsi diconsultazioni e azioni di ricerca partecipata.Il supporto tra pari e la partecipazione attiva diquesta particolare fascia di minori nei servizi eazioni progettuali a loro rivolti è spesso il valoreaggiunto che permette di strutturare i servizidi bassa soglia in maniera efficace in terminidel primo aggancio e nella sperimentazione dimetodologie di intervento appropriate. Il sup-porto tra pari significa ad esempio che i ragazziche arrivano per la prima volta al centro pos-sono essere accolti e informati anche da altriragazzi della loro età sull’aiuto che possono ri-cevere o su come funziona il servizio, possonoda subito essere coinvolti in attività ideate dairagazzi e alla loro portata per semplicità e inte-resse, possono essere tranquillizzati dai loro parisul fatto di potersi fidare degli operatori del ser-vizio. Entrare in un centro pensato e gestito in-sieme ai ragazzi a cui si rivolge significa entrarein un posto vivo e vicino. Quindi poter deci-dere di ritornarci perché, indipendentementedall’età, si mostra a chi entra di non essere og-getto di assistenza o beneficenza ma soggettodella propria promozione sociale e protezione.Nei propri modi e tempi.

1 Per una trattazione complessiva deirisultati delle analisi dellemetodologie e dei materiali prodottinelle attività di partecipazione dibambini, bambine e adolescentirealizzate da Save the Children Italiatra il 2002 e il 2009 si veda Biemmi(2010).2 La cultura operativa, a volteesplicita ma anche implicita, cheguida ogni azione progettuale e chesi evince ad esempiodall’angolazione descrittiva deifenomeni che coinvolgono i minori,dagli interventi ritenuti adatti, dallaposizione del minore come soggettoattivo o semplice destinatario degliinterventi ecc.3 Save the Children si è dotata daalcuni anni di standard per lapartecipazione dei bambini cheforniscono la base di partenza e laguida per la programmazione,l’implementazione, il monitoraggioe la valutazione di qualsiasi attivitàche comporti la partecipazione dibambini e bambine, ragazzi eragazze (Save the Children, 2005).4 CivicoZero, oltre a essere unprogetto che prevede intervento dioutreach su strada e nei servizi dellagiustizia minorile (cpa, Ussm, Ipmdi Roma), è anche un centro diurnoa bassa soglia rivolto a minorimigranti e italiani in condizioni dimarginalità sociale attivo dalfebbraio 2009 nella città di Roma.

Invitiamo i minori migranti apartecipare per comprendere eimparare da loro, per migliorare iservizi, i programmi e le policies aloro destinati, per promuovereopportunità, protezione e acquisizionedi capacità e competenze per loro,per favorirne il diritto di cittadinanza

progettare e realizzare percorsi che siano real-mente praticabili da loro, quindi sostenibili esicuramente rilevanti e significativi rispettoalle condizioni che vivono. Ciò è importanteper rafforzare gli altri diritti di cui sono tito-lari, come quello alla vita, alla salute, all’edu-cazione e soprattutto alla protezione. In questosenso la partecipazione diviene una “metodo-logia di intervento” sulla cui base si struttu-rano percorsi come occasione di aggancio,supporto, promozione sociale dei minori cuisi rivolgono; si approfondiscono e ridefini-scono i fenomeni in base al loro apporto; si co-noscono meglio i fattori di rischio e diprotezione effettivi; si aumenta la loro capa-cità di proteggersi (o supportarsi tra pari); sicreano strumenti e occasioni di sensibilizza-zione o intervento attivo.

“Fare partecipazione”1 chiama subito in giocotre dimensioni: la cultura della partecipazionedell’organizzazione proponente e degli even-tuali partner coinvolti; la “cultura” sottostantele singole azioni progettuali2 (la descrizione deifenomeni che coinvolgono i minori, gli inter-venti ritenuti adatti, la posizione del minorecome soggetto attivo o semplice destinatario de-gli interventi ecc.) attraverso cui e all’internodelle quali i minori partecipano; il coinvolgi-mento degli adulti di riferimento. Perché invi-tiamo i minori, in questo caso migranti, a par-tecipare? Certamente per comprendere eimparare da loro; per migliorare i servizi, i pro-grammi e le policies a loro destinati; per pro-muovere opportunità, protezione e acquisi-zione di capacità e competenze per loro; perfavorirne il diritto di cittadinanza. È mettendoal lavoro queste dimensioni e queste finalità,nonché gli standard minimi richiesti a ogni at-tività di partecipazione3, che ci si è orientati aoggi nella scelta, progettazione, sviluppo e va-lutazione di alcune pratiche concrete.

Percorsi e azioni di educativa/supporto trapari, ovvero attività in cui i ragazzi e ragazzeassumono il ruolo e la posizione di agenti delcambiamento o del supporto. Pari per età, op-pure status, condizioni, esperienze personali.Il progetto CivicoZero4, rivolto a minori mi-granti a rischio di marginalità, sfruttamento eabuso nella città di Roma, ha sostenuto azionidi supporto tra pari, secondo tre modalità: so-

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LAGI | PERCORSI DI PARTECIPAZIONE CON MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI O A RISCHIO DI ESCLUSIONE SOCIALE

Consultazioni, ovvero processi partecipativiche mettono in relazione i ragazzi e le ragazzecon gli adulti di riferimento per influenzarnele decisioni e gli orientamenti rispetto ai temiche li riguardano.Uno dei percorsi di consultazione realizzati hacoinvolto dieci ragazzi stranieri afferenti al cir-cuito penale, consultati in merito ai metodi diintervento rilevati più adeguati per la preven-zione della recidiva e la promozione del reinse-rimento sociale nell’ambito del progetto Just.Juvenile justice5. La metodologia di consulta-zione ha previsto la costruzione insieme ai ra-gazzi di un gioco di percorso, chiamato “Just agame”, composto da 60 caselle lungo le quali iquattro giocatori percorrono con i dadi i pas-saggi per loro tipici, dal contesto di vita (lastrada, il posto in cui si vive, la scuola), la com-missione di un reato, l’entrata nel circuito dellagiustizia minorile (cpa, commissariati, misurecautelari o misure alternative, tribunali ecc.) egli attori presenti (agenti, educatori, amici, fa-miliari ecc.), quindi la chiusura della misura, ilreinserimento e il rischio di recidiva. Ogni ca-sella ha delle carte con fatti o interventi con unpunteggio, da zero a cinque, a seconda se aiu-tano o meno il giocatore. Il punteggio accu-mulato permetterà, nelle ultime caselle delreinserimento, di andare più o meno veloceverso la vittoria. Il gioco è stato costruito in-sieme ai ragazzi, partendo dalla consultazioneed è divenuto strumento di informazione e co-municazione tra pari.Il progetto CivicoZero ha promosso un altropercorso di consultazione tra pari sul temadelle maggiori esigenze e sfide che i minori mi-granti affrontano nel loro percorso e nel no-

5 Il progetto Just. Juvenile justice.Development of child rights basedmethods of intervention to preventjuvenile crime and promote re-integration of young offenders. Italy,Greece, Romania.JLS/2008/ISEC/AG/097 èfinanziato dalla Commissioneeuropea nell’ambito del programmaPrevention of and fight against crimeed è coordinato da Save theChildren Italia.6 Il ragazzo che ha facilitato ilprocesso di consultazione,proveniente dall’Eritrea e minorenon accompagnato di 17 anni, haraccolto degli statements escelto/fabbricato alcuni oggetti chevolevano evocare la realtà dei ragazzimigranti in viaggio verso l’Italia. Haquindi partecipato in rappresentanzadei ragazzi consultati allaConferenza di Barcellona.7 Il progetto React - Raisingawareness and empowerment againstchild trafficking è finanziato dallaCommissione europea nell’ambitodel programma Daphne, ed ècoordinato da Save the ChildrenItalia. Su un arco di 24 mesi, ilprogetto viene implementato inBulgaria, Danimarca, Italia eRomania e mira a prevenire la trattae lo sfruttamento dei minori, inparticolare quando è coinvoltol’utilizzo delle nuove tecnologie,tramite lo sviluppo el’implementazione di azioni disensibilizzazione dei minori a rischioe/o vittime di tratta o sfruttamento. 8 Il progetto Cash cash è statorealizzato dall’associazioneComunità nuova, dalla cooperativasociale Codici e da Save theChildren Italia, con il contributodella Fondazione Cariplo. Save theChildren Italia ha supportatometodologicamente la realizzazionedella peer research condotta erealizzata a Milano dai partner diprogetto (www.cashcash.it).

Entrare in un centro pensato egestito insieme ai ragazzi a cuisi rivolge significa entrare inun posto vivo e vicino, in cuinon si è oggetto di assistenzao beneficenza ma soggettodella propria promozionesociale e protezione, nei proprimodi e tempi

stro Paese in vista della partecipazione dei ra-gazzi stessi6 all’International conference on pro-tecting and supporting children on the move. 5-7October 2010, Barcelona, Spain. Un laboratorio partecipato per la creazione diuna campagna di prevenzione dello sfrutta-mento e della tratta dei minori stranieri tra-mite l’uso delle nuove tecnologie ha coinvoltosei ragazzi e ragazze rumeni di etnia rom nel-l’ambito del progetto React 7.

Ricerche partecipate (in particolare ricerchetra pari), ovvero ricerche che prevedono ilcoinvolgimento attivo (in veste di ricercatori-pari) dei soggetti stessi le cui condizioni divita, opinioni e punti di vista la ricerca intenderilevare e approfondire.Il progetto CivicoZero ha promosso due azionidi ricerca partecipata. La prima ha avuto cometema la vita di strada dei minori migranti aRoma, la seconda (tuttora in corso) il disposi-tivo abitativo e relazionale del campo rom inrapporto alla città e alle principali dimensionidi vita, crescita e rispetto dei diritti fonda-mentali dei ragazzi e delle ragazze a partiredalla visuale di un gruppo di giovani ricerca-tori tra i 14 e i 18 anni residenti in uno deicampi rom attrezzati della capitale. Nell’ambito del progetto Cash cash. Inclusionesociale di minori rom romeni coinvolti in attivitàillegali e vittime di sfruttamento, è stata realiz-zata dai partner di progetto8 una peer researchsul tema dell’amore tra i giovani rom rumeni.

Nelle scelte di metodo l’insieme di queste pra-tiche è stata orientata da due domande giudi-cate particolarmente rilevanti quando si fapartecipazione con minori in situazione dimarginalità, in questo caso migranti. Quindidalle risposte, che sono stati principi guidanell’implementazione dei percorsi.1) Come garantire ai minori in contesti diesclusione sociale il diritto alla partecipazione?• Raggiungerli e coinvolgerli in modo pro-attivo:interventi di outreach su strada e negli inse-diamenti comunitari, nelle strutture dipronta accoglienza (civili e penali), neglispazi e nei tempi informali o in centri abassa soglia. La possibilità di una loro par-tecipazione va pensata e declinata a partireda queste metodologie di intervento e spessocome parte integrante di queste.

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DALLA PARTE DEI “CITTADINI IN CRESCITA”

sviluppano delle capacità che aiutano a ri-stabilire equilibrio nei rapporti di forza. Agli operatori la partecipazione concede diverificare le proprie categorie di pensiero edi intervento direttamente con le personeche sperimentano su di loro la condizionesociale sulla quale si lavora e alla quale ci siriferisce.

• Essere opportunamente orientati rispetto a me-todi e strumenti: è necessario sceglierli e saperliutilizzare in modo che riescano a inciderepositivamente su tutte le dimensioni fin quielencate e al tempo stesso assicurino il perse-guimento degli obiettivi specifici della praticadi partecipazione in corso.

• Coinvolgere contesti multipli: prevede che ipercorsi partecipativi si organizzino ove pos-sibile per essere una “spola” tra luoghi ine-diti, zone di confine e contesti propri deiragazzi. L’esclusione o l’inclusione socialehanno a che fare con i luoghi (e con le rela-zioni che vi si sviluppano), che diventano al-ternativamente confini, rifugi, opportunità,prigioni, scene. Far diventare luoghi di la-voro luoghi dove in genere “non si va” èspesso una scelta e un’opportunità che ri-sponde a un’esigenza di permeabilizzazione,di superamento dei confini impliciti. Non èsolo una possibilità, è anche un valore, unaricerca, un assetto metodologico.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Biemmi, I. (a cura di) (2010), Tu partecipi io partecipo.Un’analisi delle metodologie e delle buone pratiche di par-tecipazione di bambini e adolescenti realizzate da Savethe Childen Italia, Roma, Save the Children Italia.

Laffi, S. (2009), Parole in relazione: dialogo, conversa-zione, intervista, in Laffi, S. (a cura di), Le pratichedell’inchiesta sociale, Edizioni dell’Asino.

Lagi, L. (2008), Una ricerca partecipata sul lavoro mi-norile e le peggiori forme di sfruttamento del lavorominorile a Roma, in I lavori minorili nell’area me-tropolitana di Roma, Comune di Roma.

Lagi, L. (a cura di) (2009), CivicoZero. Rapporto attività2008-2009, Save the Children Italia.

Laws, S., Mann, G. (2004), So you want to involve childrenin research?, Stockholm, Save the Children Sweden.

Save the Children (2007), Ragazzi-ricercatori. Una ri-cerca partecipata sul lavoro dei minori migranti, Roma.

— (2010), I minori stranieri in Italia, 2° rapporto an-nuale, Roma.

I percorsipartecipativiandrebberoorganizzati peressere una“spola” tra luoghiinediti, zone diconfine e contestipropri deiragazzi.L’esclusione ol’inclusionesociale hanno ache fare con iluoghi, e con lerelazioni che vi sisviluppano, chediventanoalternativamenteconfini, rifugi,opportunità,prigioni, scene

• Rendere i percorsi complessivamente sostenibiliper loro: sostenibili perché alla loro portata,flessibili e rilevanti in ordine ai temi e ai ri-sultati che si possono raggiungere, se ten-gono conto delle difficoltà linguistiche, deiloro ritmi di vita, delle loro esigenze (di re-altà o percepite come tali), sostenibili per-ché non li espongono a rischi e perché liaccompagnano nei cambiamenti che unapartecipazione effettiva può produrre, in sée nel contesto di riferimento.

• Implicare nel lavoro la rete degli adulti di ri-ferimento (familiari, operatori di strutture eistituzioni, tutori, agenzie locali ecc.) nei ter-mini di diffusione e sensibilizzazione dellepossibilità per i ragazzi di partecipare, diapertura al confronto su metodi e strumenti,di condivisione di standard e procedure perla loro partecipazione.

2) Come fare in modo che i percorsi, quandonascono e riescono a svilupparsi, potenzino diper sé il processo di inclusione sociale e prote-zione?• Costituirsi come opportunità: di cosa, per chie a quali condizioni?Opportunità di un tempo inedito (perchéoccasione formale di apprendimento, per-ché sottratto alla noia, alla ripetitività delquotidiano), occasione di stabilire una rela-zione fiduciaria con gli attori della rete disupporto, l’accesso a strumenti come ilcomputer e a mezzi espressivi differenziati,vedere i loro saperi messi in gioco, allaprova e al lavoro su piani diversi, l’atten-zione rispetto a chi sono e cosa pensano.Opportunità di un tempo aggiuntivo e noncompresso per discutere di temi che li riguar-dano, per dare un significato ai principi, alleregole o alle modalità di vita ai quali vienechiesto loro di adeguarsi, per riflettere suglieffetti e le implicazioni, per fare proposte. Opportunità di raccontarsi ed esprimersi ri-spetto a principi di diritto e dimensioni divita: si “conversa” a partire da temi urgentie considerazioni rilevanti, ci si racconta “ilfatto” e si impara a mettere in logica. Opportunità di conoscere: è possibile l’in-clusione sociale quando si conoscono i co-dici di accesso e di comunicazione deltessuto e del contesto in cui si vive, quandosi hanno le informazioni ma al contempo si

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La tendenza all’uso di droghe tra i giovani nel mondo e in Italia

Il consumo di droghe illegali tra gliadolescenti ha un grande impatto nella vitadelle nuove generazioni. Come riportato nellerecenti pubblicazioni delle Nazioni Unite1, c’èuna marcata variabilità nell’uso di droghe tragli adolescenti nelle diverse regioni del mondo.I livelli di uso più alti si trovano in Nord Ame-rica, Oceania e Europa occidentale, anche se siregistrano segni di declino nell’uso delle dro-ghe più tradizionali. L’Italia è uno dei Paesicon tassi di prevalenza2 di uso di droghe tra ipiù alti in Europa. In generale, la droga piùusata in Italia è la cannabis (o meglio i suoi de-rivati, marijuana e hashish), seguita da seda-tivi e tranquillanti, cocaina e anfetamine.Sebbene l’eroina rimanga la sostanza più pro-blematica per i suoi effetti sociali e sulla salute,il numero di persone che ne fa uso è più limi-tato rispetto alle altre droghe. I dati più recenti mostrano una diminuzionenell’uso di cannabis tra i giovani nei Paesi oc-cidentali. Nei Paesi più sviluppati è stata regi-strata una diminuzione anche nel consumo dicocaina, soprattutto tra i giovani in Nord Ame-rica e in alcuni Paesi dell’Europa occidentale,anche se aumenti sono ancora visibili in moltialtri Paesi europei. Ci sono grandi lacune neidati relativi ad Asia e Africa, quindi si conoscemeno l’uso di droga tra i giovani in queste re-gioni. I pochi dati disponibili indicano che i li-velli di consumo tra i giovani nei Paesi in via disviluppo restano inferiori a quelli dei Paesi svi-luppati, anche se risulta in aumento la ten-denza all’uso della cannabis e della cocaina.L’ecstasy sta guadagnando popolarità fra glistudenti di alcuni Paesi in via di sviluppo, men-tre si sta stabilizzando nei Paesi più sviluppati.

L’uso di cannabis e di cocaina tra i giovani ita-liani è vicino alla media europea: nel 2007 il23% degli studenti italiani tra i 15 e i 16 anniavevano fatto uso di cannabis nella loro vita, il5% di cocaina, il 4% di anfetamine, il 3% dicrack ed ecstasy e il 3% di eroina. L’uso ditranquillanti senza prescrizione medica è par-ticolarmente alto in Italia (10%, ovvero il dop-pio della media europea, 5%), ed è raddop-piato tra il 2003 e il 2007, soprattutto tra leragazze. I dati disponibili a livello mondiale suggeri-scono che tra i giovani stanno cambiando imodelli di consumo di droga. Negli Stati Unitil’uso di cannabis e cocaina, che in molti am-bienti giovanili è stato a lungo considerato “ditendenza”, oggi sembra uscito di moda. Uncomportamento analogo si sta progressiva-mente diffondendo in Europa, ma non ha an-cora raggiunto l’Europa orientale e i Paesi invia di sviluppo, dove ci sono ancora segni diun crescente uso di entrambe le sostanze.

GIOVANI e consumo di DROGHE

Angela Me cic

POLITICHE INTERNAZIONALI

1 World drug report, pubblicatoannualmente da United NationsOffice on Drugs and Crime,disponibile all’indirizzohttp://www.unodc.org/unodc/data-and-analysis/WDR.html2 Il tasso di prevalenza indica laproporzione degli individui in unadata popolazione che presenta unadeterminata caratteristica in un datomomento. È riferita a tutti i casipresenti in quel momento. Laprevalenza annuale misura laproporzione di “eventi” presenti inuna popolazione, o in una suaporzione definita, in un dato anno;la prevalenza di vita, invece, misurala proporzione di “eventi” presentiin una popolazione nell’arco dellavita dei soggetti che la compongono.

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I livelli più alti di uso di droga si riscontrano in Nord America,Oceania e Europaoccidentale.L’Italia è uno dei Paesi con la prevalenza di uso di droghetra i più alti in Europa; la più usata è la cannabis,seguita da sedativi e tranquillanti,cocaina e anfetamine

manda e dell’offerta di droga è intrecciato conquello dei farmaci. Il mercato dell’offerta di droghe è molto dif-ferenziato e i giovani che ne fanno uso cono-scono bene i loro effetti, così che spesso, aseconda delle esigenze, combinano droghe cherilassano con altre che sballano.

In genere, le ragazze usano droghe meno fre-quentemente che i ragazzi, anche se le diffe-renze legate al genere sono meno pronunciaterispetto alla popolazione adulta. I dati dei Paesieuropei nel 2007 mostrano che la percentualedi studenti (di età compresa tra 15-16 anni)che ha usato cannabis nel mese precedentevaria in modo consistente tra maschi e fem-mine. La differenza di genere misurata come ilrapporto tra maschi e femmine nell’uso didroga varia da uno a uno in Spagna (quasi diparità) a uno a tre in Polonia. Vi sono indica-zioni che questo divario si stia riducendo in al-cuni Paesi e per alcuni tipi di farmaci. In Italia i ragazzi consumano droghe più delleragazze, anche se le differenze si stanno assot-tigliando: il 26% dei ragazzi tra i 15 e i 16anni ha fatto uso di cannabis, contro il 21%delle ragazze; per la cocaina la percentuale trai ragazzi è il 6% contro il 4% delle ragazze; perle anfetamine il 5% rispetto al 3%, mentre perl’eroina e l’ecstasy il 4% contro il 3%. La maggior parte dei dati sul consumo di so-stanze illegali tra i giovani è raccolta attraversoindagini condotte nelle scuole. Tali indaginicostituiscono strumenti importanti e possonoessere implementate in un piano di costi-be-nefici, giacché molti giovani sono facilmenteraggiungibili attraverso la scuola e sono di so-

Il declino globale dell’uso di droghe illegali trai giovani negli Stati Uniti e in alcuni Paesi eu-ropei è un segnale incoraggiante; tuttavia, unaserie di rapporti pubblicati, in particolare negliStati Uniti, indica che l’abuso di farmaci tra igiovani è in aumento3, sottolineando il pas-saggio dalle droghe illegali ai farmaci appunto,più facilmente accessibili e socialmente accet-tabili. Negli Stati Uniti si misura tra i giovaniun aumento significativo nell’uso di farmacioppiacei da banco, come oxycodone e hydro-codone4; in Canada un’indagine condotta nel2008 su studenti tra i 15 e i 19 anni rivela cheil 6,1% degli intervistati usa farmaci oppiaceie il 4,5% farmaci stimolanti per “sballare”.In Italia l’uso inappropriato di farmaci sembraessere più contenuto che nel Nord America,dato il sistema più controllato di prescrizionimediche, ma non dovrebbe essere sottovalu-tato. L’aumento dell’uso di tranquillanti rile-vato nel 2007 è già un segnale di allarme. Nonsi sa molto sull’uso o abuso di farmaci stimo-lanti (contenenti anfetamine) in Italia, ma c’èda pensare che anche queste sostanze siano inaumento, data la diffusione che questi farmacihanno tra gli studenti che vogliono aumentareprestazioni scolastiche o sociali. A differenzadelle droghe illegali, in Italia come negli altriPaesi l’abuso di farmaci inizia molto spesso infamiglia: la maggior parte dei giovani che di-cono di avere consumato farmaci senza pre-scrizione medica rivelano di averli trovati incasa. Notizie sui sequestri in Italia mostranoche spesso gli spacciatori vengono trovati condroghe illegali e farmaci che potrebbero esserecommercializzati solo con prescrizione me-dica. Questo dimostra che il mercato della do-

POLITICHE INTERNAZIONALI

cittadiniin crescita

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3 Arria, A.M., et al., Non medical useof prescription stimulants among collegestudents: associations with attention-deficit-hyperactivity disorder andpolydrug use, in «Pharmacotherapy»,28(2), 2008, p. 156-169.4 Cfr. il sito http://www.nida.nih.gov/PrescripAlert/

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Uso di droghe Uso di cannabis Uso di droghe diversedalla cannabis

Ecstasy Farmacisenza ricetta

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Figura 1. Percentuale di giovani

(15-16 anni) che hanno usato

droghe nella loro vita

Fonte: European School Survey Project on Alcohol and other drugs(Espad)

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Sebbene l’usodelle drogheillecite in generepossa cominciarenell’etàadolescenziale,anche i bambinisono esposti invarie forme alleconseguenzedell’uso di droga.Esperienzeriportatedirettamente daquesti bambinifanno emergeresituazioni didisagio: dallaconvivenza conun genitoreviolento, allaseparazione daigenitori,all’affidamento aparenti o altrefamiglie/istituzioni

clino riportato nelle indagini precedenti con-dotte nelle scuole (a partire da una prevalenzadi vita del 35% nel 1996 al 18% nel 2005, trai 12 e i 17 anni). In Sud America i dati di ten-denza comparabili sul consumo di cannabis trai giovani indicano una stabilizzazione o unatendenza all’aumento. I dati recenti sugli studenti europei mostranoun calo dei tassi di uso di cannabis tra i giovanidurante il periodo 2003-2007, dopo gli au-menti rilevati nel corso degli anni 1995-2003:la media ponderata dei 35 Paesi che parteci-parono nel 2003 e nel 2007 alle indagini èpassata dal 25% nel 2003 al 22% nel 2007.Tredici Paesi hanno mostrato un netto calo deiconsumi (di oltre tre punti percentuali). Que-sta riduzione è stata particolarmente impor-tante in Europa occidentale, mentre nellamaggior parte dei Paesi dell’Est europeo l’usodi cannabis tra gli studenti nel 2007 ha vistoun aumento o una stabilizzazione rispetto al2003. In Italia la percentuale di giovani tra i 15 e 16anni che hanno utilizzato cannabis nella lorovita è cresciuta tra il 1995 e il 2003, raggiun-gendo il 28%. Nel 2007 la percentuale è scesaal 25%. Anche se il calo tra gli studenti degliStati Uniti è stato più forte che in Europa, ilconsumo di cannabis continua a essere più dif-fuso tra gli studenti statunitensi. Il consumo di cannabis è diminuito sia tra glistudenti sia tra le studentesse (in media dicirca tre punti percentuali) nel periodo 2003-2007: nel 2007 gli alunni di sesso maschilehanno ancora, in media, più elevati tassi diprevalenza del consumo di cannabis (22%) ri-spetto al sesso femminile (16%).

Monitorare l’uso di cannabis tra i giovani è im-portante. Anche se non c’è accordo sulla valu-tazione dei danni collegati a un uso sporadicodi cannabis, studi recenti sulle popolazionihanno dimostrato che soprattutto in giovaneetà esso può avere gravi conseguenze sulla sa-lute. È ormai provato che la maggior partedegli adulti dipendenti da droghe ha comin-ciato con la cannabis. Dati sulle persone chehanno frequentato centri di riabilitazione percombattere l’abuso di droghe mostrano comesia in aumento in Europa, e in altre aree delmondo, la percentuale di persone che vi arri-vano a causa dell’abuso di cannabis6.

lito pronti a partecipare al sondaggio. Tutta-via questo strumento deve essere adeguata-mente interpretato soprattutto nei Paesi in viadi sviluppo, dove gli adolescenti che non fre-quentano la scuola possono rappresentare unaquota significativa. In Italia è stata condottarecentemente una vasta indagine sulle scuoleutilizzando un questionario sul web che hapermesso di ridurre notevolmente gli under-reporting vista la maggiore garanzia per gli stu-denti dell’anonimato.

Sebbene l’uso delle droghe illegali in generepossa cominciare nell’età adolescenziale, anchei bambini sono esposti in varie forme alle con-seguenze dell’uso di droga. Uno studio recentedell’Emcdda5 segnala che ci sono circa 60.000bambini in Europa che potrebbero vivere conpersone che sono sotto trattamento per pro-blemi di droga. Molti di più vivono con un ge-nitore o un’altra persona tossicodipendenteche non ha contatti con i centri di tratta-mento. Esperienze riportate direttamente daquesti bambini fanno emergere situazioni didisagio che vanno dalla convivenza con un ge-nitore violento, alla separazione dai genitori,dall’affidamento a parenti o altre famiglie/isti-tuzioni a un’esperienza negativa legata all’usodi droga.

Tendenze di consumo di cannabis tra i giovani

Come si è accennato sopra, negli ultimianni è stata rilevata una diminuzione significa-tiva nel consumo di cannabis tra gli studentidelle scuole superiori in Nord America: l’usoannuale è diminuito del 21% tra il 1998 e il2008; tra il 2006 e il 2008 il tasso è rimastoimmutato, suggerendo una stabilizzazione a li-velli inferiori. Nonostante la tendenza alla di-minuzione, il consumo di cannabis tra legiovani generazioni negli Stati Uniti rimane trai più alti nel mondo. Un moderato calo nelconsumo di cannabis nel corso dell’ultimo de-cennio è stato rilevato anche tra gli studentidelle scuole superiori della provincia dell’On-tario in Canada. Una diminuzione più marcataè stata osservata tra i giovani di età compresatra i 14 e i 19 anni nelle indagini sulla popola-zione australiana: tra il 2004 e il 2007 il tassodi prevalenza annuale del consumo di cannabisè sceso dal 18% al 13%, confermando il de-

ME | GIOVANI E CONSUMO DI DROGHE

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5 European Monitoring Centre forDrugs and Drug Addiction,Children’s voice. Experiences andperceptions of European children ondrug and alcohol issues, in «Thematicpapers», Lussemburgo, ThePublications Office of the EuropeanUnion, 2010.6 Hall, W., Degenhardt, L., Adversehealth effects of non-medical cannabisuse, in «The Lancet», 374, 17October 2009, p. 1383-1391.

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La tendenza alla diminuzione del consumo dicocaina tra gli studenti in Nord America hainiziato a diffondersi anche in Europa: in Spa-gna, il più grande mercato della cocaina in Eu-ropa, il tasso di prevalenza annuale di cocainaè sceso da un picco del 7,2% tra gli studentidella scuola secondaria nel 2004 al 4,1% nel2006, il valore più basso dalla fine del 1990. Incirca 13 Paesi europei l’uso di cocaina tra glistudenti è ancora in aumento, in termini diprevalenza di vita. Tuttavia, ci sono segni distabilizzazione in altri 13 Paesi.

Tendenze nell’utilizzo di anfetamine tra i giovani

Dopo un forte calo dei consumi di ec-stasy registrato alla fine del XX secolo negliStati Uniti e Canada, i dati delle indagini con-dotte nel 2007 e 2008 indicano che poco ècambiato tra gli studenti dal 2003. Nel 2008gli studenti americani di scuola superiore mo-stravano un tasso annuo di prevalenza del con-sumo di ecstasy del 3%, mentre gli studenticanadesi dell’Ontario un tasso del 3,5%.In Sud America, c’è stato un aumento gene-rale del consumo di ecstasy tra gli studentidelle scuole superiori. Tra il 1995 e il 2007, tra gli studenti europeidi 15-16 anni il tasso di prevalenza di vita re-lativamente al consumo di ecstasy è aumen-tato. Tuttavia, nelle diverse aree geografiche sirilevano tendenze divergenti: gli studenti diPaesi dell’Europa occidentale e centrale hannoindicato una quota relativamente stabile dal2003, contro un aumento – durante lo stessoperiodo – registrato tra gli studenti dell’Eu-ropa dell’Est. In Italia l’uso di ecstasy tra i gio-vani è diminuito: era al 4% nel 1995, èrimasto stabile al 3% nel periodo 2003-2007.

Tendenze di consumo di cocaina tra i giovaniAnalogamente a quanto rilevato per la

cannabis, l’uso di cocaina tra i giovani è dimi-nuito negli Stati Uniti e Canada, e più recen-temente anche in Italia. Negli ultimi dieci anniil tasso di prevalenza annuale del consumo dicocaina tra gli studenti della terza e quintaclasse di scuola superiore negli Stati Uniti èsceso rispettivamente del 40% e 30%. Le in-dagini condotte nelle scuole dell’Ontario, inCanada, hanno mostrato un declino della pre-valenza annuale del consumo di cocaina dicirca il 35% tra il 2003 e il 2007. Dati confrontabili relativi alla prevalenza an-nuale di cocaina tra gli studenti delle scuolesuperiori in America del Sud mostrano unquadro misto: un forte aumento si osserva inArgentina (dall’1% del 2001 al 2,7% nel2007), mentre una stabilizzazione si nota inCile, dove il tasso di prevalenza oscilla intornoal 4% tra il 2001 e il 2007.

POLITICHE INTERNAZIONALI

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Monitorare l’uso di cannabis tra igiovani è importante: studi recentihanno dimostrato che il suo uso –soprattutto in giovane età – può averegravi conseguenze sulla salute. Èormai provato che la maggior partedegli adulti dipendenti da droghe hacominciato con la cannabis

Figura 2. Prevalenza dell’uso di cannabis tra i giovani nel mondo

Fonte: World Drug Report, Unodc

Figura 3. Prevalenza dell’uso di cocaina tra i giovani nel mondo

Fonte: World Drug Report, Unodc

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EVENTI

cicSabrina Breschi

CHILD in the CITYFIRENZE 2010

La conferenza ha rappresentato un’importanteoccasione per lo scambio e il confronto fraesperienze, modalità operative, iniziative di ri-cerca e approfondimento sul rapporto delbambino con la città e la comunità in cui vive,realizzate in diversi Paesi europei e non solo. È iniziato con un richiamo all’auspicio for-mulato dal grande urbanista britannico ColinWard (recentemente scomparso) che la cittàpossa divenire un luogo veramente condiviso,non per i bambini, ma con i bambini, il coin-volgente intervento di Roger Hart, codiret-tore del Children’s environments research groupdella City University di New York, in aper-tura dei lavori. Un invito forte a sostenere unareale democrazia partecipata che abbia i bam-bini fra i protagonisti e garantisca una lororeale rappresentatività nelle politiche di in-tervento.Il grande esperto di partecipazione Roger Hartè stata sicuramente una delle presenze chiavedi un evento che ha rappresentato la tappa piùrecente di un percorso consolidatosi negli

Diritto alla partecipazione eal gioco, povertà edesclusione nelle città e infinestrumenti di valutazione eautovalutazione per le cittàamiche dei bambini e degliadolescenti: queste leprincipali aree tematicheintorno alle quali si èarticolata la quintaconferenza Child in the city,iniziativa internazionale acarattere biennale che si ètenuta a Firenze, dal 27 al 29 ottobre 2010.

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La partecipazione dei bambini alle scelte e ai processi che coinvolgono illoro contesto sociale è una componente metodologica fondamentale pertrovare soluzioni innovative in tutti i settori.A Stoccolma la nuova pianificazione del sistema di trasporto pubblico èstata sviluppata attraverso la consultazione di ragazzi e adolescenti chehanno fornito proposte riguardo a percorsi, limiti di velocità e spazi verdi

prevalentemente, ma non solo, europei, èemerso chiaramente come la questione dellapartecipazione reale dei bambini alle scelte eai processi che coinvolgono il loro contestosociale sia stata un punto di riferimento tra-sversale, presente nelle diverse aree di appro-fondimento. Come infatti è stato sottolineatoanche nelle conclusioni, la partecipazione èuna componente metodologica fondamentaleper l’identificazione di soluzioni innovative intutti i settori. Un esempio concreto, fra i nu-merosi presentati, è il percorso di nuova pia-nificazione del sistema di trasporto pubblicopresentato dalla città di Stoccolma, sviluppatoattraverso un processo consultivo di ragazzi eadolescenti che hanno fornito le loro propo-ste riguardo a percorsi, limiti di velocità espazi verdi. Certo non mancano criticità che rendonoevidente come il percorso culturale versoun’adozione sistematica di forme partecipa-tive sia ancora lungo. E se è stato dimostratoche dando a bambini e ragazzi la possibilitàdi partecipare nei processi che li coinvolgonoi governi locali sono in grado di trovare solu-zioni più efficaci e di venire incontro ai biso-gni di tutti i cittadini, è chiaro che ciò nonavviene in modo diffuso e che molto ancoradeve essere fatto per assicurare che le comu-nità locali comprendano l’importanza dicoinvolgere i giovani, anche quelli più pic-coli, anche quelli in condizioni di difficoltà odisagio, nei loro processi di assunzione di de-cisioni.

anni, le cui precedenti edizioni (Bruges 2002,Londra 2004, Stoccarda 2006 e Rotterdam2008) hanno visto crescere l’interesse e la par-tecipazione e che, per la prima volta, è statorealizzato in un Paese del Sud Europa. La con-ferenza, organizzata dall’European Network ofChild-friendly Cities (Rete europea delle cittàamiche dei bambini) e dalla Child in the CityFoundation in partenariato con Unicef Inno-centi Research Centre, Istituto degli Innocentie Comitato italiano per l’Unicef, ha avuto ilsostegno della Regione Toscana, del Comunee della Provincia di Firenze. L’invito degli organizzatori a realizzare l’ini-ziativa a Firenze, oltre a rappresentare un im-portante segno di attenzione alla specificitàdell’area mediterranea, costituisce una valoriz-zazione della compresenza, nella città toscana,di istituzioni che hanno sostenuto nel tempo,in modo convinto, l’attenzione e la riflessionesul rapporto bambini/ambiente di vita: il Cen-tro di ricerca Innocenti (Irc) di Unicef, che hasede a Firenze e che opera da molti anni a li-vello internazionale anche come Segretariatodelle città amiche dei bambini; l’Istituto degliInnocenti, che per anni ha realizzato le attivitàdel progetto promosso dal Ministero dell’am-biente italiano Le città sostenibili delle bambinee dei bambini, contribuendo a promuovere at-tenzione e sensibilità nelle città italiane su que-sti temi in collaborazione con il Comitatoitaliano per l’Unicef.Dai lavori della Conferenza, che ha visto lapresenza di delegati provenienti da 38 Paesi,

EVENTI

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Il diritto al gioco rappresenta il diritto apoter liberamente e pienamente esprimerela condizione stessa di bambino. Oggi iltempo dei bambini e dei ragazzi risultasempre più organizzato e sembra crescerela rilevanza data ai contesti strutturatirispetto alla necessaria libertà dei bambininel definire spazi, tempi e modalitàautonome di gioco

delineano le problematicità e le necessità diapprofondimento con le quali la rete dellecittà amiche si dovrà confrontare anche invista della sesta conferenza che si terrà a Za-gabria nel 2012. In particolare: come assicu-rare forme sistematiche e concrete dicoinvolgimento reale dei bambini e dei ra-gazzi nelle scelte e negli interventi; come so-stenere un cambiamento culturale cherichiede tempo, ma che contestualmentetrova alimentazione nel riuscire a sviluppareazioni nel breve termine in quanto i politici,ma anche le popolazioni, e soprattutto i bam-bini hanno bisogno di vedere risultati e cam-biamenti reali conseguenti agli impegniprofusi. Fra i diversi punti di attenzioneemersi anche quello di come garantire pro-cessi di non segmentazione degli interlocu-tori: adulti e bambini sono i protagonisti diun percorso comune e i processi e gli inter-venti non devono essere separati. Nessun comportamento caratterizza in modopiù significativo l’infanzia del gioco. Per que-sta ragione il diritto al gioco rappresenta il di-ritto a poter liberamente e pienamenteesprimere la condizione stessa di bambino. Undiritto che ha a che vedere con la disponibilitàdi spazi e tempi, ma anche con l’affermarsi diatteggiamenti tolleranti che invece spessomancano. Ne scaturisce la necessità di inne-scare un cambiamento di atteggiamento dif-fuso nella società, da attivarsi attraversointerventi culturali che vadano a sollecitare lecomunità e per primi i genitori che possono

In questo processo la scuola gioca un ruolochiave fornendo un contesto in cui i bambinipossono svilupparsi sia fisicamente che social-mente, ma dove il coinvolgimento e l’approc-cio partecipativo dei ragazzi non costituisceancora un orientamento di sistema. Sicura-mente iniziative ed esperienze significativesono state e vengono portate avanti – anchepensando alla nostra realtà italiana – per la dif-fusione della cultura dei diritti dei bambini eanche di quello, più complesso e meno facil-mente “inquadrabile”, della partecipazione.Dalla ricerca realizzata nella primavera del2009 dal Centro nazionale di documentazionee analisi per l’infanzia e l’adolescenza Di chi èquesto spazio? Un po’ anche mio, i cui primi ri-sultati sono stati presentati durante i lavoridella Conferenza, e che ha avuto proprio sulcontesto scolastico e di comunità un focus spe-cifico di approfondimento, emerge che esistesì una diffusa consapevolezza sui diritti e sul-l’importanza del coinvolgimento dei ragazzi,ma mancano di fatto contesti e strumenti dipartecipazione reale e concreta. L’indagine nazionale, campionaria e con si-gnificatività regionale, ha coinvolto oltre21.000 bambini e ragazzi, 300 scuole, nume-rosi Comuni e fornisce, per la prima volta contale respiro in Italia, informazioni sulla perce-zione e le opinioni dei bambini/ragazzi ri-spetto a vari aspetti della vita quotidiana e allaconsapevolezza dei propri diritti.

I consigli dei ragazzi si formano direttamentenel contesto scolastico e costituiscono una delleforme più comuni di partecipazione dei bam-bini. A questo proposito, fra le esperienze ita-liane presenti, da segnalare il lavoro delDipartimento di Scienze dell’educazione del-l’Università di Padova e un progetto di Philo-sophy for children nel quale il gruppo di ricercaha lavorato con il Consiglio dei ragazzi del Co-mune di Rovigo per lo sviluppo di forme dipensiero critico e a supporto dell’assunzione discelte in merito a progetti elaborati in manieracondivisa. Un approccio innovativo che haaperto il gruppo di ragazzi coinvolti a nuoveforme di relazione con la propria città e che hasostenuto quest’ultima nel riconoscere una di-versa visibilità sociale al Consiglio stesso.Proprio per la sua rilevanza trasversale, pro-prio dalle riflessioni sulla partecipazione si

BRESCHI | CHILD IN THE CITY. FIRENZE 2010

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ramento delle condizioni di vita dell’infanzianei centri urbani. Un lavoro di ricerca e speri-mentazione che ha coinvolto 31 comunità incontesti urbani e rurali, in 10 Paesi delmondo, per un totale di circa 3.000 persone:Italia, Francia, Spagna, Marocco, Giordania,Sudan, Filippine, Brasile, Federazione Russa eRepubblica Dominicana con quartieri appar-tenenti a metropoli (come San Paulo e Ma-nila), a città di dimensioni medie (Firenze,Nancy in Francia) e a Comuni con un numerodi abitanti tra 5mila e 20mila e di alcune co-munità rurali.

La ricerca, che verrà pubblicata il prossimoanno, è stata realizzata in cooperazione con ilChildren’s Environment Research Group dellaCity University di New York, in partenariatocon Childwatch International e la FondazioneVan Leer. Molte in conseguenza le realtà locali presentilegate alla proposta dell’Unicef di diventareCittà amiche dei bambini. Fra gli esempi dimunicipalità che ambiscono a ispirare altrecittà con le proprie esperienze in questocampo la città di Rotterdam nei Paesi Bassi,che, in particolare dopo aver ospitato la con-ferenza Child in the city 2008, ha orientato leproprie politiche di intervento in base a unadiversa attenzione all’infanzia. Da allora, ilprogramma Rotterdam amica dei bambini hatrasformato maggiormente obiettivi astratti inrisultati tangibili. È infatti stata sviluppata unapianificazione basata sui “passi per una Rot-terdam amica dei bambini”, uno strumentoper misurare gli effetti degli sforzi dell’ammi-nistrazione comunale.

vivere timori e preoccupazioni tali da influen-zare il gioco dei propri figli. Interventi da rea-lizzarsi non solo su larga scala, attraverso imedia per esempio, ma anche con percorsisemplici e pratici cui i genitori possono pren-dere parte per supportare la mobilità libera deibambini, come la chiusura delle strade e altreiniziative di comunità. Dovrebbe inoltre essere garantito un approc-cio intersettoriale e trasversale alle diverse po-litiche di intervento in modo che i bambinipossano esprimersi, in diversi contesti, attra-verso il gioco libero. Il tempo dei bambini edei ragazzi infatti risulta sempre più organiz-zato e sembra crescere la rilevanza data ai con-testi strutturati rispetto alla necessaria libertàdei bambini nel definire spazi, tempi e moda-lità autonome di gioco. In sintesi, comeespresso chiaramente dalla delegata FroukjeHajer, esperta olandese sui diritti dei bambini,è necessario diffondere il “virus del gioco” at-traverso una presa di coscienza delle comunitàche superi gli atteggiamenti intolleranti spessodiffusi nella società.Sul tema significativa è l’esperienza di una co-munità che si dimostra da molti anni sensi-bile al tema delle città amiche, il Comune diSan Giorgio a Cremano (Na), dove, grazieanche la lavoro condotto in modo sistematicoda diversi anni e con il supporto dell’Unicef,del Laboratorio della città delle bambine e deibambini, fra le altre iniziative è stata istituitala giornata per il diritto al gioco. Il grado di“giocosità” della città come elemento costitu-tivo di una città amica dei bambini è emersoanche nell’esperienza presentata nell’area de-dicata agli strumenti di valutazione da Arci-ragazzi con il progetto La città giuocosa cheproprio intorno a quest’area identifica unaserie di indicatori in grado di misurare e va-lutare quanto i contesti locali siano a misuradi bambino.

Valutare il grado di “amicizia nei confrontidell’infanzia” di città e comunità è un’azionestrettamente connessa negli sforzi finalizzati altema delle città amiche. Alla conferenza ilCentro di ricerca Innocenti dell’Unicef ha pre-sentato i primi risultati di un percorso impe-gnativo e complesso finalizzato a identificareun set di strumenti di valutazione e autovalu-tazione che ha come obiettivo finale il miglio-

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La condizione di povertà deveessere considerata non solo unamancanza di risorse, ma unamancanza di opportunità checonduce all’esclusione eall’autoesclusione dei bambinidalla società, e può essereaffrontata solo con una fortevolontà politica

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messo in discussione, non solo dalla crisi eco-nomica, ma anche da una difficile ricerca dicomuni identità. In quest’ottica misurare e valutare le espe-rienze delle Città amiche dei bambini con per-corsi di autovalutazione o valutazione parte-cipata non è una prospettiva velleitaria maun elemento innovativo che può rientrare inun quadro di valutazione complessiva più am-pia di rispondenza delle politiche locali ai bi-sogni della cittadinanza, anche all’insegna diquel modello olistico che sta portando avantil’Unicef in diversi Paesi, compresi alcuni pic-coli centri italiani nei quali se ne sta verifi-cando l’efficacia economica. È tuttavia evidente come questo insieme diazioni dovrebbe essere sostenuto con una stra-tegia nazionale e in una prospettiva sinergicache veda il ricomporsi di un percorso condi-viso fra i diversi agenti che possono esprimereil loro apporto, dal livello governativo (nonsolo locale ma anche regionale e nazionale) almondo dell’associazionismo e del terzo settoree alle agenzie educative. Tutto questo nellaconvinzione che attivarsi per rendere le città amisura dei bambini presuppone un approcciomultidimensionale e integrato dove le diversesfere di competenza devono trovare un filoconduttore comune nel garantire una com-plessiva attuazione del diritto del bambino avivere in un ambiente e in un contesto capacedi rispondere al complesso delle sue necessitàe rispetto al quale possa esprimere una formadi cittadinanza attiva e partecipata.

Nelle conclusioni riferite a quest’area è statosottolineato il carattere essenziale della com-ponente “valutazione” nel percorso di defini-zione e riprogrammazione delle azioniintraprese verso l’attuazione dei diritti deibambini tracciando e valorizzando i progressieffettuati e soprattutto rendendo consapevoli epartecipi le comunità. Per questo motivo èemerso il bisogno di un set di indicatori co-muni, facilmente adattabile al contesto localecon approcci in grado di ottenere dati nume-rici, ma anche di integrare il punto di vista deibambini e dei cittadini. Infine il tema della povertà minorile. È statosottolineato come la condizione di povertà incui molti bambini si trovano può essere af-frontata solo con una forte volontà politica ecome la condizione di povertà debba essereconsiderata non solo una mancanza di risorse,ma come mancanza di opportunità che con-duce all’esclusione e all’autoesclusione deibambini dalla società. Nel promuovere stra-tegie di contrasto alla povertà è importanteassicurare il dialogo intergenerazionale e l’in-tegrazione e la collaborazione fra comunità espazi urbani.

In chiusura della Conferenza, in particolarenell’intervento dell’Istituto degli Innocenti,è stata ribadita l’importanza di riportare al-l’attenzione nazionale la riflessione sulle cittàamiche dei bambini anche restituendo vigoreall’esperienza e al movimento che era statosuscitato fra le fine degli anni ’90 e gli inizidel 2000 dall’iniziativa delle Città sostenibilidelle bambine e dei bambini che aveva visto ilcoinvolgimento di oltre 400 comunità locali,27 delle quali premiate per i loro tentativi. Inquella fase culturale il progetto Città sosteni-bili delle bambine e dei bambini e gli inter-venti promossi nell’ambito della L. 285/1997hanno dato visibilità e disseminato idee eprogetti che hanno aiutato le amministra-zioni locali, provinciali e regionali a ripensareall’importanza dei bambini nelle politicheglobali di governo. Esperienze che in moltiluoghi sono state portate avanti con sistema-ticità (si pensi alla stessa esperienza presenteai lavori della Conferenza della città di To-rino) ma sulle quali è necessario riaccenderel’attenzione, proprio in questo momento incui il modello di sviluppo complessivo è

BRESCHI | CHILD IN THE CITY. FIRENZE 2010

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cicFlorence Pirard e Benoît Parmentiertraduzione di Silvia Toniato

EVENTI

RACCOMANDAZIONI per lePOLITICHE per l’EDUCAZIONEe l’ACCOGLIENZA della PRIMA INFANZIA in Europa (2010-2020)

Il gruppo Europe de l’Enfance ha deciso direalizzare una valutazione cadenzata dello statodi recepimento delle raccomandazioni e degliimpegni assunti nella presente dichiarazione,in particolare in occasione delle riunioni fu-ture del gruppo.Sull’educazione e l’accoglienza della prima in-fanzia, Europe de l’Enfance assume una seriedi opzioni preliminari e propone undici rac-

Nel quadro del gruppointergovernativopermanente Europede l’Enfance, iministri e gli altrirappresentanti degli Stati membricompetenti per le politicheper l’infanzia,riuniti il 16novembre 2010a Bruxelles su invitodella presidenza belga, si sonopronunciati su alcuneraccomandazioni destinate aorientare le politichedell’Unione e dei Paesimembri del prossimodecennio.

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1 ChildONEurope (2010), Earlychildhood education and care servicesin the European Union Countries.proceedings of the ChildONEuropeseminar and integrated review,Firenze, Instituto degli Innocenti(www.childoneurope.org).2 Réseau européen des modes degarde d’enfants (1991), Qualité desservices pour les jeunes enfants. Undocument de réflexion, Bruxelles,Commissione delle Comunitàeuropee; Réseau européen desmodes de garde d’enfants et d’autresmesures destinées à concilier lesresponsabilités professionnelles etfamiliales des hommes et desfemmes (1996), Cibler la qualitédans les services d’accueil pour jeunesenfants. Un document de réflexion,Bruxelles, Commissione delleComunità europee.3 Ocde (Organisation decoopération et de développementéconomiques) (2001), Petite enfanceet grands défis I: éducation et structured’accueil, Paris, Ocde; Ocde (2007),Petite enfance et grands défis II:éducation et structure d’accueil, Paris,Ocde.4 Enfants d’Europe (2008), Vers uneapproche européenne de l’accueil de lapetite enfance (www.lefuret.org/ede/charte/reprint%20declaration%20fr%20final.pdf ).5 Unicef (2008), La transizione incorso nella cura ed educazione delbambino: tavola di classificazione deiservizi di cura ed educazione nei Paesieconomicamente avanzati, Firenze,Centro di ricerca Innocenti (bilancio 8).6 Nesse (2009), Early childhoodeducation and care. Key lessons fromresearch for policy makers, Bruxelles,Commissione Europea.7 Eacea (Agence exécutive Educationaudiovisuel et culture) (2009),Réduire les inégalités sociales etculturelles par l’éducation et l’accueildes jeunes enfants en Europe,Bruxelles, Eurydice.

3) Ulteriori sforzi devono essere fatti per au-mentare l’offerta dei servizi per l’educazione el’accoglienza della prima infanzia. Consapevolidella scarsità dei posti disponibili, i Paesi del-l’Unione Europea si erano dati l’obiettivo, en-tro il 2010, di garantire tali servizi al 90% deibambini da 3 a 6 anni, e almeno al 33% deibambini di età inferiore ai 3 anni. È d’obbligoconstatare oggi che otto Paesi hanno superatol’obiettivo per i bambini da 3 a 6 anni e trel’hanno quasi raggiunto, mentre cinque Paesihanno centrato l’obiettivo per la fascia d’età in-feriore ai 3 anni e altri cinque vi sono altrettantovicini. Secondo l’indagine realizzata da Chil-dONEurope – indirizzata alla totalità dei Paesidell’Unione Europea e che ha avuto una per-centuale di risposta pari alla metà – le ragioniprincipali del mancato raggiungimento sono ledifficoltà finanziarie e l’assenza di personalequalificato o di strutture adeguate, difficoltàparticolarmente rilevanti nei Paesi dove si regi-stra un incremento demografico. In un conte-sto di crisi economica mondiale, risulta impor-tante riflettere su come rispondere agli obiettividi miglioramento dell’offerta tenendo al con-tempo in considerazione le difficoltà riscon-trate dalla maggior parte degli Stati membri.4) Occorre garantire migliore accesso ai servizidi educazione e accoglienza della prima infan-zia. È oggi riconosciuta l’importanza di avereservizi universali di qualità, disponibili e acces-sibili a tutti i bambini di età inferiore a quellaprevista per l’istruzione obbligatoria. Si trattadi garantire equità nell’utilizzo di servizi su undato territorio, prestando particolare attenzionealle situazioni di esclusione sociale (bambinicon bisogni specifici, famiglie senza impiego, infase di integrazione o con orari di lavoro atipici,famiglie monoparentali, immigrati, minoranzeculturali ed etniche, rifugiati ecc.).5) Il miglioramento della qualità dell’acco-glienza e dell’educazione presuppone la ga-ranzia di determinate condizioni educative. Èdimostrato che la qualità dei servizi dipendefortemente dalle esperienze, dalla proporzioneadulti-bambini (soprattutto per la prima in-fanzia), ma anche dai livelli di formazione, sa-lario e condizioni di lavoro del personale, oltreche dal sostegno di coloro che ne beneficiano.6) La professionalizzazione dell’accoglienzacostituisce un fattore chiave. È oggi risaputoche i servizi di educazione e accoglienza della

comandazioni, formulate in maniera suffi-cientemente aperta per consentire a ciascunoStato membro la formulazione di politicheadeguate al contesto nazionale e al rispettivostato di avanzamento. Esse si fondano su unarevisione della letteratura in materia e tengonoconto dei lavori precedenti1.

Alcune linee principali da tenere inconsiderazione nella letteratura

Negli ultimi vent’anni numerosi rap-porti internazionali, quali quelli della Réseaueuropéen des modes de garde d’enfants (1991;1996)2, dell’Ocde (2001; 2006)3, d’Enfantsd’Europe (2008)4, dell’Unicef (2008)5, dellarete Nesse (2009)6, di Euridyce (2009)7, con-vergono nei risultati e raccomandazioni, tut-tavia restano da realizzare alcune azionispecifiche nei diversi Stati membri per con-cretizzare tali raccomandazioni in modo ade-guato alle specificità dei contesti locali. Essi cisollecitano a seguire alcuni orientamenti fon-damentali che possono essere sintetizzati inotto punti di seguito elencati.1) Con riferimento alla Convenzione inter-nazionale dei diritti del fanciullo, ogni bam-bino ha, dal momento della sua nascita, ildiritto fondamentale alla promozione, al so-stegno e al supporto del suo sviluppo. L’edu-cazione della prima infanzia è quindi daconsiderarsi un diritto umano fondamentalefin dalla nascita, ben oltre che una misuraorientata a facilitare la partecipazione delledonne nel mercato del lavoro. Considerarequesto diritto presuppone legare indissolubil-mente gli obiettivi quantitativi (aumentare itassi di copertura) a quelli qualitativi (svilup-pare il livello dei servizi presupponendo valoridi qualità, equità e diversità).2) L’accoglienza e l’educazione della primainfanzia costituiscono un investimento frut-tuoso. Tale investimento, nel garantire l’offertadi servizi di qualità accessibili a tutti, tieneconto dell’importanza dei primi anni di vitaal fine di evitare gli effetti di stratificazione so-ciale e di esclusione. Questi servizi mirano aessere oggetto di politiche che favoriscano losviluppo congiunto di funzioni sociali, econo-miche ed educative dell’intero sistema di ser-vizi per l’educazione e l’accoglienza dellaprima infanzia, superando le disparità regi-strate e promuovendo l’inclusione sociale.

PIRARD, PARMENTIER | RACCOMANDAZIONI PER LE POLITICHE PER L’EDUCAZIONE E L’ACCOGLIENZA DELLA PRIMA INFANZIA

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La qualità dei servizi di educazione e accoglienza della prima infanzia è strettamentelegata alla professionalizzazione del personale, che deve necessariamente esserestabile, competente, qualificato e deve beneficiare di una formazionepluridisciplinare che permetta di creare un’identità professionale condivisa e dirispondere alle nuove esigenze della professione

un monitoraggio e una valutazione che per-mettano di misurare gli effetti delle politiche edegli obiettivi preposti, in funzione di indica-tori definiti ad hoc. Si tratta inoltre di valutarela qualità nel contesto complessivo, prendendoin considerazione valori culturali e di visionedell’infanzia differenti, la sua accoglienza e lasua educazione, assumendo per la sua defini-zione e valutazione processi partecipativi e de-mocratici tarati sul lungo periodo, purdovendo garantire al contempo a tutti i servizidei criteri di qualità di base.

Raccomandazioni adottate dal gruppo Europe de l’Enfance

Il gruppo Europe de l’Enfance ricono-sce a ciascun bambino fin dalla nascita un di-ritto fondamentale alla promozione, alsostegno e al supporto del suo sviluppo. I ge-nitori o i tutori sono responsabili della sua cre-scita e del suo sviluppo. L’educazione el’accoglienza offrono un supporto al contestofamiliare nel creare le condizioni migliori pos-sibili per assicurare che lo sviluppo di ognibambino sia ricco e variegato.Il gruppo Europe de l’Enfance riconosce la li-bertà di scelta dei genitori nell’usufruire omeno dei servizi per l’educazione e l’acco-glienza della prima infanzia, come pure che losviluppo di tali servizi appartiene a una visionepolitica integrata oltre l’infanzia e la famiglia,che presuppone misure a sostegno di essa,nello specifico i congedi parentali, e cheprende in considerazione il contesto storico eculturale nazionale. Per “servizi di educazionee di accoglienza della prima infanzia” devonointendersi le strutture d’accoglienza formaliz-zate e regolamentate, organizzate in colletti-vità o a carattere familiare, che esercitanofunzioni educative, sociali ed economiche. Taliservizi si rivolgono a ogni bambino e alla suafamiglia, senza alcuna discriminazione.

prima infanzia di qualità necessitano di perso-nale stabile, competente, qualificato, che be-nefici di una formazione pluridisciplinare chepermetta di creare un’identità professionalecondivisa al di là delle specificità di settore, eche permetta di rispondere alle nuove esigenzedella professione. Lo sviluppo di una profes-sionalizzazione di tali attività esige una revi-sione dei livelli di formazione iniziale,associata a un sistema di formazione continuae di accompagnamento professionale seguito,nel contempo, da un approccio privo di pre-giudizi sessisti (gender neutral), fondato sullaricerca della parità uomo-donna, visto chetroppo spesso l’accoglienza della prima infan-zia è associata a un’attività femminile (leggimaterna) e perciò a un’attività quasi volonta-ristica (leggi sottopagata).7) Le politiche integrate mirano a incidere suidiversi livelli di potere. Alla luce della comples-sità delle problematiche legate all’accoglienzadella prima infanzia, la quale oltrepassa i confiniamministrativi tradizionali, la questione è svi-luppare un quadro politico integrato, garantiredei meccanismi di coordinamento e di collabo-razione tra i diversi settori e ambiti politici coin-volti (impiego, alloggio, famiglia, accoglienza,educazione, salute ecc.), tra i differenti mini-steri e i diversi livelli di governance (coordina-mento orizzontale e verticale, coordinamentotra livelli centrali e decentrati), al fine di raffor-zare la coerenza complessiva dei servizi per laprima infanzia, assicurare il benessere dei bam-bini e favorire la diversità sociale.8) La valutazione e il monitoraggio devonoessere pensati come strumenti di professiona-lizzazione e di regolamentazione dei sistemi. Ilmonitoraggio e la valutazione possono inci-dere tanto sull’efficacia delle politiche nel pro-porre servizi dell’educazione e accoglienzadella prima infanzia di qualità, quanto sullaqualità dei servizi stessi. Si tratta di garantire

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Il gruppo Europe de l’Enfance riconosce aciascun bambino fin dalla nascita un dirittofondamentale alla promozione, al sostegno eal supporto del suo sviluppo. I genitori o itutori sono responsabili della sua crescita edel suo sviluppo, mentre l’educazione el’accoglienza offrono un supporto nel crearele condizioni migliori per uno sviluppo ricco

– come pure nell’accompagnamento profes-sionale – per tutto il personale dei servizi dieducazione e accoglienza per l’infanzia, conun’attenzione specifica al lavoro con i bambinie le famiglie vulnerabili;8) se necessario, in funzione dei diversi con-testi giuridici nazionali, di lavorare per garan-tire condizioni lavorative, salariali e di statuscompatibili con una stabilità d’impiego e uninvestimento professionale a lungo temine, inmodo da contribuire all’incremento della va-lorizzazione sociale delle prestazioni dei servizidi educazione e accoglienza per l’infanzia e allostesso modo promuovere la presenza di en-trambi i generi, in una prospettiva di pari op-portunità;9) di dar seguito, all’interno di ciascuno Statomembro e a livello europeo, ai lavori in me-rito alla definizione delle condizioni necessarieper garantire la qualità dell’accoglienza e del-l’educazione, e di sviluppare procedure coe-renti per la raccolta e l’analisi delleinformazioni sulla totalità delle attività dei ser-vizi di educazione e accoglienza per l’infanzia;10) di sostenere e promuovere attività di ri-cerca e reti (di professionisti, ricercatori, geni-tori e rappresentanti politici) che favoriscanola circolazione delle informazioni, lo scambiodi esperienze, la condivisione di fonti teorichee l’analisi delle pratiche;11) di effettuare una valutazione regolare (perogni Stato membro) dei progressi registratinella realizzazione delle politiche per l’educa-zione e l’accoglienza della prima infanzia, e disostenere processi valutativi partecipati, de-mocratici e trasparenti in merito alla qualitàdei servizi, basati su dibattiti pubblici in cuisiano coinvolti tutti i soggetti deputati.

Il gruppo Europe de l’Enfance raccomanda:1) di orientare le politiche e i fondi pubblici,quando possibile, a favore dello sviluppo e delbenessere dei bambini, e di considerare que-sto come un investimento per il futuro;2) di assumere un impegno responsabile e rea-listico per procedere con lo sviluppo di un’of-ferta per l’educazione e l’accoglienza dellaprima infanzia di qualità, che tenga conto dellarealtà socioeconomica di ciascun Paese mem-bro dell’Unione Europea e integri i diversi li-velli di potere. I Paesi che raggiungeranno gliobiettivi fissati nel 2002 dal Consiglio europeodi Barcellona prenderanno in considerazionenuove disposizioni per fissare obiettivi più am-biziosi per il decennio a venire;3) di esaminare proposte per adottare, a talescopo, azioni per favorire un’offerta di qualitàaccessibile e abbordabile per tutti, in un qua-dro politico coerente, regolamentato e con-trollato da una pubblica amministrazione;4) di promuovere misure per garantire chetutti i bambini possano usufruire di servizi dieducazione e accoglienza per l’infanzia di qua-lità, diversificati e integrati, che possano acco-gliere bambini e le loro famiglie in ogni sortadi situazione. In particolare, si tratta di garan-tirne l’accesso ai bambini con bisogni speci-fici, in condizioni di vulnerabilità e povertà e,a tal fine, assicurare il loro accompagnamentoe quello alle loro famiglie;5) di sviluppare meccanismi per garantire ilrispetto dei criteri necessari per la realizzazionedi servizi di educazione e accoglienza per l’in-fanzia di qualità in termini di infrastrutture,di proporzione adulti-bambini, di qualifica delpersonale e di ampiezza dei gruppi. Questimeccanismi tengono conto delle risorse di-sponibili in ogni Stato membro;6) di sviluppare misure di promozione dellosviluppo di approcci pedagogici che ricono-scano la diversità e siano fondati sulle compe-tenze e i bisogni del bambino come sullapartecipazione dell’insieme dei soggetti (bam-bini, famiglie, professionisti, altri cittadini),nel rispetto del contesto del bambino e dellesue origini;7) di esaminare e orientare le norme di qua-lifica, i sistemi educativi e gli altri contesti for-mativi verso una professionalizzazione sempremaggiore, investendo le risorse disponibilinella formazione di base e in quella continua

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A più di tre anni dalla primaedizione, tenutasi a Firenze nelmaggio del 2007, si è svolta aMilano, nei giorni 8, 9 e 10novembre 2010, la secondaConferenza nazionale dellafamiglia, organizzata dalDipartimento delle politicheper la famiglia della Presidenzadel consiglio dei ministri.

Anche in ragione del tempo trascorso, si è trat-tato di un evento molto atteso da tutte le realtàistituzionali e sociali interessate alle politiche fa-miliari. L’attenzione per la famiglia nell’am-bito più generale delle politiche di welfare staaumentando in tutti i Paesi occidentali, a pre-scindere dall’orientamento politico dei governiin carica; se ne è avuta un’ampia dimostrazionenel corso di un seminario internazionale, orga-nizzato a Bologna in preparazione della Confe-renza stessa il 27 e 28 settembre precedenti.Per questa ragione, nonostante la Conferenzasi sia tenuta sulla base di un preciso obbligonormativo (in quanto il suo svolgimento subase biennale è previsto dall’art. 1, comma1251, della legge 296/2006), tutta la fase dipreparazione e poi lo svolgimento dei lavorisono stati lontanissimi da qualsiasi atteggia-mento burocratico e hanno, al contrario, evi-denziato una partecipazione vivace e convintada parte di tutte le amministrazioni pubblichecentrali, regionali e locali, delle associazioni (ein specie quelle familiari), del privato sociale,delle imprese, delle organizzazioni dei lavora-tori e delle molte altre realtà interessate.Le tre giornate dei lavori sono state organizzate,come detto, dal Dipartimento per le politichedella famiglia, in strettissimo raccordo con l’Os-servatorio nazionale istituito presso il Diparti-mento stesso, nel quale sono rappresentate isti-tuzioni, amministrazioni e attori sociali attivinel campo, che in tal modo hanno potuto col-laborare alla stesura dell’agenda dell’evento.Espressione dell’Osservatorio è in particolare ilComitato tecnico scientifico, attualmente pre-sieduto dal sociologo Pierpaolo Donati e for-

SECONDA CONFERENZAnazionale della FAMIGLIA(MILANO, 8-10 NOVEMBRE 2010)

Giovanni Vetritto cic

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VETRITTO | SECONDA CONFERENZA NAZIONALE DELLA FAMIGLIA

mato da studiosi di chiara fama di diverse di-scipline, che nella costruzione del quadro logicodei lavori, nella selezione dei relatori e dei rap-porteur, nella promozione di un approccio“alto” ma concreto ai temi di interesse ha a suavolta avuto un ruolo rilevantissimo. Anche dal punto di vista politico-istituzionalel’evento si è svolto al massimo livello, con l’altopatrocinio del Presidente della Repubblica el’invio di calorosi messaggi da parte dei Presi-denti delle due Camere. Assieme al responsabilepolitico dell’evento, il Sottosegretario delegatoper le politiche familiari, Carlo Giovanardi,sono intervenuti diversi ministri: Maurizio Sac-coni, ministro del Lavoro e delle politiche so-ciali, Mara Carfagna, ministro delle Pari op-portunità, Giorgia Meloni, ministro dellaGioventù, Angelino Alfano, ministro della Giu-stizia, Gianfranco Rotondi, ministro per l’At-tuazione del programma di governo, EugeniaRoccella, sottosegretario alla Salute. Hannoinoltre contribuito ai lavori presidenti di Re-gioni (Roberto Formigoni, Vito De Filippo),sindaci (Letizia Moratti, Gianni Alemanno eMichele Emiliano), e altri rappresentanti poli-tici del mondo delle autonomie; nonché qua-lificati esponenti parlamentari, dalla presidentedella Commissione bicamerale per l’infanziaAlessandra Mussolini a Tiziano Treu.La Conferenza ha costituito un’occasione didibattito e di approfondimento sui principaliaspetti delle politiche familiari per tutte le re-altà pubbliche e private in esse impegnate. Haconsentito di mettere a fuoco le esigenze piùsentite dalle famiglie e dagli operatori che vi-vono concretamente la quotidianità, realiz-zando un’ampia consultazione tra le forzecoinvolte; e, coerentemente, ha permesso didisegnare i più idonei strumenti in grado direndere sempre più efficaci gli interventi ri-volti alle famiglie. Il frutto di questa consultazione andrà ad ar-ricchire il lavoro di formulazione del primoPiano nazionale delle politiche familiari dellanostra storia amministrativa, previsto dalla giàcitata norma istitutiva della Conferenza comeil fine ultimo dell’evento. Proprio per questa ra-gione, in Conferenza è stato presentato unprimo documento di lavoro (Verso un Piano na-zionale di politiche per la famiglia. L’alleanza ita-liana per la famiglia), elaborato dal Comitatotecnico scientifico dell’Osservatorio e posto a

base della discussione come atto di indirizzo eorientamento per tutti gli approfondimentisvolti nel corso dei lavori. Si tratta di un docu-mento dal taglio generale, ambizioso nell’ap-proccio, che ha avuto un’indubbia centralità neilavori ma che non ha esaurito la documenta-zione di base della manifestazione. Un’impor-tanza rilevante e un grande interesse hannoavuto infatti anche le relazioni introduttive,tenute dai membri del Comitato stesso, nelquadro di priorità politiche delineato dal di-scorso di apertura del sottosegretario Giova-nardi e dagli interventi dei ministri; relazioniche hanno consentito di focalizzare i termini ge-nerali delle problematiche in discussione.È stato, però, soprattutto il lavoro dei gruppidi discussione tematici, svoltisi nella secondagiornata, a caratterizzare l’evento e a fornireuna quantità di spunti e suggestioni che an-dranno ad arricchire il Piano. Diritti sociali einclusione sociale, accoglienza della vita e ser-vizi consultoriali, reddito e trattamento fiscale,lavoro, ruolo educativo della famiglia e sistemaformativo, immigrazione e società intercultu-rale, affido e adozione, servizi per la prima in-fanzia, famiglie con fragilità e servizi, media enuove tecnologie: questi i temi affrontati dai

dieci gruppi di lavoro, che hanno assicuratoun dibattito articolato e vivace, nel quale tuttele sensibilità e le voci hanno trovato spazio. La manifestazione, peraltro, pur non avendolatra i suoi obiettivi principali, non ha trascu-rato l’esigenza di dare visibilità ad alcunebuone pratiche di welfare nazionale e localeche nel campo esistono e necessitano di esserevalorizzate. A questo importante scopo di con-

La Conferenza nazionale della famiglia ha costituito un’occasione di dibattito e di approfondimento sui principali aspettidelle politiche familiari, ha consentito di mettere a fuoco le esigenze più sentitedalle famiglie e dagli operatori e ha permessodi disegnare i più idonei strumenti in grado di rendere efficaci gli interventi adottati

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L’interessesuscitato dallaConferenzaconferma unavolta di più comela famiglia resti,nella percezionediffusa delPaese, lafondamentaleistituzione dellasocietà erichieda lapianificazione diinterventiadeguati e benmeditati, che nesostengano lafunzione e nepromuovano ilruolo

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EVENTI

torno hanno contribuito i quasi 40 stand del-l’area espositiva, posti a raggiera attorno alla“piazza” animata dal personale del Diparti-mento ospitante con l’illustrazione delle prin-cipali iniziative da questo condotte; stand neiquali hanno trovato posto alcuni dei più im-portanti attori del sistema e molti dei vincitoridelle diverse annualità del premio Amico dellafamiglia conferito dal Dipartimento. L’articolazione del programma, e la moltepli-cità di spazi e momenti previsti, ha evidente-mente incontrato le aspettative e le necessitàdella variegata platea di interlocutori che il Di-partimento ha sollecitato a intervenire, come inumeri dell’evento dimostrano: 2.706 i parte-cipanti, in rappresentanza di quasi 350 asso-ciazioni; 30 le università che hanno fornitoprestigiosi relatori di diversi campi di studio;1.250 le istituzioni e gli enti presenti a diversotitolo (6 le confessioni religiose, 15 i sindacatie le organizzazioni datoriali, 170 i consultoripubblici e privati); 150, infine, i giornalisti ac-creditati, per un totale di 3.587 presenze neitre giorni. Questi numeri testimoniano un’adesione vastae sentita a tutti i diversi momenti dell’evento.Sia nelle sessioni in plenaria che nei dieci gruppidi lavoro, si è registrato un grande interesse peri temi affrontati e una vivace volontà di parte-cipazione da parte di tutti gli intervenuti. I con-tributi portati alla Conferenza dalle autoritàpolitiche hanno trovato vasta eco sugli organid’informazione; gli interventi degli studiosi edelle realtà istituzionali e della società civilealle diverse sessioni di lavoro, spaccato impor-tante delle sensibilità presenti nel mondo deglistudi e nella società, continuano a essere citati,in molte sedi, come esempio di una possibileagenda di politiche familiari, a testimonianzadella ricchezza e della qualità del dibattito pro-dottosi durante la manifestazione. Questo di-battito non deve però considerarsi chiuso conla conclusione della Conferenza, ma devecontinuare, per assicurare un ampio con-fronto tra tutti gli addetti ai lavori, durante ilprocesso di redazione del Piano, che dovràcondurre all’implementazione di politiche fa-miliari sempre più efficaci.Concludendo i lavori della Conferenza, il sot-tosegretario Giovanardi ha manifestato la suasoddisfazione per la fattiva e convinta parteci-pazione di tutti. In merito alle prospettive

delle politiche familiari, ha sottolineato l’im-portanza di una sempre più stretta coopera-zione di tutti i livelli istituzionali nel sostegnoalla famiglia nel nuovo contesto federale e diun crescente coinvolgimento sussidiario dellerealtà sociali. Dal punto di vista del ruolo delloStato, ha rilevato come sia necessario definirei contenuti del Piano nazionale a partire daldocumento strategico prodotto dal Comitatotecnico scientifico e posto a base delle discus-sioni nella Conferenza, ma valorizzando anchetutti gli altri materiali prodotti nel corso del-l’evento, quali relazioni e interventi dei parte-cipanti; auspicando che il Piano abbia un suoarticolato processo di negoziazione con tuttigli attori interessati, creando un ampio con-senso attorno alle prospettive di intervento, apartire da quella sulla fiscalità per la famiglia.L’interesse suscitato dalla Conferenza con-ferma una volta di più come la famiglia resti,nella percezione diffusa del Paese, la fonda-mentale istituzione della società e richieda,specialmente in questo momento di pronun-ciata crisi economica e sociale, la pianifica-zione di interventi adeguati e meditati, che nesostengano la funzione e ne promuovano ilruolo. Le difficoltà della finanza pubblica e laconnessa ristrettezza delle risorse a disposi-zione non consentono più, infatti, sprechi einterventi “a pioggia”, e richiedono l’indivi-duazione rigorosa delle priorità e l’attribuzioneconsapevole e ragionata dei finanziamenti a di-sposizione.È proprio attorno a una simile prospettiva diselezione delle priorità e di conseguente fina-lizzazione delle scarse risorse al momento di-sponibili per le politiche familiari che ilDipartimento intende giocare il suo ruolo difacilitazione e stimolo per la costruzione delPiano. Un Piano che però, come più volte ri-petuto, dovrà essere sentito da tutte le com-ponenti istituzionali e sociali come una cosapropria, sulla quale scommettere per innalzareil livello di efficacia e produttività degli inter-venti a tutti i livelli di governo.Perché ciò accada, però, è indispensabile che ildibattito sorto in occasione della Conferenzanon si sopisca, ma anzi trovi nella ricca docu-mentazione prodotta nel corso dei lavori, e cheè disponibile sul sito web dell’evento www.con-ferenzafamiglia.it uno strumento di informa-zione e stimolo.

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Working for inclusion è unprogetto finanziato dallaComunità Europea attraversoil Programma perl’occupazione e la solidarietàsociale (2007-2013), Progress,che si è svolto da febbraio2009 a gennaio 2011. Ilprogetto ha avuto comeobiettivo lo studio dellemodalità attraverso le quali lequalifiche e le competenze dicoloro che si occupano diinfanzia possono essere disupporto per la riduzione dellapovertà e per il miglioramentodei livelli di inclusione sociale,e si è dimostrato unostrumento estremamenteefficace nell’incoraggiamento enella facilitazione delladiscussione e del dibattito sulruolo degli educatori e degliinsegnanti che si occupano dibambini in età prescolare.

Gli obiettivi del programma sono stati: por-tare l’attenzione e rafforzare l’interesse, a li-vello locale, nazionale ed europeo, su comecoloro che si occupano di infanzia possano af-frontare la povertà e migliorare l’inclusione so-ciale; stimolare il dibattito e facilitare loscambio di buone pratiche tra gli Stati mem-bri; far circolare informazioni riguardo allo svi-luppo delle politiche e delle pratiche fra gliStati membri. Il punto di partenza del pro-gramma di lavoro sono le raccomandazioni delreport della Commissione Europea Child po-verty and well-being in the EU: current statusand way forward (2008), in particolar modoquelle riguardanti il bisogno di migliorare i

WORKING for inclusionITALIA, SCOZIA, NORVEGIA E POLONIA, 2009-2011

Barbara Pagni cic

EVENTI

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EVENTI

dati e la loro comprensione sulla relazione trapovertà, lavoro e famiglie con bambini.Le nazioni coinvolte come Paesi partner sonola Scozia, nazione capofila del progetto, conl’organizzazione Children in Scotland; l’Italia,con La bottega di Geppetto, Centro di ricercae documentazione per l’infanzia a San Miniato(Pisa); la Norvegia, con il Nordland ResearchInstitute, e la Polonia, con Comenius Foun-dation for Child Development. Il programmaha coinvolto anche altri sei Paesi in qualità diassociati: Danimarca, Francia, Portogallo, Slo-venia, Svezia, Ungheria. I rappresentanti diqueste nazioni hanno avuto la possibilità dipartecipare ad alcuni degli eventi in pro-gramma e di essere costantemente aggiornatisulle attività promosse dal programma Wor-king for inclusion.Nello specifico, il progetto si è articolato su di-versi livelli e con differenti tipi di attività. Findal suo inizio i partner hanno messo le basi epreso parte a una ricerca a livello europeo cheha coinvolto tutti gli stati membri e la Norve-gia. La ricerca, portata avanti in particolare daPeter Moss e John Bennett, fornisce un quadroaggiornato della situazione europea riguar-dante i servizi per l’infanzia, gli operatori chelavorano all’interno di questi servizi e i dati suquesti temi. Inoltre la ricerca affronta la que-stione di come questi risultati si relazionino ailivelli di povertà e di inclusione sociale nei di-versi Paesi. Durante il lavoro di ricerca sonostati pubblicati i profili delle seguenti nazioni:Italia, Scozia e Regno Unito, Norvegia, Polo-

nia, Slovenia, Francia, Danimarca, Portogallo,Svezia e Ungheria, contenenti dati estrema-mente utili come contributo per lo sviluppodelle politiche sia a livello europeo sia a livellonazionale. Il programma ha visto la realizzazione di quat-tro visite di studio al termine delle quali sisono organizzati quattro seminari tematici. Levisite di studio, della durata di una settimanaciascuna, e i rispettivi seminari si sono svoltinelle quattro nazioni partner e sono statiorientati da quattro temi chiave in relazione ainclusione sociale e povertà e alla situazionedegli operatori per l’infanzia. Nello specifico,nel maggio 2009 si è svolta la prima settimanadi visita e studio ospitata da La bottega diGeppetto che ha avuto come tema di discus-sione e confronto il bambino protagonista deipropri processi di crescita e apprendimento. Iservizi per l’infanzia rappresentano un conso-lidato investimento del Comune di San Mi-niato rivolto ai bambini e alle famiglie. Essioffrono un ventaglio articolato di possibilitàdi iscrizione e frequenza per consentire un so-stegno forte allo sviluppo delle potenzialità deibambini, nel quadro di un’attenzione ai lorobisogni e a quelli delle famiglie. L’importanteinvestimento che questo Comune ha fatto, in30 anni di storia, rispetto ai servizi per laprima infanzia, ha dato come risultato il fattoche, a oggi, i nidi da soli garantiscono la co-pertura del 33%, prevista dalla Comunità Eu-ropea per il 2010, e se a questo datoaggiungiamo i servizi integrativi e la scuola

Working for inclusion è un progetto finanziato dalla ComunitàEuropea attraverso il Programma per l’occupazione e la solidarietàsociale (2007-2013); suoi obiettivi sono portare l’attenzione erafforzare l’interesse, a livello locale, nazionale ed europeo, su comechi si occupa di infanzia possa affrontare la povertà e migliorarel’inclusione sociale; stimolare il dibattito, facilitare lo scambio dibuone pratiche, far circolare informazioni riguardo allo sviluppo dellepolitiche e delle pratiche tra gli Stati membri

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PAGNI | WORKING FOR INCLUSION

dell’infanzia la copertura supera il 45% deibambini 0-2 anni. Uno degli elementi che ca-ratterizzano il progetto dei servizi sanminiatesiè sicuramente una visione del bambino al cen-tro delle esperienze che vive: un bambinocompetente e curioso, socievole e forte, atti-vamente impegnato nella creazione dell’espe-rienza e nella costruzione dell’identità e dellaconoscenza. Questa concezione implica unatotale trasformazione del ruolo degli adulti cheoperano all’interno dei servizi: il nido vienevissuto come contesto dove i bambini e glieducatori condividono la vita quotidiana daprotagonisti, creano relazioni ed esperienze egenerano nuove comprensioni e quindi nuovaconoscenza.Nel settembre 2009 Children in Scotland haospitato le delegazioni dei Paesi partner trat-tando il tema della diversità, in particolare ri-spetto a differenze di etnia, lingua, abilità egenere. I delegati hanno avuto la possibilità diincontrare le esperienze delle special school –scuole per bambini con disabilità o con diffi-coltà derivanti da madrelingua diversa daquella inglese o da provenienza etnica diversa– sia in contesti urbani, quali quelli delle cittàdi Edimburgo e Glasgow, sia in quelli più ru-rali, come l’area di West Lothian. L’Istituto di ricerca del Nordland (NordlandResearch Institute), con base nella città diBodo, sede del governo della regione del Nor-dland, ha guidato la terza visita di studio nelgennaio 2010 attraverso il tema dei modelli dieducatori e insegnanti che lavorano in modoinclusivo in aree rurali e remote. La regionedel Nordland ha una densità di popolazionedi 6,2 abitanti per km2 e ha molto investitonella promozione di reti di Comuni e comu-nità che lavorano in sinergia per garantire ser-vizi educativi e sociali integrati anche allerealtà più piccole e con minor disponibilità dirisorse professionali.L’ultima settimana di studio si è svolta a Var-savia nel maggio del 2010 ed è stata organiz-zata dall’organizzazione no profit ComeniusFoundation for Child Development. Anche inquesta occasione i delegati dei diversi Paesihanno avuto la possibilità di visitare servizidella città di Varsavia e realtà meno strutturateche vedono una forte partecipazione delle fa-miglie nella realizzazione, organizzazione e ge-stione dei servizi che si trovano in realtà rurali.

Durante la settimana di studio e la conferenzaconclusiva è stato approfondito il tema del-l’esplorazione del ruolo di educatori e inse-gnanti che lavorano in modo inclusivo conbambini e famiglie. Uno degli strumenti fondamentali realizzati eutilizzati dal programma Working for inclu-sion è il sito internet (www.knowledge.scot.nhs.uk/wfi.aspx): le pagine web, in lingua in-glese, raccolgono tutte le informazioni gene-rali relative al progetto e alle organizzazioni eistituzioni che ne fanno parte, fornendoanche riferimenti di contatto per chi fosse in-teressato ad approfondire i temi trattati; inol-tre il sito offre uno spazio di discussione,confronto e scambio attraverso un forum uti-lizzabile da tutti gli utenti. Oltre a ciò, nellospazio web possono essere trovate e scaricategratuitamente in formato pdf tutte le pub-blicazioni prodotte nel corso dei due anni dilavoro: i rapporti riguardanti le singole visitedi studio e relative conferenze (elaborati at-traverso i commenti e le riflessioni condiviseda tutti i delegati che vi hanno preso parte),i profili di dieci nazioni europee, la ricercadal titolo Working for inclusion: an overviewof European Union early years services andtheir workforce, curata da John Bennett ePeter Moss, e altri documenti e articoli rela-tivi al tema dell’inclusione sociale e della po-vertà infantile. I risultati della ricerca e l’esperienza degliscambi durante le visite di studio sono statipresentati durante una conferenza di chiusuradel progetto che si è tenuta il 9 dicembre 2010presso la sede del Parlamento europeo a Bru-xelles. All’evento hanno partecipato, oltre aidelegati delle nazioni partner e associate,membri del Parlamento europeo, quali MaryHoneyball (Comitato cultura ed educazione),e rappresentanti dei governo locali e nazionalidei Paesi partecipanti.Il valore principale del progetto è rintraccia-bile sicuramente, oltre all’indiscusso apportoche la ricerca ha fornito rispetto ai dati e allasituazione dei servizi e degli operatori nei di-versi Paesi, nella dimensione di collaborazionee di scambio di buone pratiche che si è creatatra i Paesi partner e tra questi e i Paesi asso-ciati, pur nel quadro delle specifiche e indivi-duali situazioni economiche, politiche esociali.

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NORMATIVA INTERNAZIONALE

ONUMisure speciali di protezione [artt. 22, 30, 32-36, 37 (b)-(d), 38, 39 e 40]

General Assembly, Resolution adopted on 9 July 2010, A/RES/64/290, The right to education in emergency situations

La risoluzione dell’Assemblea generale 64/290,resa pubblica il 27 luglio 2010, esordisce ri-cordando le principali risoluzioni nelle qualila stessa aveva precedentemente affermato ildiritto dei minori di età ad avere garantital’educazione in ogni circostanza, anche in si-tuazioni d’emergenza. Infatti, già nella Di-chiarazione del Millennio delle Nazioni Unite(vedi la risoluzione A/55/2 del 2000) era statoaffermato che i bambini di ciascun Paese delmondo, maschi o femmine, devono esseremessi in condizioni di completare il ciclo deglistudi elementari e che, dal 2015, non do-vranno esserci situazioni di disparità di generenell’accesso a ogni livello d’istruzione. Delresto, la stessa Convenzione sui diritti del fan-ciullo (approvata dall’Assemblea generale delleNazioni Unite il 20 novembre del 1989 a NewYork), agli articoli 28 e 29 indica i presuppo-sti essenziali perché sia realizzato il diritto al-l’educazione per tutti i minori di età. L’Assemblea generale, pur riconoscendo chein questi anni ci sono stati notevoli progressi e

RASSEGNA NORMATIVA

a cura di Tessa Onida cicgiugno - settembre 2010

LA RASSEGNA NORMATIVA SEGNALA alcune delle principali novità giuridi-

che che riguardano i minori di 18 anni e il contesto sociale in cui essi cre-

scono. I commenti sono suddivisi per aree tematiche, individuate in base ai

raggruppamenti degli articoli della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo

(di seguito Crc) e suoi Protocolli così come proposti dal Comitato Onu, e sono

strutturati in maniera tale da mettere in evidenza le principali novità nor-

mative che, di volta in volta, si presentano nell’ambito del diritto minorile ai

vari livelli: internazionale, nazionale e regionale.

I criteri sulla cui base viene deciso quali novità giuridiche commentare

sono essenzialmente due, tra di loro complementari: il valore della norma

sotto il profilo della gerarchia delle fonti e l’impatto sociale che essa è de-

stinata a produrre. Per tali motivi sono analizzati anche quegli atti, come

le circolari ministeriali, che a volte sono particolarmente idonei a descri-

vere gli orientamenti adottati dai vari enti, anche se non sono vere fonti

giuridiche valevoli erga omnes. Gli stessi criteri guidano la selezione a li-

vello internazionale, con riguardo sia al fatto che la normativa sia vinco-

lante per gli Stati ai quali è diretta, sia al tema trattato anche se in atti che

per loro natura non sono giuridicamente vincolanti per gli Stati.

Le norme qui commentate sono reperibili nel Catalogo giuridico del portale

minori.it, all’indirizzo opac.minori.it/EOSWEB/OPAC

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RASSEGNA NORMATIVA

numerose iniziative per garantire l’educazionedei bambini in situazioni d’emergenza, ricordache i finanziamenti stanziati per perseguirequest’obiettivo restano insufficienti e, a que-sto proposito, invita gli Stati a fare un salto diqualità a livello di volontà politica e di finan-ziamento per sostenere gli sforzi dei Paesi invia di sviluppo. In seguito, parlando del modoin cui affrontare quest’importante problema-tica, spiega che l’obiettivo di estendere l’edu-cazione e l’istruzione a tutte le popolazioni cheversano in stato d’emergenza richiede un pro-getto complesso e specifico, che miri alla loroprotezione e, soprattutto, che preveda ancheiniziative di mitigazione dei conflitti in esseree di riduzione del rischio di catastrofi naturaliper offrire la sensazione di ritorno alla norma-lità e di speranza per il futuro. Infine, l’As-semblea richiama tutti gli Stati all’attuazionedi strategie e politiche idonee a realizzare il di-ritto all’istruzione al massimo delle loro risorsedisponibili e in particolare gli Stati parte neiconflitti armati perché aggiungano ai loro ob-blighi di diritto internazionale il rispetto pergli studenti e l’obbligo di astenersi dal reclu-tare bambini nei gruppi armati.

Unione EuropeaMisure speciali di protezione [artt. 22, 30, 32-36, 37 (b)-(d), 38, 39 e 40]

Parlamento europeo, risoluzione del 9 settembre 2010, P7_TA-PROV(2010) 0312, sulla situazione dei rom e la libertà di circolazione nell’Unione Europea

A sollecitare la risoluzione del Parlamento eu-ropeo in oggetto non è stato solo il generaleproblema della discriminazione razziale diadulti e minorenni di etnia rom, ma anche al-cuni specifici episodi verificatisi all’interno del-l’Unione Europea. Infatti, tra i mesi di marzoe agosto 2010 sono stati adottati dalle autoritàfrancesi, ma anche da altri Paesi membri, nu-merosi provvedimenti di espulsione o “di rien-tro volontario” nei confronti dei rom, perse-guendo una generale politica di espulsione per

centinaia di cittadini rom dell’Unione Europea.Il Parlamento, nell’esortare a sospendere al piùpresto tutte le espulsioni di rom, ricorda che ladirettiva 2004/38/CE prevede le limitazionidella libertà di circolazione dei cittadini del-l’Unione Europea e il loro allontanamentoesclusivamente come eccezioni: l’allontana-mento, infatti, deve essere ponderato e decisosingolarmente, tenendo conto delle circostanzepersonali e assicurando ai destinatari di questiprovvedimenti effettive garanzie proceduralicome efficaci mezzi di impugnazione (vedi gliartt. 28, 30 e 31 della direttiva). Inoltre, e il fatto è senz’altro rilevante, la mag-gior parte dei rom europei sono divenuti cit-tadini dell’Unione Europea in seguito agliallargamenti del 2004 e del 2007, per cui essigodono del diritto di circolare e soggiornareliberamente nel territorio degli Stati membri.Ed è proprio questo il punto su cui il Parla-mento fa leva per mostrare l’illegittimità dicomportamenti che vanno a ledere un “di-ritto” che è anche l’aspetto fondamentale del-l’essere cittadino dell’Unione Europea, cosìcome emerge dai trattati e dalla direttiva2004/38/CE (non a caso il Parlamento ri-chiama con forza, a proposito delle discrimi-nazioni dei rom, anche la Carta dei dirittifondamentali dell’Unione Europea insieme adaltre norme di diritto internazionale in mate-ria di diritti umani). Il Parlamento espone, altresì, le sue considera-zioni sui progressi seppure lenti e discontinuicompiuti nella lotta alla discriminazione deirom, sul fatto di essere riusciti, almeno inparte, a garantire loro diritti importanti comequello della parità di accesso ai sistemi di assi-stenza sanitaria e ad altri servizi pubblici. Tut-tavia, a oggi, resta ancora molto da fareproprio a causa delle discriminazioni presentinei settori dell’istruzione, dell’alloggio (segna-tamente, gli sfratti forzati e le condizioni divita inferiori agli standard, in ghetti) e del-l’occupazione (con un tasso di occupazioneparticolarmente basso). Per questo il Parla-mento esorta gli Stati membri a rispettare gliobblighi che derivano dalle norme europee,eliminando le incongruenze registrate nell’ap-plicazione delle prescrizioni previste dalla di-rettiva sulla libertà di circolazione e facendo sìche i rom possano essere, anche a livello poli-tico, maggiormente rappresentati.

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di organi. Altri documenti importanti sono ladecisione quadro 2002/629/GAI del Consi-glio, del 19 luglio 2002, sulla lotta alla trattadegli esseri umani e alcune norme che eranogià presenti nel nostro ordinamento interno.Infatti, a partire dall’art. 3 della Costituzione,che afferma la pari dignità sociale e l’ugua-glianza di tutti i cittadini, fino a disposizioninormative più specifiche, come quelle conte-nute nella legge 228/2003 recante Misure con-tro la tratta di persone – che già aveva sostituitogli articoli 600, 601 e 602 del codice penalemodernizzando il concetto di tratta di per-sone e la definizione di “riduzione o manteni-mento in schiavitù o in servitù” e di “acquistoe alienazione di schiavi” –, il nostro ordina-mento giuridico conteneva già disposizioniadeguate per combattere questo fenomeno.Con la legge 108/2010 si compie un ulteriorepasso in avanti nella predisposizione degli stru-menti giuridici per fronteggiare la tratta degliesseri umani. Si introduce l’art. 602 ter, ilquale prevede che nelle ipotesi di reato indicateagli artt. 600, 601 e 602 del codice penale,normalmente sanzionate con la reclusione da8 a 20 anni, la pena venga aumentata da unterzo alla metà nei seguenti casi: se la personaoffesa sia minore di 18 anni; se i fatti siano di-retti allo sfruttamento della prostituzione o alfine di sottoporre la persona offesa al prelievodi organi; se dal fatto derivi un grave pericoloper la vita o per l’integrità fisica o psichicadella persona. Un’importante novità è anchequella introdotta dall’art. 20, che introduce ilreato di danneggiamento, soppressione, oc-cultamento, detenzione illegale, falsificazionee procacciamento di documenti di identità e diviaggio, nonché la possibilità di non punire levittime per il loro coinvolgimento in attività il-legali se vi siano state costrette.La convenzione, oltre al diritto all’indennizzoe al risarcimento legale stabilito per le vittimeall’art. 15 (già presente nel nostro ordina-mento giuridico), prevede anche un periododi recupero e riflessione di almeno 30 giorni achi sia caduto nelle maglie della tratta al fine diconsentirgli di sottrarsi all’influenza dei traffi-canti e, infine, la possibilità di punire i clientidelle vittime della tratta (per esempio i clientidelle prostitute vittime di questo abietto feno-meno) come soggetti che hanno tratto beneficidalla stessa.

NORMATIVA NAZIONALE

Misure speciali di protezione [artt. 22, 30, 32-36, 37 (b)-(d), 38, 39 e 40]

Legge 2 luglio 2010, n. 108, Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno,pubblicata in GU del 15 luglio 2010, n. 163,serie generale

Con la legge 2 luglio 2010 n. 108, entrata invigore il 30 luglio, l’Italia ratifica la conven-zione sottoscritta a Varsavia nel 2005 e, con-testualmente, adegua il proprio ordinamentoalle previsioni in essa contenute. La conven-zione si caratterizza per l’approccio ampio concui si propone di fronteggiare la tratta degli es-seri umani, che cerca di combattere in tutte lesue forme: collegate o meno alla criminalitàorganizzata e limitate a livello nazionale oestese a quello internazionale. Il fenomenodella tratta degli esseri umani, che alimenta invari Paesi un autentico mercato delle persone,cambia velocemente al mutare delle legisla-zioni dei singoli Stati: ai fini della sua repres-sione, è necessario uno studio continuo dellasua evoluzione e un costante adeguamentodegli strumenti giuridici di contrasto.La convenzione va ad affiancarsi a diversi do-cumenti, innanzitutto al Protocollo addizio-nale alla Convenzione delle Nazione Unitecontro la criminalità transnazionale organiz-zata, firmata a Palermo nel 2000. In quel testoil reato di traffico si caratterizza per tre ele-menti: riferiti alle azioni, lo sradicamento e tra-sferimento della persona, non necessariamenteoltre il confine; i mezzi utilizzati, che possonoessere violenza, minaccia o altre forme di co-ercizione, inganno, abuso di potere o abuso diuna posizione di vulnerabilità; lo scopo dellosfruttamento, che deve includere come mi-nimo la riduzione in schiavitù o, in condi-zione analoga, lo sfruttamento della prostitu-zione altrui o altre forme di sfruttamentosessuale, il lavoro forzato, la servitù o l’espianto

RASSEGNA NORMATIVA

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NORMATIVA REGIONALE

Salute e servizi di base [artt 6,18.3, 23, 24, 26 e 27.1-3]

Provincia autonoma di Trento, legge provinciale 3 agosto 2010, n. 19, Tutela dei minori dalle conseguenze legate al consumo di bevande alcoliche, pubblicata nel Bur Trentino-Alto Adige del 10 agosto 2010, n. 32

Per comprendere appieno il significato dellalegge in commento si deve inquadrarla nel piùampio quadro costituito dalle disposizioniadottate dal legislatore nazionale con l’obiet-tivo di fronteggiare il problema dell’alcolismotra i giovani.Infatti, a livello nazionale, il legislatore con lalegge 30 marzo 2001, n. 125, Legge quadro inmateria di alcol e di problemi alcolcorrelati –in linea con una serie di atti dell’Unione Eu-ropea e internazionali –, aveva adottato unanormativa complessa per disciplinare la mate-ria dell’alcolismo nei giovani. Nella legge sta-tale il problema veniva preso in considerazionesia in relazione alle conseguenze del consumoe della dipendenza dall’alcol, sia in relazionealle situazioni di pericolo che i soggetti in statodi ubriachezza possono determinare per lorostessi e per gli altri. Era stata decisa anche unanuova articolazione dei compiti dello Stato edelle Regioni (e Province autonome), le qualiavrebbero dovuto definire i requisiti minimi,strutturali e organizzativi dei servizi sanitari perattività di prevenzione, cura, riabilitazione ereinserimento sociale dei soggetti aventi pro-blemi e patologie alcolcorrelati, secondo criteriche tenessero conto dell’incidenza territorialedegli stessi. A tale proposito tra gli interventivennero previste forti azioni di prevenzione einformazione nelle scuole, nelle università,nelle accademie militari, nelle caserme, negliistituti penitenziari e nei luoghi di aggregazionegiovanile affinché si costruisse uno scudo aquesta piaga sociale.Così, la nuova legge della Provincia di Trento,affronta il problema dell’eccessivo consumo dibevande alcoliche da parte dei giovani secondo

Diritti civili e libertà [artt. 7, 8, 13-17 e 37(a)]

Disegno di legge C3711, Istituzione dell’insegnamento dell’“introduzione alle religioni” nella scuola secondaria di primo grado e nella scuola secondaria superiore, presentato alla Camera il 16 settembre 2010

Il progetto di legge C3711, assegnato in Com-missione cultura, scienza e istruzione il 13 ot-tobre 2010, si propone di introdurre comeobbligatoria una nuova materia di studio fi-nalizzata all’insegnamento non confessionaledelle religioni nella scuola secondaria di primogrado e nella scuola secondaria di secondogrado: “introduzione alle religioni”. Questa nuova materia – con un orario di cat-tedra dell’insegnamento articolato su nove orecomplessive settimanali, suddivise in un’ora diinsegnamento per ogni classe – consiste nellostudio dei principali testi sacri di tutto ilmondo. I docenti incaricati dovranno garan-tire un approccio scientifico e non dogmaticoal tema. I temi trattati nella nuova materiasono descritti analiticamente nell’articolo 2 delprogetto e sono: l’analisi del fenomeno reli-gioso in generale quale «fenomeno trasversaleall’esperienza umana e alle culture»; le carat-teristiche e l’evoluzione delle grandi tradizionireligiose, in particolare il progetto dovrebbecomprendere l’induismo, il buddismo, l’ebrai-smo, il cristianesimo, l’islamismo. I pro-grammi prevedono la storia delle tre religionimonoteiste nei loro aspetti più rilevanti, riser-vando un’attenzione particolare alla storia delcristianesimo. Lo scopo delle nuove norme è quello di ri-pensare il nostro sistema scolastico e forma-tivo in modo da fornire ai ragazzi, nati ecresciuti in uno spazio multiculturale e inter-confessionale, strumenti essenziali per cono-scere e rispettare le differenti fedi, perprevenire il senso di esclusione e di emargina-zione culturale e sociale delle nuove genera-zioni, per attutire forme di intolleranza, difondamentalismo e di xenofobia. Agli studentiviene offerta la possibilità di cogliere la ric-chezza spirituale delle diverse religioni, anchecome risposta di civiltà al crescente e diversi-ficato fenomeno migratorio.

RASSEGNA NORMATIVA

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Venezia Giulia, relativo alla realizzazione del progetto “Guadagnare salute negli adolescenti”, non ancora pubblicata

Con la delibera 1658/2010 viene approvato loschema di convenzione tra la Regione Pie-monte, capofila del progetto Guadagnare sa-lute negli adolescenti, e la Regione FriuliVenezia Giulia. Esso nasce nell’ambito del pro-gramma del Centro nazionale per la preven-zione e il controllo delle malattie approvatocon DM 18 ottobre 2006 che prevede, tra iprogetti “innovativi”, il monitoraggio e la pre-venzione dei comportamenti che possonocomportare conseguenze sulla salute degli ado-lescenti.L’obiettivo della delibera è quello di superareil contrasto esistente tra i numerosi interventidi prevenzione e di promozione della salute ri-volti agli adolescenti che spesso risultano es-sere insufficienti, di diffusione frammentariae soprattutto mancanti di una continuità diprogrammazione e di una non adeguata inte-grazione tra chi li promuove (i servizi sanitari,quelli educativi e del volontariato) e di stimo-lare la promozione di strategie per la preven-zione e la promozione della salute per gliadolescenti, in età compresa tra i 14 e i 18anni, che rispondano a criteri di buone prati-che. L’intenzione è di arrivare a identificareuna programmazione di interventi unitaria perle sei tematiche scelte – e quindi condotta intutte le regioni – ed effettuare una ricogni-zione completa al fine di identificare gli inter-venti per le abitudini alimentari degliadolescenti, l’attività fisica, le infezioni ses-sualmente trasmissibili, il consumo di droghe,la salute mentale e la piaga degli incidenti stra-dali. Gli interventi dovranno svilupparsi indue fasi: una prima fase “preparatoria” che sideve concludere con l’organizzazione di unconvegno nazionale in cui verrà descritto lostato dell’arte degli interventi e presentata unasintesi della letteratura scientifica in merito; euna seconda fase di “organizzazione” di unpiano nazionale di interventi rivolti ai ragazzida attuare in accordo con le singole Regioninei sei ambiti tematici. Fino a oggi sono 18 leRegioni e una Provincia autonoma (quella diTrento) che hanno aderito alla realizzazionedel progetto che dovrà essere realizzato all’in-terno di ciascuna regione.

le indicazioni dell’Organizzazione mondialedella sanità con il fine di promuovere e di tute-lare la salute minacciata dal consumo di be-vande alcoliche da parte dei ragazzi e digarantire loro il diritto di ricevere, fin dallaprima infanzia, un’informazione, una sensibi-lizzazione e un’educazione corretta sugli effetti,anche molto gravi, che il consumo di bevandealcoliche ha sulla salute dei minorenni.Tale legge infatti – che vieta anche la semplicepubblicità o la sponsorizzazione di bevande al-coliche durante le manifestazioni svolte in luo-ghi dove l’accesso è riservato ai minori di 18anni – è finalizzata a limitare la somministra-zione e la vendita di bevande contenenti alcolin tutte le strutture nelle quali ne è autorizzatao ammessa la somministrazione o la vendita, ea vietarne del tutto la somministrazione a sog-getti minori di 18 anni in tutti gli esercizi,anche a carattere temporaneo, negli alber-ghieri, negli esercizi agrituristici, negli esercizicommerciali, nei rifugi alpini ed escursioni-stici, nelle manifestazioni fieristiche e in tuttele altre strutture o aziende, artigianali o indu-striali, presenti nella regione. Altro punto di rilievo, nell’ambito degli obiet-tivi che si prefigge la nuova norma, è quello diinsistere sui modelli di comportamento e stilidi vita consapevoli delle problematiche con-nesse al consumo di bevande alcoliche: perquesto la Giunta incentiva fortemente gliesercizi commerciali che somministrano be-vande esclusivamente analcoliche e istituisceun albo di quei locali dove i giovani possonotrovare solo tali bevande. Infine, le sanzioniai divieti: già ai minori di 18 anni viene in-flitta una sanzione amministrativa da 50 a500 euro; ai soggetti responsabili di aver ven-duto o somministrato, anche gratuitamente,bevande alcoliche ai minori di 18 anni è ri-servata una sanzione che va da 500 a 5.000euro (la sanzione è aumentata del doppio incaso di minori di 14 anni e aumentata del50% nel caso di vendita a prezzo ridotto, ri-spetto al prezzo di listino, per incentivare iminori di età ad acquistarle).

Regione Friuli Venezia Giulia, delibera della Giunta regionale del 25 agosto 2010, n. 1658, Approvazione schema di Convenzionetra la Regione Piemonte e la Regione Friuli

RASSEGNA NORMATIVA

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ANDREA BRANDOLINIEconomista al Servizio studi di struttura economica

e finanziaria della Banca d’Italia, ha fatto parte del-

la Commissione sull’esclusione sociale. È stato pre-

sidente dell’International Association for Research in

Income and Wealth. Le sue ricerche vertono sul-

l’economia italiana, il mercato del lavoro, la distri-

buzione del reddito e la misurazione del benessere.

SABRINA BRESCHI Lavora presso l’Istituto degli Innocenti come re-

sponsabile del Servizio ricerca e formazione e

come direttore dell’Agenzia formativa. Ha seguito per

tutta la sua durata le attività del progetto Le città so-

stenibili delle bambine e dei bambini affidate allo

stesso Istituto dal Ministero dell’ambiente italiano.

ANNA BUIAConsulente dell’Istituto degli Innocenti, lavora da anni

nel campo dell’editoria. Tra i suoi interessi, la cultu-

ra popolare, la letteratura per l’infanzia, la storia del-

le donne e i gender studies. Ha pubblicato fra l’altro

Racconti di orchi, di fate e di streghe. La fiaba lette-

raria in Italia (con Mario Lavagetto, Milano 2008).

ANNA COPPOLA DE VANNAÈ psicologa, psicoterapeuta familiare, fondatrice e

presidente del Crisi, Centro di mediazione dei conflitti

e scuola di formazione alla mediazione pacifica dei

conflitti. Dal 1979 al 1984 ha svolto attività di psico-

pedagogia presso il Provveditorato agli studi di Bari

e dal 1990 al 2004 è stata giudice onorario presso il

Tribunale per i minorenni di Bari. È coordinatore

dell’Ufficio interistituzionale di mediazione civile e

penale di Bari e dal 2003 direttore responsabile della

rivista Mediares.

ANDREA GIORGISÈ professore ordinario di Diritto costituzionale presso

la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Stu-

di di Torino. Nei suoi studi ha affrontato la tematica del-

la rigidità costituzionale, il pluralismo dell’informazione

e le riforme istituzionali, in particolare la riforma del-

le leggi elettorali; si è inoltre occupato di “diritto al ma-

trimonio”. Tra le sue pubblicazioni: La costituzionaliz-

zazione dei diritti all’uguaglianza sostanziale (Napoli

2000); Commento all’art. 3, comma 2 della Costituzio-

ne, nel Commentario alla Costituzione (Torino 2006)

BARBARA GUASTELLAGiornalista, ha collaborato ad alcuni quotidiani e set-

timanali. Dal 2008 è redattrice del portale minori.it e

collabora con l’Agenzia nazionale per lo sviluppo del-

l’autonomia scolastica ex Indire di Firenze. Nel 2009

ha curato la pubblicazione Viaggio della memoria a

Ebensee e Mauthausen.

LAURA LAGIPsicologa, psicoanalista di orientamento lacaniano,

ha lavorato per molti anni in programmi per il so-

stegno di persone vittime di violenza intenzionale, in

particolare vittime di sfruttamento e abuso sessua-

le e tortura. Dal 2005 lavora per Save the Children Ita-

lia in progetti rivolti a minori migranti e italiani in ne-

cessità di protezione, coordinando progetti di inter-

vento a bassa soglia e occupandosi in particolare di

realizzare percorsi partecipativi con minori di stra-

da o non accompagnati.

ANGELA MEÈ attualmente a capo della Sezione sulle statistiche e

indagini nell’ufficio dell’ONU che si occupa di droghe

e crimine (United Nations Office on Drugs and Crime-

UNODC) a Vienna. Le sue attuali responsabilità com-

prendono la raccolta, l’analisi e la diffusione delle

statistiche sulle droghe e la criminalità, il sostegno

ai Paesi per raccogliere dati nel campo delle droghe

e la criminalità, e lo sviluppo di standard internazio-

nali in materia di statistiche sempre sulla crimina-

lità e le droghe. Ha lavorato in vari dipartimenti delle

Nazioni Unite a New York e a Ginevra nel campo della

statistica, gestendo progetti di cooperazione tecnica

e sviluppando standard internazionali.

ANTONIO ODDATISociologo, coordinatore dell’Area politiche sociali

della Regione Campania, è esperto di integrazione

sociosanitaria e di valutazione, in particolare sul

tema delle politiche pubbliche. Ha insegnato, come

professore a contratto, Comunicazione pubblica

presso la Facoltà di Scienze della comunicazione

dell’Università di Salerno.

TESSA ONIDALaureata in Giurisprudenza presso l’Università degli

studi di Firenze, ha lavorato per l’Istituto per la docu-

mentazione giuridica del Consiglio nazionale delle ri-

HANNO SCRITTO IN QUESTO NUMERO

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HANNO SCRITTO IN QUESTO NUMERO

cerche (attualmente Ittig). Dal 2002 svolge attività di do-

cumentalista giuridica curando le rassegne e i commenti

della normativa sulla tematica minorile per il Centro na-

zionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’ado-

lescenza presso l’Istituto degli Innocenti di Firenze.

BARBARA PAGNIÈ membro dello staff del Centro di ricerca e docu-

mentazione sull’infanzia La bottega di Geppetto, isti-

tuzione del Comune di San Miniato, in qualità di

referente per il coordinamento dei servizi, attività di

consulenza e per i progetti internazionali. Per conto

della Bottega ha tenuto corsi di formazione rivolti a

educatori che operano in servizi per la prima infanzia

su tematiche inerenti la qualità dello spazio nei servizi

educativi, la progettazione delle esperienze nel

gruppo degli educatori, la progettazione delle espe-

rienze di piccolo gruppo, il valore e gli strumenti del-

l’osservazione e la documentazione.

BENOÎT PARMENTIERDal 2008 è amministratore generale dell’Office de la

Naissance et de l’Enfance, pubblica amministrazione

incaricata delle politiche per l’infanzia all’interno della

comunità francofona del Belgio, e dal 2000 rappresenta

il Ministro dell’infanzia del governo della comunità

francofona del Belgio presso il Gruppo permanente

L’Europe de l’Enfance. È stato presidente dell’As-

semblea del network europeo degli Osservatori na-

zionali sull’infanzia, ChildONEurope, che ha presieduto

dal 2007 al giugno 2010. Dal 1999 al 2008 ha ricoperto

l’incarico di coordinatore dell’Observatoire de l’En-

fance, de la Jeunesse et de l’Aide à la Jeunesse della

comunità francofona belga.

PIERCARLO PAZÉÈ stato magistrato minorile e familiare e giudice tute-

lare e, dal 2007 al 2010, componente dell’Osservatorio

nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. È direttore

della rivista «Minorigiustizia». Come studioso si è oc-

cupato, oltre che di temi storici, di vari istituti della giu-

stizia della famiglia e dei minori sempre nella finalità

di definirne modelli a misura della persona, toccando

in particolare adozione, tutele, amministrazione di so-

stegno, imputabilità dei minori, ascolto, consenso in-

formato, processo penale minorile.

FLORENCE PIRARDDottore in Scienze dell’educazione, professore presso

il Dipartimento di educazione e formazione dell’Uni-

versità di Liegi (comunità francofona del Belgio) e con-

sulente dell’Office de la Naissance et de l’Enfance

(One), si è specializzata nel campo dell’educazione al-

l’infanzia e della formazione professionale. Dal 1991 al

1998 ha lavorato come ricercatrice presso l’Università

di Liegi e ha condotto attività di ricerca sul migliora-

mento della qualità. Dal 2001 e prima di diventare pro-

fessore, ha lavorato come consulente educativo

all’One.

FRANCESCO TOMASONECapo del Dipartimento delle Scienze aziendali della

scuola superiore dell’economia e delle finanze Ezio

Vanoni, è docente stabile di Diritto del lavoro e previ-

denza sociale. Magistrato dal 1981 con funzioni di giu-

dice del lavoro, dal 1994 al 2003 è stato consigliere

della Corte dei conti. È stato capo dell’Ufficio legisla-

tivo del Ministero del lavoro; coordinatore del Nucleo

di valutazione della spesa previdenziale; membro del

Collegio istruttorio per le azioni positive per la realiz-

zazione della parità uomo-donna nel lavoro.

PIERPAOLO TRIANI Professore associato di Didattica generale presso la

Facoltà di Scienze della formazione dell’Università

Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza. Docente di

Didattica generale, Metodologia del lavoro socioedu-

cativo, Metodi e tecniche dell’intervento educativo con

i minori, è membro dell’Osservatorio nazionale per

l’infanzia e l’adolescenza e direttore della rivista

«Scuola e didattica».

GIOVANNI VETRITTO Dirigente del Dipartimento per le Politiche della fami-

glia della Presidenza del consiglio dei ministri, è do-

cente a contratto dell’Università Roma Tre e della

Lumsa e condirettore della rivista «Queste istituzioni».

È autore di saggi e testi su temi di storia e manage-

ment delle amministrazioni pubbliche e ha curato

l’edizione italiana di E. Ostrom, Governare i beni col-

lettivi (Venezia 2006).

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nuova serie, 4/2010

Dipartimento per le Politiche della Famiglia

Ministero del Lavoro e delle Politiche socialiDirezione Generale per l’inclusione e i diritti sociali e la responsabilità sociale delle imprese (CSR)

Cittadini in crescita

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze il 15 maggio 2000 (n. 4965)

ISSN 1723-2562

Direttore responsabile Roberto Marino

Direttore scientifico Francesco Paolo Occhiogrosso

Condirettore scientifico Valerio Belotti

Comitato di redazione Roberto Marino, Francesco Paolo Occhiogrosso, Valerio Belotti, Donata Bianchi, Adriana Ciampa, Salvatore Me, Piercarlo Pazè, Maria Teresa Tagliaventi, Pierpaolo Triani

Area documentazione, ricerca e formazione Aldo Fortunati

Servizio documentazione, editoria e biblioteca Antonella Schena

Redazione Roberta Ruggiero, Donata Bianchi, Anna Buia, Barbara Guastella, Tessa Onida

Supporto tecnico-organizzativo Maria Bortolotto

Realizzazione editoriale Elisa Iacchelli, Paola Senesi

Progetto grafico e impaginazione Barbara Giovannini

Stampa Litografia IP, Firenze - maggio 2011

Per le tavole riprodotte in questo numero© Altan/Quipos

Questa pubblicazione è stata realizzata dall’Istituto degli Innocenti nel quadro delle attività del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza. Tutta la documentazione prodotta dal Centro nazionale è disponibile sul sito web www.minori.itLa riproduzione è libera, con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia, salvo citare la fonte.

Istituto degli InnocentiPiazza SS. Annunziata, 12 - 50122 Firenzen. verde 800 435433www.minori.it - [email protected]

Per agevolare l’accesso degli utenti ai propri servizi e alle proprie risorse, ilCentro nazionale ha attivato il numero verde gratuito 800 435 433

Al numero verde risponde sempre la “storica” segreteria del Centronazionale ed è possibile richiedere informazioni e pubblicazioni e mettersiin contatto con i diversi settori di attività.

Il Portale dell’infanzia e dell’adolescenzaè lo spa-zio web del Centro nazionale dedicato all’informazione sulla realtà dell’infanzia edell’adolescenza e sulle iniziative che ne promuovono i diritti. Il portale proponenotizie e approfondimenti, segnala eventi e dà ampio spazio a documenti, ricerchee progetti che promuovono il benessere delle nuove generazioni. Si sostiene così lo scambio di saperi ed esperienze, nella consapevolezza che unamigliore informazione in questo campo favorisce l’aggregazione tra le istituzioni,gli operatori del settore, le associazioni di volontariato e le famiglie.

Sul portale sono consultabili i contenuti prodotti dal Centro nazionale edall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza: rapporti erelazioni, indagini, monitoraggi, tavole statistiche, banche dati, rassegne, progetti,pubblicazioni (tutte acquisibili in formato pdf).Notizie e documenti sono organizzati anche per aree tematiche: Contesti e situa-zioni, Cultura, Educazione, Salute, Diritto, Politiche e servizi e sono rintracciabilisia tramite ricerca testuale libera, sia grazie al sistema di etichettatura che con-sente collegamenti trasversali determinati da tag e categorie.

Tra gli spazi tematici dedicati, l’AREA 285 raccoglie le attività fatte per concretizzare questalegge e mette a disposizione i progetti e i relativi materiali riconosciuti come buone pratiche. Da qui è possibile consultare la nuova Banca dati progetti 285 delle Città riservatarie.

PER SEGNALARE INIZIATIVE E INVIARE MATERIALI E RAPPORTI

potete CONTATTARE la redazione del portale tramite mail a

p o r t a l e @ m i n o r i . i to attraverso il numero verde 800 435 433

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nuova serie, 4 | 2010

ISSN 1723-2562

Dipartimento per le Politiche della Famiglia

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

Cittadini in crescita

Editoriale: Una comunità che

educa ò I diritti dell’infanzia

nell’ordinamento costituzionale e

internazionale ò La mediazione

per ricostruire i legami familiari ò

La condizione economica dei

minorenni in Italia ò Interviste a

Gustavo Zagrebelsky e Francesco

Tullio-Altan ò Il Progetto Sinba

ò La legislazione sociale per la

famiglia in Italia ò Esperienze

locali di conciliazione ò Percorsi

di partecipazione con minori

stranieri non accompagnati o

svantaggiati ò Giovani e consumo

di droghe ò Child in the City;

Raccomandazioni per le politiche

europee rivolte alla prima infanzia;

Seconda Conferenza nazionale della

famiglia; Working for inclusion ò

Rassegna normativa

Davanti alla parcellizzazione dei tessuti sociali e cultu-rali, alla crescente differenziazione dei valori di riferimento e dei mo-delli educativi, alla maggiore frammentazione degli spazi e dei tempiquotidiani, va crescendo in coloro che operano in campo educativoun’esigenza di raccordo e di dispositivi di sintesi; in un mondo sem-pre più mobile e “liquido”, risulta sempre più urgente riconoscerel’educazione come una questione che riguarda tutti, stringendo nuovee più comprensive alleanze educative. Non basta abitare nello stesso territorio e dipendere dagli stessi ser-vizi perché le persone si sentano parte di una comunità e ancora dipiù compartecipi di un impegno comune: è necessario convergere sualcuni valori. Non basta affermare che l’educazione delle nuove ge-nerazioni è importante: occorre condividere dei principi e dei signifi-cati forti a cui ispirare la propria azione. E ancora, se si vuole davvero porre lo sviluppo integrale dell’infanziatra le priorità bisogna mantenere alta l’attenzione sulla qualità rela-zionale ed educativa delle trame informali e quotidiane che la inner-vano, promuovere l’attivazione di contesti vitali di socializzazionedove i bambini e i ragazzi possano incontrarsi, giocare, esprimersi,sperimentarsi non solo come fruitori ma come elaboratori di cultura.

Il Centro nazionale di documentazione e analisi perl’infanzia e l’adolescenza si occupa di: raccolta e diffusione di nor-mativa, dati statistici e pubblicazioni scientifiche; mappatura ag-giornata dei servizi e delle risorse destinate all’infanzia a livellonazionale, regionale e locale; analisi della condizione dell’infanziae valutazione dell’attuazione della legislazione; predisposizionedegli schemi di rapporti e relazioni istituzionali. La gestione dellesue attività è affidata dal Ministero del lavoro e delle politiche so-ciali e dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Presi-denza del consiglio dei ministri, in rapporto convenzionale,all’Istituto degli Innocenti di Firenze.

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