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Cosa sono i depositi istituzionali? Per chiarezza espositiva, è più faci- le iniziare il discorso dicendo che cosa non sono. Il concetto di depo- sito istituzionale non è quello del- l’archiviazione di una collezione di documenti su supporto digitale. Questa è infatti l’opinione più diffu- sa, anche tra i bibliotecari che do- vrebbero essere i più esperti. Que- sta opinione non solo limita le po- tenzialità dei depositi istituzionali ma rappresenta l’ostacolo maggiore al loro sviluppo in vere e proprie bi- blioteche digitali, così che le risorse impiegate rischiano davvero di es- sere sprecate senza ottenere i bene- fici desiderati per i destinatari del servizio. Un altro concetto di depo- sito istituzionale è strettamente lega- to ai mezzi alternativi di diffusione della comunicazione scientifica, e questo aspetto è sicuramente corret- to nel delineare una delle maggiori opportunità dei depositi istituziona- li, ma fuorviante circa la loro fun- zione che non è certo quella di “pubblicazione editoriale”. Infine i depositi istituzionali vengono di so- lito attivati da istituzioni scientifiche, come università e centri di ricerca, ma non sono da considerare di esclusivo interesse di tali istituzioni; anzi ogni produttore di risorse digi- tali o digitalizzate, soprattutto pub- blico ma anche privato, può av- vantaggiarsi delle opportunità dei depositi istituzionali per rendere disponibili le proprie collezioni. I depositi istituzionali devo- no considerarsi vere e pro- prie biblioteche digitali, che si basano su un intero asset- to digitale (digital asset): uno spazio virtuale in cui collezio- ni digitali, comunità di utenti e servizi interagiscono, con la fina- lità di creare, condividere e usare la conoscenza, rappresentata da risor- se digitali. Questa definizione vuo- le spostare l’attenzione dall’archi- viazione di una collezione ai servi- zi per gli utenti finali e focalizza nella condivisione di informazione la finalità di base per lo sviluppo dei depositi istituzionali. Come le biblioteche tradizionali, i depositi istituzionali perseguono l’obiettivo di organizzare la cono- scenza, soprattutto attraverso i siste- mi di indicizzazione e di cataloga- zione. La differenza è che nei de- positi istituzionali l’utente, come au- tore o come lettore, è parte attiva del workflow per la creazione del sistema ed è il principale gestore anche dell’accesso (si parla giusta- mente di “MyLibrary”). Ci limitiamo qui a dire che ogni deposito istitu- zionale, che spesso nasce come estensione dei servizi della bibliote- ca tradizionale, dovrà prevedere un’at- tività iniziale di indagine e coinvol- gimento degli utenti destinatari, il cui risultato sarà una “carta” scritta (o uno statuto) in cui siano indicati la missione, gli scopi e gli obiettivi che il deposito istituzionale vuole perseguire, mentre altri documenti scritti raccoglieranno le regole co- muni su cui la comunità degli uten- ti può accordarsi. Lo scopo delle istituzioni che realizzano un deposi- to è quello di utilizzare al meglio le possibilità di condivisione e colla- borazione offerte dal web, fornen- do un’infrastruttura informativa e comunicativa che serve agli utenti per svolgere la propria attività di studio, di ricerca, di didattica, al meglio delle possibilità. Il successo dei depositi istituzionali si dovrà mi- surare nel miglioramento della pro- duttività e della qualità delle istitu- zioni, oltre che nell’impatto che es- si avranno nel cambiamento orga- Anna Maria Tammaro Università degli studi di Parma [email protected] Teresa De Gregori Biblioteca di Economia, Università di Roma “Tor Vergata” [email protected] 7 Biblioteche digitali Biblioteche oggi dicembre 2004 Ruolo e funzionalità dei depositi istituzionali Uno spazio virtuale al servizio della comunicazione scientifica Il preprint di questo articolo, in for- ma provvisoria e senza la tabella di comparazione dei principali sistemi di gestione, è presente nel deposito istituzionale dell’Università di Par- ma curato da Anna Maria Tammaro.

Biblioteche digitali Ruolo e funzionalità dei depositi ... · prie biblioteche digitali, che si basano su un intero asset-to digitale (digital asset): uno spazio virtuale in cui

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Cosa sono i depositi istituzionali?Per chiarezza espositiva, è più faci-le iniziare il discorso dicendo checosa non sono. Il concetto di depo-sito istituzionale non è quello del-l’archiviazione di una collezione didocumenti su supporto digitale.Questa è infatti l’opinione più diffu-sa, anche tra i bibliotecari che do-vrebbero essere i più esperti. Que-sta opinione non solo limita le po-tenzialità dei depositi istituzionalima rappresenta l’ostacolo maggioreal loro sviluppo in vere e proprie bi-blioteche digitali, così che le risorseimpiegate rischiano davvero di es-sere sprecate senza ottenere i bene-fici desiderati per i destinatari delservizio. Un altro concetto di depo-sito istituzionale è strettamente lega-to ai mezzi alternativi di diffusionedella comunicazione scientifica, equesto aspetto è sicuramente corret-to nel delineare una delle maggioriopportunità dei depositi istituziona-li, ma fuorviante circa la loro fun-zione che non è certo quella di“pubblicazione editoriale”. Infine idepositi istituzionali vengono di so-lito attivati da istituzioni scientifiche,come università e centri di ricerca,ma non sono da considerare diesclusivo interesse di tali istituzioni;

anzi ogni produttore di risorse digi-tali o digitalizzate, soprattutto pub-blico ma anche privato, può av-vantaggiarsi delle opportunitàdei depositi istituzionali perrendere disponibili le propriecollezioni.I depositi istituzionali devo-no considerarsi vere e pro-prie biblioteche digitali, chesi basano su un intero asset-to digitale (digital asset): unospazio virtuale in cui collezio-ni digitali, comunità di utenti eservizi interagiscono, con la fina-lità di creare, condividere e usare laconoscenza, rappresentata da risor-se digitali. Questa definizione vuo-le spostare l’attenzione dall’archi-viazione di una collezione ai servi-zi per gli utenti finali e focalizzanella condivisione di informazionela finalità di base per lo sviluppodei depositi istituzionali. Come le biblioteche tradizionali, idepositi istituzionali perseguonol’obiettivo di organizzare la cono-scenza, soprattutto attraverso i siste-mi di indicizzazione e di cataloga-zione. La differenza è che nei de-positi istituzionali l’utente, come au-tore o come lettore, è parte attivadel workflow per la creazione delsistema ed è il principale gestoreanche dell’accesso (si parla giusta-mente di “MyLibrary”). Ci limitiamoqui a dire che ogni deposito istitu-zionale, che spesso nasce comeestensione dei servizi della bibliote-ca tradizionale, dovrà prevedere un’at-tività iniziale di indagine e coinvol-

gimento degli utenti destinatari, ilcui risultato sarà una “carta” scritta(o uno statuto) in cui siano indicatila missione, gli scopi e gli obiettiviche il deposito istituzionale vuoleperseguire, mentre altri documentiscritti raccoglieranno le regole co-muni su cui la comunità degli uten-ti può accordarsi. Lo scopo delleistituzioni che realizzano un deposi-to è quello di utilizzare al meglio lepossibilità di condivisione e colla-borazione offerte dal web, fornen-do un’infrastruttura informativa ecomunicativa che serve agli utentiper svolgere la propria attività distudio, di ricerca, di didattica, almeglio delle possibilità. Il successodei depositi istituzionali si dovrà mi-surare nel miglioramento della pro-duttività e della qualità delle istitu-zioni, oltre che nell’impatto che es-si avranno nel cambiamento orga-

Anna Maria TammaroUniversità degli studi di Parma

[email protected]

Teresa De GregoriBiblioteca di Economia,

Università di Roma “Tor Vergata”[email protected]

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Ruolo e funzionalitàdei depositi istituzionali

Uno spazio virtuale al serviziodella comunicazione scientifica

Il preprint di questo articolo, in for-ma provvisoria e senza la tabella dicomparazione dei principali sistemidi gestione, è presente nel depositoistituzionale dell’Università di Par-ma curato da Anna Maria Tammaro.

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nizzativo delle istituzioni che li ren-dono disponibili come servizio.In questo articolo si intende dimo-strare l’interrelazione e la comples-sità degli elementi in gioco, sia dalpunto di vista dei requisiti tecniciche da quello organizzativo, e co-me il valore reale dei depositi isti-tuzionali vada ricercato nelle enor-mi possibilità di condivisione dellerisorse e di comunicazione inter-personale tra gruppi con interessisimili. A questo scopo verranno de-scritte le funzioni che un sistema digestione di depositi istituzionali,qui definito come sistema di gestio-ne di un assetto digitale (DAMS,Digital Asset Management System),deve realizzare.

1. Depositi istituzionali:come e perché?

È un momento di grande popolari-tà per i depositi istituzionali. Dopol’Open Archives Iniziative (OAI)1 ela Budapest Open Access, Iniziative(BOAI),2 il movimento degli archiviaperti (Open Archives) è stato rico-nosciuto come un modello innova-tivo di comunicazione scientifica,un nuovo canone bibliografico fon-dato sul modello Open Access, oaccesso aperto. In sintesi, il model-lo Open Access rappresenta:– un modello tecnologico, basatosull’OAI e sul protocollo OAI-PMH(Protocol Metadata Harvesting);– un modello giuridico, che regolal’accesso libero attraverso le licenzeCreative Commons;– un modello economico, liberoper l’utente finale e in cui pagal’autore/l’istituzione;– un modello organizzativo, che di-stingue i Data provider dai Serviceprovider e stimola alla collabora-zione intra e interistituzionale.In ambito accademico, dove sonostati sviluppati i depositi istituziona-li, i complessi aspetti della comuni-cazione scientifica trovano per laprima volta una soluzione diversa –

o, per alcuni, alternativa – da quel-la tradizionalmente basata sullepubblicazioni a stampa, che fa in-travedere grandi promesse, comequella di migliorare l’impatto dellacomunicazione scientifica, ma pre-senta anche aspetti ancora da risol-vere, come la credibilità che lepubblicazioni elettroniche debbo-no guadagnarsi.Perché mai le istituzioni scientifiche(come università, enti di ricerca,fondazioni, ma anche musei, bi-blioteche, archivi) dovrebbero ren-dere disponibile un deposito istitu-zionale basato sull’accesso aperto?Le opportunità di un archivio aper-to sono molte, ad esempio:– offrire agli studiosi la possibilitàdi pubblicare facilmente i propri la-vori di ricerca nel web, anche sen-za essere esperti di tecnologie;– fornire un supporto ai docentiper la gestione del materiale didat-tico (learning object);– favorire la comunicazione tra pa-ri, oltre che la condivisione e il ri-uso delle risorse digitali;– consentire l’accesso più facile edesteso a pubblicazioni e risorse di-gitali prodotte dall’istituzione;– dare la possibilità di conservareper il lungo periodo la produzioneintellettuale dell’istituzione;– estendere le possibilità di ricercadelle risorse depositate negli archi-vi aperti, attraverso i motori di ri-cerca, ad esempio con la ricerca atesto pieno;– dare la possibilità di integrare egestire l’accesso a diversi supporti,come immagini, video e suoni;– diminuire i costi della trasmissio-ne dei documenti e nello stessotempo soddisfare le richieste di co-pie, ad esempio per gli studenti; – valorizzare la produzione scienti-fica dell’istituzione e migliorare ilsuo impatto sul pubblico, inclusoquello per opere poco conosciuteo fuori pubblicazione;– presentare e diffondere in Inter-net risorse digitali fuori formato,come ad esempio le mappe;

– gestire i diritti di proprietà intel-lettuale e le licenze di accesso allecollezioni depositate e ai singolidocumenti;– riunire in modo virtuale collezio-ni disperse in diverse localizzazionima appartenenti a uno stesso filo-ne, ad esempio lo stesso tema.Vanno considerati tuttavia anche al-cuni indubbi svantaggi o megliodei rischi collegati alla pubblicazio-ne di risorse digitali in depositi isti-tuzionali:– i costi correlati al ciclo di vitadel documento digitale (non soloquelli legati alla prima fase di rea-lizzazione del deposito ma so-prattutto quelli relativi alla preser-vazione delle risorse digitali) el’individuazione di chi li debbasostenere;– il problema del rispetto degli IPR(Diritti di proprietà intellettuale),incluse la certificazione del docu-mento digitale e le garanzie di nonmanipolazione;– la necessità di assicurare un mec-canismo di valutazione della pro-duzione istituzionale, anche attra-verso la recensione e la validazionedi esperti, per garantire la qualità;– il riconoscimento da parte dellacomunità accademica della stessacredibilità delle pubblicazioni elet-troniche rispetto alle corrisponden-ti pubblicazioni a stampa.Date queste opportunità e premes-se, l’Open Access potrà sostitui-re la tradizionale pubblicazionescientifica a stampa? Il dibattito trasostenitori e antagonisti del mo-dello Open Access si basa attual-mente su due prospettive oppostedi sviluppo futuro, ed è indubbioche l’ago della bilancia sarà deter-minato dal supporto pubblico edall’impatto politico che i sosteni-tori dell’accesso libero riuscirannoad avere. Per questo motivo, sitende a inquadrare il complessofenomeno nell’ambito della crisidei periodici e della successiva cri-si dell’accesso ai periodici elettro-nici. Qui basti dire che i depositi

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istituzionali sono sicuramente unsupporto alle pubblicazioni scien-tifiche, favorendo la comunicazio-ne tra studiosi e la valutazione diesperti, tuttavia non sostituisconoil processo editoriale.3

L’approccio con cui vogliamo de-scrivere i depositi istituzionali èbasato sulle funzionalità che que-sti offrono e non sulla loro valen-za per cambiare il modo in cui av-viene la comunicazione scientifica.I depositi istituzionali devono in-fatti essere considerati vere e pro-prie biblioteche digitali, di cuihanno tutte le caratteristiche e tut-te le opportunità. Si può dire che,mentre fino a pochi anni fa man-cavano sistemi in gradodi gestire le bibliotechedigitali e si è quindiprovveduto con siste-mi di gestione deicontenuti abbastanzalimitati nelle funzio-ni (ad esempio iCMS, Content Man-agement Systems),molti dei sistemioggi disponibili perrealizzare depositiistituzionali hannofatto tesoro deglisviluppi della ricerca sulle biblio-teche digitali e si basano quindi susistemi di gestione complessi, co-me i DAMS.Come per le biblioteche digitali, bi-sogna considerare che i depositiistituzionali richiedono molto piùdi una semplice organizzazione difile multimediali, ma rappresentanouna vera e propria organizzazionedella conoscenza. Mettono quindiin primo piano una fondamentaleesigenza: quella di gestire non solole collezioni ma anche le specifichecomunità degli utenti, attori e frui-tori. Questo aspetto è stato fre-quentemente trascurato dagli attua-li sviluppatori di depositi istituzio-nali, e può essere considerato ilpunto più debole dell’attuale mo-dello Open Access.

1.1. Ruoli e attori principali

I depositi istituzionali si basano suun’interazione tra gli attori in essicoinvolti. L’attore principale è sem-pre l’utente, che nelle bibliotechedigitali è dentro il sistema, parte at-tiva di esso: è autore del testo e dei metadata;può aggiungere delle annotazioniai documenti; fa parte dei gruppi divalutazione e validazione dei con-tributi presentati; è lettore, ma con la possibilità di in-teragire con l’autore e con gli altriutenti; può costruirsi una bibliote-ca personale in un proprio spaziovirtuale.

L’organizzazionelogica che viene dataall’informazione nel si-stema dei depositi istitu-zionali parte dall’individua-zione delle “comunità” chepossono identificarsi con le ripar-tizioni di un ente, i dipartimenti diuna istituzione accademica o ancheun gruppo di ricerca finalizzato al-lo sviluppo di un progetto. Questoapproccio è significativo, in quantonel concetto di comunità sono im-pliciti i principi di interazione e dicomunicazione, una dinamicità incui risiede l’elemento di novità deisistemi di gestione di biblioteca di-gitale di ultima generazione. Sonole comunità, attraverso i loro re-sponsabili, che definiscono le col-lezioni, decidono le politiche di ac-cesso, i criteri di validazione deicontenuti e la loro tipologia, le stra-

tegie di sviluppo. Dal punto di vi-sta organizzativo, i depositi istitu-zionali rappresentano un modellodi organizzazione bottom up, che èpragmaticamente il modo miglioreper definire standard e regole pra-tiche per la creazione di bibliote-che digitali. Dal punto di vista po-litico, essi rappresentano l’immagi-ne in Internet dell’istituzione stes-sa, valorizzano la qualità della suaproduzione, cercano di dare evi-denza a quello che l’istituzione safare meglio.Al bibliotecario, se esiste, o all’am-ministratore del sistema (che nondeve essere tuttavia un tecnico in-formatico, ma qualcuno con com-petenze bibliografiche e docu-mentarie) spetta un ruolo di co-ordinamento e armonizzazio-ne, la responsabilità dellescelte in merito ai criteri e al-le metodologie standard perla descrizione dei docu-menti, la validazione e l’in-tegrazione dei metadata

inseriti dall’autore, lo stile(layout) dei documenti, le politi-che di conservazione dei formati.Il bibliotecario deve anche curarela comunicazione interna ed ester-na all’istituzione, organizzare cor-si all’utenza e curare i servizi per-sonalizzati. Ne risulta un ruolocompletamente rinnovato per labiblioteca all’interno di una istitu-zione, nel caso in cui la bibliote-ca digitale nasca e si inserisca co-me estensione dei servizi della

biblioteca esistente, in quanto di-venta struttura di supporto pergran parte dell’attività istituzionale.Nel caso di istituzioni universitarie,un ruolo specifico può essere svol-to dagli amministrativi e dai segre-tari di dipartimento, per le interre-lazioni legate alle attività di ricercae didattica.L’amministratore tecnico del siste-ma mantiene i servizi e sviluppafunzionalità aggiuntive, è responsa-bile della preservazione (attraversol’attivazione di procedure di migra-

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zione e/o emulazione), collaboraall’architettura del sistema in ambitifederati e cooperativi, gestisce leoperazioni di import/export deimetadata e delle risorse, integra esviluppa nuove interfacce web, ge-stisce collegamenti con altri sistemitipo SFX.

2. Funzionalità e servizidei depositi istituzionali

Sinteticamente si può dire che lefunzioni dei depositi istituzionalisono due: informare e comunicare.Il primo obiettivo dei depositi isti-tuzionali è quello di migliorare l’ac-cesso alle risorse digitali, sia rivoltoall’interno, per conoscere le com-petenze e le conoscenze di studio-si e ricercatori spesso ignorate dagliorgani di governo delle istituzioniculturali, sia proiettato all’esterno,per valorizzare e migliorare l’impat-to della produzione scientifica isti-tuzionale. Uno dei requisiti essen-ziali è quindi essere un sistema diricerca dell’informazione efficiente,capace di identificare velocementetutte le risorse rilevanti. Sulle fun-zioni di ricerca dei depositi istitu-zionali non è tuttavia il caso di sof-fermarsi a lungo, in quanto sono lestesse disponibili negli OPAC piùevoluti. Quello che ci sembra im-portante evidenziare è che tutti idepositi istituzionali sono predispo-sti per essere integrati da interfaccepersonalizzate e soprattutto per es-sere aggregati, attraverso l’harvestingdei metadata, da diversi Serviceprovider e quindi da vari Indexingservice. Questa funzionalità non èancora abbastanza visibile in Inter-net, per l’attuale carenza di Serviceprovider, ma la situazione sta cam-biando soprattutto per l’attività deiconsorzi. L’architettura corretta infuturo dei depositi istituzionali do-vrà prevedere pochi depositi distri-buiti in Internet come bibliotechedigitali, molti portali e servizi di in-dicizzazione basati sulle collezioni

contenute in tali depositi e diversevisualizzazioni delle risorse digitaliper approcci personalizzati. La fun-zionalità dell’accesso all’informa-zione è quindi organizzata nei de-positi istituzionali soprattutto dalpunto di vista del Data provider,con strumenti di supporto alla crea-zione, validazione, gestione dell’ac-cesso e preservazione delle risorsedigitali. Un aspetto potenzialmente di gran-de valore dei depositi istituzionali èla loro capacità di facilitare ed e-stendere la comunicazione, per for-nire agli utenti contesti più ampi dicondivisione della conoscenza.Ancora da esplorare sono le enor-mi possibilità di comunicazione tra“pari” (esperti, studiosi) e di coope-razione interistituzionale offerte daidepositi istituzionali, perché granparte di essi vengono tuttora sotto-utilizzati e sono per lo più isolati.Quando si parla di depositi istitu-zionali si intende necessariamenteun ambito di rete (networking): chesenso ha allora realizzare depositiisolati, frammenti in sé perfetti mache non comunicano? Ogni deposi-to istituzionale, così come ogni bi-blioteca digitale, dovrebbe nascerecome progetto comunicativo e co-operativo. Giustamente i depositiistituzionali sono considerati nelleistituzioni di ricerca, che per primeli hanno sviluppati, alla base delmetodo scientifico di condivisione,confronto e comunicazione pubbli-ca dei risultati della ricerca, svol-gendo un ruolo essenziale di facili-tazione della comunicazione. Amolti sembra che l’esigenza di col-laborazione necessaria per ogni at-tività che usi Internet si possa sod-disfare ottimamente utilizzandostandard ormai condivisi, legati alweb. Invece non è sufficiente: mol-te scelte politiche (criteri, regole,responsabilità) e organizzative (sche-ma di metadata, flussi organizzati-vi) devono essere stabilite a montedi ogni progetto di deposito istitu-zionale, trovando i partner specifici

con cui collaborare (anche all’inter-no della stessa istituzione di appar-tenenza), ed estendendo quindi lepossibilità della propria collezionedigitale anche ad altri utenti, ester-ni al gruppo di riferimento e chepotranno utilizzare la collezioneper scopi diversi da quelli per cui ildeposito viene organizzato. Dettoin altre parole, i depositi istituzio-nali per definizione si sviluppanoin un ambito collaborativo, megliose consortile, in cui chi aderisce al-l’impresa volontariamente decidedi condividere risorse e servizi e dicooperare.Le forme di cooperazione possonoessere le più diverse e sono alme-no in parte basate sugli stessi pre-supposti della cooperazione tra bi-blioteche tradizionali, ma con alcu-ne nuove urgenze e con le oppor-tunità offerte dalle tecnologie del-l’informazione. Le urgenze riguar-dano in particolare problematichecome la preservazione di lungo pe-riodo dei documenti digitali e la ge-stione dei diritti di proprietà intel-lettuale. Le opportunità compren-dono la semplificazione dei proto-colli di rete e di formato di scambiodei dati, attraverso il protocolloOAI-PMH, unitamente alla chiaradistinzione di ruoli tra Service pro-vider e Data provider che sta sti-molando lo sviluppo di importantiprogetti di cooperazione. Prendendo ad esempio l’architettu-ra modulare di un sistema comeOpenDLib, in cui i vari servizi (ar-chiviazione, ricerca, disseminazio-ne dell’informazione, gestione delworkflow) dialogano tra loro attra-verso un protocollo http, si posso-no immaginare soluzioni diverse.Alcune istituzioni possono decideredi consorziarsi e di riunire le risor-se, anche umane, per la gestionedel sistema, centralizzandolo: adesempio attraverso consorzi inter-universitari. Ci sarà dunque un’in-stallazione singola del sistema,completo di tutte le funzioni, unsolo deposito per l’archiviazione

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dei documenti, un’unica interfacciaper l’utente. Alcune funzioni posso-no essere replicate su altre macchi-ne, per garantire l’accesso anche incaso di malfunzionamento di unamacchina.In altri casi, può essere invece piùconveniente distribuire i moduli e idepositi su macchine diverse, dis-locate presso le varie istituzioni fa-centi parte del consorzio, eventual-mente con interfacce distinte e per-sonalizzate. Devono tuttavia esseregarantite funzionalità comuni basa-te su accordi collaborativi tra istitu-zioni e standard condivisi.

Un altro aspetto importante dellacooperazione, reso possibile dall’u-tilizzo di sistemi open source su cuii depositi istituzionali spesso si ba-sano, è lo sviluppo condiviso deisoftware e il loro arricchimento consempre nuove funzioni. Uno svilup-po che nasce direttamente dalle esi-genze emerse nell’utilizzo delleprocedure della biblioteca digitale,dai bisogni espressi dagli utenti edall’evolversi delle modalità di lavo-ro. Le funzionalità di base che de-vono essere assicurate per la gestio-ne delle biblioteche digitali sono re-se disponibili da software opensource; per ulteriori funzionalità oper l’aggregazione a valore aggiun-to di funzionalità diverse, i depositiistituzionali sono aperti a collabora-zioni anche con ditte commerciali.In questo senso, è esemplificativo ilprogetto DSpace, guidato dal Mas-sachussets Institute of Technologyin collaborazione con HP. LaDSpace Federation riunisce tutte leistituzioni che hanno adottato ilDSpace e si propone di condivide-re gli sforzi per il perfezionamentodel sistema, per la sua applicabilitàalle diverse piattaforme hardware esoftware, per lo sviluppo di nuovefunzioni, oltre che per condividerela ricerca in atto sui problemi dellaconservazione del digitale e sull’in-teroperabilità fra diversi archivi. Ilgruppo è particolarmente attivo, la

mailing list degli utenti costi-tuisce di fatto anche un sup-porto tecnico rapido ed effi-cace per i nuovi utenti, oltread essere il luogo in cui ven-gono discussi problemi, ipo-tizzate nuove soluzioni edestensioni delle funzionali-tà esistenti, grazie all’appor-to di tutti coloro che ci la-vorano.

2.1. Gestione del workflow

La gestione del workflow (oflusso di lavoro dell’oggettodigitale) è una delle funzio-ni essenziali dei DAMS. Faccia-mo un esempio concreto, di facilecomprensione per tutti i biblioteca-ri. Nelle biblioteche tradizionali,l’organizzazione si è sviluppata at-torno a una particolare catena, chia-mata iter del libro. Il libro, comeuna pratica, passa da vari uffici, incui persone con diverse responsa-blità e competenze attuano il lorocompito specifico. Lo scopo dell’iterdel libro è quello di facilitare il re-cupero più facile e più veloce pos-sibile dell’informazione da partedell’utente (o se si vuole è funzionaleall’information retrieval): quanti de-gli addetti in questa catena lo san-no? La frammentazione del flusso inresponsabilità diverse ha infatti por-tato a segmentare l’iter in tanti step,in cui ciascuno sa solo della suapiccola parte, perdendo di vista loscopo finale del processo. Il workflow della risorsa digitale so-stituisce l’iter del libro, ma non èuna catena di montaggio. Le diver-se fasi e i diversi attori responsabililavorano in un flusso elicoidale cheè la caratteristica specifica delle bi-blioteche digitali, in cui ognunadelle fasi previste deve necessaria-mente tener conto di tutte le altre.Gli step sono necessariamente inte-grati e prevedono:1) inserimento del documento(submission)2) peer review

3) metadata editing4) validazione5) archiviazione nel deposito6) gestione identità, integrità e com-pletezza del documento7) preservazione8) ricerca9) navigazione10) gestione delle licenze di accesso11) personalizzazione12) comunicazione e messaggistica13) lavoro di comunità.

Esaminiamo come si articola que-sto percorso in DSpace. Per ciascu-na collezione creata si stabiliscequali utenti hanno l’autorizzazione(add permission) a immettere (sub-mission) i documenti per la “pub-blicazione”, ad esempio tutti i do-centi e i ricercatori di un diparti-mento. L’utente autorizzato che ini-zia l’immissione di un documentonella collezione deve anzitutto in-serire i metadata, attraverso unamaschera molto semplice che gliviene proposta, avendo a disposi-zione per ogni elemento un helpper la compilazione; quindi passaall’invio del/i file che compongonoil documento. Infine l’utente è invi-tato a prendere visione del docu-mento che definisce i diritti e le li-cenze di accesso che vuol renderefruibili per i contributi depositati. È

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comunque possibile definire condi-zioni diverse per singoli documen-ti, su richiesta dell’autore.

Uno dei problemi emersi recente-mente nei depositi istituzionali èquello di definire i criteri per la cer-tificazione di qualità della collezio-ne e i criteri di validazione dei sin-goli oggetti digitali. Inserire un do-cumento nel web è una forma dipubblicazione e deve rispettare al-cuni criteri condivisi. I depositi isti-tuzionali devono infatti differen-ziarsi dai generici documenti pub-blicati in rete, in quanto l’istituzio-ne che li rende disponibili si impe-gna a garantire la qualità di quantoviene immesso. Tuttavia, deve es-sere lasciata la possibilità di immet-tere documenti con una post-review. Se non è stato definito unprocesso di peer review preventi-vo, il documento può essere diret-tamente pubblicato, cioè entra a farparte dell’archivio e viene indiciz-zato. Ma è possibile, e caldamenteconsigliato nel caso in cui l’istitu-zione che apre il deposito vogliamantenere la qualità della collezio-ne, definire un workflow, conside-rare l’uniformità della risorsa rispet-to alle politiche convenute, stabilirela conformità del documento ri-spetto a formati e modelli anchestilistici predefiniti, insieme allacorrettezza della descrizione.Nella prima fase della loro esisten-za, molti depositi istituzionali han-no privilegiato la quantità del con-tenuto alla qualità, limitando l’inte-resse all’editing dei metadata e nonutilizzando appieno le possibilitàdei DAMS. In DSpace il processo di validazio-ne si articola in tre step, ognunodei quali è assolutamente facoltati-vo. Fino a quando non è passatoattraverso l’intero iter definito dalresponsabile della collezione, il do-cumento non è fruibile al pubblico,cioè non è ancora entrato nell’ar-chivio ma risiede in una sorta dilimbo, uno spazio accessibile solo

alle persone definite come attori re-sponsabili dei diversi livelli delworkflow. Solo dopo che il docu-mento ha ricevuto l’approvazioneda parte di tutti i gruppi, esso en-trerà a far parte della collezione equindi sarà inserito nell’archivio, ri-ceverà il suo numero identificativod’archivio e il suo identificativopermanente (handle), e sarà indi-cizzato. Il primo step di validazioneprevisto è quello della peer review:il documento viene valutato nelcontenuto e nell’aspetto editoriale,e può essere accettato o respintoall’autore con una e-mail di notifi-ca, contenente le motivazioni delrifiuto o i suggerimenti di modifica.Il secondo step prevede la revisio-ne, correzione e integrazione deimetadata inseriti al momento dellasottomissione del documento daparte dello stesso autore. Nessunamodifica può essere effettuata suldocumento. Il terzo step, infine,prevede un ultimo controllo forma-le prima della definitiva accettazio-ne. Nella seconda e terza fase il do-cumento non può più essere re-spinto, ma solo rinviato allo stepimmediatamente precedente. Quan-do un nuovo documento vieneproposto in una collezione, e quan-do passa da uno step del workflowal successivo, il sistema provvederàa inviare alle persone definite comeattori del processo una e-mail chenotifica la presenza di un nuovoprocesso in atto (task), cioè di unnuovo contributo da esaminare.Nel “MyWorkspace” i revisori po-tranno trovare l’elenco dei processiin atto, rivedere quelli già conclusi,e potranno verificare il documentoproposto e accettarlo inviandolo al-lo step successivo, oppure respin-gerlo. Quando una persona delgruppo dei revisori prende visionedel documento, questo viene toltodallo spazio di attesa (pool) per evi-tare che più persone possano esa-minare contemporaneamente lostesso documento, ottimizzandocosì i tempi di lavoro.

Scholnet ha sviluppato una funzio-ne che consente a un utente auto-rizzato di aggiungere annotazioni aun documento. Questo può avve-nire in varie situazioni: durante ilworkflow, su un documento nonancora “pubblicato”, o su un docu-mento già parte di una collezione.L’annotazione, qualificata secondoil contenuto (di critica, di commen-to, per creare un legame con altridocumenti ecc.), sarà accessibile,anche attraverso chiavi di ricerca,agli utenti autorizzati. Può nascerecosì un dibattito attorno ai contri-buti archiviati, che può dar luogo anuove formulazioni e nuova cono-scenza. In tale modo si realizza al-l’interno del sistema un lavoro dicreazione intellettuale, di sviluppodella ricerca.Queste funzioni possono essereutilizzate anche per realizzare per-corsi didattici, archiviando in unacollezione riservata le dispense diun corso cui gli studenti possonoaccedere, e attraverso annotazionie commenti interagire con il do-cente. Gli studenti hanno la possi-bilità di produrre degli elaboratiche saranno valutati dal docente, esvolgere lavori di gruppo.

2.1.1. Metadata

La funzione dei metadata è essen-ziale per la biblioteca digitale e perl’OAI. Essi non si limitano alla de-scrizione bibliografica ma interessa-no ogni aspetto gestionale e ammi-nistrativo per l’accesso alla risorsadigitale. I metadata sono quindi uti-li non solo per la fase di accessoma per tutte le funzioni e i serviziche caratterizzano la biblioteca di-gitale. Inoltre servono anche per lecollezioni, oltre che per i singolidocumenti. A seconda della granu-larità scelta, saranno inseriti meta-data anche per identificare la strut-tura della risorsa digitale e infinemetadata saranno raccolti per gliutenti, per i gruppi, per le comuni-tà, per gli autori.

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I metadata devono essere il piùpossibile standard: gli innumerevo-li profili di applicazione sviluppatia partire da Dublin Core costitui-scono esempi di come sia possibilerappresentare la specificità di ambi-ti disciplinari diversi, basandosi suun modello e una struttura comune(lo standard Dublin Core), con l’ag-giunta di elementi e/o qualificatori.È necessario però provvedere a im-plementare nel proprio sistema ilprotocollo OAI-PMH, per garantirel’esportabilità dei dati, costruendodei crosswalk che hanno il compi-to di tradurre il set di elementi uti-lizzato nel set previsto dal proto-collo. Lo scopo è l’interoperabilitàe l’integrazione necessaria nel mo-dello Open Access.4

I metadata per la semantica sonoquelli ritenuti attualmente più im-portanti per l’identificazione deicontenuti delle risorse digitali; tut-tavia sono quelli che danno le mag-giori difficoltà di standardizzazione.Ontologie, thesauri, classificazionisono gli strumenti attualmente piùusati nelle biblioteche digitali. Unaparticolare attenzione andrebbe de-dicata anche a quegli elementi del-lo schema di metadata in uso checontengono l’esplicitazione di unarelazione di qualche tipo con altridocumenti, per consentire di rico-struire il contesto dell’informazio-ne, l’evoluzione di idee e progetti,per esplicitare e rendere navigabilequella fitta rete di legami con altreconoscenze, insita in ogni espres-sione dell’ingegno.Da una parte, sia nel dibattito suimetadata che nello sviluppo deinuovi sistemi di gestione delle bi-blioteche digitali, si nota la tenden-za ad accogliere una molteplicità didati descrittivi e gestionali; dall’altraperò questi sistemi non sviluppanoabbastanza funzionalità accessorieper il trattamento dei dati stessi, co-me ad esempio pemettere di crearee mantenere liste di autorità o diimplementare schemi controllati inmodo dinamico, rendendo cioè

possibile navigare attraverso la retedelle relazioni semantiche che col-lega tra loro le varie voci dei dizio-nari, e arrivare così ai documenti.Parallelamente, anche le funzionidi indicizzazione sono oggi moltosemplici. Ovviamente, l’architetturaaperta di tali sistemi consente disviluppare funzioni ancora nonpreviste, ma lo stato attuale di svi-luppo fa percepire tale incertezzatra la semplificazione a favore di unaccorciamento dei tempi e di un ri-sparmio sui costi per il trattamentodei documenti, e la complessità eanaliticità della descrizione per fareemergere tutte le potenzialità insitenei documenti a favore di ricerchepiù complete ed esaustive.Elementi di particolare rilevanzanegli schemi di metadata sonoquelli che individuano i diritti diproprietà intellettuale e il tipo di ac-cesso disponibile per ciascuna ri-sorsa digitale e per ciascuna colle-zione dei depositi istituzionali.Ci sono attualmente diverse opzio-ni per descrivere i metadata cheidentificano le licenze di accessodei documenti digitali. Tra questela Creative Commons Initiative(2002) è specificamente nata per ilmodello Open Access.5 L’iniziativaha delineato una serie di undici di-verse licenze di accesso, con cui gliautori possono rendere disponibilela propria opera. Queste licenzehanno tre descrizioni: una semplicehuman-readable, con delle icone dicomprensione intuitiva, una lawyer-readable per gli avvocati e una ma-chine-readable rights metadata.I diritti di proprietà e le licenze diaccesso sono divisi in cinque ap-procci: – IPR sui metadata (Default reposi-tory-wide rights expressions overmetadata);– IPR sulle risorse (Default reposi-tory-wide rights expressions over re-sources);– IPR opzionali di collezione (Option-al set-level rights expressions overresources);

– IPR sui singoli record (Rights ex-pressions over individual metadatarecords);– IPR su singole risorse (Rights ex-pressions over individual resour-ces).Ci sono infine i metadata ammini-strativo-gestionali (MAG), di cui fan-no parte anche i metadata sui me-tadata, che hanno il compito di re-gistrare informazioni sulla prove-nienza, l’integrità, i diritti sui meta-data che accompagnano un docu-mento reperito nella rete: ci sonoquindi elementi che registrano datisull’istituzione responsabile per laproduzione dei metadata sul docu-mento, il tipo di azione di cui è re-sponsabile (creazione o solo modi-fica), data dell’azione ecc.Per chiarezza sia degli utenti sia deifornitori di servizi e informazioni èraccomandato nell’OAI di distin-guere i metadata dalla risorsa. L’in-serimento dei metadata è una dellefunzioni in cui è importante trovarel’equilibrio tra costi e benefici, an-che considerando la possibilità dicondividire l’attività in ambiente diconsorzi e federazioni, costruendosulle migliori esperienze dell’auto-mazione bibliotecaria. La funzionedi editing dei metadata centralizza-ta, ad esempio, potrebbe essere ab-binata all’inserimento di metadatadistribuiti o generati automatica-mente (import/export, harvesting).

2.2 Gestione dell’accessoe della preservazione

Le funzionalità di ricerca dei depo-siti istituzionali sono volutamente li-mitate a funzioni di ricerca e navi-gazione standard, tuttavia vale lapena segnalare alcuni strumenti piùsofisticati. Ad esempio in OpenDLib è possibi-le la cross language search, checonsente la ricerca di un terminenelle varie lingue in cui esso puòapparire all’interno dell’archivio,grazie all’utilizzo di dizionari in fasedi indicizzazione e recupero; e il

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relevance feedback, che è un meto-do per calibrare la ricerca sui risul-tati giudicati pertinenti di una ricer-ca precedentemente effettuata. Ciòche acquista nuova valenza è lafunzione di visualizzazione del re-cord o item, come spesso viene de-finito l’insieme della descrizione odelle descrizioni del documento edei file che lo compongono. L’og-getto informativo è infatti spessomolto complesso e di questa com-plessità deve render conto la visua-lizzazione completa dell’item, perconsentire una comprensione esattadella struttura logica del documen-to nel suo insieme.In OpenDLib, dalla visualizzazionebreve dell’item si può passare allavisualizzazione completa che appa-re come un indice strutturato in cuicompaiono le descrizioni del docu-mento, secondo lo schema di me-tadata usato; le suddivisioni logichedel documento, in capitoli, partiecc.; gli allegati; le annotazioni; ilreference linking; ciascuno con levarie versioni disponibili (pdf,html, txt ecc.).I depositi istituzionali, dal punto divista dei Data provider, focalizzanola preservazione come funzioneprioritaria per l’accesso. Il proble-ma della preservazione non è allafine del ciclo del documento, comesuccede per la biblioteca tradizio-

nale, ma è il presupposto per l’ac-cesso alle risorse. In particolare lapreservazione di lungo periodonon deve intendersi limitata allapreservazione dei supporti fisici dimemorizzazione. La conservazionedel digitale consiste nella pianifica-zione, nello stanziamento delle ri-sorse e nell’applicazione dei meto-di e delle tecnologie per la conser-vazione, necessari ad assicurareche l’informazione digitale di valo-re duraturo (continuing value) ri-manga accessibile e utilizzabile. Unelemento di riflessione necessariariguarda la selezione dell’informa-zione da conservare, quella cioèche avrà un’utilità, un senso anchein futuro.A livello globale, il dibattito è aper-to e le iniziative sono diverse, maanche nelle istituzioni, accademi-che o pubbliche, c’è dell’informa-zione la cui utilità futura è dubbia,e considerando gli alti costi che an-che la conservazione del digitalecomporta, è bene che sia trattata inmodo diverso.6

DSpace, oltre alla possibilità di uti-lizzare tutti i metadata amministrati-vo-gestionali che si ritengono ne-cessari (salvo poi, però, provvede-re alle funzioni che ne permettanoun reale utilizzo, dalle procedureper renderli ricercabili a eventualifunzionalità gestionali collegate),mette a disposizione uno strumen-to che ha lo scopo di rendere piùagevole le operazioni di conserva-zione dei documenti, sotto il profi-lo del controllo dei formati: questostrumento è il registro dei formati(bitstream registry), in cui vengonoregistrati i formati per i quali l’isti-tuzione si impegna a garantireun’operazione di conservazioneperenne, con le tecniche che si ri-terranno più opportune anche ri-guardo alla tipologia dei documen-ti in questione (refreshing, emula-zione ecc.).L’autore che introduce un docu-mento per l’archiviazione puòprendere visione del registro, in

modo da essere consapevole del“destino” futuro del proprio lavoro,ed eventualmente presentarlo in unformato diverso, scegliendo traquelli per i quali è garantita la con-servazione perenne.Un altro strumento atto a garantirel’accessibilità futura dei documentiè l’utilizzo degli identificatori uni-voci, che sono una cosa diversa danon confondere quelli attribuiti lo-calmente dal sistema: parliamo quidi identificatori che hanno una va-lidità globale e sono gestiti da enti-tà che si pongono a un livello su-periore rispetto ai singoli archivi.Nel modello Open Access sostenu-to dai depositi istituzionali le entitàsuperiori, o agenzie, che attribui-scono gli identificatori sono pubbli-che e in ogni caso non-profit, an-che se le risorse raccolte possonoavere identificatori non “open” co-me il DOI.Il DSpace implementa l’handlesystem, un software che attribuisceautomaticamente un numero iden-tificativo nel momento in cui il do-cumento è accettato e quindi vieneinserito nell’archivio. Questo nume-ro è composto da una parte fissa,che è l’identificativo attribuito all’i-stituzione responsabile dell’archi-vio dal CNRI, che gestisce il sistemain modo gratuito, e da un numeroprogressivo. Si tratta quindi di unasequenza numerica univoca chepermane anche se la risorsa digita-le viene trasferita in depositi diver-si. Contemporaneamente il docu-mento riceve una URI, che è for-mata dall’indirizzo IP del sistema digestione centralizzato degli handle(hdl.handle.net), più l’handle cheidentifica il documento. In questomodo, l’handle resolver dell’agen-zia non-profit CNRI sarà capace dilocalizzare il documento ovunqueesso sia nella rete, indipendente-mente da quella che è stata la suastoria (cambiamento di repository,cambiamento dell’istituzione che logestisce ecc.). Nelle citazioni andràpoi utilizzata sempre questa URI

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per permettere anche in futuro direndere rintracciabili i documenticitati, così come succede ora per idocumenti a stampa. Vista la com-plessità dei problemi di preserva-zione, il responsabile non può es-sere un singolo (ad esempio un pri-vato, o anche un’istituzione chenon dia garanzie) ma un’istituzionepubblica con una prospettiva di vi-ta permanente.Non c’è accesso senza autorizzazio-ne e autenticazione. Il problemanon è solo tecnico, nel senso chedeve essere garantito da macchinee programmi, ma soprattutto politi-co e giuridico.Per questo motivo la gestione delleautorizzazioni e delle licenze di ac-cesso è integrata nella biblioteca di-gitale e l’autorizzazione riguarda isingoli oggetti digitali, le eventualicollezioni, le attività consentite perciascun utente o gruppi di utentiche devono essere riconosciuti eautenticati.In DSpace le funzioni atte a defini-re politiche di accesso, privilegi eruoli all’interno del sistema sonomolto sviluppate. Tutto si gioca nelrapporto tra oggetti (i documenti),persone (e-people, gruppi e comu-nità) e azioni (lettura, scrittura ecc.),variamente combinati tra loro perdar luogo a situazioni diverse e sod-disfare le varie esigenze. Le politi-che di accesso possono essere de-finite a livello di collezione, vali-de dunque per tutti i docu-menti che ne fanno parte, maanche a livello di singolodocumento, per cui è possi-bile stabilire che in una col-lezione in cui tutti i docu-menti sono liberamente ac-cessibili per l’utente nonregistrato (anonymous), al-cuni siano accessibili nel te-sto completo solo a un grup-po di utenti autorizzati. Le atti-vità possibili per gli utenti sono:ricerca e navigazione, lettura edownloading, manipolazione e ri-uso, personalizzazione, intesa come

uno spazio che l’utente si crea nelsistema non soltanto per memoriz-zare percorsi di ricerca, scorciatoieper le collezioni preferite, docu-menti selezionati ecc.: anche qui,l’evoluzione sta nella comunicazio-ne. Il “MySpace” diventa anche illuogo dove comunicare con gli al-tri, uno spazio di lavoro, all’internodella biblioteca, dove si discute e sicrea informazione.

Conclusioni

In conclusione, i depositi istituzio-nali rappresentano attualmente leesperienze più avanzate di bibliote-che digitali, in cui il focus non èsulle collezioni (i contenuti) o sulworkflow (i processi) ma sugli u-tenti, come comunità attive nel si-stema e comunicanti tra loro (neisistemi più evoluti). In questo sen-so, i depositi istituzionali hanno lapotenzialità di diventare un impor-tante strumento di cambiamentoorganizzativo e procedurale nelleistituzioni che rendono disponibiletale servizio. Una potenzialità nonancora pienamente attuata, perchénelle prime realizzazioni non si ètenuto in sufficiente considerazione

proprio la valenza dell’organizza-zione istituzionale per il successodel deposito. Anche per la difficol-tà delle biblioteche tradizionali,molto attive nello sviluppo dei pri-mi depositi istituzionali, a inserirsi ea conoscere appieno le esigenze ele abitudini delle persone che ope-rano nelle istituzioni, gran parte deidepositi istituzionali esistenti è po-vero di contenuti, oppure veicolainformazioni di bassa qualità. Per ottenere i benefici promessidall’avvio di un deposito istituzio-nale bisognerà quindi basarsi sulconsenso e soprattutto sul coinvol-gimento delle comunità di utentiper cui si organizza il servizio. Cosafa chi intende avviare un depositoistituzionale? Di solito parte da esi-genze più o meno espresse dagliutenti. Per prima cosa si valutano iprodotti software esistenti, oppuresi comincia a sviluppare un softwarenuovo. Questo è attualmente il pro-blema più importante con cui ci sideve confrontare: anche chi vuoleaderire a OAI, non ha chiari i ruolidi Data provider e di Service provi-der che il protocollo prevede espesso non comprende tutte le fun-zionalità richieste per un depositoistituzionale. I programmi softwareopen source attualmente esistentipossono dirsi completi e ben testa-ti e soprattutto sono mantenuti da

comunità autorevoli. Tra le funzionalità che un de-

posito istituzionale deve con-sentire, quella che ci sembraessere più importante è lafacilità e la spinta insiemealla collaborazione chetutti i depositi istituzionalidovrebbero prevedere co-me loro missione preci-pua. La cooperazione do-vrebbe partire dall’istituzio-

ne stessa, nei suoi diversi di-partimenti e servizi, e neces-

sariamente estendersi a livellonazionale e internazionale. Una

particolare cooperazione andrebbeinoltre avviata tra depositi istituzio-

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nali di università e biblioteche, ar-chivi, musei e in genere istituzioniappartenenti ai beni culturali. Unaspetto, questo, in realtà ancora ca-rente, forse perchè l’esperienza deidepositi istituzionali è ancora re-cente. C’è da augurarsi che i servi-zi dei Service provider ora assentipossano in tempi brevi colmare inparte la mancanza di cooperazioneesistente tra depositi istituzionali,ad esempio attraverso l’attività diconsorzi che si attivino per garanti-re una ricerca unificata, attraversol’aggregazione dei metadata, a van-taggio della ricerca dell’utente.Molte quindi sono le opportunitàdei depositi istituzionali, una tecno-logia ancora da sfruttare appieno eper la quale servono volontà diapertura e di condivisione.

Bibliografia

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Note

1 L’OAI è un’iniziativa lanciata nel luglio1999 a Santa Fé con lo scopo di garan-tire l’accesso tramite una comune esemplice interfaccia ad archivi di pre-print, biblioteche digitali e archivi aper-ti di risorse digitali. L’iniziativa ha presole mosse dagli archivi Eprint, primo tratutti quello dei fisici di Los Alamos, masi è estesa successivamente a diverserealizzazioni di istituzioni pubbliche e,ultimamente, è ampiamente applicataanche da privati. Un elemento essenzia-le dell’OAI è il Protocol Metadata Har-vesting, lo schema di metadata consi-gliato è il Dublin Core, codificato in unaspeciale sintassi XML. Per ulteriori infor-mazioni: <www.openarchives.org>.2 BOAI è stata lanciata alla fine del 2001sulla base della convinzione che la pro-

duzione scientifica appartenga al mon-do intero e come tale debba essere li-beramente accessibile al pubblico. Lastrategia stimolata da BOAI si fonda su:1) auto-archiviazione dei lavori scienti-fici da parte degli autori; 2) periodiciscientifici ad accesso libero. Ulteriori in-formazioni all’indirizzo: <www.soros.org/openaccess/read.shtml>.3 È importante distinguere tra comuni-cazione scientifica, che può essere ba-sata sui depositi istituzionali, e pub-blicazione scientifica, che si realizzaalla fine di un processo editoriale. Leuniversity press cercano di correggerele inefficienze dell’attuale sistema edi-toriale consentendo alle istituzioni ac-cademiche di riprendere il controlloperduto delle pubblicazioni scientifi-che. Per un approfondimento, si ri-manda a: Publication vs communica-tion? Searching for an identity for theUniversity of Florence e-press, in Schol-arly communication and academicpresses: proceedings of the internationalconference, University of Florenze, 22March 2001, a cura di A.M. Tammaro,Firenze, FUP, 2002.4 In OpenDLib è prevista la possibili-tà di impiegare set differenti di meta-data per diversi tipi di documenti oanche per lo stesso documento.5 La garanzia e la protezione degli IPRper l’Open Access può essere assicu-rata dalle licenze Creative Commons(CC). Lo sviluppo dell’espressione deidiritti CC in OAI-PMH è sostenuto daOAI/RoMEO Technical Committee,OAI-RIGHTS. Le linee guida che sistanno realizzando saranno sicuramen-te un incoraggiamento per gli autori ele istituzioni pubbliche a usare il mo-dello Open Access, con i conseguentibenefici attesi per gli utenti delle bi-blioteche digitali. 6 Anche per questo scopo esistono deimetadata. Il sistema australiano AGLSper i metadata per l’informazione go-vernativa, ad esempio, prevede tra iMAG un elemento (validity date range),in cui vengono registrate delle dateentro cui il documento è consideratovalido. I documenti nella cui descri-zione appare questo elemento saran-no tenuti sotto controllo, anche me-diante automatismi di sistema, per lapossibile eliminazione nel tempo, ocomunque per essere destinati a trat-tamenti di conservazione di altro tipo.

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Tabella di comparazione dei principali sistemi di gestione dei depositi istituzionali

EPrints DSpace CDSWare ScholnetCompatibilità OAI OAI, OAIHP OAI, OAIHP OAI, OAIHP Compatibilità prevista

per la prossima versione.

Organizzazione logico-funzionale degli oggetti nel database

Gestione del documento

Gestione dei metadata

Funzioni di supportoall’indicizzazione

Gestione dipreservazionee trattamentodei formati dei documenti

Si possono creare collezionisolo con l’uso di un elemen-to di metadata utilizzato a que-sto scopo.

Accoglie qualunque tipo diidentificativo, ma non lo attri-buisce automaticamente.

È possibile definire qualsiasischema, e per ogni tipologiadi documento si può definireun set di elementi diverso,stabilendo gli elementi obbli-gatori e quelli opzionali.

Si può definire una strutturasemantica di tipo gerarchicoin cui ordinare i documenti.

Accetta qualsiasi formato; cia-scun documento può esserearchiviato in più di un formato.

Si possono definire “comunità”(sezioni, dipartimenti, comunitàvirtuali di utenti) e “collezioni”,entrambe personalizzabili condiversi parametri. Sono disponi-bili strumenti di gestione dellecollezioni.Integra l’handle system per l’at-tribuzione di identificativi per-manenti dei documenti digitali,incluso il checksum.Gestisce il documento come in-sieme di oggetti digitali diversi,logicamente collegati.È possibile definire qualsiasischema; tuttavia il sistema si ba-sa su Dublin Core e usa alcunielementi per certe funzioni (perl’interscambio dei dati con pro-tocollo OAI, funzioni di ordina-mento ecc.).

Prevede export, import e la ri-cerca su schema RDF.

Si può definire una struttura se-mantica di tipo gerarchico incui ordinare i documenti.

Accetta qualsiasi formato; cia-scun documento può essere ar-chiviato in più di un formato.Gestione di un mirror per lapreservazione.Funzioni automatiche destinatealla preservazione e aggiorna-mento degli oggetti digitali:– attribuzione di un identifica-tore unico;– monitoraggio di uso;– memorizzazione della storiadel documento e dei cambia-menti eseguiti;– documenta i meccanismi diautenticazione.

Si configura come portale al-l’interno del quale sono pre-senti diverse collezioni, an-che in database separati,strutturati diversamente.

Gestisce il sistema open URL.Timbratura digitale del docu-mento.

Il formato per l’inserimentodei dati è MARC 21; tuttavia sipossono gestire database informati diversi, definendo ta-belle di conversione ai finidella ricerca e per la compa-tibilità OAI.

Linking dei record.

Deduzione di una citazionedai metadata che va a imple-mentare un database in cuifunziona un sistema di refe-rence linking.

Importazione di record(e relativo full text) da variformati, mediante mappaturae profilo di import.

Esportazione dati in XML,Unimarc.Si può definire una strutturasemantica di tipo gerarchicoin cui ordinare i documenti.

Consente il browsing sui sog-getti, con visualizzazioneespansa dei legami.

Accetta qualsiasi formato; cia-scun documento può esserearchiviato in più di un forma-to.

Funzioni di conversione da unformato a un altro, disponibiliper l’utente registrato che sot-topone un documento.

Si possono definire collezionidi documenti.Sono disponibili strumenti di gestione delle collezioni.

Utilizza gli handles.

Funzione di visualizzazionedella struttura logica del do-cumento, e delle informazio-ni collegate (metadata, anno-tazioni ecc).Si può usare qualsiasi schemadi metadata e ad ogni docu-mento si possono associaredescrizioni diverse, usandoschemi diversi

Reference linking.

Gestione thesauri, anche piùdi uno, multilingue, ma nonintegrata, nella configurazio-ne base.

Permette importazione batchdi vocabolari.

Il thesauro può essere colle-gato a parole del titolo o altricampi della descrizione, o so-lo al soggetto.Accetta qualsiasi formato; cia-scun documento può esserearchiviato in più di un for-mato.

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EPrints DSpace CDSWare ScholnetFunzioni di ricercae browse

Immissione deidocumenti

Gestione utenti

Ricerca solo sui metadata,non sul testo completo.

Ogni campo può costituireun indice da poter visualizza-re e scorrere.

Ordinamento dei risultati.

Memorizzazione delle ricer-che effettuate per gli utentiregistrati.

Presentazione

Si può caricare un file singo-lo o un insieme zippato op-pure indicare un URL che lo-calizza il documento remoto.

Approvazione

Il documento è depositato inun’area temporanea, primadell’approvazione Il processo di validazione siavvale di interfaccia web.

Processo di approvazione indue livelli (opzionali): super-visor e editor.

Non c’è alert per editor e su-pervisor, per segnalare artico-li nuovi da valutare.

Si possono definire dei meta-data per memorizzare infor-mazioni sugli autori dei docu-menti.

Registrazione degli utenti at-traverso il web, mediantecompilazione di una form, ovia mail.

Ricerca su full text e sui meta-data.

È possibile limitare la ricerca auna o più collezioni, seleziona-te da una lista.

Si può effettuare la ricerca suun insieme di risultati di una ri-cerca precedente.

Memorizzazione delle ricercheeffettuate per gli utenti regi-strati.

Si possono usare filtri.

Ordinamento dei risultati.

Salvataggio o invio per e-maildei risultati della ricerca.

Export dei metadata per i risul-tati della ricerca.Presentazione

L’utente può scegliere in qualecollezione inserire il documen-to che sottopone alla valuta-zione.

Facilitazioni per l’inserimentodei metadata da partedell’autore.

Approvazione

Il documento è depositato inun'area temporanea, prima del-l’approvazione.Il processo di validazione si av-vale di interfaccia web.

Ogni collezione può avere unsuo processo di approvazione.

Processo di approvazione in trelivelli (opzionali):1) reviewers: qualità del conte-nuto;2) approvers: controllo editoria-le e formale;3) metadata editors.

Alert per segnalare i documentida processare ai responsabilidelle varie funzioni.Si possono definire dei meta-data per memorizzare informa-zioni sugli utenti.

Registrazione degli utenti attra-verso il web, mediante compi-lazione di una form.

Si possono definire gruppi diutenti con diverse abilitazioni.Si possono costituire per gruppidi utenti: mailing list, bullettinboard, chat, forum, newsgroup.

Ricerca simultanea su archividiversi.

Ricerca sui metadata e su fulltext, in vari formati.

Ogni campo può costituireun indice da poter visualizza-re e scorrere.

Rappresentazione complessadei risultati della ricerca, sud-divisi in collezioni e secondoulteriori criteri definiti.

Presentazione

L’utente può scegliere in qua-le collezione e sezione inseri-re il documento che sottopo-ne alla valutazione.

Al momento del caricamentodell’articolo, l’autore puòchiedere la conversione in unformato diverso.

Recupero dei documenti an-che da altri archivi OAIe non (harvesting).

Approvazione

Il documento è depositato inun’area temporanea, primadell’approvazione.Il processo di validazione siavvale di interfaccia web.

Processo di approvazione intre livelli (opzionali)L’autore e l’utente genericopossono seguire il processo divalutazione del documentopresentato, nelle varie fasi, tra-mite l’apposita segnalazione.

Ogni campo può costituireun indice da poter visualizza-re e scorrere.

Ricerca multilingue (metadatae thesauro).

Raffinamento dei risultati del-la ricerca attraverso il rele-vance feedback.

Navigazione del thesauro.

Ordinamento dei risultati.

Diversi formati di visualizza-zione dei risultati della ricerca.

Presentazione

L’utente abilitato può inseriredocumenti, compilare i meta-data e assegnare un soggetto.I dati inseriti dall’autore nonpossono essere cambiati dal-l’amministratore del sistema.

Approvazione

Il documento è depositato inun’area temporanea, primadell’approvazione Il processo di validazione siavvale di interfaccia web.

Articolazione flessibile delprocesso di valutazione.

Registrazione degli utenti at-traverso il web, mediantecompilazione di una form.

Si possono definire dei meta-data per memorizzare infor-mazioni sugli utenti e sugliautori dei documenti.

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EPrints DSpace CDSWare ScholnetGestione dei dirittidi accesso

Personalizzazioni e servizi avanzatiall’utente

Amministrazionedel sistema

Informazioni tecnicheSistema operativoGestione serverProgrammazioneDatabaseMotore di ricerca

Si possono definire limitazio-ni all’accesso per singolo do-cumento.

Alert via e-mail, sui nuovi do-cumenti in archivio, secondo ilprofilo di interesse

Parte off line, parte tramiteinterfaccia web.

GNU/LinuxGNU/LinuxApache WWW serverPERLMySQL

Si possono definire limitazioniall’accesso per utente, per col-lezione e per singolo documen-to, o per diverse versioni dellostesso; l’accesso è regolato perl’utente singolo o per gruppi diutenti.È possibile gestire transazionicommerciali di vario tipo (cartadi credito, prepagato, abbona-mento).MyDSpace consente di creareun accesso personalizzato perl’utente registrato, anche rispet-to al suo ruolo (reader, metadataeditor, supervisor, collectionadministrator ecc).

Possibilità di gestire liste di di-scussione, newsletter, chat, pergruppi di utenti.Interfaccia web.Possono essere assegnati variruoli nell’amministrazione delsistema.

Linux/Unix/OS XApache WWW serverJavaMySQLLucene

Si possono definire limitazio-ni all’accesso per singolo do-cumento.

Carrello.

Alert via e-mail.

Personalizzazione del layout.

Conversione del formato deldocumento al momento dellasottomissione.

Interfaccia web.

GPL GNUApache WWW serverPHP, Python, WMLMySQLGoogle-like

Si possono definire limitazio-ni all’accesso sia per collezio-ne sia per singolo documen-to, o per diverse versioni del-lo stesso; per l’utente singoloo per gruppi di utenti.

Alert via e-mail.

Si possono associareannotazioni ai documenti,pubbliche o ristrette a gruppidefiniti di utenti.

Off line.

Un amministratore di sistemagenerale;un amministratore per cia-scun servizio attivato;un gestore thesauri.

Apache WWW serverC++, JavaProprietario