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Cavalcoli Il Modernismo Di Bontadini Critica e Risposta

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Cavalcoli Il Modernismo Di Bontadini Critica e Risposta

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Page 1: Cavalcoli Il Modernismo Di Bontadini Critica e Risposta

SU "IL MODERNISMO DI GUSTAVO BONTADINI". UNA LETTERA DEL PROF. MARCO BERLANDA E LA RISPOSTA DI P. GIOVANNI CAVALCOLIUltimo aggiornamento Venerdì 01 Febbraio 2013 07:14

Dopo la pubblicazione dell'articolo di P. Giovanni Cavalcoli, OP, su "Il modernismo di GustavoBontadini" , è pervenuta aRiscossa Cristiana una lettera del prof. Marco Berlanda.

Pubblichiamo di seguito la lettera del prof. Berlanda e la risposta di P. Cavalcoli, ringraziandoentrambi gli studiosi per il contributo all'approfondimento.

 

La lettera di Marco Berlanda

 

FUOCO AMICO CONTRO BONTADINI

di Marco Berlanda

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SU "IL MODERNISMO DI GUSTAVO BONTADINI". UNA LETTERA DEL PROF. MARCO BERLANDA E LA RISPOSTA DI P. GIOVANNI CAVALCOLIUltimo aggiornamento Venerdì 01 Febbraio 2013 07:14

Mi riferisco al contributo del Prof. Giovanni Cavalcoli intitolato " Il modernismo di GustavoBontadini " [1] per formularealcune osservazioni da modesto studioso ed ex allievo di Bontadini. Mi sembra che gli aspetti positivi da riconoscere all'articolo del prof. Cavalcoli siano, oltre allachiarezza espositiva e alla scelta di dedicare spazio a un pensatore che merita grandeattenzione (come confermato dai contributi scientifici che continuano a essere pubblicati sul suoconto), il riconoscimento dello sforzo messo in atto da Bontadini nel confrontare il tomismo e ilpensiero moderno e nel conciliare l'idealismo e il realismo. Inoltre, opportunamente, Cavalcoliaggiunge che "merito indubbio del Bontadini fu quello di voler riproporre la questione dell'esseree quindi di una valida metafisica". Tutto il resto mi sembra opinabile, a cominciare dal titolo. Lo dico naturalmente con il massimorispetto per l'Autore e cercando nel seguito, come è doveroso, di esplicitare le mie ragioni. La filosofia di Bontadini fu una filosofia e una metafisica, non una teologia o una posizioneesegetica. Come ben documentano i suoi biografi (da ultimo Luca Grion), Bontadini fu unfervente cattolico fedele a Santa Romana Chiesa, ma mai scrisse contributi teologici o esegeticiin senso proprio. Si occupò di apologetica, e anzi per diversi anni organizzò seminari su questadisciplina, ma per difendere il depositum fidei tradizionale rispetto alle obiezioni dei filosofi escienziati critici, utilizzando argomenti esclusivamente razionali. Ritengo che impiegare una categoria di tipo religioso, come quella del Modernismo, perqualificare (o squalificare) una dottrina filosofica, rappresenti in questo caso un accostamentosuperficiale e una forzatura polemica [2] . Ma soprattutto, al di là delle formule più o meno felici,l'articolo in esame non precisa perché si ritiene che "un aspetto importante dell'attualemodernismo" (si presume teologico) tragga "origine, già dagli anni lontani del fascismo,dall'opera di Gustavo Bontadini". Quale è il rapporto di condizionamento a cui si pensa? Direlazioni dirette Cavalcoli non se ne mostra alcuna. Del resto non ve ne sono[3]. Forse l'articolo si riferisce a condizionamenti indiretti, cioè tra filosofia di Bontadini e filosofiautilizzata dagli attuali e non meglio precisati teologi modernisti? In effetti è questo l'ambito,quello filosofico, in cui si muove il seguito dell'articolo, e in questo dominio si concentrano i mieirilievi. In primo luogo Bontadini viene definito "sedicente tomista". Senonché Bontadini si autodefinì efu sempre, piuttosto, un neoscolastico o un neoclassico. La differenza non è irrilevante estupisce che un Autore come il prof. Cavalcoli, formato a questo genere di classificazioni, latrascuri. Si pensi del resto a quanto Bontadini scrisse nel saggio dal titolo significativo ConTommaso oltre Tommaso(1974). "Il Bontadini – si legge nell'articolo di Cavalcoli –, benché cattolico e sedicente tomista, in realtàsi era lasciato sedurre dall'idealismo panteista hegeliano di Giovanni Gentile". Ora, a parte ilfatto che il panteismo hegeliano fu sensibilmente riformato da Gentile (cfr. La riforma delladialettica hegelianadel 1912), Bontadini fu tutto meno che "sedotto" dalla dimensione immanentistica della filosofiagentiliana. Al contrario, la respinse, se anche solo si pensa allo sforzo critico che egli profuse,con successo, contro l'immanentismo metafisico di Gentile sin dai propri primissimi anni diattività e fino al termine della sua attività (si vedano per esempio il saggio Abbozzo di una critica dell'idealismo immanente, che risale agli anni 1925-1926, quando Bontadini aveva 22-23 anni e non era ancora laureato,o lo scritto La critica negativa dell'immanenza, pubblicato nel 1926. Tra le ultime prese di posizione si rilegga Gentile e la metafisica, del 1977). Procedo. Che Bontadini apprezzasse la dimensione gnoseologica, non quella metafisica,dell'attualismo, è ben vero, anche se la gnoseologia di Gentile che egli valorizzò ne fu unaversione essenzializzata. In questo senso è certo che "egli non nascondeva affatto talesimpatia", ma era una simpatia verso un attualismo gnoseologico rigorizzato o "mandato in sé"e visto come antidoto allo gnoseologismo dualistico moderno. Anche in questo caso la veritàimpone di evitare giudizi sommari. Come il suo maestro Olgiati, prosegue Cavalcoli, "anche Bontadini sentiva questa esigenza diassumere il positivo della filosofia moderna nel tentativo in sé generoso di mettere pace trarealisti ed idealisti e di porre in continuità la filosofia moderna con quella che egli chiamava«filosofia classica», con un'espressione in realtà non molto felice, desunta dalla culturacorrente". Le cose non stanno esattamente in questi termini. Bontadini, rispetto ad Olgiati, nonera tanto interessato ad accogliere specifici elementi positivi delle filosofie moderne che fosseroconciliabili col tomismo, quanto soprattutto a mostrare che il ciclo filosofico moderno, polemicocon l'epoca classica a partire da Cartesio e sino a Kant, al termine del proprio procedere, conl'idealismo, toglieva se stesso, per così dire, riportando in auge la metafisica classica, o per lomeno la sua possibilità. La discontinuità tra filosofia moderna e periodo precedente venivasuperata con l'idealismo, soprattutto attualistico, a patto di spingere un poco oltre anchel'attualismo. Passando a interrogarsi sulla natura della metafisica classica valorizzata da Bontadini,riconducibile come ispirazione sino a Parmenide, il testo di Cavalcoli afferma che "laconcezione parmenidea dell'essere […], secondo Bontadini, era la stessa di S. Tommaso. Daqui il recupero di S. Tommaso, ma un Tommaso non aristotelico, bensì parmenideo: operazioneper la verità disperata". Ma anche in questo caso mi sembra inevitabile dissentire. MaiBontadini sostenne l'identità fra concezione parmenidea dell'essere e metafisica tomistica, anzisostenne il contrario (si veda per esempio La concezione classica dell'essere e il contributo deltomismo ). Sentiamo ancora Cavalcoli: Bontadini "credette di poter reimpostare la nuova metafisicadell'essere sulla base dell'immanentismo di origine cartesiana, che era giunto ad Hegel, delquale Gentile era notoriamente seguace in Italia". Ma come è fattibile, ci chiediamo, perseguireuna metafisica della trascendenza basandosi sull'immanentismo? Evidentemente è impossibile,dal momento che si tratta di tesi contraddittorie. Bontadini fu talmente sprovveduto da tentarel'impossibile? In realtà l'articolo parla di immanentismo in una duplice accezione, quellagnoseologica e quella metafisica, rimproverando a Bontadini di aver voluto dimostrare latrascendenza metafisica (di Dio rispetto al mondo) sulla base dell'immanenza gnoseologica(dell'essere rispetto al pensiero). Dimostrazione impossibile? Il prof. Cavalcoli è di questo avviso, poiché – afferma – "questatrascendenza non è una vera trascendenza, cioè non mette in gioco un Dio reale distintodall'umano pensiero, ma comporta un Dio meramente pensato o meramente ideale, quindiimmanente al pensiero umano ed in ultima analisi prodotto da questo pensiero". Ora, dico io, sipuò discutere all'infinito su che cosa l'idealismo e l'attualismo intendano esattamente sostenerea proposito del pensiero, ma certo Bontadini quando, in sede metafisica, pensava a Dio eall'essere si riferiva a qualcosa di reale e non prodotto dal pensiero alla stregua di un ensrationis .Contro l'idealistica creatività del pensiero, del resto, egli si oppose sempre, qualificandola come"retorica". E difese efficacemente il concetto aristotelico e tomistico dell'intenzionalità. Come sipuò trascurarlo? Quanto all'interpretazione bontadiniana dell'idealismo e della relativa concezione del pensiero, ilprof. Cavalcoli si limita a richiamare alcuni giudizi tradizionali, che giustappongono realismo eidealismo, senza entrare nel merito dell'esegesi di Bontadini, che meriterebbe ben altrapenetrazione. L'impresa filosofica di filosofia di Bontadini è caratterizzata da "vanità" e "pericolosità", comeritiene Cavalcoli sulla scia di Cornelio Fabro? Ma ci chiediamo: perché nella discussionefilosofica si usano questi toni? Per Bontadini "l'assoluto è il pensiero"? Sfido il prof. Cavalcoli, autore di questa attribuzione, amostrare anche un solo passo in cui Bontadini abbia pronunciato un simile giudizio. In realtàBontadini scrisse e sostenne una cosa ben diversa, cioè che il pensiero è intrascendibile, nelsenso che qualsiasi realtà sia posta o immaginata come estranea o trascendente in assolutorispetto al pensiero, per il fatto stesso di essere posta (dal pensiero), gli risulta nonassolutamente estranea, ma in qualche modo, anche se indeterminatamente o in misuraminima, intenzionata. Beninteso si parla in questo caso di pensiero non come fenomenopsico-fisico, che in effetti è trasceso in infiniti modi dalla realtà, ma come apertura intenzionale,rappresentativa o logica. Cioè come pensiero in senso proprio. Ciò che è trasceso è invece ilmondo e l'esperienza. Bontadini nega quindi il "Mistero divino nella sua infinità"? Anche in questo caso bisogna dartorto al giudizio affrettato di Cavalcoli. In effetti il pensiero metafisico, condensato nella"protologia" bontadiniana, nel momento in cui afferma dimostrativamente il divino, cioèriconosce Dio come trascendente il mondo e l'esperienza, si rende conto con ciò stesso dicogliere un minimo della realtà divina, sfuggendogli la relativa infinità. Infinità rispetto alla qualeil pensiero filosofico deve tacere, riconoscendo i propri limiti. Ciò in coerenza con la tradizionemetafisica antica e medievale. E' questa una metafisica e gnoseologia "di marca prettamente gentiliano-hegeliana"? Suvvia,prof. Cavalcoli, non confondiamo gnoseologia e metafisica per amore di polemica! Il prof. Cavalcoli conclude la propria analisi in questi termini: "la proposta bontadiniana di unconfronto della filosofia classica con quella moderna è fallita ed è fallita perché Bontadini non siè fatto guidare da S. Tommaso, o quanto meno dal vero S. Tommaso, da sempreraccomandato dalla Chiesa, ma da quello stesso idealismo che doveva essere vagliato alla lucedi Tommaso per prenderne il positivo e respingerne il negativo. Invece Bontadini ha assuntol'idealismo acriticamente e in blocco, restando quindi colpito dal veleno in esso contenuto". Giudizio ingeneroso e storiograficamente infondato, se si ha la pazienza di rileggere gli scrittibontadiniani e di riconoscere lo sforzo del filosofo milanese di distinguere, nell'ambitodell'idealismo, la giusta critica al dualismo gnoseologico dalla dimensione deteriore o retoricarappresentata dalle dottrine della creatività del pensiero, della dialettica astratto-concreto, delleforme assolute dello spirito, dell'Io trascendentale, dell'antitrascendentistico ecc. Ma tant'è, talvolta il fuoco amico è più ostile di quello nemico. Parlo di fuoco amico perché iltomista Cavalcoli dovrebbe riconoscere nel neoclassico Bontadini un parente filosofico, unintelligente erede del grande Tommaso, non un suo avversario. Anche padre Giacon, tomista inflessibile, polemizzò con Bontadini negli anni Trenta. Eglitemeva, di fronte alla geniale interpretazione storiografica della filosofia moderna proposta daquest'ultimo, possibili cedimenti teoretici al soggettivismo e all'immanentismo, i quali avrebberopotuto riflettersi anche in campo metafisico. Senonché a partire dagli anni Cinquanta e sino aiprimi anni Ottanta Bontadini esplicitò la propria metafisica, che risultò trascendentistica,creazionistica e coerente con la fede cristiana. I timori si confermarono infondati: nessunpericolo per il realismo, per la metafisica creazionistica e per la fede, anzi loro rilancio. Perchéanche padre Cavalcoli non ne prende atto e non riconsidera con una disposizione d'animomeno arcigna il contributo di Bontadini, considerato ormai da molti come uno dei maggiorifilosofi del Novecento? Con sincera amicizia. Marco Berlanda [1] Comparso sul sito internet www.riscossacristiana.it a fine novembre 2012. [2] Anche se per Modernismo si intende la componente filosofica del movimento modernistache fiorì tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, descritta dall'enciclica Pascendi(1907) di Pio X, la qualificazione in esame appare arbitraria. A Bontadini fu infatti estranea nonsolo la teologia, ma anche la filosofia elaborata dai modernisti, né Bontadini fu modernista – perriprendere le altre dimensioni indicate da Pio X come proprie del movimento in questione –neppure quale credente, storico, critico, apologista o riformatore. Lo confermano le sue opere ei biografi. Più precisamente, in termini filosofici, egli non fu agnostico come i modernisti, se peragnosticismo si intende, come indica la Pascendi, la dottrina per cui "la ragione umana èristretta interamente entro il campo dei fenomeni, che è quanto dire di quel che apparisce e nelmodo in che apparisce: non diritto, non facoltà naturale le concedono di passare più oltre. Per loche non è dato a lei d'innalzarsi a Dio, né di conoscerne l'esistenza, sia pure per intromessadelle cose visibili". Né ebbe simpatia per una filosofia della religione basata sulla dottrinamodernista dell'"immanenza vitale", per cui "la fede, inizio e fondamento di ogni religione, deveriporsi in un sentimento che nasca dal bisogno della divinità. Il quale bisogno, non sentendosidall'uomo se non indeterminate ed acconce circostanze, non può di per sé appartenere alcampo della coscienza: ma giace da principio al di sotto della coscienza medesima o, comedicono con vocabolo tolto ad imprestito dalla moderna filosofia, nella subcoscienza, ove la suaradice rimane occulta ed incomprensibile". Neppure egli condivise l'opinione dei modernisti, peri quali, "essendo Iddio in pari tempo e l'oggetto e la causa della fede, la detta rivelazione è altempo stesso di Dio e da Dio: ha cioè insieme Iddio e come rivelante e come rivelato. Di qui […]quell'assurdissimo effato dei modernisti che ogni religione, secondo il vario aspetto sotto cui siriguardi, debba dirsi egualmente naturale e soprannaturale". [3] Più avanti lo stesso Cavalcoli ammette che la teologia di Bontadini "è in linea con S.Tommaso e la fede cattolica".   **************************   La risposta di P. Giovanni Cavalcoli, OP   IL CATTOLICESIMO DI GUSTAVO BONTADINI di P. Giovanni Cavalcoli, OP   Caro Prof. Berlanda, per quanto riguarda il suo intervento, piuttosto che rispondere alle sue obiezioni, preferiscochiarire il mio pensiero su Bontadini con precise citazioni o posizioni comunemente note.Questo per tre motivi: 1. ritengo in tal modo di essere più chiaro e persuasivo; 2. Le confessoche non ho sempre capito che cosa Lei intende dire, per cui penso che la nostra discussionepossa essere sveltita in questo modo e quindi avere maggior vantaggio, piuttosto che se io Lechiedessi spiegazioni, cosa che richiederebbe da parte sua a sua volta un’ulteriore risposta; 3.Lei tocca alcuni punti che mi sembrano di secondaria importanza. Ne ho preso atto, ma ritengoche non sia il caso di interloquire.  Mettiamoci invece su di un terreno sul quale è facileintenderci sul significato di ciò che diciamo. In tal modo sarà più facile il confronto delle idee.Inoltre credo che, con quanto sto per dire, toccheremo il vero nodo della questione. Per quanto dunque riguarda il “modernismo” di Bontadini, non intendevo collegarlo in tutto e pertutto a quello condannato da S.Pio X, benché non sarebbe difficile trovare agganci, soprattuttoladdove il Papa condanna l’immanentismo. Lo stesso idealismo è una forma di fenomenismo.Lo so che Bontadini è più filosofo che teologo, ma Lei sa bene che la Pascendi condannaanche la filosofia del modernismo come fondamento della teologia modernista. Quanto aquestioni esegetiche, non entro in questo campo, perché neppure io sono un biblista. Mi riferivo invece ad un concetto più ampio di modernismo, a una forma di modernismo cheoggi si sta diffondendo, e che consiste in quella  forma mentis per la quale ci si ritiene“moderni”, eventualmente in linea con l’ammodernamento o il progresso promossi dal ConcilioVaticano II, da qui anche il nome di “progressismo”, per il semplice fatto di assumere lamodernità in blocco ed acriticamente, anziché operare in essa, alla luce della philosophia perennise del Magistero della Chiesa, quel doveroso discernimento che assume il positivo e respinge ilnegativo. Bontadini purtroppo è caduto in questo errore con la sua proposta di una filosofia “neoclassica”o “neoscolastica moderna” basata sulla cosiddetta “filosofia moderna”, fondata sul cogitocartesiano, per il quale Bontadini ha un’esagerata ammirazione affermando che Cartesio “harifatto la filosofia daccapo”. Io direi piuttosto che l’ha guastata nelle fondamenta. E’ vero che Bontadini ha ammirazione anche per il pensiero classico, greco e medioevale, inparticolare per Parmenide e per S.Tommaso. Egli tuttavia ritiene che una nuova filosofia, adattaai tempi moderni, possa e debba essere ricavata da un’interpretazione cartesiana, con lamediazione di Gentile, dei due precedenti pensatori. In tal modo si metterebbe in luce la loro“anima di verità” (secondo l’espressione di Mons.Olgiati), per cui, come dice Bontadini,Tommaso apparirebbe straordinariamente “moderno”. In tal senso intendevo accostare l’interpretazione bontadiniana dell’essere tomista  all’essereparmenideo e sostenere che Bontadini ha frainteso l’essere tomista, che è analogico(uno-molteplice), confondendolo con quello parmenideo che è univoco (uno solo). Inoltrel’essere parmenideo è idealistico (“to autò to einai kai to noèin”: “l’essere e il pensiero sono lastessa cosa), mentre l’essere tomista è notoriamente realistico, ossia comporta la distinzionedell’essere dal pensiero. Indubbiamente il vero maestro di Bontadini non è Tommaso. In tal senso egli non è un tomista.Ho parlato a suo riguardo di “tomismo”, perché dobbiamo dargli atto di uno sforzo di far appariremoderno Tommaso, ma tale tentativo, come ho detto nel precedente articolo, è fallito, perchéBontadini vuol interpretare Tommaso sulla base di Parmenide, Cartesio e Gentile. I veri maestridi Bontadini sono questi. E già questo fatto fa sorgere molti dubbi sull’autenticità delcattolicesimo di Bontadini, come adesso andrò spiegando. Anche Maritain considerava moderno S.Tommaso. Nel suo libro Le Docteur Angélique lochiama “Apostolo dei tempi moderni” e in Antimoderne dice che Tommaso è “ultramoderno”. Ma Maritain si guarda bene dal dare di Tommasoun’interpretazione idealistica, anche in considerazione del fatto che l’idealismo è stato condannato dalla Chiesa, cosa che mostra all’evidenza l’incompatibilità dell’idealismo con la fede cattolica. Come ho detto nel mio precedente articolo, Bontadini cerca indubbiamente di correggerel’idealismo di Gentile, ma resta alla fine sostanzialmente impigliato nel suo sistema, giacchè neaccetta i principi fondamentali: 1. “l’identità del pensiero con l’essere”; 2. “l’essere è l’esserepensato”; 3. l’essere non trascende il pensiero ma è “immanente”; 4. il pensiero non è trascesodall’essere, ma è “intrascendibile”; 5. credere all’esistenza di un essere esterno al pensiero ègià renderlo immanente al pensiero; 6. l’essere non è  “presupposto” al pensiero ma è suppostocol pensiero; 7. il pensiero non passa dalla potenza all’atto ma è “atto del pensare”; 8.l’ignoranza e l’errore non esistono, perché l’essere è costitutivamente, originariamente,necessariamente, sempre ed aprioricamente oggetto del pensiero; 9. l’essere non è analogicoossia uno e molteplice, ma è univoco, assolutamente uno; 10. la molteplicità non nascedall’analogia ma dalla dialettica. Ora ci si domanda come tutti questi principi possono essere conciliati con una sana filosofia econ la fede cattolica. Infatti, le conseguenze sono le seguenti: 1. confusione tra il pensiero umano e il pensiero divino. Osservo infatti che a) solo il pensierodivino è puro atto di pensare. Il pensiero umano passa dalla potenza all’atto; b) solo nelpensiero divino il pensiero coincide con l’essere. Per il pensare umano l’essere è distinto dalpensiero, esterno al pensiero, indipendente dal pensiero. Non dipende dal pensare umano, madal potere creatore divino; c) solo il pensiero divino sorge da se stesso come autocoscienzaassoluta senza nessun precedente empirico, perché Dio è puro spirito infinito. Invece il pensareumano suppone l’esperienza sensibile, perché nell’uomo il senso si accompagna all’intelletto. Enell’uomo l’autocoscienza suppone il contatto sensibile con le cose esterne; d) solo Dio sa diesistere immediatamente ed aprioricamente, senza passar attraverso nessun previo contattocol mondo. Noi invece giungiamo a sapere che Dio esiste solo partendo dalla conoscenza delmondo ed applicando il principio di causalità (“per ea quae facta sunt”, Rm 1,20; Sap 13,5). 2. Negazione della nozione della verità. S.Pio X nella Pascendi accusa i modernisti di“pervertire l’eterna nozione della verità”. Ora la gnoseologia idealista nata da Cartesio faesattamente questo, perché non fa consistere la verità nella adaequatio intellectus ad rem, innanzitutto le cose esterne sensibili e poi i dati della coscienza e le realtà spirituali, ma, comedirà poi Kant, nella “coerenza del pensiero con se stesso”: un’attenzione, quindi, non al reale,ma alle proprie idee, questo è ciò che conta per l’idealista. Ora però per il cristiano Cristo è laVerità fatta Persona. Per cui offendere la nozione della verità è offendere Cristo. E’ questocattolicesimo? 3. Negazione del dogma della creazione. In Bontadini il divenire esiste, ma è contradditorio,perché manca a Bontadini una nozione analogica dell’essere: per lui l’essere o c’è o non c’è.Non riesce concepire un essere meramente potenziale, un “poter-essere”, per cui manca lanozione dell’ente contingente. Per lui l’essere è solo atto. Non c’è passaggio dalla potenzaall’atto, perché la potenza non esiste. Dunque non esiste neppure la causa efficiente che haappunto la funzione di spiegare il contingente e di far passare all’atto l’essere potenziale o diattuare l’essere possibile. Ma il creare è appunto il potere divino di causare l’essere delle cose o, come dice S.Tommaso,la creazione è la productio totius entis ex nihilo sui et subiecti. Ora questo è dogma di fede.Negare questo vuol dire andare contro una verità di fede. Bontadini invece tenta una provameramente dialettica dell’esistenza di Dio: se Dio non ci fosse il divenire sarebbe contradditorio.Ma poi alla fine anche con l’esistenza di Dio, secondo lui, il divenire, benché reale, restacontradditorio. Dio è l’Essere assoluto e non contradditorio, che pone il finito negando la suainfinità. Quindi non l’ente mondano ad immagine dell’Essere divino, ma l’ente mondano comenegazione del divino.    Si capisce allora come un Severino negherà l’esistenza del contingentee del divenire in nome dell’essere e del principio di non-contraddizione (inteso alla parmenidea) Non dubito dell’intenzione di Bontadini di elaborare una filosofia in armonia con la fede cattolicae del fatto che egli stesso facesse professione di cattolicesimo. Vedo d’altra parte che Lei hauna conoscenza di Bontadini ben più ampia della mia e sono disposto a credere che l’ultimoBontadini si sia avvicinato al realismo cattolico e ad all’ammissione realistica della trascendenzadivina. Preciso però che in questa mia analisi mi riferisco soprattutto al Bontadini degli anni ’20 degli“Studi sull’idealismo” pubblicati da Vita e Pensiero e in particolare allo scritto programmatico,che ho citato nel mio articolo, nel quale riprende e sviluppa a suo modo il pensiero di Mons.Olgiati. Se poi egli, come Lei asserisce, negli anni ‘70 si è accostato al concetto cattolico dicreazione, non ho che da compiacermi. Ma ciò non toglie che quanto egli ha scritto da giovaneresti quello che è e non deponga affatto a favore del suo cattolicesimo.

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