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0 APPUNTI DI FISICA AMBIENTALE PARTE I ACUSTICA Prof. ing. Riccardo Fanton A.s. 2012-2013 Istituto Tecnico S.B.BoscardinVicenza

APPUNTI DI FISICA AMBIENTALE di testo...In fisica, si chiama onda qualsiasi perturbazione che si propaga con una velocità costante. Vedremo che sono fenomeni di questo tipo il suono,

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0

APPUNTI

DI

FISICA AMBIENTALE PARTE I

ACUSTICA

Prof. ing. Riccardo Fanton

A.s. 2012-2013

Istituto Tecnico “S.B.Boscardin”

Vicenza

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Versione n.02-2014

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MODULO N. 1 - LE ONDE MECCANICHE

1) MOTO CASUALE E MOTO COLLETTIVO.

In meccanica ci siamo occupati della descrizione dei moti, di uno o due corpi, che avvenivano

nello stesso intervallo di tempo; in definitiva era necessario poter individuare istante per istante la

posizione dei singoli oggetti tramite un modello matematico.

Questo metodo di affrontare il problema del moto fallisce quando il numero di oggetti da

considerare diventa molto grande, come ad esempio per le molecole in un gas o in un liquido.

Ciascuna molecola si muoverà in modo casuale in tutte le possibili direzioni, sotto l’azione

esercitata dalle altre molecole che la circondano e di eventuali forze esterne. Poiché è impossibile

cercare di calcolare e osservare il moto di ogni singola

molecola1, ci si deve accontentare di descrivere

solamente il comportamento medio del sistema in

esame. Ad esempio per i gas la temperatura è

strettamente legata all’energia cinetica media con cui

traslano le molecole, mentre la pressione è una misura

del numero di molecole medio che urtano sulla parete e

della variazione media di quantità di moto che ciascuna

molecola subisce.

Si è costretti, in definitiva, ad accontentarci di una

descrizione meno precisa (statistica) dei fenomeni a

causa della difficoltà sia sperimentale che matematica

di seguire simultaneamente un grande numero di

eventi.

Esistono, però, altri tipi di perturbazione che si

propagano in un mezzo con una velocità ben definita.

Consideriamo, per esempio, la perturbazione della

superficie di un liquido come l’acqua. In equilibrio, a

causa della gravità, la superficie libera è orizzontale.

Se si fa in modo che la superficie sia più alta su un lato

del recipiente, l’acqua fluirà fintanto che il livello non

sarà ovunque lo stesso. Su un lago invece, la cui

superficie è abbastanza grande rispetto alla

perturbazione, un’increspatura prodotta dal passaggio

di un motoscafo si propagherà a grande distanza: essa

può essere osservata da una riva lontana molto tempo

dopo che è stata prodotta.

In fisica, si chiama onda qualsiasi perturbazione che si propaga con una velocità costante.

Vedremo che sono fenomeni di questo tipo il suono, i terremoti, la luce e, in meccanica

quantistica, troveremo che in certe situazioni anche le masse si possono descrivere come onde.

2) DESCRIZIONE DI UN’ONDA.

Per arrivare a comprendere cosa s’intende con il termine onda esaminiamo ora un semplice

esperimento.

1 Una mole di una sostanza contiene un numero di Avogadro di molecole cioè:

23106 particelle

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Leghiamo una corda molto lunga ad un chiodo e mettiamola in tensione orizzontalmente

(fig.1.a) . Applichiamo, all’estremo sinistro un movimento verticale molto rapido, di ampiezza A,

verso l’alto (istante t1) riportandolo poi nella posizione iniziale ( istante t2). Si osserva, negli

intervalli di tempo successivi che, nonostante la corda resti in tensione, lungo di essa si propaga

un’increspatura di ampiezza A costante e di forma identica a quella assunta all’istante t2 dopo che

la sorgente della perturbazione aveva cessato di funzionare. Interpretiamo da un punto di vista

fisico questo fenomeno. Le figure 1.c),d),e) riportano l’andamento della perturbazione in istanti

successivi; si vede che la forma geometrica della cresta, nei tre casi è identica quindi, una volta

individuata, si potrà costruire un’equazione matematica che la descriva.

Associando un sistema di riferimento cartesiano alla corda, con l’origine nel suo estremo

sinistro e l’asse delle x lungo la corda stessa, la fig.1.c) può essere rappresentata da una funzione:

xfy [1]

che ha dominio compreso tra i punti “i”

ed “f” (fig.2); in altri termini calcolando

la [1] per i valori di x corrispondenti ai

punti 1,2 e 3 si troveranno i

corrispondenti spostamenti y1, y2 e y3 dei

punti della corda rispetto all’orizzontale

nell’istante t2 considerato. La situazione

rappresentata in fig.3 corrisponde alla

corda nell’istante successivo t3. La forma

dell’equazione è identica (isometrica2) a

quella iniziale e si può ottenere dalla

formula [1] tramite una traslazione

orizzontale di vettore s

L’equazione di una traslazione

orizzontale in avanti è:

)( sxfy [2]

Dato che la perturbazione si è spostata a

velocità costante (vedi la definizione di

onda al paragrafo precedente) il vettore

spostamento vale:

tVs [3]

dove V è la velocità con cui si sposta la

perturbazione lungo la corda e t è l’intervallo di tempo tra le due posizioni

indicate in figura. Sostituendo la [3] nella [2] si ottiene:

tVxfy [4]

2 Per un breve ripasso delle proprietà delle isometrie e delle affinità, studiate in matematica, vedere l’appendice A.

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La [4] descrive una funzione che trasla nel verso positivo dell’asse X. Nel caso si voglia un’onda in

moto nel verso negativo dell’asse delle X l’argomento della funzione avrà lo spostamento cambiato

di segno, cioè:

)( tVxfy [5]

Qualsiasi funzione che abbia come gruppo di variabili la quantità )( tVx può essere utilizzata per

descrivere un fenomeno di tipo ondulatorio ed essere quindi l’equazione di un’onda.

Esempio n.1

Consideriamo una funzione del tipo:

)(3 tVxy [6]

supponiamo che descriva una perturbazione che

all’istante t=0 s si estenda nella zona compresa tra

l’ascissa 0 e l’ascissa 2 e si propaghi verso destra con

una velocità V= 2 m/s. Determiniamo le posizioni

negli istanti t2= 2s, e t3=3 s.

Dalla [6] otteniamo:

6)022(32

3)021(31

0)020(30

33

22

11

yx

yx

yx

I punti risultanti sono indicati in fig.4 a).

Nell’istante t2 si ha un t=1-0=1 s, quindi, le

posizioni corrispondenti alle x, precedentemente

calcolate per la curva traslata, si possono ottenere

dalla [3] scritta nella forma:

tVxx ii '

che applicata ai tre punti in esame dà:

6)124(34122

3)123(33121

0)122(32120

'3'3

'2'2

'1'1

yx

yx

yx

fig.4

risulta che i valori delle ordinate sono gli stessi del caso precedente dando luogo ad un grafico

identico ma traslato in avanti del vettore s (fig. 4 b) come avevamo previsto. Con calcoli analoghi

3 si ottengono i punti corrispondenti alla situazione definita dalla fig.4c) che

rappresenta l’onda all’istante t3.

3 Prova a fare i calcoli!

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La velocità con la quale trasla la perturbazione viene definita velocità di fase dell’onda ed è

sempre una costante per il fenomeno ondulatorio in esame.

3) PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE.

Torniamo all’esempio della corda e poniamoci la seguente domanda: cosa trasla in avanti ?

In altri termini che cosa rappresenta la funzione d’onda:

tVxfy [4]

nel caso della corda?

Osservando la figura 3 si capisce che i risultati della formula [4] rappresentano degli

spostamenti verticali dei punti appartenenti alla corda che si trovano normalmente sull’asse x. Cioè

sono dei vettori spostamento in direzione y.

E’ altrettanto evidente che non c’è nessun

spostamento di materiale lungo l’asse x, cioè nella

direzione del moto dell’onda. Ora, per alzare la piccola

massa associata ad ogni elemento di corda, è necessario

fornire dell’energia che prima non c’era quindi, quando

l’onda si sposta lungo l’asse delle x, trasporta solo

energia ed esattamente4 quella generata dalla sorgente

nel periodo iniziale.

Questa proprietà delle onde è valida per qualsiasi

tipo di fenomeno dal più semplice (onde elastiche su una

corda) al più complesso (onde elettromagnetiche). Ne

segue che se due onde dello stesso tipo si propagano in

un mezzo, ad esempio provenendo da parti opposte, si

ha un’interferenza e non un urto come ci si potrebbe

aspettare. Questo nuovo fenomeno sarà studiato

approfonditamente più avanti ma possiamo già

descriverlo nel caso della corda.

Dato che in un punto, P, quando sono presenti

ambedue le onde si ha simultaneamente l’energia

trasportata da tutte e due le perturbazioni, il risultato è la

somma vettoriale degli spostamenti che le singole

energie produrrebbero separatamente.

Una volta superata la zona di sovrapposizione le

onde si separano e procedono riformando la stessa figura

che avevano prima dell’interferenza.

Questo effetto, che sperimentalmente si è sempre verificato, dà luogo ad un importante

principio per la fisica ondulatoria cioè il Principio di sovrapposizione:

“Due diverse onde dello stesso tipo si propagano in un mezzo indipendentemente una dall’altra; la

perturbazione risultante in ogni punto dello spazio ed in ogni istante è la sovrapposizione ( somma

vettoriale) delle perturbazioni dovute a ciascuna onda.”

4 In tutta la trattazione faremo l’ipotesi che l’energia iniziale non venga assorbita dal mezzo nel quale si propaga e

quindi che essa rimanga costante.

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Il principio di sovrapposizione ci permette di trattare il problema di forme d’onda, anche

complicate, che provengono da direzioni diverse in uno stesso punto. In fig.5 è mostrato

graficamente cosa accade quando due onde , provenienti da direzioni opposte , s’incontrano.

4) ONDE ARMONICHE

Tra tutte le possibili funzioni matematiche la sinusoidale5 y=sen (x) (rappresentata in fig.6) è

quella che più ricorda la forma di un’onda intesa secondo il senso comune.

Ricordiamo brevemente quali sono le caratteristiche della funzione seno.

- Ampiezza: il valore assoluto massimo che la funzione assume è 1.Segue:

x 1)sen(1 x [6]

- Periodicità: la forma della funzione si ripete identica ogni 2 , quindi:

Znxx ncon )2sen()sen( 6 [7]

Da un punto di vista sperimentale si è verificato che l’andamento di questa funzione è

congruente con la descrizione di molte perturbazioni che si manifestano in natura.

E’ però immediato che la funzione va adattata per poter descrivere situazioni che presentino

ampiezze diverse dall’unità e periodicità qualsiasi. Inoltre è bene puntualizzare che la fig,6

rappresenta una funzione continua che occupa tutto l’asse x

mentre un’onda può essere limitata ad una piccola regione di

spazio.

In altri termini ci serve una funzione che abbia un

grafico del tipo indicato in fig.7 dove:

- l’ampiezza possa essere un valore A qualsiasi;

- il periodo, che da ora chiameremo lunghezza d’onda , a

sua volta possa essere una misura di nostra scelta;

- il grafico deve essere dipendente dal tempo e spostarsi

isometricamente lungo l’asse delle x.

Traslazione

Per fare in modo che la curva trasli in direzione x abbiamo visto, al punto 2), che basta sostituire

la variabile x con il gruppo (x-Vt). Ora, dato che i fenomeni possono sempre essere analizzati

a partire da un tempo iniziale pari a zero, si può sostituire t con la variabile t ottenendo:

5 Tutto quello che diremo per la funzione y=sen(x) vale anche per la funzione y=cos(x) e di conseguenza per le onde di

tipo cosinusoidale. 6 Z è l’insieme degli interi positivi zero incluso quindi : n =0,1,2,3,4….

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)sen( Vtxy [8]

Dilatazione o contrazione verticale

L’equazione [8] permette di avere una funzione che trasla in direzione x a mano a mano che il

tempo t passa, ma è condizionata dal fatto che, per la condizione [6], il suo valore massimo è

sempre uguale all’unità.

Dallo studio delle affinità7 sappiamo che se si vuol ottenere una dilatazione o una contrazione

verticale è sufficiente moltiplicare la funzione per una costante pari, in questo caso, al valore

massimo che si vuol ottenere per il fenomeno; detta A l’ampiezza massima dell’onda che si sta

studiando la nuova funzione d’onda risulterà:

)sen( VtxAy [9]

Dilatazione o contrazione orizzontale.

L’equazione [9] permette di avere una funzione di ampiezza massima, A, qualsiasi che trasla in

direzione x. Rimane però la limitazione dovuta alla periodicità spaziale della funzione seno che

è di 2 come indicato dalla condizione [7]. Le onde che studieremo potranno avere delle lunghezze che andranno dai nanometri ai megametri, pertanto, risulta necessario modificare

ancora la [9] inserendo un parametro k che permetta di produrre una affinità sull’asse x,

ottenendo:

)](sen[ VtxkAy [10]

L’equazione [10], che è rappresentata in fig.7, soddisfa tutte le caratteristiche necessarie per

descrivere un fenomeno ondulatorio in quanto, tramite la traslazione di vettore Vt, la funzione

scorre lungo l’asse x isometricamente, la dilatazione (compressione) in direzione y descrive

fenomeni che abbiano ampiezze più o meno grandi a seconda delle necessità e, infine, con la

dilatazione (compressione) in direzione x otteniamo onde che occupino una regione di spazio lungo

a piacere.

La [10]8 è definita equazione di un’onda armonica nel caso di propagazione

monodimensionale.

4.1) PARAMETRI DI UN ONDA ARMONICA.

L’equazione dell’onda armonica presenta una serie di parametri a cui va associato un preciso

significato fisico; in particolare deve essere precisato il significato di A e di k.

- Ampiezza A: Riprendiamo l’esame della perturbazione prodotta su una corda rappresentata in

fig.1. Risulta immediato che l’ampiezza, in questo caso, è l’altezza massima che l’operatore (la

sorgente) raggiunge quando solleva l’estremo della corda. In altri termini l’ampiezza A è un

parametro dipendente solo dalla sorgente e caratteristico di ogni onda. Negli esempi

rappresentati nelle figure 7 e 8 l’ampiezza è ottenuta abbassando l’estremo della corda di una

quantità -A e poi sollevandolo di una quantità +A verso l’alto prima di riportare l’estremo nella

sua posizione iniziale.

8 L’equazione )](cos[ VtxkAy è del tutto equivalente alla [10] tranne per il fatto che il suo punto di partenza a

ordinata A anziché zero.

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- Velocità di fase V: In base alla definizione di onda la velocità con cui trasla l’energia deve

essere una costante di sistema. Vedremo che essa dipende solamente dalle caratteristiche del

mezzo in cui si propaga l’energia. Nel caso della corda dipenderà ad esempio dalla sua sezione

e dal materiale con cui è costruita.

- Periodo T: La sorgente, per innescare l’onda9 impiegherà sicuramente un ben preciso intervallo

di tempo che identificheremo con T. Esso è un parametro caratteristico dell’onda e dipende

solamente dalla sorgente.

- Frequenza (nu): è definita come l’inverso del periodo cioè

T

1 [11]

che dà una misura della rapidità con cui oscillano i punti; dipende dalla sorgente e può essere

fornito in alternativa al periodo.

- Lunghezza d’onda : La prima “dose” di energia fornita dalla sorgente comincia subito a traslare in direzione x e, a mano a mano che il movimento dell’estremo continua per il tempo T,

arriverà ad una distanza:

V

VT [12]

dal punto iniziale. Anche questa grandezza rappresenta uno dei parametri caratteristici

dell’onda e dipende sia dalla sorgente (T) che dal mezzo(V).

In Figura 8 sono evidenziati alcuni di questi parametri in un istante t>T.

Rimane da definire il significato fisico della costante k.

- Numero d’onda k: Abbiamo visto nel paragrafo precedente che la funzione seno senza

trasformazioni ha un periodo di . Questo significa che la forma dell’onda senza la dilatazione

k avrebbe sempre una lunghezza = 6,28. Scriviamo le equazioni d’onda per i punti i ed f , nell’istante t rappresentato in fig.8:

0)](sen[

0)](sen[

VtxkAy

VtxkAy

ff

ii [13]

9 Ad esempio per muovere l’estremo della corda prima verso il basso, poi verso l’alto e ritornare al punto di partenza.

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come si vede dalla figura le due equazioni sono simultaneamente nulle. Dalle caratteristiche della

funzione seno sappiamo che questo avviene quando la differenza di argomento è un multiplo intero

di 2 e in questo caso quando n=1 nella [7]. In formule:

2)()( VtxkVtxk if

che semplificata diventa:

2)(

2

2

if

if

if

xxk

kxkx

kVtkxkVtkx

[14]

Dalla fig.8 risulta if xx

Che sostituita nell’ultima delle [14] porta a:

2k [15]

e in definitiva:

2k [16]

Quindi k rappresenta il numero di lunghezze d’onda che sono contenute nel parametro costante di

confronto 2. Se k>1 significa che l’onda è più corta di 6,28 (è compatta) se viceversa k<1 l’onda è

più lunga di 6,28.

Molto spesso il numero d’onda k è chiamato anche pulsazione spaziale perché dà un’idea di quanto

è rapido il ripetersi dell’onda nello spazio.

- Pulsazione temporale : usando la definizione di lunghezza d’onda [12], la [15] può essere

scritta nella forma:

2kVT

22

TkV [17]

Questa grandezza rappresenta la rapidità con cui le particelle oscillano, nel caso della corda,

trasversalmente rispetto all’asse x. La pulsazione temporale dipende solo dalla sorgente.

La forma [10] dell’equazione d’onda può ora essere rielaborata utilizzando i parametri sopra

descritti per ottenere delle nuove formule che apparentemente differiscono dalla prima in cui si

evidenzia chiaramente il gruppo (x-Vt) che caratterizza le onde. Infatti:

]sen[

)](sen[

kVtkxAy

VtxkAy

che per la [17] diventa:

)sen( tkxAy [18]

formula in cui sono messe in evidenza le pulsazioni spaziale e temporale. Oppure esplicitando i

valori di k e e raccogliendo 2 si ha:

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10

T

txAy

2sen [19]

dove sono evidenziate la lunghezza d’onda e il periodo. L’una o l’altra di queste forme saranno

utilizzate a seconda dei dati e delle condizioni imposte dai vari problemi.

Fase (o angolo di fase). L’argomento della funzione seno [k(x-Vt)] è la fase dell’onda. Quando

due onde passano simultaneamente per lo stesso punto si dicono in fase se il valore di questo

gruppo di variabili è esattamente lo stesso. Sono in controfase se la differenza tra le due fasi è

esattamente ; sono sfasate se differiscono di un qualsiasi altro valore. Risulta chiaro che se due onde sono in fase hanno la stessa lunghezza d’onda.

4.2) Nomenclatura

- Onde e treni di onde: Nell’esempio

della corda abbiamo utilizzato una

perturbazione singola. In altri termini la

sorgente imprimeva una sola oscillazione

all’estremo della corda e poi non forniva

altra energia al sistema. Effettivamente

quella che si propaga in questo caso è

un’onda. Se viceversa La sorgente

continua a far oscillare sempre nello

stesso modo l’estremo della corda la

situazione che appare è rappresentata in

fig. 9. In questo caso di onde complete

ne appaiono più di una (2,5) quindi sono

dei ”vagoni” tutti uguali collegati a

formare un “treno di onde”. Molto

spesso, nel linguaggio comune, un treno

d’onde viene definito un’onda. La cosa è

evidentemente imprecisa ma è accettata

se non comporta confusioni nel caso

che si sta analiz-zando.

- Onde trasversali e longitudinali: Le onde trasversali sono quelle in cui lo spostamento

materiale, prodotto dall’ energia che trasla in direzione x, avviene in direzione trasversale y

come nel caso dell’onda rappresentata in fig.9. Le onde longitudinali hanno la caratteristica di

avere sia l’energia che gli spostamenti materiali che avvengono nella stessa direzione x. Ad

esempio in fig. 10 è rappresentato un treno d’onde di compressione e rarefazione che viene

innescato su una lunga molla tenuta in tensione e vincolata nell’estremo destro. Come si nota

non appare la classica forma dell’onda sinusoidale ma gli spostamenti in direzione x possono

ugualmente essere calcolati con una formula del tipo:

)sen( tkxAx [20]

dove x rappresenta di quanto si sta spostando nell’istante t la parte di molla che in quiete normalmente si trova in x.

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- Onde polarizzate: Le onde trasversali che abbiamo descritto fino a questo momento sono onde

che oscillano su un piano xy e vengono dette onde

polarizzate. Esistono però onde che possono non essere

polarizzate cioè che oscillano istante per istante su piani

diversi. Un esempio facilmente comprensibile di onda non

polarizzata è costituito da una corda tesa che venga fatta

oscillare in modo che il suo estremo venga prima alzato

verticalmente poi diagonalmente con angoli variabili con

continuità. La corda serpeggerà in modo sinusoidale ma

gli spostamenti saranno in direzioni diverse da punto a

punto rispetto all’asse y. In figura 11 è rappresentata una

corda sulla quale scorre un’onda non polarizzata che

attraversa una fenditura verticale. Le due pareti

assorbono, tramite urti, l’energia che produce gli

spostamenti diversi da quelli verticali mentre lascia passare la parte d’onda che causano

oscillazioni parallele alla fenditura trasformandola in un’onda polarizzata.

5) ONDE MONODIMENSIONALI, BIDIMENSIONALI E TRIDIMENSIONALI

5.1) ONDE MONODIMENSIONALI.

Abbiamo utilizzato come esempi onde che si propagavano lungo una corda; il mezzo,

sostanzialmente, è definito da una sola dimensione in quanto le altre due sono non significative

rispetto alla lunghezza della fune. In questo caso si parla di onda monodimensionale.

Nell’equazione d’onda basta una coordinata spaziale per definire la situazione di qualsiasi

posizione del mezzo. La rappresentazione

grafica di un’onda trasversale

monodimensionale è data dalla fig.9.

5.2) ONDE BIDIMENSIONALI

(SUPERFICIALI)

Supponiamo di rifare l’esperienza

della corda sostituendola con un lenzuolo

bloccato su di un bordo al muro (fig.12). Il

risultato che si ottiene, alzando e

abbassando periodicamente il lembo S del lenzuolo, è identico in tutte le sezioni che si possono fare

parallelamente al muro, e ha la classica forma di un’onda armonica su una corda.10

Per descrivere

questa perturbazione basta studiare ciò che accade sulla linea che corrisponde ad una sezione

trasversale in un punto lungo l’asse11

x di propagazione e considerare tutti i punti che hanno la

stessa ascissa in moto nello stesso modo. In questo caso l’equazione dell’onda sarà:

z )](sen[ VtxkAy [21]

10

D’altra parte il lenzuolo è un insieme di fili longitudinali collegati da fili trasversali…. 11

L’asse x è posto lungo il bordo orizzontale della figura, l’asse z lungo il bordo S e gli spostamenti avvengono lungo

l’asse y.

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L’onda appena descritta è chiaramente bidimensionale e prende il nome di “onda di superficie” in

quanto interessa solamente una superficie, in senso geometrico, senza uno spessore di dimensioni

significative rispetto alle altre due.

5.3) ONDE TRIDIMENSIONALI

La cosa si complica se anziché un

“lenzuolo” mettiamo in vibrazione uno

strato di materiale il cui spessore sia

significativo rispetto alle altre due

dimensioni. In tal caso la situazione è

quella rappresentata in fig.13.

Si osserva che i punti aventi la

stessa coordinata x giacciono su un piano

yz in cui il valore della perturbazione y è

identico per ognuno di essi. Si usa, in

questo caso, rappresentare le onde,

anziché con un disegno complesso come

quello in fig.13, attraverso i soli piani

paralleli a zy su ognuno dei quali il valore

dell’onda è l’ampiezza massima12

(fig.14)

cioè i piani tracciati sulle creste delle

onde, quindi distanti tra loro una lunghezza d’onda.

La perturbazione appena descritta è un’onda tridimensionale e prende il nome di onda piana

essendo tutti i punti dello spazio, contenuti in piani paralleli, in oscillazione con la stessa ampiezza

e fase. E’ immediato dedurre che l’onda superficiale, descritta in fig. 12, è un caso particolare di

onda piana, di spessore nullo, che può essere rappresentata graficamente con un insieme di rette

parallele passanti per le creste (fig.15). Dato che lo schema a “righe” (chiamate anche fronti

d’onda) di fig.15 può descrivere sia onde bidimensionali sia tridimensionali è necessario di volta in

volta specificare di che tipo di perturbazione si tratta.

Nel caso che la sorgente sia all’interno di un materiale (isotropo) e oscilli in tutte le direzioni la

perturbazione assumerà una forma sferica che potrà essere descritta tramite “sfere” passanti per le

12

In alcuni casi si usano i piani passanti per le posizioni in cui si ha l’ampiezza minima.

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creste come indicato in fig.16. Nel caso che la sorgente sia lineare l’onda risultante sarà cilindrica

(fig.17).

6) SISTEMI DI ONDE SPECIFICI

La velocità con cui si propaga un’onda dipende dal mezzo in cui procede; questa può variare da

1m/s (onde sull’acqua) fino alla velocità della luce, c = 3.10

8 m/s. Mentre per molti sistemi è

complesso determinare la velocità di propagazione tramite l’analisi diretta, in alcuni casi è possibile

trovare l’equazione che definisce la velocità tramite l’analisi dimensionale dei parametri del mezzo

che la influenzano. Una volta nota la velocità, la sorgente definisce i parametri, A e T, necessari per

completare la funzione d’onda.

6.1) ONDE SU UNA CORDA TESA. (ONDE ELASTICHE – MONODIMENSIONALI)

Una corda tesa permette il passaggio di onde trasversali; possiamo facilmente verificarlo

effettuando l’esperimento descritto in fig.1. Sperimentalmente, si nota che l’onda si muoverà tanto

più velocemente quanto più grande è la tensione sulla corda. Possiamo quindi ragionevolmente

ipotizzare che la velocità di propagazione delle onde sulle corde dipenda dalla forza F con cui sono

messe in tensione.

Se la corda è sottile rispetto alla sua lunghezza, in maniera da essere completamente

flessibile, possiamo aspettarci che la velocità non dipenda dalla forma della sezione della corda

(quadrata, circolare, rettangolare..). Tuttavia, la velocità potrebbe dipendere dall’area S della

sezione della corda (cioè dal fatto che sia più o meno grossa).

Infine è verosimile che la densità del materiale (che ne identifica la natura chimica) sia un

fattore che influenzi la velocità di propagazione delle onde.

In definitiva i parametri fisici che dovremmo collegare tra loro risultano:

Grandezza Unità di misura

F 2s

kgm

S

2m

3m

kg

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Utilizzeremo ora l’analisi dimensionale per trovare una formula che colleghi queste grandezze per

determinare la velocità di fase delle onde sulle corde.

L’equazione sarà del tipo:

,,SFfV [22]

Nella funzione f non ci possono essere somme o sottrazioni tra questi parametri in quanto, se ci

fossero, uno o due dei tre elementi potrebbero essere, in alcuni casi, nulli e la formula porterebbe lo

stesso ad un risultato diverso da zero per la velocità, cosa fisicamente impossibile.

Ne segue che la funzione dovrà essere un monomio del tipo:

cbaSFV [23]

con a, b, c esponenti interi o frazionari e una costante adimensionale13

. Per la determinazione

della costante si deve procedere sperimentalmente ma per trovare i valori degli esponenti si può

procedere nel seguente modo:

Si scrive l’equazione dimensionale corrispondente alla [23]

ccbaaa

cba

mkgmsmkgsm

mkgmsmkgsm

32211

31221111

si sommano gli esponenti che hanno per base la stessa unità di misura

acbaca smkgsm 23211

dovendo essere uguali le unità di misura dalle due parti dell’uguale, si pongono le uguaglianze

tra gli esponenti delle unità di misura dello stesso tipo; non essendo presente, a sinistra, l’unità

kg la si considera con esponente zero; si ottiene il seguente sistema:

ca

a

cba

0

21

321

Risolvendo il sistema si ottengono i valori degli esponenti cercati:

2

1;

2

1;

2

1 cba

Sostituendo questi valori nella [23] si ha l’equazione cercata:

S

FSFV

2

1

2

1

2

1

Dalla verifica sperimentale si vede che la formula descrive correttamente il fenomeno, quindi si

determina il valore di che, per le corde, vale 1. In definitiva l’equazione cercata risulta:

13

La costante deve essere adimensionale altrimenti l’analisi diventa più complessa e non affrontabile a questo livello di

studi.

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15

S

FV

[24]

A volte è utile scrivere questa formula tenendo conto che Vol

m e che il volume di un cilindroide

è SLVol dove S è l’area della superficie trasversale della corda, m la sua massa totale e L la

lunghezza. Quindi sostituendo nella [24] si ha:

m

FL

SSL

m

FV [25]

Spesso viene fornita la densità lineare della corda definita come:

L

m [26]

che sostituita nella [25] dà:

FV [27]

Le [24], [25] e [27] sono formule equivalenti che permettono di determinare la velocità di

propagazione di un’onda elastica su una corda a seconda dei dati disponibili.

6.2) ONDE DI SUPERFICIE SULL’ACQUA. (BIDIMENSIONALI)

Questo è il fenomeno che, originariamente, ha dato il nome di onde ai fenomeni analoghi

degli altri mezzi; nella realtà si tratta di un processo veramente complicato. Un’onda reale è la

combinazione di tre differenti tipologie di onde sull’acqua. Le tre tipologie caratteristiche sono:

- Onde nell’acqua profonda: sono le onde che s’incontrano sulla superficie del mare o nel mezzo

di un lago profondo. La loro lunghezza d’onda va da 0,30 a 20 m e corrisponde anche alla zona

d’acqua interessata in profondità dalla perturbazione. Infatti la perturbazione esiste solo in

prossimità della superficie; a grandi profondità l’acqua è completamente in quiete14

. Sono onde

gravitazionali, nel senso che l’acqua15

scorre dalle creste verso le valli delle onde sotto l’azione

della forza gravitazionale quindi i parametri che influenzano la velocità, in questo caso, sono e l’accelerazione di gravità g. Ne segue che le onde più lunghe avranno velocità diversa

(maggiore perché dipendono in modo proporzionale da ) di quelle più corte.

- Onde dovute alla tensione superficiale: queste onde sono visibili quando un’improvvisa raffica

di vento colpisce una superficie calma. Esse sono caratterizzate da una lunghezza d’onda molto

corta (un centimetro o meno) e sono dovute alla tensione superficiale dell’acqua dalla quale,

in modo prevalente, dipende la velocità.

14

Salvo che non ci siano correnti naturali comunque non dipendenti dal moto ondoso. 15

Il moto delle particelle in questo caso è rotatorio.

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- Onde nell’acqua poco profonda: le onde nell’acqua cambiano ancora la loro natura se la

profondità dell’acqua h è più piccola della lunghezza d’onda . Mentre nelle onde nell’acqua

profonda la perturbazione penetra nel liquido per circa una lunghezza d’onda, nell’acqua bassa

il fondo stesso costituisce una linea di demarcazione naturale. In questo caso l’onda è ancora

gravitazionale ma non dipende più dalla sua lunghezza d’onda come nel primo caso. Essa

dipende, sostanzialmente, solo dalla profondità h e dall’accelerazione gravitazionale g.

Da una teoria più completa riguardante lo studio delle superfici dei liquidi, si può derivare un’unica

equazione che esprime la velocità delle onde armoniche per tutte le lunghezze d’onda e profondità

dell’acqua:

hgV

2tanh

2

2 [35]

Questa è una formula complicata, che non utilizzeremo, ma che rende chiaramente l’idea della

complessità del fenomeno. Per il nostro corso è importante determinare l’equazione della velocità

specifica per il terzo caso perché essa sarà applicata in laboratorio quando useremo l’ondoscopio

che è lo strumento che ci servirà per visualizzare le proprietà fondamentali delle onde.

- L’ondoscopio: è uno strumento costituito da una bacinella nella quale viene formato un sottile

strato di acqua di altezza h dell’ordine di 1cm o meno, sulla quale poi tramite un soffiatore ad

impulsi di forma lineare o a punta si innescano delle onde superficiali che si propagano in modo

visibile16

. Per fare in modo che la tensione superficiale dell’acqua non interferisca con i

fenomeni si inserirà nella bacinella un tensioattivo17

che renderà non significativo questo

parametro.

Come si vede eliminando la tensione superficiale rimangono solamente le caratteristiche

descritte per il terzo caso: onde superficiali in acqua poco profonda. Si dovrà aver cura di utilizzare,

poi, negli esperimenti delle onde con una lunghezza tale che

h

e fare in modo che le ampiezze, A, delle onde non siano maggiori di h per evitare che l’onda si

rompa contro il fondo. In definitiva, quanto diremo per la velocità è valido solo se:

Ah e 0 [36]

Come detto precedentemente in questo caso sono responsabili della velocità di propagazione

sicuramente la gravità g, dato che si tratta di un’onda gravitazionale, e la profondità h della

bacinella. Le unità di misura di queste grandezze sono:

grandezza Unità di misura

g 2s

m

h m

Effettuiamo ora l’analisi dimensionale.

16

Il meccanismo e le caratteristiche di funzionamento dell’ondoscopio saranno spiegate dettagliatamente in laboratorio. 17

Un tensioattivo, ad esempio un detersivo, ha la caratteristica di eliminare la tensione superficiale del liquido in cui è

immesso.

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17

La funzione sarà del tipo:

hgfV ,

Anche in questo caso si deve trattare di un monomio del tipo:

bahgV

L’equazione dimensionale associata è:

bba

baa

smsm

msmsm

2)(11

211

Si determina il sistema:

b

ba

21

1

le cui soluzioni sono : 2

1a ;

2

1b

Sperimentalmente si vede che il coefficiente vale 1, quindi la formula finale risulta:

ghV [37]

che, nelle condizioni sopraindicate, dà risultati congruenti con la [35].

7) ONDE ACUSTICHE NEI GAS (TRIDIMENSIONALI): IL SUONO

Le perturbazioni, sulle corde e

sull’acqua, sono esempi di onde trasversali

facilmente comprensibili. Affrontiamo ora un

caso più complesso quello delle onde sonore.

Immaginiamo una superficie metallica

sottile messa rapidamente in oscillazione(fig.19).

E’ intuitivo che, se tale oscillazione avviene in

un gas, ad esempio nell’aria, la superficie urta

contemporaneamente tutte le molecole gassose

che si trovano, in quell’istante, su un piano

parallelo alla lamina stessa. Dalla teoria cinetica

dei gas18

si dimostra che l’effetto di urti

microscopici su una superficie si identifica con

uno stato di pressione sulla parete e, allo stesso

tempo per il principio di azione e reazione, sulle

molecole che com-pongono lo strato d’aria.

Invertendo il verso del suo moto di

oscillazione la lamina crea, per le stesse

molecole, uno stato di depressione

18

La teoria cinetica dei gas verrà sviluppata più avanti, ma dalla termologia vista nei primi anni ,già avete utilizzato

l’equazione di stato dei gas che ne deriva.

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18

costringendole quindi ad oscillare attorno alla loro posizione iniziale con la stessa frequenza della

vibrazione della lamina. Le molecole del primo strato, nella fase di compressione, trasmetteranno la

perturbazione ad uno strato successivo il quale entrerà a sua volta in oscillazione con la stessa

frequenza e propagherà la perturbazione ad un nuovo strato innescando un processo a catena di

trasmissione di uno stato di pressione che può essere descritto come un’onda longitudinale19

piana, quindi tridimensionale come indicato in fig.19.

Queste onde di pressione non trasportano materia, in quanto le particelle del gas presenti in ogni

singolo strato oscillano attorno alla loro posizione iniziale, ma determinano solamente una

variazione armonica di pressione. L’equazione di un’onda di questo tipo è:

)sen( tkxpp o [38]

dove p è la variazione di pressione prodotta rispetto a quella atmosferica, p0 è il valore massimo

della sovrapressione (l’ampiezza di pressione) mentre gli altri parametri hanno il significato usuale.

Il suono, in definitiva, è solo l’effetto di un’onda di pressione che, per essere individuata,

necessita di una frequenza, di un’ampiezza di emissione e di una velocità di propagazione. I primi

due parametri dipendono dalla sorgente sonora considerata, mentre la velocità di propagazione

dipende dal mezzo in cui viene trasmesso il suono ( aria, liquidi, ecc…). Si comprende subito che il

suono non può essere trasmesso attraverso il vuoto mancando il supporto meccanico su cui

innescare l'onda di pressione.

Resta da determinare, come nel caso degli altri tipi di onda visti in precedenza, la velocità di

propagazione; per farlo useremo ancora l’analisi dimensionale.

Dato che le onde sonore in un gas sono dovute a piccole variazioni locali di pressione e

densità, ci aspettiamo che la velocità dipenda dalla pressione p e dalla densità del gas. In realtà la densità e la pressione variano al variare della temperatura assoluta T del gas secondo l’equazione:

pVol = nRT [39]

dove n è il numero di moli cioè: M

mn [40]

dove m è la massa del gas contenuta nel volume considerato e M è la massa molecolare delle

particelle che compongono il gas. La densità è definita:

olV

m [41]

Facendo sistema tra le [39],[40] e [41] ed eliminando per sostituzione n e Vol si ottiene:

M

RTp

[42]

questo significa che i parametri indipendenti sono solamente due e che l’analisi dimensionale si può

fare o con p e oppure con T e M. Scegliamo i primi due.

19

Del tipo rappresentato in fig.10; al posto degli addensamenti ci saranno accumuli di particelle, e quindi maggiori

pressioni, mentre al posto delle zone di allungamento ci saranno meno molecole, e quindi delle zone di depressione, il

tutto ad intervalli regolari e con frequenza costante.

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19

grandezze Unità di misura

p 2ms

kg

3m

kg

N.B. In acustica tecnica la velocità del suono si indica con la lettera “c” al posto della solita v

L’equazione cercata risulta:

bapc

L’equazione dimensionale associata è:

ababa

ba

smkgsm

mkgsmkgsm

2)3()(11

3121111

si determina il sistema che permette di calcolare gli esponenti:

a

ba

ba

21

31

0

il sistema ha equazioni sovrabbondanti; dalla terza si ha: 2

1a

da una qualunque delle altre due si ottiene: 2

1b

Quindi la funzione sarà del tipo:

p

c

è uso inserire la costante sotto radice e indicarla con , quindi:

pc [43]

Sperimentalmente si è verificato che il valore di che è adimensionale) dipende dalla struttura

molecolare dei gas (che è a sua volta adimensionale); in particolare per i gas monoatomici vale

1,667 mentre per le molecole biatomiche si ha = 1,40. E’ da ricordare che l’aria è composta sostanzialmente da molecole biatomiche.

Se si fosse utilizzata l’analisi dimensionale a partire da m e M (con M=0.0295 kg/mol massa

molecolare media dell’aria) la formula risultante sarebbe:

M

RTc

[44]

che si trova anche sostituendo la [42] nella [43].

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20

Esempio n.3

Determinare la velocità del suono nell’aria. Ad una temperatura di 20°C la densità dell’aria vale

1,23 kg/m3 e la pressione 1,013

.10

5 Pa, essendo l’aria prevalentemente biatomica si ha =1,40.

Usando la [43] si ha:

smc /34023,1

10013,140,1 5

che è la velocità del suono normalmente utilizzata. In realtà se le condizioni atmosferiche,

temperatura e pressione, non corrispondono a quelle sopra indicate la velocità del suono cambia.

In Acustica tecnica si usano inoltre le seguenti formule sperimentali:

Per la temperatura T in Kelvin: [m/s] (44.1)

Per la temperatura t in Celsius: [m/s] (44.2)

Per i solidi:

[m/s] (44.3)

Dove E è il modulo di elasticità (Young) del materiale e r la sua densità .

7.1) PACCHETTI D’ONDA.

Parlando delle onde armoniche, abbiamo trascurato il fatto che nessun treno d’onde reale è mai

infinitamente lungo (fig.22 a). Un’onda sull’acqua non arriva da un lato all’altro dell’oceano. Un

suonatore di violino, che suona una nota per 10 s, produce un treno d’onda che ha una lunghezza:

mtcs 340010340

Chiamiamo pacchetto d’onda (fig.22 b) un’onda che è quasi armonica, ma che non dura

indefinitamente, come richiederebbe una vera onda armonica.

Questo non avrà nessun effetto sulla discussione fino a quando avremo a che fare con

fenomeni che accadono su distanze che sono piccole rispetto alla lunghezza del pacchetto e finché li

studieremo per un tempo breve rispetto a quello totale che il pacchetto d’onda impiega per

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21

attraversare la zona in cui stanno i punti oggetto di studio. Il pacchetto d’onda è viceversa

estremamente importante in meccanica quantistica20

dove verrà usato per descrivere gli elettroni.

8) ENERGIA TRASMESSA DA UN’ONDA.

In qualsiasi campo fisico (pressione, spostamento su una corda ecc.) ad un’onda che viaggia è

sempre associato un flusso di energia che attraversa il mezzo in cui si propaga. Possiamo vedere ciò

notando che la perturbazione associata all’onda è sempre una deviazione da una situazione di

equilibrio e quiete. Vi è certamente energia in una corda vibrante in quanto le varie parti in

oscillazione possiedono energia cinetica e potenziale che, quando la corda è ferma, non hanno.

Dobbiamo ora introdurre due concetti strettamente collegati: la densità di energia D e l’intensità

I dell’onda.

- Densità di energia D: Definiamo la densità di energia, per ogni tipo d’onda, come l’energia

contenuta in un volume n-dimensionale. Quindi, per un’onda su una corda, che è

monodimensionale, la densità di energia sarà misurata in J/m; per le onde sulla superficie

dell’acqua, che sono bidimensionali, l’unità di misura di D sarà J/m2 mentre per le onde

acustiche, che sono tridimensionali, sarà in J/m3.

- Intensità di un’onda I: Definiamo come intensità l’energia che attraversa, nell’unità di tempo,

un’unità di area perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda. Dobbiamo di nuovo

fare attenzione nel precisare il concetto di area, che dipenderà dal tipo di onda in esame. Per le

onde su una corda non c’è alcuna area; l’intensità è l’energia che passa attraverso un punto della

corda nell’unità di tempo. Per le onde sull’acqua l’intensità è l’energia che passa attraverso una

linea di lunghezza unitaria nell’unità di tempo. Per le onde tridimensionali l’intensità è l’energia

che passa per unità di tempo attraverso un’area unitaria, perpendicolare alla direzione di

propagazione dell’onda.

In generale è molto difficile calcolare la densità di energia in un’onda di forma qualsiasi. Però,

per un’onda armonica, la densità di energia media D è sempre proporzionale al quadrato

dell’ampiezza:

2bA

Vol

ED

[45]

dove il coefficiente b è diverso per ogni tipo di onda e può dipendere dalla lunghezza d’onda mentre

<E> è l’energia media contenuta nel volume, Vol ,considerato. Per densità di energia media s’intende la densità media su una regione delle

dimensioni di una lunghezza d’onda.

L’intensità è, per definizione, la quantità:

tS

EI

[46]

Dato che la potenza è definita come:

t

EW

la [46] può anche essere scritta nella forma:

20

La studieremo per sommi capi in quarta.

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22

S

WI [47]

Possiamo ottenere altre forme della [46], infatti, dalla [45] si ha:

VolbADVolE 2 [48]

Per trovare l’energia che fa a tempo ad attraversare la sezione S nell’intervallo t, calcoliamo:

tSVSxVol

tVx

sostituendo nella [48] si ha:

tSVbAtDSVE 2 [49]

che inserita nella [46], nel primo caso, dà:

DcDVtS

tDSVI

[50]

Mentre se si usa l’ultima parte della [48] otteniamo:

cAbVbAI 22 [51]

Le [46],[47],[50] e [51] sono tutte forme diverse della definizione d’intensità di un’onda.

Per le onde sonore l’ampiezza delle onde che viene inserita nelle formule precedenti è definita come

pressione efficace che rappresenta il valore medio della pressione sinusoidale al quadrato,per

rendere positivi i valori di depressione, e poi sotto radice. Si può dimostrare che vale:

[51a]

La costante b per il suono risulta pari a:

[51b]

Con r0 densità dell’aria a 20°C.

Quindi la 51) per il suono risulta:

[51c]

La densità di energia media diventa:

[45a]

Per le onde piane, mentre, sperimentalmente si trova, per le onde sferiche:

[45b]

Dove k è il numero d’onda:

[45c]

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23

Si osserva che quando il denominatore del termine tra parentesi è grande rispetto all’unità la 45b)

non differisce in modo significativo dalla 45a) ciò significa che la densità di energia per un’onda

piana e per un’onda sferica non sono significativamente diverse per valori grandi di distanza r dalla

sorgente.

9) INTERFERENZA.

Nella descrizione delle onde vista nei punti 3) e 8) abbiamo incontrato due fatti che sono

d’importanza fondamentale: 1) che le onde possono essere sovrapposte (sommate) per creare nuove

forme d’onda; 2) l’intensità media di un’onda armonica è proporzionale al quadrato della sua

ampiezza. Come vedremo tra poco, la sovrapposizione di due onde armoniche della stessa

lunghezza d’onda produce ancora un’onda armonica.

La conseguenza più importante dei due fatti fondamentali è l’interferenza delle onde.

Ingenuamente ci potremmo aspettare che se siamo in presenza di due onde l’energia totale della

loro sovrapposizione dovrebbe essere la somma delle energie di ciascuna onda. Ciò non è vero: due

onde possono sommarsi in modo tale che l’onda risultante abbia un’energia totale inferiore

all’energia di ciascuna delle onde individuali. La densità di energia della sovrapposizione di due

onde armoniche dipende dalla loro fase relativa.

Possiamo studiare questa situazione con un esempio. Consideriamo due onde21

di uguale

ampiezza , lunghezza d’onda, e frequenza entrambe propagantesi nella stessa direzione e verso. Le

due onde differiscono solamente nella fase di una quantità costante nel tempo. Possiamo

descriverle con le equazioni:

tkxAy

tkxAy

sen

sen

2

1 [65]

Sovrapponendo le due onde otteniamo la perturbazione totale:

tkxAtkxAyyyT sensen21 [66]

facciamo le seguenti posizioni:

tkxq

tkxp [67]

pertanto la [67] può essere riscritta:

)]sen()[sen( qpAyT [68]

Usando la formula di prostaferesi22

la [68] diventa:

2cos

2sen2)sen()sen(

qpqpAqpAyT

sostituendovi le [67] si ha:

21

Ricordarsi che lavoriamo con onde polarizzate nello stesso piano. 22

Vedere nel testo di matematica o verificare numericamente la correttezza della formula se non l’avete ancora studiata

in trigonometria.

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24

2cos

2sen2

tkxtkxtkxtkxAyT

semplificando si ottiene:

2cos

2sen2

tkxAyT

[69]

L’ampiezza della nuova onda risulta:

2cos2

AAT

[70]

che è una costante; l’onda risultante ha l’equazione:

2sen

tkxAy TT [71]

Così abbiamo dimostrato che la sovrapposizione di due onde armoniche che differiscono solo nella

fase iniziale dà un’onda armonica.

L’intensità delle singole onde, per la [51], è:

2

21 bVAII

mentre quella dell’onda risultante vale:

2cos4

2cos4

2

1

222

I

AbVbVAI TT

[72]

dato che il valore del coseno al quadrato può variare tra zero e uno, a seconda del valore dello sfasamento, dalla [72] si ha che l’intensità dell’onda risultante può variare tra quattro volte

l’intensità di un’onda singola e zero.

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25

9.1 INTERFERENZA: TEOREMA DI FOURIER

Immaginiamo due perturbazioni ondose non armoniche che si propaghino su una medesima corda

vibrante provenienti da versi opposti. Gli esiti dell’osservazione sperimentale possono essere

schematizzati, in due casi particolari, dalle figure 27 a) e b). in queste due figure l’onda risultante è

rappresentata dal tratto continuo. Osservando questa figura, si nota che l’onda risultante, ovvero lo

spostamento vettoriale Ty

totale dei punti della corda rispetto alle loro posizioni d’equilibrio, si

ottiene sommando vettorialmente gli spostamenti dei punti che corrisponderebbero alla presenza

delle due onde separate. In formula:

BAT yyy

[73]23

Ciò è evidenziato in fig.28 nella quale sono rappresentati i vettori delle singole onde.

- Si ha interferenza costruttiva quando l’ampiezza dell’onda risultante è maggiore

dell’ampiezza delle singole onde che interferiscono.( fig.27 a)

- Si ha interferenza distruttiva quando l’ampiezza risultante è minore delle ampiezze delle

singole onde. (fig.27.b)

Il procedimento vale per qualsiasi tipo d’onda e dà luogo a forme, anche complesse, che

apparentemente non hanno l’aspetto di onde. Ciò viene generalizzato dal seguente teorema:

- Teorema di Fourier.

Ogni curva, di qualunque natura e

origine, può essere riprodotta sovrap-

ponendo un numero sufficiente di curve

armoniche semplici.

La figura 29 mostra un esempio di serie

di Fourier come sono chiamate tali

somme. La curva a dente di sega della

fig.29 a) indica la variazione nel tempo

(nel punto x) dell’onda che si vuol

rappresentare. La serie di somme che la

rappresentano è:

)......3sen(3

1-

)2sen(2

1sen

1)(

t

ttty

In fig.29 b) si vedono le sei funzioni

che, sommate tra loro, danno luogo

all’onda a denti di sega.

Il metodo in realtà è molto più

complesso di quanto abbiamo potuto accennare e richiede la conoscenza dell’analisi matematica per

poter trovare le funzioni di base per la somma ma, comunque, è utile che abbiate almeno un’idea di

come funziona.

23

Questa equazione ha una validità più ampia del contesto in cui la usiamo; infatti noi lavoriamo con onde polarizzate

in un piano ma essa funziona ugualmente bene anche per onde non polarizzate nello stesso piano.

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26

9.2) ONDE CIRCOLARI, CILINDRICHE SFERICHE.

Nei paragrafi 5.2) e 5.3) abbiamo definito lo schema a fronti d’onda per descrivere le onde

bi e/o tri-dimensionali. In particolare abbiamo rappresentato in fig.16 e 17 due onde una sferica e

l’altra cilindrica. E’ intuitivo che un’onda sull’acqua generata, ad esempio, da un sasso lanciato in

uno stagno in quiete darà luogo ad un’onda superficiale circolare la cui rappresentazione può essere

ottenuta come una sezione di un’onda cilindrica.

In figura 31 b) è illustrata un’onda circolare come si vede su un ondoscopio, a fianco in fig. 31 a) è

disegnata l’onda attraverso il suo schema a fronti d’onda.

Le linee continue rappresentano le creste mentre quelle tratteggiate rappresentano le valli dell’onda.

Possiamo ora osservare che, mentre in fig.31 a) le ampiezze sono disegnate tutte dello stesso valore,

nella realtà ciò non si verifica.

Infatti , in base all definizione d’intensità, si ha:

2bVAS

PI [82]

dove P è la potenza immessa dalla sorgente nel liquido ed S è l’area attraversata dall’energia; si

vede che, se calcoliamo l’intensità sul primo fronte d’onda che dista r1 dalla sorgente, l’intensità

vale:

1

12 r

PI

[83]

mentre se la calcoliamo sul secondo fronte a distanza r2 si ha:

2

22 r

PI

[84]

dato che P è costante e r2>r1 si ha che I1>I2 .

Essendo bV costante nella [82], ne segue che l’ampiezza non lo può essere e deve diminuire a mano

a mano che l’onda si allontana dal centro distribuendo la sua energia su superfici24

sempre più

ampie.

L’equazione d’onda in questo caso avrà la forma:

24

Vedi la definizione d’intensità al punto 8) per il significato di superficie; in questo caso: si tratta di una linea lunga

quanto una circonferenza.

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27

tkrr

Ay sen [85]

che vale per onde circolari superficiali e tridimensionali cilindriche.

Nel caso delle onde sferiche si ha un’attenuazione dell’ampiezza per lo stesso motivo: l’energia si

distribuisce su superfici sempre più grandi; di conseguenza l’equazione delle onde sferiche sarà:

tkrr

Ay sen [86]

9.3) FRANGE D’INTERFERENZA.

L’interferenza, oltre che per le onde monodimensionali, si manifesta anche per quelle bi e

tridimensionali. Analizzeremo ora il fenomeno nel caso delle onde superficiali circolari sull’acqua

ma i risultati che troveremo saranno validi anche per le onde sferiche come, ad esempio, quelle

sonore emesse da una sorgente puntiforme.

In figura 32 sono

rappresentate due onde circolari che

occupano lo stesso specchio

d’acqua.

Le circonferenze a tratto continuo

rappresentano i fronti d’onda; si

nota che in molti punti le creste25

delle due onde si intersecano dando

luogo ad un fenomeno d’inter-

ferenza costruttiva simile a quello

rappresentato in fig.27 a). Per

meglio chiarire quanto accade

osserviamo l’ingrandimento di una

parte della fug.32 rappresentato in

25

Ricordarsi che i fronti d’onda sono tracciati sulle creste delle onde che rappresentano.

Figura 33

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28

fig.33 in cui sono indicate, a tratteggio, anche i fronti d’onda corrispondenti alle valli.

Il principio di sovrapposizione permette di stabilire che:

- dove s’incrociano due creste si avrà una cresta più alta;

- dove s’incrociano due valli si avrà una gola profonda;

- dove s’incrociano una cresta e una valle si avrà uno smorzamento dell’onda.

Le linee che raccordano tra loro i punti che hanno distanze che differiscono di uno stesso

numero di lunghezze d’onda sono chiamate frange d’interferenza costruttiva che sono

rappresentate in fig.32.

Si nota ad esempio che il punto evidenziato dai raggi, che si trova sulla prima iperbole a destra

della retta centrale, dista 5 lunghezze d’onda dalla sorgente di sinistra e 4 da quella di destra.

Qualsiasi altro punto su questa iperbole ha come differenza di cammino una lunghezza d’onda.

In generale le frange d’interferenza costruttiva sono i luoghi dei punti che hanno una differenza

di cammino calcolabile con la:

nr con n = 0,1,2,3…. [87] (costruttiva)

Analogamente è possibile tracciare le linee in cui si ha interferenza distruttiva, chiamate

frange d’interferenza distruttiva, che, dovendo essere le due onde, in contro fase avranno una

differenza di cammino corrispondente ad un multiplo di mezza lunghezza d’onda e cioè:

2

12

nr con n = 0,1,2,3 [88]

L’immagine vista all’ondoscopio del fenomeno,

nel complesso, è illustrata in fig. 34; è da notare che le

zone a forma d’iperbole rappresentano le frange

distruttive.

Se le onde, anziché essere bidimensionali, fossero sferiche

le frange d’interferenza sarebbero delle superfici nello

spazio (iperboloidi) e la fig. 32) ne rappresenterebbe

solamente una sezione.

10) RIFLESSIONE.

Un’onda che si propaga in un mezzo continua a farlo fino a

dove il mezzo finisce. Cosa accade in questa zona dipende dalle

“condizioni al contorno26

”.

Il contorno può essere tale da assorbire l’energia dell’onda.

Una spiaggia sabbiosa lo farà per le onde d’acqua così come

tende acustiche lo faranno per il suono.

C’è anche la possibilità che una parte dell’onda continui nel

secondo mezzo al di là del contorno e una parte venga riflessa;

si riesce a sentire attraverso le pareti di una stanza un colpo

sparato all’esterno, mentre una persona all’esterno sentirà

l’onda riflessa come un’eco.

Queste sono situazioni complesse ci limiteremo, per il

momento, al caso più semplice in cui tutta l’energia viene

riflessa all’interno del mezzo in cui originariamente si trovava.

Prima di procedere, però, definiamo un nuovo utile

26

Le condizioni al contorno sono, da un punto di vista fisico matematico, i valori di alcuni parametri agli estremi o in

punti particolari di una funzione. Hanno un significato molto più ampio di quello usato in questo caso.

Figura 35

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29

strumento di descrizione delle onde: il raggio d’onda.

10.1) FRONTI D’ONDA E RAGGI.

Finora abbiamo descritto le onde tramite i fronti d’onda cioè delle superfici che passano per

le creste delle onde in esame e che distano tra loro una lunghezza d’onda.

Ad esempio, se viene emessa un’onda sonora sferica, partente dalla sorgente e propagantesi

verso l’esterno a velocità costante in modulo in tutte le direzioni, lo schema che la descrive è

rappresentato in fig.16 in modo tridimensionale e in fig. 35 nel caso se ne disegni una sezione

trasversale.

Le semirette uscenti dalla sorgente e perpendicolari ai fronti d’onda sono dette raggi. I

raggi sono orientati come la velocità di propagazione dell’onda.

La figura 36 rappresenta due piccole regioni di due fronti

d’onda adiacenti. Al crescere della distanza dalla sorgente,

i fronti d’onda diventano sempre meno curvi e tendono

alla forma delle superfici piane27

come mostrato in fig. 37.

In altri termini onde sferiche, a distanze elevate dalla

sorgente e per piccole porzioni dei loro fronti d’onda

possono essere studiate come onde piane i cui raggi sono

paralleli.

10.2 LEGGI DELLA RIFLESSIONE.

Un semplice esempio di riflessione si può ottenere mediante una

molla rigidamente saldata per un estremo a un gancio fissato a una

parete che rappresenta l’ostacolo. Applichiamo all’altro estremo

un rapido impulso in modo da provocare un’onda (fig.38) che si

propaga a velocità costante lungo la molla. Arrivata all’estremo

fisso, l’oscillazione si riflette in modo che l’ampiezza e la velocità rimangano costanti in modulo,

mentre il profilo dell’onda e il verso della velocità

risultano capovolti.

Consideriamo ora un’onda bidimensionale, per esempio un’onda superficiale piana su

un’ondoscopio, che colpisca una parete che forma un angolo tra un suo raggio28

e la normale al

piano (fig.39). Sperimentalmente si vede che l’onda si riflette tornando indietro ma con una

direzione dei raggi che forma un angolo simmetrico rispetto alla normale.

Da questo e da altri esperimenti sono state dedotte le seguenti leggi per la riflessione:

27

Si intende che la curvatura non è significativa. 28

È lo stesso angolo che forma un fronte d’onda con il piano su cui urta l’onda (c.f.r. fig.39)

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30

1^ legge: Il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie d’incidenza

giacciono nello stesso piano;

2^ legge: L’angolo d’incidenza è uguale all’angolo di riflessione.

Per angolo d’incidenza s’intende quello formato dal raggio incidente con la normale alla superficie

nel punto d’incidenza e per angolo di riflessione quello formato dal raggio riflesso con la normale

stessa.

Diffusione: Se la superficie su cui incide l’onda non è regolare

ma presenta delle asperità l’onda riflessa non è più dello stesso

tipo di quella incidente ma l’energia viene diffusa in tutte le

direzioni come indicato in fig.40.

10.3) ONDE STAZIONARIE

Consideriamo un’onda che si propaghi su una corda vincolata

all’estremo B (fig.41). Quando la perturbazione arriva al

vincolo è riflessa e torna verso l’estremo A interferendo con

l’onda in arrivo.

Supponiamo che l’onda iniziale abbia un’equazione del tipo: fig.41

vtxfy 1 [89] A

di cui conosciamo la forma funzionale f (potrebbe essere

una funzione trigonometrica); quello che si vuol determinare è la forma dell’equazione dell’onda

riflessa che, muovendosi in verso contrario alla [1], sarà del tipo:

vtxgy 2 [90]

Per individuare la forma di g si può seguire questo ragionamento:

L’interferenza tra la [89] e la [90] è dato dall’equazione

21 yyy x valida91

essendo il punto B un punto vincolato ne segue che la [91] dovrà dare necessariamente come

risultato:

Lper x 92 021 yyy

dato che il punto terminale della corda, essendo bloccato, non può in nessun caso traslare

verticalmente. Sostituendo le [89] e [90] nella [92] si ottiene per x=L:

0 vtLgvtLf [93]

possiamo chiamare per comodità l’argomento di g() nel seguente modo:

vtL [94]

ne segue:

Lvt [95]

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31

la [93], sostituendovi le [94] e[95], diventa

0 gLLf [96]

da cui

Lfg 2 [97]

dalla quale si deduce che il legame funzionale g è lo stesso di f .

La [94] definiva l’argomento per x=L; in un punto generico si avrà:

vtx [98]

che sostituita nella [97] porta a:

vtxLfvtxg 2 [99]

La domanda iniziale era: che forma ha g ? La risposta viene dalla [99] dalla quale si vede che è

la stessa della funzione iniziale f con argomento pari a vtxL 2 e segno negativo.

La [91], che definisce l’onda risultante dall’interferenza in ogni punto x e per ogni istante t, diventa:

vtxLfvtxfy 2 [100]

che vale per onde iniziali di forma f qualsiasi.

Nel caso l’onda sia armonica la forma funzionale può essere:

KAf cos

e la [100] diventa:

[101] 2cost-KxcosA

2coscos

tKxKL

vtxLKAvtxKAy

Dove A è l’ampiezza, K il numero d’onda e la pulsazione, tutti valori dell’onda iniziale.

Possiamo ora fare le seguenti posizioni:

tKxKL

tKx

2 [102]

La [101] diventa:

coscos Ay [103]

Dalle formule di prostaferesi (Trigonometria) si ha:

2sen

2sen2coscos

[104]

Dalle [102] otteniamo:

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32

tKLtKxKLtKx

2

2

2 [105]

LxKtKxKLtKx

2

2

2

[106]

che sostituite nella [103] danno:

LxKtKLAy sensen2 [107]

In quest’equazione le due variabili indipendenti x e t si trovano in due funzioni trigonometriche

separate. In particolare si può osservare che la quantità

LxKAB sen2 [108]

dipende solamente dalla posizione x, ciò significa che in ogni punto della corda si ha un’ampiezza

massima diversa. Ciò è fondamentalmente diverso da quello che si otteneva per le onde armoniche

nelle quali ogni punto aveva un elongazione massima pari all’ampiezza dell’onda.

Ricordando dalla trigonometria che vale la relazione:

sensen [109]

è conveniente scrivere la [108] nella forma:

xLKAB sen2 [110]

e la [107], applicando la [109] anche al termine dipendente da t, diventa:

KLtxLKAKLtBy sensen2sen [111]

La [111] descrive un’oscillazione armonica per ogni punto x sempre della stessa ampiezza massima

B, di pulsazione . Il termine KL presente nella parte collegata al tempo è lo sfasamento dell’onda

risultante dall’interferenza rispetto a quella iniziale. Questo tipo di onda prende il nome di

stazionaria in quanto una volta innescata tende a conservarsi invariata nel tempo.

Consideriamo alcune proprietà caratteristiche di questo tipo di onde. Dalla [110] si ha che

l’ampiezza dell’onda è nulla in tutti i punti x per cui l’argomento del seno è un multiplo intero di ,

(ricordarsi della periodicità della funzione seno) cioè:

1,2,3,...nper nxLK [112]

o: L

K

nxL

n=1

ricordando che

2K si ha:

n=2

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33

2nxL

n=3

2

nxL [113]

Le posizioni x identificate dalla [111] corrispondono ai fig.42

punti in cui l’onda risultante ha ampiezza zero e vengono

detti nodi. Tali punti sono sempre distanti tra di loro mezza

lunghezza d’onda.

Si consideri una corda fissata ai due estremi come indicato in fig.42; in questo caso i punti

che si trovano in L xe 0 x saranno dei nodi e di conseguenza la [113], per x = 0 dà:

2

nL [114] con n = 1,2,3,….intero

Questo significa che le lunghezze dell’onda armonica che si possono verificare su una corda

di lunghezza L non sono tutte quelle che si possono volere ma solamente il gruppo che soddisfa

l’equazione [114]. Tra una lunghezza e l’altra esiste un insieme di valori che sono proibiti. In questo

caso si dice che la lunghezza d’onda è quantizzata secondo il valore n che viene definito numero

quantico. Se si esplicita la [114] rispetto alla lunghezza d’onda si ottiene:

n

L2 [115] n=1,2,3….

che permette di definire le possibili lunghezze d’onda per una corda di lunghezza L.

Dalla figura 42 si vede che, ad esempio per una corda lunga 10 m, le lunghezze d’onda possibili

sono per i primi tre valori di n, rispettivamente:

mn

mn

mn

7,63

102

201

3

2

1

ciò comporta che per la corda in esame non sarà mai possibile ottenere delle onde lunghe valori

compresi tra 20 e 10 m, oppure tra 10 e 6,7 m che risultano intervalli di valori proibiti dalla [115].

Si può vedere dai seguenti passaggi che, di conseguenza, anche le frequenze possibili per l’onda

sono quantizzate, infatti:

nL

V

n

LV

22

[116]

dove V indica la velocità di propagazione dell’onda.

Le possibili lunghezze d’onda indicate in fig.42 sono definite armoniche dell’onda stazionaria e in

particolare si ha che:

- la lunghezza d’onda per n=1 è definita la prima armonica o armonica fondamentale;

- la lunghezza d’onda per n=2 è la seconda armonica;

- la lunghezza d’onda per n=3 e la terza armonica, e così via.

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34

Ricapitolando è importante notare che tutti i punti della corda, per un fissato valore di n,

oscillano sempre e solo nello stesso modo e che ogni x ha un valore massimo di ampiezza, B, dato

dalla [109].Questo in termini energetici significa che ogni punto ha sempre a disposizione la stessa

quantità di energia che però è diversa da punto a punto. Si vede che, rispetto ad un’onda qualsiasi

che propagandosi trasmette la stessa quantità di energia, in tempi successivi, a tutti i punti che

percorre, un’onda stazionaria, invece, ne distribuisce una quantità fissa per ogni punto, che cambia

da punto a punto, di conseguenza si comporta in modo sostanzialmente diverso dalle onde che la

generano. In altri termini l’onda stazionaria congela l’energia nella zona in cui si instaura.

Questo fatto è molto importante perché tra un po’ vedremo che gli elettroni negli atomi

possono essere descritti con il modello ondulatorio e di conseguenza troveremo che possono

occupare stabilmente una zona (orbitale) solamente se l’onda che li descrive è stazionaria cioè

quantizzata. (Ricordare che i livelli energetici degli orbitali visti in alchimia sono definiti dai

numeri quantici principali n….)

11) RIFRAZIONE.

Abbiamo studiato come la velocità di propagazione di un’onda dipenda, in generale, dalle

caratteristiche del mezzo in cui essa si sposta; ad

esempio per le onde superficiali sull’acqua poco

profonda dalla profondità h e da g. Ne segue che se

un’onda, durante la sua propagazione, passa da un

mezzo ad un altro, diverso dal primo per una delle

caratteristiche collegate alla velocità, si noterà una

variazione brusca della sua lunghezza d’onda

dipendente dal nuovo valore assunto dalla velocità nel

secondo mezzo ( VT ).

Un’altra conseguenza è che, esistendo

una superficie (linea, punto) di separazione tra

i due mezzi, una parte dell’onda incidente

verrà riflessa e, quindi, solamente una

porzione dell’energia trasmessa inizialmente

dall’onda entrerà nel secondo mezzo.

Sappiamo già cosa avviene all’onda

riflessa, ora ci occuperemo della parte di onda

che entra nel nuovo mezzo e che prende il

nome di onda rifratta.

Questo fenomeno si verifica, ad

esempio, quando al posto di un’unica corda si

usano due funi di diversa sezione saldate

assieme ad un estremo su cui innescare

un’onda trasversale (fig.43).

La corda ha, nel primo tratto, una sezione S1

mentre nel secondo una sezione S2 con S1<S2.

Questo, per la [24], implica:

21

21

VV [117]

Così l’onda che passa dalla zona più sottile a

quella più grossa cambia la sua lunghezza

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35

d’onda29

diminuendola.

Vediamo di approfondire il concetto in relazione ad un caso abbastanza semplice che ci permetterà

di ricavare delle equazioni di validità generale: la rifrazione di onde liquide superficiali su acqua

poco profonda. Sappiamo dall’equazione [37] che la velocità vale:

ghV [37]

Nella bacinella di un ondoscopio inseriamo un gradino sul fondo come indicato in fig. 44. Dato che

h1>h2, la velocità di propagazione delle onde, nel tratto AB, vale 11 ghV ed è maggiore di quella

che si ha nel tratto BC che risulta 22 ghV , ne segue:

21

esattamente come nel caso della corda.

Quanto visto finora rappresenta il caso

più semplice di rifrazione, cioè quello di

un’onda incidente con raggi ortogonali al piano

di separazione tra i due mezzi.

Analizziamo cosa succede nel caso più

generale in cui l’onda iniziale arriva alla

superficie di separazione con un angolo i

d’incidenza tra raggio e normale compreso tra

zero e 90°.

Supponiamo di avere disposto nella

vaschetta il gradino in modo che l’onda arrivi

alla linea di cambiamento di profondità secondo

lo schema indicato in fig. 45. Essendo ancora

V1>V2 avremo anche 21 ma il tempo per

percorrere la distanza tra due creste d’onda, sia

nel primo mezzo (AO) che nel secondo (OD),

non cambia è sempre pari al periodo T che

dipende solamente dalla sorgente. Ne segue che

l’angolo d’incidenza i non può essere uguale

all’angolo di rifrazione r .

Infatti, essendo il tratto BO=OC, in quanto

distanza tra i punti d’incidenza di due fronti

d’onda paralleli nel primo mezzo, si ha:

BO

AOi ˆsen [118]

OC

ODr ˆsen [119]

inoltre : BO=OC; AO=V1T; OD=V2T

ne segue:

29

N.B. non cambia il periodo.

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36

BO

TVr

BO

TVi

2

1

ˆsen

ˆsen

dividendo la prima per la seconda si ottiene:

BO

TVBO

TV

r

i

2

1

ˆsen

ˆsen

che, semplificando, diventa:

12

2

1

ˆsen

ˆsenn

V

V

r

i [120]

La [120] prende il nome di legge di Snell30

e regola il rapporto esistente tra angolo d’incidenza e

angolo di rifrazione. Una volta stabilita la natura dei due mezzi il rapporto tra le velocità, V1 e V2, è

a sua volta una costante che prende il nome di indice di rifrazione31

e si indica con n12 .

In fig.46 è illustrata un’esperienza con l’ondoscopio che

ricalca quanto discusso in fig.45.

In conclusione le leggi della rifrazione sono:

1^ legge: Il raggio incidente, la normale alla superficie

di separazione dei due mezzi e il raggio rifratto

giacciono nello stesso piano.

2^ legge: il rapporto tra il seno dell’angolo d’incidenza

e il seno dell’angolo di rifrazione è costante al variare

dell’angolo d’incidenza Cioè:

12

2

1

ˆsen

ˆsenn

V

V

r

i [120]

12) PRINCIPIO DI HUYGENS

Le onde piane, sferiche e cilindriche sono importanti perché una qualsiasi onda può essere

decomposta nella sovrapposizione di una certa combinazione di questi tipi di onde. Per esempio ,

un’onda sferica può essere decomposta nella sovrapposizione di un numero molto elevato di onde

piane. Esiste però una particolare decomposizione, vale a dire quella in onde sferiche o cilindriche

che è di fondamentale importanza per la comprensione di molti fenomeni che analizzeremo nel

prossimo capitolo e nell’ottica fisica.

Questa decomposizione prende il nome di principio di Huygens che può essere enunciato nel

modo seguente:

30

O di Snellius 31

L’indice di rifrazione si calcola sempre facendo il rapporto tra la velocità dell’onda del mezzo da cui arriva e la

velocità dell’onda nel mezzo in cui entra quindi:

12

21

1

nn

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37

- 1) In un’onda armonica, ognuno dei punti P nello spazio può essere considerato come una

sorgente puntiforme di onde sferiche; la fase iniziale32

di questa sorgente è sempre identica alla

fase dell’onda armonica in quel punto.

- 2) Possiamo immaginare una superficie S che taglia la regione dello spazio in due parti, in modo

tale che esista una parte “a monte” e una “a

valle” della superficie: l’energia fluisce

attraverso la superficie S sempre da

“monte” a “valle”. Allora l’onda a “valle”

può essere sostituita dalla sovrapposizione

geometrica di tutte le onde sferiche che

hanno origine sulla superficie S.

Facciamo un esempio con un’onda liquida

superficiale che si propaghi come in fig.47.

Sono state disegnate sei linee di cresta.

Immaginiamo di voler costruire la settima a

partire dai punti sulla sesta, che per il principio di Huygens, sarà la superficie S di separazione

considerata nell’enunciato.

Prendiamo, per semplicità, dieci punti su S indicati con le lettere da “a” fino ad “l” e costruiamo

le linee di cresta circolari33

di cui detti punti costituiscono i centri. Si vede che la settima cresta, per

l’onda iniziale, si ottiene tracciando la tangente comune (l’inviluppo) a tutte le linee circolari

appena disegnate.

Questo metodo si può applicare a situazioni più complesse di quella esemplificata ed è molto

utile per lo studio della diffrazione.

13) DIFFRAZIONE.

Consideriamo un’onda liquida superficiale piana che si propaghi in un’ondoscopio

contenente due ostacoli, AB e DC, posti come in fig.48 a). Quando incontra gli ostacoli nei tratti

AB e CD essa viene riflessa. Nel tratto compreso tra B e C l’onda prosegue nella seconda parte

della vaschetta ma, allo stesso tempo, cambia forma come è evidenziato nell’immagine di

un’esperienza reale rappresentata in fig.48 b). L’onda va ad occupare anche le parti di piano dietro

agli ostacoli.

Questo fenomeno caratteristico solo dei fenomeni ondulatori prende il nome di diffrazione.

Il principio di Huygens, applicato in fig.48 a) ai cinque punti evidenziati tra B e C, permette di

prevedere correttamente la forma dell’onda dopo gli ostacoli. Nel caso in esame l’effetto di

32

Quindi anche la stessa lunghezza d’onda. 33

N.B. Essendo onde che hanno la stessa fase di quella vera avranno anche la stessa lunghezza d’onda.

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38

diffrazione è poco accentuato in quanto la larghezza della

fenditura BC è molto più grande della lunghezza d’onda.

Se, viceversa, si ha un’apertura più piccola della

lunghezza d’onda l’effetto della diffrazione diventa dominante

come è evidenziato nella fig. 49. Mentre, nel caso precedente, l’onda rimaneva prevalentemente

piana e l’effetto diffrattivo si manifestata solo tenuemente ai lati

del foro, ora l’onda è diventata circolare e presenta delle frange

d’interferenza distruttiva che danno luogo ad una distribuzione

dell’energia completamente diversa da quella dell’onda

iniziale come è evidenziato dal diagramma d’intensità

rappresento in fig. 49 b). Risulta che, in corrispondenza

delle frange d’interferenza distruttiva, dove l’ampiezza

è nulla, non si ha nessuna energia, mentre dove si ha

interferenza costruttiva si ottengono dei picchi

d’intensità decrescenti dal centro verso l’esterno. In fig.

49 c) è riprodotta un’immagine di un esperimento di

questo tipo in cui, però, essendo la lunghezza d’onda

dello stesso ordine della fenditura, non si notano le

frange d’interferenza distruttiva.

Comunque è evidente che l’onda, oltre la

fenditura, è diventata circolare.

Questo fenomeno si rivelerà d’importanza

fondamentale nello studio dell’ottica fisica.

14) NOMENCLATURA PER LE ONDE SONORE: ALTEZZA, TIMBRO E VOLUME DI

UN SUONO.

I suoni che percepiamo sono suddivisi in acuti

(o alti) e gravi (o bassi). Il termine tecnico

usato per definire queste sensazioni è altezza.

- L’altezza di un suono è associata alla

frequenza delle vibrazioni che lo

producono.

Ad esempio, per la voce umana, si riscontra

che i toni di un basso corrispondono a

frequenze variabili tra i 65 Hz e i 290 Hz,

mentre i toni di un soprano variano da 260 Hz a

1000 Hz.

Va tenuto presente che , in generale, i

suoni sono composti da più onde sovrapposte,

di cui la principale è chiamata fondamentale, che interferiscono dando luogo a forme d’onda

apparentemente non armoniche.

Figura 50

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39

Due suoni che abbiano la stessa frequenza fondamentale ma che hanno nel complesso forma

diversa, vengono percepiti con altezza identica ma con una caratteristica distintiva che viene

chiamata timbro del suono.

- Il timbro di un suono è dunque associato alla composizione34

delle onde che partecipano alla

sua costituzione

I suoni degli strumenti rappresentati in fig.50 sono riferiti ad una stessa nota; si osservi che

la frequenza (la lunghezza d’onda), nei tre casi, è la stessa quindi hanno uguale ampiezza ma timbri

completamente diversi. Per concludere torniamo al concetto d’intensità o volume. L’intensità di un

suono è collegata al quadrato dell’ampiezza dell’onda sonora (vedi [51]), quindi alzare o abbassare

il volume significa ottenere un suono più o meno forte modificando il valore dell’ampiezza

dell’onda sonora.

34

Vedi il capitolo relativo all’interferenza.

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40

MODULO N. 2

1) ELEMENTI DI PSICOACUSTICA

Presentazione:

Vedremo come funziona il nostro sistema uditivo, scoprendo che esso reagisce secondo

matematiche diverse da quelle di uno strumento elettronico, in quanto come per tutte le percezioni

umane, la sensazione uditiva non è proporzionale allo stimolo, ma al suo logaritmo.

Come è fatto e come funziona il sistema uditivo umano

Il sistema uditivo umano può essere visto composto di tre parti: l’orecchio esterno (o padiglione

auricolare), l’orecchio medio e l’orecchio interno. All’interno del padiglione auricolare è presente

un condotto chiamato canale auricolare (o condotto uditivo) il quale termina su una membrana

chiamata timpano. La membrana timpanica è un diaframma sottile, elastico, molto resistente,

impermeabile all’acqua e all’aria che separa l’orecchio esterno dall’orecchio medio.

Figura 1: Orecchio umano

L’orecchio medio è costituito da una cavità interna dell’osso del cranio, contenente anch’essa aria, e

da una complessa catena di ossicini atti a trasmettere la vibrazione della membrana timpanica

all’organo dell’udito propriamente detto, la coclea, che si trova nell’orecchio interno. Sempre

nell’orecchio interno si trova un secondo organo che non ha niente a che vedere con il sistema

uditivo: il labirinto (o canali semicircolari). Esso è sede del centro dell’equilibrio, e noi non lo

analizzeremo.

Figura 2: Ossicini e rappresentazione srotolata della coclea

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Gli ossicini che si trovano dentro l’orecchio medio sono visibili ingranditi in figura 2: martello,

incudine e staffa sono incernierati fra loro. Il primo è a contatto con la membrana timpanica, il terzo

invece poggia su un ulteriore diaframma con caratteristiche simili a quelle del timpano, la finestra

ovale, che lo collega alla coclea. All’interno della coclea non si trova aria, ma un liquido con

impedenza (resistenza) simile a quella dell’acqua, e quindi mille volte superiore a quella dell’aria.

La membrana timpanica ha un’impedenza solo di poco superiore a quella atmosferica e questa è

compensata dalla forma del canale auricolare dell’orecchio esterno che effettua un caricamento a

tromba per permettere un perfetto accoppiamento di impedenza tra il condotto e il timpano. Il

risultato è un ottimo trasduttore del campo acustico che effettua il massimo trasferimento di energia.

Bisogna però notare che il condotto è piccolo perciò funziona meglio a frequenze alte (3-5000 Hz),

mentre a basse frequenze l’impedenza è disadattata e la risposta è minore (vedremo comunque che

questo non è un problema).

Il trasferimento di energia dalla membrana timpanica alla finestra ovale è invece più

problematico, in quanto il liquido che si trova all’interno della coclea ha, come già detto,

un’impedenza mille volte superiore a quella dell’aria e inoltre al suo interno il suono viaggia ad una

velocità 4-5 volte superiore: il risultato è che l’impedenza della membrana timpanica è circa tremila

volte inferiore a quella della finestra ovale e quindi, se fossero messe a contatto diretto, il

trasferimento d’energia sarebbe scarsissimo.

Gli ossicini funzionano quindi come delle leve, trasformando i grandi movimenti, associati a

piccole forze della membrana timpanica, nei piccoli movimenti e grandi forze della staffa. Un

meccanismo di questo tipo è detto trasformatore meccanico d’impedenza, e benché aumenti il

rapporto tra la pressione interna e la pressione sonora ricevuta dall’esterno non è un amplificatore

vero e proprio perché questo processo è eseguito diminuendo la velocità dell’onda: in altre parole, si

accresce un’energia a spese di un’altra.

Il segnale così trasformato giunge alla coclea (chiamata anche chiocciola per la sua forma) che

in figura 2 è rappresentata “srotolata”. La chiocciola è composta di due canali (o scale) lunghi

30mm posti a contatto fra loro attraverso la membrana basale: il canale vestibolare, che porta il

suono verso il centro della chiocciola, e il canale timpanico, che guida il segnale nel percorso verso

l’esterno.

Figura 3: Percorso seguito dal segnale sonoro nella coclea

(in alto a sinistra è visibile il punto in cui poggia la staffa)

La membrana basale è sottoposta ad uno sforzo mentre il suono la percorre, dovuto alle

differenze di pressione che si vengono a creare nei due condotti posti a contatto, e questi sforzi sono

registrati dalle cellule ciliate (vedi figura 4) che affidano il nuovo segnale a una rete neurale. Grazie

ad essa il nostro cervello riceve un’informazione estremamente selettiva di come il suono sia

distribuito alle varie frequenze. I tempi di risposta non sono istantanei, ma variano dai 25 ai 150

millisecondi (più avanti vedremo che un tempo di 125 ms è il tempo di misura fast per un

fonometro) a seconda della frequenza del segnale: si può dire che i suoni ad alta frequenza vengono

uditi prima.

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Figura 4: Sezione trasversale di un giro di chiocciola

Infatti all’ingresso della chiocciola la membrana basale è sottile e tesa come una corda di

violino e l’impedenza del liquido all’interno della coclea è maggiore (in quanto il condotto è più

largo): la frequenza di risonanza in questa zona è quindi alta. Procedendo verso il centro la

membrana diventa più spessa e meno tesa, fino ad essere come una corda di contrabbasso: questo

meccanismo fa sì che le componenti del suono a frequenze basse trovino la loro zona di risonanza

solo dopo aver percorso i 30 mm di lunghezza del canale vestibolare. Perciò esse sono udite con un

certo ritardo ed attenuate.

Essendo il canale di trasmissione unico, le componenti di suono a basso volume sono rese

inudibili da quelle ad alto volume e frequenza prossima alla loro. Questo fenomeno è detto di

“mascheramento”, e viene sfruttato per compattare informazioni audio come nel caso dei minidisc e

dei file MP3, nei quali vengono eliminati i contributi che il sistema uditivo non percepirebbe.

2) Sensazione sonora

Abbiamo visto che la risposta del nostro sistema uditivo non è uguale a tutte le frequenze:

possiamo dire che due suoni a frequenze diverse possono avere la stessa intensità ma dare un livello

di sensazione diversa. Il diagramma 1 riportato di seguito è stato ottenuto sperimentalmente e indica

sia la soglia di udibilità, cioè la minima intensità che deve avere un suono per essere udito alle varie

frequenze, sia la soglia di dolore, oltre la quale il suono ha effetti dannosi anche per brevi

esposizioni. Fra queste due linee si estende l’area dei suoni udibili dall’uomo.

Diagramma 1: Area della sensazione uditiva

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Un diagramma più significativo fu elaborato negli anni ’30 dai ricercatori Fletcher e Munson, che

prendendo in esame un elevato numero di soggetti elaborarono le curve di isosensazione, o isofone,

che rappresentano il livello in pressione sonora che deve avere un suono per dare la stessa

sensazione alle varie frequenze. L’osservatore è sottoposto alternatamente ad un tono puro di una

certa frequenza e ad un altro tono alla frequenza di riferimento (1000 Hz). Di quest’ultimo viene

regolata l’intensità fino a dare la stessa sensazione del primo suono, e in questo modo si stabilisce a

quale curva appartiene la prima coppia di valori (frequenza – intensità).

Diagramma 2: Fletcher Munson (ISO 226:1987)

La curva inferiore, denominata MAF (Minimum Audible Field), riporta la soglia di udibilità

binaurale in un campo frontale di toni puri per persone otologicamente normali di età compresa tra

i 18 ed i 30 anni. A 1000 Hz la soglia vale 4,2 dB. (Fonte: sito internet prof. Massimo Garai,

Università di Bologna)

Come vedremo più avanti, queste curve servono a valutare le misure che vengono effettuate con

sistemi che hanno una risposta uguale a tutte le frequenze. Esse inoltre fanno parte del “Decreto

misure” del marzo ’98: infatti la normativa italiana è molto avanzata riguardo ai sistemi di

misurazione, in quanto si basa sulla risposta fisiologica dell'orecchio umano. Per comprendere

appieno il diagramma di Fletcher Munson, vediamo ora la definizione del decibel.

20

2

0,2

2E-2

2E-3

2E-4

2E-5

Val

ore

del

la p

ress

ione

in P

asca

l

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3) La scala dB Le curve isofoniche hanno tutte forma molto simile, con picco di udibilità intorno ai 4000 Hz,

ma si può notare come al crescere dell’intensità la risposta del sistema uditivo si appiattisce. Ciò

nonostante è possibile ricavare l’unità di raddoppio, ovvero il fattore per cui devo moltiplicare

l’intensità sonora per avere una sensazione di raddoppio. Tale valore fu stabilito da Graham Bell in

3,16, ovvero 10 . Ribadiamo che esso è solo un valore mediato, in quanto la risposta ad una

variazione di pressione sonora è diversa a seconda della frequenza e dell’ampiezza.

Prendendo una scala arbitraria, alle varie pressioni potremmo avere dei risultati come questi

Pressione sonora Sensazione (S)

0,01 Pa 1

0,0316 2

0,1 3

0,316 4

1 5

dove un aumento di S di un’unità equivale ad una sensazione di raddoppio. Bell definì la sensazione

sonora come:

BS

PP

2

0

2

lg

dove l’unità di misura tra parentesi quadre è il Bel, mentre P0 è la pressione di riferimento, stabilita

in 1025 Pa, corrispondente al suono più debole udibile dall’uomo a 1000 Hz. Da notare che ora

non è più considerato tale, come mostra la curva MAF, comunque continua ad essere preso come

pressione di riferimento. Occorre inoltre precisare che con l’espressione “lg” intendiamo “logaritmo

in base 10”, così come con “ln” intendiamo “logaritmo in base e”.

Questa scala si rivelò però essere troppo grossolana, ed oggi l’unita di misura più comunemente

usata è il decibel (dB), ovvero il decimo di Bel. Per evitare confusioni il valore in dB è chiamato

livello (L) e non sensazione, per cui scriveremo:

dBL

P

P2

0

2

lg10

Alcune osservazioni: un suono a 0 dB, secondo Bell, corrispondeva al suono più debole udibile

a 1000 Hz (infatti perché il logaritmo sia zero il suo argomento deve essere 1, ovvero P deve essere

uguale a P0). Il fatto che i termini di pressione siano elevati al quadrato suggerisce che il nostro

sistema uditivo abbia una risposta proporzionale al loro valore medio efficace, e quindi al

contenuto energetico (che sappiamo essere proporzionale al quadrato della pressione: I=bcpeff2).

In definitiva le caratteristiche con cui posso costruire uno strumento più simile all'orecchio

umano funziona a livelli di pressione RMS (root mean sqare -> peff) con costante di tempo fast

(125 ms). In formula:

P

P

RMS

RMSS2

2

0

lg

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4) La scala dB(A)

Per raggiungere una buona approssimazione della risposta umana occorre inoltre compensare

strumentalmente il fatto che l'orecchio sente meglio le frequenze alte rispetto alle basse. Questa

operazione, detta di ponderazione, è eseguita tramite il diagramma di Fletcher Munson, andando

cioè a vedere a quale curva isofonica appartiene una determinata coppia frequenza-livello. Per

facilitare l'operazione è sufficiente avere a disposizione un grafico di Fletcher Munson ribaltato, che

ci permette di stabilire quale valore dobbiamo sommare ai livelli sonori ottenuti alle varie frequenze

per ottenere l'effettiva sensazione umana.

Come già detto, le curve isofoniche sono simili tra loro, ma comunque variano all'aumentare del

livello, per cui avremmo bisogno di più curve da utilizzare nei vari casi. A tale riguardo esistono la

curva A (per livelli sotto i 60 dB), la curva B (tra 60 e 80 dB), la curva C (oltre 80) e la curva D (per

rumori molto forti, come quelli degli aerei) e si definiscono le misure in dB(A), dB(C) ecc. a

seconda della curva di ponderazione utilizzata. Per evitare confusioni le misure prive di

ponderazione possono essere indicate in dB(LIN).

Ciò nonostante, per i nostri scopi sarà utile avere a disposizione la sola curva di ponderazione A,

di cui sono riportati anche i valori tabellati. Infatti la curva B e la curva D non sono prese in

considerazione dalla legge, mentre la C riguarda solo i rumori molto forti.

Per quale motivo utilizziamo solo la curva A (Fonte: sito internet prof. Massimo Garai, Università di Bologna)

La curva di ponderazione "A" è risultata quella in media meglio correlata con la risposta

soggettiva umana a rumori generici a larga banda; questo fatto, unito alla facilità di una

misurazione fonometrica in dB(A), ha portato all'adozione della curva "A" in molte norme e leggi

nazionali ed internazionali. D'altra parte, è ben noto che questo modo di procedere si presta a

molte critiche:

- vi sono molte altre scale di valutazione della sensazione sonora, in genere ben più raffinate

della curva "A";

- le curve isofoniche sono state costruite lavorando con toni puri, mentre la curva "A" viene in

genere usata per valutare rumori a larga banda;

- peraltro, è ormai ampiamente dimostrato che la curva "A" non da una valutazione adeguata

quando il rumore abbia forti componenti tonali o sia di tipo impulsivo;

- il disturbo da rumore a bassa frequenza è certamente sottostimato utilizzando un singolo

numero in dB(A).

Per questi ed altri motivi si ritiene oggi che la curva "A" non abbia più quel significato che

originariamente le si voleva attribuire. Ciononostante, la curva "A" resta per la sua semplicità un

riferimento comune per una prima approssimata valutazione dei rumori a larga banda. In realtà,

la motivazione più forte al mantenimento della curva "A" sembra essere la sua onnipresenza nelle

normative di settore. A questo punto il suo significato è puramente convenzionale, ragion per cui

nelle normative di elettroacustica ,che definiscono le caratteristiche dei misuratori di livello

sonoro, si rifugge dal riferimento a pretese e ormai superate valenze psicoacustiche e si definisce la

curva "A" come un filtro nel dominio della frequenza dato da una precisa espressione matematica.

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tabella 1: Ponderazione A, B, C, D

Notare che per definizione il fattore di correzione a 1000 Hz è 0.

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5) DANNI AL SISTEMA UDITIVO UMANO

Rumore impulsivo

Rumori istantanei ma con valore di picco molto forte possono causare danni irreversibili al sistema

uditivo umano. Per questo motivo la normativa europea e quella italiana impongono dei limiti al

massimo valore di picco tollerabile negli ambienti.

Da notare è che tale valore non può essere mediato nel tempo, neanche nei 125 ms, per cui il livello

di riferimento preso è LMAX,PEAK (cioè il livello massimo ottenuto confrontando tutti i livelli

istantanei). Secondo la normativa europea tale valore non deve essere maggiore ai 130 dB(C). La

normativa italiana non ha ancora recepito la direttiva europea (anche se prima o poi dovrà farlo), e

stabilisce questo limite in 140 dB(LIN).

L'inconveniente è chiaro nel caso di locali pressurizzati, che rischiano di finire fuori norma a causa

di onde intense ma a frequenza bassissima (come quelle originate dalla chiusura di una porta), le

quali effettivamente non provocano danni all'orecchio umano.

Esposizione breve a livelli alti

Esposizioni di poche ore a livelli alti possono causare, per via semplicemente della sollecitazione

meccanica, un temporaneo malfunzionamento dell'organo dell'equilibrio. Questo, oltre a labirintite,

nausea, perdita d'equilibrio, causa anche problemi di guida dei veicoli: per cui dopo una serata in

discoteca è possibile avere difficoltà nel condurre un automezzo pur non avendo bevuto alcolici.

Esposizione prolungata a livelli medio alti

Esposizioni di diverse ore ogni giorno a livelli medio alti negli anni causa danni permanenti al

sistema uditivo umano.

Le diagnosi sono effettuate in cabine d'ascolto, dove al paziente vengono fatti ascoltare toni puri a

varie frequenze, partendo dal valore minimo udibile e salendo di volume fino a quando il suono è

effettivamente udito dal paziente: questo permette di stabilire qual è stata la perdita di sensibilità

alle varie frequenze, e di tracciare degli audiogrammi. Ovviamente la misura dei livelli sonori è

effettuata in dB(A).

Vediamo ora qualche risultato ottenuto sperimentalmente su diversi soggetti.

-10

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

110

120

0 250 1000 4000 16000

PE

RD

ITA

IN

DE

CIB

EL

FREQUENZE IN Hz

AUDIOGRAMMA UDITO NORMALE

ORECCHIO DESTRO

ORECCHIO SINISTRO

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Il risultato dell'esame audiometrico riportato qui sopra illustra un udito pressoché normale. I

rilevamenti alle varie frequenze sono infatti in prossimità dello 0 dB.

Esaminando i danni causati da un'esposizione prolungata ad un livello sonoro di 90 dB, si nota

come la perdita di udito sia più grave in corrispondenza dei 4000 Hz. Questo deriva dal fatto che la

chiocciola a tali frequenze è più sensibile e quindi più esposta ai danni. La ragione per cui il sistema

uditivo umano si è sviluppato fino ad essere più sensibile alle frequenze intorno ai 2000/4000 Hz è

che il più alto contenuto informativo della voce umana, ovvero le consonanti, si situa proprio a

quelle frequenze. Perciò una persona audiolesa (e in Italia lo è il 5% della popolazione) sente

meglio le vocali (che sono a 400 Hz ca. ed hanno un'intensità maggiore) rispetto alle consonanti,

per cui il più delle volte capisce che le si sta parlando, ma non comprende ciò che le viene detto.

Una soluzione al problema viene dalle protesi. Esse però non possono funzionare come un

amplificatore hi-fi, in quanto amplificando in modo lineare a tutte le frequenze causerebbero

ulteriori danni al malato. Una protesi deve essere in grado di amplificare maggiormente le

frequenze ove la perdita è più grave. Deve inoltre ridurre il guadagno quando il suono in ingresso è

già ad alto livello. La risposta tecnologica attualmente in fase di evoluzione è il controllo di

guadagno a microprocessore.

6) SOMMA DI SEGNALI

Somma coerente (interferenza costruttiva tra onde in fase)

Prendiamo il caso di un tubo in cui poniamo alle estremità due altoparlanti e al centro un microfono

collegato ad un trasduttore di segnale. Mettendo in funzione il primo altoparlante otteniamo dal

trasduttore una certa forma d'onda (intensità in funzione del tempo). Accendendo il solo secondo

altoparlante otteniamo un'onda uguale alla prima. Nei due casi ottengo i seguenti livelli:

][lg102

0

2

11

dB

P

PL ][lg10

2

0

2

22

dB

P

PL

Se li metto in funzione contemporaneamente, facendo loro trasmettere lo stesso segnale

perfettamente in fase, istante per istante le due pressioni sonore si sommano.

-10 0

10 20 30 40 50 60 70 80 90

100 110 120

PE

RD

ITA

IN

DE

CIB

EL

FREQUENZE IN Hz

PERDITA DI UDITO IN AMBIENTE RUMOROSO

INIZIO DEL TRAUMA

ACUSTICO

INFERIORE A 5 ANNI

DA 5 A 10 ANNI

DA 10 A 20 ANNI

OLTRE I 20 ANNI

DURATA

DELL’ESPOSIZIONE:

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][lg10

2

0

2

21 dB

P

PPLTOT

Se P1=P2

][lg106][lg104lg10][

2lg10

2

0

2

1

2

0

2

1

2

0

2

1 dBdBdB

P

P

P

P

P

PLTOT

Per cui giungiamo al sorprendente risultato che dBdBdB 767070

oppure che dBdBdB 868080 !!!

Se sommo 2 livelli non uguali devo invece fare riferimento alla prima formula del livello totale.

Somma incoerente

L'esempio che abbiamo visto non è però realistico, in quanto non posso ricevere due suoni

assolutamente identici: a parte che solitamente i due suoni sono già diversi in partenza, comunque

essi percorrono distanze diverse prima di giungere al microfono, per cui hanno fase tra di loro

random: a volte si sommano raddoppiando effettivamente la pressione sonora, a volte s'annullano, a

volte sono a fase intermedie.

Pertanto per calcolare il livello sonoro totale occorre fare un'ipotesi diversa, vale a dire sfruttando il

principio di conservazione dell'energia: la densità d'energia sonora sarà uguale alla somma

aritmetica delle due prese singolarmente. Ricordando che

Quindi

Segue:

Figura 5: Somma incoerente

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50

P2

è normalmente proporzionale alla densità di energia, perciò si può supporre PPPTOT

2

2

2

1

2 e

quindi:

P

PPLTOT 2

0

2

2

2

1lg10

Se P1=P2

][lg103][lg102lg102

0

2

1

2

0

2

1 dBdB

P

P

P

PLTOT

Per cui ad esempio dBdBdB 737070 , oppure dBdBdB 838080 . In linea di massima, per

somma di due livelli intendiamo sempre somma incoerente.

Nel grafico qui sotto è indicato quanto dobbiamo sommare al livello del maggiore dei due segnali

per ottenere il livello totale.

Infatti, grazie alle proprietà del logaritmo il valore da sommare dipende solo dalla differenza di

livello tra i due segnali e non dal livello di partenza. Come si può notare, se viene sommato un

livello inferiore di 10 dB rispetto al primo, questo rimane sostanzialmente invariato (+0,4) per cui

solitamente si dice che dBdBdB 807080 .

L'effetto pratico è che un fonografo non avverte nessuna differenza all'attivazione della sorgente più

debole, quando invece il nostro orecchio se ne accorge: il suono è cioè trascurabile dal punto di

vista del livello totale, ma è comunque udibile (sempre se non siamo in presenza del fenomeno di

mascheramento).

Se dall'espressione di L1 e L2 ricavo P2

1e P

2

2

10102

0

2

11L

PP e 10102

0

2

22LPP

Sostituendo nell'espressione di LTOT ottengo

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

Differenza di livello (dB)

Va

lore

in

dB

di

cu

i in

cre

me

nta

re i

l li

ve

llo

ma

gg

iore

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51

10101010 1010

2

0

102

0

102

0 21

21

lg10lg10LL

LL

TOT

P

PPL

Esercizio

Di un segnale sonoro mi vengono forniti i livelli delle componenti alle varie frequenze, ovvero mi

viene dato lo spettro (questo concetto verrà meglio approfondito nelle prossime lezioni). I dati sono

riportati nella tabella sottostante:

Frequenza Livello in dB

Fattore di correzione

Livello in dB(A)

63 70 -26,2 43,8 125 80 -16,1 63,9 250 76 -8,6 67,4 500 68 -3,2 64,8

1000 63 0 63 2000 78 1,2 79,2

Mi viene richiesto il livello totale in dB

dBLTOT45,83lg10 101010101010

107810631068107610801070

Proviamo ora a calcolare il livello totale in dB(A): come si vede dalla tabella, è sufficiente applicare i fattori correttivi indicati precedentemente per ottenere i livelli in dB(A)

)(83,79lg10

101010

101010102,791063108,64

104,67109,63108,43

AdBLTOT

Occorre osservare che la seconda cifra decimale non ha alcun significato fisico in quanto la

sensibilità dell'orecchio umano e di molti strumenti non arriva neanche al decimo di decibel.

Confrontando graficamente (con i tipici istogrammi) i valori in dB e in dB(A), mi accorgo che

quello che a 125 Hz sembrava essere un picco, in verità è sovrastato dalla componente a 2000 Hz

che è molto più udibile di essa.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

63 125 250 500 1000 2000

Liv

ello

Frequenza (Hz)

Livello in dB

Livello in dB(A)

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Come si può vedere, tutte le componenti risultano essere trascurabili dal punto di vista del livello

rispetto a quella a 2000 Hz. (differenza di livello di -10 dB)

Nota bene Come si può osservare nell’immagine sottostante, la curva A è l’inverso

dell’isofonica 40 phon in questo diagramma di Munson che però non è quello attualmente in uso

(vedi pag.43) questo conferma che ora la curva A è una curva CONVENZIONALE di

interpolazione.

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7) SUONI COMPOSTI: ANALISI IN FREQUENZA

Rumore: come dice la parola stessa, è un segnale casuale non deterministico assolutamente

irriproducibile uguale a se stesso.

In un suono reale sono sempre mescolate un certo numero di sinusoidi discrete con opportune

ampiezze, frequenze, fasi e una base “indistinta” di rumore a spettro ampio o banda larga che è

costituito da una successione completamente casuale di valori.

A noi interessa analizzare il suono a frequenze diverse, quindi partire da una rappresentazione di

un segnale nel dominio del tempo (la forma d’onda) ed arrivare a definire “lo spettro” . Esso è una

rappresentazione grafica su piano cartesiano con in ascissa la frequenza ed in ordinata una

grandezza rappresentativa dell’ampiezza del suono (ad esempio la pressione) espressa in dB. Il

concetto di spettro deriva dall’ottica, scienza molto simile all’acustica, dove, data una luce, si cerca

di scomporla nelle sue componenti cromatiche che sono onde a diversa frequenza e lunghezza

d’onda.

Un tono, come ad esempio una sinusoide a frequenza 1 kHz, viene rappresentato nello spettro

con una singola riga alla frequenza di 1 kHz (vedi fig. 1). A Lp

T

1 KHz f

1 ms

Fig.1 Tono a 1 kHz

Ricordiamo che LP corrisponde alla pressione RMS (peff) del suono considerato.

In generale lo spettro di un segnale non è formato da una singola riga ad una particolare

frequenza. Se il suono ha delle armoniche, come è tipico per gli strumenti musicali, avremo oltre

alla riga fondamentale delle componenti ad altre frequenze multiple come, ad esempio, a 2000 Hz,

3000 Hz, 4000… (vedi fig. 2)

Lp 1

3

2

1000 Hz 2000 Hz 3000 Hz f

1: Fondamentale

2: Secondo ordine armonico

3: Terzo ord ine armonico

Fig.2 Armoniche di un suono

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Questo è definito suono armonico complesso, ed è comunque periodico con periodo che

coincide con quello della fondamentale; nel caso visto in fig. 2 il segnale nel tempo potrebbe essere

del tipo in fig. 3. A

T=1 ms t

Fig.3 Suono armonico complesso

Anche questo è un caso particolare; in generale possiamo avere segnale armonico complesso

aperiodico nel quale, pur rimanendo costanti le ampiezze delle armoniche, variano le fasi,

deformando la forma d’onda: in questo caso ho che lo spettro rimane invariato, ma nella

rappresentazione del suono nel dominio del tempo non riesco più a distinguere una parte che si

ripete. Esiste anche il suono disarmonico o inarmonico nel quale ci sono componenti a frequenze

che non sono multiple della fondamentale, dove possiamo avere anche “subarmoniche”, cioè

componenti a frequenze minori della fondamentale. Tutti questi tipi di suoni hanno rappresentazioni

a righe isolate.

Passiamo ora ad un’analisi più specifica del rumore:

come già detto è un segnale in banda larga ovvero dato qualunque intervallo f sull’asse delle

frequenze da f1 a f2, come in fig. 4, se vado a vedere l’energia che comprende questa finestra scopro

che, in generale, non sarà nulla perché un segnale in banda larga ha sempre energia su tutto lo

spettro.

Hz

db

f f 1 2

Fig. 4 Segnale in banda larga

Questa energia è continua.

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55

Lp

100 200 300 400 500 600 700 800 900 f [KHz]

Fig.5 Spettro di un rumore analizzato da una serie di filtri

Se, ad esempio, f=100 Hz e vado a vedere l’energia che ho in ogni intervallo, allora faccio “un’analisi per bande”. Quando ho un suono complesso che ha una componente di rumore non

trascurabile non posso sapere dove ho energia e quindi mi serve un banco di filtri che mi copra tutto

lo spettro del segnale. Lo schema del dispositivo sarà quello di fig. 6.

RIVELATORE

RMS

RIVELATORE

RMS

RIVELATORE

RMS

RIVELATORE

RMS

Fig.6 Schema dispositivo banco di filtri

Ogni filtro è un circuito elettrico che lascia passare solamente un intervallo di frequenze

prestabilite e che isola una parte ben precisa dello spettro. All’uscita del filtro metto un rivelatore

RMS (Root Mean Square cioè la pressione efficace) che mi calcola il valore medio efficace del

segnale.

Esistono fondamentalmente due tipi di spettri per bande:

Spettro a bande costanti

Spettro a bande ad ampiezza percentuale costante Il primo è del tipo che abbiamo appena visto, in cui ogni filtro ha un’apertura in frequenza

(intesa come numero di Hertz) che è costante su tutto lo spettro. Se f=100 Hz (esempio sopra) per

coprire lo spettro 20 Hz 20 kHz mi servono 200 filtri.

Il secondo è costituito da bande nelle quali è costante il rapporto tra l’ampiezza delle bande e la

frequenza di centro banda.

Il secondo tipo è quello più utilizzato per due motivi:

1) È la classica banda musicale: l’ottava. Essa è definita come un raddoppio in frequenza,

quindi avere l’asse delle frequenze scalato per ottave significa avere un banco di filtri ad

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altezza percentuale costante per cui ogni banda successiva è larga il doppio della

precedente; ad esempio, prendendo la banda d’ottava dei 1000 Hz quella dopo è quella dei

2000 Hz e cosi via… Oltre alle bande d’ottava si utilizzano bande a frazioni d’ottava dove

la più usata è quella a terzi d’ottava. È la più comune perché l’ampiezza di una di queste

bande è sostanzialmente uguale alla banda critica. (Ricordiamo che la frequenza critica per

un segnale a 1000 Hz è 160 Hz che è uguale alla banda a terzi d’ottava centrata a 1000 Hz)

2) Un’analisi per bande ad ampiezza percentuale costante date da tre bande per ogni raddoppio

di frequenza (bande a terzi d’ottava) corrisponde con buona approssimazione al sistema

fisiologico umano per frequenze superiori a 600 Hz (frequenze medie ed alte). Per

frequenze minori l’analisi per bande a terzi d’ottava non tiene conto della maggiore

risoluzione del sistema uditivo umano.

Per coprire l’intero campo delle frequenze udibili ci vogliono 10 filtri d’ottava, ciascuno dei

quali ha una frequenza di centro banda doppia di quella del filtro precedente (vedi tabella1):

fc1 fc2 fc3 fc4 Fc5 Fc6 fc7 fc8 fc9 fc10

31,5Hz 63 Hz 125 Hz 250 Hz 500 Hz 1 kHz 2 kHz 4 kHz 8 kHz 16 kHz

Tabella 2

Per fc10=16 kHz siamo già ben oltre la frequenza dei 20 kHz in quanto fc10 indica la frequenza

di centro banda. Quando passo alle bande in terzi d’ottava mi serviranno, ovviamente, 30 filtri.

Le frequenze di centro banda sono normalizzate dall’IEC (International Electrotechnical

Commision),organismo internazionale che stabilisce le frequenze di centro banda, quelle dei

fianchi dei filtri sia per l’analisi in ottave sia per quelle in terzi.

In un grafico in funzione della frequenza un filtro passa - banda si può rappresentare con una

zona in cui il guadagno è pressoché costante e pari a 0 db (banda efficace, f) e con due zone, ai

lati della prima, in cui il guadagno decresce fino a valori trascurabili (fig. 7). La banda efficace è

compresa tra f1 e f2, che sono le frequenze di taglio, poste a metà energia rispetto alla banda

passante; per definizione G(f1) = G(f2) = -3 db. fc è la frequenza di centro banda, tale che G(fc) = 0

db.

f

G

0 dB

-80 dB

f

f1 f2fc

Fig. 7 Risposta in frequenza di un filtro passa - banda

Bisogna notare che un filtro ideale dovrebbe avere la curva del guadagno fatta come un impulso

rettangolare (in frequenza), ma finché il dispositivo è realizzato con componenti passivi i fronti di

salita e di discesa non potranno mai essere verticali.

Ad es., se un filtro ha f1 = 707 Hz e f2 = 1414 Hz qualsiasi suono al di fuori di questo intervallo

di frequenze non dovrebbe passare, ma in realtà queste componenti, anche se attenuate, si ritrovano

ugualmente in uscita.

Consideriamo l’ottava dei 1000 Hz e quella dei 2000 Hz come in fig. 8:

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L

3dB

1000 1414 2000 f

Fig. 8

Con un segnale che sta proprio alla frequenza di 1414 Hz con ampiezza 100 dB non vedrò

all’uscita dell’analizzatore un picco, ma entrambe le bande segnare 97 dB (infatti sommandole con

la regola dei dB, 97 dB + 97 dB = 100 dB). L’IEC specifica la pendenza dei fronti di salita, di

discesa e l’ampiezza della banda passante per i filtri da usare. Un filtro che soddisfa queste regole si

dice “a norma”, quando abbiamo un banco di filtri a norma possiamo fare un’analisi spettrale a

norma.

Utilizzando un analizzatore di spettro software come SpectraRTA scaricato dal sito internet

http:\\www.soundtechnology.com è possibile analizzare in tempo reale lo spettro di un suono (RTA

“Real Time Analyzer”). Si dice “in tempo reale” perché il programma mostra i valori in

ingresso direttamente sullo schermo senza dover registrare il suono prima per poi elaborarlo.

L’applicativo, tra le tante opzioni, offre la possibilità di fare un’analisi in ottava, terzi, sesti, noni

dodicesimi d’ottava. Iniziamo con l’analisi in ottava di un segnale a 1414 Hz per verificare le

considerazioni fatte prima.

Fig. 9 Analisi di un tono a 1414 Hz in ottave

Dalla fig. 9 vediamo che entrambe le bande sono all’incirca allo stesso valore, la loro somma mi

dà il valore in dB del segnale di ingresso. In questo caso si nota che l’analizzatore non riesce a

distinguere se il suono è in una banda o in quella vicina perché entrambe i filtri stanno lavorando.

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N.B.: la dicitura in ordinata SLP indica “sound pressur level” ovvero il livello di pressione

sonora espressa in dB.

Esaminando lo stesso esempio in terzi d’ottava si vede (fig. 10).

fig. 10 Analisi in terzi d’ottava

I filtri usati dall’analizzatore software hanno fianchi molto ripidi perché sono implementati da un

algoritmo di calcolo numerico (abbastanza potenti) e quindi la zona di incrocio è molto stretta.

Un parametro molto importante nell’analisi in tempo reale è la costante di tempo; la media può

essere fatta con una costante di tipo:

FAST: ha tempo di integrazione pari a 125 ms. e corrisponde, all’incirca, al tempo di integrazione del sistema uditivo umano (quello che si vede sul monitor corrisponde a quello che

si sente)

SLOW: ha tempo di integrazione pari a 1 s.

FOREVER: ha tempo di integrazione infinito; il sistema continua a integrare i valori in ingresso.

Per migliorare l’analisi si può inserire la curva di “ponderazione A” (vedi pag.44) con la

caratteristica di fig. 11:

Fig. 11

Caratteristica curva di ponderazione

-50

-40

-30

-20

-10

0

10

25

31

.5

40

50

63

80

10

0

12

5

16

0

20

0

25

0

31

5

40

0

50

0

63

0

80

0

10

00

12

50

16

00

20

00

25

00

31

50

40

00

50

00

63

00

80

00

10

00

0

12

50

0

16

00

0

20

00

0

dB

Frequenza (Hz)

Curva di ponderazione A

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Dalle seguenti figure, inoltre, si può notare la differenza tra uno spettro con curva di

ponderazione A (fig. 12) ed uno senza (fig13):

Fig. 12 Spettro con curva “A” Fig. 13 Spettro senza curva “A”

Le basse frequenze vengono completamente attenuate come pure quelle a 16 kHz e a 20 kHz. Il

sistema riprodotto da SpectralRTA con banda in terzi d’ottava, con costante FAST e curva di

ponderazione A, corrisponde molto al sistema uditivo umano. Non è detto, però, che questi settaggi

siano ottimali per effettuare misure spettrometriche. Spesso serve avere una maggiore risoluzione in

ferequenza come ad esempio in sesti d’ottava.

In Italia esiste una legge che stabilisce le modalità di misura acustiche. È il DPCM del 16

Marzo 1998 del quale riportiamo i vari allegatitra i quali quelli di seguito riportati.

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Allegato A

DEFINIZIONI

1. Sorgente specifica: sorgente sonora selettivamente identificabile che costituisce la causa del

potenziale inquinamento acustico.

2. Tempo a lungo termine (TL): rappresenta un insieme sufficientemente ampio di TR

all'interno del quale si valutano i valori di attenzione. La durata di TL è correlata alle

variazioni dei fattori che influenzano la rumorosità di lungo periodo. (N.B. TL>TR>To>TM)

3. Tempo di riferimento (TR ): rappresenta il periodo della giornata all'interno del quale si

eseguono le misure. La durata della giornata è articolata in due tempi di riferimento: quello

diurno compreso tra le h 6,00 e le h 22,00 e quello notturno compreso tra le h 22,00 e le h

6,00.

4. Tempo di osservazione (TO ): e' un periodo di tempo compreso in TR nel quale si verificano

le condizioni di rumorosità che si intendono valutare.

5. Tempo di misura (TM ): all'interno di ciascun tempo di osservazione, si individuano uno

o più tempi di misura (TM) di durata pari o minore del tempo di osservazione in

funzione delle caratteristiche di variabilità del rumore ed in modo tale che la misura

sia rappresentativa del fenomeno. 6. Livelli dei valori efficaci di pressione sonora ponderata "A": L AS , L AF , LAI. Esprimono i

valori efficaci in media logaritmica mobile della pressione sonora ponderata "A" LPA

secondo le costanti di tempo "slow" "fast", "impulse".

7. Livelli dei valori massimi di pressione sonora LASmax, LAFmax, LAImax. Esprimono i valori

massimi della pressione sonora ponderata in curva "A" e costanti di tempo "slow", "fast",

"impulse".

8. Livello continuo equivalente di pressione sonora ponderata "A": valore del livello di

pressione sonora ponderata "A" di un suono costante che, nel corso di un periodo specificato

T, ha la medesima pressione quadratica media di un suono considerato, il cui livello varia in

funzione del tempo:

T

ATAeq dt

p

tp

ttL

0

2

0

2

12

,

)(1log10 dB(A)

dove LAeq e' il livello continuo equivalente di pressione sonora ponderata "A" considerato in

un intervallo di tempo che inizia all'istante t1 e termina all'istante t2 ; pA(t) è il valore

istantaneo della pressione sonora ponderata "A" del segnale acustico in Pascal (Pa); p0 = 20

micron Pa è la pressione sonora di riferimento .

9. Livello continuo equivalente di pressione sonora ponderata "A" relativo al tempo a lungo

termine TL (LAeq,TL): il livello continuo equivalente di pressione sonora ponderata "A"

relativo al tempo a lungo termine (LAeq,TL ) può essere riferito:

a) al valore medio su tutto il periodo, con riferimento al livello continuo equivalente di

pressione sonora ponderata "A" relativo a tutto il tempo TL, espresso dalla relazione:

N

i

iL

TLAeqTRAeq

NL

1

)(1.0

,,10

1log10 dB(A)

essendo N i tempi di riferimento considerati;

b) al singolo intervallo orario nei TR. In questo caso si individua un TM di 1 ora all'interno

del TO nel quale si svolge il fenomeno in esame. (LAeq,TL ) rappresenta il livello continuo

equivalente di pressione sonora ponderata "A" risultante dalla somma degli M tempi di

misura TM, espresso dalla seguente relazione:

M

i

iTRLAeq

TLAeqM

L1

),(1.0

, 101

log10 dB(A)

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dove i e' il singolo intervallo di 1 ora nell'iesimo TR. E' il livello che si confronta con i

limiti di attenzione.

10. Livello sonoro di un singolo evento LAE, (SEL): e' dato dalla formula:

2

1

2

0

2

0

)(1log10

t

t

AAE dt

p

tp

tLSEL dB(A)

dove

t2 -t1 e' un intervallo di tempo sufficientemente lungo da comprendere l'evento;

t0 e' la durata di riferimento (l s).

11. Livello di rumore ambientale (LA): è il livello continuo equivalente di pressione sonora

ponderato "A", prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un

determinato tempo. Il rumore ambientale è costituito dall'insieme del rumore residuo e da

quello prodotto dalle specifiche sorgenti disturbanti, con l'esclusione degli eventi sonori

singolarmente identificabili di natura eccezionale rispetto al valore ambientale della zona. E'

il livello che si confronta con i limiti massimi di esposizione:

1) nel caso dei limiti differenziali, e' riferito a TM;

2) nel caso di limiti assoluti e' riferito a TR .

12. Livello di rumore residuo (LR): è il livello continuo equivalente di pressione sonora

ponderato "A", che si rileva quando si esclude la specifica sorgente disturbante. Deve essere

misurato con le identiche modalità impiegate per la misura del rumore ambientale e non

deve contenere eventi sonori atipici.

13. Livello differenziale di rumore (LD): differenza tra il livello di rumore ambientale. (LA) e

quello di rumore residuo (LR):

LD = (LA - LR)

14. Livello di emissione: è il livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato "A",

dovuto alla sorgente specifica. E' il livello che si confronta con i limiti di emissione.

15. Fattore correttivo (Ki): è la correzione in dB(A) introdotta per tener conto della presenza di

rumori con componenti impulsive, tonali o di bassa frequenza il cui valore è di seguito

indicato:

per la presenza di componenti impulsive KI = 3 dB

per la presenza di componenti tonali KT = 3 dB

per la presenza di componenti in bassa frequenza KB = 3 dB

I fattori di correzione non si applicano alle infrastrutture dei trasporti.

16. Presenza di rumore a tempo parziale: esclusivamente durante il tempo di riferimento

relativo al periodo diurno (TR), si prende in considerazione la presenza di rumore a tempo

parziale, nel caso di persistenza del rumore stesso per un tempo totale non superiore ad

un'ora. Qualora il tempo parziale sia compreso in 1 h il valore del rumore ambientale,

misurato in Leq(A) deve essere diminuito di 3 dB(A); qualora sia inferiore a 15 minuti il

Leq(A) deve essere diminuito di 5 dB(A).

17. Livello di rumore corretto (LC): e' definito dalla relazione:

LC = LA + KI + KT + KB

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Allegato B

NORME TECNICHE PER L'ESECUZIONE DELLE MISURE

1. Generalità.

Prima dell'inizio delle misure è indispensabile acquisire tutte quelle informazioni che

possono condizionare la scelta del metodo, dei tempi e delle posizioni di misura.

I rilievi di rumorosità devono pertanto tenere conto delle variazioni sia dell'emissione

sonora delle sorgenti che della loro propagazione. Devono essere rilevati tutti i dati che

conducono ad una descrizione delle sorgenti che influiscono sul rumore ambientale nelle

zone interessate dall'indagine. Se individuabili, occorre indicare le maggiori sorgenti, la

variabilità della loro emissione sonora, la presenza di componenti tonali e/o impulsive e/o di

bassa frequenza.

2. La misura dei livelli continui equivalenti di pressione sonora ponderata "A" nel periodo di

riferimento (LAeq,TR):

N

R iTT11

0 )(

può essere eseguita:

a) per integrazione continua.

Il valore LAeq,TR viene ottenuto misurando il rumore ambientale durante l'intero periodo di

riferimento, con l'esclusione eventuale egli interventi in cui si verificano condizioni anomale

non rappresentative dell'area in esame;

b) con tecnica di campionamento.

Il valore LAeq,TR viene calcolato come media dei valori del livello continuo equivalente di

pressione sonora ponderata "A" relativo agli intervalli del tempo di osservazione (To)i. Il

valore di LAeq,TR e' dato dalla relazione [vedi punto 9 a) e b) dell’allegato A]::

n

i

L

R

TRAeqiTAeqiT

TL

1

1.0

0,)0(,10)(

1log10 dB(A)

3. La metodologia di misura rileva valori di (LAeq,Tr) rappresentativi del rumore ambientale nel

periodo di riferimento, della zona in esame, della tipologia della sorgente e della

propagazione dell'emissione sonora. La misura deve essere arrotondata a 0,5 dB.

4. Il microfono da campo libero deve essere orientato verso la sorgente di rumore; nel caso in

cui la sorgente non sia localizzabile o siano presenti più sorgenti deve essere usato un

microfono per incidenza casuale. Il microfono deve essere montato su apposito sostegno e

collegato al fonometro con cavo di lunghezza tale da consentire agli operatori di porsi alla

distanza non inferiore a 3 m dal microfono stesso.

5. Misure all'interno di ambienti abitativi. Il microfono della catena fonometrica deve essere posizionato a 1,5 m dal pavimento e ad

almeno 1 m da superfici riflettenti. Il rilevamento in ambiente abitativo deve essere eseguito

sia a finestre aperte che chiuse, al fine di individuare la situazione più gravosa. Nella misura

a finestre aperte il microfono deve essere posizionato a 1 m dalla finestra; in presenza di

onde stazionarie il microfono deve essere posto in corrispondenza del massimo di pressione

sonora più vicino alla posizione indicata precedentemente. Nella misura a finestre chiuse, il

microfono deve essere posto nel punto in cui si rileva il maggior livello della pressione

acustica.

6. Misure in esterno. Nel caso di edifici con facciata a filo della sede stradale, il microfono deve essere collocato

a 1 m dalla facciata stessa. Nel caso di edifici con distacco dalla sede stradale o di spazi

liberi, il microfono deve essere collocato nell'interno dello spazio fruibile da persone o

comunità e, comunque, a non meno di 1 m dalla facciata dell'edificio. L'altezza del

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microfono sia per misure in aree edificate che per misure in altri siti, deve essere scelta in

accordo con la reale o ipotizzata posizione del ricettore.

7. Le misurazioni devono essere eseguite in assenza di precipitazioni atmosferiche, di nebbia

e/o neve; la velocità del vento deve essere non superiore a 5 m/s. Il microfono deve essere

comunque munito di cuffia antivento. La catena di misura deve essere compatibile con le

condizioni meteorologiche del periodo in cui si effettuano le misurazioni e comunque in

accordo con le norme CEI 29-10 ed EN 60804/1994.

8. Rilevamento strumentale dell'impulsività dell'evento: Ai fini del riconoscimento dell'impulsività di un evento, devono essere eseguiti i rilevamenti

dei livelli LAImax e LASmax per un tempo di misura adeguato. Detti rilevamenti possono essere

contemporanei al verificarsi dell'evento oppure essere svolti successivamente sulla

registrazione magnetica dell'evento.

9. Riconoscimento dell'evento sonoro impulsivo: Il rumore è considerato avente componenti impulsive quando sono verificate le condizioni

seguenti:

l'evento e' ripetitivo;

la differenza tra LAImax e LAsmax e' superiore a 6 dB;

la durata dell'evento a -10 dB dal valore LAFmax e' inferiore a 1 s.

L'evento sonoro impulsivo si considera ripetitivo quando si verifica almeno 10 volte nell'arco di un'ora nel periodo diurno ed almeno 2 volte nell'arco di un'ora nel periodo

notturno.

La ripetitività deve essere dimostrata mediante registrazione grafica del livello LAF

effettuata durante il tempo di misura LM. LAeq,TR viene incrementato di un fattore KI cosi'

come definito al punto 15 dell'allegato A.

10. Riconoscimento di componenti tonali di rumore. Al fine di individuare la presenza di Componenti Tonali (CT) nel rumore, si effettua

un'analisi spettrale per bande normalizzate di 1/3 di ottava. Si considerano esclusivamente le

CT aventi carattere stazionario nel tempo ed in frequenza. Se si utilizzano filtri sequenziali

si determina il minimo di ciascuna banda con costante di tempo Fast. Se si utilizzano filtri

paralleli, il livello dello spettro stazionario è evidenziato dal livello minimo in ciascuna

banda. Per evidenziare CT che si trovano alla frequenza di incrocio di due filtri ad 1/3 di

ottava, possono essere usati filtri con maggiore potere selettivo o frequenze di incrocio

alternative. L'analisi deve essere svolta nell'intervallo di frequenza compreso tra 20Hz e 20

kHz . Si è in presenza di una CT se il livello minimo di una banda supera i livelli minimi

delle bande adiacenti per almeno 5dB . Si applica il fattore di correzione KT come definito al

punto 15 dell'allegato A, soltanto se la CT tocca una isofonica eguale o superiore a quella

più elevata raggiunta dalle altre componenti dello spettro. La normativa tecnica di

riferimento è la ISO 266:1987.

11. Presenza di componenti spettrali in bassa frequenza: Se l'analisi in frequenza svolta con le modalità di cui al punto precedente, rileva la presenza

di CT tali da consentire l'applicazione del fattore correttivo KT nell'intervallo di frequenze

compreso fra 20 Hz e 200 Hz , si applica anche la correzione KB così come definita al punto

15 dell'allegato A, esclusivamente nel tempo di riferimento notturno.

Allegato C

1. Metodologia di misura del rumore ferroviario.

Le misure devono essere eseguite in condizioni di normale circolazione del traffico

ferroviario e nelle condizioni meteorologiche di cui al punto 7 dell'allegato B. Il microfono,

dotato di una cuffia antivento ed orientato verso la sorgente di rumore, deve essere posto a

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una distanza di 1 m dalle facciate di edifici esposti ai livelli sonori più elevati e ad una quota

da terra pari a 4 m. Il misuratore di livello sonoro deve essere predisposto per l'acquisizione

dei livelli di pressione sonora con costante di tempo "Fast" e consentire la determinazione

dell'orario d'inizio, del valore del livello di esposizione sonora LAE e del profilo temporale

LAF(t) dei singoli transiti dei convogli. Per una corretta determinazione dei livelli di

esposizione, occorre che i valori di LAFmax siano almeno 10 dB(A) superiori al livello sonoro

residuo. Il tempo di misura TM deve essere non inferiore 24 h. La determinazione dei valori

LAeq,TR deve essere effettuata in base alla relazione seguente:

kTT

Ln

i

L

i

R

TRAeqAE

1

)(1.0

0, 10)(1

log10 dB(A)

dove:

TR e' il periodo di riferimento diurno o notturno;

n e' il numero di transiti avvenuti nel periodo TR;

k = 47.6 dB(A) nel periodo diurno (06-22) e k = 44.6 dB(A) nel periodo notturno (22-06).

Sulla base dell'orario in cui si è verificato l'evento e dall'esame dei profili temporali devono

essere individuati gli eventi sonori non attribuibili al transito dei treni oppure caratterizzati da fenomeni accidentali. I valori di LAE corrispondenti a transiti di convogli ferroviari

invalidati da eventi eccezionali devono essere sostituiti dal valore medio aritmetico di LAE

calcolato su tutti i restanti transiti. Ai fini della validità del valore di LAeq,TR il numero di

transiti di convogli ferroviari invalidati da altri fenomeni rumorosi, non deve superare il

10% del numero di transiti n.

Qualora il rumore residuo non consenta la corretta determinazione dei valori di LAE nel

punto di misurazione, ovvero se il numero di transiti invalidati e' superiore al 10% del

numero totale n, si deve applicare una metodologia basata sulla misurazione in un punto di

riferimento PR posto in prossimità dell'infrastruttura ferroviaria e in condizioni di campo

sonoro libero. Nel punto PR le misurazioni devono avvenire su un tempo TM non inferiore a

24 ore ed i valori di LAE misurati in PR devono essere correlati ai corrispondenti valori

misurati nel punto di ricezione per almeno 10 transiti per ognuno dei binari presenti. Per

ciascun binario sarà determinata la media aritmetica delle differenze dei valori LAE misurati

in PR e nel punto di ricezione. Tale valor medio, per ottenere il corrispondente valore nel

punto di ricezione, deve essere sottratto al valore LAeq,TR e' determinato nel punto Pr . Il

livello equivalente continuo complessivo nel punto di ricezione si determina mediante la

relazione:

n

K

kL

R

TRAeqRTAeq

TL

1

)(1.0

,

,101

log10 dB(A)

essendo n il numero di binari

2. Metodologia di misura del rumore stradale. Essendo il traffico stradale un fenomeno avente carattere di casualità o pseudocasualità, il

monitoraggio del rumore da esso prodotto deve essere eseguito per un tempo di misura non

inferiore ad una settimana. In tale periodo deve essere rilevato il livello continuo

equivalente ponderato A per ogni ora su tutto l'arco delle ventiquattro ore: dai singoli dati di

livello continuo orario equivalente ponderato A ottenuti si calcola:

a) per ogni giorno della settimana i livelli equivalenti diurni e notturni;

b) i valori medi settimanali diurni e notturni.

Il microfono deve essere posto ad una distanza di 1 m dalle facciate di edifici esposti ai

livelli di rumore più elevati e la quota da terra del punto di misura deve essere pari a 4 m. In

assenza di edifici il microfono deve essere posto in corrispondenza della posizione occupata

dai recettori sensibili. I valori di cui al punto b) devono essere confrontati con i livelli

massimi di immissione stabiliti con il regolamento di esecuzione previsto dall'Art. 11 della

legge 26 ottobre 1995, n. 447.

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Allegato D

PRESENTAZIONE DEI RISULTATI

I risultati dei rilevamenti devono essere trascritti in un rapporto che contenga almeno i seguenti

dati:

a) data, luogo, ora del rilevamento e descrizione delle condizioni meteorologiche, velocità e

direzione del vento;

b) tempo di riferimento TR, di osservazione To e di misura TM;

c) catena di misura completa, precisando la strumentazione impiegata e relativo grado di

precisione; e del certificato di verifica della taratura;

d) i livelli di rumore rilevati;

e) classe di destinazione d'uso alla quale appartiene il luogo di misura;

l) le conclusioni;

m) modello, tipo, dinamica e risposta in frequenza nel caso di utilizzo di un sistema di registrazione

o riproduzione;

n) elenco nominativo degli osservatori che hanno presenziato alla misurazione;

o) identificativo e firma leggibile del tecnico competente che ha eseguito le misure.

Soffermiamoci ora sul riconoscimento di componenti tonali (CT) di rumore in una misura (punto 10

– allegato B della normativa appena esposta):

"Al fine di individuare la presenza di componenti tonali nel rumore, si effettua un’analisi spettrale

per bande normalizzate di 1/3 di ottava. L’analisi deve essere svolta nell’intervallo di frequenza

compreso tra 20 Hz e 20 kHz. Si considerano esclusivamente le componenti tonali aventi carattere

stazionario nel tempo ed in frequenza. Se si utilizzano filtri sequenziali si determina il minimo di

ciascuna banda con costante di tempo Fast. Se si utilizzano filtri paralleli, il livello dello spettro

stazionario è evidenziato dal livello minimo in ciascuna banda."

Il decreto richiede di fare un’analisi spettrale per bande normalizzate di 1/3 di ottava, considerando

solo le componenti di carattere stazionario (in tempo e in frequenza). Si deve poi determinare il

minimo di ogni banda con costante di tempo FAST e realizzare il diagramma frequenza per

frequenza delle bande così normalizzate.

Il decreto quindi continua:

"Si è in presenza di una componenti tonale se il livello minimo di una banda supera i livelli minimi

delle bande adiacenti per almeno 5 dB"

Può tuttavia sorgere un problema: dato che i filtri di 1/3 di ottava hanno i fianchi non verticali (Fig.

14), può avvenire una sovrapposizione di due bande, il che nasconde la presenza della componenti

tonali stesse, perché fa elevare allo stesso modo due bande vicine.

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66

500 1 k 2 k

0

-1

-2

-3

-4

-5

-6

-7

-8

-9

-10

Overplot

Fig. 14 - Grafico del filtro di 1/3 di ottava

Il decreto a proposito afferma che:

"Per evidenziare componenti tonali che si trovano alla frequenza di incrocio di due filtri ad 1/3 di

ottava, possono essere usati filtri con maggiore potere selettivo o frequenze di incrocio

alternative."

Quindi si deve effettuare un'ulteriore misurazione in 1/6 di ottava e poi riunire nei due differenti

modi possibili (Fig. 15 a) e b) ) i 1/6 di ottava per formare due grafici in 1/3 di ottava: confrontando

questi due, si potrà determinare la presenza o meno delle componenti tonali.

70

65

60

55

50

45

40

35

30

25

20

Lm

in,f

ast

(d

B)

20 40 80 160 315 630 1250 2500 5000 10000 20000

Frequenza (Hz)

Fig. 15 a) - Spettro in terzi di ottava (primo modo)

70

65

60

55

50

45

40

35

30

25

20

Lm

in,f

ast

(d

B)

22.4 45 90 175 335 710 1400 2800 5600 11200

Frequenza (Hz)

CT

Fig. 15 b) - Spettro in terzi di ottava (secondo modo)

In questo caso si vede che la componente a 90 Hz potrebbe essere una componente tonale perché

supera i livelli minimi delle bande adiacenti per almeno 5 dB.

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67

Con un semplice calcolo si può inoltre determinare la probabilità di avere sovrapposizione. Infatti

confrontando in Fig. 14 la larghezza della zona di incrocio che misura 54 Hz con la larghezza del

filtro di ottava (di 174 Hz) scopriamo che (considerando sia il fianco destro che quello sinistro) la

probabilità di avere una sovrapposizione è circa del 31% (quindi molta alta!).

Prima di applicare il fattore di correzione di 3 dB(A), deve essere fatto un ultimo controllo:

"Si applica il fattore di correzione soltanto se la componente tonale tocca una isofonica eguale o

superiore a quella più elevata raggiunta dalle altre componenti dello spettro."

100

90

80

70

60

50

40

30

20

10

0

Lm

in,f

ast

(d

B)

20

31.5 50

80

125

200

315

500

800

1250

2000

3150

5000

8000

12500

Frequenza (Hz)

Spettro Sper.

110 Phon

100 Phon

90 Phon

80 Phon

70 Phon

60 Phon

50 Phon

40 Phon

30 Phon

20 Phon

10 Phon

Fig. 16 - Verifica della componente tonale con le isofoniche

Ad una prima osservazione del grafico sembrerebbe che la componente tonale a 80 Hz svetti sulle

altre, cioè sia quella che raggiunge l'altezza maggiore. Prendiamo però in considerazione l'isofonica

verde al centro del digramma di Fletcher e Manson. Riferendoci a questa curva, si vede che altre

due vette, più elevate di quella a 80 Hz, la intersecano e la superano. Questo allora significa che la

componente tonale a 80 Hz non è da penalizzare con il fattore correttivo, perché non "svetta" sul

diagramma delle isofoniche stesso.

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8) Valutazione della rumorosità dei suoni

Fino ad ora abbiamo considerato sorgenti sonore con un livello sonoro costante nel tempo. In

realtà, vi sono molti casi in cui il livello sonoro non è costante nel tempo e occorre valutarne la

rumorosità. Un primo approccio a questo problema è quello di ricercare la funzione matematica che

descrive l’andamento del livello sonoro. Questo ci consente di valutare il livello sonoro il un dato

istante ma non fornisce un’informazione sulla rumorosità globale. Se ad esempio avessimo una

sorgente che si accende ad intermittenza, conoscere esattamente l’andamento del tempo non ci aiuta

nel valutare il livello sonoro che produce in un determinato tempo. Si definisce quindi un livello

equivalente che si calcola come:

Lp t

ptEQ

10

1 2

0

2log

( )

Td

0

T

Il livello equivalente rappresenta una sorta di media del livello sonoro sul periodo di tempo T considerato. In figura è rappresentato l’andamento (quantitativo) del livello emesso da una sorgente

intermittente ed il corrispondente livello equivalente:

Come si vede dal grafico, il livello equivalente si stabilizza sempre più all’aumentare della

finestra di integrazione considerata. L’importanza di questo livello è quella di consentirci di

quantificare il livello sonoro emesso da una sorgente attraverso un unico numero. Infatti il livello

equivalente è usato nella legislazione per stabilire i limiti tollerabili di rumore. In particolare la

legge italiana stabilisce tre intervalli di tempo diversi per effettuare le rilevazioni:

8 ore, che corrispondono al tempo di lavoro da utilizzare per misurare la rumorosità sul luogo

di lavoro;

dalle 6 alle 22, corrispondenti al periodo diurno

dalle 22 alle 6, corrispondenti al periodo notturno

Tutte le misure che si effettuano durante il giorno vanno integrate sulle 16 ore del periodo diurno

e, similmente, le misure effettuate di notte vanno integrate sulle 8 ore del periodo notturno.

Vediamo ora un esempio delle modalità di calcolo del livello equivalente.

Figura 1: Livello sonoro di una sorgente intermittente e livello

equivalente

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Esempio 1 : Si vuole misurare il livello equivalente di una sirena che segnala la pausa pranzo in una

fabbrica. Questa sirena suona alle 12 precise e rimane in funzione per 30 secondi.

Teoricamente dovrei misurare il livello sonoro per 16 ore per determinare l’andamento del

livello sonoro nel periodo diurno. Questa strada in realtà non è percorribile. Procedo allora

misurando per un’ora il livello sonoro a sirena spenta e poi i 30 secondi in cui suona la sirena. Dalle

misure effettuate risulta che:

* 50 dB per 1 h in cui la sirena era spenta

* 80 dB per i 30 s in cui la sirena era in funzione

Estendiamo ora le nostre misure campione per tutto il periodo diurno. Nel tempo totale tTOT =

16 h = 576000 s di finestra legale, per t1 = 30 s abbiamo misurato un livello sonoro di L1 = 80 dB,

nel restante tempo t2 = 57570 s consideriamo valida la misurazione di L2 = 50 dB effettuata per

un’ora.

A questo punto l’integrale si trasforma in una somma discreta ed è semplice calcolare il livello

equivalente come:

dB8.5157600

10301057570log10

102

101log10

8510

2

10

1

TOT

LL

EQt

ttL

Si nota come la sirena influenzi molto poco il livello equivalente che aumenta di meno di 2 dB

rispetto al livello a sirena spenta. Supponendo invece che la sirena suoni per 30 minuti (pari a 1800

s) invece che per 30 secondi, ripetendo i calcoli otterrei:

dB1.6557600

1018001055800log10

85

EQL

Il procedimento illustrato nell’esempio è valido per qualunque misura effettuata in ambiente

esterno. Nel caso in cui si debba misura il livello sonoro a cui è esposto un lavoratore sul luogo di

lavoro il modo di procedere cambia leggermente

Infatti la legge italiana stabilisce che in questi casi occorre considerare il livello di esposizione

personale (LEP). Questo livello si calcola analogamente, ma il calcolo è sempre effettuato sulle 8 ore

lavorative, indipendentemente dalle ore lavorate dalla persona; solo nel caso in cui la persona

considerata lavori per 8 ore il livello equivalente e quello personale coincidono.

Vediamo questo discorso applicato a due esempi pratici.

Esempio2: Un lavoratore su più macchine durante le 8 ore della giornata lavorativa. Calcolare il

livello di esposizione personale.

Tempo (h) Macchina usata Livello (dBA)

2 tornio 82

1 fresa 85

1 trapano 78

0.5 smerigliatrice 96

0.5 pausa pranzo 65

3 saldatrice 81

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70

Il livello di esposizione personale in questo caso coincide con il livello equivalente in quanto il

lavoratore ha lavorato per 8 ore. Procediamo nei calcoli come al solito e otteniamo:

dBA8.85

8

103105.0105.0101101102log10

8

10

log101.85.66.98.75.82.8

10

i

L

i

EP

t

L

Esempio 3: Un lavoratore su più macchine per un totale di 10 ore lavorative. Calcolare il livello di

esposizione personale.

Tempo (h) Macchina usata Livello (dBA)

2 Tornio 82

3 Fresa 85

1 Trapano 78

0.5 Smerigliatrice 96

0.5 Pausa 65

3 Saldare 81

In questo caso le ore lavorate sono 10, ma il livello personale va comunque calcolato sulle 8 ore

standard come segue:

dBA7.868

103105.0105.0101103102log10

1.85.66.98.75.82.8

EPL

Se effettuassimo il calcolo del livello equivalente (ovvero dividessimo per 10 nella formula

precedente otterremmo:

dBA7.8510

103105.0105.0101103102log10

1.85.66.98.75.82.8

EQL

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71

9) Limiti di rumore

La legge italiana stabilisce dei limiti di rumore per tutelare la salute dei cittadini. Sia sul posto

di lavoro che nell’ambiente esterno esistono dei limiti che è obbligatorio rispettare se non si vuole

incorrere in pesanti sanzioni.

Sul posto di lavoro, come detto, il livello viene misurato come livello di esposizione personale

e la legge stabilisce 4 fasce di rumorosità:

Sotto 80 dBA il rumore è considerato tollerabile senza che il lavoratore subisca

danni permanenti;

Tra 80 dBA e 85 dBA sono obbligatorie visite periodiche per i lavoratori e controlli

costanti sul rumore per tentare di ridurlo;

Tra 85 dBA e 90dBA obbligo di intervento sui macchinari in quanto la legge proibisce

l’utilizzo di macchine che producono un livello di rumore

superiore a 85 dBA. Inoltre sono obbligatorie visite ogni anno per

i dipendenti;

Oltre 90 dBA in questo caso è necessaria una denuncia entro 60 giorni alle

autorità competenti. In mancanza di una denuncia, la fabbrica può

incorrere nella chiusura e in una multa (intorno ai € 30000) per

ogni giorno successivo al 60.

Tabella Errore. L'argomento parametro è sconosciuto.: Limiti di rumore nell'ambiente di

lavoro

In ambiente esterno invece esistono limiti diversi. La legge stabilisce 6 zone con limiti di

rumore diversi per il periodo diurno e per quello notturno. Le zone sono riassunte nella tabella

seguente:

Zona Limite diurno (dBA) Limite notturno (dBA) Nome zona

1° 50 40 Alta cautela (ospedali, scuole, ...)

2° 55 45 Residenziale

3° 60 50 Campagna

4° 65 55 Centri storici

5° 70 60 Industriale normale

6° 80 70 Esclusivamente industriale

Tabella A Limiti di rumore in ambiente esterno

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72

MODULO N. 3

1) PROPAGAZIONE DEL SUONO IN CAMPO LIBERO

Gli esempi che si possono fare su sistemi interessati da questo approccio sono molteplici:

rumore prodotto da mezzi di trasporto (auto, treni, aeroplani)

edifici (sistemi di refrigerazione, ventilatori)

sistema di amplificazione per esterni (per concerti in uno Stadio)

1.1) PROPAGAZIONE SFERICA

La propagazione sferica è facile da descrivere: una distanza sorgente – ricevitore

sufficientemente elevata rispetto alla lunghezza d’onda in modo che quest’ultimo possa considerare

la sorgente come un punto.

L’energia che si propaga resta in prima approssimazione costante (nessun assorbimento da parte

dell’aria) ma la intensità sonora diminuisce perché si distribuisce su una superficie sempre più

grande.

Aumento della superficie con il quadrato della distanza r

24 r

W

S

WI

Sia LI1=80dB l’intensità a 1m, LI2 a 2m vale dBr

r

a

b 74680log10802

2

. La diminuzione di

intensità al raddoppio della distanza ha una sigla (DL2) e nel caso della propagazione sferica vale

sempre DL2=6dB ed è il livello massimo che si può ottenere da una qualsiasi propagazione.

Richiamiamo ora le definizioni dei livelli sonori in dB:

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73

0

log10W

WLW

0

log10D

DLD (38)

0

log10I

ILI

2

0

2

log10P

PLP (37)

Sono tutti livelli espressi in decibel. Solo LW non è omogenea alle altre (il livello di potenza

dipende dalla sorgente e di conseguenza LW resta costante in ogni punto).

Fissato dunque LW, possiamo dedurre il livello di intensità:

Essendo i valori di riferimento W0 e I0 arbitrari li possiamo scegliere uguali al fine di semplificare

la relazione e i loro valori effettivi (valori che saranno spiegati in seguito) sono:

212

0

12

0

10

10

mWI

WW

e dalle altre relazioni

rr log20log10

114

1log10

2

Possiamo ricavare :

11log20 rLL WI

Determinato questo valore vogliamo che le altre relazioni (37) e (38) assumano in un dato punto lo

stesso valore che assume LI per poter così parlare di unico Livello Sonoro, e ciò è sempre possibile

visto che i valori di riferimento sono arbitrari.

Conosciamo anche una relazione che unisce la velocità alla pressione (solamente nelle onde piane

progressive o in onde sferiche) cv

pz 0 =400 .

Se prendiamo un valore particolare della PaP 5

0 102 il valore di v0 resta fissato e vale

s/m105400

102

c

P

z

Pv 8

5

0

000

.

312

25

0

2

00 /10

400

102mW

c

PI

[ 51c) pag.22]

abbiamo così ottenuto il valore di I0 precedentemente usato (che è anche uguale a W0).

3

1512

00 1094.2

340

10

m

j

c

IDDcI

In queste condizioni è facile da verificare che PDI LLL .

Ovviamente fuori dal caso di onda piana progressiva le relazioni vengono meno. E’ stato verificato

che in un tubo con terminazione rigida i valori p e v salgono e scendono in modo alternato (ove P è

elevata la velocità si annulla, e viceversa) .

Non è solo il caso del tubo, ma semplicemente in ogni stanza reale, dove i valori di I, D, P, sono

leggermente diversi in ogni punto.

2

0

0

00

0

0

2

0

2

0

log104

1log10log10log104log104log10log10

rI

W

W

W

W

W

I

r

W

I

r

W

I

ILI

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74

Una grandezza comunque è limitata : DI LL , la prima è la sola energia che si propaga, mentre la

seconda è l’energia totale, e dunque somma sia dell’energia che si propaga, sia dell’energia

“stazionaria” che oscilla avanti e indietro senza propagarsi.

Possiamo dunque utilizzare questa differenza ID LL per stimare l’Indice di Reattività di un campo

sonoro.

Ricordiamo che le grandezze sono omogenee e rappresentano l’energia totale e la parte di essa che

si sta propagando.

In un tubo ad onde stazionarie non esiste un legame univoco e valido ovunque fra LI a LP, perchè LI

è costante lungo il tubo, mentre LP continua ad oscillare fra un valore massimo ed uno minimo.

Quindi IP LL varia da punto a punto, mentre ID LL è costante, e dipende solo dal coeff. di

assorbimento acustico del materiale posto all’estremità del tubo.

La norma ISO9614 è da considerarsi in questo senso obsoleta in quanto usa come metro di

campione della reattività del campo proprio la differenza IP LL , invece che la più corretta

ID LL .

1.2) DIRETTIVITÀ DELLE SORGENTI

Il campo acustico generato da una sorgente sonora é, in generale, caratterizzato da una emissione

di energia sonora diversa secondo le varie direzioni. Si definisce pertanto il " fattore di

direttività" Q come rapporto tra l'intensità sonora nella direzione (I) e l'intensità sonora I

0 che

avrebbe il campo acustico in quel punto, se la sorgente fosse omnidirezionale:

Q = I / Io

Oltre a tale valore si definisce anche l"indice di direttività D" (da non confondere con la densità

di energia), dato dalla relazione:

D = 10 log Q (dB)

In genere é sufficiente conoscere il valore di Q (o di D), sul piano verticale ed orizzontale .

Occorre ancora ricordare che il valore di Q dipende dalla frequenza e che normalmente aumenta

con essa.

Curve di direttività di due sorgenti puntiformi sfasate di 180° alle frequenze di 1 e 2 KHz.

Come é già stato precedentemente osservato, il campo sonoro generato da una sorgente può

essere modificato dalla presenza di ostacoli e superfici riflettenti: se, per esempio, una sorgente

puntiforme sferica (Q =1), viene posta su di un piano perfettamente riflettente, si ottiene Q = 2,

come mostra la figura seguente; se viene posta in un angolo, tra due superfici riflettenti, si ottiene

Q = 4, ecc.

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75

Curve di direttività di una sorgente sferica puntiforme in vicinanza di superfici riflettenti.

Utilizzando le relazioni precedenti, si può scrivere, per sorgenti in campo libero caratterizzate

dal fattore di direttività Q :

LI = L

p = L

W - 20 log r - 11 + 10 log Q (dB)

La relazione suddetta é particolarmente importante in quanto consente, attraverso la misura dei

livelli sonori Lp, di determinare il fattore di direttività di una sorgente ed il valore del livello di

potenza sonora. La misura dovrà essere condotta in camera anecoica secondo le prescrizioni della

normativa ISO 3745.

1.3) PROPAGAZIONE CILINDRICA

Consideriamo adesso il caso di una sorgente sonora non più puntiforme, ma lineare. I fronti d’onda

adesso non sono più sferici, ma cilindrici.

Questo argomentazione permette la trattazione di strade, ferrovie, linee di trasporto in generale,

visto che si propagano in modo lineare.

Al fine del calcolo del livello equivalente obbliga a scomporre un singolo evento in una serie di

piccoli, ma continui eventi.

Figura 5

I due segnali sono però profondamente differenti: se raddoppio la distanza dal primo il livello

scende di 6dB, se mi allontano dal secondo solo di 3dB infatti:

rl

W

S

WI

2 dove con W ho indicato l’energia totale della colonna di veicoli.

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76

Figura 6

DL2=3dB

Se mi allontano da un’autostrada (sorgente lineare) il livello sonoro scende di 3dB/raddoppio,

mentre se mi allontano da una fabbrica (sorgente concentrata) il livello sonoro cala di

6dB/raddoppio della distanza. Mentre se per sorgenti puntiformi la costante era 114

1log10

ora per sorgenti lineari la costante diventa 82

1log10

,se infine la sorgente è semicilindrica la

costante risulta

.

Ricaviamo ora le formule operative per le sorgenti cilindriche (ad esempio cavalcavia) e

semicilindriche (strade a livello di campagna).

ONDE CILINDRICHE

Data una colonna di n veicoli in un tempo t ciascuno dei quali produce una potenza sonora media

Wi il valore della potenza totale prodotta dagli n veicoli risulta (onde incoerenti l’energia si

somma):

L’intensità dell’onda cilindrica ad una distanza r risulta (A=2 )

Dove l è la lunghezza della colonna di n autoveicoli in moto con una velocità media v

l=vt

Segue

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77

Essendo

e si ha:

ONDE SEMICILINDRICHE

Per le onde semicilindriche basta ricordare che A= e con gli stessi passaggi si arriva a:

Esercizio :

Un’autostrada è percorsa da una fila uniforme di soli autocarri (sorgente lineare). Calcolare il livello

sonoro in un ipotetico centro residenziale a 50m di distanza dall’autostrada.

Lwi (di un autocarro) = 100 dB

V di ogni autocarro = 80 Km/h

n di camion per unità di tempo = 1000 veicoli/h

r=50 m

Spazio percorso in un ora:

l= Vt=80km = 80000 m

Intervallo medio tra un autocarro e il successivo

Effettuando l’approssimazione di eventi continui, utilizzando V e il numero di veicoli che passano

in un’ora, posso calcolare la distanza tra un camion e l’altro che sarà d = 80m.

Trattandosi di un’onda semicilindrica il livello di pressione prodotta risulta:

=100+30-17-49-5=59dB

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2) PROPAGAZIONE IN AMBIENTE ESTERNO

Durante questa lezione si studiano i fattori che influenzano la propagazione delle onde sonore

in ambiente esterno. Questi studi sono importanti per capire in che modo possa variare la

propagazione delle onde in particolari condizioni in modo da poter progettare sistemi (come sistemi

di amplificazione per esterni) che funzionino correttamente in ogni situazione.

I fattori che influenzano la propagazione del suono sono legati a fenomeni ambientali ma anche

alla presenza di barriere o superfici tra la sorgente ed il ricevitore. Cercheremo ora di capire quali

sono le variazione introdotte da tali fattori e in che modo è possibile considerarle in fase di progetto.

2.1) Effetto della temperatura

Il primo fattore che influenza l’andamento dei fronti d’onda è la variazione di temperatura.

Infatti la temperatura varia al variare della quota ed esistono diverse configurazioni di variazione.

Esamineremo ora tre casi che possono presentarsi:

(N.B. ricordare che quando cambia la velocità di un’onda si parla di rifrazione e che la velocità del

suono dipende dalla temperatura )

a) Andamento normale

In condizioni normali la temperatura decresce man mano che ci si allontana dalla superficie. I

raggi sonori (nelle varie figure rappresentati con le linee di campo ortogonali al fronte d’onda e

rappresentanti punti di iso-intensità sonora) sono curvati verso l’alto. Esiste una superficie limite

teorica tangente al terreno, al di sotto della quale si forma una zona d’ombra dovuta all’assenza di

onde sonore.

b) Inversione termica

In questa situazione il terreno è più freddo dell’aria circostante e quindi a basse quote la

temperatura al suolo è più bassa della temperatura in quota. All’aumentare della distanza dal suolo

si ritorna ad un andamento di tipo normale. Questa è una delle situazione climatiche tipiche di zone

come la pianura Padana. In questi casi i raggi sonori sono curvati verso l’alto è ciò comporta

l’assenza di zone d’ombra; questo può dare origine a strani fenomeni perché il suono può “piovere”

su zone che non sarebbero raggiungibili se i fronti d’onda avessero l’andamento consueto.

Figura 7:Andamento normale della temperatura e dei raggi sonori

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79

c) Canale sonoro

E’ il fenomeno più “strano” e raro. Si forma un canale sonoro quando ho uno strato d’aria che è

più caldo (o più freddo) rispetto agli strati circostanti. In questo caso le onde sonore vengono

“intrappolate” nello strato di diversa temperatura e possono uscire soltanto quando varia

nuovamente la temperatura; possono quindi percorrere anche parecchi chilometri prima di ricadere

e questo può dare origine ai cosiddetti “miraggi sonori”. Una situazione simile si può verificare in

presenza di nebbia: infatti la coltre di nebbia sul suolo forma una zona dove la temperatura e minore

di quella del terreno, mentre sopra lo strato di nebbia i raggi del sole rendono la temperatura più

alta. Questa variazione di temperatura crea un canale in cui possono restare intrappolate le onde

sonore

Nel progettare sistemi occorre tenere conto di questi fenomeni termici. La normativa italiana

stabilisce che in sede di calcolo è necessario considerare il caso mediamente sfavorevole, cioè

quello dell’inversione termica.

Figura 8: Andamento della temperatura e dei raggi sonori in caso di

inversione termica

Figura 9: Andamento della temperatura e dei raggi sonori in caso di canale sonoro

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2.2) Effetto del vento

Anche il vento può influire notevolmente sull’andamento dei raggi sonori. In presenza di vento

infatti la velocità del suono e quella del vento si sommano come composizione vettoriale. In

realtà, il vento può trasportare il suono solo quando la velocità del vento è confrontabile con quella

del suono (e questo è abbastanza raro).

Il vento inoltre può curvare i raggi sonori. Infatti in presenza di un gradiente di velocità al

variare della quota fa si che i raggi sonori curvino sottovento.

Questa curvatura data dal vento porta alla formazione di una zona d’ombra sopravento e di una

zona in cui il suono “piove” sottovento.

Figura 10: Composizione vettoriale del vento con i raggi sonori

Figura 11: Effetto di curvatura del vento sui raggi sonori

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Per tenere conto di questi fenomeni esiste la normativa ISO-9613/2 che descrive i metodi di

calcolo appropriati. Tale normativa risulta però estremamente complessa, tanto da risultare

praticamente inapplicabile senza l’utilizzo di calcolatori avanzati.

Per semplificare il calcolo considero sempre la condizione di sottovento e quindi immagino i

raggi sonoro sempre curvati verso il basso. In genere si utilizza un raggio di curvatura di 2000 o

3000 metri. In ogni caso, la curvatura del raggio sonoro si apprezza solo quando la distanza di

propagazione è confrontabile con il raggio di curvatura scelto.

2.3) Assorbimento Acustico dell’Aria

L’aria non è un mezzo perfettamente elastico, e conseguentemente si assiste ad una debole

dissipazione di energia acustica in calore. Il fenomeno cresce con il quadrato della frequenza, e

dipende in modo assai complesso dai parametri fisici temperatura ed umidità. La norma ISO 9613-1

contiene le complesse formulazioni necessari al calcolo analitico dell’assorbimento dell’aria, che

comunque non vengono riportate qui.

In coda alla norma sono invece riportare estese e dettagliate tabelle, che fornisco l’attenuazione

dell’aria espressa in dB/km, alle varie frequenze, e per tutte le temperature ed umidità relative. Si

riporta qui solo un brevissimo stralcio dei dati tabellati, e si rimanda al testo della norma per i dati

completi.

Coefficienti di assorbimento acustico dell'aria in dB/km (dalla Norma ISO 9613-1) per alcune combinazioni di temperatura e umidità relativa dell'aria,

Frequenze centrali di banda di ottava

T(°C) U,R,(%) 63 125 250 500 1000 2000 4000 8000

10 70 0,12 0,41 1,04 1,93 3,66 9,66 32,8 117,0

15 20 0,27 0,65 1,22 2,70 8,17 28,2 88,8 202,0

15 50 0,14 0,48 1,22 2,24 4,16 10,8 36,2 129,0

15 80 0,09 0,34 1,07 2,40 4,15 8,31 23,7 82,8

20 70 0,09 0,34 1,13 2,80 4,98 9,02 22,9 76,6

30 70 0,07 0,26 0,96 3,14 7,41 12,7 23,1 59,3

Esercizio:

Si abbia una sorgente sonora puntiforme ed omnidirezionale, i cui livelli di potenza sonora in bande

d’ottava sono:

f (Hz) 125 250 500 1000 2000 4000 8000

Lw (dB) 88 92 86 84 94 97 92

Si determinino i livelli sonori in banda d’ottava, totale lineare e totale pesato A per un recettore

posto alla distanza di 100m, sia in assenza dell’assorbimento dell’aria, sia in presenza di esso.

Si calcolano anzitutto i livelli sonori al recettore in assenza di attenuazione dell’aria, usando la nota

relazione:

Lp = Lw – 11 – 20log(r)

Si determinano poi i livelli complessivi LIN e A, con le formule:

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7

1i

10/LLIN,tot,p

i10log10L

7

1i

10/ALA,tot,p

ii10log10L

Nella quale compaiono i valori Ai della curva “A” normalizzata.

f (Hz) 125 250 500 1000 2000 4000 8000 LIN A

Li (r) [dB] 37 41 35 33 43 46 41 49.8 49.6

Si va quindi a vedere sulla tabella della ISO 9613-1 quali siano i coeff. di attenuazione dell’aria,

tenendo conto della sua temperatura (10°C) e della sua U.R. (50%). Si ottengono cosi’ i nuovi

livelli attenuati, dalla formula:

1000

rAttLL patt,p

f (Hz) 125 250 500 1000 2000 4000 8000 LIN A

Atten. Aria (dB/km) 0.411 1.04 1.93 3.66 9.66 32.8 117

Liatt (r) 36.9589 40.896 34.807 32.634 42.034 42.72 29.3 47.6 46.9

Dopo aver ri-operato il calcolo dei livelli complessivi LIN e A, si osserva che quest’ultimo è calato

in misura maggiore di quello LIN per effetto dell’assorbimento dell’aria.

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2.4) Riflessioni sul terreno

Il terreno è una fonte di riflessione per le onde sonore. Tale riflessione dipende dalla superficie

riflettente, dall’angolo che si forma tra il suono e la superficie ed, in generale, dalla tipologia del

mezzo in cui avviene tale riflessione (infatti l’aria non è un mezzo perfettamente elastico e può

introdurre delle attenuazioni che dipendono dall’umidità e dalla frequenza delle onde sonore).

Per calcolare l’entità di tale riflessione si utilizza l’approssimazione della “sorgente

immagine” che sfrutta il fatto che i raggi riflessi sembrano provenire da una sorgente simmetrica a

quella reale rispetto alla superficie riflettente. Questa approssimazione inoltre migliora tanto più la

superficie considerata è liscia e dura.

Per calcolare il livello in presenza di riflessione occorre quindi considerare l’interazione di due

sorgenti, una reale e una “immagine” speculare a quella reale. Per prima cosa si calcola il livello del

suono diretto dovuto alla sorgente reale e poi si calcola il livello dovuto alla riflessione. Nel fare

questo occorre tenere presente che, come detto, la riflessione dipende dalla superficie riflettente;

infatti tale superficie può non riflettere completamente il suono. Si definisce quindi un coefficiente

di riflessone ar che esprime l’entità di tale riflessione.

Una volta calcolati i due contributi occorre stabile in che modo le due sorgenti interagiscono tra

loro. Per fare ciò si considera la funzione di autocorrelazione (ACF). Questa funzione indica

quanto il suono differisce da una sua replica ritardata. Questa funzione vale 1 in zero e decresce

rapidamente raggiungendo un valore prossimo a zero dopo un tempo abbastanza ridotto. Si

definisce quindi la durata effettiva della funzione di autocorrelazione (ACF) come il tempo che impiega l’inviluppo della funzione a raggiungere il valore 0.1 (cioè il 10% del valore massimo).

Figura12a: Riflessione su una superficie piana

Figura12: Un esempio di funzione di

autocorrelazione

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Considerando il ritardo che intercorre tra il suono diretto e il suono riflesso e la durata effettiva

della funzione di autocorrelazione posso stabilire in che modo interagiscono tra loro sorgente reale e

sorgente immagine. Infatti:

Se ACF < t allora la sorgente è incoerente e i due contributi si sommano usando la somma

energetica;

Se ACF > t la sorgente è coerente e suono riflesso e diretto interagisco tra loro. Tale interazione può essere costruttiva (il livello totale aumenta) oppure distruttiva (il livello totale

diminuisce). In quest’ultimo caso si presenta un ulteriore problema in quanto possono crearsi

zone di cancellazione del suono.

Vediamo di applicare il metodo descritto in un esempio numerico:

Esempio: Si consideri una sorgente puntiforme posizionata a 4 m di altezza dal suolo ed un

ricevitore posizionato a 1.5 m di altezza ad una distanza di 25 m dalla sorgente. Sapendo che il

livello della sorgente è di 100 dB e che il terreno ha un coefficiente di riflessione ar = 0.1 si vuole

calcolare il livello che raggiunge il ricevitore.

I livello che raggiunge il ricevitore è formato da due contributi: quello diretto e quello dato

dalla riflessione con il terreno. Partiamo calcolando il primo. La distanza tra sorgente e ricevitore è

m12.2525.6312)(2 s

zr

zddir

r

Possiamo ora calcolare il livello diretto che essendo dato da una sorgente puntiforme si calcola

con la formula:

Ldir Lw rdir 11 20 100 11 20 2512 61log( ) log( . ) dB

Ora dobbiamo calcolare il livello riflesso. Consideriamo quindi una nuova sorgente immagine

puntiforme ad una quota di -4 m. Prima di tutto calcoliamo la distanza della nuova carica dal

ricevitore:

Figura 13:Situazione dell'esempio

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m60.252)5.5(2)25(2)'

(2 s

zrzdrif

r

Infine procediamo al calcolo del livello, tenendo conto che il terreno ha un coefficiente di

riflessione pari al 10%:

dB51)60.25log(2011)1.0log(10100

)log(2011)log(10

rif

rawLrif

L

Per calcolare il livello totale occorre considerare in che modo suono riflesso e suono diretto interagiscono. Calcoliamo per tanto i tempi di propagazione ed il ritardo:

dir

rdir

c

rif

rrif

c

25127388

25607529

..

..

m

340 m / sms

m

340 m / sms

t = 1.41 ms

A seconda del valore di ACF otterremo valori diversi di LTOT. Se ACF > t la sorgente è incoerente e ottengo:

dB4.61)1.51010.610log(10)1010log(10 1010

rifL

dirL

TOTL

Se ACF < t posso avere interferenze costruttive e distruttive. Indico con LTOT+ il livello dovuto a interazione costruttiva e con LTOT- quello dovuto ad interazione distruttiva:

dB1.58)505.21005.310log(20)1010log(20

dB2.63)505.21005.310log(20)1010log(20

2020

2020

rifL

dirL

TOT

rifL

dirL

TOT

L

L

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2.5) Diffrazione: Barriere acustiche

Il fenomeno della diffrazione si verifica quando le onde sonore oltrepassano il bordo di un

ostacolo. Questo fenomeno porta ad una deformazione delle onde ogni qual volta che si presenta un

ostacolo durante la propagazione. Inoltre si verifica una diffrazione quando le dimensioni di una

superficie (su cui teoricamente dovrebbe avvenire una riflessione) sono confrontabili con la

lunghezza d’onda del suono. La frequenza dell’onda sonora influisce anche sul tipo di diffrazione

che si verifica. Infatti ad alte frequenze si verificano deformazioni completamente diverse da quelle

che si osservano a bassa frequenza. Ci si rende facilmente conto di questo se, ad esempio, si

considera la deformazione apportate da una fenditura in una parete:

Come illustra la figura, a basse frequenze la fenditura, per effetto diffrattivo, diventa sorgente

di un’onda sferica, mentre ad alte frequenze dal foro si forma un raggio sonoro che è tanto più

collimato tanto più è alta la frequenza.

Un altro interessante caso di diffrazione si ha quando si pone una barriera sottile lungo la

propagazione dell’onda. Anche qui si ottengono effetti diversi al variare della frequenza dell’onda:

In questo caso ad altre frequenze si viene a creare una zona d’ombra in prossimità della barriera

(che potrebbe essere ad esempio un muro) mentre lontano dall’ostacolo l’onda rimane praticamente

imperturbata.

Figura14: Diffrazione attraverso una fenditura a basse frequenze (a) e ad

alte frequenze (b)

Figura 15 : Diffrazione attraverso una barriera a basse frequenze (a) e ad

alte frequenze (b)

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Differente è l’effetto per le basse frequenze: in questo caso infatti il bordo diviene a sua volta

sorgente di un’onda cilindrica e il livello sonoro che verrebbe avvertito da un ricevitore posizionato

oltre la barriera sarebbe dato dall’interazione dell’onda diretta con l’onda rifratta.

In genere, è difficile quantificare l’entità di questi fenomeni sia per basse che per alte

frequenze. Vi è però un’importante eccezione: infatti è stata trovata un relazione analitica

approssimata per quantificare le variazioni introdotte da uno schermo sottile di lunghezza indefinita

posto tra sorgente e ricevitore. Tale approssimazione è nota come relazione di Maekawa, dal nome

dello studioso che la presentò.

Immaginiamo di avere una sorgente puntiforme (o lineare) di onde sonore, un ricevitore posto

ad una certa distanza ed uno schermo (teoricamente di lunghezza indefinita) posto tra sorgente e

ricevitore in modo da nascondere il ricevitore alla sorgete come illustrato in figura:

La relazione di Maekawa ci consente di calcolare l’attenuazione dovuta alla presenza della

barriera. Tale attenuazione dipende dalla lunghezza d’onda del suono e dalla differenza di

cammino, cioè la differenza tra il cammino teorico dell’onda diretta (indicato con la lettera C in

figura) e quello reale dell’onda diffratta (indicato con i tratti A e B in figura). Generalmente la

differenza di cammino si indica come = A + B - C; si definisce inoltre il numero di Fresnel N come (tale valore è un numero puro):

Nf

c

2 2

Nelle relazioni proposte da Maekawa l’attenuazione dipende dal solo numero di Fresnel e, se

rappresentate in scala logaritmica la relazione è perfettamente lineare. Tali relazioni sono:

a) In caso di sorgenti puntiformi:

L = 10 3 20log( ) N

b) In caso di sorgenti lineari:

L 10 2 55log( . )N

Nella grafico seguente vengono rappresentate le curve di Maekawa in scala logaritmica. Viene

inoltre rappresentata anche l’attenuazione calcolabile con l’approssimazione di Kirchoff per

sorgenti puntiformi. Egli fu il primo a studiare il fenomeno diffrattivo cercando un’approssimazione

ma la sua teoria si rivelò errata

Figura16 : ad una barriera sottile

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Vediamo ora un esempio applicativo di questa teoria.

Esempio: Consideriamo un sorgente puntiforme di livello sonoro Lw = 100 dB con frequenza

dominante f = 250 Hz. Ad una distanza di 18 m dalla sorgente vi è un ricevitore. Fra sorgente e

ricevitore è presente una barriera sottile che sovrasta di 3 m la sorgente e dista 5 m dalla sorgente

stessa. Calcolare l’attenuazione introdotta dalla barriera.

Per prima cosa occorre calcolare la differenza di cammino e quindi il numero di Fresnel.

Indicando con x1 il tratto dalla sorgente alla barriera e con x2 il tratto dalla barriera al ricevitore

dal teorema di Pitagora ricavo:

Figura 17:Diagramma di Maekawa

Figura18: situazione dell'esempio

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A x h

B x h

12 2 2 2

22 2 2 2

5 3 583

13 3 1334

( ) ( ) .

( ) ( ) .

m

m

A questo punto possiamo facilmente calcolare e N:

A B C

Nf

c

583 1334 18 117

2 2 2 117 250

340172

. . .

..

m

Ora calcoliamo l’attenuazione introdotta dalla barriera grazie alla formula per sorgenti

puntiformi di Maekawa:

L dB 10 3 20 10 3 20 172 1573log( ) log( . ) .N

Lo schermo posto tra sorgente e ricevitore introduce quindi un’attenuazione di 15.73 dB su

livello che si avrebbe senza ostacolo. Calcoliamo ora quanto vale il livello percepito dal ricevitore:

L L d

L L

dir w

scher dir

11 20 100 11 20 18 6389

6389 1573 4816

log( ) log( ) .

. . .

dB

L dB

In queste considerazioni sulla diffrazione data da una barriera si è sempre trascurato ogni altro

contributo. Infatti, non si è mai presa in considerazione il terreno che può introdurre una riflessione;

tenendo conto della riflessione occorre tenere presente che anche le onde riflesse subiscono il

fenomeno della diffrazione. E’ poi possibile estendere il ragionamento della barriera in più

dimensione considerando un ostacolo formato da un piano in un sistema di riferimento in 3

dimensioni. In tal caso ognuno dei bordi introduce una diffrazione.

Per sorgenti puntiformi, una formulazione alternativa è quella proposta da Kurze:

N

NL

2tanh

2log205

formula che si dimostra più accurata per valori di N bassi, mentre per N elevati si ri-ottiene la

formulazione di Maekawa.

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MODULO N. 4

1) CAMPO RIVERBERANTE

1.1) LA RIVERBERAZIONE Il campo sonoro che si instaura all’interno di un ambiente è, quasi sempre, formato dalla

sovrapposizione di:

- Un campo sonoro diretto o riverberato

- Un campo sonoro riflesso.

L’entità dei contributi riflessi che arrivano all’orecchio di un ascoltatore (e soprattutto del loro

ritardo temporale rispetto al suono diretto) sono fondamentali per definire il comportamento

acustico di un ambiente. Gli effetti dell’interferenza tra i contributi diretti e quelli riflessi, la

permanenza nel tempo di essi rispetto al suono diretto, dipendono dalle caratteristiche geometriche

dell’ambiente e dalle percentuali di riflessione che caratterizzano le varie superfici all’interno

dell’ambiente stesso.

Si consideri una sorgente che inizi ad emettere onde sonore nell’ambiente rap-presentato nelle

figure sottostanti tramite i fronti d’onda.

Se si usa la rappresentazione tramite raggi sonori (figura D) si vede che nel punto in cui si trova

l’ascoltatore, ad una distanza r1 dalla sorgente, arriva il suono diretto emesso all’istante t0=0 s dopo

un tempo

In tale istante si avrà nel punto considerato un incremento D1 della

densità sonora D rappresentata nel diagramma in figura B.

figura A

Figura B Figura C

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91

Figura D

Dopo un secondo intervallo di

tempo arriva al ricevitore,

posto in un punto di

coordinate (x,y,z), il

contributo di energia dovuta

all’onda riflessa che ha seguito

il percorso r2 poi quello di r3 e

così via. Questi incrementi di

densità di energia risultano di

valore decrescente a causa

dello smorzamento delle onde

dovuto sia al maggior

cammino percorso sia

all’assorbimento delle pareti

ad ogni riflessione. Nella

realtà il fenomeno a causa del grande numero di riflessioni possibili in intervalli di tempo breve

(ricordare che la velocità del suono è mediamente 340 m/s) non risulta a scalini come indicato in

fig. B, ma continuo come indicato in fig. C fino a raggiungere un valore asintotico D0 detto densità

sonora di regime.

L’aumento progressivo della densità sonora D in funzione del tempo dovuto alle riflessioni non è il

solo fenomeno che va considerato. Interessa in modo particolare il processo opposto è cioè lo

smorzamento progressivo della densità sonora che consegue allo spegnimento della sorgente sonora

(vedi fig. C)

La più o meno grande rapidità con cui la densità sonora decresce nel tempo (riverberazione

acustica) esercita una notevole influenza sulla comprensibilità delle parole e sulla qualità dei suoni

musicali.

Una riverberazione del suono troppo lunga, che avvenga in una stanza, non consente una chiara

percezione delle singole sillabe del parlato perché, l’interferenza con i residui del suono precedente,

porta a confondere i suoni in arrivo che non vengono individuati correttamente dall’ascoltatore.

D’altra parte una riverberazione del suono troppo breve non consente di rinforzare le onde dirette

con i contributi riflessi.

Fortunatamente la maggior parte delle volte si può semplificare il problema in quanto, con ottima

approssimazione, si può considerare che l’energia sonora nella stanza sia sempre uniformemente

diffusa. In altri termini il campo sonoro si può considerare formato da un numero enorme di onde

che si propagano in tutte le direzioni, senza che sia possibile individuare una direzione privilegiata

di propagazione ( campo isotropo).

In questo caso la densità di energia sonora è uniforme in tutto l’ambiente e si può considerare D=

D(t) funzione solo del tempo t, anziché D=D(x,y,z,t) funzione sia del tempo che della posizione

come nel caso esaminato inizialmente (in altri termini quello che valeva per quel punto è vero anche

per qualsiasi altra posizione indipendentemente dall’effettiva distanza dalla sorgente).

In questa situazione il comportamento acustico di un ambiente può essere descritto da un unico

parametro detto tempo convenzionale di riverberazione t0 che corrisponde all’intervallo di

tempo necessario perché, al cessare dell’emissione della sorgente, il livello di densità sonora D(t) si

riduca ad un milionesimo del valore iniziale cioè

D(t0)=10-6

D0

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Questo corrisponde in termini di livello di pressione (o livello di densità di energia vedi pag.73) ad

una diminuzione di 60 dB rispetto al valore iniziale.

Se le pareti che delimitano una sala, di volume V e superficie totale ST, sono caratterizzate da un

fattore di assorbimento acustico medio <a> (vedi capitolo successivo) il tempo convenzionale di

riverberazione si può prevedere con la formula di Sabine:

Quando le superfici delimitanti l’ambiente sono di diversa natura, ad esempio siano presenti

superfici S1, S2, S3…, con fattori di assorbimento a1, a2, a3,…, l’assorbimento totale dell’ambiente

risulta:

Dove <a> è la media ponderata dei fattori di assorbimento:

Se nell’ambiente sono presenti arredi, persone, piante ecc. è necessario considerare anche questi

contributi di assorbimento acustico Ai (valori tabulati) ottenendo:

Questa grandezza A* si misura in m2 che però vengono chiamati Sabine per non confonderla con le

aree effettive. (N.B. attualmente però si tende ad usare i m2)

Il tempo di riverberazione t0 dipende dalla frequenza poiché da essa dipendono i fattori di

assorbimento che delimitano l’ambiente.

Nella seguente tabella sono riportati i fattori medi d’assorbimento sonoro per bande di ottava per

alcuni materiali:

In generale i materiali fonoassorbenti sono classificati in tre categorie in relazione al modo

prevalente con cui assorbono il suono:

a) materiali porosi o fibrosi (in generale messi in opera su superfici rigide);

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b) materiali con cavità (risuonatori)

c) pannelli vibranti.

a) Nei materiali porosi l’assorbimento acustico è legato alla dissipazione di energia acustica per

attrito tra l’aria e le pareti interne dei pori (poliuretano espanso, feltro, lana di roccia ecc.) e sono

più efficaci nell’assorbimento di frequenze medio-alte dello spettro acustico.

b) I materiali con cavità (pannelli forati) sfruttano l’effetto fisico di risonanza (le pareti della cavità

usano l’energia acustica per andare in vibrazione). Questo fenomeno determina un assorbimento

acustico massimo in corrispondenza di una data frequenza (detta frequenza di risonanza) propria

della cavità che dipende dal volume della cavità retrostante il foro (collo dell’apertura) e dalle

caratteristiche geometriche di questo (spessore, diametro..).I materiali con cavità assorbono

prevalentemente le medie frequenze acustiche. Le cavità,che sono macroscopiche, non vanno

confuse con i pori dei materiali porosi che sono molto più piccoli.

c) I pannelli vibranti sfruttano anch’essi l’effetto di risonanza (va in vibrazione l’intera lastra

assorbendo così l’energia acustica) e sono costituiti da lastre non porose montate su supporti rigidi

che le tengono distanziate dalla parete su cui vengono applicati. I pannelli vibranti sono adatti ad

assorbire le frequenze basse.

Come si vede a seconda del campo di frequenze che si intendono assorbire si devono usare materiali

fonoassorbenti diversi.

1.2) TEMPO OTTIMALE DI RIVERBERAZIONE

Il tempo convenzionale di riverberazione t0 fornisce un’indicazione essenziale circa

l’accettabilità acustica di un ambiente. Per tempo ottimale di riverberazione s’intende il valore del

tempo di riverberazione più adatto alla destinazione d’uso dell’ambiente. Il valore del tempo di

riverberazione più conveniente è quello stimato alla frequenza di 1000 Hz per le varie destinazioni,

dedotto dall’esperienza, può essere valutato in funzione del volume V dell’ambiente mediante la

seguente formula sperimentale:

Dove le costanti K ed n valgono nei vari casi:

- Parola K=0.3-0.4 n=6-9

- Musica leggera K=0.5-0.6 n=6-9

- Musica classica K=0.7-0.8 n=6-9

- Tempi di riverberazione considerati ottimali per varie destinazioni d’uso del locale in esame

sono riportati nel seguente diagramma:

I tempi ottimali di riverberazione tf a frequenze diverse da 1000 Hz possono essere stimati

utilizzando il rapporto tra tf e sul seguente diagramma:

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Si può osservare come sia difficile progettare ambienti adatti a destinazioni diverse, ad esempio,

una sala per conferenze richiede tempi di riverberazione diversi da quelli per una sala per concerti

quindi da risultati scadenti se vi si fa della musica. Anche nel caso che una sala venga progettata per

la musica vi sono notevoli differenze di risposta a seconda del genere musicale che si esegue: dove

si sente bene un’opera classica non è detto che si senta bene della musica (?) metal.

1.3) CAMPO SEMIRIVERBERANTE E CAMPO RIVERBERANTE

In un ambiente chiuso in cui è in funzione una sorgente sonora, il livello sonoro che si instaura nelle

diverse posizioni è influenzato dalle caratteristiche riverberanti (dall’assorbimento delle pareti) e

dalla distanza sorgente ricevitore (par 1.2 pag.74).Le densità di energia diretta e riverberata sono:

Il livello sonoro ad una data distanza r dalla sorgente si può calcolare con la seguente formula

derivante dalla somma delle densità sonore diretta e diffusa:

Dove: Q è il fattore di direzionalità della sorgente (pag.74) mentre R è la costante dell’ambiente

che vale:

Con A* assorbimento totale della sala e <a> costante media di assorbimento (pag.92). Questo

formula per un campo semiriverberante tiene conto sia del campo diretto che di quello riflesso.

Essa da risultati per punti vicini alla sorgente. Se però si ha un r sufficientemente grande perché il

primo termine

sia molto più piccolo di

allora la formula si semplifica dando:

Che vale per campi semiriverberati lontani dalla sorgente e sempre in un ambiente con campo

completamente riverberato.

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2) PROPAGAZIONE DEL SUONO IN AMBIENTI CHIUSI:

ASSORBIMENTO E ISOLAMENTO

Quando un suono viene generato all'interno di un ambiente chiuso produce un campo acustico che

é il risultato della sovrapposizione sia delle onde dirette che riflesse; le prime sono dovute alle

onde di pressione che provenienti dalla sorgente raggiungono direttamente l'ascoltatore, come se

fosse in campo libero; le seconde sono invece prodotte da tutte le riflessioni sulle pareti che

delimitano l'ambiente.

Può inoltre verificarsi di ricevere un campo sonoro generato esternamente al locale in cui si

effettua la misurazione: si tratta in generale di rumore non voluto, che attraversa le pareti del

locale, penetrando dall’esterno o da locali adiacenti.

La porzione di energia riflessa dalle superfici di confine o che le attraversa dipende dal loro

comportamento acustico, in generale descritto dai coefficienti di assorbimento, riflessione e

trasmissione (as, r ,t).

In questo capitolo vengono analizzate le prestazioni fonoassorbente e/o fonoisolanti di una parete:

prestazioni che vanno tenute ben distinte, perché in generale un materiale fonoassorbente può

essere un cattivo fonoisolante, e viceversa una parete dal grande isolamento acustico può avere

proprietà fonoassorbenti molto scarse.

È pertanto necessario che i termini fonoisolamento e fonoassorbimento non vengano fra loro

confusi.

2.1 Coefficienti di riflessione, assorbimento e trasmissione

La figura (1) pone in evidenza il bilancio energetico del fenomeno di riflessione dell'energia

sonora che investe una parete di spessore finito: una prima parte della potenza sonora incidente W

viene rinviata nel mezzo di provenienza (Wr), una seconda viene assorbita trasformandosi in

calore (Wa), una terza parte infine l'attraversa (Wt); in base a tale bilancio si può scrivere:

W = Wr + W

a + Wt . (32)

Dividendo per W si ottiene:

1 = r + as + t (33)

dove r= Wr/ W , as= W

a/ W e t= W

t/ W sono rispettivamente i coefficienti di riflessione,

assorbimento e trasmissione della parete nei confronti dell'energia sonora incidente; il loro valore

varia tra 0 e 1 e dipende dal materiale e la finitura superficiale della parete oltre che dalla

frequenza e dall'angolo di incidenza dell'onda della pressione sonora.

E' utile definire il coefficiente di assorbimento acustico apparente a (da non confondere con as)

definito con la relazione:

a= 1 - r (34)

N.B. in molti testi a viene indicato con a

l'aggettivo apparente sta ad indicare che l'energia sonora entrata nella parete, pur essendo solo in

parte realmente assorbita, non ritorna nell'ambiente di origine.

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Fig.1 Rappresentazione del bilancio dell’energia sonora nel caso di onde piane incidenti su una

parete di spessore finito: definizione dei coefficienti di riflessione, assorbimento e trasmissione

2.2 Isolamento acustico tra ambienti

Convenzionalmente si distinguono due modalità di propagazione della energia sonora in

relazione alla via di propagazione:

1) per via aerea, nel caso in cui le onde sonore, direttamente (a) o attraverso pareti divisorie (b), si

trasmettono dalla sorgente all'ascoltatore (fig.15);

2) per via strutturale, nel caso in cui le onde sonore che raggiungono l'ascoltatore, sono generate

da urti e vibrazioni prodotte sulle strutture dell'edificio in cui si trova l'ambiente disturbato

(fig.16).

Fig.15 Fig.16

I requisiti acustici richiesti agli elementi edilizi saranno diversi in relazione a queste diverse

modalità di propagazione della energia sonora; in particolare si dovranno garantire alle strutture di

confine, nel caso di rumore aereo prodotto nel locale stesso (15a), requisiti di assorbimento

acustico alle superfici di confine; nel caso di rumori aerei trasmessi attraverso le pareti divisorie,

(15b), requisiti di isolamento acustico; nel caso infine di rumore strutturale (16), requisiti di

isolamento dai rumori impattivi.

La figura 17 evidenzia il fatto che nel caso in cui si debba valutare le proprietà isolanti di una

struttura occorre fare riferimento al valore del coefficiente di trasmissione " t" che esprime la

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percentuale di energia sonora che ha attraversato la parete. In generale la grandezza che definisce

tali proprietà é il potere fonoisolante "R" della parete, definito dalla relazione seguente:

Quindi per la definizione di t=Wt/W si ha

R = 10 log 1/ t (42)

Il valore di R varia con la frequenza e la direzione di provenienza del suono oltre che con le

proprietà geometriche e fisiche della parete.

Fig.17 La determinazione sperimentale di R in campo acustico diffuso viene effettuata in laboratorio

secondo il procedimento prescritto dalla Norma UNI EN ISO 140/3. La fig.18 rappresenta

schematicamente le due camere di misura. Per ogni banda di frequenza, noti i livelli di pressione

sonora medi nell’ambiente disturbante L1 e nell’ambiente ricevente L

2, il potere fonoisolante R

della parete in prova si ottiene dalla espressione:

R = L1 – L

2 + 10 log S/A* (43)

in cui S é la superficie del divisorio (m2), ed A* é l’area equivalente di assorbimento acustico

dell’ambiente ricevente in Sabine (m2).

Fig.18

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98

Il valore di R, e quindi del coefficiente di trasmissione della parete "t", descrive il

comportamento acustico della parete stessa presa come elemento singolo: il suo valore infatti può

essere misurato solamente in laboratorio operando sotto condizioni particolari e severamente

controllate dove in pratica si é cercato di escludere ogni altra propagazione di energia sonora che

non sia quella che direttamente attraversa la parete in prova, in particolare azzerando i cosiddetti

“cammini di fiancheggiamento” (fig. 19).

Fig.20

Nelle applicazioni pratiche quello che interessa é la risposta d'insieme dell'opera costruita

tenuto conto delle varie modalità di realizzazione. La grandezza che in questo caso descrive il

comportamento acustico di una parete divisoria, misurata in opera, é il Potere Fonoisolante

Apparente R’, la cui misura è descritta nella norma UNI EN ISO 140/4.

La definizione è quella già vista, ma essa tiene ovviamente conto della presenza dei cammini di

fiancheggiamento; pertanto R’ risulta inferiore al valore di R, solitamente di circa 3 dB. Quindi

R’=R-3

Allorche’ invece si deve misurare l’isolamento acustico di una parete di facciata (secondo la

norma UNI EN ISO 140/5), si opera come prima, posizionando l’altoparlante all’esterno, in modo

che il suono giunga sull’elemento di facciata in prova dal basso e di lato (con inclinazione di circa

45°). Si determina poi la differenza D (n.b. da non confondere con la densità di energia) fra

livello sonoro misurato davanti alla facciata (a 2m dalla stessa) e all’interno del locale, a finestre

chiuse:

D = L1 - L2 (44)

dove L1 e L

2 sono i livelli di pressione sonora all’esterno - dove é collocata la sorgente - e

ricevente - dove si trova l'ascoltatore.

Poiché l'assorbimento acustico dell'ambiente ricevente influenza il livello sonoro L2, la norma

prevede che il valore dell'isolamento acustico di facciata venga corretto secondo la relazione:

D2m,nT = L1,2m - L2 + 10 lg (T/ 0.5) (45)

dove T é il tempo di riverberazione dell'ambiente ricevente (s) e To=0.5 s un valore di riferimento.

(i pedici significano: 2m-> misurato a due metri dalla facciata, nT normalizzato rispetto al tempo

di riverberazione T0=0.5. Se è presente anche il pedice w, vedi pag.100, significa “indice”)

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Fig.19

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100

2.2.1 Indice di valutazione

Tutte le misure descritte forniscono risultati espressi in forma di grafico (vedi fig.19) che riporta

la grandezza in funzione delle frequenze di centro 1/3 di ottava, nel campo compreso tra 100 e

3150 Hz.

Questa rappresentazione é la più completa ed é quella che viene utilizzata per una descrizione

dettagliata del comportamento acustico del campione in prova. Tuttavia per una valutazione

globale di tale comportamento, si utilizza a volte un unico parametro denominato indice di

valutazione impiegato per classificare le curve del potere fonoisolante Rw, o R’w, dell'isolamento

acustico di facciata D2m,nT,w ed anche del livello di calpestio Lnw che esamineremo nei

paragrafi successivi. Il metodo per determinare il valore dell'indice di valutazione é riportato nella

Norma UNI EN ISO 717/1.

Come si vede in figura 21, il valore dell'indice di valutazione é ottenuto sovrapponendo alla

curva sperimentale di R, R’ o D, la curva di riferimento indicata in figura in modo tale che il

valore medio degli scostamenti solo negativi della curva sperimentale rispetto a quella di

riferimento sia inferiore a 2 dB. Il valore della curva di riferimento a 500 Hz rappresenta l'indice

di valutazione della curva sperimentale.

Ricapitolando si evidenzia il significato delle

seguenti grandezze:

- R : significa potere fonoisolante apparente della

sola parete (valori per frequenze)

- R’: significa potere fonoisolante apparente della

parete e dei cammini laterali (valori per frequenze)

- Rw: indice di valutazione del potere fonoisolante

apparente della parete (valore singolo a frequenza

500Hz)

- : indice di valutazione del potere isolante

apparente della parete e dei percorsi laterali (valore

singolo a frequenza 500 Hz)

Fig.21

E' importante osservare che, in genere, é questo il parametro a cui si fa riferimento nell'assegnare

i livelli di prestazione dei requisiti di isolamento acustico delle pareti divisorie nei capitolati di

appalto e nella vigente legislazione.

Curva ISO717-1 f 100 125 160 200 250 325 400 500 630 800 1000 1250 160 200 2500 3150

Rw 33 36 39 42 45 48 51 52 53 54 55 56 56 56 56 56

Nella figura 21 si vede che la curva ISO 717-1 è stata traslata in basso di 52-42.5=9.5 dB (Rw=42.5

dB è il valore della curva iso traslata in corrispondenza alla frequenza di 500 Hz che si considera

come valore finale della misura) in modo che

Dove i termini tra parentesi sono gli scarti solo positivi, n il numero di scarti positivi N=16 cioè le

frequenze considerate per le bande di terzi di ottava.

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2.2.2 PREVISIONE DEL POTERE FONOISOLANTE "R"

Pareti "omogenee"

In un ristretto intervallo delle frequenze centrali del campo 100 - 3150 Hz é in genere possibile

prevedere il valore del potere fonoisolante R utilizzando la relazione:

Ro = 20 log m’ + 20 log f - 42.5 (47)

valida nel caso di parete omogenea di densità superficiale m’ (kg/m2), campo acustico di

frequenza f e caratterizzato da onde piane ad incidenza normale [5]. Tale relazione é nota come

legge di massa. Nel caso più generale di campo acustico diffuso e quindi di onde sonore ad incidenza casuale, il

valore di R può essere dedotto dalla relazione seguente:

R = Ro - 10 log (0.23 Ro). (48)

La figura (22) schematizza l'andamento della curva sperimentale di R per una parete omogenea.

Fig.22

Come si può osservare si distinguono tre distinti campi di frequenze nei quali la trasmissione

sonora é determinata da fattori diversi. Alle basse frequenze il valore di R risulta controllato dai

fenomeni di risonanza determinati dalle condizioni di vincolo dell'intera parete; al di sopra di tale

limite la massa superficiale della parete assume l'effetto preponderante e vale pertanto la relazione

(48) sino a raggiungere la frequenza di coincidenza (fc) in corrispondenza alla quale la velocità

delle onde flessionali nella parete uguaglia quella del suono nell'aria, riducendo così

drammaticamente il valore di R. A destra di tale valore si può ancora ritenere valida la legge di

massa, assegnando però alla costante a sottrarre un valore tanto più grande quanto più piccolo é il

valore dello smorzamento interno della parete.

La previsione teorica di R in tutto il campo delle frequenze può essere ottenuta solo mediante

relazioni complesse, valide peraltro solo sotto severe ipotesi semplificative. Sembra quindi di

scarso interesse applicativo esaminare queste relazioni teoriche di previsione mentre invece si

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ritiene più utile fare riferimento a relazioni empiriche dedotte da risultati sperimentali ottenuti da

misure condotte in laboratori qualificati. Vengono proposte le seguenti relazioni:

- Formula dell'Istituto Elettrotecnico Nazionale "G.Ferraris" (IENGF) di Torino:

Rw = 20 log m’ (49)

dove "m’" é la densità superficiale della parete (kg/m2). La relazione (49) é stato ottenuta

correlando risultati sperimentali relativi a pareti in muratura costituite da mattoni, blocchi di gesso

e blocchi di cemento, pieni o forati; é valida per valori di" m’" compresi tra 50 e 400 kg/m2.

- Formula del CEN valida per m’> 150 kg/m2

Rw= 37.5log m’ – 42 (49a)

- Formula delle norme DIN (Germania) valida per m’>150 kg/m2

Rw= 32.1log m’-28.5 (49b)

Come si vede differiscono significativamente le une dalle altre e quindi la scelta influenza i risultati

di progetto.

Pareti leggere

La necessità di impiegare materiali leggeri e la constatazione che oltre certi valori non é più

economico aumentare la massa per ottenere elevati valori di potere fonoisolante, hanno portato

alla costruzione di pareti con due o più strati di differenti materiali, eventualmente separati tra loro

da intercapedini. Accostando più pareti leggere si ottiene un potere fonoisolante che, anche se in

generale inferiore alla somma dei valori che competono alle singole pareti, é senza dubbio

superiore a quello calcolabile con la legge di massa.

Il principale accorgimento che é necessario porre in atto nella costruzione di una parete

composta consiste nel tenere il più possibile separati tra loro i diversi strati, riducendo i

collegamenti al numero strattamente richiesto dalle esigenze costruttive ed eseguendoli,

possibilmente, con materiali elastici. Con lo scopo di favorire l'attenuazione dei fenomeni di

propagazione attraverso la parete composta, é in genere opportuno riempire le cavità e le

intercapedini con materiale poroso (lana di vetro, lana di roccia, ecc).

La previsione del potere fonoisolante di pareti composte é piuttosto complessa; per pareti con

almeno 5 cm di intercapedine riempita di lana minerale sperimentalmente si ottiene:

dove e

sono i valori della densità superficiale dei due pannelli che costituiscono la parete

azione (50) é valida

per "d" > di 5 cm e per Rw compreso tra 30 e 50 dB.

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Dati sperimentali elaborati presso l'IENGF forniscono per le pareti in cartongesso, montate su

telai in profili metallici leggeri, la seguente relazione di previsione:

Rw = 20 log m’+ 20 log d + e - 6 (51)

dove oltre ai simboli già definiti si indica con "e" (n.b. e, d, in cm)lo spessore del materiale

fonoassorbente presente nella intercapedine. I limiti di validità indicati sono: spessore di ogni

singola lastra compreso tra 0.8 e 2 cm; spessore totale della struttura non superiore a 20 cm.

2.2.3 Pareti composte da elementi con diverso valore di "R"

Nel caso in cui sulla parete siano presenti aperture, porte o finestre, il potere fonoisolante

complessivo si riduce notevolmente. La relazione che segue consente di calcolare tale valore in

funzione del potere fonoisolante (Ri) e delle superfici (Si) delle singoli parti che costituiscono la

parete:

(52)

dove ST é la superficie totale della parete ed Rw il potere fonoisolante complessivo (notare il segno

meno all’esponente). La figura 23 riporta un grafico che consente di calcolare il valore di Rw nel

caso di parete costituita da due diversi componenti (per esempio, parete più porta o finestra). E'

facile verificare come componenti edilizi caratterizzati da bassi valori di Ri possano ridurre

notevolmente il potere fonoisolante complessivo della parete.

Fig.23

Nel caso quindi di pareti parimetrali esterne, sia orizzontali che verticali, nelle quali molto

spesso sono inserite porte e finestre, il potere fonoisolante complessivo risulta notevolmente

influenzato dal valore che lo stesso assume per questi componenti. Di qui l'opportunità di prestare

la massima attenzione nella realizzazione dei serramenti esterni ed in particolare delle superfici

vetrate, alle quali, in pratica, é affidato il compito di assicurare l'isolamento acustico dai rumori

provenienti dall'esterno. Nel caso si voglia stimare approssimativamente l’effetto dei percorsi

laterali si può usare la formula empirica

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2.2.4 Il potere fonoisolante dei serramenti

Come é già stato osservato i serramenti costituiscono il punto più debole della trasmissione

acustica del rumore dall'esterno verso l'interno dell'edificio; particolare cura deve pertanto essere

posta nella loro scelta e messa in opera. Occorre innanzitutto ricordare che con il termine

serramento si intende un elemento edilizio composto da almeno due parti: la superficie vetrata (il

vetro) e l'infisso; é questo insieme che deve garantire le prestazioni di isolamento acustico.

Superficie vetrata

La superficie vetrata si comporta dal punto di vista acustico come una parete omogenea e per

essa vale quanto é stato esposto precedentemente. Tenuto conto che in questo caso le

caratteristiche del materiale utilizzato sono praticamente costanti, l'unica variabile che influenza il

valore di R é lo spessore del vetro.

Poiché i valori sperimentali di R sono inferiori a quelli previsti dalla "legge di massa" per le

stesse ragioni già esposte precedentemente, per la previsione del potere fonoisolante si può

utilizzare questa relazione ottenuta ancora dai dati sperimentali rilevati dal IENGF:

Rw = 12 log m‘ + 17 (53)

dove "m’" é la densità superficiale del vetro (kg/m2) ed R

w il valore dell'indice di valutazione del

potere fonoisolante. L'aumento di Rw con il raddoppio dello spessore é di circa 3-4 dB. La

relazione é valida per valori di m’ inferiori a 60 kg/m2 e spessore dell'intercapedine nelle strutture

vetro-camera non superiore a 2 cm.

Infissi

Gli infissi dovranno garantire una buona tenuta all'aria ed una perfetta chiusura perimetrale del

vano della finestra. Essi, inoltre, determinano le condizioni al contorno di vincolo della superficie

vetrata, che possono influenzare in modo significativo la prestazione acustica dell'intero

serramento.

La tabella IV fornisce una indicazione sulla perdita di Rw dovuta alla permeabilità all'aria

dell'infisso classificato secondo la norma UNI :

Tab. IV [7]

____________________________________

Classe A1 ( < 7 m3/h m

2) < 2 dB

Classe A2 (7 - 20 m3/h m

2) 2-5 dB

Classe A3 (20 -50 m3/h m

2) 5-8 dB

____________________________________

Finestre con "vetri doppi" e "tripli"

Nel caso di finestre con vetri doppi e tripli, montati su un unico telaio, il potere fonoisolante é

praticamente quello di un vetro semplice di pari massa. L'impiego di due o più vetri di spessore

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diverso può produrre un sensibile aumento del valore di R solo se gli spessori sono maggiori di

4mm.

Finestre doppie

Per ottenere elevati valori di R si povranno utilizzare "finestre doppie" costituite da due finestre

completamente separate e distanziate di almeno 10 cm. Per ottenere un ulteriore miglioramento di

R si povrà rivestire con materiale fonoassorbente la superficie perimetrale interna tra le due

finestre.

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3) IL RUMORE DI CALPESTIO

Per rumori impattivi si intendono quelli causati dalla caduta di oggetti sul pavimento o dai passi

delle persone. Si tratta di rumori trasmessi essenzialmente per via strutturale e interessano il

complesso pavimento-solaio. Il requisito acustico che caratterizza il comportamento di questi

componenti edilizi nei confronti dei rumori impattivi è il livello normalizzato di rumore di

calpestio (Ln).

La prestazione viene valutata attraverso la misura del livello di pressione sonora nell'ambiente

sottostante quando sul pavimento agisce una macchina normalizzata generatrice di rumori impattivi.

Un esempio di macchina normalizzata di calpestio si può vedere nella fig. 24

Figura 24

Anche il livello di calpestio deve essere misurato

in opera (non in laboratorio) nel seguente modo: si

posiziona una macchina normalizzata di calpestio

nel locale disturbante (normalizzata perché deve

avere caratteristiche specifiche indicate nelle norme

ISO), composta da 5 martelli d’acciaio che pesano

200 g l’uno che cadono da 50 mm di altezza, e con un

fonometro si misura nell’ambiente sottostante lo

spettro del livello normalizzato di capestio (come

prima dobbiamo tenere conto del tempo di riverbero).

Come per l'isolamento ai rumori aerei anche per

il calpestio sono previste misure in laboratorio ed in

opera . Le prime sono descritte nella UNI EN ISO

140 parte 6 ed UNI EN ISO 140 parte 8 (per quanto

riguarda la riduzione di livello di calpestio, su solaio

normalizzato, prodotta da un rivestimento

elastomerico), le seconde nella UNI EN ISO 140

parte 7 . Nel primo caso viene rilevato il valore del

livello di rumore di calpestio normalizzato Ln definito

dalla relazione:

Ln = L + 10 lg A*/A0 (dB) (7.1)

dove L è il valore medio della pressione sonora

misurato nell'ambiente ricevente quando sul

pavimento in prova è in funzione il generatore, A*

l'area equivalente di assorbimento acustico dello

stesso ambiente e A0 l'area equivalente di assorbimento acustico di riferimento, pari a 10 m2

(sabine).

Figura 25: schema di misura del

livello di rumore di calpestio

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Per quanto riguarda i rivestimenti di pavimento, la grandezza che descrive il loro

comportamento acustico è l'attenuazione del rumore di calpestio (DL) (dB):

DL = Lno - Ln (7.2)

dove Lno è il livello di rumore di calpestio normalizzato che si misura quando il generatore è in

funzione sul solaio normalizzato, senza rivestimento.

Le misure in opera (UNI EN ISO 140 parte 7) vengono eseguite in edifici finiti e riguardano

l'intero solaio. La procedura di misura è analoga a quella adottata in laboratorio e fornisce il valore

del livello di calpestio normalizzato Ln o il livello di calpestio standardizzato LnT (che non va preso

in considerazione, secondo la legge italiana).

3.1) INDICE DI VALUTAZIONE DEL LIVELLO DI CALPESTIO (Lnw)

Come è già stato ricordato la grandezza che descrive, in forma sintetica, il comportamento

acustico del campione, è l'indice di valutazione del livello di calpestio Lnw (dB). Tale valore si

ottiene sovrapponendo alla curva sperimentale Ln, la curva ISO 717-2 di riferimento indicata in

figura 26, in modo che il valore medio degli scostamenti svavorevoli della curva sperimentale

rispetto a quella di riferimento sia inferiore a 2 dB. Il valore della curva di riferimento a 500 Hz

rappresenta l'indice di valutazione del livello di calpestio.

Figura 26: determinazione dell’indice di valutazione del livello normalizzato del rumore di

calpestio

n.b. Si procede nella stessa maniera vista a pag.98 TRANNE CHE IL SEGNO QUESTA

VOLTA è CAPOVOLTO infatti:

CURVA ISO 717-2 f 100 125 160 200 250 325 400 500 630 800 1000 1250 160 200 2500 3150

Rw 62 62 62 62 62 62 61 60 59 58 57 54 51 48 45 42

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3.2) Riduzione del rumore di calpestio: PAVIMENTO GALLEGGIANTE

I rumori impattivi devono essere soffocati sul nascere per evitare che si propaghino attraverso

le strutture. Ciò spiega l’adozione di elementi elastico-smorzati da interporre tra il macchinario e la

struttura d’appoggio, o l’impiego di elementi smorzanti fra travi e pilastri e in alcuni casi persino fra

travi e plinti di fondazione.

Anche nel caso di rumori di calpestio e simili occorre che l’urto venga assorbito dalla

superficie colpita, in modo da diminuire per quanto possibile la quota di energia trasmessa

attraverso il solaio al resto della struttura.

Moquette, piastrelle di gomma, tappeti possono certo rispondere a questa esigenza ma in modo

non sufficiente e può allora convenire impiegare il pavimento galleggiante così come è illustrato

nella fig. 27.

Figura 27

Se andiamo ad analizzare il profilo del pavimento galleggiante nel particolare di fig.28

possiamo vedere con chiarezza quali sono gli strati che costituiscono un pavimento di questo tipo.

pavimento

livellina

calcestruzzo

polietilene

(impermeabile)

materiale

elastico solaio

battiscopa

Fig. 28

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Per stare nei limiti imposti dalla legge serve un dimensionamento tipo: solaio (deve reggere

tutto il peso) = 25 cm, materiale elastico (serve a svincolare lo “zatterone” dal solaio) = 2÷3 cm,

calcestruzzo = 7÷8 cm (anche armato), livellina + piastrelle =5 cm.

Con un pavimento galleggiante di questo tipo, dovendo costruire un palazzo di 5-6 piani,

essendo imposta dal Comune l’altezza massima di gronda, e l’altezza minima interna dei locali

(solitamente m 2.70) si rischia di poter realizzare un piano in meno.

Pertanto la necessita’ di dover rispettare la normativa sui requisiti acustici passivi degli edifici

comporta un sistematico, forte aumento del costo delle costruzioni, non semplicemente dovuto al

costo del materiale elastico e del massetto da aggiungere (che son poca cosa), ma alla perdita del

10-20% di superficie commerciale dei locali.

4) LA LEGGE SUI REQUISITI ACUSTICI PASSIVI DEGLI EDIFICI

La misura di isolamento acustico è un problema delicato per motivi legislativi, visto che sono

stati stabiliti, nella legge che tratta i requisiti acustici passivi degli edifici, i valori minimi di

isolamento per i divisori verticali (pareti, finestre, ecc.), per i divisori orizzontali (solai, ecc.) e per

le trasmissioni di rumore attraverso tubature ed altri impianti presenti nelle abitazioni; questi livelli

minimi sono molto elevati ed inoltre richiedono misurazioni eseguite da personale specializzato,

fattori che contribuiscono all’aumento del costo delle abitazioni. Qui sotto è riportata una parte del

testo del decreto del presidente del consiglio dei ministri del 5 dicembre 1997 riguardante la

determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici:

Gli indici di valutazione che caratterizzano i requisiti acustici passivi delle componenti strutturali

degli edifici sono:

a. indice del potere fonoisolante apparente di partizioni fra ambienti (Rw) da misurare in

opera secondo la norma UNI EN ISO 140/4.

b. indice dell'isolamento acustico standardizzato di facciata (D2m,nT,w) da misurare in opera

secondo la norma UNI EN ISO 140/5;

c. indice del livello di rumore di calpestio di solai, normalizzato (Ln,w) da misurare in opera

secondo la norma UNI EN ISO 140/7.

d. LAmax con costante di tempo Slow per i servizi/impianti a funzionamento discontinuo;

e. LAeq per i servizi/impianti a funzionamento continuo.

Le misure di livello sonoro degli impianti/servizi devono essere eseguite nell'ambiente nel quale il

livello di rumore è più elevato. Tale ambiente deve essere diverso da quello in cui il rumore si

origina.

TABELLA A: CLASSIFICAZIONI DEGLI AMBIENTI ABITATIVI (art. 2)

Categoria A: edifici adibiti a residenza o assimilabili;

Categoria B: edifici adibiti ad uffici e assimilabili;

Categoria C: edifici adibiti ad alberghi, pensioni ed attività assimilabili

Categoria D: edifici adibiti ad ospedali, cliniche, case di cura e assimilabili

Categoria E: edifici adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli e assimilabili

Categoria F: edifici adibiti ad attività ricreative o di culto o assimilabili

Categoria G: edifici adibiti ad attività commerciali o assimilabili

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TABELLA B: REQUISITI ACUSTICI PASSIVI DEGLI EDIFICI, DEI LORO COMPONENTI E

DEGLI IMPIANTI TECNOLOGICI

Categorie

di cui alla

Tab. A

Parametri

Rw (*) D2m,nT,w Ln,w(**) LASmax LAeq

1. D 55 45 58 35 25

2. A, C 50 40 63 35 35

3. E 50 48 58 35 25

4. B, F, G 50 42 55 35 35

(*) Valori di Rw riferiti a elementi di separazione tra due distinte unità immobiliari.”

(**) mentre per tutti gli altri indici il valore misurato deve essere > di quello indicato per

Ln,wdeve risultare minore.

Se un edificio non rientra nei limiti imposti dalla legge, a seconda del vigente Regolamento

Edilizio Comunale potrebbe non ottenere l’abitabilità e spesso non è possibile fare degli

aggiustamenti che risolvono il problema visto che frequentemente le cause sono strutturali (travi di

metallo che propagano il suono, ecc.) e quindi si è costretti ad abbattere l’edificio.

Negli ultimi anni, stante la difficolta’ ad ottenere il rispetto di TUTTI i requisiti acustici previsti

dalla legge, si è scatenato un poderoso contenzioso fra acquirenti di nuove abitazioni ed imprese di

costruzione o societa’ immobiliari, resesi responsabili della vendita di edifici “viziati” dal mancato

raggiungimento delle prestazioni minime richieste dalla legge.

Costante giurisprudenza ha mostrato la sistematica condanna del venditore, che è stato costretto

a rimborsare all’acquirente una somma pari mediamente al 20% del prezzo pagato, a titolo di

risarcimento per il “vizio” del bene venduto.

La situazione ha prodotto il tracollo di numerose imprese di costruzioni e societa’ immobiliari,

al punto da costringere il governo ad emanare un decerto di urgenza (marzo 2009) che ha sospeso la

possibilita’ per i privati cittadini, acquirenti di nuove abitazioni, di adire le vie legali chiedendo un

risarcimento in caso di mancato rispetto del DPCM 5/12/1997.

5) MATERIALI FONOASSORBENTI

Quando la sorgente del disturbo si trova nello stesso locale in cui é l'ascoltatore, si potrà

diminuire il livello sonoro totale (campo diretto più campo riflesso) riducendo la potenza sonora

della sorgente, allontanando l'ascoltatore dalla sorgente (>r) o riducendo l'energia riflessa dalle

pareti di confine. Questo risultato viene conseguito aumentando l'area equivalente di assorbimento

acustico delle superfici esposte al campo acustico (> A*).

Nell'ipotesi di campo acustico riverberante si ottiene facilmente il valore dell'attenuazione del

livello sonoro (DL) conseguente alla installazione di materiale fonoassorbente sulle pareti di

confine:

(54)

dove "A*" rappresenta l'area equivalente di assorbimento acustico delle pareti che delimitano

l'ambiente; 1 e 2 indicano i valori prima e dopo il trattamento acustico delle pareti. Il valore di A*

é ottenibile dalla relazione :

A* = aiSi (55)

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dove Si ed ai sono rispettivamente l'area ed il coefficiente di assorbimento acustico apparente della

porzione “iesima” della superficie che delimita l'ambiente.

E' importante osservare che poiché "a" varia con la frequenza del suono incidente anche il valore

della attenuazione sarà funzione della frequenza.

Dalla relazione (54) si deduce che raddoppiando il valore di A*1 si ottiene una riduzione del

livello sonoro di 3 dB; se si volesse ottenere una attenuazione di 10 dB bisognerebbe aumentare di

10 volte il valore dell'area di assorbimento equivalente. Questo é possibile, in pratica, solamente

quando il valore di A*1 é molto piccolo (ambiente inizialmente con pareti molto riflettenti). Nelle

normali situazioni si possono ottenere attenuazioni massime di livello sonoro di 7-8 dB.

In funzione del diverso comportamento acustico al variare della frequenza i materiali

fonoassorbenti (vedi pag.90) sono in genere classificati in:

a) materiali porosi,

b) risuonatori acustici,

c) pannelli vibranti,

d) sistemi misti.

a) materiali porosi

L'assorbimento acustico di questi materiali é determinato dalla conversione in calore dell' energia

meccanica trasportata dall'onda incidente attraverso fenomeni di attrito che si sviluppano

all'interno delle cavità che caratterizzano questi materiali.

L'assorbimento acustico dipende dalla lunghezza d'onda del suono incidente, dal rapporto tra il

volume dei vuoti e quello totale e dallo spessore del materiale: il valore di "a", in genere, aumenta

con la frequenza, con il valore del rapporto densità apparente-densità reale e, alle basse frequenze,

con lo spessore dello strato di materiale (fig.29). Anche le modalità di installazione influenzano la

curva di assorbimento acustico come si vede nella figura 30 in cui sono riportati i risultati

sperimentali ottenuti per diversi valori della distanza del materiale dalla parete.

Fig.29

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112

Fig.30

Questo comportamento é dovuto al fatto che in vicinanza della parete si forma un'onda

stazionaria che presenta valore nullo della velocità acustica in corrispondenza alla parete stessa e

/4. Dove la velocità é massima si avrà il massimo di dissipazione della energia sonora in calore e quindi massimo sarà il valore dell' assorbimento acustico.

b) risuonatori acustici

Un risuonatore acustico può essere schematizzato come una cavità comunicante con l'esterno

attraverso un foro praticato su di una parete non troppo sottile (risonatore di Helmohltz), che

prende il nome di "collo del risuonatore" (Fig.31). Quando un'onda sonora colpisce l'ingresso del

risuonatore, se le dimensioni della cavità sono abbastanza piccole rispetto al valore della

lunghezza d'onda e se le dimensioni del collo sono piccole rispetto a quelle della cavità, l'aria in

esso contenuta si comporta come un pistone oscillante, mentre quella contenuta nella cavità

costituisce l'elemento elastico del sistema. La frequenza di risonanza del risuonatore risulta quindi:

Fig.31

(56)

dove c é la velocità di propagazione del suono nel mezzo (m/s), S (m2) è l’area della sezione del

collo del risuonatore, l il raggio e la lunghezza del collo del risuonatore (m), V il volume della

cavità (m3) e d il diametro del collo (m).

Se la frequenza del suono incidente coincide con fR, la velocità delle particelle d'aria contenute

nel collo assume valori particolarmente elevati e l'effetto dei fenomeni dissipativi raggiunge il suo

massimo con conseguente assorbimento della energia sonora. Se, al contrario, la frequenza é

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discosta da tale valore di risonanza, l'onda sonora non esercita nessuna influenza sul risuonatore,

che risulta pertanto un assorbitore fortemente selettivo (fig.32).

Fig. 32

In genere é possibile realizzare dei risuonatori con frequenze di risonanza abbastanza bassa, per

cui essi travano impiego quali elementi complementari dei materiali porosi (si vedano anche i

sistemi misti ).

c) pannelli vibranti

Sono costituiti da pannelli rigidi piani, disposti parallelamente e ad una certa distanza dalla

parete (fig.33). Il sistema può ancora essere assimilato ad una massa oscillante (il pannello)

accoppiata ad un elemento elastico dotato di un certo smorzamento (l'aria racchiusa nella

intercapedine).

Fig.33

Anche per questi pannelli é possibile definire una frequenza di risonanza data dalla relazione:

(57)

dove "m’" é la densità superficiale del pannello (Kg/m2) e "d" la distanza del pannello dalla parete

(m).

Le proprietà assorbenti dei risuonatori e dei pannelli vibranti vengono espresse in area

equivalente di assorbimento acustico (m2). La previsione teorica di tali valori risulta

particolarmente complessa per cui si consiglia di fare riferimento a risultati sperimentali.

d) sistemi misti

La realizzazione più frequente di sistemi misti é costituita da lastre rigide (metallo, legno, gesso,

ecc.) sulla cui superficie vengono praticati fori di diversa forma e dimensione, fissate ad una certa

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distanza dalla parete (fig.34). L'intercapedine, che costituisce la cavità di una molteplicità di

risuonatori tra loro comunicanti, può essere o no riempita con materiale poroso.

Fig 34

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MODULO N.5

1) METODI DI CALCOLO

In relazione a quanto stabilito dalla vigente normativa il progettista ha la necessità di disporre di un adeguato strumento di analisi previsionale utile ad avallare le scelte costruttive adottate o a soddisfare particolari esigenze dettate dal committente dell'opera. Quest'ultima condizione, se fino a qualche tempo fa era spesso ricorrente nelle opere di edilizia pubblica (per scuole, ospedali, ecc.), oggi è richiesta anche per le abitazioni, a testimonianza della sempre più crescente attenzione posta nei confronti della materia.

Disporre di metodi di calcolo semplificati che offrano, nel contempo, risultati attendibili è

condizione assai difficile da ottenere, per certi versi addirittura impossibile, poiché i fenomeni che regolano la trasmissione del rumore all'interno di strutture disomogenee, quali quelle edilizie, sono

complessi.

I maggiori problemi derivano dall'elaborazione di un modello matematico in grado di rappresentare sia la propagazione del rumore nel campo acustico all'interno degli ambienti sia la trasmissione del rumore attraverso le strutture dell'edificio.

Di seguito, per ciascun parametro richiesto dalla normativa di settore, nello specifico dal D.P.C.M. 5 dicembre 1997, saranno esposti due metodi di calcolo. Il primo metodo, impiega leggi empiriche,

ricavate da attività di ricerca sperimentali, in relazione alla massa areica della struttura. Mentre, il secondo metodo utilizza il modello semplificato di calcolo proposto dal progetto di norma CEN e dalla normativa europea EN 12354.

1.1) Calcolo dell'indice di valutazione del potere fonoisolante

(Rw) per pareti in laterizio e pareti composte.

Grazie all'acquisizione di dati provenienti da analisi di laboratorio e da informazioni assunte per mezzo di misurazioni in opera, è stato possibile definire delle relazioni di calcolo attraverso le quali

stimare, in modo semplificato, le prestazioni acustiche delle principali strutture dell'edificio, quali pareti, solai e vetrate.

In letteratura sono disponibili numerose leggi empiriche di previsione basate, quasi esclusivamente, sulla massa areica del materiale impiegato. Tale semplificazione induce, inevitabilmente, ad una

certa dispersione dei risultati che rendono, di fatto, tali leggi piuttosto precarie. Ciò nonostante, è comunque possibile ottenere un'indicazione, seppur approssimata, di un primo ordine di grandezza, evitando dispendiosi calcoli. 1.1.1) PARETI IN LATERIZIO

- PARETI SEMPLICI

Per le pareti semplici vale la legge di massa (vedi pag.99) In un ristretto intervallo delle frequenze centrali del campo 100 - 3150 Hz é in genere possibile

prevedere il valore del potere fonoisolante R di una parete piena in laterizio utilizzando la

relazione:

Ro = 20 log m’ + 20 log f - 42.5 (47)

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valida nel caso di parete omogenea di densità superficiale m’ (kg/m2), campo acustico di

frequenza f e caratterizzato da onde piane ad incidenza normale.

Nel caso più generale di campo acustico diffuso e quindi di onde sonore ad incidenza casuale, il

valore di R può essere dedotto dalla relazione seguente:

R = Ro - 10 log (0.23 Ro). (48)

Vi sono tuttavia altre formule sperimentali che possono essere utilizzate per controllare la congruità

dei risultati ottenuti con la (48). Ad esempio:

- Formula dell'Istituto Elettrotecnico Nazionale "G.Ferraris" (IENGF) di Torino:

Rw = 20 log m’ (49)

Che é valida per valori di" m’" compresi tra 50 e 400 kg/m2.

- Formula del CEN (Centro Europeo Normative) valida per m’> 150 kg/m2 che da valori molto attendibili.

Rw= 37.5log m’ – 42 (49a)

- PARETI DOPPIE

Per pareti in laterizio con intercapedine >5 cm riempita di materiale fibroso e densità superficiale

80<m’<400 kg/m2:

Per pareti in blocchi di argilla espansa (tipo Poroton) e intercapedine senza materiale fibroso

(115<m’<400 kg/m2):

Si ottengono risultati attendibili per pareti in laterizio doppie con l’intercapedine d’aria d in cm:

- PARETI IN LASTRE DI GESSO RIVESTITO

Per pareti con almeno 5 cm di intercapedine riempita di lana minerale sperimentalmente si

ottiene:

dove e

sono i valori della densità superficiale dei due pannelli che costituiscono la parete

- SOLAI IN LATERO-CEMENTO

Per solai in latero-c.to con 250<m’<500 kg/m2 si può utilizzare con buona approssimazione:

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1.1.2) VETRATE

Le formule di seguito proposte, valide per vetrate con m’<60 kg/m2 sono tutte sperimentali:

- VETRI MONOLITICI E VETRO-CAMERA

Rw=12 log m’ + 17

- VETRI STRATIFICATI

Rw= 12 log m’ +19

- VETRO CAMERA CON LASTRA STRATIFICATA

Rw=12 log m’ +22

Le formule riportate sono basate su un approccio semplificato e quindi vanno utilizzate con cautela e solamente allo scopo di un analisi preliminare. 1.2) POTERE FONOISOLANTE COMPOSTO

Nel caso si stia considerando una partizione “composta”, in quanto oltre alla muratura sono presenti anche porte, finestre, cassonetti ecc., si deve tener conto dei vari elementi nel calcolo del potere fonoisolante complessivo..

La relazione che segue consente di calcolare tale valore in funzione del potere fonoisolante (Ri) e

delle superfici (Si) delle singoli parti che costituiscono la parete:

(52)

dove ST é la superficie totale della parete ed Rw il potere fonoisolante complessivo (o composto). 2) CALCOLO DELL’INDICE DI VALUTAZIONE DEL POTERE FONOISOLANTE

APPARENTE DI UNA PARETE.

Il potere fonoisolante apparente, al contrario di quello teorico, tiene conto delle trasmissioni per

fiancheggiamento, ossia tramite le strutture laterali che delimitano la parte in esame.

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Il metodo indicato è quello previsto dalle norme UNI EN 12354. Come si vede in figura, valutare tali percorsi di trasmissione è complesso; normalmente si tratta di tredici termini, uno diretto (D, d) gli altri dodici tramite le strutture di fiancheggiamento (F,f). + Per ogni percorso si deve calcolare :

Dove

è l’indice di valutazione di potere fonoisolante della struttura i priva di elementi di rivestimento

(pavimenti galleggianti, contropareti, controsoffitti)

è l’indice di valutazione del potere fonoisolante della parete j con gli stessi criteri.

è l’incremento dell’indice di valutazione di potere fonoisolante dovuto ad eventuali

rivestimenti lungo il percorso ij (pavimenti galleggianti, contropareti, controsoffitti)

Kij è l’indice di riduzione delle vibrazioni del percorso ij

S è l’area della partizione

è la lunghezza del giunto tra le strutture ij considerate.

Nel caso del percorso diretto la formula si riduce a:

Per determinare Kij si procede nel seguente modo:

Dove

è la densità superficiale dell’elemento ortogonale all’elemento i con esso connesso nel giunto

considerato

è la densità superficiale dell’elemento i nel percorso ij considerato.

Il potere fonoisolante apparente della parete risulta dalla:

Va evidenziato che il risultato di questa formula è sempre più piccolo del più piccolo degli R’

inserito tra gli esponenti delle potenze del 10 tra parentesi: in altri termini la parete o il solaio meno

fonoisolante condiziona il risultato finale.

N.B. I percorsi sono: 1 diretto (Dd), 1 per parete/solaio laterali (Ff, tot=4), 1 per parete/ solaio

laterale con la parete frontale (FD, tot=4), 1 per la parete frontale con le pareti/solai (Df, tot=4).

Nelle tabelle seguenti sono riportati, in funzione di M, i valori di Kij in base al tipo di giunto ed al

tipo di percorso considerati.

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FORMULE PER IL CALCOLO DI Kij

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Tale metodo è decisamente lungo e impegnativo, ne esiste uno semplificato(vedi di seguito) a cui si

può ricorrere per ottenere dei risultati approssimati ma comunque attendibili.

3) CALCOLO SEMPLIFICATO DELL’INDICE DI VALUTAZIONE DEL POTERE

FONOISOLANTE APPARENTE DI UNA PARETE.

Il metodo semplificato è quello indicato dal Comitato Europeo di Normazione (CEN) che permette

di determinare il valore dell’indice del potere fonoisolante apparente di una parete ( a partire da

potere fonoisolante della parete in esame Rw sottraendo un termine correttivo CL che congloba il

contributo della trasmissione attraverso le pareti e i solai che la fiancheggiano. Tale costante si

determina in relazione alla tipologia prevalente di giunto (a croce o a T) e alla media delle densità

superficiali di massa delle strutture di fiancheggiamento. Quindi:

I valori di CL si trovano nelle seguenti tabelle:

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4) CALCOLO DELL’ISOLAMENTO ACUSTICO DI FACCIATA

Secondo la norma UNI EN 12534-3, l’isolamento acustico di facciata può essere calcolato a partire

del potere fonoisolante apparente della facciata , con la seguente relazione (vedi pag.96):

D2m,nT = L1,2m - L2 + 10 lg (T/ 0.5) (45)

dove T é il tempo di riverberazione dell'ambiente ricevente (s) e 0.5 s un valore di riferimento. (i

pedici significano: 2m-> misurato a due metri dalla facciata, nT normalizzato rispetto al tempo di

riverberazione T0=0.5) che diventa:

Dove il termine è la correzione per forma della facciata determinabile tramite la seguente

tabella:

5) CALCOLO DEL LIVELLO DI RUMORE DA CALPESTIO

L’indice del livello di rumore da calpestio viene calcolato con la seguente formula:

Dove:

è il livello di rumore da calpestio equivalente riferito al solaio “nudo”, privo dello strato di

pavimento galleggiante (se esiste);

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è l’indice di valutazione relativo alla riduzione dei rumori di calpestio dovuto alla presenza del

pavimento galleggiante ;

K è la correzione da apportare per la presenza di trasmissione laterale di rumore. Il suo valore

dipende dalla massa superficiale del solaio “nudo” e dalla media delle densità di massa superficiale

delle strutture laterali.

Il valore di Lnweq del solaio “nudo”può essere determinato in modo sufficientemente preciso con la

seguente formula:

Con 100<m’<600 kg/m2 massa del solaio nudo.

Alternativamente si può usare il metodo indicato a pag.105 usando la norma ISO717-2.

Il valore di può essere valutato tramite i certificati prodotti dalla ditta fornitrice del pavimento galleggiante oppure calcolati con le seguenti relazioni:

Dove f è la frequenza del suono analizzato (o della banda) f0 è la frequenza di risonanza dello strato

resiliente (assorbente) del pavimento galleggiante; si ottiene dalla:

Con s’ rigidità dinamica in MN/m3 del materiale resiliente impiegato nel pavimento ed m’ la densità

di massa superficiale dello stesso.

Infine K si ottiene dalla seguente tabella:

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6) LIVELLO DI RUMORE DEGLI IMPIANTI TECNOLOGICI

Il decreto P.C.M. 5 dicembre 1997 prevede dei livelli massimi di rumorosità da non superare,

misurati negli ambienti disturbati.

Gli impianti vengono classificati a seconda delle modalità di funzionamento in:

- Servizi a funzionamento discontinuo come ascensori, scarichi idraulici, bagni, e rubinetteria; - Servizi a funzionamento continuo come impianti di riscaldamento, aerazione e

condizionamento.

I valori stabiliti dalla normativa sono:

- 35 dB(A) di LASmax ( livello massimo di rumore ponderato A con costante di tempo Slow) per i servizi a funzionamento discontinuo.

- 25 dB(A) di LAeq per i servizi a funzionamento continuo.

La valutazione di tali rumori va fatta in opera.

La fase di progettazione è estremamente complessa pertanto ci si limita ad alcuni consigli sulla

realizzazione degli impianti indicati nel prossimo capitolo. t

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7) MODALITA’ OPERATIVE

Durante la trattazione del presente lavoro s'è avuto modo di appurare che la conoscenza delle sole nozioni teoriche, seppur indispensabili, non è sufficiente da sola per portare a buon fine la

realizzazione di un'opera; sono altresì necessarie nozioni pratiche, frutto dell'esperienza maturata in campo.

A tale scopo, si ritiene utile proporre alcuni importanti accorgimenti pratici, forniti da operatori del settore, che possono aiutare coloro che, oltre alla fase di progetto, sono impegnati a seguire anche la

fase di cantiere.

ELEMENTI ANTIVIBRANTI

Nella figura accanto, viene mostrata la corretta messa in opera di una parete divisoria fra unità abitative. Alla

base della parete in laterizio è posta una striscia di materiale antivibrante, il quale riduce sensibilmente la

trasmissione per via laterale del rumore.

Attraverso misure sperimentali, è stato possibile dimostrare che l'inserimento di uno strato di materiale

elastico sul contorno di una delle due pareti, di una doppia parete, determina un miglioramento dell'indice

di valutazione Rw di ben 3-4 dB. Ciò significa contenere la massa areica del divisorio di quasi il 50%

e, di conseguenza, anche il costo dell'intervento che, nel caso specifico, è ben inferiore a quello previsto per la messa in opera di tale accorgimento.

PARETI DIVISORIE

Nella figura accanto, invece, viene mostrato la corretta messa in opera di una parete divisoria fra unità

abitative. Il divisorio è composto da una doppia tramezza in laterizio alleggerito dello spessore di 8 cm con intonaco su ambo i lati di 1,5 cm e 5 cm di lana di

roccia, a riempimento dell'intercapedine.

Al fine di migliorare ulteriormente le prestazioni acustiche della struttura, è consigliabile costruire le due

tramezze con differente spessore o, in alternativa, massa diversa, in modo da non far coincidere le due frequenze di risonanza dei rispettivi elementi.

Il divisorio così costruito garantisce un valore

dell'indice del potere fonoisolante (Rw) di ben 57 dB

.

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RIVESTIMENTI

Nel caso in cui si proceda al rivestimento di una parete con materiale isolante, nella fattispecie qui considerata

con pannelli di fibre di legno mineralizzate, è consigliabile utilizzare dei giunti di ancoraggio (come indicato in figura) i quali, a differenza del tradizionale incollaggio, riducono la trasmissione sonora, giacché il

pannello conserva una maggiore elasticità, cui è associata una maggiore dissipazione dell'energia sonora.

Inoltre, assume particolare rilevanza la presenza dello strato di intonaco, il quale, com'è stato dimostrato

attraverso misure sperimentali, fornisce un significativo contributo al potere fonoisolante della parete, specie alle alte frequenze (oltre i 1.000 Hz), grazie all'effetto

sigillante delle porosità e delle fessure presenti, in più contribuisce ad aumentare la massa areica dell'intera struttura.

PAVIMENTI GALLEGGIANTI

Il metodo più diffuso per contenere il livello di rumore

da calpestio consiste nello stendere uno strato di

materiale resiliente sul solaio nudo, al fine di creare una barriera di separazione fra la soletta e la caldana.

In commercio esistono numerosi materiali adatti a tale

scopo, il più diffuso è senza dubbio il sughero sebbene non sia il più efficace, il cui indice di riduzione delle vibrazioni non è, di certo, ai primi posti della categoria.

La gomma dura, ad esempio, è un materiale dalle

caratteristiche meccaniche decisamente migliori, tuttavia è spesso accantonata per l'avversione nei confronti dei materiali sintetici.

Un altro tipo di materiale estremamente efficace all'isolamento acustico dei pavimenti dai rumori da calpestio è la lana di vetro trattata con un speciale legante a base di resine termoindurenti. Ad

esempio, un pannello di questo materiale dello spessore di 20 mm ha una rigidità dinamica pari a 8 MN/m³.

Ciò nonostante, al fine di assicurare la buona riuscita dell'intervento, è necessario assicurarsi che il materiale impiegato sia posto in opera correttamente. Spesso, infatti, sono trascurati importanti

punti di trasmissione del rumore, primo fra tutti quello costituito dall'intersezione del solaio alle pareti laterali. Pertanto, allo scopo di contenere l'effetto di tali ponti acustici, è necessario che il materiale sia ripiegato anche sui fianchi, fino all'altezza del pavimento, come indicato nella figura

sopra riportata.

Giunti di ancoraggio

Indice di smorzamento delle vibrazioni (η) pari a 0,2 per

il sughero (20% dell'energia meccanica viene dissipata) a fronte di un valori pari a 0,9 per la

gomma dura.

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CASSONETTI DEGLI AVVOLGIBILI

Di norma, si pone molta attenzione alla scelta del serramento, avendo premura di scegliere quello con un adeguato valore di

isolamento acustico, mentre si trascura ciò che gli sta attorno e che, sovente, costituisce il vero elemento di criticità dell'intera struttura. È questo il caso dei cassonetti degli avvolgibili i quali, a causa della ridotta massa areica delle pennellature e

del foro attraverso il quale scorre la tapparella, offrono una scarsa barriera di protezione al rumore proveniente dall'esterno.

A tale scopo, è necessario rivestire la parte interna del cassonetto con materiale fonoisolante o, in alternativa,

utilizzare una doppia pennellatura anche se, in quest'ultimo caso, si deve prestare attenzione a non appesantire

eccessivamente la struttura.

SERRAMENTI

Il processo di costruzione dei serramenti è passato da una lavorazione di tipo artigianale, nella quale l'esperienza e la bravura dell'artigiano avevano un ruolo fondamentale per la buona realizzazione

del manufatto, ad un sistema di fabbricazione automatizzato che ha consentito di contenere i costi riducendo sensibilmente il divario prestazionale fra i serramenti costruiti dalle diverse aziende.

Le differenti prestazioni acustiche di un serramento esterno sono attribuite alla capacità di ottenere

un'elevata tenuta all'aria. A tal fine, è necessario porre attenzione a quegli elementi che sono in grado di pregiudicare tale attributo, ossia al giunto tra telaio e parete, alle battute tra telaio fisso e quello mobile e al giunto tra telaio mobile e vetro.

Un telaio, per essere considerato di buona fattura, deve avere perlomeno il doppio battente e la doppia guarnizione, allo scopo di contenere le componenti di rumore in alta frequenza. A questo

punto, l'elemento che differenzia maggiormente il valore di isolamento acustico del serramento è la superficie vetrata.

Oramai, è diventata consuetudine l'impiego di vetri a doppio strato o vetro-camera, in primo luogo per sopperire alla necessità di contenere la dispersione termica. Dal punto di vista acustico,

l'elemento stratificato è un elemento complesso, in cui lo spessore della lastra e la larghezza dell'intercapedine hanno un ruolo fondamentale, basti considerare che un'intercapedine d'aria di 2-4

cm produce un miglioramento del potere fonoisolante di 4 dB, mentre un'intercapedine di 10 cm può determinare un miglioramento di anche 9 dB, a parità di massa areica.

In opera, non è possibile aumentare oltre un certo valore la larghezza dell'intercapedine, per evitare spessori del telaio troppo elevati e, pertanto, è necessario aumentare lo spessore della lastra di vetro.

Analogamente a quanto descritto per le pareti monolitiche, anche nel caso di elementi stratificati si assiste ad una diminuzione del potere fonoisolante in corrispondenza della frequenza di risonanza e

della frequenza di coincidenza.

Nel primo caso, è necessario intervenire sulla larghezza dell'intercapedine, al punto che la frequenza di risonanza dell'elemento, nel suo insieme, ricada nella parte dello spettro in cui l'orecchio umano è

meno sensibile.

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Nel secondo caso, è importante che le due lastre di vetro abbiano spessori differenti, in modo che la caduta del potere fonoisolante, in corrispondenza della frequenza critica di una lastra, sia

compensata dal mantenimento delle prestazioni acustiche dell'altra.

8) Servizi a funzionamento discontinuo

A seguire verranno trattati alcuni accorgimenti pratici per prevenire o, in ogni caso, ridurre la trasmissione del rumore prodotta dai servizi a funzionamento discontinuo.

In generale, è utile considerare che in tutti i casi che saranno esaminati l'obiettivo posto è quello di sconnettere le strutture dagli elementi vibranti, interponendo degli elementi resilienti o antivibranti,

allo scopo di ridurre la componente di rumore più importante, ossia quella trasmessa per via solida.

TUBAZIONI

Il rumore emesso dalle tubazioni è prodotto sia dalle vibrazioni trasmesse direttamente alle pareti, attraverso i condotti, sia dalle turbolenze del fluido che in esse scorre.

Per ridurre la trasmissione delle vibrazioni alle pareti, è necessario sconnettere il tubo dall'elemento solido (parete o solaio) attraverso la sistemazione di materiale smorzante (solitamente della gomma

morbida o materiale plastico) o il fissaggio di appositi "collari", anch'essi in materiale smorzante.

Invece, per quel che riguarda le vibrazioni prodotte dall'acqua all'interno del tubo, che nella rubinetteria è causa del c.d. rumore di cavitazione, queste sono generate in corrispondenza di

restrizioni che causano velocità di scorrimento elevate, accompagnate da pressioni molto basse. Il tipico rumore da cavitazione è contraddistinto da componenti in alta frequenza (sibili) e può, in certi casi, essere piuttosto intenso.

Poiché il rumore generato è direttamente proporzionale al salto di pressione, è opportuno installare a monte dell'impianto di ciascun appartamento, un riduttore di pressione il quale permette una

maggiore apertura delle valvole. La pressione ottimale non dovrebbe superare i 0,2÷03 MPa, mentre

la velocità di scorrimento dell'acqua nelle tubature non dovrebbe andare oltre i 1,5÷2 m/s. In

alternativa, un sistema efficace e al tempo stesso economico, è quello di dotare il rubinetto di un elemento rompi-getto, il quale provoca una riduzione della pressione dell'acqua all'uscita.

Un altro rischio di disturbo è dato dal c.d. "colpo di ariete", fenomeno causato dalla brusca interruzione del flusso d'acqua all'interno tubo.

Tipico esempio è il colpo che si avverte quanto chiudiamo repentinamente il rubinetto. Tale fenomeno può essere controllato utilizzando una valvola

che estingua lentamente il flusso, oppure installando una camera d'aria ad assorbimento d'urto vicino alla valvola di condotta, in modo che l'aria intrappolata nello spezzone di tubo funga da cuscinetto per assorbire

l'urto.

SCARICHI

Le emissioni sonore prodotte dallo scarico sono sorgenti sonore piuttosto elevate tanto che, in assenza di adeguate precauzioni, possono produrre, all'interno degli ambienti abitativi che le

generano, livelli di rumorosità prossimi ai 70 deciBel. Le cause sono imputabili essenzialmente alle turbolenze prodotte dall'aspirazione di aria attraverso l'apertura.

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Gli interventi concretamente attuabili sono pochi, fra i quali:

− evitare connessioni rigide con le strutture;

− aumentare la sezione del collettore, in modo da ridurre la velocità di deflusso delle acque;

− evitare pendenze elevate del tubo di collegamento fra sifone e colonna di scarico, al fine di

ridurre l'aspirazione d'aria verso il sifone che è la causa dei tipici gorgoglii.

ASCENSORI

Gli ascensori sono solitamente causa di disturbo in strutture in cui la quiete rappresenta un elemento essenziale per il loro utilizzo, quali ospedali, alberghi, ecc.. In taluni casi, possono divenire motivo

di disturbo anche nelle abitazioni residenziali a causa del rumore prodotto dai meccanismi di guida della cabina, dall'apertura-chiusura delle porte, dagli apparecchi di sollevamento, ecc..

In commercio, esistono due tipi di ascensori: idraulici o oleodinamici e a fune. Dal punto di vista del minor impatto, quelli idraulici sono da preferire, poiché l'unica componente del rumore rilevante

è costituita dal motore idraulico di sollevamento. Tuttavia, questi impianti, a causa della ridotta lunghezza di corsa, non possono essere impiegati in edifici con molti piani.

Per entrambe le soluzioni, il rumore generato si propaga per via strutturale ed è quindi necessario intervenire con alcuni accorgimenti basilari:

− realizzare il vano ascensore con pareti in muratura ad elevata massa areica (ad es. in c.l.s. di almeno 20 cm di spessore);

− applicare elementi elastici a ridosso dei pannelli che supportano i relais e teleruttori;

− montare i motori di sollevamento su supporti antivibranti;

− evitare l'accostamento al vano ascensore di stanze da letto o locali in cui è richiesta particolare tranquillità.

9) Servizi a funzionamento continuo

IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE

Le unità di climatizzazione moderne a servizio delle unità abitative sono solitamente immuni da disturbi acustici interni all'edificio, poiché di piccole dimensioni e con unità di climatizzazione

interna appositamente ideata per tali applicazioni.

I problemi possono tuttavia manifestarsi per quegli impianti, di generosa potenza, a servizio di più

unità abitative o quando l'unità refrigerante o l'unità di raffreddamento sono poste all'esterno all'abitazione. In questo caso, i problemi che si riscontrano sono solitamente di due tipi:

− rumore aereo prodotto dai gruppi compressori e dalla ventola di raffreddamento;

− vibrazioni trasmesse all'interno dell'edificio.

Relativamente al primo punto, la maggior parte dei produttori riportano oramai da tempo, nella

relativa scheda tecnica, il livello di pressione sonora (LP) misurato ad una data distanza dall'impianto o, in alternativa, il dato di potenza sonora (Lw).

A titolo di esempio, si riportano di seguito i dati di pressione sonora di due comuni impianti di climatizzazione utilizzati negli edifici di civile abitazione.

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Unità split

Climatizzatore con unità esterna

Livello di rumorosità unità interna 46 dB(A)

Livello di rumorosità unità esterna 52 dB(A) Rumorosità max unità interna 40 dB (A)

Rumorosità max unità esterna 56 dB (A)

Attraverso questi dati, è necessario valutare il luogo ove l'impianto risulta meno impattante, avendo premura, in ogni caso, di garantire il rispetto dei livelli massimi di rumore stabiliti dal citato

d.P.C.M.. A tale scopo, è necessario operare la valutazione dell'abbattimento acustico dell'elemento strutturale di separazione (parete o solaio) seguendo i metodi empirici trattati nei capitoli

precedenti.

Per quanto riguarda invece l'aspetto vibrazionale, è necessario che le staffe di supporto dell'impianto siano provviste di idonei giunti antivibranti.

IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

Per quanto attiene le centrali termiche, le principali sorgenti di rumore sono costituite dal bruciatore (ventilatore per l'aria comburente), dalla fiamma e dalla canna fumaria. In genere, per impianti

autonomi ad uso condominiale, i rischi di disturbo acustico sono limitati al rumore di combustione, prodotto dalla fiamma, percepibile come un "rombo" con frequenze medio-basse. Il solo modo per contenere tale fenomeno è, se l'impianto è obsoleto, quello di sostituire la caldaia con una nuova

ben progettata, avendo cura di privilegiare, al momento dell'acquisto, quella con un funzionamento della fiamma di tipo modulato, al fine di ridurre il c.d. "effetto esplosivo" tipico della fase di

avviamento.

Per impianti centralizzati, è invece opportuno che la centrale termica sia collocata all'esterno dell'immobile o sotto un locale secondario o di servizio e che sia delimitata da strutture ad elevato

potere fonoisolante, specie alle basse frequenze, ossia quelle tipicamente prodotte dalla combustione. La caldaia dovrà, inoltre, essere montata su supporti antivibranti, per interrompere le

vie di propagazione delle vibrazioni prodotte dal bruciatore.

Infine, la canna fumaria, la quale può indurre effetti di risonanza alle basse frequenze, soprattutto in caldaie di grosse dimensioni, tipiche di impianti centralizzati. In tal caso, è consigliabile inserire un

elemento elastico di collegamento alla caldaia e l'impiego di canne fumarie coibentate in acciaio, ancorate con supporti antivibranti alle pareti.

POMPE DI CIRCOLAZIONE

Nel caso di impianti a circolazione forzata, quali quelli di riscaldamento, le principali vie di propagazione del rumore, prodotto dalle pompe di circolazione, sono individuate nelle tubazioni e

nei radiatori. A tal fine, le tubazioni devono essere dotate di giunti elastici e ancoraggi flessibili, oltre che opportunamente dimensionate, al fine di evitare elevate velocità di circolazione dell'acqua.

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Anche gli elementi termo-radianti possono diventare un'importante sorgente di rumore, specialmente nel momento in cui le tubature non siano state opportunamente isolate. In tal caso, è

necessario inserire un collegamento elastico con la tubatura o, in alternativa, un supporto elastico per l'ancoraggio alla parete o al solaio.

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10) INTERVENTI PASSIVI DI CONTENIMENTO DEL

RUMORE

Quanto descritto nei precedenti capitoli ha avuto lo scopo di definire i criteri per una corretta protezione contro il rumore a partire dalle caratteristiche acustiche dei materiali, prodotti e

componenti edilizi, aspetti essenziali al fine di creare un ambiente confortevole e acusticamente

isolato. Tuttavia, non è possibile che la lotta contro il rumore sia centrata avvalendosi unicamente di tali accorgimenti, poiché se ciò può essere considerato adeguato in aree tranquille, non altrettanto si può dire nel caso in cui i livelli di rumore esterni all'abitazione siano elevati, ad esempio, per la

presenza di una strada trafficata. Di conseguenza, è necessario intervenire attraverso un'adeguata progettazione dell'involucro dell'edificio e su ciò che ci sta attorno.

In questo capitolo, andremo quindi a definire alcuni semplici ma fondamentali elementi circa una corretta progettazione ambientale passiva, con l'obiettivo di ridurre l'esposizione al rumore prima

che questo entri nelle nostre case.

L'approccio utilizzato è quello di seguire un criterio di progettazione per comparti concentrici, partendo dall'esterno, ossia dalla scelta delle aree edificabili, e procedendo via via verso l'interno

fino ad arrivare alla corretta disposizione degli ambienti abitativi.

Tralasciando la valutazione degli elementi di compatibilità circa la

destinazione d'uso delle aree edificabili, è opportuno definire,

in primo luogo, quegli elementi plano-altimetrici che consentano di porre ostacolo alla

propagazione del rumore.

Nella figura a fianco, sono

riportati alcuni schermi protettivi realizzabili con costi relativamente contenuti o, comunque,

decisamente inferiori alla somma degli oneri derivanti dalla perdita di valore dell'immobile e agli

eventuali sistemi di contenimento da realizzare una volta che

l'edificio è terminato.

Spesso v'è la convinzione che frapporre fra la sorgente e il ricettore un filare alberato o della vegetazione sia un valido sistema di protezione contro il rumore; nulla di più sbagliato, il grado di

mitigazione offerto dalle fronde degli alberi è contenuto entro un valore massimo di 2-3 dB, con attenuazioni centrate su frequenze medio-alte, fuori dal campo di interesse di sorgenti quali il

traffico veicolare.

In tutti gli altri casi sopra esposti, l'elemento in comune è costituito dalla necessità di interrompere o deviare il fascio di onde sonore che collega, in linea retta, la sorgente al ricettore (edificio),

costringendo il rumore a compiere un percorso più lungo, perdendo così di intensità.

Alle volte, un semplice rilevato in terra, un muro di cinta (in legno, laterizio, c.l.s. rivestito, ecc.),

una scarpata erbosa, sono accorgimenti sufficienti per ridurre in maniera sensibile i livelli di rumorosità in facciata ad un edificio esposto alla rumorosità di una strada.

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Successivamente, si andrà a definire la distribuzione planimetrica degli edifici e i rapporti in altezza tra i volumi delle strutture edilizie. Ad esempio, la realizzazione di comparti edilizi chiusi può

favorire riflessioni sonore multiple con conseguente aumento dei livelli di rumorosità in facciata agli edifici esposti, mentre edifici ben distanziati assicurano un livello di pressione acustica

omogeneamente distribuito.

Analogamente, nel caso di edifici con facciate curvilinee, il lato rivolto verso la sorgente di rumore (strada, ferrovia, attività produttiva, ecc.) dovrà avere una forma convessa allo scopo di favorire la dispersione delle onde sonore.

Nel caso invece di corpi abitativi concatenati, quali le case a schiera, è utile introdurre uno sfalsamento dei corpi di fabbrica, il quale può costituire un ulteriore ostacolo alla propagazione del

rumore.

Inoltre, nel caso in cui, sul lato sorgente, siano previsti dei poggioli, è consigliato il rivestimento della parte superiore della loggia con materiale fonoassorbente, oltre che realizzare parapetti

monolitici i quali offrono una buona schermatura al rumore per gli ambienti retrostanti.

Rivestimento in materiale fonoassorbente

Casa a schiera

Un'efficace politica di prevenzione passiva contro il rumore non si limita a definire ciò che sta fuori l'edificio ma si estende anche al suo interno.

La corretta e razionale sistemazione degli spazi interni limita la propagazione dei rumori. Il principio da seguire è quello di concentrare il più possibile gli spazi di collegamento verticale ed

orizzontale, al fine di contenere le superfici di contatto fra le diverse unità abitative.

Balconi

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Oltre agli scarichi, un'altra sorgente di rumore particolarmente rilevante all'interno di un edificio è,

certamente, il vano ascensore.

Nell'esempio riportato a fianco, preme far notare che la

scelta adottata consente di ottenere delle superfici a contatto con le sei unità abitative estremamente ridotte.

In tal modo, la propagazione del rumore attraverso le partizioni verticali e orizzontali è ridotta al minimo.

Anche le pareti di separazione fra i diversi appartamenti hanno una superficie di irradiazione

limitata, condizione che aiuta a migliorare l'isolamento acustico fra le diverse unità abitative.

Lo schema riportato in figura rappresenta uno dei migliori esempi di utilizzo degli spazi in edifici di tipo condominiale.

L'affinamento del progetto può

estendersi alla corretta sistemazione degli spazi interni all'appartamento.

Ad esempio, la disposizione non speculare delle aperture impedisce

un'immissione diretta del rumore da una stanza all'altra, in quanto le pareti interne fungono da ostacolo.

Un altro caso, riguarda la propagazione per via aerea del

rumore fra due stanze, o fra due unità abitative. Il problema, può

essere risolto protraendo la parete divisoria fin oltre il filo della facciata, in modo che il rumore in uscita dagli ambienti abitativi venga

deviato.

Tuttavia, è necessario considerare che la lunghezza dell'appendice è proporzionale alla larghezza dell'apertura finestrata; per questo motivo, la superficie finestrata deve essere limitata, allo scopo di evitare grandi appendici

antiestetiche.

Quanto sopra descritto è la chiara dimostrazione che costruire un ambiente acusticamente isolato non significa necessariamente dover sostenere costi elevati, anzi, nella maggior parte dei casi la

spesa è di modesta entità, se non addirittura nulla.

Sorgente sonora (ascensore)

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APPENDICE

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BIBLIOGRAFIA

- FEYNMAN R.P. : LA FISICA DI FEYNMAN

- LOBKOWICZ F. – MELISSINOS A.: FISICA PER SCIENZE ED INGEGNERIA

- HALLIDAY D. – RESNICK R.: FONDAMENTI DI FISICA

APPUNTI SCARICATI DA INTERNET:

- PETRIZZELLI S.: APPUNTI DI FISICA TECNICA

- BARBARESI L.: CORSO DI FISICA TECNICA AMBIENTALE

- ZANDEGIACOMO E.: ELEMENTI DI ACUSTICA

- SECCHI S. – CELLAI G.: FONDAMENTI DI ACUSTICA EDILIZIA

- FARINA A. : ANALISI SPETTRALE

- FARINA A.: MISURE ACUSTICHE E RELATIVE NORMATIVE

- CORNERA G.: SENSIBILITA’ EFFICIENZA E POTENZA DEGLI ALTOPARLANTI

- FAUSTI P.: PRINCIPI BASE DI ACUSTICA

- GUIDORZI P.: ACUSTICA APPLICATA E ILLUMINOTECNICA

- GARAI M.: PREVISIONE E RIDUZIONE DEL RUMORE

- GARAI M.: ACUSTICA DELLE SALE

- MATTEVI L.: REQUISITI ACUSTICI DEGLI EDIFICI

- A.N.I.T.: MANUALETTO DI ACUSTICA EDILIZIA

- A.R.P.A. UMBRIA: LINEE GUIDA DEL PROGETTO ACUSTICO

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INDICE

MODULO 1

LE ONDE MECCANICHE

Pag.

1) MOTO CASUALE E MOTO COLLETTIVO 2

2) DESCRIZIONE DI UN’ONDA 2

3) PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE 5

4) ONDE ARMONICHE 6

5) ONDE MONO-BI E TRIDIMENSIONALI 11

6) SISTEMI DI ONDE SPECIFICI 13

7) ONDE ACUSTICHE NEI GAS: IL SUONO 17

8) ENERGIA TRASMESSA DA UN’ONDA 21

9) INTERFERENZA 23

10) RIFLESSIONE 28

11) RIFRAZIONE 34

12) PRINCIPIO DI HUYGENS 36

13) DIFFRAZIONE 37

14) NOMENCLATURA DELLE ONDE SONORE 38

MODULO 2

ACUSTICA AMBIENTALE

1) ELEMENTI DI PSICOACUSTICA 40

2) SENSAZIONE SONORA 42

3) LA SCALA DECIBEL (dB) 44

4) LA SCALA dBA 45

5) DANNI AL SISTEMA UDITIVO UMANO 47

6) SOMMA DI SEGNALI 48

7) SUONI COMPOSTI: ANALISI IN FREQUENZA 53

8) VALUTAZIONE DELLA RUMOROSITA’ DEI SUONI 68

9) LIVELLI DI RUMORE 71

MODULO 3

CAMPO LIBERO

1) PROPAGAZIONE IN CAMPO LIBERO 72

2) PROPAGAZIONE IN AMBIENTE ESTERNO 78

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MODULO 4

CAMPO RIVERBERANTE

1) CAMPO RIVERBERANTE 90

2) PROPAGAZIONE DEL SUONO IN AMBIENTI CHIUSI 95

3) RUMORE DA CALPESTIO 106

4) LEGGE SUI REQUISITI ACUSTICI PASSIVI DEGLI EDIFICI 109

5) MATERIALI FONOASSORBENTI 110

MODULO 5

MODELLI DI CALCOLO

1) METODI DI CALCOLO 115

1.1) CALCOLO DELL’INDICE DI VALUTAZIONE DEL POTERE

FONOISOLANTE

115

2) CALCOLO DELL’INDICE DI VALUTAZIONE DEL POTERE

FONOISOLANTE APPARENTE

117

3) CALCOLO SEMPLIFICATO DI R’W 120

4) CALCOLO DELL’ISOLAMENTO ACUSTICO DI FACCIATA 122

5) CALCOLO DEL LIVELLO DI RUMORE DA CALPESTIO 122

6) LIVELLO DI RUMORE DEGLI IMPIANTI TECNOLOGICI 124

7) MODALITA’ OPERATIVE 125

8) SERVIZI A FUNZIONAMENTO DISCONTINUO 128

9) SERVIZI A FUNZIONAMENTO CONTINUO 129

10) INTERVENTI PASSIVI DI CONTENIMENTO DEL RUMORE 132

APPENDICE: TABELLA CARATTERISTICHE DEI MATERIALI 135

BIBLIOGRAFIA 136