77
Franco Pesaresi 1 - L’APPLICAZIONE DELLA 328 IN ITALIA - - L’APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA SOCIALE NELLE MARCHE - - UNA BUONA PRATICA DEL COMUNE DI ANCONA: IL “RAPPORTO SOCIALE”. di Franco Pesaresi

Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

  • Upload
    votruc

  • View
    212

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Segreteria OrganizzativaAnci Servizi S.r.l.

Piazza Cola di Rienzo 69 – 00192 RomaE-mail: [email protected]

1

- L’APPLICAZIONE DELLA 328 IN ITALIA -- L’APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA SOCIALE

NELLE MARCHE -- UNA BUONA PRATICA DEL COMUNE DI ANCONA:

IL “RAPPORTO SOCIALE”. di Franco Pesaresi

Page 2: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Relazione

1. L’applicazione della 328 n Italia

2. L’applicazione della normativa sociale nelle Marche

3. Una buona pratica del Comune di Ancona: il “Rapporto

sociale”.

di Franco Pesaresidirigente servizi sociali educativi e sanità del Comune di Ancona

Luglio 2004

2

Page 3: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

INDICE

Pag.

1. L’applicazione della L. 328 in Italia: un primo bilancio 3

2. La governance dei piani sociali di zona 9

3. La riforma del welfare sociale nelle Marche 25

4. Una buona pratica dell’ambito sociale di Ancona:

Il “Rapporto sociale 2002” 30

5. Linee guida per la redazione del “Rapporto sociale 2004” di Ancona 36

6. Bibliografia e riferimenti normativi 48

1. L’APPLICAZIONE DELLA 328 IN ITALIA: 3

Page 4: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

UN PRIMO BILANCIO

Sono passati 3 anni e mezzo da quando, nel novembre del 2000, è stata approvata la legge 328 di

riordino del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Un periodo che ci permette di poter

abbozzare un primo sintetico bilancio degli effetti della legge nelle politiche regionali. Nel

frattempo molto è cambiato; in ordine di tempo prima c’è stata la modifica del titolo V° della

Costituzione che ha affidato alle regioni la potestà legislativa esclusiva in campo socio-assistenziale

che ha “sgonfiato” l’efficacia della legge stessa. Successivamente è subentrata una nuova

maggioranza politica di governo che non ha assunto la legge 328 come il punto di riferimento

principale come si è potuto desumere dagli atti e dal “libro bianco sul welfare”.

In questo quadro rimescolato le regioni si sono mosse complessivamente verso l’applicazione della

legge 328 ma con grande lentezza e, spesso, scarsa organicità. Il quadro degli atti regionali

principali previsti dalla legge 328 riportato nella tab. 1 è piuttosto significativo in questo senso. Per

comprendere appieno la tabella e il comportamento delle regioni occorre però rammentare che

alcune regioni hanno approvato atti significativi appena prima della 328 anticipandone i contenuti

per cui non hanno ritenuto – forse giustamente – di approvare nuovi atti.

1.1. Le leggi regionali di riordino

Il dato più sconfortante si registra proprio sull’aspetto più importante e cioè sull’approvazione delle

leggi regionali di riordino del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali. Solo 4 regioni

(Calabria, Emilia Romagna, Piemonte e Puglia) hanno approvato le rispettive leggi quadro

definendo il quadro organico del settore anche se numerose sono le regioni che stanno discutendo

nei loro Consigli le proposte di legge presentate dalla Giunta (Veneto, Sardegna, ecc.). Perché

questo risultato così modesto? Può aver influito la posizione regionalista secondo cui siccome la

competenza legislativa è ora delle regioni a loro spetta discrezionalmente approvare o meno un

intervento normativo. In realtà, secondo la dottrina prevalente, in base al principio della continuità,

la legge 328 deve essere considerata in vigore fino a quando la regione non approva una nuova

normativa sulla stessa materia o su parti di essa. Per cui l’intervento legislativo regionale è

comunque necessario sia per integrare il testo spesso generico della 328, sia per dare attuazione ai

tanti adempimenti regionali in essa previsti, sia per eventuali modificazioni da apportare, sia, infine,

per aggiornare le precedenti leggi quadro regionali molte delle quali sono state approvate negli anni

’80.

4

Page 5: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

1.2. I Piani sociali regionali

Una situazione leggermente migliore ma non entusiasmante la troviamo tra le regioni che hanno

approvato i Piani sociali regionali. Sono 7 e due di queste (Lombardia, Valle d’Aosta) hanno

approvato piani socio-sanitari dove però la parte sociale è assai modesta. Occorre però anche

ricordare che altre due regioni – l’Umbria e le Marche – non sono state inserite nell’elenco perché

hanno approvato il loro piano regionale poco prima della 328 anticipandone in buona parte anche i

contenuti. Colpisce il fatto che le regioni che hanno approvato il piano sociale regionale non hanno

ancora approvato la legge regionale di riordino per cui, allo stato attuale, non c’è neanche una

regione che disponga di un quadro normativo e programmatico aggiornato e completo.

1.3. I Piani sociali di zona

L’impegno maggiore le regioni italiane lo hanno profuso nella realizzazione dei piani sociali di

zona; infatti praticamente tutte le regioni hanno definito gli ambiti di intervento (rimane solo il

Molise che pur avendo fissato le regole non li ha ancora delimitati) e 11 regioni hanno visto

realizzare i piani sociali di zona nel loro territorio (Cfr. Tab. 1). Si tratta di un risultato

apprezzabile tenendo conto del quadro normativo regionale e della novità del percorso che è stato

raggiunto grazie all’impegno e alla collaborazione di un gruppo più attivo di regioni e comuni.

Naturalmente adesso occorre allargare a tutto il territorio nazionale l’esperienza dei piani di zona.

1.4. L’autorizzazione e l’accreditamento

Uno degli strumenti più importanti per il miglioramento della qualità dei servizi e per il governo del

mercato sociale che la legge ha identificato nel processo di autorizzazione e accreditamento

praticamente non è ancora partito. Per la verità sono 11 le regioni che hanno approvato delle norme

su questo aspetto anche se alcune regioni (Abruzzo, Lazio e Trento) hanno regolato con legge

soltanto l’autorizzazione (e non l’accreditamento) mentre la Liguria lo ha fatto provvisoriamente

richiamando la normativa precedente alla 328.

Ma l’aspetto centrale è che le leggi di per sé sono inutili se insieme a queste non vengono approvati

anche i requisiti necessari alle singole strutture per ottenere l’autorizzazione e l’accreditamento. Da

questo punto di vista ha completato il percorso solo la Provincia autonoma di Trento contrastando

però con le previsioni della L. 328. La provincia di Trento ha infatti stabilito di non prevedere le

procedure per l’accreditamento ritenendo sufficienti quelle per l’autorizzazione rinviando agli

accordi contrattuali le norme necessarie a migliorare la qualità delle prestazioni. L’altra regione che

può far partire il processo è la regione Marche che ha recentemente approvato gli standard per

l’autorizzazione delle strutture residenziali e semiresidenziali e che pertanto ha appena avviato

5

Page 6: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

operativamente il processo di autorizzazione che si perfezionerà con l’approvazione dei requisiti per

l’accreditamento, attualmente in fase avanzata di elaborazione (Cfr. Tab. 1).

Tab. 1 – Atti regionali applicativi della legge 328 (aggiornato al 31/3/2004)

regioni Legge di

riordino

Piani regional

i

ambiti

territ.

Piani

di zona

leggeAutorizzazioneaccreditament

o

Affidamento

servizi

Prestazioni

Sociosanit.

riforma IPAB

Abruzzo Si Si Si Si* SiBasilicata Si SiCalabria Si Si Si SiCampania Si Si Si Si

(no LEA)

E.Romagna

Si Si Si Si Si**

Friuli-V.G. Si SiLazio Si Si Si Si*Liguria Si Si Si Si Si SiLombardia Si Si Si SiMarche Si Si Si SiMolise SiPiemonte Si Si Si Si** Si Puglia Si Si SiSardegna Si SiSicilia SiToscana Si Si Si Si Si Umbria Si SiValle d’Aosta

Si Si Si

Veneto Si Si Si SiBolzano Si SiTrento Si Si Si*Italia 4 7 20 11 11 7 8 3Note: * L’Abruzzo, il Lazio e Trento hanno normato solo l’autorizzazione. * * la legge regionale ha stabilito le procedure di affidamento con evidenza pubblica con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ma ha rinviato ulteriori dettagli e disposizioni ad una delibera di Giunta.

1.5. L’affidamento dei servizi

La legge 328 prevede che le regioni adottino specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti

locali e terzo settore con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona.

Anche in questo caso, possiamo dire che una minoranza di regioni e cioè 7 (Cfr. tab. 1) hanno

adottato dei provvedimenti anche se esistono altre norme regionali precedenti alla legge quadro

nazionale. Non tutte queste regioni hanno, però, perfezionato il loro percorso. Infatti le regioni

Emilia Romagna e Piemonte, nelle loro leggi di riordino, hanno stabilito le procedure di

6

Page 7: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

affidamento con evidenza pubblica con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ma

hanno rinviato ulteriori dettagli e disposizioni ad una delibera di Giunta, ancora da emanare. Le

Marche invece hanno limitato le disposizioni relative alle procedure di affidamento alle

cooperative sociali mentre la Toscana ha approvato delle direttive transitorie.

1.6. L’integrazione socio-sanitaria

Solo otto regioni si sono occupate della regolamentazione dell’integrazione socio-sanitaria. Sette di

queste hanno recepito, anche con modificazioni, l’allegato 1C del DPCM 29 novembre 2001 sui

Livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) dedicato all’area dell’integrazione socio-sanitaria e

che si preoccupa di stabilire la percentuale dei costi da porre a carico del comune o dell’utente per

una serie (8) di prestazioni socio-sanitarie. La maggioranza delle regioni ha invece recepito i LEA

ad eccezione proprio di questa parte che in effetti è problematica perché richiede la consultazione e

possibilmente l’accordo dei comuni dato che proprio su di loro, in alcuni casi, vengono scaricati dei

nuovi oneri. La Campania, invece, per ora ha recepito ed adattato al proprio territorio solamente il

DPCM del 14 febbraio 2001 che definisce le regole generali dell’integrazione rinviando ad una

fase successiva l’adozione dei LEA socio-sanitari.

1.7. La riforma delle IPAB

Ancora più indietro siamo sul fronte della riforma delle IPAB – circa 4.000 in Italia - prevista

dall’art. 10 della legge 328 e poi dal Decreto Legislativo 207/2001. In questo caso solo due regioni,

la Lombardia e la Liguria, hanno approvato gli atti necessari a mettere in condizione le IPAB di

trasformarsi in Aziende pubbliche di servizi alla persona (APSP), in associazioni o fondazioni di

diritto privato. In dirittura di arrivo anche l’Emilia Romagna che ha già legiferato in materia e che

ora deve approvare la delibera attuativa che nel marzo scorso è stata trasmessa al Consiglio

regionale per l’approvazione.

1.8. Conclusioni

Il giudizio complessivo sull’attività delle regioni italiane in direzione della riorganizzazione e della

modernizzazione dei servizi sociali così come indicato nella legge 328 non può che essere negativo

anche se registriamo una situazione in movimento dato che, seppur molto lentamente, una serie di

atti e di azioni si vanno realizzando. In questo panorama non entusiasmante vale la pena di

segnalare l’esperienza dei piani di zona, l’unica che vede coinvolta la maggioranza delle regioni e

che, per la prima volta, ha visto una pluralità di comuni mettersi insieme e misurarsi per la

pianificazione comune dei servizi sociali. Tenendo conto della tradizionale autonomia dei comuni e

7

Page 8: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

della fragilità dei servizi sociali specie dei comuni di piccole dimensioni, si tratta di una esperienza

da migliorare e da allargare a tutto il territorio nazionale ma sicuramente da valorizzare.

Ma se è vero che sono poche le regioni che hanno adottato delle norme sulle varie materie della 328

è opportuno dire che diverse regioni, fra quelle oggi in ritardo, stanno discutendo l’approvazione di

alcuni degli atti citati. Fra gli altri sicuramente il Veneto, la Campania, la Sicilia e la Sardegna per

le leggi di riordino, il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia e la Campania per la riforma delle IPAB ecc..

Così come vale la pena di citare taluni interventi innovativi regolati o previsti da alcune regioni.

Fra queste dobbiamo citare la Campania e il Piemonte che hanno egolamentato le professioni sociali

identificandole e definendo il percorso formativo, la Toscana e la Campania che hanno previsto nel

Piano sociale regionale la prima ed in una legge ad hoc la seconda, la sperimentazione di quello che

oggi si chiama reddito di ultima istanza (ex RMI) ed infine la regione Emilia Romagna che ha

previsto l’attivazione di un fondo per il sostegno della non autosufficienza che, però, dovrà essere

riempito di contenuti e di risorse. Inoltre ben 11 regioni si sono occupate, in un qualche modo, dei

Livelli essenziali delle prestazioni sociali (LIVEAS) anche se questa è l’unica competenza esclusiva

dello Stato che deve provvedere a determinarli per poter garantire in tutto il territorio nazionale un

livello uniforme ed omogeneo di servizi assistenziali alla persona.

Le cause di questi evidenti ritardi regionali sono da ricercare nel mancato ruolo nazionale del

Governo (mancata introduzione in tutto il territorio del reddito minimo di inserimento, mancata

riforma delle indennità di invalidità/disabilità, mancato sostegno della 328), nella modifica

costituzionale del 2001 e nella disponibilità di risorse economiche largamente inadeguate,

fortemente al di sotto della media europea e, per ultimo, nella impreparazione di una parte delle

regioni a far fronte tempestivamente alla riforma e al riordino di tutto il settore assistenziale.

Valutando queste prime esperienze regionali di riforma si registrano differenze di approccio fra

regioni di centro-destra e regioni di centro-sinistra soltanto nella normativa sulla riforma delle

IPAB. Da una parte la Lombardia che spinge la riforma delle IPAB verso la privatizzazione degli

enti, coerentemente con la propria linea politica e la propria concezione del welfare, mentre

dall’altra troviamo l’Emilia Romagna orientata invece a mantenere tali strutture preferibilmente

nell’ambito del settore pubblico.

In tutti gli altri atti regionali che abbiamo visionato e relativi ad altri aspetti attuativi della legge 328

non abbiamo registrato sostanziali differenze di approccio politico fra le regioni di centro-destra e

quelle di centro-sinistra tanto da riuscire a definire dei differenti modelli. Tutte le regioni che hanno

legiferato in materia, di fatto, hanno assunto la 328 come punto di riferimento anche modificabile

ma nessuna regione ha prospettato un modello alternativo. L’unico caso è forse quello della

8

Page 9: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Provincia autonoma di Trento che ha rinunciato ad attivare il processo di accreditamento delle

strutture, pur previsto dalla legge quadro nazionale.

Sul fronte della valutazione degli indirizzi politici degli atti, un aspetto importante per le ricadute

che ha sui singoli territori e sulla popolazione, ogni giudizio va comunque sospeso dato che ancora

limitate o solo di principio sono le normative regionali. Non bastano due sole normative sulle IPAB

per dare un giudizio definitivo così come non sono ancora sufficienti le più numerose normative che

hanno regolato gli altri settori e che spesso si sono fermate alla definizione dei principi di

riferimento. Le vere differenze, se ci saranno, si vedranno quando si uscirà da questa fase e si

passerà alla fase applicativa vera e propria.

9

Page 10: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

2. LA GOVERNANCE DEI PIANI SOCIALI DI ZONA

2.1. Regioni e piani sociali di zona Spetta alle regioni dare indicazioni sui contenuti dei Piani sociali di zona, sugli ambiti territoriali di

riferimento e sulle modalità e gli strumenti per la gestione unitaria del relativo sistema locale dei

servizi sociali (art.8 L. 328/00).

La maggior parte delle regioni ha affrontato questo percorso, in alcuni casi avviando ed in altri

definendo un quadro normativo che ha, localmente, livelli assai diversificati di completezza e

adeguatezza (Cfr. Tab. 2). Un piccolo gruppo di regioni (Molise e Sardegna) non ha dato ancora

alcuna indicazione sulla realizzazione dei Piani di zona anche se sono in itinere atti che in futuro

dovrebbero colmare questi ritardi.

A cavallo di questi due gruppi di regioni si colloca la provincia autonoma di Trento che pur avendo

approvato nel 2002 il proprio Piano provinciale sociale e assistenziale rinvia le indicazioni più

significative per la redazione dei Piani di zona (la definizione delle linee guida per la costruzione

dei piani territoriali e lo schema di piano) a successivi atti.

2.2. La governance sociale

Il Piano di zona si configura come uno strumento che persegue processi di programmazione

condivisa. In particolare, la L.328/00 a questo proposito afferma (art.3) che i comuni provvedono

alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguenti principi:

a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e con gli altri settori dell’istruzione

e del lavoro;

b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali.

L’osservanza di questi principi rappresenta una strada obbligata dato che la partecipazione attiva ed

ordinata di tutti i soggetti interessati alla costruzione della rete integrata degli interventi e dei servizi

socio-sanitari non è possibile senza forme nuove di esercizio del governo locale non basate su una

inesistente gerarchia ma sul comune interesse a collaborare nella realizzazione di una rete unitaria e

coordinata di servizi.

Nel campo sociale ed in particolare in quello della pianificazione di zona e del suo governo locale

il termine governance appare come il più appropriato per rappresentare un processo che vede

coinvolti una pluralità di soggetti pubblici e privati che non è possibile (oltre ad essere inopportuno)

governare in modo gerarchico. In questa occasione utilizzare una terminologia inglese può essere

10

Page 11: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Tab. 2 - Le disposizioni regionali sui Piani sociali di zona

Regioni atti recanti disposizioni sui Piani sociali di zonaAbruzzo D.C.R. n. 69/8/2002: “Legge 8.11.2000, n. 328: Legge quadro per la realizzazione del sistema

integrato di interventi e servizi sociali - Piano sociale regionale 2002-2004”.D.G.R. n. 804/2002: “Piano sociale regionale 2002-2004 – Atto di indirizzo applicativo per approvazione schema dettagliato per la predisposizione dei piani di zona dei servizi sociali”.

Basilicata D.C.R. n. 1280/1999: “Piano socio assistenziale per il triennio 2000/2002”.Bolzano D.G.P. n.5513/1999: “Approvazione del Piano sociale provinciale 2000-2002”.Calabria L.R. n. 23/2003: “Realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali nella

regione Calabria”.Campania D.G.R. n. 1826/2001: “Linee di programmazione regionale per un sistema integrato di

interventi e servizi sociali”.D.G.R. n. 1824/2001: “Legge 8 novembre 2000, n. 328 – determinazione degli ambiti territoriali per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete”.

Emilia Romagna D.G.R. n. 329/2002: “Approvazione Linee guida per la predisposizione e l’approvazione dei Piani di zona 2002/2003 in attuazione di delibera del Consiglio regionale 246/01”.L.R. n. 2/2003: “Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”.

Friuli-Venezia Giulia

D.G.R. n. 1891/2002: “Legge regionale 18/1996, articolo 6. Programma per la prima attuazione della L. 328/2000. Assegnazione fondi statali 2001 e anni precedenti”.

Lazio D.C.R. n. 591/1999: “Approvazione del primo Piano socio-assistenziale regionale 1998-2001”. D.G.R. n. 1408/2002: “Art.48 legge regionale n.38/1996. Approvazione schema di piano socio-assistenziale 2002-2004”.

Liguria L.R. n. 30/1998: “Riordino e programmazione dei servizi sociali della regione e mod. alla L.R. 42/1994 in materia di organizzazione e funzionamento della USL”.D.C.R. n. 65/2001: “Piano triennale dei servizi sociali 2002-2004 e indirizzi ai comuni per la redazione dei piani di zona”. D.G.R. n. 448/2003: “Linee guida ai comuni per la gestione associata dei servizi sociali”.

Lombardia D.G.R. n. 7/7069/2001: “Ripartizione delle risorse indistinte del Fondo nazionale per le politiche sociali in applicazione della legge 8/11/2000, n. 328 (…)”. D.C.R. n. 462/2002: “Piano socio-sanitario regionale 2002-2004”.Circolare n. 7/2002: “Linee guida esplicative della DGR 11/11/2001, n. VII/7069”.

Marche D.C.R. n. 306/2000: “Piano regionale per un sistema integrato di interventi e servizi sociali 2000-2002”.D.G.R. n. 1968/2002: “Approvazione linee guida per la predisposizione e l’approvazione dei piani di zona 2003”.

Piemonte L.R. n. 1/2004: “Norme per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento”.

Puglia L.R. n. 13/2002: “Individuazione degli ambiti territoriali e disciplina per la gestione associata dei servizi socio-assistenziali”.L.R. n. 17/2003: “Sistema integrato di interventi e servizi sociali in Puglia”.

Sicilia D.P. 4/11/2002: “Linee guida per l’attuazione del piano socio-sanitario della regione siciliana”.

Toscana D.C.R. n. 122/2002: “Piano integrato sociale regionale 2002-2004”.D.G.R. n. 961/2002: “Piano zonale di assistenza sociale, art. 11 L.R. 72/97 – Approvazione indirizzi operativi e strumenti per la redazione del Piano di zona 2002-2004”.

Trento D.G.P. n. 581/2002: “Piano sociale e assistenziale per la provincia di Trento 2002-2003: linee guida e misure attuative”.

Umbria D.C.R. n. 759/1999: “Piano sociale regionale 2000-2002”.D.G.R. n. 248/2002: “Atto di indirizzo ai comuni per la programmazione sociale condivisa”.

Valle d’Aosta L.R. n. 18/2001: “Approvazione del piano socio-sanitario regionale per il triennio 2002-2004”.

Veneto D.G.R. 775/2001: “Termine presentazione al 30/6/2002 dei Piani di zona”.Molise, Sardegna non ci sono indicazioni approvate sui piani di zona

utile per esprimere meglio e più sinteticamente alcuni concetti. Gli anglosassoni, infatti, utilizzano

il termine government per designare i livelli di governo gerarchicamente ordinati, che muovono da

11

Page 12: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

un principio di autorità nella formazione delle decisioni. A questa forma di esercizio del potere

contrappongono invece la governance, che è un sistema di esercizio del governo in cui le decisioni

sono il frutto condiviso di processi di consultazione e di concertazione; un esercizio di governo

che per raggiungere i suoi obiettivi non ricorre all’autorità e all’applicazione di sanzioni ma al

coordinamento e al coinvolgimento dei vari enti e soggetti per il raggiungimento del fine proposto.

La governance nei sistemi di welfare significa sostanzialmente applicare una metodologia negoziale

finalizzata ad un processo condiviso di costruzione collettiva delle politiche sociali.

Il sistema di governance prevede necessariamente:

un organo politico di governo del settore;

un territorio di riferimento;

un supporto tecnico ed esecutivo;

la definizione delle modalità di gestione dei servizi;

la definizione dei percorsi e dei metodi concertativi e collaborativi con i vari enti pubblici e privati

al fine della definizione e della gestione del piano di zona o di parti di esso.

2.3. Il governo politico del Piano di zona

Quasi tutte le regioni italiane hanno identificato l’organo di governo politico del piano di zona

nel Comitato dei sindaci di distretto (o Assemblea dei sindaci in Lombardia, o Conferenza di zona

in Liguria) o nella Conferenza dei sindaci, laddove l’ambito sociale coincide con la ASL. Esso è

dovunque composto dai sindaci dei comuni dell’ambito territoriale preventivamente identificato

per la realizzazione e la gestione del piano sociale di zona. In Liguria, ai sindaci si aggiunge anche

il rappresentante politico dell’ente gestore dell’ambito sociale mentre in Sicilia si aggiunge il

direttore del distretto sanitario o il direttore generale della ASL.

Le funzioni dei Comitati dei Sindaci sono sostanzialmente simili in tutte le regioni; ad essi spetta

l’esercizio della funzione di governo territoriale nel settore sociale e socio-sanitario con

l’approvazione dei Piani sociali di zona e dei programmi delle attività territoriali di distretto (PAT).

In genere, il comitato dei Sindaci è il soggetto politico di riferimento ed è l’organo deputato a:

1. definire le modalità istituzionali e le forme di organizzazione gestionali più adatte alla

organizzazione dell’ambito territoriale e della rete dei servizi sociali;

2. nominare il suo presidente ed individuare l’ente locale capofila;

3. nominare gli organismi tecnici (ufficio di piano, coordinatore, ecc.) di supporto e di esecuzione;

4. definire le forme di collaborazione fra i comuni e l’azienda sanitaria di riferimento;

5. approvare il piano di zona.

12

Page 13: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

I comitati dei sindaci, data la coincidenza geografica con i distretti sanitari che si realizza in molte

regioni, possono esercitare anche le funzioni di comitato dei sindaci di distretto sanitario,

assumendo così le funzioni programmatorie per l’intervento sociale, socio-sanitario e sanitario con

l’elaborazione dei piani di zona (pdz) e l’approvazione del piano delle attività territoriali (PAT).

Alcune differenze si registrano qua e là, in Italia. Per esempio, nella provincia autonoma di Bolzano

l’organo politico di governo è identificato negli organismi politici delle 7 comunità comprensoriali

in cui è divisa la provincia mentre la Campania ha voluto invece identificare un percorso

parzialmente diverso dalle altre regioni identificando un nuovo organismo politico. Per la

definizione del piano di zona, i sindaci istituiscono un coordinamento istituzionale promosso dal

comune capofila e costituito dai sindaci dei comuni, dal presidente della provincia, della comunità

montana ove esistente e dal direttore generale della ASL di riferimento.

In Umbria invece il soggetto responsabile dei processi pianificatori locali è affidato al “Tavolo degli

assessori” che è composto dagli assessori ai servizi sociali dei comuni dell’ambito. Il “Tavolo degli

assessori” di ambito è, in sostanza, l’organismo di coordinamento politico-istituzionale in materia di

programmazione sociale di territorio e quindi svolge le funzioni che altrove sono affidate ai

Comitati (o conferenze) dei Sindaci. Qualcosa di simile è avvenuto anche in Emilia Romagna dove

il coordinamento politico a livello di ambito zonale è stato affidato agli assessori ai servizi sociali.

Laddove sono presenti sia la Conferenza dei Sindaci che il Comitato dei Sindaci, in genere, al primo

viene assegnato il compito formale di definire le macro linee dei Piani di zona che i singoli

Comitati poi svilupperanno.

2.4. Il ruolo della Provincia

Le regioni italiane che hanno legiferato in materia, in genere, hanno assegnato alle Province

funzioni di concorso alla programmazione regionale o di zona e di coordinamento degli interventi

territoriali, oltre che di formazione professionale e di raccolta dati per l’elaborazione del sistema

informativo. In qualche caso, come in Liguria e in Emilia Romagna, le province forniscono anche

assistenza tecnica ai comuni. Queste tendenze sembrano sostanzialmente in linea con le competenze

previste dall’art. 7 della L. 328/00.

Per svolgere queste funzioni la regione Sicilia ha previsto un organismo tecnico provinciale

denominato segreteria tecnica che opera a supporto delle Conferenze dei Sindaci i cui compiti non

sono ben definiti e la cui composizione appare egemonizzata da rappresentanti nominati dalla

regione. Anche in Emilia Romagna, le Province hanno, in genere, attivato un “gruppo tecnico

territoriale”, a supporto dell’attività provinciale (presieduto dal dirigente provinciale e composto da

13

Page 14: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

referenti tecnici dei diversi ambiti, da un rappresentante ASL e da eventuali altri attori come i

sindacati, il privato sociale, ecc.).

Le prime esperienze di questi ultimi tre anni segnalano soprattutto le esperienze dell’Emilia

Romagna e della Toscana dove gli orientamenti regionali hanno messo in condizione le province di

svolgere un ruolo significativo nel processo pianificatorio. In questa ultima regione, in particolare,

le province sono state chiamate a firmare gli accordi di programma in 15 casi, poco meno della

metà degli accordi stipulati. In Toscana, le province hanno svolto un ruolo importante di supporto

delle zone sociosanitarie e delle rispettive segreterie tecniche di zona nelle fasi di programmazione

e di stesura dei Piani sociali di zona, in particolare per la redazione delle Relazioni sociali (analisi

dei bisogni e della domanda) che accompagnano i Piani di zona.

2.5. Gli ambiti territoriali

In applicazione della L. 328/00, molte regioni hanno provveduto a ripartire il territorio regionale in

ambiti territoriali/zone per la gestione dei servizi sociali. Tali ambiti sono quasi sempre

intercomunali con eccezione di alcune città medio-grandi dove gli ambiti sono unicomunali

(Ancona, Modena, ecc.) o, più raramente, più ambiti per una sola grande città (Roma, Genova).

Per favorire la programmazione e l’integrazione socio-sanitaria e per evitare il proliferare di

organismi, la maggior parte delle regioni ha previsto degli ambiti territoriali che coincidono con i

distretti sanitari o loro multipli. Nel Molise invece i distretti sociali possono essere dei sotto-

multipli dei distretti sanitari.

La regione Campania è tra le poche che ha esplicitato i criteri che hanno portato alla identificazione

degli ambiti territoriali. Le aggregazioni territoriali sono state stabilite con il fine di assicurare la

piena funzionalità operativa e le caratteristiche il più possibile omogenee e rispondenti ai seguenti

indicatori: a) geo-oro-morfologici; b) affinità di bisogni; c) possibilità di utilizzo di risorse e servizi

territoriali comuni; d) efficienza del sistema dei trasporti; e) accesso facilitato ai servizi; f) pregresse

esperienze progettuali integrate.

Le dimensioni medie degli ambiti sono molto diverse da una regione all’altra; si passa dai 128.600

abitanti del Lazio ai 30.200 della Valle d’Aosta mentre la media italiana è di 85.600 abitanti per

ambito territoriale/zona (Cfr. Tab. 3). Le regioni più grandi hanno identificato degli ambiti con una

popolazione più ampia mentre quelle più piccole hanno identificato degli ambiti territoriali

mediamente più piccoli. Colpisce infine la tendenza ad identificare degli ambiti sociali in qualche

caso multipli di quelli sanitari che potrebbe costituire una anticipazione di possibili aggiustamenti

futuri della distrettualizzazione sanitaria.

14

Page 15: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Tab. 3 – Gli ambiti territoriali in alcune regioni italiane.

regioni popolazioneal 1/1/2003

numero distretti sanitari

2003

numero zone/ambiti

sociali

popolazione media per

ambito socialeLazio 5.145.805 51 40 128.600

Campania 5.725.098 113 51 112.300

Toscana 3.516.296 34 34 103.400

Emilia

Romagna

4.030.220 40 42 96.000

Sicilia 4.972.124 62 55 90.400

Lombardia 9.108.645 104 104 87.600

Liguria 1.572.197 20 18 87.300

Puglia 4.023.957 48 48 83.800

Veneto 4.577.408 60 60 76.300

Umbria 834.210 12 12 69.500

Bolzano 467.338 20 7* 66.700

Friuli-V. Giulia 1.191.588 20 19 62.700

Marche 1.484.601 36 24 61.900

Basilicata 596.821 10 15 39.800

Abruzzo 1.273.284 42 35 36.400

Valle d’Aosta 120.909 4 4 30.200

Media 48.640.501 676 568 85.600note:non è stata inserita la Provincia aut. di Trento che non ha ripartito il proprio territorio in ambiti ma che da tempo aggrega i propri comuni in 11

comprensori. * comunità comprensoriali. Fonte: bibliografia.

2.6. Il coordinatore di ambito/promotore sociale

Alcune regioni italiane, per promuovere il processo di pianificazione sociale, hanno previsto delle

nuove figure, con nomi diversi, ma con funzioni in buona parte assimilabili.

La regione Marche e l’Umbria sono le Regioni che più di altre hanno sviluppato e caratterizzato

questa nuova figura sostenendone in modo significativo l’implementazione nel sistema.

Le norme delle Marche hanno infatti previsto la nomina di un coordinatore delle Rete dei servizi

dell’ambito territoriale (coordinatore di ambito), scelto all’interno di professionalità sociali, al fine

di superare le difficoltà di progettazione del piano sociale di zona e della sua realizzazione. Il

coordinatore, inteso come strumento tecnico a disposizione dei comuni dell’ambito territoriale, si

avvale di una struttura tecnica ed amministrativa snella ed ha la funzione di:

15

Page 16: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

curare, in collaborazione con l’ufficio di piano e con i responsabili di distretto, la redazione

della proposta del piano di zona e del bilancio sociale in base alle linee espresse dai comitati dei

sindaci;

svolgere compiti di coordinamento del processo di costruzione del piano attivando rapporti,

relazioni e attività di concertazione;

svolgere funzioni di monitoraggio sullo stato di attuazione del piano di zona segnalando al

comitato dei sindaci eventuali difficoltà in ordine agli obiettivi definiti nel piano;

supporta il comitato dei sindaci nella organizzazione e nel coordinamento degli uffici di

promozione sociale.

Molto simile è l’esperienza dell’Umbria che ha individuato la figura del Promotore sociale quale

referente dei comuni per le funzioni di coordinamento della programmazione sociale del territorio.

Le sue funzioni sono sostanzialmente le stesse indicate in precedenza per i “coordinatori di

ambito” delle Marche.

In Liguria è stata prevista la figura dell’esperto sociale con funzioni di coordinamento della materia

sociale all’interno della Conferenza dei Sindaci e per curare i rapporti con la dirigenza della ASL

per i servizi integrati.

Si differenzia invece la regione Toscana che, secondo la normativa, sembra aver previsto in ogni

zona due diverse figure individuate dalla conferenza dei sindaci: un coordinatore delle attività della

segreteria tecnica ed un responsabile unico dell’attuazione dei livelli essenziali di assistenza che

sembrano differenziarsi poco se non per le diverse fasi del loro intervento (Cfr. Tab. 4).

Tab. 4 – I costruttori dei Piani di zona

Regione denominazione figura professionale funzioniMarche Coordinatore delle rete dei servizi

dell’ambito territorialecura la redazione del pdz, coordina il processo di costruzione del pdz, supporta il comitato dei sindaci.

Umbria Promotore sociale referente dei comuni dell’ambito per le funzioni di coordinamento della programmazione sociale.

Liguria Esperto sociale coordinamento della materia sociale all’interno della Conferenza dei Sindaci e cura i rapporti con la dirigenza della ASL per i servizi integrati.

Toscana responsabile unico dell’attuazione dei livelli essenziali di assistenza

responsabile dell’organizzazione dei servizi determinati in sede di pdz e della erogazione delle prestazioni appropriate ai cittadini.

coordinatore delle attività della segreteria tecnica

Mantiene contatti con gli enti e le associazioni; partecipa attivamente alla stesura della programmazione di zona; coordina la realizzazione delle azioni in corso e il loro monitoraggio; rappresenta la segreteria tecnica nella Conf. dei sindaci. Può essere di provenienza ASL o comunale.

Fonte: bibliografia.

16

Page 17: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Il percorso della pianificazione sociale degli ambiti territoriali è complesso e faticoso e va

supportato adeguatamente. Solo chi investirà in questo processo riuscirà ad ottenere risultati

significativi in tempi accettabili. L’innovazione relativa all’introduzione di queste nuove figure

probabilmente garantirà alle regioni che le hanno previste di poter marciare ad un ritmo più elevato

verso le approvazioni dei Piani di zona e la costruzione della rete dei servizi sociali ed integrati nei

territori.

2.7. L’ufficio di piano

La maggioranza delle regioni ha previsto la costituzione e il funzionamento di un organismo tecnico

rappresentativo di tutti i comuni dell’ambito territoriale che funzioni da supporto tecnico del

Comitato dei sindaci (Cfr. Tab. 5). Molte regioni – precisamente le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo,

la Campania, la Lombardia, la Basilicata, la Sicilia e il Lazio - hanno chiamato tale organismo

“Ufficio di piano” o “Gruppo di piano” o “struttura del piano”.

Nelle Marche l’ufficio di piano, attraverso la costante e stabile collaborazione con il coordinatore di

ambito, garantisce su tutto il territorio dell’ambito una programmazione condivisa ed una

regolamentazione omogenea dei servizi sociali. Insieme al coordinatore di ambito, cura la redazione

del piano di zona e del bilancio sociale in base alle indicazioni del Comitato dei sindaci.

Dell’ufficio di piano fanno parte almeno i responsabili dei servizi sociali dei comuni facenti parte

dell’ambito territoriale. Questo significa che possono essere chiamati a farne parte anche altri

soggetti. Il coordinatore di ambito può prevedere un’articolazione in sezioni operative dell’ufficio

di piano in riferimento alle aree di intervento.

Più precisa, per quel che riguarda le competenze, è la regione Umbria che ha affidato all’Ufficio di

piano le funzioni relative:

alla cura della stesura e dell’aggiornamento del Piano di zona;

alla diffusione delle informazioni sulle iniziative e sulle modalità di partecipazione e

realizzazione dei progetti;

al supporto tecnico e metodologico per la realizzazione dei piani di intervento territoriali;

alla predisposizione di strumenti di monitoraggio, verifica e valutazione delle singole azioni

progettuali, dei servizi e degli interventi;

al coordinamento degli Uffici della cittadinanza.

La Campania si colloca sulla stessa linea delineando le competenze dell’Ufficio di piano con un

taglio maggiormente rivolto verso il fronte amministrativo-burocratico (predisposizione atti per

17

Page 18: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

l’organizzazione dei servizi, atti finanziari, predisposizione degli articolati dei protocolli di intesa,

raccolta delle informazioni e dei dati, predisposizione rendicontazione, ecc.).

Anche l’Abruzzo ha previsto un organismo di questo tipo che si chiama “Gruppo di Piano” ma la

differenza vera rispetto a quelli visti sinora è che in esso viene prevista la partecipazione dei

rappresentanti politici e della ASL.

La Lombardia è la più scarna rinviando all’accordo di programma la composizione definendo

l’Ufficio del piano come un organismo tecnico che, in raccordo con l’assemblea dei sindaci, opera

per la programmazione e l’attuazione del piano di zona.

Altre due regioni – la Liguria e la Toscana – hanno chiamato l’organismo tecnico, “segreteria

tecnica”. In particolare la Toscana ha dedicato particolare attenzione a questo organismo

qualificando la Segreteria tecnica come una struttura tecnico-organizzativa di staff, formalmente

costituita dalla articolazione zonale della Conferenza dei sindaci con riferimento ai settori socio-

assistenziale, socio-sanitario e socio-educativo. Essa opera nell’ambito della progettazione sociale e

contribuisce a definire e gestire strumenti propositivi, progettuali, valutativi, di monitoraggio in

attuazione delle scelte di livello strategico e politico. In Toscana esse funzionano da un paio di anni

per cui è già stato possibile osservarle per definirne i comportamenti. Una ricerca della regione ha

così potuto verificare tre diversi modelli operativi delle segreterie tecniche:

1) il modello esecutivo che si occupa della gestione del processo di programmazione e della

valutazione dei bisogni del territorio;

Tab. 5 – L’ufficio di piano e gli altri organismi tecnici

Regione Denominazione Composizione FunzioneMarche Ufficio di piano almeno i responsabili dei servizi

sociali dei comuni facenti parte dell’ambito.

cura la redazione del piano di zona e del bilancio sociale in base alle indicazioni del comitato dei sindaci.

Campania Ufficio di piano è costituito una persona per comune (da 5 a 15) con specifiche competenze sociali. Deve essere presente almeno un esperto di progettazione sociale, uno di contabilità degli enti locali ed uno di questioni legali.

predisporre gli atti per l’organizzazione dei servizi; predisporre l’articolato dei protocolli di intesa; organizzare la raccolta delle informazioni e dei dati.

Umbria Ufficio di piano dirigenti dei servizi sociali, o funzionari incaricati, dei comuni che appartengono all’ambito territoriale.

Struttura tecnica di supporto al Piano di zona. Cura la stesura, l’aggiornamento e il controllo dei Piani di zona.

Lombardia Ufficio del piano

stabilite all’interno dell’accordo di programma.

organismo tecnico che opera in raccordo con l’organo politico per la programmazione e l’attuazione del piano di zona.

Abruzzo Gruppo di piano rappresentanti politici, tecnici, delle istituzioni e della comunità locale

stesura del documento del Piano di zona.

18

Page 19: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

oltre ad almeno un rappresentante della ASL.

Basilicata Gruppo di piano politici, tecnici e rappresentanti dei soggetti istituzionali e della solidarietà sociale.

cabina di regia e strumento operativo del programmatore locale.

Sicilia Gruppo piano almeno un operatore sociale per ogni comune, un rappresentante del distretto sanitario, 3 rappresentanti del terzo settore, rappresentanti di altri enti (scuole, Tribunale Minori ecc.), un referente territoriale della Cabina di regia regionale

redige il piano di zona ed è preposto alla gestione dello stesso. Predispone i protocolli di intesa, la raccolta delle informazioni e la relazione annuale sullo stato di attuazione del pdz.

Lazio Struttura del Piano

non definita struttura di coordinamento e gestione che esercita le funzioni relative alla comunicazione, relazione con altri soggetti, raccolta ed elaborazione dati, amministrazione, gestione finanziaria, gestione e valutazione progetti.

Toscana Segreteria tecnica

indicativamente da 3 a 5 membri permanenti (coordinatore sociale del distretto ASL, coordinatore della segreteria tecnica, almeno un referente dei comuni) più apporti professionali secondo le necessità contingenti. Partecipa anche l’osservatorio provinciale e il coordinatore sociale della ASL.

opera nell’ambito della progettazione sociale e contribuisce a definire e gestire strumenti propositivi, progettuali, valutativi, di monitoraggio in attuazione delle scelte di livello strategico e politico.

Liguria Segreteria tecnica

un coordinatore amministrativo e un esperto in materia sanitaria messi a disposizione dalla ASL ed un esperto in materia sociale comunale.

supporta la conferenza dei sindaci provvede alla programmazione sociale di zona e al raccordo con i programmi delle attività territoriali socio-sanitarie.

Emilia Romagna

Tavolo tecnico(nucleo operat. ufficio di Piano)

definita a livello locale dal coordinamento politico.

funzioni di regia operativa del processo di elaborazione del Piano, di istruttoria tecnica e di supporto decisionale al coordinamento politico di distretto.

Veneto Tavolo tecnico rappresentanti dei comuni, della ASL e del terzo settore.

fornire collaborazione tecnica per la stesura dei Piani, fornire gli elementi per la scelta degli indirizzi e delle priorità, monitorare i progetti.

Fonte: bibliografia

2) il modello partecipativo che punta ad una maggiore istituzionalizzazione dei momenti di

confronto attivo con cittadinanza e terzo settore;

3) il modello gestionale orientato maggiormente sul versante operativo e gestionale che invece

tende a seguire i progetti elaborati nei piani durante l’intero corso del loro svolgimento.

In Veneto e in Emilia Romagna infine tale organismo viene chiamato “tavolo tecnico”; in

quest’ultima regione ad esso sono assegnate le funzioni di regia operativa del processo di

19

Page 20: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

elaborazione del Piano, di coordinamento operativo dei diversi attori in campo oltre ché dei compiti

di istruttoria tecnica e di supporto decisionale al coordinamento politico di distretto (Cfr. Tab. 5).

Naturalmente, tutte le strutture tecniche prevedono gruppi di lavoro settoriali o ristretti per

mantenere operatività ad organismi, in qualche caso, abbastanza ampi.

In conclusione possiamo dire che la maggior parte delle regioni ha previsto un organismo tecnico

(ufficio di piano, segreteria tecnica, ecc.) di supporto al comitato dei sindaci con denominazioni

diverse ma funzioni sostanzialmente assimilabili che ha il compito di predisporre il piano di zona e

di avviarne la gestione secondo le linee del Comitato stesso. Tale percorso appare apprezzabile ma

anche obbligato per garantire il coinvolgimento di tutti gli enti locali.

Da questo punto di vista, appare migliore la composizione di quegli organismi che, come le Marche,

l’Umbria e la Campania, vedono una adeguata rappresentanza dei comuni appartenenti all’ambito

territoriale. Meno azzeccata appare la composizione del “Gruppo di piano” dell’Abruzzo e della

Basilicata che vede la partecipazione anche di politici la cui sede più appropriata è invece quella

del Comitato dei Sindaci/conferenza dei sindaci.

2.8. Le forme di gestione dei servizi sociali

Il Piano sociale di zona viene adottato di norma con un accordo di programma (art. 34 D. Lgs.

267/2000) che viene sottoscritto innanzitutto dai comuni dell’ambito territoriale e dall’azienda

sanitaria locale, per assicurare l’adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie. Il

soggetto dotato di potere di iniziativa per la conclusione dell’accordo è identificato nel sindaco del

comune capofila.

Per quanto riguarda i soggetti non istituzionali, e in particolare i soggetti del terzo settore, è

opportuno rammentare che loro adesione all’accordo di programma, in base alla legge, non ha

alcuna rilevanza in ordine al consenso finale sull’accordo da raggiungere. Per coinvolgere e favorire

l’apporto di tutti i soggetti attivi nella progettazione ed in particolare quelli del terzo settore è utile

aggiungere all’accordo di programma anche la sottoscrizione di un protocollo di intesa ad essi

dedicato.

Attraverso l’accordo di programma i comuni dell’ambito territoriale si dotano della configurazione

necessaria e sufficiente per la gestione delle funzioni di loro competenza nell’attuazione del piano

di zona ed eventualmente possono scegliere una delle diverse forme di gestione associata previste

dalla legislazione vigente per la gestione del Piano di zona. Infatti, superata la fase della

pianificazione dei servizi si pone con forza il problema di chi può gestire una rete di servizi sociali

intercomunali. Il problema è che il Comitato dei Sindaci non avendo uno status giuridico

20

Page 21: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

riconosciuto ma solo politico non ha alcuna competenza gestionale e quindi non può gestire

direttamente il piano sociale di zona. Per questo occorre pensare alla struttura che può affrontare la

fase gestionale del Piano sociale di zona.

La maggior parte delle regioni (Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria,

Lombardia, Toscana, Umbria) prevede genericamente una gestione associata intercomunale dei

servizi sociali secondo le modalità del Testo unico degli enti locali (D. Lgs 267/00 - TUEL) ma

lasciando ai comuni la possibilità di scegliere quella più adatta. Da questo punto di vista le modalità

possono essere assai numerose. La Toscana ne ha contate ben 21 a cui si aggiungono le nuove

“Società della Salute”. Le più usuali sono comunque le seguenti:

la convenzione (fra enti locali al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi

determinati);

il consorzio (fra enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio associato di

funzioni) ;

l’unione di comuni (sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini allo

scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza);

l’accordo di programma (accordo per la definizione di interventi che richiedono per la loro

completa realizzazione dell’azione integrata e coordinata di comuni ed altri enti pubblici);

l’esercizio associato di funzioni e servizi (negli ambiti e nei settori stabiliti dalla regione

soprattutto per i comuni di piccole dimensioni).

Una volta stabilita la gestione associata dei servizi sociali, gli enti locali devono stabilire le forme

di gestione da utilizzare e cioè a quale ente o strumento affidare la gestione. Anche in questo caso

le varie regioni hanno stabilito che spetta agli enti locali dell’ambito territoriale individuare “le

modalità organizzative dei servizi” esprimendo in qualche caso delle semplici preferenze.

Le preferenze della regione Campania e dell’Abruzzo vanno verso la forma giuridica dell’azienda

consortile prevista e disciplinata nel TUEL. Ma non è detto che non possano essere scelte altre

forme di gestione dei servizi sociali. La regione Lazio, per esempio, afferma che andrebbe invece

preferita la società per azioni per l’esercizio dei servizi socio-assistenziali dei comuni del distretto,

a prevalente capitale pubblico locale, con la partecipazione minoritaria delle organizzazioni non

lucrative di utilità sociale, delle cooperative sociali, delle istituzioni pubbliche di beneficenza ed

assistenza, delle fondazioni bancarie ecc..

Secondo la Puglia, in ogni ambito, i comuni di minore dimensione demografica attribuiscono

l’esercizio delle funzioni socio-assistenziali a una delle aziende pubbliche di servizi alla persona di

cui al D. Lgs 4/5/2001, n. 207 presenti nel territorio o, in mancanza, a una istituzione dotata di

autonomia gestionale ai sensi dell’art. 114 del D. Lgs 267/00. Gli altri comuni più grandi invece

21

Page 22: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

determinano autonomamente le forme di gestione tenendo conto prioritariamente delle aziende

pubbliche di servizi alla persona (D. Lgs 267/2000) presenti. In questo modo per ogni ambito

territoriale potremmo avere più soggetti gestionali per l’attuazione dello stesso Piano sociale di

zona con qualche presumibile problema sul fronte dell’unitarietà, dell’integrazione e delle modalità

di accesso ai servizi sociali di uno stesso ambito.

Anche per la Toscana, spetta agli enti locali stabilire la modalità di gestione più adatta. In alcuni

documenti non vincolanti la regione suggerisce che siano le realtà più complesse come l’area

fiorentina a sperimentare la gestione dei piani di zona con le Società della salute per l’esperienza e i

processi in atto. Laddove sono invece prevalenti i comuni medio-piccoli invece, “potrebbe risultare

opportuno programmare una forma associativa meno complessa ed un processo che veda – in una

fase preliminare – le unioni dei comuni presenti nel territorio, e successivamente convenzioni e

protocolli d’intesa fra questa ultima ed altre realtà interessate all’associazione (privato, privato

sociale, terzo settore, volontariato, IPAB, ASL, Università, ecc.)”.

Per la gestione dei i servizi sociali la legge prevede esplicitamente solo la forma dell’Istituzione

(art. 114 D. Lgs. 267/00) ma la dottrina giuridica riconosce che possono essere adottate anche

altre forme come quella del consorzio e delle società (Srl e Spa) a prevalente capitale pubblico. Non

a caso si sono già sviluppate in Italia numerose esperienze di consorzi intercomunali per la gestione

dei servizi sociali ed in qualche più raro caso anche altre forme come le aziende speciali, le società

di capitale e le fondazioni di partecipazione.

Come si vede, ci sono indicazioni assai diverse che provengono dalle regioni, ci sono esperienze

locali che hanno sperimentato tutte le varie forme di gestione. La situazione è tale che permangono

ampie possibilità di scelta per gli enti locali ma quali sono le caratteristiche delle varie modalità

gestionali? Per quale motivo scegliere l’una o l’altra? Abbiamo provato a sintetizzare nella Tab. 6

le caratteristiche delle varie forme di gestione, escludendo però la gestione diretta comunale (che è

ampiamente conosciuta) e che può ricorrere, attraverso convenzione o accordo di programma,

quando uno o più comuni affidano la gestione di taluni servizi sociali ad un altro comune (spesso il

capofila dell’ambito territoriale).

La forma gestionale più adatta deve gestire dei servizi sociali per conto di più comuni mantenendo

però in capo agli stessi comuni un potere di indirizzo politico e di controllo diretto ed importante.

Da questo punto di vista l’istituzione e l’azienda speciale, almeno in questa fase, non costituiscono

le forme gestionali più adatte perché non permettono la proprietà dell’ente gestore dei servizi da

parte dei singoli comuni. Nel caso dell’istituzione la norma, addirittura, non permette la

partecipazione di più comuni. Rimangono, per esclusione solo i consorzi intercomunali, le società

di capitali e le fondazioni di partecipazione.

22

Page 23: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Tab. 6 – Comparazione delle caratteristiche delle diverse forme di gestione

Istituzione Azienda speciale

Consorzio Srl Spa Fondazione di partecipazione

Natura giuridica

organismo strumentale dell’ente locale

ente strumentale dell’ente locale

ente strumentale di più enti locali

società di capitali

società di capitali

istituzione di carattere privato (art. 12 C.C.)

ordinamento diritto pubblico

diritto pubblico

diritto pubblico

diritto privato diritto privato diritto privato

Personalità giuridica

no si si si si si

autonomia gestionale gestionale, organizzativa, finanziaria

gestionale, organizzativa, finanziaria

gestionale, organizzativa, finanziaria

gestionale, organizzativa, finanziaria

gestionale, organizzativa, finanziaria

Gli organi Cdapresidentedirettore

Cdapresidentedirettore

assemblea consortileCdapresidentedirettore

assemblea dei sociCda(collegio revisori)

assemblea dei sociCdacollegio revisori

consiglio d’indirizzopresidenteconsiglio di gestionecollegio revisori

funzionamento statuto ente locale

statuto proprio

statuto proprio

statuto proprio

statuto proprio

statuto costitutivostatuto proprio

Capitale sociale

- - - 10.329,14 € 103.291,40 € (516.460 € se a prevalente capitale privato)

fondo di dotazione

Partecipazione dei soci

- - quote quote azioni quote

Possibilità per più comuni di essere proprietari

no no si si si si, soggetti fondatori o partecipanti istituzionali

Comproprietà della ASL

no no si si si si, soggetti fondatori o partecipanti istituzionali

Possibilità per il privato di essere socio

no no no si si si, soggetti fondatori o partecipanti

Fonte: nostra elaborazione con modificazioni su dati R. Montanelli, C. Parente “La scelta della forma di gestione per i servizi sociali: i quesiti strategici e le possibili soluzioni” in F. Longo “Servizi sociali: assetti istituzionali e forme di gestione”, EGEA (2000); ASSR (2003).Note: Cda= Consiglio di amministrazione.

Attualmente la forma gestionale di gran lunga più diffusa per la gestione intercomunale dei servizi

sociali è quella del consorzio intercomunale. La forma gestionale del consorzio o dell’azienda

consortile garantisce l’omogeneità di intervento sul territorio di riferimento, mantiene in capo ai

comuni il potere di indirizzo politico dell’ente (strumentale) ed è caratterizzata dall’ampliamento

23

Page 24: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

del bacino di utenza che consente di ottenere delle economie di scala non conseguibili a livello

comunale.

Naturalmente la forma di gestione ottimale e valida per ogni realtà non esiste. Ci sono necessità,

storie, caratteristiche particolari di cui occorre, localmente, tener conto. Ogni territorio con i tempi e

le modalità che riterrà più opportuni saprà trovare la strada condivisa che saprà meglio interpretare

la storia e le esigenze di quella comunità.

2.9. Conclusioni

In 10 regioni italiane (Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche,

Toscana, Umbria, Veneto) o in parte di esse si sono realizzati i piani sociali di zona. Un risultato

che è stato raggiunto con la costruzione di un sistema di governance dei Piani di zona che ha visto

definire i percorsi e i metodi concertativi e collaborativi tra i vari soggetti pubblici e privati al fine

di realizzare e condividere una rete dei servizi assistenziali. Si sono così sviluppate, spesso su

esplicita indicazione delle regioni, una rete di relazioni e collaborazioni fra le istituzioni pubbliche

coinvolte (regione, province, comuni), le funzioni e l’attività degli organi politici intercomunali,

tavoli di concertazione con il terzo settore e negoziazioni con le parti sociali per approntare piani di

zona partecipati e condivisi. In questa fase, le regioni che si sono attivate, hanno sostanzialmente

assunto come punto di riferimento per il sistema di governo dei Piani di zona, la L. 328/00

differenziandosi invece su una serie di aspetti attuativi come le dimensioni degli ambiti territoriali,

la previsione o meno della figura del “Promotore sociale/coordinatore di ambito” e la terminologia

da utilizzare per identificare l’organismo tecnico di supporto al Comitato dei Sindaci. Anche sulle

forme di gestione le regioni, al di là di qualche indicazione fantasiosa ma non vincolante, in genere

si rimettono alla autonomia delle varie zone.

Sarà il tempo a dirci quali saranno le varianti più feconde per i processi in atto, oggi ci preme

soprattutto richiamare l’attenzione su una adeguata dimensione delle zone affinché le stesse possano

disporre di quella massa critica di risorse atta a poter far fronte agli adempimenti legati

all’approvazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali.

Più preoccupante appare, invece, il ritardo che contraddistingue diverse regioni, alcune delle quali

non hanno ancora avviato il processo pianificatorio del sociale (Cfr. Tab. 2).

Modesto, inoltre, il lavoro che si è fatto per l’integrazione socio-sanitaria e dunque per il rapporto

comuni/ASL, che solo pochissime regioni hanno affrontato in modo organico e che per ora si è

spesso risolto integrando un rappresentante della ASL o del distretto sanitario nei vari organismi

politici o tecnici.

24

Page 25: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Non si registrano, infine, differenze di approccio tra le regioni di centro-sinistra e di centro-destra,

almeno tra quelle che hanno avviato il percorso dei piani di zona; semmai si registra una diversa

velocità di manovra e forse di interesse (testimoniato dai vistosi ritardi registrati da alcune regioni).

25

Page 26: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

3. LA RIFORMA DEL WELFARE SOCIALE NELLE MARCHE

La regione Marche ha fondato il suo processo di riforma del welfare sociale sul Piano sociale

regionale 2000-2002 approvato pochi mesi prima della L. 328/2000 ma i cui contenuti riprende

ampiamente. Non è ancora chiaro se, a breve, verrà presentata o meno una organica legge regionale

di riforma del settore, in applicazione della L. 328/2000, ma questo comunque non ha interrotto un

processo di costruzione del nuovo sistema che sta procedendo con una serie di atti settoriali che

sostengono ed indirizzano i singoli interventi previsti nella legge quadro nazionale di riforma (Cfr,.

Tab. 7).

E’ il Piano sociale regionale a definire i percorsi e i contenuti del processo programmatorio sociale

che deve realizzarsi a livello di zone/ambiti con un approccio politico di tipo promozionale e

universalistico.

A seguito del Piano sociale regionale il territorio delle Marche è stato diviso in 24 ambiti territoriali

a cui sono affidati gli obiettivi relativi a:

dotare tutti i territori di una rete di servizi essenziali in modo tale da garantire pari opportunità

di accesso ai cittadini della regione;

creare le condizioni per l’integrazione di tutti i servizi (sociali, sanitari, scolastici,

occupazionali, ecc.) che contribuiscono a definire il sistema di welfare;

promuovere il quadro più congruo per la piena attuazione degli indirizzi della programmazione

nazionale e regionale;

favorire l’esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni ed una gestione unitaria della

rete dei servizi sociali.

Gli ambiti territoriali devono coincidere con i distretti sanitari ma, mentre nel resto d’Italia i nuovi

“ambiti/zone sociali” si adeguavano alla preesistente rete dei distretti sanitari, in questo caso è

accaduto il contrario. Si sono stabiliti 24 ambiti territoriali per il sociale e nel contempo che la rete

distrettuale sanitaria, che contava 36 distretti, si sarebbe dovuta adeguare. L’adeguamento è

avvenuto a metà del 2004 per cui ora il territorio di riferimento degli ambiti sociali e dei distretti

sanitari coincidono perfettamente.

In ogni ambito territoriale la regione ha previsto una figura nuova, il “coordinatore della rete dei

servizi essenziali”, chiamato poi, più brevemente, “Coordinatore di ambito”. Si tratta di una sorta

di costruttore/promotore del nuovo sistema sociale che ha il compito di pianificare la rete dei servizi

da gestire in ambito intercomunale. Più precisamente il suo compito è quello di:

coordinare il lavoro di elaborazione e di stesura dei Piani sociali di zona;

26

Page 27: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

supportare i processi di gestione delle risorse;

facilitare i processi di integrazione;

facilitare il rapporto tra le varie amministrazioni pubbliche per le attività che si rendessero

necessarie.

Tab.7 – Regione Marche. Gli atti per la riforma del sistema di interventi e servizi sociali.GLI ATTI ANNO DI APPROVAZIONE

Piano sociale regionale 2000-2002 2000istituzione di un sistema informativo dei servizi sociali 2000-2003linee guida per l’attuazione del piano sociale regionale 2001Riparto dei fondi destinati al cofinanziamento delle spese relative alla pianificazione e gestione della rete dei servizi sociali dei comuni associati in ambiti territoriali – anno 2001

2001

Istituzione degli ambiti territoriali 2002istituzione della Consulta regionale degli ambiti territoriali sociali

2002

approvazione delle linee guida per la predisposizione e l’approvazione dei piani di zona 2003

2002

Riparto del fondo unico per le politiche sociali 2002Disciplina in materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale (L.R. 20/2002)

2002

Norme per il sistema integrato di servizi per l’infanzia, per lo sviluppo di politiche a favore degli adolescenti e di sostegno alla genitorialità e alla famiglia (L.R. 9/2003)

2003

Criteri per la valutazione dei coordinatori d’ambito 2003linee guida per la realizzazione degli Uffici di promozione sociale

2003

atto di indirizzo per regolamentare i rapporti fra enti locali e terzo settore

2003 (limitatamente ai rapporti con le

cooperative sociali)Definizione degli standard strutturali, organizzativi e di personale per le strutture residenziali e semiresidenziali (regolamento)

2004

Definizione degli standard strutturali, organizzativi e di personale per le strutture e i servizi per l’infanzia, per l’adolescenza e il per il sostegno alle funzioni genitoriali (regolamento)

2004

definizione dei criteri per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni

bozza di lavoro

riordino delle IPAB bozza di lavorodefinizione dei requisiti di qualità per la gestione dei servizi e per l’erogazione delle prestazioni

Non adottato ma in parte contenuta nei regolamenti

attuativi della L.R. n. 20/2002 e L.R. n. 9/2003

disciplina delle procedure amministrative e delle modalità per la presentazione dei reclami da parte degli utenti delle prestazioni sociali

non adottato

27

Page 28: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

I coordinatori di ambito sono stati nominati dalle singole conferenze dei sindaci nel maggio del

2002 all’interno di un albo regionale a cui si accede con il possesso di determinati titoli di studio e

di esperienza nel lavoro sociale. Tutti insieme, i coordinatori di ambito, fanno parte della

conferenza permanente dei coordinatori di ambito territoriale coordinata dalla regione che svolge

funzioni di raccordo e supporto tra i coordinatori nel processo di costruzione dei piani di zona, del

bilancio sociale e di tutto quanto competa loro in ordine alla realizzazione del sistema integrato di

interventi e servizi sociali.

Nel novembre 2002 la Giunta regionale delle Marche ha approvato le linee guida per la

predisposizione e l’approvazione dei Piani di zona stabilendo che, in questa fase di avvio del

sistema, il primo piano di zona assumesse come ambito temporale il solo anno 2003. Tra i mesi di

maggio e di giugno 2003 tutti i piani sociali di zona sono stati presentati e le varie realtà sono già

al lavoro per la presentazione del 2° piano sociale che avrà come riferimento temporale gli anni

2005-2007 e che dovrà essere approvato entro il prossimo gennaio 2005.

Il processo pianificatorio sociale nonostante fosse nuovo e complesso, se non altro per la necessità

di combinare le esigenze delle tante realtà comunali, è dunque partito con grande energia ed ha

prodotto significativi risultati in tempi relativamente brevi insieme ad entusiasmi ed inevitabili

diffidenze. La mossa decisiva, probabilmente, è stata quella relativa alla previsione del

coordinatore di ambito che in quasi tutte le zone ha saputo trascinare e coordinare i comuni su un

percorso nuovo. Al coordinatore di ambito è stato affiancato l’Ufficio di Piano composto dai

rappresentanti tecnici di tutti i comuni dell’ambito che hanno contribuito alla elaborazione del

piano e degli altri atti settoriali di progettazione dei servizi sociali. Superata la fase sperimentale

adesso si tratta di dare continuità e prospettiva all’organizzazione assistenziale con l’approvazione

dei piani sociali di zona 2005-2007 e nel contempo di porre e risolvere il problema di chi e come

gestire i servizi sociali delle zone intercomunali. Non c’è dubbio infatti che il sistema unitario di

pianificazione può essere gestito efficacemente ed unitariamente garantendo pari condizioni di

accesso a tutti i cittadini dell’ambito solo se il processo si evolve, come sta accadendo anche in

altre realtà, verso la creazione di un ente gestore unico per tutto la zona. Forse, questo sarà un

passaggio ancora più delicato dei precedenti perché ancor più del Piano di zona mette in

discussione l’autonomia e le consolidate certezze dei comuni partecipanti agli ambiti territoriali.

Ma è, a nostro avviso, un passaggio obbligato che potrà però essere sviluppato senza autoritarismi

regionali e con la necessaria gradualità. La soluzione migliore è quella di incentivare con risorse

aggiuntive regionali tale percorso.

28

Page 29: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Il processo di modernizzazione e di adeguamento dei servizi sociali ha bisogno del supporto di un

sistema informativo che possa sostenere le funzioni di pianificazione e di controllo. A questo

proposito con una serie di atti adottati fra il 2000 e il 2003 si è avviata la realizzazione di un

sistema informativo dei servizi sociali che ancora non è a regime almeno per quel che riguarda la

capacità di trasferire periodicamente al territorio i dati raccolti. A questo proposito è stato istituito

l’osservatorio regionale per le politiche sociali che ha lo scopo di conoscere i bisogni del territorio

così da disporre dei dati e delle informazioni necessari alla costruzione del sistema. Il sistema si

sviluppa e si fonda sull’impegno delle Province che attivano, come necessaria articolazione

dell’osservatorio regionale, la rete degli osservatori provinciali per la rilevazione dei bisogni e dei

servizi.

Il fatto che sia partito e si stia sviluppando un processo di modernizzazione e di integrazione del

sistema non garantisce però di per sé un miglioramento dei servizi erogati. La necessità di

includere nel sistema un numero sempre maggiore di soggetti privati, così come di rivedere il

ruolo e le funzioni di tutti i soggetti, pubblici e privati, per realizzare un welfare universalistico,

basato sulla collaborazione ed il pluralismo degli attori, evidenziano la necessità di prestare, in

generale, un’attenzione particolare alla qualità nella produzione dei servizi, come pure alla capacità

da parte del pubblico di autorizzare, accreditare e monitorare periodicamente i produttori privati dei

servizi.

Su questo fronte la regione Marche ha recentemente sviluppato uno sforzo rilevante che ha portato

all’approvazione della L.R. 20/2002 sul sistema di autorizzazione e di accreditamento delle

strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale. Il lavoro è poi proseguito con

l’elaborazione e l’approvazione dei relativi standard minimi strutturali, organizzativi e di personale

relativi all’autorizzazione delle strutture sociali e socio-sanitarie per anziani, per minori, per

disabili e per altre categorie. Occorre sottolineare che, subito dopo la provincia autonoma di

Trento, la regione Marche è stata la prima regione italiana ad approvare tale atto.

Oltre a questo le Marche hanno approvato recentemente la nuova legge sui servizi all’infanzia e per

il sostegno della genitorialità (L. R. n. 9/2003) che prevede, anche in questo caso, un nuovo

regolamento attuativo, già approvato, per la definizione degli standard minimi delle strutture e dei

servizi per questo settore.

Questi strumenti sono basilari, anche se non esaustivi, per garantire omogeneità di trattamento e

qualità dei servizi in tutto il territorio regionale.

Ritardi invece si registrano nella definizione di altri aspetti, pur previsti dalla L. 328/2000 come la

definizione dei criteri per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle

29

Page 30: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

prestazioni, il riordino delle IPAB e la definizione delle procedure per la presentazione dei reclami

da parte degli utenti delle prestazioni sociali.

In conclusione, si può affermare che la Regione Marche ha messo in campo un grande impegno per

la riforma del sistema del welfare sociale nel rispetto dei principi e delle indicazioni contenute nella

legge di riforma n. 328/2000. Questo ha portato all’adozione di una serie importante di atti (Cfr.

Tab. 7) che hanno attivato tutti i comuni delle Marche che nello spazio di pochi mesi hanno tutti

realizzato – a livello di ogni ambito territoriale – il primo piano sociale di zona. Il risultato è

decisamente apprezzabile anche se saranno i prossimi mesi a dirci, in sede di realizzazione del

nuovo sistema, se la nuova organizzazione saprà esprimere un livello più elevato di efficacia ed

efficienza del sistema soprattutto con i necessari sviluppi sul fronte gestionale.

Rimangono ancora da affrontare o da perfezionare taluni aspetti il principale dei quali è,

probabilmente, la mancanza di una legge organica di recepimento non formale della L. 328/2000

che metta insieme in modo armonico tutti i tasselli del sistema molti dei quali già definiti ed

affronti le tematiche ancora irrisolte (IPAB, livelli essenziali, ecc.). Inoltre occorre definire i criteri

organizzativi e le quote di partecipazione per i servizi socio-sanitari confermando o modificando

quanto stabilito a questo proposito dal Decreto sui LEA.

30

Page 31: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

4. UNA BUONA PRATICA DELL’AMBITO SOCIALE DI

ANCONA: IL “RAPPORTO SOCIALE 2002”

CRONACA DI UNA ESPERIENZA

I comuni delle Marche hanno cominciato a lavorare per la costruzione dei primi piani sociali di

zona dal mese di maggio del 2002. Il percorso è stato definito da una serie di atti regionali relativi:

1. al Piano regionale per un sistema integrato di interventi e servizi sociali 2000/2002;

2. all’istituzione di 24 ambiti territoriali per la redazione e la gestione dei piani sociali di zona;

3. alle linee guida per la predisposizione e l’approvazione dei piani di zona 2003.

Nella definizione degli ambiti territoriali la regione Marche ha identificato il Comune di Ancona

come ambito unicomunale diversamente da tutti gli altri ambiti territoriali che vedono invece la

presenza di più comuni.

Il Comune di Ancona ha cominciato a lavorare per la costruzione del Piano di zona nell’aprile del

2002 decidendo di dividere il lavoro da realizzare in due parti strettamente connesse ma

temporalmente separate nella rispettiva costruzione. Una prima parte relativa alla costruzione del

profilo sociale della comunità che poi ha assunto il nome di “Rapporto sociale 2002” a cui è stato

affidato il compito di comprendere meglio i bisogni assistenziali della popolazione anconetana e di

valutare l’attività e la rispondenza dei servizi e delle prestazioni assistenziali alle necessità della

popolazione ed una seconda parte, da realizzare appena completata questa, relativa alla definizione

della rete dei servizi socio-assistenziali della città di Ancona e che assume la denominazione

convenzionale di Piano sociale della città di Ancona. In realtà le due parti una volta completate

verranno aggregate come parti inscindibili di un unico progetto sociale tenuto anche conto che il

”Rapporto sociale 2002” rappresenta lo strumento di analisi indispensabile per passare

coerentemente alla fase della pianificazione dei servizi sociali.

A cosa serve il Rapporto sociale? Diverse sono le funzioni che svolge:

offre un quadro conoscitivo delle caratteristiche della popolazione residente nel territorio, delle

sue problematiche e dell’articolazione dei servizi e delle risorse presenti;

31

Page 32: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

effettua o permette l’avvio della valutazione dell’esistente per analizzare criticamente la

capacità del sistema dei servizi pubblici e privati di rispondere ai bisogni della popolazione

residente;

sostiene l’attività degli amministratori pubblici preparando l’azione programmatoria e ponendo

le condizioni per la verifica degli esiti delle scelte politiche metodologiche ed organizzative del

sistema integrato locale dei servizi sociali;

favorisce la trasparenza e la comunicazione nell’ambito della comunità locale offrendo

informazioni ai diversi portatori di interessi del territorio.

Il primo e più difficile lavoro è stato quello del reperimento dei dati e di tutti gli elementi utili per

conoscere ed interpretare la realtà sociale; dati relativi all’attività dei servizi sociali comunali e dei

soggetti del terzo settore presenti nel territorio, relativi ad altri uffici comunali e ad altri enti

pubblici (Istat, Inps, ASL, IACP, ecc.). I dati si sono dovuti cercare direttamente dato che il sistema

informativo regionale e provinciale dei servizi sociali è appena avviato ma in qualche modo è stato

facilitato dalla presenza dell’Osservatorio comunale sulle politiche sociali da poco istituito nel

comune di Ancona. Non si può però non rilevare che alcuni dati sono giunti anche 5 mesi dopo la

richiesta. Il lavoro di ricerca, di selezione e di trattamento dei dati è stato comunque un passaggio

utile (oltre che faticoso) perché ha permesso di definire i flussi informativi significativi per il lavoro

dei servizi sociali che, adesso, si attiveranno costantemente.

Il rapporto è stato costruito in modo non casuale sia nella definizione dei settori da indagare sia

nella costruzione dei singoli capitoli che ha seguito un identico schema. I settori trattati sono stati

tutti quelli che hanno una stretta rilevanza ai fini sociali comprese quindi, oltre alle tradizionali aree

di intervento delle politiche sociali, anche le politiche abitative, la previdenza, le attività socio-

sanitarie e la presenza del terzo settore (Cfr. Tab.8). Conclude il Rapporto un “Dizionario sociale”

che può rappresentare un utile ausilio sia per la lettura del Rapporto stesso sia per il lavoro degli

operatori.

Ogni capitolo esamina un’area di intervento sociale e lo fa presentando innanzi tutto il quadro

normativo e statistico di riferimento ricercando una ”possibile” misurazione degli elementi che

determinano la domanda di servizi e prestazioni socio-assistenziali. Nella seconda parte di ogni

capitolo si presenta un’analisi dei servizi sociali pubblici e privati che operano nel territorio

comunale. Ogni capitolo si chiude con una valutazione di sintesi sugli elementi di forza e di criticità

dell’attività assistenziale realizzata; questi contenuti distinguono il lavoro svolto da ogni altro di

tipo propagandistico e valorizzano anche l’Amministrazione comunale che ha condiviso la volontà

di pubblicare una valutazione critica in positivo ma anche in negativo dell’attività svolta nel settore

32

Page 33: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

sociale. Da questa ultima parte si potrà prendere utile spunto per la successiva realizzazione del

Piano sociale di ambito.

Tab. 8 – I contenuti del “Rapporto sociale 2002” di Ancona

Capitolo Argomento

1 Quadro socio-demografico

2 Invalidità e pensioni sociali nella città di Ancona

3 I distretti sociali

4 Famiglia, prima infanzia e minori

5 Gli anziani

6 I disabili

7 Il disagio psichico

8 L’immigrazione

9 Il disagio sociale (povertà, donne maltrattate, assistenza

post-penitenziaria, dipendenze, nomadi)

10 Politiche abitative

11 Il personale dei servizi sociali ed educativi

12 La spesa e l’entrata nel settore socio-assistenziale

13 L’attività socio-sanitaria della ASL 7

14 Il terzo settore

Appendice Dizionario sociale

I contenuti di ogni singolo capitolo

a Quadro di riferimento

b Offerta e analisi dei servizi

c Potenzialità e criticità

L’altro elemento caratteristico e di valore è costituito dal fatto che il Rapporto è stato realizzato da

un qualificato gruppo di operatori dei servizi sociali comunali e precisamente dai componenti

dell’Ufficio di piano sociale. Anche questa è stata una scelta voluta sia per mettere a frutto

l’esperienza degli operatori sia per mettere in condizione gli operatori sociali di valutare il lavoro

svolto e per identificare i possibili sbocchi futuri. Un percorso di responsabilizzazione e di

33

Page 34: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

maturazione che adesso (non così quando cominciammo) viene vissuto con legittimo orgoglio dagli

operatori coinvolti.

Il percorso di analisi e di ricerca che ha portato al primo Rapporto sociale della città di Ancona non

è stato vissuto come un percorso solitario di un gruppo di operatori sociali sostenuti dalla propria

Amministrazione ma come un processo di confronto con la realtà circostante e con i vari soggetti

che in essa vi operano. Il rapporto è anche frutto di un intenso percorso partecipativo che ha visto la

realizzazione di ben 14 incontri con gli operatori sociali pubblici e privati, con le organizzazioni del

terzo settore e con le organizzazioni sindacali che hanno positivamente contaminato il lavoro.

Il quadro sociale che si delinea con il “Rapporto sociale 2002” non è facilmente sintetizzabile.

Emerge però con forza che Ancona è una città anziana e vitale. Quasi un quarto di tutta la

popolazione è anziana e questa quota è in costante crescita ma da un paio di anni sono in aumento

anche le nascite e questo denota i caratteri di una città dinamica che sa rinnovarsi. L’altro tratto

caratteristico, accentuato dalla presenza di un porto assai attivo con gli altri paesi dell’Adriatico e

del Mediterraneo, è la significativa presenza dell’immigrazione, un’immigrazione anche di

passaggio e non assestata che esprime un bisogno assistenziale più rilevante di quello che il

semplice dato sulla presenza degli stranieri potrebbe far presumere.

Sul fronte dei servizi assistenziali presenti nel territorio di Ancona, il Rapporto ha evidenziato la

presenza di una rilevante rete di servizi pubblici e del terzo settore che toccano tutti i settori di

intervento. Le dimensioni sono notevoli se pensiamo che nel 2001, solo per fare qualche esempio,

sono stati erogati 18.000 pasti a chi ne aveva bisogno, 10.400 anconetani hanno beneficiato di

pensioni sociali e di invalidità, 7.700 persone hanno abitato in case popolari, 3.600 anziani e 813

disabili sono stati assistiti al domicilio e negli altri luoghi di vita, 411 bambini hanno fruito degli

asili nido, 240 ragazzi hanno svolto attività nei centri ricreativi e sono state supportate

economicamente ben 228 famiglie. Il Comune di Ancona in tutto questo ha svolto un ruolo

insostituibile mettendo in campo un intervento notevolissimo il cui costo è stato di circa 19,5

miliardi di vecchie lire (visto che ci riferiamo al 2001) a fronte di entrate specifiche pari a circa 8

miliardi con un intervento a totale carico del comune di Ancona pari a circa 11,5 miliardi.

Naturalmente questi dati esprimono anche l’idea di una società in movimento, con un peso

crescente delle problematiche familiari, prima ancora che individuali e a cui occorre saper far fronte

con servizi flessibili ed adeguati che vanno continuamente verificati ed anche modificati affinché

possano essere efficaci e presenti.

Il Rapporto ci pone in modo nuovo le problematiche sociali finora dominate dalla contrapposizione

inclusione/esclusione dei cittadini per proporci anche il tema della vulnerabilità sociale che

34

Page 35: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

coinvolge fasce significative della popolazione. Il problema naturalmente non è specifico della città

di Ancona ma più generale. L’aspetto riguarda l’impatto sulle condizioni di vita che produce il

processo di precarizzazione sociale cui sono soggette parti significative della popolazione delle

società avanzate. “La vulnerabilità sociale può essere definita come una situazione di vita

caratterizzata dall’inserimento precario nei canali di accesso alle risorse materiali fondamentali

(innanzi tutto il lavoro, ma anche i benefici erogati dal welfare state) e/o dalla fragilità del tessuto

relazionale di riferimento (la famiglia e le reti sociali territoriali)” (Ranci,2002). La vulnerabilità

sociale è un rischio e come tale va contrastato con politiche adeguate. Sino ad oggi i soggetti che

hanno maggiormente consentito che l’esposizione ai rischi sociali non si traducesse in disagio

sociale sono state le famiglie. Ne consegue un imperativo per una politica pubblica che voglia

ridurre l ’esposizione della popolazione ai nuovi rischi. Le politiche pubbliche devono pertanto

sostenere le due capacità familiari fondamentali:

quella di combinare diversi redditi;

quella di offrire cura ai soggetti bisognosi di assistenza.

Il “Rapporto sociale 2002”, che ha impegnato gli uffici comunali dei servizi sociali per circa 6 mesi

(da aprile a novembre 2002) nella redazione di un volume di 340 pagine, può essere richiesto

gratuitamente all’Osservatorio comunale politiche sociali del comune di Ancona o scaricato

direttamente dal sito internet al seguente indirizzo: www.comune.ancona.it/ .

35

Page 36: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Lo stesso gruppo di operatori che ha curato il “Rapporto sociale 2002” è

attualmente all’opera per la realizzazione del “Rapporto sociale 2004” la cui

stesura dovrebbe completarsi entro il mese di agosto 2004.

Per la redazione del “Rapporto sociale 2004” e dei suoi capitoli, gli operatori

comunali seguono delle linee guida che sono state predisposte dai Servizi sociali,

educativi e sanità del comune di Ancona nel mese di aprile 2004.

Tali “linee guida” vengono presentate nelle pagine seguenti.

36

Page 37: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

COMUNE DI ANCONASERVIZI SOCIALI, EDUCATIVI E SANITA’

RAPPORTO SOCIALE 2004SITUAZIONE ED ATTIVITA’ SOCIALE E SOCIO-SANITARIA

NELLA CITTA’ DI ANCONA

Linee guida per la redazione del Rapporto 2004

37

Page 38: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Ufficio di Piano – Ambito sociale di AnconaAprile 2004

SCHEMA DELL’INDICE

Indice

Prefazione (del Sindaco e dell’Assessore)

Introduzione …………………………………………………………………

Cap. 1. Quadro socio-economico e demografico ………………………………………1.1. Introduzione ………………………………………………………1.2. La popolazione residente nella città di Ancona ……………………1.3. l’occupazione nella città di Ancona1.4. Conclusioni…………………………………………………………

Cap. 2. La famiglia, 2.1. Quadro di riferimento ………………………………………………2.2. Offerta e analisi dei servizi…………………………………………2.3. Potenzialità e criticità ………………………………………………

Cap. 3. La prima infanzia 3.1. Quadro di riferimento ………………………………………………3.2. Offerta e analisi dei servizi…………………………………………3.3. Potenzialità e criticità ………………………………………………

Cap. 4. I minori………………………………4.1. Quadro di riferimento ………………………………………………4.2. Offerta e analisi dei servizi…………………………………………4.3. Le politiche giovanili4.4. L’ istruzione scolastica …………………………………………………4.5. Potenzialità e criticità

Cap. 5. Gli anziani ……………………………5.1. Quadro di riferimento ……………………………………………5.2. Offerta e analisi dei servizi ……………………………………5.3. Potenzialità e criticità ……………………………………………

Cap. 6. I disabili ………………………………………………………6.1. Quadro di riferimento ……………………………………………6.2. Analisi e offerta dei servizi ………………………………………6.3. L’inserimento lavorativo dei disabili6.4. Potenzialità e criticità ……………………………………………

38

Page 39: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Cap. 7. Disagio psichico…………………………………………………7.1. Quadro di riferimento ……………………………………………7.2. Offerta e analisi dei servizi ……………………………………… 7.3. I suicidi …………………………………………………………… 7.4. Potenzialità e criticità ……………………………………………

Cap. 8. L’immigrazione…………………………………………………… 8.1. Quadro di riferimento …………………………………………… 8.2. Offerta e analisi dei servizi ……………………………………… 8.3. Potenzialità e criticità ……………………………………………

Cap. 9. Disagio sociale ………………………………………………… 9.1. Povertà: quadro di riferimento, offerta e analisi dei servizi, potenzialità e criticità9.2. Donne che hanno subito violenza………………………………… 9.3. Assistenza penitenziaria e post-penitenziaria : quadro di riferimento, offerta e analisi dei servizi, potenzialità e criticità9.4 . Dipendenze : quadro di riferimento, offerta e analisi dei servizi, potenzialità e criticità 9.5. Nomadi : quadro di riferimento, offerta e analisi dei servizi, potenzialità e criticità

Cap. 10. Il distretto sociale …………………………………………………10.1. Quadro di riferimento ………………………………………………10.2. Offerta e analisi dei servizi…………………………………………10.3. Potenzialità e criticità ………………………………………………

Cap. 11. Le politiche abitative ……………………………………………… 11.1. Quadro di riferimento …………………………………………… 11.2. Analisi e offerta dei servizi ……………………………………… 11.3. Potenzialità e criticità ……………………………………………

Cap. 12. Il personale dei servizi sociali ed educativi…………………… 12.1. Il personale dei servizi sociali ed educativi ……………………… 12.2. Formazione e aggiornamento professionale……………………… 12.3. Potenzialità e criticità ……………………………………………

Cap. 13. La spesa e l’entrata nel settore socio assistenziale…………… 13.1. I dati del consuntivo 2001………………………………………… 13.2. Potenzialità e criticità ……………………………………………

Cap. 14. L’attività socio-sanitaria della Zona territoriale 7 (ex ASL 7) 14.1. Quadro di riferimento …………………………………………… 14.2. Offerta e analisi dei servizi ……………………………………… 14.3. Potenzialità e criticità ……………………………………………

Cap. 15. Igiene e tutela della salute umana ed animale

Cap. 16. Invalidità e pensioni sociali nella città di Ancona ……………15.1. Introduzione ………………………………………………………15.2. Pensioni sociali e di invalidita’ in Ancona …………………………

Cap. 17. Terzo settore …………………………………………………… 16.1. Le associazioni di volontariato …………………………………

39

Page 40: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

16.2. Le cooperative sociali …………………………………………… 16.3. Onlus………………………………………………………………

Cap. 18. Dizionario sociale ………………………………………………

NOTE ILLUSTRATIVE PER IL REPORT

Indicazioni generali:

1. DATI RIFERITI AL 2003 O ALL’ANNO PIU’ RECENTE DISPONIBILE;

2. LE TABELLE DEVONO RICERCARE DUE INFORMAZIONI: A) LE TENDENZE NEL TEMPO DEI FENOMENI;B) LA COMPARAZIONE CON REALTA’ PIU’ VASTE (PER ESEMPIO, REGIONE, NAZIONE).

3. COORDINAMENTO (nome operatore)

4. SUPPORTO TECNICO (nome operatore)

5. TEMPI DI REDAZIONE: CONSEGNA DEI CAPITOLI ENTRO GIUGNO 2004, CORREZIONI ED INTEGRAZIONI ENTRO LUGLIO 2004, STESURA DEFINITIVA ENTRO AGOSTO 2004.

6. LO SCHEMA DEI VARI CAPITOLI RIMANE LO STESSO DEL RAPPORTO 2002: QUADRO DI RIFERIMENTO, OFFERTA E ANALISI DEI SERVIZI, POTENZIALITA’ E CRITICITA’. I SINGOLI PARAGRAFI VANNO COSTRUITI SEGUENDO LA FALSARIGA DEL RAPPORTO 2002. Vedi INDICE e INDICAZIONI SPECIFICHE PER I SINGOLI CAPITOLI.

7. NELLA REDAZIONE DEI CAPITOLI OCCORRE RICERCARE LA PIU’ AMPIA COLLABORAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI COLLEGHI-COLLABORATORI. NON DEVE ESSERE SOLO IL LAVORO DEI RESPONSABILI DI SETTORE.

40

Page 41: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

8. IMPAGINAZIONE: UTILIZZARE I FILE (GIA’ INVIATI) DEL RAPPORTO DEL 2002 E SEGUIRE LA STESSA DISTRIBUZIONE. IL PRO-MEMORIA PER L’IMPAGINAZIONE E’ COMUNQUE RIPORTATO IN ALLEGATO NELLEPRESENTI LINEE GUIDA.

9. RILEGGERE IL TESTO PRIMA DELLA SUA CONSEGNA. I CAPITOLI CONSEGNATI PER IL RAPPORTO 2002 ERANO SPESSO PRIVI DI PUNTEGGIATURA E, A VOLTE, POCO CURATI.

Indicazioni specifiche per i singoli capitoli:

Prefazione (del Sindaco e dell’Assessore)

Introduzione (referente ………) (Perché il report, il percorso, la sintesi del report)

1. Quadro socio-economico e demografico (referente ………)1.1. Introduzione 1.2. La popolazione residente nella città di Ancona 1.3. l’occupazione nella città di Ancona1.4. Conclusioni

Riprendere ed aggiornare il quadro del Rapporto 2002 valutando se spostare alcune tabelle nei capitoli specifici. Aggiungere un breve quadro della situazione economica ed occupazionale cittadina (Descrizione delle caratteristiche socio-demografiche della popolazione di Ancona, Popolazione complessiva e trend della popolazione, popolazione per distretto, maschi e femmine, popolazione per fasce di età, tasso di natalità, tasso di mortalità, saldo naturale, tasso di incremento migratorio, confronti con dati regionali e nazionali, indice di vecchiaia, indice di dipendenza dei giovani, indice di dipendenza degli anziani, indice di struttura della popolazione attiva)

2. La famiglia (referente ………..)2.1. Quadro di riferimento (Nel quadro di riferimento vanno riportati i dati demografici specifici e tutte quelle informazioni atte a comprendere il settore e le sue necessità. In particolare le valutazioni devono tendere ad interpretare la situazione sociale cittadina e le domande emergenti. Opportuni sono i collegamenti con la realtà regionale e nazionale. Norme, regolamenti e accordi (nazionali, regionali e comunali) vanno citati se recenti e se incidono nel settore).2.2. Offerta e analisi dei servizi 2.3. Potenzialità e criticità (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

41

Page 42: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

3. La prima infanzia (referenti ………………………)3.1. Quadro di riferimento (Nel quadro di riferimento vanno riportati i dati demografici specifici e tutte quelle informazioni atte a comprendere il settore e le sue necessità. In particolare le valutazioni devono tendere ad interpretare la situazione sociale cittadina e le domande emergenti. Opportuni sono i collegamenti con la realtà regionale e nazionale. Norme, regolamenti e accordi (nazionali, regionali e comunali) vanno citati se recenti e se incidono nel settore).3.2. Offerta e analisi dei servizi3.3. Potenzialità e criticità (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

4. I minori (referenti …………………………)4.1. Quadro di riferimento (Nel quadro di riferimento vanno riportati i dati demografici specifici e tutte quelle informazioni atte a comprendere il settore e le sue necessità. In particolare le valutazioni devono tendere ad interpretare la situazione sociale cittadina e le domande emergenti. Opportuni sono i collegamenti con la realtà regionale e nazionale. Norme, regolamenti e accordi (nazionali, regionali e comunali) vanno citati se recenti e se incidono nel settore).4.2. Offerta e analisi dei servizi4.3. Le politiche giovanili (referente ………)4.4. L’istruzione scolastica (referente ……….)4.5. Potenzialità e criticità (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

5. Gli anziani (referente ……………)5.1. Quadro di riferimento (Nel quadro di riferimento vanno riportati i dati demografici specifici e tutte quelle informazioni atte a comprendere il settore e le sue necessità. In particolare le valutazioni devono tendere ad interpretare la situazione sociale cittadina e le domande emergenti. Opportuni sono i collegamenti con la realtà regionale e nazionale. Norme, regolamenti e accordi (nazionali, regionali e comunali) vanno citati se recenti e se incidono nel settore).5.2. Offerta e analisi dei servizi5.3. Potenzialità e criticità (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

6. I disabili (referente ……………)6.1. Quadro di riferimento (Nel quadro di riferimento vanno riportati i dati demografici specifici e tutte quelle informazioni atte a comprendere il settore e le sue necessità. In particolare le valutazioni devono tendere ad interpretare la situazione sociale cittadina e le domande emergenti. Opportuni sono i collegamenti con la realtà regionale e nazionale. Norme, regolamenti e accordi (nazionali, regionali e comunali) vanno citati se recenti e se incidono nel settore).6.2. Offerta e analisi dei servizi6.3. L’inserimento lavorativo dei disabili (referente ………………)

42

Page 43: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

6.4. Potenzialità e criticità (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

7. Disagio psichico (referente ……………)7.1. Quadro di riferimento (Nel quadro di riferimento vanno riportati i dati demografici specifici e tutte quelle informazioni atte a comprendere il settore e le sue necessità. In particolare le valutazioni devono tendere ad interpretare la situazione sociale cittadina e le domande emergenti. Opportuni sono i collegamenti con la realtà regionale e nazionale. Norme, regolamenti e accordi (nazionali, regionali e comunali) vanno citati se recenti e se incidono nel settore).7.2. Offerta e analisi dei servizi7.3. I suicidi7.4. Potenzialità e criticità (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

8. L’immigrazione (referente …………..)8.1. Quadro di riferimento (Nel quadro di riferimento vanno riportati i dati demografici specifici e tutte quelle informazioni atte a comprendere il settore e le sue necessità. In particolare le valutazioni devono tendere ad interpretare la situazione sociale cittadina e le domande emergenti. Opportuni sono i collegamenti con la realtà regionale e nazionale. Norme, regolamenti e accordi (nazionali, regionali e comunali) vanno citati se recenti e se incidono nel settore).8.2. Offerta e analisi dei servizi8.3. Potenzialità e criticità del settore assistenziale (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

9. Disagio sociale (referenti ………………………………………….) 10.9.1. Povertà: quadro di riferimento, offerta e analisi dei servizi, potenzialità e

criticità (referenti ………………………)9.2. Donne che hanno subito violenza (referenti ……………..)9.3. Assistenza penitenziaria e post-penitenziaria: quadro di riferimento, offerta e analisi dei servizi, potenzialità e criticità (referenti ……………)9.1. Dipendenze: quadro di riferimento, offerta e analisi dei servizi, potenzialità e criticità (referenti ……………………………)9.1. Nomadi: quadro di riferimento, offerta e analisi dei servizi, potenzialità e criticità (referenti ……………………………)(Nel quadro di riferimento vanno riportati i dati demografici specifici e tutte quelle

informazioni atte a comprendere il settore e le sue necessità. In particolare le valutazioni devono tendere ad interpretare la situazione sociale cittadina e le domande emergenti. Opportuni sono i collegamenti con la realtà regionale e nazionale. Norme, regolamenti e accordi (nazionali, regionali e comunali) vanno citati se recenti e se incidono nel settore.

43

Page 44: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Nelle potenzialità e criticità va inserita una valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

10. Il distretto sociale (referente ……………..)10.1. Quadro di riferimento (Nel quadro di riferimento vanno riportati i dati demografici specifici e tutte quelle informazioni atte a comprendere il settore e le sue necessità. In particolare le valutazioni devono tendere ad interpretare la situazione sociale cittadina e le domande emergenti. Opportuni sono i collegamenti con la realtà regionale e nazionale. Norme, regolamenti e accordi (nazionali, regionali e comunali) vanno citati se recenti e se incidono nel settore).10.2. Offerta e analisi dei servizi10.3. Potenzialità e criticità del settore assistenziale (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

11. Le politiche abitative (referenti …………………………)11.1. Quadro di riferimento (Nel quadro di riferimento vanno riportati i dati demografici specifici e tutte quelle informazioni atte a comprendere il settore e le sue necessità. In particolare le valutazioni devono tendere ad interpretare la situazione sociale cittadina e le domande emergenti. Opportuni sono i collegamenti con la realtà regionale e nazionale. Norme, regolamenti e accordi (nazionali, regionali e comunali) vanno citati se recenti e se incidono nel settore).11.2. Offerta e analisi dei servizi11.3. Potenzialità e criticità (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

12. Il personale dei servizi sociali, educativi e sanità (referente ………………..)a. Dotazione di operatori nei servizib. Formazione e aggiornamento professionale (referente ………………)c. Potenzialità e criticità (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli

aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

2. La spesa e l’entrata nel settore socio-assistenziale (referente ………………)a. La spesa e l’entrata complessiva b. La spesa e l’entrata per settoric. Potenzialità e criticità (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli

aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

3. L’attività socio-sanitaria della ASL 7 (referente ………….)

44

Page 45: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

14.1. Quadro di riferimento (Nel quadro di riferimento vanno riportati i dati demografici specifici e tutte quelle informazioni atte a comprendere il settore e le sue necessità. In particolare le valutazioni devono tendere ad interpretare la situazione sociale cittadina e le domande emergenti. Opportuni sono i collegamenti con la realtà regionale e nazionale. Norme, regolamenti e accordi (nazionali, regionali e comunali) vanno citati se recenti e se incidono nel settore).11.2. Offerta e analisi dei servizi11.3. Potenzialità e criticità (breve valutazione di sintesi in cui si evidenziano sia gli aspetti positivi sia gli aspetti che meritano un approfondimento o un intervento in vista di possibili miglioramenti dei servizi erogati o di modalità di funzionamento).

15. Igiene e tutela della salute umana ed animale (referenti ……………..) 16. Invalidità e pensioni nella città di Ancona (referente ……………….)

(numero invalidi e numero pensioni per relativa tipologia, con particolare riferimento a tutte quelle erogazioni previdenziali-assistenziali di sostegno alla disabilità e di garanzia di un reddito minimo. Reperire i dati sulle indennità di accompagno nella città di Ancona e sulle provvidenze previdenziali erogate a ciechi e sordi).

17. Il terzo settore (referente ………….)16.1. Le associazioni di volontariato16.2. le cooperative sociali16.3. Le Onlus

18. Sintesi prospettica (da inserire se possibile)

19. dizionario sociale (referente ……………)

45

Page 46: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Come impaginare il “Rapporto sociale” in formato “libro”

1. Impostazione della paginaL’impostazione della pagina sul computer dovrà essere la seguente:formato A4 (cm 21x29,7);

scegliere Imposta pagina-Dimensioni dal menu File:margine superiore cm 4,0; inferiore cm 4,0; sinistro cm 3,0; destro cm 3,0;intestazione: cm 0;pié di pagina: cm 3,0;rilegatura: 0.

L’Indice, la Prefazione e l Introduzione o altre parti introduttive avranno inizio sempre in pagina dispari. Anche il primo capitolo partirà su pagina dispari, mentre gli altri capitoli possono iniziare indifferentemente su pagina pari o su pagina dispari.

2. Caratteri, corpi (dimensione del carattere) e interlineaSi suggeriscono i seguenti corpi:

titolo capitolo: corpo 18 nero Times New Roman Interlinea “singola”. Non mettere mai il punto alla fine del titolo del capitolo, così come alla fine dei titoli del paragrafi, sottoparagrafi, didascalie delle figure/tabelle;

titoli paragrafi: corpo 14 nero Times New Roman; titoli sottoparagrafi: corpo 12 nero Times New Roman; titoli sotto-sottoparagrafi: corpo 12 corsivo Times New Roman;

testo: corpo 12 Times New Roman interlinea “esatta 13 pt”;

tabelle, letterizzazione figure: di norma in corpo 10 Times New Roman. Nei grafici può essere utilizzato anche un corpo maggiore o minore quando si vogliono evidenziare singole parole o quando è necessario per stare nella larghezza della pagina. La didascalia della tabella/figura va fatta in c. 10 nero.

appendici, glossario, bibliografia: corpo 10 Times New Roman interlinea “esatta 11 pt”;

numero pagina: centrato in basso nella pagina in Times New Roman corpo 10 corsivo;

46

Page 47: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

elencazioni in punti: rientrare di cm 0,6.

3. Spazi bianchiPeriodi: La prima riga di ogni periodo, deve rientrare, come in questa digitazione, di 5 mm (il

rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima riga”, “Rientra di”).

Titolo capitolo: non centrarli sulla pagina ma allinearli a sinistra. La distanzatra il titolo, se è di una riga, e il testo o il titolo del paragrafo è di 10 spazi in corpo 11 interlinea

13. Il numero di spazi sarà ridotto a scalare se il numero delle righe del titolo è superiore.

Titoli paragrafi, sottoparagrafi e sotto-sottoparagrafi e altri titoli o parole in evidenza su riga a sé: lasciare 2 righe bianche nell’interlinea adottata (13 pt) prima di digitarli e ancora una seconda riga bianca dopo averli digitati. Se il titolo finisse a fine pagina spostarlo alla pagina successiva aumentando il numero di righe bianche (di norma una o due sono sufficienti). Anche i titoli dei paragrafi, sottoparagrafi, ecc. sono allineati a sinistra, senza rientrare di cm 0,5.

Righe vedove e righe orfane. Sono così dette la prima riga o l’ultima di un periodo quando (nel primo caso) rimangono sole alla fine di una pagina o (secondo caso) sole all’inizio di una nuova pagina. I programmi più recenti provvedono automaticamente alla correzione di questa anomalia impostando “formato” “paragrafo” “distribuzione testo” “controlla righe iso-late”.

Spazi bianchi all’inizio della pagina: eliminarli sempre.

4. Maiuscole e controllo ortografico

Evitare il più possibile le maiuscole di rispetto. evitare il più possibile l’uso del maiuscolo.Passare sempre il testo con il controllo ortografico del programma: consente di evitare errori

specie negli accenti, anche se dà la sicurezza di eliminare tutti gli errori. Evidenzia invece in diversi casi gli errori nella digitazione degli spazi (ad es. lo spazio dopo l’apostrofo ma non tra una parola e il segno di punteggiatura o un doppio spazio).

5. SillabazioneEffettuare sempre la sillabazione del testo (comandi “strumenti” “lingua” “sillabazione” “sillaba

automaticamente documento”.

6. Altre “regole”• Bibliografia: seguire i criteri standard internazionali:. titoli dei periodici e dei libri in corsivo senza virgolette inglesi;. titoli degli articoli tra “virgolette inglesi”;. nome autore: nel testo il cognome dell’autore va preceduto, quando citato, dal nome; nella

bibliografia alla fine del capitolo o del libro e nelle citazioni bibliografiche in nota mettere sempre prima il cognome.

Se l’opera citata ha più autori, mettere prima il cognome del primo autore e lasciare, se lo si desidera, prima il nome per gli altri autori. Non mettere la virgola tra il cognome e il nome dell’autore ma solo (nel caso di più autori) tra il primo autore e quelli successivi digitando preferibilmente una “e” prima del nome dell’ultimo auto-re. Quando il nome proprio dell’autore non è riportato per esteso ed è composto da due o più lettere iniziali (es. G. C. Trentini) spaziare tra una sigla e l’altra;

47

Page 48: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

. data di pubblicazione: preferibilmente, metterla tra parentesi dopo il nome. Può essere messa anche alla fine: per i libri dopo il luogo di pubblicazione, divisa da una virgola; per gli articoli dopo il nome della rivista o dopo il numero del fascicolo, sempre divisa da una virgola.

.editore: metterlo solo per i volumi, dopo il titolo, separato da questo da una virgola. Mettere, quindi, sempre dopo una virgola, il luogo di pubblicazione;

.nelle bibliografie, non rientrare la prima riga di ogni titolo elencato e rientrare di 0,5 cm le eventuali righe successive alla prima.

Esempi:Henry J. C. e Bolton M. M. (1991), “Time and outcome evaluation”, Journal of Business, 55: 54-

62.Mooney H. (1950), Explorations in the world, Oxford University Press, New York.

Parole sottolineate: non farle. Comporle normalmente in neretto tondo o, se il neretto tondo è già stato molto usato, in neretto corsivo, se si vuole differenziarle; in corsivo chiaro, se si desidera dare minore enfasi.

Punti (elencazioni di): quando l’elencazione è preceduta da una frase che finisce con due punti, fare minuscola la prima parola di ogni punto e mettere il punto e virgola alla fine di ogni singolo punto. Quando invece la frase che precede l’elencazione finisce con il punto, fare maiuscola l’iniziale della prima parola e mettere il punto dopo l’ultima parola.

48

Page 49: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Bibliografia e riferimenti normativi

Associazione Nuovo Welfare, Il lungo cammino della riforma, Roma, 2002.

ASSR, Differenze ma anche strategie comuni nelle normative regionali, Monitor n.6/2003

ASSR, Due modelli molto trendy: la Fondazione e il Project-Finance, Monitor, n.3/2003.

Battistella A., “Piani di zona: e ora?”, Prospettive sociali e sanitarie, 8, 2003.

Comune di Ancona, Rapporto sociale 2002, Ancona, 2002.

De Ambrogio U., “Il processo di costruzione dei Piani di zona sperimentali in Emilia

Romagna”, Prospettive sociali e sanitarie, 6, 2003.

D. Lgs 18/8/2000, n. 267: “Testo unico degli enti locali”.

Il Sole 24 ore sanità, “Distretti d’Italia in passerella: quanti, chi, cosa”, 18-24 marzo 2003,

pag.10.

Legge 8 novembre 2000, n. 328: “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di

interventi e servizi sociali”.

Ministero della Salute, Attività gestionali ed economiche delle ASL e aziende ospedaliere nel

2000, Roma, 2001.

Montanelli R. e Parente C., La scelta della forma di gestione per i servizi sociali: i quesiti

strategici e le possibili soluzioni, in Longo F. (a cura di), “Servizi sociali: assetti istituzionali e

forme di gestione”, EGEA, Milano, 2000.

Pesaresi F., La governance dei Piani sociali di zona, in “Prospettive sociali e sanitarie”,

n.20/2003.

Pesaresi F., L’applicazione della legge 328: un primo bilancio, Servizi sociali Oggi, n. 3/2004.

Ranci C., Le nuove disuguaglianze sociali in Italia, Bologna, Il Mulino, 2002.

Regione Campania, Linee guida per la programmazione sociale 2003 e per il consolidamento

del sistema di welfare della regione Campania, gen-2003.

Regione Marche: D.C.R. 1 marzo 2000, n. 306: “Piano regionale per un sistema integrato di

interventi e servizi sociali 2000-2003”;

49

Page 50: Applicazione 328 - WELFARE  · Web viewGli anglosassoni, infatti, ... di 5 mm (il rientro è regolato in Word con i comandi “Formato”, “Paragrafo”, “Speciale”, “Prima

Franco Pesaresi

Regione Marche: D.G.R. 19 marzo 2002, n. 592: “Deliberazione amministrativa n. 306/2000:

Piano regionale per un sistema integrato di interventi e servizi sociali – Modifica alla DGR

n.337/2001 – Istituzione degli ambiti territoriali”;

Regione Marche: D.G.R. 12 novembre 2002, n. 1968: “Approvazione delle linee guida per la

predisposizione e l’approvazione dei piani di zona 2003”.

Regione Molise: L.R. 7/1/2000, n. 1: “Riordino delle attività socio-assistenziali e istituzione di

un sistema di protezione sociale e dei diritti sociali di cittadinanza”.

Regione Sicilia: Indice ragionato per la stesura del Piano di zona. Allegato tecnico-operativo al

piano socio-sanitario della Regione Siciliana, 14/3/2003.

Regione Toscana, Orientamenti per la concertazione, la programmazione e le scelte

organizzativo gestionali per il piano di zona 2002-2004, ott-2002.

50