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Assistenza al disabile

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Pionieri CRI – Sicilia – Attività Socio

Assistenziali – Assistenza al disabile - Pionieri CRI – Sicilia – Attività

Socio

Assistenziali –

Assistenza al disabile -

Pionieri CRI – Sicilia –

Attività Socio

Assistenziali –

Assistenza al disabile - Pionieri CRI – Sicilia – Attività Socio Assistenziali

– Assistenza al disabile - Pionieri

CRI – Sicilia – Attività Socio

Assistenziali – Assistenza al

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Famiglia Società Stato e Sanità

Servizi effettivi Volontariato

2 Attività Socio-Assistenziali

Page 3: Assistenza al disabile

Assistenza al disabile

Disabile: si considerano tali tutti coloro che sono affetti da una minoranza di natura congenita o acquisita, anche a carattere progressivo. Portatore di handicap : si considera tale il disabile che subisce il peso emotivo e psicologico della sua minorazione e non riesce a integrarsi con la società avendone una ripercussione psico fisica

Il portatore di handicap è disabile Il disabile non necessariamente è portatore di handicap

L’handicap non esiste in assoluto: esso è in rapporto a situazioni precise della vita di tutti i giorni. Questa constatazione dovrebbe guidare ogni approccio sociale, tecnico, professionale ed anche politico. Si scoprirebbe allora che: “l’handicap non è sempre ciò che si può vedere, e gli handicappati ciò che si pensa”.

3 Attività Socio-Assistenziali

Page 4: Assistenza al disabile

4 Attività Socio-Assistenziali

SIGNIFICATO DEL TERMINE

FATTORE FATTORE INDIVIDUALE AMBIENTALE

ETICA: il “bene” del disabile

Handicap come “diversa abilità”

Il progresso legislativo

Valorizzazione delle funzionalità

residue

Verso la cultura

dell’handicap

handHandicap La risposta della

icap come società compromissione

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Tipi di disabilità

Disabilità fisica

• Sclerosi multipla • Celebrolesi • Malati cronici • Malati oncologici terminali • Sieropositivi; malati di Aids

Disabilità pschica • Depressione • Schizzofrenia • Disturbi del comportamento • Complesso d’inferiorità

Per il volontario di Croce Rossa, la persona che si trova in stato di

necessità, non va mai considerata come una persona lontana e staccata da

noi, DIVERSA in senso negativo o riduttivo.

Piuttosto la formazione del Pioniere deve dare al disabile la capacità

di provare stati d’animo e di acquisire atteggiamenti psicologici rispetto al

servizio, tali da non creare un distacco tra assistente volontario e assistito.

5 Attività Socio-Assistenziali

Page 6: Assistenza al disabile

6 Attività Socio-Assistenziali

Le cause dell’handicapCONGENITO ACQUISITO

►Periodo prenatale

fattori immunitari MEN

fattori genetici es. “trisomia 21”

fattori microbici infezioni virali rosolia morbillo

fattori ormonali madre diabetica

fattori chimici e meccanici

►Periodo perinatale

parto prematuro

sofferenza fetale

utilizzo del forcipe

►Periodo postnatale

disturbi della nutrizione

fattori traumatici

malattie infettive tipo meningite

malattie genetiche come la sclerosi multipla

Page 7: Assistenza al disabile

7 Attività Socio-Assistenziali

Si considerano disabili ai fini dell’assistenza e dei riconoscimenti legali e sociali,

tutti coloro che sono affetti da una minorazione di natura congenita o acquisita, che

abbiano subito una riduzione della capacità lavorativa del 46% rispetto alla normalità

fisiologica.

Coloro che rientrano in questa fascia sociale hanno dei diritti garantiti dallo stato

quali:

assistenza sanitaria generica;

fornitura di protesi, tutori, etc.;

facilitazioni a livello scolastico e nella formazione professionale;

facilitazione negli spostamenti e nei viaggi;

assistenza economica sotto forma di pensione d’inabilità (se la percentuale

d’invalidità è superiore al 68%).

Page 8: Assistenza al disabile

8 Attività Socio-Assistenziali

D I A G N O S I

CAUSE PATOLOGICHE

PRENATALI POSTNATALI PERINATALI

Anomalie comosomiche e disturbi genetici

Malattie dell’infanzia Emorragie

intracraniche

Forme infiammatorie Malformazioni cerebrali

Encefalopatia Anossica/ischemicaFetopatie Forme vascolari Forme vascolari

Paralisi ostetrica Anomalie del tubo neurale

Lesioni tossiche Del plesso brachiale

Lesioni tumorali

traumi Ripercussioni sull’operatore

Page 9: Assistenza al disabile

9 Attività Socio-Assistenziali

Appartengono a questa categoria i casi di autismo e psicosi infantile che

attualmente sono riuniti sotto la denominazione di disturbi generalizzati di

gruppo.

Sono sindromi che condividono alcuni aspetti clinici generali, ma riflettono

probabilmente patologie diverse. Hanno esordio nella prima infanzia e sono

caratterizzate da ritardate e ridotte capacità sociali, comunicative e cognitive.

Comprendono:

1. il distrubo autistico;

2. i disturbi generalizzati di sviluppo non autistici.

Page 10: Assistenza al disabile

Il disturbo autistico Ha una frequenza da due a cinque casi su 10.000 bambini. E’ quattro-

cinque volte più frequente nei maschi, ma le femmine vengono colpite più

gravemente.

Provengono da famiglie di ogni livello socio-economico. I genitori di

bambini autistici non differiscono dai genitori di bambini che presentano altri

disturbi di sviluppo.

La sindrome ha inizio più frequentemente nel primo anno si vita, tavolta

nel secondo o terzo. Sebbene i genitori siano spesso preoccupati nei primi mesi

di vita del bambino per il suo comportamento, di solito però le loro

preoccupazioni aumentano nel secondo-terzo anno se non compare il

linguaggio.

Inizialmente il bambino può non rispondere in modo differenziato ai

genitori, ma essere particolarmente attaccato ad un oggetto inanimato. E’ per lo

più interessato agli aspetti non funzionali degli oggetti, ma presta attenzione ad

alcune sue caratteristice, quali l’odore o il sapore. Non utilizza in modo adeguato

il materiale ludico. Presenta caratteristici manierismi motori, come battere le

mani, camminare in punta dei piedi, ecc.

Solo tardivamente può riconoscere le figure di accudimento. Lo sviluppo

sociale è ritardato e qualitativamente diverso da quello dei bambini molto piccoli

o dei bambini con ritardo mentale non associato ad autismo. Il volto umano

suscita uno scarso interesse; non vi è aggancio visivo; l’attaccamento è scarso o

assente; complessivamente è eclatante la generale mancanza di interesse

sociale. Possono non rispondere ai loro genitori in modo differenziato fino all’età

della scuola elementare.

Per quanto riguarda lo sviluppo della comunicazone, circa la metà dei

soggetti autistici non raggiunge un tipo di linguaggio significativo e quelli che

parlano esibiscono un linguaggio particolare, caratterizzato da ecolalie gravi,

inversione dei pronomi, uso inappropiato dell’intonazione, problemi dello

10 Attività Socio-Assistenziali

Page 11: Assistenza al disabile

11 Attività Socio-Assistenziali

sviluppo semantico, linguaggio estremamente vuoto, fallimento nell’uso

pragmatico del linguaggio.

Sul piano cognitivo la maggior parte dei soggetti autistici ottiene, alle

prove di valutazione d’intelligenza, un punteggio che rientra nell’ambito del

ritardo mentale. Il quoziente intellettivo inoltre è un potente fattore predittivo

dell’esito definitivo. Questi bambini presentano deficit persistenti nel pensiero

astratto, nella programmazione, nella capacità di attribuire stati mentali ad altre

persone. Si possono riscontrare associazioni con altre patologie, quali rosolia

congenita, sclerosi tuberosa, sindrome X-fragile, ecc. Il 25% presenta

convulsioni. Non sono ancora stati identificati meccanismi genetici precisi e

testabili.

Nei bambini autistici è possibile osservare una varietà di stili interattivi,

dalla freddezza, alla passività, all’eccentricità.

Nel decorso le modalità d’interazione sociale rimangono piuttosto devianti.

Durante l’adolescenza alcuni subiscono un deterioramento comportamentale e

solo un numero ristretto migliora. Da adulti dimostrano marcata difficoltà

nell’interazione sociale. Forse solo un terzo, una volta adulto, è in grado di

raggiungere una certa autonomia a autosufficienza personale.

Page 12: Assistenza al disabile

Il ritardo mentale Senza entrare nella specificità della pedagogia speciale, è però importante

tenere presente che il disabile con il ritardo mentale ha modalità

d’apprendimento e comportamentali con caratteristiche particolari.

Sinteticamente ricordiamo che sono compromesse le capacità d’analisi selettiva

dei canali percettivi, l’integrazione delle informazioni e la loro possibilità di

astrazione, la capacità di progettazione.

In rapporto a ciò è necessario che l’operatore durante le attività cerchi di

ridurre al massimo le difficoltà concettuali, si affidi fondamentalmente alla

concretezza dell’esperienza e abbia la costanza della ripetitività affinchè le

situazioni e i procedimenti vengono interiorizzati.

Per il ritardato mentale non è tanto importante la produttività quanto il

contenuto emotivo dell’esperienza, perciò è più interessato a operare in funzione

della relazione con l’operatore che essere attento al risultato dell’attività.

Particolare impegno deve essere rivolto all’acquisizione delle autonomie

personali e al rispetto delle regole sociali che possono risultare meno gradite

delle attività occupazionali. In questo caso la metodologia non potrà fare

affidamento su strumenti particolari ma sarà tutta nelle capacità di

coinvolgimento emotivo e relazionale dell’operatore.

12 Attività Socio-Assistenziali

Page 13: Assistenza al disabile

L’epilessia Nell’ambito dei soggetti con disabilità è piuttosto alta la frequenza

dell’epilessia. Senza entrare nel campo di competenza sanitaria, l’operatore

deve conoscere alcuni aspetti inerenti ai fattori scatenanti; al comportamento da

assumere durante e dopo le crisi. Innanzitutto è bene tenere presente che

spesso le crisi epilettiche si verificano senza segni premonitori: quest’elemento

va considerato nella scelta di evitare attività o situazioni che in caso di crisi

risulterebbero particolarmente pericolose o per lo meno a predisporre strumenti

atti ad assicurare una maggiore assistenza in queste circostanze da parte

dell’operatore.

13 Attività Socio-Assistenziali

Page 14: Assistenza al disabile

Trattamento sanitario obbligatorio Ricovero ospedaliero effettuato contro la volontà del paziente, condizione

regolamentata in Italia dalla legge 180/78. La procedura scatta di solito nei

confronti di soggetti che manifestano la riacutizzazione di un disturbo psichico,

attraverso il compimento di azioni clamorose e pericolose ( minaccia di suicidio,

violenza verso persone o cose) oppure negative ( rifiuto di comunicare, di

terapie essenziali o di acqua e cibo).

La richiesta può partire dai parenti o da chiunque ne intraveda la necessità,

ma è sempre finalizzata alla salvaguardia dei diritti civili del paziente, per cui il

ricovero deve essere proposto e motivato da un medico (p. es. quello di

famiglia), convalidato da un secondo dottore (in genere uno psichiatra o un

medico dei Servizi di igiene della A.S.L.) e controfirmato dal sindaco o da un suo

sostituto. In casi particolari (p. es. se il soggetto presenta comportamenti molto

violenti) può essere richiesto l’intervento della forza pubblica (Vigili Urbani o

Carabinieri).

14 Attività Socio-Assistenziali

Page 15: Assistenza al disabile

15 Attività Socio-Assistenziali

Adesso che abbiamo ultimato i chiarimenti per affrontare gli argomenti

base del lavoro, iniziamo ad esaminarli a partire dal primo punto:

La figura del disabile Ai fini dell’assistenza e dei riconoscimenti legali e sociali, si considerano

disabili tutti coloro che sono affetti da una minorazione di natura congenita o

acquisita, anche a carattere progressivo, che abbiano subito una riduzione delle

capacità lavorative del 46% rispetto alla normalità fisiologica, e che, per i minori,

comporti delle difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della

loro età.

Coloro che rientrano in questa fascia sociale hanno diritto da parte dello

Stato a:

assistenza sanitaria generica e specifica da parte delle A.S.L. di

competenza territoriale;

forniture di protesi, tutori ortopedici, scarpe ortopediche (a scadenze

stabilite dallo Stato);

facilitazione nella frequenza scolastica e nello studio in genere (ad

esempio presenza dell’insegnante di sostegno);

assistenza economica sotto forma di pensione d’inabilità (superato

una certa percentuale), assegno mensile d’accompagnamento;

facilitazione nei viaggi e negli spostamenti (mezzi pubblici idonei per

il trasporto, sia via terra, che sui treni o aerei o servizi di assistenza

presso stazioni e aeroporti).

Considerata la “figura” del disabile secondo i canoni di legge stabiliti

dallo Stato italiano, adesso tracciamo un nostro profilo di quello che,

per gli operatori di Croce Rossa, significa essere “disabile”, ed entriamo

quindi nel secondo argomento.

Page 16: Assistenza al disabile

Rapporti tra l’operatore di Croce Rossa ed il disabile Prima di entrare nello specifico, facciamo una breve considerazione sugli

aspetti fondamentale della formazione professionale dell’operatore di Croce

Rossa, sia per una crescita sociale del volontario in genere, che per una

migliore opera assistenziale nei confronti dell’utente.

Per l’operatore di Croce Rossa, la persona che si trova in stato di

necessità, non va mai considerata come una persona lontana e staccata da noi,

diversa in senso negativo o riduttivo.

P

A

iuttosto la formazione dell’operatore CRI devev dare a quest’ultimo

la capacità di provare stati d’animo e di acquisire atteggiamenti

psicologici rispetto al servizio, tali da non creare un distacco tra “assistente” e

“assistito”.

Un rapporto istituzionale di questo tipo è purtroppo caratteristico del

servizio statale (quando e dove c’è), e si configura come quel genere di

colloquio sterile tra chi è là, solo per “lavorare e rendere un servizio”, e chi è

l’utente che ha dei diritti da soddisfare.

l contrario, l’operatore volontario di Croce Rossa, in quanto tale,

non ha nè diritti nè doveri verso chi in quel momento gli è vicino per

avere un aiuto, ma deve semplicemente rapportarsi da essere umano munito di

buona volontà e buon cuore. Deve esistere, insomma, un rapporto franco in cui

chi non può camminare o vedere ha bisogno dell’aiuto dell’altro che,

gratuitamente, si mette a disposizione, e nello stesso tempo, rifletta sulla

“fortuna” che ha nel poter aiutare e non aver bisogno d’aiuto.

Quello che gli anni d’esperienza ha fatto maturare nella coscienza degli

operatori CRI, è che spesso non ci si rende conto di come sono proprio coloro

che assistiamo che ci fanno capire le problematiche della vita vista da un’ottica

di chi le vive con maggiori difficoltà, siano essere fisiche o psichiche.

16 Attività Socio-Assistenziali

Page 17: Assistenza al disabile

Abbiamo imparato che l ruolo umano di chi ha la fortuna di stare in buona

salute, è quello di inserirsi in questi problemi, per offrire un aiuto puro, senza

contropartite, acquisendo una più lucida conoscenza della condizione umana.

Il rapporto tra l’operatore CRI ed il disabile va visto come uno

scambio di valori umani dove non devono esistere vergogne, pregiudizi e

paure da una parte e dall’altra, poichè il pietismo emargina e l’indifferenza

uccide. Naturalmente, tutti sono in grado di affrontare un rapporto così

complesso e delicato, ma rinunciarci a priori è certamente errato.

Esiste un approccio cordiale in cui si comincia a dare ciò che si sente di

dare; avendo il coraggio di farsi ripetere una parola non capita, di tendere la

mano per salire un gradino, senza sostituirsi o strafare o volere a tutti i costi

aiutare più di quanto, in effetti, ce ne sia bisogno. In fondo i disabili stessi sono i

migliori istruttori che ci guidano, e sicuramente quando hanno delle necessità

particolari non avranno paura a farcelo capire, per cui uno degli slogan per

l’operatore di Croce Rossa è:

CORAGGIO, NON AVER PAURA, AVVICINATI E TENDI LA MANO!

L’operatore deve dare particolari riguardi ai rapporti con la famiglia del

disabile. Essa spesso è il primo luogo in cui l’emarginazione e la vergogna

prendono il posto della solidarietà e dell’ottimismo. I fatti di cronaca che spesso

vengono alla luce non sono altro che la punta di un iceberg sommerso.

17 Attività Socio-Assistenziali

Page 18: Assistenza al disabile

18 Attività Socio-Assistenziali

Possibilità d’inserimento nel contesto della vita sociale del disabile.

Entrando nel terzo punto da trattare, possiamo renderci conto di quanto

sia fondamentale, ed oggetto di completamento della vita da relazione propria

del disabile, un possibile ed “umano” inserimento nei normali ruoli quotidiani di

persone appartenenti alla società.

Nel primo argomento trattato abbiamo tracciato un profilo di quella che è

la figura del disabile in relazione al tipo di handicap; adesso ci renderemo conto

dell’importanza dell’inserimento nella vita comune di un soggetto svantaggiato,

cominciando dall’abbattimento delle barriere architettoniche e sociali.

Naturalmente nella fase di crescita evolutiva dell’uomo, dopo la scuola

subentra l’inserimento nel mondo del lavoro, da ciò scaturisce la realizzazione

personale e l’indipendenza economica.

Quest’ultima assicura la possibilità della conduzione di un vita serena ed

orientata verso la formazione di una famiglia ed il raggiungimento di una serie di

obiettivi ed accorgimenti per una vita tanto più agiata quanto più alta è la

remunerazione lavorativa.

Purtroppo nella società odierna, dove il lavoro è diventato uno dei diritti più

“problematici”, è difficile entrare nell’ottica che anche un disabile ha diritto a

lavorare come gli altri. Non dimentichiamo che per la società un disabile è

sempre un assistito, qualcuno che ha bisogni particolari e che, sicuramente

secondo una mentalità efficientista, non potrà mai rendere quanto un soggetto

“normodotato”.

Page 19: Assistenza al disabile

19 Attività Socio-Assistenziali

Quindi, il datore di lavoro privato, all’atto dell’assunzione del personale,

eccezione fatta per il 10% di personale disabile che le aziende con più di 10

impiegati sono obbligate ad assumere (D.L. 18/01/79), non andrà mai ad

assumere un dipendente che gli costerà quanto gli altri, ma che gli renderà (a

parere suo) di meno.

Questa logica è basata sul presupposto che non si può accettare una

persona che non può vivere una vita “normale”, poichè la società è pensata

come un grande ingranaggio in cui non possono essereci rotelle con i “dentini”

rotti.

Sorgono spontanei degli interrogativi:

che differenza c’è tra un operatore normodotato che si reca tutti i

giorni a lavoro, e svolge un’attività manuale, ed un soggetto in sedia

a rotelle che, se messo nelle condizioni di poter raggiungere il posto

di lavoro, senza dover affrontare “la giungla d’asfalto” di barriere

architettoniche, cone “INDIANA JONES”, può svolgere la stessa

attività manuale del soggetto normodotato?;

forse il problema è quello di dover adattare tutto e tutti per dare la

possibilità ad una persona “ruote dotata” di poter partecipare al

gioco con gli stessi diritti e le stesse opportunità?

E’ notevole l’asprezza delle espressioni contenute in quest’ultima parte,

ma è storia comune che parecchi disabili, pur avendo delle capacità al

di sopra della norma, solo perchè creano problemi di natura tecnica o

estetica per l’azienda, spesso non hanno trovato lavoro.

Page 20: Assistenza al disabile

Affrontando l’argomento dal punto di vista scientifico, dobbiamo

affermare che l’inserimento nella vita professionale del disabile prevede

alcune tappe che elenchiamo nel seguente modo:

ORIENTAMENTO E FORMAZIONE PROFESSIONALE SPECIFICA

VALUTAZIONE DELLE CONSEGUENZE DELL’HANDICAP SULL’

ATTIVITA’ LAVORATIVA

ADATTAMENTO ALL’ ATTIVITA’ LAVORATIVA

CREAZIONE D’OPPORTUNITA’ LAVORATIVE SPECIFICHE.

Per valutare le conseguenze di un handicap di un soggetto, e quindi

orientarlo professionalmente, è necessario conoscere la causa e la prognosi

dell’handicap, poichè ciò che è fondamentale nella pratica non è capire quello

che gli manca o quello che non può fare, ma prendere atto di ciò che riesce a

fare valutandolo su tre criteri fondamentali:

• funzione locomotoria

• funzione di comunicazione

• funzione intellettiva

Acquisiti questi dati, si può tracciare un profilo pratico e psico-attitudinale

sul lavoro, basato sull’adattamento del lavoro alla persona e viceversa, al fine di

trovare un impiego che risponde alle capacità del soggetto, come succede, per i

normodotati.

In questo contesto l’intervento dell’operatore volontario CRI, è mirato a

fare passare il disabile attraverso le fasi prima descritte. Infatti, parecchie

persone handicappate non si pongono il problema del lavoro in quanto rifiutano

quasi totalmente di vivere.

20 Attività Socio-Assistenziali

Page 21: Assistenza al disabile

21 Attività Socio-Assistenziali

Entrano in gioco fattori già citati nella definizione di handicap e quindi, il

rapporto con l’ambiente esterno, la famiglia, la crescita scolastico-culturale e tutti

quei momenti di crisi di rigetto della propria condizione rispetto alla vita

precedente.

Ovviamente, mentre per chi possiede un handicap fin dalla nascita, ed è

stato abituato a conviverci da sempre, l’adattamento alla vita sociale comporta

minori ostacoli (per modo di dire), una persona che ha già lavorato per molti anni,

possibilmente rivestendo un ruolo importante o una mansione qualificata,

trovandosi nelle condizioni di non poter più rendere come prima, non solo

diventerà un oggetto di compassione da parte dei colleghi, ma vivrà

continuamente un confronto che lo deprimerà.

Il nostro intervento, quindi, sarà quello di dare la speranza e la forza di

accettare la propria condizione, dimostrando che esiste una vita accettabile

anche per i disabili, e che il mondo non si ferma a causa dell’inabilità.

Tutto ciò si può anche dimostrare tramite incontri collettivi e seminari di

studio (organizzati dai Pionieri), i cui relatori sono gli stessi disabili (magari

persone affermate che hanno superato gli ostacoli e che siano esempio per noi

e da forte stimolo per gli stessi disabili), dove vengono raccontate le proprie

esperienze di vita mettendole a disposizione di tutti. Inoltre, all’interno dei centri

sociali dei comuni, bisogna creare dei laboratori sperimentali con una èquipe di

medici, psicologi, pedagogisti, assistenti sociali e operatori volontari, che

partecipano alla crescita psico-sociale dei soggetti opportunamente segnalati nei

vari quartieri (ciò che potremmo definire “scuole di vita”), preparandoli ad un

futuro o comunque dando a queste persone la possibilità di dire:

IO SONO DISABILE, HO IMPARATO A FARE QUESTO, SONO A TUA

DISPOSIZIONE, POSSO AIUTARTI?

Page 22: Assistenza al disabile

LO SPORT ED IL DISABILE, TRA DIVERTIMENTO E TERAPIA PSICOFISICA.

Ultimo, ma non meno importante degli argomenti da trattare, è lo sport per

i disabili. Prima di iniziare la parte pratica e testimoniale delle esperienze di

gruppi di operatori CRI, sembra doveroso tracciare un profilo storico-evolutivo

dello sport dalla nascita ai nostri tempi.

Lo sport per i disabili nasce nell’immediato dopoguerra, nel 1944

nell’ospedale di STOKE MANDEVILLE, in Inghilterra, il Dott. GUTTMAN

introdusse le tecniche della riabilitazione dei gravi lesionati midollari tramite

attività sportive, dove i disabili, grazie anche alla fisioterapia, acquisivano fiducia

in se stessi e spirito di competizione.

Nel 1948 ebbero luogo i primi giochi di STOKE MANDEVILLE che si sono

protratti di anno in anno fino a quando, nel 1960, si celebrò la prima “para-

olimpiade” per i disabili, che si svolge da allora, in concomitanza con le olimpiadi

dei normodotati ogni quattro anni.

In Italia esiste una branca del C.O.N.I. chiamata F.I.S.D. (Federazione

Italiana Sport Disabili) organizzata in un Comitato Nazionale, Comitati Regionali,

Provinciali e Comunali, che si occupa dello sport dei disabili, secondo una

classificazione per tipo di handicap, dell’organizzazione dei vari campionati locali,

dei concentramenti regionali ed interregionali e dei campionati nazionali.

Esiste naturalmente anche una nazionale dei disabili, che compete nelle

varie specialità, a livello internazionale nei meeting ed a livello mondiale nelle

paraolimpiadi.

22 Attività Socio-Assistenziali

Page 23: Assistenza al disabile

23 Attività Socio-Assistenziali

I tre grandi settori nei quali è suddivisa la FISD sono:

SETTORE HANDICAP FISICO E MENTALE

SETTORE CIECHI SPORTIVI

SETTORI SILENZIOSI SPORTIVI

Le discipline praticate dagli atleti dei tre settori, sono quasi tutte quelle

praticate dai normodotati iscritti a società sportive del CONI. Citiamo le

maggiori solo per dare un’idea di quanto vasto sia il panorama sportivo e le

pratiche diffuse in tutta Italia:

ATLETICA LEGGERA (in tutte le sue discipline)

CICLISMO (in tandem per i non vedenti)

TENNIS TAVOLO (in piedi e in carrozzina)

BASKET (anche in carrozzina)

NUOTO

TIRO CON L’ARCO

TIRO CON LE ARMI

EQUITAZIONE

TORRBALL

AUTOMOBILISMO (con autovetture dotate di comandi manuali)

TENNIS

SOLLEVAMENTO PESI

SCI (anche per amputati e/o in carrozzina)

SLITTINO

VELA

SURF (anche per amputati)

Tracciato un profilo storico ed esplicativo dello sport dalle sue origini a

ciò che è la realtà odierna, considerando anche l’alto valore di solidarietà che

Page 24: Assistenza al disabile

24 Attività Socio-Assistenziali

esso riveste, parliamo adesso dei vantaggi e degli aspetti riabilitativi e psico-

rieducativi.

ASPETTO RIABILITATIVO Senza ombre di dubbio la pratica sportiva offre il modo migliore di

sviluppare al meglio le funzioni neuro-muscolari residue, rieducando il

soggetto all’acquisizione di equilibrio, di stabilità sulla carrozzina o in piedi, il

soggetto impara a muoversi con destrezza sulla sedia a rotelle, facilitando

quella che è l’indipendenza negli spostamenti quotidiani.

Naturalmente la pratica dello sport non “risparmia” al disabile la

fisioterapia, ma deve essere un’attività in parallelo che completi la

rieducazione psicomotoria sfruttando la competizione e la voglia di migliorarsi.

Ovviamente la pratica sportiva inizia a piccoli passi cercando, prima di

recuperare i movimenti possibili e pian piano il miglioramento fino

all’acquisizione di vere e proprie competenze professionali.

ASPETTO PSICO-EDUCATIVO Il disabile che pratica una disciplina sportiva, oltre ad acquisire quanto

detto nel punto precedente, entra automaticamente in competizione con se

stesso, allena il proprio corpo alla resistenza fisica, vince la paura del mondo

esterno sentendosi sicuro di poter affrontare qualsiasi ostacolo.

Nelle esperienze condotte con varie associazioni sportive di disabili, si

è avuto modo di vedere come si riesce a migliorare un soggetto disabile con

la vita in collettività, classica è la storia di un ragazzo che dovette affrontare

un banale intervento chirurgico per una scoliosi. L’operazione fu così tanto

banale che il ragazzo restò paralizzato dalle vertebre lombari in giù. Il

ragazzo dopo quest’esperienza, per un periodo si rifiutò di uscire da casa,

Page 25: Assistenza al disabile

25 Attività Socio-Assistenziali

chiudendosi dentro un mondo suo e rifiutando qualunque confronto tra la sua

vita precedente e quell’attuale.

Un giorno, per caso, nella piazza del Paese in cui abita questo ragazzo,

un ‘Associazione Sportiva per disabili fece una dimostrazione sportiva di

varie discipline, e Franco, si trovava li; fu tale l’emozione e la voglia di

rinascere vedendo quei ragazzi nelle sue stesse condizioni, e alcuni anche in

condizioni peggiori, che in quel momento si sbloccò e ritornò a vivere,

cominciando ad avvicinarsi al campo scuola, iniziando a fare a piccoli passi, i

primi giri in pista con la carrozzina da corsa, ed oggi è un campione affermato

a livello regionale ed un’ottima promessa in campo nazionale.

Certo chissà quanti di questi spettacoli, purtroppo per ignoranza a volte

considerati come “fenomeni da baraccone”, dovranno svolgersi nelle varie

piazze e città, ma anche qui sta il nostro impegno nella divulgazione e nella

continua crescita sociale della popolazione, ai fini di restituire a tante persone

che credono di essere arrivate al capolinea, una nuova vita.

Tutto ciò rimarca, ancora una volta il grande confronto tra la nostra

realtà e quella del mondo dell’handicap, tanto duro e crudele ma altrettanto

pieno di significativi esempi di dignità e di insegnamenti di vita.

Page 26: Assistenza al disabile

METODICHE ED AUSILI PER LA PRATICA DELL’ASSISTENZA AL DISABILE

In quest’appendice allegata alla dispensa daremo alcuni esempi

d’assistenza ed in allegato, anche dei modelli di come impostare la

corrispondenza in occasioni di manifestazioni, gite, etc.

Queste possiamo riassumerle in:

BUONA VOLONTA’ SINCERITA’ AMORE PER LA VITA SOLIDARIETA’ PAZIENZA

- creare un rapporto con il disabile;

- vincere le paure e i pregiudizi;

- aiutare a inserire il disabile nella vita sociale.

26 Attività Socio-Assistenziali

Page 27: Assistenza al disabile

ESEMPI DI ATTIVITA’ DA SVOLGERE CON I DISABILI

partecipare alla creazione di laboratori in èquipe con i medici per

l’avviamento al lavoro e il superamento della prima fase d’isolamento ed

emarginazione; svolgere periodicamente dei seminari di studio con i relatori disabili e non,

e fare partecipare oltre agli operatori CRI anche i disabili e le rispettive

famiglie; incrementare la pratica dello sport, l’ippoterapia, la pet-terapia, con

manifestazione ed opere di convincimento presso i grandi centri di

riabilitazione, case famiglia, organizzare pubbliche manifrstazioni

sportive,etc; coinvolgere nelle attività di Croce Rossa anche i disabili rendendoli

edotti di come anche loro possono essere d’aiuto per la società; svolgere attività di assistenza domiciliare presso le abitazioni o le case

famiglia, accompagnamento scolastico o accompagnamento ai centri di

rieducazione; organizzare gite a carattere comunale o regionale curando i minimi

particolari per non creare problemi di carattere architettonico o fisiologico; inserire anche ciò che non è stato citato, ma che è svolto anche a regime

di convenzione con AA.SS.LL, Comune, Distretti Sanitari, etc.

27 Attività Socio-Assistenziali

Page 28: Assistenza al disabile

PROGETTO EDUCATIVO

PROGRAMMAZIONE

ATTUAZIONE

PREPARAZIONE METODOLOGICA

CONTESTO AMBIENTALE

ASPETTI TECNICI METODOLOGIE INTERAZIONE OPERATORE

DISABILE idea Disabilità Senso percettive

sorveglianza materiali Disabilità motorie

preparazione Disturbi Pratto-gnosici Successione delle

Fasi esecutive

facilitazioni Ritardo mentale

risultato sostegno

epilessia

Assistenza integrata

Disturbi della personalità

Assistenza sostitutiva Comportamenti aggressivi

I servizi per le persone disabili

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Senza approfondire la diversificazione delle singole leggi regionali, in

generale il compito dell’integrazione delle persone handicappate nell’ambito

sociale di appartenenza è affidato ai comuni e realizzato direttamente o

tramite servizi gestiti dalle aziende socio-sanitarie locali.

Prenderemo in esame, per il successivo riferimento alle ripercussioni

pratiche, i servizi nei quali viene impiegata la figura dell’operatore socio-

sanitario.

L’organizzazione dei servizi per l’handicap La presa in carico dei soggetti disabili minori e adulti avviene da parte

dei servizi dell’Area Handicap dell’ASL.

Per il disabile adulto il servizio di riferimento è l’Unita

valutativa/operativa distrettuale (o Nucleo operativo disabili a seconda della

regione) che svolge funzioni di definizione diagnostica e predispone soluzioni

di interventi in rapporto alla tipologia e gravità della disabilità e alle condizioni

socio-familiari. Pertanto i rapporti che l’Unita valutativa/operativa intrattiene

sono con il servizio per la formazione professionale, con il servizio per

l’inserimento lavorativo, con i servizi residenziali, con i servizi educati diurni

per disabili, con i servizi sociali per gli interventi domiciliari.

Le soluzioni coprono un ventaglio assai ampio di offerte per dare

risposte differenziate a bisogni estremamente diversificati di tipo riabilitativo,

educativo, assistenziale, sociale, familiare. Le soluzioni possono vedere

interessati servizi diversi in una programmazione di integrazione.

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La diversificazione dei servizi per disabili adulti in rapporto alle caratteristiche dei bisogni.

Nell’ambito dell’età evolutiva l’Unità valutativa/operativa distrettuale fa

riferimento fondamentalmente all’Unità operativa di neuropsichiatria infantile che,

oltre il compito diagnostico, deve coordinare gli interventi da attuare sul bambino

disabile inerenti ai problemi riabilitativi, scolastici e d’integrazione sociale.

Per quanto riguarda la riabilitazione i riferimenti sono le strutture che

operano in regime di trattenimento ambulatoriale, di trattamento diurno o di

trattamento residenziale. Nelle strutture ambulatoriali svolgono attività figure

professionali di tipo riabilitativo sanitario, mentre nelle strutture a trattamento

diurno o residenziale, accanto a figure riabilitative, operano anche figure

educative e assistenziali.

Per l’integrazione scolastica vengono utilizzate figure specifiche

(insegnanti specializzate per il sostegno scolastico), ma anche operatori addetti

all’assistenza. Per quanto riguarda l’integrazione sociale possono essere

predisposti progetti domiciliari da affidare a figure sia riabilitative che educative e

assistenziali.

Unità valutativa/operativa distrettuale (nucleo operativo disabili)

Centro formativo professionale Servizio integrazione lavoro Servizio integrativo territoriale Servizi residenziali: centri riabilitativi assistenziali Comunità alloggio Servizi diurni: Centro socio educativo o Centro educativo occupazionale diurno Servizio formativo dell’autonomia Servizi domiciliari

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Realizzato da:

Roberto Russo

Delegato Tecnico Regionale Attività Socio-

Assistenziali

Pionieri C.R.I. – Sicilia