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ARCHIVI DI STUDI INDO-MEDITERRANEI , VIII (2018) http://www.archivindomed.altervista.org/ ISSN 2279-8803
Davide Gualtieri
Molla Panah Vaghif, poeta d’amore e testimone autorevole della
cultura turca azerbaigiana e del Caucaso del Settecento. Con silloge di poesie tradotte dal turco azeri
1. La vita e le Opere
Vaghif Molla Penah nacque nel 1717 a Gyrah Salahli, un villaggio del distretto del Gazakh,
nella zona nord occidentale dell’attuale Azerbaijan. Trascorse gran parte della sua vita a Shusha, la
città che dal 1750 fu capitale del khanato del Karabakh, dove morì nel 1797.
Vaghif è una figura riccamente complessa. Fu poeta ma, nondimeno, egli fu anche un
diplomatico e uno statista, ed è considerato in Azerbaijan come una delle figure che meglio ha
espresso i valori e la vastità della variegata cultura di quella nazione. Egli è annoverato tra i classici
della letteratura orientale avendo riflesso nella sua opera quanto di meglio fosse stato espresso nel
mondo turco-iranico e caucasico del secolo XVIII. Fu di origini contadine e iniziò gli studi a
Gazakh, al seguito del noto educatore e uomo di scienza Shafi Efendi. Dopo aver completato la sua
formazione, insegnò nella scuola teologica a Gazakh e poi nella moschea del Karabakh. Assunse lo
pseudonimo di “Vaqif” (colui che è ben informato) poiché fu edotto in molti campi della scienza,
praticò la musica e il canto sotto la guida dei migliori maestri aşıq1 (aedi della cultura tradizionale),
1 Nella Cultura azerbaigiana e nelle culture turche correlate l’aşıq è un cantante che si accompagna con una sorta di lungo liuto attaccato al collo (bağlama) intonando una canto ornato celebrativo del repertorio tradizionale, dastan, oppure un racconto epico tradizionale, hikaye, o anche una breve composizione originale. Il moderno aşıq azerbaigiano è un musicista professionista che di solito si forma sotto la guida di vari maestri per poter acquisire un repertorio variegato da personalizzare. La parola aşıq similmente a ishq (amore) deriva dalla radice trilittera araba * ‘-š-q che esprime il desiderio, la ricerca di qualcosa. La tradizione aşıq è presente in varie culture dell'Anatolia, dell'Azerbaigian e dell'Iran e trova la sua origine nelle credenze sciamaniche degli antichi popoli turchi, svolgendo un ruolo fondamentale nella
imparando presto ad usarne, improvvisando versi e canzoni. Fu profondo conoscitore della lingua
araba e persiana e fu ritenuto un sapiente e un riferimento certo per gli insegnamenti. Di qui
l'apposizione "molla" (sapiente), con cui, in segno di profondo rispetto, si usa accompagnare il suo
nome.
Vaghif diventò vizir dello stato del Karabakh (primo ministro) nel 1769, direttamente scelto
dal sovrano Ibrahim-Khan dopo esserne stato maggiordomo. Rivelò capacità straordinarie come
diplomatico. Fu lui per primo ad intavolare negoziati con la Russia per ottenerne il sostegno contro
l’invasione della Persia e decisivo fu il suo apporto per la stipula di un’alleanza difensiva strategica
che vide insieme lo stato del Karabakh, la Georgia, la regione del Talysh e il khanato di Yerevan.
Vaghif assunse un ruolo fondamentale anche nell'organizzazione della difesa di Shusha durante le
incursioni di Aga Muhammad, lo Shah Qajar di Persia nel 1795 e nel 1797.2
La vita politica e personale di Vaghif si concluse nel 1797 allorché Mukhammed-Beg
Dzhevanshir, nipote di Ibrahim-Khan, s’impadronì del potere in Karabakh. Questi, temendo Vaghif,
poiché lo riteneva troppo legato allo zio, ordinò che insieme al figlio Ali-Beg, fosse ucciso e che la
sua casa fosse distrutta. Molte delle opere letterarie di Vaghif, colà conservate, andarono perse. I
resti di Vaghif furono tumulati a Shusha, dove, in epoca sovietica negli anni '70, grazie
all’interessamento di Heydar Aliyev, allora Capo di Stato dell’Azerbaijan, il 14 gennaio del 1982 fu
eretto in suo onore un mausoleo. Nel 1992, durante la Guerra del Nagorno-Karabakh il mausoleo fu
distrutto e dei resti di Vaghif si persero le tracce.
perpetuazione della tradizione orale, nella promozione del sistema dei valori comunitari e della cultura tradizionale popolare. Gli aşıq, come menestrelli girovaghi, sono tuttora parte dell'attuale cultura rurale e popolare dell'Azerbaigian, dell'Azerbaigian iraniano, della Turchia, del Turkmen Sahra iraniano, e del Turkmenistan. Gli aşıq attualmente utilizzano il saz, strumento a otto o dieci corde, anch’esso simile ad un liuto allungato. Le origini degli aşıq possono essere rintracciate almeno fin dal VII secolo, l'era eroica dei turchi Oghuz, che già dal IX secolo si erano espansi dalla attuale Turchia fin in Azerbaigian e nelle zone nord-occidentali dell'Iran. Il genere musicale si arricchì dei prestiti mutuati dalle popolazioni originarie delle terre conquistate e si espanse insieme all’Islam a cui i Turchi avevano scelto di aderire. I dervisci musulmani turchi, desiderosi di diffondere il credo tra i loro fratelli, cercarono di trasferirsi e vivere tra le tribù dei nomadi. Per garantire la trasmissione efficace del loro messaggio essi scelsero di usare la lingua del popolo associandola alle forme musicali più usate. Di fatto la letteratura aşıq si sviluppò insieme alla letteratura mistica, affinandosi sempre più, già dall'inizio del XII secolo. 2 Lo storico Mirza Adigezal Bey (Mirzə Adıgözəl Bəy; 1780 –1848) annota: durante l'assedio del 1795, la città di Shusha resisteva strenuamente nonostante il divario di forze con il nemico. Lo Shah Aga Muhammad, fece scagliare oltre le mura della città una freccia a cui aveva fatto attaccare un distico del poeta indo-persiano Urfi. Con quei versi lo Shah ironizzava sul significato di Shusha che in persiano e in azerì significa "vetro": Scriteriata gente! Grandine di pietre addosso a voi cadrà dai cieli,
qual miracoli ancor aspetterete tra le vostre pareti in vetro? (traduzione libera di Davide Gualtieri)
Quando il messaggio fu consegnato a Ibrahim-Khalil Khan, sovrano di Shusha, questi chiese a Vaghif, suo visir, di rispondere in versi. Vaghif immediatamente scrisse sul retro del messaggio: Se chi mi protegge ben conosco,
lui saprà protegger vetro come fosse pietra dura. (traduzione libera di Davide Gualtieri)
Avendo ricevuto la risposta in versi, lo Shah Aga-Muhhamed s’infuriò e attaccò con i cannoni Shusha. Dopo 33 giorni, la Shah desisté dall'assedio e si diresse verso la Georgia. Lo Shah Qajar invase il Karabakh una seconda volta nel 1797, dopo che le armate russe che avevano occupato per breve tempo il Caucaso si furono ritirate contestualmente alla morte di Caterina II. Il Karabakh era vessato da una siccità e incapace di resistere. Ibrahim-Khalil Khan fuggì da Shusha e la città capitolò rapidamente. Vaghif fu imprigionato per essere messo a morte, ma si salvò fortunosamente poiché lo Shah fu assassinato la stessa notte in circostanze misteriose. L'esercito persiano si sbandò e, costretto alla fame, si ritirò in Iran.
Il 12 gennaio 2017 l’attuale presidente della Repubblica dell'Azerbaijan Ilham Aliyev ha
emesso un decreto che istituisce “La celebrazione del terzo centenario dell'anniversario della nascita
del grande poeta dell'Azerbaijan Molla Panah Vaghif”. Il nome di Molla Vaghif è stato incluso nel
programma UNESCO 2016-2017 per la “Celebrazione di eminenti personalità e di eventi
significativi”. Il 2017 è stato dichiarato dall’Organizzazione Internazionale Culturale “TÜRKSOY”
l'anno di “Molla Panah Vaghif” in occasione del terzo centenario dell’anniversario della nascita.
2. La Poesia di Vaghif
Nonostante le drammatiche circostanze della sua morte, la poesia di Vaghif è stata
comunque preservata. Non abbiamo manoscritti delle opere di Vaghif ed esse sono state raccolte da
copie o dalla memoria dei cantanti. La prima pubblicazione di opere di Vaghif risale al 1823
allorché dodici sue poesie furono inserite in una raccolta di poeti transcaucasici.
I suoi versi furono raccolti e pubblicati in forma più estesa in scrittura araba nel 1856 da
Mirza Yousif Nersesov in un volume intitolato “Vaghif, la sua leggenda e l'altra enciclopedia”, e
successivamente da Adolf Berge a Lipsia nel 1867. Questi all’interno dell’opera “Raccolta di poesie
di famosi poeti del Caucaso e dell'Azerbaijan” pubblicò 56 poesie di Molla Vaghif (in forma di
mukhammas, di mujabba e di ghazal) con la collaborazione del drammaturgo Mirza
Fathali Akhundov (1812-78). Nel 1908 Hashim Bey Vezirov pubblicò a Baku una “Raccolta delle
opere del famoso poeta caucasico Molla Penah Vaghif”. Nel 1925 Salman Mumtaz ha raccolto e
pubblicato parte delle poesie di Vaghif nell’opera “La Letteratura dell'Azerbaijan”. Un’edizione
integrale delle opere di Molla Panah Vaghif fu pubblicata per la prima volta nel 1937 e nel 1945 si
ebbe anche l'edizione critica (con traduzione russa nel 1949). Nel 2004 le sue opere furono
pubblicate anche nei caratteri latini.
Le opere di Vaghif inaugurano una nuova era della poesia azerbaigiana, trattando sentimenti
e desideri comuni, rifuggendo i temi astratti e religiosi di cui era pervasa la coeva poesia di
ispirazione sufi. Vaghif segna così una discontinuità con i predecessori ispirandosi a un certo
realismo. Anche il linguaggio poetico di Vaghif è qualitativamente innovativo: vivido e semplice e
pregno del vernacolo azerbaigiano. Il suo lirismo è pieno di gioia di vivere: rappresenta sobriamente
la vita reale sforzandosi di superarne gli aspetti negativi e di disagio, trovando un significato
profondo anche nel dolore.
La più alta ricompensa per l’uomo è l’amore terreno e fisico. Contrariamente ai poeti
romantici, che cantano dell’altezza dell’amore sacrificale per una donna di bellezza ideale, Vaghif
ha reso oggetto poetico il piacere fisico e ha creato immagini di donne che compiutamente uniscano
alla bellezza il senso del gioco, esternando anche irruenze passionali tipicamente giovanili.
Nella sua produzione più matura le poesie di Vaghif mettono maggiormente l'accento sul
tema delle "vicende legate al destino", motivo comune della poesia lirica orientale antica, cantando
l'impotenza dell'uomo in balia del destino e della predestinazione. I suoi testi filosofici sono
permeati da amarezza ed evidenziano un atteggiamento ironico verso il mondo pervaso dall'inganno
e dal male.
Insieme con il suo amico Vidadi, Vaghif ha diffuso la forma Aşıq Qoşma3 (Ashig Goshma),
che nella poesia azerbaigiana è quella più vicina alla creatività popolare. Tuttavia, con i suoi
3 È chiamato qoşma quel genere della poesia aşıq composto da strofe di quattro versi endecasillabi. La prima strofa riporta la rima tra secondo e quarto (abcb) mentre le restanti strofe riportano i primi tre versi in rima baciata mentre il quarto conferma sistematicamente la rima con il secondo e quarto della prima strofa (cccb, dddb ...) Nell’ultima strofa (come accade anche per altre forme delle poesie aşıq) l’autore rivela il suo nome o il
splendidi ghazal4 e mukhammas
5, scritti in una forma rigorosamente classica, Vaghif ha anche reso
omaggio all’arte poetica di Fizuli, ripercorrendo le forme a lui più care.
Le poesie di Vaghif hanno avuto una grande influenza sulla tradizione azerbaigiana e molte
di loro sono state variamente utilizzate nella musica tradizionale degli Aşıq.
Un noto proverbio tradizionale popolare afferma: "Non tutti coloro che abbiano studiato possono
diventare Molla Panakh". Səməd Vurğun trovò nella figura Vaghif una forte ispirazione artistica
per il soggetto di un suo poema drammatico (Vaqhif, 1937)
3. Presentazione della silloge
La silloge che qui presentiamo, “Vaghif, poeta d’amore e sapienza”, raccoglie nove
pregevoli aşıq qoşma più l’esteso “Contrasto filosofico e sapienziale con Vidadi”. Gran parte dei
qoşma sono riconducibili al tipo del gözəlləmə, canti d’amore dove il poeta loda la bellezza della
sua amata, descrivendola in modo estremamente particolareggiato.
Così è per la prima poesia Bu gün bir əcayib gözəl sеvmişəm (D’amor m’ardo a meraviglia
di colei) e così è per la seconda Bulud zülflü, ay qabaqlı gözəlin (Chioma vaporosa, bel volto di
luna). In entrambe le poesie la lode rivolta all’amata e alla sua bellezza segna un distacco dalle
contingenze terrene, alla cui considerazione il poeta torna esclusivamente nella quartina finale dove
si rivela con l’artificio del morhuband (cioè mostrando il suo nome) e dove trova sempre la maniera
di porre una riflessione filosofica.
Nella seconda poesia il poeta unisce ad una punta di gelosia il sottile compiacimento per il
fallimento del rivale. Le quartine finali delle due poesie, che di seguito si riportano, appaiono come
il commento che rivela la originale soggettività e l’anima profonda del poeta:
Sempre sia lasciata a noi la giovinezza,
e che tutti possan poi di noi saper.
T’ accompagni di Vaghif questa preghiera!
Ti protegga Verità e buona sorte.
E tu Vaghif, sempr’ attonito rimani,
spera che il tuo rivale abbia vita breve.
Senza una compagna mendico sarebbe
così pur chi re dovesse diventare.
suo pseudonimo con un artificio che è chiamato mohurband. I qoşma possono essere di quattro tipi: gözəlləmə (laudativi), ustadnamə (di ricerca letteraria), vucudnamə (sapienziali e filosofici) e qıfılbənd (di risposta a problemi pratici). 4 Il ghazal è una forma poetica strutturata in distici in rima baciata, talora con refrain, e con versi omogenei nel ritmo. La forma è antica e derivata secondo alcuni dalla qasida araba, preesistente all’avvento dell'Islam. Il ghazal si sviluppa e tocca i suoi vertici nella poesia persiana classica e, per suo tramite, si diffonde poi nelle letterature turche anche grazie ai mistici sufi che ne faranno ampio uso. In genere è l’espressione poetica di un dolore derivante da una perdita o da una separazione amorosa ma insieme a quel dolore a volte mette in evidenza la bellezza dell'amore considerato come completamento dell’essere umano ed elevazione alla saggezza. Chi parla è sempre l'amante tradito o negletto, sia uomo che donna, descrivendo l’amato come ormai irraggiungibile e ritraendo l'impotenza dell'amante nel resistere ai suoi sentimenti spesso con immagini forti. Chi ama è consapevole e rassegnato e trova nella poesia una possibilità lirica di salvezza. Molti hanno notato una similarità di contenuti con i sonetti della tradizione stilnovistica e di Petrarca. 5 Il mukhammas (in traduzione “a cinque”) è un genere poetico originatosi in Persia. Esso si presenta in stanze di cinque versi di cui la prima con tutti i cinque versi in rima (bbbbb). Le stanze successive si susseguono secondo uno schema che vede due distici in rima interna e un emistichio finale comandato in rima con l’ultimo della prima stanza sistematicamente in tutte le stanze.. (aaaab + ccccb + ddddb…).
Gli omaggi alla donna amata e alla sua avvenenza sono tanti:
il suo viso è come il sole
non s’eguaglia con nessuna
Chioma vaporosa, bel volto di luna,
terra che lei tocca occorrerà baciare.
e molto realistici:
I suoi polsi, le sue braccia, son bellezza
le sue mani, fino al petto i suoi capelli,
allo specchio come un quadro è sua bellezza
Il suo corpo è chiaro, il petto come il marmo,
scura chioma che asseconda la figura,
sa del suo corpo come l’umor del muschio,
così come è realistico il desiderio carnale:
Mi desia portarla fuori dal villaggio,
di nascosto le sue mani aver ben strette,
le sue dolci labbra poi saziar di baci,
per saper profondo lor sapor e gusto.
e quando il collo latteo lei decora,
e dà con l’antimonio color al ciglio,
il mio cuor s’incendia e brucia eppiù d’amore.
Nel terzo qoşma intitolato Bivəfasan, səndən üz döndərmişəm (Tu mi hai deluso, da te
fuggo) appare il tema della delusione d’amore, del tradimento, che consuma l’anima del poeta
consapevole dell’irrimediabile perdita, sancita lapidaria nell’ultima strofa:
Dicevan che Vaghif bellezza amasse
e io pensavo che così pur fosse
a te, ma adesso io ben so: tu mi hai
mentito e a delusion mi volterò.
La quarta poesia Mən yеnə xubların padişahından (Il Nume della bellezza) mostra un topos
comune a tutta la letteratura amorosa: la “caccia” in amore. L’amata è la meta, una sacra meta
(come Vaqif ci dice nell’ultima quartina), e l’amante deve munirsi di tutte le accortezze (aver
l’occhio di falco, saper metter trappole), proprio come farebbe un cacciatore, per poter conquistare
la bellezza dell’amata, pur rimanendo pronto a subire l’insuccesso e a restare condannato a viver di
nostalgia.
Vaghif conobbe un volto fascinoso,
e pronto fu a soffrir di nostalgia,
se tutti al mondo han di sacra meta,
sempre sarai per me tu quella meta.
La quinta poesia Məni qərq еtdin qəm dəryasına (M’annegasti in un gran mar di dolore)
potrebbe più propriamente ascriversi al genere del qoşma vucudnamə, per la presenza di un refrain
autoironico che porta ad una sapienza pratica: nöşün ağladın? (di che piango?) e che viene
costantemente ripetuto alla fine di ogni quartina. Il poeta s’interroga sul tradimento subito ad opera
di un amico e l’amara considerazione dell’inutilità del rimpianto s’accompagna al ricordo della
bellezza dell’amata.
Per il sesto qoşma, anch’esso un gözəlləmə, intitolato Sеvdiyim, ləblərin yaquta bənzər
(Labbra amate di rubino) nella versificazione italiana si è scelto di utilizzare l’ottonario, poiché le
suggestioni letterarie, gli argomenti e soprattutto la leggerezza delle immagini, rimandano
immediatamente al mondo poetico che ci ha fatto conoscere ed apprezzare Gabriello Chiabrera.
Anche l’ultima strofa indulge nella leggerezza di lode per l’amata e segna sicuramente uno dei
momenti più alti dell’espressione amorosa di Vaqhif.
La settima poesia, anch’esso un gözəlləmə, intitolata Durnalar (Cigni) dispone una serie di
immagini che vanno lette simbolicamente. I cigni possono capire il dolore del poeta, poiché come
volatili migratori hanno la sensibilità di chi ricerca e si muove nell’alto, e sanno anche come
assisterlo. L’ultima strofa è la chiave di lettura che permette di apprezzare appieno il capolavoro
letterario di Vaqhif:
Sibben di una sirena il canto
solleva all’animo illusione altera,
di Vaghif anche il cuore è in volo
con voi accompagnato insieme, cigni!
L’ottavo qoşma intitolato Bayram оldu, hеç bilmirəm nеyləyim (Arriva la festa e non so che
far) è del genere qıfılbənd (poetica risposta a bisogni quotidiani). Salace e profonda e tutta da
meditare è la quartina finale, dove anche del sapere e della capacità della mente si sottolinea il loro
non essere “proprietà” di alcuno:
Al mondo non c’è diritto all’aver,
neppure padroni in mura domestiche.
Di tuo saper non vantarti Vaghif,
nostra neanch’è, “deogratias”, la mente!
La silloge dei brevi qoşma si conclude con un altro gözəlləmə intitolato Bənəfşə tək ənbər
zülfün buy vеrir (San di viole i tuoi capelli), anche questo tradotto con l’ottonario per evidenziare la
cantabilità e la delicatezza con cui il poeta si rivolge all’amata. Questa per l’amante poeta è tutto:
padrona e sultana, ragione di vita e regina dell’anima immersa nella nostalgia:
Di Vaghif Sei la Sultana,
di Vaghif sei la ragione,
di Vaghif l’anima triste,
mia Zenè, venissi a me!
Un’attenzione particolare merita l’esteso “Contrasto” che vede coprotagonista alla pari Molla
Vidadi6 (Molla Vəli Vidadi), scritto da Vaqif in quartine di forma dialogica e che segue lo schema di
un vucudnamə qoşma, di tono sapienziale filosofico. I due poeti si rapportano su vari temi filosofici
e di natura teologica. Vidadi è formalmente più credente, ligio alle massime coraniche e alla storia
dell’Islam. Vaghif è più filosofo e più attaccato alla positività della vita e a più riprese rimbrotta e
castiga il suo amico spronandolo a superare il pessimismo della vecchiaia.
Nella traduzione poetica si è cercato di seguire fedelmente la forma del qoşma in tutte le
novantadue quartine utilizzando gli endecasillabi e le rime dovute (abcb nella prima e xxxb nelle
rimanenti). Il brano contiene vari riferimenti al mondo islamico e ad alcune figure storiche
importanti, il Profeta (Nabi), i califfi Abu Bekr, Omar…, più volte richiamati nel “Contrasto” come
garanti delle tesi dell’uno o dell’altro.
4. Traduzioni italiane, con il testo originale in lingua azeri
(a cura di Davide Gualtieri)
“Vaghif, poeta d’amore e sapienza” (silloge)
1.
Bu gün bir əcayib gözəl sеvmişəm
Bu gün bir əcayib gözəl sеvmişəm,
Bеləsi оlammaz hеç vilayətdə,
Sanasan ki, camalından nur yağır,
Yaranıbdır, yarəb, nə xоş saətdə.
Al çarqatdan yaşmaq tutub çənəyə,
Simin yaraşdırıb zər nimtənəyə,
Dеyildir bərabər hеç kimsənəyə,
Xubların şahıdır şanü şövkətdə.
Gülabilən zülfün cığasın əyər,
Üzünə baxanda qan оlur ciyər,
Göydən yеrə еnmiş mələkdir məgər,
Yоxsa insan оlmaz bеlə surətdə.
Biləyi, bazusu, hər bəndi gözəl,
Gərdəndə zülfünün kəməndi gözəl,
Ayna tutdu, durdu bəzəndi, gözəl,
6 Del poeta azerbaigiano Molla Valì Vidadi non si sa molto. Nacque a Shamkir nel 1708 dove passò gran parte della
sua vita e morì nei pressi di Gazakh nel 1809. Ebbe un’educazione religiosa. Alcune fonti riportano che avesse
soggiornato per qualche anno a Tiblisi alla corte di Erekle II dove nel 1781 Vidadi scrisse un’elegia dedicata a Levan, il
figlio del Re deceduto prematuramente. Non rimase molto a servizio di quella corte, probabilmente a causa del suo
atteggiamento critico verso la classe dirigente. Nelle sue opere giovanili è evidente una visione positiva della vita e del
mondo. Con l’età matura l’anima del poeta diventa sempre più incline al pessimismo. La sua poesia è molto realistica,
sebbene porti con sé spesso elementi spirituali e mistici, e si rapporta al genere Aşıq.
Sallandı, görəsən, nə qiyamətdə.
Sоna cığası tək sərində tеli,
Ağ gül yarpağı tək ayağı, əli,
Cismi dоlu, nazik bədəni, bеli,
Görməmişəm dilbər bu nəzakətdə.
Ayıraydın оbasından, еlindən,
Bir xəlvətdə tuta idin əlindən,
Əməydin ağzından, şirin ləbindən,
Görəydin nеcədir dadda, ləzzətdə.
Növcavanlar qоy həmişə var оlsun,
Amma ki, bizlərdən xəbərdar оlsun.
Vaqifin duası sənə yar оlsun!
Səni haqq saxlasın ömrü dövlətdə.
D’amor m’ardo a meraviglia di colei...
D’amor m’ardo a meraviglia di colei
che di più bella al mio villaggio non ce n’è,
se sapeste, il suo viso è come il sole,
o mio Dio, in lei l’annuncio del bel tempo.
Le ricopre uno scarlatto fazzoletto,
mento e giacca fa tutt’uno con la stringa
sua dorata, non s’eguaglia con nessuna
lei Regina di quei buoni nella gloria.
Sulla chioma scende l’acqua delle rose
al suo sguardo si fa sangue l’interiore,
dal suo cielo è sceso un Angelo davvero?
Sì, non può tal guisa parte far dell’uomo.
I suoi polsi, le sue braccia, son bellezza
le sue mani, fino al petto i suoi capelli,
allo specchio come un quadro è sua bellezza,
è per me or come il giorno del giudizio.
Come piume di un bel cigno la sua chioma
gambe e braccia, foglie son di fiori chiari,
il suo corpo in pienezza poi si slancia,
nulla mai fu per me più fascinoso.
Mi desia portarla fuori dal villaggio,
di nascosto le sue mani aver ben strette,
le sue dolci labbra poi saziar di baci,
per saper profondo lor sapor e gusto.
Sempre sia lasciata a noi la giovinezza,
e che tutti possan poi di noi saper.
T’ accompagni di Vaghif questa preghiera!
Ti protegga Verità e buona sorte.
2.
Bulud zülflü, ay qabaqlı gözəlin
Bulud zülflü, ay qabaqlı gözəlin,
Duruban başına dоlanmaq gərək.
Bir evdə ki, bеlə gözəl olmaya,
О еv bərbad оlub talanmaq gərək.
Bədəni ağ gərək, sinəsi mərmər,
Siyah zülfü qamətinə bərabər,
Qоynu içi guya müşklə ənbər,
Basdığı tоrpağı yalanmaq gərək.
Sərxоş durub sarayından baxanda,
Ağ gərdənə həmayillər taxanda,
Gözə sürmə, qaşa vəsmə yaxanda,
Canım ешq одуна qalanmaq gərək.
Çıxa sarayından canlar alan tək,
Xişmə gələ gəh-gəh qəhri olan tək,
Şahmar Zülfü dal gərdəndə ilan tək,
Hərdəm tərpənəndə bulanmaq gərək.
Vaqif, sənin işin müdam ah olsun,
Səg rəqibin ömrü qоu kütah olsun.
Həmdəmsiz kimsənə əgər şah olsun,
Gədadır о kimsə dilanmaq gərək.
Chioma vaporosa, bel volto di luna...
Chioma vaporosa, bel volto di luna,
tutto si fa trarre e ruota attorno a lei.
Se in una casa non v’è di tal bellezza
distrutta rovina ad essa si parrà.
Il suo corpo è chiaro, il petto come il marmo,
scura chioma che asseconda la figura,
sa del suo corpo come l’umor del muschio,
terra che lei tocca occorrerà baciare.
Vacillo in ebbrezza appena lei scorgendo,
e quando il collo latteo lei decora,
e dà con l’antimonio color al ciglio,
il mio cuor s’incendia e brucia eppiù d’amore.
Com’un che in casa da solo si consuma,
com’un che di rabbia addosso se ne ride,
Şahmar come un serpente ristorce il collo
ad ogni istante trattenendo quell’ire.
E tu Vaghif, sempr’ attonito rimani,
spera che il tuo rivale abbia vita breve.
Senza una compagna mendico sarebbe
così pur chi re dovesse diventare.
3.
Bivəfasan, səndən üz döndərmişəm
Bivəfasan, səndən üz döndərmişəm,
Yalançıya, biiqrara baxmaram.
Səni оx kirpiyə həsrət qоyaram,
Bağrın оlsa para-para, baxmaram.
Harda görsən bir sеvgili kimsənə,
İstər ki, xəyalın tеz оna dönə.
Mənim yarım gərək baxa bir mənə;
Qеyri üzə baxan yara baxmaram.
Niqab çəkib üzə, xalı gizlərəm,
Siyah zülfü, rəngi-alı gizlərəm,
Qönçə təki gülcamalı gizlərəm,
Sallam səni ahü zara baxmaram.
Yanımda еtibar sata bilməzsən,
Bоynundan günahın ata bilməzsən,
Bizimlə ixtilat qata bilməzsən,
Danışma ki, о göftara baxmaram.
Vaqifi dеrlərdi çоx gözəlsеvən,
Еlə bildim sən də оnun kimisən,
Bildim indi, vallah, səndəkini mən:
Bivəfasan, biiqrara baxmaram.
Tu mi hai deluso, da te fuggo...
Tu mi hai deluso, da te fuggo,
da tue menzogne io mi volterò.
La brama di te lontan mi divori,
pur ti cadesse il cuor mi volterò.
Mai amor come me tu troverai,
s’avverino presto i tuoi sogni.
Per me solo sia il tuo amore; se ad altri
fosse il tuo sguardo io mi volterò.
Mi coprirà un nigab, la nera chioma,
arrossito il mio volto celerò,
come fosse un fior lo nasconderò,
se tu implorassi io mi volterò.
Non puoi svendermi accanto la fiducia,
la tua colpa incollata rimarrà,
con me non puoi più stare,
al tuo parlare io mi volterò.
Dicevan che Vaghif bellezza amasse
e io pensavo che così pur fosse
a te, ma adesso io ben so: tu mi hai
mentito e a delusion mi volterò.
4.
Mən yеnə xubların padişahından
Mən yеnə xubların padişahından
Özümə dоst bir nigarı tutmuşam.
Səyyad оlub qurub məhəbbət tоrun,
Laçın gözlü xub şikarı tutmuşam.
Dal gərdəndən düşüb tutub dalı zülf,
Xоş göstərir zənəxdanı, xalı zülf,
Görməmişəm bеlə bir səfalı zülf,
Çоx sünbüli-ənbərbarı tutmuşam.
Ağ üzündə siyah saçı bürməyi,
Dal gərdəndən düşüb baş еndirməyi,
Miyanında saçın ucun hörməyi,
Bütün dünyada bu yarı tutmuşam.
Vaqifəm, görmüşəm bir türfə didar,
Çəkərəm görməyə bir də intizar,
Hər kəsin dünyada bir qibləsi var,
Mən də yönüm sənin sarı tutmuşam.
Il Nume della bellezza
Nume della bellezza ancor
mi tien fidato amico.
Ho messo trappole d'amore,
l’occhio di falco m’ebbe a buona caccia.
Lungo il collo cade la chioma a lei,
in mostra insiem ad una voglia infossa,
mai vidi riccioli più belli,
a grani si diffonde il suo profumo.
Candor del collo intreccia a scura chioma,
pendula al reclinar del capo,
le cinte trecce fini dei capelli,
ovunque quest’amor io manterrò.
Vaghif conobbe un volto fascinoso,
e pronto fu a soffrir di nostalgia,
se tutti al mondo han di sacra meta,
sempre sarai per me tu quella meta.
5.
Məni qərq еtdin qəm dəryasına
Məni qərq еylədin qəm dəryasına,
Еy çеşmi-xumarım, nöşün ağladın?
Еy gözüm, nə dəyib köyrək könlünə?
Еy şirin göftarım, nöşün ağladın?
Gərdənində zülfün tər sünbül kimi,
Sоnadan üzülmüş qaratеl kimi,
Sən gərək güləsən qızılgül kimi,
Еy lalə rüxsarım, nöşün ağladın?
Оlmaya sən məni biiqrar sandın,
Zarafat еylədim, оna inandın,
Nə dəydi könlünə, nədən bulandın,
Dişləri mirvarım, nöşün ağladın?
Bağrım başın şan-şan еylədin, dəldin,
Dönüm gözlərinə, az ağla – öldün;
Dеyərdin, gülərdin, bеlə dеyildin,
Mənim cadugərim, nöşün ağladın?
Hər kəs görən dəmdə öz sirdaşını,
Məgər tökər qabağını-qaşını?!
Оda yaxdın ciyərimin başını,
Vaqif dеr: dildarım, nöşün ağladın?
M’annegasti in un gran mar di dolore...
M’annegasti in un gran mar di dolore,
oh amor dei mio occhi, di che piango?
Che franse il cuor tuo delicato?
Tu al mio parlar dolcezza, di che piango?
Lunga è la tua chioma come il grano nuovo,
in piume di un cigno bello è il tuo viso,
come una rosa è il tuo sorriso,
tu tulipano in volto, di che piango?
Non hai tu forse fede in me,
che io celiassi, tu hai pensato
in cosa t’ho turbato?
Tu che hai di perle i denti di che piango?
Hai sbattuto la testa,
ma non pianger, mio caro,
prima fosti felice,
tu stesso sapiente, or di che piango?
Al veder la sorte arrider l’amico,
perché ti segna di cruccio la faccia?
Ma non mangiarti il fegato
Vaghif, mio caro, di che piango?
6.
Sеvdiyim, ləblərin yaquta bənzər
Sеvdiyim, ləblərin yaquta bənzər,
Sərasər dişlərin dürdanədəndir.
Sədəf dəhanından çıxan sözlərin
Hər biri bir qеyri xəzanədəndir.
Nədəndir sözümə cavab vеrməmək,
Həm camal gizləyib, üz göstərməmək.
Gеcələr gözlərim xabı görməmək,
Оl siyah nərgisi-məstanədəndir.
Mən ha səni nuri-İlahi sannam,
Camalının şöləsinə dоlannam,
Atəşinə mərdü mərdanə yannam,
Bu xasiyyət mənə pərvanədəndir.
Bir namə yazmışam can üzə-üzə,
Badi-səba, apar sən о gül üzə,
Sоruşsa yar ki, bu kimdəndir bizə?
Söyləgilən: – Sizin divanədəndir.
Xumar-xumar baxmaq göz qaydasıdır,
Lalə tək qızarmaq üz qaydasıdır,
Pərişanlıq zülfün öz qaydasıdır,
Nə badi-səbadan, nə şanədəndir.
Müştaqdır üzünə gözü Vaqifin,
Yоlunda payəndaz üzü Vaqifin,
Sənsən fikri, zikri, sözü Vaqifin,
Qеyri söz yanında əfsanədəndir.
Labbra amate di rubino...
Labbra amate di rubino,
perle tutte son tuoi denti,
vien tuo dir da madreperla
quegli son tutt’un tesoro.
Dai rispondi al chieder mio,
tu mi celi il viso bello,
io di notte perdo il sonno,
mi fo scur narciso languido.
Sei per me divina luce,
giro intorno a tua bellezza,
ardo al fuoco tuo in coraggio,
come usan le farfalle.
Per te il mio sincero scritto,
prima brezza! Viso in fiore,
dimmi amor, chi ti mandò?
Forse fu la tua follia.
L’occhio impone il guardo dolce,
viso impone d’arrossire,
vuol la chioma un po’ discinta,
non la brezza non il pettine.
Il tuo viso Vaghif brama,
un tappeto a te il suo volto,
il ricordo del suo dire,
sia al tuo fianco come un lume.
7.
Durnalar.
Bir zaman havada qanad saxlayın,
Sözüm vardır mənim sizə, durnalar!
Qatarlaşıb nə diyardan gəlirsiz?
Bir xəbər versəniz, bizə, durnalar!
Sizə müştaq olub Bağdad elləri,
Gözləyə-gözləyə qalıb yolları,
Asta qanad çalın, qafil telləri,
Heyifdir, salarsız düzə, durnalar!
Xeyli vaxtdır yarın fərağındayam
Pərvanə tək hüsnün çırağındayam,
Bir ala gözlünün sorağındayam,
Görünürmü, görün gözə, durnalar!
Mən sevmişəm ala gözün sürməsin,
Bədnəzər kəsibən ziyan verməsin,
Saqın gəzin, laçın gözü görməsin,
Qorxuram səfnizi poza, durnalar!
Nazənin-nazənin edərsiz avaz,
Ruh [da] tazələnir, olur sərəfraz,
Vaqifin də könlü çox edər pərvaz,
Hərdəm sizin ilə gəzə, durnalar!
Cigni
Sostate un solo istante qui,
vorrei parlarvi o cigni!
Donde voi in fila ordinata venite
lasciateci sapere, cigni!
D’amor nella pianura di Bagdad,
vi aspettano per strada,
sia lento il vostro volo, belle piume
purtroppo ignari perderete, cigni!
Va il mio rimpianto al mio perduto amore,
farfalla vo lume al viso tuo,
dei tuoi begl’occhi ricercando,
ben voi vedeste questo in me, o cigni!
Mi piacque l’antimonio sui suoi occhi,
a tirar via la mala sorte,
libero e lontano chi il mal mi volle,
pur dal timor d’esser fallace, cigni!
Sibben di una sirena il canto
solleva all’animo illusione altera,
di Vaghif anche il cuore è in volo
con voi accompagnato insieme, cigni!
8.
Bayram оldu, hеç bilmirəm nеyləyim
Bayram оldu, hеç bilmirəm nеyləyim,
Bizim еvdə dоlu çuval da yоxdur.
Dügiylə yağ hamı çоxdan tükənmiş,
Ət hеç ələ düşməz, mоtal da yоxdur.
Allaha bizmişik naşükür bəndə,
Bir söz dеsəm dəxi qоymazlar kəndə.
Xalq batıbdır nоğla, şəkərə, qəndə,
Bizim еvdə axta zоğal da yоxdur.
Bizim bu dünyada nə malımız var,
Nə də еvdə sahibcamalımız var.
Vaqif, öyünmə ki, kamalımız var,
Allaha şükür ki, kamal da yоxdur.
Arriva la festa e non so che far...
Arriva la festa e non so che far,
provvista nei sacchi in casa non c’è,
e pur riso e burro mancan da un po’,
e anche di cacio non ce n’è più.
Siam stati per Dio noi servi ingrati,
un che d’ostile abbiam detto al paese.
Vivon pur tanti tra dolci e leccornie,
manca al mio desco il castrato e capretto.
Al mondo non c’è diritto all’aver,
neppure padroni in mura domestiche.
Di tuo saper non vantarti Vaghif,
nostra neanch’è, “deogratias”, la mente!
9.
Bənəfşə tək ənbər zülfün buy vеrir
Bənəfşə tək ənbər zülfün buy vеrir,
Hər yuyub sərəndə həvayə, Zеynəb!
Оnun ətrin dimağımdan üzməsin,
Əmanət еt badi-səbayə, Zеynəb!
Qaşa vəsmə, gözə sürmə çəkəndə,
Siyah zülfü dal gərdənə tökəndə,
Sallanıban kəklik kimi səkəndə,
Оxşarsan yaşılbaş sоnayə, Zеynəb!
Səni sеvən çоx bəlayə tuş оlur,
Əql gеdir başdan, fəramuş оlur,
Avazın gələndə can bihuş оlur,
Qurbanam о nazik sədayə, Zеynəb!
Yanağı laləsən, qaməti dalsan,
Ağzı şəkər, dili, dоdağı balsan,
Sanasan ki, yоrğun, vəhşi maralsan,
Оlubsan yaraşıq оbayə, Zеynəb!
Sənsən padışahı, xanı Vaqifin,
Əqli, huşu, din-imanı Vaqifin,
Həsrətindən çıxdı canı Vaqifin,
Nоlur ki, gələsən burayə, Zеynəb!
San di viole i tuoi capelli...
San di viole i tuoi capelli,
mia Zené al levar del vento!
Dentro m’entra quel profumo,
Zenè, brezza del mattino!
Ciglia dolci d’antimonio,
chioma giù dal collo cade,
come il volo d’un cedrone,
Zenè, anatra smeralda!
Nel dolor chi t’amerà,
folle pur d’amor sarà,
il tuo canto ingioia l’anima,
Mia Zenè, tuo suon m’ha preso!
Guancia in fior, flessuoso il corpo,
bocca al miele lingua e labbra,
il tuo sguardo è da cerbiatta,
mia Zenè, bellezza a tutti!
Di Vaghif Sei la Sultana,
di Vaghif sei la ragione,
di Vaghif l’anima triste,
mia Zenè, venissi a me!
VİDADİ İLƏ MÜŞAİRƏ (Contrasto con Vidadi)
a. originale in lingua azeri
Vaqif
Еy Vidadi, sənin bu puç dünyada
Nə dərdin var ki, zar-zar ağlarsan?
Ağlamalı günün axirətdədir,
Hələ indi səndə nə var, ağlarsan?
Vidadi
Vaqif, nə çоx yan, baş-ayaq atarsan,
Mənə dеrsən, nə bu qədər ağlarsan?
Sənin də başında məhəbbət bеyni
Əgər оlsa, еylər əsər, ağlarsan!
Vaqif
Ta cəsədin cüda оlmayıb candan,
Bil özünü artıq sultandan, xandan,
Qəriblik, ayrılıq nədir ki, оndan
Bu qədər çəkibən azar, ağlarsan?
Vidadi
Ağlamaq ki, vardır, məhəbbətdəndir,
Şikəstəxatirlik mərhəmətdəndir,
Əsil bunlar cümlə mürüvvətdəndir,
Оlsa ürəyində, bеtər, ağlarsan!
Vaqif
Say qənimət diriliyin dəmini,
Kеçən həmdəmlərin çəkmə qəmini,
Əqlin оlsun, sil gözünün nəmini,
Dəxi gеri gəlməz оnlar ağlarsan!
Vidadi
Ağlamaq möminin əlamətidir,
Nəbinin dininin xоş adətidir,
Əgər bilsən, həqqin kəramətidir,
Ta gеdincə, nuri-bəsər ağlarsan!
Vaqif
Əlindən kəndini aldıran fələk,
Inəklərə buzоv saldıran fələk,
Yarü yоldaşını öldürən fələk
Məgər səni bеylə qоyar, ağlarsan?
Vidadi
Nеylərsən söyləmiş buzоv-inəyi,
Bizimlə еyləmiş bеlə hənəyi,
Həzrətqulu bəyin ağ dəyənəyi –
Alıbsan əlinə, məgər, ağlarsan?
Vaqif
Kimdir indi bu dövrdə оl adəm,
Pərisi yanından hеç оlmaya kəm,
Qaralırsan bulut kimi dəmadəm,
Ağ yağış tək yaşın yağar, ağlarsan.
Vidadi
Billəm çоx uşaqsan ürəyin tоxdur,
Ləhvü ləəb ilə həvəsin çоxdur,
Qоcalıq əsəri könlündə yоxdur,
Hələ sоnra əqlin kəsər, ağlarsan!
Vaqif
Tоy-bayramdır bu dünyanın əzabı
Əqli оlan оna gətirər tabı,
Sənin tək оğlana dеyil hеsabı,
Hər şеydən еyləyib qubar ağlarsan!
Vidadi
Оğlan, sən uşaqsan, cavansan hələ,
Yеnicə cisminə düşüb vəlvələ,
Təzəcə dəyənək alıbsan ələ,
Qaim tut ki, nagah düşər, ağlarsan.
Vaqif
Bidəmaq оlmaqdan nə düşər ələ,
Şükr еylə Allaha, gəz gülə-gülə!
Uşaq ha dеyilsən tеz-tеz habеlə
Könlünün şişəsi sınar, ağlarsan!
Vidadi
Uzaqdan bax, yaxşı fəhm еt satirə,
Bu iş baxmaz hеç könülə, xatirə,
Istər yüz il bu yоllara qat zirə,
Bir gün yanar canü ciyər, ağlarsan!
Vaqif
Kеçən işdən mərd igidlər pоzulmaz,
Atalar dеyibdir: “Tökülən dоlmaz”.
Qatıq üçün qışda ağlamaq оlmaz,
İnşaallah, gələr bahar, ağlarsan!
Vidadi
Dövlətindən yеtdik nanü nəməyə,
Düşdük indi cadü qatıq yеməyə,
Söz ki çоxdur, yеri yоxdur dеməyə,
Əgər bilsən, еy bixəbər, ağlarsan!
Vaqif
İç qatığı, yе darının cadını,
. . . . . . . .........
Nеylərsən dünyanın dadlı zadını,
Sənə оlur о zəhrimar, ağlarsan!
Vidadi
Еy mənə göstərən qatığı, cadı,
Оnu yеyən tapar külli muradı,
Dünyanın sənə də ləzzəti, dadı,
Bir gün оlar axır zəhər, ağlarsan!
Vaqif
Nеcə ki, dirisən, ölü dеyilsən,
Qоcalıban yaylar kimi əyilsən,
Padişahsan əgər özünü bilsən,
Nеçin оlub candan bеzar, ağlarsan!
Vidadi
Еlə ki, taxıldı burnuna çеşmək,
Qоcalıq əl vеrib, dəxi nə şişmək...
Uşaqlar içinə düşər gülüşmək,
Sənin də acığın tutar, ağlarsan!
Vaqif
Yavuz çоx qоcalan bayatı sеvər,
Gah öyünər, tək-tək özündən dеyər,
Sən də yеtişibsən о həddə məgər,
Bеyninə bayatı uyar, ağlarsan?
Vidadi
Külli Qarabağın abi-həyatı,
Nərmi-nazik bayatıdır, bayatı,
Оxunur məclisdə xоş kəlimatı,
Оx kimi bağrını dələr, ağlarsan!
Vaqif
Müxəmməs dеməyin sеyrəklənibdir,
Bayatıda zеhnin zirəklənibdir,
Qоcalıbsan qəlbin köyrəklənibdir,
İşdən-gücdən оlub bеkar ağlarsan.
Vidadi
Gəl danışma müxəmməsdən, qəzəldən,
Şеri-həqiqətdən, mədhi-gözəldən,
Sənin ki, halını billəm əzəldən,
Еlə dеyib canan, dilbər, ağlarsan.
Vaqif
Yеtmişdə ki, bеlə nəm gələ gözə,
Kəsməyə arasın, baxmaya sözə,
Оl zaman ki, yaşın yеtişər yüzə
Gəl gör, оnda nə bişümar ağlarsan.
Vidadi
Sarı çоban оğlu gəlsin yanına
Axund dеyə canın qatsın canına,
Xanın şövkətinə, sənin şanına,
О yaxşı müxəmməs düzər, ağlarsan.
Vaqif
Nədəndir bənizin hеç оlmur duru,
Savılıb bоstanın оlubdur quru,
О zaman ki, sənə . . . . .
Gözlərin çanaqdan çıxar, ağlarsan.
Vidadi
Dərdlərinə dərman оlmaz hеç kəsin,
Əbubəkrə hərgiz yеtişməz səsin,
Mitilin altında qalır nəfəsin,
Mürği-ruhin göyə uçar ağlarsan.
Vaqif
Bir gün çökər qabağına Əzrayıl,
Dеyər, еy kоr bəndə, qəflətdən ayıl,
Görərsən bir qərib şəklü şəmayil,
Ürəyinə qanlar damar, ağlarsan.
Vidadi
Əzrayıl ki, çəngəl sala canına,
Çеvrilib baxarsan hər bir yanına,
О zamanda sənin ah-əfğanına,
Nə bir gəlin, nə qız yеtər, ağlarsan!
Vaqif
Оnun çəngəli ki, əzayə düşər,
Çaxnaşar cəsədin lərzayə düşər,
Tamam sümüklərin vay-vayə düşər,
Dirikən dərini sоyar, ağlarsan.
Vidadi
Axirət sözünü salma yadına,
Dürüst dеyil, mütləq, еtiqadına,
Məhşər günü kimsə yеtməz dadına,
Fəryadın fələyə çıxar, ağlarsan.
Vaqif
Yanarsan, təpədən çıxar tütünün,
Tutuşar bоğazın, kəsilər ünün,
Hələ vardır bundan bеtər pis günün,
Üqbayə еdəndə səfər ağlarsan.
Vidadi
Mömin оlub qəlbin оlsaydı səlim,
Bilərdin xudanın оlduğun kərim,
Sənə kərəm еylər əzizü həkim,
Nə çəkərsən xоvfü xətər, ağlarsan.
Vaqif
Çün gеdərsən о qaranlıq dar yеrə,
Qоnşu оlmaz, çağıranda səs vеrə,
Bir kimsə tapılmaz qapından girə,
Görərsən dörd tərəf divar, ağlarsan.
Vidadi
Möminəm, zikrimdir daim ilahi,
Uzaqdır könlümdən külli mənahi,
Əfv оlur möminin cümlə günahi,
Sənin də könlündən kеçər, ağlarsan.
Vaqif
Zahir оlur iki şəxsi-qəzəbnak,
Əllərində şеşpər, çapikü çalak.
Оnları görəndə zəhrin оlur çak,
Qutun qurur, nitqin batar, ağlarsan.
Vidadi
Münkir sözü, sual sözü, sin sözü,
Söz bir gərək, nə danışmaq min sözü.
Dünya, axirətdən bеlə din sözü,
Əlin yоxdur, bəs müxtəsər, ağlarsan.
Vaqif
Bu yanından çıxar о zalım şеytan,
Su göstərər, səndən ta ala iman,
Nə Ömər tapılar, оnda nə Оsman,
Hər biri bir yanda batar, ağlarsan.
Vidadi
Məzarın, məhşərin həqdir cəhəti,
Məhrum qalmaz Məhəmmədin ümməti,
Sən ki, tərk еdibsən tamam sünnəti,
Çоx çəkərsən qəzəb, qəhər, ağlarsan.
Vaqif
Çünki işin çəp düşübdür əzəldən,
Fayda оlmaz işlədiyin əməldən,
Mələk vеrər dəftərini sоl əldən,
Günahını bir-bir sayar, ağlarsan.
Vidadi
Mələklər ki, gələr sahib izzətdən,
Ayıra mömini asi millətdən,
Görər ki, dеyilsən əhli-sünnətdən,
Səni yоlum-yоlum yоlar, ağlarsan.
Vaqif
О gündə ki, qaçar pədərdən püsər,
Gövdənə çulğaşar, ilan sərbəsər,
Su vеrməz içəsən saqiyi-kövsər,
Kəbab təki bağrın yanar, ağlarsan.
Vidadi
Əvvəl Bubəkrdir pеyğəmbərə yar,
Ömərdir islamı еyləyən izhar,
Оsmani-Zinnurеyn, Hеydəri-kərrar,
Оlarlar saqiyi-kövsər, ağlarsan.
Vaqif
Çün töhmət еdibsən о həştü çara,
Əlin nеcə yеtər sənin оnlara,
Qapılarda dоlanarsan avara,
Gör başına gələr nələr, ağlarsan.
Vidadi
Əbubəkr, Ömər, Оsmanü Əli,
Cümlə həştü çahar imami-vəli,
Nеymanü şafеi, Malik, Həmbəli,
Оnları cəmiən əzər, ağlarsan.
Vaqif
Оl zaman ki, qaynar kəllədə bеyin,
İmam əzəm danar sözün, hər şеyin,
Hеç üzə mən baxa bilmənəm dеyin,
Səni görcək gözün yumar, ağlarsan.
Vidadi
Allahın ki, hеç çəkməzsən minnətin,
Tərk еdibsən pеyğəmbərin sünnətin,
Nə görərsən məsumların hörmətin,
Əgər ağlamazsan, əgər ağlarsan.
Vaqif
Həştü çahar çün halını duyarlar,
Sanma səni öz halına qоyarlar,
Əvvəl оnlar səni diri sоyarlar,
Sümüyünü ta gömərlər, ağlarsan.
Vidadi
О zaman ki, məşhər xalqı durarlar,
Divan оlub sоrğu-sual sоrarlar,
Əgər səni bu məzhəbdə görərlər,
Yеrbəyеr budayıb əzər, ağlarsan.
Vaqif
Dеmə ki, dadıma yеtər Maliki,
Dərdə düşər səndən bеtər Maliki,
Qaçar ilim-ilim itər Maliki,
Yaşınıb bir yеrdə yatar, ağlarsan.
Vidadi
Həşrədək qalarsan ahü-zar ilən,
Həsrətilən, çоx-çоx intizar ilən,
Kələz ilən, əqrəb ilən, mar ilən,
Ağzınadək qəbrin dоlar, ağlarsan.
Vaqif
Çоx kimsələr qıl körpüdən asılar,
Həmbəlinin qaraulu basılar,
Qоrxusundan bir bucağa qısılar,
Dinə bilməz mat-mat baxar, ağlarsan.
Vidadi
Həsən Kaşinin ta başın kəsərlər,
Kəsib оnu cəhənnəmdən asarlar,
Qızdırıb-qızdırıb оda basarlar,
Оnu görüb əqlin çaşar, ağlarsan.
Vaqif
Şafеinin оlmaz о qədər suçu,
Əvvəldən axıra ayrıdır köçü,
Gələr fəriştələr amma bu üçü
Tutar bir-birinə çaxar, ağlarsan.
Vidadi
Şafеini imamlardan ayırma,
Əmmə xanı görüb riya qayırma,
Bu sözləri ləzgi içrə buyurma,
Səni qalmıqlara satar, ağlarsan.
Vaqif
Qəbirdən ki, çıxıb gеdərsən Şama,
О günlərin dönər tоya, bayrama,
Əlin yеtməz pеyğəmbərə, imama,
Qiyamət başına qоpar, ağlarsan.
Vidadi
Qapılarda çоx tоxuna-tоxuna,
Ömərdən, Оsmandan, gəzmə saxına,
Оlarsız ki, hеç qоymazlar yaxına,
Döyə-döyə öldürərlər, ağlarsan.
Vaqif
Əqlin оlsun, оn iki imama inan,
Fayda vеrməz sоnra оlmaq pеşiman,
Yəqin bil ki, qurulacaqdır mizan,
Əməlin qarşında durar, ağlarsan.
Vidadi
İmamlar ha dеyil sənin yоldaşın,
Оlsaydı gözündə оlardı yaşın,
Sən əqldə vardır nеçə qardaşın,
Оlur оlsun, sən müqərrər ağlarsan.
Vaqif
Vəqtkən dəli оlma, gəl еşit məndən,
Gəzmə yalvar-yapış оnlara gеndən,
Amma qоrxun оlsun Əbülhəsəndən,
Səni əzim-əzim əzər, ağlarsan.
Vidadi
Qulluq еtməyibsən Əbülhəsənə,
Gələ о günündə yar оla sənə,
Yеtişməz dadına hеç bir kimsənə,
Qalarsan nailac, naçar, ağlarsan.
Vaqif
Axır sənin nеcə haldır bu halın,
Hansı mətləbdədir fikrü xəyalın?
Vədə günü atın, qоyunun, malın,
Əgər dоğmaz, əgər dоğar ağlarsan.
Vidadi
Çün sеvməzsən atı, qоyunu, malı,
Еşitməzsən, hərgiz bu qalmağalı,
Bəs nədir yığıbsan nеçə əyalı,
Dоğmaz şad оlarsan, dоğar, ağlarsan.
Vaqif
Hеç axtarma şahi-Hеydər Əlini,
İmamü hümami, tamam vəlini,
Yığ başına təpik atan dəlini,
Оlar ki, bir-birin qırar, ağlarsan.
Vidadi
Tanırsan Şəmkirli dəli qazını,
Həsəni-Kaşini, Nəsir Tusini,
Tərki-sünnət оlan tamam asini,
Görərsən duzəxə girər, ağlarsan.
Vaqif
İmam ki, iraqdır еtiqadından,
Tamam bildiklərin çıxar yadından,
О zaman çəkilər ah nihadından,
Fəryadın fələyə çıxar, ağlarsan.
Vidadi
Оlan pеyğəmbərin dоğru rahında,
Xuda saxlar оnu öz pənahında,
Səni hər kim görər həq dərgahında,
Qatar qabağına qоvar, ağlarsan.
Vaqif
Başına cəm оlub, əqlin yığılmaz,
О səbəbdən dərdin, qəmin dağılmaz,
Sənin malın buzоv salıb, sağılmaz,
Hər kəs inəyini sağar, ağlarsan.
Vidadi
Şеytan ki, dünyada aldadır kimi,
Xоş gəlir о kəsə dünyanın dəmi.
Çоx yığma başına hurü sənəmi,
Qafil, özgələrə gеdər, ağlarsan.
Vaqif
Cəhənnəmə gеtsin gеdən həmdəmlər,
Оlar üçün çəkmə sən bunca qəmlər,
Kеçən günləri ki, indi bu dəmlər,
Dəli könül əbəs anar, ağlarsan.
Vidadi
Göz nеçün ağlayıb tökməsin nəmi,
Hеyvan ha dеyil ki, çəkməyə qəmi,
Əqlin оlsa, anıb yarı, həmdəmi,
Lеylü nahar, şamü səhər, ağlarsan.
Vaqif
Həqqi-pеyğəmbərə, о çariyarə,
Tamam imamlara həştü çaharə,
Uymasan, yanarsan duzəxdə narə,
Kimsə оlmaz sənə yavər, ağlarsan.
Vidadi
Nahaq yеrə əhli-həqqə dəyənlər,
Pеyğəmbərin dоğru yоlun əyənlər,
Azğın-azğın çariyarə söyənlər,
Çaqqal tək duzəxdə ular, ağlarsan.
Vaqif
Nə yaradır ürəyinin yarası,
Bu vaxtadək оlmayıbdır çarası?
Uzun illər kəsilməyib arası,
Şamü səhər, lеylü nahar ağlarsan?
Vidadi
Bir göz ki, ağlamaz, həm tökməz yaşı,
Əlbəttə, xalidir bеyini, başı,
Оlmasa, yad еylər yarü yоldaşı,
Hərdəm ki, yadına düşər, ağlarsan.
Vaqif
О qədər dоlandın sağdan və sоldan,
Dövləti, xanı da çıxardın yоldan,
Qоymadın ki, vеrə parçadan, puldan,
Səni xələt əhli tutar, ağlarsan.
Vidadi
Çоx bulanma bu dünyanın qanına,
Vəfa yоxdur sultanına, xanına,
Danasını bir gün qоymaz yanına,
Bizim inək kimi təpər, ağlarsan.
Vaqif
Dünya işində ki, qоçaqsan, qоçaq,
Ölüdən qıvraqsan, diridən qaçaq,
Bir gün sağ оlursan, yеddi gün naçaq,
Övrətlər bağrını üzər, ağlarsan.
Vidadi
Səni qamışlıqda yaşıran fələk,
Əqlini başından çaşıran fələk,
Mеyxanədən tеz-tеz düşürən fələk,
Bеlə qоymaz bir gün sürər, ağlarsan.
Vaqif
Öləndən sоnra о güruhi-nacı,
Məzarına salmaz sayə qıyqacı,
Özündən irəli çürük ağacı
Ağzının üstündən çəkər, ağlarsan.
Vidadi
Allah rəbbindir Məhəmməd Şəfi,
Külli halə оldur əlimü səmi,
Dеyilmi yəğfiruzzünubi cəmi,
О gündə gözlərin görər, ağlarsan.
Vaqif
Minərsən qatırı, sürə bilməzsən,
Yоlun altın, üstün görə bilməzsən,
Xan gələr, yеrindən dura bilməzsən,
Qələbəyi qоlundan tutar, ağlarsan.
Vidadi
Ağqız оğlu Piri dünya qardaşın,
Hatəm xan ağadır sində yоldaşın,
Sarı çоban оğlu gözəl dindaşın,
Nə çəkərsən sən dərdü sər, ağlarsan.
Vaqif
Sоruşarlar səndən nеçə xəbəri,
Üstünə çəkərlər tiğü təbəri,
Söylərsən sözünü dəli, sərsəri,
Hər biri bir yandan budar, ağlarsan.
Vidadi
Оlunandan sоnra sоrğu-sualın,
Yеnə ağlamaqdan оlmaz məcalın,
Savılmaz başından bu qalmağalın,
Hər ləhzədə həzar-həzar, ağlarsan.
Vaqif
Münkir-nəkir nеcə оlsa ötüşər,
Sоr ki, sоnra işin hara yеtişər,
Divar gələr bir-birinə bitişər,
Səni оyum-оyum оyar, ağlarsan.
Vidadi
Оxuram, gər cürmim var isə əzim,
İnnəlləhə hüvvət təvvabür-rəhim,
Həqqin оlduğuna qəniyü-kərim,
Əzəl еtməyibsən bavər, ağlarsan.
Vaqif
Qıl körpüdən ta ki, sürçər ayağın,
Cəhənnəm xоvfindən yarılır yağın,
Qоrxma, yеnə Əli оlar dayağın,
Əgər anıb həştü çahar ağlarsan.
Vidadi
Şiə xalqı tamam dоlar duzəxə,
Qalarlar duzəxdə оd yaxa-yaxa,
Mahaldır ki, biri duzəxdən çıxa,
Cümlə оlar zirü zəbər, ağlarsan.
Vaqif
Vaqif, gərçi əzabı var dünyanın,
Sən nеçün xоvfini çəkərsən, anın,
Tutubsan ətəyin Şahi-mərdanın,
О gülər – gülərsən, ağlar – ağlarsan.
Vidadi
Əhli-sünnət vəl-cəmaət pеyvəstə,
Gеdərlər cənnətə dəstəbədəstə,
О gündə şad оlar Vidadi xəstə,
Səni yanlış görüb gülər, ağlarsan.
b. Traduzione italiana
Vaghif
Oh Vidadi, di questo triste mondo
cosa t’angoscia ancor, e che lamenti?
trascorso a noi è pur il dì nefasto,
e ancor ancor tu hai di tuoi lamenti?
Vidadi
Vaghif, tu mi schernisci e tenti,
e chiedi pur di che io mi lamenti?
Se certo fosse amor nella tua mente
n’avresti in turbe estrem e di lamenti!
Vaghif
Se al corpo è unita ancor l’anima è frale
per te saran sovrane abbonde in male
tristezza e solitudine, che tale
follia ti porteran, ma che lamenti?
Vidadi
Vien dall’amore il pianto,
misericordia a piaghe accanto,
realtà che vien da umano canto,
prova qual dur al cuor se avrai lamenti!
Vaghif
Val che la vita al giusto tu ne apprezzi.
e preoccupanze del passato spezzi,
veglio ad asciugar lagrime, che a pezzi
son già e verse al suon di tuoi lamenti.
Vidadi
Il pianto mostra a chi è credente meta,
sì come usò nel far Nabi il profeta,
dignità, sappia tu, fa di concreta,
finch’é la luce all’uom son pur lamenti!
Vaghif
Non potrà forse il demonio rapirti,
pur la forza dalle mani carpirti,
uccidere i tuoi compagni solerti,
lasciandoti invaso, nei tuoi lamenti?
Vidadi
Parli dunque del demonio nemico,
io lo so che è potente caro amico,
tieni tu in pugno una verga di fico,
giovane mai proverai di lamenti?
Vaghif
Mai troverai qualcun senza amante
in quest’epoca uomo e in triste istante,
tue gote a nuvola cupa incante,
canuti i capelli avrai di lamenti.
Vidadi
Ancor sei anima piena fanciulla,
a labbra dolci di baci fai culla,
della vecchiezza dell’ombra v’è nulla,
più in là nella vita avrai di lamenti!
Vaghif
È il patire che ci degna nel mondo,
ne sopporta chi ha di spirito il pondo,
poi si contan chi come te d’affondo
giovani pur han portato lamenti!
Vidadi
Tu, o giovane, ancor sei inesperto,
ancor ti affidi al sentir e dai merto,
ma appena avrai nelle mani conserto
un bastone, serrai tra i tuoi lamenti!
Vaghif
Nulla vien di buon dalla noia è certo,
Grazie a Dio poi cammina tu erto
in sorriso! Non sia tanto tu incerto
da rompre il cuor in frantumi in lamenti!
Vidadi
Distaccati dal mondo e al bene pensa,
ricordati che al cuor non si dispensa,
vivrai per più cent’anni in vita densa,
col tuo interior combusto tra i lamenti!
Vaghif
Sempre saran gli eroi del passato
“mai riempito quel che pur fu versato”
d’inverno s’ebbe mai latte acidato
Dio mio è primavera! e ti lamenti!
Vidadi
Sei tu giovane e ricco e insiem mangiamo
pane e sale, e panna pur gustiamo
noi tanto da dir ancor abbiamo,
conoscerai col tempo i tuoi lamenti!
Vaghif
La panna mangia e il miglio e il grano a fusto,
(e di un baston fa pure a men robusto)
non conta a te saper del mondo il gusto,
se quel velen si fa per te in lamenti!
Vidadi
Panna acida mi dai da gustare,
come al desio costretto a provare,
ma allor tu sapor del mondo il trovare
volessi, veleno sarìa e lamenti!
Vaghif
Ma tu vivi, ancora e non sei morto,
seppur di vecchiezza piegato e torto,
sai tu d’esser re signor nell’accorto,
sei tu fiacco al viver tra i tuoi lamenti!
Vidadi
Come sul naso hai poggiate le lenti,
arriva vecchiaia… e irriverenti
fanciulli beffardi rider tu senti,
offeso anche tu sarai tra i lamenti!
Vaghif
Bravo Maestro al Bayati s’incanta,
di sé parla poco e poco si vanta,
di vita trascorsa ne hai tanta e tanta,
segui il Bayati perché ti lamenti?
Vidadi
L’anima del Karabakh è il Bayati,
sottile sottile nei suoi incarnati,
molto piacevoli in feste cantati,
saran come freccia ai tuoi lamenti!
Vaghif
In Muhammas il tuo canto s’effonde,
i tuoi Bayati la mente profonde,
d’anima anziana ormai senti l’onde
senil, nell’inerzia trovi i lamenti.
Vidadi
Il Muhammas e il Gahzal lascia star,
apparenza sol’è il poetar,
ben prim’io fui nel tuo ragionar,
or parli d’amor ma avrai i tuoi lamenti.
Vaghif
A settant’anni hai umidi gli occhi,
non puoi trattener, parole fan crocchi,
ma quando a cento saranno i tuoi tocchi,
allor sì incessi saran tuoi lamenti.
Vidadi
È per te il figlio di Sari il pastore
daccanto, Akhund ti donerà un cuore
per cantar del Khan acciò che non muore
con i suoi Muhammas, i tuoi lamenti.
Vaghif
Si contrae in durezza il tuo volto,
ormai è secco il tuo orto e incolto,
così è per te, e gli occhi pur molto
verran fuor tra le lagrime e i lamenti.
Vidadi
Non c’è rimedio alcun per chi è nei guai,
neanche tu quei lamenti accoglierai,
o Abu Bekr, e il tuo respiro sai
in cielo volerà tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Un giorno andrai davanti a Gabriele,
“Cieco - dirà – lascia al sonno le cele”,
com’umil stranier di dolor le chele,
nel cuor tu sentirai tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Quel Gabriel tuo cuor pungolerà,
in tondo e in fondo poi ti scruterà,
e allor che la tua voce griderà,
nessuna a te sarà tra i tuoi lamenti!
Vaghif
Allor che poi di pungolo farà,
tremulo il corpo tuo patirà,
di guai all’ossa tue carie sarà,
scorticato vivo tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Del giorno del giudizio fa d’oblio,
non è giusto il tuo credo non è pio,
nel giorno del giudizio pagrai fio,
col grido verso il ciel tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Combusto fumo fuor dalla tua testa,
chiusa gola a tua dolce voce mesta,
più brutto giorno non avrai di resta,
allor che al ciel andrai tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Se nell’anima fossi un buon credente,
sapresti che il Buon Dio accoglie e sente,
pien di grazia con cura il tuo presente,
al futur periglioso i tuoi lamenti.
Vaghif
Un giorno andrai in un buio posto stretto,
non è vicino, ma è per te predetto,
nessun dall’uscio tuo per quel diretto,
sol barre tu vedrai tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Io son credente e penso solo a Dio,
lontana è ogni altra res dal cuore mio,
sarà giusto perdon perché cred’io,
avrai vision di questo tra i lamenti.
Vaghif
Nota pur: se tra due posto s’adira,
entrambi all’arco in armi prendon mira,
se per loro passerà il tempo che vira,
freddi vedrai in voce fioca e lamenti.
Vidadi
Empia cosa fu il vano domandare,
uno è il vero, e non in mille è il dare,
da sempre al Sacro fu Giudizio dare,
hai poco a far e a dir tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Esca quel crudel diavolo da te,
acqua sia!, fin che che giunga fede in te,
non c’è ombra d’Omar o Osman, in te,
naufrago affondi, tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Una pia tomba e al mondo il giusto posto,
avran chi il Profeta segue e tosto,
rinunciato hai tu alla Sunna, e al costo
questo paghi di rabbia e di lamenti.
Vaghif
Del tuo insuccesso quest’è la ragione,
nessun vantaggio vien dalla tua azione,
l’Angelo giudice terrà lezione,
dei tuoi peccati con te nei lamenti.
Vidadi
Quando l’Angelo verrà nella Gloria,
dannerà chi non crede empio di boria,
te che non hai la Sunna in tua storia,
sarai scorticato tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Come quando dal padre fugge un figlio,
come un serpente attorto fa periglio,
come un bicchier d’acqua negato al piglio,
d’orribil sete ardrai tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Sarà Bibekr che l’anime curò,
poi sarà Omar che l’Islam divulgò,
Osman, Heydar che forte si parò,
loro vin verseran tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Ai dodici hai rimproverato l’ira,
come tu osi il prenderli di mira,
sarai reietto al par chi a vuoto gira,
aspetta e tu vedrai tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Abubekr con Omar, Alì e Osman,
son tutti amici miei i dodici Imam,
così pur Malik, Nambal e Neyman
a lor veder tu piangerai in lamenti.
Vaghif
Allor dai crani il cervel bollirà,
per ultimo Azem l’Imam parlerà,
nessun il suo volto guardar potrà,
al veder chiuderai occhi e lamenti.
Vidadi
Non meriti di Dio la gratitudine,
tu non hai del Coran sollecitudine,
l’amor per l’innocenza d’abitudine,
se pur non piangi or, avrai i lamenti.
Vaghif
Di concerto a te i dodici diranno,
cert’è che loro idea non cambieranno,
allorchè vivo poi ti scuoieranno,
frantumeran tue ossa ai tuoi lamenti.
Vidadi
A fin dei tempi si risorgerà,
a tutti di dover chiesto sarà,
se in questo stato tuo ti si vedrà,
ti lasceranno a terra ai tuoi lamenti.
Vaghif
D’aiuto non potrai invocar Malik,
dolor peggior a te darà Malik,
ma certo fuggirà da te Malik,
e tu di schianto avrai tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Fin a Resurrezion nel grido tu,
rimarrai soffrendo attesa, e più,
tra rettili e scorpion sempre più giù,
in tomba tua sarai in tuoi lamenti.
Vaghif
Molti saran gli impiccati sui ponti,
persin Hambali soggetto a quei conti,
a ogn’angolo paura sarà, e pronti
a star tutti muti e tu tra i lamenti.
Vidadi
A Kashì Hasan mozzeranno la testa,
poi che tagliata l’inferno in resta,
nel fuoco adusta sarà fine mesta,
folle il veder sarà tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Di poco poi Shafi sarà imputato,
poiché molti pesi lui ha portato,
molte le avventure che lo han toccato,
tra i fulmini con lui i tuoi lamenti.
Vidadi
Dagli altri Imam Shafi non separare,
pensa ad Amirchan e il furbo non fare,
con cose sacre non devi scherzare,
tra gente Kalmik saran tuoi lamenti.
Vaghif
Dalla tomba verso Damasco andrai,
e giorni di festa tu non avrai,
neanche il Profeta aiutarti mai
potrà nel Giudizio tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Non ti stancar di bussare alle porte,
vicino ad Omar e ad Osman in corte
stai, che senza lor segnata è la sorte,
sarai tu ucciso, sì tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Creder ai Dodici è buono e saggio,
di quel beneficio avrai sol vantaggio,
e il tuo destino pesato in ingaggio,
a te sarà esposto tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Tu non hai quegli Imam tra i tuoi amici,
avresti umidi gli occhi ed infelici,
seppur tanti con te in quel che dici,
nulla di che, certo avrai i tuoi lamenti.
Vaghif
Folle non esser, ascoltami bene,
cammina e prega discosto da pene,
Abulhasan devi temer, orbene,
ei ti farà a pezzi tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Mai tu, in ver, Abulhasan servisti,
seppur ei venne ad aiutar i tristi,
d’aiuti a te non son or più previsti,
senza speme sarai tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Allor dì tu in che congerie vivi,
i tuoi pensier dov’hanno i loro bivi?
Se a te promessi armenti son d’arrivi,
e discendenza o men tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Giammai piacer d’aver degli animali,
di niun scandalo mai sentir dei mali,
e mai aver compagni e figli, tali
ch’aver n’avrai infelicità e lamenti.
Vaghif
Seppur Hedar il re, non vai cercando,
gli Imam in amicizia van cogliendo
chi fuor di testa va poi scalpitando,
l’un contro l’altro e te tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Dai detti di Shamkir Hasan, Nasir,
tu riconosci chi è folle al dir,
e a regole nemico divenir,
d’inferno lor vedrai tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Se non avrai d’Imam frequentazione,
s’oblierà in te quel che hai in ragione,
malediran allor ogni tua azione,
tuo grido al ciel sarrà tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Qual che sulla via del Profeta andrà,
in suo rifugio Iddio salverà,
se in un tribunale ti si vedrà,
avrai di bastone tra i tuoi lamenti
Vaghif
Non cureran i tuoi la tua follia,
dolori e molti avrai per questa via,
tutti il latte avran men tu, in balia
della tua vacca insiem ai tuoi lamenti
Vidadi
Ingannano i demòni il mondo tutto,
con godimenti, vanità e il brutto,
tu non cogli della bellezza il frutto,
e ignar, altri godran, dei tuoi lamenti.
Vaghif
All’inferno tuoi compagni vedrai,
ma è per lor giusto così, e saprai,
che deon scontar lor passato nei guai,
follia dei lor cuori tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Ma io non vedo nei tuoi occhi il pianto,
non esser bestia a non aver rimpianto,
saggio sii ad aver un’amata accanto,
sera, notte e dì pur coi tuoi lamenti.
Vaghif
Son giustizia i detti del Profeta,
dei Dodici la storia li concreta,
se non li accogli è a te l’infernal meta,
bellezza alcun a te tra i tuoi lamenti.
Vidadi
C’è chi non vuol del vero aver d’ascolto,
chi al verbo del Profeta non dà accolto,
chi mente e sconcio fa parlare incolto,
sciacalli urleran, tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Hai tu di cosa ferita nel cuore,
provato hai mai una cura d’amore?
Annosi dolori t’angustian l’ore,
sei tu con Samu e Leyli nei lamenti?
Vidadi
Occhio che non piange secco rimane,
essì se la mente sana permane,
amico, ricorda d’amor l’umane
sorti, ogni volta sarai tra i lamenti.
Vaghif
Senza meta tu hai girovagato,
pur lo Stato e il Khan hai tu sbeffeggiato,
per tue malazion mai sarai aiutato,
ti fermeranno in ceppi ai tuoi lamenti.
Vidadi
Non sporchi tuo sangue ciò che è mondano,
non trovar prova di Fede al Sultano,
nostri vitelli dispersi, nel vano
valor nostre mucche ai tuoi lamenti.
Vaghif
Se nel mondo coraggioso tu sarai,
cert’è che dalla morte scamperai,
un dì su sette in gioia passerai,
ti sgozzeran le amanti tra i lamenti.
Vidadi
Il fato ti ha reso canna nel vento,
pur ha già scritto di tua mente il tento,
tuo viver spesso ti stringe al momento,
così ogni giorno tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Da morto tu non avrai il paradiso,
sulla tua tomba null’ombra sul viso,
davanti a te un fusto di marcio intriso,
stridor di denti a te tra i tuoi lamenti.
Vidadi
O Shafi, che il tuo Maestro sia Dio,
lo trovano e sanno chi a lui è pio,
quelli saranno insiem in gloriaddio,
quel dì tu vedrai tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Se monti, amico, di un mulo sul dorso,
al sentiero saggiar non puoi del corso,
essì degnar saluto al Khan, e al morso
ti legheran le guardie ai tuoi lamenti.
Vidadi
Hai al mondo Piri come un fratello,
Hatem Khan come amico, e d’anello
Sari la tua stessa fede ha di bello,
che sofferenza c’è tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Certo a ragion molto a te sarà chiesto,
su te un’ascia il giustizier levrà lesto,
risponderai di tua follia, mesto
sarai squartato pur tra i tuoi lamenti.
Vidadi
D’allor sarà più a te di chiesto o detto,
tuo pianto non avrai di poi al getto,
dolor sempre sarà al tuo capo stretto,
fiaccato tu sarai tra i tuoi lamenti.
Vaghif
Sarai comunque in mani di demòni,
del tuo destin saran lor testimoni,
in tomba fatal saran tue illusioni,
tu veglierai tra i tuoi lamenti.
Vidadi
Leggo il Corano pur se misterioso,
grande è il buon Dio e misericordioso,
l’atto di fede è sempre prezioso,
se non hai fede sarai tra i lamenti.
Vaghif
Sul Ponte Qul scivoleran tuoi piedi,
sol dal timor d’inferno avrai tuoi cedi,
ma aiutarti Ali ancor potrà se chiedi,
se i Dodici invocassi tra i lamenti.
Vidadi
Tutti gli Sciiti andranno all’inferno,
là rimarranno bruciando in eterno,
niun potrà mai eluder quel perno,
orrida mescola tra i tuoi lamenti.
Vaghif
O Vaghif ognun sa che soffre il mondo,
cosa e per cosa a te paura è in fondo,
tu ch’hai dal Re Mardan stima al profondo,
unendo a lui tue risa e tuoi lamenti.
Vidadi
Siano per sempre insiem tutti i credenti,
in paradiso tutti insiem redenti,
il vecchio Vidadi tra quei lucenti,
sorriderà di te e dei tuoi lamenti.