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Vostra gentil milizia, signori fiorentini, vi dar vera laude, seguendo senza fraude ci che n questa ballada vi sindizia. Fiorentin saggi, sia vostro diso, con grande istudio e con ispirienza, di viver sempre nel tremor dIddio (Matteo di Dino Frescobaldi) Militia est vita hominis super terram Milizia L la vita delluomo sulla terra, scrive nel Libro di Giobbe (7, 1), intendendo con questa parola la disciplina mili- tare. E sempre sullo stesso argomento, Giobbe aggiun- ge che i suoi giorni sono simili ai giorni di un mercena- rio. Come lo schiavo anela lombra e come loperaio aspetta ai suo salario, cos a lui toccano mesi di illusio- ne e gli sono assegnate notti di dolore. Queste struggenti parole spiegano ci a cui deve ten- dere la Chiesa e perchØ L detta militante. Il senso, ov- viamente, L spirituale: si riferisce alla lotta interiore che luomo L chiamato sostenere perchØ L nel mondo per combattere ed essere combattuto. Tutti i santi passaro- no attraverso umiliazioni e tribolazioni, tentazioni e cadute dalla croce. Ma sopportarono, le sostennero, ri- cominciarono daccapo e non si perdettero. Non L cos facile. In nessun tempo. Spesso il com- battimento dellanima L fiacco, senza forza e tanti ce- dono e alle passioni e alle pressioni: del denaro, del potere, dei desideri, delle illusioni, dei fallimenti. La prima regola della milizia cristiana ... L vincere le ingiurie co benefici (Paolo Segneri). Disprezzare il mondo si diceva un tempo inten- dendo con questo il dominare ci che in noi vi L di estre- mo autocompiacimento o di assurda illusione. Daltron- de se non lo facessimo, sarebbe il mondo a farlo: di- sprezzerebbe la piet, la misericordia, la mitezza, il co- raggio e ogni bellezza. Militia est vita hominis super terram E fare del bene. Come vinsero i san- ti? Riflettendo al monito di san Paolo: Non ingannate voi stessi, Dio non si prende in giro. Quello che luomo ha seminato, mieter. Chi semina per la sua carne, ricever la corruzione, chi semi- na nello Spirito avr la vita eterna (Ga- lati 6, 7). Quindi usiamo intelligenza e, anche se non fa piacere, sperimentiamo la fa- tica, sforzandoci per entrare dalla por- ta stretta con la disciplina di vita, a ser- vizio di un nobilissimo ideale cristiano. Poi, come scrisse Dante: ... lo mperador che sempre regna provide a la milizia chera in for- se, per sola grazia, non per esser de- gna (Paradiso 1241) Tornando allantichit e alla sua sag- gezza sulla disciplina di vita, scrisse Seneca: Atque vivere, Lucilii, militare est (lettera a Lucilio 96, 5): Vivere L cosa da militari. Chi L piø bravo, chi viene sbattuto qua e l, L costretto a percorrere per dritto e per traverso le prove piø rischio- se, a fare fatiche terribili, L un valoro- so. Gli altri che invece si lasciano an- dare allinerzia, si lamentano sempre per qualche sciocca contrariet (come Lu- cilio), stanno al sicuro, ma con disono- re. Non sopporter piø me stesso scrisse ancora Seneca il giorno in cui non sar in grado di sopportare qual- che disgrazia. Sto male ... fa parte del destino. Articoli Brevi di Paola Ircani Menichini

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Vostra gentil milizia,signori fiorentini,vi darà vera laude,seguendo senza fraudeciò che �n questa ballada vi s�indizia.Fiorentin saggi,sia vostro disìo,con grande istudio e con ispirienza,di viver sempre nel tremor d�Iddio

(Matteo di Dino Frescobaldi)

Militia est vita hominis super terram � Milizia è lavita dell�uomo sulla terra, scrive nel Libro di Giobbe(7, 1), intendendo con questa parola la disciplina mili-tare. E sempre sullo stesso argomento, Giobbe aggiun-ge che i suoi giorni sono simili ai giorni di unmercena-rio. Come lo schiavo anela l�ombra e come l�operaioaspetta ai suo salario, così a lui toccano mesi di illusio-ne e gli sono assegnate notti di dolore.Queste struggenti parole spiegano ciò a cui deve ten-

dere la Chiesa e perché è detta militante. Il senso, ov-viamente, è spirituale: si riferisce alla lotta interiore chel�uomo è chiamato sostenere perché è nel mondo percombattere ed essere combattuto. Tutti i santi passaro-no attraverso umiliazioni e tribolazioni, tentazioni ecadute dalla croce. Ma sopportarono, le sostennero, ri-cominciarono daccapo e non si perdettero.Non è così facile. In nessun tempo. Spesso il com-

battimento dell�anima è fiacco, senza forza e tanti ce-dono e alle passioni e alle pressioni: del denaro, delpotere, dei desideri, delle illusioni, dei fallimenti.La prima regola della milizia cristiana ... �è vincere

le ingiurie co� benefici� (Paolo Segneri).Disprezzare il mondo � si diceva un tempo � inten-

dendo con questo il dominare ciò che in noi vi è di estre-mo autocompiacimento o di assurda illusione. D�altron-de se non lo facessimo, sarebbe il mondo a farlo: di-sprezzerebbe la pietà, la misericordia, la mitezza, il co-raggio e ogni bellezza.

Militia est vita hominis super terram

E fare del bene. Come vinsero i san-ti? Riflettendo al monito di san Paolo:�Non ingannate voi stessi, Dio non siprende in giro. Quello che l�uomo haseminato,mieterà. Chi semina per la suacarne, riceverà la corruzione, chi semi-na nello Spirito avrà la vita eterna� (Ga-lati 6, 7).Quindi usiamo intelligenza e, anche

se non fa piacere, sperimentiamo la fa-tica, sforzandoci per entrare dalla por-ta stretta con la disciplina di vita, a ser-vizio di un nobilissimo ideale cristiano.Poi, come scrisse Dante:... lo �mperador che sempre regnaprovide a la milizia ch�era in for-

se,per sola grazia, non per esser de-

gna (Paradiso 12�41)Tornando all�antichità e alla sua sag-

gezza sulla disciplina di vita, scrisseSeneca: Atque vivere, Lucilii, militareest (lettera a Lucilio 96, 5): Vivere ècosa da militari.Chi è più bravo, chi viene sbattuto

qua e là, è costretto a percorrere perdritto e per traverso le prove più rischio-se, a fare fatiche terribili, è un valoro-so. Gli altri che invece si lasciano an-dare all�inerzia, si lamentano sempre perqualche sciocca contrarietà (come Lu-cilio), stanno al sicuro, ma con disono-re.Non sopporterò più me stesso �

scrisse ancora Seneca � il giorno in cuinon sarò in grado di sopportare qual-che disgrazia. Sto male ... fa parte deldestino.

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Strano a dirsi, per i nostri canoni di abitudine, ma laparola nostalgia compare nella Bibbia solo due volte:nella Genesi 31,30 quando Labano rimprovera al ge-nero Giacobbe, che era partito pieno di nostalgia per lacasa di suo padre, di avergli rubato i suoi dei, e nellaseconda lettera a Timoteo allorché Paolo ricorda le la-crime dell�amico discepolo e sente la nostalgia di rive-derlo per essere pieno di gioia.Sono entrambe sentimenti per qualcosa di concreto

che si riferisce alla famiglia o a una cara persona e sonosorelle a quella di Dante nel notissimo brano del Pur-gatorio. Grazia Deledda scrive: �Il suo pensier era sem-pre laggiù, fra le canne e glli ontani del poderetto�. Èinsomma il rimpianto (un po� compiaciuto) di qualcosadi bello che si è avuto e ora si è perso. Ed appare libe-rante. Invece sembra meno liberante il rimpianto diqualcosa che doveva accadere e non è accaduto o do-veva essere nostro e non si è avuto. Forse perché puòprovocare il dissidio con gli altri, per vari torti (forse)subiti.Il passato, si sa, non ritorna, ma tuttavia se ne può

desiderare ragionevolmente di conservarne una parte,con un documento, un oggetto, la memoria.C�è invece un insieme di nostalgie (e qui è bene usa-

re il plurale) che tanto fanno tendenza oggi.Mai come questo 2014 ci appare dominato dal sen-

so della nostalgia.Un miscuglio di culture e un diluvio di messaggi

portano taluni a temere il cambiamento in termini ne-gativi, mentre altri resistono ancora a pensare a un fu-turo luminoso mentre si vive in uno sregolato presen-te.A volte si può trovare alquanto imbarazzante in certi

film attuali italiani e stranieri in cui si parla di nostalgiaper paura del futuro, e cerimonie popolari come laNottedegli Oscar 2014 dove si fanno continue rievocazionidel passato cinematografico e non cinematografico, conun senso simile. Danno l�idea di superficialità che siassomma al desiderio di sfruttamento commerciale diuna naturale e profonda pulsione umana. E ci si muove

Nostalgia del tempo che sarà, quanta immaginazione!

nell�astratto, quasi meditando allaD�Annunzio, immaginifico poeta e scrit-toremodernissimo in questo senso. Unasocietà preferisce immaginare il passa-to e il futuro invece di conoscere, speri-mentare e accettare.Cercando di pensare inmodo cristia-

no, sarebbe come se Gesù dalla Crocesi lamentasse come stessemeglio primae come fosse bella la vita prima di en-trare a Gerusalemme.Invece, dal supplizio, il Cristo ha

continuato il suo luminoso e necessariomagistero.

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Articoli brevi

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Un poeta è in viaggio con il treno. È il tramonto econfuso con il rumore della locomotiva, ode senza vo-lerlo il suonodell�AveMaria dal campanile di un paesellolontano. Ricorda la preghiera cristiana dallo stesso nomee la casa e il padre che a quell�ora tornava dal lavoro eabbracciava i figli.O, tinta d�un lieve rossore,casina che sorridi al sole!per noi c�è la notte con l�orelunghe lunghe, con l�ore sole,con l�ore di malinconia ...Il treno continua il cammino e il suono della campa-

na si affievolisce e muore. Il poeta va nella notte tra gliaspri urli, i lunghi racconti� Il poeta è Giovanni Pa-scoli ne Il Viaggio (Canti di Castelvecchio) in cui af-fronta il tema del senso di solitudine connesso alla per-cezione della noia e del passare del tempo senza pro-spettive.Le lunghe ore della noia però in altra letteratura pos-

sono assumere un aspetto positivo. Scriveva il Siracide38, 24:La sapienza dello scriba si deve alle sue ore di quie-

te; chi ha poca attività diventerà saggio.Mentre Gesù, che non parlava solo agli scribi, invita

nel suo insegnamento a collegare le ore all�azione e allalucidità mentale (Gv 11, 7ss):Poi, disse ai discepoli: �Andiamo di nuovo in

Giudea!�. I discepoli gli dissero: �Rabbì, poco fa iGiudeicercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?�. Gesù ri-spose: �Non sono forse dodici le ore del giorno? Seuno cammina di giorno, non inciampa, perché vede laluce di questo mondo; ma se invece uno cammina dinotte, inciampa, perché gli manca la luce�. Così parlò epoi soggiunse loro: �Il nostro amico Lazzaro s�è ad-dormentato; ma io vado a svegliarlo�.Un filmdel 2002 che non a caso si chiamaTheHours,

narra una giornata e la vita parallela di alcuni personag-gi: la scrittiriceVirginiaWoolf che per abbreviare il lungoscorrere delle ore in campagna inizia a pensare al ro-manzo La signora Dalloway; Laura Brown, madre difamiglia che negli anni �50 legge il romanzo e avverte lapesantezza dello scorrere del tempo; Richard, il figlioda lei abbandonato, nel 2001, è diventato un famosopoeta. Malato diAIDS non sopporta lo scorrere inutiledel tempo e si getta dalla finestra di casa. La sua ami-

Le ore lunghe

ca�amante porta lo stesso nome dellasignora Dalloway: Clarissa ed è altret-tanto attiva. Nel giugno 1923 anche laricca signora del romanzo della Woolfera stata impegnata in mille incomben-ze nel tentativo di fuggire le ore lun-ghe. Alla fineè felice per la festa benriuscita anche se sente nel cuore pas-sarle un�ombra d�inquietudine.Sorvoliamo sul modo di scrivere

della Woolf che non piace a tutti. Ri-cordo solo un personaggio della Signo-ra Dalloway, cui, a parere mio, spettaun delicato pensiero: l�italiana Crezia,la moglie di SeptimusWarren Smith unex soldato scampato alla guerra, sensi-bile poeta pazzo e ... suicida.Ore lunghe queste? Forse, forse a

causa dell�impazienza di arrivare, scri-ve Colette nell�omonimo romanzo sul-la prima guerra mondiale.Invece il tempo si dilata nella 25ma

ora, film di Spike Lee anch�esso del2002. Monty Brogan è uno spacciato-re che deve tornare in carcere e ne hapaura perché è convinto che durante laprigionia per lui inizieranno lunghe oredi torture. Cerca di cancellare il pen-siero in discoteca con la fidanzata e sifa picchiare per sfigurare il suo bel viso(quello di Edward Norton). La violen-za di cui è intriso il film è disperata, maalla fine scocca unamagnifica 25maora.Il padre James accompagna Monty inmacchina verso la prigione e lo invita afare un altro viaggio, a fuggire versoun luogo lontano, dove sarà solo, do-vrà stare nascosto, ma potrà ricostruir-si piano piano una vita libera. La narra-zione è epica. Purtoppo non accadràcosì. Monty compirà il suo destino inprigione; nello spettatore resta la sen-sazione che la 25ma ora sia una graziapiù viva e presente di ogni sua dissolu-zione.

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Non enim dispositus est aliquo modo ad contem-plationes divinas quae ad mentales ducunt excessusnisi cum Daniele sit vir desideriorum: non è dispostoin altro modo che qualcuno possa essere condotto allacontemplazione divina e al suo ingressomentale se nonè come Daniele un uomo dei desideri ...Così San Bonaventura da Bagnoregio scrive nel

Prologo dell�Itinerarium mentis in Deum (1259).E camminando sulle tracce bibliche dei desideri ab-

biamo cercato di salire sui carri diAmmi � Nadib ...

Tobia 1, 19: �In ogni circostanza benedici il Signo-re e domanda che ti sia guida nelle tue vie e che i tuoisentieri e i tuoi desideri giungano a buon fine, poichénessun popolo possiede la saggezza, ma è il Signoreche elargisce ogni bene. Il Signore esalta o umilia chivuole fino nella regione sotterranea�.

2 Maccabei 2, 1 ss: �Ai fratelli giudei sparsi nel-l�Egitto salute.�Dio voglia concedervi i suoi benefi-ci e ricordarsi della sua alleanza conAbramo, Isacco eGiacobbe suoi servi fedeli; conceda a tutti voi volontàdi adorarlo e di compiere i suoi desideri con cuore ge-neroso e animo pronto; vi dia una mente aperta ad in-tendere la sua legge e i suoi comandi, e volontà di pace�.

Salmo 36, 1�4 Di Davide. �Non adirarti contro gliempi non invidiare i malfattori.Come fieno presto appassiranno,cadranno come erba del prato.� Cerca la gioia del Signore,esaudirà i desideri del tuo cuore�.

Proverbi 13, 18�20: �Povertà e ignominia a chi ri-fiuta l�istruzione,chi tien conto del rimprovero sarà onorato.Desiderio soddisfatto è una dolcezza al cuore,ma è abominio per gli stolti staccarsi dal male.Và con i saggi e saggio diventerai,chi pratica gli stolti ne subirà danno�.

Proverbi 21, 25: �I desideri del pigro lo portano allamorte, perché le sue mani rifiutano di lavorare�.

Gli uomini di desiderio e i Carri di Ammi � Nadib

Qoelet 6, 9: �Meglio vedere con gliocchi, che vagare con il desiderio. An-che questo è vanità e un inseguire il ven-to�.

Qoelet 11, 9�10: �Sta� lieto, o gio-vane, nella tua giovinezza,e si rallegri il tuo cuore nei giorni

della tua gioventù.Segui pure le vie del tuo cuoree i desideri dei tuoi occhi.Sappi però che su tutto questoDio ti convocherà in giudizio�.

Cantico 6, 10�12: �Chi è costei chesorge come l�aurora,bella come la luna, fulgida come il

sole,�Non lo so, ma il mio desiderio mi

ha postosui carri diAmmi�Nadìb�.

Sapienza 6, 17: �Suo principio assaisincero è il desiderio d�istruzione;la cura dell�istruzione è amore�.

Siracide, 1 23: �Se desideri la sapien-za, osserva i comandamenti;allora il Signore te la concederà�.

Siracide 6, 37: �Rifletti sui precettidel Signore,medita sempre sui suoi comandamen-

ti;egli renderà saldo il tuo cuore,e il tuo desiderio di sapienza sarà

soddisfatto�.

Siracide 18 29�31: �Quelli istruiti nelparlare anch�essi diventano saggi,fanno piovere massime eccellenti.Non seguire le passioni;poni un freno ai tuoi desideri.

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Articoli brevi

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Se ti concedi la soddisfazione della passione,essa ti renderà oggetto di scherno ai tuoi nemici�.

Siracide 23 4�6: �Signore, padre e Dio della miavita,non mettermi in balìa di sguardi sfrontatie allontana da me la concupiscenza.Sensualità e libidine non s�impadroniscano di me;a desideri vergognosi non mi abbandonare�.

Siracide 32, 9�12: �Fra i grandi non crederti lorouguale,se un altro parla, non ciarlare troppo.Prima del tuono viene la folgore,la grazia precede l�uomo modesto.All�ora stabilita àlzati e non restare per ultimo,corri a casa e non indugiare.Là divèrtiti e fa� quello che desideri�.

Ezechiele 13, 1�2: �Mi fu rivolta ancora questa pa-rola del Signore: � Figlio dell�uomo, profetizza controi profeti d�Israele, profetizza e dì a coloro che profetiz-zano secondo i propri desideri: Udite la parola del Si-gnore�.

Matteo 15, 28: La Cananea con la figlia tormentatadal demonio: Allora Gesù le replicò: �Donna, davverogrande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri�. E daquell�istante sua figlia fu guarita.

Giovanni 4, 27: La Samaritana al pozzo: In quelmomento giunsero i suoi discepoli e si meravigliaronoche stesse a discorrere con una donna. Nessuno tutta-via gli disse: �Che desideri?�, o: �Perché parli con lei?�.

Giovanni, 8, 43�44:Ai Giudei mentre insegnava neltempio: �Perché non comprendete il mio linguaggio?Perché non potete dare ascolto alle mie parole, voi cheavete per padre il diavolo, e volete compiere i desideridel padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio enon ha perseverato nella verità, perché non vi è veritàin lui�.

Romani 7, 8: �Che diremo dunque? Che la legge èpeccato? No, certamente! Però io non ho conosciuto ilpeccato se non per la legge, né avrei conosciuto la con-cupiscenza, se la legge non avesse detto: Non deside-rare. Prendendo pertanto occasione da questo coman-

damento, il peccato scatenò in me ognisorta di desideri. Senza la legge infattiil peccato è morto�.

Romani 1, 11: �Ho infatti un vivodesiderio di vedervi per comunicarviqualche dono spirituale perché ne siatefortificati�.

Romani, 7 18�19: �Io so infatti chein me, cioè nella mia carne, non abita ilbene; c�è in me il desiderio del bene,ma non la capacità di attuarlo; infatti ionon compio il bene che voglio, ma ilmale che non voglio�.

Romani 8, 5�8: �Ma i desideri dellacarne portano alla morte, mentre i de-sideri dello Spirito portano alla vita ealla pace. Infatti i desideri della carnesono in rivolta contro Dio, perché nonsi sottomettono alla sua legge e nean-che lo potrebbero �� 27�28: �E coluiche scruta i cuori sa quali sono i desi-deri dello Spirito, poiché egli intercedeper i credenti secondo i disegni di Dio.Del resto, noi sappiamo che tutto con-corre al bene di coloro che amano Dio,che sono stati chiamati secondo il suodisegno�.

Galati 5, 24: �Ora quelli che sono diCristo Gesù hanno crocifisso la lorocarne con le sue passioni e i suoi desi-deri�.

Colossesi 3, 5: �Mortificate dunquequella parte di voi che appartiene allaterra: fornicazione, impurità, passioni,desideri cattivi e quella avarizia insa-ziabile che è idolatria�.Tito 2, 12: �(la grazia di Dio) che ci

insegna a rinnegare l�empietà e i desi-deri mondani e a vivere con sobrietà,giustizia e pietà in questo mondo�.

Filippesi, 1, 23�24: �Sonomesso allestrette infatti tra queste due cose: da

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una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo peressere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d�altraparte, è più necessario per voi che io rimanga nella car-ne�.

Giuda 1, 3: �Carissimi, avevo un gran desiderio discrivervi riguardo alla nostra salvezza, ma sono statocostretto a farlo per esortarvi a combattere per la fede,che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte�.

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È un termine indegnamente a prestito dalla filosofi-ca greca per raccogliere alcuni pensieri e scritti di spiri-tualità e di mistica della Chiesa cattolica e dei suoisanti sul mondo al di là del cielo.

Platonici chiamano il sommoDioCielo. Perché comeil Cielo contiene tutti gli altri corpi, così Dio tutti glialtri spiriti (Marsilio Ficino).

Fui del cielo, e tornerovvi ancora / per dar della mialuce altrui diletto (DanteAlighieri).

E tu, Vergine, figlia e madre e sposa di quel Signorche ti dette la chiave / del Cielo e dell�abisso e d�ognicosa (Luigi Pulci).

Padre del ciel, dopo i perduti giorni / dopo le nottivaneggiando spese ... / piacciati ormai col tuo lume iotorni ... (Francesco Petrarca).

Il commensali del cielo

La parola greca che indica il cielo è ouranos, quellalatina coelum, dall�etimologia ignota. In molte lingueantiche emoderne il termine ha due significati. In ingle-se sky è il cielo in senso scientifico oggettivo e heavenè il cielo in senso religioso. In ebraico i samayim � icieli al plurale � hanno un riferimento religioso e raqiaè il firmamento.Fino dall�antichità quindi il cielo era il �luogo� della

trascendenza, la dimora spirituale di Dio. Vasto e scon-finato, dava l�idea dell�immensità di spazio, dell�uni-versalità di pensiero, della pienezza del sentimento, delladolcezza e grazia e della beatitudine. Appare riduttivoriferirsi al cielo come collocazione della divinità e guar-dare alle nuvole o alle stelle in modo stereotipato. Ilcielo può essere anche nel �profondo�. Il latino altussignifica sia alto che profondo (vedi: nell�alto dei cieli).Il senso cristiano del cielo è spiegato da S. Paolo

nella I lettera ai Corinti (15, 47�49): �Il primo uomotratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dalcielo. Quale è l�uomo fatto di terra, così sono quelli diterra; ma quale il celeste, così anche i celesti. E come

Iperurania

abbiamo portato l�immagine dell�uomodi terra, così porteremo l�immaginedell�uomo celeste ...�Anche i Fioretti di S. Francesco ri-

cordano il cielo. Il Poverello pregavacosì: �O Signore mio del cielo e dellaterra, io ho commesso contra a te tanteiniquità e tanti peccati ... (IX). La san-tità di frate Bernardo invece consistevanel dover sostenere numerose battagliespirituali che avrebbe superate per eser-cizio di virtù e corona di meriti ... per-ché era uno de� commensali del reamedel cielo (VI)�.�La povertà � diceva sempre Fran-

cesco � è quella virtù la quale fa l�ani-ma, ancor posta in terra, conversare incielo con gli Agnoli. Questa è quellach�accompagnò Cristo in sulla Croce;con Cristo fu soppellita, con Cristo re-suscitò, con Cristo salì in cielo ... e inquesta vita concede all�anime che di leiinnamorano, agevolezza di volare incielo (XIII)�.S. Francesco e S. Ruffino ignudi pre-

dicarono anche in Assisi in una chiesadove la gente pensava che fossero im-pazziti per la troppa penitenza. FrateRuffino disse: �Carissimi, fuggite ilmondo e lasciate il peccato; rendete l�al-trui, se voi volete schifare lo �nferno;servate li comandamenti di Dio, aman-do Iddio e �l prossimo, se voi voleteandare al cielo; fate penitenza, se voivolete possedere il reame del cielo.Anche S. Francesco sul pulpito comin-ciò a predicare così maravigliosamentedello dispregio del mondo, della peni-tenza santa, della povertà volontaria, deldesiderio del reame celestiale e dellaignudità e obbrobrio della passione delnostro Signore Gesù Cristo, che tuttiquelli ch�erano alla predica, maschi e

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femmine in grande moltitudine, cominciarono a pia-gnere fortissimamente con mirabile divozione e com-punzione di cuore ...(XXX)�. [12maggio 2006, La SS.Annunziata].

Era una notte calma

Era una notte calma, alto il silenzio. La navicellamia fendeva il maresui flutti scivolando ardita e bella dell�Oceano im-

menso e sconfinato.Il mondo, l�universo giacevamuto all�ombra amica

dell�azzurro cieloe pareva ascoltare la voce dell�Eterno.Quando, improvvisi s�alzarono i cavalloni e la fra-

gile barchetta fece naufragio:era la Trinità che m�assorbiva ...Ho trovato rifugio in quell�abisso.Ariva ormai nessun potrà ritrarmi tuffata come sono

nell�infinito.Qui l�animamia respira, qui s�addormenta,vivendo coi �suoi Tre� nel tempo eterno (Elisabetta

della Trinità m. 1906).

La pioggia

La pioggia scende dal cielo con una sola forma, maproduce forme diverse. Una sola sorgente infatti irrigatutto un giardino e una sola specie d�acqua cade in tut-to il mondo; ma diventa bianca nel giglio, rossa nellarosa, purpurea nelle viole e nei giacinti, in altre svaria-te forme nelle varie specie di piante; in una forma nellapalma e in un�altra nella vite. È tutto per tutte le cose.È tutto per tutte le cose, ed è sempre acqua non diver-sa da quella di prima: la medesima pioggia che in con-tinuazione si trasforma, cadendo in una forma o in un�al-tra. Così lo Spirito ... (Cirillo di Gerusalemmem. 387).

Aforismi di luce ed amore (161)

Tenga conto di quanto segue: Cerchi di sceglierenon il più facile, ma il più difficile.... Tenda non a ciò che è riposante ma a ciò che è

faticoso.Non a ciò che dà consolazione; non al più, ma al

meno.

Non al più elevato e prezioso, ma alpiù basso e di poco prezzo.Non a voler qualcosa, ma a non vo-

ler nulla ... (S. Giovanni della Croce).

Le cause della rovina diuno stato

�Platone, principe dei filosofi ... af-fermava non avenire mai che nuova ra-gion di canti si ricevessero al vulgo e inuso senza qualche prossima perturba-zione publica. Che quella e quell�altraarmonia sia cagione di pervertere unarepublica, né io lo crederrei ...Altre sonole vere cagioni, altri sono li veri indicii[indizi] quali dimostrano l�apparecchiateruine [prossime rovine] alle republiche,fra� quali sono la immodestia, l�arrogan-za, l�audacia de� cittadini, la impunitàdel peccare, la licenza del superchiaree� minori, le conspirazioni e conventi-cule di chi vuole potere più che non si liconviene, le volontà ostinate contro ibuoni consigli, e simili cose a voi notis-sime, sono quelle che danno cognizio-ne de� tempi, se seguiranno prosperi oavversi ...� . Non è la musica o qualchenovità musicale � come affermava Pla-tone � che rende gli stati vittime di per-turbazioni politiche, ma la corruzioneche è nell�interno degli stessi stati. Bra-no tratto da un estratto di studi musica-li: Poetiques de la Renaissance, Gio-vanni Zanovello, Les humanistes floren-tins et la polyphonie liturgique, Gine-vra 2001,Appendice, Leon BattistaAl-berti,Profugiorumab aerumna libri tres(I).

Il viaggio

Mantenendosi nel più profondo inti-mo di questo suo regno interiore, l�ani-ma lo domina tutto ed ha la libertà direcarsi in qualunque luogo le torni gra-

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Articoli brevi

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dito, pur senza abbandonare il suo posto, il luogo delsuo riposto ... (Edith Stein).

Alcuni luoghi sono difficili da attraversare. Solo va-ghi lumi, splendori tramandati, indicano la via. Cono-scere è apprendere la strada malagevole. Il vero dellecose è difficile in ogni ordine e in ogni tempo. Chi vuo-le conoscere la verità deve lasciare ogni illusione diappagamento. È il cammino che ha l�eccellenza, non lameta che si estende nell�inconoscibile (Anonimo).

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Paola Ircani Menichini

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Due cose ci sembrano ingiuste e degradanti nellepolemiche intorno a fra Paolo M. Sarpi, osm (n. 1552� � 1623). La prima è l�appiattire la sua figura sullevicende politiche, sull�opposizione della repubblica diVenezia al Papato, sull�interdetto (1606�07) e sul ten-tativo di ucciderlo. La vicenda, non certo bella, è stata,ed è usata dagli oppositori della Chiesa che intenzio-nalmente «tralasciano» di citare le parti più belle e utilidella sua filosofia, le scoperte che a lui si devono nelcampo della medicina e della fisica, la sua santa morte...La seconda cosa riguarda due articoli che si trova-

no in Internet, già editi in The American Almanac(1993) e in The Executive Intelligence Review (1994):The Role of the Venetian Oligarchy in the Reforma-tion, Counter�Reformation, Enlightenment and theThirty Years� War (il ruolo dell�oligarchia veneziananella Riforma, Controriforma, Illuminismo eGuerra deiTrent�anni) diWebster Tarpley e The Venetian Takeo-ver of England: a 200 year project (la conquista vene-ziana dell�Inghilterra; un progetto di duecento anni) diGerald Rose. Entrambi prendono spunto da alcune ideedi David Wootton nel libro Paolo Sarpi: Between Re-naissance and Enlightenment (Paolo Sarpi tra Rina-scimento e Illuminismo, 1983), dove si giudica il no-stro religioso come ateo materialista e politico spre-giudicato.Soprattutto nell�articolo di Rose si dice che i vene-

ziani erano tutti simili a Iago, il perfido cospiratoredell�Otello e che avrebbero progettato, assieme ai tur-chi, la creazione di uno stato fondato sull�usura e laschiavitù, modello da esportare in Inghilterra e in Oc-cidente. Gasparo Contarini poi sarebbe stato un veroaristotelico, cioè un pagano assertore della necessitàdella diseguaglianza e della schiavitù tra gli uomini.In questomalvagio progetto avrebbe avuto un gran-

de ruolo proprio il Sarpi, appartenente alla fazione deiGiovani, organizzatori della ribellione dei Protestanti epianificatori della distruzione della cristianità. Le loroidee e la politica avrebbero dato origine alla Guerra deiTrent�anni (un uomo e una città poterono fare così tan-to? E la Francia di Richelieu nella distruzione di mezza

L�arte del ben pensare (in difesa di fra Paolo Sarpi)

Germania non appare?). Inoltre, la filo-sofia e l�Arte di ben pensare del Sarpi,un suo trattato di logica, avrebbero po-sto le basi dell�empirismo, il metodoscientifico, secondo il quale la conoscen-za deriva dall�esperienza, che è il crite-rio di validità di ogni conoscenza. È lanascita del materialismo: il solo modoche un individuo possa conoscere qual-cosa è solo attraverso i sensi e la ragio-ne.Rose attacca fra Paolo Sarpi, dichia-

randolo solo nominalmente frate, ma inrealtà blasfemo, ateo e convinto che nonfosse necessario un atto di creazione perspiegare l�universo, e che la Bibbia rac-conti solo delle favolette. E lo ritiene,assieme ai veneziani, anche ispiratoreocculto delle teorie esoteriche dei Ro-sacroce, i cui simboli vennero ripresi inseguito dalla Massoneria. Fra PaoloSarpi pertanto fu il vero e intenzionalepropugnatore di quelle religioni sincre-tiche (di unione fra cristianesimo e pa-ganesimo) che, approfittando dei lega-mi conVenezia, sarebbero state diffusein Inghilterra, dando origine alla Mas-soneria, cioè trasformando 80 anni dopoquesto stato in un bastione del pagane-simo, fondato sull�usura e la schiavitù.Scrive Rose: In short a real aristo-

telic! (In breve un vero aristotelico!)In breve un modo superficiale e pie-

no di pregiudizi di scrivere e divulgarela storia!

... invece hanno detto di lui:GalileoGalilei: ... �Paolo de� Servi ... del qualeposso senza iperbole alcuna affermareche niuno l�avanza in Europa in cogni-zione di queste scienze� (matematiche).Giovanni Battista della Porta: �Fu

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splendore e ornamento non solo della città di Venezia,ma di tutto il mondo� (Magia Naturalis).Luigi M. Bentivegni, osm (nel 1783, parlando del

beato Giulio Arrighetti che ammirava il Sarpi): �Que-sto genio incomparabile fin dai più teneri anni dallaNatura destinato a distruggere l�informe Chaos, e rico-struire unamachina più esprimente la grandezza del suoCreatore ...�.L�Arte del ben pensare di fra Paolo Sarpi anticipa il

Saggio dell�intelletto umano di Locke. Il Sarpi dimo-stra che gli oggetti esterni influenzano i nostri sensi madistingue l�oggetto dalla sensazione. Sostiene che lenostre idee hanno origine dai sensi e che il nostro intel-letto astrae classificando, componendo, dividendo ecc.Il senso non sbaglia: l�errore nasce da prendere perbuono un solo senso o dal non rettificare con gli altri ilragionamento fatto dopo la prima impressione. E nel-l�Arte del ben pensare Sarpi fa l�esempio di un bambi-no che pensa: mi muovo e ritiene che tutte le cose deb-bano farlo per cui dice: pane vieni qua, lamentandosipoi che il pane non vada da lui.

La SS.Annunziata, maggio�giugno 2003.

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L�orto o il giardino sono simboli del Regno del Si-gnore o della S. Chiesa. La Chiesa è la Sposa giardinochiuso del Cantico, mentre Maria è la rosa mistica, larosa fragrans, la rosa novella e il fiore tra i fiori.Ma oltre ai riferimenti alla Madonna, i giardini mi-

stici conservano altre impronte al femminile.La prima signora (in negativo) è Eva che nell�Eden

profanò l�albero della conoscenza del bene e del male.Quando il Signore si avvicinò all�aura del giorno, i so-gni scomparvero e ai due poveri esseri umani rimasesolo la terra da lavorare con fatica e da abbracciaredopo la morte (Genesi 3, 1 e ss.).Una seconda signora è Ester che al convito chiese

al re Serse di risparmiare gli ebrei oppressi daAman. Ilre sdegnato andò a meditare nel suo splendido giardi-no persiano e forse paragonò la bellezza e le paroleveritiere della sposa a quelle dei fiori e delle fontane.Ester ebbe ragione e i corrieri reali partirono con lelettere reali che riconoscevano la dignità degli ebrei (7,1 e ss.).Daniele invece racconta la storia di Susanna di Ba-

bilonia consorte del ricco Ioakim. Verso mezzogiornola donna si recò nel giardino a passeggiare o a fare ilbagno, chiudendo le porte. Nota è la storia dei dueanziani che le tesero un tranello, al quale ella sfuggìpreferendo l�innocenza davanti al Signore anche secomportava la condanna a morte. Grande fu la gioia diDaniele, dallo spirito santo, per la salvezza di un�inno-cente (13, 1 e ss.).Ai tempi di Gesù, signora di mistici orti fu Sant�An-

na, madre di Maria (Protovangelo di Giacomo e Pseu-domatteo).Afflitta per la sterilità, verso l�ora nona scesein giardino, vestita riccamente. Vedendo un alloro, sisedette ai suoi piedi e supplicò il Padrone che avevagià benedetto il ventre di Sara, dandole un figlio, Isac-co. Nell�alloro vide un nido di passeri e poco dopo unangelo le annunciò una discendenza benedetta.Frutto divino di sua figlia, Gesù parlò del Regno di

Dio come un granello di senapa, che un uomo ha presoe gettato nel suo giardino; esso crebbe e divenne unalbero e gli uccelli del cielo sono venuti a ripararsi fra isuoi rami (Luca 13, 19).

Le signore dei mistici orti

Dopo la morte, il Signore fu sepoltoin un giardino. Da risorto apparì a Ma-ria Maddalena che lo credette il custo-de. Così scrive Giovanni (18, 1 e 26;19, 41�42; 20, 15) ma Luca non men-ziona il giardino e sono le donne dellaGalilea che si recarono al sepolcro congli aromi. Due uomini le rimproveraro-no: Perché cercate tra i morti colui cheè vivo! ...Nei primi secoli della cristianità Santa

Dorotea (III secolo) venne rappresen-tata coronata di ghirlande, con il grem-bo pieno di fiori e un mazzo di fiori inmano. Condannata a morte durante lapersecuzione di Diocleziano, fu avvici-nata dall�avvocato Teofilo che le disse:Dorotea sposa di Gesù mandami dellerose del giardino del tuo Sposo. Gli ri-spose: Se crederai con tutto il cuore aquel Dio per il quale io soffro questitormenti ti manderò ciò che mi chiedi.Più avanti nel tempo, Santa Caterina

da Siena (� 1380) si dilettò con i fiori ea far prodigi su oggetti inanimati. Deicattivi ecclesiastici disse che del tempiodell�anima loro e della S. Chiesa, che èun giardino, fanno rifugio d�animali einvitò a sradicare le piante fradice, so-stituendole con piante novelle fresche eprofumate: O misero uomo ... dovresticacciare le anime per gloria e lode delmio nome, e stare nel giardino della S.Chiesa ...Predilesse i fiori anche Santa Rita da

Cascia (� 1447) che malata riuscì a farfiorire le rose di un giardino in inverno.Il miracolo ci ricorda quello leggenda-rio di Sant�Agnese dopo il martirio tor-nata dal Paradiso con un cesto di rosefiorite in inverno (vedi Gianfranco Rus-so in �Orfeo�).

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Teresa diAvila (� 1582) invece parla dei quattromodiin cui il giardino dell�anima viene rifornito di acqua. Ilprimo è di attingere faticosamente, secchio dopo sec-chio, l�acqua da un pozzo. È la vita di penitenza, losradicamento delle passioni e delle cattive inclinazioni,il dedicarsi alla contemplazione, all�orazione mentale,nella quale si pensa profondamente a Dio che è infinitoamore ...Gli altri modi di attingere acqua (sempre metafore

della vita spirituale) sono tramite secchi con la ruota,con canali derivati da un fiume, o con la pioggia, donodel Signore, in vita di unione con Lui.Anche le tende di Giacobbe erano belle come giardi-

ni lungo un fiume (Numeri 24, 6), il giardino del reDavidfioriva presso la piscina di Siloe (Neemia 3, 15) ... E lamistica signora recatasi ad attingere acqua al pozzo diSamaria chiese direttamente al Signore l�acqua vivadello Spirito ... (Gv 4, 1 ss.).

La SS. Annunziata, maggio � giugno 2005.

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Nei Promessi Sposi Alessandro Manzoni ha fattoun�incomparabile descrizione della società lombarda delSeicento. Ha usato anche aggettivi o modi di dire chesi citano più che volentieri in saggi, articoli, conversa-zioni o altro. Soprattutto ha fornito una grande lezionedi stile e di poesia, che, nonostante le lunghe parentesistoriche, risalta sempre viva e ricca di idealità. Anchelo spirito critico ironico e arguto e il sentire cattolicorendono indimenticabili i protagonisti e i personaggiminori del romanzo, tutti ben caratterizzati e ricondu-cibili a tipi di ogni tempo.La storia del �popolo�, vista attraverso una poetica

che trascenda le sue sempiterne tribolazioni, è attraen-te anche per chi legge le carte di archivio, e in partico-lare quelle che si riferiscono all�oggetto di questo ealtri articoli: la memoria del culto nel Santuario del-l�Annunziata di Firenze. Per fare ancora degli esempi,uno dei momenti più importanti della vita liturgica delpassato (anche per tutta la Chiesa), era la festa dellaPurificazione o Candelora (2 febbraio). Oggi è stataribattezzata la Presentazione di Gesù al Tempio, cioècon il nome �corretto� dell�avvenimento che vuole ri-cordare. Nella liturgia del passato, prima della messa,venivano fatte solennemente la benedizione delle can-dele e una solenne processione. Avvenivano così. Unsacerdote vestito con il piviale violaceo benediva lecandele sull�altare e le aspergeva con acqua benedetta.Poi ne riceveva una dal rappresentante di maggiore di-gnità del clero partecipante, e a sua volta ne distribuivaagli altri sacerdoti e al popolo. Riceveva anche l�omag-gio dei fedeli che baciavano lamano e la candela, men-tre si intonavano antifona e canti.Alla processione pren-devano parte il Turiferario che portava il turibolo conl�incenso, il Suddiacono con la croce in mezzo a dueAccoliti e il clero in ordine con il celebrante. Tutti te-nevano in mano una candela e cantavano le antifone.Alla fine il sacerdote lasciava i paramenti violacei e in-dossava quelli bianchi per dire la messa.Altre devozioni e preparativi nel Santuario, sul fini-

re del Settecento, precedevano la festa della Purifica-zione. Il primo febbraio si commemorava S. Ignazio esul suo altare venivano messe due candele da tenere

Fiori d�inverno e piccoli incendi

accese per tutto il giorno. Poi si siste-mavano dei fiori sull�altare maggiore.Alla messa dei Primi Vespri, molto se-guita dai fedeli, i sacerdoti celebrantiindossavano i piviali col fondo rosso e ifiori bianchi. La sera invece si facevaun altarino �nel consueto luogo [la cu-cina del convento] ove sia appesa la pic-cola Madonna� con due candele sem-pre accese. Il 2 febbraio, per la festa, siandava in coro alle 10 e un quarto, �sicanta, Terza solenne, indi la consuetabenedizione e Processione e messa aCappella. La cereria passa a� Cappella-ni, ed a quei Preti, che quotidianamentevengono a celebrare laMessa, al Ostiaioed ai Cherici di Sagrestia una Candeladi once 3 ...�.Questi appunti di archivio, che a pri-

ma vista possono apparire poco origi-nali, hanno un loro motivo di curiosità.A cominciare da quei fiori che venivanosistemati sull�altaremaggiore e che nonerano né d�argento o dorati, ma veri epropri. Una semplice domanda pertan-to ci viene alla mente. Quali fiori si po-tevano trovare in città agli inizi di feb-braio e perché si usavano per decora-zione, accostandoli nell��insieme sceno-grafico� a quelli ricamati sui piviali deicelebranti? Oggi, agli inizi di febbraio,ben pochi fiori sono reperibili nei pratio nelle aiuole; molti invece nelle vetrinedei venditori. Due secoli fa la ricercaera assai complicata e non c�erano leserre e le varietà selezionate o le impor-tazioni da paesi tropicali a cui ricorre-re. I fiori, da cogliere nei giardini o lun-go i fossi erano piccoli e modesti: mu-ghetti, giunchiglie, narcisi, viole, buca-neve, primule, anemoni, iris pallidi, for-se qualche rosa appoggiata ad un muro

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a pieno sole riparato dal vento. Alcuni versi delle Gra-zie di Ugo Foscolo ci forniscono una suggestione:Unite! aurei giacinti e azzurri alle giunchiglie! di

Bellosguardo, che all�amante suoi coglie Pomona;/ ea�garofani alteri/ della prole diversa e delle pompe ...Ma rimane solo una suggestione perché i fiori del

poeta potevano decorare un bell�angolo di Firenze allametà dell�inverno solo in allegoria. Se giunchiglie e gia-cinti potevano andar bene, i garofani, poco popolari,sebbene noti sino dal tempo di Matteo Bandello (XV�XVI), sono fiori estivi, che sbocciano a solatio. Pecca-to, perché i garofani rossi e cremisi, li avremo visti vo-lentieri accanto a quelli ricamati sui piviali. In mancan-za di carte d�archivio più precise, dovremo pertantocontentarci di quelli sopra descritti e forse di un belramo di pesco fiorito prima un inveno un po� addolcito.Il motivo per cui si decorava l�altare maggiore con ifiori, è invece ben documentato dall�antifona cantataall�inizio della processione della Purificazione:Adorna thalamum tuum, Sion, et suscipe Regem

Christum; amplectere Mariam, quae est coelestis por-ta ... Simeon predicavit populis, Dominum eum essevitae et mortis, et Salvatorem mundi (Adorna il tuo ta-lamo, o Gerusalemme, e ricevi il Cristo Re: accogliMaria che è la porta del cielo ... E Simeone ... annunziòai popoli, che quegli era il Signore della vita e dellamorte, e il Salvatore del mondo).L�altare maggiore pertanto diventava come un tala-

mo nuziale per l�incontro con il Cristo e per essere de-gno dell�avvenimento doveva essere il più bello possi-bile.Anche in inverno ...

A conforto di ciò, abbiamo cercato in vari testi altreusanze popolari italiane che prevedono decori con i fioriin occasione della festa della Purificazione. Abbiamotrovato che il 2 febbraio a S. Nicola da Crissa in Cala-bria si ripete, con degli attori di paese, la visita al tem-pio della Madonna con il Bambino e S. Giuseppe. Perl�occasione Gesù indossa una bella veste bianca da bat-tesimo con la cuffietta, la Vergine ha il capo incoronatoda una ghirlanda di fiori d�arancio ed inmano tiene unacandelina accesa e un fazzoletto bianco, con il quale siasciuga gli occhi davanti al vecchio Simeone. S. Giu-seppe invece ha con sé la verga fiorita e un canestrocon due tortore, l�offerta della povera gente.Le feste pagane invece prevedevano un dono di fiori

alla dea Giunione Lucina per il primo marzo in occa-

sione dei Matronalia. Cantava Ovidio(Fasti):Date, fiori alla dea che gode delle

erbe fiorenti/ e di teneri fiori v�incoro-nate il capo!Nonostante lo spostamento di data

(primomarzo invece che primo febbra-io) la celebrazione era fatta alla stessadivinità che dominava gran parte delcalendario invernale ed era detta ancheIunio Februata (Giunone purificata deiLupercali) e lunio Sospita (la Salvatri-ce). Ci sembra però che l�usanza roma-na dei fiori e della ghirlanda sul capopossa accostarsi in qualche modo aquella di S. Nicola da Crissa, ma nonall�uso del Santuario dell�Annunziata,dove i fiori venivano posti sull�altare,soprattutto con riferimento all�antifo-na della processione, a rafforzare il si-gnificato di esultanza per l�incontro conil Cristo.Un gesto moderno, che qualcuno

può definire �strano�, ma che ha unaanch�esso una sua suggestione, prendespunto sempre dagli usi della Purifica-zione. É descritto in un film di qualchedecennio fa, Nostalghia del russoTarkovski. In una scena ambientata aiBagni di Vignone inVald�Orcia, il pro-tagonista prende una candela accesa ecerca di giungere da una parte all�altradella piscina della piazza (svuotata) sen-za far spengere la fiamma, imponendoal destino una specie di scommessa�sfi-da.La processione della Purificazione e

tale gesto, con il suo premio finale, sonoriconducibili a loro volta ai tempi dellaprima cristianità (secolo IV), quando lafesta era detta Peregrinatio Aetheriae.La traduzione letterale del nome era:peregrinatio = viaggio in terra stranie-ra, aetheriae = del cielo, dell�etere. Ilcielo aveva un suo elemento che era ilfuoco, ricordato nella fiammella dellacandela che si porta nella processione

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(il viaggio), verso un altare, verso l�incontro (in grecoIpapante) desiderato e atteso.Il viaggio naturalmente è quello dello spirito che

deve mantenere accesa la sua limpida luce in mezzoalle angosce oscure e agli ostacoli che la vita quotidia-na e gli imprevisti pongono sul suo cammino. In unpassato più vicino, il giorno di Candelora si prendeva-no le candeline benedette e si conservavano in casa. Siaccendevano durante i temporali o al capezzale di unmoribondo o in altri momenti di bisogno, quando sidoveva attraversare il mondo oscuro della paura chenasceva dalla consapevolezza dell�ingovernabilità del-le cose. Si vedevano nella piccola luce speranza e con-solazione.Il fuoco sarà anche il protagonista del Carnevale che

giunge quasi sempre di febbraio. Fino ai giorni nostri,il martedì grasso, in molti paesi veniva appiccato ai deifantocci di paglia sistemati sulle piazze. E la gente can-tava al carnevale che se ne andava:Speriam di rivedersi/ con più sereno ciglio/ quan-

do dal triste esiglio/ da noi ritornerà ...Se guardiamo bene, il viaggio del cielo in terra stra-

niera poteva essere anche il motivo per cui la vigiliadella Purificazione si faceva un altarino con una sta-tuetta della Madonna nella cucina del convento del-l�Annunziata. Per comprendere l�analogia, dobbiamopensare a che cosa era nel passato una cucina: il peg-giore luogo della casa, regno di servi e fantesche e discontenti, quello, per fare un esempio con una fiaba,dove Cenerentola piange la sua sfortuna. Anche nelconvento, alle origini, era un luogo che non prevedevaalcuna fraternità o liturgia. Vi stava il cuoco che spes-so era un laico, un lavoratore di passaggio, a volte ungiovane lombardo (del nord Italia). Solo in seguito viprenderanno posto i frati conversi, i frati non sacerdo-ti. E, sempre in origine, era di competenza del sopprio-re che non era il priore, ma un �ufficiale� minore, unaiutante, addetto al rifornimento, e anche alla gestionedell�orto. Durante il giorno poi giungevano in cucina icontadinio i pastori o i servi con gli ortaggi e il for-maggio, i mendicanti a farsi dare una fetta di pane e unbicchiere di vino o gli avanzi, i muratori per il ristoronell�ora di pausa ... oltre ai fanti di famiglie di rango, aicustodi di asini e cavalli e ad altra gente di servizio o difatica ... Si faceva l�altare pertanto in un mondo deltutto laico e affaccendato alle cose prosaiche; si cele-brava la messa per persone di poco conto, spesso anal-

fabete, a volte maledicenti e incapaci diprogetti, di miglioramenti. O, per tor-nare ai Promessi Sposi, con i quali ab-biamo iniziato l�articolo, laMadonninae le candele accese della festa facevanola loro apparizione nel luogo dove vi-vevano abitualmente la sciocca Perpe-tua o l�avida serva dell�Azzeccagarbu-gli pronta a mettere le mani sui polli diRenzo (anch�egli, si noti, entra nella casadell�avvocato dalla cucina!).La Madonnina era piccoletta e sola

in terra straniera, è vero,ma diceva sem-pre, con un sussurro che tremava comela fiammella della candeline, le consue-te parole di redenzione e di quiete. Inmezzo alla ruvida umanità che le passa-va accanto, c�era sempre una Lucia chesi fermava ad ascoltarle ...

La SS.Annunziata, XVIII, 6, novem-bre dicembre 1998.

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Il pittore Cesare Dandini, l�Assunta eFirenze

Una devozione secolare lega la Madonna e Firenzee ha tra i suoi cantori Dante e S. Bernardo. Di Dantetutti sanno qualcosa; di S. Bernardo si ricorda la festa(20 agosto), molto sentita dal Comune medievale cheorganizzava memorabili celebrazioni. Una storia delladevozione meno nota invece è legata alle chiese parti-colari, agli altari, al culto privato.Ne abbiamo già parlato: per esempio nel dicembre

2003 venne pubblicata la foto di un quadro in PalazzoVecchio, dipinto da Lorenzo Gelati (� 1893). Un ange-lo vestito di bianco domina il cielo sopra Firenze, �rap-presentando� la SS.Annunziata. Tiene un cartiglio chedice: Ecce Virgo quae multum orat pro populo et procivitate sua (Ecco la Vergine che molto prega per ilpopolo e per la sua città).Il quadro del Gelati è visibile solo per chi entra in

PalazzoVecchio. Invece sempre ammirabile dai fedeli,è la tavola dell�Assunta di Cesare Dandini (� 1658),nella cappella dell�Organo della SS.Annunziata. Que-sta volta sono S. Giacomo Maggiore e S. Rocco, pa-troni dei viaggiatori, a presentare allaMadonna la città.Bello nell�insieme, dispiace che il tempo l�abbia anneri-to. La tavola e l�adornamento della cappella furonovoluti nel 1630�32 dal patrono Iacopo o Giacomo PalliDei gratiam terra marique expertus (esperto � prova-to � in terra e mare per grazia del Signore, così l�iscri-zione dell�altare), viaggiatore e mercante e, secondovari documenti, fiorentino o veneziano (� 1643).Certamente bello di fama e di sventura, come l�Ulis-

se del Foscolo, ebbe sempre nell�anima Firenze e laMadre, tanto da dedicare loro cappella e tavola a per-petua memoria. La cappella i Padri e il Palli l�avevanoottenuta dopo una causa contro gli eredi del preceden-te patronato, lunga e gloriosa battaglia urbana, fatta dicarte e di decreti di notai e giudici, simile a suo modo aquelle viste o combattute dagli eserciti in terra o dallenavi sui mari ... (�La SS. Annunziata�, luglio agosto2005).

Firenze � Ricordi del quotidiano

Nota a �Leonardo all�An-nunziata�

Leonardo all�Annunziata è il titolodi un articolo di Maria Carchio, Ales-sandroDelMeglio, RobertoManescal-chi, ElioRuggiano dell�IstitutoGeogra-fico Militare edito nel trimestrale Lastoria delle cose (settembre 2004). Sulsoggiorno di Leonardo nel nostro con-vento l�articolo cita la fonte unica: leVite di Giorgio Vasari:�[Leonardo] Ritornato a Fiorenza,

trovò che i frati de� Servi avevano allo-gato aFilippino l�opere della tavola dell�altarmaggiore dellaNunziata: per il chefu detto da Lionardo che volentieriavrebbe fatta una simil cosa. Onde Fi-lippino inteso ciò, come gentil personach�egli era, se ne tolse giù; ed i frati,perché Lionardo la dipignesse, se lotolsero in casa, facendo le spese a luied a tutta la sua famiglia; e così li tennein pratica lungo tempo, nè mai comin-ciò nulla. Finalmente fece un cartonedentrovi una nostra Donna ed una S.Anna con un Cristo, la quale non purefece maravigliare tutti gli artefici, mafinita ch�ella fu nella stanza, duraronodue giorni d�andare a vederla gli uomi-ni e le donne, i giovani ed i vecchi, comesi va alle feste solenni, per veder lemaraviglie di Lionardo, che fecero stu-pire tutto quel popolo; perché si vede-va nel viso di quella nostra Donna tut-to quello che di semplice e di bello puòcon semplicità e bellezza dare grazia auna madre di Cristo ... S. Anna, colmadi letizia vedeva la sua progenie terre-na esser divenuta celeste ...�.L�articolo ricerca l�ambiente del-

l�Annunziata dove Leonardo alloggiò,

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e fa l�ipotesi delle stanze che oggi sono dell�IstitutoGeografico Militare, e vengono dette foresteria. Innumero di cinque, contigue, dovettero ospitare il mae-stro e gli allievi Francesco de Melzi, Gian AntonioBoltraffio, Gian Giacomo Caprotti da Oreno detto Sa-laì.Diversi indizi vengono presentati dagli autori, ma,

per quanto riguarda il convento forse si pensa troppocome un ospizio�foresteria molto allargato che a queitempi non era, essendo appunto la foresteria parte del-la clausura. Accoglieva i frati di altri monasteri del-l�Ordine, le adunanze di qualche compagnia, e solo invia eccezionale e per utilità della SS.Annunziata laicied ecclesiastici benefattori. Leonardo fu tra questi, an-che se i documenti d�archivio sono avari in merito. In-vece nei registri si trovano notizie su altri ospiti trattaticome padri di casa � con un particolare contratto �:dom Iacopo di Francesco pievano di S. Martino diCorella in Mugello che fece una generosa donazioneper i lavori di edilizia (1453) di chiesa e convento, e icantori domAngelo monaco negro, Goffredo di Thiel-man da Liegi, e Giovanni Francioso Hurthaut (1481�1482), per la liturgia. Questi ultimi furono salariati,spesati, e assistiti nelle malattie.La foresteria era vicina al Capitolo (1406), con un

camino e unamensa per la refezione separata da quelladel convento. Dal 1428 fu sede delle adunanze dellaCompagnia della Carità. Nel 1480 venne rifatta nuovaassieme al noviziato dalla parte del secondo chiostro,che è oggi condiviso dal convento con l�Istituto Geo-grafico Militare (�La SS. Annunziata�, novembre di-cembre 2004)

L�uomo di talento e l�uomo sensibile

Tommaso Porcacchi, autore di opere poetiche, sto-riche e geografiche nacque nel 1530 a CastiglioneAre-tino. Si trasferì a Venezia nel 1559 e curò per la tipo-grafia Giolito la stampa di una collana di autori grecida lui stesso volgarizzati. Nel 1570 pubblicò la CartaNautica del Mondo; nel 1572 L�isole più famose delmondo in tre volumi con 47 carte incise su rame daGirolamo Porro, ampliato e ristampato più volte neidecenni seguenti; nel 1575 Funerali antichi di diversipopoli e nazioni. Una rarità è l�edizione critica da luicurata della Storia d�Italia di Francesco Guicciardini.Morì a Venezia nel 1585.

rivedi?

Il giovane Tommaso Porcacchi fre-quentò la SS. Annunziata di Firenze.Non come frate o fedele, ma come di-pendente salariato (v. il Libro dei Par-titi). Il 4 maggio del 1553 il convento,rimasto senza maestro di grammaticaper i novizi (insegnava a scrivere e par-lare correttamente), fece un contratto aTomaso da Castiglion Aretino. La pre-senza di quest�uomo non comune perintelligenza ed erudizione, ci dà la mi-sura del valore e delle prospettive che ifrati attribuivano all�insegnamento.Maestri predecessori erano stati m.

AnnibaleMachiavelli (1548) e maestroRampino di Casentino (1550). Entram-bi avevano lasciato la scuola prima del-la scadenza. Nel contratto fatto conmaestroAnnibale erano ricordati lo sti-pendio e il premio, nonché la raccoman-dazione che i novizi non habbino a per-der tempo e che abbino a ffar buon pro-fitto ...Nell�ottobre 1555 anche �Thomaso

Porcacchi� lasciò la scuola. Il Libro deiPartiti non ricorda la destinazione. Glisuccesse fraAngelo Belcari dei Servi diMaria �giovane veramente d�ongni ho-nore meritevole, virtuoso ...� ma sfor-tunato. Si ammalò d�idropisia e il 13gennaio 1556 lasciò l�incarico per es-sergli l�aria di Firenze nociva. Morì il 7febbraio dello stesso anno.

Un voto (dal Libro dei Partiti). Il 4novembre 1555 si presentò al maestroArcangelo Priorini, priore della SS.Annunziata, un pover�uomo di ses-sant�anni circa che si chiamavaGiovan-ni ed era figlio diAndrea di Tonino Sac-chella di Susinana di Palazzuolo sul Se-nio. Piangendo, raccontò al priore le suedisavventure. Quattro anni prima ave-va avuto una forte infermità e aveva fat-to voto alla SS. Annunziata che se fos-se scampato alla morte avrebbe datotutto quello che possedeva alla chiesa eal convento dei Servi di Firenze.

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Articoli brevi

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Aveva ricevuto la grazia ed era guarito. Era rimastoperò in cattive condizioni economiche, salvo un rispar-mio di 250�300 bolognini con il quale avrebbe potutofar contratto, come si diceva allora, cioè trovare un la-voro temporaneo dando il denaro come cauzione.Ma a Palazzuolo tutti gli avevano risposto che a causa

del voto alla SS. Annunziata non aveva più niente disuo e che quindi non poteva sperare di avere contratti.Giovanni era partito per Firenze. Disperato, si era

ridotto in condizioni più di accattone che di onesto la-voratore.MaestroArcangelo lo confortò e promise di interes-

sarsi del suo caso. Nel Capitolo (la riunione) dei padriraccontò loro tutto e dette commissione al padre fraAmaddio che gli facessi tal licentia e gratia ... Il votoperò era un impegno solenne e non poteva essere sciol-to con leggerezza. Fu stabilito quindi che solo dopo lamorte di Giovanni quello che si trovava di suo, sarebbeandato al convento. L�uomo, ritornato in possesso delsuo denaro, tutto allegro �riferì gratia a Ddio, e al no-stro padre priore a i padri che l�avevano aiutato�La SS.Annunziata�, novembre�dicembre 2005.

Vita nascosta di Caterina Bonfrizieri

Caterina Bonfrizieri nacque a Firenze l�11 novem-bre 1647 da FrancescoAntonio e daVirginia di France-scoMazzetti. Ebbe sei fratelli, rimasti presto orfani deigenitori. Il primo, Francesco, fu sacerdote e si presel�impegno, insegnando e confessando, di mantenere lafamiglia e due nipoti anch�essi orfani. Un altro fratellofu il p. Placido M. Bonfrizieri dei Servi di Maria (�1732), scrittore (v. p. es. Diario Sacro OSM, 1723).Caterina aveva un bell�aspetto, era allegra e diver-

tente, accorta, dotata di cuore grande in tutte le diffi-coltà � come scrive il suo biografo e assistente spiritua-le, p. Gregorio Luigi M. Tonelli (� 1713). Soccorreva ipoveri, le vedovemiserabili e i bambini da strada, a voltedi nascosto, con pane, vino, panni e con quel poco cheavanzava di casa. Volentieri riceveva fanciulle e donnemaritate che le raccontavano le loro tribolazioni. A 23anni fu fatta sposare con un giovane che si dimostrònegligente, accrebbe la rovina della famiglia e fu fu causadi frequenti litigi. Ebbe due figli; un bambinomorì pic-colo, mentre la figliaMariaVirginia fu suora del mona-stero vallombrosano di San Salvi. Rimasta vedova an-cora giovane, Caterina non si risposò. Si iscrisse al Ter-zo Ordine Servitano e frequentò la SS. Annunziata nel

tempo concessole da varie e continuemalattie: l�idropisia e dolori acuti e mi-steriosi. Nonostante le tribolazioni eanche certe calunnie fu sempre umile eallegra; tanto che a volte risolveva unasua pena con una battuta.Digiunava spesso, specialmente i

giorni in cui faceva la santa Comunio-ne. Ebbe consolazioni con la visionedellaMadonna ed elevazioni dello spi-rito, anche nella chiesa della SS. An-nunziata. Tra i santi che consideravasuoi protettori vi furono S. GiulianaFalconieri e S. Caterina da Siena chechiamava mamma. Morì il 9 gennaio1698 e la sua anima almomento del tra-passo fu vista da una suora di S. Apol-lonia sua amica. Venne sepolta nellacappella del Crocifisso (Villani) dellaSS.Annunziata.Il padre Tonelli nel Ristretto della

vita (la biografia di Caterina) scrive diuna sua visione (p. 219):�Nello stesso tempo le fu ancora

mostrato un deliziosissimo giardino,con varietà di fiori bellissimi, in mezzode quali vidde un grazioso bambino af-fatto nudo, e dolendosi ellamolto di nonaver con che ricoprirlo, sparì in un su-bito la visione. Quasi che al suo diletto,quale abita, e si pasce volentieri tra ifiori delle virtù, bastasse d�aver ritro-vato nel cuore di Caterina un caritativocompatimento a quella nudità, in cuicon ingrata pigrizia lo abbandonano disovente alcune anime attaccate sover-chiamente a propri commodi, co� qualia tutto studio cercano di rivestire, e so-disfare le medesime, spogliando benspesso Giesù di quell�amore, che do-nano tutto alle vanità, e a se stesse�.[I fiori sono le virtù dell�anima e il

vestito di Gesù è fatto di amore e com-passione per gli altri; sono qualità e sen-timenti che spesso alcuni rivolgono soloa se stessi e alla propria vanità].

La SS.Annunziata�, gennaio febbra-io 2005

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Aggiungiamo in questa revisione (gennaio 2018) lanota dal libro deiMorti sepolti nella SS.Annunziata diFirenze (A.S.F., Corporazioni religiose soppresse dalgoverno francese, 119, 817, f. 51, alla data: �A dì 10gennaio 1697. Fu data sepoltura al corpo di CaterinaBuonfrizieri vedova diAntonioMenicono, e nostra ter-ziaria professa, donna assai timorata di Dio, e doppolunghi travagli patiti per anni del Signore nelle sue con-tinue infirmità, riposò in pace�.

La Firenze del Seicento vista da Cate-rina Bonfrizieri.

Notizie tratte da: Gregorio Luigi M. Tonelli, osm,Ristretto della Vita di Caterina Bonfrizieri (� 1698).

La società. Vivere dignitosamente nella secondametà del Seicento in Toscana non era facile per l�impo-verimento generale della società e l�impossibilità dareimpulso all�economia depressa a causa degli interessidelle nazioni europee del Nuovo Mondo.Anche la fa-miglia di Caterina, dopo la morte dei genitori, tiravaavanti grazie al lavoro del fratello prete che insegnavae confessava nei monasteri, ricevendo per questo unsalario. Il marito di lei, poco portato agli affari, invececontribuì ad aumentare la povertà della famiglia e fucausa di continue liti. Nonostante l�arretramento eco-nomico italiano, era ancora vivo a Firenze il desideriodi trarre profitti dal commercio, anche se occorrevauna copertura quando gli investimenti fallivano.A causa della generale povertà erano numerosi in

città i bambini da strada, cioè senza casa, affamati estracciati. Le ragazze senza dote, e poco appetibili peril matrimonio, si arrangiavano accattando presso il vi-cinato o cucendo. L�indigenza tuttavia era accettatacome un male che poteva arrivare per chiunque e lefamiglie cercavano mantenere decoroso l�aspetto, neimodi e nell�abito, per dare un segnale di rispettabilità.Segno di decoro e onestà era anche il chiudersi in

casa la sera e serrare bene le porte con i chiavistelli. Lanotte non era raccomandabile e chi aveva necessità diuscire lo faceva a suo rischio o con una scorta.L�inverno era mal sopportato dai senza tetto anche

perché le strade a volte si coprivano di neve. Caterinadopomezzogiorno tornava dallaMessa e, anche se nonera decoroso, prendeva la neve e la mangiava. A casadiceva con galanteria che si era sdigiunata per strada...

Vicino alle feste solenni i parroci sivedevano spesso camminare frettolosinelle strade. Infatti il secondo giornodopo Natale, Pasqua e Pentecoste erauso di sacramentare a casa i poveri in-fermi abituali che non potevano andarein chiesa.

La Piazza dell�Annunziata. Era tran-sitata da numerosi cavalieri e cavalli chespesso si imbizzarrivano diventandopericolosi. Intorno alla Chiesa eranoferme le carrozze di gente di rango coni cocchieri in attesa dei padroni e deltermine delle funzioni.Di sabato fino a tardi si allestivano

in Piazza i banchetti dei vasai. Caterinaa volte comprava un vaso e andava ariempirlo alle due fontane pubbliche.Anche questo era un gesto poco deco-roso e lei lo faceva un po� per avvilirsie, come diceva, un po� per spengere ilfuoco che sentiva nel petto. Sotto le log-ge dell�Annunziata i miserabili chiede-vano l�elemosina, gli infermi provvistidi un carruccio. Caterina non si vergo-gnava in pubblico di discorrere con lapovera gente e anzi avrebbe voluto es-sere povera e sedere in terra sotto lelogge per impedire tante parole che di-cevano in offesa di Dio.

Il Santuario. In chiesa la donna se nestava da sola, vicino a uno dei due an-geli di marmo collocati davanti all�alta-re maggiore a sostegno di due fanali inonore del SS. Sacramento. Terminati gliuffici delle cappelle i sacerdoti riporta-vano l�Eucarestia all�altare maggiore,dando la benedizione a chiunque si tro-vasse presente.A volte nel lasciare la chiesa lei be-

veva alla pila della Sagrestia l�acqua concui si aspergevano i celebranti pronti perla Messa.Dopo la morte del marito, Caterina

si iscrisse nel Terz�Ordine dei Servi di

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Maria. Gli associati tutti i venerdì e tutte le terze dome-niche del mese erano tenuti alla recita della corona disette poste, consistente ogni posta in un Pater e setteAve Maria, nella considerazione di un mistero doloro-so di Maria con la sequenza Stabat Mater Dolorosa econ pubblica processione. Chi vi partecipava guadagna-va l�Indulgenza Plenaria e, come si diceva, merito digratitudine di Maria.In prossimità del Natale nel Santuario c�era la No-

vena che si faceva per comodità dei fedeli due volte algiorno, all�alba e a sera. P. Tonelli condusse quella del1697, mentre Caterina era in fin di vita. Dopo la morte(9 gennaio 1698), il corpo della donna venne portatonella cappella dei Macinghi (Chiostro Grande). Gli fufatta l�autopsia e vennero annotati dai medici i risultati.La donna eramagrissima.D�altronde si era nutrita poco:qualche boccone di pane, a volte un�acciuga, dei cavolidi rapa, pochi fagioli. Il suo corpo sottile e leggero su-scitò stupore in chi, lì presente, ricordò la sua gioventùe le forme prosperose ...

La SS. Annunziata,�marzo aprile 2005

Il cavallo fuggito dal Palio di San Gio-vanni nel 1690

Il 24 giugno del 1690 era un sabato e i cavalli � ibarberi � correvano il Palio di SanGiovanni, secondo ilpercorso stabilito: dalle Mosse e forse fino alla Piazzadi S. PierMaggiore. Gli animali erano irrequieti � nulladi nuovo � pungolati dalle perette e incitati dalla genteche stava sulle strade, con poca paura del pericolo. Ifiorentini avevano atteso, immaginiamo con impazien-za, la fine del giorno � il tramonto o le 23 ore � e iltermine del corso di gala che lungo le strade più ampievedeva sfilare in gran pompa le famiglie più importanti.Quando ...Le cronache del convento della SS. Annunziata

(A.S.F., Corporazioni soppresse dal governo francese,119, 55, f. 339r) ci ricordano un fatto che movimentòla giornata .... Scrive il cronista:«Ricordo, come correndo in questo soprascritto,

secondo il Costume della Città, i Cavalli al Palio di S.Giovanni Battista, uno di essi scappò dalle mosse pri-ma del tempo, e corse per tutto il corso de Barberi sinoalla meta, e di poi seguitò la sua carriera per alcunestrade fino a che arrivò alla via de� Servi, e correndo a

dirittura della detta strada, entrò nellanostra Chiesa, per la porta di mezzo, egiunse sino alli scalini del presbiteriodell�Altar grande, e di poi ritornò a die-tro: frattanto fu serrata la prima portadella Chiesa; ed il Cavallo dopo d�ha-ver girato una volta il Cortile, o Chio-stricino de�Voti davanti alla Chiesa, fufermato e preso vicino alla Muragliadella Santa Cappella, e subito gli furo-no levate quelle perette che lo punge-vano, e tutto piacevole fu ricondotto alPadrone; e tutto ciò seguì sonata l�AveMaria delle 24 hore. Per grazia del Si-gnor Iddio, e della SS.maNunziata nonsuccesse, per questo accidente,mal nes-suno in Chiesa nostra: solamente in viade� Servi una donna vecchia fu gettatain terra dal detto Cavallo e calpestata,e subito corse il nostro P. Sagrestano aconfessarla; ma non è stato gran male,ond�ella va sempre ogni giorno piùmi-gliorando»

La SS.Annunziata XXII, 3,maggiogiugno 2002.

Il vescovo Cosimo dellaGherardesca e la sua sepol-tura all�Annunziata.

Nei primi decenni del secolo XVIIla famiglia della Gherardesca fu vicinaalla SS.Annunziata, ai religiosi e quin-di, pensiamo, anche al p. Arsenio M.Mascagni che dipinse un quadro sullamorte del conte Ugolino.Da parte sua, Costanza figlia di Ot-

taviano dei Medici, sorella di papa Le-one XI (Alessandro) e moglie di Ugodella Gherardesca, deceduta nel 1606,fece un lascito al Santuario che trovia-mo citato ancora in una miscellanea diObblighi della Chiesa del 1804 (Archi-vio del Convento), a quasi duecentoanni di distanza: �voltò in faccia delnostroConvento fiorini 528.8.9 esisten-

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Paola Ircani Menichini

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ti sul Monte delle Graticole che oggi sono scudi314.3.15.10 con obbligo di celebrare n. 4 trentesimiall�anno, che due prima della Commemorazione di tut-ti i Defonti per l�anima del Conte Simone della Gherar-desca, di sua moglie, madre, et altri; e più altri duetrentesimi dopo la Commemorazione di tutti i Defontiper il conte Ugo, ed Ippolito della Gherardesca, e deiloro passati�.AncheMarietta della Gherardesca, figlia di Costan-

za e di Ugo e moglie di Roberto di Pandolfo Pucci, nel1607 fondò con il marito una sepoltura nel Santuario,nell�oratorio di S. Sebastiano, appartenente ai Pucci, eil ricordo fu inciso sopra una lapide murata in dettacappella.Fu sepolto nel Santuario pure vescovo Cosimo del-

la Gherardesca, figlio del conte Bernardo di Neri e diBeatrice d�Aragona d�Appiano.Aveva chiesto, e gli erastata concessa il 16 settembre 1623, �una sepoltura al-l�ingresso della Chiesa, lungho la cornice della Cappel-la della SS. Annunziata, ov�è la rete di bronzo a mansinistra nell�ingresso di Chiesa per la porta Grande. Hala sua lapida dimarmimisti neri, e bianchi larga bracciauno soldi diciotto e alta braccia tre, e soldi tredici. Inmezzo a detta lapide v�è l�Arme della Nobilissima fa-miglia Gherardescha, da ciascheduna delle bande, v�èchiusino tondo largo, e lungo soldi sedici ... Detta se-poltura cammina, e va a terminare alla volta della porta...� (v. Archivio del convento, Sepultuario, al nome).Il Salvini nel suo Catalogo scrive che il vescovo fu

�canonico della Chiesa fiorentina J. C. Permorte d�An-drea Carnesecchi. Familiare di Paolo V. Arciprete nel1606. Permorte di Simone da Fortuna.Vescovo di Collenel 1612. Vescovo eletto di Fiesole nel 1633. Morto1633, 2 Agosto. Insigne per pietà�.Il 1633, anno del decesso, è un errore del Salvini. Il

vescovo Cosimo morì nel 1634 (v. anche la fotogra-fia), lasciando un buon nome a Colle vald�Elsa doveaveva ultimato i lavori della fabbrica del Duomo, fon-dato cappelle e cercato reliquie di santi.Verso la fine del Seicento la famiglia acquistò due

sepolture più «istituzionali», come ricorda un registrodell� Archivio di Stato di Firenze (Corp. soppr. 119,56, p. 74):�7 dicembre 1695: I Molto RR. PP. Discreti con-

cessero n. 2 sepolture poste in nostra Chiesa sotto gliscalini della Cappella del SS.mo Crocifisso [transettodi sinistra], contigue l�una all�altra, che erano di Fami-glie in oggi spente [Brancaccini e Bartolini�Baldelli],

agli mmi Sig. Conti Ugo e fratelli dellaGherardesca, e loro discendenti di ma-schio, e a� loro zii paterni, e loro discen-denti dimaschio, non già agli eredi estra-nei ... (v. anche Filippo M. Tozzi, osmMemorie..., Arch. SS. Ann., Firenze;Ugolino dellaGherardesca, IDellaGhe-rardesca ..., Pisa 1995).La SS. Annunziata, XXI, 5, settem-

bre�ottobre 2001

Fra Leonardo di Bartolo-meo erudito e maestro deiServi di Maria di Firenze (se-colo XV).

I libri di fra Leonardo. I giorni se-guenti la morte del baccelliere fra Leo-nardo di Bartolomeo (9 settembre 1465)alla SS.Annunziata il priore e alcuni fratitestimoni fecero l�inventario delle cosereperite nella sua cella.. Trovarono de-naro, abiti e libri che venneromessi tra ibeni del convento, venduti a terzi o datiin uso ai frati.I libri allora erano oggetti di valore.

Scritti a mano e miniati, copiati da altritesti con tempo e spesa, tramandavanoquella cultura umanista indispensabileper un convento che voleva inserirsi apieno diritto negli studi teologici e clas-sici del tempo. Proprio a causa del lorovalore, dopo la morte di fra Leonardo,il priore fra Biagio di Alberto si preoc-cupò di farne accurata nota. Volle spe-cificato l�autore e / o il titolo, il tipo dicarta � buona o bambagina, di capretto(pergamena), o papiro, la coperta � perlo più di cuoio rosso e a volte in asse �, le parole dell�inizio e della fine del te-sto (incipit et explicit), e il luogo dovesi trovavano, poiché erano stati scrittianche per terze persone ...Autori e (eventuali) titoli citati sono:Lattanzio Firmiano (� 320 ca): Di-

vinarum institutionum libri (comincia:Magno ...); Sallustio (� 35 a.C); Teren-

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Articoli brevi

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zio (� 159 ca a.C); Tullio, cioè Marco Tullio Cicerone(� 43 a. C.) con De Oratore, De Legibus, De Ofitiis;Poggio Bracciolini (� 1459) con De Varietate Fortu-nae (ed. 1448); NonioMarcello (inizio sec. IV) e il suolessicoDeCompendiosa doctrina; Virgilio (� 19 a. C.),leGeorgiche con la Pocholica (Bucoliche) libro che fudato a fra Paolo da Firenze; Burleo, cioèWalter Burleyinglese (1275�1345?), commentatore di Aristotele;Averroé (1126�1198), con il commento sul libro dellaMetafisica di Aristotele; Francesco de Muronis (deMayronnes, francescano � dopo il 1328) in papiro; LeCensure ecclesiastiche; un Testamento nuovo; unCon-fessionale di frateAntonino poi arcivescovo di Firenze(� 1459, forse Curam illius habe); un paio di Regolebuone di grammatica; unaVita di beato Filippo dei Servicomincia tam etsi (sebbene ...) finisce amen; dettisi afrate Pagholo da Firenze; un paio di Rotimate (forseTheoremata), dati anch�esse a fra Paolo; e due libri divocaboli ...Fra Leonardo inoltre aveva copiato un Latantio nuo-

vo �in carta di capretto, ora apresso di frate Greghoroda Vinegia che fra Lionardo gliel�aveva lasciato quan-do andò aVinegia acioché gliele vendessi come apare alibro suo�, e i Commentari di Cesare, coperti di pao-nazzo, sempre in conto vendita a Venezia. Un suomes-sale grande invece era stato venduto da Marco di Ste-fano per 30 fiorini e un paio di libri � tra cui un altroFrancesco da Morrone in carta � si trovavano per unaragione a noi ignota pressomaestro Biagio di Salvestrodel Carmine.

La Vita di S. Filippo. Dei libri citati merita qualchenota in più la Vita di S. Filippo. Nel 1899 veniva pub-blicata neiMonumenta dell�Ordine dal p. PellegrinoM.Soulier che ne riconosceva l�autore nel maestro PaoloAttavanti (� 1499), firmatario dell�epistola dedicatoriaal p. generale di allora.L�Attavanti fu discepolo di fra Leonardo di Bartolo-

meo, ed è il frate Pagholo a cui nel 1465 vennero datila Vita di S. Filippo, le Georgiche e i Theoremata, la-sciati dal precettore.Questo ricordo e il fatto che nello spoglio di fra Le-

onardo la Vita inizi senza la dedica al generale ma contam etsi (come al terzo rigo dellaVita edita dal Soulier)ci fa pensare che l�Attavanti abbia ricavato la sua operada quella del maestro. La copiatura e la dedica al p.Generale dovevano essere non un fatto eccezionale ma

un compito usuale, quasi dovuto daglistudenti di allora.Andando indietro nel tempo la ricer-

ca su precedenti Vite di S. Filippo nondà notizie di rilievo perché troviamodueannotazioni generiche, senza inizio efine del testo.Questi i documenti:�5 giugno 1403, diedi per due qua-

dernecti di cavectro per fare scrivere lalegenda di sancto Philippo per mandal-la a Todi al convento nostro e diei afrate Anlgelo predicatore per scricturadella decta legenda in tucto l. ii s. vii�(ASF, 119, 685 21rU).�1422, Inventario della Biblioteca,

seconda banca: Legenda beati Philippi,in assibus ... [in asse]. (Arch. SS.Ann.)�.

Note. Archivio di Stato di Firenze, Corp.Soppr. dal governo francese, 119, 48, ff.105r,v � P. M. Soulier, M.O.S., III pp. 97, 98:Beati Philippi Vita ... nell�epistola dedicato-ria c�èmagistro Cristoforo e comincia Tametsie finisce Amen. � Il p. A. M. Serra, in Memo-ria di fra Paolo Attavanti (Studi Storici 21,1971), p. 52 e n. 16, ricorda il registro 48sopra citato e che tre libri furono dati a fraPaolo, ma non ne specifica i titoli.�La SS. Annunziata�, settembre ot-

tobre 2004.

I �devoti miracoli� di Ma-ria raccolti da Duccio diGano (sec. XIV).

Tratto da: �... alquanti miracoli del-la gloriosaVergineMaria gli quali Duc-cio di Gano da Pisa à tratto di più volu-mi et messoli insieme in questo libro inpiù tempi nella ciptà di Firenze a sualaude e a sua reverentia ...� (ms., Codi-ce Vaticano Barberiniano latino 4032,sec. XIV, trascritto parzialmente in:Raffaele M. Taucci, osm, � 1971, Spo-gli Manoscritti).

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Paola Ircani Menichini

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L�Addolorata. Dei miracoli raccolti da Duccio ri-portiamo quello su una donna che vedeva la gloriosaVergine Maria vestita di vili panni lo venerdì e di unamonaca che aveva una simile visione dellaMadonna investa pretiosissima, et sempre la sesta feria [il venerdì]con una tonicha et aspra et vile. La monaca domandòper quale ragione la Madonna le apparisse con questadifferenza di vestiario e Ella stessa le rispose: �La ra-gione perch�io la porto la sesta feria è perché mi ricor-di della Passione del mio Figliuolo et che il furore delmio figlio ischifiate� [che facciate penitenza per schi-vare l�ira del Figlio].

La visione del vescovo. Anche un vescovo (di unacittà non precisata dall�autore) aveva la Madonna ingrande riverenza e ogni notte in segreto visitava la chie-sa a Lei dedicata. Una notte Maria gli venne incontronella via con moltitudine di Vergini innanzi a proces-sione cantando soavemente. Il canto era una dolce lau-de in latino intonata in stanze da due fanciulle mentrele altre rispondevano Cantemus Domino, sotie ... Tra-dotta in volgare diceva:Cantiamo compagne, cantiamo aDio onore. E dalla

bocca nostra risuoni di Cristo dolce.Il primo lucifero cadde abbasso dalla grande luce

per superbia: così l�uomo somigliantemente superbien-do rovinò alle cose di sotto. Ma Cristo umile, dallasacraVergine nato, ricomperollo perduto in croce pas-sionando.Scampò e liberò i prigioni damorte resuscitato. Salì

al cielo con tutti accompagnato.Il vescovo così giunse alla chiesa della Madonna

con tutta la santa processione, e secondo quanto affer-mò, sentì tanto gaudio e giucundità che gli pareva es-sere nella gloria del paradiso.Appena arrivato la visio-ne sparì; ma rimasero in lui l�allegrezza e la letizia.

La visita quotidiana del giudice e la Madonna dellaRosa. Un terzo miracolo riportato da Duccio (in tuttosono 186) ricorda un giudice che ogni giorno visitavala chiesa della gloriosa Vergine Maria. Fu ucciso e gliamici vegliarono il corpo. La chiesa venne chiusa acausa del fatto di sangue. Verso la mezzanotte si udi-rono delle voci dire:Maria. Allora il prete entrò nellachiesa e andò all�altare. Anche molte persone eranoaccorse dopo avere sentito le voci. In loro presenza, la

Vergine disse al sacerdote che l�animadel giudice era in paradiso. E oltre aquesto lo esortò a scrivere al papa perfare le lettere affinchè la chiesa fosseassolta. La Madonna poi dette al preteuna rosa per segno, la quale fino a oggifresca si conserva et è in quella chiesachiamata Santa Maria de la Rosa ...

La SS. Annunziata, maggio giugno2006.

L�insolito lume nel cielo.

Oggi i mezzi di comunicazione fan-no spesso del «catastrofismo» dissertan-do di comete e di asteroidi che vaganonel sistema solare e che, se di grossedimensioni, potrebbero oltrepassare l�at-mosfera e causare gravi danni alla ter-ra.Avolte avviene come scriveva Jona-than Swift (� 1745), nei Viaggi di Gul-liver: �[Le persone ] si gettano in que-ste stesse conversazioni con la stessamentalità dei ragazzi che stanno a sen-tire avidamente storie terrificanti di spi-riti e di folletti e poi non osano più an-dare a letto per la paura�.A rasserenare la mente e a cacciare i

terribili sogni di massi che cadono sullenostre città troviamo però la poesia diS. Francesco:Laudato si�, mi� Signore per sora

luna e le stelle: in celu l�ài formate cla-rite et pretïose et belle ...o di Dante, che alla fine dell�Inferno,

per un pertugio ammira il cielo:tanto ch�i� vidi delle cose belle / che

porta �l ciel, per un pertugio tondo; / equindi uscimmo a riveder le stelle.Ma sugli imprevisti celesti e su come

erano vissuti nel passato troviamo purele testimonianze dei Servi di Maria:�1603, 23 gennaio: si è compita la

Cella de�massi del b.Alessio, intitolataa S.Alessio confessore, e la notte, a dueore e mezzo circa, si vede da molti so-

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Articoli brevi

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pra l�Eremo un gran rossore come di sangue in aria cheillumina tutto il Monte per un�ora e mezzo�.E in quella copiosa fonte di informazioni che sono le

Ricordanze della SS.Annunziata:�Adì 31 detto [marzo 1676]. A� un hora, e mezza di

notte del d.° dì apparve un insolito lume per tutta laToscana, e in molti altri luoghi d�Italia. Novità che die-de argomento di varij discorsi agli Astrologi�.In quest�ultimo brano il cronista, oltre a non fare

commenti, dimostra un po� d�ironia verso gli astrologi(che poi all�epoca forse erano anche gli astronomi). Nontutti quindi nel passato, primadell�arrivo dei secoli «dellaragione» (dal Settecento in poi), quando il cielo si mo-dificava improvvisamente, venivano presi dal terrore,come si trova scritto in vari libri. Anzi, anche alloradoveva vigere una certa relatività nei comportamentiper cui questi fatti erano visti con i soliti stupore, in-quietudine, indifferenza, o ... amore per il creato ...

L�orto e il giardino della SS. Annunzia-ta

L�orto della SS.Annunziata si trova ricordato in varidocumenti sino dai tempi antichi di Cafaggio. Era colti-vato da un laico con i comuni insalata, cipolle, porri,cavoli, biete, legumi e altro. Nel Cinquecento facevaparte di un esteso giardino ornato di begli alberi di altofusto. Aveva inoltre una sua cappellina, e, a decoro,alcune statue e due pitture sul muro di Andrea del Sar-to rappresentanti i vignaioli e il Divino Fattore. I chio-stri, quello dei morti e quello di clausura invece eranopiù spogli, anche se nell�ultimo si trovava un bel cipres-so (v. fotografia).Nel Seicento abbiamo due ricordanze sul taglio pro-

prio di alcuni cipressi, fatto con due diverse motivazio-ni.�7 gennaio 1605. Ricordo come per decreto de� R.di

Padri Discreti si tirò a terra un Cipresso posto nel mez-zo del nostro Chiostro della Clausura, pianta tanto bel-la per la dirittura altezza e grossessa e per l�antichitàche a comun giudizio passava dugento anni, et ciasche-duno che lo vedeva fermamente affermava non havervisto in parte alcuna una più bella, ma però ché l�anno1600 un gruppo di vento fiaccò un ramo di smisuratagrandezza, e questo anno pochi giorni addietro, il ven-to similmente ne roppe un altro simile, come ancorafece rovinare quaranta braccia di muro del nostro orto

in circa, dalla destra parte in capo al-l�orto, onde essendo questa pianta di-venuta difforme si fece atterrare e met-tere in quel luogo quello che da Padrisi giudicherà esser meglio�.

�31 gennaio 1639. Ricordo come ild. dì i Padri Discreti determinarono cheritagliassero i dueCipressi dell�orto cheerano dalle Pitture d�Andrea del Sarto,e che se ne facessero dell�Asse per ri-fare i gradini della Sagrestia dalla partedestra che hormai erano consumati, econ tale ovazione il Padre Priore dissedi voler far mettere alcune asse alle Ta-vole del Refettorio, acciò non si vedes-sero le Cassette, le quali certo offende-vano gli occhi de� riguardanti�.Nel primo testo si vede come i padri

avessero a cuore bellezza e ordine an-che in un luogo celato al pubblico comeil chiostro di clausura: pertanto il ci-presso plurisecolarema difforme dove-va essere abbattutto.Nel secondo, a Seicento più inoltra-

to e in fondo più austero e mirato al-l�insegnamento cristiano più che allacura del bello, si vogliono forse rende-re più visibili le pitture educative diAndrea del Sarto e dare un bell�aspettoalla Sagrestia e alle tavole del refetto-rio, per non motivare quelle osserva-zioni di trascuratezza, allora così umi-lianti per un ordine religioso.

Critiche al Giambologna

Chi osserva attentamente le opered�arte, avrà notato (lo abbiamo già scrit-to) che alcuni dipinti seicenteschi diavvenimenti pubblici quali la posadi unaprima pietra e una pittura importantedellaMadonna siano pieni di personag-gi, che interpretano il costume del tem-po di ritrovarsi a commentare un fatto.Il popolo � come si diceva allora � eraconsapevole di avere gusto e di vivere

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Paola Ircani Menichini

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in una bella capitale e pertanto si riteneva in diritto diapprovare o meno il lavoro dell�artista e le scelte di uncommittente, procurando a entrambi onore o a voltedisonore. È un esempio la ricordanza sull�installazionein Piazza della SS. Annunziata del monumento eque-stre a Ferdinando I.�A dì 4 d�ottobre [1608]. Ricordo come hoggi que-

sto dì d.° fu eretta su la nostra Piazza la Statua delSer.mo e glorioso Principe Don Ferdinando MediciGranDuca di Toscana opera dell�Ecc.mo Scultore Gio.Bologna di b.m. [era morto il 13 agosto]. Mentre sifabbricava la base di detta Statua bisbigliavano i popo-li, malagevolm. sopportando, che il sodd.° Gio. Bolo-gna havessi persuaso S.A.S.ma a fare elettioni di similluogo per d.a Statua. Ma poiché fu vista, e la Base e laStatua accomodata nel proprio luogo, si cangiorno lemormorazioni in benedizioni, affermandosi da molti,che il luogo per d.a Statua riusciva proporzionato, eche apportava ornamento e bellezza a sì bel teatro, qualera la piazza della Sant.ma Nunziata�.

La peste del 1630

Il glorioso granduca Ferdinando I morì nel 1609. Ilfiglio Cosimo II nel 1621. Il figlio di quest�ultimo Fer-dinando, nato nel 1610, regnò dapprima sotto la tuteladella nonna Cristina di Lorena e della madre MariaMaddalena d�Austria che, inmolti libri di divulgazionee in alcuni studi, vengono definite bigotte e dissipatricidei beni statali e quindi una «disgrazia» per Firenze.Ma anche Ferdinando II viene giudicato dagli studiosiautori (che hanno una visione della storia mutuata dal-l�illuminismo) uomo limitato, di politica mediocre, diqualità inferiore ai fratelli Mattias, Giovan Carlo e Le-opoldo, associati però al governo ... eccetera.Leggendo però le Ricordanze, troviamo tali valuta-

zioni eccessive e incomplete. In particolare durante lapeste, portata in Italia dalle truppe impegnate nellaGuerra dei Trent�anni, appare un comportamento delgranduca «nobile» e cristiano nei confronti dei fioren-tini (la cronaca del convento di questo periodo è bellae in un futuro prossimo pensiamo di trascriverla perintero ...).Infatti � leggiamo � la quarantena iniziò il 20 gen-

naio 1631 e allora:�con gran spesa del Gran Duca, poiché cinquanta

mila, e di passo, erano quelli che da S.A.S. erano ogni

giorno notriti, e sovvenuti di pane, vino,olio, sale, legna, legumi, carne, salsic-cia, cacio, brace, fascine, granate daspazzare, fichi secchi, noci, fino zolfa-nelli per accendere il fuoco ...�.Durante la quarantena nessuno poté

uscire di casa per evitare contatti e ildiffondersi del morbo, salvo quelli cheprendevano il sussidio, uno per casa, oper qualche altro motivo:�sotto pena del Arbitrio severo del

Magistrato della Sanità, e di scomunicalatae sententiae fulminata dall�Ill.moArcivescovo, e a lui solo riservata�.Anche i religiosi regolari (i frati), non

potevano uscire dai conventi senza au-torizzazione, pena la multa di duecentoscudi d�oro e la sospensione a divinis.�Così si dicevono messe per le stra-

de, si cantavono le litanie della B. Ver-gine, si diceva il Rosario e altre orationi...� nelle quali furono impegnati i padridella SS.Annunziata Tito Saltini (sullapiazza sotto le logge), SilverioMassesi(in cima a via della Colonna, al murodellemonache degliAngioli e alla portadel parlatorio, luogo già dell�Accade-mia de Pittori), Alberto Rotilensi (die-tro l�orto dei frati verso le mura dellacittà),AgostinoMedici da Bona (dietrol�orto in cima a via delMandorlo � oggivia Giusti), Ippolito Cioni (in mezzo avia della Crocetta), Dionisio Bussotti,provinciale e teologo all�Università diPisa (in via della Crocetta più in alto) efra Girolamo da Firenzuola (in via delMandorlo alla porta dei Gesuiti).

Fra Agostino Medici e leguerre corsare

Merita nota tra questi padri fraAgo-stino Medici da Bona (Annaba, Alge-ria) per la sua singolare storia che il cro-nista del convento ricorda alla data 11ottobre 1615, quando divenne novizio.Era stato preso fanciullino dopo uno

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Articoli brevi

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scontro delle galere di S. Stefano contro la flotta otto-mana avvenuto in Africa, a Ippona, l�antica diocesi diS.Agostino (vicino a Bona). Giudicato di buono e bel-lo spirito venne adottato dalla granduchessa �MariaCristiana� (Cristina di Lorena) ricevendo il cognomeMedici ... E fu un ottimo religioso, o almeno così cisembra di capire, se al tempo della peste fece parte diquei padri (alcuni erano degli studiosi insigni e di car-riera religiosa elevata) celebranti la messa nelle trististrade di Firenze.La storia del p.Agostino ci fa entrare in quell�avido

Seicento che attinse alle ricchezze delle colonie e delcommerciomarittimo anche attraverso la pirateria. Seb-bene la parola evochi le gesta romanzesche dei buca-nieri delleAntille, dei vascelli inglesi contro quelli spa-gnoli, eccetera, essa era praticata anche nelle acque piùmodeste di casa nostra dalle navi della flotta granduca-le, da quelle degli armatori privati e dalle imbarcazioniturche. Come preda i carichi dei mercantili, in partebottino pubblico o dei capitani e degli armatori. Quelladi fraAgostino pertanto non è una vicenda eccezionalee le Ricordanze riportano episodi simili. Ad esempio:�A dì 4 agosto 1675. Havendo le Galere del nostro

Ser.mo Gran Duca ottenuta la vittoria nel Canale diPiombino il dì 20 luglio del presente anno, contro quel-le di Biserta: delle quali restò presa la Padrona [la naveammiraglia], e si fecero insieme con Ciriffo Moro 120schiavi, e si liberarono 270 Christiani: questi Christianiliberati vennero in questo dì processionalmente allanostra Chiesa, portando avanti l�Insegna ... a rendergrazie alla SS.ma Nunziata�.

Fra Paziente e la SS. Annunziata

Anche i prigionieri liberati dalle catene dei remi del-le navi turche dunque fecero parte della grande e variafolla che nel Seicento sostò davanti all�immagine dellaMadonna per chiedere o appunto rendere grazie, e cheper molto tempo trovò presso la cappella il conversofra Paziente. Così è ricordato nella cronaca del mesedella morte (febbraio 1628):�... e veramente paziente di nome e di fatto, fu huo-

mo di buoni costumi, e di vita esemplare, et in specieper molti Anni è stato custode dell�Altare e Sagrestiadella SS.ma Nunziata, che per tanta assiduità diede nelTisico, e di tal male morì�.Il testo ci parla ancora del Seicento delle malattie, in

particolare di quella tubercolosi che hacontinuato a funestare l�Italia fino atutta la metà del XX secolo. Ma tra-scrivendolo � alla fine di questa nostrabreve vista sul secolo, dalle finestredella SS.Annunziata �, abbiamo volu-to onorare l�umiltà e la fedeltà di fraPaziente, pagate a così caro prezzo:esse hanno una loro grande ricompen-sa, là dove tutto il bene ancora vive.

Nota.[Nel 1610 Galileo scoprì le prime quattro

lune di Giove: Io, Europa, Ganimede e Calli-sto che chiamò pianeti medicei in onore diCosimo II.Nel 1676 (anno dell�apparizione dell�in-

solito lume) Ole Christensen Romer, osser-vando il moto dei satelliti di Giove, scoprìche la velocità della luce era finita. Fino allo-ra si era creduto che la luce viaggiasse istan-taneamente (La velocità della luce è circa300.000 km/secondo).Le comete pare annunciassero la fine di

personaggi importanti: re, imperatori e dellastessa Gerusalemme nel 69 d.C. (GiuseppeFlavio). Ma di certo, diceva Shakespeare:Quando muoiono i mendicanti non si vedonocomete (Giulio Cesare, atto II, scena II, Ce-sare a Calpurnia)].�La SS. Annunziata�, XX, luglio�

agosto 2000.

Il terremoto nel Mugellodel 1542 (dal Libro dei Parti-ti della SS. Annunziata)

�A dì 13 di Giugno 1542.Ricordo come q. ° dì detto venne

uno terremoto quale durò per ispatiodi meza hora di tale forza che rovinò edua terzi del Castello della Scarperiacon alcuni luoghi circustanti comeGa-gliano, S. Aghata, Barberino, Borgho,Boscho a� Frati, Lucho, Pullicciano eCaphagiuolo e molte altre Ville delMugello; in detta rovina morì circha dicento cinquanta persone senza li altriferiti e percossi senza numero; cosaveramente da rimettersi e da convertir-

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si al Signore; e di tal novità tutta Toschana sta in grantimore; venne detto terremoto circha a hore sei e mezo;e di q. ° ... pigli admirazione che è più asai che qui nonè scripto [a lato: chiese 32 in numero]�. A.S.F., Corp.soppr. dal governo francese, 119, 34, f. 73r (trascrittoda P. I. M.).

... e il fiore nella guastada.

Nel 1542, a seguito del terremoto che produsse idanni enormi nelMugello e la traslazione dell�immagi-ne dellaMadonna del Sasso a Firenze, vennero offerteda famiglie emonasteri molte elemosine e doni prezio-si alla sacra immagine. Tra questi, le solite tovaglie,fazzoletti e mantellini che allora usavano, opera di ri-camatori dalla grande pazienza e dal buon gusto (v.PierM. Cassi,Breve Relazione dell�Oratorio dellaMa-donna del Sasso ..., Firenze 1723, p. 16).Un dono, a parere nostro originale, fu un Fiore in

una Guastada �lavorato di Seta, lo donorno le Mona-che delle Murate�.La guastada era il nome, oggi disusato, della caraffa

panciuta dell�acqua o del vino. E dalla caraffa il fioredi seta si presentava allo sguardo se non nella vivezzadei colori (dei quali non abbiamo memoria), nella suabella fattura di seta ricamata e attorcigliata. L�insiemedoveva essere stato creato per stare solitario al centrodi un tavolo; ci rivela in questo un gusto femminile didisposizione di luci e ombre, in un ambiente povero dimobilia e di oggetti di arredamento come poteva esse-re quello in cui vivevano le monache delle Murate, ledonatrici.La Bibbia volgare dei sec. XIV�XV riporta una pa-

rola dalla stessa origine e significato di guastada, an-gristara: v. Apocalisse 16, 1�2 (oggi si usa il terminecoppa):�E udii una grande voce dal cielo, che diceva alli

sette angeli: andate, ed effundete le sette angristare dellaira di Dio in terra. E andò il primo angelo, ed effundél�angristara sua in terra; e fu fatta una piaga crudele...�.

�La SS.Annunziata�, XXI, gennaio febbraio 2001.

Descrizione dell�inonda-mento avvenuto in Firenze il3 novembre 1844

Firenze Tipografia di Federigo Ben-cini, 1851.

... [ pag. 2]�Volgeano gli anni dell� Incarnazio-

ne del Divin Figlio 1844, quando nel-l�egregia, città di Firenze pervenne sulmattino del 3 Novembre l�inondazione,la quale per opera delle cause seconde,ovvero (come credo) dal divino sdegnomandata; di un loco in altro estenden-dosi, grandissimi danni agli uomini edai loro averi ebbe arrecati. Quel padulebipartito, invertendo a poco a poco lamaggior parte del corso suo per tribu-tare più a Ostro verso il Tevere, viene ascaricare le acque a Settentrione sottole mura d�Arezzo; al presente è chia-mato Chiane. Questo per le continuedirotte piogge di tanto ingrossò, che leacque in gran copia scesero giù pel Ca-sentino. Dalla contrada la quale è postaai piè della catena centrale dell�Appen-nino, dallo Stale ,sopra la Futa che ap-pellasiMugello; grandissime acque dallafiumana Stura, coll�influenza del torren-te Dicomano scesero nel fiume Sieve.Questo divenuto oltremodo gonfio al-lagò i piani delle vicine campagne,asportando il Ponte Nuovo ed alcunecase della vicina terra. Per le acque deldetto fiume unite a quelle che sceserodal Casentino sì tanto ingrossò l�Arno,che grandi guasti fece per quei borghi ecolti lungo la via che a Firenze mena.Divenuto terribile per la gran violenzaasportò il Ponte di Ferro, e traboccan-do per le sponde inondò i borghi e mol-te contrade della Città. Salita l� acquain altezza di due braccia e più in BorgoS. Frediano, S, Niccolò e quellod�Ognissanti, penetrò nelle botteghe

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Articoli brevi

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degli artieri e nei piani terreni, trasportando con gran-d�impeto oggetti di belle arti, masserizie e mobili.Al giungere improvviso sul mattino cotanto infortu-

nio, il cuore degli abitanti incominciò a palpitare, tal-chè il terrore per le vene e polsi di chicchessia granderispondea. Intendano i lettori siccome tutta la Città sifosse a gran travaglio.Avvertirò solo che ove fosse datoincontrarli per via è mirarli, il lor tremore più si avvisa-va pel volto, che lo avessero favellando espresso.Ecco sono a quel momento che in rimembrando i

sospiri e lamenti di tante madri mi fanno tristo e pieto-so. Queste, traendo guai, astrette furono coi teneri figliabbandonare i propri abituri e rifugiarsi nei piani supe-riori, domandando pietose a quell� inquilini ospitalità.Tante famiglie si rimanevano ancora nei detti terreniper toglier le cose più care, ma per l�impeto dell� acquasi convenne loro fuggile in altre case, o ai vicini, ondedamorte campare. Tutti questi furono da quelli accolti,e quel poco di alimento che aveano seco lor partirono,ed ivi rimasero finchè non potessero sicuri alle loro abi-tazioni ritornare. Che dirò di quelle madri rifugiate, pertal caso, nei conventi, prese da disperato dolore pro-rompevano in angosciosi accenti, lamentando nelle lorocase gli abbandonati figli? il che scrivendo, vien menola penna a sì funesto pensiero. Per tanto fatto inverodue soli giovinetti non valendo loro le forze per sot-trarsi dall� acqua, miseri annegarono!Intanto le acque in varie Chiese ascesero a più di

due cubiti , in S. Trinita, in S. Lucia sul Prato ed inquelle dei detti Borghi, per cui tutti quelli che in tal dìfestivo assistevano al Divin Sacrificio, si convenne loroesterriti , ritirarsi nei Chiostri, o sacri recinti; onde iparrochi e Religiosi di dette Chiese con evangelica ca-rità tutti accolsero ed all� ora del mezzodì, col cibo perlor preparato si ristorarono, ed ivi si furono fino almomento che fosse lor dato ritornare ai loro abituri. Nèposso tacere i Frati Minori di S. Francesco che di tantoaveano limosinando raccolto per lo vitto giornaliero,tutto a quelli rifugiati dispensarono con tale zelo e cari-tà, che cotanto loro commendava il Penitente d�Assisi.Che dirò in apposito a questi di alcuni che in tal mo-mento poco adoperarono a norma dei Precetti Divini?Il che or tacere è più che narrare, onesto. Nè meno dilode degne le Sacre Vergini Teresiane, le quali per l�au-stera loro regola, adoperando, giusta gli Evangelici Pre-cetti, ebbero assai di misericordia; avvegnachè Cristoabbia detto: Siate misericordiosi siccome lo è il vostro

Padre Celeste. Ed invero avendo il lorvitto diviso con molti che erano nei sa-cri recinti, avvisarono ordinare alle per-sone ivi addette, che di retro del Con-vento in parte ove era meno acqua, di-spensassero a quei vicini, per le calatefuni dalle finestre, frumento macinatoed altri cereali che all�istante aveano,chiedenti, ad alta voce qualcosa per ri-storarsi.Sono assai onorandi anco alcuni, che

pur della, plebe, avendo più animo chealla lor condizione si appartiene, si sfor-zarono uscir di casa e andare in parteove erano meno le acque, e montati supiccoli legni o navicelli per comperaretanto di vettovaglia, provvedendo puranco ai tanti che nulla cosa aveano dacibarsi. Questi generosi, per lor fattoappellar si possono veramente nobili,perocchè esser nobiltà poco o nulla sedal nobil fare disgiunta. Fra tanti certoche si rifulse qual Citerea fra tutte stel-le Carlo dei Marchesi Torrigiani. Eglitratto dal suo filantropico sentire, im-pavido a pericolo anco dei giorni suoi,seco dispose tutto operare in sì tristomomento; imperocchè raccolti tutti igeneri che per nutrimento in allora nelsuo palagio teneva, montato coi fami-liari suoi su piccol legno e dato a quellianimo sen giva per Borgo S. Niccolò,compartendo e comperando ancora,dalle prossime taberne generi a nutri-mento, provvedendo per tal guisa ali-mento a molti e molti per fame, guasilanguenti. Questi fu sì d�animo, nonmeno al nobil lignaggio, grande e libe-rale, a vergogna di tanti patrizi e ricchi,che per gola, sonno ed altri vizi, hannoda lor pietà e tutte virtù sbandite. Salvedunque gentile spirto; e perchè pochicompagni avrai nella tua via, tanto piùti prego a non, deviar dai pietosi inten-dimenti tuoi.Ecco giunto io sono a quell�ora in

che tristezza e angoscia in me si rinno-

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vellano, già pur pensando pria che incominci a descri-ver dei Cittadini il miserando stato. Come natura cirende atti a sentire secondo gli eventi gl�interni affetti,i quali per passione che da ciascun si spicca, non è datonè col sembiante, nè coi detti celare; talchè lascio a te,o lettore, l� immaginare qual palpiti del cuore, qualmestiaccenti si fossero degli abitanti in tale istante, il che miconviene per tenerezza passare senza costrutto. Giàs�udìa il suono della campana annunziare il fine del gior-no quando tanti figli sentian dolore, perchè i lor geni-tori eran nelle case d�onde non potean per l�altezzadell� acqua uscire, e tanti padri eran, punti d�amore peraver lasciati moglie e figli senza nutrimento. Tutti quellianimosi di gran pericolo saliti su legni, o carri, tantoper loro fu fatto che all� ora prima di notte poteronsoccorrere ai suoi. Buio di tenebrata notte aveva na-scose tutte cose allorquando tante madri, ancora ab-bandonate, con alto dolce quietavano i piangenti figli:indi sorgeva un silenzio, sol da sospiri e da quel piantoche dolor premendo il cuore elice dagli occhi nostri,interrotto. Elleno divisando che amici, o altri non po-tessero portar loro del pane, credeano di venir menonella notte coi propri figli, e certo il lor credere sareb-be venuto intero, se l�AltaAutorità non avesse coman-dato a tanti che montati su carri avessero portato aqueste misere famiglie il necessario alimento.Cacciate già le tenebre, appariva il giorno, nè pria la

stellamattutina d�amore ardente splendé nel nostro oriz-zonte, nè l�astro che il mondo alluma raggiò nel nostrocielo, ma fosco sì tanto fu tutto quel giorno, che con-tristava gli occhi e il petto dei Cittadini. Eglino peròpresero animo vedendo per poco cessata la pioggia, leacque in molte contrade abbassate e in altre ritirate;sicchè la prima ora del giorno a bene sperare, loro eracagione. Intanto la suprema Autorità molti provvedi-menti pensava. Ed il Principe, che alquanto lontano,superato ogni ostacolo trovato per l�acqua, venne inFirenze, oltremodo dolente, e pronto provvedere alleestreme bisogne dei sudditi suoi. In allora molti ordi-namenti per lui furon dati.Abili sopraintendenti, prontilavori, operaj in gran numero, talchè in poco d�ora fufatto ciò che far si potea in sì funesto caso. Nè ciò amaraviglia; poiché, come scriveva un gran filosofo, lemani e la linguadegli uomini essere duenobilissimi istru-menti a nobilitarlo, nè avrebbero condotte le opere aquell�altezza si vedono, se dalla necessità non fosserosospinte. La necessità ora eccita i moti impetuosi dell�

animo; per cui si videro in allora fattetali cose, che un granmaestro d�arte nonne avrebbe immaginato l�effetto.E per questo inondamento la città

tutto quel dì e notte appresso fu in granpericolo; ma sul mattino del dì seguen-te l�acqua che era in Città, la Dio mer-cè, ricorse all�Amo, lasciando tutte levie, botteghe e volte sotterranee ripie-ne di. putente braco. E seguendo la dettainondazione, presso la Città verso po-nente, assai danni ebbe arrecati; peroc-chè l�acqua coperse il piano di Legnaja,d� Ognano, di Settimo, Brozzi e tutto ilpiano di Prato, guastando campi, me-nandomasserizie, olio, grano, assai be-stiame e undici annegati. E molti tor-renti che di sotto a Firenze mettono inArno vennero con tanto impeto che ro-vinarono tutti i loro ponti. E per nonprocedere troppo lungo, lasciando ilcontado, e alla città ritornando, solodirò, se detto infortunio non fu terribilee dannevole come quello del 1331 de-scritto da Giovanni Villani, sì grandidanni pure ebbe fatti, che troppo lungoe compassionevole sarebbe tutti narra-re. Io per ultimo son d�avviso che mer-cè la Vergine Maria che grande e po-tente e non men benigna non pur soc-correndo a chi domanda, ma spesse fia-te al domandar precorre, ottenne tantodi pietà dal Divin Figlio, che tanto casopria dell� alba non giungesse; altrimentiquanti avrebbero pianto una morte im-provvisa! I Cittadini in tanto in veden-do che nei dì appresso le piogge noncessavano si erano contristati temendodi altro inondamento. Allora si pensòfare umili supplicazioni alla VergineMadre, che quaggiù fra i mortali di spe-ranza fonte vivace, onde l�Eterno rimuo-vesse un tanto castigo; e certo i loro votifurono interamente paghi, perocchè to-sto rividero i raggi solari illustrare tuttecose belle che l� amor divino ebbe crea-te.

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Articoli brevi

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Il pietoso sentire di molti onorevoli Cittadini fu tan-to, grande, che generosi sì d�assai dettero sovvenzioniin gran copia ai danneggiati. Queste caritative furonoraccolte da benemeriti a tant� uopo destinati per farneequa partizione, giusta i danni sofferti. Ma pria di porfine a questo qualsiasi lavoro, mi è a grado tornare amio principio.Levando l�uomo la mente all�Onnipotente, discerne

i doni che ad alcuni comparte essere una scintilla deiraggi dell� Eterna sua Luce, per l�Onnipotenza e Bontànel crear l�anima, trasfusa. Da ciò comprende siccomel�Apostolo abbia scritto, ogni ottimo dato e perfettodono venga dal Padre dei lumi. Di pietà dunque ed altrevirtù ne fa dono a noi mortali a sollievo dei miseri usan-do, con essi misericordia ed amore, qual pegno di esserchiamati quando che sia a fruire dell� EternoAmore.Salve or pietà, e fissando in te mio pensiero mi dai a

scriver tanta baldezza, mi levi sì, che son più che io.Santissima cosa è pietà, e non solo degna di riverenzama di esser con singolar laude commendata, siccomemadre di carità e magnificenza, d� odio e d�avarizia ne-mica. Chi avrebbe il suo vitto diviso con altri, se nonper costei Chi comperato col proprio generi ad alimen-to per donarli a quelli che non ne aveano, se non percostei? Chi avventurata sua vita per soccorrere a tantiinfelici, se non per costei? Desiderino gli uomini avertal virtù che se pietosi soccorreranno agl� infelici, l�ani-mo loro si espanderà in letizia; che se pietosi per alcuniassai ingrati, senza jattanza per lor fatto gioiranno; separtiranno co� miseri i loro averi, granmercè li attende-rà nel dì delle retribuzioni, talchèmai sempre saran lietiavvisando esser pietà figlia di quell�Amore che mossela Divina Potestà, la Somma Sapienza e il PrimoAmo-re al grand�atto di creazione e Redenzione�.

Un progetto di deviazione dell�Arno ...

Nel 1767 Giovanni Targioni Tozzetti (1712�1783)stampò e presentò Pietro Leopoldo granduca di Tosca-na la Disamina d�alcuni progetti fatti nel secolo XVIper salvar Firenze dalle inondazioni dell�Arno, che par-lava della deviazione totale dell�acqua del fiume da Fi-renze, secondo lui fattibile, per evitare appunto le inon-dazioni disastrose della città.Ma se l�opera imponente poteva esseremessa in atto

dal punto di vista dei lavori, certamente non era �con-veniente� dal punto di vista del costo, assai dispendio-

so. Così il Targioni dopo aver moltodescritto e argomentato, riassunse:

�Primieramente adunque per far iltaglio nella Foce fra i Poggi detti Ga-gliardo, e Meleto, e farvi il nuovo Ca-nale dell�Amo, ci vorrebbero circa scudi80000.Secondo, per fare il grosso, alto, e

largoArgine destro dal, Poggio di Me-leto, fino a quello delle Fornaci, e l�al-troArgineminore sinistro di versoCan-deli e� l Bagno, con riempiere e rialzarealquante cune, e far anche una saldasteccaia sopr� a Girone, in caso che bi-sognasse, balsterebbero altrettanti scu-di, giacché s� impiegherebbero i sassi, ela terra ricavata nel taglio del Poggio.Terzo, per fare il Ponte sulla strada

Aretina, ed il Callone da, introdurreacqua chiara nel Fosso Navigabile, edare il passo ai Foderi ecc, 100000.scudi dovrebbero servire.Quarto, per sbassare, sfociare, ed

allargare il Letto dell�Ema, e quellodella Greve, col riempiere le Cune, fareArgini, e Spallette dove bisognassero,ed insieme sfociare lo Stretto della Gol-folina, e demolire la Steccaia, ed il Pontedi Signa, con sostituirvene uno di Bar-che, 70000 scudi sembrano bastanti;giacché troverebbero dei Particolari,che farebbero a loro proprie spese iMulini, e le Steccaie ancora sulla Gre-ve.Quinto, i due altri Ponti, cioè sul trat-

to dell�Ema per la Strada Romana, e suquello della Greve per la Strada Pisana, appena costeranno 120000 scudi.Sesto, il Canale d�acqua chiara, dal

Callone vicino al Ponte della StradaAretina, condotto per mezzo di Firen-ze, e di lì continuato fino al suo ritornonell�Arno, sotto a dov� è sopra il Pontea Greve, coi suoiArgini, Spallette mu-rate, Ponti, Cateratte, col Pignone oPorto accanto a Firenze, e col Callone,

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Paola Ircani Menichini

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e Varatoio sul suo fine, non dovrebbero importare piùdi 130000 Scudi.Settimo, l�altro Fosso Maestro, che riceva gli scoli

delle Campagne, ed imbocchi nel sopraddetto vicino aFirenze, con i suoiArgini, e Ponti necessari, con 20000Scudi si dovrebbe poter fare.Ottavo, la Chiusa finale dell�Argine Maestro, fra il

Poggio di Meleto, e quello delle Fornaci, e oltre di ciòil rinforzo, o rinfianco suo amezza luna, per assicurar-si dalle rotte, e dalle sorgive, non crederei potesseroimportare pi�i scudi 50000.Nono, le Spese straordinarie di Perizie, di Disegni,

eModelli, di Provvisioni, ed Onorari a� Soprintenden-ti, e Regolatori di tutta l�impresa, si può per comodocalcolare di Scudi 50000, ne� quali vi entrerebbe anchequalche mala spesa ecc.Sicché tutte quante le somme di questi nove capi,

non monterebbero a più di 700000 Scudi. Certo chenon si tratta di una fronda di Porro! ...� (p. 64 � 66).

La zanzara e i nostri tempi ... comecambia il mondo e come è sempre ugua-le!

La Tipografia di Francesco Spiombi fu costituita inFirenze nell�aprile 1835 e qui fece il suo apprendistatoAdriano Salani (1834�1908) che nel 1862 se ne andòvia per fondare la sua propria casa editrice.Spiombi si occupò principalmente di edizioni catto-

liche, romanzi popolari, canzonette, stampe.Uscì dalle sue stampatrici anche il settimanale umo-

ristico La Zanzara che vide la luce per la prima voltadomenica 7 luglio 1860, e rimase in vita fino al 7 otto-bre occupandosi di fatti e fatterelli di Toscana. La suaamministrazione ebbe sede accanto alla scalinata dellaBadia Fiorentina e ne fu gerente responsabile NarcisoCarrara.

Questo il suo programma.

«La Zanzara «vola, vola, e va a posarsi dove trovasangue corrotto da suggere, sia pure sangue rosso, san-gue bleu o sangue turchino... È libera come l�aria perla quale si aggira, e non teme nulla perché nulla aspetta... Vede gli studiosi respinti, gl�intriganti prescelti, gliamici di combriccola favoriti, impieghi e cariche elargitea casaccio. Eppoi un�inutile profusione di denari, un

pandemonium, unmaremagnumdi nuo-vo e di vecchio... un�immensa turba diDon Chisciotti, di Gingillini, di giovanitratti a rimorchio dalle gonnelle, di uo-mini di buona fede, di uomini di buonafama, di gesuiti in giubba, di asini d� oro,di scribi e farisei... Tutti facienti a garaper mettere i piedi nel paese della cuc-cagna...Vede deputati piòli, deputati cheaprono la bocca per far ridere, deputaticol morso in bocca e le redini in manodel cocchiere, ministri che sonnecchia-no, funzionari che dormono... Vedegiornalisti, che un tempo avevano le ditafuori dalle ciabatte, gittati alla più neraopposizione non per principio, ma perfar sacco alle spese dei codini... ed altriancora che per far lo spirito non hannonulla di sacro e di santo.La Zanzara, aborrendo dagli estremi

partiti, terrà parola di tutto. Loderà ibuoni, deprimerà i tristi, smaschereràgl�ipocriti. Vuol libertà, non licenza;moralità, non scandalo; religione, nonateismo... Italia sia grande,ma abbia perbase della sua grandezza il coraggio deisuoi figli, la religione degli avi; ogni ci-vile e patriottica virtù... I giornali deb-bono essere ciò che il foro agli antichi...Si ride perché il riso è gran scuola aicostumi, si dice; Aristofane fece ridereil popolo, ma questo, uscito dal teatro,volle che Socrate bevesse la cicuta...Dello scherno bisogna usare a ragione...Invece non si distingue l�individuo dal-la casta, e ciò quando si dovea chiama-re il popolo alla vera libertà, ch� è il ri-spetto della opinione altrui. Si confon-de il cardinal Corsi (eh� ebbe fama diostinato retrivo) col povero prete mor-to sui ripari di Palermo... Dunque si saegli ridere ? Nò, emille volte nò. Si pre-dica contro gì� impiegati ; ma quando il27 Aprile rompemmo il giogo oziosoaustriaco non volemmo per noi gì� im-pieghi, gli onori, le cariche. Nò, noi vo-lemmo essere italiani».

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Articoli brevi

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L�annuncio fantasma

L�Annuncio, cioè l�Annunciazione ... unaAnnuncia-zione scomparsa di cui parla come esistente e ben visi-bile, GiorgioVasari (nelleVite).Ma leggiamo insieme iltesto scritto per la vita di Andrea Feltrini (� 1548).�Fece di chiaroscuro la facciata della chiesa de� frati

de Servi; dove fece fare a Tommaso di Stefano pittore[e architetto] l�Angelo che annunzia la Vergine e nelcortile dove son lo storie di San Filippo [Benizi] e dellaNostra Donna fatte da Andrea del Sarto [� 1531], fradua porte [della chiesa] fece un�arme bellissima di papaLeone X� (vol. V, Firenze 1906, p. 207).Di scomparso, per noi, non è soltanto l�annuncio

dell�angelo a Maria, ma anche la facciata dipinta che �per non creare equivoci nella descrizione � precisiamocon le Memorie inedite di p. Filippo M. Tozzi, osm (�1775):�L�istessoAndrea aveva già dipinta la facciata este-

riore [il retro della facciata interna] di questo Chiostroverso la piazza di chiaroscuro, dove fece fare a Tom-maso di Stefano pittore l�Angelo che annunzia la Ver-gine in due Nicchie: ma � aggiunge � nella costruzionedella Loggia de� Pucci furono distrutte le pitture�.Però il loggiato dei Pucci è sul lato opposto della

facciata e la sua costruzione risale al 1601. Quindi, an-che per il Tozzi, l�Annuncio non è più visibile ed è unsemplice ricordo fantastico.Ora, poco più di un decennio fa, il mio interesse ico-

nografico sul Santuario ha messo l�attenzione su unapittura dei primi del �500, attribuita a Ridolfo del Ghir-landaio (� 1561), il cui contenuto è interessante perchéil pittore, che opera nella Cappella dei Priori in PalazzoVecchio, ha ricordato ai politici della Repubblica fio-rentina, che sulla Città veglia, sopra la loro custodia, laProtezione dell�Annunziata; ma perché nessuno dubitidi qualeAnnunziata si tratti, ha rappresentato, tra il ful-gore di raggi dorati, il complesso del Santuario del-l�Annunziata, con una precisione fotografica per queitempi, come risulta dalla documentazione esistente. Lavisione del complesso è come se avvenisse partendodalla Cattedrale, guardando di prospetto a mezz�arial�insieme degli edifici: protiro e campanile; arco cen-trale per l�entrata al chiostrino deiVoti e in chiesa; muraa sinistra e a destra a chiusura dello stesso chiostro;facciata esterna della chiesa, a chiaroscuro, messa inrisalto da un ingrandimento; le due nicchie con l�An-

nunciazione; l�occhio centrale della fac-ciata e il piccolo tondo al di sopra, for-se contenente lo stemma dei Falconie-ri, pretestuosi fondatori e tutori del San-tuario, e in trasparenza sulla facciata,lesene e timpano dipinti ad architettu-ra, secondo la descrizione dei testi cheabbiamo letto insieme. In pratica tutti idubbi sollevati alle testimonianze scrit-te si risolvono da sé.Andrea di CosimoFeltrini e non Andrea del Sarto comecitano alcuni, è l�autore di questa An-nunziata al chiaroscuro ed evanescen-te. Ridolfo del Ghirlandaio sperò didargli più lunga esistenza benché impi-gliata tra i raggi dorati della sua imma-gine dipinta nella cappella della politi-ca fiorentina o dei Priori.Ma quello chesi presenta alla mia riflessione, dopoaver raccolto e messo insieme questecuriose notizie è comemai l�equilibrioe la misura propria di Firenze su tuttociò che toccava o possedeva, non si fecesentire nei riguardi dell�immagine del-l�Annunziata � non dell�episodio del-l�annunzio evangelico, ma di lei, nel-l�immagine di questaAnnunziata che èorfana d�autore, ma risponde, penso,con la sua trasparente bellezza ad ogniinterrogativo.L�immagine sembra quasi esistere

per presentare al mondo e stampare inogni angolo del Santuario � persino neigradini dell�altare � segni dell�affetto edell�identità di una fede, dichiarata sen-za paura di ripetersi, sulla facciata in-terna ed esterna della chiesa, nel sim-bolo del Servizio � sono la Serva delSignore � che la sua divina maternitàha offerto nel Figlio per la salvezza eter-na del mondo.

p. Eugenio M. Casalini (La SS.An-nunziata, XXVI, 4, luglio�agosto 2006)

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L�Annunziata dei Medici (1514)

Prendendo occasione dall�articolo del p. EugenioM. Casalini nel numero precedente del Bollettino �Unannuncio fantasma �, ritorniamo sul particolare dellaSS.Annunziata dipinta nell�Annunciazione di RidolfodelGhirlandaio nella cappella dei Priori di PalazzoVec-chio (1514), domandandoci quali siano stati i motividella commissione di quest�opera originale, se non uni-ca, nella composizione e nella collocazione.I motivi certamente politici furono dovuti ai Medi-

ci, protettori del Santuario con Piero di Cosimo e Lo-renzo ilMagnifico che � ricordiamo questo particolareimportante � nel 1489 riuscì a far ottenere il cappellocardinalizio per il figlio Giovanni, e senza saperlo assi-curò l�avvenire della famiglia a Firenze. La rovina de-gli affari e la discesa in Italia di CarloVIII, provocaro-no poi una scandalosa sottomissione ai francesi, e il 9novembre 1494, la cacciata dalla città di Piero di Lo-renzo.Firenze allora non era affatto preparata alle trasfor-

mazioni dell�Europa: presa dalla sua radicata tradizio-ne di libertà, dal suo idealismo e da una certa incoeren-za, non si rese conto della decadenza. Così nel 1512,con la partenza di Luigi XII dall�Italia, la repubblicaaristocratica, di cui il Machiavelli fu il segretario, cad-de, e le truppe spagnole e il papa imposero il ritornodei Medici in città. Nel 1513 il cardinale Giovanni di-venne papa Leone X, e il potere a Firenze fu esercitatoda suo nipote Lorenzo, figlio di Piero, e dal 1518 dalcardinale Giulio (poi a sua volta papa Clemente VII).Dunque l�inserimento del complesso dell�Annunziata

nel dipinto della cappella dei Priori nel 1514 ci sembral�effetto del voler mostrare alla Signoria di allora, qua-le fosse la chiesa prediletta dei Medici, nel presente,ma bene ricordando il passato.E che Leone X fosse stato davvero affezionato al

Santuario, abbellito dalla sua famigliamagno aere (conmolto denaro), lo dicono altri documenti proprio del1514 inediti nella trascrizione originale.Il primo, nel registro 52 dell�Archivio di Stato di

Firenze, è il ricordo di un Motuproprio papale, senzache alcuno lo avesse richiesto (Volentes motu proprionon ad alicuius nobis super hoc oblata petitione in-stantiam sed de nostra mera liberalitate), datato 26aprile, riguardante la concessione di indulgenze per chicontrito di cuore e confessato avesse visitato la cap-

pella della SS.Annunziata: per ogni sa-bato mille anni di indulgenza e millequarantene; per le feste della Madonna(Concezione, Natività, Presentazione,Visitazione, Purificazione,Assunzione,S. Maria della Neve), Natale, Venerdì eSabato Santo, duemila anni e altrettan-te quarantene.Il secondo documento sono due la-

pidi conservate oggi in convento, rias-sunto del motuproprio suddetto, una initaliano e una in latino (Quod novisseiuvabit perlegant omnes � Tutti legga-no a fondo ciò che gioverà conoscere �la riportiamo nella fotografia).Dopo il Motuproprio, il 31 maggio

1514 iMedici sistemarono un�altra pen-denza: l�autorità degli operai (coloro chedecidevano le opere, i lavori) del San-tuario. In questa data scrisse il provin-cialemaestroAlessandro chemonsigno-re deiMedici emonsignore di Sanvitale� commissari nel dichiarare l�autoritàche devono avere li operai dei Servi �deliberavano di revocare tutte le bolleo i brevi già emanati per annullare omodificare le leggi e autorità nei tempipassati. I religiosi preoccupati faceva-no però presente che �non si dovessetoccare le chose antiche, ma quelle cor-reggere ...�.Non ci furono le temute deliberazio-

ni �eversive�. Una lunga annotazione incalce ricorda gli operai eletti dal capi-tolo dei frati � il p.Aurelio diMichelan-gelo priore,maestroAmadio d�Antonio,maestro Cosimo di Antonio, e quellieletti dalla Signoria: Bartolo Tedaldi,Piero Pucci, Diaro (?) Dini e Pier Fran-cesco da Rabatta. Tutti insieme, sem-pre con la volontà di monsignor Loren-zo e d�accordo conmaestroAlessandroprovinciale, prendevano atto che nelconvento c�erano stati molti disordini emassime nelle chose temporali e stipu-lavano una convenzione, impegnandosia stanziare una certa somma per hono-

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Articoli brevi

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re della religione e della gloriosaMadonna, con la spe-ranza che le cose non andassero male come in passato,e auspicando sovvenzioni più cospicue per l�avvenire.Ci sia perdonata la frase �approssimativa�, ma vien

da pensare che quando nuovi governanti si impongono,il passato assuma sempre un brutto aspetto. Ma infine,tutto resta come prima: tempi nuovi e politica vecchia.A noi invece rimane la parte migliore: unmagnifico di-pinto, ancora oggi visibile, con �la fotografia� della SS.Annunziata nel 1514.

La SS. Annunziata, XXVI, 5, settembre ottobre2006.

Il pittore Lorenzo Gelati e l�angelo diPalazzo Vecchio

Il 18maggio del 1895 alle 20,55 una fortissima scossadi terremoto sussultorio e ondulatorio fece traballare ilsuolo e la città di Firenze. Lo spavento fu immenso, idanni ingentissimi, soprattutto nelle campagne.Un anno più tardi, nel giugno del 1896, un Comitato

costituito apposta, donò alla SS. Annunziata una lam-pada votiva d�argento, fusa dall�argentiere Gherardi,detta la Lampada del Terremoto, che ancora oggi è ac-cesa davanti alla sacra Immagine.Circa nello stesso periodo � non sappiamo la data

precisa � il Comitato per il Terremoto donò al Comunedi Firenze il dipinto su tela di Lorenzo Gelati raffigu-rante l�angelo che proclama la SS. Annunziata protet-trice di Firenze (Ecco la Vergine che prega per il popo-lo e per la sua città).Lorenzo Gelati nacque a Firenze nel 1824. Dappri-

ma si interessò agli studi letterari e poi alla pittura, se-guendo la scuola dell�ungherese Carlo Markò. Notesono le sue vedute della zona del Valdarno e del litoraleversiliese. Verso il 1850 frequentò il cafféMichelange-lo e decorò con due dipinti murali le pareti della saladestinata agli artisti (Tramonto e Ruderi con la luna).Tra il 1854 e il 1856, assieme ad altri pittori, si trasferìnel senese (la scuola di Staggia), dove prese ispirazioneper molti pregevoli dipinti. Gelati risentì dell�influenzamacchiaiola anche se non appartiene questa corrente.Dal 1861 fu ospite per diversi anni di Diego Martelli aCastiglioncello e continuò ad esporre per varie promo-trici fiorentine. Morì a Firenze nel 1893.

La SS. Annunziata�, novembre�di-cembre 2003 (un ringraziamento alComune di Firenze che ha messo a di-sposizione del p. Alberto M. Ceragiolila fotografia del dipinto di LorenzoGelati).

Incarichi e vita comune nelconvento della SS. Annunzia-ta di Firenze (Servi di Maria)

La Visita del padre provinciale del-l'Ordine dei Servi di Maria del 1787(conservata nell'Archivio del convento)è scritta in italiano e, ben dettagliata,ricorda gli incarichi dei frati e la vitacomune del convento della SS.Annun-ziata in quest�anno. Il numero dei fratidi famiglia è di 76, così composti:4 chierici novizi (studenti che si pre-

paravano al sacerdozio)5 laici novizi (i futuri conversi)3 laici oblati (i conversi prima del

noviziato)22 laici professi (conversi, cioè frati

non sacerdoti, addetti a mansioni chenon erano di governo o liturgiche)6 chierici ex novizi (studenti dimes-

si dal noviziato)3 chierici professi (studenti che ave-

vano professato giuridicamente la loroappartenenza all�Ordine)15 padri, cioè sacerdoti (frati addet-

ti alle liturgie, al coro, al governo dellacomunità o agli studi)2 baccellieri (insigniti del primo gra-

do accademico)16 maestri in S. Teologia (insigniti

del secondo grado accademico).

CONVENTO. Una frate laico pro-fesso era il portinaio, addetto stabilmen-te all�ingresso del convento. Un cam-panaio, un laico oblato, avvisava e con-vocava i frati o anche gli estranei con isuono delle campane.

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La grande cucina aveva un cuoco, un laico novizio,e un sottocuoco, un oblato.Nel 1787 il convento aveva anche un forno in pro-

prio non aperto alla vendita al pubblico: il fornaio eraun laico professo che praticava ilmestiere damolti anni.Aveva come apprendista un oblato sottofornaio.Andava in piazza per le spese del convento, lo spen-

ditore (laico professo) che nel 1787 era anche dispen-siere, cioè il fornitore della dispensa e della cucina. Unlaico professo era canovaio cioè l�addetto alle cantine.Il refettorio e tutto quanto lo concerneva era affidatoal refettoraio (laico professo).Il frate foresteraio (laico professo) invece si occu-

pava degli ospiti e dei locali adatti al loro alloggio inconvento.Esercitavano altri mestieri utili lo speziale o farma-

cista (laico professo); il letteraio (laico professo), chesi occupava della corrispondenza, forse come spedi-zione e ricevimento; il barbiere (laico novizio); il fale-gname (oblato) per i manufatti di legno più grossolanie il legnaiolo (laico professo) forse per i lavori più rifi-niti e comuni.Nell�infermeria i frati degenti erano 6, di cui due

«accidentati» e quattro permanenti, molto anziani.Addetti alle cure erano il primo infermiere (laico pro-fesso), un secondo infermiere (laico novizio), due assi-stenti (laici professo e novizio) e un aiutante (laiconovizio).Gli incarichi in convento conferiti ai padri erano il

massaio (sacerdote) con un sottomassaio (laico pro-fesso) che si occupavano delle masserizie e delle cosemobili; il depositario, che riceveva in deposito denaroo cose mobili; il segretario (maestro), per l�organizza-zione degli affari e degli atti di una certa importanzarelativi ai padri; il sindaco delle riscossioni (maestro),responsabile delle riscossioni anche degli affitti degliimmobili di proprietà del convento; il sindaco delle liti(sacerdote), ovvero il procuratore nelle controversielegali anche con altri conventi; il camarlingo (maestro),cioè l�economo che provvedeva all�amministrazionedell�intero convento, e teneva i libri contabili; e infinel�archivista (maestro).Dai padri sacerdoti e graduati era eletto il priore

(maestro).

SANTUARIO. L�importanza del Santuario esigevaun primo sagrestano (maestro) che era anche conser-

vatore del culto alla MadonnaAddolo-rata, un secondo sagrestano (sacerdo-te) con un aiuto sagrestano (oblato) eun sagrestano della cappella della SS.Annunziata (sacerdote) con un sottosa-grestano della cappella (laico professo).Un ceraiolo (sacerdote) aveva in con-segna le candele e la cera mentre uncerimoniere si occupava della direzionedelle funzioni solenni e anche dell�ordi-ne delle precedenze.Data l�affluenza di fedeli al Santua-

rio necessitavano molti confessori: 6sacerdoti erano addetti per tutto il lorotempo alle confessioni, 16 (di cui 7 ma-estri) secondo le necessità perché rico-privano anche altri uffici. Un sacerdoteera confessore dei religiosi e un altrosacerdote (ex eremita) e unmaestro era-no predicatori.Per il canto, un sacerdote aveva l�uf-

ficio di maestro di coro e un altro eramaestro di cappella.Nel 1787 era ancora presente l�Ope-

ra della SS. Annunziata ed un padremaestro ricopriva l�incarico di PrimoOperaio.

NOVIZIATO, PROFESSATO ESTUDIO. Nel 1787 il noviziato acco-glieva novizi fiorentini e due novizi diLucca; gli ex novizi erano 8 di cui duefigli della ProvinciaToscana, tre figli delconvento di Firenze, uno del conventodi Pisa, uno del convento di Montepul-ciano e uno del convento di Corvaia. Ichierici professi ammontavano a tre: undiacono di S. Maria dei Servi di Bolo-gna studente in teologia, uno del con-vento di Siena studente in teologia e unodel convento di Sassari studente in filo-sofia.Anche due sacerdoti studiavano te-

ologia: uno apparteneva al convento diPassignano e l�altro a quello di Siena.Un graduato baccelliere, del conventodi Pisa. proseguiva gli studi per conse-guire il secondo grado accademico.

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Articoli brevi

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Soprintendeva il reggente agli studi generalmente ungiovane maestro che aveva ricevuto di recente il gradoin altri collegi della Provincia Toscana.Gli insegnanti erano il maestro dei novizi e convitto-

ri con due sottomaestri; il maestro del canto del novi-ziato; il maestro degli ex novizi con il sottomaestro degliex novizi (baccelliere). Un altro padre baccelliere eralettore di filosofia e lettore dei casi di coscienza. Unlaico professo fungeva da servitore del convitto (la scuo-la per giovani).La vasta biblioteca (libreria) era affidata a due padri

bibliotecari (maestri) e al custode della libreria (laicoprofesso).

RAPPORTI CON TERZI. Il convento aveva deipossedimenti immobiliari in campagna. Quattro fraticonversi erano delegati ai poderi, come fattori. Viveva-no sul luogo e la loro assenza da Firenze poteva durarea lungo. Ma erano considerati ugualmente parte delconvento.Le suoreMantellate avevano il padre correttore che

era anche il loro confessore ordinario. Un altro sacer-dote era il confessore ordinario di monache (nonMan-tellate).Nel 1787 due padri maestri erano dottori aggregati

al Collegio Fiorentino dei teologi (Università).Due laici professi, un sacerdote e un maestro infine

non avevanomansioni specifiche in convento.

Anno 1931: l�EIAR diffonde per la pri-ma volta la Messa cantata alla SS. An-nunziata di Firenze

Il 22 settembre 1931 i Padri Servi diMaria della SS.Annunziata di Firenze approvarono la richiesta del-l�EIAR (l�ente delle trasmissioni radiofoniche), di po-ter installare nella Basilica l�impianto di una piccola sta-zione radio per le esecuzioni dellaMessa Cantata delleore 11, di ogni domenica. Nella cronaca del convento(pag. 303) si legge:Quest�anno, il giorno di Natale, la Musica e il re-

sto del Canto della Messa solenne è stato trasmessoper radio. È stata eseguita la Messa Pontificalis delM. Perosi e il Verbum caro del M. Ugo Cagnacci.In quel medesimo periodo di tempo, nel dicembre

del 1931Mons. Elia dalla Costa diventava arcivescovodella diocesi. La Firenze di allora aveva il primato di

capitale culturale d�Italia: e i frati del-l�Annunziata ricevevano un esplicito ri-conoscimento della cura secolare dedi-cata alla loro Cappella Musicale, checontava ormai 450 anni di esistenza.Giànel 1299 la Basilica aveva un organo,ma l�inizio delle attività musicali risa-le addirittura ai primi tempi della vitastessa del nuovo ordine religioso scri-veMaria Cabras nella sua tesi di laurea� Ricerche per la Storia della CappellaMusicale della SS. Annunziata di: Fi-renze (1576-1713) �. Nella vocazionedei primi frati era entrata da subito lamusica, come esperienza comunitaria,unione nel canto e nella lode, avvicina-mento al mondo spirituale, e omaggioalla Vergine eletta madre e signora deisuoi Servi. La musica doveva entrarea far parte definitivamente nella vitadell�Ordine con il Padre generale An-drea da Faenza che nel 1374 decretòl�uso dell�organo in tutte le Chiese del-l�Ordine; e poi con il p. generaleAnto-nioAlabanti che fondò all�Annunziatala Cappella Musicale nel 1481 e fecevenire a Firenze maestri fiamminghi,tedeschi e francesi per insegnare musi-ca e canto ai cantori.La famigliaMedici protesse sempre

questa iniziativa del Santuario,oltre apartecipare od assistere alle Messe so-lenni cantate; lo stesso Ferdinando, fi-glio di Cosimo III Granduca, fu un cul-tore di musica, e il 9 agosto e il 14 ago-sto del 1702 in occasione del propriocompleanno e di quello di suo padre,fece celebrare due Messe dirette daAlessandro Scarlatti.A tutte le celebra-zioni solenni, unite agli � scuoprimentidella Madonna�, cioè dell�immaginedell�Annunziata che stava sempre co-perta, interveniva un gran concorso dipopolo.... finita la funzione si inviarono alla

Cappella della SS. Annunziata, si leg-ge in una relazione del Pellegrinaggio

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di Budrio all�Annunziata nel �600 ...mentre li Fratellioravano, i musici si mettevano all�ordine per cantarela Santa Messa; il concorso intanto del popolo sem-pre più cresceva. Li musici dell�Accademia di Sua Al-tezza Serenissima si stupirono di una musica sì squisi-ta e concerti sì rari, molto più che la Messa era scrittada poco, si credé unmiracolo: all�elevazione dell�Ostiaunmusico nostro contralto, cantò unmottetto con quat-tordici instrumenti che fu una cosa di meraviglia ... .L�Ordine dei Servi e la SS.Annunziata ebbero figu-

re illustri di frati musicisti; citiamo, tra i più noti: fra�Andrea de� Servi tra il �300 e il �400Attilio Ariosti eCarlo Berti nel �500, Giov.Andrea Florimi e GirolamoGuiducci nel �600, Dionisio Bellieri, Domenico Bran-caccini, GiacintoMonghini, Luigi Braccini, Pa lo ,Bon-fichi e il russo Giov. FilippoDreyer nel �700. Le esecu-zioni della Cappella Musicale � cosa di meraviglia �furono per secoli fruibili solo per un numero grandema sempre limitato di fedeli: con l�avvento delle tele-comunicazioni ne divenne partecipe il mondo che pos-sedeva una radio. Il progetto dell�EIAR nel 1931 fuquello di dare alla gente una radio � sorella �: la musicasacra e il gregoriano portarono ovunque nel mondo, eper più di dieci anni, il richiamo alla preghiera e all�ar-te che Firenze, dal suo Santuario, inviava ad unmondoormai prossimo alla distruzione della guerra. Le rea-zioni a questa iniziativa non si fecero attendere: sonoconservate nell�archivio del conventomolte lettere sulleradio-trasmissioni: sono lettere di lode e di critica. Esseprovengono da tutta Italia, ma anche da Zurigo, Gre-noble, Los Angeles in California, dove un ascoltatorenella sua casa ebbe la sorpresa, una domenica mattina,di udire chiaramente la Messa cantata delle ore 11 allaSS.Annunziata.I Professori di musica d�Italia e d�Europa, oltre a

chiedere informazioni su titoli e autori delle Messe,offrirono spesso le loro composizioni. A consacrare ilsuccesso, nel 1933-34, in occasione del settimo cente-nario della fondazione dell�Ordine dei Servi di Maria,venne bandito un concorso di musica sacra con premiragguardevoli. Ma dobbiamo ammettere che nonman-carono le critiche, che prendevano spunto dai più varimotivi: c�era chi si scandalizzava di sentire la messacantata al bar o all�osteria... chi deprecava la trasmis-sione delle parti riservate al clero, perfino il parlato equasi quasi anche le secrete, con certe modulazioni divocemagari non conformi alla notazione esatta delmes-

sale... si desidererebbe anche dai dia-coni, che sono giovani, una pronunciapiù distinta ed educata... , scrive il di-rettore dell�Associazione Italiana di S.Cecilia che esprime il suo e altrui �scan-dalo� per l�esecuzione dell�Ave Mariadi Schubert, che Pio X aveva proibitodi cantare nelle chiese... Chi mi scrivesi aspetta di udire tra poco la nuovissi-maAveMaria di Gounod! . Tuttavia perbilanciare le proteste basta citare duerighi della lettera di M. Bonne di Gre-noble (25 marzo 1938) che in franceseringrazia i padri e prega la SS. Annun-ziata di rendre au centuple tout le bienque vous avez fait à un auditeur incon-nu e lontain, e alcuni brani di una digni-tosa lettera del P. Prosperi, parroco, aMons. Elia Dalla Costa, datata 25 no-vembre 1933: Quanto poi ai suppostiinconvenienti, già tutti vagliati accu-ratamente sulla nostra stampa, compre-so l�Osservatore Romano, mi permettodi far presente all�Eminenza Vostra cheessi non debbono essere così notevolise i RR. PP. ricevono continuamenteapprovazione non solo da parte di se-colari ma di ecclesiastici e di altissimeautorità della Chiesa da ogni parted�Italia. Nell�ipotesi più benigna, di-nanzi a questo fatto, non si può pensa-re che, se gl�inconvenienti lamentatiesistono, essi sono tali da essere giu-stamente compensati dal bene che la ra-diotrasmissione compie. Bisognerebbeconoscere le innumerevoli continue ecommoventi corrispondenze che giun-gono da Ospedali,Case di cura, poveriinfermi nelle proprie abitazioni, e datanti altri ancora, per comprenderequale missione possono avere anchequeste radio-trasmissioni della MessaCantata. E del resto anche il solo fattodi venir trasmessa la Sacra Cerimoniapuò essere un richiamo non indifferen-te, come in pratica si esperimenta, apensieri più alti... Ma come sarà possi-

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Articoli brevi

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bile impedire la tosse, starnuti etc.? E come mai talicose inevitabili fanno tanta impressione (!) nella no-stra città o solo in certi ambienti assai limitati e didubbia buona fede?.. Non sempre infatti nella nostracittà, per le cose che la riguardano e specialmente percerte iniziative meno ordinarie, come l�Eminenza Vo-stra avrà bene intravisto, si porta nella discussionequella oggettività e quella serenità di giudizio che ènecessaria sempre, specialmente quando si tratta dicose che escono dall�ambito cittadino...Le radiotrasmissioni della Messa Cantata ogni do-

menica continuarono ininterrotte fino all�inizio del 1942:nel frattempo il direttore della Cappella, il M. Ugo Ca-gnacci si era dimesso e al suo posto era subentrato ilfiglioMarcello; ilM.GiuseppePiombini dirigeva le partiin gregoriano, cantate dagli studenti religiosi dei Servi;il M. Del Testa era l�organista della Basilica. Il giornale�The Universe� giudicava in quel tempo le Messe tra-smesse � alwayswell-sung, sempre cantate bene �. Dal1942 le radiotrasmissioni divenneromensili.Poi in Italia la guerra portò il suo seguito di morte e

lutto. Né l�EIAR trasmise più per radio laMessa canta-ta alla SS. Annunziata. Il dopoguerra vide la faticosaricostruzione del paese. Forse fu per non ritrovare l�Italiacambiata che, secondo una massima � gattopardiana �,molte piccole cose cambiarono. Una di queste fu laMessa cantata alla SS. Annunziata. Con lettera del 5ottobre 1946, l�ex EIAR, ora RAI, ente di stato, comu-nicò la trasmissione di una specialeMessa dal Vaticanodalle ore 11,30 alle ore 12,30 di ogni domenica e riser-vandosi di trasmettere dalla Basilica di FirenzeMessestraordinarie secondo i desideri e le segnalazioni diS.E. il Cardinale Arcivescovo, il che voleva dire quasimai. I frati esposero le loro ragioni, ma la RAI il 12novembre rispose che dopo l�offerta del Vaticano, sia-mo stati costretti a dover rinunciare. Ad un�altra ri-chiesta di spiegazioni la RAI comunicò sempre laconi-camente che in collegamento con la RadioVaticana vie-ne trasmessa la Messa in S. Pietro, centro della Cri-stianità... (30 ottobre 1947). Nulla da fare: chi era fuo-ri dal centro, era emarginato. Ma forse Firenze non erapiù capitale culturale d�Italia, e forse, per molti, nonera più il tempo delle Messe cantate, e della musicasacra. Lo stesso canto gregoriano si avviava verso unsilenzio significativo a causa dimolti altri � abbandoni �religiosi e culturali. È certo inutile rimpiangere il passa-to, ma non crediamo inutile, ed anzi, riteniamo dovero-

so ricordare che dal nostro Santuario,e da Firenze, per più di un decennio, lamusica sacra portò una voce di pace,di conforto a tanti � sconosciuti e lon-tani �, inOspedali, case di cura, ad in-fermi nelle proprie abitazioni, mentrealtre �voci� si adoperavano a distrug-gere pace e conforto.

La SS. Annunziata, I, 3 luglio-ago-sto 1981.

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Paola Ircani Menichini

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Toscana religiosa

L�abito delll�Addolorata a Volterra e in Le-vante (1724�27)

Nel Duomo di Volterra (navata sinistra) si trova unoratorio dedicato a Maria Addolorata, noto anche perun Presepe e un�Adorazione di Magi di terracotta poli-croma (sec. XVI) ed una pittura di Benozzo Gozzoli.La devozione all�Addolorata fu introdotta nella cit-

tà proprio dai Servi della SS.Annunziata, come ci dicequesto ricordo:�A dì 6 febbraio (1724)Ricordo, come in detto giorno, fu fondata nella Cit-

tà di Volterra, la Compagnia de� Sette Dolori di M.Vergine, essendo a tal fine andati, per le replicate in-stanze fatte da quei Signori di Volterra, il nostro M. R.P.Maestro EnricoAntonioVerzelli, et il V. P. Ferdinan-do Paolucci, ambidue figli di questo Convento, e con ledebite licenze del P. R.mo Generale, fu fatta la Funzio-ne nella Cattedrale di detta Città, dove fu esposta lastatua di M.a Vergine Addolorata, et il sopradetto M.R. P. Maestro Verzelli fece al suo solito, un fruttuosodiscorso del nostro Santo Abito, et il V. P. FerdinandoM.a Paolucci, come Correttore della Compagnia deSette Dolori in Firenze, fece tutte quelle funzioni solitefarsi in simili occasioni, e diede in più volta l�Abito deSette Dolori, a più di 500 persone. Su la sera di dettogiorno fu portata la Statua di M. V. alla Chiesa di S.Giovanni, di contro alla Cattedrale, luogo assegnato,per quivi fare le funzioni da quelli, che saranno descrittiin detta Compagnia�.

Negli stessi anni la devozione si diffuse anche inLevante (Medio Oriente):

�A dì 10 ottobre (1727)Ricordo, come il P. R.moGerardo Capassi Ex gene-

rale, ricevé una lettera di Roma, dal P. Angelico M.Myller Tedesco*... colla quale gli dava ragguaglio dellungo, e faticoso viaggio, fatto a Gerusalemme, et adaltri Santuarii di Levante, nel tempo di due anni, doppode quali, s�era felicemente portato a Roma. In occasio-ne di d.° viaggio, dà avviso d�avere in quei santi luoghi,

fra quelli fervorosi Cristiani Cattolici,fatto conoscere il nostro santo Abito,con aver fondato la Confraternita deSette Dolori di Maria Vergine, la qua-le, per speciale assistenza diDio, in virtùdi quelle lettere patenti, comunicategliavanti la sua partenza, dall�Ill.mo, eRev.mo Mons.re Cavalli, vescovo diGubbio, allora Generale dell�Ordine deServi, ha fondato detta Confraternita,in più luoghi di Levante, e specialmen-te in Costantinopoli, Smirna, Gran Ca-iro, Aleppo, con aver portato, e conse-gnato i necessari recapiti et attestati inscriptis, al P. R.mo Generale, per met-tergli nell�Archivio della Religione, iltutto sia ad onore, e gloria di Dio, edella SS. Vergine Addolorata, nostraPadrona ...� (v. ASF, Conv. soppr., 119,57, pp. 59, 150, 151).

* Il p. Angelico M. Mueller nacque a In-nsbruck nel 1677 ed entrò tra i Servi di Ma-ria del convento di Jarometz di Boemia nel1692. Nel 1725 si ritirò tra gli eremiti diMontesenario, che però dovette lasciare pre-sto per problemi di salute. Si imbarcò quindia Livorno per il Medio Oriente. Descrisse ilsuo viaggio nell�opera Peregrinus in Jerusa-lem, scritta in tedesco ed edita a Praga nel1731. Teologo dell�ambasciatore di Sua Ma-està Imperiale, si trasferì in Inghilterra e morìa Londra, in concetto di santità, nel 1734.

L�oratorio dei Servi a Tro-goli di Gaiole in Chianti (sec.XVI)

Nel 1933 il padreRaffaelloM.Tauc-ci (� 1971) scrisse per gli Studi StoriciOSM (I) l�articolo L�Eremo del Chiantie il beato Giovan Angelo Porro. Erafrutto di ricerche d�archivio e di un viag-gio fatto tra i boschi di Gaiole e Casta-

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gnoli in Chianti, per raggiungere il Borro detto dellaNunziatina e la casa colonica del Romito.Il p. Taucci pubblicò le fotografie di questo abituro

allora di contadini poveri e raccontò la storia del con-vento un tempo situato nell�edificio. Ebbe il titolo di S.Maria delle Grazie e fu acquisito dalla SS.Annunziatanel 1471 a seguito della donazione fatta da un romitochiamato Antonio (non era dei Servi di Maria). In se-guito, nel 1472 la comunità fiorentina, volendomiglio-rarne gli arredi, commissionò a maestro Antonio daFirenze un tabernacolo d�altare, rappresentante laMa-donna, S. Agostino e S. Filippo. Più avanti nel tempol�eremo ospitò diversi frati, ma dal 1478 subì la deva-stazione e l�abbandono a causa delle guerre del papa edegli aragonesi alleati dei senesi contro Lorenzo deiMedici. Nel dicembre 1488 � di nuovo in essere � parevi iniziasse il priorato il b. GiovanAngelo Porro ...Poco avremo da aggiungere a queste notizie, ripre-

se anche dal p. Forconi nei suoiQuaderni, se nei nostrialtrettanto lunghi viaggi negli archivi non avessimo tro-vato qualche nota occasionale e preziosa sul conventi-no. Innanzitutto il nome. Il p. Taucci lo chiama sempli-cemente Eremo del Chianti, il p. Forconi lo dice S.Maria di Castagnoli, mentre i nostri documenti lo ap-pellano S.Maria a Trogoli e lo situano nel popolo (par-rocchia) dei SS. Iacopo e Filippo di Barbischio. Questidocumenti particolari sono:1) un atto notarile del 1485 sulla donazione al con-

vento dei Servi da parte di Stefano di Bartolomeo diStefano Covoni di un bosco a Trogoli, confinante con ibeni della famiglia da Ricasoli.2) Un atto notarile del 6 settembre 1536 riguardan-

te l�affitto dell�Eremo a Giovanni Covoni che si impe-gna a dare all�Annunziata per S.Maria d�agosto � l�As-sunzione � un censo in vino vermiglio.Le notizie trovate ci mostrano l�interessamento � e

una qualche �velata� protezione � della allora potentefamiglia Covoni della parrocchia della Badia. I nomi diluogo però hanno qualche lieve differenza rispetto aquelli dello studio del p. Taucci. Gli atti ci fanno intra-vedere anche altri periodi di abbandono (l�affitto del1536), da riferire al lungo periodo dalla guerra civile inToscana e dai vari passaggi dell�esercito di Carlo V inqueste zone.

Note. Barbischio di Val d�Arbia si trova a pochi chilometrida Gaiole. La sua parrocchia dei SS. Iacopo e Filippo era filiale

della pieve di S. Marcellino in Avane (diocesiArezzo). Il luogo fu sede di curtis intorno al-l�anno 1000 e di un mercato tra 1010�13. Ilcastello è citato nel 1086. Donato dal Barba-rossa a Guido Guerra, fece parte di un viscon-tado assieme ai castelli di Moncione e Pietra-versa. Il 4 dicembre 1336 il viscontado fu con-segnato a Firenze, ma dal 1374 al 1437 glieredi dei conti Guidi ne ripresero la giurisdi-zione.Gli eserciti furono di casa in questi luo-

ghi. Nel 1533 transitò da Gaiole Clemente VIIdiretto a Livorno. Nel 1536 Carlo V si incon-trò a Gaiole con il genero duca Alessandro(sposo della figlia Margherita). Anche i Co-voni ebbero una parte nelle vicende di allora:Giovanni fu il commissario che fece ribellareVolterra nel dicembre 1529�maggio 1530, altempo dell�assedio di Firenze da parte delletruppe dell�imperatore.

L�ORATORIODELL�ANNUNCIA-ZIONEABROLIO. Situato sempre nelComune di Gaiole, testimonia anch�es-so la devozione allaMadonna nelChian-ti. Fu eretto nel 1420 assieme alla Com-pagnia omonima ed ebbe alterne vicen-de. Soppresso da Pietro Leopoldo nel1786, venne distrutto da un uragano nel1901. Ricostruito, oggi è proprietà deibaroni Ricasoli, e amministrato dallaCompagnia. La sua festa ricorre la Do-menica inAlbis.�La SS.Annunziata�, gennaio � feb-

braio 2005.

Ssn Godenzo in Alpe nel1555�56

Il 7 novembre 1555 fraAnselmodellaSS. Annunziata cominciava a redarrel�inventario della Badia di S. Godenzoin Alpe della quale era il nuovo abatecommendatario in sostituzione del con-fratello m.° Girolamo da Firenzuola.Era la prima parte di un inventario

più articolato (v. Libro dei Partiti) e inquesta elencava i lavoratori e il bestia-me dei beni annessi alla Badia: i poderidi Monte di Gralli (due), di Pian di Ca-

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Paola Ircani Menichini

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stagno, dell�Eremo, di Pian Cavo, di Migliorina e diGavina. Tra gli animali segnalava buoi da lavoro (perarare), cavalli e asini per il trasporto delle persone edelle merci, porcelli e maiali, e circa un�ottantina dipecore maremmane.La seconda parte dell�inventario, scritta il 20 aprile

1556, riguardava invece l�edificio Badia. Cominciavadalla sagrestia segnalando tre calici d�ottone con cop-pe d�argento, tre patene smaltate � una con in mezzoun Cristo �, varie pianete di velluto, di gabellotto, didamaschino, di taffettà, gialle, nere, rosse, azzurre, afregi di oro di Cipri, fiorite, con uccelli o a liste colora-te.In sagrestia erano conservati anche cinque piviali

foderati, alcuni con lo stemma dei Servi, sette paliotti avari colori, una banda con la croce di richiamo a sancti(sic), un �baldacchino pe lla Nuntiata� (per la celebra-zione solenne o la processione?), tovaglie,messali buonie vecchi in cartapecora o in carta bambagina, un paio di�comunichini� (panni o piattelli damettere sotto ilmentodel comunicando).Nella chiesa invece si trovavano i libri liturgici e gli

oggetti d�uso: un antifonario, un graduale, tabernacoli,lampadari, una bibbia, un �sanctuario�, un breviariovecchio da coro, una somma angelica (un sunto di sen-tenze di teologia).C�era poi la stanza vecchia (detta così) che contene-

va �arche� (casse per oggetti di valore o farina), unamadia, stacci, due �bariglioni� (barili), spianatoi etc.:tutto per fare le ostie.Nella camera del garzone si trovavano un lettaccio,

un saccone, una materassa di �capecchio� (cascame dilana o canapa da imbottiture), un capezzale di piuma,una �manaiola� (piccola scure), e mazza, zappa, archet-ta, vanga che servivano per la cura dell�orto.Nella camera piccola, oltre al letto, si ricordava una

�sargia� (stoffa di lana sottile e leggera per cortinaggi)gialla, una cuccia di noce, una cassa, un cappellinaio,un oriolo a polvere (clessidra).Nella camera della �serva� � è scritto proprio così �

erano segnalati una piuma con capezzale, una materas-sa con saccone, un panno bianco e poco altro.La cucina conteneva paioli, schidioni (spiedi), una

ghiotta (teglia bislunga con manico), un bacino da bar-biere, e mestoli, ramaioli, padelle e caldano.Nella sala si trovavano una tavola grande con tre-

spoli e sedie, una credenza, unamezzina, un secchione,

un infrescatoio (vaso permettere al fre-sco le bevande), una panca e un orolo-gio rotto.La camera grande, che era quella

dell�abate, conteneva un letto grandefornito di lettiere all�antica, un coltro-ne bianco, una sargia gialla con pittura,oltre ai guanciali, a una tavola, una cas-setta, un lettuccio e un altro letto per icappellani con sargia non dipinta, e unacuccia di castagno. Era fornita di tova-glie, tovaglioli e lenzuola, due paia deiquali con reticelle gialle. Una caldaiaserviva per far candele.C�era poi il granaio con lo staio, la

pala, i vagli da grano e da biada, il co-latoio, le stadere di cui una col bilanci-no; mentre in �caciaia� si trovavano 12pezzi di asse (per appoggiarvi i formag-gi), tre orci d�olio, due paia di cestevecchie.La cantina infine conteneva sei botti

da vino di varia capacità, una botted�aceto, due terzi (vasi), barili e conte-nitori da olio ...Gli oggetti elencati dall�inventario

avevano un grande valore a quei tem-pi. Il quotidiano dell�abate erano la li-turgia che appare curata (i numerosiparamenti sacri, la presenza di cappel-lani) e il sovrintendere i lavori agricoli,il pascolo delle pecore, la produzionedi vino e formaggio. Uno svago nellavita solitaria doveva essere la caccia coni cani che avevano la cuccia in casa ...

Fra Sebastiano Vongeschidi Cutigliano e lo straordina-rio voto del padre

«Memoria come nel 1484 a dì 14 diluglio in mercoledì a hore 17 nacqui iofra Bastiano di Bartolomeo di LorenzoVongieschi diCutiglianodell�Ordine de�Servi della Vergine Maria di Pistoiabaptizato nella Pieve di Cutigliano. Etpostomi nome Bastiano primo nome

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secondo Lorenzo per mio sere et de� figluoli masti fuiprimogenito che 5 fratelli siano stati et 5 sorelle qualiio ho vedute et cognosciute.Memoria di cone nel 1489 a dì 10 del mese d�ogo-

sto Giovanino Busoni da Cutigliano nemico del miopadre sbandito la mattina di sancto Lorenzo essendospogliato Cutigliano di homini et donne epr uno giubi-leo posto di culpa et pena in santo Lorenzo in Pistoia,havendola intesa, venne la notte con 60 homini dalCasole giunseno in Cutigliano su l�aurora et alsaltonola casa nostra quale era alhora dove hoggi la Chiesanova di Cutigliano in sula piazza comperata da dettomio padre non potendo haver mio padre quale era sem-pre solito andar alla prima messa che si dice a far deldì, prese detto Giovanino, me etMichelagnolo et Jose-phe fratelli picolini, io ero di 5 anni et volevaci gittaregiù dalle finestre; lì suoi compagni non volseno quellavergogna di amazzare fanciulli et si ci trafugarono fuo-ra di casa et liberono dalle sue mani.Mio padre hebbe tale intesa mediate a Dio ci voti

scampando di farci frati o preti.Et poi ragunò ancor lui gente per luoghi convicini.

Et seguito detto Giovanino et sua gente quali haveanospogliato la casa d�ogni cosa mobile et a rio Piatrosorigiunse quelli et gli scaramucciando riebbe 3 some disua robba et poi le cariche portavano adosso, che tuttierano carichi. Et folli morto Giovanni suo cugino fra-tello del fattore da Casoli.Et poi l�huomini da bene di Cutigliano s iintermesi-

no di mezo et feceno far la pace et feceno parentadoper mozare lodi: Togniago suo fratello dette Dorateasua sorella a nNanino di sancto di Lenzo nepote di miopadre. Et mio padre poi col tempo dette mia sorellachiamata Pasqua a ...riale nipote di detto Giovanino eTonaccio di Bosone dove poi siamo stati sempre chariparenti et amici.Memoria come nel 1494 mio padre per metter a se-

cutione lo voto fatto de noi 3 suoi figluoli fece frateMichelagnolo in sancto Francesco di Pistoia et detteloper discipulo a fra Lodovico del Gallo da Pistoia qualfra Michelagnolo venne huomo sufficiente di grandeingiegno lui sufficiente gramatico, cantone, scriptore;poi stroppiandosi delle gambe tornossi a casa del pa-dre et madre per esser governato, dove si de� a dipin-gere et medicare in su libri di nostro aulo Simone dettoSpagnolo padre di nostra madre Felice a qual currivatutta la montagna per lla sui buone sapientie.

Morì poi in Cutigliano l�anno 1527�.

Da unmanoscritto conservato all�Ar-chivo di Stato di Pistoia, trascritto dalpadre Ildefonso M. Francesconi, osm econservato nell�archivio della SS. An-nunziata di Firenze.

Dedicato a Montesenario(la dedicazione della chiesa)

E. A. S. 1234 / POST FATA O./ D.ILLE EGO [Edificato nell�anno dellanostra salvezza 1234. Dopo varie vicen-de e calamità, con l�aiuto del Signore,sono ancora quell�Io delle origini] � tor-retta dell�orologio di Montesenario �.La cbiesa dell�eremo fu consacrata il

21 settembre 1621, giorno di S. Mat-teo, dall�arcivescovo di FirenzeAlessan-dro Marzimedici, presenti i padri dellaSS.AnnunziataAlberto Rotilensi prio-re ed Eliseo Mazzoni, e il cancellieredell�arcivescovado Giuseppe Barni. Il22 settembre ricorre la festa della dedi-cazione della chiesa di S.Maria diMon-tesenario.Dedicare significa intitolare qualco-

sa a qualcuno in segno di onore, devo-zione o affetto, oppure offrire a unapersona cara un libro, un oggetto pre-zioso. E alMonte «dedichiamo» un pen-siero, che è poi il commento di GiorgioVasari sulla visione artistica di Piero diCosimo (m. 1521), il pittore de l�Incar-nazione, dove si vede nello sfondoun�immagine diMontesenario.[Piero] Fermavasi talora a conside-

rare un muro ... e ne cavava le battagliede� cavalli e le più fantastiche città e ipiù gran paesi che si vedesse mai; il si-mil faceva de� nuvoli dell�aria.

La SS. Annunziata, XX, 5, ottobre2000.

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Ricordo di fra Giovanni Battista Stefa-neschi miniatore

La vita di fra Giovanni Battista Stefaneschi, osm,eremita diMontesenario, pittore eminiaturista del �600fiorentino è stata riproposta nella rivista mensile delMugello L�Asfodelo a firma di GuidoMolinelli. L�arti-colo è corredato di alcune fotografie � richieste al no-stro archivio � di dipinti già pubblicati nel Bollettino:tra questi l�autoritratto dello Stefaneschi (Uffizi), il ri-tratto di Eleonora Ramirez Montalvo (convento delleMinimeAncelle della SS. Trinità), il frontespizio degliActa del B. Filippo Benizi (SS.Annunziata, archivio).Melchiorre Stefaneschi nacque a Ronta nel 1582 da

famiglia di muratori ed entrò nell�eremo diMontesena-rio nel 1604, prendendo il nome di Giovanni Battistaed emettendo professione solenne l�anno dopo. Intro-dotto dal confratello fraArsenio Mascagni nelle botte-ghe fiorentine di Andrea Commodi, Iacopo Ligozzi ePietro da Cortona, qui apprese l�arte della pittura a olioe della miniatura. In breve tempo fu apprezzato e alcu-ni suoi lavori arricchirono la collezione del granducaFerdinando II. Tra le sue opere ricordiamo anche unCenacolo nel convento dei Servi di Ferrara e una Cro-cifissione con Santi a Luco di Mugello. Definito il rin-novatore della miniatura e poi il Beato Angelico deiServi di Maria, rimase sempre umile e modesto nono-stante il successo. Fu amico di Galileo anche dopo lacondanna di quest�ultimo. Verso la fine della vita desi-derò aprire un eremo servitano a Venezia. Ma nel con-vento di questa città la morte lo colse improvvisamenteil 31 ottobre 1659.

Fra Sigismondo M. eremita, vero ser-vo di Maria Vergine (m. 1725)

Bernabò figlio di Giovanni Battista Bernabò dellaVallisella nacque nel 1649 a Cadore nello Stato Veneto(oggi provincia di Belluno). Entrò nell�Ordine dei Ser-vi di Maria con il nome di fra Giuseppe, ma, dopo seianni circa, volendo imitare l� esempio di un suo compa-triota, diventò eremita dell�Eremo di Cibona e profes-sò il 20 febbraio 1687 con il nome di fra SigismondoMaria. Trasferitosi nell�Eremo di Montesenario vi tra-scorse 30 anni ininterrotti. Scrive di lui il cronista dellaSS.Annunziata:

�L�arte che egli esercitava ancora nelsecolo, e con molta perizia, era di la-vorare il legname, et in specie per lefabbriche, nel far cavalletti, e volte dilegname allaVeneziana, e per questa suagrande abilità, il p. Generale GiovanniFrancesco M. Poggi, gli fece fare deilavori nelle fabbriche del nuovo Dor-mitorio, e della Libreria di questo Con-vento (di Firenze). Ugualmente fecemolti lavori (cavalletti e altro) nel Sa-cro Eremo di Monte Senario, e per lavolta del nuovo Coro, e nella nuovaSagrestia e nella nuova Chiesa.Fu sempre inimicissimo dell�ozio.A

70 anni gli caddero le cateratte, ma,anche se non poteva fare gli Uffici, lamattina, doppo aver servito piùMesse,se n �andava alla porta della cucina, epregava il cuoco a impiegarlo, o purestava alla porta dell �Eremo a rispon-dere a chi suonava, in assenza del por-tinaio, o vero andava al Vestiario a di-panare il refe, o si ritirava in qualcheCappella a sodisfare a� suoi obblighi, erecitare altre sue orazioni, e se talunol�esortava a riguardarsi, e non venire alCoro ... subito rispondeva quello del�Evangelio, cioè quello che persevere-rà fino alla fine, sarà salvo. Quando poisi trovava nell�officine, in compagnia degl�altri fratelli, i suoi discorsi erano osopra la lezione fatta nellaMensa o veroraccontava alcuni esempi, o miracoliseguiti, quali li aveva letti quando erasano, o gli aveva uditi da altri. In som-ma era alienissimo dal sentire qualsisiadiscorso che potessi offendere la cari-tà, e quando qualcheduno usciva inqualche simile leggerezza, subito se nepartiva da quel luogo. Inoltre usavatutta la carità nell�instruire i Commes-si, e Conversi novizzi, nel fare gli ufizzidi Comunità, per benmantenere le con-suetudini che si praticano in detti ufiz-zi, e benché fussero cose di poco ...,mostrava tutto lo zelo per mantenerle.

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Dipiù dava a�medesimi fratelli, santi avvertimenti, acciòs�esercitassero nella praticha delle sante virtù del!�Umiltà e della Pazienza, Ubbidienza e Carità. ... Sem-pre nelle sue operazioni ha dato una somma edificazio-ne della sua rassegnazione alla volontà del Signore intutto ciò, che gli accadeva alla giornata, e specialmen-te in ordine al vitto, e vestito, mai fu sentito lamentarsi;e perché i panni che riceveva dal vestiario, erano usati,pregava solo che fussero puliti; del resto, gli ricevevacortesemente, ringraziando Iddio, e chi gli sommini-strava, dicendo che era trattato troppo bene.Aggravatasi la cecità, fra Sigismondo supplicò più

volte il rettore di Montesenario di trasferirlo a Firenzeper farsi curare e per poter servire le Messe. Arrivò aFirenze a giugno, in calesso ... e venuto il tempo, chedal Professore si doveva fare l�operazione di levargli lecateratte, gli sopraggiunse un nuovo, e maggior male,la ritenzione urinaria, e per i gran dolori sofferti, eranecessario di siringarla due volte il giorno, e questotravaglioso male, lo sofferse con intera rassegnationeal Divino volere, per lo spazio di 29 giorni. Interrogatodai nostri religiosi, che lo visitavano, se desiderasse diguarire, rispondeva, sia fatta sempre la volontà del Si-gnore, e niente più, e se non basta questo male, il Si-gnore me ne mandi dell�altro, è padrone. Ne� suoi gra-vi dolori l�unico suo conforto era invocare bene spessoi SS. mi Nomi di Gesù, e diMaria. In tutto il tempo delsuo gravissimo male, mai diede segno d�impazienza,ma d�una somma pazienza.Giunta la fine, ricevette i Sacramenti e spirò l�ani-

ma con una morte da vero Servo di Maria Vergine,conforme era sempre vissuto. Era l�una di notte del 27agosto 1725.Il giorno dopo, alle 21, finito il Vespro, tutto il Ca-

pitolo dei Padri della SS. Annunziata � con la Croceilluminata da due torce � due Padri Eremiti di Monte-senario, alcuni fratelli della Compagnia di S. GiovanniDecollato e Filippo diVincigliano, accompagnarono inprocessione verso piazza S. Marco, Porta S. Gallo,entrando per il Canto de Preti, nella StradaMaestra, labara con dentro fra Sigismondo, sorretta a turno da 4fratelli conversi e rischiarata da 4 torce.Alla Porta cor-po e bara furono benedetti e portati dai fratelli dellaCompagnia a MontesenarioTrascritto da:Archivio di Stato, Firenze, Corp. Sop-

pr., 119, 57].La SS.Annunziata, XXII, 1, gennaio�febbraio 2002.

�La porta della chiesa èGesù Cristo� � Benedizionedella porta di bronzo del san-tuario di Montesenario

Il 23 giugno u. sc., l�Arcivescovo diFirenze, cardinale Silvano Piovanelli,benediva la nuova porta di bronzo dellaChiesa di Monte Senario) opera dellascultrice fiorentina Nella Aglietti:�un�opera� confessa l�autrice � medi-tata e sofferta in tre anni di studi, attra-verso una appassionata conoscenza del-la storia dei Servi diMaria e con l�entu-siasmo dell�artista e del credente�. Laporta è l�ultimo � in ordine di tempo �gesto di amore che la Comunità dei Ser-vi di Maria di Monte Senario lascia permemoria dell�anniversario della canoniz-zazione dei Sette Santi Fondatori del-l�Ordine (1888�1988). Per commentoai contenuti degli 8 pannelli, riportiamoun passo significativo dell�omelia tenu-ta dal nostro Arcivescovo durante lacelebrazione eucaristica.La porta dell�umanità, la porta della

Chiesa è Gesù Cristo: una porta spalan-cata per sempre, per tutti gli uomini. IlSignore Gesù si presenta di fronte a noisempre, anche risorto e vivo, mostran-do le ferite delle mani e dei piedi e ilcostato squarciato. Ecco la grande por-ta che non si chiuderà più e resterà di-sponibile, spalancata per ogni uomo chevoglia entrare nella salvezza di Dio. Isanti sono entrati per questa porta. Essirealmente sono riusciti a realizzare ilgrande passaggio, che li ha portati adentrare profondamente nel mistero del-l�amore di Dio. E se voi osservate laporta che orna questo tempio, poteteben vedere come ci sono molte sugge-stioni che indicano in quali modi anchenoi possiamo entrare attraverso la por-ta che è Cristo. Avete beni materiali?Come i Sette santi, dedicatevi allora alla

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preghiera e alle opere di misericordia, e voi entrerete.Volete vivere intensamente la vita cristiana? Metteteviallora insieme, non siate isolati, individualisti, ma vive-te comunitariamente nella famiglia, nella parrocchia,nella casa religiosa, nell�ambiente del vostro lavoro, evoi entrerete. L�Eucaristia è il mistero centrale dellanostra vita, è il cuore della Chiesa, il grande Misteronel quale siamo chiamati ad entrare sempre più profon-damente: vivete l�Eucaristia e voi entrerete. Nel mon-do ci sono tanti sofferenti, negli ospedali e nelle casetanti malati, tante persone che hanno bisogno del gestodi solidarietà, della parola di comprensione, anche sem-plicemente della presenza. Cercate di farvi delicati epremurosi verso questi nostri fratelli e queste nostresorelle, e voi entrerete. Soprattutto, non dimenticatevimai la croce, la croce che il Signore Gesù offre ai suoidiscepoli, dicendo: �Se uno vuol venire dietro a me,prenda la sua croce e mi segua�. Prendete la Croce evoi entrerete. Certo, ogni cristiano, e potremmo dire infondo ogni uomo, deve aprirsi alla realtà universale,non si devemai chiudere nel cerchio ristretto della pro-pria esperienza, della propria cultura, della propria na-zione.Deve dilatare il cuore sugli orizzonti della carità.

Apritevi al mondo. Fatevi solidali con ogni sofferenza,e voi entrerete. Questa, ci dicono le raffigurazioni dellaporta, è la strada che hanno percorso i santi. E� così cheessi hanno raggiunto la pienezza della vita. La porta dibronzo che si spalanca dinanzi a noi è il segno dell�aper-tura dell�amore di Dio, attraverso la quale noi dobbia-mo entrare per essere ripieni del mistero del suo amo-re...�.

La SS. Annunziata, XI, luglio�settembre 1991

Ricordo d� un�artista: Nella Aglietti

«È morta ieri [27 aprile 2005] NellaAglietti, aveva91 anni. Un�artista che è sempre stata volutamente nel-l�ombra nonostante la grandezza della sua opera cherimarrà: pochissimi sanno infatti che nel 1989 la So-printendenza per i BeniArchivistici e Storici aveva ap-provato ... la rimozione delle porte della chiesa diMon-tesenario dei Servi diMaria per sostituirle con due antebronzee per le quali NellaAglietti, come scultrice, ave-va approntato i modelli per otto pannelli che illustrano� visibili tutt�oggi � le vicende dell�Ordine dei Servi di

Maria. Un�artista specialeNellaAgliet-ti: per tutta la sua vita, conclusa quasiin totale solitudine, si è portata dietrocon modestia quei valori di fede e arte.Colmi di significati chemeritano sguardie ammirazione. Anche oggi». [La Na-zione, 28 aprile 2005 � 24 ore FirenzeVIII].Poco aggiungiamo se non il ricordo

che le porte di Montesenario furonorealizzate per le celebrazioni del I cen-tenario della canonizzazione dei SetteSS. Fondatori (1888), dopo tre anni distudio da parte di NellaAglietti. Misu-rano cm 250, vennero fuse nella Fon-deriaMassimo del Chiaro e inaugurateil 23 giugno 1991.

La SS. Annunziata, XXV, 3, mag-gio giugno 2005.

Necrologio � fra RobertoSalvetti di Montesenario

�Ha servito per 50 anni nel santua-rio. Si è spento fra Roberto Salvetti �Esempio di costanza e di fede.Quel buon sapore di Gemma d�abe-

to portava qualcosa di suo. Era un vol-to conosciuto da quanti salivano e sal-gono a Montesenario, quello di fraRoberto Salvetti che nel santuario deiServi di Maria è stato a servire per piùdi 50 anni. Fra Roberto si è spento ieri[10 giugno]. Era lui a produrre il fa-moso liquore dei Servi, la Gemma, aconfezionarla e da una vita spedirla achi ne faceva richiesta. Non solo: ge-stiva anche il bar. Era nato nel 1921.Aveva 85 anni e del gruppo di frati cheanimanoMontesenario era il più anzia-no per presenza nel santuario. In pas-sato gestiva i rapporti per le case colo-niche dipendenti dall�ordine, poi eradiventato gestore unico della distilleriae del bar. Fra Roberto ha condotto unavita di preghiera lungo stagioni turbo-

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lente, ma foriere di cambiamenti positivi, con le vicen-de di padre Vannucci e di padre Turoldo. I funerali aMontesenario domani alle 15: sarà sepolto nel cimite-ro di San Martino� �

Michele Brancale, La Nazione, 11 giugno 2006.

La riapertura del convento di Monte-senario in relazione alla SS. Annunziatadi Firenze (1404) in �Il Chiostro alle ori-gini dei Servi�, Firenze dicembre 2005.

Nella ricerca storica nulla è scontato, nemmeno lalettura di un documento come laDum levamus studia-to da anni. E inoltre possiamo considerare quanto siastata difficile la vita dei Servi di Maria alle origini. Maalterne vicende, crisi e fortune hanno caratterizzato lastoria dell�Ordine in tutti i secoli. E in questi fatti rien-tra l�«inconsueto» ripristino diMontesenario nel 1404,che ricordiamo basandoci sul nostro libro appena edi-to: Vita quotidiana e storia della SS.Annunziata di Fi-renze nella prima metà del �400 ... (1).Prima di iniziare a ricordare le strette relazioni tra i

due conventi nel 1404 è bene portare di nuovo alla lucealcuni concetti generali per entrare un po� più dentro lareligiosità del Medioevo e quindi del periodo che ciinteressa. E per capire un poco la mentalità del tempoci dobbiamo porre una domanda: � Che cosa era unOrdine religioso allora? Non staremo qui a dare la ri-sposta dei dizionari (2).Non ci interessa la definizione. Definire è un�osses-

sione della modernità: definire la terra, il cielo, l�ani-ma, la mente. Definire e circoscrivere, ovviamente percontrollare ... forse per non avere paura che poi è lamedesima cosa. Diremo piuttosto che nel Medioevoun Ordine nella sua perfezione ideale era ordinato travirgolette: un insieme di persone separate dal mondo,silenziose e dignitose, finalizzate alle più alte esperien-ze: alla preghiera, al discorrere delle cose di Dio, a farpenitenza e a pensare come ottenere il premio ultrater-reno della resurrezione delle anime e dei corpi. L�idea-le del tempo poteva essere più o meno seguito secon-do le contingenze o gli imprevisti. Ma era l�ideale. E inuna società di rigide forme ed espressioni come quelladel Medioevo si cercava di stare dietro il più possibileall�ideale. Ordine era anche gerarchia. Per i Servi l�au-

torità più alta era il padre Generale.Seguivano i priori dei conventi che peròpotevano essere scavalcati da un tipoparticolare di frati: i teologi professorireggenti degli Studi generali di teolo-gia. I priori provinciali invece non en-travano nelle decisioni conventuali senon dal punto di vista delle elezioni deipriori e dei Generali ai capitoli. Soprat-tutto avevano una funzione ordinariaispettiva, con la cosiddetta visitationeperiodica. L�autorità nella sua miglioreespressione non era sciocca e tirannicacome a volte oggi si può pensare sul-l�influsso di romanzi, televisione e fin-zioni varie, ma responsabile e accorta,non servile o azzardata, ma prudente ...La concezione di allora era quella dimigliorare se stessi in ogni cosa, e quin-di sia nell�autorità che nella vita di cia-scun frate. Questo perchè si compren-deva che gli uomini erano uomini e cheil peccato, gli errori sarebbero sempreesistiti. Tale atteggiamento di estremacarità si ritrovava nelle Costituzioni deiServi, allora lette di frequente e com-mentate. Si ascolti quale era la colpamassima.Colpa gravissima è l�incorreg-gibilità di colui che non teme di ammet-tere le proprie colpe, ma rifiuta di por-tare le pene conseguenti ... sia rigettatodalla nostra convivenza ... nessuno poipossa tornare indietro, affinchè l�Ordi-ne e la disciplina canonica non venganoirrisi quando l�abito religioso, portatoda persone indegne, viene disprezzato... (3).Il significato è chiaro. Nell�Ordine

si comprendevano i motivi che condu-cevano al peccato, le cattive inclinazio-ni, le debolezze, le cospirazioni, le va-nità, le menzogne ecc. Si aveva miseri-cordia degli errorima di ciascuno di essi,piccolo o grande, sciocco o elaboratoche fosse, occorreva accettare la pena.Nei capitoli o davanti al priore bisogna-va dolersi dei peccati propri e per quelli

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degli altri, compresi i benefattori e i potenti. Atteggia-mento di pensiero importante, conduceva alla comunearmonia e alla pace verso il mondo, mentre debolezze erancori erano come bruciati dall�aspirazione alle cosepiù alte ... Dunque anche nel 1404 a S.Maria dei Servidi Firenze (cioè la SS. Annunziata), leggendo i docu-menti rimasti, troviamo questo ideale di portare avantila vita comune nel suo ideale più perfetto. Gran partedi tale sentire aveva come ambito il servizio divino e lapreghiera, sia come liturgia nel Santuario che come stu-dio e commento dei testi sacri. In più si desiderava diingrandire l�Ordine, con dei progetti di nuovi conventie con l�umiltà che era caratteristica: non chiese dovi-ziose e ricche, con grandi prebende e rendite ...ma chiesepiccole e piccole comunità, con il sostentamento ne-cessario e poco di più perché ciò che contava non eral�abbondanza di beni, la ricchezza della mensa, ma laricchezza dello spirito, la refezione spirituale. La ric-chezza dello spirito si cercameglio se non si è appesan-titi dagli ingombranti beni o desideri terreni. In questoperiodo vivevano nel convento di Firenze circa una tren-tina di frati divisi gerarchicamente in maestro teologoreggente dello Studio, socio del p. Generale, priore,ufficiali superiori, semplici sacerdoti, chierici studenti,novizi e frati laici. Ciascun frate aveva la sua occupa-zione: maestri teologi, reggente, baccellieri e i lettori(titolari dei cosiddetti gradi accademici) si occupavanodello Studio generale, insegnavano la Bibbia e le Sen-tenze dei Padri della Chiesa agli studenti originari divari conventi dell�Ordine, facevano dispute e onorava-no il convento con le prediche in varie città dove eranochiamati specialmente per la Quaresima, feste patronalio altro. I frati sacerdoti invece servivano il Santuariocon la celebrazione delle feste della Madonna, dellemesse d�obbligo e con varie orazioni, con le confessio-ni di Quaresima, il culto alla gratiosa (miracolosa)Ma-donnaAnnunziata, la preghiera comune nelle ore cano-niche. Nel convento erano anche ufficiali superiori: pro-curatore o camarlingo sotto il diretto comando del prio-re, soppriore (si occupava del necessario per i frati),sindaco (relazioni con gli enti pubblici), maestro deinovizi, predicatore del convento, bibliotecario e altri.C�erano nella comunità anche un buon numero di gio-vani frati chierici. Venivano indirizzati al sacerdozio ose intelligenti ai gradi accademici e alla laurea in teolo-gia o incoraggiati verso certe attività a loro congeniali,come ad esempio la poesia (fra Domenico poeta), o

altro. Infine i frati laici erano addetti ailavori materiali e avevano particolariqualità gestionali soprattutto nel farrendere un podere, nel trattare con ilavoratori della terra. La disposizionedei giovani si vedeva nei primi anni divita comunitaria. I novizi ragazzi vive-vano separatamente dal resto dei frati,con vari maestri secolari (per la gram-matica, lamusica) e unmaestro dell�Or-dine che insegnava loro a sviluppare lebuone qualità del carattere. Se aveva-no disposizione allo studio e al cantoerano fatti proseguire verso il sacerdo-zio perché per essere sacerdoti era in-dispensabile il sapere cantare gli ufficidivini (4).Questa era la gerarchia alla SS.An-

nunziata nel 1404. In generale venivarispettata con tranquilla abitudine. Lavita comune era sorvegliata dai fratid�autorità che erano nati nella secondametà del Trecento. Uno di essi era ilbeato maestro Niccolò d�Arezzo pro-fessore reggente responsabile dello Stu-dio di teologia. Nato ad Arezzo circanel 1362, si era laureato a Bologna edurante la sua lunga vita di religioso(morì pare centenario nel 1462) ebbeincarichi importanti nell�Ordine. AFi-renze fu noto per le sue predicazioni incattedrale. AdArezzo, dove si ritirò invecchiaia, preferendo la vita di preghie-ra e contemplazione, risanò miracolo-samente una donna malata. LaVergineapparve sogno a questa donna di fedee le disse: Va da un uomo perfetto chia-mato Niccolò, stella fulgida nell�Ordi-ne dei Servi, e pregalo che ti guarisca.La donna fece quanto dettole e guarì.Da qui l�appellativo di beato per il no-stro religioso (5).Nel 1404 maestro Niccolò era an-

cora nel pieno vigore dell�età e dirige-va, come abbiamo detto, lo Studio, ilcui lettore era fra Filippo degliAdimariche insegnava il corso della Bibbia.

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Forse anche quest�ultimo religioso era portato allameditazione e aveva bene in menteMontesenario poi-ché fu qui che pare si ritirasse e concludesse la sua vitaqualche tempo dopo (6).E sempre nel 1404, prima del capitolo di Ferrara,

priore del convento era fra Antonio di Giovanni dettoCancelliere perché aveva ricoperto questo incarico nellacuria dell�Ordine. La sagrestia era affidata a fra Seba-stiano di Ambrogio, mentre confessori e predicatorierano i frati Bartolomeo Lapini, Niccolò Bettini (quasia riposo nel 1404) e fra Andrea di Bartolo già priore eufficiale della cappella della Madonna. Era a S. Mariadei Servi anche un organista: fra Andrea di Giovanniche aveva raggiunto i gradi più alti nel convento e nellaProvincia Toscana e nel 1379 aveva costruito l�organodi chiesa. Tra i frati laici grande capacità aveva fra Fran-cesco Bizi che seguiva la produzione dei poderi; tra inovizi emergevano i fratiMichele Pucci, Iacopo Rossoe Filippo di Gino ... Ma soprattutto era fra gli studentidi teologia quasi trentenni che si trovavano due perso-ne notevoli per intelligenza e capacità. Uno era fra Pie-ro Silvestri, ricordato novizio nel 1390. Persona bril-lante e generosa � citiamo i prestiti a fondo perdutoche fece al convento nei momenti di bisogno �, seguìtutti i gradi della carriera accademica fino a diventaremaestro teologo nel 1405 in un tempo molto breve perl�epoca. Conobbe Coluccio Salutati, cancelliere dellaRepubblica fiorentina e trascorse tutta la vita nel con-vento di Firenze, eccetto i viaggi che fece per i capitolie per varie dispute, prediche e incarichi nell�Ordine. Fuper molti anni reggente dello Studio e morì il 22 luglio1434 (7).L�altro frate notevole fu Matteo di Piero. Novizio

assieme al Silvestri, forse ebbemeno appoggi del com-pagno, ma fu preso sotto la protezione del p. Generaledopo il capitolo di Firenze del 1402 e condotto a Ve-nezia dove consegui il grado di lettore. Dal 1409 circaperò il suo corso accademico subi un�interruzione perla crisi della Chiesa e del convento fiorentino che nepagava gli studi. Si laureò pertanto solo nel 1423, qua-si cinquantenne, e l�anno dopo fu eletto procuratoredell�Ordine nella corte Papale, incarico che lasciò nel1426 per diventare vescovo di Cortona. Deposto dallacarica nel 1439 da Eugenio IV, pare a seguito delloscisma operato dal concilio di Basilea (l�antipapa Feli-ce V), riprese il vescovado nel 1449, alcuni anni dopolamorte del papa.Dette le dimissioni definitive nel 1455,

generosamente facendo spazio a un al-tro frate dei Servi, Mariano Salvini.Morì nel 1458, sempre affezionato alSantuario di Firenze al quale fece degliimportanti lasciti (8).Queste figure di frati appena deline-

ate ci fanno capire che cosa fosse la SS.Annunziata di allora: un convento diprestigio con uomini di prestigio. E,possiamo aggiungere, dopo il 1402 lacomunità sembrò voler realizzare nuo-ve e antiche aspirazioni.Ma non fu soloper questo desiderio che nell�Ordine nel1404 si decise di riaprireMontesenarioe un altro convento del quale si parlapoco: Pisa (9).Ci furono altri fattori pratici deter-

minanti ... Uno di questi fattori fu lapace politica raggiunta in Italia e To-scana. Il p. Rossi si domanda perché lariapertura di Montesenario non fossestata effettuata nel febbraio 1402, a se-guito del capitolo generale di Firenze(10).Alla domanda dà una risposta �incau-

ta� che rimanda alla partigianeria �proFirenze� del p. Giani degli Annali. Inrealtà non fu così. Contarono assai dipiù i significativi avvenimenti politici diquell�anno. Infatti nel 1402 la democra-tica e libera Firenze passò dalla grandedisperazione alla salvezza. Nella primametà dell�anno la città fu senza scam-po, circondata com�era dalle truppe delduca di Milano Gian Galeazzo Viscon-ti, che dal 1399 aveva occupato Pisa eSiena, Perugia, ottenuta l�alleanza diLucca e il 30 giugno 1402 espugnatoBologna. Era pericoloso dimorare nel-l�Italia centrale e anche il p. Generaledei Servi di Maria era partito da Bolo-gna per Venezia. Il Visconti, nella suasplendida estate, ordinò una corona nuo-va di re d�Italia. Ma alla fine della sta-gione il destino ebbe un colpo d�ala. Il3 settembre 1402 Gian Galeazzo morìimprovvisamente a Melegnano per la

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peste. La sua morte salvò Firenze. Gli altri Visconti, lamoglie e i molti figli, furono incapaci a proseguire leostilità. Ma ne ricevettero i domini in eredità. GiovanniMaria ebbe Bologna, Siena e Perugia, e GabrieleMariaSarzana e Pisa ... Moglie e figli erano stati affidati an-che a un consiglio di reggenza composto dai miglioricapitani di ventura che � Gian Galeazzo pensava � liavrebbe protetti dai nemici. Non fu così. In breve Fi-renze riprese le terre e i domini che le erano stati tolti.Siena si ribellò il 26 novembre 1403 e nel marzo 1404mandò via il governatore dei Visconti, concludendo lapace con Firenze e riprendendo quasi tutte le sue terre.La stessa Firenze tentò la conquista di Pisa, e dopo va-rie vicende ne trattò l�acquisto con GabrieleMaria. Erail luglio 1405. I pisani orgogliosi si ribellarono deside-rando l�indipendenza. Furono costretti alla resa il 9 ot-tobre 1406, festa di S. Dionigi. Già dal 1404 quindiSiena e Pisa non erano più città ostili a Firenze ...Un secondo fattore che contribui al ripristino dei due

conventi dei Servi di Maria a parere nostro riguarda ilnumero dei frati. Nel 1403 troviamo ricordata da unabreve nota la professione di 14 giovani (11), il cui nomeperò non è citato. Il loro numero era alto. Certamentefurono avviati alla carriera ecclesiastica e forse accade-mica, ma non erano gestibili assieme nella maniera mi-gliore. Infatti i conventi dei Servi di allora preferivanoavere un numero limitato di religiosi, ma tutti con unincarico o ufficio assegnato. C�erano varie ragioni chegiustificavano la scelta: per esempio gli uomini dove-vano essere mantenuti in vitto e alloggio e su trentareligiosi una metà erano a carico (studenti, novizi, ma-lati) senza contare i molti forestieri provenienti da altriconventi dell�Ordine (12).Il patrimonio e le rendite al contrario erano di mo-

desta entità. Ma anche se il convento fosse stato ric-chissimo � cosa di per sé scoraggiata dalle Costituzioni� non si desideravano persone in soprannumero e inozio poiché avrebbero potuto sentirsi frustrate o cova-re dei risentimenti ed essere un pericolo per la vita fra-terna, la comune serenità, i rapporti con lo Stato e lasocietà che non tollerava gli scandali, questo genere discandali. Il problema di S. Maria dei Servi e nell�Ordi-ne fu dunque quello di che cosa fare dei giovani, senzache nessuno di loro stesse in ozio o avesse dei compitiinferiori al grado e alle licenze e facoltà concesse. Sirispose al dilemma facendo quello che si era semprefatto: aprire nuovi conventi. Dapprima piccoli e poi, se

c�erano vocazioni, ingranditi. Omeglio,nel 1404 si decise, invece che di aprir-ne dei nuovi, di ripristinarne due glo-riosi. Uno era in una città nota, deca-duta dopo la battaglia dellaMeloria, maancora attiva per il suo grande scalomarittimo che la collegava con ilMedi-terraneo e con l�Oriente: Pisa. Il con-vento era quello di S.Andrea a Chinzi-ca e GabrieleMariaVisconti, che vole-va vendere la città a Firenze, era d�ac-cordo (13).L�altro convento era Montesenario

che faceva parte delle origini dell�Or-dine. Pisa era estremamente utile dalpunto di vista logistico, per i viaggi, egli affari che potevano interessare l�Or-dine. Montesenario era un dolce ricor-do, una piccola spina nel cuore dei pa-dri Generali che si erano alternati nelcorso dell�abbandono, e un luogo dovequalche spirito più contemplativo deglialtri avrebbe potuto stabilirsi. Tutti ave-vano aspettato il ritorno. Il momentoarrivò. E fu il Capitolo generale di Fer-rara, indetto nel 1404 anche proprio perle mutate condizioni politiche. Al ca-pitolo di Ferrara per S. Maria dei Servidi Firenze parteciparono di diritto ilpriore e due discreti più altri frati invarie vesti: provinciale e compagno delp. Generale, lettori e predicatori, laiciaccompagnatori, chierici che forse in-tendevano chiedere una qualche graziao un indirizzo di studio. Vi si recaronodunque il priore fiorentino p. Antoniodi Giovanni Cancelliere, fraAndrea diGiovanni organista perchè compagnodel p. Generale, maestroAngelo da Sie-na provinciale; poi maestro Niccolòd�Arezzo reggente dello Studio, fraGiovanni di Giovanni, fra Andrea diBartolo, fra Gabriello, fra Angelo diIacopo predicatore e fra Filippo degliAdimari lettore, fra Donato laico che liaccompagnava, fraGirolamo, il baccel-liere fra Piero Silvestri e il lettore fra

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Matteo di Piero che seguiva il p. Generale da Venezia.Per l�Ordine parteciparono al capitolo maestro Anto-nio d�Alessandria, maestro Piero da Roma, maestroGregorio da Pistoia e il procuratore maestro Stefanoda Borgo. Maestro Stefano da Borgo e maestro Pieroda Roma sarebbero diventati a loro volta dei prioriGenerali (14).Negli ultimi decenni del Trecento avevano studiato

a Firenze, protetti dal celebre maestro Antonio Man-nucci. E forse fu proprio quest�ultimo notevole frateche indusse o confermò nei due giovani teologi e an-che in maestro Niccolò d�Arezzo il desiderio del ripri-stino di Montesenario. Il Mannucci era nato nel 1314,aveva studiato a Parigi, nel 1363 aveva dato al con-vento fiorentino il rango di Studio generale, nel 1371era stato nominato priore Generale. Solo in tarda età siera ritirato alla SS. Annunziata, incaricato della reg-genza dello Studio. Ma durante la sua lunga e itineran-te vita attraverso un secolo importante, aveva avutodei contatti con frati particolari, che si avvicinavanoalle Origini e avevano inciso nell�Ordine.Aveva cono-sciuto il teologo fra Clemente (� 1343) protetto e in-coraggiato agli studi a Parigi da S. Alessio (� 1310) efra Pietro da Todi a cui è attribuita La Legenda de Ori-gine (� 1344). Dalla sua morte (1385) alla riaperturadi Montesenario trascorsero meno di vent�anni (15).Il ripristino di Pisa e diMontesenario comportò una

piccola rivoluzione all�interno di S. Maria a Firenze.Partì maestro Niccolò d�Arezzo verso Siena e poi ilpriorato di Bologna e condusse con sé fra Filippo degliAdimari. Fu priore della SS.Annunziata il giovane fraPiero Silvestri, baccelliere non ancora maestro, segnodella grandissima stima che si aveva di lui e fu procura-tore e lettore fra Matteo di Piero. Fra Antonio Salvanida Siena divenne priore di Montesenario (16).Le notizie sul Monte nei registri dell�Annunziata

appaiono nel giugno del 1404 con due frati, Girolamoe Allegrino che vennero spesati (si compra la carne)nel loro viaggio al Monte. Fra Allegrino sostituì fraVentura che tornò a Firenze qualche giorno dopo. Ven-tura e Allegrino però non erano frati di Firenze; e nonne conosciamo la provenienza. Non furono stabili alMonte, come invece lo furono quelli che giunsero qual-chemese dopo: fra Onesto, fra Lanfranchino, fra PierodaMontepulciano.Anche dei primi due non sappiamola provenienza. Però si noti come alcuni di essi, com-preso il priore, fossero senesi o delle terre senesi. Più

tardi si unì alla comunità il fiorentinofra Giovanni degli Strozzi come com-pagno di fra Antonio Salvani. Assistia-mo in questo periodo anche ad un fre-quente via vai da Firenze: fra Stefano,fra Francesco Bizi, fra Salvestro, tuttiper vari motivi si recarono al Monte.Nonostante le note di spesa per gli spo-stamenti, la vita comunitaria però è pocodocumentata nel suo insieme. In chemodo dunque i frati di Montesenario simantennero? C�erano già allora alcunipoderi da cui ricavare grano, vino, le-gna, carne, o tutto, proprio tutto, fu acarico della SS.Annunziata? Per i primitempi avvenne in quest�ultimo modo.Anche Pisa fu dipendente per un annodal convento fiorentino. Ma da subitoal Monte ebbero importanza la chiesa ela liturgia. Le feste principali furono lestesse dell�Ordine e della SS.Annunziatache per l�occasione mandò in aiuto sa-cerdoti e generi alimentari per �onora-re� la celebrazione anche in refettorio,come d�usanza: si festeggiò la NativitàdiMaria di settembre, il carnevale a finefebbraio e la Quaresima con il pesce,l�Ascensione con la carne, Ognissanticon le lasagne. Fu il sagrestano dell�An-nunziata fra Sebastiano diAmbrogio checontribuì a dare un aiuto dal punto divista liturgico e materiale. I documentici parlano anche di piccole spese pervarie necessità: chiavi, toppe, scuri perdisboscare ... Per la festa della Purifica-zione del 1405 invece fu il priore delMonte che venne a Firenze. E quasiobbligatoria fu per molti anni la parte-cipazione dei frati del Monte alle festepatronali di S. Giovanni e alla proces-sione solenne. Ma anche quando moriVieri Guadagni (1426) i frati vennero afare la veglia funebre.Allora le relazio-ni si era allentate perché Montesenarioaveva raggiunto indipendenza e stabili-tà economica ... Un ultimo ricordo.Un nome esce dai nostri registri ed è

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Paola Ircani Menichini

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quello Michele di Barone da Bivigliano. Nell�agosto1405 si ammala e fra Salvestro vienemandato dall�An-nunziata a casa sua a portargli per conforto cocomeri,melarance, acqua di rose. Anche maestro Piero Silve-stri gli porta a casa delle candele arsicciate, in parteconsumate. Perché?Certamente aveva bisogno.Ma nonci sembra vivesse in una situazione di indigenza. Per-ché dunque tanta sollecitudine se non fosse stato im-portante per il Monte? Infatti ebbe gli stessi riguardiche all�Annunziata si avevano verso i benefattori laici ei conversi. Ma forse era anche un pronipote di Giulianoda Bivigliano che nel 1241 cedette al vescovo di Firen-ze una parte dei suoi diritti su Montesenario (alcuni loconsiderano l�inizio del convento) o un discendente diquei conti cattani di Cercina, signori di Bivigliano, dicui parla il Repetti quando ricorda la fondazione delcastello di Montesenario nel secolo XI (17).Non sempre il nome è un destino, ma non possiamo

sottovalutare il fatto che Barone è un nome che indicapur sempre una casata nobile. Il Giani afferma chiara-mente cheMichele di Barone fu un commesso, una piapersona vicina al convento del Monte. Ma noi lo pen-siamo qualcosa di più e lo collochiamo tra i promotoridel rinato convento, perché il suo ricordo è del 1405.Forse fece una preziosa donazione, come allora usava-no fare i conversi: un immobile, un podere, della terracon una piccola rendita necessaria al convento ... o for-se era stato il �custode� degli edifici temporaneamenteabbandonati ... Un�altra famiglia benefattrice di Mon-tesenario si trova citata nei documenti in epoca più tar-da: i Della Stufa del quartiere di S. Lorenzo (18).Ma tra i della Stufa e la SS.Annunziata non appare

nulla nelle note del 1404. Nei primissimi anni le speseper la riapertura di Montesenario furono solo a caricodel convento fiorentino che considerò i frati come sefossero della propria comunità e corrispose loro anchel�usuale denaro delle vestimenta. Notevole fu lo svilup-po diMontesenario nel ventennio successivo: ingrandìle proprietà, aumentò il numero dei religiosi, si posesotto la giurisdizione del p. Generale, fondò un piccoloconvento dipendente del quale un giorno forse avremooccasione di scrivere (19).Lo faremo. Ora fermiamo la nostra esposizione al

ripristino del 1404 e agli anni immediatamente seguen-ti. Aggiungiamo che la maggior parte delle notizie cheabbiamo esposto sono inedite. Fanno parte di un quoti-diano che ci parla anche di storia, liturgia, costume, vita

fraterna. Le notizie si trovano nel libroche la Biblioteca Toscana dei Servi diMaria diretta dal p. Eugenio Casaliniha pubblicato alla fine del mese di giu-gno, anche se le notizie suMontesena-rio non sono in questa forma. Il con-vento del Monte però vi appare ugual-mente vivido di luce. A conclusionepossiamo affermare ancora una voltache nel 1404, quasi incredibilmente eper una serie di circostanze favorevoli,Montesenario ritornò a vivere alla parinel suo Ordine. Lo fece con dignità e a�bassa voce�, per i primi anni sorrettoda un convento fratello maggiore e daun gruppo di frati fiorentini di grandespessore culturale e religioso.

Note.(1) Il libro Vita quotidiana e storia della

SS. Annunziata nella prima metà del Quat-trocento è stato edito a Firenze nel giugno2004. Le notizie su Montesenario di trovano,oltre che nel testo, nella Documentazione n.4, pp. 107 ss.; cfr. Arcangelo M. Giani, osm,Annalium sacri Ordinis fratrum Servorum B.Mariae Virginis a suae institutionis exordiocenturiae quatuor, 2 volumi, Firenze 1618 e1622, I, pp. 369, 379, 381, 416, 426; Policar-po M. Armadori, osm, Intorno al Monte Se-nario, in «Studi Storici osm», I, Roma 1933,pp. 7, 8; Franco Andrea Dal Pino, Elementistorici e regesti, in «Fonti storico�spiritualidei Servi di Santa Maria», II, 1349�1495,Bergamo 2002, pp. 55, 56, 112.(2) v. p. es. La religione cristiana, a cura

di Oskar Simmel, sj, e Rudolf Staehlin, Mila-no 1963; Alessandro Barbero, Chiara Frugo-ni, Dizionario del Medioevo, Bari 1994, p.183. Ordine: È un concetto chiave della cul-tura cristiana medievale, che può assumereforme diverse. Fin dai primi tempi le comu-nità cristiane cominciarono a distinguere daisemplici fedeli coloro che avevano ricevuto,per mano dei vescovi, cioè dei capi delle co-munità, particolari responsabilità ... Si costi-tuì così la gerarchia ecclesiastica, suddivisain ordini minori (ostiario, lettore, esorcista,accolito) e in ordini maggiori (suddiacono,diacono, sacerdote) ... Col diffondersi delmonachesimo ... si cominciò a parlare di or-dine per indicare un insieme di comunità che

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Articoli brevi

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vivevano tutte secondo la stessa regola, e di solito, obbedivanoad un�unica autorità ...(3) Constitutiones Antiquae fratrum Servorum sanctae Ma-

riae a S. Philippo Benitio Anno circiter 1280 editae, in «Monu-menta Ordinis Servorum», I�XVI (da qui in poi M.O.S.), I,XXIII; Fonti Legislative, in «Fonti storico�spirituali dei Servidi Maria», I, 1245�1348, Bergamo 1998, p. 139, La colpa gra-vissima.(4) Ircani, Vita Quotidiana ..., o.c., pp. 82 e ss; documenta-

zione, pp. 160 e ss.(5) Ivi, pp. 14, 85 e nota 108; Alessandro Filippo M. Pier-

mei, osm, Memorabilium sacri Ordinis Servorum Beatae Mari-ae Virginis breviarium, Roma 1927�1934, II, p. 51; GabrieleM. Roschini, osm, Nel giardino di Maria, Roma 1945, p. 288(10 settembre); Galleria Servitana, Roma 1976, pp. 100, 101;citiamo anche Cesare Cenci, ofm, Il Quaresimale delle scuole difr. Ruggero da Eraclea, dove a pp. 283, 284 e a nota 53, si fa unapiccola e importante biografia di fra Niccolò d�Arezzo anche selo si dice erroneamente futuro priore generale.(6) Filippo degli Adimari a Montesenario, v. Elementi ...,

o.c., p. 90.(7) Maestro Piero Silvestri, v. Ircani, Vita Quotidiana ..., o.c.,

pp. 86, passim e documentazione.(8) Maestro Matteo, v. Ivi, pp. 71, 72 e documentazione;

Appendice, Eugenio M. Casalini, Il Servita Maestro Leale.(9) Ircani, Vita Quotidiana ..., o.c., documentazione 3.(10) Alessio M. Rossi, osm, Le vicende del Protocenobio

dei Servi di Maria a Montesenario, 1241�1964, Roma 1964, p.27: Scrivono gli Annali che la decisione fu presa principalmen-te in seguito alle insistenze del p. Pietro Silvestri, priore delconvento di Firenze: può anche essere, ma dubitiamo che il Gia-ni, ripetiamolo, da buon fiorentino tirò un po� l�acqua al suomulino: perché è strano che, proprio queste insistenze abbianoavuto luogo nel Capitolo Generale di Ferrara e non in quellotenutosi poco prima a Firenze.(11) Ircani, Vita Quotidiana ..., o.c., p. 15.(12) Constitutiones Novae sive ordinationes factae in capi-

tulis generalibus 1295�1473, in M.O.S., II, , pp. 45�46, Pistoia1356; Fonti Legislative, in «Fonti...», oc., II, pp. 362�363.(13) L�atto di Gabriele Maria Visconti è riportato in Ubaldo

M. Forconi, Pisa, in «Chiese e conventi dell�Ordine dei Servi diMaria. Quaderni di notizie», n. 10; Elementi..., o.c., p. 91.

(14) Ircani, Vita Quotidiana ..., o.c., documentazione 2.(15) v. nota 2 della �Presentazione di Vita Quotidiana ...�, in

questo libro.(16) Ircani, Vita Quotidiana ..., o.c., documentazione 4, 5,

166, 169.(17) Rossi, Le vicende, pp. 5 e ss.; Emanuele Repetti, Dizio-

nario geografico fisico storico della Toscana, Firenze 1833�1843I, p. 157, p. 330 (S. Romolo a Bivigliano; Montesenario fondatosui possessi dei cattani di Cercina già signori di Bivigliano; nel1080, investitura di terreno a favore della cattedrale di Firenze);Annales osm, p. 417.(18) Sui Della Stufa e le loro relazioni con Montesenario, v.

Annales osm, I, p. 394, 395; Armadori, Intorno..., o.c., p. 12 n.2; Elementi..., o.c., pp. 111. Nel 1418 Ugo di Andrea della Stufa

aggiunse un codicillo al suo testamento, ordi-nando agli eredi Lorenzo e Lottaringo suoifratelli di compiere il luogo di Montesenarioda lui principiato e di dare al convento perciascun frate, sacerdote o converso che fosse,ogni anno sei staia di grano e quattro barili divino vermiglio per il numero massimo di 10frati. Qualche anno più tardi anche la moglieNiccolosa Baroncelli destinò la dote che lespettava dopo la morte del marito alla compe-ra di un podere per il convento di Montesena-rio con la condizione che i frati dovessero vi-vere secondo la regola di S. Agostino. Qualo-ra vi fossero stati degli inconvenienti e non sisarebbe potuto vivere secondo detta Regola ilpodere sarebbe passato al monastero di S. Pie-tro Martire dei Padri Predicatori in Firenze;ma se la Regola veniva ripristinata di nuovoil podere tornava a Montesenario. Questo im-mobile si trovava alla Torricella di S. Lucia aTrespiano; ma nel 1421, a seguito di contro-versie con i cognati, gli esecutori del testa-mento di Niccolosa comprarono per i frati delMonte un podere ai Carpini della Pila. Al ca-tasto del 1427 Lorenzo dichiarava: Abbiamoanche promesso aMontesenario per testamen-to d�Ugho nostro fratello, Lotteringo et io,anchora più di fiorini 150 et ora abiamo cho-menzato a ffare la tavola d�altare et già n�abia-mo paghato f. 10.(19) Facciamo solo un accenno alla fon-

dazione di almeno un convento dipendente diMontesenario. Il documento è ancora da tra-scrivere e confrontare.

«Una Parola Viva» - Concor-so della Diocesi di Livorno ri-servato agli studenti dellescuole medie inferiori e su-periori.

22Maggio 2006

Avete sentito che fu detto agliantichi�ma io vi dico�Esponi in qualedirezione e su quali valori la proposta diGesù orienta e cambia la coscienza reli-giosa. Cerca di applicare alla esperienzadell'uomo di oggi questa novità del Van-gelo: pensando al discorso di Gesù cosati sembra giusto e cosa ti sembra sbaglia-to nel modo in cui oggi si vive la religio-ne, il rapporto con Dio e con la coscien-za?

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Paola Ircani Menichini

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Noncomportatevi comequelli chenon conosconoDio�i loro ragionamenti li rendono comeciechi, il loro cuo-re indurito li rende ignorantie li allontanadallavitadiDio�(Gesù)�era diverso daimaestri della legge, perché inse-gnava come uno che ha piena autorità�

TemavincitoreI profeti lo avevano annunciato già da molto tempo:

arriverà un Messia, un inviato da Dio che libererà il suopopolodalla schiavitù.L'immaginepiù comuneera quelladi unavalorosaguida che avrebbe liberato il popolod'Isra-ele dalla dominazione straniera.Questo sentimento era particolarmente forte al tempo

in cui Israele cadde sotto il giogo dei Romani, che eranosentiti comeestraneiecrudeli.Alla finesipresentòunuomosui trent'anni, povero emite, conosciuto come il figlio delfalegnameGiuseppemache si dichiarava ilCristo, il figliodi Dio mandato sulla terra.Era una persona molto diversa da quello che un po'

tutto il popolo ebraico si era immaginato. Non tutti, per-ciò, riconobbero nella figura di Gesù il Messia. Anzi, loderisero, lo ignorarono e lomisero amorte come bestem-miatore. Quello che non era stato compreso era che la"schiavitù" dalla quale Gesù Cristo è venuto a liberarcinon èquella di unapotenza straniera,maquella del pecca-to e della durezza di cuore.L'ebreo osservante allora si doveva attenere - pena

l'esclusione dalla vita sociale - a rigorosi precetti, che era-no stati dati daDio aMosè.Gesù nonmise in discussionela validità di questi precetti, poiché, secondo le sue parole,era venuto per compiere la Legge in modo perfetto, [�]fino a quando ci saranno il cielo e la terra nemmeno la piùpiccola parola, anzi nemmenounavirgola, sarà cancellatadalla legge di Dio [�], fino a quando tutto non sarà com-piuto (Mt5, 17-18).Casomaimise indiscussione la rigidi-tà estremadelle leggi. Esse infatti erano state scritte a cau-sa della "durezza" del cuore degli uomini.Nella suapredi-cazione Gesù entra subito nella sfera dei rapporti sociali.Attenti, dice: se avete qualcosa contro qualcuno lasciatela vostra occupazione, per quanto urgente, per riconciliar-vi il più presto possibile conquesta persona. Imalintesi e irancori vanno chiariti subito: se si prolungano possonodegenerare, fino ad arrivare a conseguenze irreparabili.Non appena si accumula un poco di ostilità, occorrerebbeeliminarla, per non far sì che queste piccole dosi si trasfor-mino in unamontagna di odio. Siamo anche invitati a di-staccarci dalle cose terrene che possono rafforzare la vo-

lontà a compiere del male o a perdere lafede, come le cattive amicizie, le brutteabitudini e anche la cura eccessiva delnostro stesso corpo e il culto così attualedell'immagine: la bellezza a tutti i costi ola pretesa dell'eterna giovinezza. Ognu-no ha il corpo che Dio gli ha assegnato,edèsbagliato tentaredicambiarlopervaniinteressi estetici, sconvolgendo la naturaumana. Una delle rivoluzioni più impor-tanti di tutto ilmessaggio diGesùprendespunto dal Vecchio Testamento.Nel libro biblico del Levitico è scritta

la norma: Se un uomo ferisce un'altrapersona, gli si infliggerà la stessa ferita:frattura per frattura, occhio per occhio,dente per dente; gli si renderà ilmale cheha fatto all'altro (Lv 24,20). Lo scopoprincipale di questa legge era quello diporre un freno alla vendetta senza con-trollo e di far corrispondere ad una colpauna pena adeguata.Nonuna connotazio-ne solo negativa, ma anche di giustiziasociale.Gesù invece chiedemolto di più:di amare i nostri nemici e pregare per inostri persecutori. Questo è essere vera-mente figli diDioPadre e "perfetti" comeloè lui.Nonc'èalcunavirtùnelvolerbenesolo a quelli che ne vogliono a noi: Seamate soltanto quelli che vi amano, chemerito ne avete?Anche i pagani si com-portano così! (Mt 5,46). Il Signore viaggiunge anche una regola importante,che riassume gran parte del suo insegna-mento: Fate anche agli altri tutto quelloche volete che essi facciano a voi: cosìcomanda la legge di Mosè e così hannoinsegnato i profeti (Mt 7,12). È la cosid-detta "regola d'oro" già nota nell'antichi-tà, ma nella forma negativa: "Non fateagli altri quello che non vorreste fossefatto a voi". Gesù ne dà un'interpretazio-ne positiva indicandounmododi vivere:rispettoso verso sé e verso gli altri, inmodoparitario, non egoistico, o con sog-gezione. Più avanti questa regola sarà nelcomandamento: "ama il tuo prossimo

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come te stesso" che segue l'altro fondamentale: "ama ilSignore tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tuaanima e con tutta la tuamente". Da essi derivano, secon-do le sue parole, anche la Legge e i Profeti � e da essidovrebbero derivare le leggi morali del nostro mondo.Ma attenzione: l'amare il prossimo è un comandamentobellissimo,ma resta solo una bella intenzione se non dia-mo un volto preciso a questo "prossimo", che è l'umanitàsofferente che ci passa accanto (come nella parabola delbuon Samaritano).Naturalmente il fatto di fare del beneper essere ammi-

rati, come accadeva nel caso dei farisei del tempo e diogni epoca, non porta ammirazione da parte di Dio, cheama l'umiltà. Tali ipocriti, dice Gesù, riceveranno comeunica gratificazione la lode degli uomini. Le persone cheinvece fanno la carità, pregano o fanno penitenza per iloro peccati preoccupandosi solo di piacere aDio, avran-no una grande ricompensa. La preghiera del Padre No-stro, cheGesù ci insegna, è ilmodopiù semplice e direttodi pregare.Anchenell'epoca in cui viviamomoltagente faopere di bene per il desiderio di essere lodata e stimata:appaiono spesso all'attenzione deimedia attori e personefamose che si fanno inquadrare dalle telecamere o dallemacchine fotografiche mentre compiono buone azioni.Possono sembrare benefattori sinceri, forse piùdegli altri.Non possiamo giudicare a fondo le azioni umane.Ma io credo che le persone veramente disinteressate

siano quelle che lavorano di nascosto per far star megliogli altri e sopportano tutto per le persone che amano. Peresempio, una mamma che rinuncia ad una promettentecarriera nel mondo del lavoro per accudire i figli, o uninsegnante che lavora per il semplice piacere di istruiregiovani.. Dio Padre "vede anche ciò che è nascosto": eproprioper essersi "nascosti" agli sguardi delmondo, daràloro l'adeguata ricompensa.Gesùpunta spesso il dito con-tro i farisei e i maestri della legge, proprio per la loroipocrisia. Ma a volte li prende come modello negativoanche perché giudicano la gente senza primapensare alleproprie colpe. Gesù stesso raccomanda di non giudicareavventatamente il prossimo, perchéDiovi giudicherà conlo stesso criterio che usate voi per giudicare gli altri (Mt7,2).Prima di criticare qualcuno imprudentemente per le

sue azioni - cosa che è molto semplice a farsi - bisognaguardare e valutare obiettivamente anche noi stessi, poi-ché se uno è un buon giudice per quanto riguarda i suoiaffari privati, lo sarà certamente anche per quelli degli al-

tri. Solo quando avrà tolto dall'occhio la"trave" chegli oscura la vista, potrà vede-re bene e togliere la "pagliuzza" dall'oc-chio di altre persone.Anche San Paolo, nella sua lettera ai

Romani riaffermaquesto concetto: chiun-que tu sia, che giudichi agli altri, non hainessuna scusa (poichénessunoè innocen-te) [�] tu, perché giudichi tuo fratello?[�] tutti dovremo presentarci di fronte aDio, per essere giudicati da lui. Ognunodovrà rendere conto delle proprie azionia Dio, e soltanto a lui. Oggi giudicare chisbaglia (o chi pensiamopossa sbagliare) èfin troppo facile.Lebasi del giudizio sonospesso pregiudizi senza fondamento, op-pure scuse per poter criticare gli altri sen-za pensare che si possono commettere glistessi errori. La presunzione di sé portaall'ateismo. Inmolte coscienze l'arrivodelMessia non è stato ancora percepito com-pletamente. Tanti rifiutano di lasciarsiprendere dall'amore di Dio, affidandosisoltanto alla Ragione e proclamandosipersone laiche - intelligenti.Ma, come scrive l'apostolo Paolo, Se

qualcuno di voi si crede un sapiente inquesto mondo, si faccia stolto per diven-tare sapiente, perché la sapienza di que-sto mondo è stoltezza davanti a Dio. Lavera conoscenza, relativa al senso dellanostra vita, ha sede solo inDio, e noi pos-siamo comprenderla tramite la sua Paro-la. Noi cristiani pertanto siamo il "sale"che anima ilmondoe la "luce" che lo illu-mina.Abbiamo il compitodi testimoniareagli altri l'amore di Dio e la resurrezionedi Cristo.

GiuliaMenichini (1989),ParrocchiadiSanta Croce, Rosignano Solvay

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Paola Ircani Menichini

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La Madonnina di Cascina tra 1547 e1560

Leggendo i documenti del passato può capitare chei viaggi negli archivi si trasformino in viaggi nei luoghi,e che in questi ancora si scoprano cose nuove, soprav-vissute allo scorrere del tempo. Sono i luoghi dove iServi diMaria di Firenze hanno dimorato: S. Godenzo,Rosignano, l�Eremo in Chianti ... e ora San Pietro aCastello � o S. Benedetto a Settimo � a Cascina nelPisano.La chiesa oggi è detta laMadonna del Piano; ne han-

no scritto il p. Alessio M. Rossi nell�Addolorata del1930 e il p. Ubaldo M. Forconi nei suoi Quaderni, ilprimo ricordando anche un�attribuzione a Andrea delSarto (� 1531) del S. Filippo dipinto accanto alla Ma-donna (v. foto). Un documento inedito però ci pare in-teressante da riassumere in questo articolo: un inventa-rio del novembre 1556 contenuto nel Libro dei Partitidella SS.Annunziata di Firenze.Secondo questo inventario nel 1556 la chiesa e il

convento dei Servi dellaVergine di Cascina dimostranoinnanzitutto di avere raggiunto una buona organizza-zione comunitaria, dovuta all�opera di un frate di capa-cità: fra Giovanni Battista diArezzo incaricato del prio-rato dal Capitolo dei frati fiorentini nel 1547. Gli su-bentrano ora maestro Zaccaria e fra Amadio, coadiu-vati da fra Andrea, priore di Pisa, i quali ricordano lapresenza di un refettorio e di un dormitorio (mentrel�abbazia�commenda di San Godenzo � vedi il numeroprecedente � aveva solo alcune camere).Nella parte riservata all�elenco dei beni di chiesa in-

vece vengono annotati i consueti calici, damaschi, pia-nete, piviali e paliotti di cui uno di domasco appicciola-to fregio d�oro di Cipri con dua arme del Duca Ales-sandroMedici (� 1537). Oltre ai paramenti, è ricordatalamiracolosa immagine dellaMadonna, collocata in untabernacolo coperto da un baldacchino di broccato d�oroe con accanto appesi come ex voto sei anelli d�argentoe cinque paia d�occhiali. In chiesa c�era anche un orga-netto guastissimo; un altro verrà costruito nel 1563.Tra il 1548 e il 1556 fra Giovanni Battista aveva

fatto fare anche dei consistenti lavori agli edifici, usan-do per fabbricare certe muraglie vecchie della chiesa diMacerata (paese vicino).

Pisa e Lucca in archivio

Nell�inventario e nel Libro di Fab-brica è citato per primo un muro chechiude il convento da una banda lungobraccia 50, pagato a un prezzo ragio-nevole in quel paese lire 550. Un se-condo muro invece era stato eretto perfare un forno (lungo braccia 16 e alto6, cioè ca. m. 8,5 x 3,5) e altri lavorierano serviti per la stalla, una colom-baia, un palco, un acquaio, un caminoin camera.Fra Giovanni Battista inoltre aveva

fatto costruire in chiesa un pergulo edei cornicioni intorno intorno alla cap-pella della Madonna di legname e di-pinti, 15 banchette da inginocchiarsi, eun tabernacolo del SS. Sacramento,quest�ultimo commissionato amaestroBartolomeo da Sambra (oggi Zambra,paese nei dintorni). Il tabernacolo erastato munito di un baldacchino per co-prirlo tutto secondo l�uso del tempo,mentre i cornicioni erano stati decoratida un certo Sordo dipintore (1548). Nel1553 maestro Bartolomeo aveva co-struito anche la porta principale.Nel 1557, secondo il Libro di Fab-

brica, lavorò al portico della chiesa enell�interno del convento il muratoremaestro Iacopo del Fusaio di Val diLugano (Svizzera) con il fratello. Fuconfermato gli anni seguenti, in segnodi apprezzamento.Sempre nell�inventario del novem-

bre 1556 risultava unita al convento unachiesa intitolata a S.Martino. Tra le suepertinenze c�erano 12 staiora di terrabuona che sono a la vita d�un prete chehoggi sono tre anni è in Corsica e sipensa sia morto. Forse il prete si trova-va nell�isola, a quel tempo piuttostoinospitale, perché costretto dall�esilioo dalla prigione.La chiesa di S. Martino di cui era

usufruttuario doveva essere antichissi-

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Articoli brevi

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ma, ma questo allora contava poco: nell�inventario siscrive che poteva essere utile per disfare ha tanta ma-teria intorno, ne� fondamenti e con il sito che vaglionoassai più di scudi 50.Nel 1560 purtroppo fu distrutta completamente: tutti

i fondamenti vennero levati e usati per cingere el giar-dino del convento.

La SS.Annunziata, marzo�aprile 2006.

Il p. Giulio Arrighetti dei Servi e la fe-sta a Pisa del 1672 (stile pisano)

Giulio Arrighetti nacque a San Piero a Sieve il 16marzo 1622, da Salvestro di Lorenzo e da MaddalenaSelvaggia di Giovanni Stacchesi. Al battesimo ebbe ilnome di Fortunato, fu suo compare Bastiano di Raffa-ello di Giovanni Fontebuoni. Ricevette l�abito dei Ser-vi diMaria il 14 ottobre 1634.Morì alla SS.Annunzia-ta di Firenze il 10 ottobre 1705 ed è sepolto nella cap-pella del Crocifisso.Ai suoi piedi dal 1713 giace il cor-po di fra Pier Paolo Perrier Dupré (� 8 marzo 1700).Nel 1667 il p. Arrighetti fu chiamato a insegnare

teologia all�Università di Pisa. Dimorò per più anni nelconvento di S. Antonio, dove fu anche priore (1672�73), succedendo ai maestri Giorgio Soggia e NiccolòLena.Durante il soggiorno si occupò dell�amministrazio-

ne e donò o fece fare per la sagrestia piviali e pianete,dei quali era sprovvista. La domenica 17 gennaio 1672organizzò unamemorabile festa per la canonizzazionedi S. Filippo Benizi. Tutto l�interno della chiesa � lafacciata, le fiancate e il retro � fu addobbato con altirasetti gialli e rossi, tramezzati da liste di colore turchi-no, festoni gialli e azzurri e rami d�abete; sotto le por-tiere furono posti 8 quadri dalla ricca cornice rappre-sentanti i miracoli di S. Filippo; dei cartigli ne descris-sero la vita.Anche la tribuna dell�altare grande fu tappezzata di

damaschi turchini, nuovi e vivaci, e i rasetti coprironole due cappelle dei Morti e della Concezione mentre iquadri furono abbelliti con i festoni, i setini gialli e ros-si a rose e i rami di abete. Sull�altare fu collocata l�ar-genteria: candelieri, croci, vasi, torce, mentre un bal-dacchino di velluto e zeletta d�argento coprì l�immagi-ne di S. Filippo incorniciata d�oro e il suo stendardo.La città meravigliata lodò il santo per il quale non si

era risparmiata spesa alcuna.Lo stendardo era arrivato da Roma,

benedetto dal papa. La mattina del 17gennaio tutti gli ordini religiosi cittadinisi erano radunati in cattedrale dove eracustodito (cappella dell�Assunta) �, loavevano preso e portato in processionefino a S. Antonio percorrendo Via S.Maria e il Lung�Arno.Altre compagniee i Canonici, il Clero e le Magistraturesi erano uniti ai religiosi portando lumi,torce veneziane e il baldacchino. A S.Antonio attendeva l�arcivescovo Fran-cesco Pannocchieschi dei conti d�Elci(� 1702) che allo sparo dei mortaretti sivestì con il pontificale e andò a riceverelo stendardo incensandolo. Dopo il can-to del Te Deum iniziò la S. Messa pre-sieduta dal primate con il suo clero � ungrande onore di cui non si ha memoria.La musica della funzione fu compo-

sta e diretta dal p. Giovanni Battista Flo-rimi,maestro di cappella della cattedraledi Siena, ed eseguita soavemente daiprofessori p. Giacinto Alberti e p. Gio-vanni FrancescoVannucci venuti da Fi-renze. I discorsi panegirici furono pro-nunziati da maestro Galeotti da Pisa, dap. Giovanni Pietro Bertazzoli da Mas-sa, da maestro Giulio Arrighetti e daaltri.La sera una macchina concluse le

feste con i fuochi artificiali, visti da tut-ta la città. Percorse più volte la via dallachiesa della Spina, illuminando a gior-no la facciata di S.Antonio, dove si ve-deva un quadro rappresentante S. Fi-lippo che se ne va in cielo. Ai fianchierano rappresentate le quattro virtù delsanto e sotto quattro stemmi: di papaClemente X, dell�Imperatore, del Gran-duca e dell�Ordine dei Servi.(v. Memorie del convento di S. An-

tonio, alla data).

�La SS. Annunziata�, settembre�ot-tobre 2005.

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Paola Ircani Menichini

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Memoria di ritrovamenti archeologicia Pisa e il p. Raimondo Adami (m. 1792)dei Servi di Maria.

Prendiamo occasione da una Mostra degli Etruschia Parigi e dagli scavi archeologici e di consolidamentoper la Torre di Pisa (1), per estrarre dall�Archivio delConvento della SS.Annunziata di Firenze una �memo-ria� che appartiene alla storia di Pisa nell�Antichità epuò servire a una migliore conoscenza della figura delp. RaimondoAdami dei Servi di Maria che fu, �figlio�del Convento della SS. Annunziata di Firenze e di cuiquest�anno ricorre il bicentenario della morte.Il p. Raimondo Adami nacque a Livorno nel 1711;

entrò nell� Ordine dei Servi di Maria prima come con-vittore nel 1723, poi come novizio nel 1730. Dal 1749al 1789 ebbe la Cattedra diTeologiaDogmatica all�Uni-versità degli Studi di Pisa, dopo 5 anni di Lettorato.Dal 1749 al 1752 fu anche Provinciale di Toscana; dal1756 al 1758 priore del convento di S.Antonio di Pisa;dal 1761 al 1763 Priore della SS.Annunziata di Firen-ze. Dal 1768 al 1774 ricoprì la carica di Generale del-l�Ordine. Morì nel 1792 a Firenze.Intelligente ed erudito, si interessava di archeologia

e di numismatica. I registri conservati nell�Archivio delConvento della SS. Annunziata ce lo mostrano appas-sionato alle novità librarie dell�epoca � per arricchire laBiblioteca di opere rare e preziose � o pieno di fervorenella çreazione di un �museo� antiquario, oggi non piùesistente. Le sue lettere da Pisa al p. Costantino Battini­ in seguito suo successore all�Università � trattano dilibri, di numismatica, con una passione �antiquaria�unica, dovuta ai gusti del suo secolo, ma anche ad unatradizione secolare dei frati della SS.Annunziata di Fi-renze. Un filo sottile di continuità lega infatti le colle-zioni di ceramica, di sculture dei frati del secolo XV,l�erudizione del p. Gerardo Capassi e la liberalità di suasorella Fiammetta verso la biblioteca del convento neisecoli XVII e XVIII, alle raccolte del p. Adami e airiordinamenti del p. Costantino Battini, infaustamentediispersi dal periodo napoleonico (2).La memoria di mano del p.Adami che riportiamo di

seguito a questa breve premessa, fa luce sulla stima incui era tenuto a Pisa. Vediamo infatti il canonico Barto-lomeoMariotti (3) precipitarsi dall�illustre p. Raimon-do, che probabilmente dimorava nel convento di S.Antonio, permostrargli dei reperti archeologici. Lo stes-

so p. Adami fa un�accurata relazione,da uomo accorto, perché in tempicontroversi, stretti nell�assolutismo il-luminato e nel giansenismodi PietroLe-opoldo, gli Ordini regolari potevanoessere incolpati di qualche appropria-zione indebita di opere �antiquarie� divalore. Ed appare la sua amicizia con ilconsigliere di Stato, il cavaliere Fran-cesco Seratti, uomo onesto e di capa-cità, secondo il giudizio del Granduca,anche se, per quest�ultimo, legato mol-to alla Curia Romana (4).La memoria del p. Adami ci rivela

l�esistenza in un quartiere occidentaledi Pisa presso Ripa d�Amo e l�anticaPorta Maris (5), di resti o di una sem-plice tomba di famiglia o di una partedi necropoli etrusca, con le tombe afossa. Il corredo ceramico, cioè i vasi,dei quali almeno uno era di notevolidimensioni, e gli altri oggetti si posso-no far risalire infatti al periodo succes-sivo l�occupazione etrusca di Pisa (Vsecolo a.C.), già centro ligure. La cittàtirrenica ebbe rilievo nell�Antichità peril Porto Pisano, situato nella zona ameridione, perché anche in quest�epo-ca aveva assunto una certa importanzae pare collegasse l�Etruria alla Sarde-gna settentrionale (6).Il vasellame descritto ci sembra per

lo più del tipo a vernice nera (a riflessimetallici) detto etrusco�campano (IV�I secolo a.c.); il bronzetto e l�alabastroorientale a corredo della tomba sonoriferibili però ad ogni epoca della civil-tà tirrenica. Le foglie d�oro trovate ciindicano una persona ragguardevole oil monile di una signora. I resti dellafornace ustoria per l�incenerimento deicadaveri e le sue dimensioni (a tre scom-parti) ci fanno supporre altre tombe eforse proprio una necropoli, situatapresso l�Arno e, presumiamo, lungo unavia antica che andava verso Porto pisa-no (7).

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I reperti archeologici del 1782�1783 ebbero comedestinazione la �Reale Galleria� di Firenze (PalazzoPitti). A distanza di più di due secoli, ci possiamo do-mandare se essi appartengano ancora ad un museo diFirenze. Un loro studio accurato ci darebbe informa-zioni ancora più precise su Pisa nell�Antichità e aiute-rebbe a colmare una lacuna sul passato remoto di unacittà che fino a tutto l�Alto Medioevo era consideratauna delle prime in Toscana.Paola IrcaniMenichini

MEMORIAMANOSCRITTAINTERZAPERSO-NADEL P. RAIMONDOADAMI

« Nell� estate del 1782 fuori della Porta aMare del-la Città di Pisa fu scavato un Pozzo per comodo di unacasa lontana dalla detta Porta circa braccia 50 (8), cheè la prima di quelle che si stendono fino al principiodella Via di Livorno, e al Ponte del Fosso Navigabile(9). La gola del nuovo Pozzo fu profondata circa 20braccia (10); e nello scavarsi il terreno furono trovaticontigui al piano del Pozzo dal quale sorgeva l�acqua ilcoperchio infranto, che terminava in una palla a foggiadi melagrana con altri frammenti di un gran Vaso dicreta o terra cotta alto, per quanto più inferirsi dai fram-menti, cinque palmi (11), con suoi manichi scannellati.Dalla parte esteriore tanto il vaso quanto il coperchio eli manichi erano ornati con rabeschi di color nero di-pinti a disegno, e conoscevasi che dentro il vaso vi era-no state delle ceneri, e delle foglie volanti di oro tantosottili quanto quelle che si usano da nostri indoratori.La casa contigua alla corte in cui fu scavato il pozzoapparteneva ad un nipote del sig. Canonico Bartolom-meo Mariotti, il quale portò tutti i descritti frammentinelmese di novembre dello stesso anno1782 al P.AdamiEx Gen.le del suo Ordine, e Professore della Univ.tà,con avvisarlo che gli scavatori del pozzo avevano os-servati in esso altri frammenti di vasi che non estrasse-ro perché l�acqua che sollevavasi nel pozzo velocementeglielo impedì. Convenne al P. Adami pazientare finoall�estate dell�anno seguente 1783 ed a quel tempo incui ritirandosi le acque poteva effettuarsi più facilmen-te uno scavo grande, e come dicesi, a giorno. Primache si ponesse mano all�opera ne ragionò il P. Adamicon S.E. il sig. Consigliere di Stato Cav. re Seratti colquale visitò il pozzo, e quei frammenti, che sopra sisono accennati; ed ambedue giudicarono che in quella

profondità dovesse trovarsi un anticosepolcreto. Furono comunicate tali no-tizie a SuaAltezza Reale il nostro Cle-mentissimoSovrano il quale ordinò unoscavo a spese del suo Regio Erario conaffidarne la direzione al prelodato sig.Can. Mariotti.Intrapresa dunque l� escavazione, fu

profondata fino a braccia 19 (12) conlunghezza nella superficie di braccia 22(13) e di braccia 12,5 (14) in larghez-za.Alla detta profondità fu trovata unafornace ustoria, che era lunga braccia1815 e larga 816, e divisa in tre scom-partimenti eguali né quali probabilmentesi abbruciavano li cadaveri. In diversisiti furono poi trovate le seguenti anti-caglie, che furono trasmesse in Firenzealla Real Galleria.Due vasi di terra cotta inverniciati e

dipinti con figure di buon disegno, e conmanichi molto eleganti. In uno di que-sti vasi perché era saldo si trovaronodelle ossa umane, ed alcune laminettedi oro sottilissime che insieme pesava-no dan. I gr. 6 (17). Nell�altro vaso per-ché era in pezzi egregiamente riunitiniente fu trovato. Questi due vasi noncedono in eleganza e simetria a quei vasicampani che sono ad essi contigui nellaGalleria suddetta2 Una statuetta virile di bronzo alta

un palmo.3 Un�anfora, o sia vasetto di alaba-

stro orientale lungo poco più di un pal-mo con patina ovvero crosta esterioreche merita osservazione.4 Un coppo cinerario alto un brac-

cio di terra cotta liscio senza pitture esenza vernice.5Diversi rottami di vasi di terra cotta

con alcuni altri di pietra e di bronzo ».

Note.

1) I lavori di consolidamento della Torrea Pisa costituiscono un importante saggio perla ricerca della storia della città anche nell�

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Antichità; per esempio, v. �La Nazione�, 16 settembre 1992:�L�area dove sorge Pisa un tempo assomigliava a Venezia... dal-la zona dell�attuale Livorno fino alle propaggini delle Apuaneesistevano una serie di tomboli o isolotti di origine glaciale� (P.Pierotti)2) Le notizie sul p. Adami, sulle collezioni e sull�erudizione

dei frati della SS.ma Annunziata si trovano in vari registri efilze manoscritti contenuti nell� Archivio del Convento;3) Non esiste per ora alcuna opera edita sui canonici pisani

del passato. I registri del clero conservati nell�Archivio Arcive-scovile iniziano nel 1841.4) Francesco Seratti fu governatore di Livorno e Consigliere

di Stato. Pietro Leopoldo lo giudicò �uomo onesto, disinteressa-to, di sufficiente talento e capacità...� (v. P.L. D�Asburgo Lore-na, Relazioni sul governo della Toscana, Firenze 1969�1974, I,p. 94).5) La Porta a Mare appartiene alla penultima cerchia di mura

di Pisa medievale. È ricordata nel secolo XII vicina ad una chie-sa di San Nicola (v. E. Tolaini, Forma Pisarum. Problemi e ri-cerche per una storia urbanistica della città di Pisa, Pisa 1967,pp. 198, 203).6) Cenni sulla storia di Pisa nell�Antichità in E. Bernardini,

Toscana antica dal paleolitico alla civiltà etrusca, Todi 1989, p.184; N. Toscanelli, La Toponomastica ragionata del territorio diPisa, Livorno e Volterra, Pisa 1931, p. 390.7) Per l�indagine sul corredo ceramico delle tombe ci siamo

serviti di E. Fiumi, Volterra etrusca e romana, Pisa 1976 pp. 3 eseg., 57,n, 78,79; E. Fiumi, I Confini della diocesi ecclesiasticadel municipio romano e dello stato etrusco di Volterra, in Archi-vio Storico italiano CXXVI Firenze 1968; G. Buti�G. Devoto,Preistoria e storia delle regioni d�Italia, Firenze 1974, pp.X,XI,20.Si accenna al ritrovamento alla Porta Maris in F. Redi, Pisa

com� era: archeologia, urbanistica e strutture materiali (secoliV�XIV), Napoli 1991, pp. 32, 36. Contrariamente a quanto af-fermato, a noi sembra che la fornace ustoria sia da mettere instretta relazione con i vasi ritrovati, e con le ceneri e i restiumani in essi contenuti, né che vi possa essere il dubbio che sitratti di una fornace da ceramica della fine del Medievo. Infattii tempi dello scavo fanno supporre un complesso unico, e quindiuna necropoli da attribuire al periodo etrusco�romano di Pisa.8) Circa m. 25. Il braccio era una misura di lunghezza corri-

spondente a poco più di mezzo metro.9) Il fosso Navigabile oggi è detto Fosso dei Navicelli. Fu

costruito nel 1603 e abboccato all� Amo presso S. Giovanni alGatano. Riuniva, e riunisce Pisa a Stagno di Livorno.l0) Circa m. l0.11) cm. 1,25. Il palmo era una misura variabile intorno ai 25

cm.12) cm. 9,5.13) cm. 11.14) cm. 7.15) cm. 9.16) cm. 4.17) dan. 1 e gr. 6 = grammi 34. Il danaro era 1/24 dell�oncia,

dodicesima parte della libbra. L�oncia a Firenze era di 28 gram-mi.

La SS.Annunziata, annoXII, nume-ro 6 (novembre dicembre 1992).

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Una gita a Lucca ( 21 giugno 2005).Belle e antiche chiese restaurate mavuote ospitano concerti e mostre, fre-quentate a prima vista da poche perso-ne; le piazze davanti alle chiese sonopalcoscenico per piccoli gruppi musi-cali per lo più di ragazzi. Tutte cosebuone ma come sarebbero state diver-se se vi fosse stata accanto ad esse laricchezza spirituale dell�avviso di unaS. Messa, di una Prima Comunione.Rischiano di essere solo scenari di ritimondani, dai quali si è voluta levare l�in-gombrante presenza del prete e di unabellezza che invita a pensare a quelladel Signore e al suo Regno, alla peni-tenza, all�uso corretto della vita ... Unasignora anziana che fa da custode in unachiesa si affanna a dire che non è scon-sacrata perché ci si fanno concerti. Lafrase è un po� assurda �

Ricordo di Santa Maria deiServi di Lucca (liturgie, dalDiario ...).

Il convento servita di Lucca � fon-dato tra gli anni 50-60 del Duecento �fu uno dei più noti nella Toscana servi-ta ed ebbe dipendenti gli oratori delCrocifisso di Borgo a Mozzano e S.Maria delle Grazie di Seravezza. Com-prese la chiesa e il monastero di S.Maria e la vicina chiesa di S. Lorenzo eospitò frati illustri e eruditi. Nel 1808venne soppresso dal governo francese,ma alla fine del periodo napoleonico,nel 1821, gli edifici furono affidati allemonache benedettine di S. Giustina,mentre di S. Maria si occupò il clerosecolare. Il monastero ritornò ai Servisolo nel 1927, per iniziativa per p. Raf-

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faeleM. Taucci.Aseguito della crisi di vocazioni degliultimi decenni, fu chiuso di nuovo nel 1985. Dispiaceoggi vedere il suo abbandono come luogo religioso ela lenta perdita di ogni conoscenza su chi fossero statii Servi di Maria in città.Nell�edizione del 1836 delDiario Sacro delle chie-

se di Lucca monS. Giovanni Domenico Mansi e Do-menico Barsocchini ricordavano le liturgie antiche econtemporanee di S. Maria e di S. Lorenzo dei Servi.Tra queste la Corona dei Dolori di Maria la sera dellefeste, con l�esposizione del SS. Sacramento, le ricor-renze speciali e le indulgenze plenarie (i.p.). La chiesadei Servi aveva anche il rango di stazione di Roma (erelative indulgenze) per le domeniche diAvvento, vigi-lia e feste di Natale, i giorni dei Quattro Tempi, in Set-tuagesima, Sessuagesima, Quinquagesima, dal I gior-no delle Ceneri alla domenica inAlbis, per le Rogazio-ni,Ascensione e Pentecoste con l�ottava. Le feste spe-ciali erano: Febbraio: S. Alessio Falconieri osm (17),i.p.; S. Mattia (24); marzo: S. Giuseppe (19), i.p.; SS.Annunziata (25) quando intervenivano ai tempi dellarepubblica conmessa cantata gli eccellentissimi signo-ri (come a Firenze). Festemobili: tutti i venerdì di Qua-resima Via Crucis con esposizione del Santissimo; ilvenerdì di Passione festa diMaria Vergine SS.Addolo-rata con i.p. (anche in Duomo). Aprile: b. GioacchinoPiccolomini (16) con l�esposizione della reliquia; S.Pellegrino Laziosi (30) con i.p. La III domenica dopoPasqua: Patrocinio di S. Giuseppe preceduto dal tri-duo detto laVeglia degliAmanti di Gesù eMaria.Mag-gio: SS. Giacomo e Filippo (1) e esposizione delle re-liquie nella cappella del SS. Sacramento; invenzionedella S. Croce (3); secondo giorno di rogazioni, visitadella processione ai Servi;Vigilia di Pentecoste, la chie-sa diventava stazione. Giugno: S. Giuliana Falconieri(19) con i.p. ed esposizione della reliquia; luglio: S.Anna (26); agosto: S. Filippo Benizi (23) con i.p. an-che nei conventi delle suore dei Servi; la domenica en-tro l�ottava dell�Assunta, S. Gioacchino preceduta danovena. Settembre: per laNatività (8), esposizione dellareliquia dei capelli della Vergine (poi trasferita in S.Piercigoli); Esaltazione della S. Croce (14) con l�espo-sizione del legno; S. Matteo (21) con esposizione del-la reliquia; S. Michele arcangelo (29), che era il titolodella prima chiesa duecentesca dei Servi (degli Avvo-cati).

Devozioni della chiesa luc-chese.

Oltre a quelli relativi ai Servi, nelDiario di monS. Mansi vi sono nume-rosi ricordi delle liturgie dell�intera chie-sa lucchese. Riportiamo questi bei pas-si.Fioriscono le rose d�inverno. 26

gennaio 1575: �L�anno 1575 nel terri-torio di Lucca in questo dì si videro fio-rire le rose, maturare le fragole, gli al-beri verdeggianti, e le viti co� pampini,come se fosse di maggio. Questo pro-digio fu creduto allora un pronostico diqualche vicino flagello del cielo, perciòquesta città divenne per qualche tempouna Ninive penitente, come si ha da unmanoscritto nell�archivio di S. MariaCortelandini�.Madonna del Fuoco: 2 febbraio,

�festa a S. Cristoforo per la Madonnacosì detta del Fuoco, ed alla chiesa del-la Trinità allaMadonna detta della Tos-se convulsa, o bubolina, ove si venerala stata di Maria SS. che prima trovata-si a S. Ponziano, opera pregiatissima delCivitali�.S. Maria della Rosa: 8 settembre,

Natività, �festa a S. Maria della Rosa,perché tiene il bambino con un ramettodi tre rose in mano. Stava fuori dallemura della città quando un muto pasto-re di anni 15, vedendo che le sue peco-re ricusavano di accostarsi ad un cespu-glio di erba fresca, indagandone la ca-gione, vide in questo un�odorifera rosa,che coltala e portatala al suo genitore,nel porgergliela se gli sciolse la lingua,e gli disse: Vedete che bella rosa ho tro-vata in mezzo all�erba. Onde, per esse-re allora di gennaio, accrescendosi lameraviglia, se ne sparse per tutto lafama. Il vescovo avendone presa infor-mazione, fu trovato che di contro a quelcespuglio era dipinta questa sagra im-magine con tre rose in mano; per lo che

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Paola Ircani Menichini

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vi fu eretta una piccola cappella esterna, e di poi unachiesa nel 1309�Nel 1609 l�immagine fu portata doveora si trova� [in S. Maria della Rosa].La SS.Annunziata, novembre-dicembre 2006.Fotografie: S.Maria dei Servi e San Lorenzo di Luc-

ca (21 giugno 2005). Incisione del Volto Santo di Luc-ca stampata a cura della Conferenza di San Vincenzo,parrocchia di S. Martino, ca. sec. XIX�XX.

Riportiamo altri brani del Diario ...La rosa d�oro. �Domenica quarta di quaresima. In

questo giorno il sommo Pontefice suol benedire unaRosa d�oro, e mandarla a qualche gran principe dellacristianità. Questa si dava al sommo Pontefice nellachiesa di S. Croce, detta in Jerusalem, figura della cele-ste patria, come l�afferma Innocenzo III in una suaOmilia detta in quest� occasione, solendo in quei tempisermoneggiare il pontefice al popolo. Bisogna peròavvertire, che questo fiore non principiò se non dopo il1400 ad esser benedetto; perché avanti a questo temponon consisteva questa ceremonia se non in una rosad�oro ripiena di muschio e balsamo, che il ponteficeportava in una solenne cavalcata, che in questa giornofaceva per la città, principiata farsi in Roma da S. Cro-ce in Gerusalemme. Il suo principio fu avanti di LeoneIX che regnò 1�anno 1050, quale, secondo scrive Cen-cio Camerario riportato dal Magri nel suo VocabolarioEcclesiastico, fondò una pensione annua sopra le ren-dite del monastero di S. Croce per la spesa di questarosa. Gregorio XII ritrovandosi in Lucca l�anno 1408con diciotto cardinali, ne fece dono, per relazione delCiaconio, a Paolo Guinigi. In un codice della libreriade� canonici della nostra cattedrale il vescovo FelinoSandei lasciò notato di sua mano che il Pontefice Nico-laoV la dette all�imperatore Federico III, il giorno XIXdi marzo 1442, essendo lo stesso principe venuto aRoma a ricever la corona imperiale.Quo die idem Do-minus noster illustrissimo eidem Imperatori rosamauream dedit. Pio IV col consiglio di S. Carlo Borro-meo suo nipote, il 1565 la inviò alla serenissima Re-pubblica per monsignor Colonna chierico di camera, inattestato della di lei pietà e divozione verso la santasede, e per il gran zelo, che mostrò della romana catto-lica religione verso i suoi cittadini, che si ritrovavano invarie città oltramontane, infette in quei tempi dall�ere-sia di Lutero e Calvino; onde fu commendata dal mede-simo Pontefice con un Breve molto affettuoso, che le

scrisse, registrato dal Rainaldi nell�an-no 1562 negli Annali Ecclesiastici nu-mero 158 e comincia: Legimus pia lau-dabiliaque decreta quae civitatis gene-rale concilium nuper fecit. Questa bollatrovasi nell�archivio di stato. Arm. 21.Filza 14 num. 283.�Mansi�Barsocchi-ni, p. 70.6 Agosto: Trasfigurazione del Si-

gnore. �Festa antichissima tanto nellachiesa greca che latina, e il di cui uffi-zio conmolte indulgenze a similitudinedella festa del Corpo di Cristo istituìCallisto III l�anno 1456, in memoriadella famosa vittoria ottenuta sottoBelgrado da Gio. Hunniade. Avantiperò di questo tempo, celebravasi talfesta, come si è detto, tanto dalla chie-sa greca che dalla latina; in modo cheCallisto non fece che ordinarne l�uffi-zio proprio. Poiché secondo l�anticonostro rituale, l�uffizio tutto di questogiorno si faceva di S. Sisto coll�ultimalezione soltanto della trasfigurazione.Era poi uso universale nella chiesa, no-tato anche nel predetto nostro rituale,di consacrare in questamattina col vinonuovo se potea trovarsi, o almeno siricercavano con diligenza grani di uvamatura, i quali si spremevano nel cali-ce, e quindi di questo mosto formatoneil sacrificio, sotto l�una e l�altra speciesi comunicavano poi anche i fedeli.Ecco le parole del citato rituale. Notaquod ea die conficitur sanguis Christide novo vino, si inveniri possit aliquan-tulum de matura uva, et eliquatur incalice ... et benedicuntur racemi et com-municant inde homineS. Praticavasiquesto in memoria delle parole di Cri-sto: non bibam de hoc genimine vitisdonec bibam illud novum in regno pa-tris mei. Quia ergo, aggiunge lo stessorituale, dixit novum, et transfiguratio,pertinet ad illud statum, quem habuitpost resurrectionem, ideo queritur inhoc festo vinum novum. Ivi, pp.188,189.

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24 dicembre. Vigilia del Santo Natale. In questanotte sono molte indulgenze concedute da Sisto V achi recita, o assiste al matutino che è una delle setteore canoniche, derivando questa voce da Matuta, chesignifica l�aurora. Viene anche chiamato Nocturnum.L�uso di recitarlo è antichissimo, nè si trova mémoriadella Sua istituzione. In S. Michele messa pontificaledamonsignor decano. In S.Maria Cortelandini si scuo-pre il sagro presepio al discorso avanti la messa. Aitempi della repubblica eravimusica nella cappella degliEccellentissimi Signori a palazzo. L�anno 1386 ritro-vandosi in Lucca Urbano VI, e celebrando in questanotte solennemente in S.Martino, volle che sua Eccel-lenza il signor Gonfaloniero, che era il Forteguerra, gliservisse da suddiacono, e gli cantasse l�epistola, comeavrebbe fatto l�imperatore se vi fosse stato presente:benedì anche lo stocco, che donò alla repubblica, ed èappunto quello, che col cappello ducale portava un fan-ciullo nobile nelle pubbliche funzioni avanti agli Eccel-lentissimi Signori. Bellissima era la cerimonia anticausata nella notte del S. Natale, portata dal Durando edal Magri. Si copriva l�altare con tre veli; il primo eradi color negro, che si levava finito il primo notturno, edinotava il tempo avanti la legge; l�altro di color bian-co, si levava finito il secondo notturno, e significava iltempo della legge; l�ultimo di color rosso, si levavafinito il terzo notturno, ed era simbolo della legge digrazia. Gio. Balet in rat. Div. Officii, cap. 69. Duran-dus lib. 1. cap. 3.Nel rituale spesso ricordato vien descritto l�uffizio

di questa solennità, dal quale piacemi trascriver quiquello, che vi è di speciale. Dovendo essere quest� uf-fizio molto prolisso, e recitarsi conmolta divozione, sideve sorger dal letto in quell�ora stessa, nella quale lecampane de� monasteri sogliono dare il segno. Dopo ilterzo segno si comincia il notturno. L�invitatorio si cantada quattro canonaci. Le antifone si dicono intere avan-ti, e dopo il salmo (non osservandosi questo in alcunaaltra festività, può indi dedursi, che non si praticavamai ciò altre volte). Il primo responsorio dopo la pri-ma lezione si canta dall�arciprete; il secondo dal priorede�diaconi; il terzo da sei canonaci coll�organo ; il quar-to da uno della scuola (cioè da un chierico che impara-va il canto fermo); il quinto da un cappellano, e dalmaestro d! scuola, gli altri ogni uno da un canonico,l�ultimo da un sacerdote. Finito cosi il notturno, si suo-navano le campane, e il vescovo o l�arciprete, col dia-

cono e il suddiacono vestiti di sagre epompose vesti (Pascalibus vestibus) congli accoliti e crocifero si portano pro-cessionalmente dalla cappella di S.Apol-linare fino all�altare di S.Martino, dovearrivati si canta il tropo (tropus, che al-tro non era, se non alcuni versi, i qualinellemaggiori solennità si solevano can-tare immediatamente avanti l�introito)che principiava Olim Propheta. Seguedipoi la messa, alla fine della quale unaltro diacono si deve parare con la suadalmatica, e subito dopo la messa salitoin pulpito, e avendo avanti di sè tre cro-ci inalberate canta l�Evangelio: Libergenerationis, e di poi immediatamentea voce alta intuonava il Te Deum lau-damus, suonando frattanto tutte le cam-pane a festa. Seguitano poi le Laudi, edetto il Benedicamus solenne, il canto-re intuona il responsorioBenedictus etc.e tutto il coro va processionalmente pre-ceduto dalla croce all�altare del SantoVolto, ed ivi dopo alcune orazioni sicanta un�altra volta il BenedicamuS.Quindi riassumesi la processione finoall�altare di S.Maria, cantandosi l�anti-fona Nesciens mater Virgo, e qui intuo-nasi un altro BenedicamuS. Il rimanen-te di questo rito si noterà nel giorno se-guente�.25 dicembre. Il santo Natale. �Dal-

l�anno della creazione del mondo, se-condo l�Usserio, Natale abAlessandro,il Calmet ed altri moderni 4000, regnan-do la pace in tutto l�universo, Gesù Cri-sto eterno Dio, figlio dell�eterno padre,concepito per opera dello Spirito San-to, nacque in Bettelemme di Giuda daMaria sempre vergine. Festa solennissi-ma, chiamata da S. Giovan Grisostomola metropoli di tutte le feste con questeparole:Omnium solemnitatumaugustis-sima, et maxime stupenda, quam, haudqui erravit metropolim festorum om-nium dixerit, hom. 21 ad popul.Messapontificale in duomo da sua eccellenza

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reverendissima monsignore arcivescovo coll�assisten-za una volta degli eccellentissimi Signori. Ecco il pro-seguimento dell�antico rito. Al crepuscolo della matti-na il sacerdote col diacono preceduto da tre croci, co�ceruferari, dal coro di S.Martino si porta processional-mente all�altare di S. Maria, dove si canta la messa.Allora uno de� sacerdoti, stando in luogo eminente avantitutto il popolo, intuona il tropo: Jam venit lux vera.Dipoi segue l�introito, e la messa al solito. Dopo que-sta si canta Prima ecc.Avanti la messamaggiore si suonano tutte le campa-

ne, e dopo terza si fa una processione per il claustro.Giunti all�altare si dà principio alla messa, nella qualenon trovo rito speciale. Il giorno al vespro solenne ilcantore detto il BenedicamusDomino intuona il respon-sorio Benedictus qui venit ecc. e va tutto il coro a can-tarlo all�altare della Croce. Allora i canonaci si distri-buiscono in due parti; gli uni vanno agli altari posti allasinistra cantando un salmo; gli altri alla destra cantandoun altro salmo, e poi tutte due le parti cantano insiemeil versettoDe fructu ec. e dicesi l�orazione della Nativi-tà col Benedicamus Domino. La culla dove fu posto ilsanto Bambjno nel presepio, si venera in Roma in santaMaria maggiore, alla quale SistoV innalzò una nobile emaravigliosa cappella, detta dal suo nome di Sisto.AS.Maria de� Servi si esponevano alcune particelle de� pannidove fu involto il S. Bambino, ed in questo giorno chiun-que visita tal chiesa può lucrare indulgenza plenaria:quella insigne reliquia però non è più in questa chiesa,ma è stata sottratta, e crede si trovarsi ora in Pisa. A S.Romano, S.Maria Cortelandini, a� padri Cappuccini, eS. Agostino si rappresenta il S. Presepio, come nellachiesa di S. Francesco; nei quali luoghi sta sempre neidì festivi esposto il S. Bambino fino al giorno dell�Epi-fania, ed in tali giorni in quest�ultima chiesa vi è sempreindulgenza plenaria. La tavola della SS. Vergine, che silascia vedere da Ottaviano Augusto con un bambinonelle braccia, mentre sta studiando la predizione dellaSibilla Cumea, intorno alla nascita del figliuol di Dio,(la quale storia è apocrifa, e vien raccontata in un anti-co manoscritto, riportato e deriso dal celebre signorMuratori. Diss. Medii Aevi tomo III. pag. 879), è ope-ra singolare dell�Ardente pisano in S. Maria Forispor-ta. Il mistero della Natività del Signore fu espresso inpittura dal Sigori nella chiesa de� padri cappuccini, qua-dro però adesso perduto: dal Zuccari nella cappella inpalazzo, da dove è stato levato, e posto nella sala degli

staffieri; dal. Lingozzi in S. Pellegrino,e S. Giovannetto, amendue adesso osmarriti o derubati nelle passate vicen-de, come lo stesso è avvenuto dell�al-tro del Vanni in S. Giovanni; nella cat-tedrale dal Passignano; in S. Giusto daGiovanni Marracci; che non volle chesi distinguesse dalla maniera del granPietro da Cortona di cui fu degno di-scepolo. Questo quadro è stato moder-namente restaurato dal sig. MicheleRidolfi; in S. Luca dal Zacchia, in cui sileggono le seguenti parole: In magnisvoluisse sat est, Laur. Zacchia Lucens.1576; in S.Maria de� servi del fiorenti-no Roselli; la statua di marmo della ss.Vergine, che allatta il S. Bambino, unavolta in S. Ponziano, adesso nella chie-sa della Trinità, è del Civitali, nonman-cando però molti periti, che la stimanodell�Algardi. Si celebrano in questogiorno da tempo immemorabile tremesse; per significare che Cristo nac-que per quelli che vissero nella leggenaturale, nella scritta e nella vangelica,e tutto comprendesi ne� versi qui posti,ritrovati dal Magri in un messale anti-chissimo, e da esso citati nel vocabola-rio ecclesiastico alla parola NativitasDomini pag. 350.Quarum prima tibi tempus quo lege

carebant. Altera dat Moysen, designattertia Christum.Onorio papa nel cap. Explicari ser

sedem apostolicam etc. de observ.jejun. concesse, che venendo in vener-dì, o in sabato la festa del Natale, sipossa lecitamente mangiar carne, e ciòa riguardo di tanta solennità. Indulgen-za plenaria ai Crocifissi. Indulgenza aisette altari della cattedrale, di S. Mi-chele, S. Paulino, S.Alessandro, S. Pie-tro Somaldi, e S. Francesco. Indulgen-za plenaria a S. Romano�. Ivi, pp. 306e ss.

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Le suore dei Servi di Maria VergineAddolorata

... attuali per il loro equilibrio spirituale, discerni-mento e saggezza nella vita quotidiana.Quanto scritto appartiene alla Regola di S. Agosti-

no adottata dalle suore dei Servi di Maria VergineAddolorata di Lucca, stampata nel 1857. Nella Regolasono poste in rilievo proprio le relazioni interne dellacomunità ...Regola, V: Tutte quante [le suore] ritengano questa

verità � ... la superbia si oppone al bene stesso, e vainsidiando le medesime opere buone, affinché se neperda il merito e periscano�. Che cosa importa il distri-buire, e dare le ricchezze ai poveri, e rendere sé mede-simo povero per elezione, se l�anima nel disprezzo enello spogliamento dei comodi e dei beni si fa infelice-mente più superba di quello che non era mentre li pos-sedeva? �Vivete tutte unanimemente e ben d�accordo,ed onorate Dio in voi stesse con un vicendevole rispet-to e amore ...Regola, XVI: Nessuna religiosa deve lavorare per

se stessa sia per vestirsi o coprire il suo capo [o peraltre cose] ...Tutti i vostri lavori saranno fatti in comu-ne con maggiore premura, e con più inalterabile alle-grezza di quella che ciascuna di voi avrebbe, se lavo-rasse per se stessa ed in particolare. Imperocché la ca-rità, di cui sta scritto, che non cerca le cose sue, ossia,i propri interessi ... ma anzi preferisca le comodità co-muni alle proprie.Regola, XXIV: La Superiora non si stimi felice per

l�autorità ed il dominio che ella ha sopra le sue sorelle,ma bensì per l�obbligo che ha di servire le medesimecon carità. Ella sia superiore a voi per onore nel co-spetto degli uomini, e innanzi a Dio si reputi a voi infe-riore come quella che sia quasi prostrata sotto ai vostripiedi ... Ammonisca le inquiete; incoraggi le timide;consoli e conforti le pusillanimi; accolga soavementele inferme, e loro presti gli opportuni sollievi. Sia pa-ziente con tutte ... Sebbene l�amore congiunto al timo-re sia necessario e conveniente per ogni governo, purela Superiora studi e operi in modo di essere più amatache temuta dalle sue sorelle, sempre considerando cheElla deve rendere conto a Dio di tutte ...

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La villa di Camigliari (Rosignano Sol-vay)

Camigliari fu il nome di una Villa medievale che fuchiamata ancheVilla della Foce della Fine. Di ubicazio-ne poco chiara, è ricordata nel Catasto del 1429 diRosignano e in quello di Livorno alla posta di Nanni diPiero che abitava appunto a Livorno (la terra di pro-prietà era localizzata a Campo dell�Olmo e Camiglia-re).Al tempo degli estimi del 1561 la villa era decadutama il toponimo resisteva. Si mantenne ancora per qual-che tempo, trasformandosi occasionalmente anche inun Camugliari. Vari estimi vi ricordano anche unmuli-no diventato poi toponimo Mulinaccio e Le Sedici.Che Camigliari fosse vicino al Galafone lo testimo-

niano due estimi identici del Sei-Settecento sui beni dellaCompagnia della Natività di Rosignano, che qui posse-deva 103 staiora di terra lavorativa. Riportiamo il testoinedito:�Una presa di terra lavoratia posta nel Comune di

Rosignano luogo detto Camugliari, o Galafone di sta-iora cento tre a misura parte lassati alla nostra Compa-gnia da Cesare Genovesi e parte da Diana Cari, comeper testamento rogato da ser Francesco Orzalesi daMontaione, confina a primo Fine 2° Galafone a terzogli eredi Pagnini 4° Giuseppe di Giovanni Battista Pre-toni come al Campione Vecchio a c. 3�.Nel citato Campione Vecchio del 1674 fatto daAn-

drea Bustigallo il testo è corredato dal disegno di unapiantina della presa di terra.Altri proprietari di terra al Galafone tra Sei e Sette-

cento erano iVernaccini, i Menchini, i Genovesi. Topo-nimi nelle vicinanze, spesso associati sono ricordati Prataa Mare o anche Macchia di Catelano.

Il convento di San Martino di Rosigna-no Marittimo (sec. XV�XVI)

GliAnnali dei Servi diMaria (II volume, Lucca 1721)ricordano il convento di RosignanoMarittimo nel 1569.

�In quei tempi fu concesso al nostro Ordine di rice-vere almeno tre conventi, secondo i documenti che si

Passaggio a Rosignano

poté raccogliere. Il primo fu nella cam-pagna pisana presso Rosignano e dal-l�anno 1569 l�ottennero in dono i padridella SS. Annunziata spontaneamentedagli abitanti di quel villaggio; il titoloera S. Martino. I Padri lo abitarono pervari anni e fra gli altri il noto IacopoTavanti [� 1607]; e lo fornirono dellecose necessarie. Però a causa della po-vertà del luogo e di altri molti inconve-nienti, dovettero allontanarsi, tornare dinuovo e alla fine renderlo libero all�ar-civescovo di Pisa�.Anche il p. Alessandro Piermei (�

1807) segnalò il convento di Rosigna-no nell�elenco dei cenobi del 1580 e aitempi nostri il p. Ubaldo Forconi glidedicò una piccola bibliografia.Chi scrive, una decina di anni fa, ne

trovò notizia nei registri dell�Archiviodi Stato di Pisa. Erano i beni tassati dellaSS. Annunziata di Firenze nel 1561:�Due partite di terra soda a S. Martinoe a Sassibianchi di Rosignano. La de-scrizione citava come confini una Tor-ricella, i beni della Compagnia, la viaverso le Serre, il botro (fossato) di S.Martino e naturalmente il Borgo omo-nimo�.Ultimamente all�Archivio di Stato di

Firenze un documento appena scoper-to data la fondazione del convento al1529:

�Richordo oggi questo dì vi [6]d�aprile 1529 chome el padre priorecho� e padri e chonvento di sanctaMa-ria de Servi di Firenze chostituironopriore del chonvento di Rosignano del-la Maremma di Pisa frate Giuliano diRinieri da Pisa chon queste chondizio-ni che ogni anno pe lla Donna dimarzo[il 25, l�Annunciazione] debbadare f. dua decto anno e di iii anni in iii

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anni e avenire la richognizione qui a nostri padri e prioredi questo convento e non venendo alla richognizionene decti tempi s�intenda esser richaduto e venendo perla confermalzione e porttandosi bene e detti nostri pa-dri e frati sieno obligati a chonfermarllo ...�.

Per i primi tempi le cose andarono bene, e S.Marti-no contribuì anche alla fondazione della chiesa di S.Rocco di Rosignano nel 1537. Poi, nella seconda metàdel �500 giunse la recessione in Toscana e i Servi la-sciarono il paese. Nel 1642 gli abitanti fecero un tenta-tivo presso i Francescani per ripristinare il luogo sa-cro.Oggi è difficile persino cercare la collocazione di

questa chiesa che dovette essere antichissima. Un pal-lido ricordo fino a qualche decennio fa erano le Roga-zioni che all�inizio di una strada particolare del paeseprevedevano la recita di una preghiera proprio a S.Martino.�La SS.Annunziata�, novembre dicembre 2004

... Ci sembrava, a leggere le note del tempo, unpiccolo monastero con un esiguo numero di frati, sog-getto agli incerti dell�economia di una campagna de-caduta. Credevamo anche di avere esaurito l�argomentoquando, cercando documenti su altri luoghi, abbiamotrovato alcune informazioni che aggiungiamo alle pre-cedenti.Parecchi anni dopo la costituzione, il 5 febbraio

1551, dunque, il cronista del convento della SS. An-nunziata di Firenze lamentava che molto tempo fa fudonato e loghato a Rosignano (fu fatta una donazionee stabilito un convento a Rosignano) nel quale stetteanche fra Giovacchino da Siena. Però dopo non fu tro-vato nessuno che volesse dimorarvi ... Così nel 1551se ne era interessato fra Giovanni Battista di Arezzoche aveva interpellato fra Riccardo dell�Ordine delCarmine (un carmelitano). Non era un Servo diMaria,ma a lui � pur di non far degradare l�edificio e il luogo� i Padri della S. Annunziata concessero chiesa, con-vento e pertinenze con l�obbligo del miglioramento.Di San Martino abbiamo trovato notizie anche nel

Settecento: era diventato una bella tenuta�fattoria conmagazzino e frantoio ormai appartenente a privati cit-tadini. Dai documenti si comprende l�ubicazione. Siestendeva pressappoco dalle case che oggi sono ametàdi via Gramsci e giungeva fino alla strada che da Rosi-

gnano conduce alla viaMaremmana al-l�Acqua Buona ... Vicino a quest�ulti-ma strada e ai Poggetti si trova ancoraun bell�edificio che è da far risalire allatenuta. Dalla parte dei Poggetti recen-temente ci sono nuove costruzioni com-preso un ufficio postale.San Martino è citato nel catasto del

1429, senza purtroppo alcuna indicazio-ne se a quel tempo la chiesa fosse attivaomeno.Ma la presenza nella circostantezona di Rosignano di tanti oratori dicampagna dedicati al santo vescovo diTour ci dà l�idea di una sua antichitàtanto da pensarlo come uno di quelliedifici di culto altomedievali costituitiaccanto a dei castelli fortificati.

La corte longobarda allaSala di Rosignano nel 784

Carta pisana del luglio 784. Pisa,diplomatico arcivescovile, n. 10.�Charta donationis�. Perprando del fuVualperto dona a sua figlia Ololia lacorte che possiede in Rosignano (Livor-no). Se ne riserba, finché vivrà, alcuneparti e condanna al doppio i suoi erediche, dopo la sua morte, molesteranno,nel detto possesso, la medesima sua fi-glia Ololia. Rogatario: notarius Teu-dipert. Originale. Scrittura corsivanuova di Pisa. Edd.: Muratori, op.cit., III, 1013 ; Brunetti, op cit., II, 1, p.255, n. 20. Reg.: Caturegli, op. cit., 6,n. 13.

1. + InDei nomine. Regnante dom-no nostro Carulu rex francorum 2. etlangubardorum, anno regni eius in[La]ngubardia decimo et 3. domno[nostr]o Pipinu, filio eius, anno regnieius tertio, mense iulius, indictione sex-ta; 4. feliciter. Manifestu est mihi Per-prandu, filio bone memorie Vualperti,quia per hanc 5. cartula donare et tra-dere videor tibi Ololia, filia mea, ideat

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cur 6. te mea quem avire visu sum in loco Rasinianouna cum terris, yineis, 7. silvis, pratis, pascui, cultuvel incultu, movilia vel inmovilia, omnia 8. et in omni-bus seo se moventibus sive cum massaricias casas adeas 9. pertinente sive aldionibus vel aldianemihi perti-nentibus, ad iamdicta 10. curte, in predicto loco Rasi-niano seo notrimina menoris vel maio 11. ris. Exepto:Sala mea in ipso loco ubi dicitor Ad monte una 12.cum sundrio de vinea ante se seo et oliveto in ipsomonteseo et 13. cafagio meo, in ipso loco Rasiniano, ubidicitor Ad suvera seo et vi 14. nea ubi dicitor Propesancto Iohanne. Et exepto Appula muliere Ermuli, ca15. vuallarii meo, una cum infantuli sui; et exepto cafa-gio meo qui dicitor da 16. Formicianu et prato trasmonte et exepto omnia in ipso loco quan 17. tu. mihida Liusprandu otvine. Ista omnia exeptata res vel ho-menis 18. in mea reserbo esse potestate faciendi de asquem voluero ; nam alia omnia 19. res ipsa in iamdictoloco Rasiniano, que superius legitor, [vel ca]se seohome[nes], 20. aldionibus vel aldiane, sicut mihi suntpertinenti, tibi qui super [Ololi]a, dolcissi 21. ma filiamea, mulier Austrifundi, donare et tradere visu sum inin 22. tegrum ut in tua vel de heredibus tuii sit potesta-te. Xepto, ut dixi, quem su 23. perius exeptavi, sictame in eo ordine tibi ista omnia, res seo homenis, 24.donavi et tradedi ut, dum ego advivere meruero, ut inmea sit potestate 25. usufructuandi et, post, viro, meodecesso, iamdicta [curte ve]l omnia quas 26. tibi supe-rius donavi, in tua, ut dixi, vel de heredibus tui [s, sitpotest] ate; et adcepi 27. a te launichildi, legibus meislangubardorum, sicut edicti conten[it auc] torita, unopa 28. rio manicias et neque ad me neque ad meisberedibus hec: me cartula do 29. nationis, post meodecesso, possit derumpit, set omni in tempore, post meodecesso, 30. firma et istavile divea permanire. Et siquicumque de heredibus meis tibi, iam 31. dicta Olo-lia, vel ad tuis heredis, si intentionare aut [subtragiq]uesiere iamdict[a] 32. curte vel ipse alia casa seoomnia ad eas per q[uocumque iure] tibi superius 33.donavi per qualibe ingenio, et as vobis ab omne homine[defendere] non potuere, 34. ut sit conponituri, ipsiheredis meis, tibi vel ad tuis heredis, o[mnes] ipse caseet 35. res vel homenis, omnia in duplum, in ferquidelocum, su extimation[e] quales tunc fuere; 36 et Teudi-pert iscrivere rogavi. Actum in Cantinianu. 37. + EgoPerprand in anc donationis a me facta, manus mea, su-bscripsi. 38. Signum + manus Tachiperti, filio bone

memorie Ratcausi de Pisa, [testis]. 39.Signum+manusAnselmi, filio qd.Au-riperti, testis. 40. Signum + manus Si-culi, filio qd.Asprandi, testis. 41. Si-gnum + manus Auriprandi, filio qd.Auperti, testis. 42. Signum + manusBucci, filio bone memorie Causeradi,testis. 43. + Ego Teudipert, pos tradi-ta, conplevi et dedi.DA: NATALE CATUREGLI, LE

CARTE PISANE DEL SEC. VIII,BULLETTINO DELL�ARCHIVIOPALEOGRAFICO ITALIANO, VOL.XII, FASC. I TAV. 13.

La Compagnia della Nati-vità di Rosignano

Una compagnia laicale �religiosa� delpassato non era una associazione dipersone abitanti in un quartiere o uncentro di campagna, con un sempliceriferimento ad una chiesa parrocchiale.Al contrario il suo essere �religiosa�aveva un significato e una finalità di-versi da quelli di una società laica com-merciale (un�arte), di una associazioned�armi o di poeti o di svago.Lo scopo essenziale di una compa-

gnia religiosa era la celebrazione della�liturgia religiosa�, cioè della preghieracomune che seguiva un �calendario�,voluto e redatto fino dalle origini dallepie persone che l�avevano fondata.Il perché dell�equivoco da parte di

chi vuole attribuire intenti di laicità allastoria religiosa può derivare dal fattoche delle compagnie laicali appoggiatealla ChiesaCattolica si trova abbondan-za di documenti, mentre per le altresocietà (che furono ugualmente impor-tanti per il vivere civile) i documentimancano. Da qui il desiderio di appro-priarsi di valori che non sono pertinentie quindi la conseguentemancanza di unsenso alla storia.Tra Sei e Settecento le compagnie

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religiose laicali del paese di RosignanoMarittimo era-no due: la Natività della Madonna e San Rocco. Indate prestabilite si riunivano per pregare e per delibe-rare sulle vestizioni dei confratelli o altre materie cheavevano sempre a che fare o con la liturgia o l�ammini-strazione della compagnia stessa.All�Archivio di Stato di Firenze, di Livorno e Pisa

troviamo notizie della Compagnia della Natività dellaMadonna che viene ricordata negli estimi del 1561 e �particolare curioso � nelle processioni stabilite per lefestività di paese o della pieve aveva il diritto di prece-denza sull�altra proprio per la ragione dell�antichità.La chiesa della Compagnia, col suo campanile, cap-

pella per la tumulazione, terra e la recinzione di murasi trovava dove è oggi la chiesa di S. Nicola (così indi-cano le mappe di fine Settecento) al Poggetto �in fon-do alle Carbonaie�; il cappellano però aveva l�abitazio-ne sulla Piazza davanti alla cisterna. Queste ultime duenotizie derivano da documenti del Seicento. Le litur-gie, stabilite dai fondatori della Compagnia e che ungiorno vorremmo comodamente descrivere in una pub-blicazione su carta, prevedevano la partecipazione allaS. Messa nei giorni festivi e in altre date. Oltre allefunzioni semplici, sono ricordate anche tre feste prin-cipali per le quali l�amministratore spendeva in addob-bi e nel compenso ai vari celebranti. Erano ricorrenzesolenni ovviamente la festa titolare della Natività (8settembre), l�Annunciazione (25 marzo), il secondogiorno di Pasqua. Ogni due anni venivano celebrate le40 ore con l�esposizione del SS. Sacramento.Soppressa da Pietro Leopoldo granduca di Toscana

con motuproprio del 1785 � è storia notissima e tristequella delle soppressioni leopoldine � la Compagniadella Natività fu ripristinata sotto il titolo del Sacra-mento e della Madonna. La Compagnia di S. Roccoinvece non risorse. La cappella per la tumulazione e ilcamposanto rovinarono presto e il terreno venne ce-duto per pastura alla famiglia Geri.

Luoghi sacri di Rosignano

Rosignano è un territorio ricco di testimonianze sto-riche, comemolti altri centri della Toscana. Ed è anchezona ampia, fertile, con un passato agricolo di una cer-ta importanza con il grano, le viti, il mare ... Un tempola popolazione viveva inmodo più isolato, nei poderi onel castello, senza grandi scossoni ... ma d�altronde per

tutti era così, nella Toscana della cam-pagna.Alcune particolari località di Rosi-

gnano possono essere interessanti dalpunto di vista del retaggio storico: laSala e il Cafaggio, Staliperga di originelongobarda, la via Maremmana, i po-deriAcquabuona, Poggetti, Bustigallo,Camigliari, Galafone, il fiume Fine, ilporto diVada, Capocavallo, Pietrabian-ca, Tesorino, oltre ai nomi di personache qui hanno abitato o vi si sono fer-mati per breve tempo, o ne hanno sce-itto: i testi riconrdano Rutilio Nama-ziano, LeandroAlberti, Tussinato, Ce-cina Volterrano o Vulturreno, Plinio ...e così via.Anche la fede cattolica per secoli si

è espressa a Rosignano con architettu-re, riti, cultura suoi propri ... e con tan-te chiese e oratori che ne punteggiava-no il paesaggio e ne scandivano i ritmidella vita.Mondo ideale quello di allora? For-

se non tanto ... considerando la pover-tà di mezzi e l�immobilità della società.Dal punto di vista cristiano poi non bi-sogna certo farsi illusioni su chi era al-lora ed è oggi il principe di questomon-do ... tuttavia un po� di nostalgia rima-ne naturale osservando l�oblio di tantistili di vita, la rovina di chiese e usanze... a questo contribuisce, nel «mondoNuovo», una mancanza di identità, diaffezione e di progetti.Se vogliamo ripercorrere la religio-

sità del passato con i suoi monasteri echiese tramite qualche citazione tro-viamo nell�ambito di una popolazionepoco rappresentata numericamente unagran quantità di edifici sacri: l�abbaziadi San Quirico e San Salvadore aMoxi(Castellina), la chiesa di San Giusto aCastiglioncello, San Quirico a Casti-glioncello, San Lorenzo poco fuori delcastello di Rosignano, SanMartino an-ch�esso presso questo castello, San Pie-

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tro nel territorio di Vada, San Felice a Vada, San Gio-vanni Battista pieve di Vada, San Michele di Gabbro,San Bartolommeo aTorricchi, la pieve di SanGiovanniBattista a Camaiano, Santo Stefano a Colli, SanMarti-no a Cesari, SanMichele a Castelvecchio, SantaMariaa Malandrone, San Giusto a Valdiperga ... Sant�Ilario,San Giovanni Battista, la Compagnia della VergineMaria a Rosignano ... l�oratorio della Madonna dellaNeve ora rovinato... e altri ancora.Ad ogni santo era legato un uso, un battesimo, una

comunità, una ricorrenza, una speranza, uno stile di vita,un�opera d�arte ...

Le parrocchie di Rosignano oggi invece testimonia-no altri tempi. La popolazione è cresciuta assai nelNovecento e nel III millennio è di circa 30000 abitanti;le chiese delle parrocchie al contrario non sono moltoaffollate, per usare una litote ... Perché?I motivi certamente sono complessi, ed è vano rag-

gruppare e cercare un sintesi. Tuttavia nella società cri-stiana ha un certo peso il fatto su come la chiesa mili-tante si pone davanti ai suoi fedeli.

(Lasciate che i piccoli vengano a me ...) Una parti-colare forma di catechesi moderna che a Rosignano èpraticata ormai da una decina d�anni in via quasi speri-metnale è quella cosiddetta familiare. Si tratta in soldo-ni di insegnare o rinfrescare ai genitori la dottrina cat-tolica, affinché essi possano trasmetterla ai figli. Chi nescrive oggi in genere riporta il seguente concetto innegativo: che «ha poco senso preparare i bambini allaPrima Comunione se i genitori non rendono loro possi-bili importanti esperienze di fede in comune, se li la-sciano più o meno soli nell�imparare a credere e se liaffidano soltanto ad altri educatori».I promotori della catechesi familiare invitano i geni-

tori ad appoggiarsi alla parrocchia e alla comunità ivipresente per approfondire la fede e condividerla con ifigli.In teoria nulla da obiettare ... in un mondo ideal-

mente perfetto ... ma in realtà la catechesi per i bambiniche viene fatta in modo esclusivo tramite solo i genitori� e non si accompagna all�insegnamento vero e proprioai piccoli � spesso e volentieri è soggetta a inconve-nienti pratici, non viene capita, o devia dai suoi fini di-ventando un «affare» di pochi gruppi autoreferenziali... In più incrementa l�abbandono di chi non è d�accor-do o non può sostenerla ...

D�altronde è anche vero che se inuna società l�impegno gravoso e pocogratificante di insegnare a dei piccolinon piace, è più facile interloquire congli adulti ed è ancora più piacevole seesiste tra catechisti e catechizzati unarelazione di amicizia o di ammirazionedel prestigio sociale ...Ovviamente tutte le tentazioni di

corporativismo od opportunismo do-vrebbero essere scoraggiate, se si cre-de che siamo tutti uguali agli occhi diDio ... Anzi, a ben vedere, Gesù predi-ligeva i piccoli ...Un bambino da parte sua non ha e

non fa affari, non lavora in qualche luo-go più o meno ambito, non ha diritticivili come il voto o la responsabilità diuna famiglia ... e se per taluni questopuò essere un motivo di poca conside-razione, per altri questa è una delle con-dizioni perché possa comprendere ap-pieno la parola del Signore. Un bambi-no istruito bene nella fede, con una ca-techesi mirata su di lui, e non solo aisuoi genitori, educato alla speranza, puòdiventare un adulto consapevole e utileanche alla Chiesa e alla società.Non sarà pertanto mai valutata ab-

bastanza l�importanza di costruire unfuturo per la Chiesa, passando dai pic-coli. Inoltre, se in un più omeno futuroprossimo, il Signore dovesse rifondarela sua Chiesa e trarre profeti dai sassi,certamente terrà conto dell�aiuto datoai piccoli oltre ad avere pena di queibambini trascurati che sono diventatidegli adulti disorientati.

Il Porto di Vada antico emoderno

Verso la fine del Settecento nellecarte conservate in alcuni archivi di Pisae di Livorno, il porto di Vada e la suaimboccatura erano segnati nel luogooggi detto Spiaggia del Tesorino, a sud

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dell�odierno centro di Vada, distante da Capocavalloqualche centinaio di metri.Nell�Ottocento scrisse del suddetto porto Carlo

Martelli ricordando tra l�altro la navigazione di cabo-taggio nell�anno 1843, i bastimenti stanziali per la pe-sca e il fatto che era meno costoso mandare le merci aPisa via mare che via terra.Del porto dell�antichità aveva scritto Rutilio Na-

maziano (IV-V secolo) nel resoconto di un suo notoviaggio (De reditu). Questa la traduzione più comune(per l�originale in latino vedi sotto la citazione di Gio-vanni Targioni Tozzetti):�Entrato nel tratto del territorio di Volterra, il cui

nome èVada, percorro un infido canale dove l�acqua èprofonda. Scruta il fondo dell�acqua il nocchiero a pruae dirige il docile timone gridando ordini a gran voce.L�incerta imboccatura è indicata da due alberi e le spon-de sono segnalate con pali infissi nell�acqua. E� usolegare a questi pali rami di alloro con grandi chiome,per offrire chiari segnali al passaggio sul fondo com-patto di scuro scoglio fra le simplegadi del denso limo��.Giovanni Targioni Tozzetti alla metà del Settecento

ricordava il canale e le secche e affermava senza dub-bio che il porto dell�antichità era situato nello stessoluogo di quello del suo tempo (Relazioni d�alcuni viag-gi, tomo III, Firenze 1751). Ne riportiamo lo scritto:�[Istoria di Vada p. 249 e ss.] Il Lido in vicinanza

del Porto di Vada forma una punta, insinuandosi piùdentro al Mare, ad acquista il nome di Capocavallo,corrottamente Cavocavallo, di cui si trova menzione

fin dall�anno 1181 (Tronci,Annali 146).Da questo capo si torce il lido, e for-

ma una spaziosa cavità o seno, che sichiama Porto di Vada, assai capace, esicuro anche per Bastimenti grossi. Lasicurezza dipende da due Secche, o sie-no diramazioni di monte, le quali stac-candosi dalla terra ferma per la parte diTramontana, s�inoltrano sott�acqua pergran tratto verso Levante. Una si chia-ma i Catini, e l�altra Val di Vetro, ed èquella che propriamente forma il molo,e la sua imboccatura, la quale resta aLevante vicino a Capocavallo, ma è an-gusta, e non così facile a prendersi dachi non è pratico. Si distende questaSecca di Val di Vetro per gran tratto dimare, col dorso quasi piano coperto direna, e vestito in forma di prato da pianteMarine del genere delle membranacee,comeAlighe, Fuchi, Fucoidi. Resta ol-trediciò coperta da sì poca acqua, chepassandovi per di sopra in piccoli legni,si vede benissimo il piano della renabiancastra, e si possono contare tutticespugli delle piante, le quali ho intesodire, che nella Primavera e nell�Estatealzinomolto, e quasi arrivino a fior d�ac-qua. Quindi ne segue, che i Cavallonimossi per lo spazioso e nudo mare daiLibecci, e dagli Scirocchi, arrivando aquest�ampia Secca, percuotendo nellarena e nei cespugli, si rompono talmen-te che non possono più danneggiare iBastimenti ricoverati nel seno di Mare,che resta fra la Secca e la terra ferma.Per di sopra alla Secca non possonopassare, a cagione della poca acqua, al-tro che piccoli bastimenti, cioè lane,schifi, barchetti ecc ed ancor�essi nonvi si sogliono assicurare sennonché aMar quieto, e quando possono scoprireil piano della Secca, perché vi sono aluogo a luogo de� dorsi più elevati (cioèdove, cred�io, le tempeste rammontanola rena) ne�quali pericolerebbero di ar-renare. Io vi passai dentro a una Lancia

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nell�andare da Livorno a Cecina, e poiché il mare fino aCapocavallo era tranquillo, ebbi tutta la comodità diesaminare la faccia della Secca.Mi sovviene, che il pa-drone della Lancia osservava diligentemente, e pregòanche noi altri ad osservar bene dove la Secca era piùalta, affine di scansarla, come appunto faceva il Padrondella Filuga, su cui fece il suo viaggio Rutilio Numazia-no. Eccone la sua elegante descrizione:In Volaterranum vero, Vada nomine, tractumIngressus dubii tramitis alta lego.Despectat prorae custos, clavumque sequentemDirigit, et puppim voce monente regit.Incertas gemina discriminat arbore fauces;Defixasque offert limes uterque sudes.Illis proceras mos est adnectere laurosConspicuas ramis, et fruticante coma,Ut prebente algam densi symplegade limi,Servet inoffensas semita clara notas.In oggi non si usa la diligenza di porre i due maggi

per indizio della traccia più sicura: ma la RepubblicaPisana aveva dato principio a fabbricarvi un Faro o Fa-nale.L�Aliga, e l�altre PianteMarine rotte dalle Libeccia-

te, sono trasportate dai Cavalloni fin là da Cecina, masoprattutto rigettate alla spiaggia di Capocavallo, e ram-montate in guida di tumoletti, i quali sono chiamati Tas-soni� [segue una descrizione sulla vegetazione mari-na e a pag. 252 lo scrittore riprende]:Sull�orlo del seno del Porto, presentemente non è

altro che un Torre armata per guardia di esso e un�abi-tazione annessa per i Soldati. Anticamente vi era unagrossa terra murata, con molte appartenenze, comevedremo in appresso.Non vi ha luogo di dubitare, che questo Porto sia

quello detto dagli Antichi Vada Volterrana, rammenta-to da Cicerone e da Plinio. Il nome Vada che i Grecidicevano ta tenaghe, gli si adatta bene, poiché significaun tratto di mare che ha de� bassi fondi con rena e fan-go. Il Territorio poi, o Stato di Volterra, per lo menonei tempi della Colonia, arrivava fino al Mare, forsequanto di distende la Diogesi; perciò questi Guadi me-ritarono il nome diVolterrani, ed erano il Porto di cui siserviva quella Città. Ei si trova notato nell�Itinerarioantico, o Libro delle poste, che va sotto il nome d�An-tonino Augusto, Vadis Volaterris, e nell�Anonimo Ra-vennate, Vadis Volatianis, erroneamente in ambedue iluoghi. E�marcato ancora nella Tavola Itineraria Peu-tingeriana con una figura che indica una Città, se pure

non è uno demoltissimi errori di quellaTavola.Avvertasi che inmolte carteGe-ografiche questo Porto erroneamenteè situato alla bocca della Cecina, e cosìhanno creduto che sia anche il Cluve-rio, e Francesco Berlinghieri dicendo:Né tanta vostra Torre mi gravaLivorno, o Vada Porto Voliense,che già Volterra su Cecina usava.Contuttoché tra questi due luoghi

corra la distanza di circa 4 miglia.Hanno favoleggiato alcuni visiona-

ri, che sopra Val di Vetro fosse già fab-bricata una grossa Terra, o Città sotto-posta ai Volterrani e detta Tuscinatum;la quale da una inondazione del Maresia stata distrutta ed assorbita. Per ren-dere verosimile la loro supposizione,dicono che in tempo di calma sopraValdi Vetro si vedono le rovine di questaCittà: io però a bella posta m�informaicon molti Pescatori, e Barcaruoli chetutto giorno praticano questo Mare, enon ho potuto intendere che vi si vedaaltro che rena, Piante Marine, e qual-che Scoglio come allaMeloria,ma raro.Le rovine che hanno dato origine a que-sta tradizione, sono senza dubbio i fon-damenti, ed il principio di unaTorre peruso di Fanale, che vi fece fabbricare ne�bassi tempi la Repubblica Pisana�.A pag. 260 Targioni Tozzetti ricor-

da anche la zona a nord di Vada, oggidetta di Pietrabianca e Saracine, con lesuemuraglie:�L�Amico, e Compagno mio per

gran parte del viaggio, andando dallaTorre diVada verso la Bocca della Fine,trovò i vestigi d�alcune grosse Mura-glie dette de� Saracini che denotavanole rovine di qualche Castello, o simileedifizio, e gli fu detto che nel lavorareil terreno adiacente, vi si trovano delleMedaglie di Bronzo, e anche d�oro; eche vi erano state trovate delle Cassedi Piombo, con entravi degli Scheletriumani��.

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Vada scritta da Leandro Alberti

LEANDROALBERTI, DESCRITTIONEDITUT-TA L�ITALIA E ISOLE PERTINENTI AD ESSA,VENEZIA 1581.

p. 30 �... Caminando lungo il lito, vedesiMonteNeroalquanto però dal lito discosto; poi Resignano e piùavanti Vadi Volaterrani, da Catone, Plinio, e da Anto-ninoVada nominati. SoggiungePlinio, che furono questiVadi un luogo de gli Hetrusci, solamente posto al litodel mare fra tutti gli altri luoghi d�essi. Rende la cagio-ne di questo nome,Vada,Annio, dicendo, che così fos-se detto, perché quivi si rivolge il lito sopra il porto diLigurno. Imperò che quel, che dicono gliHetrusciVado,i Latini scrivono Verto. Et perché vogliono dire i Vadila piegatura, o sia revolutione del lito, secondo RafaelVolaterrano ne�Comentari Urbani. Era quivi ne� tempiantichi la Città d�Etruria soggetta a�Volterrani, la qua-le essendo stata da loro rovinata per la ribellione, e poial quanto da quelli rifatta, la nominarono Tussinato,che fu poi in processo di tempo dal mare sommerso: ehora essendo cheto il mare alquanti edifici d�esso nel-l�acque marine si veggono. Non poco mi maravigliodel Volaterrano scrivendo, che quivi fosse la Cittàd�Etruria, conciò fosse cosa, che secondo gli antichiscrittori (come al suo luogo dimostrerò), ella fosse pres-so al lago di Vadimone [presso Orte]; et etiandio per-ché (secondo Plinio) non era da questo lato altro edifi-cio de�Toscani, eccetto i Vadi. Ben�è vero, che io cre-do fossero quegli edifici, che si scorgono sotto l�acquemarine (de i quali parla il Volater.) parte de gli Vadianzi detti, ò d�altra fabrica fatta da�Volaterrani nomi-nata Tussinato. Vedesi poi la bocca del fiume Cecinaper la quale si scarica nella marina; così nominato daPlinio, e da Pomp.Mela. Esce questo fiume dalle radi-ci di Montete, non molto discosto da Massa, e scendeper il Volterreno (come altrove si dimostrerà) e quivi alfine mette capo nel mare. Pericolò in questo fiumeMarulo Costantinopolitano huomo letterato, ma pococatholico Christiano *. Dicono alcuni che traesse que-sto fiume detto nome da Cecina Volater. Capitano de�Romani, di cui ne fa memoria Plinio nel 24 capo del 10libro dicendo che fu Cavaliero, e capo delle Quadri-ghe. Il quale astutamente pigliando le Rondini da� nidi,e con diversi colori signandole, le mandava a gli amicisignificandoli le vittorie, e altre cose occorrenti, e al

simile egli il tutto conosceva da gli amiciper quelle rimandate. E� ben vero cheAnnio non vuole che questoCecina fos-se Volaterrano, ma si ben Volturreno,secondo Cat. che dice, che CecinaVol-turreno padre di Menippo, e avolo diMenodore, fu maestro delle quadrighe,o sia carrette da 4 ruote, e prencipe de-gli Auguri. La onde vuole detto, An-nio, che sia corrotto il testo di Plin. inquesto luogo, e che voglia dir CecinaVolturreno, e non Volaterr. Appare poipassato il fiume Cecina (alquanto peròdal mar discosto) Bolgari luogo moltoabbondante di formento, e dimolti frut-ti, ma molto penurioso d�acque dolci.Vedesi anco Castagneto sopra il colle,e al lito la torre di San Vincenzo ...�.

*Marullo di Costantinopoli morì af-fogato nel Cecina nel 1500.

I confini della diocesi ec-clesiastica e del municipioromano di VolterraENRICOFIUMI, I CONFINIDEL-

LA DIOCESI ECCLESIASTICA EDELMUNICIPIOROMANOEDEL-LO STATO ETRUSCO DI VOLTER-RA, IN ARCHIVIO STORICO ITA-LIANO, CCXXVI, FIRENZE 1968.

p. 50 e ss.�... Ripartendo dalla fascia setten-

trionale del settore marittimo, rilevia-mo che immediatamente al di là del fiu-me Fine, nel luogo ove ora sorge Ca-stiglioncello, fioriva nell�antichità clas-sica una stazione di cui fino a qualchediecina di anni fa si ignorava del tuttol�esistenza (128). I reperti delle nume-rosissime tombe tornate alla luce, siaper trovamenti occasionali sia in segui-to a campagne di scavo, attestano chetra il IV ed il II sec. a. C. la popolazio-ne che abitava il promontorio di Casti-glioncello non era di stirpe etrusca e

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nemmeno intratteneva con gli etruschi di Volterra quel-le relazioni economiche e culturali che la vicinanza deiluoghi farebbe supporre (129). Di contro alle ricchesuppellettili della val di Cecina e della val di Fine (130),fa riscontro l�estrema semplicità dei corredi tombali diCastiglioncello. Nei tempi in cui nel territorio volterra-no le tombe a camera e a nicchiotto erano ormai con-suete (vedi Barberino val d�Elsa, Casole d�Elsa, Mon-teriggioni, Marcignano, Pomarance, S. Gimignano,Belora, Terricciola, ecc.), in Castiglioncello si impiega-vano ancora le tombe e cassa con piccolo dolio, simili aquelle in uso nel territorio ligure (131). Tombe di que-sta fisionomia risalgono in Volterra alla prima età delferro (132); per alcune si potrà scendere fino al VI sec.a. C., ma non di più (132). Su oltre 300 sepolcri esplo-rati a Castiglioncello fu ricuperato, di preziosi, solo unpiccolo cerchietto d�oro. Negli scavi promossi dal Go-verno nel 1903 furono accuratamente investigate 17tombe, ma niente di ragguardevole, nè di pregio vennealla luce. Si tratta di sepolture attribuibili al III -I sec. a.C.; la cui suppellettile vascolare è del diffusissimo tipoa vernice nera, detto campano (134). Di tipologia sicu-ramente volterrana è stata trovata solo la bella urnettain alabastro diVelia Carinei, la quale, nel complesso deireperti di Castiglioncello, rappresenta un�eccezione(135). Tenuto conto di questi elementi di ordine archeo-logico, riterrei di proporre, per le vicende di questo ter-ritorio, la seguente ipotesi. Posto a nord del fiume Fine,Castiglioncello non faceva parte dello stato diVolterra,ma era dominata dai liguri (136), e seguì le vicendedella fascia costiera compresa tra la Fine e l�Arno. L�in-senatura di Castiglioncello, che bene si adatta a dar ri-cetto a imbarcazioni di modeste proporzioni, era sicu-ramente abitata da una colonia di liguri, che traeva dal-l�esercizio della pesca e da unamodesta attività agrico-la i mezzi di sostentamento (137).Ai tempi dell�Etruriaindipendente, le reciproche scorrerie dei liguri e deglietruschi non dovevano certo favorire l�incremento diqueste zone di frontiera; ma poi l�espansione e le con-quiste dei romani, i quali portarono il confine con i li-guri alla Magra, assicurarono al territorio tra la Fine el�Arno tranquillità e sicurezza (138).

E le note relative a pie� di pagina (vedi bene la 135,aindicare un certo malcostume nei ritrovamenti stori-ci).

(128) Per la storia dell�esplorazione ar-cheologica di Castiglioncello, v. E. GALLI,in Notizie scavi, 1924, pp. 157�178; E. RIE-SCH, Il MuseoArcheologico di Castiglioncel-lo, in Studi Etruschi, XVI, 1942, pp. 489�517;XVII 1943, pp. 463�485; G. MAETZKE, inNotizie scavi, 1948, p. 57; Studi Etruschi,XXVI, 1958, p. 188; XXVII, 1959, p. 222;XXVIII, 1960, p. 440. Non mi soffermo suitrovamenti della marina e del colle di Rosi-gnano, per i quali rimando ad altro lavoro cheho in preparazione.(129) Concordo in ciò con il giudizio

espresso dalla BANTI, Pisae, cit., t pp. 101�104.(130) Purtroppo, quasi tutti i materiali sca-

vati in vai di Fine e in val di Cecina, ivi com-presi quelli delle tombe di Belora, sono anda-ti dispersi. Ricordo tuttavia che diversi ogget-ti provenienti da detti luoghi sono nel MuseoGuarnacci di Volterra, nel Museo civico diLivorno (MANTOVANI, Il Museo, cit., p. 91�105) ed in collezioni private.(131) GALLI, in Notizie scavi, cit., p. 159;

RIESCH, Il Museo, cit., XVI, p. 490. Anchele tre stele in marmo di Campiglia, del III sec.a. C., sono di fattura locale (BANTI, Pisae,cit., p. 104).(132) G. GHIRARDINI, La necropoli ar-

caica di Volterra, in Monumenti Antichi, VIII,1898, cl. 123; E. FIUMI, La facies arcaica delterritorio volterrano, in Studi Etruschi, XXIX,1961, p. 253 sg.(133) FIUMI, La facies, cit., p. 287, nota.

Pure la tomba della palude di Bientina, dellaseconda metà del VI sec. a.C., era a ziro (Ibid.,p. 288 nota 93 e bibl. ivi cit.).(134) Tra la suppellettile fittile sono da

notare due patere ombelicate di fabbrica cate-na (cfr. BANTI, Pisae, cit., p. 102). Nelle tom-be di Castiglioncello sono stati anche identi-ficati sette vasi di ceramica iberica (N. LAM-BOGLIA, La ceramica iberica negli strati diAlbintimilium e nel territorio ligure e tirreni-co, in Rivista di Studi Liguri, XX, 1954, pp.117�125).(135) GALLI, in Notizie scavi, cit., p. ]65,

fig. 7. Per il gentilizio Carinei, v. M. BUFFA,Nuova raccolta di iscrizioni etrusche, Firen-ze, 1935, p. 19 e CONSORTINI, Volterra, cit.,p. 237. Trattandosi di un � unicum � ebbi an-che il sospetto che quest�urna non fosse statatrovata a Castiglioncello, ma a Volterra, e fos-se stata donata all�erigendo Museo dagli In-ghirami, che furono tra i pionieri della valo-rizzazione turistica di Castiglioncello. Ma al-

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cuni anni fa ebbi occasione di parlare col proposto don LuigiGradi, ispettore onorario alle antichità, ed egli mi assicurò chel�urna tornò alla luce durante i lavori di sterro per la ferrovia,nella scarpata presso l�Ingresso del tunnel. L�urna era in un nic-chiotto e gli operai gli parlarono ripetutamente di questa scultu-ra, che loro dicevano di una madonna.(136) SOLARI, Topografia, cit., I, p. 10; Il, p. 331. Il LO-

PES PEGNA, Dalle locumonie, cit. p. 37, fig. l0, porta fino al-l�Arno il territorio volterrano. Non è escluso che, nei periodi diloro maggior potenza, gli etruschi abbiano respinto i liguri finoall�Amo. Ma la maggioranza della popolazione che abitava lafascia costiera, dal fiume Fine all�Arno non era etnicamente etru-sca, ed anche se alcuni oggetti della suppellettile funebre appar-tengono al repertorio della cultura tirrena, ciò dipende da rap-porti di scambio tra nazioni confinanti. Quando il presente la-voro era già in bozze, ho appreso che alcuni resti di mura castel-lane, che si ritiene etrusche, sono state individuate a Monte Cal-voli e Poggio alle Fate, a nord � est di Castiglioncello, tra Ca-stelnuovo della Misericordia, il Gabbro (comune di Rosignano)e il mare (P. PIEROTTI, Individuazione di due città etrusche, inCritica d�Arte, n. 89, pp. 9�21). La notizia è di notevole interes-se ed un�accurata investigazione archeologica s�impone per chia-rire dubbi e risolvere i problemi legati alle tombe dell�età delferro di Limone e di Colognole e alla discussa autenticità deireperti di Quercianella (cfr. BANTI, Pisae, cit., p. 78 sg.).(137) Il passo dei muggini ha dato luogo a stabilire lungo le

scogliere dei Monti livornesi due mugginaie, una delle qualialla torre del Romito, l�altra sulla punta di Castiglioncello (RE-PETTI, Dizionario, cit., II, p. 773).(138) Durante e dopo la seconda guerra punica il territorio

costiero tra la Magra e l�Arno rimase fedele a Roma. Quandopoi i Galli e i liguri ripresero l�offensiva contro Roma, i romani(circa 190 a.C.) fecero di Pisa la loro base di operazioni contro iliguri (L. BANTI, Luni, Firenze 1937, p. 107 sg.). ...

Il ricordo di Orciano in un documentoDEL 765

Da: Natale Caturegli, Le carte pisane del sec. VIII� Estratto dal Bullettino dell�Archivio Paleografico Ita-liano, vol. XII � fasc. ICarta pisana del gennaio 765. Pisa, diplomatico ar-

civescovile, n. 8. Charta donationis. Audipertu, dettoancheArgentio, del fuAudualdo, dona alla chiesa di S.Margherita di Pisa tutti i suoi beni posti in Orciano(Pisa). Rogatario: «notariusMaccio». Scrittura: corsi-va nuova di Pisa. Edd.: Muratori, op. cit., 111, 1011;Brunetti, op. cit., I, 512, n. 62; Troya, op. cit. , V, 309,n. 831; Schiaparelli, Cod. dipl. longob., I, 160, n. 183.Regg.: Bethmann und Holder - Egger, n. 373; Cature-gli, op. cit., 5, n. 9.1. [ In Christ]i nomine. Regnante piissimo domno

nostro Desiderio, viro excellentissimo,rege et domno nostro Adelchis, rege,anno 2. pietati regni eorum octavo etsexto, mense ianuario, indictiione terti-ia. Audipertu 3. qui et Argentio voca-tur, filio qd.Audualdi, perpetuani salu-te dixi: quia dum in hoc 4. seculo vivithomo oportet illi cogitare qualiter ma-lorum nostrum pondera 5. subleventuret ea que noviscum portare non possu-mus, piis expendamus operi6. vus ut ali-qua portiiunchula beatitudinis sit novisprofutura; et 7. ideo ego, qui super Ar-gentio, Dei omnipotenti consideratumsummisericordia, 8. et pro redemtiioneet mercide anime me, do, dono, cedo,trado et offero tivi 9. Deo et ad ecclesiasancte Margarite, sita hic intra civitatenostra pisana, l0. quam nunc Aluartoarcipresbiter a fundamentis edificavit,idest portiione 11. de res mea in locoColline que vocitatur Ursiano, hoc estcasa massaricia 12. qui regitur per Liu-pertu, una cum terris, vineis, silvis, mo-vile et inmovile adque se ipsi 13. mo-ventivus, omnia et in omnivus, quidquidipsi Liutpertu manu sua avire inven[i]14. tur, vel omnia ad suprascripta casapertenente, ut dixi, quidquid ivi avirevis[u sum], 15. omnia in predicta eccle-sia Dei et sancte Margarite amodo tra-sacto iuris 16. contradavi avendi, pos-sedendi posterisque tuisAluart arcipre-sbiter [et] 17. ipsis dominandi aut qui-dquid ex eis facere, iudicare volueretisin v[es], 18 tra sit potestate. Et si quisego, suprascripto Argentio, aut meushered [es], 16. contra hanc cartula irevenire in aliquo ex eis molestare vovisaut 20. subtragere quesierimus, per nosaut per qualivit hominem, duplam me-liora 21. ta rem conponere promitto egoArgentio aut meus heredes, in supra-scripta 22. ecclesia aut ad custodivuseius et presens pagina omnino temporein su[a] 23. permaneat firmitate. Quam,vero, in predicta ecclesia, benigna mea

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volun 24. tate, pro anima mea, de suprascripta res fiereeligi et Maccio notarium iscrivere r[ogavi]. 25.ActumPisas, per indictiione suprascripta; feliciter. 26. SignummanusArgentio qui hanc cartula donatiionis, pro animasua, fier[e rogavit.] 27. Signum manus Pertingho, filioqd. Pertinandi, testis. 28. Signum manus Tiuntii, filioGundi, testis. Signum manus Grinpo, filio qd.Teuspert[i]. 29. SignummanusMauri, germanoGrinpi,testis. 30. Ego Datianus, filiu qd. Leoniani, rogatus adArgenteu, in hane cartula, me [testis], subscripsi. 31.Ego Maccio, notarius, pos tradita conplevi et dedi.

Il terremoto a Orciano (citazione)

� E quando una on piccola parte della Toscana, nel1846, veniva contristata dallo spaventevole terremoto,che,oltre avere recato gravi danni a Pisa e a Livorno,distruggeva affatto diverse terre ed il castello di Orcia-no, Leopoldo II, preso seco Alessandro Manetti, il ge-nio tutelare della Toscana, partiva tosto per visitareprontamente i luoghi più desolati: laonde con sollecitu-dine pari all�ugenza, il povero era provveduto di rico-vero e di alimenti, i quali s�imprestavano al non biso-gnoso�.

Vedi: Inondazioni in Firenze del 3 e 6 novembre 1844 e 1864� provvedimenti e soccorsi del governo Granducale, Firenze1864, p. 21.

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