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Numero 0 | Anno 2011 Vite I giovani liutai sedotti dal violino | Un uomo tra rocce ed inchiostro Quotidianità Il mondo del tè dalla pianta alla tazza | Le dieci regole per combattere lo stress La cromoterapia anche in cucina | I vari modi di coltivare la calma Cultura Mangia, prega, ama tra verità e stereotipi | L'ozio come stile di vita dal direttore di The Idler | Musica per l'anima: le armonie di Enya

BAYKO | BrandMagazine

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Numero 0 | Anno 2011

Vite I giovani liutai sedotti dal violino | Un uomo tra rocce ed inchiostro Quotidianità Il mondo del tè dalla pianta alla tazza | Le dieci regole per combattere lo stress

La cromoterapia anche in cucina | I vari modi di coltivare la calma Cultura Mangia, prega, ama tra verità e stereotipi | L'ozio come stile di vita dal direttore

di The Idler | Musica per l'anima: le armonie di Enya

Alla fine di una giornata di frenetico lavoro tutti abbiamo bisogno di un momento di pausa. Questa rivista

nasce con l’intento di ritagliare un momento tutto per noi, che ci permetta di staccare da questo mondo che corre troppo veloce.Il nostro obiettivo è condividere e diffondere la cultura della calma. Abbiamo chiamato questa rivista Tiles&Tales: tegole e storie. Le “tegole” sono metafora delle varie sfaccetta-ture di cui si compone la vita di ogni giorno, tutto ciò che nella quotidianità ci possa resti-tuire il nostro equilibrio interiore. Le “storie” costituiscono il nostro intento di lasciare parlare persone reali, entrare nelle loro vite, conoscere come loro riescano ad evadere, ritrovare se stessi e coltivare le loro passioni. Perché non rilassarsi, dimenticare il lavoro, e godere di questo momento?Abbiamo tre sezioni. “Vite” sarà ricca di interviste per confrontarci con storie vere, con persone che riescono a ritrovare la pace in qualunque momento (anche all’esterno delle mura domestiche), trasformando le loro passioni in attimi di puro relax.In “Quotidianità” condivideremo alcune perle che vi aiuteranno a raggiungere la vostra serenità, lasciandovi spazio per esprimere la vostra opinione inerente ad una domanda che vi porremo ogni mese.In “Cultura” presenteremo brillanti spunti riguardanti musica, cinema e letteratura dandovi consigli per il vostro tempo libero.Per concludere, vi lasciamo con una citazione d'autore: Italo Calvino in Se una notte d'inverno un viaggiatore.

dalDirettore

“Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia

che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta

è meglio chiuderla; di là c'è sempre la televisione accesa.

Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!»

Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non

voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto

quel chiasso; dillo più forte, grida: «Sto cominciando a

leggere!» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.”

Italo Calvino Se una notte d’inverno un viaggiatore

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Sommario

Tiles&Talesnumero 0 anno 2011

I giovani liutaisedotti dal violino

Dal Direttore:nasce Tiles&Tales

Un uomo tra rocce ed inchiostro

Intro 05

Sommario

Il mondo del tè, dallapianta alla tazza

combattere lo stressLe dieci regole per

anche in cucinaLa cromoterapia,

Mangia, prega, ama traverità e stereotipi

dal direttore di The IdlerL’ozio come stile di vita

le armonie di EnyaMusica per l’anima:

la cultura della calmaI vostri modi di coltivare

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I giovani liutai

sedotti dal violino

ViteUna storia di Domenico Coviello

Dario e Lapo Vettori con la sorella Sofia sono fra i pochissimi ragazzi titolari, in Italia, di una bottega di liuteria. Fanno violini, viole e violoncelli.

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Vite

S iete fra i pochi giovani a condurre una bottega di artigianato artistico. Vi sentite mosche bianche?

Dario: Non è proprio così. Le scuole di liuteria, come quelle di Cremona, sono piene. Ma c’è un problema legislativo sull’apprendistato: non ci sono abbastanza incentivi per assumere dipendenti.Lapo: E purtroppo un giovane, se non fa esperienza dopo la scuola, non impara il mestiere…

Come avete imparato il mestiere?D: Qui, dal nostro babbo: a sua volta aveva imparato dal nonno. E poi andando in giro per il mondo.

Quante sono in Italia le botteghe che fanno violini e violoncelli?D: I liutai 20enni o 30enni che por-tano avanti la bottega si contano sulle dita di una mano. L: In tutto i liutai italiani sono poche centinaia.

Quanto tempo ci vuole per fare un violino?L: Fra lavorazione del legno, verni-ciatura e asciugatura passano tre o quattro mesi.

Come si costruisce un violino?L: Partiamo dalla forma. Il violino ne ha una precisa, così come le sue misure: deve avere le punte, le “effe”, la testa con il riccio, deve essere tondo sopra e sotto…D: Stabiliti questi “paletti”, codi-ficati nel XVI secolo, sta al liutaio infondere la propria personalità nello strumento, modificando ad esempio lunghezza o larghezza delle “effe”, oppure l’anima del violino (asticella all’interno della cassa armonica, ndr) o il ponticello.L: Un violino fatto da me è diverso da uno fatto da mio fratello che a sua volta sarà differente da quello costruito da nostra sorella…

Suppongo sia estremamente im-portante il legno scelto…D: Uno può scegliere un pezzo, due pezzi, tangenziale, radiale. E poi c’è il tipo di legno. Quello standard per il piano armonico è l’abete. Ma il fondo nei violini è in acero, nei violoncelli di pioppo, salice, cilie-gio, pero.

Quindi voi siete anche grandi esperti di alberi e legname… D: Certo! Cambiando tipo di legno

Dario e Sofia

Vettori al lavoro su un violino:

la preparazione può durare fino a

quattro mesi

Specie in estinzione In tutto i liutai italiani sono poche centinaia. I violini italiani sono tra i più quotati nel mondo.

Pazienza Per la realizzazione di un violino tra lavorazione del legno, ver-niciatura e asciugatura passano dai tre ai quattro mesi.

Precisione In base alla scelta del legno cambia la densità, il peso specifico, la velocità del suono. Un musicista è in grado di percepire la dif-ferenza tra un suono emesso a 400 hertz e un’altro a 444 hertz, mentre un uomo comune ha una sensibilità d’orecchio cinque volte inferiore. I clienti dei liutai sono quindi tra i più esigenti.

Passione, precisione, silenzio...L: Certo, se poi arriva il violinista a provare e ha bisogno di silenzio ma davanti alla bottega si ferma l’auto-bus che magari dà una sgassata…

Già, a causa della pedonalizza-zione di piazza Duomo a Firenze, i bus hanno deviato davanti alla bottega: in 80 metri di strada, i

cambia la densità, il peso specifico, la velocità del suono.

Qual è “l’utensile” più importan-te nel vostro lavoro? La mano, l’orecchio? D: È avere tutto in testa, prima.L: E siccome se un violinista spo-sta un dito di mezzo millimetro il suono cambia, noi dobbiamo essere precisi al decimo di millimetro.

Se un violinista sposta un dito di mezzo millimetro il suono cambia di un semitono: noi dobbiamo essere precisi al decimo di millimetro.

capolinea di ben tre autobus…L: Già, è un problema: per il rumore e per la visibilità, dato che non si vede quasi più l’ingresso della bottega. E quando piove la nostra tenda diventa rifugio a mo' di pensilina per i poveri passeggeri sguarniti di tettoia.D: Purtroppo, se non cambia que-sta situazione, rischiamo di dover chiudere baracca e burattini e trasferirci altrove. Questa è una professione storica, che va difesa.

Chi sono i clienti della bottega?D: Musicisti, collezionisti, negozi di strumenti musicali. Abbiamo clienti a Singapore, in Giappone, in Asia in genere; ma anche nel resto d’Europa e in America.

E tra i clienti ci sarà anche qual-che musicista vip… D: Sì, ma non si può dire!

Ai vip magari gli si regala il violino… L: Eh…no!

Almeno si firma il “prodotto”?L: Ognuno di noi ha il suo marchio.

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Vedi dentro questo violino fatto da me? C’è scritto “Lapo Vettori, filius Pauli,… Florentia,… Anno Domini…”. Ovviamente mio padre scrive “Paolo Vettori, filius Darii…”, che era suo padre.

Si vede che è molto importante la tradizione familiare…D: Certo. Il mestiere è molto antico, e si impara guardando. Per noi l'esperienza di nostro padre è stata la nostra scuola.

I violini più antichi sono e meglio suonano. Voi fate qualcosa che acquista pregio nel tempo invece di svalutarsi.L: Il nostro è un lavoro all’antica. Il contrario della logica consumi-stica, per cui si comprano prodotti fatti per deteriorarsi. I nostri vio-lini, fatti oggi, fra cento anni, se ci saranno ancora, suoneranno molto meglio.

Però oggi un liutaio usa il com-puter…D: Può servire a essere più pre-cisi nelle misurazioni, ma non è indispensabile.L: A parte la luce elettrica e poco più, lavoriamo a mano con le stesse regole di Antonio Stradivari. m

Il padre, Paolo Vettori, con una delle sue creazioni. A destra i suoi due figli, Lapo e Dario Vettori, in bottega

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Vite Una storia di Nome Cognome

La pace di un uomo

tra rocce ed inchiostro

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Erri de Luca ci svela come ha creato un luogo in se stesso, dove riesce a ritrovare la calma: la roccia. La sua passione si trasforma in occasione di serenità.

ViteUna storia di Vinicio Stefanello

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Vite

Erri, come è iniziata la tua storia con l’arrampicata?Ho cominciato tardi, verso i trent’anni in montagna

d’estate, a mettere le mani sulla roccia. Da allora non le ho tolte più. Durante l’anno scalo nelle falesie di Lazio e Umbria, a luglio e agosto faccio delle puntate in Dolomiti, le montagne ideali per me. Là cerco di ripetere vie classiche.

Arrampicata sportiva e alpini-smo: come s’incrociano e come convivono nella tua esperienza?Non ho mai aperto una via di roccia, perché mi sento un passante, senza diritto di chiodo e martello. Mi piace passare senza far rumore, anche quando salgo un sentie-ro. Cerco nei passi e nei gesti della

scalata di essere leggero, di non la-sciare traccia. Lì più che altrove mi sento un intruso.

Le cose irrinunciabile per Erri De Luca climber…Irrinunciabile è la bellezza di un luogo di scalata e poi della via. Questo precede per me il grado di difficoltà. Mi piace tentare cose dure per me ma prima di tutto viene l’entusiasmo per l’ambiente, l’intesa con l’atmosfera e i compa-gni di scalata.

Corpo, mente, roccia, movimento. Qual è il bello dell’arrampicata?Il gusto delle scalate sta per me nel fatto che il corpo prende il so-pravvento sulla testa, governa lui.

Erri De Luca preferisce il

contatto diretto con la roccia e

spesso non usa la magnesite

La roccia è il campo in cui la testa smette di dare ordini, di essere pa-drona e signora. Le parti del corpo impongono il loro regime assem-bleare, tutte le parti, dalle dita dei piedi fino ai muscoli del collo. L’arrampicata è il regime demo-cratico del corpo, la sua presa di potere. La testa registra, ricorda, archivia, ma segue, viene dietro il corpo. Qualche volta la testa si

cui le parole corrispondono alle cose vissute, dove prendi lezioni da tutti e puoi imparare da chiunque. E poi è un ambiente povero, dove il più bravo di turno sbarca a stento il lunario.

Hai mai pensato al mondo dell’arrampicata come possibile soggetto di un tuo libro?Qualche racconto di montagna mi è già uscito e nella prossima raccolta di storie ce ne saranno ancora. Le mie pagine raccontano volentieri vita svolta, hanno poco margine d’invenzione. Approfitto volentieri dell’insieme di acci-denti che vanno sotto il nome di esperienza.

Cerco nei passi e nei gesti della scalata di essere leggero, di non lasciare traccia. Lì più che altrove mi sento un intruso.

ribella e manda al corpo segna-li di paura, ma basta che il corpo si fermi un momento ad ascoltarsi, e il messaggio viene rispedito indie-tro. Insomma sulla roccia il corpo dimostra che magnifica macchina sia e quanto sconosciuta.

Arrampicata, falesie e pareti… un mondo a parte?Certo, un mondo a parte: mi piace starci, ascoltare, anche le beghe e le eterne chiacchiere sui gradi, sui colpi di fortuna e di scarogna. Tutto sommato è un ambiente in

Quali obiettivi ancora e dove ti porterà la roccia?Il mio pensiero adesso si sta spo-stando verso le remote alture dell’Himalaya. Là vorrei speri-mentare le mie forze residue. Così approffitto dello spazio che mi offrite per avanzare la mia can-didatura a una spedizione che volesse portarsi dietro un narrato-re d’alta quota. m

De Luca è dai più conosciuto come scrittore. La sua più grande passione è però la montagna

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Quotidianità Un articolo di Anna Maeran

Il mondo del tè,

dalla pianta alla tazza

Ogni società ha creato riti diversi per assaporare il tè, da quello all’inglese a

quello della filosofia Zen in cui diventa una vera e propria pratica meditativa.

Questa bevanda, dalle innumerevoli varietà, vanta origini antichissime

che si perdono nel mistero.

Per riscoprire il rito del tè, è necessario prendersi il giusto tempo per la pre-parazione. Indispensabili

sono alcuni accessori come una teiera in porcellana, terracotta o metallo, un filtro e un servizio di tazze di porcellana in cui servire la bevanda. Gli ingredienti per la buona riuscita sono le foglie di tè, che devono essere conservate in un luogo asciutto, lontano da odori forti che potrebbero alterarne il sapore; e l’acqua: ideale sarebbe usare quella pura di montagna, ma in alternativa si può scegliere una minerale naturale non troppo povera di sali. Bisogna scaldare l’acqua fino ad una temperatura di 70° C, 80° C, oppure lasciarla bollire e poi attendere qualche minuto prima di versarla nella teiera (che avrete riscaldato anti-cipatamente con dell’acqua calda). La dose corretta di foglie di tè è di un cucchiaino per ogni ospite e uno per la teiera. Per quanto riguarda il

tempo di infusione, varia a seconda della tipologia di tè: ad esempio per un tè verde il tempo corretto è dai 2 ai 4 minuti, per un Oolong dai 5 ai 7 minuti, mentre per il tè nero è di circa 3 minuti. Dipende comunque dalla grandezza delle foglie, dalla varietà che abbiamo scelto e anche dal risultato più o meno forte che desideriamo ottenere.

m�COSA METTERE IN TAVOLA

Sulla tavola non dovrebbe mancare tutto ciò che si può aggiungere al tè: un bricco per il latte, la zuc-cheriera e un piattino con qualche fettina di limone (lo zucchero e il latte andrebbero messi nella tazza prima di versarvi la bevanda). Per accompagnare sono perfetti i biscotti secchi e le paste al burro. Per la colazione invece potete aggiungere anche pane tostato, burro, miele e marmellate di tutti i gusti, per iniziare in allegria la giornata. Il tè arabo rosso o

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Quotidianità

nero, oppure il tè verde si possono gustare anche a pranzo, l’impor-tante è non zuccherarli e berli ad una temperatura non troppo calda. Davvero adatto con le carni rosse o il cuscus, se scegliete di seguire la tradizione dei Tuareg, è il tè arabo di qualità rossa in cui sono aggiunte foglie di menta fresca.

m�IL RITO DEL TÈ

Nella cultura giapponese, ed in par-ticolare nella filosofia Zen, pratica meditativa, ritualità e gesti quo-tidiani diventano un'unica cosa, all'insegna della consapevolezza e della presenza del sé. Il Rito del Tè diventa in questo contesto una vera e propria pratica meditativa, ma anche un rito che simboleggia il percorso della mente verso il ricongiungimento con l'unità e verso la pace. La cerimonia è perfettamente codificata, ogni singolo gesto ed ogni oggetto hanno una propria funzione. La cura e l'at-tenzione che richiede questo rito

sono assolute. Ogni singolo gesto deve essere preciso e osservato. Giunto il momento del tè ci si incontra, quando è possibile, in un angolo del giardino. Qui ci si ritrova per prepararsi alla cerimonia. Poi, oltre alla stanza appositamente adibita per lo svol-

gimento del rito, troverete anche una stanza per la preparazione, una stanza estremamente essen-ziale ma curata ed armoniosa. In questo luogo adibito alla prepa-razione nulla è lasciato al caso, gli oggetti, la decorazione, gli argomenti di conversazione. Gli elementi che non possono mancare sono utensili, tazza, colino, frullino, decorazione floreale e il Kakemono, ovvero il dipinto

La cerimonia è perfettamente codificata, ogni singolo gesto e

oggetto hanno una funzione. La cura che richiede questo rito è assoluta.

Tè Verde | Deriva da un’essiccazione lenta delle foglie di Canellia Sinensis, che permette di evitare la fermentazione e la produzione di enzimi tossici. Possiede molte proprietà benefiche per il corpo.

Tè Bianco | È uno dei tè più preziosi. Viene prodotto in quantità minime perché le foglie di Yin Zhen vengono raccolte solamente in determinati giorni dell’anno.

Tè Oolong | In questa categoria rientrano i tè più scuri, che subiscono un parziale processo di ossidazione. Tra questi, il tè nero, il più diffuso in Occidente, dal sapore forte e gli effetti eccitanti.

Tè Puerh | Tè particolare al quale i cinesi attribuiscono poteri curativi. È un tè pressato che permette una più lunga conservazione e un trasporto più facile.

verticale molto diffuso nella cultura giapponese. Il rito del tè Zen ha preso la sua attuale forma alla fine del XV secolo e deriva da alcune pratiche del buddismo. Lo scopo di questa cerimonia è quello di invitare l'uomo alla purificazione unendosi con la natura. Spesso, a simbo-leggiare questo cammino verso la natura, si passa attraverso un giardino, che porta poi alla stanza del tè. Dopo alcuni procedimenti di purificazione si possono sentire i famosi colpi di gong che scan-discono le tappe e il ritmo della cerimonia e si inizia con la prepa-

razione del Matcha, la polvere di tè verde Gyokuro. La polvere viene poi sbattuta con acqua calda e la bevanda che si forma, calda e schiumosa, viene offerta a tutti gli invitati che si passano la tazza di mano in mano dopo aver recitato il rituale. La ge-stualità è parte fondamentale del rito, aiuta a sviluppare controllo e presenza di sé ed è una esperienza interessante per chi vuole avvici-narsi alla cultura giapponese. m

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Quotidianità Un articolo di Giampaolo Perna

Le dieci regole per

combattere lo stress

Lo stress ci costringe a bruciare grandi quantità di energia: la continua

tensione non ci fa raggiungere il rilassamento, facendo sì che stanchezza

fisica e mentale si accumulino. È qualcosa che va preso sul serio, ecco dieci regole per provare a combatterlo.

Un articolo di Giampaolo Perna

Rallentare, prendersi delle pause, fare le cose con calma.

Praticare tecniche di rilassamento, come ascoltare musica.

Limitare le situazioni stressanti, riducendo al minimo le rinunce.

Saper cominciare a dire di no, quando se ne ha la possibilità.

Dedicarsi, appena possibile, a qualcosa che piace e diverte.

Ricordare che ogni cam- biamento è stress: con- durre una vita regolare.

Fare esercizio fisico tre volte alla settimana: da venti minuti a due ore.

Respirare lentamente e profondamente: calma il corpo e l’animo.

Regolarizzare il sonno. Evitare ritmi di dormiveglia frenetici.

Esiste infine il più potente tra tutti gli antistress: ridere!

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Quotidianità Un articolo di Dagmara Bastianelli

La cromoterapia,anche in cucinaIl colore è un aspetto fondamentale delle nostre vite, e la cromoterapia ci insegna a gestirlo per ristabilire il nostro benessere psicofisico. Impariamo ad applicarne i principi anche nell’allestimento della tavola.

BIANCOColore dal duplice significato: se da un lato ispira igiene ed eleganza classica, dall’altro rappresenta anche modernità e rinnovamento.Non a caso, la ceramica bianca dei servizi da tavola è consi-derata un elemento intramontabile e, allo stesso tempo, il più adatto a rivisitazioni moderne.

VERDE E BLUSono due tonalità rigeneranti che inviano all’organismo uno stimolo che agisce come calmante per il sistema nervoso.Gli accessori verdi e blu rallentano battiti cardiaci e respira-zione, producendo un rilassamento che spinge alla calma e facilita la concentrazione. Per la loro freschezza che ricorda gli elementi naturali sono perfetti per allestire la tavola estiva.

GIALLOUna tonalità che trasmette buonumore, positività ed energia.È consigliato scegliere piatti e bicchieri di questo colore durante i cambi di stagione o nei momenti di stress fisico perché ricaricano il corpo. Mangiare in un ambiente di colore giallo aiuta inoltre a rego-larizzare l’intestino.

ARANCIO E ROSSOSono colori dinamici che possono stimolare l’appetito. Il rosso, legato al fuoco e alla terra, rappresenta la passione e l’energia vitale. Ideale quindi per chi si sente giù di tono e ha bisogno di nuova energia. L’arancio, radicato nella sfera del caldo, comunica entusiasmo e risolve i problemi di digestione aiutando l’assimilazione dei cibi.

VIOLAPrende il nome dall’omonimo fiore di cui descrive il colore.Tutte le sfumature del viola, tonalità nobile e spirituale, hanno un potere calmante: agisce sull’inconscio dando forza spirituale ed ispirazione.Portare in tavola complementi di questo colore aiuta quindi a calmare alcuni disturbi come la fame nervosa.

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Quotidianità A cura di Daniela Cammi

I vostri modi di coltivare la calmaCome riuscite a rilassarvi dopo una giornata di duro lavoro? Quali sono i vostri piccoli segreti per farvi ritornare il buonumore? Condivideteli con la redazione di Tiles & Tales.

Una birra, la mia band, una casa libera. Cosa c'è di meglio?

Adoro cucinare! Faccio dei dolci buonissimi, dovete assaggiarli!

Mi prendo un caffè caldo, a cui segue l'immancabile sigaretta!

Ma pensate davvero che esista ancora la calma?

Essere felici con se stessi.

Quando sono giù accendo il pc e faccio qualche partita online.

Il mio amore: lei è l'unica che riesce a calmarmi.

Con una bella corsa sul tapis roulant sfogo tutto lo stress.

Giovanni

Donatella

Daniela

Enrico

Irina

Alessio

Diego

Ilaria

Accendo la musica e mi ritrovo in un mondo tutto mio!

Tento di trasformare lo stress in uno spunto per un nuovo quadro

Giocare con il mio cane riesce a distrarmi da tutte le preoccupazioni

Stare abbracciata al mio ragazzo.

Mi butto in acqua e mi sento subito bene.

La cosa che preferisco è uscire a fare quattro passi...

Quanto vorrei essere calmo!!!

Tre parole: musica, musica e ancora musica!!!

Calma?... Quando non devo fare i compiti!

Emilio

Alessandro

Federica

Cristina

Marco

Lucia

Paolo

Giada

Mohammed

Potete contattare la redazione di Tiles&Tales inviando una mail a [email protected]

oppure tramite la nostra pagina Facebook

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Cultura Una recensione di Alessio Pepizia

Mangia, prega, ama fra verità e

stereotipi

MANGIA PREGA AMA | 2010 | USA

Regia Ryan Murphy Fotografia Robert Richardson Musiche Dario Marianelli Con Julia Roberts, James Franco, Richard Jenkins

Trama Elizabeth Gilbert ha una vita apparentemente perfetta, ma questo non le basta per essere felice. Dopo tre anni dal divorzio e da una tormentata storia d’amore, Elizabeth decide di intraprendere un viaggio intorno al mondo. Tra le sue numerose tappe soggiorna in Italia, dove si avvicina ai piaceri della buona tavola; successivamente fa tappa in India, dove trascorre il suo tempo con un idraulico aspirante poeta, infine in Indonesia, a Bali, viene aiutata da uno sciamano sdentato a guarire la tristezza che ha nel cuore, imparando a sorridere ed amare nuovamente.

Ci sono voluti quattro anni affinché il libro di memorie di Elizabeth Gilbert, Mangia, prega,

ama, sei milioni di copie vendute negli States, arrivasse al cinema. A cavalcare la complessa operazio-ne Ryan Murphy, geniale creatore televisivo di serie cult come Glee e Nip/Tuck. Al suo fianco, sin dal principio, Julia Roberts. Partendo proprio dal titolo, che in qualche modo etichetta immediatamen-te le tre tappe che la protagonista andrà a vivere sulla propria pelle per ritrovare se stessa, si intuisce

l’equilibrio, spirituale e non, senza dimenticare l’amore. Un anno sab-batico, in giro per il mondo, zaino in spalla, valigia Vuitton subito dietro, soldi a profusione, da donna ricca, fastidiosamente borghese, sposata con un uomo immaturo che però la adora, con amici da Mulino Bianco e un lavoro che le piace, la soddisfa e le permette una vita agiata e piena di ogni comfort, ma con una profonda e misteriosa infelicità che la avvelena. Partendo da questo “semplice” intreccio, realmente vissuto da Elizabeth Gilbert, Murphy si perde purtrop-po all’interno di uno script, scritto con Jennifer Salt, discutibile nella rappresentazione delle realtà prese in esame, a partire da una visione dell’Italia sinceramente ridicola, per non dire imbarazzante, per non dire fantascientifica, semplice-mente hollywoodiana.Finto, falso, eccessivo. Quasi tutto in Mangia, Prega, Ama sa di stereotipato. Eat, Pray, Love, dispiace dirlo, è un prodotto tipicamente americano. Nega-tivamente parlando, purtroppo. Murphy e la Salt, co-sceneggiato-ri, sono infatti riusciti a rendere il libro di memorie della Gilbert

Murphy si conferma interessante, con una visione d’insieme spesso intrigante, rovinata però da una storia forzata e poco credibile.

quanto il film sia un concentrato abominevole di luoghi comuni.In Italia, terra del ‘dolce far niente’, per godersi la vita, vivere la giornata, filosofeggiare con gli amici e abbuffarsi da mattina a sera; in India per trovare quiete, il potere della pace interiore; in In-donesia, a Bali, per raggiungere

Julia Roberts in una delle scene del film. Interpreta la protagonista Elizabeth

32 | Tiles&Tales

Cultura

ancora più stucchevole, mistico e affogato nei cliché di quanto già di suo non fosse. L’apoteosi dell’assurdo viene toccata con l’in-credibile prima parte, quella che porta una Elizabeth distrutta in Italia, a Roma. Accolta in una casa del centro storico da un’anziana signora del Sud Italia uscita da un film di Vittorio De Sica, la prota-gonista si ritrova a dover scaldare l’acqua nelle pentole per farsi un normalissimo bagno. Ambienta-to ai giorni nostri, il film prosegue la sua discesa vertiginosa nell’in-credulità incorniciando un popolo, quello italiano, come un popolo di ‘fancazzisti’. Cibo, famiglia e calcio. Questa è l’Italia vista dagli States, dove nessuno si preoccu-pa di lavorare, passando intere giornate a tavola, come se i soldi piovessero dal cielo.Conclusa l’epopea capitolina, la splendida Roberts vola prima in India e poi in Indonesia, senza scendere mai un secondo dall’ot-tovolante del luogo comune. Avventurandosi in dialoghi che oscillano tra l’introspettivo spinto e filosofeggiante e il mi-sticismo, Murphy si conferma, registicamente parlando, qualita-tivamente interessante, con una visione d’insieme mai banale e spesso intrigante, rovinata però da una storia forzata e sinceramente poco credibile, anche se teorica-mente accaduta.Tutto, ovviamente, poggia sul sorriso unico ed inimitabile di Julia Roberts. Solare, pensierosa, affranta, innamorata, dispera-ta, allegra, affamata, meditativa.

Sono tanti i volti dell’attrice ripresi e portati sul grande schermo, il-luminato dalla sua bravura e dal suo ipnotico sguardo. Sceno-graficamente ‘edulcorato’, ben musicato dal nostro Dario Marinel-li, fastidiosamente fotografato da Robert Richardson, tecnicamen-te ben diretto, debolmente scritto, malamente pensato e realizza-to ed incredibilmente lungo (140 minuti sono una follia), Mangia, Prega, Ama delude sotto più punti di vista, confermando due verità assolute sull’attuale industria hol-lywoodiana: ha ancora bisogno di Julia Roberts; che la smetta di rap-presentare un’Italia da cartolina rimasta alle Vacanze Romane di hepburniana memoria. m

James Franco e Luca Argentero

interpretano David e Giovanni, due dei protagonisti

maschili del film

LA MARCIA DEI PINGUINI | 2005 | FRA

Regia Luc Jacquet Fotografia Laurent Chalet, Jerôme Maison Musiche Emilie Simon

Toccante e commovente la lotta per la vita del pinguino impera-tore. Una lotta in cui l'elemento determinante perché a vincere sia la vita è l'amore. Sospeso nel silenzio visivo e sonoro del Mare Antartico, il film segue l'annuale avventura di questi teneri e goffi animali che per riprodursi devono compiere un va' e vieni continuo tra il nord e il sud. La voce di Fiorello ci accompagna lungo questo meraviglioso viaggio, e lo fa con garbo e senza lasciarsi andare a facili scimmiottature.

PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO INVERNO... E ANCORA PRIMAVERA | 2003 | KOR

Regia Kim Ki-Duk Con Oh Young-Su, Kim Ki-Duk, Kim Young-Min

Le favole morali sono la forma di espressione ideale per il cinema orientale. Questo film è una conferma di come sia possibile fare cinema con semplicità, senza dimenticare le emozioni. È il racconto della vita che si svolge in un non luogo, immerso nella natura di Taiwan. In una casa-isola su un laghetto si svolgono le esperienze di due monaci, uno adulto e uno giovane. Le stagioni passano, e ognuna di esse è un periodo dell'esistenza, vissuta fra felicità e dramma, sotto la veglia di un'immancabile spiritualità.

IL CONCERTO | 2009 | FRA, RUS, ROU, BEL

Regia Radu Mihaileanu Con Aleksei Guskov, Mélanie Laurent, Miou-Miou

Andreï Filipov è un direttore d'orchestra deposto dalla politica di Brežnev. Rifiutatosi di licenziare la sua orchestra di musicisti ebrei, è costretto a lasciare il posto al nuovo ottuso direttore del Bolshoi. Un fax indirizzato al teatro è destinato a cambiare la sua esistenza. Il Théâtre du Châtelet ha invitato l'orchestra a Parigi. Impossessatosi dell'invito concepisce il suo riscatto, riunendo i componenti della sua orchestra e conducendoli in Francia sotto mentite spoglie, riprendendo la musica da dove il regime comunista li aveva interrotti.

CulturaConsigli di Antonella Ricci

34 | Tiles&Tales

Cultura Una storia di Nome Cognome

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Cultura Una storia di Enzo Gravante

L'ozio come stile di vita,

dal direttore di The Idler

L'OZIO COME STILE DI VITA | 2006 | ENG

Di Tom Hodgkinson

Trama Fin da bambini siamo stati tiranneggiati dalla presunta virtù dell'alzarsi presto la mattina. Poi ci hanno insegnato a trasformare il pranzo in una pausa rapida nel pieno del lavoro, a non sprecare il tempo dormendo, sempre in nome di una logica per cui lo scopo della vita è lavorare, produrre, guadagnare. Ma, come insegna il nobile esempio di grandi personaggi - da Cartesio a Oscar Wilde, da Whitman a Stevenson, da Chesterton a Nietzsche - tutto ciò è profondamente contrario alla vera natura dell'uomo. In questo libro, Tom Hodgkinson rivaluta l'ozio, che non è il padre dei vizi ma la condizione per riappropriarci della vita e lasciare campo libero alle più elevate attività.

Scrivanie che trasudano lavoro, agende stracolme di appuntamenti, cellulari iperattivi in questa giun-

gla dell’impegno che è diventata la nostra società. L’Europa degli occidentali fagocitata dalla produ-zione e dal consumo ha contagiato proprio tutti. È stressato il mana-ger con le riunioni, il medico coi pazienti, l’impiegato col pubblico. E noi italiani? Dopo Inghilterra e Germania siamo il Paese che lavo-ra di più (dati Censis); quello che “gode” di meno giorni di vacanze l’anno. In fila come soldatini a mar-ciare per produrre di più, guada-gnare di più, trascurando i piaceri

Per materializzare ancor più le sue teorie Hodgkinson ha scritto anche un libro, L’ozio come stile di vita. A metà strada fra romanzo e saggio questo volume è un inno alla pigrizia, una filosofia capace di mettere in guardia il lettore, ispirandosi, come candidamente ammette, a una vera e propria letteratura sull’argomento fiorita dalle penne di scrittori del calibro di Bertrand Russell o Robert Luis Stevenson.

Qual è lo scopo di questo libro?Attaccare la mentalità capitalisti-ca che noi adulti abbiamo radicata a tal punto da pensare che soltan-to con il duro lavoro può esserci ricchezza e felicità. Il mio scopo è prospettare strade alternative, celebrare il piacere del vivere. Il sistema industriale ci ha trasfor-mati in persone che avvertono un senso di inferiorità se non lavorano incessantemente.

Cosa vuol dire per lei oziare? Corrisponde sempre alla libertà?Per me sì. La persona che ozia l’esatto contrario di quella schia-vizzata dal sistema. Oziare è sen-tirsi sempre padrone di se stesso ed essere in condizione di poter decidere della propria sorte.

Il sistema industriale ci ha trasformati in persone che avvertono un senso di inferiorità se non lavorano incessantemente.

della vita, il valore della pausa, le atmosfere del silenzio. Tom Hodgkinson, quarantenne inglese da anni dirige The Idler, rivista semestrale sull’ozio divenuta in breve oggetto di culto per scrittori e umoristi che esaltano gli infiniti aspetti del “dolce far niente”.

Hodgkinson, durante una sua conferenza. Diffonde le sue idee attraverso diversi media

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Cultura

Perché gli occidentali sono finiti in questa morsa?Essere rimasti intrappolati dal sistema è il risultato di una certa etica lavorativa ma anche della Rivoluzione Industriale. Nel Me-dioevo, ad esempio, non si lavorava così duramente come oggi. Tutto questo perché la strada per la salvezza non si trovava, e non si trova, attraverso l’ossessione del lavoro e il conseguente scopo del guadagno dei soldi. La vita era più ricca e complessa, e non si viveva dipendendo dal tempo. Diciamo che tutto è filato liscio fino al diciottesimo secolo, quando prese piede una nuova filosofia basata sulla competizione. Ai tempi dei Romani il lavoro riguardava gli schiavi. Penso che oggi lo siamo diventati un po’ tutti.

In passato molti esponenti, specialmente della letteratura, hanno coltivato l’ozio. Chi crede che sia il più originale di tutti?Ne potrei citare tanti, da Friede-rich Nietzsche a Walt Whitman passando per George Byron. Aristotele, però, ha scritto che la vita contemplativa è molto adatta a guidarci verso la felicità. Del resto sappiamo che anche Gesù attaccò duramente il lavoro.

Non trova che i suoi siano sugge-rimenti un po’ troppo edonistici?Sia l’edonismo che la ricerca del piacere sono sempre stati obiettivi molto nobili. Spesso, però, il primo viene interpretato come ricchezza, e l’ozio non fa diventare ricchi. Chi ozia è felice quando osserva cre-scere un fiore, o quando fa lunghe passeggiate a piedi o in bicicletta. Non desidera una nuova automo-

bile, magari da cambiare soltanto perché non è più il modello al’ulti-mo grido. Insomma, lussuria e ozio non sono mai state la stessa cosa.

Fumo, restare a letto per ore, non far nulla a casa… Ma lei rispetta proprio tutti questi “canoni” trattati nel suo libro?Io fumo, e quando è possibile resto a letto… Bene, ho pochi figli. m

The Idler, rivista-libro fondata

nel 1993 da Tom Hodgkinson e

dall'amico Gavin Pretor Pinney

UN VIAGGIO CHIAMATO VITA | 2010 | JAP

Di Banana Yoshimoto

Un viaggio, per quanto terribile possa essere, nel ricordo si trasforma in qualcosa di meraviglioso: la vita è un viaggio, e come tutti i viaggi si compone di ricordi. In questo libro, Banana Yoshimoto raccoglie preziosi frammenti di memoria e ci porta con sé, lontano nel tempo e nel mondo. Dalle emozioni del primo amore alla scoperta della maternità, dalle piramidi egiziane alla Tokyo degli anni settanta. Con la consueta legge-rezza della sua scrittura, ricostruisce le emozioni dell’esistenza a partire da un profumo, da un sapore, da un effetto di luce o dal rumore della pioggia e del vento.

ELOGIO DEL POMODORO | 2011 | ITA

Di Pietro Citati

Pietro Citati ha compiuto un percorso molto ricco: ha incontra-to i più grandi intellettuali europei, viaggiato a lungo in tutto il mondo, scritto articoli e libri che hanno lasciato un segno nella storia italiana. A volte però è sufficiente un'immagine, come quella del pomodoro di una volta, per cogliere il senso di un'epoca. Ci conduce quindi attraverso la cultura, i valori dell'Italia e della società occidentale, in un percorso ricco di incontri, in cui il racconto in prima persona si intreccia con le stagioni della nostra storia e si accompagna a una profonda e acuta riflessione sul senso della civiltà, passata e di oggi.

L'ELEGANZA DEL RICCIO | 2006 | FRA

Di Muriel Barbery

Una portinaia, all'apparenza sciatta e teledipendente, assiste allo scorrere della vita in un palazzo di famiglie dell'alta borghesia. Ma all'insaputa di tutti Renée è una colta autodidat-ta che incontrerà Paloma, una dodicenne geniale e brillante che ha deciso di farla finita. Fino ad allora continuerà a fingere di essere una ragazzina imbevuta di sottocultura adolescenziale, segretamente osservando con sguardo severo l'ambiente che la circonda. Due personaggi in incognito, quindi, diversi eppure accomunati dallo sguardo disincantato, che ignari l'uno dell'al-tro, si incontreranno solo grazie all'arrivo di monsieur Ozu.

CulturaConsigli di Marco Sergi

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Cultura Una storia di Roberto Gatti

40 | Tiles&Tales

Musica per l'anima:

le armonie di Enya

A DAY WITHOUT RAIN | 2000 | IRL

Di Enya

L'inizio del nuovo millennio segna il ritorno dell'autrice irlandese con un album nuovo di zecca, lavoro di cesello per il quale Eithne Ni Bhraonain - è questo il suo nome pretta-mente gaelico - ha speso quasi un lustro: il suo ultimo lavoro assolutamente originale, The Memory Of Trees, risale al 1995, e sembra proprio che tanti anni di distanza non possano che ripagare la lunga attesa. I pezzi, dodici, contribuiscono a definire un lavoro ben realizzato e piacevole. Quest'opera è, pur nella sua omogeneità, un prodotto variegato, restìo a quella ripetitività di cui i maligni hanno spesso accusato l'autrice irlandese, ricco di armonia, di semplicità, ma al contempo di pàthos, di dolore, di dramma.

Ogni tanto, anzi ogni tantis-simo, la signora Eithne Ni Bhraonain, in arte Enya, decide di ricomparire fra

noi: perché ha voglia e urgenza di discorrere del nuovo parto della sua inesauribile fantasia, che assume la forma esteriore di un disco. E quando si lascia fare delle domande, la prima, di rito, è sempre la stessa.

Quando potremo incontrarla, dal vivo, ad un concerto?Ho iniziato l'allestimento di un evento unico: sarà speciale, perché

manca! Sicuramente, mi piacereb-be averne di più...

Ma il tempo, signora Enya, è uguale per lei e per tantissimi altri colleghi suoi. Eppure, di concerti ne fanno a raffica...È vero, il tempo è davvero un giudice inflessibile: è uguale per tutti noi. Ma non credo che in giro ci siano molti artisti tanto coinvolti quanto me nel processo di produzione di un album... Anche se affiancancata da un team fan-tastico, in fin dei conti faccio tutto quanto da sola, dall'inizio alla fine: i testi, le musiche, gli arran-giamenti, perfino la copertina e il packaging del disco. Vi dirò, la mia giornata tipica si svolge tutta in studio, dalle dieci del mattino fino alle sette di sera, cinque giorni su sette. Forse sono un'inguaribile perfezionista... ma che devo fare di più?

Proprio niente, signora, ci mancherebbe altro. Ma forse la soluzione di tutti i problemi sarebbe quella di delegare qualcosa a qualcuno...Non se ne parla neanche! Io voglio

Mi piace registrare al mattino, con la positività al massimo, dopo aver fatto quattro passi in giardino e aver osservato la natura che si risveglia...

per l'occasione saranno appron-tate una sontuosa scenografia e una grande orchestra d'archi. Ma per quel che riguarda un tour vero e proprio, per teatri e sale da concerti, sono purtroppo costretta a rispondervi che non è ancora il momento. È il tempo che mi

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Cultura

avere il controllo totale su tutto ciò che faccio! La tecnologia, per esempio... Io, nel mio studio, sono circondanta da un mare di tecnologia: eppure, il mio modo di registrare è rimasto "antichis-simo", perché non procedo per sezioni ma con l'orchestra intera. E questo procedimento è molto dispendioso, in termini di tempo...

È vero. E allora ci parli un po' di questo suo nuovo disco: il titolo, innanzi tutto...Ah, quello è proprio semplice. Fa riferimento all'umore che aleggia in un giorno sereno, senza pioggia. E in Irlanda piove così tanto, in tutte le stagioni... Ma un giorno, finalmente, è uscito il sole, che mi ha dato ispirazione per la canzone che dà il titolo all'album.

Nel suo album, infatti, c'è una sorta di prevalenza del sole e della luce...Sono completamente d'accordo. Mi piace registrare al mattino, dopo aver fatto quattro passi in giardino e aver osservato la natura che si risveglia... Nel mattino, infatti, sono concentrate al massimo la positività e le potenzialità dell'in-tera giornata. E mi fa un enorme piacere constatare che questo "messaggio di luce" sia arrivato fino a voi, perché sono convinta che la luce e l'amore siano gli ingre-dienti fondamentali della nostra vita, senza i quali ogni esistenza sarebbe terribilmente triste!

I testi delle sue canzoni a volte sono in inglese, altre volte in gaelico o addirittura in latino. Come mai?Dipende dall'ispirazione del

momento, e non c'è davvero nulla di predeterminato in ciò che faccio. A volte riascolto la melodia che ho già preparato, e mi accorgo che si sposerebbe benissimo con un testo in gaelico: una lingua che continuo a parlare correntemente quando ritorno in famiglia. Altre volte, invece, qualcosa mi dice che l'inglese, o addirittura il latino, po-trebbero andare meglio: e allora mi comporto di conseguenza, e lascio andare la fantasia.

A proposito di famiglia: man- tiene ancora qualche legame con i Clannad, la sua gloriosissima "family band"?Certo che sì, anche se ora, per ovvi motivi, questi legami sono alquanto più allentati che in passato. Ma i Clannad rimangono sempre nel mio cuore: perché, per quanto mi riguarda, la tradizione irlandese sono loro! m La cantante Enya

viene spesso definita "New

Age", ma lei rifiuta etichette troppo

restrittive

ALIEN | 2010 | ITA

Di Giovanni Allevi

Pubblicare, nel 2010, un cd ha già le sue maledette complica-zioni. Pubblicarlo, poi, con una bella dicitura sotto che ci dice a caratteri freddi 'PIANO SOLO' equivale a fare un bel discorsetto all'acquirente. Equivale a dire: «Senti, lo so che due scaffali più avanti c'hai il meglio del meglio dell'elettronica, il meglio del rock masterizzato a New York, il più scassatimpani del Metal, il più commerciale del pop. A me però piace carezzare un bestione bicolore da qualche buon quintaletto, non ci posso fare nulla, mi piace e lo faccio. Sono così, sono un capellone che pigia i tasti e che non ne ha voluto sapere di batterie, chitarre e bassi».

NIGHTBOOK | 2009 | ITA

Di Ludovico Einaudi

Affidarsi alle onde. Un viaggio con Ludovico Einaudi è così. Troverete infiniti critici pronti a smontarlo pezzo per pezzo. A dire che la sua è musica semplice, facile, ripetitiva, banale. La verità è che Einaudi entra dentro il nostro tempo e ne scrive la colonna sonora. Accompagna, culla, ipnotizza. Einaudi ieri ha riportato a Roma il suo Nightbook. Un libro delle favole da leggere quando cala la notte. Archi, percussioni cupe, sonagli, elettronica che si sporca con le note del piano. Luci inquiete, fari che scrutano il cielo di legno di ciliegio dell'auditorium. In un crescendo di ansia e bellezza.

THE AWAKING | 2011 | ENG

Di James Morrison

I primi due album (Undiscovered e Songs For You Truth For Me, 2006 e 2008) ci avevano presentato e confermato il suo grande talento. Il nuovo The Awakening si spinge oltre. Perché mostra un Morrison più maturo, definitivamente indirizza-to sulla strada maestra del soul, libero dalle tentazioni della canzone(tta) pop che erano emerse in precedenza. Pezzi solidi, arrangiamenti raffinati, suoni giusti. Le citazioni dei suoi grandi maestri (Otis Redding, Marvin Gaye, ecc) restano tali, al riparo dal rischio tributo. Quasi perfetto, ma solo perché la perfezione non è cosa umana.

CulturaConsigli di Mattia Torre

“Il buddismo e la famiglia sono le mie priorità.”

Richard Gere

ArteterapiaQuando l'arte tocca le corde dell'animo

Giovanni AlleviL'opera d'arte si realizza nell'ascoltatore

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Una storia di Giovanni ParapappoCultura

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