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1 CAPITOLO I LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO NEL DIRITTO AMMINISTRATIVO SOMMARIO: 1. La Pubblica Amministrazione tra diritto pubblico e diritto privato; 2. Le fonti della contrattualistica pubblica. Dalla legge di contabilità di Stato alle influenze dell’ordinamento comunitario; 3. Segue. Il codice dei contratti pubblici e il valore della concorrenza; 4. Le nuove direttive europee in tema di appalti pubblici; 5. Il procedimento ad evidenza pubblica; 6. I contratti pubblici nella disciplina del d.lgs. 163/06 e confronti con la disciplina civilistica del contratto di appalto; 1. La Pubblica Amministrazione tra diritto pubblico e diritto privato Una delle tendenze storiche del diritto amministrativo è consistita nella rivendicazione della specialità di questa branca del diritto rispetto al diritto privato e sulla circostanza per cui esso, pur rifacendosi in larga parte a categorie prettamente civilistiche, si è affermato come diritto del potere unilaterale di un soggetto posto in posizione sovraordinata alla collettività 1 . L’idea che l’amministrazione intesa come funzione di governo della collettività sia disciplinata da un diritto suo proprio risale all’ambiente politico culturale della prima metà dell’Ottocento, quando dopo l’esperienza rivoluzionaria si vennero affermando i principi del primato della legge, della separazione dei poteri dello Stato e della sottoposizione alla legge delle attività amministrative di competenza dell’Esecutivo 2 . Sulla scia di tali esperienze storiche, il diritto amministrativo, incentrato sull’autorità e sull’esercizio del potere pubblico, viene definito come “regola 1 Sul punto, si vedano L. R. Perfetti, Manuale di diritto amministrativo, Padova, 2007, 461 ss, V. Cerulli Irelli, “Amministrazione pubblica e diritto privato”, Giappichelli, 2011, M.S. Giannini, “L’attività amministrativa”, Jandisapi Editore, 1962, E. Casetta, “Manuale di diritto amministrativo”, Giuffrè, 2013. 2 Cfr. V. Cerulli Irelli, op. cit.

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CAPITOLO I

LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO NEL DIRITTO AMMINISTRATIVO

SOMMARIO: 1. La Pubblica Amministrazione tra diritto pubblico e diritto

privato; 2. Le fonti della contrattualistica pubblica. Dalla legge di contabilità di Stato

alle influenze dell’ordinamento comunitario; 3. Segue. Il codice dei contratti pubblici

e il valore della concorrenza; 4. Le nuove direttive europee in tema di appalti

pubblici; 5. Il procedimento ad evidenza pubblica; 6. I contratti pubblici nella

disciplina del d.lgs. 163/06 e confronti con la disciplina civilistica del contratto di

appalto;

1. La Pubblica Amministrazione tra diritto pubblico e diritto privato

Una delle tendenze storiche del diritto amministrativo è consistita nella

rivendicazione della specialità di questa branca del diritto rispetto al diritto

privato e sulla circostanza per cui esso, pur rifacendosi in larga parte a

categorie prettamente civilistiche, si è affermato come diritto del potere

unilaterale di un soggetto posto in posizione sovraordinata alla collettività1.

L’idea che l’amministrazione intesa come funzione di governo della

collettività sia disciplinata da un diritto suo proprio risale all’ambiente politico

culturale della prima metà dell’Ottocento, quando dopo l’esperienza

rivoluzionaria si vennero affermando i principi del primato della legge, della

separazione dei poteri dello Stato e della sottoposizione alla legge delle attività

amministrative di competenza dell’Esecutivo2.

Sulla scia di tali esperienze storiche, il diritto amministrativo, incentrato

sull’autorità e sull’esercizio del potere pubblico, viene definito come “regola

1 Sul punto, si vedano L. R. Perfetti, Manuale di diritto amministrativo, Padova, 2007, 461 ss, V. Cerulli

Irelli, “Amministrazione pubblica e diritto privato”, Giappichelli, 2011, M.S. Giannini, “L’attività

amministrativa”, Jandisapi Editore, 1962, E. Casetta, “Manuale di diritto amministrativo”, Giuffrè, 2013. 2 Cfr. V. Cerulli Irelli, op. cit.

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dell’operare della Pubblica Amministrazione”, ed il diritto privato sembra porsi

come mera eccezione3.

Successivamente, l’introduzione della Costituzione ha comportato

l’emersione di nuovi e differenti approcci, rispetto alla tradizionale visione

della Pubblica Amministrazione; quest’ultima, infatti, ha subito una

penetrante rivisitazione alla luce dei principi costituzionali, i quali hanno

contribuito a ridurre il ruolo predominante e centrale del potere, per

sostituirlo progressivamente con quello di funzione.

Questo mutamento di prospettiva ha consentito di dimostrare

l’ammissibilità di poteri pubblicistici non autoritativi4 e, più in generale, la

compatibilità tra l’esercizio della funzione amministrativa e l’utilizzo di

strumenti di diritto privato, pur restando, comunque, intatta la volontà di

rivendicare quell’autonomia e indipendenza del diritto applicabile al soggetto

pubblico in precedenza esposta.

Si pensi, in particolare, ai fenomeni delle privatizzazioni e

liberalizzazioni5, la cui stagione è stata avviata agli inizi degli anni ’90 ed è

andata rafforzandosi proporzionalmente al grado di integrazione all’interno

dell’ordinamento europeo, sulla base dei quali è possibile affermare che la

3 Amorth, Osservazioni sui limiti dell’attività amministrativa di diritto privato, in Archivio di diritto pubblico,

1939. 89. 4 Si veda nuovamente M.S. Giannini, op. cit. che a pochi anni dall’entrata in vigore della Costituzione

già affermava che “Statisticamente gli atti non autoritativi delle amministrazioni pubbliche sono la

maggioranza assoluta”, pag. 14; si veda anche Mattarella, L’imperatività del provvedimento amministrativo.

Saggio critico, Padova, 2000. 5 Su tale tematica, si veda N. Irti, “L’ordine giuridico del mercato”, Roma – Bari, 2003, nonché S. Cassese,

Stato e mercato, dopo privatizzazioni e deregulation, in Riv. Trim. dir. Pubbl., 1991, p. 378 e ss. Secondo tali

Autori, la liberalizzazione delle attività produttive, definita anche deregulation, rientra nel più ampio

processo di semplificazione dell’azione amministrativa (cfr. Cons. St., Ad. Pl., febbraio 1992, n. 27, in

Foro it., 1992, III, c. 200) ed indica genericamente quel fenomeno in virtù del quale un settore

economico di pertinenza originariamente pubblica viene sottratto al regime amministrativo, con

contestuale riconoscimento della libertà di iniziativa private.

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Pubblica Amministrazione ha utilizzato in modo sempre più diffuso moduli

convenzionali di derivazione privatistica per lo svolgimento dei propri

compiti istituzionali6, al punto che l’originario rapporto tra regola (attività

autoritativa) ed eccezione (attività paritetica) ha subito forti incrinature.

Si fa riferimento, segnatamente, a quel processo di modernizzazione del

diritto amministrativo che ha interessato tale branca del diritto nell’ultimo

ventennio, mediante l’introduzione delle leggi sul procedimento

amministrativo7 e sulle autonomie locali8, nonché mediante lo sviluppo

normativo in tema di federalismo9. Più precisamente, la istituzionalizzazione

del modulo convenzionale nell’attività amministrativa è avvenuta con la legge

n. 241/1990 prima citata sul procedimento amministrativo; con tale legge, i

modelli consensualistici rinvengono un definitivo riconoscimento normativo,

in particolare attraverso la previsione dell’art. 1110.

Si pensi, inoltre che l’art. 1, comma 1bis, della l. n. 241, con una

disposizione di portata generale, prevede che “La pubblica amministrazione,

nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme del diritto

privato, salvo che la legge non disponga diversamente”. Anche tale disposizione si

inquadra nella tendenza verso una diversa concezione dell’attività

amministrativa e un sostanziale ripensamento dei suoi modelli operativi.

6 Cfr. F. Merusi, Il diritto privato della P.A. alla luce degli studi di Salvatore Romani, in Dir. Amm., 2004, p.

655, secondo cui l’idea di implementazione estrema dell’uso del diritto privato nella Pubblica

Amministrazione è divenuta una ossessione del diritto positivo attuale, almeno di quello italiano. 7 Legge 7 agosto 1990, n. 241. 8 Legge 8 giugno 1990, n. 142. 9 l. n. 59/1997, d.lgs. n. 112/1998, d.lgs. n. 56 del 2000 e d.lgs. 28 maggio 2010, n. 85. 10 Secondo il quale “In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell’articolo 10,

l’amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel

perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto

discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo”; si veda, sul punto, F. Caringella,

Corso di diritto amministrativo: profili sostanziali e processuali, 5 ed., Milano, 2008, p. 1907 e ss.

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In questa prospettiva si mette in risalto il superamento della

impostazione autoritativa della funzione amministrativa, in favore di una

sempre più spiccata cura di tipo consensuale dell’interesse pubblico,

conseguente all’affermazione di modelli convenzionali dell’attività

amministrativa; da un altro punto di vista, emerge il carattere innovativo della

disposizione nel campo del diritto privato della pubblica amministrazione, nel

senso che quest’ultimo, in precedenza, riguardava l’attività di diritto privato

della pubblica amministrazione, mentre, con la riforma della legge 241/90, il

diritto privato entra nei moduli di diritto pubblico dell’agire

dell’amministrazione

Le ragioni di tale evoluzione del diritto amministrativo sono diverse.

Da un lato, si è progressivamente affermata l’esigenza di rendere più

competitiva l’azione della pubblica amministrazione. Ritenute insufficienti la

modernizzazione, la semplificazione e la partecipazione, infatti, si è diffusa

l’idea che occorra una trasposizione nei sistemi di gestione

dell’amministrazione di moduli organizzativi strutturali di tipo aziendalistico:

l’ampio utilizzo di schemi consensuali, in questa prospettiva, rinviene una

giustificazione nell’esigenza di esercitare le funzioni amministrative in modo

efficiente ed efficace, senza i condizionamenti che derivano dalle tradizionali

regole di gestione dell’attività amministrativa11.

11 Sul punto C. Casula, Il modello post-burocratico, tra management e governante nella Pubblica

Amministrazione, Milano, 2008, in G. Sangiorgi (a cura di), Management e governante nella Pubblica

Amministrazione, Milano, 2008, p. 31 e ss., osserva che “se nella modernità era stata l’impresa privata a

mutuare il modello burocratico, nella società contemporanea il riferimento principale sono i principi e criteri

organizzativi aziendali a costituire il riferimento principale nella definizione della posto burocrazia”. Il ricorso a

strumenti organizzativo gestionali mutuati dall’esperienza aziendalistica ha coinvolto tanto

l’organizzazione quanto la stessa attività della pubblica amministrativa; si pensi, di recente,

all’introduzione dell’obbligo di adottare piani programmatici per la prevenzione del rischio della

corruzione e per la trasparenza, introdotti con la Legge n. 190/2012.

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Dall’altro lato, si è ritenuto che i modelli di azione concordati sono

preferibili alle soluzioni imposte in via autoritativa in quanto garantiscono in

maggior misura il raggiungimento di risultati funzionali al soddisfacimento

del pubblico interesse12.

A ciò si aggiunga, sotto il profilo ordinamentale, la progressiva

trasformazione in senso pluralistico e paritario dei centri di potere, in virtù

della frammentazione della sovranità statale, a favore di istanze particolari e

sovranazionali; sotto quest’ultimo profilo, infatti, non può trascurarsi di

considerare il forte impulso all’attività contrattuale della pubblica

amministrazione proveniente dal diritto dell’Unione Europea, il quale tende a

garantire, come presupposto di un mercato unico concorrenziale, l’apertura

dei mercati nazionali e una posizione tendenzialmente paritaria delle parti13.

In ultima analisi, ciò che emerge dalla analisi dell’evoluzione e dello

sviluppo del diritto amministrativo, è la costante e, a tratti, conflittuale,

relazione tra le categorie proprie del diritto privato e le istanze di

indipendenza del diritto amministrativo.

Uno dei settori nel quale tale relazione è emersa in tutta la sua

problematicità è sicuramente quello dei contratti pubblici e, in particolare,

12 In tal senso si esprime C. Franchini, I Contratti della pubblica amministrazione tra diritto pubblico e

privato, in Id. (a cura di), Trattato dei contratti, diretto da P. Rescigno e E. Gabrielli, Torino, Utet, 2007, t.

I e II, pp. 1363, secondo cui l’ampliamento dell’utilizzazione di moduli convenzionali nello

svolgimento dell’attività amministrativa rinviene la sua ragione principale nell’esigenza (perfezionata

per effetto degli orientamenti dell’Unione europea) “di esercitare le funzioni pubbliche in modo più

efficiente ed efficace, senza i condizionamenti che derivano dalle specifiche regole di gestione dell’attività

amministrativa”. 13 Si veda E. Picozza, Attività amministrativa e diritto comunitario, in Enc. Giur. Treccani, Agg., III, Roma,

1997, p. 16 e F. Casucci, Il diritto plurale: pluralismo delle fonti e libera circolazione delle norme giuridiche,

Napoli, 2004, secondo cui “il diritto futuro è un diritto libero dall’ossessione del governo, appartiene agli

organismi associativi, alle imprese, ai cittadini, al dialogo instaurato fra loro, è servente rispetto allo sviluppo

delle possibilità e delle capacità, è un diritto che muove dal basso, mite, spontaneo e al tempo stesso azzardato. In

una sola parola è, e non potrebbe non essere, un diritto plurale, non solo nelle sue fonti, nei modelli, negli

interpreti, ma anche e soprattutto dal punto di vista epistemologico”.

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quello dei poteri del Giudice amministrativo successivi all’annullamento del

provvedimento di aggiudicazione14 .

14 Sul punto, si vedano Trimarchi Banfi, Il diritto privato dell’amministrazione pubblica, in Dir. Amm.,

2004; 676; Manfredi, Accordi e azione amministrativa, Torino, 2001; Benedetti, I contratti della pubblica

amministrazione tre specialità e diritto comune Torino, 1999; Civitarese Matteucci, Contributo allo studio del

principio contrattuale nell’attività amministrativa, Torino, 1997; Berti, Il principio contrattuale nell’attività

amministrativa, in Scritti in onore di M.S. Giannini, Milano, 1988; L.R. Perfetti, op. cit., 480 ss, il quale

riconnette l’approccio alla questione dell’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione al ruolo

centrale che le visioni generali dell’amministrazione, del potere e delle posizioni soggettive hanno

avuto anche in questo settore del diritto amministrativo. In particolare, secondo l’A. “la teoria della

specialità del contratto di cui l’amministrazione sia parte, è un fatto esterno rispetto al contratto ed alla sua

struttura, e va identificato nella teoria dello Stato e della sua posizione nella dinamica libertà/autorità. Infatti, la

teoria del contratto con la pubblica amministrazione muta decisamente rispetto alle prime ricostruzioni di

stampo privatistico – e non a caso – sul finire dell’Ottocento. (…). Se si vogliono cogliere le ragioni profonde

dell’affermarsi del regime di specialità del contratto stipulato dall’amministrazione, occorrerà riferirsi alla teoria

dello Stato ch’esse presuppongono. Solo muovendo dalla considerazione della insussistenza di diritti soggettivi

in capo al privato fuori dalle ipotesi in cui la legge espressamente li riconosca e dalla considerazione in base alla

quale all’amministrazione è assicurata una generale potestà pubblicistica di cura dell’interesse pubblico, si può

comprendere la ripugnanza della scienza del diritto amministrativo, nel momento in cui si costruisce, per l’idea

che l’amministrazione che contratta sia soggetta, come il privato, alle sole norme del diritto civile, sicché fonte

delle obbligazioni reciproche possano essere solo la legge o il contratto”.

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2. Le fonti della contrattualistica pubblica. Dalla legge di contabilità di

Stato alle influenze dell’ordinamento comunitario

Si ritiene che la costante dialettica tra discipline pubblicistica e

privatistica della Pubblica Amministrazione emerga con chiarezza dall’analisi

storica, prima che giuridica, delle normative succedutesi via via nel tempo

aventi ad oggetto il tema della contrattualistica pubblica15.

In particolare, la dimensione pubblicistica della contrattualistica pubblica

attiene in larga parte alla fase che precede la stipula del contratto tra

l’amministrazione e l’aggiudicatario e la sua esecuzione, costituendo il

procedimento di selezione del contraente nelle forme dell'evidenza pubblica.

Nel corso del tempo, il procedimento di evidenza pubblica ha formato

oggetto di vari ed eterogenei interventi normativi, che si sono tra di loro

stratificati, molto spesso ispirandosi a principi e concezioni strutturali della

materia assai diversi e altre volte a circostanze di fatto meramente contingenti

di carattere politico ed economico.

In una prima fase, infatti, precedente alla penetrante integrazione

comunitaria, la legislazione sull’evidenza pubblica era contenuta in vari testi

normativi di rango primario o secondario; in tal senso, le disposizioni

principali erano contenute in origine nella legge di contabilità di Stato, il Regio

15 Sulla ratio e sull’evoluzione della disciplina della contabilità pubblica, si sono consultati i seguenti

contributi: G. Greco, I contratti dell’amministrazione tra pubblico e privato, 1986, F.P. Pugliese, Contratti

della pubblica amministrazione, in Enc. giur., vol. IX, 1988; A. Cianflone – G. Giovannini,L’appalto di opere

pubbliche, 1999, pp. 328 ss; F. Caringella – G. De Marzo (a cura di), La nuova disciplina dei lavori

pubblici. Dalla legge quadro alla Merloni-quater. Le norme speciali e la nuova potestà regionale, 2003, pp. 734

ss.; A. Carullo – A. Clarizia (a cura di), La legge «Quadro» in materia di lavori pubblici, 2004, pp. 985 ss.;

A. Barettoni Arleri, voce Contabilità pubblica, in nuovo Dig. It., IV Torino, Utet, 2 ss., M. D’Alberti,

Interesse pubblico e concorrenza nel codice dei contratti pubblici, in Dir. Amm., 2/2008, 297 ss., A. Buscema,

S. Buscema, I contratti della pubblica amministrazione, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G.

Santaniello, VII, Milano, Giuffrè, 1994, D. Bortolotti, Contratti della amministrazione pubblica, in

Digesto disc. Pubbl., Torino, IV, 36 ss.

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Decreto 18 novembre 1923, n. 2440, e nel suo regolamento di attuazione, Regio

Decreto 23 maggio 1924, n. 827.

La ragione ispiratrice dei suddetti testi normativi era quella di tutelare in

via immediata l’interesse della pubblica amministrazione a selezionare il

miglior contraente, quest’ultimo definito come colui che potesse garantire le

migliori prestazioni e alle condizioni economicamente più vantaggiose per il

soggetto pubblico. In altri termini, l’interesse primario fatto proprio dalla

regolamentazione delle procedure ad evidenza pubblica era quello di tipo

prettamente pubblicistico di tutelare l’attività amministrativa, in modo tale da

garantirne l’efficienza e l’economicità; a fronte di tali esigenze, la difesa

dell’interesse del singolo aspirante contraente, rappresentato dall’interesse a

non essere discriminato e, soprattutto, a gareggiare in condizioni di

concorrenzialità, era tutelato in via riflessa ed indiretta, subordinatamente

all’applicazione dalle menzionate disposizioni sui conti pubblici16.

Più precisamente, tale normativa di contabilità prevedeva quattro

modalità di scelta del contraente: l’asta pubblica o pubblico incanto, la

licitazione privata, l’appalto concorso e la trattativa privata.

Tali procedure di scelta del contraente erano tra loro distinguibili, da un

lato, in virtù dell’ampiezza della possibilità di partecipazione degli operatori

economici e, dall’altro, sulla base della flessibilità dell’oggetto di ciascuna

procedura, che poteva essere predeterminato in modo rigido dalla stazione

16 Sul punto, già M.S. Giannini aggiungeva che “il contratto ad evidenza pubblica è introdotto dalla

legislazione per una ragione pratica, di porre freno agli abusi dei fornitori dello Stato, specie militari, e per una

ragione di coerenza con il sistema del diritto amministrativo. In particolare con il principio di legalità”, in

Diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 1970, I, 677; ancor prima, Santi Romano riteneva che le

formalità previste dalla procedura ad evidenza pubblica “sono in genere stabilite nell’interesse

dell’amministrazione e il cui difetto quindi non può essere opposto al privato“, in Diritto Amministrativo,

Milano, Società editrice libraria, 1901, 533.

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appaltante, oppure poteva essere soggetto a modifiche con la collaborazione

degli stessi partecipanti durante la gara.

A prescindere dai caratteri di diversificazione delle varie modalità di

scelta del contraente privato, si riteneva che queste potessero garantire in

varia misura la competizione, l’imparzialità e la trasparenza tra i partecipanti.

A ben vedere, la trattativa privata era l’unica modalità procedurale idonea a

sacrificare in maniera più sensibile il principio della competizione, sebbene

essa potesse essere utilizzata esclusivamente in presenza di ragioni contingenti

di urgenza o, comunque, per circostanze speciali ed eccezionali tali da non

consentire l'utile attivazione delle forme competitive ordinarie17. Tale carattere

di residualità della trattativa privata rendeva tassativi i presupposti oggettivi

di applicazione indicati dal legislatore e gravava l'amministrazione procedente

di un onere di congrua motivazione in ordine alla scelta effettuata18.

Ad ogni modo, come già evidenziato in precedenza, la soddisfazione del

principio di concorrenza nell'aggiudicazione della gara era comunque

funzionale e subordinata al perseguimento dell’interesse finanziario della

17 Si veda, a tal proposito, la stessa normativa in tema di contabilità pubblica, secondo cui “Qualora, per

speciali ed eccezionali circostanze, che dovranno risultare nel decreto di approvazione del contratto, non possano

essere utilmente seguite le forme indicate negli articoli 3 e 4 [pubblico incanto e licitazione privata], il

contratto potrà essere concluso a trattativa privata” (art. 6 del R.D. n. 2440/1923). Il Regolamento di

attuazione della legge di contabilità precisava ulteriormente la eccezionalità dell’istituto individuando

le ipotesi in presenza delle quali si poteva ricorrere alla trattativa privata: “Si procede alla stipulazione

dei contratti a trattativa privata: 1° quando gli incanti o le licitazioni siano andate deserte o si abbiano fondate

prove per ritenere che ove si sperimentassero andrebbero deserte; 2° per l'acquisto di cose la cui produzione è

garantita da privativa industriale, o per la cui natura non è possibile promuovere il concorso di pubbliche offerte;

3° quando trattasi di acquisto di macchine, strumenti o oggetti di precisione che una sola ditta può fornire con i

requisiti tecnici e il grado di perfezione richiesti; 4° quando si debbano prendere in affitto locali destinati a servizi

governativi; 5° quando l'urgenza dei lavori, acquisti, trasporti e forniture sia tale da non consentire l'indugio

degli incanti o della licitazione; 6° ed in genere in ogni altro caso in cui ricorrono speciali ed eccezionali

circostanze per le quali non possano essere utilmente seguite le forme degli articoli 37 a 40 del presente

regolamento. Nei casi previsti nel presente articolo la ragione per la quale si ricorre alla trattativa privata, deve

essere indicata nel decreto di approvazione del contratto e dimostrata al consiglio di Stato, quando occorra il suo

preventivo avviso” (art. 41 R.D. n. 827/1924). 18 Cfr. Cons. St., sez. V, 11 marzo 2003, n. 1295; Cons. St., sez. V, 16 gennaio 2002, n. 224.

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stazione appaltante, in modo tale da concepire la procedura come lo

strumento più efficace per garantire il corretto ed efficiente impiego del

denaro pubblico19.

Successivamente, una seconda fase può essere fatta risalire agli inizi degli

anni '90, nel momento in cui il tema dei contratti pubblici della pubblica

amministrazione è divenuto progressivamente uno dei temi più rilevanti e più

affrontati dall'ordinamento comunitario, al fine di renderne la disciplina

compatibile con i principi cardine della costruzione europea, vale a dire quello

della concorrenza e delle libertà fondamentali contenute nei Trattati20.

L’affermazione di un principio di democrazia sociale e aperta al mercato

di matrice europea ha comportato, infatti, che le istituzioni comunitarie

prendessero in considerazione, ai fini della tutela del valore della concorrenza,

l'impatto concorrenziale dell’azione dei soggetti pubblici. Da tale prospettiva,

la Comunità ha applicato il principio della concorrenza non soltanto dal punto

di vista dell’offerta di beni e servizi, ma anche dal lato della domanda pubblica

degli stessi21.

19 Cfr. M. D'Alberti, Interesse pubblico e concorrenza nel Codice dei contratti pubblici, in Dir. amm., 2008, n.

2, pp. 297-298. Non a caso le disposizioni rilevanti erano contenute in testi normativi dedicati alla

contabilità pubblica. Nell'ottica del legislatore un siffatto sistema avrebbe garantito anche il

ridimensionamento di fenomeni corruttivi, particolarmente diffusi nel settore. 20 Si pensi, al riguardo, alla legge 19 febbraio 1992, n. 142, recante “Disposizioni per l'adempimento di

obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (legge comunitaria per il 1991)”, di

fondamentale importanza nell’ordinamento interno per un primo riconoscimento della risarcibilità

dell’interesse legittimo; tale intervento, in particolare, ha riconosciuto una tutela risarcitoria in favore

di soggetti lesi “a causa di atti compiuti in violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici di

lavori o di forniture o delle relative norme interne di recepimento” 21 Sull’impatto dei principi e della normativa comunitaria si veda Cfr. F. Ledda, Per una nuova

normativa sulla contrattualistica pubblica, in AA. VV., Studi in onore di Antonio Amorth, vol. I, scritti di

diritto amministrativo, pp. 317 e ss.; G. Morbidelli e M. Zoppolato, Appalti pubblici, in Trattato di diritto

amministrativo europeo, a cura di M.P. Chiti e G. Greco, pp. 214 e ss.; R. Caranta, I contratti pubblici, in

Sistema del diritto amministrativo italiano, a cura di F.G. Scoca, F.A. Roversi Monaco e G. Morbidelli,

2004; A. Massera, I contratti, in Trattato di diritto amministrativo, Diritto amministrativo generale, II, a cura

di S. Cassese, pp. 1547 e ss.

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La centralità del valore della concorrenza anche nelle procedure ad

evidenza pubblica è funzionale a due obiettivi.

In primo luogo, si conseguirebbe in tal modo la libera circolazione

all’interno dell’Unione di merci e servizi anche nell’ambito del settore

pubblico, con effetti positivi sul lato della domanda, soprattutto in termini di

maggiore qualità ed economicità degli affidamenti. In secondo luogo, dal lato

dell’offerta, verrebbe perseguito il fine di sviluppare le imprese europee in

modo tale da consentir loro di concorrere non soltanto nel mercato comune

europeo, ma, soprattutto, a livello globale.

Nella fase appena descritta, pertanto, le fonti normative interne al nostro

ordinamento si andavano a sovrapporre a quelle derivanti dall’ordinamento

comunitario; segnatamente, con tre diverse direttive è stata posta una

disciplina per i lavori, i servizi e le forniture e con una quarta direttiva sono

stati disciplinati gli stessi segmenti nei settori cd. esclusi22.

Sin da questa prima attività di formazione comunitaria dei contratti

pubblici, si fa presente che, accanto alla distinzione tra settori ordinari e settori

cd. esclusi, la disciplina sovranazionale prima citata ha compiuto un’ulteriore

22 A ben vedere, in realtà, l’ordinamento comunitario si era già occupato degli appalti pubblici sia pure

in una dimensione piuttosto embrionale con le direttive 77/62/Cee (forniture), 71/305/Cee (lavori) e

77/62/Cee (servizi). Ad ogni modo, quanto agli interventi comunitari citati nella presente trattazione,

si vedano le direttive 93/37/Cee, relativa agli appalti pubblici di lavori nei settori ordinari, 93/36/Cee,

relativa agli appalti pubblici di fornitura nei settori ordinari, 92/50/Cee, relativa agli appalti pubblici di

servizi nei settori ordinari, 92/50/Cee, relativa agli appalti pubblici di servizi. Quanto ai settori cd.

speciali, oggi definiti “esclusi”, si rileva che essi sono spesso caratterizzati in senso soggettivo

dall'azione di soggetti di diritto privato con fine imprenditoriale piuttosto che di pubbliche

amministrazioni tradizionali. In senso oggettivo, si tratta di ambiti strategici e di consistente valore

economico (acqua, energia, trasporto, servizi postali, ecc.). Per tali peculiarità sono stati

originariamente 'esclusi' dalla disciplina dell'evidenza pubblica comunitaria e soggetti al retaggio del

protezionismo statale. Solo successivamente, proprio in ragione della loro significatività economica,

non sono più sfuggiti alle regole comunitarie, sia pure in una versione più flessibile rispetto ai settori

ordinari. Ad ogni modo, il legislatore nazionale ha recepito le richiamate direttive comunitarie

conservando anche formalmente la distinzione tra settori ordinari e settori esclusi e all'interno dei

primi la suddivisione in lavori, servizi e forniture.

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distinzione, dipendente dal valore economico delle commesse e ancora oggi

particolarmente rilevante per individuare la disciplina applicabile a quella

singola gara; le direttive comunitarie prima indicate, infatti, si sono

concentrate esclusivamente sugli appalti economicamente più rilevanti e,

proprio in virtù di tale rilevanza, capaci di incidere su scala comunitaria23.

A fronte della disciplina avente ad oggetto i contratti di servizi e delle

forniture e del loro consolidamento nel nostro ordinamento sulla base delle

prescrizioni derivanti dall'ordinamento comunitario, , la disciplina in tema di

contratti di lavori è stata invece condizionata da circostanze di natura

prettamente interna, le quali hanno determinato plurimi interventi normativi,

spesso estemporanei e confusionari24.

In particolare, a seguito dei fatti di cronaca politica e giudiziaria noti

come Tangentopoli, la disciplina dei lavori pubblici venne modificata con un

rigore assai più pregnante rispetto al passato e con disposizioni ispirate ad un

generalizzato senso di sfiducia sia nei confronti delle stazioni appaltanti che

dei contraenti privati, attraverso l'esasperato irrigidimento delle procedure in

funzione di prevenzione dei fenomeni corruttivi, con la conseguenza di un

vero e proprio blocco del settore25.

Questa seconda fase si è conclusa, in ultima analisi, con il completamento

del quadro normativo di riferimento mediante l’adozione del regolamento

23 Si precisa al riguardo che questi ultimi, definiti appalti “sopra soglia”, rientrano nell'applicazione

delle direttive comunitarie e della legislazione nazionale di recepimento, mentre gli appalti “sotto

soglia”, sono retti essenzialmente dal diritto nazionale, sia pure nel rispetto dei principi generali del

Trattato Ce 24 Cfr. M. Clarich, Introduzione, in Commentario al Codice dei contratti pubblici (a cura di M. Clarich), p.

XXVII. 25 Sul punto, cfr. G. Fidone, Il Codice dei contratti pubblici, in Commentario al Codice dei contratti pubblici (a

cura di M. Clarich), p. 3

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attuativo relativo ai lavori pubblici e con il regolamento sulla qualificazione

dei soggetti esecutori26.

26 Si fa riferimento al D.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554 e al D.p.r. 25 gennaio 2000, n. 34. Per quanto

attiene specificatamente alla materia dei lavori pubblici, il Legislatore è intervenuto successivamente,

in un senso, per snellire e velocizzare il procedimento per la realizzazione delle grandi opere

infrastrutturali ritenute di interesse strategico per lo sviluppo del Paese; per altro verso, il legislatore

ha perseguito lo scopo di coinvolgere capitali privati nella realizzazione delle infrastrutture,

ampliando gli schemi realizzativi e introducendo elementi di flessibilità nelle procedure; sul punto cfr.

ancora G. Fidone, Il Codice dei contratti pubblici, in Commentario al Codice dei contratti pubblici, op. cit.

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3. Segue. Il codice dei contratti pubblici e il valore della concorrenza

In una terza fase, collocata a valle dell’evoluzione normativa prima

brevemente tratteggiata, è intervenuto il Codice dei contratti pubblici, adottato

con il d.lgs. 11 aprile 2006, n. 163, le cui disposizioni hanno riunito in un unico

testo normativo tutta la materia dei contratti pubblici.

Il Codice ha esercitato la delega contenuta nell'art. 25, legge comunitaria

2004, 18 aprile 2005, n. 62, recante il recepimento delle nuove direttive

comunitarie 2004/18/Ce (relativa al coordinamento delle procedure di

aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori

ordinari) e della direttiva 2004/17/Ce (che coordina le procedure di appalto

degli enti erogatori di acqua e di energia nonché degli enti che forniscono

servizi di trasporto e servizi postali - cd. settori speciali, definiti nelle direttive

precedenti settori esclusi).

A livello di tecnica di redazione normativa, il Codice ha rappresentato un

passo in avanti notevole nella trattazione della complessa tematica dei

contratti pubblici; in questo senso, già la denominazione di “Codice”,

utilizzata dal legislatore dovrebbe suggerire un’idea o, almeno, il tentativo di

stabilizzazione della disciplina27.

A livello di disciplina sostanziale, inoltre, tale teso normativo persegue

un principio di maggiore apertura del mercato, in una logica di

concorrenzialità tipicamente europea, ed è caratterizzato da istituti di origine

comunitaria, finalizzati ad una miglior flessibilità delle procedure28.

A tal proposito, il Codice ha operato una netta inversione rispetto al

passato circa le ragioni ispiratrici delle disciplina della evidenza pubblica.

27 Cfr. M. Clarich, Introduzione, op. cit., XXVII. 28 Cfr. G. Fidone, Il Codice dei contratti pubblici, op. cit., p. 5.

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Sulla scia dell’orientamento comunitario, nel nuovo assetto codicistico assume

preminenza la posizione del singolo aspirante contraente e, dunque, la tutela

dell’interesse a non essere discriminato e a gareggiare in condizioni di

concorrenzialità.

Nella realtà applicativa, tali considerazioni hanno comportato un

aumento delle garanzie di pubblicità e di trasparenza, l’allargamento delle

possibilità di partecipazione alle gare e la neutralizzazione delle

discriminazioni derivanti dalla richiesta di prestazioni tecniche escludenti29.

Uno degli indici di tale mutamento di prospettiva è sicuramente

rappresentato dall’estensione dell’ambito di applicazione delle disposizioni in

materia di gare; più precisamente, la normativa del Codice, rispetto a quella

precedente, trova applicazione anche rispetto agli organismi di diritto

pubblico e, nei settori speciali, alle imprese pubbliche e agli operatori privati

titolari di diritto speciali o esclusivi, che non sono pubbliche amministrazioni

in senso tradizionale e neppure necessariamente enti pubblici economici.

A ciò si aggiunga che, mentre nei settori ordinari la finalità pro

concorrenziale si aggiunge ai fini tradizionali dell'evidenza pubblica, nei

settori speciali tale finalità assume un ruolo di maggiore centralità; gli

operatori soggetti ai settori speciali, infatti, non sempre dispongono di risorse

pubbliche e possono essere imprenditori puri, per cui potrebbe non porsi un

problema di efficiente allocazione delle risorse pubbliche30.

29 In questo senso cfr. M. D'Alberti, op. cit., p. 299. 30 A dimostrazione della centralità della tutela della concorrenza nei settori speciali, l'instaurazione di

un regime concorrenziale effettivo tra soggetti aggiudicatori in un determinato settore, comporta la

possibilità di disapplicare la disciplina sulle gare. Ciò è dovuto alla circostanza che i settori speciali

(gas, elettricità, trasporti, poste, porti, ecc.) sono tradizionalmente ambiti soggetti al monopolio

dell'ente aggiudicatore che, dunque, senza la procedura ad evidenza pubblica, potrebbe falsare il

meccanismo concorrenziale. Quando nell'ambito delle politiche di liberalizzazione tale posizione di

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L’affermazione del valore della concorrenza come uno dei primi criteri

informatori della disciplina in tema di contratti pubblici è dovuta altresì, sul

piano costituzionale, anche agli interventi di riforma che hanno preceduto di

poco l’attuazione del Codice e che hanno modificato i criteri per l'attribuzione

delle materie tra Stato e Regioni, individuando tra le materie di competenza

esclusiva dello Stato la tutela della concorrenza (art. 117, comma 2, lett. e). Tale

intervento di riforma costituzionale si ritiene fondamentale per i successivi

orientamenti del Giudice delle leggi; la tutela della concorrenza come

principio ispiratore della contrattualistica pubblica, infatti, è stata più volte

ribadita dalla Corte costituzionale che, con la sentenza n. 401/2007, ha respinto

una serie di censure proposte dalle Regioni che lamentavano la lesione della

propria competenza legislativa da parte del Codice.

La pronuncia della Corte ha fatto perno proprio sull'art. 117, comma 2,

lett. e) Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la tutela della

concorrenza e le libertà comunitarie di circolazione e stabilimento, ritenendo

superata la concezione contabilistica della disciplina dei contratti pubblici.

La nuova prospettiva di principio ha, dunque, effetti giuridici importanti

anche nei rapporti fra legge statale e regionale, visto che il nucleo principale

della disciplina pubblicistica sulle gare (qualificazione e selezione dei

contraenti, procedure di affidamento, criteri di aggiudicazione, poteri di

vigilanza dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ecc.) è affidato

monopolio viene meno, anche l'onere della gara in funzione pro concorrenziale non avrebbe senso,

poiché le dinamiche del mercato condurrebbero di per sé alla neutralizzazione del potenziale potere

distorsivo di mercato dell'ente aggiudicatore.

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alla competenza esclusiva dello Stato, con esclusione di ogni tentativo di

differenziazione di disciplina da parte delle Regioni31.

Alle pronunce della Corte costituzionale ha fatto seguito anche il

Consiglio di Stato, il quale più volte ha chiaramente affermato che il fine di

tutela della concorrenza ha “determinato il definitivo superamento della concezione

che vedeva la procedimentalizzazione dell’attività di scelta del contraente dettata

nell'esclusivo interesse dell'amministrazione”32.

Il mutamento di prospettiva appena delineato ha inciso anche

sull’approccio metodologico di regolazione degli appalti pubblici, come

emergerà ben più chiaramente nei successivi capitoli della presente

trattazione. Per un verso, infatti, la visione contabilistica della disciplina degli

appalti pubblici implicava la creazione di un reticolo fitto di regole rigide di

tipo cd. “command and control”.

A fronte di ciò, la visione pro concorrenziale di matrice comunitaria che

permea anche la normativa interna lascia maggiori spazi di flessibilità alle

stazioni appaltanti introducendo anche momenti di regolazione cooperativa,

cioè di interazione con i privati, al fine di ridurre le asimmetrie informative.

L’esigenza, in parte assecondata dal Codice di dare al quadro normativo

generale una certa omogeneità di base, fondata sui principi ispiratori appena

esaminati, tuttavia, non ha escluso la permanenza di alcune diversificazioni

all’interno dello stesso Codice; si pensi, ancora una volta al settore delle opere

pubbliche, che mantiene nel corpo del decreto legislativo 163/06 una certa

specificità, nonché ai contratti sotto soglia comunitaria, i quali sono

31 Per un'analisi più approfondita della questione cfr. V. Lopilato, Il riparto di competenze fra Stato e

Regioni nel Codice dei contratti pubblici, in Commentario al Codice dei contratti pubblici (a cura di M.

Clarich), pp. 95 e ss. 32 Cfr. Cons. St., Ad. pl., 3 marzo 2008, n. 1.

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assoggettati a un regime diverso e derogatorio rispetto a quelli sopra soglia,

per quanto i primi, sia sotto il profilo quantitativo e qualitativo, sono per molti

aspetti assimilabili ai secondi. Tali diversità, come si vedrà nei capitoli

seguenti, ha avuto importanti riflessi anche dal punto di vista della tutela

giurisdizionale offerta dal Giudice amministrativo.

Come accaduto anche per i precedenti interventi normativi, la nuova

disciplina introdotta con il Codice degli appalti pubblici è stata caratterizzata

da non poche incertezze applicative33, oltre che da una fase di accorgimenti

normativi attuati mediante l’adozione di tre provvedimenti legislativi

correttivi34.

Sebbene possa ritenersi che una fase di assestamento fosse naturale, vista

la portata e la rilevanza nazionale e sovranazionale del Codice, la sostanziale

applicazione della nuova normativa non è stata di certo agevolata dalla grave

discontinuità di indirizzo politico di quel periodo, dovuta alla rapida

alternanza di tre compagini governative, che ha avuto effetti destabilizzanti

anche sull’attuazione della disciplina dei contratti pubblici35. A ciò si aggiunga

che anche l’adozione del regolamento attuativo, avvenuta con il d.p.R. 10

ottobre 2010, n. 207, ha subito gravi ritardi e incertezze normative.

La fase di assestamento del Codice dei contratti pubblici sembra ancora

lontana dal termine; si pensi, infatti, alle ulteriori modifiche apportate alla

disciplina del Codice dal d.lgs 28 marzo 2010, n. 53, di recepimento della

33 Cfr. M. Clarich, Codice dei contratti pubblici:ancora correttivi e modifiche, in Corr. giur., n. 11/2006, p.

1485 e ss. e G. Fidone, Il Codice dei contratti pubblici, op. cit., p. 5. 34 Gli interventi correttivi sono stati operati con il d.lgs. 26 gennaio 2007, n. 6, il d.lgs. 31 luglio 2007, n.

113 e il d.lgs. 11 settembre 2008, n. 152, resisi necessari anche per superare alcune censure alla

disciplina formulate dalla Commissione Ue. In particolare, Quest'ultima aveva censurato alcune

disposizioni del Codice in materia di project financing con lettera di messa in mora n. 2007/2309. 35 Ancora cfr. M. Clarich, Introduzione, op. cit., XXVIII.

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direttiva comunitaria 2007/66/Ce, in materia di procedure di ricorso volte a

rendere più rapida ed effettiva la tutela delle imprese che partecipano alle

gare. Tale disciplina, in particolare, fa ormai parte del Codice del processo

amministrativo, approvato con il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 e presenta aspetti

molto innovativi e con effetti sistematici, incidendo in particolare sulle regole

procedurali del ricorso giurisdizionale e sui poteri del giudice amministrativo,

che saranno meglio analizzate nei capitoli che seguono.

Si pensi, ancor più recentemente, alle modifiche apportate dal d.l. 24

giugno 2014, n. 90, recante “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza

amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari”, convertito con

modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, le cui ricadute sulla disciplina

sostanziale e processuale verranno più ampiamente analizzate nel prosieguo.

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4.Segue. Le nuove direttive europee in tema di appalti pubblici

Da ultimo, non può sottacersi la recentissima adozione da parte

dell’Unione europea di tre direttive europee (Direttiva 2014/23/UE

sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, Direttiva 2014/24/UE sugli

appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CEUE Direttiva 25-2014 –

Settori speciali e Direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli enti

erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e

che abroga la direttiva 2004/17/CE).

Il 15 gennaio il Parlamento europeo ha approvato in seduta plenaria i

testi delle tre nuove Direttive che dovranno essere recepite da tutti i Paesi

membri entro due anni dalla data di pubblicazione nella GUE.

Per comprendere appieno le rilevanti novità introdotte dalle nuove

direttive, si ritiene utile ripercorrere brevemente il percorso seguito dal

Legislatore europeo antecedente all’adozione delle direttive nn. 23, 24 e 25 del

201436.

Come noto, la realizzazione di un mercato comune europeo ha da sempre

avuto un ruolo centrale nella costruzione dell’Unione europea,

rappresentando l’impulso attraverso il quale portare a compimento il processo

di integrazione tra gli Stati membri37.

36 Per una ricostruzione del percorso seguito dal Legislatore europeo per l’attuazione delle nuove

direttive sui contratti pubblici, si vedano: Gallo (a cura di), Le nuove direttive europee in materia di appalti

e concessioni, Maggioli Editore, 2014, pp. 17 e ss.; F. Sciaudone, Le nuove direttive appalti e concessioni:

recepimento, elementi critici e opportunità, anche alla luce delle recenti novità normative, in C. Franchini e F.

Sciaudone (a cura di), Il recepimento in Italia delle nuove direttive appalti e concessioni. Elementi critici e

opportunità, op.cit., pp. 11 e ss. 37 Al riguardo, la Corte di Giustizia europea ha in più occasione affermato con forza che “gli articoli del

Trattato relativi alla libertà di circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali sono norme

fondamentali per l’Unione ed è vietato qualsiasi ostacolo, anche di minore importanza, a detta libertà” (cfr. ex

multis decisione C – 49/89 del 13 dicembre 1989).

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Proprio in virtù di tale centralità, la nozione di mercato comune ha da

tempo travalicato quell’ambito puramente economico in cui era stata limitata

agli albori del processo di istituzione delle Comunità europee, assumendo

sempre più le sembianze di un vero e proprio “quadro giuridico complessivo su

scala europea”38, entro il quale elaborare strategie e politiche non più soltanto

riguardanti i rapporti economici tra gli appartenenti all’Unione, ma inerenti

anche allo sviluppo sociale e politico dell’Europa. In questo senso, la portata di

tale quadro giuridico complessivo emerge chiaramente sin dalle norme iniziali

del Trattato dell’Unione Europea, laddove si afferma che “l’Unione instaura un

mercato interno” e “si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una

crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di

mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale,

e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Essa

promuove il progresso scientifico e tecnologico”39, nonché, per quanto attiene alla

materia ambientale, laddove si precisa che “Le esigenze connesse con la tutela

dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche

e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo

38 Secondo la definizione offerta da G. Tesauro, Diritto dell’Unione Europea, Cedam, 2012, il quale

precisa che “Più in generale, il mercato interno è ormai, dopo l’Atto unico e il Trattato di Maastricht, una

nozione che, in termini di strategia giuridica, va anche al di là della realizzazione di uno spazio in cui sono

garantite la piena mobilità di beni, servizi e fattori produttivi, nonché la sostanziale parità delle condizioni di

concorrenza per le imprese. Il mercato interno è di sicuro tutto questo, ma è anche di molto più di questo.

Unitamente alle politiche cd. Di accompagnamento, cui è inscindibilmente connesso, il mercato interno è infatti

il quadro giuridico complessivo, su scala europea, dello svolgimento dei rapporti economici. Come tale, esso dà

corpo e tutela all’insieme degli interessi, delle esigenze e dei valori che a quei rapporti si collegano. La disciplina

del mercato interno, in definitiva, nonché le politiche che vi si riconducono, costituiscono il nucleo centrale di un

ordinamento articolato e tendenzialmente completo, nel cui ambito trovano riconoscimento non soltanto le

libertà economiche fondamentali (libertà di concorrenza e libertà degli scambi), ma anche l’insieme delle istanze

(tutela e promozione del lavoro, delle donne e dei giovani, dell’ambiente, della cultura, delle aree sfavorite) che

sono oatrimonio comune e caratteristico delle moderne democrazie”, pag. 370. 39 Art. 3, paragrafo 3, Trattato sull’Unione Europea.

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sostenibile”40.

La scelta di coinvolgere nel processo di realizzazione di un mercato

comune valori ulteriori rispetto a quelli puramente economici è altresì

confermata e ribadita nella Comunicazione della Commissione europea

202041, nella quale si legge che la cd. “strategia Europa 2020” deve essere

incentrata su tre priorità: una crescita intelligente, idonea a sviluppare

un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione; una crescita

sostenibile, volta a promuovere un’economia più efficiente sotto il profilo delle

risorse, più verde e più competitiva; una crescita inclusiva, al fine di

promuovere un’economia con un alto tasso di occupazione, che favorisca la

coesione economica, sociale e territoriale42. In altri termini, l’Unione europea si

prefigge di utilizzare una sempre maggiore integrazione economica, al fine di

perseguire uno sviluppo sociale imperniato su conoscenza e innovazione, su

un utilizzo più accorto e sostenibile delle risorse disponibili e su un’economia

40 Art. 11, Trattato sul funzionamento dell’Unione. 41 COM(2010) 2020, del 3 marzo 2010, recante “EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente,

sostenibile e inclusiva”; 42 Cfr. paragrafo 2 della Comunicazione. Tali priorità, inoltre, si pongono quali presupposti necessari

per la realizzazione dei seguenti obiettivi indicati nella strategia Europa 2020: “il tasso di occupazione

delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni dovrebbe passare dall'attuale 69% ad almeno il 75%, anche

mediante una maggior partecipazione delle donne e dei lavoratori più anziani e una migliore integrazione dei

migranti nella popolazione attiva; – l'obiettivo attuale dell'UE per gli investimenti in R&S, pari al 3% del PIL, è

riuscito a richiamare l'attenzione sulla necessità di investimenti pubblici e privati, ma più che sul risultato si

basa sui mezzi utilizzati per raggiungerlo. È chiara l'esigenza di migliorare le condizioni per la R&S privata

nell'UE, cosa che molte delle misure proposte nella presente strategia faranno. È altrettanto evidente che

mettendo insieme R&S e innovazione amplieremmo la portata della spesa, che diventerebbe più mirata verso le

operazioni commerciali e i fattori di produttività. La Commissione propone di mantenere l'obiettivo al 3%

definendo al tempo stesso un indicatore tale da riflettere l'intensità in termini di R&S e innovazione; – ridurre le

emissioni di gas a effetto serra almeno del 20% rispetto ai livelli del 1990 o del 30%, se sussistono le necessarie

condizioni2; portare al 20% la quota delle fonti di energia rinnovabile nel nostro consumo finale di energia e

migliorare del 20% l'efficienza energetica; – un obiettivo in termini di livello d'istruzione che affronti il

problema dell'abbandono scolastico riducendone il tasso dall'attuale 15% al 10% e aumentando la quota della

popolazione di età compresa tra 30 e 34 anni che ha completato gli studi superiori dal 31% ad almeno il 40% nel

2020; – il numero di Europei che vivono al di sotto delle soglie di povertà nazionali dovrebbe essere ridotto del

25%, facendo uscire dalla povertà più di 20 milioni di persone”.

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di mercato che assicuri un elevato tasso di occupazione43.

Una delle leve principali per il raggiungimento di tali obiettivi è

rappresentata proprio dagli appalti pubblici, quale ambito essenziale non

soltanto per una più corretta allocazione di risorse economiche, ma anche

come campo di prova per verificare lo stato di avanzamento delle politiche e

dei valori propri dell’Unione44.

L’importanza della disciplina sui contratti pubblici per la realizzazione

delle politiche europee è altresì sottolineata dalla Comunicazione della

Commissione del 13 aprile 2011, recante “L’Atto per il mercato unico. Dodici leve

per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia” nella quale viene proposta

un’opera di revisione e ammodernamento del quadro normativo europeo

sugli appalti pubblici “per giungere ad una politica equilibrata, che sostenga una

domanda di beni, opere e servizi rispettosi dell’ambiente, socialmente responsabili e

innovativi”45.

In definitiva, ciò che emerge dalla breve rassegna dei documenti più

significativi adottati dall’Unione europea antecedentemente all’adozione delle

nuove direttive nn. 23, 24 e 25 del 2014 è un evidente mutamento di approccio

del diritto europeo alla materia dei contratti pubblici, non più vista soltanto

come insieme di regole ispirate ad una logica concorrenziale ed idonee a

favorire la parità di trattamento tra gli operatori economici nell’allocazione di

43 Ad ulteriore conferma di quanto esposto, si veda COM(2012) del 3 ottobre 2012, recante “Atto per il

mercato unico II. Insieme per una nuova crescita”, in cui la Commissione precisa che il mercato unico è lo

“strumento fondamentale per realizzare un’economia sociale di mercato altamente competitiva”, in quanto

accresce la competitività europea nel mercato mondiale e la coerenza e la complementarità delle

politiche interne ed esterne che favoriscono gli scambi e la crescita. 44 Cfr. sul punto, Gallo, op. cit., secondo cui “Gli appalti pubblici rappresentano una leva essenziale per

l’innovazione delle imprese, per una maggiore efficienza dell’economia, anche nell’utilizzo delle risorse attraverso

l’implementazione degli appalti verdi, al fine di assicurare lo sviluppo delle piccole e medie imprese in modo da

garantire comunque una maggior apertura dei mercati europei”, pag. 22. 45 Cfr. paragrafo 2.12.

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risorse pubbliche, ma come vero e proprio stimolo di crescita sociale,

tecnologica, ambientale e anche economica; in altri termini, viene evidenziato

come la fissazione di norme e principi volti a regolare l’acquisizione di beni e

servizi da parte della Pubblica amministrazione sul mercato sia necessaria non

più soltanto per esigenze di integrazione puramente economica tra gli Stati,

ma anche per la realizzazione di valori comuni ulteriori, quale quello di tutela

dell’ambiente, di sviluppo sostenibile, di integrazione sociale e di innovazione.

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5. Il procedimento ad evidenza pubblica. Natura giuridica e fasi

Dopo aver ricostruito l’iter normativo che ha portato all’adozione del

Codice sui contratti pubblici, si ritiene utile fornire brevi cenni sul cd.

procedimento ad evidenza pubblica, indicandone le fasi e i principi ad esso

applicabili.

Attraverso tale procedimento, in particolare, il soggetto pubblico

rappresenta all’esterno la volontà di stipulare un determinato contratto,

“evidenziando” i motivi di pubblico interesse che intende perseguire con quello

specifico rapporto negoziale46.

Come già evidenziato in precedenza, tale procedimento riflette la costante

dialettica tra moduli prettamente civilistici e poteri autoritativi della pubblica

amministrazione che, si ribadisce, è configurabile come uno dei temi più

dibattuti del diritto amministrativo47.

46 Cfr. in tal senso Garofoli, Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, VI edizione, 2012- 2013, Nel

diritto editore; G. Morbidelli, Principi, in G.F. Ferrari, G. Morbidelli (a cura di), Commentario al codice

dei contratti pubblici, Ed. 2013, Egea; S. Mezzacapo, Procedure ad evidenza pubblica, in Dizionario di diritto

amministrativo (a cura di M. Clarich e G. Fonderico), 2008, pp. 521 e ss. Sulle procedure ad evidenza

pubblica in generale cfr. M. Cafagno, Gare pubbliche, in Dizionario di diritto pubblico (diretto da S.

Cassese), 2006, pp. 2651 e ss. M. Atelli, L’attività contrattuale della pubblica amministrazione, in

AA.VV., Lineamenti di diritto amministrativo, 2006, pp. 705 e ss.; F. Caringella, Manuale di diritto

amministrativo, 2006, pp. 1221 e ss. 47 In particolare, V. Ricciuto, A. Nervi, Il contratto della pubblica amministrazione, Edizioni Scientifiche

Italiane, 2009, fa riferimento ad una “sequenza procedimentale di atti e provvedimenti, preordinati ad

addivenire alla stipulazione di un contratto con un altro soggetto”, ovvero atti attraverso i quali l’ente

pubblico, contemperando i diversi interessi in gioco, progressivamente addiviene alla decisione circa

le iniziative da porre in essere per perseguire la missione istituzionale affidatagli rispetto ad una data

situazione concreta; in ordine alle ragioni sottese a questa impostazione, gli Autori sottolineano come

il procedimento amministrativo integra lo strumento mediante il quale l’Amministrazione assolve la

missione istituzionale affidatale, ovvero la cura degli interessi pubblici che sono individuati in termini

generali e astratti, sul piano normativo, e richiedono una continua e progressiva attività di

“attualizzazione” nella concretezza della realtà socioeconomica. Questo schema, continuano gli Autori,

è considerato particolarmente indicato quando il soddisfacimento dell’interesse pubblico si realizza

mediante la stipulazione di un contratto con un soggetto privato e la relativa esecuzione, poiché il

procedimento consente di scandire con nettezza le diverse fasi che contraddistinguono la vicenda:

l’individuazione dell’interesse pubblico da soddisfare nel concreto, che si traduce nel delineare lo

schema di contratto che il soggetto pubblico intende stipulare; la ricerca del contraente che appare

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In questo senso, la procedura ad evidenza pubblica è il modo con il quale

la pubblica amministrazione soddisfa sia l’esigenza di buon andamento ed

imparzialità, costituzionalmente riconosciuta ex art. 97 Cost., sia il valore, di

matrice europea, della libera concorrenza, a protezione quindi dell’interesse

delle imprese a non essere discriminate in ragione della nazionalità48. La

natura giuridica degli atti di tale procedimento è assai discussa; secondo una

prima tesi, gli atti che precedono la stipula del contratto tra la stazione

appaltante e il contraente privato sono assimilabili alla fase delle trattative

precontrattuali49. La tesi opposta, invece, configura tali atti come un vero e

proprio procedimento amministrativo, caratterizzato da regole sue proprie,

ma in ogni caso, definito dai medesimi principi ispiratori.

Nella dottrina più recente50, in realtà si tende a ricostruire l’evidenza

pubblica come una “fattispecie a doppio stadio”, in cui la fase pubblicistica

accompagna in parallelo quella privatistica.

In questa fattispecie a doppio stadio, allora, diviene fondamentale la

strutturazione della gara attraverso l’identificazione di varie fasi; la prima di

meglio attrezzato per realizzare l’obiettivo perseguito e, dunque, per stipulare ed eseguire il contratto;

la positiva verifica della corrispondenza tra l’interesse pubblico perseguito “a monte” e la posizione

negoziale del contraente prescelto e, quindi, l’aggiudicazione del contratto e l’avvio del conseguente

rapporto. 48 Più precisamente, si può parlare di concorrenza nel mercato per indicare quella condizione

economica in cui gli operatori economici possono competere liberamente per la produzione di un

determinato bene o per l'erogazione di un servizio, mentre si può parlare di concorrenza per il

mercato quando, come avviene per i contratti pubblici, il principio della concorrenza è perseguito

regolando attraverso la procedura ad evidenza pubblica l'accesso al mercato dell'unico operatore

possibile. 49 S. Vinti, Limiti funzionali all’autonomia negoziale della Pubblica Amministrazione nell’appalto di opere

pubbliche, Cedam 2008, evidenzia come le procedure di evidenza pubblica “rappresentano il momento di

autentico collegamento tra l’autonomia funzionale e l’autonomia tipicamente contrattuale”, poiché consentono

che dall’una si pervenga, all’esito della procedura medesima, all’altra. Allo stesso modo, F.P. Pugliese,

Contratto (V) Contratti della pubblica amministrazione, Enc. Giur. Treccani, 1988, il quale qualifica i

contratti ad evidenza pubblica come “atti negoziali di diritto privato la cui sequenza funzionale è doppiata da

una sequenza amministrativa con funzione di evidenziazione dei motivi a fini di controllo”. 50 Picone, I temi generali del diritto amministrativo, Napoli, 2001, 699.

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esse è rappresentata dalla determinazione a contrarre, a cui segue la

pubblicazione del bando di gara.

A tal proposito, si rileva che i medesimi dubbi interpretativi descritti in

precedenza, che hanno interessato il modulo procedimentale dell’evidenza

pubblica, hanno riguardato anche la natura giuridica del bando di gara.

Secondo una tesi minoritaria, il bando può essere definito come un’offerta al

pubblico, ovvero, come un invito ad offrire, mentre per la tesi opposta, esso

costituirebbe un vero e proprio atto amministrativo finalizzato a manifestare

l’intento della stazione appaltante e di dare avvio alla fase procedimentale51.

La seconda fase delle procedure ad evidenza pubblica attiene alla scelta

del contraente privato; a tal riguardo, si è già visto nel precedente paragrafo

come l’interesse pubblico sotteso alla scelta del contraente privato

ha progressivamente mutato la sua conformazione ed è oggi ispirato anche

dalla normativa sovranazionale.

Quanto alle tipologie di selezione del contraente privato, nella vigenza

della legislazione di contabilità, l’asta pubblica, tra le quattro tipologie elencate

in precedenza, assumeva un ruolo centrale, essendo prevista dal diritto

positivo come sistema generale di scelta del contraente, mentre le altre

procedure erano considerate sistemi di selezione eccezionali.

Nel corso del tempo, tuttavia, la licitazione privata ha assunto anch’essa il

carattere di sistema generale e ordinario di selezione dei contraenti

discrezionalmente utilizzabile dall’amministrazione in alternativa all’asta

pubblica. Tale impostazione è stata confermata dal diritto comunitario e, di

conseguenza dal Codice, che considera le procedure ristrette al pari delle

51 Sulla ricostruzione del dibattito, si veda Garofoli, Manuale di diritto amministrativo, op. cit.

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procedure aperte come procedure ordinarie di selezione dei contraenti52.

In particolar modo, il Codice, nel recepire le innovazioni di ordine

sostanziale dettate dal diritto comunitario, ha mantenuto la tradizionale

denominazione delle procedure ad evidenza pubblica sia pure alla luce delle

nuove classificazioni comunitarie53. In tal senso, rispetto alla quadripartizione

prevista dalla legislazione nazionale, il diritto comunitario ha distinto in

“procedure aperte”, “procedure ristrette” e “procedure negoziate” (art. 1, comma 11,

direttiva n. 2004/17/Ce e art. 1, comma 9, direttiva 2004/18/Ce).

La distinzione terminologica utilizzata in ambito comunitario è recepita

52 Anche prima dell’entrata in vigore del Codice la legislazione nazionale in materia di appalti di

lavori, servizi e forniture confermava che la licitazione privata al pari dell’asta pubblica o pubblico

incanto doveva considerarsi sistema ordinario di selezione del contraente: art. 20 della legge n.

104/1994 (in relazione agli appalti di lavori pubblici); art. 9 del d.lgs n. 358/1992 (in relazione agli

appalti di fornitura); art. 6 del d.lgs n. 157/1995 (in relazione agli appalti di servizi). In relazione ai

settori esclusi, oggi definiti settori speciali, l’art. 12 del d.lgs n. 158/1995 dava già preferenza alla

tripartizione operata dal diritto comunitario. Tuttavia riconosceva la vigenza del sistema

classificatorio tradizionale in relazione agli appalti indetti da alcuni soggetti pubblici. Infatti, in

relazione a “le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, gli enti

territoriali e locali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico comunque denominati e

loro associazioni”, l’art. 12 precisava che a) il pubblico incanto costituisce procedura aperta; b) la

licitazione privata e l'appalto concorso costituiscono procedure ristrette; c) la trattativa privata

preceduta dalla pubblicazione di un bando costituisce procedura negoziata. 53 A livello comunitario, le direttive 93/37/Cee (relativa agli appalti pubblici di lavori nei settori

ordinari), 93/36/Cee (relativa agli appalti pubblici di fornitura nei settori ordinari), 92/50/Cee (relativa

agli appalti pubblici di servizi nei settori ordinari) 92/50/Cee (relativa agli appalti pubblici di servizi)

93/38/Cee (relativa agli appalti degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono

servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni- cd. settori

esclusi) utilizzano la tripartizione terminologica (“procedure aperte”, “procedure ristrette” e “procedure

negoziate”) confermata poi dalle successive direttive 2004/17/Ce (relativa agli appalti di lavori, servizi,

e foniture nei settori speciali, ex settori esclusi) e 2004/18/Ce (relativa agli appalti di lavori, servizi e

forniture nei settori ordinari). Rispetto alla distinzione terminologica operante nel diritto comunitario,

nell’ordinamento interno è stata conservata la quadripartizione tradizionale. Tuttavia lo stesso

legislatore nazionale ha correlato le categorie interne alle definizioni comunitarie, stabilendo

sostanzialmente che: a) l’asta pubblica o pubblico incanto costituisce procedura aperta; b) la licitazione

privata e l'appalto concorso costituiscono procedure ristrette; c) la trattativa privata costituisce

procedura negoziata. Le disposizioni di riferimento erano contenute nell’art. 6 e 7 del d.lgs 17 marzo

1995 n. 157 (relativo agli appalti pubblici di servizi), l’art. 9 del d.lgs 24 luglio 1992, n. 358 (relativo agli

appalti pubblici di forniture) e l’art. 12 del d.lgs 17 marzo 1995, n. 158 (relativo agli appalti nei settori

esclusi). L’art. 20 della legge n. 109/1994 non faceva alcun riferimento, invece, alla tripartizione

classificatoria operata dalle direttive comunitarie in materia di appalti.

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oggi nell’ordinamento nazionale con l’art. 3 del Codice relativo alle

“definizioni” e con l’art. 54 dedicato alle “procedure per l’individuazione degli

offerenti”54, sebbene, a prescindere da evoluzioni terminologiche, le originarie

procedure previste dalla legislazione previgente al Codice possono essere

ricondotte nell’ambito delle nuove categorie codicistiche. In via tendenziale,

infatti, l’asta pubblica è una procedura aperta, la licitazione privata potrebbe

essere definita come procedura ristretta e, infine la trattativa privata è

assimilabile alla procedura negoziata.

Ciononostante, a tali tradizionali tipologie di procedure ad evidenza

pubblica, il diritto europeo ha previsto anche nuove figure non conosciute

nella legislazione previgente.

In caso di appalti particolarmente complessi, infatti, le stazioni appaltanti

possono indire una particolare procedura, denominata “dialogo competitivo”,

nella quale la stazione appaltante avvia, in una prima fase, un dialogo con i

candidati ammessi alla procedura al fine di elaborare una o più soluzioni che

soddisfino le sue esigenze. Nella seconda fase di tale procedura la stazione

appaltante, una volta definito con i privati il progetto ottimale in relazione alle

proprie necessità, invita i candidati selezionati a presentare le offerte.

Infine, il Codice, nel recepire il diritto comunitario, ha previsto la

possibilità per le stazioni appaltanti di avvalersi degli “accordi quadro”, ossia

degli accordi che possono essere conclusi tra uno o più stazioni appaltanti e

54 Le procedure aperte sono “le procedure in cui ogni operatore economico interessato può presentare

un'offerta”, mentre le procedure ristrette sono “le procedure alle quali ogni operatore economico può chiedere

di partecipare e in cui possono presentare un'offerta soltanto gli operatori economici invitati dalle stazioni

appaltanti, con le modalità stabilite dal presente codice” (art. 3, commi 37 e 38 del Codice). Le procedure

negoziate sono “le procedure in cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e

negoziano con uno o più di essi le condizioni dell'appalto. Il cottimo fiduciario costituisce procedura negoziata”

(art. 3, comma 40).

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uno o più operatori economici allo scopo di stabilire le clausole degli appalti

da aggiudicare in un dato periodo.

Il diritto positivo considera l’accordo quadro come mera modalità di

svolgimento delle procedure aperte o ristrette, tuttavia la struttura dell’istituto

potrebbe far ritenere che esso sia un’autonoma procedura ad evidenza

pubblica alternativa a quelle tradizionali.

Successivamente alla scelta del contraente, la stazione appaltante

provvede alla aggiudicazione della gara e conseguente stipula del contratto;

tale fase, essendo l’argomento centrale della tesi, verrà più compiutamente

analizzata nei capitoli che seguono.

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6. I contratti pubblici nella disciplina del d.lgs. 163/06 e confronti con la

disciplina civilistica del contratto di appalto

Come esaminato nel paragrafo precedente, il procedimento ad evidenza

pubblica ha risentito della conflittuale dialettica tra dimensione pubblicistica e

matrice privatistica della contrattualistica pubblica; si è anche evidenziato che

la più recente dottrina tende a non escludere aprioristicamente la tesi che

configura gli atti dell’evidenza pubblica quali atti di natura privatistica, ma

configura tale procedimento come fattispecie a doppio stadio, nella quale

elementi privatistici si accompagnano ad altri di natura pubblicistica.

Sulla base di tali premesse e prima di procedere all’analisi della tematica

dei poteri del giudice amministrativo sul contratto successivamente

all’annullamento del provvedimento di aggiudicazione, si intende dar conto

dell’oggetto del Codice degli appalti pubblici e di che cosa si intenda per

contratto pubblico, procedendo ad un raffronto tra la disciplina codicistica

contenuta nel d.lgs. 163/2006 e quella privatistica del contratto di appalto.

Per contratti pubblici si intendono sia i contratti d’appalto, che i contratti

di concessione, sebbene i primi abbiano una rilevanza applicativa sicuramente

superiore rispetto ai secondi. Tali contratti possono avere ad oggetto

l’acquisizione di servizi, forniture o l’esecuzione di opere o lavori55.

Prendendo la nozione di contratto d’appalto pubblico quale punto di

riferimento per una comparazione tra disciplina pubblicistica e privatistica, il

Codice definisce tale tipologia di contratto come quel contratto a titolo

oneroso, stipulato per iscritto tra una stazione appaltante o un ente

55 Cfr. art. 3, comma 3 del d.lgs. 163/06.

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aggiudicatore e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l’esecuzione

di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi56.

In questo senso, il contratto di diritto pubblico può essere considerato

come quella particolare modalità di esercizio del potere pubblico fondato su

un accordo tra un operatore economico e una pubblica amministrazione; come

sottolineato da attenta dottrina57, la qualificazione pubblicistica dei contraenti

aggiudicatori, così come la particolare rilevanza pubblicistica dell’oggetto

della prestazione, non incidono sulla struttura del contratto, che continua a

caratterizzarsi per la sinallagmaticità e l’onerosità del rapporto contrattuale,

rientrando nella nozione generale di cui all’art. 1321 c.c.

Comparando la disciplina pubblicistica del contratto di appalto con

quella civilistica, si rammenta che l’appalto in diritto privato è “il contratto col

quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a

proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in

denaro” (art. 1655 c.c.), configurandosi quale contratto di facere, a prestazioni

corrispettive, attraverso il quale le parti, appaltatore e committente, si

obbligano reciprocamente, l’uno, ad eseguire l’opera pattuita a “regola d’arte”,

nei tempi prestabiliti, assumendosi il rischio della esecuzione dell’opera, della

sua maggiore onerosità e della sua impossibilità per cause non imputabili alle

parti; l’altro, di pagare il prezzo pattuito, che può essere fissato a corpo o a

misura.

Elemento caratterizzante la disciplina del contratto d’appalto contenuta

nel codice civile è il cd. intuitu personae, intendendosi per esso il peculiare

rapporto di fiducia che lega i due soggetti contraenti e che permea di

56 Cfr. art. 3, comma 6 del d.lgs. 163/06. 57 G.F. Ferrari, I principi, in Ferrari, Morbidelli, Commentario al codice dei contratti pubblici, op. cit.

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conseguenza la disciplina del subappalto (vietato ex art. 1656 c.c.), delle

conseguenze sul contratto per il caso di fallimento dell’appaltatore, o, in

generale, per il caso di mutamento delle condizioni soggettive

dell’appaltatore.

Ci si chiede, allora, se il contratto di appalto in cui sia parte la Pubblica

Amministrazione corrisponda all’istituto disciplinato dal codice civile o se se

ne differenzi per tratti qualificanti.

Ad un livello generale e prima di analizzare i molteplici indirizzi

dottrinari formatisi sul tema, ci si intende soffermare su alcuni aspetti che

sembrano distinguere la fattispecie “pubblicistica” di appalto da quella

privatistica.

In primo luogo, ci si chiede se il concetto di intuitu personae che permea la

disciplina del contratto d’appalto nel codice civile sussista anche negli appalti

affidati dalle Pubbliche Amministrazioni e quale eventuale diversa

connotazione esso abbia.

In particolare, nel contratto di appalto privatistico rileva anzitutto la

qualità di imprenditore posseduta dal contraente.

In altri termini, nell’appalto privatistico, assume un peso rilevante le

capacità del contraente di predisporre i mezzi e le risorse necessarie

all’adempimento della prestazione, in un’ottica di organizzazione del lavoro58.

58 In tale ottica deve essere letto l’art. 1674 c.c., secondo cui “il contratto di appalto non si scioglie per la

morte dell'appaltatore, salvo che la considerazione della sua persona sia stata motivo determinante del contratto.

Il committente può sempre recedere dal contratto, se gli eredi dell'appaltatore non danno affidamento per la

buona esecuzione dell'opera o del servizio.”

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Nel settore degli appalti pubblici, invece, il concetto assume una diversa

valenza, a seconda che si collochi nella fase che precede la formazione del

contratto o in quella di stipulazione.

Nella prima fase, in virtù dei vari strumenti dalla legge predisposti per

favorire la partecipazione degli operatori economici alle gare, il rapporto

intuitu personae si sviluppa non con uno, bensì con più soggetti diversi,

subendo così un’ulteriore attenuazione rispetto all’appalto privatistico.

Una volta identificato il concorrente, invece, lo stesso non può più mutare

assetto durante lo svolgimento della gara, in particolare dopo la presentazione

delle offerte59, anche in ossequio al principio generale di parità di trattamento

fra i concorrenti.

La motivazione della necessaria stabilità soggettiva del rapporto

intercorrente tra stazione appaltante e contraente privato non è tanto legata,

quindi, all’intuitu personae, che nel settore dei contratti pubblici ha una portata

ulteriormente attenuata, quanto a garantire la parità di trattamento fra i

concorrenti e la concorrenza fra imprese.

Ulteriore elemento di differenziazione è dato dalla determinazione del

corrispettivo. Nella disciplina privatistica del contratto di appalto privato,

infatti, la determinazione del corrispettivo non è un elemento essenziale.

Al contrario, per quanto riguarda il contratto di appalto pubblico, si può

certamente affermare che la determinazione del corrispettivo rappresenta un

momento insopprimibile e che il corrispettivo è elemento essenziale, come

59 Cfr. anche art. 37, comma 8 del d.lgs. 163/2006: “E' consentita la presentazione di offerte da parte dei

soggetti di cui all'articolo 34, comma 1, lettere d) ed e), anche se non ancora costituiti. In tal caso l'offerta deve

essere sottoscritta da tutti gli operatori economici che costituiranno i raggruppamenti temporanei o i consorzi

ordinari di concorrenti e contenere l'impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, gli stessi operatori

conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, da indicare in sede di offerta e

qualificata come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei mandanti.”

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dimostrano le puntuali norme del Codice dei contratti pubblici in tema di

immodificabilità dell’offerta, di variante alla stessa e di revisione dei prezzi

posti a base di gara.

Poste queste premesse generali, si rileva una molteplicità di

interpretazioni e tesi dottrinarie che si sono succedute sul punto.

Si procede ad una distinzione riguardante le diverse opinioni di chi, da

un lato, afferma che la fattispecie in esame abbia natura tipicamente

pubblicistica, e chi, viceversa, ritiene che la figura abbia natura pienamente

privatistica.

Secondo il primo orientamento, la presenza, nell’ambito del rapporto

contrattuale, di poteri unilaterali ed autoritativi esercitati dalla Pubblica

Amministrazione contraente, a volte espressione di vera e propria

discrezionalità amministrativa, sarebbe chiaro sintomo della incompatibilità di

tale contratto con la nozione stessa di rapporto sinallagmatico emergente dalla

disciplina civilistica. Secondo questa tesi, infatti, la causa tipica dell’appalto

pubblico sarebbe diversa da quella dell’appalto di cui all’art. 1655 del c.c.,

sostanziandosi questa, non tanto in uno scambio tra una prestazione ed un

corrispettivo, quanto in una prestazione, funzionalizzata al soddisfacimento

dell’interesse pubblico, ed una controprestazione, caratterizzata da una

dimensione pubblicistica, coinvolgente l’impiego di risorse finanziarie

pubbliche60.

Viceversa, l’orientamento opposto, pur riconoscendo la ricorrenza di

particolari poteri anche unilaterali in capo alla Pubblica Amministrazione,

60 A tal proposito, si vedano Moscarini, Profili civilistici del contratto di diritto pubblico, Padova, 1988;

Bruti Liberati, Consenso e funzione nei contratti di diritto pubblico, Milano, 1996; E. Sticchi Damiani, La

nozione di appalto pubblico. Riflessioni in tema di privatizzazione dell’azione amministrativa, Milano,1999.

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afferma che non può discutersi la natura privatistica del contratto stipulato

dalla Pubblica amministrazione con l’appaltatore, al più ricorrendo profili di

specialità nella disciplina dell’appalto pubblico; in tal senso, le due discipline

privatistica e pubblicistica si equivarrebbero sia in virtù di un’identica causa,

intesa come scambio tra prestazione di un’opera e pagamento di un

corrispettivo, sia per identicità dell’oggetto, quale attività che non ricade nella

disponibilità della PA, sia per quanto attiene agli effetti giuridici, implicanti la

costituzione di posizioni soggettive reciproche di diritti ed obblighi61.

Come già affrontato nei primi paragrafi del presente capitolo, le differenti

tesi interpretative derivano dalle diverse impostazioni che vengono in rilievo

rispetto al tema più generale del contratto di diritto pubblico e che, quindi,

attribuiscono una diversa valenza alla espressione di volontà contrattuale in

capo alla Pubblica Amministrazione.

Tali divergenze interpretative emergono in particolar modo nell’analisi

del contenuto specifico del contratto pubblico, secondo quanto prescritto nel

Codice. A tal fine, basti pensare alla disciplina dettata, in tema, ad esempio, di

consegna dei lavori, ordini di servizio, varianti e sospensione dei lavori, nella

quale i poteri riconosciuti in capo alla pubblica amministrazione sono

certamente peculiari, non trovando alcun omologo nel codice civile.

In maniera ancor più evidente, si ponga mente alla disciplina dettata in

tema di estinzione anticipata del rapporto, nella quale ampio è stato il dibattito

in dottrina e giurisprudenza sulla coincidenza tra il recesso disciplinato

dall’art. 134 del Codice e quello civilistico disposto dall’art. 1671.

61 Per tutti, si veda Greco, Il nuovo codice dei contratti pubblici, Maggioli Editore, 2007

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37

A tal proposito, si sottolinea che, ai sensi dell’art. 134 del codice dei

contratti (d. lgs. n. 163/2006) il contraente pubblico “ha il diritto di recedere in

qualunque tempo dal contratto previo il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei

materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell’importo delle opere non

eseguite”; tale diritto di recesso costituisce una prerogativa di cui il soggetto

pubblico ha sempre goduto, fin dagli albori della normativa in tema di appalti

pubblici62. Si tratta, a ben vedere, di un vero e proprio diritto, più che una

mera facoltà riconosciuto alla amministrazione, affinché essa possa porre fine,

unilateralmente e discrezionalmente, al contratto in vista di un diverso e

migliore raggiungimento degli interessi pubblici connessi alla realizzazione

dell’opera.

A fronte di ciò, si rammenta che l’art. 1671 del c.c., a norma del quale “il

committente può recedere dal contratto anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’opera

o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute,

dei lavori eseguiti e del mancato guadagno”; dal punto di vista meramente

letterale, unica vera differenza consisterebbe, allora, nell’integrale risarcimento

del danno all’appaltatore, rispetto a quanto diversamente previsto nell’art. 134

del Codice. La ratio del diritto di recesso concesso all’appaltante ai sensi

dell’art. 1671 c.c. non è da rinvenirsi nella possibilità concessa alle parti di

porre fine ad un rapporto altrimenti indeterminato, né quale strumento di

autotutela contro eventi sopravvenuti alla stipulazione del contratto o quale

rimedio ai difetti genetici del contratto, ma è individuabile nell’esigenza di

consentire al committente di liberarsi dal contratto qualora l’opera da

62 F. Goggiamani, Il recesso, in Trattato, Sandulli De Nictolis, Garofoli (a cura di), vol. V, 2008, p. 3661.

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realizzare, per qualsiasi ragione, non risponda più a motivi di sua convenienza

e non sia più utile per lui.

Secondo una prima tesi, il recesso ex art. 134 del Codice avrebbe natura

esclusivamente pubblicistica; a tal fine, viene evidenziato che l’attività della

Pubblica amministrazione, seppur nell’esercizio di poteri analoghi a quelli

attribuiti al committente privato, dovrebbe comunque essere tesa al

perseguimento dell’interesse pubblico, cui solamente potrebbe essere

funzionalizzato il diritto di recesso e dovrebbe in ogni caso sottostare

quantomeno ai principi fondamentali di buon andamento, economicità,

efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza dettati dalla legge 241/90 e

dalla Costituzione, oltre che ai principi dell’ordinamento comunitario in

materia, quale in primis, quello di concorrenzialità63.

Opposta tesi riconosce al diritto di recesso ex art. 134 del Codice la stessa

natura e la stessa funzione di quello previsto dall’art. 1671c.c. e consistente in

un diritto potestativo esercitabile ad nutum in qualsiasi momento, salvo il

diritto all’indennizzo dell’appaltatore, che rimane in una posizione di mera

soggezione; secondo questa tesi, in particolare, il recesso ex art. 134 è un atto

negoziale di natura privatistica, che compete alla stazione appaltante in

quanto committente, e non un provvedimento amministrativo che la pubblica

amministrazione può adottare in virtù della sua particolare posizione di

supremazia64. L’esercizio del recesso, infatti, interverrebbe a seguito della

63 F. Goggiamani, Il recesso, p. 366; A. Cianflone, G. Giovannini, L’appalto di opere pubbliche, 2003, p. 179;

G. Pellegrino, Commento all’art. 134, 2008, p. 916; E. Picozza, Il recesso, in I lavori pubblici, a cura di M.A.

Sandulli, M. Solinas, Padova, 1990, p. 446. 64 Cass. SS.UU., 26 giugno 2003, n. 10160 afferma, in particolare che: “in tema di appalto di opere

pubbliche, una volta che l’accordo contrattuale sia da considerare concluso in modo definitivo e definitivamente

efficace, la scelta della P.A. committente di non eseguire l’opera come progettata, compiuta per sopravvenuti

motivi di opportunità, rientra nell’ambito del potere, non pubblico di revoca ma contrattuale di recesso, di cui

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stipulazione del contratto di appalto, quando entrambi i contraenti si trovano

su un piano di parità, agiscono iure privatorum e sono titolari di posizioni di

diritto soggettivo, senza che l’esercizio del recesso abbia la forza di degradare

ad interesse legittimo il diritto dell’appaltatore al compimento dell’opera e al

corrispettivo, che si trasforma in diritto soggettivo all’indennizzo65.

A sostegno di tale tesi, si è di recente espressa l’Adunanza Plenaria del

Consiglio di Stato, con sent, n. 14 del 2014, la quale ha chiarito che,

intervenuta la stipulazione del contratto per l’affidamento dell’appalto di

lavori pubblici, l’amministrazione non può esercitare il potere di revoca,

dovendo operare con l’esercizio del diritto di recesso.

Tale assunto si spiega in virtù della circostanza che, successivamente al

provvedimento di aggiudicazione, l’amministrazione si pone con la

all’art. 345 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sicché la relativa controversia spetta alla giurisdizione del giudice

ordinario”. Ancora, Cass. SS.UU., 19 novembre 2001, n. 14539 secondo cui “le controversie nascenti

dall’esecuzione di contratti di appalto di opere pubbliche, aventi ad oggetto posizioni di diritto soggettivo,

inerenti a rapporti contrattuali di natura privatistica, nelle quali non hanno incidenza i poteri discrezionali ed

autoritativi della p.a., appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario; tale giurisdizione non viene meno,

laddove, la decisione dell’autorità amministrativa, in ordine al rapporto, sia adottata nelle forme del

provvedimento amministrativo che, nonostante tale connotato, non cessa di operare nell’ambito delle paritetiche

posizioni contrattuali delle parti”. 65 G. Pellegrino, Commento all’art. 134, 2008, p. 916, A. Lingutti, L’esecuzione del contratto, Disposizioni

sull’esecuzione dei lavori pubblici, in Commentario Clarich, 2010, p. 681; G. Esposito, L’aggiudicazione e la

stipula del contratto, in I contratti di appalto pubblico, a cura di C. Franchini, Torino, 2010, p. 703. Cfr. in

tal senso F. Caringella, op.cit., secondo il quale “in definitiva, l’attività di diritto privato della P.A. non può

mai essere espressione di un diritto di libertà, come per i privati, ma è sempre vincolata al rispetto dei fini

pubblici e, dunque, funzionale al perseguimento dell’interesse pubblico, in quanto volta alla cura concreta di

quest’ultimo. Ne è esemplificazione la soggezione anche dell’attività privatistica della P.A. alle regole in tema di

accesso ai documenti amministrativi (…) L’amministrazione, laddove decida di ricorrere allo strumento

contrattuale , è tenuta allora, in attuazione all’art. 97 della Costituzione, ad enucleare le ragioni di pubblico

interesse che la inducono a tale scelta, indicando gli elementi alla stregua dei quali ritiene che il contratto sia uno

strumento nel concreto più funzionale rispetto allo strumento provvedi mentale. In ciò si sostanzia l’ulteriore

limite alla autonomia contrattuale della P.A.. Così da sempre, a questi fini, la procedura di evidenza pubblica

prende le mosse, per i contratti di diritto comune, da una deliberazione a contrarre o contrattare che enuclei le

ragioni della preferenza accordata al modulo privatistico rispetto al metodo pubblicistico di azione”.

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controparte in posizione di parità66, tale da giustificare un’interruzione

successiva del contratto solo nelle forme dell’esercizio del diritto di recesso,

non in quelle di un provvedimento di revoca, ex art. 21quinques, L. 241/90.

A ben vedere, anche la tesi che sostiene la sostanziale corrispondenza

delle due tipologie di appalto, ammette comunque che la disciplina codicistica

dell’appalto subisca delle modificazioni, per effetto di quella pubblicistica;

tuttavia, secondo questa teoria, “si tratta di scostamenti che non solo non alterano

la fisionomia dell’istituto ma che – ed è quel che più conta – trovano la loro fonte nel

contratto ovvero che nel contratto vengano incluse ex lege. Ora, non sfugge a nessuno

che la fonte dalla quale deriva l’obbligo di osservare la clausola eventualmente

derogatoria sia il contratto, sicché non si sa capire per quale ragione diritti potestativi

o limitazioni di responsabilità che derivano da un’ordinaria fonte di obbligazioni di

diritto civile possa esser qualificato come potere discrezionale che dà luogo a

provvedimenti amministrativi unilaterali”67 .

In ultima analisi, il corretto inquadramento del contratto pubblico entro

una dimensione privatistica o, all’opposto, esclusivamente pubblicistica è un

problema ancora lontano da una pacifica definizione; è indubbio, infatti, che,

poste le considerazioni prima avanzate in merito ad una eventuale

coincidenza tra il contratto d’appalto pubblico e privato, appare indubbio che

il rapporto negoziale intercorrente tra l’operatore economico e la pubblica

amministrazione si differenzia dal contratto del codice civile in virtù di

66 Posizione di parità che la Corte Costituzionale, con le sentt. nn. 53 e 43 del 2011 definisce però,

“tendenziale”, in quanto non preclude la sussistenza in capo alla P.A. di poteri speciali unilaterali.

67 L.R. Perfetti, Manuale, cit., 514 ss, il quale aggiunge, a titolo esemplificativo, “come nella prassi dei

contratti tra privati ogniqualvolta il committente privato si trovi in posizione di maggiore forza (com’è tipico di

ogni appalto di ingente valore ovvero realizzati per un committente importante, quali sono ordinariamente anche

quelli di realizzazione di lavori pubblici) il contratto prevedrà clausole uguali o simili, senza che nessuno possa

ipotizzto si trovi ad esercitare poteri pubblicistici unilaterali.

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almeno tre elementi qualificanti: 1 l’oggetto del contratto di diritto pubblico è

rappresentato da beni collocati nella esclusiva disponibilità del soggetto

pubblico e, di conseguenza, sottratti alla libera circolazione tra privati; 2 la

regolamentazione negoziale del contratto d’appalto è spesso caratterizzata

dalla presenza di clausole ritenute incongrue ed esorbitanti rispetto

all’ordinario assetto di interessi di tipo privatistico, come ad esempio avviene

nel caso in cui si preveda il potere della pubblica amministrazione di sottrarsi

unilateralmente agli obblighi assunti con il contratto; 3 la funzionalizzazione

dell’attività contrattuale della p.a. al perseguimento dell’interesse pubblico

predeterminato dalla legge68.

Tali considerazioni preliminari devono sempre essere tenute a mente

nella trattazione dello specifico argomento della tesi, concernente i poteri del

giudice amministrativo sul contratto di appalto, successivamente

all’annullamento del provvedimento di aggiudicazione.

68 M. Clarich, Commentario al codice dei contratti pubblici, Giappichelli, 2011.

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CAPITOLO II

LA DISCIPLINA PROCESSUALE IN TEMA DI CONTRATTI PUBBLICI

SOMMARIO: 1. La giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo e la

progressiva estensione del suo sindacato nei giudizi di natura economica-

contrattualistica; 2. La giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo in tema di

contratti pubblici; brevi cenni storici alla sua evoluzione normativa e l’entrata in

vigore del Codice sul processo amministrativo; 3. I problemi in termini di

giurisdizione sul contratto pubblico nelle ipotesi di annullamento

dell’aggiudicazione. La tesi dell’annullabilità del contratto; 3.1 Segue. La tesi della

nullità del contratto; 3.2 Segue. La tesi della caducazione automatica del contratto; 3.3

Segue. La tesi della inefficacia sopravvenuta del contratto; 3.4 Segue. Gli ulteriori

sviluppi giurisprudenziali che precedono l’adozione del Codice sul processo

amministrativo; 4. La disciplina del nuovo Codice sul processo amministrativo. 4.1

La disciplina del nuovo Codice sul processo amministrativo. Problemi pratici e

soluzioni giurisprudenziali

1. La giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo e la progressiva

estensione del suo sindacato nei giudizi di natura economica-

contrattualistica

Nel capitolo precedente, si sono fornite le linee di indirizzo essenziali per

comprendere la disciplina dei contratti pubblici nell’ambito del diritto

amministrativo.

Si ritiene opportuno, allora, proseguire la trattazione con la

rappresentazione del sistema processuale che regola tale importante ambito

del diritto amministrativo, per poi enucleare quali siano le novità normative in

tema di rito processuale applicabile e, soprattutto, quali siano i poteri

processuali che l’organo giurisdizionale amministrativo può utilizzare.

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In questo senso, la disciplina della contrattualistica pubblica è compresa

tra le ipotesi di giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.

E’ opportuno, allora, indicare gli elementi caratterizzanti la giurisdizione

esclusiva. A tal riguardo, il giudice amministrativo, istituito per conoscere le

controversie aventi a oggetto interessi legittimi, situazioni cioè che residuano

in capo al privato davanti a un atto autoritativo della pubblica

amministrazione, può conoscere in determinate materie anche di diritti

soggettivi, di regola sottoposti alla tutela ‘piena’, di competenza del giudice

ordinario. La giurisdizione esclusiva si affianca, quindi, alla giurisdizione

generale di legittimità, la quale è stata per lunghissimo tempo la

manifestazione centrale della giustizia amministrativa: una giustizia

tipicamente indirizzata sull’atto quale manifestazione dell’autoritatività

dell’amministrazione, finalizzata direttamente a soddisfare il bisogno di

eliminazione dell’atto amministrativo lesivo e, indirettamente, volta a dare

protezione alla situazione soggettiva coinvolta69.

La giurisdizione esclusiva venne introdotta dal legislatore per rimediare

alle difficoltà di riparto della giurisdizione, in controversie caratterizzate dalla

portata talmente assorbente dell’interesse pubblico da contrapporsi anche a

interessi qualificabili in termini di diritto soggettivo70; in altri termini, con la

positivizzazione di tale giurisdizione si è introdotta l’idea che la funzione

69 Secondo le considerazioni di A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, Giappichelli Torino 2010 e G.

F. SCOCA, Giustizia amministrativa, 3 ed., Giappichelli, Torino 2009 p. 101 ss. 70 La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è stata istituita con il r. d. 30 dicembre 1923 n.

2840 ( “Modificazioni all’ordinamento del Consiglio di Stato e della Giunta provinciale amministrativa in sede

giurisdizionale”), che all’art. 8 ha elencato le ipotesi da far valere dinanzi al Consiglio di Stato e all’art.

16 quelle da far valere dinanzi alla giunta provinciale amministrativa; disposizioni trasfuse

rispettivamente nell’art. 29 r. d. 26 giugno 1924 n. 1054 (“Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato”), e

nell’art. 4 r. d. 26 giugno 1924 n. 1058 (“Testo unico delle leggi relative alle attribuzioni della Giunta

provinciale amministrativa in sede giurisdizionale”).

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giurisdizionale del giudice amministrativo non sia limitata al controllo sulle

modalità di esercizio del potere pubblico autoritativo dell’amministrazione,

ma possa, in casi tassativamente previsti, coinvolgere anche veri e propri

diritti del cittadino.

In queste ipotesi, infatti, il rapporto tra pretesa individuale e interesse

protetto è talmente stretto da non potersi distinguere tra interesse legittimo e

diritto soggettivo71. Tra i casi devoluti a tale tipo di giurisdizione,

particolarmente esemplificativi dell’intreccio tra posizioni differenti appaiono

quelli inerenti all’ambito economico.

Innanzitutto, si vuole sottolineare che la possibilità di riunire dinanzi ad

un unico giudice controversie riguardanti posizioni soggettive di diversa

natura ha comportato una progressiva estensione delle materie attribuite alla

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Tra queste, l’affidamento del contenzioso economico in via esclusiva al

giudice amministrativo, ha rappresentato un’operazione relativamente

recente72; infatti, se si guarda all’elenco originario delle materie ricondotte a

tale tipo di giurisdizione contenuto nell’art. 29 del t.u. 26 giugno 1924 n. 1054,

si può notare come esso faccia riferimento principalmente alla materia del

71 A tal riguardo, nella Relazione al r. d. 30 dicembre 1923 n. 2840, riportata da B. DELFINO, L’istituzione

della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in L’evoluzione della giurisdizione esclusiva del giudice

amministrativo, Atti del XLIX convegno di studi di scienza dell’amministrazione, Milano Giuffrè 2004 pp.

573 ss., si legge come sia stata accolta la possibilità “di deferire alla cognizione esclusiva della giurisdizione

amministrativa taluna determinata materia nella quale è così connaturato col diritto l’interesse pubblico, che è

impossibile o assai difficile separare l’uno dall’altro, mentre l’interesse suddetto è così prevalente ed assorbente da

far scomparire o affievolire la portata effettiva della questione patrimoniale o di diritto privato”; ed ancora, con

riferimento alle controversie in materia di pubblico impiego, si legge “l’intreccio fra diritto e interesse

protetto, è così intimo, nelle controversie relative a tale materia, da renderle assai complesse, e incapaci spesso di

un giudizio nettamente definito col sistema vigente, donde la eccessiva tardività nella risoluzione di esse,

incompatibile con la necessità pubblica che esige invece la loro pronta definizione”. 72 Si vedano le osservazioni sull’evoluzione storica della giurisdizione esclusiva contenute in R.

GAROFOLI, G. FERRARI, Codice del processo amministrativo, Nel diritto editore 2011.

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pubblico impiego, accanto ai provvedimenti in materie di opere pie e alle

controversie riguardanti questioni di contabilità e attività finanziaria dello

Stato e ai ricorsi in materia di spedalità e di ricovero degli inabili al lavoro. In

questo contesto, la materia economica restava sullo sfondo, emergendo

soltanto con riguardo ai decreti prefettizi emanati in tema di esercizio di

industrie insalubri o pericolose e ai ricorsi e alle opposizioni contro le

deliberazioni comunali in materia di fiere e mercati.

La prima apertura significativa alla cognizione dei rapporti economici del

giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva si ha con l’art. 5 della

legge 1971 n. 1034, che attribuisce in via esclusiva al giudice amministrativo le

controversie relative alla concessione di beni e servizi, escludendo da essa

quelle riguardanti le indennità, i canoni e altri corrispettivi rimesse al giudice

ordinario. Si ritiene tale intervento normativo particolarmente importante

sotto il profilo del progressivo inserimento del giudice amministrativo nel

diritto pubblico dell’economia, poiché introdotto in un contesto politico-

istituzionale caratterizzato dalla massiccia presenza pubblica nei rapporti

economici e dalla conseguente importanza dello strumento concessorio. Ma è a

partire dagli anni Novanta che “l’ambito della giurisdizione esclusiva ha preso a

estendersi fino ad abbracciare, anche se a macchia di leopardo, i settori più importanti

della regolazione economica”73

73 M. CLARICH, Codice dei contratti pubblici, op. cit.

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2. La giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo in tema di

contratti pubblici; brevi cenni storici alla sua evoluzione normativa e

l’entrata in vigore del Codice sul processo amministrativo

Dopo la generale devoluzione delle controversie sul pubblico impiego al

giudice del lavoro e la progressiva riduzione di quelle in materia urbanistica, il

settore fondamentale del contenzioso attratto alla giurisdizione del giudice

amministrativo era ed è ancora rappresentato dai contratti pubblici di

affidamento di beni, lavori, servizi e forniture; tale circostanza, a ben vedere,

comportava anche che il giudice amministrativo era sempre più spesso

chiamato a decidere su questioni di interesse economico molto forti, con

evidenti problematiche in merito ad un equo bilanciamento tra esigenze della

legalità e della giustizia sostanziali e celerità e semplificazione del rito

processuale, in modo tale da rendere una più effettiva soddisfazione degli

interessi imprenditoriali.

A tal riguardo, un primo riferimento normativo per analizzare

l’evoluzione normativa della giurisdizione esclusiva del Giudice

amministrativo in tema di contratti pubblici è dato dal d.lgs. n. 163 del 13

aprile, 2006, che, come in precedenza già chiarito, traendo occasione

dall’esigenza di dare attuazione alle Direttive 17 e 18 del 2004 in tema di

appalti pubblici, ha nuovamente disciplinato il settore dei contratti, anche

diversi dagli appalti (prime fra tutti, le concessioni) diretti all’acquisto di

lavori, servizi e forniture da parte delle pubbliche amministrazioni e dei

soggetti ad esse a vario titolo equiparati.

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Tra le molte importanti novità introdotte dal Codice, particolare

importanza assumevano le disposizioni che, nella parte IV, si occupavano dei

profili relativi alla tutela giurisdizionale.

Ci si riferisce, in particolare, agli artt. 244-246, con i quali, dopo aver

ricostruito (negli artt. da 238 a 243) il sistema normativo degli strumenti di

risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di contratti pubblici

(transazione, accordo bonario etc.), il Codice dei contratti pubblici affrontava i

temi del riparto di giurisdizione e degli strumenti di tutela giudiziale, che,

anche secondo i più recenti orientamenti dei giudici comunitari, dovevano

essere assicurati ai contraenti privati, nonché del regime processuale relativo

al medesimo ambito.

La normativa dettata dal Codice costituiva il tentativo di addivenire ad

un’equilibrata composizione tra tutela degli interessi dei contraenti privati,

rispetto della disciplina vigente ed esigenza di celerità nella definizione delle

liti.

Segnatamente, l’art. 244 dettava norme in tema di riparto delle

giurisdizioni, riproducendo integralmente, nei primi due commi, l’art. 6 l. n.

205 del 2000, l’art. 4, comma 7, l. n. 109 del 1994 e, con i necessari adattamenti

(e l’estensione ai contratti pubblici di lavori), l’art. 6, comma 19, l. n. 537 del

1993.

Ancor più precisamente, il comma 1 dello stesso articolo aveva subito nel

corso dell’iter di approvazione una serie di modifiche strettamente correlate al

dibattito sviluppatosi in ordine alla delimitazione oggettiva della giurisdizione

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esclusiva del g.a. ex art. 6 l. n. 20574: il legislatore, nel riprodurre integralmente

il testo della previgente disposizione, aveva respinto il proposto ampliamento

della riserva alla giurisdizione del g.a. di tutte le controversie relative a

procedure e atti di affidamento di contratti “svolte da soggetti comunque tenuti,

nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione dei principi e norme comunitari,

nazionali e regionali”.

L’inclusione dei “principi”, quale parametro idoneo ad attrarre una

controversia nella giurisdizione del g.a., avrebbe evidentemente risolto in

senso definitivamente affermativo il dibattito sulla estensione dell’ambito

dell’art. 6 anche agli appalti sotto soglia.

Rifiutando di modificare la formula in senso estensivo (in coerenza

peraltro con i limiti fissati dalla legge delega), il Codice dei contratti

confermava, quindi, che la giurisdizione amministrativa presupponeva la

specifica soggezione della fattispecie dedotta in giudizio alle norme

sull’evidenza pubblica.

Il comma 2 dell’art. 244, inoltre, ribadiva quanto già previsto, in punto di

giurisdizione sulle sanzioni, dall’art. 4 della Legge Merloni il quale già

demandava alla giurisdizione esclusiva del g.a. le controversie relative ai

provvedimenti sanzionatori emessi dall’Autorità di vigilanza; in tal modo,

venivano risolte a monte le problematiche di un riparto fondato sulla

distinzione tra diritto soggettivo – sussistente in relazione al quantum della

74 In argomento: R. De Nictolis, L’organismo di diritto pubblico. Profili relativi alla giurisdizione, in M.A.

Sandulli (a cura di), Organismi e imprese pubbliche, natura delle attività e incidenza sulla scelta del contraente

e tutela giurisdizionale, Supplemento a Serv. pubbl. appalti, 2004, 4, 97; M.A. Sandulli, Imprese pubbliche e

attività estranee ai settori esclusi: problemi e spunti di riflessione, ivi, 5; Id, Il partenariato pubblico – privato e

il diritto europeo degli appalti e delle concessioni: profili della tutela, in Riv. it. dir. pubbl. com. 2005, 167 ss.

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sanzione - ed interesse legittimo – sussistente in relazione al corretto esercizio,

sotto il profilo procedimentale, del potere sanzionatorio)75.

Ancor più innovativa era la previsione del successivo comma 3 che, nel

devolvere al g.a. le controversie relative al divieto di rinnovo tacito dei

contratti, alla clausola di revisione del prezzo e ai provvedimenti applicativi

dell’adeguamento dei prezzi ex art. 133, commi 3 e 4, poneva dubbi di

legittimità costituzionale in ordine all’ampiezza della giurisdizione esclusiva

ivi prevista, non ravvisandosi nell’art. 25 l. n. 62/2005 una specifica delega al

Governo per la deroga all’assetto delle competenze giurisdizionali precedenti.

L’art. 245, inoltre, si occupava anche degli strumenti di tutela

giurisdizionale offerti ai contraenti pubblici.

Il profilo di maggiore interesse era indubbiamente rappresentato

dall’introduzione nel processo amministrativo relativo ai contratti pubblici

della tutela cautelare ante causam, per la prima volta indipendente dalla previa

introduzione di un giudizio di merito.

Diversamente, nel processo amministrativo soltanto la legge n. 205/2000

aveva aperto la tutela cautelare alla atipicità, confermando peraltro la necessità

della previa instaurazione del giudizio di merito attraverso la notifica ed il

deposito del ricorso, se pure temperata dalla previsione dei decreti

presidenziali provvisori (con l’introduzione dell’art. 21, comma 9 l. n. 1034 del

1971)76.

75 Cfr. M. SANDULLI op. cit.

76 La previsione aveva, ancora una volta, origine giurisprudenziale, seguendo una prassi introdotta

dalla III sezione del TAR Lombardia alla fine degli anni novanta: cfr. M.A. SANDULLI, La giustizia

cautelare sugli interessi legittimi “apre” all’art. 700 c.p.c., in Giust. Civ. 1998, 235 ss.

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50

Il Codice dei contratti pubblici prevedeva, rispettivamente, l’obbligo della

previa notifica, ai sensi dell'articolo 21, comma 1, l. TAR, all’autore del

provvedimento contro il quale si agisce e ad almeno uno dei controinteressati,

che, dove possibile, dovevano essere sentiti e la provvisorietà della misura

concessa, la quale “perde comunque effetto con il decorso di sessanta giorni dalla sua

prima emissione”, disponendo che alla relativa scadenza “restano efficaci le sole

misure cautelari che siano confermate o concesse ai sensi dell'articolo 21, commi 8 e 9,

della legge 6 dicembre 1971, n. 1034”.

Con il decreto legislativo n. 104 del 2010 è entrato in vigore il Codice sul

processo amministrativo, che ha dettato norme fondamentali sia con

riferimento alla giurisdizione che riguardo al rito applicabile in materia di

appalti, come sarà più compiutamente analizzato nel prosieguo.

Riguardo al primo dei profili segnalati, l’art. 133 c.p.a. non innova il

regime giurisdizionale previgente e poc’anzi delineato. Tale disposizione,

infatti, dispone che rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice

amministrativo le controversie relative (lett. e del co. 1): 1) a procedure di

affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque

tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa

comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti

dlla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con

estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del

contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni

alternative; 2) al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori,

servizi e forniture relative alla cklausola di revisione del prezzo e al relativo

provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica,

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nell’ipotesi di cui all’art. 115, d.lgs. n. 163/06, nonché quelle relative ai

provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’art. 133,

co. 3 e 4, dello stesso decreto.

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3. I problemi in termini di giurisdizione sul contratto pubblico nelle

ipotesi di annullamento dell’aggiudicazione. La tesi dell’annullabilità del

contratto

La riconduzione delle controversie in tema di procedure di affidamento

dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nell’ambito della

giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo ha sicuramente facilitato

l’attrazione in capo ad un unico organo giurisdizionale delle molteplici

vicende riguardanti la procedura di evidenza pubblica, dalla fase di adozione

del bando di gara a quella di aggiudicazione della stessa in capo al contraente

privato.

Tuttavia, il tema principale sul quale dottrina e giurisprudenza si sono da

sempre confrontati è quello delle conseguenze sul contratto stipulato tra la

stazione appaltante e l’aggiudicatario dell’annullamento del provvedimento di

aggiudicazione.

Il dibattito segnalato si è sviluppato al fine di ricercare un equo

bilanciamento tra interessi contrapposti: quello del contraente privato, alla

conservazione e alla certezza degli esiti della gara, in modo tale da non

pregiudicare l’organizzazione imprenditoriale e le ingenti risorse economiche

impiegate per partecipare alla gara e per eseguire il contratto; quello della

stazione appaltante, volto alla stabilità del rapporto contrattuale e, soprattutto,

ad essere garantita del completo e conveniente adempimento della prestazione

oggetto della gara di appalto: infine, quello del concorrente perdente, in caso

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di accertamento dell’illegittimo operato del contraente privato, per ricevere

un’effettiva e soddisfacente tutela giurisdizionale77.

Sulla base di tali contrapposti interessi, sia la giurisprudenza che la

dottrina hanno cercato di individuare il corretto inquadramento del vizio

inficiante il contratto, nel caso in cui il provvedimento di aggiudicazione fosse

stato dichiarato illegittimo, con importanti conseguenze anche in tema di

sussistenza o meno della giurisdizione in capo al Giudice amministrativo.

Per un primo orientamento, fatto proprio soprattutto dal Giudice di

legittimità78, il contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione risultata

poi illegittima è annullabile ai sensi dell’art. 1425 c.c. (annullabilità per

incapacità legale a contrattare della p.a.) o dell’art. 1427 c.c. (annullabilità per

vizi del consenso, con particolare riferimento all’errore).

La Cassazione afferma ciò sulla base della considerazione per cui le

norme alla base delle procedure ad evidenza pubblica mirano a salvaguardare

la corretta formazione della volontà contrattuale della pubblica

77 In termini generali, si vedano G. FERRARI, L'annullamento del provvedimento di aggiudicazione

dell'appalto pubblico e la sorte del contratto già stipulato nella disciplina dettata dal nuovo c.p.a., in Giur.

merito, 2011, 04, 919; G. LEONE, L. MARUOTTI, C. SALTELLI, Codice del processo amministrativo,

Padova, 2011, 916; D. FATA, M. SANINO, G. CHINÈ, Le sorti del contratto stipulato a seguito di

aggiudicazione illegittima, in Commentario al codice del processo amministrativo (a cura di) M. SANINO,

Torino, 2011; AA.VV., Il processo amministrativo (a cura di) A. QUARANTA, V. LOPILATO, MILANO,

2011; P. CARPENTIERI, Sorte del contratto (nel nuovo rito degli appalti), in Dir. Proc. Amm., 2011, 664;

Cons. Stato, Sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 780, in Resp. civ. e prev., 2011, 1088, con nota di F.

GASPARRINO, Nessun risarcimento al contraente che «confida» nel contratto illecito; R. CARANTA, Le

controversie risarcitorie, in Il nuovo processo amministrativo, diretto da R. Caranta, Bologna, 2011, 659 ss.;

GAMBATO SPISANI, I riti speciali, in Il nuovo processo amministrativo, diretto da R. CARANTA,

Bologna, 2011, 732; P. PATRITO, Annullamento dell'aggiudicazione e inefficacia del contratto d'appalto:

strumenti di tutela dell'originario aggiudicatario-contraente, prima e dopo il recepimento della direttiva ricorsi

(nota a Trib. Torino, sez. I, 19 gennaio 2011 n. 307), in Resp. civ. e prev., 2011, fasc. 7-8, 1616; G. GRECO

(a cura di), Il sistema della giustizia amministrativa negli appalti pubblici in Europa, 2010; A. ANGIULI,

Contratto pubblico e sindacato del giudice amministrativo, in Dir. amm., 2010, fasc. 4, 865; R. CAVALLO

PERIN, G. M. RACCA, La concorrenza nell’esecuzione dei contratti pubblici, in Dir. amm., 2010, 325. 78 Cass., 17 novembre 2000, n. 1401; Cass., 28 marzo 1996, n. 2842; Cons, St., VI, 1 febbraio 2002, n. 570;

TAR Puglia, Lecce, 28 febbraio 2001, n. 746; TAR Lombardia, Brescia, 9 maggio 2002, n. 823; TAR

Campania, 20 ottobre 2000, n. 3890.

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amministrazione; la loro violazione, quindi, comporta l’emersione di una

volontà negoziale “alterata”79, in virtù dei vizi che inficiano il procedimento di

scelta del contraente privato e che colpiscono anche il provvedimento finale di

aggiudicazione. Questo implica un vizio del consenso del contraente pubblico,

tale da determinare l’annullabilità del contratto ex art. 1427 c.c.

A ciò si aggiunga che, secondo un orientamento più datato, poiché gli atti

amministrativi adottati nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica “non

sono altro che mezzi di integrazione della capacità e della volontà dell’ente pubblico,

sicchè i loro vizi, traducendosi in vizi attinenti a tale capacità e a tale volontà, non

possono che comportare l’annullabilità del contratto, deducibile, in via di azione o di

eccezione, soltanto da detto ente”80.

L’eventuale adesione alla tesi appena esposta comporta rilevanti

conseguenze sul piano processuale, in quanto, da un lato, riconosce alla sola

amministrazione la legittimazione ad agire in giudizio per chiedere

l’annullamento del contratto, con la conseguente conclusione che le norme

pubblicistiche siano poste nell’esclusivo interesse della pubblica

amministrazione; dall’altro, riconosce la sussistenza della giurisdizione del

Giudice ordinario sulla questione dell’annullamento del contratto per vizio del

consenso o della volontà contrattuale81.

79 O. CRISTANTE, A. ZUCCOLO, Sorte del contratto (n.d.r. commento a d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53), in I

contratti dello Stato e degli Enti pubblici, 2010, fasc. 3, 301-308; G. D’ANGELO, Direttiva n. 2007/66/CE e

giurisdizione nelle controversie sui contratti pubblici (n.d.r. commento a Cassazione Civile, sez. un. ord.,

10 febbraio 2010, n. 2906), in Il corriere giuridico, 2010, fasc. 6, 741-755; 80 Così Cass. 8 maggio 1996, n. 4269. 81 Vi è poi una tesi minoritaria secondo cui l’annullamento della procedura ad evidenza pubblico de

qua priva la p.a. di quella legittimazione a contrattare che gli era stata originariamente conferita dagli

atti amministrativi annullati. Tuttavia, è stato correttamente contestato che la mancanza di

legittimazione non comporta di regola l’invalidità del contratto ma la sua inefficacia rispetto

all’oggetto di cui la parte non è competente a disporre. Tutt’al più, in questo caso, si potrebbe parlare

di una sorta di inefficacia che – secondo autorevole Dottrina (Sandulli, Deliberazione di negoziare e

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Tuttavia, tale tesi non è esente da critiche e punti deboli.

In primo luogo, si è notato come non tutte le norme che governano la

contrattazione pubblica siamo poste nell’esclusivo interesse dell’ente pubblico:

si pensi, ad esempio, alle norme dettate in materia di tutela della concorrenza e

del mercato e di par condicio dei concorrenti.

L’impostazione di tale teoria, allora, implica il rischio di attribuire alla

Pubblica amministrazione un ingiustificato privilegio, a scapito del principio

di effettività della tutela del privato; in tal senso, è sicuramente non corretto

attribuire alla PA, che è risultata soccombente nel giudizio nel quale è stato

dichiarato l’illegittimità del suo operato, la facoltà di promuovere il giudizio

per l’annullamento conseguente del contratto.

In secondo luogo, la riconducibilità dell’annullamento della

aggiudicazione ad una incapacità di contrattare della p.a. (art. 1425 c.c.) o ad

un vizio del consenso (art. 1427 c.c.) non permette di individuare con

precisione, nè i caratteri costitutivi della presunta incapacità legale della

amministrazione né a quale errore, nell’art. 1429 c.c., ci si riferisca82.

Infine, il principio della concentrazione della tutela, voluto fortemente

dalla normativa comunitaria, risulta in tal modo ampiamente pregiudicato, in

quanto per ottenere l’annullamento del contratto, per il quale si radica la

negozio di diritto privato della p.a., in Riv. Trim. dir. proc. civ., 1965) – potrebbe essere ricondotta all’art.

1398 del c.c., potendosi considerare la p.a., quale soggetto privo della necessaria legittimazione a

contarre,e, in particolare, come falsus procurator. 82 Secondo l’interpretazione offerta da A. Scacchi, Profili civilistici dell’incidenza dell’annullamento della

aggiudicazione sul susseguente contratto, in Riv. It. Di diritto pubbl. comunitario, 2009, “dovrebbe trattarsi di

un errore di diritto, ma tale errore, ai fini della sua rilevanza, oltre a dover essere strettamente collegato con

l’oggetto o i soggetti del contratto, concerne i presupposti o l’interpretazione di una norma giuridica. Esso

consiste, infatti, nell’ignoranza o nella falsa conoscenza di norme di legge o di regolamento e non può, quindi,

concretizzarsi in un errore su una mera situazione di fatto”.

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giurisdizione del Giudice Ordinario, è comunque necessario un previo

giudizio di annullamento del Giudice Amministrativo.

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3.1 Segue. La tesi della nullità del contratto

Al fine di superare le principali critiche mosse contro la teoria della

annullabilità del contratto, quale conseguenza tipica dell’annullamento della

aggiudicazione, una parte della dottrina ha proposto una soluzione alla

questione in termini di nullità del negozio sorto sulla base di un presupposto

procedimentale invalido, con la conseguente applicazione degli art. 1418 e ss.

del codice civile83.

In particolare, la nullità del contratto viene ricondotta ad una ipotesi di

nullità strutturale per mancanza originaria del consenso da parte della p.a.,

oppure per difetto di causa o ancora, per impossibilità dell’oggetto.

Secondo l’orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa, le

“varie fasi della sequenza procedimentale vanno classificate, oltre che in termini

pubblicistici, secondo lo schema privatistico della formazione del consenso”84,

determinando, così, che il bando di gara va qualificato come proposta

contrattuale e l’aggiudicazione come come manifestazione espressa della

volontà di affidare l’appalto all’impresa selezionata attraverso la procedura di

gara, ancorché illegittima..

Il presupposto di tale impostazione è il riconoscimento di una duplice

natura, negoziale ed amministrativa, della aggiudicazione, in quanto si pone,

contemporaneamente, come atto conclusivo della procedura di selezione del

83 M.R. BUONCOMPAGNI, Annullamento dell'aggiudicazione e sorte del contratto, in Riv. dir., 2010, 3, 402;

G. E.FERRARI, Il contenzioso degli appalti pubblici nel nuovo codice del processo amministrativo, Roma,

2010, 311; E. SANTORO, Guida alla giurisdizione in materia di contratti pubblici , in Riv. Corte dei Conti,

2010 fasc. 3, 218; G. DE ROSA, Quale giudice può decidere la sorte del contratto a seguito di aggiudicazione

annullata? L'impatto della direttiva ricorsi (nota a Cass., SS. UU., 10 febbraio 2010 n. 2906), in Riv. it. dir.

pubbl. comunit., 2010, fasc. 3-4, 1035 84 Cons. St. n. 8909/02.

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contraente e come atto giuridico con cui si manifesta la volontà di contrarre

con l’impresa aggiudicataria.

Seguendo, dunque, il ragionamento di tale teoria, l’accordo contrattuale

si forma già al momento della aggiudicazione, mentre la successiva stipula del

contratto rappresenta una mera rinnovazione del consenso precedentemente

manifestato dalle parti proprio nell’atto conclusivo della procedura ad

evidenza pubblica.

In conclusione, dunque, per la menzionata teoria, dunque,

l’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione, intesa come atto di

manifestazione della volontà negoziale della p.a., “priva il relativo negozio

giuridico dell’elemento essenziale costituito dall’accordo, che deve, quindi, ritenersi

insussistente, per effetto della elisione dell’atto generativo del consenso di una delle

parti”85.

In tal senso, allora, il contratto sarebbe nullo per mancanza dell’accordo

ai sensi del combinato disposto degli artt. 1428, comma 2, e 1325, comma 1, n.

1) del codice civile.

La ricostruzione riportata, tuttavia ed analogamente a quanto attiene alla

prima teoria esposta, non è esente da critiche, oltre che appare superata dai

recenti dati normativi. L’art. 11 del d. lgs 163/2006, infatti, ha previsto

espressamente che “l’aggiudicazione definitiva non equivale ad accettazione

dell’offerta”.

Da ciò consegue quindi che l’offerta dell’aggiudicatario è resa irrevocabile

per sessanta giorni successivi alla aggiudicazione, scaduti i quali, esso potrà

sciogliersi dal ogni vincolo, previo rimborso delle spese.

85 Cfr. sent. cit.

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Un altro orientamento, inoltre, ha parlato di una nullità del contratto per

vizio relativo all’oggetto e quindi per mancanza di uno dei requisiti di cui

all’art. 1346 c.c. che determina la nullità assoluta del contratto ai sensi dell’art.

1418, comma 2, c.c.86

Così, il rispetto delle norme che disciplinano il procedimento di evidenza

pubblica contribuisce a “definire e rendere lecito ovvero giuridicamente possibile per

la pubblica amministrazione contraente l’oggetto del contratto”87, con la

conseguenza che l’annullamento dell’aggiudicazione disposto per un vizio di

legittimità della stessa procedura, comporta la nullità del contratto per illiceità

del suo oggetto.

In altri termini, facendo applicazione dell’art. 1418 del codice civile, si

pone un altro orientamento che ritiene che conseguenza diretta

dell’annullamento della aggiudicazione sia la nullità del contratto per

contrarietà a norme imperative.

Secondo tale impostazione, la nullità del contratto va desunta dal tenore

dell’art. 1418 primo comma, sotto il profilo della violazione di norme

imperative, “qualora i vizi della procedura ad evidenza pubblica siano tali da

determinare l’inidoneità del contratto a raggiungere lo scopo assegnato alla

amministrazione, sul presupposto che le norme dettate in materia di procedimento ad

evidenza pubblica assumano la forza ed il valore di norme imperative”88.

86 E. SANTORO, Una pietra miliare nel cammino verso l'effettività della tutela: le Sezioni Unite affermano la

giurisdizione del giudice amministrativo sulla sorte del contratto, anticipando il recepimento della direttiva

2007/66/Ce (nota a Cass., sez. un., 10 febbraio 2010 n. 2906), in Riv. giur. Edilizia, 2010, I fasc. 2, 399; F.

ASTONE, I contratti pubblici fra ordinamento europeo e diritto interno, in www.giustamm.it, 1/06/2010. 87 O. Forlenza, Contratti della p.a., in Guida al Diritto, n. 13 del 2008, pp. 110 ss. 88 O. Forlenza, cit. E proprio questo rappresenta il punto più “debole” della teoria da ultimo riportata,

poiché - pur avendo il pregio di elevare e valorizzare, in generale, il ruolo e l’importanza delle regole

sulla evidenza pubblica, considerandole come norme poste a tutela di importanti valori, come il

corretto funzionamento del mercato degli appalti pubblici, la tutela della concorrenza e della parità di

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In generale, dunque, si collegano ad essa i principali caratteri di detto

regime, quali, da un lato, il carattere della imprescrittibilità della azione (art.

1422 c.c.); da un altro, la legittimazione di chiunque vi abbia interesse alla

proposizione della relativa azione; ancora, la sua rilevabilità d’ufficio (art. 1421

c.c.), con conseguente ed evidente sacrificio della certezza dei rapporti

giuridici riferiti alla pubblica amministrazione e di stabilità dei relativi effetti89.

Ed in questo si attestano le principali critiche che accompagnano la teoria

della nullità del contratto a seguito dell’annullamento della aggiudicazione.

trattamento, non appare del tutto convincente sulla conseguente nullità del contratto per violazione

dell’art. 1418 c.c.

E questo perché, viceversa, le regole sulla evidenza pubblica sono essenzialmente di carattere

procedurale, ponendo limiti alla generale capacità negoziale del soggetto pubblico rispetto ai singoli

negozi tipicamente privatistici disciplinati nel codice dei contratti. 89 Quella suesposta rappresenta la ricostruzione operata dalla IV sez. del Consiglio di Stato

nell’ordinanza n. 3355 del 21 maggio 2004 di rimessione alla Adunanza Plenaria. La Sezione

concludeva osservando che “l’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione, operando, come è noto, ex

tunc, ne elimina gli effetti fin dalla sua adozione, non solo con riferimento al suo contenuto propriamente

provvedimentale, ma anche con riguardo a quello tipicamente negoziale. Ne consegue che la demolizione dell’atto

con cui la amministrazione ha espresso la sua volontà negoziale priva il relativo negozio giuridico dell’elemento

essenziale costituito dall’accordo, che deve, quindi, ritenersi insussistente, per effetto dell’elisione dell’atto

generativo del consenso di una delle parti”.

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3.2 Segue. La tesi della caducazione automatica del contratto

Nella giurisprudenza amministrativa90, inoltre, si è sviluppato un

ulteriore orientamento, quello della caducazione automatica del contratto a

seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, in virtù di “un nesso di

presupposizione necessaria che collega i due momenti dell’agire amministrativo”.

L’annullamento dell’aggiudicazione segna, infatti, il venir meno di uno

dei presupposti di efficacia del contratto, che resta, in tal modo, privo della

capacità di produrre effetti giuridici91; in tale prospettiva, il contratto perde la

sua autonomia strutturale e funzionale e la sua sorte viene in sostanza

collegata, come conseguenza accessoria ed automatica all’annullamento della

aggiudicazione.

Si tratterebbe di un tipo di inefficacia del contratto che trova applicazione

nel principio generale relativo al collegamento necessario fra negozi giuridici,

per cui le vicende di ciascuno di essi si riversano “a cascata” sugli altri.

A tal proposito, infatti,, la giurisprudenza afferma infatti che “non osta al

meccanismo dell’efficacia caducante la circostanza che il rapporto di presupposizione

riguardi una fattispecie mista di collegamento tra provvedimento amministrativo e

contratto di diritto privato piuttosto che l’ipotesi paradigmatica di correlazione tra atti

amministrativi”92.

Tuttavia, anche in tal caso, permangono dei dubbi relativi alla

applicazione della categoria generale dell’inefficacia, la cui nozione, nel nostro

ordinamento, indica la mancanza o la perdita degli effetti giuridici di un

negozio, che si ricollega ad alcune fattispecie tipicamente previste quali la

90 Cons. St., V, 10 gennaio 2007, n. 41; Cons. St., V, 28 settembre 2005, n. 5194; Cons. St. V, 11 novembre

2004, n. 7346; Cons. St. VI, 30 maggio 2003, n. 2992; Cons. St., V, 25 maggio 1998 n. 677. 91 E’ la tesi sostenuta da Cons. St. nn. 2332 del 2003; 2992 del 2003; 4295 del 2006. 92 Cons. St.; VI, 5 maggio 2003, n. 2332.

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nullità, l’annullabilità, la risoluzione e la rescissione del contratto, il recesso,

l’avverarsi di una condizione risolutiva o il mancato verificarsi di quella

sospensiva.

Occorrerebbe, quindi, collegare ad uno di tali istituti tipici l’effetto

successivo della inefficacia del contratto, cosa che la citata teoria omette di

fare.

La tesi ha trovato ulteriore sostegno nella interpretazione che la dottrina

ha offerto dell’art. 246 del codice dei contratti, relativo a infrastrutture e

insedimenti produttivi, laddove si afferma che “la sospensione o l’annullamento

dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato e il

risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente”93.

Sembra, in sostanza, che con tale chiarificazione, si sia voluto dettare una

eccezione a quella che appare essere – secondo i sostenitori della tesi – una

regola generale, consistente proprio nella caducazione automatica.

Tuttavia, non sembra condivisibile l’assunto per cui da una norma a

carattere speciale, che vale solo per alcuni specifici contratti, si fa derivare una

regola generale.

Ulteriore critica viene riferita alla asserita rigidità della teoria, poiché

farebbe scaturire la conseguenza della caducazione in maniera sempre

necessaria ed automatica, senza, con ciò, consentire una modulazione degli

effetti rispetto alla gravità delle violazioni.

93 R. CALVO, Annullamento dei provvedimenti di aggiudicazione definitiva e inefficacia dei contratti a

evidenza pubblica (artt. 243 bis e 245 bis - 245 quinquies del codice dei contratti pubblici relativi a lavori,

servizi e forniture, introdotti dal d. lgs. 20 marzo 2010, n. 53, attuativo della dir. 2007/66/CE), in Le

nuove leggi civili commentate, 2010, fasc. 3, 617-637;

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3.3 Segue. La tesi della inefficacia sopravvenuta del contratto

La tesi della inefficacia sopravvenuta del contratto a seguito

dell’annullamento degli atti di gara è simile alla tesi della nullità

sopravvenuta, ma si distingue per alcune specificità.

Innanzitutto, si sostiene che il venir meno di uno degli atti di gara

(delibera a contrarre, bando o aggiudicazione) produce l’effetto di privare la

amministrazione, con efficacia ex tunc, della legittimazione a negoziare.

L’organo amministrativo deputato a negoziare, infatti, si troverebbe nella

situazione di aver sottoscritto il contratto senza averne la legittimazione che,

d’altra parte, avrebbe la sua giustificazione proprio in quei provvedimenti

annullati.

Secondo l’orientamento maggioritario, questo tipo di invalidità era da

ritenersi relativa, potendo essere fatta valere solo dalla parte che avesse

ottenuto l’annullamento degli atti illegittimi.

Infatti, la stessa giurisprudenza che aderiva a tale ricostruzione,

affermava che “l’inefficacia relativa non potesse essere opponibile ai terzi di buona

fede, analogamente a quanto previsto dagli artt. 23 e 25 del codice civile, dettati in

materia di associazioni e fondazioni, laddove si prevede che sono fatti salvi i diritti

acquisiti dai terzi di buona fede per effetto di atti esecutivi di una deliberazione poi

annullata”94.

L’inefficacia successiva, al pari della nullità successiva, agisce

retroattivamente, ma, a differenza di quest’ultima incontra due importanti

limiti: l’uno, relativamente alle situazioni soggettive già consolidate in capo ai

94 In tal senso Cons. St., IV, 27 ottobre 2003, n. 6666.

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terzi fino alla dichiarazione di inefficacia; l’altro, relativamente alle prestazioni

già eseguite nei negozi di durata.

A dare sostegno a questa ricostruzione interpretativa, è intervenuta la

Corte di Cassazione, secondo cui in tale ipotesi, a seguito dell’annullamento

dell’aggiudicazione, non è necessaria alcuna pronuncia sul contratto95;

segnatamente, in tale pronuncia si legge che “la caducazione, in sede

giurisdizionale o amministrativa, di atti della fase della formazione, attraverso i quali

si è cioè formata in concreto la volontà contrattuale della amministrazione, invero,

priva quest’ultima, con efficacia ex tunc, della legittimazione a negoziare; in sostanza,

l’organo amministrativo che ha stipulato il contratto, una volta che viene a cadere, con

effetto ex tunc, uno degli atti del procedimento costitutivo della volontà della

amministrazione, come la deliberazione di contrattare, il bando o l’aggiudicazione, si

trova nella condizione di aver stipulato iniure, privo della legittimazione che gli è

stata conferita dai precedenti atti amministrativi. L’annullamento della fase

sostanziale dell’aggiudicazione segna, in via retroattiva, la carenza di uno dei

presupposti di efficacia del contratto, che, pertanto, resta definitivamente privato dei

suoi effetti giuridici. L’automatica invalidità degli atti del procedimento incisi dalla

pronuncia giurisdizionale è idonea a mutare i termini dell’ipotesi contrattuale intorno

alla quale si è determinata la volontà dei partecipanti e la formazione delle singole

offerte, è ciò anche nel caso in cui l’aggiudicatario abbia posto in essere, nelle more del

95 Così Cass. Civ., I, 15 aprile 2008, n. 9906, secondo cui – appare utile riportarne il pensiero – “la

caducazione, in sede giurisdizionale o amministrativa, di atti della fase della formazione, attraverso i quali si è

cioè formata in concreto la volontà contrattuale della amministrazione, invero, priva quest’ultima, con efficacia

ex tunc, della legittimazione a negoziare; in sostanza, l’organo amministrativo che ha stipulato il contratto, una

volta che viene a cadere, con effetto ex tunc, uno degli atti del procedimento costitutivo della volontà della

amministrazione, come la deliberazione di contrattare, il bando o l’aggiudicazione, si trova nella condizione di

aver stipulato iniure, privo della legittimazione che gli è stata conferita dai precedenti atti amministrativi.

L’annullamento della fase sostanziale dell’aggiudicazione segna, in via retroattiva, la carenza di uno dei

presupposti di efficacia del contratto, che, pertanto, resta definitivamente privato dei suoi effetti giuridici”.

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65

giudizio, un’attività riconducibile alla prestazione dovuta in forza della relazione

contrattuale instaurata per effetto dell’aggiudicazione. Tale attività, a parte il fatto di

costituire evento temporalmente successivo ed esterno allo svolgimento della

procedura, una volta annullata l’aggiudicazione è, infatti, destinata ad assumere le

connotazioni di un’attività di fatto, in forza della proiezione ex tunc degli effetti

dell’annullamento. Quanto dovuto all’aggiudicatario per i lavori posti in essere

risponde a logiche totalmente diverse da quelle che presiedono alla controprestazione,

così da non potersi definire “prezzo” o comunque corrispettivo della prestazione resa,

bensì esclusivamente indennità, cui l’escluso ha titolo secondo le regole del diritto

comune, derivanti dall’art. 2041, c.c.”.

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66

3.4 Segue. Gli ulteriori sviluppi giurisprudenziali che precedono

l’adozione del Codice sul processo amministrativo

In epoca di poco precedente all’adozione del Codice sul processo

amministrativo, le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute sul tema

relativo alle vicende del contratto stipulato tra Pubblica Amministrazione

appaltante e aggiudicatario in conseguenza dell’annullamento in sede

giurisdizionale dell’aggiudicazione, prendendo posizione, in particolare, sul

profilo della giurisdizione.

La giurisprudenza in parola, infatti, investe questioni di giurisdizione, e,

incide sul corretto inquadramento delle conseguenze derivanti

dall’annullamento di atti di natura provvedimentale rispetto al contratto vero

e proprio.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono, dunque, intervenute,

con sentenza 28 dicembre 2007, n. 2716996, sul tema relativo alle vicende del

contratto in seguito all’annullamento della aggiudicazione, prendendo

posizione sul profilo della giurisdizione.

Il dictum della Cassazione che sembra possibile sintetizzare in questa

importante pronuncia, attiene alla affermazione per cui l’aggiudicazione

rappresenta il limite di operatività della giurisdizione esclusiva del Giudice

Amministrativo, di modo che tutte le controversie relative alle sorti di un

96 A questa sentenza si è poi adeguata anche la giurisprudenza successiva. Cfr. SS. UU. Cass. Civ., 23

aprile 2008, n. 10443; SS. UU, 18 luglio 2008, n. 19805. In termini anche Cons. St., I, 15 aprile 2008, n.

9906 che ricordando l’inscindibile collegamento tra il contratto d’appalto ed il provvedimento di

aggiudicazione, ha affermato che esso è destinato “a restare automaticamente e immediatamente caducato,

senza necessità di pronunce costitutive del suo cessato effetto o di atti di ritiro dell’amministrazione, in

conseguenza della pronunciata inefficacia del provvedimento amministrativo ex tunc, travolto dall’annullamento

giurisdizionale” che “segna, in via retroattiva, la carenza di uno dei presupposti di efficacia del contratto, che,

pertanto, resta definitivamente privato dei suoi effetti giuridici”.

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67

contratto soggetto al diritto comune non possono che essere di competenza del

giudice ordinario.

La Corte compie un importante passo avanti verso la tipizzazione di un

modello, nella parte in cui afferma il radicarsi della giurisdizione del Giudice

Ordinario, indipendentemente dalla scelta dell’una o dell’altra teoria circa la

sorte del contratto: il ragionamento espresso dalla Corte, in sostanza, vale a

prescindere dalla adesione ad una determinata teoria.

In particolare, la Corte osserva che, in applicazione anche dell’importante

sentenza della Corte Costituzionale, n. 204/2004, solo il contenzioso

concernente la fase pubblicistica dell’attività negoziale della Pubblica

Amministrazione potrebbe essere portato al vaglio del giudice amministrativo.

Secondo la Corte, la fase della formazione della volontà negoziale della

Pubblica Amministrazione e la successiva scelta del contraente non è libera,

poiché è in realtà un complesso snodo di atti e provvedimenti caratterizzati

dall’esercizio di poteri discrezionali e vincolati.

La sequenza, che culmina con l’aggiudicazione del contratto, rappresenta

il confine ultimo della fase pubblicistica, in conformità alla previsione degli

artt. 6 e 7 della legge n. 205/2000 che limita l’ambito della giurisdizione

esclusiva del giudice amministrativo alle “procedure di affidamento di appalti

(…)”.

A questo punto, giunti al momento in cui le due volontà – della Pubblica

Amministrazione e del privato – si incontrano per la stipulazione del

contratto, i due contraenti si trovano in una posizione paritetica, l’uno rispetto

all’altro, e dall’incontro di tali volontà discendono tutti i diritti ed obblighi

reciproci. In questo senso, è proprio dalla costituzione di questo rapporto

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giuridico di diritto comune che si determina lo spartiacque tra le giurisdizioni,

assumendo la giurisdizione del Giudice Ordinario non solo la positiva

disciplina dei requisiti (artt. 1325 e ss) e degli effetti (artt. 1372 e ss), ma anche

l’intero ambito delle patologie ed inefficienze negoziali, siano o meno esse

inerenti alla struttura del contratto97.

In conclusione, dunque, la Corte, pur riconoscendo il nesso di

consequenzialità e connessione esistente tra i due momenti, della

aggiudicazione e della stipulazione del contratto, afferma che i riflessi delle

illegittimità ed irregolarità della fase pubblicistica sul contratto dovrebbero

essere sempre oggetto di scrutinio da parte del giudice ordinario.

Anche il Consiglio di Stato, forse sollecitato dall’ intervento della Corte di

Cassazione, prende posizione sulla sorte del contratto a seguito

dell’annullamento della aggiudicazione, e lo fa con due importanti pronunce

in Adunanza Plenaria (nn. 9 e 12 del 2008).

Tuttavia, il Consiglio di Stato conferma l’orientamento espresso dalla

Cassazione, condividendone l’impostazione di fondo, con particolare

riferimento al riparto di giurisdizione tra Giudice Ordinario e Giudice

Amministrativo ed affermando, anche, l’esclusione, di conseguenza, della

cognizione da parte dello stesso GA della domanda di reintegrazione in forma

specifica che, attenendo alla fase della esecuzione dei rapporti contrattuali,

fuoriesce dal suo ambito di competenza.

Viceversa, si afferma che alla domanda di annullamento della

aggiudicazione può conseguire, da parte del GA, solo il risarcimento del

danno per equivalente.

97 In questi termini il commento alla sentenza di R. Garofoli – G. Ferrari, in Manuale di diritto

amministrativo, Nel diritto ed., 2013.

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69

Appare utile, in questa sede, riportare i passaggi più salienti della

sentenza della Adunanza Plenaria n. 9/2008:

“La sentenza di annullamento della aggiudicazione determina in capo

all’amministrazione soccombente l’obbligo di conformarsi alle relative statuizioni,

nell’ambito degli ulteriori provvedimenti che rimangono salvi ai sensi dell’art. 26 della

legge n. 1034 del 1971: in altri termini, l’annullamento dell’aggiudicazione è

costitutivo di un vincolo permanente e puntuale sulla successiva attività

dell’amministrazione (Cons. Stato, Ad. Plen. 19 marzo 1984, n. 6), il cui contenuto

non può prescindere dall’effetto caducatorio del contratto stipulato.

In sede di esecuzione della sentenza, pertanto, l’amministrazione non può non

rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto conseguente all’annullamento

dell’aggiudicazione (secondo quanto, del resto, ribadito dalla Corte di Cassazione, sez.

I, 15 aprile 2008, n. 9906), similmente a quanto avviene nel caso di annullamento di

una graduatoria di un pubblico concorso che comporta la caducazione degli effetti del

contratto di lavoro su di essa fondato, ovvero di annullamento di una concessione di

un bene o di un servizio pubblico che comporta la caducazione degli effetti dell’accordo

accessivo.

Anche nell’emanare i provvedimenti ulteriori che conseguono all’effetto

caducatorio dell’annullamento dell’aggiudicazione della gara, l’amministrazione deve

tenere conto dei principi enunciati nella sentenza di annullamento e delle conseguenze

giuridiche determinate dal suo contenuto ed orientare conseguentemente la sua

ulteriore azione.

Rispetto a tali provvedimenti il sindacato del giudice amministrativo è pieno e

completo, investendo situazioni che restano esclusivamente nel campo del diritto

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pubblico e che non si intersecano mai con il piano dei diritti soggettivi sorti dal vincolo

contrattuale imperniato sull’aggiudicazione annullata”.

Il Consiglio di Stato, pur se focalizzato sulla questione di giurisdizione,

non omette di pronunciarsi, indirettamente, sulla questione di merito relativa

ai rapporti tra aggiudicazione e contratto ed arriva ad affermare, sia pure

implicitamente, la caducazione automatica del contratto conseguente ad una

aggiudicazione illegittima, in quanto il venir meno del contratto è collegato

all’iniziativa del privato, terzo rispetto al contratto concluso, e necessita di una

previa pronuncia costitutiva del giudice. Rilievo, questo, che, però, non spetta

al Giudice Amministrativo, ma spetta alla Pubblica Amministrazione in sede

di rinnovazione del procedimento per conformarsi al giudicato di

annullamento.

Come corollario dell’estensione al rapporto negoziale dell’effetto

conformativo della sentenza di annullamento, viene infine riconosciuta la

possibilità al Giudice amministrativo, in sede di ottemperanza, di accertare la

caducazione del contratto, al fine di assicurare i provvedimenti conseguenti

per riconoscere al ricorrente il bene della vita che gli spetta98.

98 “Ove poi l’amministrazione non si conformi puntualmente ai principi contenuti nella sentenza oppure non

constati le conseguenza giuridiche che da essa discendono, ovvero, ancora nel caso di successiva sua inerzia,

l’interessato può instaurare il giudizio di ottemperanza, nel quale il giudice amministrativo – nell’esercizio della

sua giurisdizione di merito – ben può sindacare in modo pieno e completo (e satisfattivo per il ricorrente)

l’attività posta in essere dall’amministrazione o anche il suo comportamento omissivo, adottando tutte le misure

(direttamente o per il tramite di un commissario) necessarie ed opportune per dare esatta ed integrale esecuzione

alla sentenza e per consentire una corretta riedizione del potere amministrativo. In tal modo, il giudice

amministrativo può realizzare il contenuto conformativo della sentenza, di per sé riferibile alla fase pubblicistica

successiva all’annullamento ed emanare tutti i provvedimenti idonei ad assicurare al ricorrente vittorioso il bene

della vita effettivamente perseguito attraverso il giudizio di legittimità e reintegrarlo pienamente nella situazione

concreta che avrebbe dovuto già conseguire qualora l’amministrazione non avesse adottato l’atto di

aggiudicazione illegittimo: ciò perché la funzione del giudice dell’ottemperanza è proprio quella di adeguare la

situazione di fatto a quella di diritto nascente dal giudicato, nell’esercizio della potestà di riformare l’atto

illegittimo o sostituirlo, espressamente conferitagli dall’art. 26 della legge n. 1034 del 1971”.

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Ciò comporta che “nel giudizio di ottemperanza può essere attuata la tutela

specifica preclusa in sede di cognizione dell’assenza di giurisdizione sulla fase

esecutiva del contratto, mercè sostituzione dell’aggiudicatario con il ricorrente

vittorioso, al quale sarebbero spettati l’aggiudicazione e la stipula del contratto in

assenza di illegittimità”99.

Prima di procedere all’analisi degli approdi a cui è giunto il Codice sul

processo amministrativo, vale la pena segnalare un’ulteriore precedente

pronuncia delle SS. UU. della Cassazione100 che, andando in controtendenza

rispetto all’orientamento consolidato, ha affermato sussistere la giurisdizione

esclusiva del Giudice Amministrativo in relazione alle conseguenze

dell’annullamento della aggiudicazione sul contratto medio tempore stipulato.

Origine della motivazione fatta propria dalla Cassazione è la Direttiva

Ricorsi, oggetto di specifica trattazione nel prossimo capitolo, ed il principio

per cui le disposizioni di legge interne devono essere armonizzate ed

interpretate alla luce dei principi comunitari, anche se il risultato di questa

operazione ermeneutica possa, in linea teorica, produrre conseguenze

apparentemente difformi dalla interpretazione consolidata di una certa

questione.

99 Così F. Bellomo, Manuale di diritto amministrativo, Vol. II; Padova, 2009, p. 1084 ss., il quale prosegue

affermando che “la pronuncia in esame si pone solo apparentemente in dissenso con l’orientamento volto a

devolvere al giudice amministrativo – anche in sede di legittimità – tutti i diritti di natura risarcitoria che

originano dall’annullamento di atti amministrativi e – in sede esclusiva – tutti i rapporti aventi ad oggetto

diritti soggettivi che siano connessi all’esercizio di poteri amministrativi, sia pure successivamente demoliti. A

ben guardare, infatti, la sorte del rapporto contrattuale già concluso, sia pure su presupposti amministrativi

illegittimi, non appartiene né al novero delle questioni patrimoniali consequenziali all’annullamento, né ricade

tra i diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione esclusiva in materia di contratti”. 100 Cass., SS. UU., ord. 10 febbraio 2010, n. 2906, in Dir. & Giust., 201, con nota di Palombella.

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4. La disciplina del nuovo Codice sul processo amministrativo

Una volta enucleati i vari orientamenti giurisprudenziali e dottrinali circa

le sorti del contratto pubblico stipulato sulla base di un provvedimento di

aggiudicazione divenuto illegittimo, si intende illustrare la disciplina di

recente introdotta dal d.lgs. n. 104/10, al fine di valutare le scelte operate dal

Legislatore e i poteri attribuiti al Giudice amministrativo101.

Tra le varie tesi poc’anzi esposte circa la natura giuridica del vizio

inficiante il contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, il

Codice del processo amministrativo ha scelto la categoria concettuale di più

difficile inquadramento102.

Il vizio dell’inefficacia, infatti, è assai variegato e disomogeneo.

Sono da chiarire, infatti, molti aspetti inerenti alla natura e al regime

dell’inefficacia, con particolare riferimento all’eventuale natura sanzionatoria

dell’inefficacia, conseguenziale ad una patologia del contratto, oppure ad una

semplice risoluzione.

Si ritiene opportuno, pertanto, soffermarsi sulla lettera delle norme

contenute nel Codice del processo amministrativo.

101 Per una ricostruzione, si veda MORBIDELLI, Codice del processo amministrativo, Giuffrè. 102 In tal senso cfr. P. Carpentieri, Sorte del contratto cit., che afferma “la sorte del contratto si configura – a

voler tentare una costruzione dogmaticamente corretta - in termini non già di mera inefficacia, ma di invalidità,

per contrasto con norme proibitive e imperative, con riflessi indiretti anche sul piano della menomazione

strutturale del negozio (carenza di titolo a contrattare). Premesso che la distinzione nullità/annullabilità, nel

genus “invalidità”, va sfumando e perdendo rilievo anche in diritto civile, si potrà ipotizzare un’invalidità

“flessibile”, declinata in termini di nullità nei casi di privazione totale degli effetti con pronuncia (anche

officiosa) di natura dichiarativa (nullità speciale, non virtuale, ma nominata, per effetto delle norme dell’art. 121

c.p.a., e relativa, a legittimazione ristretta a chi abbia impugnato nei termini l’aggiudicazione, oppure abbia

proposto azione risarcitoria autonoma nei 120 giorni di cui all’art. 30 c.p.a., potendo dimostrare che avrebbe

avuto titolo alla gara o all’aggiudicazione); declinata in termini di annullabilità nei casi (artt. 121, comma 2, e

122) di privazione solo parziale o di mancata privazione degli effetti con pronuncia costitutiva su domanda di

parte. La mancata privazione di effetti pur in presenza di una invalidità non costituisce una novità nel regime

giuridico dell’annullabilità (inopponibilità, non annullabilità ex art. 21-octies l. n. 241 del 1990, etc.). La

flessibilità della risposta sta non solo nel gioco “nullità-annullabilità”, ma soprattutto nella graduazione della

privazione di effetti (totale, parziale, nulla), dipendente dalla concreta fattispecie esaminata”.

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La disciplina è contenuta negli artt. 121 ss. del Codice del processo ed è

imperniata sulla declaratoria di inefficacia del contratto in conseguenza

dell’annullamento dell’aggiudicazione, a tal fine, si distingue tra due gruppi di

ipotesi prese in considerazione dall’art. 121 c.p.a., con riferimento alle c.d.

violazioni gravi e dal successivo art. 122, con riferimento alle ipotesi di

violazione residuali103.

Nelle ipotesi di cui all’art. 121104 il giudice è tenuto a dichiarare

l’inefficacia del contratto, con la precisa indicazione se la stessa debba

intendersi ex tunc o ex nunc. I parametri in base ai quali il giudice è chiamato

valutare attengono alle deduzioni delle parti, alla gravità della condotta della

stazione appaltante ed alla situazione di fatto.

103 In generale si vedano G. GRECO, Illegittimo affidamento dell’appalto, sorte del contratto e sanzioni

alternative nel d. lgs. 53/2010, in www.giustamm.it, n. 7/2010, § 2, e in Riv.it. dir. pubbl. comun., 2010,

735-737; E. FOLLIERI, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli

artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 4/2010, 1067 ss., spec. 1091-1094; P.

CARPENTIERI, Sorte del contratto (nel nuovo rito sugli appalti), in www.giustamm.it, 2011, e in Dir. proc.

amm., 2011, 664 ss.; F. ASTONE, Interesse pubblico, contratti delle pubbliche amministrazioni e tutela

giurisdizionale: la prospettiva comunitaria (e quella interna, dopo il recepimento della direttiva ricorsi ed il

Codice del processo amministrativo), in Studi in onore di Alberto Romano, Napoli, 2011, vol. III, 1765 ss.,

spec.1831-32. 104 L’art. 121 citato elenca i seguenti casi: “a) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa

pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella

Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12

aprile 2006, n. 163; b) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura negoziata senza bando o con

affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione della pubblicità del

bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale

della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; c)

se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall’articolo 11, comma 10, del

decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilità di

avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a

vizi propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento;

d) se il contratto è stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione

derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, ai sensi dell’articolo

11, comma 10-ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione, aggiungendosi a vizi

propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento”.

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Con particolare riguardo alle lett. a) e b), il comma 1 dell’art. 121 prescrive

che, qualora l’aggiudicazione definitiva sia avvenuta senza previa

pubblicazione del bando o avviso, oppure con procedura negoziata senza

bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia

determinato l’omissione della pubblicità del bando o dell’avviso con cui si

indice una gara, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara

l’inefficacia del contratto.

Tale disposizione sembra ispirata ad una piena garanzia della

concorrenza. Al comma 2 si precisa, però, che il contratto resta efficace qualora

ciò sia imposto da esigenze imperative connesse ad un interesse generale105.

Nel caso in cui vi sia un interesse generale tale da imporre la

conservazione del contratto, infatti, il carattere apparentemente vincolato della

dichiarazione di inefficacia (“Il giudice dichiara”) viene sostituito da un vincolo

di natura apparentemente opposta (il contratto “resta” efficace)106.

Ancora una volta, si sofferma l’attenzione sulla discrezionalità attribuita

al Giudice amministrativo di verificare se le esigenze imperative siano

connesse a interessi economici107.

105 Si vedano, sul punto, F. MERUSI, Annullamento dell’atto amministrativo e caducazione del

contratto, in Foro amm.-TAR, 2004, 3, 569; F.G. SCOCA, Annullamento dell’aggiudicazione e sorte del

contratto, in Foro amm.-TAR, 2007, 5, 797 ss.; G. GRECO, La direttiva 2007/66/CE. 106 Cfr. MORBIDELLI, Codice amm., cit.

107 Cfr. Carpentieri, Sorte del contratto, cit. secondo cui “Volendo proporre un richiamo romanistico, potrebbe

dirsi che si ha a che fare non con un judicium strictum (o stricti juris), bensì con un judicium bonae fidei, “in

forza del quale al giudice era attribuito un largo margine di valutazione discrezionale, e cioè il potere di stabilire

“quidquid dare facere oportet ex fide bona”. Insomma, i regolamenti dei conti successivi all’annullamento

dell’aggiudicazione e alla sua possibile incidenza sul contratto, le restituzioni, il subentro nel contratto, il suo

dies a quo, la sostituzione e la riforma di atti etc., sono vicende non predefinite stricti juris dalla legge

processuale, ma da questa rimesse, con l’uso abbondante di concetti giuridici indeterminati, al potere

discrezionale del giudice creativo di diritto e integrativo ex fide bona del precetto giuridico indeterminato. In

questo quadro il richiamo alla equità correttiva appare sicuramente pertinente e utile, poiché, in effetti, è questo

tipo di potere, molto elastico e duttile, atipico, che è attribuito al giudice, anche in diritto civile, allorquando si

tratti di ricomporre il rapporto giuridico pregiudicato da atti o fatti illeciti mediante restituzioni, ripetizioni,

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75

Il giudice dovrà, infatti, tener conto di una serie di parametri valutativi108

e, in particolare, sarà spinto a conservare l’efficacia del contratto solo quando

l’inefficacia non sia funzionale al soddisfacimento delle pretese del

ricorrente109.

Da questi brevi cenni alle disposizioni processuali dettate dal Codice sul

processo amministrativo emerge quindi la contrapposizione o, in ogni caso, la

ricerca di bilanciamento tra tutela della concorrenza conformata al concreto

interesse del ricorrente e gli interessi pubblici sottesi al contratto.

In particolare, dinanzi all’interesse pubblico alla conservazione del

contratto, la tutela della concorrenza sembra coincidere sempre di più con

l’interesse del ricorrente al subentro.

L’art. 121, c.p.a., pertanto, configura l’emblema della forte complessità

della nozione di inefficacia, nella parte in cui, quando individua il regime

applicabile nell’ipotesi di gravi violazioni, esso stabilisce che, in caso di

violazioni degli obblighi pubblicitari (lett. a-b), il contratto resta comunque

risarcimenti (1226, 1227, 1450 e 1467, terzo comma, sulla reductio ad aequitatem, 2058).” “Orbene, sostenere,

come sembra fare la prevalente dottrina che sinora si è interrogata su questi temi, che questi poteri, benché

“specialissimi”, si contengono adeguatamente entro la forma (per quanto dilatata) della giurisdizione generale di

legittimità ed esclusiva (ossia estesa anche alla cognizione di diritti soggettivi), costituisce sicuramente la

soluzione più rispettosa del codice, che ancora conosce dei tria genera jurisdictionis (legittimità, esclusiva,

merito), ma, forse, può non essere sufficiente o del tutto appagante” (…) “Ragion per cui, forse, proprio di

giurisdizione estesa al merito si tratta, anche se l’istituto è considerato obsoleto perché postula una nozione

“ristretta” di cognizione (di legittimità ed esclusiva) ordinaria del giudice amministrativo. La conclusione sul

punto resta, dunque, allo stato, ancora perplessa: sembra trattarsi di giurisdizione esclusiva speciale rafforzata

da attribuzioni di equità giudiziale correttiva e integrativa”. 108 R. Caponigro, per il quale “gli apprezzamenti che il giudice è chiamato a compiere implicano valutazioni

sostitutive dell’attività amministrativa”, in La valutazione giurisdizionale del merito amministrativo, in

www.giustizia-amministrativa.it, 2010. 109 A questo proposito, secondo M. Fracanzani, invece, l’art. 121 del Codice “vede l’inefficacia quale

conseguenza dell’annullamento della aggiudicazione, ma a differenza della regola generale, qui, trattando delle

violazioni più gravi, l’an è sottratto alla disponibilità del giudice, cui residua il potere solo di stabilirne

l’estensione temporale, se per la parte di esecuzione che ne residua alla data di pubblicazione del dispositivo

ovvero anche in via retroattiva per le parti di lavoro già fatte (e comunque da pagarsi?) e ciò valutando la gravità

della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto che si è venuta a creare”, op. cit., sub III.

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efficace in presenza di esigenze imperative connesse a un interesse generale,

alla stregua di una serie di parametri da utilizzarsi da parte del giudice.

In tal caso, quindi, l’interesse pubblico sotteso al contratto può addirittura

prevalere sulla tutela della concorrenza, sebbene questa sia stata gravemente

incisa dalla violazione degli obblighi pubblicitari.

Anche la seconda delle violazioni previste dall’art. 121, quella inerente il

mancato rispetto dello “stand still period” (lett. c e d), non comporta

necessariamente, pur nel pregiudizio alle regole della concorrenza, l’inefficacia

del contratto, qualora tale violazione non abbia inciso sulle possibilità del

ricorrente di ottenere l’affidamento.

Appare evidente, allora, che l’interesse del ricorrente a conseguire

l’aggiudicazione si pone come un interesse forte all’interno del confronto che

presiede la possibile declaratoria di inefficacia, affidata alla valutazione del

giudice.

La disciplina delle violazioni “ordinarie” di cui all’art. 122110, conferma la

funzionalizzazione della declaratoria di inefficacia alla possibilità di subentro

del ricorrente.

Tale disciplina prevede, infatti, che l’interesse del ricorrente al subentro

nell’aggiudicazione e nel contratto non costituisce elemento di valutazione da

parte del giudice. Esso si pone, invece, come presupposto, affinché il giudice

110 L’art. 122, c.p.a. prevede che “Fuori dei casi indicati dall’articolo 121, comma 1, e dall’articolo 123, comma

3, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la

decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di

conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità

di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara

e la domanda di subentrare sia stata proposta”.

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possa scegliere tra efficacia ed inefficacia del contratto, previa espressa

domanda di subentro.

In assenza di tali presupposti, il giudice non può dichiarare l’inefficacia

del contratto.

I parametri indicati dall’art. 122 cui il giudice è tenuto a fare riferimento

sono riconducibili all’accoglibilità della domanda di subentro, e ciò anche in

considerazione dell’interesse pubblico sotteso al contratto.

Di notevole importanza è, inoltre, la previsione dell’art. 123, comma 3.

c.p.a. che, per le violazioni dello “stand still period” che non abbiano influito

sulla possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento, prevede

espressamente l’obbligatoria applicazione delle sanzioni alternative

all’inefficacia, escludendo la possibile declaratoria dell’inefficacia del

contratto.

Come emerge dai brevi cenni appena riportati, il carattere principale

della disciplina codicistica in tema di conseguenze sul contratto a fornte

dell’annullamento dell’aggiudicazione è l’estrema flessibilità, a seconda della

specifica controversia.

In dottrina, infatti, si parla di inefficacia flessibile, in considerazione delle

svariate gradazioni che essa conosce o può conoscere ed a seconda dei poteri

esercitati dal giudice.

Tale inefficacia può essere interpretata come inefficacia sanzionatoria e,

quindi, configurerebbe la sanzione che l’ordinamento impone al contratto in

considerazione della nullità che lo inficia.

Tale impostazione deriverebbe il suo fondamento nella considerazione

dell’imperatività delle norme violate, quali le norme imperative e le norme

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comunitarie sull’evidenza pubblica e opererebbe, così, nell’alveo della classica

nullità del contratto per violazione di norme imperative, ex art. 1418 co. 1° c.c..

L’assunto è confermato dalla terminologia usata dal legislatore che si

esprime nel senso della “dichiarazione” dell’inefficacia.

Si tratterebbe, pertanto, di una pronuncia non costitutiva, ma

dichiarativa, com’è tipico della nullità.

Conseguenze di questa impostazione sarebbero, innanzitutto, l’assenza

dei termini per agire ai fini della nullità. Ne deriva che l’azione sarebbe

imprescrittibile. La nullità è opponibile ai terzi indipendentemente dalla

buona fede, in base alle regole specifiche di cui al codice civile.

In terzo luogo, opererebbe il principio della rilevabilità d’ufficio della

nullità di cui agli artt. 1421 e s.s. c.c.

Secondo un altro orientamento, mancherebbero invece i profili

caratterizzanti della nullità, quali, in particolare, l’automatismo della

pronuncia e l’originarietà del vizio contrattuale. Pertanto, non si tratterebbe di

un’inefficacia derivante da nullità, ma di una risoluzione giudiziale, essendo

conferito al giudice il potere di risolvere sul piano degli effetti il contratto.

I sostenitori di tale teoria affermano che l’inquadramento dell’inefficacia

del contratto in termini di risoluzione renderebbe ragione della discrezionalità

del potere attribuito al giudice, in quanto si configurerebbe una risoluzione

giudiziale in cui la natura della pronuncia assume portata costitutiva.

Per un ultimo orientamento, infine, la categoria dell’inefficacia contenuta

nella disciplina codicistica potrebbe graduarsi in maniera differente a seconda

che si consideri il regime giuridico di cui all’art. 121 o quello di cui all’art.122.

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L’inefficacia dell’art. 121 si configurerebbe, così, come un’inefficacia

sanzionatoria inquadrabile nel genus della nullità e ciò avuto riguardo della

gravità della violazione e dell’intensità del potere discrezionale del giudice.

L’inefficacia facoltativa dell’art. 122 potrebbe, invece, essere inquadrata

nell’ambito dell’inefficacia derivante da risoluzione.

Le varie soluzioni sin qui descritte sono di rilevante importanza per

comprendere quale sia il ruolo del Giudice amministrativo all’interno della

materia dei contratti pubblici.

Tale complessa tematica è oggetto di trattazione nel capitolo successivo.

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4.1 La disciplina del nuovo Codice sul processo amministrativo.

Problemi pratici e soluzioni giurisprudenziali

Sulla base dell’analisi letterale compiuta sulle norme del Codice, si ritiene

opportuno soffermare l’attenzione su alcuni casi pratici aventi ad oggetto

l’interpretazione degli artt. 121 e ss. c.p.a.

In primo luogo, i Giudici nazionale ed europeo si sono interrogati circa il

rapporto tra gli artt. 121 e 122 e sulla discrezionalità del Giudice di dichiarare

l’inefficacia del contratto.

In particolare, a fronte dell’annullamento degli atti di una procedura

negoziata avviata senza previa pubblicazione del bando, il Giudice di primo

grado111, circa la domanda tesa ad ottenere l’inefficacia del contratto, rileva

che, nonostante l’Amministrazione avesse agito in linea con quanto stabilito

dal quinto comma dell’art. 121 c.p.a. in quanto aveva pubblicato nella

Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea un avviso volontario per la

trasparenza preventiva ai sensi dell’articolo 79-bis del decreto legislativo 12

aprile 2006, n. 163, non significasse che lo stesso contratto non potesse essere

dichiarato inefficace ai sensi dell’art. 122 c.p.a., secondo cui “fuori dei casi

indicati dall’articolo 121, comma 1, e dall’articolo 123, comma 3, il giudice che annulla

l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la

decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità

per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di

esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio

dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare

sia stata proposta”; in questo senso, il Giudice amministrativo trae, dalla

formulazione letterale delle due norme in esame, un alto grado di

111 Cfr. TAR Lazio, n. 4997 del 1.06.2012.

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discrezionalità, anche relativo alla dichiarazione di inefficacia del contratto,

pur essendo sussistenti le condizioni di pubblicità di cui all’art. 121, co. 1, lett.

b112.

112 Di seguito, la motivazione della sentenza: “Circa la domanda tesa ad ottenere l’inefficacia della

convezione quadro stipulata in data 31.12.2011, il Collegio rileva che, ai sensi dell’art. 121 c.p.a. (Inefficacia del

contratto nei casi di gravi violazioni): - il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara l’inefficacia del

contratto nei seguenti casi: … b) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura negoziata senza bando

o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione della pubblicità del

bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale

della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163

(comma 1); - tuttavia, la inefficacia del contratto prevista dal comma 1, lettera b) , non trova applicazione

quando la stazione appaltante: … b) abbia pubblicato, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e

per quelli sotto soglia, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della

Repubblica italiana un avviso volontario per la trasparenza preventiva ai sensi dell’articolo 79-bis del decreto

legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in cui manifesta l’intenzione di concludere il contratto (comma 5). Nel caso di

specie, l’Amministrazione ha agito in linea con quanto stabilito dal quinto comma dell’art. 121 c.p.a. in quanto

ha pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea un avviso volontario per la trasparenza preventiva ai

sensi dell’articolo 79-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, con il quale ha manifestato l’intenzione di

concludere il contratto (cfr. l’avviso in data 15.12.2011. doc. 8 Telecom Italia S.p.A.). Riguardo a tale

adempimento la parte ricorrente ha rilevato che l’avviso volontario per la trasparenza preventiva è stato inviato

il 15.12.2011 senza indicare l’operatore economico aggiudicatario in quanto l’affidamento è stato disposto

successivamente (23.12.2011) violando, in tal modo, l’art. 79-bis d.lgs. n. 163/2006 il quale stabilisce che

l'avviso volontario per la trasparenza preventiva contiene, tra l’altro, la denominazione ed il recapito

dell'operatore economico a favore del quale è avvenuta l'aggiudicazione definitiva. A parere del Collegio, nel caso

di specie la ratio sottesa all’espletamento dell’adempimento previsto dalla legge è stata rispettata perché l’avviso

volontario reca l’indicazione del fornitore (Telecom Italia SpA) individuato dall’Amministrazione (cfr. pag. 2 del

doc. 8 di Telecom Italia SpA), anche se al momento della spedizione dell’avviso (15.12.2011) non si era ancora

perfezionato l’affidamento (intervenuto il 23.12.2011). L’avviso, infatti, ha lo scopo di informare dell’intenzione

di affidare l’appalto ad un determinato operatore economico e, quindi, precede e non segue l’aggiudicazione

(rectius, l’affidamento), come emerge anche dall’art. 64 Dir. 2009/81CE. Tuttavia, il fatto che la convenzione

quadro datata 31.12.2011 non ‘debba’ essere dichiarata inefficace ex art. 121 c.p.a. non significa che lo stesso non

‘possa’ essere dichiarato tale ai sensi dell’art. 122 c.p.a. il quale stabilisce che al di “fuori dei casi indicati

dall’articolo 121, comma 1, e dall’articolo 123, comma 3, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva

stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli

interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi

riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il

vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata

proposta.”. Nel caso di specie, il Collegio ritiene di dover dichiarare inefficace la convenzione quadro del

31.12.2011 tenendo conto, in particolare: - dell’interesse della Società ricorrente a partecipare ad una selezione

tesa all’affidamento dei servizi oggetto della procedura contestata e dell’interesse dell’Amministrazione ad

individuare il miglior contraente possibile al quale affidare tali servizi; - dell’effettiva possibilità per il ricorrente

di conseguire l’affidamento dei servizi in questione qualora venga individuato all’esito della selezione da

espletare in esecuzione della presente decisione; - del fatto che i vizi della procedura negoziata annullata

comportano l’obbligo di espletare una selezione finalizzata all’individuazione del fornitore in favore del quale

l’Amministrazione dovrà affidare i servizi sopra descritti. Per quanto concerne la decorrenza dell’inefficacia della

convenzione quadro settennale datata 31.12.2011, il Collegio – tenendo conto dei tempi e dei profili tecnici

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Diversamente, il Giudice europeo, pronunciandosi sullo stesso caso, opta

per una soluzione del tutto diversa; secondo la Corte di Giustizia, infatti, “il

legislatore dell’Unione si propone di conciliare i diversi interessi in gioco, ossia quelli

dell’impresa lesa, cui preme riservarsi la possibilità di avviare un procedimento sommario

precontrattuale e l’annullamento del contratto illegittimamente concluso, con quelli

dell’amministrazione aggiudicatrice e dell’impresa selezionata, i quali implicano di evitare

l’incertezza giuridica che potrebbe derivare dalla privazione di effetti del contratto”.

Alla stregua di tale motivazione, tale Giudice afferma che la normativa

europea deve essere interpretata nel senso che, “qualora un appalto pubblico sia

aggiudicato senza previa pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea quando ciò non era consentito a norma della direttiva 2004/18/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle

procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, tale

disposizione esclude che il corrispondente contratto sia dichiarato privo di effetti laddove

ricorrano le condizioni che essa stessa pone, circostanza che spetta al giudice del rinvio

verificare”.

Un secondo caso di particolare interesse per analizzare i rapporti tra

aggiudicazione definitiva e stipulazione del contratto è quello portato

all’attenzione del Tar Lazio, nella pronuncia n. 12400 del 2015, nella quale si

esaminano gli strumenti giuridici a disposizione della parte che intenda

stipulare il contratto, a fronte dell’inerzia della Stazione appaltante.

Come precisato dal Giudice amministrativo, infatti, “lo iato temporale

intercorrente tra l’aggiudicazione definitiva, momento conclusivo, come detto, della

necessari per espletare una procedura selettiva nel caso di specie e di tutte le esigenze dell’Amministrazione

sopra evidenziate, con particolare riferimento alla necessità di non interrompere i delicati servizi oggetto di

affidamento e di prevedere tempi adeguati per garantire una eventuale migrazione degli stessi ad altro fornitore –

ritiene di dover dichiarare inefficace la citata convenzione quadro alla data del 31 dicembre 2013”.

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procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, e la stipulazione del contratto,

momento iniziale del rapporto negoziale tra la stazione appaltante ed il contraente

scelto, è stato tradizionalmente considerato una “zona grigia” in cui le posizioni

giuridiche soggettive assumono una natura al limite tra l’interesse legittimo ed il

diritto soggettivo”; si deve pertanto individuare quale possa essere la natura

della posizione giuridica fatta valere dall’operatore economico che intenda

stipulare il contratto e porre rimedio al silenzio dell’amministrazione.

Al riguardo, il Tar Lazio afferma che “Una volta esclusa dall’art. 11, comma

7, del codice dei contratti pubblici l’idoneità dell’atto di aggiudicazione ad instaurare

una relazione negoziale tra stazione appaltante e privato aggiudicatario, la quale sorge

solo per effetto della stipulazione, l’aggiudicazione ha esclusivamente natura di

provvedimento amministrativo ampliativo della sfera soggettiva del destinatario che,

per effetto della stessa, così come diviene titolare di un interesse legittimo oppositivo

alla sua conservazione, diviene al contempo titolare di un interesse legittimo

pretensivo alla stipulazione del contratto, sicché nessuna posizione di diritto

soggettivo a detta stipula può essere riconosciuta all’impresa aggiudicataria. (…) In

conclusione, le controversie concernenti la legittimità di atti o comportamenti afferenti

a procedure di evidenza pubblica assunti non solo prima dell’aggiudicazione, ma anche

nel successivo spazio temporale compreso tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto

rientrano nella giurisdizione amministrativa perché attengono all’esercizio di potestà

amministrativa sottoposto a norme di carattere pubblicistico, a fronte del quale la

posizione giuridica dell’interessato ha consistenza di interesse legittimo e non di

diritto soggettivo in quanto la stazione appaltante, sia pure intervenuta

l’aggiudicazione, conserva sempre il potere di non procedere alla stipulazione del

contratto in ragione di valide e motivate ragioni di interesse pubblico”.

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Alla stregua di tali riflessioni, lo strumento esperibile dall’impresa

aggiudicataria a fronte dell’inerzia serbata dalla Stazione appaltante è l’azione

avverso il silenzio, di cui agli artt. 31 e 117, c.p.a.

Altro dubbio interpretativo sollevato dal Giudice amministrativo è quello

relativo alla vera natura dell’inefficacia del contratto stabilita dagli artt. 121 e

ss. c.p.a., a fronte dell’annullamento dell’aggiudicazione e i rapporti tra

annullamento giudiziale e annullamento in autotutela della stessa.

Con una suggestiva e innovativa pronuncia, il Tar Piemonte afferma che

“la novella del 2010, in linea di continuità con i principi desumibili dall’ordinamento

giuridico precedente, sottende la nullità quale patologia che colpisce il contratto

stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata. Il punto di innovazione sta nel

trattamento giuridico sostanziale che il legislatore ha inteso riservare a tale nullità,

evidentemente sulla constatazione che privare il contratto degli effetti ex tunc sempre

ed in ogni situazione può rilevarsi inopportuno: da qui la necessità, prima di tutto, di

non annettere conseguenze automatiche all’annullamento della aggiudicazione; poi di

accettare la possibilità di recuperare, in tutto o in parte, il contratto nullo; quindi di

affidare la decisione relativa alla sorte del contratto ad un terzo imparziale, e cioè il

giudice al quale è stato sollecitato il controllo sugli atti della gara. In questa

prospettiva l’eventuale decisione del giudice di mantenere fermi gli effetti del

contratto, per un tempo o per tutta la durata inizialmente prevista, diventa il mezzo

mediante il quale si attua una operazione di “salvataggio” del contratto nullo,

“salvataggio” che prima della entrata in vigore della novella giammai avrebbe potuto

aver luogo”.

La soluzione prospettata dal Giudice amministrativo comporta

conseguenze di non poco rilievo nel sistema codici stico delineato dagli artt.

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121 e ss. c.p.a.; in primo luogo, la sostanzial nullità del contratto può essere

rilevata anche in un giudizio autonomo, successivo all’annullamento

dell’aggiudicazione e, in secondo luogo, ai fini degli effetti sul contratto

dell’annullamento dell’aggiudicazione non muta a seconda che si tratti di

annullamento giudiziale o in autotutela.

Tuttavia, tale ultima affermazione non sembra compatibile con il regime

giuridico proprio dell’annullamento d’ufficio, in cui, al contrario

dell’annullamento giudiziale, l’Amministrazione compie una valutazione

comparativa degli opposti interessi che non può non rilevare ai fini della

dichiarazione di inefficacia – rectius nullità – del contratto medio tempore

stipulato.

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CAPITOLO III

IL RUOLO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO SULLE SORTI DEL CONTRATTO

PUBBLICO, ALLA LUCE DELL’ORDINAMENTO INTERNO ED EUROPEO

SOMMARIO: 1. Il ruolo del Giudice amministrativo sulle sorti del contratto

pubblico, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione. Un’ipotesi di

giurisdizione “innominata” di merito; 2. Segue. Un’ipotesi “speciale” di giurisdizione

esclusiva; 3. Il ruolo del Giudice amministrativo nell’ambito dei contratti pubblici,

alla luce delle indicazioni provenienti dall’ordinamento europeo. La direttiva n.

2007/66/CE; 3.1 Segue. Le indicazioni provenienti dalle nuove direttive europee del

2014; 4. Prime riflessioni sul Nuovo Codice dei Contratti Pubblici; 5. Conclusioni

1. Il ruolo del Giudice amministrativo sulle sorti del contratto pubblico,

a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione. Un’ipotesi di giurisdizione

“innominata” di merito

Nei capitoli che precedono, si è descritta la rilevanza che ha assunto negli

studi sul diritto amministrativo dell’attività contrattuale della Pubblica

amministrazione, come ambito, per certi versi, a cavallo tra una disciplina

puramente civilistica e una disciplina di carattere pubblicistico.

Tale difficile inquadramento dell’ambito oggetto di esame si riflette anche

sulle norme processuali che regolano la giurisdizione del Giudice

amministrativo sulle controversie attinenti ai contratti pubblici e, soprattutto,

sui poteri da esso esercitabili sul negozio a fronte dell’annullamento del

provvedimento di aggiudicazione.

Alla luce della disciplina codicistica in tema di poteri del G.A. sul

contratto, contenuta negli artt. 121-124, c.p.a., si è sollevato un interessante

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dibattito volto a precisare che natura abbia la giurisdizione esercitata

dall’organo giurisdizionale amministrativo.

Tale dibattito, peraltro, risente anche degli orientamenti normativi

provenienti dall’ordinamento europeo, dapprima con la Direttiva Ricorsi e poi

con le nuove direttive del 2014 che, pur non fornendo indicazioni puntuali in

termini di giurisdizione e disciplina processuale, possono comunque dettare

delle linee di indirizzo per l’interpretazione della normativa interna. Tale

punto sarà oggetto di specifica trattazione nei successivi paragrafi.

Tornando alla rappresentazione delle varie tesi che si sono succedute nel

tempo circa la vera natura della giurisdizione esercitata dal G.A. in tema di

contratti pubblici ed anche a fronte del chiaro disposto dell’art. 133, c.p.a., c’è

chi ha sostenuto si tratti di un’ipotesi speciale e innominata di giurisdizione di

merito.

Tale assunto si fonda sulla circostanza che “gli apprezzamenti che il giudice

è chiamato a compiere implicano valutazioni sostitutive dell’attività amministrativa”,

non soltanto alla luce di quanto contenuto nella legge delega (art. 44, lett. h) n.

88/2009113, ma anche dopo che nel Codice del processo amministrativo le

controversie in tema di contratti pubblici sono state ricomprese nelle ipotesi di

giurisdizione esclusiva.

A sostegno di tale interpretazione, si afferma che al giudice

amministrativo è attribuito, soprattutto con riguardo al potere discrezionale di

bilanciare le esigenze private con quelle connesse ad un interesse generale,

“anche il potere-dovere di esercitare un’attività di valutazione dell’interesse pubblico

sostitutiva di quella che potrebbe essere svolta dall’amministrazione”, e cioè “proprio

113 Così R. CAPONIGRO, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti sul contratto, in Foro amm. – CdS,

2009, 2450.

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quella scelta discrezionale attinente ai profili di opportunità e convenienza dell’agire

amministrativo che costituisce il ‘cuore’ del merito amministrativo”.

Anche in virtù delle consiredazioni appena esposte, la soluzione

positivizzata dal Codice del processo amministrativo è stata fortemente

criticata114 poiché sostanzialmente in contrasto con quanto già ndicato

dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella pronuncia del 2008 già

analizzata, oltre che da quanto prescritto nella legge delega di introduzione

del Codice, per poi trovare conferma nei contenuti invasivi del potere

attribuito al giudice dagli artt. 121 e ss., c.p.a.

A tal riguardo, autorevole indirizzo dottrinale115, ha giustificato

l’esclusione di questo contenzioso dall’ambito della giurisdizione di merito in

virtù della restrizione dell’area di giurisdizione di merito configurata dal

c.p.a., riflesso del consistente aumento di poteri cognitori e di giudizio

nell’ambito delle ulteriori forme di giurisdizione attribuita al G.A.

In questo senso, si è detto che non rileva tanto che i poteri che esercita il

G.A. nella materia dei contratti pubblici non siano equivalenti a quelli

esercitati negli ambiti devoluti allo stesso dalla giurisdizione di merito, ma

che, più radicalmente, si andrebbe ridimensionando la nozione stessa della

giurisdizione di merito, e, di conseguenza, il suo ambito di estensione, definito

dagli artt. 7, comma 6, e 34, comma 1, lett. d), c.p.a.

114 Cfr. R. POLITI, Il contenzioso in materia di appalti: dal recepimento della Direttiva ricorsi al Codice del

processo amministrativo, al sito www.giustizia-amministrativa.it; oltre a R. CAPONIGRO, opp. citt. alle

precedenti note 23 e 24; ed a M. SANINO, Aggiudicazione illegittima e inefficacia del contratto, cit., 1580,

secondo il quale la penetrante valutazione compiuta dal giudice amministrativo sulle vicende

contrattuali, ovvero l’apprezzamento della congruità di una sanzione pecuniaria in alternativa ad una

pronuncia di inefficacia del contratto, inducono a pensare che, nei casi in parola, “la consistenza della

giurisdizione sia davvero estesa al merito dell’assetto degli interessi tra le parti contendenti”. 115 Cfr. E. FOLLIERI, op. cit., 1075 e; in senso conforme G. TROPEA, op. cit., 1032-1033.

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Un altro orientamento, inoltre, ha precisato che la giurisdizione di merito

risulta “difficilmente compatibile con la cognizione di diritti soggettivi”116 e che nella

fattispecie essa non ricorre in quanto ha ad oggetto non già un atto

amministrativo, ma un contratto117.

Ciò non toglie che lo stesso orientamento ha poi confermato che il

complesso e composito sindacato esercitato dal G.A. abbia comunque ad

oggetto “valutazioni di opportunità e convenienza che sono il tratto tipico del merito

amministrativo, normalmente non sindacabile nella sede della legittimità”118.

Si rileva, inoltre, che questa tesi è stata, poi, confermata sia da parte della

giurisprudenza119 sia, successivamente, dalla dottrina120.

116 Cfr. M. LIPARI, Il recepimento della direttiva ricorsi, il nuovo processo super accelerato in materia di appalti

e l’inefficacia “flessibile” del contratto nel d.lg. n. 53 del 2010, in Foro amm.-TAR, Osservatorio n. 1/2010,

LXXXII- LXXXIII, che comunque evidenzia l’assegnazione al giudice amministrativo di forti poteri di

ufficio comprendenti una valutazione di “vera e propria opportunità sulla conservazione del

contratto”. Contra, invece, F. SAITTA, La dichiarazione di inefficacia del contratto, cit., § 4, 4, il quale

obietta che, viceversa, la recente scelta del legislatore di devolvere alla giurisdizione, al contempo

esclusiva (per espressa previsione dell’art. 21-septies, comma 2, della legge n. 241 del 1990) e di merito

(in quanto la sede in cui si affrontano simili questioni è il giudizio di ottemperanza), l’azione di nullità

per violazione e/o elusione del giudicato dimostra la piena compatibilità tra sindacato esteso al merito

e diritti soggettivi. 117 Cfr. G. GRECO, Illegittimo affidamento dell’appalto, cit., 738. 118 Così P. CARPENTIERI, op. cit., 23-24, e nota 61, ove l’A. – dopo essersi rifatto a G. CORAGGIO,

voce Merito amministrativo, in Enc. dir., vol. XXVI, Milano, 1976, 130 ss., ed a A. ROMANO TASSONE,

Sulle vicende del concetto di “merito”, in Dir. amm., 2008, 539 ss. – asserisce, conclusivamente, che se è

vero che è precluso al giudice di legittimità di effettuare “una comparazione tra il grado di

ragionevolezza di due scelte alternative, che rientra nel merito, riservato all’autorità amministrativa”,

come rilevato anche da Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 1999, n. 53 (in Foro amm., 1999, 63), allora

dovrebbe ritenersi che nel caso dei poteri del giudice sulla sorte del contratto, si abbia a che fare

proprio con un caso del genere, di “valutazione comparativa di alternative lecite in base a criteri di

convenienza e opportunità”, anche rispetto all’interesse pubblico della stessa stazione committente,

“ciò che sembrerebbe essere, per l’appunto, merito”. Di recente, in termini, circa la tradizionale

distinzione fra la categoria della legittimità e quella del merito, al fine anche di comprendere quanto di

ciò che viene attualmente considerato come merito coincida veramente con i margini che la legge

‘riserva’ all’amministrazione, cfr. A. TRAVI, Presentazione di E. GARCIA DE ENTERRIA, Le

trasformazioni della giustizia amministrativa (Madrid, 2007), traduzione italiana, Milano, 2010, XV-XVI. 119 Cfr. T.a.r. Lazio-Roma, sez. III bis, 16 giugno 2010, n. 18131, in www.giustamm.it, n. 6/2010, che

sottolinea gli incisivi poteri attribuiti al giudice “in ordine alla valutazione, all’opportunità ed alla

convenienza di mantenere l’efficacia del contratto stipulato ovvero di porla nel nulla eventualmente

con effetto retroattivo”; nonché Cons. St., sez. III, 19 dicembre 2011, n. 6638, in www.giustizia-

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Infine, si intende soffermare l’attenzione su un ulteriore indirizzo che,

suggerendo una ricostruzione più attuale ed aggiornata della giurisdizione di

merito, afferma come tale tipo di giurisdizione si caratterizzerebbe “non più

per la circostanza che il giudice amministrativo compirebbe in essa valutazioni di

opportunità, o conoscerebbe pienamente e direttamente del fatto (il che avverrebbe,

ormai, anche nella giurisdizione generale di legittimità), ma per la circostanza che essa

ricorrerebbe essenzialmente in quei casi in cui eccezionalmente si rende necessaria una

contestualità tra la tutela delle situazioni di interesse legittimo dei privati e la tutela

delle ragioni dell’interesse pubblico”; esattamente come avviene nelle ipotesi di

cui agli artt. 121 ss. c.p.a., in materia di stipulazione di contratti di appalto

pubblico, in cui si tende a “conformare alla misura di tutela delle ragioni del privato

le ragioni dell’interesse pubblico obiettivo“121.

amministrativa.it, secondo la quale – dal momento che è attribuito al giudice dell’ottemperanza anche

la cognizione della pretesa a conseguire l’aggiudicazione dell’appalto in termini di risarcimento in

forma specifica, non può dubitarsi che la cognizione dello stesso si estenda in tal caso anche

all’accertamento costitutivo della relativa condizione, data dall’inefficacia del contratto a séguito

dell’annullamento dell’aggiudicazione, disposto nella precedente fase di cognizione; tanto perché la

richiesta di tutela risarcitoria in forma specifica si esplica e realizza appunto con la domanda di

caducazione del contratto d’appalto concluso in attuazione della gara svoltasi con procedura

illegittima - sono da ricondurre alla giurisdizione di merito (di cui all’art. 134, comma 1, lett. a, c.p.a.)

“gli incisivi poteri attribuiti al Giudice dall’art. 122 c.p.a. in ordine alla valutazione, all’opportunità ed

alla convenienza di mantenere l’efficacia del contratto ovvero di porla nel nulla, eventualmente anche

con effetto retroattivo”. 120 Cfr. E. STICCHI DAMIANI, Annullamento dell’aggiudicazione, cit., 263-264, secondo il quale a questo

punto potrebbe aprirsi un ampio di battito circa la “possibile amministrativizzazione del giudice”,

che, nella concreta ponderazione degli interessi antagonisti, sembra potersi avvalere di “una

discrezionalità più propriamente pertinente all’esercizio del potere amministrativo”. Ed in proposito

conclude: “che si tratti di un potere sostanzialmente di merito limitato dal solo parametro della

ragionevolezza non sembra possibile dubitare; e però non sembra trattarsi di un potere ‘nuovo’

essendovi vari esempi di attribuzione al giudice di valutazione discrezionale di carattere concreto e

specifico”. E sarebbe ipotizzabile, forse, anche un parallelo con la volontaria giurisdizione, che è un

caso “classico” di amministrazione affidata ad organi giudiziari. 121 Così A. POLICE, Attualità e prospettive della giurisdizione di merito del giudice amministrativo, in Studi

in onore di Alberto Romano, Napoli, 2011, vol. II, 1437 ss., spec. 1450-1452; ID., Le forme della giurisdizione,

in F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, IV ed., Torino, 2011, 105. Da ultimo, si tenga

presente il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato 25 gennaio 2010, cit., 66, ove si

legge – come visto - che le controversie in questione hanno ad oggetto “aspetti di natura civilistica”

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Ovviamente, gli indirizzi in commento, relativi alla sussistenza di una

giurisdizione ‘innominata’ di merito non è esente da critiche. Innanzitutto, tale

indirizzo si pone in contrasto con il criterio interpretativo letterale di cui

all’art. 133, comma 1, lett. e.1), c.p.a. che parla di giurisdizione esclusiva e non

di merito.

Inoltre, tale tesi non tiene conto del principio della tassatività dei casi di

giurisdizione estesa al merito122, così come prescritto dall’art. 7, comma 6,

c.p.a.: tra le materie devolute a tale giurisdizione (elencate nell’art. 134 dello

stesso codice), infatti, non è in alcun modo contemplato il caso qui in esame123.

In definitiva, risulta difficile sostenere che nella recente disciplina

processuale in tema di contratti pubblici, si sia in presenza di una

giurisdizione di merito “innominata”124.

inerenti l’effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto che mal si conciliano con

l’esercizio dei poteri della giurisdizione di merito 122 Cfr., per tutte, al riguardo Cons. St., sez. IV, 10 ottobre 2007, n. 5310, in www.giustizia-

amministrativa.it. 123 Osservazione, quest’ultima, condivisa da M. LIPARI, L’annullamento dell’aggiudicazione, cit., § 7,

secondo cui nel codice “l’elenco delle tassative ipotesi di giurisdizione di merito non fa alcun cenno

alle controversie in materia di inefficacia del contratto”. 124 Cfr. M. LIPARI, ibidem. Infine, contro la ricostruzione della giurisdizione in questione in termini di

giurisdizione di merito, in cui il giudice amministrativo, sostituendosi all’amministrazione, potrebbe,

in via del tutto eccezionale, valutare discrezionalmente “circa l’opportunità di tenere in vita un certo

contratto”, si è espresso F. CINTIOLI, Le innovazioni del processo amministrativo sui contratti pubblici, cit.,

22-23, il quale tuttavia obietta, in maniera che non appare in verità del tutto pertinente, che “la p.a.

non ha il potere di decidere sulle sorti dei negozi giuridici privati

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2. Segue. Un’ipotesi “speciale” di giurisdizione esclusiva

Una volta descritte le insormontabili censure alla tesi che configura la

giurisdizione del Giudice amministrativo in tema di contratti pubblici quale

giurisdizione innominata di merito, si intende soffermare l’attenzione su

un’interpretazione più approfondita del dato legislativo, caratterizzato

dall’art. 133, c.p.a., il quale riconduce alle materie di giurisdizione esclusiva

anche le controversie oggetto di analisi; in questo senso, è stato affermato che

l’attribuzione al giudice amministrativo della sola giurisdizione esclusiva di

legittimità comporta una rilevante complessità del sindacato di tale organo

giurisdizionale, anche sul contratto, valutando una importante serie di

elementi125.

Si tratta, infatti, di un sindacato particolarmente incisivo su tutti gli

aspetti della controversia, di fatto, tecnici e di opportunità, nonché sulle

conseguenti misure da adottare, potendo addirittura far subentrare un altro

contraente privato a quello originariaente individuato a valle della selezione

pubblica.

In questo senso, alcuni autori hanno parlato di una giurisdizione di

legittimità, ma “piena”, sia con riferimento al potere di accertamento completo

125 Tra i quali – come ben sintetizzato da E. FOLLIERI, op. cit., 1075 ss. - sono da annoverare, tra gli

altri: la gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto (art. 245-bis d.lgs. n.

163/2006, introdotto dall’art. 9 d.lgs. n. 53/2010, e art. 121 c.p.a.); il mantenimento degli effetti del

contratto qualora lo richiedano “esigenze imperative connesse ad un interesse generale” (art. 245-bis,

secondo comma, d.lgs. n. 163/2006, cit., e art. 121 c.p.a.); fuori dei casi di dichiarazione necessaria di

inefficacia del contratto (o di applicazione delle sanzioni alternative qualora si ritenga, in via

eccezionale, di non dichiarare la inefficacia necessaria), gli interessi delle parti, l’effettiva possibilità

per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, lo stato di esecuzione del

contratto e la possibilità di subentrare nel contratto, ai fini della dichiarazione (eventuale) di inefficacia del

contratto.

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esercitato dal giudice, sia con riguardo all’indagine volta ad assicurare al

ricorrente l’utilità cui aspira con l’introduzione del giudizio innanzi al G.A.126.

Come osservato da un attento studioso, “la particolare materia oggetto di

questa giurisdizione esclusiva pone, insomma, i poteri cognitori del giudice su un

piano di specialità e di diversità rispetto alle altre materie, pure rientranti nella

giurisdizione esclusiva”127.

In questi termini, si è specificato che il giudice amministrativo è chiamato

a riempire di contenuti quei “concetti giuridici indeterminati” enunciati dalle

126 In argomento cfr. A. POLICE, Le forme della giurisdizione, cit., 121 ss. e, amplius, dello stesso A., Il

ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, I, Padova, 2000 e II, Padova, 2001, il quale

prospetta una visione unificante delle giurisdizioni amministrative, che mirano ad assicurare una

tutela piena della situazione giuridica soggettiva fatta valere dal ricorrente, mentre il tipo di

giurisdizione tende a divenire irrilevante. Cfr. altresì A. FABRI, Giurisdizione esclusiva: i modelli

processuali, Torino, 2002, secondo il quale – dopo un’attenta verifica - nelle varie materie di

giurisdizione esclusiva i poteri del giudice amministrativo sono disciplinati diversamente e non è

possibile fare riferimento ad un quadro di poteri giudiziali esattamente definito in via generale. 127 Cfr. ancora E. FOLLIERI, op. cit., 1076, 1091, ad avviso del quale nella materia di cui ci stiamo

occupando “si realizza quella conoscenza del rapporto di cui si discute da tempo”. Sotto altro profilo,

nel senso che le potenzialità di tutela conseguibili nella giurisdizione di merito sono ormai

sostanzialmente raggiungibili nella giurisdizione di legittimità, in virtù di un penetrante sindacato

sull’eccesso di potere, cfr. M. MAZZAMUTO, Art. 134, in A. QUARANTA – V. LOPILATO (a cura di),

op. cit., 1094-1095. Secondo P. CARPENTIERI, op. cit., 28, 36, ancorché la conclusione sul punto in

questione resti, allo stato, ancora perplessa (abbisognando di più significativi test giurisprudenziali,

non ancora disponibili), sembra trattarsi di giurisdizione esclusiva speciale “potenziata” e “rafforzata”

da attribuzioni di equità giudiziale correttiva e integrativa, con i tratti propri di un judicium bonae fidei,

di romanistica reminescenza, e con una pronuncia dispositiva o determinativa del diritto del caso

singolo, ciò che tipico del giudizi di equità. In termini assai vicini all’opinione, sopra riferita, di E.

Follieri, si esprime F. SAITTA, La dichiarazione di inefficacia del contratto, cit., § 4, 5, secondo cui il fatto

che si sia in presenza di un’ipotesi di giurisdizione (soltanto) esclusiva non impedisce l’esistenza, nella

specie di “profili di specialità”, ben potendosi configurare una giurisdizione differente, sotto certi

aspetti, da quella, pure esclusiva, esercitata in altre materie. La giurisdizione sul la sorte del contratto

è, infatti, connotata dalla “pienezza dei poteri cognitori”, indispensabile per l’adeguata considerazione

di tutti gli interessi in contesa al fine di pervenire alla decisione sull’efficacia del contratto.

Quest’ultimo A., op. ult. cit., con riferimento all’istituto della reintegrazione in forma specifica nella

fattispecie de qua - di cui all’art. 124 c.p.a. rubricato “Tutela in forma specifica e per equivalente” che

disciplina la “domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto” da parte dell’aggiudicatario

escluso e vittorioso in giudizio - osserva ancora che anche la reintegrazione in forma specifica può ben

essere disposta dal giudice amministrativo anche nell’ambito della giurisdizione generale di

legittimità, operando anche in quella sede le valutazioni in ordine all’eccessiva onerosità per il

pubblico interesse e per la collettività che, ex art. 2058 c.c., ostano, ad esempio, al subentro del

concorrente pregiudicato dall’illegittima aggiudicazione nel rapporto contrattuale in corso.

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nuove disposizioni, mediante approfondite valutazioni di carattere

discrezionale128.

In questo senso, allora e contrariamente a quanto sostenuto nella tesi

precedentemente esposta, non è ipotizzabile una sostituzione del potere

giurisdizionale dell’amministrazione nella cura dell’interesse pubblico, poiché

le valutazioni sull’interesse generale sono state riservate dal legislatore

direttamente al giudice129.

In altri termini, i penetranti poteri concessi al Giudice amministrativo non

si spiegano in virtù di una pretesa di sostituzione all’amministrazione

nell’individuazione della decisione amministrativa, ma per scegliere le

modalità di tutela processuale migliori per soddisfare il bene della vita a cui il

ricorrente aspira, in un’ottica costituzionalmente orientata di garanzia del

principio di effettività della tutela giurisdizionale130.

In definitiva, con l’attribuzione al giudice amministrativo del potere di

dichiarare l’inefficacia del contratto, a seguito dell’annullamento

dell’aggiudicazione definitiva, è stato affidato a tale “il compito di valutare se ed

entro quali limiti il prioritario interesse al ripristino di una situazione di concorrenza

128 Così F. LIGUORI, Appunti sulla tutela processuale e sui poteri del giudice, cit., secondo cui “occorre

considerare come non sia affatto detto che una valutazione comparativa degli interessi debba

necessariamente implicare una valutazione riconducibile al merito”, poiché “anche il codice civile

(artt. 2058, 2933) detta disposizioni che subordinano la pronuncia del giudice a presupposti quali la

possibilità, l’eccessiva onerosità, il non contrasto con l’interesse nazionale”. In senso conforme A.

CARULLO, op. cit., 1016-1017, e F. SAITTA, La dichiarazione di inefficacia del contratto, cit.. 129 Cfr. F.G. SCOCA, Considerazioni sul nuovo processo amministrativo, in www.giustamm.it, n. 2/2011, §

2.3; G. Greco, Illegittimo affidamento dell’appalto, cit., 738. In giurisprudenza cfr. C.G.A. Sicilia, sez. giur.,

26 luglio 2006, n. 440, in Giust civ., 2006, 2671, secondo cui “l’attribuzione al giudice amministrativo di

una giurisdizione che si estenda al merito del provvedimento emanando (dallo stesso giudice) – al di

fuori della peculiare ipotesi del giudizio di ottemperanza e, in questo caso, persino senza un’espressa

attribuzione di legge – sembra violare, insieme ai principi costituzionali di divisione dei poteri e di

buona amministrazione, anche il principio della terzietà del giudice”. 130 Così L. LAMBERTI, op. cit.,, e 386, la quale pure conviene che non appare condivisibile qualificare la

giurisdizione in parola come giurisdizione di merito, trattandosi invece di una giurisdizione esclusiva

di (sola) legittimità ma “differente da quella pure esclusiva esercitata in altre materie”.

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effettiva” attraverso la misura specifica – coincidente con l’interesse all’attuazione

della pretesa – debba cedere il passo all’“interesse – del pari di rilevanza comunitaria –

alla stabilità dei rapporti contrattuali”, ossia “si tratta di graduare la condanna

dell’amministrazione, senza compiere alcuna valutazione di opportunità”131.

I principi che devono guidare il giudice amministrativo nell’analisi del

caso concreto sottoposto alla sua attenzione, dunque, non possono che essere

quelli costituzionalmente previsti anche dall’art. 111 Cost, relativamente all’

imparzialità, ragionevolezza e proporzionalità132.

L’elemento essenziale, allora, è come il giudice amministrativo si ponga a

fronte delle cd. “clausole generali” o “concetti giuridici indeterminati”133, ad

esempio, relativamente al se un annullamento d’ufficio sia stato disposto

“entro un termine ragionevole” (art. 21- nonies della stessa legge); o quando deve

decidere un’istanza cautelare (art. 55 c.p.a.), effettuando una comparazione di

interessi, con riguardo anche all’interesse generale.

131 Cfr. A. ANGIULI, op. cit., 900-901, la quale rileva, altresì, che l’attribuzione di giurisdizione

esclusiva al giudice amministrativo in ordine alla “privazione degli effetti” del contratto, sta ad

indicare che “la pretesa sostanziale dell’operatore economico in materia va fatta valere

immediatamente; che la relativa controversia deve esser definita con altrettanta celerità; che le regole

processuali devono essere strutturate in modo da evitare la progressione del procedimento con la

stipula del contratto in un ambito di sospetta illegittimità”. L’A. osserva inoltre (op. cit., 910) che la

figura contrattuale risultante da una disciplina così tipicamente caratterizzata – qual’è quella che

scaturisce dagli artt. 121 ss. c.p.a. – presenta molteplici analogie con il “contrat administratif”

dell’ordinamento francese (e ivi dottrina francese citata al riguardo). 132 Cfr. G. GRECO, Illegittimo affidamento dell’appalto, cit., § 5, il quale ammette quindi, da un lato, la

sostenibilità di un’interpretazione delle disposizioni in parola compatibile con il giudizio di

legittimità, e, dall’altro, la sussistenza di vari profili di assimilazione tra il caso de quo e l’art. 2058,

comma 2, c.c. Nello stesso scritto, § 4, nota 28, l’A. sostiene pure – ma la tesi non è condivisa da F.

SAITTA, La dichiarazione di inefficacia del contratto, cit., § 4, 5 – che, a differenza delle ipotesi di cui

all’art. 2058, comma 2, (Risarcimento in forma specifica), ed all’art. 2933, comma 2, c.c. (Esecuzione forzata

degli obblighi di non fare), ecc., nel caso che ci occupa non v’è neppure la regola cui il giudice deve

attenersi allorché i parametri normativi siano in tutto o in parte sussistenti. Sul principio di

proporzionalità è d’obbligo il richiamo a F. MERUSI, Sull’equità della pubblica amministrazione e del

giudice amministrativo, in Riv. trim. dir. pubbl., 1974, 359 ss. 133 Cfr. A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, cit., 354-355

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Tale orientamento, pertanto, sostiene che si tratti, in sostanza, di

effettuare valutazioni discrezionali attribuite al giudice in luogo

dell’amministrazione committente, ma che “non fuoriescono dall’ambito della

giurisdizione esclusiva di sola legittimità e che comportano un sindacato giudiziale

diretto sul contratto stipulato e l’esercizio del potere di pronunciare una sentenza

dichiarativa della sua inefficacia”134.

134 Cfr. R. DE NICTOLIS, Il recepimento della direttiva, cit., osserva che la declaratoria di inefficacia del

contratto presenta “connotati spiccatamente discrezionali” quando il giudice è chiamato a fare una

precisa scelta tra la permanente efficacia o la declaratoria di inefficacia “negli altri casi” di cui all’art.

122 c.p.a. In termini analoghi si pronuncia C. SGUBIN, Commento agli artt. 120-125, in E. PICOZZA, (a

cura di), Codice del processo amministrativo (D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, commento articolo per articolo),

Torino, 2010, 242 ss., 244, 283, secondo cui negli altri casi (ex art. 122 c.p.a.) si ha “una sorta

d’inversione della sanzione, tale per cui l’inefficacia non è più tassativamente prevista ma diventa una

valutazione discrezionale del Giudice, tenendo conto degli interessi dell’aggiudicatario. La norma

impone al Giudice di bilanciare gli interessi coinvolti, e cioè l’interesse pubblico alla prosecuzione

senza interruzioni dell’esecuzione del contratto rispetto all’interesse dell’operatore economico

ricorrente ad eseguire senza ritardo la propria prestazione”.

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3. Il ruolo del Giudice amministrativo nell’ambito dei contratti pubblici,

alla luce delle indicazioni provenienti dall’ordinamento europeo. La direttiva

n. 2007/66/CE.

Le importanti riflessioni descritte nei paragrafi precedenti circa la natura

ed i caratteri essenziali della giurisdizione del Giudice amministrativo nella

materia dei contratti pubblici devono essere integrate anche dalle indicazioni

fondamentali provenienti dall’ordinamento europeo.

In primo luogo, allora, si ritiene utile soffermare l’attenzione sulla

direttiva n. 2007/66/CE dell’11 dicembre 2007, che, nonostante si disinteressi

delle problematiche attinenti al riparto di giurisdizione e lasciando, al

riguardo, ampia discrezionalità agli Stati membri, ha, però, imposto che

venisse assicurata una tutela rapida ed effettiva al ricorrente.

L’attuazione della direttiva del 2007 è avvenuta per il tramite di una legge

delega, la n. 88/2009, attuata con il d.lgs. n. 53/2010, che ha aggiunto all’art.

244, comma 1, del codice dei contratti pubblici, la seguente disposizione in

materia di giurisdizione: “La giurisdizione esclusiva si estende alla dichiarazione di

inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione e alle sanzioni

alternative”.

In rima battuta, allora, ci si chiedeva se la scelta di affidare al giudice

amministrativo le controversie in materia di privazione degli effetti del

contratto fosse imposta o quantomeno suggerita dal legislatore comunitario. In

realtà, dalla mera lettura del testo della direttiva non sembrano esserci

disposizioni a tal punto specifiche da legittimare una sorta di imposizione, dal

momento che come da tradizione nell’ordinamento europeo, il Legislatore

dell’Unione europea ha lasciato alla libera scelta degli Stati membri di

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individuare il giudice competente, senza tuttavia transigere circa il rispetto del

principio di effettività della tutela giurisdizionale.

In tal senso, nella direttiva è chiaramente evincibile come la pronuncia

con cui quello l’ “organo di ricorso indipendente” delibera la perdita di efficacia

del contratto non può essere automatica, ma deve essere il frutto di una scelta

ponderata sulla base dei vari e diversificati interessi coinvolti. Così la direttiva

comunitaria mantiene un atteggiamento neutrale sulla questione del riparto di

giurisdizione, ma questo non significa che non ha dato delle precise

indicazioni.

Il legislatore comunitario, pur limitandosi a imporre il rispetto del

principio di effettività, non ha detto esplicitamente che la soluzione per il

raggiungimento di tale obiettivo fosse la concentrazione delle tutele presso un

solo giudice, ma è chiaro un sistema rigidamente imperniato sul dualismo tra

Giudice ordinario e Giudice amministrativo, come nel sistema previgente al

Codice del processo amministrativo, non potesse essere considerato conforme

ai dettami del Legislatore europeo, né con il principio costituzionale della

ragionevole durata del processo.

Ne consegue, ad un primo livello di analisi, che la scelta del legislatore di

affidare al giudice amministrativo la giurisdizione sulla dichiarazione di

inefficacia del contratto, anche se non imposta, era comunque necessitata in

vista dell’obiettivo fissato dalla direttiva, ovvero la tutela rapida ed effettiva. A

ben vedere, tale scelta e il fondamento di essa è stata accolta con favore dal

Consiglio di Stato che, nell’ambito del parere135 formulato sullo schema del

decreto legislativo, ha ritenuto che la direttiva ora in commento debba essere

135 Cons. Stato, Comm. spec., par. 1 febbraio 2010, n. 368/2010.

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interpretata interpretata nel senso che “il legislatore comunitario ha voluto

attribuire ad un organo di ricorso indipendente sia il compito di conoscere

l’illegittimità della procedura di scelta del contraente che quello di dichiarare la

conseguente inefficacia del contratto”.

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100

3.1 Segue. Le indicazioni provenienti dalle nuove direttive europee del

2014

Come già chiarito nel capitolo precedente, il Legislatore europeo non si

occupa di individuare l’organo giurisdizionale dinanzi al quale devono essere

trattate le controversie in tema di contratti pubblici; tuttavia, gli indirizzi

normativi provenienti dall’ordinamento europeo sono di fondamentale

importanza anche per comprendere quali caratteri e quali esigenze devono

essere rispettate per garantire una effettiva tutela giurisdizionale.

Con riguardo alle nuove direttive europee in tema di contratti pubblici, si

evidenzia, innanzitutto, che anche in tal caso non vi sono disposizioni

specificatamente inerenti l’assetto processuale della materia o prescrizione di

ordine processuali che gli Stati membri debbano rispettare.

Ciò non toglie, ai fini che interessano, che da tali interventi normativi

possano trarsi importanti considerazioni con riferimento al ruolo del Giudice

amministrativo nell’ambito della materia contrattualistica pubblica.

Nel primo capitolo del presente lavoro, in particolare, si era evidenziato

un mutamento di approccio del diritto europeo alla materia dei contratti

pubblici, non più vista soltanto come insieme di regole ispirate ad una logica

concorrenziale ed idonee a favorire la parità di trattamento tra gli operatori

economici nell’allocazione di risorse pubbliche, ma come vero e proprio

stimolo di crescita sociale, tecnologica, ambientale e anche economica; in altri

termini, si è sottolineato come la fissazione di norme e principi volti a regolare

l’acquisizione di beni e servizi da parte della Pubblica amministrazione sul

mercato sia necessaria non più soltanto per esigenze di integrazione

puramente economica tra gli Stati, ma anche per la realizzazione di valori

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101

comuni ulteriori, quale quello di tutela dell’ambiente, di sviluppo sostenibile,

di integrazione sociale e di innovazione.

Tali ulteriori valori devono, per la prima volta con le nuove direttive,

misurarsi anche con riferimento al contratto pubblico e alla fase della sua

esecuzione.

Il tema dell’esecuzione del contratto pubblico, infatti, è stato sempre

considerato marginale, o quantomeno secondario, dal Legislatore europeo, il

quale gli dedicava solo poche norme della direttiva precedentemente in vigore

in tema di appalti pubblici, ed era priva di una disciplina organica che ne

delineasse gli aspetti e caratteristiche fondamentali136.

Tale indifferenza trovava la sua ragion d’essere nella circostanza per cui la

normativa comunitaria dei contratti pubblici era preordinata esclusivamente

alla disciplina della procedura di selezione del contraente da parte della

stazione appaltante, in un’ottica volta al perseguimento dei principi di

concorrenza, trasparenza e non discriminazione. Oltre che nello stesso titolo

della direttiva 2004/18/CE del Parlamento e del Consiglio del 31 marzo 2004137,

tale indifferenza trova conferma nella struttura complessiva dell’intervento

normativo appena menzionato, in cui spicca l’assenza di un capo dedicato

esclusivamente alla fase di esecuzione del contratto.

136 Cfr. M. Comba, L’esecuzione di opere pubbliche con cenni di diritto comparato, Giappichelli, 2011, pp. 38

e ss. Sul piano dell’elaborazione normativa e dottrinale interna in tema di esecuzione del contratto

pubblico, peraltro, si veda A. Giannelli, Esecuzione e rinegoziazione degli appalti pubblici, Editoriale

scientifica 2012, secondo cui “Alla fase di esecuzione, viceversa, è stata riservata da parte della letteratura

scientifica, un’attenzione piuttosto sporadica. Questa circostanza si associa, peraltro, ad un limitato interesse

mostrato dallo stesso legislatore rispetto al segmento della vicenda negoziale che segue la procedura di

individuazione del contraente”. Sul tema, in generale, si vedano anche R. Villata, I contratti pubblici di

lavori servizi e forniture, Cedam, 2014; C. Franchini, F. Sciaudone (a cura di), Il recepimento in Italia delle

nuove direttive appalti e concessioni: elementi critici e opportunità, Editoriale scientifica, 2015; C.E. Gallo (a

cura di), Autorità e consenso nei contratti pubblici alla luce delle direttive 2014, Torino, Giappichelli, 2014. 137 Cfr. M. Comba, cit.

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102

Nonostante l’atteggiamento indifferente dimostrato dal Legislatore

comunitario circa la fase di esecuzione del contratto pubblico, la Corte di

Giustizia Europea è intervenuta in più occasioni a sottolineare che il diritto

europeo e i valori da esso desumibili assumono rilevanza anche

successivamente all’aggiudicazione della gara e alla stipula del contratto da

parte dell’impresa aggiudicataria, soprattutto nei casi di modifica dell’assetto

contrattuale predeterminato dall’amministrazione aggiudicatrice in esito alla

procedura di selezione.

Segnatamente, con la decisione Altmark138, il Giudice europeo afferma che la

possibile violazione del principio di divieto di aiuti di Stato non è riscontrabile

nella sola fase di aggiudicazione e che di conseguenza anche le modifiche dei

termini contrattuali successivi all’aggiudicazione devono essere esaminate alla

luce di quanto prescritto dagli artt. 107 e ss. TFUE; in altri termini, la

distorsione del principio di concorrenza è sempre valutabile non soltanto

durante le operazioni di scelta del contraente privato, ma anche nel corso

dell’intera vita del contratto, compresa la sua esecuzione. Analogamente, nella

sentenza Succhi di frutta139, la Corte di Giustizia precisa che i principi di parità

di trattamento tra gli offerenti e di trasparenza devono essere perseguiti dalla

stazione appaltante non solo durante le fasi di valutazione delle offerte

presentate, bensì fino al termine dell’esecuzione del contratto di cui si tratta140.

138 Decisione C(2002) 3578 del 2 ottobre 2002, United Kingdom Underground Public Private partnership. 139 C. giust. CE, 29 aprile 2004 (causa C – 496/99P). 140 Cfr. Punti 115 e 116, secondo cui “In un simile contesto spetta conseguentemente alla Commissione, nella

sua veste di autorità aggiudicatrice, rispettare rigorosamente i criteri da essa stessa fissati non solamente nel

corso della procedura di appalto come tale, che ha ad oggetto la valutazione delle offerte e la scelta

dell'aggiudicatario, ma, più in generale, fino al termine della fase di esecuzione dell'appalto di cui si tratta. Se,

dunque, un'offerta che non sia conforme alle condizioni fissate deve, come è evidente, essere scartata, non per

questo l'autorità aggiudicatrice è autorizzata ad alterare l'economia generale dell'appalto modificando

successivamente e unilateralmente una delle condizioni essenziali dello stesso e, in particolare, una disposizione

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103

Ancor più recentemente, nel caso Pressetext141, il Giudice europeo si spinge a

verificare se una modifica del contratto di appalto pubblico introdotta

successivamente all’aggiudicazione e durante l’esecuzione dello stesso possa

essere qualificata non come semplice modifica, ma come vera e propria

risoluzione dell’originario contratto e conclusione di uno nuovo, in palese

violazione del principio di concorrenza; anche in tal caso, quindi, la Corte

ribadisce che il diritto europeo deve essere preso a parametro di legittimità

anche durante la fase di esecuzione del contratto pubblico, assoggettata ai

medesimi valori informanti la disciplina comunitaria degli appalti pubblici.

Le direttive 2014/23/UE 2014/24/UE 2014/25/UE costituiscono il punto di

approdo del percorso descritto sommariamente nei paragrafi che precedono;

costituiscono, come visto, espressione di una scelta politica tesa al

perseguimento di principi e valori non più soltanto di impronta marcatamente

economica (come quello di libera concorrenza, parità di trattamento e libera

circolazione delle merci), ma riguardanti anche la sostenibilità ambientale,

l’occupazione e l’inclusione sociale.

Per quanto d’interesse nel presente lavoro, tale scelta di tipo prettamente

politico è emblematicamente esplicitata già nei consideranda delle nuove

direttive laddove si afferma che “l’articolo 11 TFUE impone che le esigenze

connesse con la tutela dell’ambiente siano integrate nella definizione e nell’attuazione

delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo

sviluppo sostenibile. La presente direttiva chiarisce in che modo le amministrazioni

aggiudicatrici possono contribuire alla tutela dell’ambiente e alla promozione dello

che, se presente nel bando di gara, avrebbe consentito agli offerenti di presentare un'offerta sostanzialmente

differente”. 141 C. giust. CE, 19 maggio 2008, (causa C – 454/06).

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104

sviluppo sostenibile, garantendo loro la possibilità di ottenere per i loro appalti il

migliore rapporto qualità/prezzo”142; in altri termini, la disciplina in tema di

contratti pubblici è vista come uno degli strumenti principali per realizzare la

politica dell’Unione in tema di ambiente, cercando di contemperare due

distinte esigenze: perseguire i valori della tutela dell’ambiente e della

promozione dello sviluppo sostenibile, mediante l’integrazione della tematica

ambientale in tutto il ciclo di vita del contratto e, al contempo, garantire

comunque alle pubbliche amministrazioni la possibilità di acquisire una

prestazione caratterizzata dal migliore rapporto qualità/prezzo.

Proprio in virtù della strumentalità della normativa in tema di contratti

pubblici alla realizzazione delle politiche europee in tema di ambiente, si

spiega la particolare attenzione che il Legislatore europeo ha dedicato alla fase

di esecuzione del contratto, come ulteriore momento di attuazione e verifica di

determinati valori comuni143; tale attenzione emerge chiaramente sin dai

principi generali espressi dalle direttive.

Ci si riferisce, innanzitutto, all’introduzione del concetto di ciclo di vita del

contratto. Tale concetto abbraccia “tutte le fasi consecutive e/o interconnesse,

compresi la ricerca e lo sviluppo da realizzare, la produzione, gli scambi e le relative

condizioni, il trasporto, l’utilizzazione e la manutenzione, della vita del prodotto o del

142 Cfr. Considerando 91 della direttiva 24/2014/UE. 143 Cfr., a tal proposito, anche quanto contenuto nel Libro Verde della Commissione cit. in precedenza,

secondo cui “alcuni problemi che si verificano durante la fase di esecuzione dell’appalto possono (…) avere

gravi conseguenze in relazione alla non discriminazione degli offerenti e in relazione alla solidità degli acquisti

pubblici in generale”. Ancora, si veda L. Arecchi, La tutela delle esigenze ambientali, sociali ed occupazionali

nelle nuove Direttive in materia di contratti pubblici, secondo cui “data la trasversalità delle politiche sottese

alle esigenze sociali, ambientali ed occupazionali, nonché il ruolo attribuito ai contratti pubblici nella loro

implementazione, oltre che nel perseguimento degli obiettivi di Europa 2020, l’intervento normativo non può che

essere di tipo trasversale, affinché la disciplina prevista abbracci in sé tutta la procedura di aggiudicazione, fin

dai principi generali, e tutto il ciclo di vita del contratto ed in tal modo sia possibile anche preservare il sistema

da possibili forme elusive e garantire al contempo il perseguimento di politiche a tutela di interessi di rango

primario”.

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lavoro o della prestazione del servizio, dall’acquisizione della materia prima o dalla

generazione delle risorse fino allo smaltimento, allo smantellamento e alla fine del

servizio o all’utilizzazione”144; ebbene, come emerge da una mera interpretazione

letterale della definizione appena trascritta, con la nozione di ciclo di vita, il

Legislatore europeo ha inteso sottoporre alle regole e ai principi imposti dalle

direttive l’intera prestazione oggetto del contratto, dalla fase di realizzazione a

quella di utilizzazione, al fine di integrare i valori con esse perseguiti anche

oltre la mera scelta del contraente privato.

Le considerazioni sin qui sommariamente esposte non possono essere

considerate del tutto irrilevanti anche per l’oggetto del presente elaborato,

relativo ai poteri del Giudice amministrativo sul contratto pubblico.

Infatti, si ritiene che l’attenzione posta dalle nuove direttive circa gli ulteriori

valori che devono essere rispettati dagli operatori economici anche nella fase

dell’esecuzione del contratto spingano sempre più verso una tutela

giurisdizionale unitaria ed effettiva.

Il minimo comun denominatore tra la Direttiva ricorsi e le direttive del 2014,

infatti, è proprio quello di garantire che anche in sede giurisdizionale, un

unico organo giurisdizionale possa garantire una tutela ispirata ai principi del

giusto processo, cioè volta a realizzare un processo rapido, certo e

processualmente economico, senza cioè frazionare la tutela giurisdizionale

innanzi a giurisdizioni diverse.

La strada intrapresa dal Codice del processo amministrativo, pertanto, sembra

collocarsi nella scia delle prescrizioni avanzate dal Legislatore europeo, in

un’ottica di unificazione dei giudizi e di conferimento ad un unico organo

144 Art. 2 direttiva 24/2014/UE.

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giurisdizionale del potere di sindacare larga parte della materia dei contratti

pubblici, dalla procedura di selezione del contraente al contratto stipulato, a

seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione.

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107

4. Prime riflessioni sul Nuovo Codice dei Contratti Pubblici

Il D.L.gs. n. 50 del 2016, recentemente approvato, ha recepito le Direttive

europee poc’anzi esaminate.

Per quanto attiene specificatamente al tema oggetto della presente

trattazione, tale intervento normativo sembra confermare l’impianto

codicistico desumibile dagli artt. 121 e ss., c.p.a., dovendo, in ogni caso,

attendere gli eventuali interventi correttivi per poter proporre una trattazione

completa ed esaustiva.

Ciò non toglie, tuttavia, che il recente intervento normativo introduca un

regime di impugnazione degli atti delle procedure pubbliche di affidamento

assolutamente innovativo, la cui conformità alle norme e ai principi del Codice

del processo amministrativo e della stessa Costituzione non appare scontata.

In particolare, l’art. 204, d.lgs. n. 50 del 2016, novellando l’art. 120 c.p.a.,

afferma che “Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di

affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti

soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine

di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della

stazione appaltante, ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del codice dei contratti

pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L'omessa

impugnazione preclude la facoltà di far valere l'illegittimità derivata dei successivi

atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E' altresì

inammissibile l'impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e

degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività”

La disposizione in esame, quindi, tende a delimitare il termine di

impugnazione dei provvedimenti di esclusione e ammissione alla gara dalla

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data di pubblicazione dell’elenco degli ammessi e degli esclusi, precludendo la

possibilità di far valere tali vizi, anche a mezzo di ricorso incidentali, in fasi

successive della gara.

Ebbene, ci si limita, in questa sede a sottolineare come dovrà essere

valutata la rispondenza di tale impianto al principio immanente nel processo

amministrativo e scolpito in diverse norme del Codice di procedura (D.Lgs. n.

104/2010) che attribuisce a ciascun soggetto l’onere di impugnare un

provvedimento amministrativo in quanto vi sia una situazione di specifico

interesse (e nel caso della gara di appalto, l’interesse alla contestazione

dell’ammissione di altro concorrente viene in rilievo solo con l’adozione del

provvedimento di aggiudicazione definitiva della commessa) e purché tale

soggetto abbia la possibilità di conoscere (mediante accesso) tutti gli atti e

documenti presupposti all’adozione del provvedimento di ammissione alla

gara; in altri termini, senza interesse a ricorrere e senza ostensione dei

documenti e delle informazioni non può verificarsi una situazione di lesività.

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109

5. Conclusioni

Al termine della presente ricerca, si intendono offrire delle riflessioni

conclusive sul ruolo ricoperto dal Giudice amministrativo nella materia dei

contratti pubblici, con particolare riferimento all’ipotesi della sorte del

contratto successivamente l’annullamento del provvedimento di

aggiudicazione.

Come si è visto nella trattazione che precede, tutte le norme recentemente

introdotte dal Codice del processo amministrativo, nonché gli indirizzi

interpretativi desumibili dalla normativa europea, comportano l’attribuzione

di una forte e penetrante discrezionalità del Giudice amministrativo circa le

sorti del contratto pubblico, che, parte della dottrina qualifica addirittura come

“speciale”.

A parere di chi scrive, è sicuramente vero che dalle disposizioni di legge

poc’anzi analizzate emerga un delicato “ruolo di valutazione comparativa di tutti

gli interessi in gioco in capo al Giudice amministrativo; è pur vero, però, che, in

un’ottica costituzionalmente orientata, un giudice non può diventare un

‘amministratore’, in quanto deve effettuare valutazioni non di opportunità politica ma

prettamente giuridiche”145 basate sulla conoscenza del fatto e sull’applicazione

della legge.

In questo senso si ritiene che i pur penetranti poteri attribuiti al Giudice

amministrativo debbano comunque essere ricompresi nella cornice del

sindacato di legittimità tradizionalmente ad esso attribuito.

145 Cfr., ancora, R. DE NICTOLIS, op. ult. cit..

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110

Sotto tale profilo, inoltre, un ruolo importante che pare assegnato al

giudice amministrativo, anche alla luce delle riflessioni avanzate nel paragrafo

precedente, risulta quello di una sorta di garante della legalità comunitaria,

con riferimento alla tutela del primario valore della concorrenza e anche degli

ulteriori valori a fondamento della nuova disciplina in tema di contratti

pubblici.

Ci si deve interrogare, allora, se tale ruolo possa considerarsi in linea, da

un lato, col dato costituzionale relativo ai principi di separazione dei poteri e

del giusto processo e, dall’altro, con la logica impugnatoria che connota il

giudizio amministrativo.

In questo senso, non può trascurarsi l’impatto che sul nostro ordinamento

e sulla nostra tradizione giuridica hanno le diverse logiche europee, molto

diverse da quelle interne146 perché imperniate esclusivamente all’esigenza di

garantire l’effettività della tutela giurisdizionale e la realizzazione dei valori

fondanti l’ordinamento europeo.

Il recepimento delle nuove direttive in tema di contratti pubblici, allora,

può essere la giusta sede in cui interrogarsi anche sull’attualità dell’assetto

giurisdizionale delineato dal Codice del processo amministrativo e se, nella

materia dei contratti pubblici, ci sia bisogno di intervenire sui poteri

dell’organo giurisdizionale per uniformarsi alle linee di indirizzo sancite dal

diritto europeo.

146 Così F. FRACCHIA, Il rito speciale sugli appalti e la sorte del contratto, cit..