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Appunti sulle fonti d’energia Appunti sulle fonti d’energia ................................................................................................................... 1 Fonti non rinnovabili............................................................................................................................ 2 Petrolio ............................................................................................................................................. 2 Carbone ............................................................................................................................................ 4 Metano, gas naturale ........................................................................................................................ 6 Energia nucleare....................................................................................................................................... 7 Fissione ................................................................................................................................................ 8 FONTI RINNOVABILI..................................................................................................................... 11 Energia solare................................................................................................................................. 11 Energia eolica (tratto da: http://www.igetcol.it/mulini.htm) ......................................................... 13 Energia Idroelettrica (tratto da: http://www.ecologiae.com/energia-idroelettrica/27110/) ........... 16 Energia geotermica ........................................................................................................................ 17 Energia dalle biomasse ...................................................................................................................... 20 Fonti di Energia Rinnovabili Approfondimento ................................................................................ 21 EROEI, il concetto di convenienza energetica .................................................................................. 27 EROGEI, la convenienza energetica globale ................................................................................. 29 Appendici ............................................................................................................................................... 31 CO 2 ..................................................................................................................................................... 31 Dibattito: Nucleare si o no? ............................................................................................................... 32 La questione dell'energia e la scelta nucleare ........................................................................................ 33

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Appunti sulle fonti d’energia Appunti sulle fonti d’energia ................................................................................................................... 1

Fonti non rinnovabili............................................................................................................................ 2 Petrolio ............................................................................................................................................. 2 Carbone ............................................................................................................................................ 4 Metano, gas naturale ........................................................................................................................ 6

Energia nucleare....................................................................................................................................... 7 Fissione ................................................................................................................................................ 8 FONTI RINNOVABILI..................................................................................................................... 11

Energia solare................................................................................................................................. 11 Energia eolica (tratto da: http://www.igetcol.it/mulini.htm) ......................................................... 13 Energia Idroelettrica (tratto da: http://www.ecologiae.com/energia-idroelettrica/27110/) ........... 16 Energia geotermica ........................................................................................................................ 17

Energia dalle biomasse ...................................................................................................................... 20 Fonti di Energia Rinnovabili Approfondimento ................................................................................ 21 EROEI, il concetto di convenienza energetica .................................................................................. 27

EROGEI, la convenienza energetica globale ................................................................................. 29 Appendici ............................................................................................................................................... 31

CO2 ..................................................................................................................................................... 31 Dibattito: Nucleare si o no? ............................................................................................................... 32

La questione dell'energia e la scelta nucleare ........................................................................................ 33

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Fonti non rinnovabili

Petrolio Olio di pietra, dal latino petra e oleum, è un liquido denso, vischioso, dall’odore caratteristico e di

colore variante da giallo-bruno a nerastro. Il petrolio è costituito da una miscela di idrocarburi naturali liquidi (olio) e, in proporzione molto minore, gassosi (gas naturale) e solidi (bitumi e asfalti). Il petrolio si concentra in rocce serbatoio, ossia in volumi circoscritti del sottosuolo dove particolari conformazioni delle rocce porose e delle sovrastanti rocce impermeabili, definite trappole, ne impediscono la dispersione verso la superficie. La composizione dell’olio ha caratteristiche chimico-fisiche molto diverse, a seconda della provincia petrolifera di provenienza, che variano da quelle degli oli pregiati leggeri (>30°API), con basso contenuto di zolfo, a quelli degli oli pesanti (<20°API) con alto tenore di zolfo e

diminuito valore commerciale. La formazione del petrolio deriva principalmente dall’alterazione termica nei tempi geologici della materia organica contenuta nelle rocce madri durante il loro seppellimento nei bacini sedimentari. La stragrande maggioranza delle riserve originarie di olio (oltre il 90%) sono contenute in 1.330 grandi giacimenti che rappresentano solo il 3,2% degli oltre 41.000 giacimenti finora scoperti. Il disegno mostra un bacino dove si forma il petrolio: i resti di organismi animali e vegetali si depositano, l'ossigeno si disperde, il carbonio e l'idrogeno formano gli idrocarburi che danno origine alla roccia madre. Le alte pressioni e temperature permettono la formazione del petrolio che si accumula nella roccia serbatoio. creazione di un giacimento petrolifero La produzione è aumentata di otto volte negli ultimi 50 anni. Il petrolio contribuisce con il 40% al fabbisogno mondiale di energia collocandosi al primo posto tra le fonti primarie di energia, seguito dal carbone (27%), dal gas naturale (23%) . Le sue riserve attuali, stimate attorno a 140 miliardi di tonnellate, 2/3 delle quali localizzate nel Medio Oriente, hanno una durata di circa 40 anni e si sono notevolmente accresciute rispetto al 1970, quando la durata delle stesse era prevista attorno ai 30 anni. La genesi del petrolio era dibattuta fin dall'inizio del 1800 fra i sostenitori di un'origine inorganica (il petrolio sarebbe un prodotto dell'attività di rocce fuse o magmi) e gli assertori di un’origine organica (il petrolio sarebbe derivato dalla decomposizione di organismi fossilizzati nelle rocce). Negli anni Settanta i risultati di moderne e approfondite ricerche geochimiche, di esperimenti di laboratorio e di studi e osservazioni geologiche, hanno dimostrato in modo inconfutabile che i depositi di olio e gas del mondo si sono originati, principalmente, per un lento processo di alterazione termica della materia organica dispersa nelle rocce sedimentarie. In pratica, durante lo sprofondamento delle rocce madri nei bacini sedimentari, si genera gas batterico nella prima fase di seppellimento a basse temperature (<50°C) e successivamente, per progressivo aumento della temperatura, olio e gas umidi ed infine, nella fase finale dell'alterazione termica della materia organica, solo gas secco. Le moderne conoscenze sull'origine del petrolio hanno avuto importanti risvolti pratici sull'esplorazione petrolifera che è stata indirizzata, in modo più selettivo, verso le aree in cui si sono verificate le condizioni più favorevoli alla formazione e all'accumulo del petrolio. I suoi derivati, ottenuti dall'industria petrolchimica, oltre che coprire buona parte del sistema

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energetico servono per innumerevoli e svariati prodotti di uso comune, per tali produzioni oggi si impiega circa il 7% del petrolio estratto. Stima delle riserve naturali totali di petrolio Le riserve petrolifere globali in miliardi di barili* (scala in alto)secondo le stime della BP Statistical Review of World Energy.La scala verticale in cifre indica la durata in anni delle riserve di ciascun paese produttore. Secondo la ExxonMobil, la maggiore compagnia petrolifera, i giacimenti petroliferi sono sufficienti, ai ritmi attuali, per la fornitura di petrolio fino al 2050. Secondo la BP Amoco, la seconda compagnia petrolifera, i giacimenti accertati sono, sempre ai ritmi di consumo attuali, sufficienti fino al 2044. * Un barile di petrolio equivale a circa 159 litri, un TEP (TOE) equivale a 7,33 barili

In questa immagine è evidente come la stragrande maggioranza delle riserve di petrolio sia concentrata in una minima parte del pianeta, i 2/3 delle riserve sono concentrate nell'area dei paesi del golfo persico. Dati indicati in miliardi di barili

Quanto dureranno le riserve di petrolio? Le correnti di pensiero sono due: gli ottimisti e i pessimisti. Tra i primi vi è una task force scientifica dell'U.S. Geological Survey che dopo uno studio durato cinque anni ha concluso che il mondo ha riserve sufficienti per circa 80 anni ai ritmi di consumo attuali, circa due mila e trecento miliardi di barili, ( 313 miliardi di tonnellate) anche se gran parte di esse devono essere ancora scoperte. Tra i secondi, invece, ci sono i geologi del King Hubbert Center della Colorado School of Mines che ritengono che la produzione dell'oro nero toccherà il suo picco in questo decennio con 85 milioni di barili al giorno per poi scendere drammaticamente a 35 milioni nel 2020. Una previsione che molti altri esperti ritengono errata. Un consulente governativo americano, Daniel Yergin, ha dichiarato al Los Angeles Times «ormai da oltre un secolo ci sono predizioni catastrofiche sull'esaurimento delle riserve petrolifere, ma in realtà l'unica cosa sicura è che il petrolio è una risorsa finita. Non sappiamo, però, quanto ce ne sia ancora nelle viscere del pianeta».

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Carbone Minerale originato dalla carbonificazione (distillazione in assenza di aria) di materiale vegetale, soprattutto legno, che si è accumulato in ambiente anaerobico e che è stato sepolto da una coltre sedimentaria. Il carbone ha la proprietà di bruciare con reazione fortemente esotermica. Nell’analisi dei diversi tipi di carbone vengono determinati l’umidità, le materie volatili, il tenore delle ceneri, il carbonio fisso e lo zolfo. Secondo la classificazione geologica, il carbone può essere suddiviso in:

Torba E' la prima fase del processo di carbonizzazione delle biomasse sepolte in ambiente anaerobico. Quando viene seccata la torba brucia facilmente, il suo contenuto di carbonio è del 50% circa.

Lignite Col passare del tempo e l'aumentare della copertura, la torba è disidratata e pressata. Reazioni chimiche del materiale vegetale provocano un aumento del tenore di carbonio e la torba si trasforma in lignite, un morbido materiale color bruno-nero, simile al carbone, con un tenore di carbonio del 70 % circa.

Litantrace A temperature elevate, come quelle che si registrano a grandi profondità, attraverso la "carbonizzazione" la lignite diventa lignite nera e quindi litantrace bituminoso, con un tenore di carbonio dell' 80/90%

Antracite Man mano che aumenta il grado di carbonizzazione, il carbone diventa più duro e più brillante e il tenore di carbonio e il potere calorifico aumentano. L'antracite ha un contenuto di carbonio fino al 98%

Attuali riserve globali certe Agli attuali ritmi di consumo le riserve di carbone sono sufficienti per oltre 200 anni , le riserve di antracite e litantrace sono invece sufficienti per meno di 70 anni. I carboni sono la maggiore riserva di carbonio sulla Terra, il carbonio si sta rivelando una materia prima molto importante per le nuove tecnologie (es. nanostrutture) ma anche per le attuali produzioni industriali.

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Il carbone è una materia prima molto economica perché ritenuta abbondante e non soggetta a mutazioni nell'andamento dei prezzi anche perché si trova praticamente in tutte le aree geografiche e quindi non risente delle tensioni socio-politiche come succede invece per il petrolio e in qualche misura per il gas naturale. Considerazioni sul futuro ruolo del carbone Con le attuali tecnologie il carbone può essere utilizzato per produzioni energetiche in modo "pulito", in Italia ci sono molti esempi di centrali termoelettriche con ottimi standard per il controllo delle emissioni in atmosfera, ad esempio a Brescia è in funzione una centrale termoelettrica a carbone allacciata alla rete di teleriscaldamento a soli 2 km dal centro e sembra che gli abitanti della zona non siano disturbati da tale impianto, le tecnologie in fase pre-commerciale sono anche più interessanti, ad esempio gli impianti IGCC (integrati per gassificazione e ciclo combinato) e gli impianti integrati gassificazione/celle a combustibile del tipo MCFC o SOFC, tutti con rendimenti fino al 50%. Inoltre il carbone può essere trasformato in carburanti liquidi a costi abbastanza contenuti www.minerva.unito.it www.msnbc.msn.com Per questi motivi ci sono associazioni di consumatori (www.consumatori.it/energia/carbone.htm) e anche associazioni ambientaliste (www.amicidellaterra.it/NEWSLETT/22/index.html) che non sono ostili a tale fonte primaria almeno nella fase di transizione dall'attuale sistema basato sulle fonti esauribili ad un sistema incentrato sulle F.E.R. Però tali associazioni sembrano trascurare alcuni aspetti non secondari nell' utilizzo del carbone per fini energetici: 1) Solitamente si estrae dalle miniere a più di 200 metri di profondità in gallerie polverose con temperature superiori a 30° C. Nonostante le più moderne tecnologie il lavoro in miniera resta pericoloso anche oggi: i gas prodotti dal carbone possono prendere fuoco con una piccola scintilla anche per attrito, nella sola Cina muoiono ogni anno più di 5000 minatori, inoltre i gas prodotti dalle miniere di carbone hanno un effetto serra 23 volte maggiore dell'anidride carbonica. 2) La presunta abbondanza del carbone desta delle perplessità se vengono fatte alcune considerazioni.Molti giacimenti si trovano dai 1500 ai 2000 metri di profondità, per cui diventa antieconomica l'estrazione nei confronti del metano e anche del petrolio, così le riserve economicamente vantaggiose da estrarre si attestano attorno ai 250 miliardi di tonnellate Questo significa che ad esempio nel nord America solo il 15% del carbone tecnicamente estraibile è convenientemente recuperato, inoltre più della metà dei giacimenti di carbone sono costituiti da materiale di scarsa qualità (torba,lignite e litantrace sub-bituminoso ) con relativo poco carbonio, molte sostanze inquinanti e con la tendenza a decomporsi all'aria immettendo metano (gas serra) in atmosfera. In definitiva il carbone vantaggiosamente estraibile non rappresenta una risorsa molto più abbondante del gas naturale e del petrolio. 3) Nonostante le tecnologie "pulite" permettano di evitare eccessive emissioni in atmosfera di inquinanti bisogna tenere presente che i filtri usati per depurare i gas dovranno essere in qualche modo smaltiti in discariche, essendo il carbone una materia che contiene parecchi inquinanti in origine le quantità di queste sostanze da smaltire non sono irrilevanti, inoltre le emissioni di CO2 sono 2,5 volte superiori alle emissioni del metano e risulta comunque costoso il sequestro di notevoli quantità di questo gas serra. 4) Il carbone è la maggiore se non unica fonte rilevante di carbonio naturale, le moderne tecnologie sembrano dimostrare che in futuro da questa materia prima si possano ottenere innumerevoli prodotti e tecnologie importanti, quali ad esempio le fibre di carbonio e le nanostrutture, per cui sembra antieconomico e non razionale "bruciare" senza scrupoli questa risorsa esauribile. 5) Le miniere di carbone possono comunque essere sfruttate per fini energetici con le tecnologie per il recupero del metano autoprodotto dalle miniere sia nuove che dismesse, tali tecnologie

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sono collaudate ed efficienti e permettono di risparmiare e conservare la maggior parte del carbonio contenuto nel carbone e nel contempo impedire l'emissione del metano in atmosfera, depurando il carbone da questo gas serra come si può verificare a questo link: www.watergas.it/newsview.asp?ID=397 Questa tecnologia permette anche la custodia e la prevenzione degli incidenti ed incendi che spesso si verificano nelle miniere abbandonate e che sono causa non irrilevante di inquinamento atmosferico e degrado ambientale: www.paleofox.com/news-2003/incendi-sotterranei.html In conclusione il carbone potrebbe essere una fonte primaria adatta per il periodo di transizione dalle fonti esauribili alle F.E.R. solo per una quantità limitata e in combinazione con le tecnologie cofiring con combustibili solidi di biomassa per la produzione di energia elettrica, comunque il carbone ha le caratteristiche per essere preferito al petrolio ma non al nucleare che rimane la fonte primaria di transizione più ecologica.

Metano, gas naturale E' un gas incolore, inodore, non tossico, che brucia all'aria con fiamma bluastra; è costituito da un atomo di carbonio e quattro di idrogeno con formula chimica CH4. Il metano è il principale componente del gas naturale, cioè il combustibile gassoso di origine fossile formatosi, generalmente insieme al petrolio, centinaia di milioni di anni fa, per decomposizione chimica dei vegetali in assenza di ossigeno (fermentazione anaerobica) è la migliore forma attuale di combustibile/carburante all'idrogeno, esistente in natura e prontamente utilizzabile, la sua composizione chimica è costituita da 4 atomi di idrogeno ed uno di carbonio, il che lo rende il combustibile meno dannoso per l'ecosistema terrestre e la salute pubblica. Gas naturale: Da un punto di vista geologico il gas naturale è la fase gassosa del petrolio. Esso è costituito in massima parte da metano e per il resto da quantità variabile, a seconda dei giacimenti, di idrocarburi paraffinici superiori quali etano, propano, butano, pentano, ecc.. Trova larghissime applicazioni nell’uso domestico, nell’industria e, come materia prima, nell’industria petrolchimica. Gas Naturale Compresso (GNC) viene utilizzato per autotrazione e distribuito a circa 220 bar in veicoli dotati di appositi sistemi di trasporto e stoccaggio (bombole). Inizialmente ebbe una notevole diffusione in Italia negli anni 30, per sopperire alla mancanza di petrolio nazionale. Oggi viene promosso in tutto il mondo come combustibile ecologico da utilizzarsi preferibilmente in aree urbane particolarmente inquinate. Oltre all’Italia, sono da annoverare fra i paesi a più alta concentrazione di veicoli a GNC l’Argentina e la Nuova Zelanda. Gas naturale liquefatto (GNL) costituito prevalentemente da metano liquefatto per raffreddamento a -161°C, a pressione atmosferica, allo scopo di renderlo idoneo al trasporto mediante apposite navi cisterna oppure allo stoccaggio. Per essere utilizzato, il prodotto liquido deve essere poi riconvertito allo stato gassoso in particolari impianti di rigassificazione e portato alla pressione di esercizio dei gasdotti. Riserve certe di gas naturale Agli attuali consumi le riserve accertate di gas naturale sono sufficienti per 60/70 anni, la sua diffusione è abbastanza distribuita, le regioni con minori riserve sono quelle americane, le maggiori ancora le regioni dell'area del Golfo Persico dove sono concentrati più di un terzo dei giacimenti accertati. Dati in migliaia di miliardi di N m³ Oltre alle riserve certe il metano può derivare anche da produzioni "artificiali", in qualche misura può essere una fonte rinnovabile derivante dalla fermentazione anaerobica di sostanze organiche In seguito all'aumento della produzione zoo-agricola e al conseguente aumento di scarti e deiezioni, unitamente alla maggior sensibilità nei confronti della produzione di energia da fonti diversificate, sono stati messi a punto digestori anaerobici che permettono di produrre effluenti

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gassosi (principalmente metano) da liquami, utilizzando alcuni microrganismi in grado di metabolizzare i composti organici. Per esempio da 120 tonnellate di liquami animali al giorno (equivalente alle deiezioni di 12.000 maiali) si possono ottenere 200 N m³ di metano. Il Metano può essere ricavato anche dalle miniere di carbone, sia pure dismesse. Le miniere di carbone possono essere sfruttate per fini energetici con le tecnologie per il recupero del metano autoprodotto dalle miniere sia nuove che dismesse, tali tecnologie sono collaudate ed efficienti e permettono di risparmiare e conservare la maggior parte del carbonio contenuto nel carbone e nel contempo impedire l'emissione del metano in atmosfera depurando il carbone da questo gas serra www.watergas.it/newsview.asp?ID=397 Alcune considerazioni sul metano Dato il suo basso contenuto di carbonio (o alto contenuto di idrogeno) produce emissioni di CO2 inferiori del 25% rispetto alla benzina, del 16 rispetto al Gpl , di circa il 30% rispetto al diesel e del 70% nei confronti del carbone. Il gas naturale ha una capacità di formare ozono inferiore del 80% rispetto alla benzina e del 50% rispetto a gasolio e Gpl.Il metano è un combustibile classificato a "minimo impatto ambientale" grazie alle emissioni dopo combustione molto ridotte che non contengono residui carboniosi, benzene e polveri ultrasottili PM10 (considerati entrambi cancerogeni e presenti, rispettivamente, nella benzina e nel gasolio). Inoltre il metano non è strettamente una fonte esauribile come il petrolio, in quanto si può produrre industrialmente da idrogeno e anidride carbonica, si ottiene anche per fermentazione anaerobica di scarti vegetali e reflui zootecnici, per cui si può sostenere che il metano è in qualche modo una fonte rinnovabile, sono certamente da preferire le vere fonti rinnovabili quali l'eolica, la geotermia e l'idroelettrica in determinate condizioni, le biomasse e il solare.

Energia nucleare Energia nucleare Forma di energia immagazzinata nel nucleo dell’atomo, responsabile dei legami che tengono uniti i suoi costituenti. Tali legami sono realizzati mediante l’interazione forte, la più intensa tra le quattro forze fondamentali esistenti in natura. Nel corso di determinate reazioni nucleari, parte di questa energia viene liberata all’esterno sotto forma di energia cinetica dei prodotti di reazione o di radiazione elettromagnetica; può quindi essere raccolta e convertita in altra forma per usi commerciali, scientifici e militari.

L’inizio dello sfruttamento dell’energia nucleare per la produzione di energia elettrica risale agli anni Cinquanta del XX secolo. Di decennio in decennio si è andata affermando come una promettente forma di energia alternativa alle fonti convenzionali non rinnovabili, soprattutto in virtù della sua convenienza economica. Poi, in seguito agli storici incidenti di Three Mile Island e di Černobyl, la proliferazione dei reattori nucleari ha subito un rallentamento. Oggi la percentuale di energia elettrica di origine nucleare nel mondo rappresenta il 15,9% del totale (2003); in Italia non si produce energia nucleare dal 1987, data del referendum popolare che ne ha deciso la messa al bando.

Considerazioni comuni ai processi di fissione e fusione

1. La massa di un nucleo può essere misurata con precisione mediante uno "spettrometro di massa". Questa massa differisce dalla somma delle masse delle particelle costituenti di una quantità che corrisponde all'energia di legame E, cioè l'energia necessaria per separarle. Einstein ha trovato che E = mc2, dove m è la differenza ("difetto") di massa.

2. Il difetto di massa è dato dalla differenza tra somma delle masse dei reagenti e la somma delle masse dei prodotti. Questo

3. Nei nuclei leggeri, l'energia di legame per nucleone in genere aumenta con l'aumentare della massa del nucleo, poiché maggiore è la massa del nucleo e più energia occorre alla forza nucleare per tenere insieme il nucleo. Tale forza tuttavia si esercita su distanze brevi, e oltre il ferro (56 nucleoni), la forza repulsiva delle cariche positive dei protoni fa sì che l'energia di legame per nucleone diminuisca.

difetto per la relazione di Einstein diventa energia.

4. La maggior parte degli elementi con più di 200 nucleoni sono instabili a causa della citata forza distruttiva, e decadono per radioattività. Non esiste nulla in natura con più di 238 nucleoni (uranio 238). Nuclei di massa maggiore, prodotti artificialmente, decadono ancora più rapidamente.

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MASSA E COSTITUENTI DEL NUCLEO ATOMICO

Nel nucleo si concentra la maggior parte della massa dell’atomo. Esso è costituito infatti da protoni e neutroni, che sono circa 2000 volte più pesanti degli elettroni che vi ruotano intorno. Il numero di queste particelle, dette complessivamente nucleoni, è specificato dal numero di massa A, dato dalla somma del numero di protoni, Z, e di quello di neutroni, A-Z. Per indicare un nucleo atomico si usa in genere la notazione ¿κ, dove K rappresenta l’elemento chimico, A il numero di massa e Z il numero atomico. L’espressione 235U, ad esempio, rappresenta l’isotopo dell’uranio di numero di massa 235 (in questo caso Z, che vale 92, è sottinteso).

FISSIONE E FUSIONE

Dunque, risulta evidente che due sono i processi nucleari che si possono sfruttare per produrre energia: la fissione di nuclei pesanti e la fusione di nuclei leggeri.

Ad esempio, dalla reazione di fusione di due nuclei di deuterio, o idrogeno pesante (ªH),

si ottiene un nucleo di elio 3, un neutrone libero (¦n), e una quantità di energia nucleare pari a 3,2 MeV, cioè 5,1 × 10-13 J. Dalla fissione del nucleo 235U, indotta dall’assorbimento di un neutrone,

si ottiene invece cesio 140, rubidio 93, tre neutroni e un’energia nucleare di ben 200 MeV, cioè 3,2 × 10-11 J. Al momento, l’unico processo che possa essere attuato con vantaggio economico è quello della fissione: su di esso sono basati tutti i reattori commerciali oggi in funzione nel mondo. La fusione, invece, presenta altre problematiche (in primo luogo, il confinamento dei plasmi utilizzati) che rendono più complicata la realizzazione di reattori commercialmente utili. Gli scienziati sono tuttora alla ricerca di un metodo per ottenere un bilancio energetico positivo dalla fusione.

Fissione

ENERGIA NUCLEARE DALLA FISSIONE

Nei reattori nucleari a fissione vengono indotte, sostenute e controllate reazioni a catena di fissione dell’uranio 235. Un nucleo di questo isotopo, bombardato da un neutrone, si spezza in due frammenti, generando grandi quantità di energia. Questa viene prelevata da appositi circuiti di raffreddamento e trasferita alle turbine per mezzo del vapore di un circuito secondario. Ha quindi luogo la conversione dell’energia termica del vapore in energia elettrica, che viene poi immessa nella rete di distribuzione.

1. Vantaggii

L’analisi dell’equazione (2) di fissione dell’uranio 235 consente di evidenziare subito il principale vantaggio del nucleare: l’enorme quantità di energia che ogni singola fissione produce. La quantità di energia che si può ricavare da un nucleo atomico, infatti, è di gran lunga maggiore di quella che si ottiene da qualunque reazione chimica (e quindi anche dalla combustione), cioè dalle trasformazioni che coinvolgono solo la parte più esterna dell’atomo. Nella combustione del petrolio, ad esempio, 1 kg di combustibile produce una quantità di calore che corrisponde a circa 1,6 kilowattora; in una tipica reazione nucleare di fissione, invece, la stessa quantità di uranio 235 sviluppa calore equivalente a 18,7 milioni di

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kilowattora. Tenuto conto anche delle fasi di estrazione e di processamento, inoltre, il costo di produzione dell’energia nucleare è in assoluto il più basso di tutte le fonti di energia, rinnovabili e non rinnovabili.

Rispetto ai combustibili fossili, la produzione di energia nucleare non comporta l’emissione di gas nocivi quali anidride carbonica, ossidi di zolfo e di azoto, principali responsabili di fenomeni ambientali quali le piogge acide e l’effetto serra. Infine, l’alto rendimento del combustibile nucleare rispetto a quello fossile comporta anche vantaggiosi risparmi di spazio in fase di trasporto e in termini di dimensioni degli impianti.

2. Svantaggi: energia nucleare e sicurezza

Gli svantaggi dello sfruttamento dell’energia nucleare derivano dall’elevato livello di radioattività che accompagna tutte le fasi del processo produttivo, dalla reazione di fissione vera e propria fino allo smaltimento dei rifiuti. Tutta questa radioattività impone una serie di rigorosissime misure di controllo e protezione nelle diverse fasi di produzione. Inoltre, per quanto molto piccolo, e per quanto i sistemi di sicurezza e controllo siano sempre più affidabili, rimane sempre il rischio di gravi incidenti come quello di Černobyl (vedi Reattore nucleare).

3. Il problema delle scorie radioattive

Una delle questioni più delicate riguardanti la produzione di energia nucleare è quella dell’immagazzinamento a lungo termine delle scorie. Per scorie radioattive si intende tutto il complesso dei materiali entrati in qualche misura nel processo di produzione dell’energia nucleare, già radioattivi in origine o contaminati successivamente: dalle barre di combustibile usato, che contengono i frammenti di fissione, altamente radioattivi, alle strutture di contenimento, ai fluidi del circuito di raffreddamento. Questi materiali rimangono radioattivi per tempi lunghissimi, dell’ordine di milioni di anni, il che impone che vengano stipati in siti geologicamente stabili, e protetti da strutture capaci di schermare tutti i tipi di radiazione.

La quantità di scorie prodotte non è eccessiva, soprattutto se paragonata a quella generata in proporzione dagli impianti di sfruttamento dei combustibili tradizionali: si stima che un tipico reattore a fissione da 1000 MW produca ogni giorno circa 3,2 kg di scorie e, in trent’anni, circa 30 tonnellate; a parità di energia erogata, si calcola che i rifiuti generati da un impianto di combustione del carbone ammonterebbero invece a circa 8 milioni di tonnellate, vale a dire a una quantità in peso 200.000 volte superiore.

Le attuali tecniche di processamento delle scorie prevedono un primo trattamento chimico o meccanico di riduzione del volume e un successivo stoccaggio in contenitori di acciaio inox, all’interno di cavità sotterranee. Per alcuni tipi di scorie si procede preventivamente alla “vetrificazione”. I siti geologici più adatti ad accogliere materiali radioattivi potrebbero essere formazioni granitiche molto compatte o formazioni argillose a permeabilità molto bassa. I ricercatori stanno vagliando altre possibilità, quali l’eliminazione delle scorie mediante invio nello spazio (su un’orbita solare) o il riciclo del materiale radioattivo più pericoloso, mediante irraggiamento con neutroni e produzione di materiale fissile riutilizzabile.

6. BILANCI: IL FUTURO DEL NUCLEARE

Oggi l’energia nucleare nel mondo rappresenta circa il 17% del totale, con oltre 430 reattori a fissione funzionanti. Da quanto risulta dalle proiezioni, il suo futuro è incerto: se da una parte sembra costituire tuttora un’alternativa economicamente vantaggiosa alle fonti non rinnovabili (petrolio, gas naturale, carbone), dall’altra presenta problemi logistici oggettivi, relativi soprattutto al problema delle scorie. Per questo motivo, sarebbe auspicabile il progresso delle ricerche nel campo della fusione nucleare, che invece costituirebbe una forma di energia rinnovabile e sicura: si produrrebbe a partire da idrogeno – pressoché inesauribile – e non produrrebbe alcun tipo di scorie. Vedi Fusione nucleare.

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Fusione nucleare

1. INTRODUZIONE

Fusione nucleare Processo nucleare che si ottiene quando, vincendo le forze di repulsione elettrica fra cariche dello stesso segno, due nuclei di elementi leggeri si fondono a formare il nucleo di un elemento più pesante. La fusione nucleare è la reazione che avviene nel nucleo delle stelle, e quindi anche del Sole, producendo enormi quantità di luce ed energia. Gli scienziati stanno cercando di mettere a punto una tecnologia che permetta di sfruttare il processo sulla Terra per produrre energia utile.

2. CARATTERISTICHE DELLA FUSIONE NUCLEARE

La reazione di fusione nucleare è normalmente ostacolata dalla forza di repulsione elettrica (o coulombiana) che si sviluppa tra cariche dello stesso segno – in questo caso, tra le due cariche positive dei nuclei coinvolti. Se la reazione riesce a realizzarsi è perché, a distanze estremamente ravvicinate, sulla forza di repulsione cuolombiana predomina la forza di attrazione nucleare (interazione nucleare forte o forza forte). Questa forza provoca la fusione dei nuclei e il conseguente rilascio di una quantità di energia pari alla differenza fra i valori delle masse prima e dopo la reazione. Su scala nucleare, infatti, vale l’equivalenza di massa ed energia (la stessa che sta alla base della celebre equazione di Albert Einstein, E = mc²). In generale, si osserva che la somma delle masse dei singoli costituenti di un nucleo è maggiore della massa del nucleo nel suo insieme: questa differenza di massa, e quindi di energia, è chiamata “difetto di massa” e viene appunto liberata nel processo di fusione nucleare; è il difetto di massa ciò su cui si fonda la possibilità di sfruttare il processo per la produzione di energia. Tale energia solitamente è dell’ordine di alcuni MeV (milioni di elettronvolt). Per avvicinare i nuclei a tal punto da vincere la forza repulsiva coulombiana ed entrare nel range della forza di interazione forte, è necessario spendere dell’energia dall’esterno. Se il bilancio fra l’energia ottenuta nella reazione e quella spesa per vincere la forza di repulsione tra i nuclei è positivo, la fusione diventa un metodo estremamente conveniente, non pericoloso e non inquinante per produrre energia elettrica. Una reazione tipica di fusione è quella in cui un nucleo di deuterio e uno di trizio si fondono per formare un nucleo di elio, rilasciando 17,6 MeV di energia.

3. LA FUSIONE NUCLEARE IN LABORATORIO

La prima fusione nucleare artificiale fu realizzata all’inizio degli anni Trenta del Novecento, mediante il bombardamento di un bersaglio di deuterio, con nuclei di deuterio ad alta energia accelerati da un ciclotrone; il bilancio energetico della reazione fu negativo, poiché doveva essere impiegata molta energia per accelerare i nuclei. Un considerevole rilascio netto di energia per fusione fu ottenuto per la prima volta negli anni Cinquanta, nell’ambito delle sperimentazioni sulle armi nucleari da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e Francia. In questo caso il bilancio energetico fu positivo, ma il rilascio fu breve e incontrollato, e pertanto non utilizzabile per la produzione di energia elettrica. Il principale ostacolo alla realizzazione in laboratorio della fusione nucleare è l’avvicinamento dei nuclei fino a distanze subatomiche. Attualmente, si distinguono due modi per ottenere tale avvicinamento: uno dinamico e uno statico.

1. Metodi dinamici

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L’avvicinamento tra i nuclei in questo caso ha luogo per urto violento, come accade tipicamente alle molecole di un gas portato ad altissime temperature: questo tipo di fusione viene infatti classificata anche come fusione termonucleare. Nella pratica, il processo si realizza mediante due tecniche di avvicinamento di diversa natura, il confinamento magnetico e quello inerziale.

1.2. Confinamento magnetico

Nel confinamento magnetico, un plasma caldo di gas ionizzato viene confinato ad alte densità grazie all’azione di un campo magnetico. Il plasma è contenuto all’interno di uno speciale apparecchio chiamato tokamak, una camera di confinamento a forma toroidale, usualmente con il diametro minore di circa 1 m e il diametro maggiore di circa 3 m (l’invenzione dell’apparecchio, che risale agli anni Cinquanta del Novecento, si deve a Igor E. Tamm e Andrej D. Sacharov). A mezzo di un complesso sistema di bobine che circondano il tokamak e di correnti longitudinali indotte nel plasma, si crea all’interno del plasma un intenso campo magnetico, le cui linee di forza, dirette lungo la direzione assiale e trasversale, provocano il confinamento del combustibile. Il combustibile viene mantenuto ad alta temperatura mediante un sistema a radiofrequenza e l’iniezione ininterrotta di deuterio e trizio. Fino a oggi con questo metodo si sono riusciti a ottenere discreti successi, promettenti per un futuro sfruttamento del processo su scala industriale. Nel Tokamak Fusion Test Reactor (TFTR) dell’Università di Princeton, negli Stati Uniti, il plasma è stato confinato a una densità di 1014 particelle per cm3, producendo, per mezzo secondo, 10 MW di potenza. Nuovi esperimenti sono in preparazione: in Inghilterra, il Joint European Torus, a opera di una collaborazione europea, e in Giappone il JT-60U. Il maggiore progetto nel settore, comunque, è la costruzione di un tokamak di 16 metri di diametro, l’International Thermonuclear Experimental Reactor (ITER), che coinvolge l’Unione Europea, il Giappone, la Federazione degli Stati Russi e gli Stati Uniti. Dopo lunghe polemiche sulla sede di realizzazione del reattore, è stata infine designata la località di Cadarache, nel Sud della Francia. Questo tokamak sarà realizzato in materiali superconduttori e garantirà la produzione di un plasma stabile, capace di sostenere la fusione per migliaia di secondi. L’Italia partecipa a entrambi i progetti, ITER e JET. Il programma italiano di fusione termonucleare è coordinato dall’ENEA: presso il centro dell’ENEA di Frascati è operativo il tokamak FTU, per studi sul plasma; presso l’area di ricerca del CNR di Padova è in attività un Reversed Field Pitch, una recente macchina anch’essa concepita per il confinamento magnetico.

FONTI RINNOVABILI Il 99% dell'energia presente sul nostro pianeta viene dall'esterno e soprattutto dal sole, sotto forma di radiazione, il resto è dato dall'energia derivante dall'attrazione gravitazionale della luna; il modesto 1% di energia prodotta dal nostro pianeta nasce dal suo interno e si manifesta come vulcanismo, geotermia ed energia nucleare.

Energia solare

energia elettromagnetica prodotta dal Sole, che raggiunge la Terra in ragione di ca 178 000 milioni di milioni di watt (terawatt) ogni anno (15 000 volte l'attuale consumo di energia da parte dell'uomo). Solo una piccola parte di questa energia diviene realmente disponibile per sostenere la vita sul nostro pianeta, e una frazione ancora più modesta è usata dall'uomo per i suoi fabbisogni. Il termine energia solare sta anche a indicare un insieme di tecnologie volte allo sfruttamento dell'energia proveniente dal Sole, sia direttamente (conversione fotovoltaica,

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riscaldamento solare, riscaldamento passivo, conversione elio-termo-elettrica), sia indirettamente attraverso l'energia eolica e le biomasse. L'energia solare è una fonte energetica ideale per pulizia e rinnovabilità, ma il suo sfruttamento pone problemi legati all'incostanza dell'irraggiamento (dovuta ai fenomeni atmosferici e stagionali) e alla sua scarsa concentrazione per unità di superficie.

L'energia derivante dall'irraggiamento del sole al suolo costituisce un serbatoio immenso di enegia pulita, rinnovabile e a costo zero come materia prima, ma non tutta la superficie terrestre risulta omogeneamente irraggiata, per cui questa fonte può essere sfruttata solo entro una fascia ristretta, corrispondente alle regioni comprese tra il 45° di latitudine nord e sud. La disomogeinità dipende dalla nuvolosità (le nuvole assorbono una grande quantità di radiazioni), dall'incidenza dei raggi solari (maggiore è l'inclinazione dei raggi solari, minore è l'energia che giunge al suolo), dalla massa atmosferica che sovrasta la superficie terrestre. Il problema principale incontrato nel suo sfruttamento è dovuto alla sua diluizione, per cui sono necessari spazi relativamente grandi allo scopo di raccogliere questa energia, ed eventualmente concentrarla. Un altro inconveniente è dato dall'irregolarità dell'irraggiamento dovuto all'alternarsi del dì e della notte e dall'alternarsi delle stagioni (quest'ultimo aspetto diviene rilevante nelle zone temperate).

Come fonte di energia diretta il calore del sole non è certo una scoperta recente, ma solo nell'ultimo ventennio, in seguito alla crisi energetica del 1973, si è incominciato a guardare con attenzione al sole come fonte alternativa per la produzione di energia elettrica. La tecnologia più utilizzata è quella della conversione fotovoltaica. Centrali elettriche che si alimentano grazie all'energia solare sono già in funzione in diverse parti del mondo, ma la quantità di energia che esse erogano continua a rappresentare una quota irrisoria, rispetto alla produzione mondiale complessiva di energia elettrica. Il più grande impianto in esercizio è situato in California, presso Los Angeles, che, con i suoi 118 pannelli di grandi dimensioni, può generare fino a 10mila kW di elettricità. In Europa, la maggior centrale fotovoltaica sorge ai piedi del Gargano in Puglia, su un area di 4000 mq. Il calore del sole, invece, può essere sfruttato per produrre acqua calda:

o a bassa temperatura, nei mini-impianti familiari; o ad alta temperatura, per produrre vapore che mette in funzione una turbina per la

produzione di energia elettrica, nelle centrali termiche; in queste centrali i raggi vengono riflessi da numerosi specchi parabolici, fissi, o talvolta mobili, su una caldaia contenente acqua, che viene così portata allo stato di vapore.

Gli inconvenienti derivanti dalla nuvolosità, dalla densità dell'atmosfera e dall'incidenza dei raggi solari hanno indotto i tecnici della NASA, l'ente spaziale americano, a progettare per il futuro il modo di captare l'energia solare nello spazio, sopra l'atmosfera, mediante la collocazione in orbita di un satellite geostazionario, capace di catturare l'energia della radiazione solare mediante pannelli fotovoltaici.

Conversione fotovoltaica

Alcune sostanze particolari e opportunamente trattate (semiconduttori) generano corrente elettrica per effetto fotovoltaico quando sono esposte alla luce solare. I sistemi fotovoltaici non possiedono parti in movimento, non necessitano di manutenzione e non fanno uso di acqua: possono pertanto essere installati in luoghi aridi o isolati. Inoltre gli impianti fotovoltaici possono essere realizzati in taglie estremamente variabili e quindi adattabili alle varie esigenze. Il rendimento delle celle fotovoltaiche è ca del 10%, ma celle sperimentali ad arseniuro di gallio-antimoniuro di gallio sono in grado di raggiungere un'efficienza superiore al 30%. Il costo di produzione dell'energia elettrica con questo metodo è circa cinque volte quello di produzione con metodi convenzionali, ma si sta progressivamente abbassando con il raffinarsi della tecnologia.

Riscaldamento solare e riscaldamento passivo

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L'energia solare può essere convertita in calore attraverso i pannelli solari, che riscaldano a temperatura relativamente bassa (inferiore a 100 °C) l'acqua usata per usi igienici e per il riscaldamento. Questo impiego dell'energia solare può avvenire solo su piccola scala, ma la sua diffusione, specie in comunità e in ambienti idonei, può consentire notevoli risparmi energetici. Un sensibile risparmio si ottiene anche con il riscaldamento passivo, una tecnica costruttiva architettonica che permette di massimizzare il riscaldamento di un edificio nei momenti di minima insolazione (così come di ridurre il riscaldamento degli ambienti nei momenti di massima insolazione).

Conversione elio-termo-elettrica

È un metodo di conversione dell'energia solare in energia elettrica. La luce solare viene concentrata tramite specchi su un fluido che, così riscaldato, produce vapore in uno scambiatore di calore. Il vapore entra poi in un ciclo di produzione dell'energia elettrica di tipo convenzionale, basato sul binomio turbina-alternatore.

Energia eolica (tratto da: http://www.igetcol.it/mulini.htm)

Una forma di energia solare "indiretta", che ha origine dal disuniforme riscaldamento della superficie terrestre da parte del sole. Circa il 2% dell'energia solare che raggiunge la Terra si trasforma in energia eolica, potendo teoricamente contribuire alla produzione di 20.000 TWh per anno, pari a una volta e mezza la produzione di energia elettrica del 1992. Questo calcolo è solo indicativo e nella realtà un simile obiettivo non potrà mai essere attuato neanche sul lunghissimo periodo. Gli sviluppi tecnologici realizzati a partire dagli inizi degli anni '70 hanno consentito di modificare profondamente la struttura e la tecnologia dei vecchi mulini a vento che venivano e sono tuttora utilizzati per macinare il grano o pompare l'acqua: nel mondo ci sono circa 2.000.000 di macchine questo tipo. I moderni mulini a vento, oltre a utilizzare nuove tecnologie, hanno assunto anche un nome diverso, aerogeneratori, in quanto sono utilizzati per produrre energia elettrica. Negli ultimi anni lo sviluppo di questo settore ha subito una notevole accelerazione, in particolare in Europa. Al 2000 è previsto che la potenza installata a livello mondiale in aerogeneratori passi dagli attuali stimati 4.900 MW a circa 14.000 MW, di cui 6.000 in Europa e 2.800 negli Stati Uniti. Anche in Italia il settore mostra vivaci segni di vitalità, con la richiesta di installazioni di impianti eolici, nell'ambito delle leggi 9 e 10 del 1991 e del CIP/6 del 1992 per oltre 1000 MW a fine '95.

A partire dagli anni Settanta gli studi e le applicazioni tecnologiche legati allo sfruttamento dei venti per la produzione di energia hanno avuto un nuovo impulso. Tre elementi giocano, in particolare a favore di questo tipo di energia: è assolutamente pulita dal punto di vista ecologico (v. impatto ambientale), è rinnovabile e la materia prima è a costo zero. Per contro non tutti i luoghi del pianeta risultano idonei all'installazione di impianti eolici: per l'irregolarità dei venti in certe regioni, oppure per la loro debolezza, visto che per essere sfruttabili devono soffiare a una velocità non inferiore ai 4 m/s e per almeno un centinaio di giorni all'anno; a causa degli elevati costi di trasporto non sono adatti quei siti lontani dai luoghi di utilizzo; la tecnologia sinora elaborata non consente di creare stazioni eoliche in grado di fornire grandi quantitativi di energia.

DAI MULINI A VENTO AGLI AEROGENERATORI

L'energia eolica è stata utilizzata sin dai tempi antichi in diverse applicazioni. Già 5000 anni fa, nell'antico Egitto, il vento veniva utilizzato per la navigazione a vela. In Cina, intorno al XVII secolo, i primi mulini a vento consentivano di utilizzare l'energia eolica per la macinazione dei cereali. In Olanda, in tempi più recenti, i mulini a vento favorirono una prima fase di industrializzazione con l'azionamento di pompe per l'acqua (ad es., per il drenaggio delle paludi), di segherie, cartiere, tintorie, industrie del tabacco. Nel secolo scorso le aereopompe con giranti multipala di piccolo diametro si diffusero in grandissimo numero, in particolare nelle fattorie dei

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nuovi territori colonizzati e negli Stati Uniti. I primi generatori di energia elettrica azionati dal vento risalgono ai primi anni di questo secolo ed avevano una potenza compresa tra 3 e 30 kW. A partire dagli inizi degli '70 il rinnovato interesse per le energie pulite ha dato un forte impulso allo sviluppo tecnologico degli aereogeneratori che hanno raggiunto, in questi ultimi anni, la piena maturità commerciale. Tra i moderni aereogeneratori quello più diffuso è il modello ad asse orizzontale di taglia media di 200-400 kW. Le pale (da 1 a 3), montate su un mozzo, formano il rotore che è posto in cima a un sostegno alto all'incirca quanto il diametro delle pale. Dal rotore l'energia cinetica viene trasmessa a un generatore di corrente collegato a sistemi di controllo e trasformazione tali da regolare la produzione di elettricità e l'eventuale allacciamento alla rete. Un aereogeneratore è caratterizzato da una velocità minima e massima di funzionamento. Tali velocità sono comprese nei limiti da 4-5 m/s (alle quali l'aereogeneratore comincia a funzionare) a 20-25 m/s (alle quali l'aereogeneratore viene posto fuori servizio per motivi di sicurezza essendo la velocità del vento troppo elevata).

LE APPLICAZIONI DELL'ENERGIA EOLICA

La più importante forma di impiego dell'energia eolica è quella relativa alla produzione di energia elettrica. L'energia elettrica può essere utilizzata attraverso due grandi categorie di impianto: impianti per utenze isolate e impianti concepiti per essere allacciati a reti elettriche già esistenti. Un primo tipo di impianto è quello per la produzione di energia elettrica "di servizio" fornita da piccoli aereogeneratori di potenza inferiore a 1 kW (rotore di 1-2 m.) per l'alimentazione di apparecchiature poste in luoghi isolati, come ripetitori radio, rilevatori, impianti di segnalazione, ecc.; questi utilizzi sono spesso concorrenziali o integrativi ai sistemi fotovoltaici. Esiste, poi, una produzione di elettricità per l'alimentazione di case sparse o insediamenti isolati non allacciati alla rete. Tali impianti sono costituiti da aereogeneratori di piccola taglia (3-20 kW) e un sistema di accumulo (batteria) dell'energia prodotta nei momenti di vento favorevole. Queste applicazioni hanno diffusione limitata nei paesi industrializzati, ma potrebbero avere prospettive interessanti nei paesi in via di sviluppo con elevata ventosità. Gli impianti eolici connessi alla rete si distinguono tra la produzione di elettricità per l'alimentazione di piccole reti e quella fornita da centrali collegate alla rete nazionale. Nel primo caso siamo in presenza di impianti situati su piccole isole o in aree remote che sono alimentate da sistemi elettrici non interconnessi con la rete nazionale. Trattandosi di reti poco estese si possono impiegare uno o più unità di taglia media (fino a 300-400 kW), anche perché la quota di potenza eolica installabile deve essere limitata al 20-25% di quella totale per motivi di regolazione degli impianti azionati da motori diesel, che devono adattare in ogni momento il proprio carico alla potenza fornita dal vento. In questa tipologia di sistemi si può prevedere l'impiego congiunto di eolico e fotovoltaico (impianti ibridi), che potrebbero, in alcuni casi, integrarsi a vicenda su base annua. L'applicazione di maggior interesse per l'eolico è comunque l'alimentazione delle grandi reti nazionali; per questo scopo sono utilizzate macchine di taglia medio-grande installate singolarmente o in gruppi di unità (centrali anemoelettriche o wind farms o fattorie eoliche) con potenze totali dell'ordine di alcuni megawatt o di alcune decine di megawatt La produzione di energia meccanica attraverso l'utilizzo del vento è caratterizzata principalmente dalle aereopompe. Esse rappresentano l'applicazione eolica più diffusa nel mondo (quasi 2 milioni di unità). Le applicazioni di energia meccanica da fonte eolica appaiono interessanti specialmente per le aree rurali dei paesi in via di sviluppo, dove l'approvvigionamento energetico comporta difficoltà e costi eccessivi.

L'ENERGIA EOLICA NEL MONDO

Alla fine del 1995 la capacità eolica globale installata e collegata alla rete è stimata intorno ai 4.900 MW (tabella 1) con una produzione annuale di quasi 8 TWh (si prevede che nel 2000 si possano raggiungere 14.000 MW di potenza installata). Con un costo che si aggira tra 2-2,5 miliardi di lire per megawatt installato, il mercato mondiale ha avuto, durante quest'anno, un giro di affari di circa 2.500 miliardi di lire. Attualmente l'industria eolica europea è leader

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mondiale, anche se è in forte espansione la capacità competitiva degli americani e dei giapponesi. Nel 1994 l'industria europea ha prodotto circa 550 MW in macchine eoliche della gamma che vanno da 100 a 750 kW. Il 90% dei produttori mondiali dei motori eolici di taglia media e grande sono, infatti, europei. Il giro di affari globale dell'industria eolica europea, per il 1994, ha superato i 900 miliardi di lire e si stima che nel 1995 almeno 20.000 persone siano state impiegate in attività legate all'energia eolica (valore del mercato di circa 1.100 mld di lire). Oltre 25 aziende produttrici sono presenti sul mercato europeo, ma la maturazione della tecnologia porterà sicuramente ad una concentrazione delle attività industriali in poche compagnie specializzate. Ad esempio, il mercato in Germania è diviso per l'85% tra sei grandi aziende. I generatori eolici di taglia piccola (meno di 25-30 kW), al contrario, rappresentano in Europa un livello di attività economica molto scarso, tanto che il giro d'affari annuale è limitato a circa 8 miliardi di lire e solo poche centinaia di persone sono coinvolte in questo settore. Uno scenario, considerato ambizioso, ma realistico dall'EWEA (European Wind Energy Association) ipotizza, per il 2030, la generazione, da fonte eolica, del 10% della domanda elettrica prevista nei paesi dell'Unione Europea; ciò comporterebbe l'installazione, a quella data, di impianti per 100.000 MW.

L'ENERGIA EOLICA IN ITALIA

In Italia la diffusione degli aerogeneratori è al momento meno avanzata rispetto ad altri paesi europei: alla fine del 1995, sul territorio italiano risultavano installati circa 22 MW. Si tratta, in molti casi, di impianti sperimentali, realizzati con il determinante contributo di fondi pubblici. Solo recentemente, con la messa in esercizio dell'impianto Riva Calzoni di Casone Romano (FG), sembra essersi avviato il processo di realizzazione di impianti industriali di taglia significativa. Tale processo potrebbe subire una ulteriore rapida evoluzione già nel 1996, a seguito di alcune iniziative dell'ENEL, dell'ENEA e di altri operatori industriali, nonché di alcune iniziative di sostegno adottate da alcune Regioni. In particolare, l'ENEL porterà a termine due parchi eolici: il primo, di potenza di 11 MW, sarà situato nella zona costiera di Monte Arci (OR); il secondo avrà una potenza di 9 MW, e sarà collocato sull'Appennino abbruzzese, nel Comune di Collarmele (AQ). Ciascuna di queste centrali sarà in grado di produrre 12-15 milioni di kWh/anno. I due impianti saranno ubicati, rispettivamente, in un ambiente marino e in uno montano, rappresentativi delle tipiche tipologie di siti eolici in Italia. Ulteriori iniziative sono attese da operatori industriali quali la Riva Calzoni, la West e la ItalianVento, principalmente sull'Appennino tra la Campania e la Puglia. A tale riguardo è di estremo rilievo il fatto che, a fine 1995, le domande di collegamento di nuovi impianti eolici alla rete elettrica assommavano a oltre 1000 MW; in particolare, le domande già inserite nelle graduatorie redatte semestralmente dall'ENEL ammontano a circa 710 MW al 30-6-1995 (ultima graduatoria disponibile). Questi dati fanno ritenere pessimista la previsione di installazione in Italia di soli 100 MW al 2000 indicata nella tabella 1. A quella data la potenza installata potrebbe essere infatti dell'ordine dei 300 MW, come previsto dal Piano energetico nazionale. La potenza eolica in programma in Italia è in gran parte concentrata nella citata zona tra la Campania e la Puglia (vedi anche tabella 2), dove dovrebbe svilupparsi un importante polo eolico nazionale, il cui decollo potrà contribuire sia alla crescita del sistema eolico nazionale, sia allo sviluppo economico dell'area. L'effettiva concretizzazione delle iniziative in tale area potrà giovarsi anche della decisione della Regione Puglia di inserire nel documento Unico Programmatico per i Fondi strutturali, aree dell'Obiettivo 1, periodo 1994-99, approvato dalla Giunta Regionale della Puglia il 21-11-1995, una misura di incentivo all'eolico, con contributi in conto capitale. Un analogo supporto viene fornito dalla Regione Umbria, nella quale le misure anemologiche eseguite dall'ENEA hanno dimostrato la probabile esistenza di un secondo significativo polo eolico. Altre regioni, quali la Campania e la Sicilia, sono orientate a seguire l'esempio di Puglia e Umbria. Gli operatori del settore valutano che tali incentivi, unitamente alle tariffe di cessione stabilite dal decreto CIP 6/92, rendano economicamente conveniente gli investimenti nel settore eolico. Un ulteriore impulso verrà dalle attività dell'ENEA, finalizzate alla individuazione di altri siti idonei, alla costituzione di un organismo di certificazione delle macchine, all'individuazione di adeguati meccanismi di finanziamento delle iniziative e allo sviluppo di aereogeneratori innovativi.

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Energia Idroelettrica (tratto da: http://www.ecologiae.com/energia-idroelettrica/27110/)

L’energia idroelettrica (o energia dall’acqua) è la più importante fonte di energia rinnovabile al mondo, l’unica abbastanza competitiva da contendere il primato di energia più sfruttata ai combustibili fossili e all’energia nucleare. Negli ultimi trenta anni circa, la produzione di energia nelle centrali idroelettriche è triplicata, ma la quota di diffusione è stata aumentata solo del 50% (dal 2,2% al 3,3%). Le centrali nucleari nello stesso periodo facevano registrare una crescita di quasi cento volte più alta nella produzione ed una quota di 80 volte maggiore.

Questa disparità è stata causata delle restrizioni di cui soffre l’energia idroelettrica. Non può essere utilizzata in tutti i settori, perché ha bisogno di abbondanza di acqua che scorre veloce, e che deve essere sempre presente durante tutto l’anno, perché l’elettricità non può essere accumulata a buon mercato. Per alleviare l’effetto delle oscillazioni dei livelli d’acqua, sono state costruite alcune dighe, specialmente nei laghi.

Questo accorgimento aumenta in modo significativo le spese della centrale, e aumenta anche il livello delle acque sotterranee in prossimità dell’accumulo. Il livello dell’acqua sotterranea ha grande influenza sulla flora e sulla fauna, l’energia idroelettrica così non è del tutto innocua per l’ambiente. Un grande problema riguardante l’accumulo include il fattore protezione a rischio in caso di terremoti.

Si stima che venga usato solo il 25% del potenziale energetico idroelettrico del mondo. La maggior parte dei potenziali non utilizzati si trova in Paesi sottosviluppati, che però attualmente hanno condizioni favorevoli di sviluppo grazie alla crescita dei consumi energetici. Questi Paesi hanno già avviato alcuni dei più grandi progetti, in particolar modo in Cina, India, Malesia, Vietnam, Brasile e Perù. Il motivo è stato che, nel momento in cui queste nazioni hanno richiesto una quota crescente di energia, è sorta la preoccupazione per l’inquinamento, ed il bisogno di un ambiente più pulito ha favorito lo sviluppo di questa tecnologia. Le dimensioni di alcuni progetti stanno dando l’impressione che le prestazioni dell’idroelettrico saranno in grado, di superare quelle dei combustibili fossili.

Esistono tre tipi principali di centrale idroelettrica: fluida, ad accumulo (diga idroelettrica) e reversibile (impianti di pompaggio). Per definizione le centrali a fluido sono quelle che non hanno accumulo a monte o quelle in cui l’accumulo può essere svuotato per meno di due ore con la sua potenza nominale. Ciò significa che l’energia cinetica è utilizzata direttamente quando l’acqua si muove nella turbina. Queste centrali sono più facili da costruire, ma dipendono fortemente dalla fluidità dell’acqua. Il vantaggio di questo tipo è la scarsa influenza sull’ambiente e che non crea

l’accumulo di acque sotterranee.

La centrale ad accumulo si basa sulla diga in grado di accumulare, comprimere e sfruttare la gravità dell’acqua. Ci sono due tipi di dighe idroelettriche: nei pressi della diga e derivazionali. La prima è situata sotto la diga stessa, l’altra si trova molto più a valle della diga, collegata tramite tubazioni. Le dighe idroelettriche sono per lo più utilizzate per ottenere l’elettricità dall’acqua. I problemi maggiori si verificano durante i mesi estivi, quando il flusso naturale diventa troppo scarso per il funzionamento. In tal caso la diga deve essere sigillata, ed è necessario mantenere il livello minimo biologico dell’acqua. Un grosso problema è anche il livello di crescita dell’acqua sotterranea.

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Gli impianti di pompaggio sono molto simili alle dighe idroelettriche, ma la fluidità dell’acqua passa attraverso entrambe le direzioni in un canale derivazionale. Quando il consumo di energia è basso, le pompe dell’acqua si sversano in una vasca accumulandosi. Durante il giorno, quando il consumo di energia elettrica è maggiore, l’acqua precedentemente accumulata si svuota. Energicamente questa non è la soluzione migliore, ma è pur sempre meglio che costruire due centrali termiche per la copertura dei consumi energetici.

E poi ci sarebbe un quarto tipo di centrale idroelettrica, il mini-idroelettrico. Piccoli impianti sono in grado di convertire l’energia potenziale dell’acqua in energia cinetica sotto forma di acqua corrente, quindi in energia meccanica prodotta dalle turbine e, infine, in energia elettrica dal generatore. Negli ultimi anni le tendenze del mondo nel settore dell’energia si sono spostate verso le fonti energetiche rinnovabili, e per questo il mini-idroelettrico sta diventando sempre più popolare.

Mentre i grandi impianti idroelettrici provocano danni agli ecosistemi nelle vicinanze, hanno un’influenza negativa sul suolo, causano allagamenti, aumentano le emissioni di metano, e le emissioni globali connesse con la costruzione ed il trasporto, il mini-idroelettrico è ad impatto zero. Le enormi quantità di acqua nelle condotte di acqua potabile sono la scelta più logica come potenziale fonte di energia. Tenuto conto del fatto che il flusso passa attraverso le condutture dal sito della pompa dell’acqua, sfruttando la forza gravitazionale può attraversare una turbina ed un generatore elettrico senza conseguenze nell’approvvigionamento di acqua potabile, però producendo allo stesso tempo energia elettrica.

Il 22% della produzione elettrica mondiale proviene dagli impianti idroelettrici di piccole e grandi dimensioni. La differenza sostanziale tra le centrali idroelettriche grandi e piccole riguarda prevalentemente la potenza installata, la quale varia da Paese a Paese. Alcuni Stati come Portogallo, Spagna, Irlanda, Grecia e Belgio hanno accettato 10 MW per distinguere le piccole dalle grandi centrali idroelettriche. In Italia bastano 3 MW, in Svezia 1,5 MW, in Francia 8 MW, 15 MW in India, e 25 MW in Cina. Va detto che lo standard di 10 MW come potenza di uscita superiore sta diventando una norma generale in Europa, e presto la Commissione europea chiederà che venga accettato da tutti gli Stati membri.

Energia geotermica

La temperatura della Terra aumenta di circa un grado ogni 30 metri di profondità. Nelle zone geologicamente attive, come quelle vulcaniche, il gradiente è ancora maggiore. Oggi in tutto il mondo circa 130 impianti utilizzano il vapore acqueo proveniente dal sottosuolo a fini energetici. L'Islanda è il paese dove si dà maggiore importanza alla geotermia, grazie all'abbondanza di questa risorsa. Come per altre fonti cosiddette alternative, il recupero e l'utilizzazione del calore contenuto nella crosta terrestre ha assunto maggiore importanza in seguito all'esigenza di diversificare le fonti di energia. Quella geotermica è una fonte energetica a erogazione continua e indipendente da condizionamenti climatici, ma essendo difficilmente trasportabile, è utilizzata per usi prevalentemente locali. La risorsa geotermica risulta costituita da acque sotterranee che, venendo a contatto con rocce ad alte temperature, si riscaldano e in alcuni casi vaporizzano. A causa dell'esaurimento che dopo un certo numero di anni possono subire i campi geotermici, sono stati avviati esperimenti per tentare operazioni di ricarica. Un interessante uso delle acque geotermiche a basse temperature è costituito dall'innaffiamento delle colture di serra o all'irrigazione a effetto climatizzante, in grado di garantire le produzioni agricole anche nei paesi freddi.

Come funziona, quando conviene e quanto dura un impianto geotermico domestico? Tratto da: http://www.nextville.it/index/339

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Scegliere un impianto geotermico significa assicurarsi un ambiente domestico confortevole, piacevolmente caldo d’inverno e fresco d’estate, utilizzando una tecnologia rispettosa dell’ambiente e vantaggiosa dal punto di vista economico. I sistemi geotermici a bassa temperatura sono diffusi, in ambito residenziale, soprattutto nel Nord Europa e negli Stati Uniti, mentre in Italia sono ancora poco conosciuti. In anni recenti anche nel nostro paese c’è stata una decisa accelerazione: in particolare, l’introduzione di incentivi mirati (vedi "Detrazione 55% per impianti di riscaldamento" nel menu di destra) ha favorito la realizzazione di numerosi nuovi impianti geotermici con pompa di calore. La possibilità di produrre, oltre che acqua calda per il riscaldamento invernale e per gli usi sanitari, anche acqua fredda per raffrescare durante l’estate, rende gli impianti geotermici l’alternativa ideale ai tradizionali impianti. Il grande vantaggio deriva dal fatto che un sistema geotermico racchiude in unico impianto le stesse funzioni normalmente demandate a due diversi apparecchi, cioè caldaie e condizionatori. Un impianto geotermico, se opportunamente dimensionato, è in grado di riscaldare e raffrescare un edificio senza l'ausilio di altri apparecchi. In questo caso si parla di impianto geotermico "monovalente". In ogni caso si tratta di impianti che si prestano bene all'integrazione con altri generatori di calore ad alta efficienza. Molto interessante, ad esempio, risulta l’abbinamento con impianti solari termici oppure con caldaie a condensazione, in regime "bivalente".

I componenti dell'impianto I 3 elementi fondamentali di un impianto geotermico sono:

1. Un sistema di captazione del calore. Di norma si tratta di tubature in polietilene che fungono da scambiatori di calore, sfruttando l’energia termica presente nel sottosuolo o nell’acqua. Le tubature possono essere interrate verticalmente nel terreno a grandi profondità (sonde geotermiche verticali), oppure orizzontalmente a 1-2 metri di profondità (sonde o collettori orizzontali). Anche l’utilizzo dell’acqua, come sorgente di calore in alternativa al terreno, comporta l’utilizzo di sonde verticali. E’ proprio la scelta del sistema di captazione, a seconda anche dalle caratteristiche geologiche e climatiche del luogo scelto per l’installazione, a caratterizzare le diverse opzioni impiantistiche dei sistemi geotermici. 2. La pompa di calore geotermica. Installata all’interno degli edifici, la pompa di calore geotermica è il cuore dell'impianto. Consente infatti di trasferire calore dal terreno o dall’acqua all’ambiente interno –in fase di riscaldamento- e di invertire il ciclo nella fase di raffrescamento. 3. Un sistema di accumulo e distribuzione del calore. Gli impianti geotermici sono particolarmente adatti per lavorare con terminali di riscaldamento/raffrescamento funzionanti a basse temperature (30-50°C), come ad esempio i pannelli radianti e i ventilcovettori

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Quale terreno?

In linea generale, la risorsa geotermica è disponibile su tutto il territorio italiano. In ogni caso è importante conoscere le caratteristiche del sottosuolo che si intende utilizzare come fonte di calore. Particolari tipi di terreno, oppure la presenza o meno di acque sotterranee o di vincoli idrogeologici, determinano la fattibilità tecnica di un impianto geotermico. Soltanto operatori specializzati possono darci consigli e informazioni riguardo ad un sito specifico scelto per l’installazione, ricorrendo eventualmente a indagini geologiche che valutino con esattezza la qualità della risorsa geotermica.

Edifici nuovi o esistenti?

La geotermia è certamente consigliata per tutti gli edifici di nuova costruzione, per i quali è possibile progettare ex novo l’intero impianto in maniera ottimale. Per gli edifici esistenti, la convenienza e la fattibilità di un impianto geotermico sono da analizzare caso per caso. Occorre anche valutare la disponibilità di spazio sufficiente per l'allestimento del cantiere e per la posa delle sonde. E' comunque consigliato installare l’impianto in fase di ristrutturazione dell’edificio e dell’impianto termico, approfittando così dei lavori in corso per riqualificare complessivamente l’intero edificio dal punto di vista energetico.

L’installazione di un impianto geotermico è una scelta vantaggiosa anche per tutti gli edifici esistenti che utilizzano caldaie alimentate a combustibili fossili costosi e inquinanti, come gasolio o GPL. Nel caso in cui si possieda una caldaia a metano, bisogna invece valutare attentamente i costi e i benefici derivanti da una sua sostituzione.

Un altro aspetto fondamentale riguarda la qualità dell’isolamento termico dell' edificio. Un edificio ben coibentato è un presupposto indispensabile per un corretto dimensionamento dell'impianto geotermico, che assicuri buoni livelli di comfort e di risparmio energetico. La necessità di migliorare il grado di isolamento degli edifici riguarda soprattutto il parco edilizio esistente, mentre gli edifici di nuova o recente costruzione, che devono sottostare a stringenti criteri legislativi, risultano di norma ben coibentati.

Quanto dura l’impianto?

Una stima della vita media di un impianto geotermico può essere fatta più su alcuni singoli componenti che sull’intero impianto. Le pompe di calore geotermiche hanno una vita utile di almeno 15-20 anni (per le taglie domestiche la durata è inferiore), mentre le sonde geotermiche possono funzionare senza problemi per molte decine d’anni (secondo alcune fonti fino a 80-100 anni). I pannelli radianti hanno un vita stimata in circa 20-30 anni. Per tutti gli anni di funzionamento dell'impianto, non vi è pressochè alcuna necessità di manutenzione.

Tutti i vantaggi di un impianto geotermico

• si tratta di energia termica gratuita (eccettuato il consumo elettrico della pompa di calore) e indipendente dalle temperature esterne, che assicura un funzionamento dell’impianto per 365 giorni l’anno • i costi di esercizio sono inferiori di circa il 60% rispetto a un sistema di riscaldamento con caldaia a metano • un unico sistema permette sia di riscaldare che di raffrescare l’edificio, eliminando i costi elevati per il condizionamento estivo • contribuisce alla riduzione delle emissioni di inquinanti e di CO2 in atmosfera • non inquina i terreni, poiché all’interno delle sonde geotermiche circolano liquidi frigoriferi antigelo completamente atossici • la pompa di calore geotermica è una macchina estremamente silenziosa, alla pari ad esempio di un frigorifero

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• l’assenza di processi di combustione e di canne fumarie riduce al minimo la necessità di interventi di manutenzione.

Energia dalle biomasse

La legna sotto forma di combustibile è la biomassa di gran lunga più importante. Nel Sud della Terra l'80% della popolazione se ne serve quotidianamente per la produzione di energia.

La biomassa costituisce una risorsa rinnovabile e inesauribile, a patto che essa venga sfruttata non oltrepassando il ritmo di rinnovamento biologico. Altri limiti sono rappresentati dall'estensione delle superfici coltivate e dai vincoli climatici che condizionano la crescita delle diverse specie. Le biomasse hanno origini differenti:

• da boschi e foreste naturali, • da piante coltivate appositamente per scopi energetici, • dai residui altrimenti inutilizzabili di produzioni destinate all'alimentazione umana o

animale, • da rifiuti organici.

In relazione alla loro natura e composizione, le biomasse possono essere convertite in combustibili di vario tipo attraverso tre principali sistemi:

• la gassificazione, che consiste nel sottoporre le biomasse a processi di fermentazione anaerobica, dai quali si ottiene il biogas, una miscela di metano e anidride carbonica;

• la conversione biologica ad alcoli: l'amido viene demolito a glucosio e poi sottoposto all'azione di microrganismi, che operano la fermentazione alcolica; l'alcol è un ottimo carburante, ed è meno inquinante dei derivati del petrolio;

• la combustione diretta: il calore prodotto può essere convertito in energia elettrica.

Attualmente la biomassa rappresenta una fonte energetica importante solo nei paesi in via di sviluppo (v. impatto ambientale); quasi trascurabile è, invece, la funzione che essa svolge nei paesi industrializzati.

Articoli tratti da : http://www.ecoo.it/s/biomasse/

Emissioni co2 diminuite, ma sull’energia da biomasse è polemica

L’energia da biomasse potrebbe essere una delle fonti rinnovabili del futuro, ma per diventarlo davvero deve riuscire a combattere con successo le polemiche che le ruotano attorno. I benefici come le minori emissioni di co2 sono indiscutibili, ma problemi come il taglio indiscriminato delle foreste è una questione spinosa che va affrontata e risolta. Il problema si apre con la Gran Bretagna che, per aumentare la sua percentuale di fonti alternative come stabilito dall’Unione Europea, si affida al legno degli alberi africani, dal bambù alle conifere. Questo porta sì a una scelta di energia pulita sicuramente positiva per il mondo intero, ma anche a questioni su cui è necessario riflettere. Ad esempio, l’attenzione che si deve avere per il taglio degli alberi affinché non diventi una deforestazione indiscriminata, oppure affinché la produzione di energia non diventi una giustificazione per appropriarsi indebitamente di terreni di proprietà delle popolazioni locali. Le buone case history in ambito di biocarburanti e forniture degli stessi dal cosiddetto Terzo Mondo potrebbero fare scuola in questo ambito.

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Biocarburanti: entro il 2050 copriranno il 27% del fabbisogno dei trasporti

In materia di sviluppo dell’utilizzo dei biocarburanti, riportiamo una interessante stima compiuta dall’Agenzia Internazionale per l’Energia, che ha cercato di prevedere in che modo i biocarburanti troveranno diffusione all’interno del settore dei trasporti (via terra, mare, cielo) nel corso dei prossimi decenni, fino a giungere alla stima di lungo termine datata 2050.

Ebbene, stando alle previsioni dell’Agenzia, è presumibile che i biocarburanti possano soddisfare il 27% del fabbisogno di carburanti del settore dei trasporti entro i prossimi quarant’anni, rispetto ai soli due punti percentuali di attuale partenza.

Si tratterebbe pertanto di uno sviluppo molto intenso, che parte da una base piccola ma in grado di garantire delle ricerche tecnologiche molto dinamiche, quali appunto le analisi sui carburanti ecologici di cui più volte abbiamo parlato nelle pagine di Ecoo.

Rispetto all’attuale risparmio di petrolio, pari a 55 milioni di tonnellate, nel 2050 si potrebbe arrivare a tagliare la produzione di greggio di circa 750 milioni di tonnellate.

Tuttavia, l’Agenzia è anche pronta a spegnere i facili entusiasmi. Per perseguire gli obiettivi di cui sopra sono infatti necessari ben 13 trilioni di dollari di investimenti.

Fonti di Energia Rinnovabili Approfondimento Le Fonti di Energia Rinnovabili (F.E.R.) sono in larga parte derivanti dall'energia solare, generatrice, appunto, di quasi tutta l'energia nel nostro sistema solare sia delle FER e sia delle fonti esauribili, le FER sono dette anche fonti di energia alternativa, termine improprio visto che in origine sono state le fonti esauribili quali il carbone e il petrolio ad essere alternative alle fonti rinnovabili quali la legna e la forza cinetica dell'acqua e del vento già utilizzate prima dell'impiego dei combustibili fossili. Oggi le FER sono utilizzate in modo marginale, solo le tecnologie idroelettriche sono sopravvissute in modo significativo all'introduzione delle fonti esauribili, con un contributo energetico totale del 8% dato dalla produzione del 19% di energia elettrica a livello globale. Comunemente si ritiene che l'energia ottenibile dalle FER sia troppo costosa se paragonata al costo dell'energia ottenuta dalle fonti primarie esauribili, questo non è esatto, o meglio lo è sempre meno, oggi solo le tecnologie fotovoltaiche non sono competitive, inoltre viene comunemente ritenuto che il potenziale delle FER non sia tale da soddisfare le necessità energetiche della nostra società e questa è una affermazione clamorosamente errata, in quanto le potenzialità sono enormi e abbondantemente sufficienti per le necessità energetiche in tutto il pianeta, in molti casi ci sarebbe anche la possibilità poter scegliere le FER più adatte nel contesto territoriale, tra le varie possibili sullo stesso. Potenziale attuale delle tecnologie FER

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Attualmente la richiesta globale di energia è per una potenza di circa 10 TW. L'energia captabile con le tecnologie già sviluppate o in via di perfezionamento è valutata in circa 80-90 TW

Costi di impianto attuali e previsioni di costo dei principali sistemi FER

Immagine: www.ilsolea360gradi.it/2004/novembre2004.pdf

Costi attuali e previsione di costo dell'energia prodotta dalle FER

Tecnologia Costo attuale

(€/kWh)

Riduzione di costo negli ultimi dieci anni (%)

Riduzione di costo nei prossimi 10 anni (%)

Idroelettrico

Grande idro 0,02-0,04 costante leggero aumento

Mini idraulica 0.02-0.10 costante leggera diminuzione

Biomasse

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combustione di rifiuti 0.02-0.14 costante crescita continua

digestione aerobica 0.02-0.14 5-10 5-10

gas dai rifiuti 0.04-0.06 10-15 costante

biomasse solide

0.04-0.07 (calore)

0.08-0.1j(en. el)

5-10 (calore)

10-15g(en. el.)

10-20 (calore)

40-70 (en. el.)

Biocarburanti

etanolo 0.30-0.40 5-10 25-50

biodiesel 0.50-0.60 5-10 20-25

Solare

Solare termico per energia termica

0.03-0.15 30-60 30-50

Solare termico per energia elettrica

0.08-0.20 50 70-80

Fotovoltaico 0.50-1.50 40 40-50

Eolico

Eolico a terra 0.04-0.08 30-50 30-50

Eolico off-shore 0.05-0.08 30-40

IEA (International Energy Agency)

I valori variano a seconda delle località e delle nazioni. Per comparazione, i costi convenzionali per la generazione elettrica sono compresi fra i 0,04 €/kWh per una grande impianto termoelettrico ed i 0,1 €/kWh per un piccolo generatore diesel. I carburanti costano all'origine da 0,16 €/kWh per il metano ai 0,40€/kWh per la benzina. Energia Solare L’energia prodotta dalle reazioni nucleari all’interno del Sole percorre la distanza che separa la nostra stella dalla Terra in 8 minuti; una volta giunta a noi ha una potenza di 1350 Watt (W) per ogni metro quadrato: questo valore è chiamato "costante solare", in quanto il suo valore non varia nel tempo. La superficie della Terra viene raggiunta da 170.000 TW (1 TeraWatt = 1milione di milioni di Watt) di energia solare. Di questi 170.000 TW:

• 50.000 TW vengono riflessi dagli strati superiori dell’atmosfera; • 30.000 TW vengono assorbiti dall’atmosfera; • 90.000 TW arrivano alla superficie terrestre.

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Di questi 90.000 TW, la maggior parte viene riflessa oppure viene assorbita e riemessa dalla superficie della Terra. Una porzione invece si trasforma:

• 40.000 TW servono per sollevare l'acqua dei mari sino alle nubi, • 370 TW mettono in moto il vento, • 80 TW vengono trasformati dalla fotosintesi delle piante in energia chimica.

Tutta l’energia che arriva sulla terra, atmosfera compresa, (120.000 TW) viene poi riemessa sotto un’altra forma: la radiazione infrarossa ad onde lunghe: tutta la superficie terrestre emette in questo modo 120.000 TW. In questo modo la temperatura dell’atmosfera e della superficie terrestre rimane costante: la temperatura di qualsiasi corpo infatti non cambia quando l'energia che assorbe è pari a quella che emette. La Terra è così attraversata da un immenso flusso di energia che si modifica e si trasforma, pari a 120.000 TW di potenza Coltivare questa fonte di energia rinnovabile significa proprio imparare ad intercettare una parte dell'immenso flusso di energia che attraversa la superficie terrestre: parte dei

• 40.000 TW di energia solare incidente al suolo • 10 TW di energia dell’acqua, (equivalente al fabbisogno energetico totale) • 370 TW di energia del vento e delle onde • 80 TW di energia delle piante.

Fonte: www.provincia.torino.it/ambiente-provto/prog_energia/energia/ensol.htm L'energia solare può essere utilizzata direttamente come energia luminosa, termica ed elettrica. Nella sezione "Solare termico" sono trattati tutti gli argomenti e le tecnologie che utilizzano il calore trasmesso dall'energia solare Nella sezione "Solare fotovoltaico" sono trattati tutti gli argomenti e le tecnologie attuali ed in via di sviluppo derivanti dall'effetto fotovoltaico provocato dall'irraggiamento solare. Energia Idroelettrica Il costo di un kWh ottenuto con i sistemi idroelettrici è sempre stato competitivo nei confronti delle fonti esauribili, questo è evidente in quanto i costi di produzione per lo sfruttamento delle risorse idriche sono imputabili ai soli impianti di produzione e non ci sono costi per materie prime (es. combustibili), mentre i costi di manutenzione e di gestione sono grossomodo paragonabili se non inferiori ai costi di gestione e manutenzione degli impianti termoelettrici. L'attuale sistema idroelettrico è incentrato quasi esclusivamente sulle grosse centrali a bacino di raccolta, una quota minore è data dalle centrali ad acqua fluente, mentre non è per nulla sfruttata la potenzialità data dagli impianti di piccola taglia, che vanno da qualche MW ad 1 kW di potenza, sistemi che sono fattibili, economici, potenzialmente più ecologici e sicuri dei grossi impianti e che potrebbero dare un significativo apporto al sistema energetico. Il perché non vengano sfruttate tali potenzialità è da ricercarsi nella scarsa attenzione delle istituzioni preposte all'ordine e alla gestione delle risorse idriche, scarsa attenzione che si evidenzia anche in occasione di abbondanti precipitazioni le quali sono sufficienti a creare allagamenti a volte anche drammatici. Una buona organizzazione e pianificazione delle risorse idriche potrebbe permettere un notevole maggior sviluppo dello sfruttamento idrico ed idroelettrico e una maggiore prevenzione di eventi alluvionali catastrofici. Le tecnologie idroelettriche non riguardano solo i bacini e i corsi d'acqua ma anche l'ambiente

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marino, in questi anni sono state messe a punto tecniche idroelettriche per lo sfruttamento delle maree, addirittura da più di 30 anni esistono impianti che permettono di ottenere energia elettrica ad un costo di 0.015 € /kWh, (La Rance, Francia) oggi ci sono tecnologie che sfruttano anche le correnti di marea adottate in Granbretagna e in Norvegia, meno invadenti e più ecologiche, in Scozia ci sono sistemi sperimentali ma ormai positivamente collaudati per lo sfruttamento delle onde, di piccola taglia e possono essere utilizzati in ambiente off-shore anche abbinati a dei generatori eolici, il potenziale di tali sistemi è enorme, vari enti tecnici e scientifici ritengono che le tecnologie idroelettriche marine possano soddisfare in assieme 4 volte il fabbisogno energetico mondiale, senza contare le tecnologie terrestri. Biomasse e bioenergia Le biomasse sono una fonte primaria con una potenzialità globale tale da soddisfare non solo i fabbisogni energetici ma anche l'approvvigionamento di materie prime per vari prodotti industriali, edili ed alimentari, se si promuovesse una cultura per valorizzare tale risorsa economica il maggior utilizzo delle biomasse per le produzioni industriali (materie plastiche, bioedilizia e quant'altro) provocherebbe una maggiore disponibilità di materiali di scarto da utilizzare per la produzione di energia, inoltre si avrebbe la convenienza ad attuare una logica di rimboschimento, (banalmente: tagliare un albero e metterne a dimora 2 o 3 ) in quanto rientrerebbe nella strategia dell' approvvigionamento delle materie prime utili all'industria. Una civiltà migliore dell'attuale provvederebbe a sviluppare le superfici verdi con colture a fusto e/o a rapido sviluppo in tutte le aree non necessarie alle attività agroalimentari, anche a rotazione, ciò produrrebbe una maggiore protezione dei suoli dagli agenti atmosferici con una maggiore ritenzione idrica e fertilizzazione naturale degli stessi, tutto questo grazie allo sfruttamento dell'energia solare che sarebbe così catturata ed immagazzinata grazie alla fotosintesi clorofilliana per la produzione di varie tipologie energetiche. Effetti collaterali: ossigenazione dell'aria e sequestro di CO2. Le attuali tecnologie agronomiche sono più che sufficienti per provvedere alle colture maggiormente idonee ad ogni ambiente anche senza abusi nell'utilizzo delle tecnologie OGM e con la salvaguardia (e anzi l'aumento) delle diversità biologiche. Già oggi ci sono molti esempi della convenienza delle biomasse per diversi usi energetici, in molti casi si possono ottenere risparmi nell'ordine del 60-70% per il riscaldamento domestico sopratutto se si adottano le nuove tecnologie che permettono anche un contenuto tasso di emissione in atmosfera di inquinanti. Molte tecnologie in fase pre-commerciale dimostrano che le biomasse possono essere nettamente convenienti anche per la produzione di energia elettrica. Note: "I boschi trascurati e abbandonati favoriscono l'azione degli incendiari''. Guido Bertolaso, responsabile della Protezione Civile italiana Nella sezione "Bioenergia" sono ampiamente trattati gli aspetti di questa risorsa naturale. Energia eolica, energia dal vento I sistemi eolici sono, tra le FER , quelli che hanno avuto il maggior sviluppo negli ultimi anni, sono sempre meno, anche tra gli ambientalisti, gli oppositori a tali sistemi, mentre sono sempre maggiori gli studi che mettono in evidenza quale enorme potenziale abbia l'energia cinetica del vento. In uno studio per quantificare le risorse d'energia eolica mondiali chiamato Wind Force 12 la European Wind Energy Association e Greenpeace concludono che il potenziale mondiale d'energia generabile dal vento sarebbe addirittura il doppio della domanda d'elettricità mondiale prevista per il 2020. Il vento è abbondante, economico, inesauribile, ampiamente distribuito, non danneggia il clima ed è pulito. Anche i costi sono scesi, e ora sono ben più favorevoli. Nel 1991 un inventario nazionale per la risorsa eolica presentato dal dipartimento statunitense dell'energia meravigliò il mondo dichiarando che i tre Stati più ricchi di tale risorsa (Nord Dakota, Kansas e Texas) avevano abbastanza energia eolica da soddisfare i bisogni energetici nazionali.

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Ora un nuovo studio condotto da un team d'ingegneri dell'Università di Stanford sostiene che l'energia eolica potenziale è notevolmente maggiore di quella stimata nel 1991. I progressi nel disegno delle turbine eoliche degli ultimi 10 anni permettono a queste di operare anche a velocità del vento inferiori, imbrigliando una quantità maggiore di energia e raccogliendola ad altezze maggiori, aumentando la quantità di energia eolica sfruttabile. Moltissimi territori potrebbero essere utilizzati per generare energia eolica in aree scarsamente popolate, regioni ventose come le grandi pianure del Nord America, il nordovest della Cina, la Siberia Orientale e le regioni argentine della Patagonia, oltre all'enorme potenziale degli impianti offshore. Aspetti economici Attualmente, in Italia, il costo di installazione, ipotizzando l'impiego di aerogeneratori da almeno 600 kW di potenza nominale, si può ritenere compreso fra un minimo di 850 € ed un massimo di 1.300 €/kW andando da siti pianeggianti a siti caratterizzati da orografia complessa. Il costo della macchina può ritenersi, prudenzialmente, compreso fra 2/3 e 3/4 del costo totale di installazione in funzione delle caratteristiche orografiche del sito. Quando saranno disponibili rilevazioni di mercato ufficiali anche in Italia sarà possibile fornire indicazioni più precise. Attualmente, in linea di principio, può dirsi che una centrale da circa 10 MW, allacciata quindi alla rete elettrica in AT, potrebbe avere un costo di realizzazione compreso fra i 8 e i 12,7 milioni di Euro in funzione dell'orografia del sito. Applicazioni sempre in rete ma allacciate a quella di MT (impianti con potenza di circa 2-3 MW) potrebbero avere un costo di realizzazione compreso tra 0,9 e 1,1 milioni di Euro per MW installato. Il costo di produzione varia in funzione della taglia delle macchine e della ventosità del sito. Dopo essere stato, nel corso degli ultimi anni, a livelli di 0,045 - 0,075 €/kWh, stime più recenti lo indicherebbero in un range compreso fra 0,035 e 0.045 €/kWh. Presto il costo del kWh da fonte eolica, potrebbe raggiungere anche 0,03 €/kWh divenendo così confrontabile con quello proveniente dagli impianti turbogas. Bisogna ricordare che l'energia prodotta varia con il cubo della velocità del vento, il costo del kWh prodotto dipende fortemente dalla ventosità del sito e quindi la sua scelta è fondamentale e deve basarsi su una corretta campagna anemologica. Gli impianti di piccola taglia costano nell'ordine dei 1.000-1.500 € al Kw di potenza nominale, questo anche perchè, a differenza degli aerogeneratori di grossa taglia, non hanno ancora un mercato sviluppato, anche per i ritardi nelle normative che permettano l'allacciamento alla rete elettrica di tali sistemi, mentre è permesso per i sistemi fotovoltaici che invece sono molto meno convenienti, ciò risulta molto strano visto che non sussistono di fatto molte diversità nell'allacciamento alla rete elettrica tra i due sistemi, comunque sembra che entro la fine del 2003 sia possibile l'allacciamento alla rete elettrica anche dei sistemi eolici di taglia fino a 20kW di potenza nominale. Fonte: www.isesitalia.it/tec/txt_t005.html Nella sezione "Eolico" gli approfondimenti sulle tecnologie, anche del mini e micro-eolico. Energia geotermica La coltivazione dell'energia geotermica avviene utilizzando le acque sotterranee riscaldate dal calore interno della Terra o dalla presenza di manifestazioni magmatiche prossime alla superficie terrestre. Con le tecnologie attuali il potenziale geotermico per la produzione di energia elettrica a livello globale è stimato in 80.000 MW di potenza nominale, con un costo al kW/h di 0,035-0,045 € Il potenziale energetico delle acque calde per usi termici è assai ampio in Europa, in Asia, nell'America Centrale e Meridionale. A seconda della temperatura del fluido geotermico sono possibili svariati impieghi: acquacoltura (al massimo 38 °C), serricoltura (38 - 80 °C), teleriscaldamento (80 - 100 °C), usi industriali (almeno 150 °C), e molti altri. In alcuni paesi si utilizza il calore geotermico per l’essiccazione del legname (Nuova Zelanda), della farina di diatomee (Islanda), del piretro (Kenya) e per

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l’allevamento di alligatori (USA, Giappone). Il calore geotermico può essere utilmente sfruttato anche attraverso un dispositivo detto "pompe di calore geotermiche". Non sfrutta propriamente il calore geotermico in quanto questo è endogeno, sfrutta piuttosto la caratteristica di regolarità termica della parte superficiale (circa 120 metri di profondità ) della crosta terrestre, regolarità che è data dall'assorbimento del calore dall' irradiazione solare e non dal calore interno della terra. Con le sonde geotermiche si può climatizzare un ambiente sia d'estate che d'inverno, la potenzialità di questo sistema è superiore al 50% delle necessità energetiche per la climatizzazione invernale ed estiva e quindi è un'enorme potenziale ad un costo molto conveniente. Nel breve termine le applicazioni descritte continueranno ad essere le uniche commercialmente utilizzabili. Molti serbatoi (o acquiferi) per la produzione di energia elettrica si trovano in Paesi in via di sviluppo e, in tal caso, la risorsa geotermica può essere considerata anche un'eccellente opportunità di sviluppo sostenibile . Nel medio e lungo termine si prevede uno sviluppo della tecnica basata sull'utilizzo di rocce calde secche Hot Dry Rock o Deep Heat Mining situate in profondità. Gli esperti di molti Paesi, tra cui Usa, Giappone, Inghilterra, Francia, Germania, Belgio e Svizzera, stanno studiando la possibilità di perforare pozzi in zone dove non ci sono serbatoi e di iniettarvi acqua per farla scaldare in profondità dal calore della Terra, farla risalire da altri pozzi e infine utilizzarla come fluido energetico per centrali termolettriche. Tale tecnologia, se sviluppata, darebbe origine a un potenziale tale da soddisfare da solo il fabbisogno di energia elettrica e termica. Per approfondimenti vedere alla sezione "Geotermico" Risparmio energetico, recupero risorse e tecnologie efficienti La fonte di energia rinnovabile più intelligente è il recupero e il risparmio dell' energia stessa, può sembrare un'affermazione lapalissiana e anche banale ma è oggettivamente così. Tale settore comprende una infinità di sistemi e applicazioni , dalle lampadine ad alta efficienza a costi contenuti al recupero dell’energia elettrica dissipata e/o scaricata a terra nelle ore notturne, dall’adozione dei motori elettrici alla massima efficienza (EFF 1) alla promozione del carsharing e alla diffusione dei sistemi di cogenerazione e trigenerazione anche abbinati a sistemi di teleriscaldamento e svariate decine di altre iniziative e possibilità anche molto concrete con un potenziale non sempre intuibile di apporto/risparmio energetico:la commissione Europea ha calcolato in un 40% dell'attuale consumo di energia il potenziale di risparmio e recupero energetico Alla sezione "Risparmio energetico" sono catalogati molti casi, possibilità e opportunità di intervento in questo settore.

EROEI, il concetto di convenienza energetica

L' EROEI ( acronimo per Energy Return On Energy Investment) indica la convenienza energetica di un sistema per la produzione di energia o di vettori energetici Esempio: se si ha un EROEI = 4 significa che si hanno 4 unità di energia prodotta ogni unità di energia spesa in tutto il processo produttivo. Per mettere bene a fuoco il concetto di EROEI si tenga presente che il metodo di calcolo è simile al metodo di calcolo del ROI in ambito economico (Return On Investment): si sommano tutti i

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capitoli di spesa dell'investimento (costi) e si confrontano ai ricavi Esempio:

Descrizione Anni attività

ricavi €

costi €

ROI

Costi 1) Costi di avviamento: progetti e pratiche amministrative, concessioni, autorizzazioni, oneri, locali, macchinari, altri.

1.000

2) Costi di esercizio: materie prime, manodopera, materiale di consumo, manutenzione, utenze, oneri finanziari, altri.

10 2.200

3) Costi eventuali di dismissione dei locali e di smaltimento dei residui di lavorazione a fine vita delle attività

100

Ricavi 1) cessione beni prodotti, interessi attivi 10 5.800 2) cessione sottoprodotti di lavorazione 10 100 3) cessione/valore dei terreni e dei locali a fine attività 600 Totali 6.600/ 3.300 = 2 Nel caso ipotetico in esempio si ha un ROI di 2, cioè un ricavo di 2 euro ogni euro investito Ogni voce di spesa economica implica anche una spesa energetica, quindi è possibile indicare, per ogni voce, l'energia spesa per il bene o servizio relativo se supponiamo che l'attività in questione sia un sistema per la generazione di energia elettrica, o energia termica o per la produzione di carburante, ad ogni voce di ricavo possiamo sostituire il valore economico con il valore energetico dei prodotti. In questo caso energia ricavata / energia spesa dà come risultato l'EROEI : per esempio se una centrale idroelettrica ha un costo energetico di 3.000 kWh ogni kW installato ( compreso gestione, mautenzione e decommissionig) e produce 120.000 kWh nei 30 anni di vita l'eroei sarà: 120.000/3.000 = 40 , cioè ogni kWh speso si hanno 40 kWh ricavati, L'EROEI in questo caso è 40 Un EROEI inferiore a 1 significa una perdita netta di energia, infatti se per produrre 0,9 kWh spendiamo 1 kWh abbiamo una perdita del 10%, quindi è un investimento in perdita. Questo ragionamento vale anche per il ROI, dove quando il ricavo è inferiore all'investimento si ha una perdita in caso di investimento finanziario o un fallimento quando si tratta di investimento industriale o commerciale. Ci sono però alcune diversità tipiche dell'EROEI 1) a fine vita dell'impianto non ci sono valori energetici residui (se non nei materiali riciclabili) ma costi energetici per il decommissioning. 2) nell'EROEI il contenuto energetico della fonte primaria ( es. petrolio o radiazione solare incidente) non viene considerato: per le rinnovabili non si ha costo economico o energetico di produzione, se non venissero utilizzate andebbero comunque perse. Invece per le fonti esauribili se si considerasse il contenuto energetico della materia prima l'EROEI sarebbe sempre inferiore a 1 (tipicamente 0,8 - 0,2). La tabella di seguito riassume l'EROEI delle principali fonti energetiche e vettori energetici

Fonte primaria o secondaria Min Max Riferimenti Fonti energetiche esauribili Petrolio 5 15 a

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Metano 8 20 a Carbone 2 17 a Nucleare 1 20 a Sabbie bituminose 1 1,5 a, i, Fonti energetiche rinnovabili Idroelettrico 30 100 a Eolico 10 80 a Geotermico 2 13 h, m, Fotovoltaico 3 60 a Termosolare riscaldamento 30 200 Solare termodinamico 10 20 Biomasse solide 3 27 a Impianti biogas 10 20 Energia dalle onde, dalle maree e correnti marine 2 10 l, m, Risparmio energetico 2 300 Vettori energetici rinnovabili Gassificazione biomassa 2 10 Bioetanolo da cereali-barbabietole-leguminose 1 5 a, c, d, f, Bioetanolo da canna da zucchero 3 8 e, Bioetanolo da cellulosa 2 7 c, Biometanolo da gassificazione 2 6 h, m, Olio vegetale da oleaginose 3 6 Biodiesel 3 5 b, g, Olio da microalghe 5 10 Riferimenti: a) www.aspoitalia.net/documenti/bardi/eroei/eroei.html www.enitecnologie.it/italiano/area_stampa/tpoint_in_edicola/articolo_5.htm b) www.nrel.gov/docs/fy06osti/39465.pdf pag.97 c) www.ncga.com/ethanol/debunking/NEVcomparisonChart95-05.pdf d) www.ncga.com/ethanol/pdfs/ShapouriEnergyBalance2004.pdf e) www.aspoitalia.net/index.php?option=com_content&task=view&id=111&Itemid=38 f) www.magazine.enel.it/boiler/articolifocus/focusarticoli0245.asp g) www.biofox.com/4.htm h) www.moviments.net/pimientoverde/energia/panorama.php i) www.abelard.org/briefings/energy-economics.asp m)www.eroei.com/content/view/55/54/ Il concetto di eroei, efficienza e convenienza energetica EROEI e.r.o.e.i. energy return on energy investment EROEI, energy return on energy investment invested e.r.o.e.i.,

EROGEI, la convenienza energetica globale

Come già accennato nell'EROEI non si considera il valore energetico della fonte utilizzata e quindi è poco significativo - e spesso fuorviante - confrontare l’EROEI tra fonti esauribili (FEE) e fonti rinnovabili (FER) in quanto nelle rinnovabili la fonte energetica se non utilizzata viene dissipata senza produrre lavoro, quindi non ha di per sé un costo energetico (e neanche economico), mentre le FEE se non estratte rimangono come potenziale energetico utilizzabile in un altro momento e/o in un altro luogo (tra l’altro utilizzabili anche per usi non energetici)

Quindi dovendo confrontare e valutare la convenienza di investimento energetico tra FEE e FER si dovrebbe parlare di EROEI Globale - EROGEI -, per le FEE sarebbe sempre inferiore a 1

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(tipicamente <0,4 per la generazione di energia elettrica, <0,8 per la produzione di carburanti ed energia termica) mentre per le FER sarebbe sempre superiore a 1 (potenzialmente almeno 5)

Quando si ha un EROGEI superiore a 1 significa che si tratta di fonte rinnovabile.

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Appendici

CO2 Articolo del 13/07/2009

Stop alle emissioni di CO2 per salvare il pianeta. Si ad aiuti e sostegno per i paesi più poveri

Il Pianeta si salva tagliando la CO2. Questa la decisione scaturita dal G8 de L'Aquila: i grandi della Terra,

Paesi industrializzati in testa, nonostante il freno a mano della Cina, hanno deciso di ridurre le emissioni di

gas serra dell'80% al 2050 (del 50% le altre nazioni). Con questi presupposti, rafforzati anche da un

ulteriore intesa ottenuta in ambito Mef (Major economies forum), si sono gettate le basi per raggiungere un

accordo globale (quantomeno ampio e condiviso) attraverso i negoziati che conduranno alla Conferenza

delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici prevista a Copenaghen a dicembre.

Sulla strada che porta all'accordo, i temi che i governi mondiali dovranno affrontare devono anzitutto

prevedere il superamento del protocollo di Kyoto con l'assicurazione di regole comuni per il post-2012.

Aspettando Copenaghen, nel piatto per fermare l'avanzata dei cambiamenti climatici i punti fondamentali

sono tre: un piano anti-CO2, adattamento e mitigazione, diffusione delle tecnologie e cooperazione

internazionale per aiutare i Paesi in Via di sviluppo (in parte affrontati con aiuti all'Africa). Elementi che gia' il

G8 Ambiente di Siracusa, presieduto dal ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, ha gia' toccato e

messo nero su bianco in un'agenda che e' stata presentata proprio a L'Aquila.

IL PIANO ANTI-CO2: dal protocollo di Kyoto in poi e' diventato una necessita' e essenzialmente si basa su

un netto taglio delle emissioni di gas serra da parte dei Paesi industrializzati. L'Europa e' stata virtuosa, in

particolare alcune nazioni (come la Germania). Mentre, ci si attende molto dagli Usa (che non hanno firmato

Kyoto) ma che sembra abbiano intrapreso la strada giusta con l'approvazione, qualche giorno fa, alla

Camera dei Rappresentanti del progetto di legge (ora al vaglio del Senato) che chiede una forte diminuzione

delle emissioni alle grandi compagnie americane, taglia la CO2 dell'83% al 2020 (rispetto ai livelli del 2005)

e mette un freno all'importazione di combustibili fossili (soprattutto al petrolio). Oltre alla diminuzione di

emissioni sul proprio territorio, le nazioni sono anche chiamate a incentivare i tagli di CO2 con progetti di

forestazione o di cooperazione nei Paesi in Via di sviluppo.

ADATTAMENTO E MITIGAZIONE: direttamente interessati sono quasi un miliardo di persone che rischiano la

siccita' e la fame per colpa dei cambiamenti climatici. In particolare, le zone piu' a rischio sono quelle

dell'Africa sub-sahariana. Un tema ben evidenziato anche dal G8 Ambiente di Siracusa che ha soprattutto

pensato ai piu' piccoli: con l'approvazione di un documento dell'Agenzia per la protezione ambientale Usa

(Epa), Prestigiacomo ha aperto la strada affinche' ai bambini, i piu' fragili e sensibili, sia assicurata maggiore

attenzione attraverso politiche sul clima e sull'ambiente dedicate.

TECNOLOGIE: la loro diffusione e' alla base del piano anti-CO2. In particolare, sono allo studio, e in parte

sono gia' applicate, tecnologie per la cattura e lo stoccaggio della CO2. Questo per consentire ai Paesi che

ne producono di piu' di abbassare i livelli e permettere ai Paesi emergenti (il cosi'detto G5 composto da

India, Cina, Brasile, Sud Africa e Messico) di non dover rallentare la crescita. In questo caso, i progetti di

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cooperazione e di diffusione delle migliori tecnologie disponibili sono fondamentali.

NEGOZIATI: un accordo globale trova pero' sulla strada alcuni ostacoli su cui gia' il G8 de L'Aquila ha

fornito indicazioni utili ai negoziati. Il principale e' quello della quota di CO2 da tagliare, anche se la quota

pro-capite (richiesta da alcuni Paesi) non e' stata presa in considerazione come metro per misurare i target

dei tagli di CO2 per superare il protocollo di Kyoto. Un aspetto di non poco conto sara' poi trovare regole

comuni tra Europa, Usa, Paesi emergenti e Paesi in Via di sviluppo.

- 2 GRADI: su due elementi, invece, la comunita' internazionale si ritrova: l'incremento dell'energia da fonti

rinnovabili e il mantenimento sotto i due gradi della soglia di aumento della temperatura a causa del

riscaldamento globale. In particolare, sui due gradi e' uscito un documento che ha messo tutti d'accordo al

G8 de L'Aquila.

Dibattito: Nucleare si o no?

NUCLEARE : LE RAGIONI PER SPERARE IN UN RAPIDO RITORNO ALL'ATOMO IN ITALIA. Favorevoli:

Di redazione (del 06/01/2009 )

In questi mesi si sente spesso parlare per l’Italia di ritorno al nucleare. L’Italia, che nei primi anni ’60 era all’avanguardia mondiale come produttrice di energia nucleare, ma che, come conseguenza indiretta del referendum del 1987, ha abbandonato questa fonte, avrebbe ottimi vantaggi ritornando al nucleare: 1)

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diversificherebbe il mix di produzione di energia elettrica, rendendosi meno vulnerabile, 2) ridurrebbe le emissioni di CO2 con un conseguente minor esborso per i vari target ambientali che vengono, a ragione o a torto, imposti, 3) molto probabilmente avrebbe in prospettiva una produzione di energia elettrica meno costosa, avvicinandosi ai livelli di prezzo europei, 4) alcune industrie nazionali potrebbero proficuamente inserirsi nel processo di costruzione di nuove centrali. Una recente indagine vede un 47% di genericamente favorevoli contro un 44% contrario e un 9% di incerti, ma nel caso la costruzione avvenisse nella propria provincia i favorevoli scendono al 41% e i contrari salgono al 50%. La situazione va lentamente migliorando, ma siamo ancora lontani da un decente livello di accettabilità. Tra i favorevoli si schierano inopportunamente alcuni convertiti che furono fra coloro che maggiormente denigrarono nei passati anni, solo sulla base di falsità e aspetti emotivi, il nucleare. Ci si può chiedere come mai in Italia si abbia un’opinione pubblica così contraria all’energia nucleare: certamente la causa principale è dovuta a una grave disinformazione propalata a piene mani, ma senza nessun presupposto tecnico scientifico, da tanti movimenti ambientalisti spesso aizzati da lobbies delle altre fonti energetiche. Continuare a ripetere falsità le ha fatte assurgere a verità, secondo il detto di Voltaire “calunniate, calunniate qualcosa resterà”. L’esempio più classico è la valutazione delle conseguenze del disastro di Chernobyl. Invece di fare ricorso ai dati elaborati dal Chernobyl Forum, un’istituzione altamente qualificata sotto l’aspetto scientifico e composta da rappresentanti di otto agenzie dell’ONU e dai rappresentanti dei tre paesi maggiormente colpiti (Ucraina, Bielorussia e Russia) che ha analizzato dettagliatamente e criticamente la vasta documentazione scientifica esistente sull’argomento, si continuano a fornire dati catastrofici privi di ogni fondamento scientifico. A questa linea di pensiero danno sempre un appoggio i mass media, alla ricerca costante della notizia sensazionale. La sinistra come forza politica, non tutta, ma in grandissima maggioranza è “geneticamente” contraria al nucleare: i verdi apertamente, altri in modo più subdolo, adducendo motivazioni pretestuose. Da parte di questa forza politica c’è come aspetto di fondo, favorito anche dal basso livello della nostra cultura tecnico-scientifica, la rivendicazione di un “primato della politica” anche se avulso dal sapere scientifico che ha portato prima a una sorta di mortificazione poi a una vera delegittimazione della scienza. Uno dei motivi più forti addotto contro il nucleare è la necessità di attendere i reattori della IV generazione (ora sono disponibili commercialmente quelli della III). Questo perché i reattori della IV generazione saranno più sicuri (anche sotto l’aspetto della proliferazione di armi nucleari), più efficienti nello sfruttamento del combustibile, con una minor produzione di scorie e più economici. Questo è vero, ma quando fossero commercialmente pronti questi reattori certamente altri sarebbero allo studio innovativi e migliori e la dilazione si ripeterebbe con un rimando alle calende greche. Alcuni addirittura puntano sulla fusione, quando gli sviluppi passati del settore e gli stessi ricercatori non permettono di indulgere all’ottimismo. Ci sono ancora, è vero, in enti di ricerca e nelle università alcuni validi scienziati italiani, che studiano l’energia nucleare e che permettono al Paese di mantenere almeno un aggancio allo sviluppo del settore e a loro sarà necessario rivolgersi nel caso di una ripresa. Con l’istituzione in corso di una Agenzia per la sicurezza si stanno muovendo i primi passi, speriamo che non si punti su una normativa autarchica, ma si recepisca la normativa vigente nei Paesi più avanzati nel settore. L’energia nucleare sarà per l’umanità la fonte energetica del futuro, perché praticamente inesauribile, sostanzialmente rispettosa dell’ambiente e, in prospettiva, economica. Inoltre è l’unica vera alternativa ai combustibili fossili perché le fonti rinnovabili non hanno sufficiente potenzialità, come tutti i più qualificati organismi internazionali (IEA, WEC) riconoscono. Purtroppo l’Europa e l’Italia non recepiscono questo dato di fatto e si sono avventurate nel progetto 20-20-20 al 2020 che è un bello slogan, ma che tutti gli studiosi seri prevedono irrealizzabile. Certamente in un futuro lontano anche l’Italia dovrà rientrare nel nucleare, non si dimentichi che già ora noi copriamo il 5% del nostro fabbisogno con questa fonte prodotta però all’estero. Sarebbe auspicabile che il rientro avvenisse il più presto possibile per evitare che l’Italia si stacchi ulteriormente dai paesi sviluppati, ma, data la situazione della pubblica opinione e del contesto politico, non bisogna cullare illusioni.( Fonte: Il Sussidiario)

Autore: Ernesto Pedrocchi

La questione dell'energia e la scelta nucleare

Contrari:

Comitato Si alle energie alternative No al nucleare, 27 gennaio 2009, 10:45

Fin dai primi giorni di governo, il presidente Berlusconi ha annunciato la decisione di procedere in tempi rapidi alla realizzazione di un programma nucleare, per porre rimedio al danno che il referendum effettuato all'indomani dell'incidente di Chernobyl - governato dall'emotività strumentalizzata dagli ecologisti - ha apportato alle famiglie e alle imprese italiane. Questa posizione era stata espressa da tempo e si basa sull'affermazione che quella scelta "sciagurata" ha condannato l'Italia - unico tra i paesi industrialmente avanzati - ad una massiccia dipendenza dalle importazioni di petrolio e di gas, privando il Paese di una fonte energetica abbondante, pulita e a basso costo. Sinora la posizione del governo è stata contrastata con poco

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vigore e un po' di supponenza e frattanto il governo procede negli adempimenti preliminari per la realizzazione del programma nucleare annunciato. Ci sembra dunque tempo di affrontare con chiarezza nel merito queste motivazioni. La situazione è oggi più difficile di come si presentava all'epoca del referendum dell'87: il cambiamento climatico in atto richiede di procedere in tempi rapidi ad una drastica riduzione dell'impiego di combustibili fossili e questo richiede anche la geopolitica sanguinosa del petrolio e la crescita accelerata della domanda di energia da parte dei Paesi in rapido sviluppo economico. Ma la condizione attuale dell'energia nucleare - dal punto di vista della disponibilità del combustibile, dei problemi di impatto sanitario ed ambientale, del costo di produzione del ciclo nucleare (dall'estrazione del minerale, alla produzione di energia elettrica, al trattamento del combustibile irraggiato e allo smantellamento degli impianti), dei rischi di proliferazione militare e del terrorismo - questa situazione indica che al ricorso all'energia nucleare sia da preferirsi l'impiego ed il potenziamento delle nuove fonti energetiche, pulite e rinnovabili, e soprattutto le concrete possibilità di uso più efficiente dell'energia, ma anche di vero e proprio risparmio energetico. E' questa, nei fatti, la scelta effettuata da tutti i paesi più industrializzati.

Innanzi tutto, qualche parola sull' "originalità" della scelta italiana, guidata dall'emotività. In realtà la vicenda nucleare italiana si è giocata ben prima, all'inizio degli anni '60, quando l'Italia - viva ancora la tradizione della scuola di fisica nucleare di Roma, la tradizione di Fermi - aveva tutte le carte per giocare, un ruolo di punta nel settore dell'energia nucleare, a partire dalle tre centrali di Trino, Latina e Garigliano (realizzate da imprese elettriche private, prima della nazionalizzazione dell'energia elettrica). Ma, allora, il grande Paese amico ed alleato mal digeriva concorrenti nei settori tecnologici avanzati, in particolare per le sue imprese elettromeccaniche nucleari, General Electric, Westinghouse, e nel settore delle grandi macchine calcolatrici. Nel momento in cui si permette la nascita del primo governo di centro-sinistra, una clausola non scritta chiude l'avventura nucleare italiana: l'Italia diverrà paese grande raffinatore di petrolio riducendo la sua iniziativa in tutti gli altri settori energetici, geotermia, idroelettricità e, appunto, energia nucleare. Nel settore dei calcolatori, la Olivetti viene ceduta alla General Electric e diviene Ol-Ge. Verso la metà degli anni '70, si profilano negli Usa difficoltà per l'elettromeccanica nucleare: le popolazioni richiedono per i reattori standard di radioprotezione e sicurezza sempre più elevati, che fanno lievitare il costo del kWh. A partire dal 1978 (ben prima di Chernobyl!) e sino ad oggi, le imprese elettriche Usa non ordinano più nessun nuovo impianto nucleare. Ma immediata è la solidarietà italiana nei confronti delle elettromeccaniche Usa rimaste senza commesse in patria: parte così il nuovo programma del ministro Donat Cattin per 10.000 MW ed il cantiere di Montalto di Castro. L'incidente di Chernobyl porta al blocco di nuovi reattori in tutti i paesi dell'OCSE, escluso il Giappone. Escono dal nucleare Svezia, Spagna e Austria ed anche la Germania mette a punto la sua exit strategie. La Francia, allentata la spinta strategica della force de frappe, chiude la sua filiera originale dei reattori veloci e non ordina più nuovi reattori. Se tutti abbandonano la realizzazione di nuovi reattori, che fa l'Italia? Già chiuse (e avviate ad una improbabile prospettiva di smantellamento) le tre centrali degli anni '60, chiusa la centrale di Caorso nell'attesa di sottoporla ai miglioramenti suggeriti dall'incidente di Three Miles Island, c'è in atto soltanto il cantiere di Montalto di Castro. Lo chiude il governo De Mita nel 1990: che senso avrebbe, per un solo reattore, dotarsi dei costosi, impopolari e rischiosi servizi del ciclo del combustibile? Ma, come si vede, il governo De Mita fa né più né meno di quello che stanno facendo gli altri.

Ma veniamo alle altre affermazioni infondate.

L'energia nucleare non è abbondante.

Ricordiamo innanzi tutto che l'energia elettrica costituisce meno del 20% degli usi finali di energia, mentre il restante (più dell'80%) è costituito da carburanti per i trasporti e calore per riscaldamento e processi industriali. Se anche avessimo "nuclearizzato" tutta la produzione di elettricità, avremmo affrontato solo una parte assai limitata del problema energetico! L'energia nucleare fornisce oggi al fabbisogno mondiale di energia elettrica un modesto contributo inferiore al 16%, contro il 66% fornito dai combustibili fossili, e, secondo la stima dell'Agenzia Onu per l'Energia Atomica, a questo ritmo, c'è uranio fissile - cioè l'isotopo 235 che è presente nell'uranio naturale, costituito soprattutto dall'isotopo 238, nella concentrazione dello 0,7% - solo per 50 anni, che potranno allungarsi a 70 per ulteriori stime. Se dunque volessimo fare dell'energia nucleare una vaga alternativa ai combustibili fossili, per esempio dimezzando il contributo di questi, ne avremmo per una ventina di anni: cioè ci scanneremmo per l'uranio come ci scanniamo per il petrolio. Quanto all'Italia, le tracce di uranio in Liguria, in Lombardia e in Trentino non configurano certo una qualche parvenza di autonomia nella disponibilità del combustibile. Certo, si potrebbe passare all'uso dell'uranio 238, molto più abbondante in natura, ma, per ciò, si dovrebbe passare attraverso la produzione di Plutonio, secondo la linea intrapresa dai Francesi con i reattori veloci. Si tratta di una tecnologia ad alto rischio (proliferazione nucleare e salute: un milionesimo di grammo la dose letale per inalazione). Finita la motivazione della force de frappe, la Francia ha abbandonato questa filiera.

L'energia nucleare non è pulita.

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Come ci ricorda - ancora nel 2007 con la Pubblicazione 103 - l'ICRP, l'Agenzia Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Ionizzanti, dosi comunque piccole di radiazioni, aggiungendosi al fondo naturale di radioattività, possono causare eventi sanitari gravi ai lavoratori e alle popolazioni, nel funzionamento "normale" degli impianti e, ovviamente, nel caso di incidenti. Fuor da ipocrisie, la definizione ICRP di Dose Limite di radiazioni ai lavoratori degli impianti e alle popolazioni ivi residenti non significa dose al di sotto della quale non c'è rischio, ma quella dose "alla quale sono associati effetti somatici (tumori, leucemie) o effetti genetici, che si considerano accettabili a fronte dei benefici economici associati a siffatte attività con radiazioni". Deriva da ciò la complessità degli impianti e delle stesse procedure operative e ciò incide fortemente sul costo del kwh .Oltre al rilascio di radiazioni nel funzionamento "normale" degli impianti, c'è poi il problema dello smaltimento delle scorie, tuttora materia di ricerca fondamentale: l'obiettivo finale è quello dello stoccaggio in formazioni geologiche appropriate, caratterizzate da bassissima permeabilità e situate in zone geologicamente stabili. Le scorie ad alta attività sono state destinate dagli USA nelle Yucca Mountains, ma l'attivazione del sito delle Yucca Mountains sta subendo dei ritardi in quanto si sono trovate evidenze dell'esistenza di sismicità in epoche geologiche passate. Un altro aspetto critico, generalmente sottaciuto, è la grande quantità di acqua richiesta da una centrale nucleare per il raffreddamento di alcune sue parti. Anche in condizioni di normalità, le elevatissime temperature raggiunte nel nocciolo richiedono grande asporto di calore e consumi di acqua nettamente maggiori rispetto alle centrali alimentate da combustibili fossili.

Ma quale è il costo del kWh nucleare?

I problemi relativi al trattamento delle scorie o allo smantellamento degli impianti al termine della loro vita introducono molta incertezza nei metodi usuali di calcolo, che si fanno per qualsiasi fonte di energia. Se, in particolare, una sistemazione affidabile dei rifiuti radioattivi pone tuttora problemi complessi di ricerca, non solo dal punto di vista geologico, ma anche dal punto di vista della fisica, in assenza cioè di una procedura standard, come si può stimare un costo per questa procedura? Si aggiunge a questo l'aumento incessante del costo dell'uranio: di oltre nove volte dal 1999 al 2007, come afferma l'A.D. di Enel, Fulvio Conti, dinanzi alla Commissione Attività Produttive della Camera il 5/12/07. E si aggiunge, a differenza delle altre fonti energetiche, l'incertezza sui tempi di realizzazione degli impianti che implica ulteriore differimento nella remunerazione degli ingenti capitali investiti. E' questo il caso, ad esempio, il caso del reattore in costruzione in Finlandia, che ha già registrato un ritardo di quasi tre anni con un extracosto già valutato ad oltre due miliardi di euro. Quanti poi hanno avanzato proiezioni di costo del Kwh nucleare (per es. EIA/DOE: "Annual Energy Outlook 2004 and Projections to 2025"; MIT, 2003; ed altri), che tengono conto di tutti gli elementi sopra citati ed anche delle caratteristiche dei reattori di nuova concezione, pervengono comunque a stime dell'ordine dei 0,06-0,07 €/Kwh, cui vanno aggiunte le sovvenzioni statali previste negli Stati Uniti anche da recenti iniziative di Bush (2005). Stime dunque, decisamente più elevate del costo del kWh a gas o a olio combustibile, ma anche prodotto con il vento! E quanto al costo del kWh elettrico prodotto in Italia, gravemente penalizzato dalla mancata scelta nucleare, vale la pena qui di citare - sempre per misurare la realtà dell'informazione insistita - l'Indagine conoscitiva del 2006 della Commissione Attività produttive della Camera (Presid. On. Tabacci), da cui apprendemmo che sin dal settembre del 2005, per quanto riguarda l'Italia," il prezzo medio è sensibilmente minore rispetto a quello delle altre borse, con la sola eccezione della Spagna." Deriva da ciò "l'inversione di tendenza che spesso negli ultimi mesi ha caratterizzato i flussi di energia tranfrontalieri, con abituali esportazioni dall'Italia verso la Francia." La questione del prezzo dell'energia in Italia, in particolare dell'energia elettrica, e della destinazione speculativa delle importazioni di gas è parte essenziale della questione. Generazione quarta o... terza o... più probabilmente rivisitazione della seconda?

I problemi citati sono alla base della situazione attuale di crisi drastica del settore nei paesi più avanzati, che pure avevano perseguito con decisione nel passato questa produzione di energia. Nasce da qui il progetto di ricerca guidato dagli Stati Uniti "Generation IV" con l'obiettivo di mettere a punto un nuovo tipo di reattore e di ciclo del combustibile nucleare in modo da conseguire un grado migliore di sicurezza, tale da superare la indisponibilità dell'opinione pubblica per un rilancio del nucleare dopo lo stallo del 1978 e, soprattutto, a seguito degli incidenti di Three Miles Island e di Chernobyl e per migliorare la competitività economica in modo da superare la indisponibilità delle imprese elettriche. Nel 2000 Generation IV è divenuto un consorzio di paesi guidato dagli Stati Uniti, cui recentemente si è aggiunta anche l'Italia, finalizzato allo studio di reattori di nuova concezione tali, appunto, di fornire risposte risolutive sul piano dei costi, della sicurezza, dell'uso ottimale dell'uranio e della riduzione delle scorie. La ricerca è indirizzata ad un ampio spettro di tecnologie. In particolare, la più parte dei progetti perseguiti riguarda reattori che utilizzano, come la filiera perseguita in passato dai francesi, l'uranio 238, ben più abbondante in natura dell'uranio 235. Si tratta tuttavia di passare, come abbiamo già ricordato, attraverso la produzione di Plutonio, materiale fortemente tossico e ingrediente principale per le Bombe. Si presentano problemi difficili e il rischio di proliferazione sarebbe ulteriormente aumentato. Se i problemi citati potranno essere superati, Generation IV prevede la messa a punto di un prototipo di nuovo reattore non prima del 2025 ma l'eventuale funzionamento di nuove filiere atomiche andrebbe a regime in tempi assai lontani per ridurre l'emergenza planetaria dovuta ai cambiamenti

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climatici già in corso. Con l'allontanarsi nel tempo della disponibilità commerciale (2040) dei reattori di IV generazione, è invalso da qualche tempo l'uso di denominare di III generazione i reattori usuali cui sono stati apportati alcuni miglioramenti derivanti soprattutto dall'esperienza dell'incidente di Three Miles Island. Questi miglioramenti, pure significativi, non rappresentano tuttavia un salto di qualità per la tecnologia nucleare, soprattutto dal punto di vista della sicurezza. Dire, in particolare, che questi reattori incorporano tecnologie di sicurezza intrinseca non risponde a verità. Va da sé poi che le risorse di uranio al mondo non sarebbero sufficienti per aumentare cospicuamente la capacità installata. Ma, in questa prospettiva di scarsa disponibilità dell'uranio, è evidente che, per l'Italia, con il Governo Berlusconi ci si sta avventurando con i reattori di III generazione ad adottare per un periodo che non può essere superiore a qualche decennio una tecnologia costosa e pericolosa, che non porta con sé effetti decisivi sul cambiamento climatico. Stando alle dichiarazioni vaghe del ministro per lo sviluppo economico - che dichiara di non credere alla IV generazione ("aspetteremmo il 2100") - il governo italiano promuoverebbe a caro prezzo un programma arretrato e intrinsecamente insicuro di centrali "tradizionali". "Non esiste oggi ciclo del combustibile nucleare che non sia intrinsecamente proliferante". A questa conclusione giunse nel 1980 la Conferenza INFCE (International Nuclear Fuel Cycle Evaluation) promossa dalle Nazioni Unite e tutti i paesi che si sono dotati della bomba (India, Israele, Pakistan, Brasile, Nord Corea,...), lo hanno fatto passando ufficialmente sotto l'egida dell'uso pacifico dell'energia nucleare. La sottrazione e l'impiego di materiali radioattivi appare poi una possibile risorsa del terrorismo. Nello scenario mondiale il terrorismo globale è una minaccia attualissima. Gli impianti nucleari, se da una parte possono diventare obiettivi sensibili per i terroristi, dall'altra producono scorie dal cui trattamento non solo viene estratto il plutonio, materia prima per la costruzione di armi a testata nucleare, ma anche tutto quell'inventario di materiali radioattivi che possono rappresentare, in mano al terrorismo, gravi minacce.

Allora? Che cosa fare?

La strada su cui procedere è quella a cui ci impegna la strategia decisa in sede europea: entro il 2020, realizzare il 20% di risparmio energetico e il 20% di fonti rinnovabili. Si tratta di obiettivi, dal punto di vista quantitativo, assai più rilevanti del programma nucleare del Governo: questo dovrebbe coprire, infatti, il 25% dei consumi elettrici, che sono meno di un terzo dei consumi complessivi. Con gli impegni europei, si tratta invece, come si è detto, di sostituire - tra risparmio e fonti rinnovabili - il 40% dei consumi complessivi. In questa sede non entriamo nel dettaglio delle tecnologie per l'uso più efficiente dell'energia e per l'impiego delle fonti pulite, alternative ai combustibili fossili. Basterà qui osservare come l'obiettivo definito dall'Unione Europeo poggia la sua coerenza sul decollo accelerato di queste tecnologie che si registra ormai in molti Paesi e che è nei programmi annunciati da Obama, ma anche dalla Cina.

Si va

• dai parchi eolici ai pannelli fotovoltaici, • al ricorso al solare termodinamico collegato con l'immagazzinamento del calore ad alta temperatura in

serbatoi salini ad alta capacità termica, • ai progetti per la produzione di idrogeno con l'impiego del sole, del vento e la utilizzazione di questo

con le celle a combustibile e nei motori,

Mentre per alcuni settori - cogenerazione, calore solare, elettricità dal vento, processi di gassificazione di biomasse - si tratta di tecnologie già decisamente competitive, in altri settori l'Unione Europea sostiene la ricerca per ridurre i costi dei materiali, aumentare i rendimenti, rendere più affidabili le tecnologie, ad esempio per l'inserimento dell'elettricità prodotta dalle fonti intermittenti (sole, vento) nelle reti.

Si tratta di prospettive velleitarie?

Non sembra, se consideriamo la crescita accelerata di questi settori in Germania, Spagna, Danimarca, ma anche in Giappone. E, quanto agli Stati Uniti, lo studio di fattibilità di Zweibel, Mason e Fthenakis (cfr. "Le Scienze", marzo 2008), tre fra i massimi esperti di energia solare e fonti rinnovabili, prevede entro il 2050 la fornitura del 69% dell'elettricità e del 35% della sua energia totale (inclusi i trasporti, quindi) per mezzo di soli impianti solari, a prezzi paragonabili a quelli attuali.. Nei paesi europei in cui la produzione di tecnologie solari e eoliche si è andata consolidando, la dinamica espansiva dell'occupazione e del fatturato è emersa in tutta evidenza nel periodo 2000-2005, spesso in contrapposizione alla contrazione dell'attività produttiva che ha diffusamente investito il comparto manifatturiero. Da questo contesto l'Italia sembra tuttavia distaccarsi, manifestando un'evidente debolezza competitiva rispetto alle performance europee e presentando, almeno per ora, deboli presupposti per la costruzione di una nuova capacità competitiva in quest'ambito.

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