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Papa Giovanni Paolo II si è spento. Il mondo in- tero si è commosso per il doloroso calvario di Karol Woityla, uomo carismatico morto nella fe- de di Cristo, che ha “lottato” fortissimamente per la pace nel mondo, l’amore e la tolleranza tra gli uomini. Straordinario è stato “l’abbrac- cio” dei fedeli, degli uomini di pace e dei capi di stato nel momento del lutto. Tutti si sono resi conto di aver perso una guida illuminante e un pastore delle coscienze. Ebbi la fortuna di essere un rappresentante dei giornalisti abruzzesi accolti in udienza dal Papa, il 22 settembre 1999, in occasione del 40° anni- versario della fondazione dell’Unione Cattolica della Stampa Italiana. Ricordo l’emozione di noi giornalisti, presi dal carisma di quell’uomo curvo sulla sedia, già segnato nel fisico e sofferente, ma sorprendentemente vitale, tenace e forte. Dopo l’udienza, raggiungemmo Palazzo Giustiniani, dove, alla presenza del Presidente del Senato Nicola Mancino e del direttore del Tg1 Giulio Borrelli, si lesse la lettera che il Sommo Pontefice aveva fatto pervenire a Paolo Scandaletti presidente dell’Ucsi. Nella lettera il Papa criticava i mass media che tendevano a privilegiare «ciò che fa notizia» e «ciò che è “sensa- zionale”», invece di aiutare a far capire meglio gli accadimenti del mondo, cor- rendo il pericolo della «distorsione della verità» e non dando «adeguato riscontro» al «forte desiderio di bene» presente «in larghi strati della società». Nel messaggio il Papa sottolineava i rischi delle «grandi con- centrazioni informative» e le «potenzialità cul- turali senza precedenti» dovuti alla «rivoluzione digitale», e pertanto rilanciava la proposta di un «Comitato di etica dei media» che vigilasse sulle possibili manipolazioni dell’informazione. Dopo quel giorno ogni tanto mi rileggo la lette- ra, quasi a monitorare, confrontare e verificare sia il mio lavoro di giornalista, che l’operato del- la “carta stampata” in Italia. Oggi più di allora mi rendo conto dell’importan- za di quel messaggio. Il benessere di un paese, infatti, si associa sem- pre al suo grado di civiltà, tolleranza, rispetto della libertà di parola e di espressione. Libertà di stampa è il sinonimo principe di Paese libero, senza nessuna forma di censura di pensiero. L’Italia di oggi si propaganda come uno dei Paesi più “liberi” del mondo, ma un recente sondaggio fatto dagli americani deve fortemen- te farci riflettere in proposito. L’autorevole organizzazione Freedomm House, fondata negli anni ’40 da Eleonor Rosevelt, che ha l’obiettivo di stabilire, attraverso dei para- menti di valutazione, il grado di libertà di espressione e di democrazia nei vari Paesi del mondo, presenterà il prossimo 3 maggio (gior- nata mondiale della libertà di stampa), l’annua- le rapporto dettagliato. In questo rapporto sulla libertà d’informazione, già diffuso agli organi di stampa, si legge: «In Italia c’è uno dei più grandi conflitti di interessi del mondo. Il primo Ministro controlla le tre principali televisioni private, un giornale ed una porzione rilevante del mercato pubblicitario. E intanto crescono le pressioni po- litiche sui mezzi d’informazione». L’organizzazione declassa l’Italia da paese “libe- ro” a “parzialmente libero”, ponendolo al 74° posto nel mondo, ultimo fra i paesi europei e a pari merito con la Turchia. L’organismo americano, annuncia inoltre che dei 193 Paesi esaminati, 73 sono risultati “libe- ri”, 49 “parzialmente liberi” e 71 “non liberi”. Per Freedom House il principale problema del- l’informazione italiana è l’influenza politica: «I mezzi di informazione e pressioni governative e la concentrazione dei media è la più alta in Europa». Secondo Karin Deutch Karlekar, che ha coordinato il rapporto dell’organizzazione «il primo Ministro è stato in grado di esercitare in- debita influenza sulla Rai, un fatto che ha ulte- riormente esacerbato un già preoccupante clima mediatico caratterizzato da un coverage squili- brato nell’enorme impero dei media di Berlusconi». Poco prima della pubblica- zione di tale rapporto il Parlamento Europeo aveva emanato una durissima relazione sullo stato dell’informazione in Italia, nella quale a proposito della legge Gasparri si legge: «una legge tagliata su misura per aggirare una decisione della Carta Costituzionale sfavorevole all’impero mediatico del primo Ministro». Dopo il rapporto di Freedom House, noi di CNN (Campli Nostra Notizie) siamo più coscienti della nostra indipendenza, svincolata dalle logiche politico-economiche, che ci permette di rag- giungere una capacità d’informazione, sociale e culturale, libera nel rispetto delle priorità, opi- nioni e pensieri. Pur nella nostra piccolissima en- tità editoriale siamo fieri di aggiungere un mat- tone a favore della libertà di stampa di una Italia sempre più bistrattata e terra di conquista. Si sono appena concluse le elezioni per il rinno- vo dei Consigli Regionali. La coalizione di centro sinistra si è affermata in 11 regioni sulle 13 og- getto di kermesse. In Abruzzo l’Unione di Del Turco ha superato la Cdl di Pace, con un risulta- to consistente. In ambito comunale l’attuale Amministrazione formalmente non si è schierata per nessuna del- le formazioni politiche, perché si è definita “civi- ca”. Tutti i suoi componenti, naturalmente a pieno diritto, si sono “mossi” e spesso in direzio- ni divergenti e contrapposte, mostrando così tutti i limiti di una “lista civica” che può contare a pieno solo su “qualche santo in Paradiso” e non sull’appoggio di una delle due coalizioni politiche di scena nazionale, regionale e provin- ciale. A un anno dall’insediamento dell’Amministrazione i cittadini vogliono cono- scere i programmi approntati e i binari su cui correrà il futuro di Campli, soprattutto riguardo a viabilità, lavoro e turismo. Per gli amministra- tori comunali ora è tempo delle scelte, dell’eser- cizio della loro facoltà istituzionale, che non possono demandare o delegare ad altri. A partire da questo numero il nostro periodico esce anche in versione web (progetto della Crisalis di Andrea Carrelli). Digitando www.cam- plinostranotizie.it, da tutto il mondo sarà possi- bile accedere al nostro sito internet e consultare inte- gralmente tutti i numeri pubblicati del nostro periodico. Il progetto del websi- te ci permetterà di arri- vare online capillarmen- te a tutti quei camplesi emigranti o figli di emigranti, sparsi sui cinque continenti, che vo- gliono ancora sapere e conoscere di Campli e della “camplesità”. Un progetto straordinario, di grande valenza socio culturale per il territo- rio. Uno sforzo economico, per noi, non indiffe- rente che ha visto partecipe però il Consorzio del BIM (Bacino Imbrifero Montano) Vomano- Tordino, ente sempre sensibile a sostenere i pro- getti utili a promuovere le attività qualificanti il territorio. Direttore Responsabile N N C Trimestrale di informazione dell’associazione culturale Campli Nostra www.camplinostranotizie.it e-mail:[email protected] CAMPLI NOSTRA NOTIZIE Anno III - Numero 9 Aprile-Giugno 2005 ARTE E VINO IN EPOCA POSTMODERNA di Nerio Rosa pagina 4 Speciale: PORTA ORIENTALE pagine 8-9 Libertà di stampa :EE `cR R_TYV df] hVS

CAMPLI NOSTRA NOTIZIE · Oggi più di allora mi rendo conto dell’importan-za di quel messaggio. Il benessere di un paese, infatti, si associa sem-pre al suo grado di civiltà, tolleranza,

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Page 1: CAMPLI NOSTRA NOTIZIE · Oggi più di allora mi rendo conto dell’importan-za di quel messaggio. Il benessere di un paese, infatti, si associa sem-pre al suo grado di civiltà, tolleranza,

Papa Giovanni Paolo II si è spento. Il mondo in-tero si è commosso per il doloroso calvario diKarol Woityla, uomo carismatico morto nella fe-de di Cristo, che ha “lottato” fortissimamenteper la pace nel mondo, l’amore e la tolleranzatra gli uomini. Straordinario è stato “l’abbrac-cio” dei fedeli, degli uomini di pace e dei capi distato nel momento del lutto. Tutti si sono resiconto di aver perso una guida illuminante e unpastore delle coscienze.Ebbi la fortuna di essere un rappresentante deigiornalisti abruzzesi accolti in udienza dal Papa,il 22 settembre 1999, in occasione del 40° anni-versario della fondazione dell’Unione Cattolicadella Stampa Italiana. Ricordo l’emozione di noigiornalisti, presi dal carisma di quell’uomo curvosulla sedia, già segnato nel fisico e sofferente,ma sorprendentemente vitale, tenace e forte.Dopo l’udienza, raggiungemmo PalazzoGiustiniani, dove, alla presenza del Presidentedel Senato Nicola Mancino e del direttore delTg1 Giulio Borrelli, si lesse la lettera che ilSommo Pontefice aveva fatto pervenire aPaolo Scandaletti presidente dell’Ucsi.Nella lettera il Papa criticava i massmedia che tendevano a privilegiare«ciò che fa notizia» e «ciò che è “sensa-zionale”», invece di aiutare a far capiremeglio gli accadimenti del mondo, cor-rendo il pericolo della «distorsione dellaverità» e non dando «adeguato riscontro»al «forte desiderio di bene» presente «inlarghi strati della società». Nel messaggio ilPapa sottolineava i rischi delle «grandi con-centrazioni informative» e le «potenzialità cul-turali senza precedenti» dovuti alla «rivoluzionedigitale», e pertanto rilanciava la proposta di un«Comitato di etica dei media» che vigilasse sullepossibili manipolazioni dell’informazione.Dopo quel giorno ogni tanto mi rileggo la lette-ra, quasi a monitorare, confrontare e verificaresia il mio lavoro di giornalista, che l’operato del-la “carta stampata” in Italia. Oggi più di allora mi rendo conto dell’importan-za di quel messaggio.Il benessere di un paese, infatti, si associa sem-pre al suo grado di civiltà, tolleranza, rispettodella libertà di parola e di espressione. Libertà distampa è il sinonimo principe di Paese libero,senza nessuna forma di censura di pensiero.L’Italia di oggi si propaganda come uno deiPaesi più “liberi” del mondo, ma un recentesondaggio fatto dagli americani deve fortemen-te farci riflettere in proposito.L’autorevole organizzazione Freedomm House,fondata negli anni ’40 da Eleonor Rosevelt, cheha l’obiettivo di stabilire, attraverso dei para-menti di valutazione, il grado di libertà diespressione e di democrazia nei vari Paesi delmondo, presenterà il prossimo 3 maggio (gior-nata mondiale della libertà di stampa), l’annua-le rapporto dettagliato. In questo rapporto sullalibertà d’informazione, già diffuso agli organi distampa, si legge: «In Italia c’è uno dei più grandiconflitti di interessi del mondo. Il primo Ministrocontrolla le tre principali televisioni private, ungiornale ed una porzione rilevante del mercatopubblicitario. E intanto crescono le pressioni po-

litiche sui mezzi d’informazione».L’organizzazione declassa l’Italia da paese “libe-ro” a “parzialmente libero”, ponendolo al 74°posto nel mondo, ultimo fra i paesi europei e apari merito con la Turchia. L’organismo americano, annuncia inoltre chedei 193 Paesi esaminati, 73 sono risultati “libe-ri”, 49 “parzialmente liberi” e 71 “non liberi”.Per Freedom House il principale problema del-l’informazione italiana è l’influenza politica: «Imezzi di informazione e pressioni governative ela concentrazione dei media è la più alta inEuropa». Secondo Karin Deutch Karlekar, che hacoordinato il rapporto dell’organizzazione «ilprimo Ministro è stato in grado di esercitare in-debita influenza sulla Rai, un fatto che ha ulte-riormente esacerbato un già preoccupante climamediatico caratterizzato da un coverage squili-brato nell’enorme impero dei media di

Berlusconi».

Poco primadella pubblica-zione di talerapporto ilParlamentoEuropeo avevaemanato unadurissima relazione sullo stato dell’informazionein Italia, nella quale a proposito della leggeGasparri si legge: «una legge tagliata su misuraper aggirare una decisione della CartaCostituzionale sfavorevole all’impero mediaticodel primo Ministro».Dopo il rapporto di Freedom House, noi di CNN(Campli Nostra Notizie) siamo più coscienti dellanostra indipendenza, svincolata dalle logichepolitico-economiche, che ci permette di rag-giungere una capacità d’informazione, sociale eculturale, libera nel rispetto delle priorità, opi-nioni e pensieri. Pur nella nostra piccolissima en-tità editoriale siamo fieri di aggiungere un mat-tone a favore della libertà di stampa di unaItalia sempre più bistrattata e terra di conquista.Si sono appena concluse le elezioni per il rinno-vo dei Consigli Regionali. La coalizione di centrosinistra si è affermata in 11 regioni sulle 13 og-getto di kermesse. In Abruzzo l’Unione di DelTurco ha superato la Cdl di Pace, con un risulta-to consistente.In ambito comunale l’attuale Amministrazioneformalmente non si è schierata per nessuna del-le formazioni politiche, perché si è definita “civi-ca”. Tutti i suoi componenti, naturalmente apieno diritto, si sono “mossi” e spesso in direzio-

ni divergenti e contrapposte, mostrando cosìtutti i limiti di una “lista civica” che può contarea pieno solo su “qualche santo in Paradiso” enon sull’appoggio di una delle due coalizionipolitiche di scena nazionale, regionale e provin-ciale.A un anno dall’insediamentodell’Amministrazione i cittadini vogliono cono-scere i programmi approntati e i binari su cuicorrerà il futuro di Campli, soprattutto riguardoa viabilità, lavoro e turismo. Per gli amministra-tori comunali ora è tempo delle scelte, dell’eser-cizio della loro facoltà istituzionale, che nonpossono demandare o delegare ad altri.A partire da questo numero il nostro periodicoesce anche in versione web (progetto dellaCrisalis di Andrea Carrelli). Digitando www.cam-plinostranotizie.it, da tutto il mondo sarà possi-

bile accedere al nostro sitointernet e consultare

inte-gralmente tutti i

numeri pubblicatidel nostro periodico.

Il progetto del websi-te ci permetterà di arri-

vare online capillarmen-te a tutti quei camplesi emigranti o figli diemigranti, sparsi sui cinque continenti, che vo-gliono ancora sapere e conoscere di Campli edella “camplesità”. Un progetto straordinario,di grande valenza socio culturale per il territo-rio. Uno sforzo economico, per noi, non indiffe-rente che ha visto partecipe però il Consorziodel BIM (Bacino Imbrifero Montano) Vomano-Tordino, ente sempre sensibile a sostenere i pro-getti utili a promuovere le attività qualificanti ilterritorio.

Direttore Responsabile

NNNNCC Trimestrale di informazione dell’associazione culturale Campli Nostra www.camplinostranotizie.it • e-mail:[email protected]

CAMPLI NOSTRA NOTIZIE

Anno III - Numero 9 Aprile-Giugno 2005

ARTE E VINO IN EPOCAPOSTMODERNA

di Nerio Rosa

pagina 4

Speciale:PORTA ORIENTALE

pagine 8-9

Libertà di stampa

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CC NN NNAnno III - Numero 9 Aprile-Giugno 2005pagina 2

Tutti a Campli ricordanoRaffaele Santori, luMaestre che per genera-zioni ha insegnato musi-ca (metodo Bona) e av-viato a suonare unostrumento per banda. Ilconcerto bandistico perlui era una passione; permezzo secolo la sua

tromba alzata sopra la testa ha significato ilmomento prima dell’attacco della “marcia”.Musicista eclettico sapeva suonare magistral-mente la tromba, ma era un maestro anche

con la fisarmonica, l’organo e la voce.Preparava anche cori, sia a scuola sia per lemesse cantate in latino. Un musicista totale

che sapeva coniugarela marcia militare o fu-nebre per banda, conla musica sacra per or-gano.Il maestro RaffaeleSantori nacque aCampli il 30 agosto1912, subito respiròl’anima artistica e mu-sicale della nobile cit-tadina. Come tantisuoi coetanei si avvici-nò prestissimo a unostrumento per banda.Scelse la tromba, cheben si addiceva al suocarattere “squillante”,e subito fece capire lastraordinaria attitudi-ne all’arte del suono.La famiglia fece unosforzo non indifferen-

te per avviarlo allo studio nel Conservatorio(credo penso Santa Cecilia a Roma), dove sidiplomò col massimo dei voti. Figlio unico,non seppe stare lontano dalla madre, cui era

legatissimo;rinunciò cosia prestigioseopportunitàanche di di-rettore.Preferì rima-nere aCampli esvolgere fun-zioni damaestro dicappella, in-segnante dimusica e “ca-po banda”.Non si sposòmai, dedicòtutte le sue

energie completamente alle attività attinentila musica. L’arte musicale per lui era la vita.In tutte le funzioni religiose era presente.Nel Duomo, seduto all’angolo della cappelladel Sacramento, accompagnava la messa con

la voce e il piccolo or-gano a pedale. Dabambino ho un suo ri-cordo nella cantoria:mio padre spesso miportava con se quan-do, insieme ad altricinque o sei colleghi,provava le messe can-tate; Lillino, come gliamici amavano chia-marlo, suonava l’orga-no e cantava, accen-nando ora con il viso,ora con la mano tuttigli attacchi. Nella stes-sa maniera ricordo lemovenze ritmiche del-la sua mano, quandoinsegnava il solfeggio.Con gli occhi sulla par-titura scandiva le note

mentre la mano, con estrema eleganza, ta-gliava l’aria in verticale e in orizzontale. Isuoi allievi lo chiamavano professore.Aveva un carattere focoso, impetuoso, chepoteva sembrare burbero, ma nella realtàera di una disponibilità,comprensione e abnega-zione fuori dal comune.Le sue proverbiali sfuria-te sono rimaste memo-rabili, così come il ritor-nare “mansueto”nell’immediatezza di unsorriso.L’amicizia e la stima chelo legava al parroco donAntonio Mazzitti, lospinsero a svolgere, dapensionato, anche lafunzione da sacrestano.Le chiese camplesi daquel momento divenne-ro per lui come una ca-sa.Campli era il suo mon-do, i camplesi i suoi ami-ci. Era un’istituzione del-la piazza, scambiava unaparola con tutti: dallevecchiette che chiedeva-

no di messe e funzioni, ai coetanei con cuigustarsi una partita a carte o un aperitivo,con i ragazzi del catechismo e i giovani dellascuola di musica.A fianco di don Antonio, nel periodo di pro-cessioni e di Pasqua, la sua attività si facevafrenetica: sempre indaffarato e di corsa, eraun direttore nato, tutto doveva essere preci-so e andare per il verso giusto, non ci dove-vano essere “stecche”.Per questo quando se n’è andato per l’ultimoviaggio, il 5 luglio 1990, tutti sono venuti asalutarlo, così i suoi amici bandisti tacitamen-te, portando ognuno il proprio strumento, lohanno accompagnato al suono della “sua”banda.

Dopo quindici anni della scomparsa, gli stessiamici e allievi hanno sentito il dovere di for-mare una nuova seconda formazione bandi-stica cittadina e intitolarla “RaffaeleSantori”.

Raffaele Santori: gli s’intitola la Banda di Nicolino Farina

dalla prima pagina

S. Onofrio 1955 - Matrimonio di Francesco Farina. I co-risti della messa cantata. Da sinistra FerdinandoPolidori, Gabriele Fratoni, Raffaele Santori (il M° delcoro), Enrico Ferri, Vincenzo Alleva.

Campli 1975 - Pasquetta nella macelleria Cappuccelli. Da sinistra Nicola Sorgi (cor-no), Raffaele Santori (Tromba), Emidio Rotoloni (piatti), Peppino Farina (tambu-ro), Francesco Farina (sax). Nella foto s’intravedono Dino Calabrese (tromba) eDomenico Farini (clarinetto).

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CC NN NN Anno III - Numero 9 Aprile-Giugno 2005 pagina 3

La famiglia: una risorsa da valorizzare o unarisorsa da sfruttare? Riflessioni politiche e so-ciali è stato il tema della tavola rotonda orga-nizzata dall’associazione Il Focolare tenutasi aCampli il 26 febbraio scorso.In un mondo in continua evoluzione socio po-litica, anche il concetto di famiglia cambia: ilmodello patriarcale si evolve in un nuovo mo-dello, pure piramidale, ma non più rigido, contutti le parti in armonia del buon vivere, incorrelazione e in dialogo fra di loro, dove fun-ziona l’adeguamento d’integrazione e la sta-bilità di ognuno. La famiglia è un valore cheresiste nel tempo perché, nell’affannosa ricer-ca della verità, è il luogo della progettualità, illuogo dell’equilibrio interno e della condivi-sione.Oggi la famiglia si sente sola? Abbandonatadalle istituzioni? In questo contesto si è svilup-pata la tavola rotonda che, moderata dallapsicologa Italia Calabrese, ha visto partecipe ilpresidente dell’AFI (Associazione FamiglieItaliane) il veronese Maurizio Bernardi, i consi-glieri della Regione Abruzzo TommasoGinoble (oggi probabile assessore con la nuo-va giunta) e Bruno Sabatini (ex assessore allePolitiche Sociali e alla Promozione Culturale),il consigliere Gabriele Rastelli in rappresentan-za del Comune di Campli e della ComunitàMontana della Laga zona M, e la presidentede Il Focolare Ida Scortica.Dalle disquisizioni dei relatori un concetto haprevalso su tutti: in Italia la famiglia non èagevolata dalle istituzioni e dalle nuove leggifinanziarie. Secondo gli ultimi dati l’Italiaspende per la famiglia 0,8% del Pil, mentre il2% la Francia e l’1,6 l’Europa. Nell’ultima fi-nanziaria, per esempio, il concetto famiglia èstato completamente distrutto. Altro esempio:per un reddito famigliare (4 componenti) di 30mila euro, in Italia si paga di Irpef 6.751 euro,in Francia 946 e in Germania 0. Non parliamopoi degli assegni famigliari, mentre per le ta-riffe da pagare (elettricità, gas, acqua, mensescolastiche ecc.) le famiglie numerose sonoquelle più tartassate.Le politiche familiari sì perdono, nascoste, nei

meandri delle politiche sociali: ma è la fami-glia normale (e non solo quella disagiata) chedeve essere considerata dalle istituzioni stata-li. Nonostante questo scarso impegno socialenella promozione e nella difesa dell’istitutofamiliare, in Italia il legame famiglia tienemolto di più che in altre nazioni, perché è unpaese cattolico, dove la famiglia è molto radi-cata nei sistemi di vita concepiti universalmen-te dalla cristianità.Promuovere pero una cultura della famiglia si-gnifica rafforzare un’istituzione aperta alla so-cietà civile. Ricchissima di relazioni sociali, ge-nerosa, solidale, la famiglia funge daammortizzatore sociale, aiuta il contenimentodella spesa pubblica, influenza le tendenze edè una risorsa in termine di idee.Oggi il 70% della spesa sociale è assorbita dal-la previdenza e solo il 6% è dedicata alla for-mazione universitaria e scolastica. DonAntonio Mazzitti ha ricordato alla platea, l’i-nadeguatezza culturale (e a volte anche di va-lori cristiani) delle giovani coppie di sposi inprocinto di affrontare il matrimonio, “cellula”essenziale della famiglia. Da tutti i relatori, in-fatti, l’educazione, la formazione e la primaoccupazione sono ritenuti essenziali per aprirei giovani alla vita e alla nuova famiglia. Questisono i punti chiave su cui operare per lo svi-luppo della famiglia intesa come straordinariarisorsa sociale e non come luogo di sfrutta-mento del consumo economico.

La famiglia: una risorsaUna tavola rotonda con il presidente dell’AFI (Associazione Famiglie Italiane),organizzata dall’associazione “Il Focolare” di Campli.

Il caro amicoMassimoMartelli,Direttore diPiazza Grandese n’è andato, in“punta di pie-di”, così comeconcepiva il suoessere giornali-sta: discreto,gentile, affabile,disponibile all’a-scolto, pronto asostenere le pro-prie idee nel ri-

spetto delle istituzioni e senza sconti pernessuno.Perdere un amico così giovane lascia senzarespiro, fa riflettere sul senso dell’esisten-za, 39 anni appena sembrano poca cosa ri-spetto alla prospettiva di vita.Eppure i suoi 39 anni non sono stati pocacosa, li ha vissuti pieni, intensi, come soloun giovane affamato di vita sa percorrerli,cogliendo ogni opportunità per crescere,conoscere e sapere.Io l’ho conosciuto nella redazione del quo-tidiano Le Notizie: d’aspetto più giovanerispetto all’età, dava l’impressione del gior-nalista alle prime armi. Non ci voleva moltoa capire come il suo modo di apparire na-scondeva capacità da giornalista navigato.Le infinite problematiche redazionali delquotidiano le affrontava con calma e muo-vendosi nella giusta direzione; anche quel-le più perniciose le districava senza perder-si d’animo.Il fare “comunicazione” per lui non era unlavoro, era il modo di concepire la vita. Iviaggi all’estero gli erano necessari, gli servi-vano a non perdere il contatto con il mondo. Non sei vissuto invano Massimo, il tuo cuo-re batte ancora in ogni amico a cui hai sa-puto regalare un momento di riflessione.L’empireo ama adornarsi anche di fiori ap-pena sbocciati e profumati.

Nicolino

Un fiore reciso

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“Il mistero artistico è diventato mistero economico,e questo (si) arriva a capirlo…”.

(Ennio Flaiano, Diario Notturno, Adelphi, 1994)

Fin dal XVI secolo al temperamento saturnino degli artisti, assorti,solitari, originali, è stata affiancata la credenza che il vino concorressealla formazione del loro carattere egocentrico, dispotico, stravagante.[R. & M. Wittkower, Nati sotto Saturno, Einaudi, 1968].

In epoca romantica l’artista costitutiva una “razza a parte”, deditaall’alcool. “Gioie profonde del vino, chi non vi ha conosciute?” scrivevaBaudelaire nel 1851. Non era infrequente, anche tra le opere degli im-pressionisti, l’immagine dell’artista au verre de vin. Il vino e la bohèmeconvivevano allegramente e tragicamente.

Nel XX secolo la ventata esistenzialista e nichilista ha in realtà fattoabbandonare il vino per le varie droghe, più consone agli scenari in-quietanti delle grandi metropoli. Ma, in sostanza, il vino, come base diesaltazione artistica, è rimasto un simbolo insostituibile.

Quello che invece oggi è mutato in modo inatteso non è tanto l’a-spetto particolare del rapporto tra artista e vino, quanto il modo dicreare e lanciare un prodotto. Non sfugge a nessuno che le cantine pri-vate bene organizzate hanno da diverso tempo, anche in Abruzzo,provveduto a realizzare prodotti di qualità, che hanno migliorato l’im-magine del vino e costituito un modello anche per le piccole imprese. Ivecchi vini del passato, a volte anche ottimi, avevano caratteristiche le-gate ad un artigianato localistico, con risultati frammentari, episodici,incontrollabili. Il gusto dei bevitori era parimenti generico e senza pre-tese, facilmente accontentabile con strani interventi, più vicini a mistifi-cazioni magiche che a modelli enologici. Oggi, invece, è stata fatta chia-rezza sui terreni, i vitigni, le coltivazioni, la raccolta dell’uva, le varie fasidi concretamento del prodotto. Ci si serve di enologi preparati scientifi-camente e di grande rinomanza, di una organizzazione in locali idonei edi una buona rete di distribuzione, con l’obiettivo di proporre il prodot-to dove esso può essere apprezzato con maggiore competenza.

E’ innegabile che ristoranti ed enoteche abbiano acquisito un’infor-mazione e una ricchezza di modelli, tali da accontentare clienti semprepiù preparati ed esigenti. Nomi ed etichette di prestigio offrono così unpanorama vario ed interessante e una clientela da affrontare con stra-tegie adeguate. Ed è qui che avviene il più preciso confronto fra arte evino. Perché l’approccio commerciale della ditta con gli esigenti ed ap-passionati consumatori, ha, come dicevo, profonde analogie con il lavo-ro dei managers e delle gallerie d’arte. L’opera d’arte e la bottiglia divino sembrano avere oggi una matrice comune, con identiche caratteri-stiche di percorso organizzativo e commerciale.

C’è però un netto vantaggio estetico della bottiglia sull’opera d’arteconvenzionale [quadro, scultura, ceramica e foto che sia]. Nella nostraepoca postmoderna, venuta a mancare una lettura storica o illustrativadel lavoro artistico (di rappresentazione o di funzione) a vantaggio diun’analisi fenomenologica, necessaria per comprendere il senso dellecose più che i significati, la presenza ingombrante di un artista o di ungallerista dai modi organizzativi superati ne mette in luce subito gliaspetti anacronistici, a fronte della “necessità” scientifica del prodottoenologico, nato dalla terra, sapientemente curato da competenti epronto ad affrontare il giudizio di palati anche raffinatissimi.

La ricchezza degli elementi che determinano la fisionomia del vinoha oggi una innegabile complessità realizzativa e commerciale, chegiunge ai palati non come semplice elemento di gusto, ma come feno-meno culturale, geografico, etnologico, geofisico, strutturale. La verificaconclusiva può avvenire in un bar o in un ristorante, dalle caratteristicheambientali che lo rendono assai simile ad una galleria d’arte, anche per iprezzi che queste bottiglie hanno e che le fanno sembrare moduli arti-stici più che contenitori. D’altro canto, se vogliamo osservare a Teramoun’opera d’arte contemporanea di livello internazionale, dobbiamo re-carci non in una galleria, ma in un bar di Corso De Michetti, dove fa bel-la mostra di sé, fra le altre, un’opera di David Tremlett.

Il vino, quindi, trionfa in campo artistico non solo perché più conge-niale ad una fruizione di rilevanza fenomenologica, ma anche per lasua presa diretta col fruitore, senza esaltare coloro che lo hanno crea-to, presenti con discrezione sull’etichetta, ma occultati nel loro aspettofisico, che così non ingombra, non si interpone mai.

Nell’arte concettuale di oggi non basta vedere; conviene saperne dipiù, avere un’informazione che consenta di coglierne il senso, anche sepoi, come col vino, ciascuno è libero di dare una propria lettura aggior-nata e distante sia da una semplice ricerca di significati, sia dalle letturecritiche del passato, autentiche creatrici dell’artista di ieri. Tutto ciò nonè semplice, perché staccarsi da una facile visione edonistica dell’arte co-sta studio e fatica; la conoscenza artistica necessita infatti di una gran-de umiltà intellettuale e di una preparazione di stampo nuovo. Chiama il vino può invece migliorare la propria conoscenza specifica conun ampio ventaglio di approfondimenti, effettuati in modo sistematicoe senza essere fuorviati da schemi superati.

I segnali che mi giungono mi confortano in questo mio convinci-mento. Un amico teramano, colto e impegnato, ha effettuato tantiviaggi interessantissimi e visitato importanti musei. Non mi ha mai par-lato di opere d’arte che avessero rapporti con la nostra cultura. Invece,con malcelato orgoglio, mi raccontava del vino teramano “VillaMedoro”, da lui incontrato e gustato alle Seychelles, accanto ai più notivini francesi. Evviva ! Ho notato che la sua soddisfazione era simile allamia, quando vidi nella Villa Pansa di Biumo a Varese la bella sala riser-vata all’artista abruzzese Ettore Spalletti. E non mi sento di stare in unacondizione intellettualmente migliore. Anzi.

*****

Durante una sua visita ad una mia mostra a Roseto degli Abruzzi,nell’estate 2003, il prof. Rosa si intrattenne con me, conversando di ar-te contemporanea e, più specificamente, sul rapporto fra l’oggetto, co-me categoria mentale dell’estetica idealistica del passato, e la cosa,quale elemento materico di una visione contemporanea. E, come esem-pio, ci venne con una certa arguzia di confrontare l’opera d’arte dellatradizione con la “cosalità” di un bicchiere di vino.

Fra gli argomenti di carattere generale che questa rivista intendeproporre ai suoi lettori mi è parso interessante chiedere al prof. Rosa diriproporre le sue riflessioni su questo tema, convinto che la mia favore-vole accoglienza di ieri possa essere oggi ampiamente condivisa ancheda altri. Lo ringrazio per avermi accontentato.

N.F.

Arte e vino in epoca postmodernadi Nerio Rosa

Il Museo ArcheologicoNazionale di Campli con ilpatrocinio del Ministero peri Beni e le Attività Culturali,e del Comune di Campli, haorganizzato un ciclo di con-ferenze sul tema Cibi e sa-pori nell’Italia antica. Il pri-mo appuntamento è stato

con l’archeologo Vincenzo D’Ercole, direttorescientifico del Museo camplese, il quale ha svi-luppato il tema Il vino dei Pretuzi : i Crateri delIV – V secolo a. C.I Pretuzi di Campovalano bevevano vino.Purtroppo ancora non è stato possibile far ana-lizzare i resti lasciati sui crateri (grandi vasi dibronzo o di coccio), per capire quale tipo di vi-

no bevessero e che vigneto usassero per la colti-vazione (Gli unici laboratori attrezzati sono ne-gli Usa e occorrerebbe mandare i reperti appe-na estratti dagli scavi). Dovevano essere viticoltivate in loco, se si pensa all’acino d’uva delVI secolo a. C., rinvenuto a Teramo negli scavipresso l’ex cimitero. Nei crateri dei Pretuzi camplesi, il vino era mi-scelato insieme a miele, acqua e aromi d’essen-ze profumate grattugiate con un apposito at-trezzo. Le grattugie (simili alle odierne per ilformaggio), i crateri, i kàntaros (tazze) e i kylix(calici) si rinvengono sempre nelle tombe ma-schili; le oinokòe (brocche), invece, in quellefemminili. Evidentemente le donne avevano ilcompito di servire il vino alla tavola dei com-mensali uomini; usavano però uno strano “cuc-chiaio” tondo, da assaggio, incredibilmente si-mile a quello dei moderni sommeliers.

I servizi da tavola in genere erano di ceramicalocale, simile al bucchero etrusco o, di più pre-ziosi, provenienti, come quelli in bronzo, da al-tre zone d’Italia e dalla Grecia. I kàntaros, neiservizi, erano da 9 e non da 6 o 12 come oggi.Di straordinaria bellezza è una brocca con ansaantropomorfa (tomba 1, V sec. a. C.), in bronzo,prodotta a Rodi.Oltre alle grattugie e ai cucchiai rotondi, tra lecuriosità bronzee legate all’uso del vino, biso-gna annoverare anche gl’imbuti e i colini, a vol-te di notevole raffinatezza e tecnica costruttiva.Noi pretuziani camplesi, è certo, amiamo il vinoda tre mila anni.Forse non a caso a fine conferenza si sono potu-ti degustare i vini della Cantina Camillo Montoridi Controguerra, famiglia originaria del borgodi Nocella di Campli attiva dal XV al XIX secolo.

Francesca Farina

Il vino dei Pretuzi

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Sono ormai quarant’anni che ad ogni inizio d’estate rileggo lo stesso li-bro. E’ Le Trombe, di Giuseppe Cassieri, uscito da Bompiani nell’anno 65del secolo scorso. La vicenda è racchiusa nello spazio di un’estate al ma-re. I protagonisti sono i componenti di una famiglia borghese: padre exammiraglio, madre, figlia e genero, che seguiamo dal loro arrivo nellavilla di famiglia, sul Golfo di Gaeta, fino alla tragicomica conclusionedovuta a una tromba d’aria. E’ un libro compatto e divertente, ricco diironia, scritto con un lingua inventiva e trascinante, ma a me è caro so-prattutto perché riesce ad evocare certe lunghissime, pigre e quieteestati lontane, quando ero molto giovane e tutto doveva ancora acca-dere.

Ne ho diversi altri, di questi libri che non appartengono al numero diQuelli Che Bisogna Leggere Assolutamente e tuttavia mi sono moltocari, al punto che li considero alla stregua di vecchi amici. Li rileggo aintervalli più o meno regolari, senza mai stancarmi. Anzi: spesso, in pas-sato, mi sono rifugiato nelle loro pagine nei non rari momenti difficilidella vita, e sempre ne ho ricavato gioia e conforto.

C’è, per esempio, Il numero uno, di Hans Ruesch (quello di Paese dalleombre lunghe e Imperatrice nuda). Il protagonista, Erwin Lester, è uncampione automobilistico degli anni trenta. Tra corse, amori, incidentie tradimenti, ne seguiamo le imprese dalle prime vittorie fino alla defi-nitiva consacrazione, che coincide con il momento in cui, a partire dal1934, irrompono sulla scena automobilistica fino allora terreno di lottadella triade Alfa Romeo, Bugatti e Maserati, le argentee vetture dellaMercedes Benz e della Auto Union. Le macchine tedesche dominerannopoi, quasi incontrastate, fino alle soglie della seconda guerra mondiale.Altro che la minestrina riscaldata della Formula 1 odierna! Qui i bolidi,simili a grossi siluri, senza limiti di cilindrata, sono veloci come e più diquelli d’oggi, ma in ogni corsa corrono per almeno 310 miglia sulle lororuote alte più d’un metro, e i piloti le guidano in tuta e cuffia di linobianco e scarpe da passeggio. C’è il resoconto delle ultime fasi di unaMille Miglia, nelle pagine iniziali, che ti porta il rombo dei motori e l’o-dore inebriante della benzina fin dentro la stanza, e devi fare una fati-ca boia per controllare in curva la poltrona sulla quale sei seduto a leg-gere. Co-protagonisti, adombrati da nomi di fantasia epperòperfettamente riconoscibili, sono i grandi campioni di quell’epoca eroi-ca, da Nuvolari (Dell’Oro) che Ferdinand Porsche definì "Il più grandepilota del passato, del presente e del futuro" a Stuck, da Varzi aRosemeyer. Ne hanno anche fatto un film, Destino sull’asfalto (1955),diretto da Henry Hataway e interpretato da Kirk Douglas. Non ho maiavuto occasione di vederlo, ma non devo essermi perso granché, a giu-dicare dalla recensione che c’è sulla guida di Morandini.

C’è poi La nuvola nera, un classico della fantascienza, (1958, apparso inItalia nel ’59 tradotto da Luciano Bianciardi), scritto da Fred Hoyle, unodei più grandi astrofisici di tutti i tempi, fiero avversario dell’ormai im-perante teoria del Big Bang, alla quale contrappone la sua idea di ununiverso stazionario nel quale si opera una creazione continua, che for-se non sarà vera, ma meriterebbe di esserlo per quanto è fascinosa.Secondo Hoyle, il Big Bang riguarderebbe soltanto il nostro angolinodel cosmo, potrebbe essere magari solo uno di tanti “grandi botti" dis-persi in una specie di super-universo perfettamente stazionario. Per col-mo d’ironia, fu proprio Sir Fred a coniare il termine Big Bang, per con-futare scherzosamente la teoria dell’universo evolutivo. Non loconvinceva nemmeno l’evoluzionismo darwiniano. Diceva che la vitanon può essere nata sulla Terra perché la storia del nostro pianeta ètroppo breve, e che il darwinismo non riesce a spiegare quei salti evolu-tivi di cui non esiste documentazione nei fossili. Per questo lui era con-vinto che la Terra fosse soltanto una “catena di montaggio” della vita,la cui origine va cercata invece nello spazio. A “colonizzare” i pianeti,tra cui il nostro, provvederebbero poi le molecole organiche presentinelle code delle comete, in una sorta di "inseminazione spaziale" notacome "panspermia". Negli ultimi tempi, la scoperta che sia le cometesia la polvere interstellare pullulano davvero di molecole organiche haridato credito alla teoria. Hoyle è stato sempre una voce fuori dal coro,un cane sciolto osteggiato e spesso boicottato dall’establishment scien-tifico. In molti casi, ha affidato ai libri di divulgazione (e ai romanzi difantascienza) quelle idee eterodosse che non avrebbero trovato acco-glienza sulle prudenti riviste scientifiche. Anche se prove sperimentalisembrerebbero confermare l’idea di una esplosione originaria e di ununiverso in espansione, le teorie di Hoyle continuare a tenere in agita-zione la comunità degli astrofisici e dei biochimici, ed è giusto così, per-ché di eretici come Fred Hoyle la scienza ha sempre bisogno per evitaredi crogiolarsi in troppe sicurezze. Peccato che sia scomparso. Il mondosarà più triste senza Sir Fred. Nel romanzo di cui parlo, una nuvola co-

smica intelligente, che ama l’Op. 106 di Beethoven, oscura il sole cau-sando sulla Terra un'era glaciale. Mi piace molto anche un altro libro diHoyle, A come Andromeda (1962), dal quale fu tratto negli anni settan-ta un famoso sceneggiato con Luigi Vannucchi (attore bravissimo e digrande presenza scenica, prematuramente scomparso; chi lo ricorda an-cora oltre al sottoscritto? Interpretò anche Guido Cavalcanti, uno deipoeti che più m’è caro, in un altro sceneggiato di quegli anni) e PaolaPitagora. Vi si ipotizza la ricezione di un messaggio radio provenienteda una civiltà extraterrestre contenente le istruzioni per costruire ungrande calcolatore. Idea ripresa da Carl Sagan, altro astronomo di famainternazionale, convinto assertore dell’idea che non siamo soli nell’uni-verso, nel suo romanzo Contact, dal quale nel 1997 è stato tratto undiscreto film con Jodie Foster.

C’è ancora 84 Charing Cross Road, di Helene Hanff, nel quale, attraver-so una corrispondenza ventennale, si racconta la storia vera dell’amici-zia tra una scrittrice americana e l’impiegato di una libreria londinesespecializzata in libri usati. Grazie al comune amore per i libri e pur nonincontrandosi mai, i due finiscono per vivere buona parte della loro vi-ta in una profonda intimità, fatta di reciproci racconti, esperienze dilettura, discrete confessioni e, all’occasione, aiuto concreto Il libro miaffascina perché parla di libri e di amore per i libri; perché la Hanff èuna tipa tosta, abituata a lottare, e la sua America è quella del 1949, eci si può ancora credere; perché in librerie come quelle io non ci sonomai entrato ma l’ho sempre sognato; perché ne hanno fatto un filmmolto bello, interpretato da una bravissima Anne Bancroft e da ungrande Anthony Hopkins.

E infine c’è Whisky e gloria, di James Kennaway, che ci porta nella ca-serma scozzese nella quale è di stanza un battaglione del glorioso reg-gimento Highlanders, al cui comando è il vecchio Jock Sinclair, un mili-tare venuto dalla gavetta, umano, generoso e amante del buon whisky.Jock ha condotto eroicamente i suoi uomini in guerra e incarna per tut-ti storia e leggenda del reggimento, eppure si vede ora sostituire da undamerino più giovane, fanatico della disciplina, che ha studiato a Etone a Oxford e ha fatto le migliori accademie, ma non ha mai combattu-to. Jock sarà anche tradito dagli amici e dalla donna che ama, ma allafine, pur sbiellando un poco, si rivelerà centomila volte meglio di tutti ipuzzoni che gli stanno intorno. Il suono struggente delle cornamuse, ilwhisky a fiumi, i tilt, le giacche cremisi, il gelo dell’inverno scozzese, latradizione, l’amicizia… Buon Dio, che goduria. Nel 1960, ne hannotratto un film, un bel film, anche in questo caso, che rende bene lo spi-rito del libro, interpretato da un superlativo Sir Alec Guinnes (ah, igrandi attori inglesi!)

CC NN NNAnno III - Numero 9 Aprile-Giugno 2005pagina 5

Vecchi amici di Roberto Michilli

Il ciclo di conferenze sui cibi antichi conti-nua, con Andrea Staffa, col tema Usi alimen-tari e suppellettili a tavola ed in cucina traetà romana e l’alto medioevo.La continuità dei manufatti collega l’econo-mia della nostra cucina ai metodi antichi di

stare a tavola. I romani mangiavano tre volte al giorno, nelle ore:7-8 per la colazione, 11-12 per il pranzo leggero, 18-19 per la cenaconsistente. Un sistema rimasto immutato, nelle nostre campagne,fino a noi. Attraverso lo studio delle ceramiche si può ricostruire, aldi la delle fonti, la qualità della vita. Forme e tipologie, di vasi dacibo, si rincorrono nei secoli e nelle epoche, dai Prepuzi diCampovalano alle numerose grandi ville romane sul territorio cam-plese, dalle invasioni Longobarde all’epoca Carolingia. Dal model-lo, i vasi si capiscono se sono importati, se servono a stare a lungosul fuoco, se devono essere ospitati su piani di cottura alti o inter-rati. Quando nel III secolo il fenomeno della cucina monumentalefinisce, l’Italia è in periodo di crisi. In epoca Longobarda nel VI se-colo, maiali e bovini crollano nella produzione e resistono gli ovini,le cui carni richiedono cotture lunghe. Per esempio cuocere in fornicon poco ossigeno favoriva il compattamento della ceramica, checosì era più resistente. Lo studio delle fornaci aiuta a capire ulte-riormente le evoluzioni dei vasi e della vita. Si passa da quelle ro-mane lunghe 4-5 m (industrializzate), a quelle dell’alto medioevodi 1,5 m (uso locale). L’utilizzo della pietra ollare delle alpi, in epo-ca carolingia, cambia il modo di cottura e dei cibi usati.Nel teramano, nel IX secolo, si conosce un surplus alimentare, chefavorisce commercio ed economia; di riflesso cresce e si diffondenuovamente la ceramica. Dopo il periodo della ceramica invetriataXI-XII secolo, si arriva alla maiolica.

Francesca Farina

Ceramica antica da cucina

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CC NN NNAnno III - Numero 9 Aprile-Giugno 2005pagina 6

Una lunga storia che, dai moti rivoluzionari del1848, porta a Campli. Una storia che si è conclu-sa cinque anni fa con la morte della protagoni-sta, ma che continua a mantenere viva l’atten-zione sul territorio farnese per la particolaritàdella vicenda. Una storia singolare, quella dellafamiglia Rotoloni, che ha concluso una delle fa-si più significative del nostro non più tanto re-cente passato. Tutto ha inizio nel 1849 quando,durante le insurrezioni che coinvolserol’Abruzzo per la liberazione del RegnoBorbonico, Pietro Rotoloni, fervente mazzinia-no, fu fatto prigioniero dall’esercito reale. Lapena per gli insorti era l’esecuzione capitale maper Rotoloni non era ancora giunta l’ora di mo-rire. La buona sorte volle, infatti, che il capitanodella guarnigione, che aveva decretato l’ucci-sione del ribelle, morì prima che la condannafosse eseguita, consentendo a Rotoloni di averesalva la vita. La sua condanna fu commutata incarcere duro e, secondo quanto riportato in undocumento del 5 luglio 1850, Rotoloni fu con-dotto “a’ ferri ne’ bagni”, ovvero nella prigionedi Pescara, per scontare 20 anni. In quegli anniLuigi, primogenito di Pietro, non potendo re-stare vicino al padre in prigione, venne condot-to nel collegio di San Bernardino di Campli, do-ve vi resterà per 10 anni. Nel frattempo laStoria corse veloce e, in poco tempo, numerosi

cambiamenti stravolsero il panorama politiconazionale. Con l’unificazione d’Italia del 1861,tutti i prigionieri che avevano partecipato aiprimi moti insurrezionali furono liberati e, insegno di riparazione per i duri anni di prigio-nia, venne concesso loro risarcimento. AnchePietro, in qualità di “danneggiato politico”, ri-cevette un assegno vitalizio di 150 lire, riscuoti-bile fino alla terza generazione. Così, alla mor-te del padre, fu Luigi ad usufruire del vitaliziopaterno, ma dovrà attendere non poco per po-ter cedere questa preziosa quota ai suoi eredi.Nel giro di pochi anni, infatti, Luigi perse benquattro figli nati dal suo primo matrimonio euno successivo nato dalle seconde nozze. Solonel 1911, alla veneranda età di 70 anni, nacqueLucia Rosa alla quale Luigi potrà tramandare ilsuo vitalizio. Intanto l’assegno, al termine delsecondo conflitto mondiale, arrivò alla rispetta-bile somma di 2.495 lire. Per Lucia la riscossionedi questo indennizzo fu sempre motivo di orgo-glio, per questo, fino a quando la salute glieloha consentito, ha voluto andare ogni anno dipersona a ritirare l’assegno. Con la scomparsadi Lucia, si conclude la storia che ha permessoad uno dei protagonisti delle lotte per l’unifica-zione italiana, di intersecarsi con il territorio diCampli. In un necrologio di Lucia Rotoloni silegge l’iscrizione “danneggiata politica delle

Province Napoletane per l’Unità d’Italia”. Per ilcomune farnese, che ha ospitato gli eredi diPietro Rotoloni, è importante non dimenticare.

Lucia Rosa Rotoloni di Manuela Martella

Nipote di Pietro, mazziniano, riscuote la pensione di “Danneggiata politica”

Vito Giovannelli, incisore sopraffino tra i mag-giori esperti dell’arte popolare abruzzese, hapubblicato “La zampogna zoppa negliAbruzzi – repertorio iconografico”(Accademia dei transumanti degli Abruzzi –Chieti Archivio di Stato, Pescara 2004), un li-bro magico per riscoprire tradizioni, cultura

popolare e radici del nostro passato.Attraverso un rigoroso percorso di ricerche,Giovannelli ci porta a conoscenza di un patri-monio culturale abruzzese troppe volte disat-teso.Nel libro si pubblica una xilografia di una im-maginetta sacra raffigurante la nascita di

Gesù, che gli zampognari abruz-zesi diffondevano in occasionedella Novena di Natale. In que-sto periodo, infatti, i santarella-ri camplesi tornavano per quat-tro mesi circa a Campli aritemprarsi e riorganizzarsi peril loro lavoro itinerante che liportava a vendere immaginettesacre in Italia, Europa,Mediorriente e Asia.La xilografia (stampa da incisio-ne su legno) è detta di ScuolaCamplese, un’attribuzione chefinalmente riconosce alla cittàdi Campli e al suo territorio,una produzione propria di im-maginette devozionali protrat-tasi nel tempo e sfociata nel fe-nomeno dei “santarellari” che,dalla metà dell’Ottocento e lametà del Novecento, crea unmovimento economico e socialestraordinario.La stessa xilografia, Giovannellil’aveva pubblicata su “La zam-pogna in Abruzzo” e fatta ri-stampare a cura del Direttoredell’Ac.Ta. a ricordo del primonatale del terzo millennio –Chieti 25 dicembre 2001.

A ribadire la ricerca del Giovannelli ad atte-stare la tradizione antica dell’uso della zam-pogna nel teramano voglio citare un docu-mento del Muzii, conservato ancora ogginell’Archivio Comunale di Teramo (cfrCappelli- Di Francesco-Fiori, o.c., pag 170, n.161, del 26 aprile 1374), citato dal Palma sullaStoria … (vol. II, p. 171, che così recita: «Ed es-ser poteva in realtà più che un mero puntigliolo strepito, che i Rappresentanti di Teramo fe-cero in Napoli, dal perché il Giustiziere dellaProvincia, ed il Regio Capitano si avvalevanotalvolta di due Trombette, di un Tamburo, edi un suonatore di cornamusa, stipendiati dal-la Città? Ad ogni modo la Regina ordinò nel1374. ad entrambi gl’Impiegati ch’evitassero imotivi di ulteriori richiami (Muz. di. 2. ms.)».Il professor Vito Giovannelli ha già espresso lavolontà di donare la sua preziosa collezioned’immagini popolari abruzzesi, alla città diCampli, proprio per riconoscerne il contributoeccezionale apportato alla conoscenza e dif-fusione. In occasione della presentazione delmio libro “Madonne incise”, Giovannelli con-segnò al vicesindaco Cordoni una preziosastampa su rame raffigurante S. Pancrazio, pa-trono della Città, come primo simbolico donodella propria collezione al Comune di Campli.Oggi si trova appesa nella stanza del Sindaco. L’attuale Amministrazione prima di acquisirela collezione dell’incisore pescarese, attendel’apertura del Museo d’Arte Sacra nell’ex con-vento di S.Onofrio a Campli, curato dallaSoprintendenza P.S.A.E di L’Aquila, perché ri-tenuto il luogo deputato a ospitare le antichestampe. Tramite una specifica convenzione, lacollezione Giovannelli, nel Museo avrà la giu-sta collocazione, fruibilità e consultabilità.

Xilografia di Scuola CampleseVito Giovannelli pubblica un’antica immagine votiva sulla nascita di Gesù ideata e stampata a Campli

1924 - Lucia Rosa Rotoloni all’età di 13 anni quandodivenne titolare dell’assegno vitalizia

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Anno III - Numero 8 Gennaio-Marzo 2005 pagina 7 - ISPECIALE

In una fredda sera di febbraio mentre io,Luigi, e l’altro, Davide, i due disoccupati diNocella, oziavamo spaparazzati sui divanidavanti lo schermo per una blanda partita di“Cempions lig”, ci desta dal nostro torporela pacata voce di ‘Ndonje de Cianganelle. Le nostre birre….la mia birra e lo storicoACE di Davide (comprato appositamente perlui anche dal Refettorio di Campli) poggiatesulle gonfie pance da nullafacenti sobbalza-no alla sua offerta; dopo una naturale solitabreve introduzione (10 minuti di monologhi)ci propone: “Volete partecipare alla diffusio-ne del mezzo d’informazione CNN?”Caspita!!!! ci veniva offerto un lavoro! E chelavoro…la CNN!!! Già ci vedevamo lì intrepidi repoter nel cuo-re dell’azione diretti chissà dove…Iraq…Afganistan… Scampia…. Li Missr (VillaMasseri).Io con esperienza triennale nelle forze arma-te mettevo a disposizione la mia conoscenzae a lui neo laureato che si vedeva davanti al-trimenti il consueto futuro di tutti i giovanilaureati italiani, questa proposta poteva rap-presentare la svolta della vita!! Nessuno ciavrebbe fermato…niente più genitori e ra-gazze che ti assillano e ti rompono i….(vabèh si è capito) per farti trovare un lavoro!Annebbiati dalla proposta rispondevamo en-tusiasti alla proposta di ‘Ndonje…stappandogià le prime bottiglie di champagne e salu-tando gli amici.Ma ben presto la triste realtà si delineavadalle spiegazioni di Antonio…ci parlava divolantini…di popolazione si, ma Nocellese eal massimo della “lontana” Traversa…di unatiratura di “ben” 3000 copie…che il famosonetwork americano si sia dato alla cartastampata e voglia cominciare dal Comune diCampli??? ok, c’è la destra al governo…madi un meeting tra il Sindaco Stucchi e ilPresidente Bush in tv non se ne è parlato…nemmeno a Teleponte!!!Ma cosa succede? Ci trasferiamo dalla salavideo alla lussuosa sala lettura (abbiamo lasala ma non i lettori!!! n.d.r.) opera del gen-

tile direttivo del Circolo (a proposito, iscrive-tevi!!! La campagna abbonamenti è ancorain corso! Veniteci a trovare e non ve ne pen-tirete: Circolo Il Melatino info 0861/560003ore serali... anche notturne… non per farepubblicità eh?!?).Dicevamo…entrati nella sala scopriamo l’in-ghippo! Da ‘Ndonje non ce la aspettavamoproprio!!!!Si trattava si di CNN ma intesocome……CAMPLI NOSTRA NOTIZIE…...!!!!!Il sogno di una vita fatta di soldi, fama, suc-cesso, belle donne, viaggi…si era infrantocontro le bianche pagine del trimestrale diun piccolo paesino di 7000 anime (compresele anime dei defunti naturalmente….).Dovevamo distribuire una parte delle 3000copie di CNN (come 3000, una per ogni dueabitanti del comune,…che paese di letto-ri!!!) casa per casa! Come, noi baldi giovanidi belle speranze e dal futuro brillante dove-vamo fare del porta a porta!!!??? E per dipiù gratis!!!!????Le nostre facce potevano essere paragonatea quelle degli interisti ogni anno a finecampionato...o a quella di Fede quando unComunista ha tirato un cavalletto alPresidente (operato-operaio)…o come quel-la di Fassino….sempre!Comunque avevamo dato la nostra parola equel che è fatto è fatto! Mentre ci ingegnavamo sul da farsi, comin-ciamo a sfogliare “questo oggetto misterio-so”: CNN e…dobbiamo ammettere che èdavvero interessante! Gli articoli sui rifiutitossici o sulla viabilità mettono in risaltoproblematiche non conosciute ai più (tra cuinoi); ma anche valorizzazione del patrimo-nio artistico e culturale di Campli, la “sfida”lanciata dall’associazione “Il Monticchio”(poi ci spiegherete che vuol dire) sulla valo-rizzazione dei Monti Gemelli e raccolta dalCircolo Il Melatino (nome derivante dallafamiglia che valorizzò il paese nel….vabeh!, in quegli anni là) che vuole riportareil paese di Nocella a un più decoroso aspet-to. E in ultimo la disfida a suon di versi tra i

poeti camplesi (tra cui il nostro ‘Ndonje).Senza dimenticare l’omaggio al nostro loca-le preferito, sede di indimenticabili seratecon gli amici del paese a base di wurstel,patate e birra!… Naturalmente CAMPLI NOSTRA NOTIZIElo conoscevamo già: però quella sera fu unpo’ come essere chiamati a farvi parte, a ca-pirne meglio l’importanza, a conoscerlo dal-l’interno con meno svagatezza: al di là delnostro tono scherzoso, ora possiamo tran-quillamente affermare che poter contare suun giornale locale, su un mezzo di comuni-cazione attento e aperto alle problematichedei cittadini di ogni età…….beh, questa èdavvero una gran bella opportunità!Ero immerso in tale silenziosa riflessionequando, all’improvviso, il mio neurone su-perstite nel vuoto del mio cranio iniziò a di-menarsi per attirare attenzione: ma io,prendendo ispirazione dal mio alter egoHomer J. Simpson, cercai di metterlo a tace-re per non fare troppi sforzi nel pensare:“tanto, dissi tra me e me, ci penseràDavide”. Ma il neurone scalpitò come la bollicina disodio in acqua Lete, e allora l’idea vennefuori: “cominciamo subito, cribbio!, possia-mo portare le prime copie nei locali dellaTraversa!” “Davide, si parte!!!”. Impugnate le copie,alle 23:30 accendiamo la mia macchina(mia,…va beh dei miei, anzi grazie papà,ma la macchina è a secco!) e ci recammo neisuddetti locali (naturalmente senza fare inomi per evitare pubblicità occulta…) la-sciando lì alcuni mazzetti delle copie a noiaffidate. Tornati al calduccio del Circolo (Robè, peròappëccëli ssì tërmusëfune…) riprendemmola nostra serata stravaccati sui divani, sgra-nocchiando pizze e bevendo birra….io, per-ché Davide…lo sapete no?……però sentiva-mo un chiaro accenno di gratificazione e ciorganizzammo subito per il porta a portadel giorno dopo: per far arrivare CNN inomaggio a tutti i nocellesi, di buon’ora!

CC NN NNCAMPLI NOSTRA NOTIZIE

Da diffusori a redattori: la fulminante carriera di Luigi e Davide!a cura di Luigi Conicchioli e Davide Ciarrocchi giovani dirigenti del Circolo Il Melatino

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CC NN NNAnno III - Numero 9 Aprile-Giugno 2005pagina 8 - II SPECIALE

Il nucleo storico di Campli nel XIII secolo eragià rilevante, sotto l’aspetto urbano, e dotatodi un sistema difensivo efficace.Il Gavini su La storia dell’architettura inAbruzzo cita i duecenteschi palazzi porticatidel Corso di Campli. In quell’epoca la ricca cit-tà, gia dotata di mercato settimanale e fiere,era fortemente in espansione demograficatanto che i nuovi borghi di Nocella eCastelnuovo si urbanizzarono velocemente.Il sistema di fortificazione, tra i secoli XIII eXIV del trimonzio camplese era di quanto piùmoderno ed efficace si potesse realizzare. Aitre nuclei abitati della città, difesa lungo ifianchi dalle ripide coste scavate dai torrentiFiumicino e Siccagno, si poteva accedere at-traverso un sistema viario protetto da Portefortificate di difesa. Al quartiere di Nocella siaccedeva tramite tre ingressi: Porta da Capo aovest, Porta da Piedi a est (verso il nucleo cen-trale di Campli), Porta Sant’Angelo a sud. Alcentro di Campli si accedeva da quattro in-gressi: Porta S. Chiara a ovest (verso Nocella),Porta del Castello a est (verso Castelnuovo),Porta S. Paolo a sud (verso Teramo), Porta S.Salvatore a nord (verso Ascoli Piceno). Unastrada fortificata univa Porta Castello ad unaquinta Porta detta Porta Viola dalla quale siaccedeva ai mulini e ai frantoi lungo i torrentiFiumicino e Siccagno. Porta Viola era collega-ta con Porta Capo Castello a ovest del quar-tiere di Castelnuovo, con lo stesso sistema di

Campli centro e Nocella. Vale a dire con unastrada tortuosa realizzata su un fossato artifi-ciale (come sostiene il Palma) che assicurava lamassima condizione di difendibilità. A est ilquartiere di Castelnuovo era difeso dallaPorta Orientale, detta anche del Sole,Angioina, e di S. Giovanni, oggi l’unica a noipervenuta.Nel quartiere di Castelnuovo il continuo au-mento demografico e la scarsità delle areefabbricabili all’interno della fortificazioneavevano costretto a costruire le nuove abita-zioni direttamente addossate alle mura di di-fesa. Era necessario un nuovo e più efficace si-stema difensivo verso le Piane a oriente,capace anche di permettere uno sviluppo ur-bano del quartiere fortificato. Nel borgo cosìsi realizzò una seconda cinta muraria, difesa

da torrioni e dalla poderosa Porta Orientale.Le mura di fortificazione seguivano l’anda-mento del terrazzamento alluvionale (solo direcente sono state abbattute quelle dietrol’attuale scuola dell’infanzia). Tracce di muradi fortificazione originali si trovano inglobatenella casa detta dei “Bacchetta”. Nel 1352 si ha notizia, come per Teramo, delrafforzamento e risistemazione delle fortifica-zioni della città. La Porta Orientale, effigiatadai tre stemmi in pietra della Real Casad’Angiò (oggi quasi illeggibili), sicuramente èriferibile come datazione di costruzione aquella data.Non a caso in quell’anno Campli rimase im-mune dalle devastazioni del Cavaliere di Rodi,Fra Marziale di Provenza, che dalle Puglie sidirigeva nelle Marche "degradando, guastan-do e incendiando", con un esercito formatoda 1500 lancieri (barbuti) e 2000 fanti.Per alcuni storici la Porta Orientale fu ultima-ta nel 1371, quando si concesse alla città il di-ritto di scegliersi il Giudice delle cause civili alpari di Teramo. L’anno dopo, nel 1372, Camplifu dichiarata libero comune.Il Palma nel secondo volume (p. 60) de laStoria …, così recita «Non essendo da questaultima parte difesa la Terra da naturali dirupi,eravi un secondo recinto, munito di buoni tor-

rioni e di fossato arti-ficiale, con ponte le-vatojo, ridotto neitempi di pace a pontestabile di mattoni». LaPorta era strutturataper difendere unastrada accedente alponte levatoio, chescendeva tortuosa-mente verso il fiume.In questo modo eraveramente agevolecontrollare l’accessoprincipale alla città.La stupenda Porta fucostruita secondo idettami tecnici piùevoluti dei fortilizidella metà delTrecento, quando an-cora non era entratain uso la polvere dasparo per fini bellici.Oggi la PortaOrientale di Camplipuò considerarsi unodei migliori esempid’ingegneria militaredifensiva medioevaleconservati in Abruzzo.La massiccia Porta erafornita di caditoiepiombanti (oggi senzale merlature) e di feri-toie per gli arcieri e ibalestrieri. Pochi de-cenni più tardi la tec-nologia militare, conl’uso della polvere dasparo, fece passi dagigante, rivoluzionando il modo di condurrela guerra e di costruire i sistemi difensivi. Allafine del XV secolo la maestosa Porta Orientalerisultava già inadeguata rispetto alle armicorrenti. Probabilmente anche per questomotivo, nello stesso periodo, vi si elevò la tor-re campanaria asservita all’attigua chiesa di S.Giovanni Battista, che caratterizza fortemen-te l’inconsueto aspetto architettonico dellaPorta Angioina.Oggi ancora sono evidenti sulle mura di de-stra (vista di fronte) i resti di tre feritoie postesu tre livelli di altezza. Risulta evidente il con-cetto difensivo in rapporto alla sottostantestrada di allora, che scendeva nella scarpatafluviale.

Porta Orientale di Nicolino Farina

Uno dei migliori esempi d’ingegneria militare medioevale conservati in Abruzzo

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CC NN NN Anno III - Numero 9 Aprile-Giugno 2005 pagina 9 - IIISPECIALEA sinistra, la Porta si “attacca” alla chiesa diS.Giovanni Battista che strapiomba sul torren-te Siccagno. Nota alle fonti fin dal 1128, lachiesa oggi si presenta quasi inalterata nellaveste trecentesca. Potrebbe ipotizzarsi una

sua “ricostruzione”proprio nello stessomomento della co-struzione della PortaOrientale. Sul latoesterno della chiesa,lungo il corso, sonomurate dei conci dipietra a mo’ di men-sola, disposti caden-zati longitudinalmen-te alla parete, nonparalleli alla strada,ma secondo una li-nea obliqua che scen-de verso il basso manmano che ci si allon-tana dalla strutturadella Porta. Sulle mu-ra interne (di controfaccia) della Porta, incorrispondenza delpunto dove finiscel’immaginaria lineadisegnata dalle men-sole, oggi si vede unapietra rimessa, quasia tappare un foro.A livello di ipotesi,secondo una mia per-sonalissima elabora-zione, è possibile im-maginare nellemensole i resti di unsistema ingegnosoper alzare e abbassa-re il ponte levatoio didimensioni sicura-mente considerevoli.In pratica, tramite unargano posto lonta-no dalla Porta, per

una migliore protezione degli uomini prepo-sti al funzionamento e per un’adeguata strut-turazione fisico-meccanica della “macchina”,una fune (o una catena) scorreva sulle menso-le protette dal legno per abbassare o alzarevelocemente il ponte levatoio. La velocità delmovimento, era un requisito essenziale perun sistema a ponte levatoio.Nel 1370 la chiesa di S. Giovanni era “sempli-ce” Rettoria. Il suo interno rivela una singola-re struttura a due navate con distinte capria-te, delimitate al centro da una parete su cui siaprono due grandi archi a tutto sesto, di mi-sure differenti. Per secoli la struttura dellachiesa ha fatto pensare a una suddivisionedella stessa a tre navate, con senso trasversale

rispetto all’attuale, o più semplicemente unachiesa a una sola navata cui successivamentesi è aggiunta una seconda navata.Attualmente si è più propensi ad annoverarlatra le rare chiese abruzzesi a due navate co-me, per esempio S. Maria a Lucoli di L’Aquilae, per certi versi, a SS. Rocco e Silvestro adAiello di Crognaleto. La facciata della chiesa si presenta in modoanomalo con cuspide leggermente asimmetri-ca rispetto alle linee d’asse; il portale è spo-stato a sinistra, centrale solamente a una na-vata.La singolare chiesa, a mio parere, sembra co-struita così per non arrecare un peso troppoconsistente al bordo della scarpata, quasi ver-ticale, in modo da non compromettere la si-tuazione geologica in cui insiste. Si ha l’im-pressione che la struttura della chiesa sia statastudiata anche tenendo conto della PortaOrientale, chiamata pure S. Giovanni, e delladifendibilità del luogo. Una strutturaleggera che non compromette il ter-razzamento a strapiombo, su cui ècostruita, e contemporaneamentecapace di proteggere dalle armi diallora l’interno del centro abitato, incaso di assedio. Lo stesso portale, sa-gomato a “gola di toro”, stilistica-mente è riferibile alla seconda metàdel Trecento Nessuno storico o studioso, finora,ha messo in correlazione la strutturadella Chiesa di S. Giovanni Battistacon il sistema difensivo della città al-l’epoca della costruzione di PortaOrientale. Il connubio tra la strutturacivico-militare di difesa e la fabbricacultuale mi sembra da approfondire,anche per un riscontro con anologacostruzione nella vicina Civitella delTronto.La Guerra del Tronto, scatenata daPapa Paolo IV (Gio. Pietro Carafa)nemico della Corte di Spagna, decre-tò la fine del sistema difensivo diCampli, staordinario in epoca me-dioevale ma obsoleto alla metà delCinquecento.Il 15 aprile (giovedì santo) 1557Campli, rifiutata la resa, fu presa dal-le truppe papaline e francesi coman-date dal Duca di Guisa (1500 fantiitaliani, 500 fanti francesi, 150 cava-

lieri) che riuscirono a penetrare nella città, sepur con un tradimento. Così lo racconta ilPalma (Storia …, vol.III, pp. 60-63), testo ripor-tato anche dal Rozzi (Breve monografia diCampli, pp.92): «… Non aveva il Governatoredegli Abruzzi guarnito Campli di alcun presi-dio; né si aspettavano certamente i Camplesidi essere attaccati i primi, essendovi fra la loroterra ed i confini altri luoghi intermedii; emolto meno se lo aspettavano in un giornotanto ai cristiani rispettabile (giovedì santo).Sommamente imbrogliati chiesero sei giornidi tempo a deliberare.Mentre erano in queste pratiche, alcuniAscolani scalarono le mura dalla parte diCastelnuovo, ciò non avvenne senza tradi-mento.Alessandro di Andrea scrisse essersi tenutoper fermo che nella casa di un Camplese era-no stati in quella notte racchiusi quindici oventi ascolani. Secondi il Riccanali il fellonesarebbe stato un marchigiano domiciliato inCampli, dimostrando grande interesse per ladifesa, seppe dare al nemico l’adito di pene-trarvi.Coloro che erano alla guardia delle muraglieaccortosi appena del tentativo, spararono cer-ti pezzi di ferri chiamati Falconetti, e delle ar-chibusate, che recarono qualche danno aiGallo-Pontifici, ma gli accesero il furore, tal-chè spingendo tutti con impeto, si vide in unbaleno, la terra piena di nemici e di disastri.…».La città fu orrendamente saccheggiata, deva-stata, insanguinata subendo ogni sorta diatrocità. Si calcolò un danno di oltre 200 miladucati; lo spirito e l’onore dei camplesi furonomaggiormente feriti. Da quel giorno gli abi-tanti di Campli non pensarono più a adegua-re le fortificazioni della città.Porta Orientale, ancora oggi poco conosciutaper i suoi aspetti architettonici civili e militari,straordinariamente qualificati anche in ambitonazionale, rappresenta un bene culturale asso-lutamente da salvaguardare e valorizzare.

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CC NN NNAnno III - Numero 9 Aprile-Giugno 2005pagina 10 - IV

Campli sempre più è ambita dal turismo cul-turale e religioso. Le sue indubbie bellezze ar-chitettoniche, artistiche, mussali e culturali,concentrate nel centro storico, sono una metaambita non solo del turismo di massa, ma an-che del turismo colto, per qualcuno elitario,che cerca di scoprire le realtà storiche italianemeno conosciute.Il dottor Salvador Miguel Porcaro, organizza-tore di viaggi diplomatici, sabato 5 marzo haportato in visita a Campli gli ambasciatori, ac-

creditati pressola Santa Sede,di: Austria,Biscia edErzegovina,Slovena, SerbiaMontenegro,Romania (pres-so il Quirinale),Cina, Messico,Cile, Nicaragua,Honduras,RepubblicaCeca, Croazia,accompagnati

dal dottor Luigi Pilloni Gentiluomo di suaSantità Giovanni Paolo II.Il cospicuo corpo diplomatico è stato accoltonel Palazzo del Parlamento. In sostituzionedel Sindaco Stucchi influenzato, l’assessoreAldo Guerrieri, insieme a tutte le autorità civi-li, religiose e militari del Comune, ha dato ilbenvenuto ai diplomatici con un sincero dis-corso d’accoglienza, culminato con un brindisidi augurio. Dopo lo scambio di alcuni doni, ilparroco don Antonio Mazzitti ha guidato gliospiti presso il Santuario della Scala Santa,principale oggetto di visita della delegazione.I diplomatici avevano notizie del Santuariocamplese per via di una visita di una diversadelegazione Vaticana fatta tre anni fa. Inquell’occasione nei salotti romani si parlòmolto della Scala Santa camplese e delle sueindulgenze. Fece notizia il fatto che molti am-basciatori salirono in ginocchio la Scalinatad’onore del Santuario. Così è successo anchein questa occasione: quasi tutti i diplomatici,per rigenerare la propria fede,hanno praticato il rito dei 28 scali-ni saliti in ginocchio.Sotto la guida del nostroDirettore, Nicolino Farina, dallaScala Santa gli ospiti sono passatialla visita dell’intera cittadina. Ilcorpo diplomatico è rimasto sor-preso dalla quantità e dal valoreartistico dei beni culturali cample-si, con particolare menzione alPalazzo del Parlamento, PortaAngioina, Casa del Medico, Chiesadi S. Francesco, il Duomo e ilMuseo Archeologico.La delegazione Vaticana per ilpranzo è stata ospitata dalComune di Civitella del Tronto.

Prima di partire, però, i componenti del corpodiplomatico hanno voluto rilasciare una con-statazione: con le nuove realizzazioni delMuseo d’Arte Sacra e del Parco Archeologicodi Campovalano, la valorizzazione delSantuario della SS. Trinità, la città dei Farnesesi pone come una delle mete turistiche cultu-rali e religiose più ambite d’Abruzzo.

Ambasciatori in Vaticano...turisti a CampliUna delegazione di diplomatici accreditati nella Santa Sede visitano il Santuario della Scala Santa

Domenica 6 marzo una delegazione multireli-giosa balcanica, ospite dell’Università degliStudi di Teramo, ha fatto visita a Campli perconoscere, nel territorio, uno degli esempi piùrilevanti di cittadina ricca di storia, arte, cultu-ra e tradizioni attraverso i secoli. La delega-zione accompagnata dal dottor Silvio Orsinidell’università di Teramo era composta da:Monsignor Mato Zovkic, Vicario GeneraleSarajevo; Jovanovic Vania, sacerdote ortodos-so; Kozemjakin Boris, Presidente comunitàebraica Sarajevo; Silajdzic Adnan, professoreuniversitario di Teologia musulmana Sarajevo;Vukovic Simo, Presidente della Facoltà di

scienze motorie e dello sport Banja Luka;Simunkovic Ljerka, professoressa di italianisti-ca Università di Splalato; Zoltan Rihmer, pro-fessore di diritto romano economicoUniversità Cattolica “Petar Pazmah” diBudapest. Dopo il pranzo presso “La locandadel Pompa”, la delegazione ha vi-sitato l’intero centro storico guida-ti dallo nostro direttore NicolinoFarina. Lo storico camplese ha sa-puto coinvolgere l’assortita rap-presentanza slava, cogliendo gliaspetti peculiari dei beni culturalidella città, rispondendo con dovi-zia anche alle numerose domandedei colti e curiosi ospiti.La delegazione multireligiosa ilgiorno successivo (7 marzo) parte-cipava alla giornata inaugurale delCentro Internazionale di StudiInter-Hadriaticum, presso ilPalazzo Gualdi (sede universitaria)di Giulianova. Il Centro, costituitonell’ambito dell’Università degliStudi di Teramo, mira a costituireun laboratorio giuridico interna-zionale di altissimo profilo che,

sulla base di riflessioni su modelli culturali dif-ferenti, possa intessere un dialogo tra le di-versità per l’individuazione di una comunebase giuridica, frutto dei punti di convergen-za possibili.

Campli sempre più di-venta un centro stori-co da portare adesempio, ma rimanefuori dai centri forma-tivi e creativi dellacultura: pensare chesolo qualche anno fal’Università di Teramoaveva chiestoall’AmministrazioneComunale di Camplil’utilizzo del conventodi S. Bernardino. Lo stesso convento,come ci siamo occupa-ti nel numero scorso,è ambito da unOrdine religioso fem-minile. Speriamo chequesta voltal’Amministrazionenon perda il “treno”.

Delegazione multireligiosa visita CampliNella giornata inaugurale di un centro studi internazionale, l’Università di Teramo promuove la nostra città.

SPECIALE

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CC NN NN Anno III - Numero 9 Aprile-Giugno 2005 pagina 11

I restauri del Duomo proseguono e sono final-mente in “dirittura d’arrivo”. Per quelli esternisi è provato una emozione speciale quando,nella piazza principale, si è smontata quasi tut-ta l’impalcatura che copriva la torre e la faccia-ta di S. Maria in Platea. La duecentesca torrecon l’ottagono quattrocentesco è riapparsasplendidamente nelle sue caratteristiche archi-tettoniche originali. La facciata, invece, ha deluso la popolazione,non tanto per la qualità dei lavori, quanto perla colorazione della parte intonacata. Le tre to-nalità dal panna al nocciola tenue, infatti nonaiutano a esaltare la profondità e il volume

delle linee architettoniche volute da GiovanniFontana di Penne. La facciata ha acquisito un effetto polistiroloche appiattisce tutte le volumetrie architetto-niche. Quando nelle mattinate limpide e terse,il sole illumina tutta la superficie prospettica, lafacciata appare completamente bianca, riflet-tente e abbagliante. Nelle giornate coperte oal tramonto la superficie colorata in tre grada-zioni, appare monocolore. L’effetto polistirolo,poi, è ancora più stridente quando si entra inchiesa e si assiste a una esplosione di colore da-ta dallo stile barocco dell’interno.Nella seconda metà del Settecento la chiesa sisistemò definitivamente come appare oggi.Quando il maestro stuccatore-architettoCanturio, ticinese di scuola comacina, realizzò,insieme alla sua “squadra”, due degli altari sul-la navata sinistra e il coronamento delle statuein gesso nella parte alta della navata centrale(1769), sicuramente provvide ad equilibrare ilgusto barocco della chiesa con le decorazioniancora oggi visibili.Di stile barocco, del resto, erano (e sono): lacantoria col maestoso organo del primoSeicento; l’imponente soffitto della navata

centrale, dipinto dal chieti-no Teodoro nei primi annidel Settecento; l’altare mag-giore proveniente da unachiesa ascolana. Anche la meridiana sulla pa-rete esterna, sicuramente sicostruì in quel periodo, per-ché il Canturio era un esper-to di questi sistemi “segnatempo”.La facciata del Fontana fucostruita circa trent’anni do-po, in sostituzione di quellaoriginale duecentesca.L’architetto pennese nonpoteva non tenere conto dicome era stato sistematol’interno della chiesa nel co-struire la facciata.Il Barocco nasce e si sviluppaa Roma, nei primi del Seicento, per diffondersia macchia d’olio in Europa e nel mondo. Il ba-rocco come spirito artistico tende a sollecitarel’istinto, i sensi, la fantasia: vuole affascinare.Esso non rinnega le forme classiche, ma le tra-sforma in maniera fantasiosa e soggettiva.Nella chiesa camplese, il semicerchio con cuitermina la facciata ne può essere l’elementoarchitettonico rappresentativo, così come ilportale in travertino. Ma il barocco stilistica-mente finisce il suo corso agli inizi delSettecento. La facciata camplese, invece, comeattesta la scritta sul portale, viene realizzata al-la fine del Settecento.Dagli eccessi del barocco si passa a un tipo diarchitettura che esprime misura e non privile-gia l’ostentazione. In questo contesto si affer-ma, per alcuni decenni, uno stile dettoNeoclassico. Il neoclassicismo ripropone formegreche e romane, ma svuotate da ogni necessi-tà strutturale. Viene usato per dare agli edificifacciate di nobile imponenza in forme abba-stanza semplici (nel Settecento), per proseguire(nell’Ottocento) secondo forme via via piùcomplesse. La struttura Scala Santa- San Paolodel 1776, per esempio, appartiene a queste lo-giche architettoniche del neoclassicismo.Tenendo conto di queste considerazioni, si ca-pisce come stilisticamente la facciata delFontana sia un compromesso, o meglio unamediazione tra il barocco e il neoclassico.Proprio per questo molti storici, in passato,senza approfondire l’argomento, hanno defi-nito la facciata “poco felice”. Ritengo inveceche con le considerazioni appena espresse sipossa trovare una chiave di lettura più appro-priata, capace di valutare l’opera architettoni-ca molto più favorevolmente.Dobbiamo altresì tenere conto che il Fontananon ebbe possibilità di finire l’opera, costrettoa lasciare la facciata a mattoni senza l’intonacoe con le nicchie senza le appropriate statue.Quelle che si inserirono nelle due nicchie infe-riori (andate perse durante il restauro effettua-to intorno al 1950) erano romane.Giustamente intonacata cinquant’anni fa, lafacciata oggi si doveva dipingere, dopo unostudio coloristico capace di esaltare lo stile“anomalo” della struttura architettonica. Sipoteva far riferimento ad esempi barocchi, co-me gli altari del Canturio o la chiesa delloSpirito Santo a Teramo, oppure a esempi neo-classici come Casa Palma a Teramo. La facciatadi Casa Palma si costruì nei primi annidell’Ottocento, quando la celebre famigliacamplese si trasferì a Teramo. I colori originali

usati per dipingerla furono ilpanna e il grigio-azzurro.Risulta evidente come un’al-ternanza di colori (a voltecomplementari) più “deci-sa”, avrebbe permesso uno“stacco” maggiore tra glielementi architettonici, per-mettendo alla facciata di S.Maria in Platea di assumereun aspetto più imponente.Ma questo non è cosa grave:al colore nel prossimo futurosi può rimediare con facilità.Dobbiamo rallegrarci, inve-ce, per la qualità del restau-ro in generale e in particola-re per quello della torre, cheè tornata magnificamente“in forma”. Sono contentoche nei marcapiano della

torre si siano lasciati i segni delle funi utilizzateper suonare a “festa” le campane.I lavori comunque proseguono. Ci sono da rea-lizzare: il sistema d’illuminazione della torre, lapulizia del portale in travertino, il restauro del-la Madonna con Bimbo in pietra (destinata adessere sostituita con una copia perché l’origi-nale sarà esposta nel nuovo Museo), il ripristi-no dei portoni, la realizzazione nell’ingressolaterale di uno scivolo per portatori di handi-cap, la riapertura della cripta.Una considerazione è doverosa, prima di chiu-dere l’argomento. Negli intenti originali delFontana le nicchie sulla facciata dovevano ospi-tare delle statue appositamente realizzate.Immaginatevi oggi, nelle tre nicchie, statuecultuali sullo stile di quelle realizzate in gessodal Canturio (magari costruite in resina): da-rebbero il “la” ai lavori e finalmente si potreb-be apprezzare a pieno la magnificenza dellafacciata così come idealmente l’aveva concepi-ta il Fontana.Vale a dire una facciata “moderna” mediatacon lo stile interno della chiesa.

N. F.

Restauro del Duomo

Aut. Tribunale di Teramo - Registro Stampa n° 477 del 10/12/2002

Direttore ResponsabileNicolino Farina

e-mail: [email protected]

Direzione e RedazionePiazza Vittorio Emanuele II - 64012 Campli (TE)

Periodico dell’Associazione CAMPLI NOSTRA

Presidente Francesco D’Isidoro

RedattoriAndrea Cantonesi, Nino Di Emidio,

Maurizio Ferrucci, Bernardo Fratoni,Palmiro Gentili, Dario Michilli,

Barbara Pomponi, Fabrizio Scuteri,Donatella Stucchi,

CollaborazioniLa direzione si riserva di apportare modifiche che

riterrà opportune. Gli originali non si riconsegneran-no. La responsabilità delle opinioni resta personale

anno III, numero 9, aprile-giugno 2005 (chiuso il 18 aprile 2005)

Distribuzione gratuitaStampa Deltagrafica Teramo

Si ringrazia il sig. Antonio Alleva per la valente collaborazione

CC NN NNCAMPLI NOSTRA NOTIZIE

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CC NN NNAnno III - Numero 9 Aprile-Giugno 2005pagina 12

Sono quasi venticinqueanni che lavoro e pensonel mio ufficio presso ilMuseo ArcheologicoNazionale di Campli, ep-pure soltanto l’anno scor-so e per semplici coinci-denze, o forseineluttabilità, Don

Antonio scopre che lavoro a pochi passi da lui:Vincenzo..! devi darmi una mano… sai che ciguarda..! (un giovane, troppo giovane uomoche non è più…e che in questa esperienza ab-biamo sentito particolarmente vicino e lonta-no). Si deve proprio a Don Antonio Mazzitti,parroco di Campli, ed alla generosità della co-munità il recupero in extremis della chiesettaagreste di S. Maria di Guazzano abbandonatae caduta in rovina dopo la costruzione, nei pri-mi anni settanta del secolo scorso, della nuovachiesa in cemento armato sul lato opposto del-la strada: la ormai nota “pagoda” eretta con ifondi della allora Cassa per il Mezzogiorno agloria dell’iniquità e delle velleità di quanti vo-levano realizzare a tutti i costi la nuova archi-tettura al di fuori della storia, della cultura,delle tradizioni e dell’ambiente. Un “moderni-smo” a tutti i costi che si è trasformato, già sulnascere, in assoluta assenza di significati e in“un pugno nell’occhio” di chi tuttora inciampacon lo sguardo nell’andare verso la Terra tra i“Monti Gemelli”. Tagliare con la storia, con lapropria etnia come reazione al duro lavoro, al-la sofferenza, a quella dignità di essere veri si-gnifica perdersi, rinnegare le radici della nostraesistenza: è stato solo un attimo di illusione..,solo un attimo… poi la vergogna e poi ancora

la nausea. La strada, appena dopo la chiesetta di S. Mariain Guazzano, si immerge nel suggestivo scena-rio delle Gole del Salinello verso il “Castello diMacchia” (Castrum Maccle, poi CastelManfrino, un borgo fortificato con recinto-ca-stello del XIII-XIV sec. sito nei pressi di Macchiada Sole) per raggiungere le praterie dei Montidella Laga sul confine tra il Regno delle dueSicilie e lo Stato della Chiesa: una Terra di con-fine aspra e selvaggia, ritmata dal lento trans-umare delle greggi e segnata da storie di bri-ganti, di Santi ed eremiti la cui eco ancorapercorre le valli. Il piccolo tempio cristiano fueretto, dunque, sicuramente nell’alto medioe-vo su una via secondaria (un tratturo minoreverso le praterie di alta quota dei Monti dellaLaga) ma particolarmente importante nelloscacchiere difensivo della regione più setten-trionale del Regno. Appena al di qua dellemontagne, a dominare la pianura diCampovalano e la strada maestra di fondo val-le difesa sul confine dalla poderosa fortezza diCivitella del Tronto, S. Maria di “Caniano” con-trollava il passo montano della “Terra senza

nome” di chi scappa e di chi rientra, dei con-trabbandieri e delle scorrerie “notte tempo” dibriganti e traditori, ma anche di pastori , car-bonai e taglialegna. Un logos strategico ecommerciale, una sorta di stazione (caravan-serraglio, chissà forse anche dogana) per losfruttamento delle risorse pastorali e boschivee per chi era solo di passaggio. Il toponimo

Caniano, che compare nei documenti più anti-chi del 1050 e del 1127, suggerisce un predialeromano (da praedium, podere) di un certo“CANIVS”, forse proprio quel C. POMPONIVSmenzionato nell’iscrizione murata sulla facciatadella chiesa come testata d’angolo. L’iscrizionededicatoria, associata ad un rocchio di colonnaed un capitello (oggi non più rintracciabili in si-tu) ed ai numerosi blocchi e blocchetti di tra-vertino di reimpiego, di una originaria struttu-ra in opus quadratum, lascerebbero pensare adun tempio di età repubblicana. Il sito dominal’area cultuale di Campovalano (necropoli delIX-II sec. a.C.) sulla via per il piceno ed il vicusdi quel ricco patrizio (AURELIVS ANDRONICVSNICOMEDENSIS ? Iscrizione trascritta da GioBernardino Delfico, Dell’Interamnia Pretuzia,1812) del sarcofago paleocristiano (III sec. d.C.)murato nella chiesa di S. Pietro. Dall’analisi preliminare delle strutture si posso-no rintracciare sei fasi struttive ben distinte inristrutturazioni ed ampliamenti che si comple-tano nel 1885 con la costruzione della piccolatorre campanaria a pianta quadrata (la data èscolpita sul retro, in alto). I resti della fase ro-mana (del probabile tempio di età repubblica-na), di cui facevano parte i numerosi blocchi ditravertino, l’iscrizione dedicatoria, il rocchio dicolonna e il capitello, potrebbero ancora esse-re rintracciabili nelle sostruzioni del complessoalto-medioevale. La S. Maria in “Caniano”, deidocumenti dell’XI-XII secolo, potrebbe esseresorta sulle rovine delle strutture romane atte-stando la continuità di frequentazione (tempiopagano – tempio cristiano) di un luogo strate-gico tradizionalmente legato al culto. Le strut-ture cristiane più antiche insistono sul lato de-stro, in continuità con la chiesettaottocentesca, e vengono in avantifin quasi all’altezza della croce sulsagrato. Tracce delle fondamentasono state individuate recente-mente durante i lavori di livella-mento e di bonifica del sito. La fa-se alto-medioevale è statainteressata da una radicale ristrut-turazione di epoca cinquecentescacome attestano la porta in conci ditravertino di reimpiego muratanella struttura più antica sul sagra-to e un lacerto di affresco, all’in-

terno di una nicchia, raffigurante la Madonnacon il Bambino. Questa fase ben si inquadracon i documenti del 1539, quando il patronatodella “curata” di S. Maria in Guazzano (toponi-mo attuale) risulta essere di pertinenza del pre-posito di S. Margherita di Campli e di alcunefamiglie della Città, e del 1600 quando la villadi ”Guazzani” viene separata dalla Diocesi diTeramo per essere sottoposta al Vescovo diCampli e Ortona (istituzione della Diocesi diPapa Clemente VIII). Gli ultimi interventi sono,in ordine di tempo, quello probabilmente set-tecentesco della chiesetta a pianta rettangola-re, l’aggiunta dell’abside nel 1881 (su una mat-tonella del tetto), la torre campanaria del 1885,poi l’abbandono degli anni settanta, il recuperocon il rifacimento del tetto e la sistemazionedella zona presbiteriale con la Mensa ,l’Ambone, la Sede e i seggi delle quali mi sonooccupato direttamente.La nuova sistemazione della zona presbiterialeè nata dalla volontà di voler dare, a questa pic-cola e semplice chiesa agreste, una rinnovatacarica spirituale con la progettazione di ele-menti forti di tradizione cristiana legata alle ori-gini con quella forza sacrale e mistica espresse

più tardi nei complessi religiosi dell’alto me-dioevo. Una iconografia semplice delle originicristiane in continuità con la storia, la tradizio-ne, la cultura della nostra Terra e della nostraArte. Questo lo stato d’animo e l’atteggiamen-to con cui mi sono avvicinato alle forme, ai sim-boli, agli spazi: un approccio mistico che mi hamesso a dura prova con tensioni laceranti tra lavoglia istintiva di esprimersi e di dare e il sen-tirsi strumento discreto e docile nelle Mani del

S. Maria in Guazzano ripristinata al culto di Vincenzo Torrieri

La mensa, la Sede, l’Ambone: un motivo in più per fermarsi sulla Via tra i Monti Gemelli

continua a pag. 13

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Sovrannaturale. Disegnare quella sensibilità cheviene dal profondo e che è difficile codificare informe certe e concrete, creare l’ambiente dellospirito dove tutti possano riconoscere il Cristo,la Chiesa, se stessi in meditazione: questo l’as-sunto, questa la sofferenza.Non sarà difficile avvertire nell’aria quelle per-cezioni eteree che emanano l’Agnus Dei alcentro dell’altare di S. Clemente a GuardiaVomano (il ciborio è opera di Robertus figlio diRogerio - XII sec.) o quell’equilibrio geometri-co-spaziale quattrocentesco nella cornice deiseggi disegnata con la pietra serena sabbiataed incassata sulla parete presbiteriale. Il presbi-terio torna ad essere il luogo sacramentaledell’Assemblea Pasquale, dove avviene il mira-colo eucaristico; l’altare torna ad essere laMensa nella forma e nelle dimensioni; La Sedepresbiteriale, con i seggi, torna ad occuparel’estremità assiale chiudendo (non solo simboli-camente) il “corpo” dell’Assemblea, in posizio-ne leggermente dominante; il tabernacolo, in-corniciato con la pietra aquilana (tutti glielementi sono stati scolpiti ed intagliati nel cal-care bianco aquilano) viene spostato sul latodestro dominato dal Leggio-Ambone forte-mente simbolico: l’Ambone, il luogo della pa-rola, della lettura delle Sacre Scritture e dell’an-nuncio della Buona Novella che diventa lucedella Chiesa e luce per gli uomini. Il segno sim-bolico della luce divina è la lucerna della cri-stianità delle origini (ispirata alla tipologia delII-III sec.), delle catacombe, delle DomusEcclesiae. La Sede è posta sulla fuga dellosguardo dell’Assemblea stigmatizzata dalla cro-ce greca delicatamente disegnata in alto, sulloschienale, appena valorizzata dal gioco trasgrossatura e lisciatura della pietra. Ho cercatouno spazio in cui il segno diventasse forma esimbolo per la meditazione e la preghiera.Sicuramente ho esagerato nel dire perché sitratta, in realtà, di una semplice aggiunta insintonia con i caratteri formali della piccolachiesa con l’intento di stimolare un rinnovatointeresse a quanti davano per già sepolta S.Maria in Guazzano. Questo piccolo ma impor-tante intervento è stato possibile solo grazie al-la ferma volontà del parroco, alla generositàdelle famiglie della piccola comunità, al rispet-toso approccio della bottega artigiana delmaestro Benito Melozzi di Teramo che ne hacurato l’esecuzione e la messa in opera ed alladitta edile Tiziano Marinelli di Campli.

segue da pag. 12

Casa RozziScudo incavato al canton sinistro del ca-

po, inclinatoverso sinistra, alosanga affusa-ta, gigliata diFrancia. Due

stelle a seipunte nelcanton de-stro e sini-stro.Elmo postosullo scudocon celataaperta all’al-

tezza degliocchi, di profilo

a destra, cercine ri-piegato a ciambella che sorregge il ci-miero e trattiene il mantelletto cadentedietro lo scudo.Cimiero raffigurante un drago con lefauci aperte e lingua sputante fiamme.

Araldica camplesea cura di Teresa Merlini

Desideridi Roberto Michilli

Il nostro illustreconcittadino scritto-re, Roberto Michillisi affaccia nel mon-do della narrativaitaliana che conta.L’ultimo suo roman-zo Desideri è statopubblicato (il 14febbraio scorso)dalla casa editriceravennateFernandel, specializ-

zata nello “scovare” nuovi talenti, narrati-va di qualità. Desideri è un libro piacevoleda leggere, come “quelli” di una volta, i“classici”. Questo non vuol dire che lo stiledi Roberto non sia al passo con i tempi,semplicemente l’autore adopera una scrit-tura che favorisce al massimo la leggibilitàe la scorrevolezza. Così, la struttura del rac-conto e i legami interni tra le storie, sonolineari e diretti, si acquisiscono con imme-diatezza. Le tecniche descrittive, il gustodel particolare, l’uso dei flash back narrati-vi, mettono in luce il lato artistico dell’au-tore, il suo essere anche fotografo, il sapervedere con un “taglio” critico e poetico. Ilsuo acume narrativo, a volte sarcastico, e lacontemporaneità delle vicende raccontaterendono il romanzo, diviso in quattro sto-rie, un luogo di confronto, di esperienze“forti”, che la natura umana di ognunopuò subire, provocare, capire e dominare.Le quattro storie che si intrecciano inDesideri, intrise di quotidianità e vissuto,sono legate da un tema comune: i protago-nisti vogliono una cosa con tutte le loroforze e per ottenerla scoprono fin dove so-no disposti a spingersi. Questo intrigo, che attanaglia la naturaumana, fin dove insidia la persona che rite-niamo di essere? Qui risiede la forza avvin-cente delle quattro storie di Desideri.(Roberto Michilli, Desideri, Fernandel, pp. 352, Euro 16,00).

Nicolino Farina

Disponibile anche a Teramo, in tutte le librerie

Refettoriodella Misericordia

Il Ristorante Pizzeria e Affittacamere perla prossima stagione turistica presentadelle interessanti proposte di accoglienzacapaci di soddisfare ogni esigenza di sog-giorno.Nel complesso architettonico del 1300,detto “ospitale della Misericordia” e findall’inizio finalizzato all’accoglienza deipellegrini, oggi riacquista l’originaria de-stinazione d’uso.Collegandosi al sito www.refettoriodella-misericordia.it si possono acquisire tutte lenotizie, le prenotazioni, le proposte d’ac-coglienza.

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S. Pancrazioritrovato –L’associazioneCampli Nostraha acquistatoun preziosomanoscrittoottocentesco,intitolatoMemorie stori-che delMartire trilu-stre S.Pancrazio pro-tettore della

città di Campli in Abruzzo Ultra I° - perFrancesco Rozzi. Il documento sicuramentefaceva parte della Biblioteca Rozzi. Secondoquanto deciso dall’associazione, il documen-to sarà reso disponibile a tutti coloro che lovolessero consultare per studio. Il manoscrit-to si è acquistato con il contributo dei signo-ri: Alleva S., Anelli C., Bonasorte A.,Castagnoli R., Chiodi S., Cordoni V., Di CarloD., Di Donato L., Di Emidio N., Di Felice A., DiFelice C., Di Giacomo G., Di Pancrazio A., DiPancrazio G., Di Sabatino F., Farina N.,Ferrucci M., Gentili G., Germe C., Guerrieri A.,Luzi L., Marinelli V., Mazzitti don A., MichilliD., Pulsioni G., Scuteri F., Torrieri V.Il Parco Archeologico si visita – La matti-na del 20 marzo 2005, in occasione della fe-sta nazionale dell’archeologia, organizzatadall’Archeoclub d’Italia, in collaborazionecon le Soprintendenze, si è reso accessibile ilParco Archeologico in costruzione nella ne-cropoli di Campovalano. Per la prima voltaturisti, appassionati ed esperti hanno potutovisitare il cantiere della futura istituzionecamplese. L’antico cimitero risorgerà nellasua sacralità dell’ambiente, in particolar mo-do con la strada sepolclare, il grande tumulodel re visitabile all’interno. Il Parco sarà laprima ricostruzione scientifica di una necro-poli italica, una specie d’archeologia speri-mentale che permetterà una sinergia con ilMuseo camplese tale da garantire, oltre unadeguato processo di sviluppo culturale, an-che un incremento turistico ed economicodel territorio.Viabilità: un problema infinito – Il ponteper Morge, dopo mesi, non si è ripristinato,neppure in modo provvisorio; il ponte vec-chio vicino all’ex mattatoio non sarà raddop-piato per mancanza di finanziamenti; unosmottamento vicino la chiesadi S. Anna rischia d’interrom-pere completamente l’ex sta-tale; frane e smottamenti si ri-scontrano un po’ ovunque. Laviabilità del territorio cample-se rischia il “collasso circolato-rio”.In giardino un tesoro –Durante la ristrutturazionedella propria abitazione, invia del Monastero, i coniugiDomenica Sorgi e GiuseppeGiusti hanno avuto la sensibilità e l’accortez-za di seguire attentamente i lavori di scavo.Grazie al loro amore per la cultura, la coppiaè riuscita a riportare in luce un pozzo-cister-na in giardino, di epoca rinascimentale, euna piccola fornace sotto una stanza del pia-no terra. La fornace rappresenta un impor-tante manufatto di archeologia industriale.

Le dimensioni fannopensare a un piccolo la-boratorio, non indu-strializzato, di uso loca-le riferibile al XIII-XIVsecolo. La vicina cister-na potrebbe far pensa-re a un laboratorio diceramica, ma i ritrova-menti attigui fannoprotendere a un’ipote-tica bottega alchimisti-ca per produrre medici-ne o altre sostanzechimiche. “Minì” e“Pino”, intanto hannoavvertito del ritrova-mento il MusoArcheologico Nazionaledi Campli, che segue ilavori.La Guida di Teramo eProvincia – Il 7 aprilescorso, si è presentatain modo ufficiale, pres-so la sala polifunzionaledella Provincia, aTeramo, La Guida diTeramo e Provincia diLuigi D’Antonio. Una guida turistica provin-ciale che mancava da mezzo secolo. Un inter-vallo che da solo testimonia il progetto ardi-to dell’autore. Secondo il nostro DirettoreNicolino Farina, che nell’occasione ha recensi-to la guida: «… è un progetto vero e proprio,rimuginato e affinato nel tempo, condottocon una metologia di lavoro “sul campo”,non limitato alla sola ricerca bibliografica ed’archivio. Un progetto sviscerato attraversola frequentazione del luogo e il dialogo conle persone del posto».Basket: si sale di categoria – La InertiFerretti Campli, in C2 ha battuto ogni sortadi record, non solo ha vinto tutte le partite(mancano per la verità due partite accessibi-lissime), ma è riuscita a distanziare la secondain classifica di otto punti, accedendo così au-tomaticamente al prossimo campionato di C1senza passare per i play off. La Virus Campli,in serie D, si è conquistato il diritto dei playoff e nelle prime gare per la conquista dellaC2 ha sempre vinto. Il basket camplese è nuo-vamente in salute.Sagra del Tartufo a Campovalano – Perla,diamante, oro: così è stato definito il tartufo,che ha impreziosito ed esaltato con il suo in-confondibile sapore e profumo, ogni piattodelle tavole dei buongustai di tutti i tempi. Ilterritorio camplese, grazie al suo terreno e

clima, è particolarmente riccodi tartufo nero scorsone,bianco e nero pregiato. Perquesto l’ass. CampovalanoViva, da un lustro, organizzain loco la Sagra del Tartufo,con una serie di primi e se-condi piatti “al tartufo” dadegustare. Quest’anno si svol-gerà dal 13 al 17 luglio, insie-me a un festival di musica et-nica. Porchetta camplese e vini

teramani – La delegazione di Teramo deiSommeliers Abruzzo, il 14 aprile scorso, pres-so il ristorante Parco dei Piceni diCampovalano, ha organizzato un convegnointitolato La Porchetta di Campli verso il rico-noscimento Dop. Il tema specifico del conve-gno è stato sviluppato da Nicolino Farina, ilnostro Direttore. La serata si è conclusa con

l’assaggio della por-chetta, realizzata daSalvatore D’Angelo, ela degustazione di seiMontepulcianod’Abruzzo prodotti nelteramano.“Virtù” di Campli –Come a Teramo, aCampli la giornata delprimo maggio e riser-vato a un piatto tradi-zionale di origini anti-chissime: le “Virtù”.Nessuno realmente co-nosce le origini, certoriferibili ai tempi paga-ni, di questo ricco piat-to, emblema di una cu-cina pretuziana, senon degli Italici Pretuzidi Campovalano, de-positaria di una straor-dinaria quantità dipiatti tipici, tutti legatialla cultura contadinae della pastorizia. Alloscopo di valorizzare lerisorse gastronomiche

del nostro territorio, la Pro-Loco Città diCampli, con il patrocinio del comune, ha or-ganizzato in loco, per il 1° maggio, una gior-nata dedicata al piatto delle Virtù. Piatto chesi potrà degustare in tutti i ristoranti del con-tado camplese, insieme con altre specialità.Edifici scolastici: emergenza – per gli edi-fici scolastici del comune la situazione si fadrammatica. Nell’edificio, di scuola media aCampli, dichiarato inagibile, ancora non sismuove una virgola per i lavori necessari a ri-portare l’idoneità d’uso. Nell’edifici nuovodella scuola d’infanzia di Marrocchi, alcunioperai (mandati non si sa da chi), l’8 e il 9febbraio scorsi, hanno cambiato le mattonel-le del pavimento e richiuso alcune fessuredella parete, in un bagno; più hanno sostitui-to il rivestimento a mattone nel corrispon-dente muro esterno. Due giorni dopo, l’11dello stesso mese, i Vigili del Fuoco hanno ef-fettuato il “collaudo statico” dell’edificio.L’edificio è risultato idoneo? Civiltà e rifiuti – L’amico, e oramai collabo-ratore, dottor Pietro Adriani, ci ha mandatoun articolo, puntuale e puntiglioso sul pro-blema rifiuti. Per problemi di spazio non lopossiamo pubblicare, ma ci fa piacere almenocitare la problematica che segnala. Tra l’in-crocio Battaglia-Roiano esiste impunementeuna discarica abusiva all’aperto, nonostantealcuni tentativi passati mirati quantomeno acontenerla. Elettrodomestici, mobili, pneu-matici, materassi, ferrivecchi, liquami oleosi ealtro ancora si ammassano nella discaricaabusiva. Nella lettera si invita chi di dovere aadottare tutti i dovuti provvedimenti perchiudere tale scempio che, nella totale indif-ferenza, va avanti da anni.

In breve

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S. Maria degli Angeli, chi può ...

L’amore per il passato, il “nostro” passato,che è poi il presente di quelli che ci hannopreceduto e che ci hanno trasmesso parte diloro, del loro vissuto, delle emozioni, la som-ma delle loro vite e delle vite dei predecessoriall’infinito. Sentimenti che hanno pregnatofortemente (e non era possibile diversamen-te), la vita dei nostri padri, dei nostri concitta-dini, vissuto con loro e dentro di loro, diutur-no companatico della loro vita, l’amore per lecose che li hanno rappresentati e che ancoraseppur in modo più labile, meno sentito, cirappresentano. Questo mi spinge spesso ed èil sentimento che istintivamente mi prende difronte ad un’opera d’arte, un dipinto, unastatua, un edificio storico, un muro, o qualco-sa che è stata oggetto di ammirazione, di cul-to, dei nostri avi.Le scrissi caro Direttore, nel luglio dello scorsoanno, per perorare la causa della piccola edi-cola votiva dell’Immacolata di fronte alla far-macia Marozzi lungo Corso Umberto I. Le scri-vo nuovamente per un motivo simile chefortemente mi ha colpito.All’inizio della circonvallazione nord, dopo lapiazza del mercato domenicale (via delMonastero) vi sono i resti di una vecchia chie-sa i cui muri, per metà diroccati, lasciano an-cora leggere sulla facciata prospiciente la via,lo stile e in parte il periodo di costruzione del-l’edificio. Sul lato meridionale, nonostante ildegrado, si possono vedere, ben evidenziati,tre archi poi richiusi e, in fondo, un murettodi recinzione anch’esso di antica costruzione.Ho trovato sul volume “Le valli della Vibrata edel Salinello” ( serie DAT -IV, 3 edito dallaFondazione Cassa di Risparmio della Provinciadi Teramo nel 1996) a pag. 685: «... Quasicompletamente diruta è anche la chiesa di S.Maria degli Angeli, costruita all’inizio del XVsecolo, cui nel 1539 si affiancò un monasterobenedettino anch’esso scomparso. I resti dellafacciata, movimentata da quattro pilastri econ un portale a timpano con cornici e spec-chiature, risalgono probabilmente al riassettocinquecentesco».Non si può certo fare molto, non si può far re-suscitare cose che non ci sono più, ma ripuliresistemare e far rivivere un vecchio edificio diculto, fare in modo che i cittadini si possanoidentificare con il passato, con parte della lo-ro memoria questo è ancora possibile e sta achi può e ne ha i mezzi di impegnarsi e prov-vedere.

Girolamo Galluccio

La ringrazio per il suo costante interesse versoil periodico e l’assidua frequentazione dellanostra cittadina. Negli anni trenta del Novecento, quando l’exconvento Benedettino cessò di essere ancheospedale psichiatrico (pensate che opportuni-tà si perse), la chiesa di S. Maria degli Angelinon fu più curata dalle mani amorevoli dellesuore in forza al “manicomio”. La chiesa daquel momento non ebbe più manutenzioneperché anche la “confraternita dei flagellati”,che vi aveva la sede, non rinnovò più le cari-che istituzionali e di fatto si sciolse.

La chiesa era dotata di un magnifico organo edi altari in stucco marmorizzato con colonne aspirale riferibili al primo seicento. Molti dipin-ti su tela erano riferibili al Cinquecento. Unatela raffigurante una Madonna con Bambinoe santi, utilizzata piegata per chiudere una fi-nestra della chiesa, è stata recuperata da donAntonio Mazzitti e oggi può essere ammiratanella chiesa di S. Paolo, restaurata da Tilde DiGiacinto.Negli anni sessanta del Novecento, la chiesafu acquistata dalla famiglia di Luigi Meloniper essere sostituita da un palazzo con appar-tamenti di civile abitazione. La cosa non fupermessa, ma tre lustri più tardi quello chenon si fece fare a un privato si autorizzò a unEnte pubblico. L’attiguo convento cinquecen-tesco, l’edificio con gli ambienti più grandiesistenti nel centro storico, fu abbattuto perrealizzarvi l’attuale sventramento stradale eun nuovo edificio di edilizia popolare.La chiesa con la sacrestia, nel frattempo, è di-ventata un rudere senza più il tetto ed espo-sta ad ogni sorta d’intemperie. Probabilmentese l’edificio cultuale non veniva venduto a pri-vati si sarebbe salvato con qualche specificofinanziamento dello stato. Ora come ora po-trebbe essere acquistato dal Comune o dallaComunità Montana per poterlo trasformarein una saletta polifunzionale dove organizza-re teatro, cinema, mostre visive, convegni, re-cite, presentazioni ecc. Una sala del genereperò è prevista presso il Convento S.Bernardino nell’ambito della convenzione, infase di realizzazione, che vede la strutturapassare all’Ordine Benedettino femminile.Non contiamo poi il possibile recupero, comeluogo polifunzionale, della Palestra “Nino DiAnnunzio”La chiesa, però, situata nel cuore del centrostorico e vicina alla grande piazza (con relati-vo grande parcheggio) del Fosso di Mezzo po-trebbe trasformarsi anche in Ufficio Postale.L’attuale Ufficio Postale di Campli, in passatouno dei più attivi e importanti di tutta la pro-vincia, è stato recentemente declassato rispet-to a quello di S. Onofrio per questione di spa-zio e di operatività. Tra le altre cose è sito, inaffitto, presso una struttura privata. Lo Statoitaliano prevede per gli uffici delle Poste dacollocare nei centri storici finanziamenti spe-cifici atti al recupero di edifici storici. Allora...

*****

Un luogo d’accoglienza per i giovani

Gent.mo Direttore, colgo l’opportunità dellarubrica “Lettere al Direttore” ospitata nel suo“vitale” periodico, per risollevare una proble-matica molto sentita dalla popolazione cam-plese, ma da qualche tempo caduta nel di-

menticatoio.La Palestra “Nino Di Annunzio”, tre anni fa futrasformata in rimessa di mezzi e attrezzaturecomunali. Una scelta che fece scalpore, indi-gnando non poco la popolazione locale.Ricordo allora l’interesse giornalistico suscita-to, la costituzione di un comitato con la rac-colta di firme, la mostra conoscitiva realizzatadi Campli Nostra: si realizzò perfino una ma-nifestazione con corteo e sit-in sotto ilPalazzo Comunale.Tutto risultò vano. Il luogo di accoglienza deigiovani camplesi, che per anni aveva assoltoanche una funzione polivalente ospitando in-finità di manifestazioni ricreative, culturali esportive, si trasformò in un capannone di ser-vizio, maleodorante rumoroso e poco qualifi-cante a livello urbanistico.Ora Le chiedo di risollevare il problema della“Nino Di Annunzio” attraverso il suo organodi stampa, così radicato e considerato nel ter-ritorio, con l’augurio che i politici locali si atti-vino per trovare una soluzione adatta a riqua-lificare la struttura magari con una casad’accoglienza per tutte le attività creative deigiovani.

Nicola Farini

La Sua lettera giunge particolarmente graditaperché mi permette, o meglio ci permette, diriportare all’attualità l’atto più doloroso subi-to dai giovani durante l’AmministrazioneAntonietti. Mai in nessun altro comune, a miamemoria, un centro dedicato allo sport, collo-cato in un tessuto urbano densamente abita-to, è stato trasformato in un garage per mez-zi pesanti.Campli nostra si impegnò molto all’epoca del-la vicenda, e sul numero zero di CampliNostra Notizie si pubblicò un esauriente arti-colo a cura della coordinatrice culturale del-l’associazione Barbara Pomponi. Ricordo inparticolare la lettera inviata a tutti i consiglie-ri comunali a firma del nostro PresidenteFrancesco D’Isidoro. I consiglieri di maggio-ranza Vanni, Di Felice, Bontempo e Michelonirisposero singolarmente e grosso modo tuttisostennero la «via temporanea» e «un tempolimitato» della trasformazione el’Amministrazione «già dal prossimo bilancio,dovrà disporre di risorse finanziarie» perché ilproblema della palestra debba essere inseritoin una strategia di riqualificazione di tutto il

quartiere.I consiglieri di opposizione rispose-ro con un unica lettera sottoscrittada tutti. Loro avevano già posto «inevidenza la necessità, per la Città diCampli e per l’intero Comune, dipoter usufruire della Palestra, inaggiunta e in alternativa alPalazzetto di Piane Nocella, comeunica struttura coperta che fossepolivalente per l’esercizio di attivitàsportive, culturali e ricreative e, co-munque, di aggregazione sociale».Tutti sappiamo come è andata, tut-ti siamo consapevoli dell’utilità diun uso polifunzionale della struttu-ra per favorire le attività culturali ericreative nel Comune. Non ci resta

che fare da pungolo all’attualeAmministrazione affinché dia un segno per ri-solvere il problema della “Di Annunzio”, asso-lutamente prioritario per noi camplesi.Comunque ricordo che tra i firmatari dellalettera (datata 23 maggio 2002) dei consiglie-ri di minoranza di allora c’era Aldo Guerrieriattualmente assessore nell’AmministrazioneStucchi.

Lettere al direttore risponde Nicolino Farina

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