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Aspasia Rivista Rivista Rivista Rivista online gratuita online gratuita online gratuita online gratuita Ottobre Ottobre Ottobre Ottobre 2011 2011 2011 2011 N.1 N.1 N.1 N.1 Indice Indice Indice Indice: : : : FABRIZIO FRATINI, “Nel ghetto da sempre” – SILVIA CERRI, “L’omocausto fuori dai campi” – PIERO MATTEI, “Una sfida allo Stato” – EMILIANO LIUTINA MARRONI, “Una maggioranza minoritaria” – DANIELE D’ORAZI, “Il coraggio dell’inattualità” – ALESSIO INNOCENTI, “L’eretico guerriero” – SOFIA CIMINO, “Il rifiuto di Coco” – DIEGO DENORA, “Charlot è nascosto in un bidone!” – MARTINA ANGELETTI, “Schizofrenia e psicosi: Extra- Ordinaria Arte” – ROLANDO INNOCENTI, “Demone all’uomo l’indole” – JULIA LATTANZI, “Poeta, in muta solitudine vivi, sogna e muori” – MATTIA GALATI, “Le nostre fragilità, la nostra prigione” Per qualsiasi informazione, consiglio, o per inviare gli articoli: [email protected] Con le tue finestre aperte sulla strada Con le tue finestre aperte sulla strada Con le tue finestre aperte sulla strada Con le tue finestre aperte sulla strada e gli occhi chiusi sulla gente e gli occhi chiusi sulla gente e gli occhi chiusi sulla gente e gli occhi chiusi sulla genteEscludere, essere esclusi, o Escludere, essere esclusi, o Escludere, essere esclusi, o Escludere, essere esclusi, o volersi volersi volersi volersi escludere. Isolare un individuo, escludere. Isolare un individuo, escludere. Isolare un individuo, escludere. Isolare un individuo, metterlo in minoranza, farlo sentire emarginato vuol dire metterlo in minoranza, farlo sentire emarginato vuol dire metterlo in minoranza, farlo sentire emarginato vuol dire metterlo in minoranza, farlo sentire emarginato vuol dire ind ind ind indebolirlo, renderlo vulnerabile; ebolirlo, renderlo vulnerabile; ebolirlo, renderlo vulnerabile; ebolirlo, renderlo vulnerabile; una preda facile, una voce da una preda facile, una voce da una preda facile, una voce da una preda facile, una voce da soffocare senza fatica. Dopo essere stato soffocare senza fatica. Dopo essere stato soffocare senza fatica. Dopo essere stato soffocare senza fatica. Dopo essere stato messo in disparte messo in disparte messo in disparte messo in disparte o, o, o, o, peggio, essere additato come peggio, essere additato come peggio, essere additato come peggio, essere additato come pericoloso per la sopravvivenza altrui, l’emarginato diventa una persona completamente sola. pericoloso per la sopravvivenza altrui, l’emarginato diventa una persona completamente sola. pericoloso per la sopravvivenza altrui, l’emarginato diventa una persona completamente sola. pericoloso per la sopravvivenza altrui, l’emarginato diventa una persona completamente sola. Al contrario, scegliere l’esclusione, ribellarsi ad una istituzione, alla società in cui si vive, Al contrario, scegliere l’esclusione, ribellarsi ad una istituzione, alla società in cui si vive, Al contrario, scegliere l’esclusione, ribellarsi ad una istituzione, alla società in cui si vive, Al contrario, scegliere l’esclusione, ribellarsi ad una istituzione, alla società in cui si vive, ad una maggioranza di persone con ad una maggioranza di persone con ad una maggioranza di persone con ad una maggioranza di persone con cui non si condivide nulla, può essere un cui non si condivide nulla, può essere un cui non si condivide nulla, può essere un cui non si condivide nulla, può essere un modo per cercare di trasformare la realtà, oppure per fuggirla modo per cercare di trasformare la realtà, oppure per fuggirla modo per cercare di trasformare la realtà, oppure per fuggirla modo per cercare di trasformare la realtà, oppure per fuggirla definitivamente. Il concetto di “ghetto” è sempre esistito. Forse non definitivamente. Il concetto di “ghetto” è sempre esistito. Forse non definitivamente. Il concetto di “ghetto” è sempre esistito. Forse non definitivamente. Il concetto di “ghetto” è sempre esistito. Forse non è possibile guardare l’ è possibile guardare l’ è possibile guardare l’ è possibile guardare l’altro altro altro altro senza rinchiuderlo in qualche senza rinchiuderlo in qualche senza rinchiuderlo in qualche senza rinchiuderlo in qualche gabbia mentale dovuta gabbia mentale dovuta gabbia mentale dovuta gabbia mentale dovuta al pregiudizio, all’ignoranza, al pregiudizio, all’ignoranza, al pregiudizio, all’ignoranza, al pregiudizio, all’ignoranza, alla superficialità con cui si è soliti giudicare. alla superficialità con cui si è soliti giudicare. alla superficialità con cui si è soliti giudicare. alla superficialità con cui si è soliti giudicare. L’emarginazione è anche strumento di L’emarginazione è anche strumento di L’emarginazione è anche strumento di L’emarginazione è anche strumento di potere potere potere potere, di qualunque natura esso sia. , di qualunque natura esso sia. , di qualunque natura esso sia. , di qualunque natura esso sia. La storia La storia La storia La storia dell’uomo è dell’uomo è dell’uomo è dell’uomo è anche questo: è storia di individui anche questo: è storia di individui anche questo: è storia di individui anche questo: è storia di individui scacciati, perseguitati, scacciati, perseguitati, scacciati, perseguitati, scacciati, perseguitati, sterminati. sterminati. sterminati. sterminati. L’ L’ L’ L’esclusione esclusione esclusione esclusione è un’arma è un’arma è un’arma è un’arma troppo efficace perché alla fine si troppo efficace perché alla fine si troppo efficace perché alla fine si troppo efficace perché alla fine si possa possa possa possa decidere di rinunciarvi decidere di rinunciarvi decidere di rinunciarvi decidere di rinunciarvi definitivamente. definitivamente. definitivamente. definitivamente.

Aspasia n. 1

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Uno spazio libero aperto a chiunque voglia scrivere, commentare, dialogare.

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Aspasia RivistaRivistaRivistaRivista online gratuitaonline gratuitaonline gratuitaonline gratuita Ottobre Ottobre Ottobre Ottobre 2011 2011 2011 2011 N.1N.1N.1N.1

IndiceIndiceIndiceIndice: : : : FABRIZIO FRATINI, “Nel ghetto da sempre” – SILVIA CERRI, “L’omocausto fuori dai

campi” – PIERO MATTEI, “Una sfida allo Stato” – EMILIANO LIUTINA MARRONI, “Una

maggioranza minoritaria” – DANIELE D’ORAZI, “Il coraggio dell’inattualità” – ALESSIO

INNOCENTI, “L’eretico guerriero” – SOFIA CIMINO, “Il rifiuto di Coco” – DIEGO DENORA,

“Charlot è nascosto in un bidone!” – MARTINA ANGELETTI, “Schizofrenia e psicosi: Extra-

Ordinaria Arte” – ROLANDO INNOCENTI, “Demone all’uomo l’indole” – JULIA LATTANZI,

“Poeta, in muta solitudine vivi, sogna e muori” – MATTIA GALATI, “Le nostre fragilità, la

nostra prigione”

Per qualsiasi informazione, consiglio, o per inviare gli articoli: [email protected]

““““Con le tue finestre aperte sulla stradaCon le tue finestre aperte sulla stradaCon le tue finestre aperte sulla stradaCon le tue finestre aperte sulla strada

e gli occhi chiusi sulla gentee gli occhi chiusi sulla gentee gli occhi chiusi sulla gentee gli occhi chiusi sulla gente””””

Escludere, essere esclusi, o Escludere, essere esclusi, o Escludere, essere esclusi, o Escludere, essere esclusi, o volersivolersivolersivolersi escludere. Isolare un individuo, escludere. Isolare un individuo, escludere. Isolare un individuo, escludere. Isolare un individuo, metterlo in minoranza, farlo sentire emarginato vuol dire metterlo in minoranza, farlo sentire emarginato vuol dire metterlo in minoranza, farlo sentire emarginato vuol dire metterlo in minoranza, farlo sentire emarginato vuol dire

indindindindebolirlo, renderlo vulnerabile; ebolirlo, renderlo vulnerabile; ebolirlo, renderlo vulnerabile; ebolirlo, renderlo vulnerabile; una preda facile, una voce da una preda facile, una voce da una preda facile, una voce da una preda facile, una voce da soffocare senza fatica. Dopo essere statosoffocare senza fatica. Dopo essere statosoffocare senza fatica. Dopo essere statosoffocare senza fatica. Dopo essere stato messo in dispartemesso in dispartemesso in dispartemesso in disparte o,o,o,o, peggio, essere additato come peggio, essere additato come peggio, essere additato come peggio, essere additato come pericoloso per la sopravvivenza altrui, l’emarginato diventa una persona completamente sola. pericoloso per la sopravvivenza altrui, l’emarginato diventa una persona completamente sola. pericoloso per la sopravvivenza altrui, l’emarginato diventa una persona completamente sola. pericoloso per la sopravvivenza altrui, l’emarginato diventa una persona completamente sola.

Al contrario, scegliere l’esclusione, ribellarsi ad una istituzione, alla società in cui si vive, Al contrario, scegliere l’esclusione, ribellarsi ad una istituzione, alla società in cui si vive, Al contrario, scegliere l’esclusione, ribellarsi ad una istituzione, alla società in cui si vive, Al contrario, scegliere l’esclusione, ribellarsi ad una istituzione, alla società in cui si vive, ad una maggioranza di persone con ad una maggioranza di persone con ad una maggioranza di persone con ad una maggioranza di persone con cui non si condivide nulla, può essere un cui non si condivide nulla, può essere un cui non si condivide nulla, può essere un cui non si condivide nulla, può essere un

modo per cercare di trasformare la realtà, oppure per fuggirla modo per cercare di trasformare la realtà, oppure per fuggirla modo per cercare di trasformare la realtà, oppure per fuggirla modo per cercare di trasformare la realtà, oppure per fuggirla definitivamente. Il concetto di “ghetto” è sempre esistito. Forse non definitivamente. Il concetto di “ghetto” è sempre esistito. Forse non definitivamente. Il concetto di “ghetto” è sempre esistito. Forse non definitivamente. Il concetto di “ghetto” è sempre esistito. Forse non

è possibile guardare l’è possibile guardare l’è possibile guardare l’è possibile guardare l’altro altro altro altro senza rinchiuderlo in qualche senza rinchiuderlo in qualche senza rinchiuderlo in qualche senza rinchiuderlo in qualche gabbia mentale dovutagabbia mentale dovutagabbia mentale dovutagabbia mentale dovuta al pregiudizio, all’ignoranza, al pregiudizio, all’ignoranza, al pregiudizio, all’ignoranza, al pregiudizio, all’ignoranza,

alla superficialità con cui si è soliti giudicare. alla superficialità con cui si è soliti giudicare. alla superficialità con cui si è soliti giudicare. alla superficialità con cui si è soliti giudicare. L’emarginazione è anche strumento di L’emarginazione è anche strumento di L’emarginazione è anche strumento di L’emarginazione è anche strumento di

poterepoterepoterepotere, di qualunque natura esso sia. , di qualunque natura esso sia. , di qualunque natura esso sia. , di qualunque natura esso sia. La storia La storia La storia La storia dell’uomo è dell’uomo è dell’uomo è dell’uomo è anche questo: è storia di individui anche questo: è storia di individui anche questo: è storia di individui anche questo: è storia di individui

scacciati, perseguitati,scacciati, perseguitati,scacciati, perseguitati,scacciati, perseguitati, sterminati. sterminati. sterminati. sterminati. L’L’L’L’esclusioneesclusioneesclusioneesclusione è un’arma è un’arma è un’arma è un’arma troppo efficace perché alla fine sitroppo efficace perché alla fine sitroppo efficace perché alla fine sitroppo efficace perché alla fine si possa possa possa possa decidere di rinunciarvidecidere di rinunciarvidecidere di rinunciarvidecidere di rinunciarvi

definitivamente.definitivamente.definitivamente.definitivamente.

Page 2: Aspasia n. 1

AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

“LLLLe accuse rivolte e accuse rivolte e accuse rivolte e accuse rivolte

agli ebrei non agli ebrei non agli ebrei non agli ebrei non

nacquero con la nacquero con la nacquero con la nacquero con la

Germania Nazista Germania Nazista Germania Nazista Germania Nazista

e purtroppo non e purtroppo non e purtroppo non e purtroppo non

si estinsero nesi estinsero nesi estinsero nesi estinsero nem-m-m-m-

meno con la fine meno con la fine meno con la fine meno con la fine

del Terzo Reichdel Terzo Reichdel Terzo Reichdel Terzo Reich”

NNNNel ghettoel ghettoel ghettoel ghetto da sempreda sempreda sempreda sempre

Di Fabrizio Fratini

E’ nella Germania Nazista a partire dal 1940, pre-

cisamente nella Polonia occupata, che gli ebrei

furono costretti alla vita nei ghetti: vi si viveva in

condizioni di sovraffollamento e di denutrizioni

ed ingenti furono le perdite al loro interno. Era

una preparazione alla “soluzione finale”. Dal

1942 iniziarono le deportazioni nei campi di

sterminio. Da sottolineare che non mancarono le

rivolte all’interno dei ghetti, la più famosa è sicu-

ramente la rivolta di quello di Varsavia del

1943. Non sarebbe stato possibile ridur-

re in tali condizioni di vita gli ebrei se

non ci fosse stata una campagna di

odio che si basava su accuse pre-

cise; come è stato possibile un ta-

le successo di questa campagna di

odio? Un ruolo fondamentale lo

ebbe la propaganda messa in atto

dal Terzo Reich e la famosa tesi della

superiorità della razza ariana, ma le ac-

cuse rivolte agli ebrei non nacquero con la

Germania Nazista e purtroppo non si estinsero

nemmeno con la fine del Terzo Reich. Cerchiamo

ora di vedere quali sono queste accuse e di capire

come sono nate. I ghetti non nacquero certamen-

te nella Germania Nazista, anzi è proprio in Italia,

precisamente a Venezia, che per la prima volta le

persone di religione ebraica furono costrette a

vivere nel ghetto ed è proprio a Venezia che nac-

que uno degli stereotipi riguardanti gli ebrei:

quello dell’ebreo usuraio. Ai cristiani era infatti

fatto divieto di lucrare sui prestiti ed è per questo

che i crediti erano forniti principalmente dagli e-

brei. Una testimonianza interessante di come fos-

sero percepiti gli ebrei a Venezia è fornita da “Il

mercante di Venezia”: Shylock incarna perfetta-

mente lo stereotipo dell’ebreo corrotto moral-

mente dall’uso e dal commercio di denaro, e per

questo fatto oggetto dell’odio degli altri abitanti

della Repubblica Veneta. Una sfera nella quale

l’antisemitismo trova terreno fertile è sicuramen-

te quella religiosa; gli Ebrei vengono considerati

gli uccisori di Cristo o comunque colpevoli di non

riconoscere la divinità del messia. Non stupisce

dunque che nel film “La Passione” di Mel Gibson

gli ebrei che “mettono a morte” Gesù siano rap-

presentati nel pieno dello stereotipo, di bassa

statura e con naso adunco. Non a caso il film creò

grandi polemiche e fu duramente criticato dalla

comunità ebraica italiana. Tuttavia

l’antisemitismo non si esaurisce in moti-

vi religiosi, altrimenti non si spieghe-

rebbe il perdurare di questo senti-

mento anche nelle società secola-

rizzate. E’ l’ascesa del sentimento

nazionalista tedesco negli anni

Trenta a creare una nuova accusa

contro gli ebrei. Questi ultimi, con-

traddistinti da un forte particolari-

smo linguistico e dal fatto di essere una

comunità caratterizzata in virtù del senso di

appartenenza ad una radice comune- testimonia-

ta dal legame di sangue- erano infatti accusati,

proprio sulla base dei due elementi cui si è appe-

na fatto riferimento, di minare la stabilità e

l’unità della Nazione. Si alimentò così un mito ne-

gativo sul popolo ebraico che, secondo la propa-

ganda Nazista, cospirava per conquistare il mon-

do attraverso il controllo della finanza. C’è da di-

re che neanche questa idea del popolo ebraico

nasce nel Terzo Reich; è infatti nella Russia Zari-

sta che fu prodotto un falso documento chiamato

“Protocollo dei Savi di Sion”, nel quale veniva

tramandata l’organizzazione della cospirazione

che doveva passare attraverso la conquista del

mercato finanziario con la promozione del siste-

ma liberale. Colpisce che ancora oggi, negli am-

bienti anti-sionisti, questo documento venga ri-

proposto come prova della cospirazione ebraica.

Page 3: Aspasia n. 1

AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

“L'amore che L'amore che L'amore che L'amore che non osa non osa non osa non osa

pronunciare il suo pronunciare il suo pronunciare il suo pronunciare il suo

nomenomenomenome”

Alfred DouglasAlfred DouglasAlfred DouglasAlfred Douglas

L’omocausto fuori dai campiL’omocausto fuori dai campiL’omocausto fuori dai campiL’omocausto fuori dai campi

Di Silvia Cerri

Omofobia e omofobia interiorizzata: due sintomi

della stessa causa che portano ad un disagio

sociale permanente che a sua volta determina

l’emarginazione e l’auto esclusione degli esseri

umani con tendenze omosessuali dalla sfera della

vita comune. Se per “omofobia” si intende

l’insieme di sensazioni di disagio, disgusto, paura

che si provano nell’avere a che fare, o per

semplice vicinanza con un omosessuale allora si

parlerà di “omofobia interiorizzata”

quando si avrà la medesima percezione,

ma questa volta di sé stessi.

L’omofobia interiorizzata nasce

quindi da una pressione emotiva

suscitata dall'esterno, dalla

consapevolezza di essere un

diverso. Amare un individuo

dello stesso sesso mette ancor

prima che si possano avere dei

riscontri reali per esperienza nella

condizione di doversi salvaguardare

da un mondo che non è stato e non è

ancora in grado di capire. E’ così nel

romanzo “Ernesto” di Umberto Saba,

dove l'amore tra un giovane piccolo borghese e

un bracciante più anziano viene consumato

clandestinamente mentre si sviluppa e si acuisce

il senso di colpa e tra i due in maniera più intensa

nell'uomo adulto, che potremmo definire un caso

di omofobia interiorizzata, in un certo qual modo.

Molti sono anche gli scrittori che hanno avuto

relazioni con individui dello stesso sesso e che,

nella maggior parte dei casi (anche a prescindere

dall'epoca storica che stavano vivendo), sono

andati incontro ad una esistenza difficile e

ingiustamente complicata. Basti pensare a Wilde,

additato come sodomita, incarcerato e costretto

a due anni di lavori forzati a causa della sua

relazione con Alfred Douglas o a Pasolini, il quale

fu espulso dal Partito Comunista Italiano e

insieme privato della sua cattedra

d'insegnamento dopo che gli era stata addossata

la colpa del suo crimine: l'omosessualità. Diversi

sono i pretesti volti a spiegarne l’imputazione:

sovversione del presunto ordine naturale voluto

da Dio, perversione, problematiche di natura

psicologiche… Tra le due facce di una realtà che è

la stessa per tutti, da una parte sfila la

manifestazione di ottuse convenzioni

sociali e dall’altra la schiera dei

tolleranti. In mezzo ai due flussi, i

pochi cervelli e animi liberi.

Parafrasando Pasolini <la

tolleranza è solo e sempre

nominale>, si tratta di un

concetto ampio, una <forma

di condanna più raffinata>,

quando alla richiesta di

compassione viene sbandierata

una pseudo accettazione del

diverso nella forma di una chiara

segnalazione dell’individuo sociale in

questione tramite un marchio adatto,

ma che non a causa di questo dovrà essere

pericoloso per la comunità: ricordarsi che si parla

di un omosessuale, ma non per questo di un

mostro. «Io sono come un negro in una società

razzista che ha voluto gratificarsi di uno spirito

tollerante. Sono, cioè, un “tollerato” (…). Le vite

sessuali private (come la mia) hanno subito il

trauma sia della falsa tolleranza che della

degradazione corporea, e ciò che nelle fantasie

sessuali era dolore e gioia, è divenuto suicida

delusione, informe accidia.» Pier Paolo Pasolini.

Eppure, infine, nessuna delle nostre menti

occidentali ed evolute forse riuscirà mai a

comprendere il dolore degli uomini costretti a far

divenire il loro amore, la loro stessa condanna.

Page 4: Aspasia n. 1

AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

“ IIIIl brl brl brl briiiiggggaaaattttiiiista si sta si sta si sta si

ririririnnnnchichichichiuuuude de de de

nel nel nel nel ccccoooovo sia vo sia vo sia vo sia

memememennnntatatatallllmente che mente che mente che mente che

mmmmaaaatttteeeeriariariariallllmentementementemente”

Una sfida allo StatoUna sfida allo StatoUna sfida allo StatoUna sfida allo Stato

Di Piero Mattei

Le Brigate Rosse nascono nel 1970, anno in cui

avvengono le loro prime azioni dimostrative. Si

tratta di un movimento terroristico che trova la

sua linfa nel clima rivoluzionario diffusosi con le

rivolte studentesche del 68 e nel retroterra cultu-

rale della sinistra anni 50’ (stalinismo,avversione

nei confronti dell’imperialismo e dei suoi “ser-

vi”). Molti adepti dell’organizzazione gravitano,

prima del passaggio alla guerriglia, nel PCI e si

avvalgono per molto tempo della benevolenza

dei militanti del maggior partito

d’opposizione. Obiettivo dei brigatisti

è il totale rovesciamento dei rap-

porti di forza nella società italia-

na,in particolar modo nelle fabbri-

che, al fine d’instaurare una ditta-

tura del proletariato. Un proposito

cosi dirompente comporta la loro

inevitabile uscita dalla vita civile, a

favore della clandestinità. Si tratta di

un’autoemarginazione dal tessuto connettivo na-

zionale. Il brigatista si rinchiude nel “covo” sia

mentalmente che materialmente. La sua vita si

svolge in anonimi appartamenti borghesi insieme

ai propri compagni, al riparo da sguardi indiscreti,

in una continua ubriacatura di ideologie fanati-

che, inapplicabili in uno stato ormai saldamente

basato su un’economia di mercato. Va sottolinea-

to, in particolare, un totale distacco dalla vita rea-

le, che porta ad atti aberranti, fuori da qualsiasi

logica e spiegazione. Si agisce su basi totalmente

teoriche, prescindendo dalle ripercussioni prati-

che. Dal buio dei nascondigli i terroristi escono

per svolgere la loro opera di propaganda, attra-

verso ferimenti e sequestri, in un primo momen-

to, con le uccisioni poi. Ciò esprime perfettamen-

te la loro incomunicabilità e marginalità. Si deve

ricorrere necessariamente alle armi per trasmet-

tere il proprio messaggio. In tale modo non viene

costruito un canale di collegamento con la collet-

tività e soprattutto con i militanti della sinistra,

ma si ottiene il risultato contrario: si scava un fos-

sato incolmabile. Le Br ritengono di esprimere

con la violenza le istanze del proletariato urbano,

degli sfruttati alla ricerca di una qualche rivincita,

ritenendo ormai superate le tradizionali istituzio-

ni democratiche. Viene proposto un “diverso”

modo di fare politica, che naturalmente risulta

inaccettabile per la maggior parte dei cittadini. La

consacrazione dell’esclusione delle Br dalla socie-

tà civile si ha con il sequestro del presi-

dente della Dc Aldo Moro e il massa-

cro della sua scorta, verificatosi il 16

marzo 1978, in occasione del voto

di fiducia al governo Andreotti (per

la prima volta appoggiato dai co-

munisti). Questo tragico evento ri-

sulta interessante ai fini della nostra

trattazione da due punti di vista. In

primo luogo testimonia la volontà dei

terroristi di imporre, nell’area della sinistra, una

linea “programmatica” totalmente diversa da

quella ufficiale del Pci, nella convinzione di avere

l’appoggio di gran parte dei militanti del partito di

Berlinguer. La realtà è diversa. Immediatamente i

simpatizzanti comunisti si schierano dalla parte

della legalità,isolando i brigatisti. Quest’ultimi, in

secondo luogo, cercano con il clamoroso seque-

stro una legittimazione politica, che fatalmente

non può arrivare. Durante le trattative per il rila-

scio del prigioniero, le Br vogliono ottenere un

canale di comunicazione con la Dc, ponendosi

come unico interlocutore della forza di maggio-

ranza relativa. Ogni proposta è respinta, giusta-

mente, e la vicenda finisce con la morte del pre-

sidente democristiano. Tralasciando i pur dolorosi

colpi di coda degli anni successivi, tale evento se-

gna la definitiva sconfitta morale dei brigatisti, i

quali sono presto condannati a una nuova emar-

ginazione: quella del carcere.

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AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

“LLLLe donne divee donne divee donne divee donne diven-n-n-n-

nero una magginero una magginero una magginero una maggio-o-o-o-

ranza minoritaria ranza minoritaria ranza minoritaria ranza minoritaria

dando luogo dando luogo dando luogo dando luogo

all'unico caso in all'unico caso in all'unico caso in all'unico caso in

cui cui cui cui un gruppo un gruppo un gruppo un gruppo

più piccolo emapiù piccolo emapiù piccolo emapiù piccolo emar-r-r-r-

gina un gruppo gina un gruppo gina un gruppo gina un gruppo

più granpiù granpiù granpiù grandededede”

Una maggioranza minoritariaUna maggioranza minoritariaUna maggioranza minoritariaUna maggioranza minoritaria

Di Emiliano Liutina Marroni

Honorè De Balzac scrisse che vi sono due storie,

quella ufficiale che ci viene insegnata, e quella

segreta, dove si trovano i veri fatti degli avveni-

menti: questo articolo vuole raccontarvi una di

queste storie segrete , quella delle donne

dell'URSS, poste ai margini della società nono-

stante il profondo squilibrio demografico a loro

favore, avviatosi con il primo conflitto mondiale e

terminato, almeno nella sua prima fase, con la

fine della seconda guerra mondiale: basti pensare

che solo nel '46 vi erano 96 milioni di donne con-

tro i 74 rappresentati dagli uomini, ma il fatto

più importante è che tale squilibrio si con-

centrava nella fascia d'età compresa tra

i 20 e i 44 anni, dove le donne erano

circa 10 milioni in più. Con questa

situazione demografica e ri-

pensando al messaggio di

uguaglianza di cui l'URSS si

faceva portatrice, è lecito ipo-

tizzare che le donne avessero

raggiunto sul piano dei diritti civili

gli uomini, tuttavia le cose non sono

andate così: tale uguaglianza rimase sulla

carta, e le donne, pur rappresentando il 47%

della forza lavorativa, divennero una maggio-

ranza minoritaria, dando luogo all'unico caso in

cui un gruppo più piccolo emargina un gruppo più

grande. Le basi di questo processo, che dimostra

tra l'altro l'inesistenza di una società nuova sorta

con il comunismo, derivano non solo dalla miso-

ginia tipica delle società patriarcali, ma anche dal

bisogno dello Stato di neutralizzare in breve tem-

po lo squilibrio demografico puntando sui matri-

moni regolari, favorendo al tempo stesso un at-

teggiamento ipocrita e sprezzante nei confronti di

milioni di donne sole (spesso con figli illegittimi),

e sono state poste principalmente nell'educazio-

ne scolastica e nella letteratura di consumo. Per

quanto riguarda l'Istruzione negli istituti superiori

femminili lo standard dell'insegnamento scientifi-

co era nettamente più basso rispetto a quello

maschile, e ciò non è trascurabile in un paese do-

ve un ingegnere era più pagato rispetto a un in-

segnante umanista o a un medico. Questa discri-

minazione costituiva, ovviamente, un grave han-

dicap di partenza per tutte quelle ragazze le cui

notevoli doti naturali avrebbero potuto metterle

in grado di accedere a una prestigiosa università

tecnica, se adeguatamente sviluppate. Di conse-

guenza per le donne divenne davvero difficile ac-

cedere ai lavori tecnici. E se lo Stato concepiva

poi la funzione naturale della donna come

quella di madre dalla numerosa prole,

come poteva permettersi di creare

istituti di buon livello per ragazze?

Era decisamente uno spreco.

Così una volta che la donna

veniva considerata come

madre e l'uomo come garante

del reddito familiare, era inevita-

bile che la posizione di quest'ultimo

diventasse quella dominante. Infine nei

romanzi dell'immediato dopoguerra que-

sto processo di emarginazione diviene pale-

se: la donna trasmuta in un simbolo astratto del-

le virtù femminili, è una madre e una moglie forte

e devota, che si annulla al servizio dei corpi muti-

lati dei figli e dei mariti, sui quali la letteratura si

concentra, descrivendone la rinascita e il reinse-

rimento attivo nella società. L'esperienza di quasi

600000 donne combattenti, di milioni di lavora-

trici sole e spesso occupate negli scalini profes-

sionali più bassi, sulle quali si concentrava il dop-

pio carico di lavoro a casa e in fabbrica (o peggio

ancora nelle campagne) fu accantonata a favore

di questo modello femminile, tanto tradizionale

quanto irrealizzabile: in milioni avevano perso fi-

gli e mariti, e non avevano più alcuna speranza di

risposarsi, visto lo squilibrio tra i sessi.

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AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

“Qui mQui mQui mQui miiiira e qui ti ra e qui ti ra e qui ti ra e qui ti

specchia,specchia,specchia,specchia,

Secol superbo e Secol superbo e Secol superbo e Secol superbo e

sciosciosciosciocccccocococo”

Il coraggio dell’inattualitàIl coraggio dell’inattualitàIl coraggio dell’inattualitàIl coraggio dell’inattualità

Di Daniele D’Orazi

“Quel continuo biasimare e derider che fate la specie

umana, primieramente è fuori di moda”. “Anche il mio

cervello è fuori di moda, e non è nuovo che i figliuoli

vengano simili al padre”. In questo modo Eleandro,

l’alter ego di Giacomo Leopardi in una delle Operette

morali, risponde a Timandro, il quale incarna

l’ottimismo filantropico del XIX secolo. E’ proprio que-

sta operetta, il Dialogo di Timandro ed Eleandro, a

manifestare chiaramente il rapporto conflittuale tra il

poeta recanatese e il pensiero egemone del

suo tempo, l’Ottocento, a più riprese ber-

saglio di attacchi di natura satirica e

speculativa lungo l’intera sua produ-

zione poetica e prosastica. Nelle ope-

re di Leopardi, nella sua fiera opposi-

zione, originalità e autonomia dagli

idoli del suo secolo, dagli ingenui e ot-

timistici slanci rivoluzionari, dalla cieca

convinzione nella infinita perfettibilità

dell’essere umano e soprattutto nel progresso

tecnologico e morale, si riflette l’emarginazione e

l’isolamento vissuto dal poeta nella sua vicenda esi-

stenziale, nella sua quotidianità: l’essere alieno da au-

tentici affetti, il continuo non essere corrisposto dalle

donne da lui amate, il deserto e il silenzio del suo “na-

tio borgo selvaggio”. Il suo vivere ai margini nella quo-

tidianità e la sua “auto-esclusione” dalla cultura otti-

mistica ottocentesca vanno di pari passo nella sua

biografia, dialogano continuamente nelle sue opere.

L’esordio di questo contrasto può essere riportato

convenzionalmente alla pubblicazione del “Discorso di

un italiano intorno alla poesia romantica” del 1818,

opera che riprende, approfondendole, le tesi già e-

sposte due anni prima nella Lettera alla Biblioteca Ita-

liana in risposta a Madame De Staël. Nel Discorso Le-

opardi oppone all’allora dilagante poesia romantica e

ai suoi canoni una poesia che deve rifarsi allo spirito

dell’antichità classica, che deve ispirarsi alla grandezza

della natura, traendo da essa semplicità e spontanei-

tà, in contrasto appunto con “l’astrusa e metafisica”

poesia dei romantici. Nonostante il seguente allonta-

namento da Recanati e i suoi soggiorni a Roma, Mila-

no, Bologna, Firenze, Pisa e Napoli la condizione di e-

straneità del poeta non muterà. Infatti è proprio negli

ultimi anni della sua vita che viene ad acuirsi il con-

fronto e lo scontro, sempre meno velato, con la cultu-

ra del suo tempo. Particolarmente significativa in que-

sto senso è, durante il suo secondo soggiorno fioren-

tino, l’esperienza fallimentare della creazione di un

giornale, “Lo spettatore fiorentino”, che non riuscirà a

vedere la luce a causa della censura governativa. Per

chiarire il significato di questa esperienza è necessa-

rio, seguendo l’ottima monografia di Gino Tel-

lini su Leopardi, citare un passo dal Pream-

bolo al giornale: “Se la natura del nostro

Giornale è difficile a definire, non così

lo scopo. In questo non v’è misteri…

Confessiamo schiettamente che il no-

stro Giornale non avrà nessuna utili-

tà… Il nostro scopo dunque non è gio-

vare al mondo, ma dilettare quei pochi

che leggeranno”. In queste poche righe è

riassunta l’opposizione del poeta al culto

dell’utile, un altro dei miti ottocenteschi, un utilitari-

smo intellettuale che non riconosce alcuna legittimità

al piacere procurato dalle illusioni poetiche, capaci di

alleviare per qualche momento il peso dell’esistenza,

un pensiero reso schiavo delle logiche imprenditoriali

ed economiche della società borghese. Anche nel suo

ultimo soggiorno, quello napoletano, Leopardi troverà

l’ostilità dei seguaci della cultura ottimistica borghese,

in questo caso quello degli intellettuali della rivista Il

Progresso, orientati verso un cattolicesimo tradiziona-

le e un pensiero ottimistico e provvidenzialistico, i

quali non perdoneranno mai a Leopardi le sue posi-

zioni sensistiche e materialistiche e che saranno il suo

bersaglio nella satira I nuovi credenti. Il filosofo Frie-

drich Nietzsche nella seconda delle sue Inattuali parla

di un agire “contro il tempo”, “sul tempo”, ed è pro-

prio questa inattualità a mio avviso a contraddistin-

guere l’opera e il pensiero di Leopardi, una inattualità

orgogliosa e consapevole che non poteva non incon-

trare l’ostilità di un conformismo intellettuale che pur-

troppo caratterizza da sempre l’Italia nella sua vita

culturale, una inattualità che reca con sé la sua pe-

renne contemporaneità.

Page 7: Aspasia n. 1

AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 Ottobre Ottobre Ottobre Ottobre 2011201120112011

“LLLL’eretico è il eretico è il eretico è il eretico è il

più indifeso più indifeso più indifeso più indifeso

degli degli degli degli

emargemargemargemargiiiinati: nati: nati: nati:

ha il marchio ha il marchio ha il marchio ha il marchio

infamante del infamante del infamante del infamante del

rinnegato da rinnegato da rinnegato da rinnegato da

DioDioDioDio”

L’eretico guerrieroL’eretico guerrieroL’eretico guerrieroL’eretico guerriero

Di Alessio Innocenti

Il 18 luglio del 1300 ardeva sul rogo Gherardo Segarel-

li, eretico. La sua è una delle tante tristi vicende che

caratterizzano la storia della chiesa e del cattolicesimo

romano; a partire dal 1189, con la bolla papale Ver-

gentis in senium, Innocenzo III stabiliva

l’equiparazione tra eresia e crimine di lesa maestà, in

modo che l’eretico potesse essere punito o con la con-

fisca dei beni o, soprattutto, con la condanna a morte

sul rogo. La chiesa cattolica cominciò infatti a temere

il formarsi di una serie di confraternite, ordini, grup-

pi di preghiera formati perlopiù da laici forte-

mente ostili alle gerarchie ecclesiastiche; il

fine ultimo di questi individui era seguire

gli insegnamenti evangelici senza

l’intermediazione di un clero ormai cor-

rotto. La monarchia papale però non po-

teva accettare il dissenso: uno era Dio,

una la chiesa, una l’ortodossia. Ebbe ini-

zio la caccia agli eretici. Questi ultimi fu-

rono costretti a fuggire e nascondersi, furo-

no espulsi dalle città, costretti a veder indette

contro se stessi delle vere e proprie crociate. Nes-

sun emarginato è più indifeso dell’eretico: ha il mar-

chio infamante del rinnegato da Dio. Gherardo, fon-

datore dell’ordine degli “apostolici”, il cui scopo era

quello di vivere in povertà seguendo alla lettera gli in-

segnamenti evangelici, aveva pagato con la vita la

mancata obbedienza alle decisioni conciliari e ai pro-

nunciamenti papali, volti ad imporre la soppressione

dell’ordine; il suo posto fu preso da Dolcino da Nova-

ra. Quest’ultimo impresse una svolta nella storia del

movimento, dando un’interpretazione apocalittica

degli ultimi eventi accaduti; con Gherardo era iniziata

la quarta età della salvezza, durante la quale lo Spirito

Santo sarebbe sceso nuovamente sugli apostoli, la

chiesa sarebbe stata rigenerata, mentre tutti coloro

che facevano parte o avevano sostenuto la vecchia

chiesa corrotta sarebbero stati puniti e sterminati.

L’evento finale profetizzato da Dolcino era la sconfitta

di papa Bonifacio VIII per mano del re di Trinacria Fe-

derico III; gli apostolici dovevano dunque solo atten-

dere. Già in una lettera del 1300 Dolcino giustificava la

clandestinità, il nascondersi dei suoi seguaci con la ne-

cessità di difendersi dagli attacchi della chiesa corrot-

ta; distrutta quest’ultima, la predicazione sarebbe po-

tuta ricominciare. Il luogo scelto per l’attesa del com-

piersi della profezia furono le montagne della Valse-

sia, nel Piemonte settentrionale; Il numero di seguaci

aumentava, era stata organizzata una sorta di “comu-

ne” ante litteram, gli abitanti del posto solidarizzava-

no con gli eretici, ma, al tempo stesso, la repressio-

ne nei loro confronti si stava trasformando in

guerra aperta: fu radunato un esercito con-

tro i dolciniani, i quali dovettero conti-

nuamente spostarsi per evitare lo ster-

minio, cominciando anche a compiere

scorrerie nei paesi circostanti per cerca-

re del cibo. Il tempo passava e le profe-

zie di Dolcino non si avveravano: fu presa

la decisione di cominciare a combattere.

Quel gruppo di più di mille persone ormai

ai margini della società e del mondo, braccato

da inquisitori e soldati, prese le armi sotto la guida

di Dolcino, ormai divenuto capo militare. L’ultimo an-

no di lotta fu caratterizzato da imboscate e scorrerie,

con la popolazione locale ormai ostile a causa dei con-

tinui saccheggi; i dolciniani vennero stretti d’assedio

sul monte Rubello, impossibilitati a resistere al freddo

delle montagne e costretti dalla fame a mangiare i

corpi dei caduti. Nella settimana di pasqua del 1307 fu

sferrato l’attacco definitivo; i combattimenti furono

cruenti, i dolciniani si difesero fino all’ultimo, ma alla

fine capitolarono; molti eretici vennero trucidati sul

posto. Margherita, la donna più cara a Dolcino e se-

condo alcune fonti sua compagna di vita, e Longino, il

collaboratore più fidato, furono processati e bruciati

sul rogo. Dolcino fu condotto a Vercelli, fatto sfilare

per le vie della città su di un carro mentre con delle

tenaglie arroventate gli venivano strappati brandelli di

carne; l’eretico guerriero non emise un fiato,né quan-

do gli strapparono il naso né quando lo evirarono.

Dolcino morì arso vivo sul rogo nell’estate del 1307.

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AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

“Per essere Per essere Per essere Per essere

insostituibili bisogna insostituibili bisogna insostituibili bisogna insostituibili bisogna

essere diversiessere diversiessere diversiessere diversi”

Coco ChanelCoco ChanelCoco ChanelCoco Chanel

Il rifiuto di CocoIl rifiuto di CocoIl rifiuto di CocoIl rifiuto di Coco

Di Sofia Cimino

“Per essere insostituibili bisogna essere diversi”

diceva Gabrielle Bonheur Chanel, meglio

conosciuta come Coco Chanel, nata a Saumur il

19 agosto del 1883. Pronunciata con forza

proprio da quella stilista francese che rivoluzionò

il modello femminile del ‘900, completamente

estranea alle dinamiche che furono della Moda.

La Moda stessa troppo spesso considerata

sinonimo di standardizzazione e omologazione a

preconcetti sociali e stereotipi estetici

dei quali si discutono perfino il

fondamento e l’origine. Fu proprio la

diversità e la ventata di avanguardia

di Coco a farle guadagnare la

storia, a far sì che oggi sia un

modello. Gabrielle, infatti,

sperimentò una nuova figura

della donna. Si toccava con

mano il principio che l’aveva da

sempre ispirata: quello di

indipendenza ed emancipazione.

Tutto doveva lasciare il posto alla

praticità, alla donna pragmatica, libera

anche nei movimenti. Ed ecco che

nascono i rivoluzionari tailleur, con gonna a

tubino o pantaloni (appartenuti fino a quel

momento all’abbigliamento maschile), il taglio

corto di capelli, gli accessori che diventano

gioielli, il tutto per creare un’aura di comodità ed

eleganza insieme. Ma la stessa rivoluzione che

sconvolse i canoni estetici e le scelte più ardite ed

innovative, altrettanto rese gli esordi di Gabrielle

incerti e traballanti in confronto alle sue immense

potenzialità. La sua non era di certo una Moda

facile da imporre poiché scardinava i principi

della creatività fino ad allora conosciuti. La

praticità tradotta in estetica, la libertà svincolata

da tradizioni e costumi secolari per la nuova

donna, la donna di Coco. Chanel tracciava così un

sentiero mai battuto prima, una nuova

concezione dell’arte e della bellezza. L’inizio fu

traballante, difficile e soprattutto incerto, come è

incerto ogni passo per chi crea. La sua Moda

s’impose grazie a quell’innato spirito creativo, alla

voglia di cambiare quell’emarginazione forzata

cui la sua forte personalità, portatrice di idee

nuove e intramontabili, era costretta.

Quell’energia che ha saputo abbattere i pregiudizi

senza farsi travolgere e inghiottire. Ciò che

dobbiamo ancora ricordare, a

prescindere dall’affermarsi del suo

stile in tutto il mondo, è Gabrielle.

Lei, la donna. Anticonformista,

pragmatica e votata alla pura e

semplice essenzialità dello stile,

pagò il prezzo di essere

diversa, di voler inserire in un

mondo tanto dinamico quanto

selettivo come quello della

Moda un’impronta insolita. Coco,

consapevole che le sue innovazioni

non riguardassero solo la Moda, ma

che contenessero un vero e proprio

messaggio sociale (si parlava della

libertà della donna, di svincolarla dalla sofferta

etichetta di “sesso debole” attribuitale, di

partecipare alla lotta di emancipazione

femminile, di riscattare tale figura da secoli di

emarginazione sociale!); non si lasciò abbattere e

combatté finché il suo marchio non divenne

mondiale, finché le donne cominciarono a sentirsi

tali anche senza una gonna, magari indossando

quanto di più distante da esse si potesse pensare

per l’epoca: un paio di pantaloni. La lotta di una

grande donna per grandi donne, capaci di

valorizzare il loro ruolo nella società, di estirpare

l’opinione comune che le confina e le riduce ad

immagini obsolete ed ingiuste. Il messaggio di

una Moda solidale e sempre al passo con i tempi.

La Moda di Chanel.

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AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

“Mezzo secolo di Mezzo secolo di Mezzo secolo di Mezzo secolo di

miseria col miseria col miseria col miseria col

sorrisosorrisosorrisosorriso… e un e un e un e un

bidone!bidone!bidone!bidone!”

“Charlot è nascosto in un bidone!”“Charlot è nascosto in un bidone!”“Charlot è nascosto in un bidone!”“Charlot è nascosto in un bidone!”

di Diego Denora

Baffetti: taglio a spazzola dei denti rasati ai lati di

qualche centimetro. Alla moda nei primi del

Novecento. Non era imitazione, per quella

bisognerà aspettare Il Grande Dittatore del ’40;

ora siamo nel ’15, è vanità. Trucco: necessario alla

pellicola. La Keystone, in California, applaudirà

quel “buffo ubriacone” vestito d’impaccio per

trentacinque cortometraggi: pantaloni larghi e

scarpe due misure più lunghe. La giacca, invece, è

da uomo. Si chiama Charles e nasce nella

Londra suburbana di Walworth poco

più che vent’anni prima. Charlie per

gli Stati Uniti, Charlot per l’Europa

latina. Ma è Tramp (cioè

Vagabondo) che ricordiamo:

armato di bastone di bambù,

ottimo strumento per parapiglia

comici. Utile per afferrare caviglie

e far ruzzolare i personaggi

fastidiosi o cappelli come il suo:

una bombetta nera impolverata e

sempre scomposta. L’abbigliamento lo

conosciamo. Fu in quei corti senza sonoro

che la macchina attoriale prese il via: la mimica

corporea e facciale era pura maestria, sembrava

avesse il controllo di tutto il viso. In poche

settimane passò da comico a capocomico ma il

genio esplose dopo la Grande Guerra: da Monello

(1920) al capolavoro di Tempi Moderni (1936)

Tramp\Charlot visse le vite nascoste degli

emarginati, dei poveri, degli operai alienati del

taylorismo. La grandezza fu la costruzione di un

personaggio così polivalente da narrare mezzo

secolo di miserie e disperazione col sorriso… e un

bidone. Già. Il bidone c’è sempre, dove può lo

inserisce, è il suo rifugio. Tramp può nascondersi,

dormire, trovare oggetti utili o gettarne di inutili,

come i fiori per la fioraia cieca (nel film Virginia

Cherrill). Riacquisita la vista, riconquistata la

percezione del reale, non può che rifiutare l’umile

e sconfortato Charlot di Luci della Città (1931),

ricacciandolo nella mancanza di tutto, anche

dell’amore. L’emarginazione di Tramp passerà

dalla cinepresa alla vita reale di Chaplin nel 1952,

in piena caccia alle streghe. Joseph McCharty,

senatore avventuriero della politica repubblicana,

trasfigurerà Chaplin nell’idolo della “red score”,

spia del socialismo, attentatore del sogno

americano. Spalleggiato da E. Hoover, allora capo

del Federal Bureau Investigation, riuscirà

ad occultare il visto di ritorno di Chaplin

incriminandolo di attività anti-

americana. La carriera di Tramp in

Usa terminò proprio lì. Due anni

dopo, una mozione del Senato

propose la censura del

maccartismo, ormai dilagato e via

via più isterico, per le troppe

accusatorie senza prove, per la

troppa tensione generata. La

domanda è cosa c’entra Charlot con

il terrore rosso? L’uomo niente, non si

pronunciò mai nella politica. Tramp e il

suo vagabondare, invece, evocava quel mondo

schiacciato e oscurato dal sogno americano: il

sobborgo, la miseria e il riso ironico di chi non

conosce un’ora senza fame, di chi non conosce un

letto comodo ma claudica qua e là cercando

qualcosa che sia respiro per la speranza. Tramp è

improduttivo e spesso racconta una solidarietà

tra gli indigenti che il governo Eisenhower non

può permettere. Odora di fantasma, quel

fantasma invisibile che vagava per l’Europa ai

tempi delle lunghe barbe, lo stesso che scelse

Mosca, lo stesso che minaccia da Pechino. Ringhia

con un bastone di bambù, pantaloni larghi e

scarpe da pagliaccio. E quei baffetti a spazzola dei

denti? Pericolosi anche quelli, sono

contraddittori.

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AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

“è un peè un peè un peè un pennnnsiero dai siero dai siero dai siero dai

prprprpreeeesusususuppppppppoooosti 'altri', è sti 'altri', è sti 'altri', è sti 'altri', è

una riuna riuna riuna rinnnnuuuunnnncia a cia a cia a cia a

comprecomprecomprecomprennnndere con dere con dere con dere con

semplsemplsemplsempliiiicità il mondo cità il mondo cità il mondo cità il mondo

con il cocon il cocon il cocon il connnnseguente seguente seguente seguente

aaaannnnnulnulnulnulllllaaaamento delle mento delle mento delle mento delle

appappappappaaaarerererennnnze esteriorize esteriorize esteriorize esteriori”

Schizofrenia e pSchizofrenia e pSchizofrenia e pSchizofrenia e psicosi: Extrasicosi: Extrasicosi: Extrasicosi: Extra----Ordinaria ArteOrdinaria ArteOrdinaria ArteOrdinaria Arte

Di Martina Angeletti

Prendete un bisogno. Disegnatelo. Ricopiatelo.

Fatene un simbolo. Ecco, ora fatelo vedere ad un

vostro amico e chiedetegli cosa ne pensi. Sarà

riuscito a comprendere il vostro bisogno d'E-

spressione? Oppure sarà rimasto un mistero inso-

luto? Siete pittori, siete artisti, oppure volete solo

sfuggire alla Normalità? A quella Normalità dise-

gnata da sbarre, che intrappola, che schiaccia,

che succhia e che pretende sempre un prezzo

troppo alto da pagare per rientrare nei suoi ca-

noni. E allora interviene l'Artista. L'Artista, il

genio per eccellenza è sempre stato con-

siderato colui che era in grado di

rompere con gli schemi, con l'or-

dine imposto dalla tradizione,

dalla società, dai costumi

vigenti in quel determi-

nato periodo umano e

storico. Dare un proprio or-

dine al Mondo e guardarlo “so-

lo” attraverso il filtro dei propri oc-

chi, scevri da qualunque condiziona-

mento. Chi è quindi l'Artista? Colui che

nella solitudine della sua ombra, sceglie e

tenta di guardare il mondo da un'angolazione di-

versa, decidendo di autoescludersi. Dov'è l'Arti-

sta? Potete trovarlo ai bordi di quella Strada, traf-

ficata di anime che inseguono una salvezza illuso-

ria; potete trovarlo dipinto di rughe che nascon-

dono un cuore ed uno spirito giovane; potete

trovarlo al di là del bene e del male; potete tro-

varlo anche fuori tempo massimo. Ma lo trovere-

te sempre, seguendo la traccia lasciata da ciò da

cui si allontana. Lo troverete alla “fine...” perchè

c'è un Fine. Dicevamo della Normalità. E dell'Arti-

sta. E la follia dove si inserisce? Ma anzi no, non

parleremo di quella Follia così ampiamente infla-

zionata di questi tempi. Schizofrenia e psicosi. E

di un confronto ed incontro tra l'Arte (come vo-

gliamo dire..canonica?) degli Artisti e le produ-

zioni di opere plastiche da parte di malati schizo-

frenici. Risultati di uno studio condotto a cavallo

tra il 1800 e il 1900 sull'analisi di opere prodotte

in cliniche psichiatriche da persone/artisti più o

meno esperti. Poniamo subito una distinzione : lo

schizofrenico non ha più contatti con l'umanità e

non è sostanzialmente incline né capace di rista-

bilirli. Se potesse farlo, sarebbe guarito; nelle o-

pere percepiamo il riflesso di un isolamento auti-

stico e di un solipsismo atroce che va ben oltre i

tratti patologici dell'alienazione. Differen-

temente, il più solitario tra gli indivi-

dui/artisti (sani?!) vive sulla base del

suo sentimento del mondo, a con-

tatto con l'umanità anche se

solo tramite il desiderio e la

nostalgia. Altra distinzio-

ne: gli autori di questo

materiale si distinguono

maggiormente per il fatto di

produrre più o meno autonoma-

mente e che né la tradizione né l'edu-

cazione nutrono le loro forze. Come dire è

un pensiero dai presupposti 'altri', è una ri-

nuncia a comprendere con semplicità il mondo

con il conseguente annullamento delle apparenze

esteriori alla quali invece l'arte occidentale è in-

trinsecamente legata. Arte e vita, bisogno d'e-

spressione e raccontare qualcosa. Nello schizo-

frenico la vita nient'altro è che destino: non è lui

a scegliere di estraniarsi dal mondo esteriore e

codificato, l'ha avuto in sorte e combatterà prima

che, vinto, si rassegnerà a questo mondo colorato

dal delirio. Nell'Artista questo allontanamento

resta comunque malgrado tutto, un atto conosci-

tivo e fortemente decisionale. Da una parte sce-

gliere come voler guardare il mondo, dall'altra

non avere altri occhi che questi.

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AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

“ IIIInfante è l'uomo nfante è l'uomo nfante è l'uomo nfante è l'uomo

ddddiiiinanananannnnzi al Nzi al Nzi al Nzi al Nuuuume, me, me, me,

come il fanciullo come il fanciullo come il fanciullo come il fanciullo

ddddiiiinanzi all'unanzi all'unanzi all'unanzi all'uoooomomomomo”

Demone all'uomo l'indoleDemone all'uomo l'indoleDemone all'uomo l'indoleDemone all'uomo l'indole

Di Rolando Innocenti

E' noto il modo in cui la moltitudine mortifichi

l'autenticità individuale e vanifichi la ricerca di sé

offrendo valori prefabbricati; qualcuno però,

nauseato, cerca di scendere da una giostra che

follemente impazza attorno al proprio asse. Nel

riappropriarsi di sé fu straordinario Eraclito di E-

feso. Diogene Laerzio ci tramanda, nelle "Vite Dei

Filosofi", che dopo essersi scagliato contro i suoi

concittadini per aver esiliato il valoroso Ermodo-

ro, suo amico, si ritirò nel tempio di Artemide,

dove trascorse il tempo giocando agli a-

stragali con dei bambini; curioso ed

affascinante che ne abbia tratto la

massima cosmologica: "l'eternità è

un fanciullo che gioca muovendo i

pezzi sulla scacchiera, di un fan-

ciullo è il regno". Ma nemmeno

l'innocenza dei fanciulli placò le sue

inquietudini: "la Natura ama nascon-

dersi", scrisse ed egli la cercò nel silenzio

solenne, inaccessibile delle montagne, nutrendosi

d'erba e piante selvatiche. Un'emarginazione

dionisiaca, eroica, tragica! Una solitudine tanto

estrema partorì divinazioni altrettanto folgoranti,

eccessive, disumane. Egli vide la natura ciclica del

cosmo, la "splendida armonia" degli opposti, la

folgore che tutto domina, Dike che sorprenderà

artefici e testimoni di menzogne. Indagò se stesso

e colse l'identità universale, poiché "conoscenza

dell'immediato è unione per tutte le cose". Per

quanto il percorso di Eraclito sia sovrumano, non

mancano nella storia della filosofia personaggi

dall'esperienza mistica affine, se non sorprenden-

temente parallela a quella dell'Efesio. Ma un e-

lemento preso in esame dal brillante Giorgio Colli

determina la singolarità dell'esperienza di

quest'ultimo, ovvero la politicità greca. Eraclito

infatti è certamente un mistico, ma greco. E no-

nostante il distacco prepotente dalla società, la

natura di cittadino è qualcosa di connaturato in

un uomo di cultura greca e l'intento politico sot-

tintende ogni forma di estrinsecazione all'interno

della comunità. Non saranno gli altri "politai", ma

l'indole del “polites” insito nell' Efesio a farlo tor-

nare tra gli uomini, sebbene scostante ed altero,

tanto che la sua condotta gli valse il soprannome

di Oscuro. Ed altrettanto oscuri e frammentari fu-

rono i suoi testi, che testimoniano, nondimeno,

una natura inevitabilmente politica. Eraclito deci-

se di consegnare alla comunità le rivelazioni pro-

vocate da un'ascesi misantropica, indiriz-

zando però i suoi vaticini ad una cer-

chia intellettualmente e cultural-

mente elitaria: gli "svegli", con-

trapposti ai "dormienti" che "pre-

stano fede agli aedi delle moltitu-

dini e prendono a maestro il vol-

go". Se dunque il mistico vive un'in-

dividualità (auto)esclusa dalla società,

tanto più tremenda risulta l'emarginazio-

ne delle masse, estraniate dalla realtà, causata da

una fede sterile e venefica nell'apparenza ed au-

toalimentata dai vizi e dalla vanità. Infatti, "per i

risvegliati c'è un cosmo unico e comune, ma cia-

scuno dei dormienti si involge in un mondo pro-

prio". Sarà sempre Colli a sostenere che dall'in-

contro tra l'elemento dionisiaco, dunque misteri-

co, e l'originale e preponderante politicità del mi-

crocosmo ellenico nasce la filosofia occidentale,

come espressione politica della propria interiorità

indagata tramite l'ascesi mistica. E' affascinante il

magnetismo esercitato dalla società sull'individuo

che seppur ne aggredisca i fondamenti non riesce

mai ad acquisirne una totale, definitiva indipen-

denza. Pur non considerando il valore imperante

della socialità nella Grecia delle poleis, è possibile

un concetto di individuo che, radicalmente e de-

finitivamente isolato da ogni forma di partecipa-

zione sociale, trascenda i confini dell' “animale

politico”?

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AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

“Morire non è Morire non è Morire non è Morire non è

nuovo sotto il nuovo sotto il nuovo sotto il nuovo sotto il

sole,sole,sole,sole, ma più ma più ma più ma più

nuovo non è nuovo non è nuovo non è nuovo non è

nemmeno nemmeno nemmeno nemmeno

viverevivereviverevivere”

“Poeta, “Poeta, “Poeta, “Poeta, in muta solitudine vivi, sogna e muoriin muta solitudine vivi, sogna e muoriin muta solitudine vivi, sogna e muoriin muta solitudine vivi, sogna e muori””””

Di Julia Lattanzi

“Son l'ultimo poeta contadino, rozzo è il ponte di

legno dei miei canti. Già mi dicono il viatico divino

le betulle, turiboli oscillanti”. Questa è

l'autodescrizione di Sergej Aleksandrovich Esenin,

il cosiddetto poeta contadino. Nato in un villaggio

nella provincia di Rjazan da una famiglia di poveri

agricoltori. S. Esenin ispirato da Puskin, iniziò a

comporre versi all'età di 14 anni. Veniva da una

realtà campagnola all'insegna della morale

cristiana e semplicità “popolare”. Il nostro

poeta, però, sentì il richiamo della città

e, proprio come suo padre, partì

inizialmente per Mosca e poi per S.

Pietroburgo. Questa città era il

centro dell'arte, il cervello della

Russia ed il cuore della Rivoluzione.

Ed è proprio in quel ribollire di

passioni che il poeta contadino,

sfoggiò il suo genio. Esenin girava con

la tunica e gli stivali da popolano, per

celebrare l'immagine dell'uomo semplice e

cristiano. Il poeta contadino aveva tutte le

intenzioni di riportare il popolo russo alle origini.

L'unica religione possibile, quindi, era nelle

leggende dei nostri avi. Esiste solo una realtà, ed

è quella che si basa sull'osservazione empirica

della vita. Nessuna struttura artificiale poteva

superare le immagini naturali del vivere umano.

Proprio per questo, Esenin, fondò l'Immaginismo,

un movimento artistico che ha come concezione:

“rievocare la vita mediante le immagini”.

Purtroppo l'esperimento non ebbe fortuna, il

successo di Esenin crebbe, ma egli non aveva

l'intenzione di condividerlo. L'immagine del

contadino-poeta si tramutò, così, ben presto

nell'immagine dell'intellettuale dandy “ora invece

in scarpe verniciate e col cilindro in testa egli

cammina...”. Il richiamo verso la terra natia non si

elimina, cambiandosi d'abito. Esenin farà ritorno

a Rjazan spesse volte per sfuggire dalla vita

mondana. Così da una parte le orge e gli scandali,

dall'altra seduto sulle ali della poesia, una

dicotomia pericolosa. Era un disilluso ma un

disilluso con il cuore che vola. Anche se

inizialmente Esenin accolse l'idea del

cambiamento comunista, ovvero di poter

migliorare la vita dei contadini. Dovette ben

presto scontrarsi con l'applicazione dell'ideologia

alla vita reale. Le illusioni di un poeta di

campagna di poter cambiare il “mondo”,

sono sopraffate da una società che non

coglie più il frutto dei suoi scritti.

L'ultimo Esenin è un poeta sconfitto,

un uomo solo e perso nelle

inibizioni della sua debolezza. Ne è

un chiaro esempio una delle sue

ultime poesie “L'uomo nero”:“Amico

mio, amico mio,/ Sono molto molto

malato./ Io stesso non so da dove mi

venga questo male./ Se sia il vento che

sibila/ Sul campo vuoto e deserto,/ forse,

come a settembre al boschetto,/ È l’alcool che

sgretola il cervello.” La poesia colpisce per il

parallelo delle immagini forti, che rispecchiano il

malessere del poeta, con le raffigurazioni della

natura, quasi a fondersi con essa. “L’uomo nero/

Scorre il dito su un libro schifoso/ E, con canto

nasale sopra di me,/ Come un monaco su un

morto,/ Mi legge la vita/ Di un certo mascalzone e

furfante,/ Cacciando nell’anima angoscia e

paura./ L’uomo nero/ Nero, nero...”. Il poeta si

racconta in terza persona al passato, suona quasi

come un racconto del terrore, come un macabro

testamento. Ogni uomo ha un demone dentro:

quello di Esenin era la parte dell'uomo disilluso

ed incompreso che si è preso tutto, anche la sua

vita.

Page 13: Aspasia n. 1

AspasiaAspasiaAspasiaAspasia N.1N.1N.1N.1 OttobreOttobreOttobreOttobre 2011201120112011

“ Il difficile non è Il difficile non è Il difficile non è Il difficile non è

raggiungere raggiungere raggiungere raggiungere

qualcosa; è liberarsi qualcosa; è liberarsi qualcosa; è liberarsi qualcosa; è liberarsi

dalla condizione in dalla condizione in dalla condizione in dalla condizione in

cui sicui sicui sicui si èèèè”

Marguerite DurasMarguerite DurasMarguerite DurasMarguerite Duras

“Le nostre fragilità, la nostra prigione”“Le nostre fragilità, la nostra prigione”“Le nostre fragilità, la nostra prigione”“Le nostre fragilità, la nostra prigione”

Di Mattia Galati

Ho imparato che a volte l’emarginazione è

un’esperienza che si ricerca. Tutti noi ci siamo

sentiti prima o poi e per i più svariati motivi,

emarginati, incompresi, soli. Non era per

vittimismo pretestuoso o per velleità eremitica;

ma per una sorta di malattia. Davanti ad essa c’è

chi sa trovare rapidamente un medicinale e chi

invece si sente irrimediabilmente contagiato.

Questi ultimi, rassegnati al loro destino di

emarginati, si preparano, quasi come i

vecchi elefanti, ad andare a soffrire le

loro pene lontano dal branco.

L’emarginazione spinge ad agire in

virtù di stimoli altri rispetto al

nostro essere; spinge a vivere

con passività rassegnata. Senti

quasi di essere ancora vivo solo

per colpa della tua attività

biologica, che ti sorregge come

un’inerzia. Senti dentro di non avere

le forze per comprendere come stare

al mondo e cercare la tua felicità, di

non esserne mai stato capace.

Emarginato, in una terra immune e indifferente al

tuo malessere, ti rintani in un cantuccio, l’unico

dove hai potuto raccogliere un piccolo mondo di

calore umano e decidi di farne la tua tana. Ma

intanto, senza cure a contrastarla, la tua malattia

si acuisce, ti pervade, penetra nel tuo equilibrio

psico-fisico e altera così la tua stessa sostanza

umana. Finisci per sentirti sempre più diverso e

inferiore rispetto agli altri; l’emarginazione finisce

per convincerti di non meritare altro che la tua

condizione reietta, anche perché il tuo mutato

equilibrio non può mantenersi che nel piccolo

mondo dove ti sei recluso. Altrove, nel mondo

reale, ti renderebbe inadatto alla vita, finendo

per farti perdere la poca felicità che pur puoi

trovare ancora nella tua tana. Tuttavia sai che

rompere quell’equilibrio significherebbe iniziare a

rifuggire la malattia, a combatterla. Per riuscirci il

segreto è confidare in sé, nelle proprie forze; ma

la condizione di inferiorità in cui sei nega con ogni

forza che tu possa mai avere questo coraggio;

d’altronde attraversare una fase incerta, un lungo

tragitto di scombinamento emotivo che solo a

fatica troverà un rinnovato e saldo equilibrio,

richiede uno sforzo davvero ardito (“Il difficile

non è raggiungere qualcosa; è liberarsi dalla

condizione in cui si è” disse una volta

Marguerite Duras). La volontà di

guarire può insomma non può

bastare. È facile infatti

ripiombare al punto di partenza

per disperazione o per inedia,

per l’arrendevole comodità

di dire: “Ma chi me lo fa

fare?” o anche “Non ho

speranza di farcela, meglio

sigillarmi in questo angolo sicuro

che mi sono creato”. Il mondo che

ci si è ritagliati infatti è pervaso di

una quotidianità rassicurante, ma

anche perversamente anonima e senza spiragli;

essa si ripete in ritmi costanti, senza volontà di

mutamento e senza sbalzi, nell’impassibilità di un

vivere monotono che diventa pian piano

abitudine e normalità. Nella vita la normalità non

è un ordine perpetrato e infrangibile. Il vero

senso della vita è sentirsi partecipi di un tutto,

che, benché conchiuso in un ordine naturale,

resta sempre pieno e fluido, continuo e

incostante nel suo sorprendente realizzarsi.

Negare questa incostanza, non farsene avvolgere

con spontaneità, è stato il mio grande errore.

Non partecipare al flusso naturale della vita

significa avvizzirsi nella malattia,

nell’emarginazione. A volte, per i più ammalati,

persino morire.

Page 14: Aspasia n. 1

Nel prossimo numero Nel prossimo numero Nel prossimo numero Nel prossimo numero il il il il ttttema trattato sarà “Oriente ed ema trattato sarà “Oriente ed ema trattato sarà “Oriente ed ema trattato sarà “Oriente ed OccidenteOccidenteOccidenteOccidente”, ”, ”, ”, due visioni del mondo, trdue visioni del mondo, trdue visioni del mondo, trdue visioni del mondo, tra punti di contatto a punti di contatto a punti di contatto a punti di contatto

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