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anno LXXXV - numero 1 numero 1 gennaio 2011 Periodico della Parrocchia di San Giovanni Battista in Monza Poste Italiane Spa - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2, DCB Milano il duomo il duomo gennaio.qxp:Layout 1 21-01-2011 16:14 Pagina 1

anno LXXXV - numero 1 gennaio 2011 ilduomo · no vivendo la fatica dell’incontro, del dialogo, dell’accompagnamento con il mondo giovanile e stiamo attuando ... te che è bene

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anno LXXXV - numero 1numero 1 gennaio 2011

Periodico della Parrocchia di San Giovanni Battista in MonzaPoste Italiane Spa - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2, DCB Milano

ilduomo

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il duomo

Un nuovo anno di lavoro nel “terreno buono” della nostra città [don Silvano Provasi]

Cronaca di Dicembre [Elena Picco]

La leggenda del teatro all’oratorio [Andrea Valagussa]

Un presepe in famiglia [Luigi Scarlino]

Beata Suor Alfonsa Clerici, “luce di carità”

Libertà religiosa via per la pace [Fabrizio Annaro]

Il nuovo leggìo: stile e tradizione [Roberto Canesi]

Cappella Zavattari: il restauro continua... [Ana Lucchini]

“S. Carlo promuove la scuola della dottrina cristiana” (3) [Can. Claudio Fontana]

San Carlo a Monza [Carlina Mariani]

Il rito della penitenza cristiana i momenti del sacramento (7) [don Pierpaolo Caspani]

I profeti nel popolo di Dio [don Raimondo Riva]

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Don Silvano Provasi, don Raimondo Riva, Fabio Cavaglià, Giovanni Confalonieri, Cinefoto Mario Farina,

Nanda Menconi, Sonia Orsi, Federico Pirola, Marina Seregni, Gioia Sorteni, Sarah Valtolina.

Un grazie particolare a chi distribuisce “Il duomo”: Carla Baccanti, Simona Becchio, Giorgio Brenna, Gloria

Bruletti, Enrica Calzoni, Roberto Canesi, Rita Fogar, Josetta Grosso, Laura Maggi, Paola Mariani,

Stefania Mingozzi, Luigi Motta, Teresina Motta, Andrea Picco, Carla Pini, Annina Putzu, Livio Stucchi,

Silvia Stucchi, Chicca Tagliabue, Marisa Tagliabue, Carla Galimberti, Mariuccia Villa, Bruna Vimercati,

Anna Maria Montrasio.

Hanno collaborato

In copertina: Il duomo innevato

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Attraversando Monza, come tante altre città, si sperimenta la fatica e la speranza di incontrare, gestire, sopporta-re ed affrontare (talvolta lamentandosi...) i diversi cantieri in azione (o immobilizzati) sul territorio. Il nostroArcivescovo Dionigi ci ha invitati, nel suo messaggio nella festa del patrono S. Ambrogio, a leggere ed affrontarealcuni “cantieri sociali”, “cantieri laboriosi e creativi che possano orientare le forze e gli spiriti per superare laframmentazione sociale e spazzare via quel sentimento di diffusa depressione che spesso si respira in città...”.L’immagine del cantiere sta assumendo una forte dimensione simbolica nella nostra vita sociale e politica.Ogni cantiere invita immediatamente a pensare al futuro e al bene essenziale del lavoro umano. E’ richiamo, tal-volta più evidente e altre volte meno, al desiderio di una qualità di vita e di progresso legata al nuovo, alla sapien-te ristrutturazione di un bene che richiama la storia e la vita della nostra città. Altre volte emerge il dubbio,soprattutto quando si ha l’impressione di trovarci davanti ad un segno, evidente o spudoratamente camuffato, dellaprepotenza del solo profitto o di un’insipiente e miope progettualità, ripiegata solo sull’effimero e sull’appariscen-te, con la conseguente impressione di un respiro corto ed affannoso che fatica a misurarsi con la complessità deltempo.Un veloce sguardo sui cantieri sociali della nostra città ci può portare, all’inizio di un nuovo anno, ad alcune ini-ziali considerazioni riguardo a quel “terreno buono” che, anche nella nostra città, potrebbe far sorgere ener-gie progettuali e d’impegno sociale capaci di rinnovare il volto ed il cuore di Monza e delle diverse comunità ope-ranti in essa. Pur esprimendo segni evidenti, come tante città italiane, d’invecchiamento demografico è però luogodi forte e significativa concentrazione di scuole d’ogni grado e qualità formativa e educativa. Anche inostri ambienti ecclesiali, parrocchie, oratori, collegi, società sportive, associazioni e gruppi di volontariato stan-no vivendo la fatica dell’incontro, del dialogo, dell’accompagnamento con il mondo giovanile e stiamo attuandouna riforma organizzativa che forse sembra muoversi con fatica ed affanno, ma è riforma epocale che non può risol-versi solo con qualche buona idea o evento accattivante. Sacerdoti, genitori, educatori, insegnati, animatori in ogniambito siamo chiamati più che mai a superare la semplice mentalità autogratificante del proprio dovere ben ese-guito, lasciando ad altri (chissà chi...) il compito di fare sintesi e magicamente costruire un futuro migliore.E’ necessario coniugare sempre, nel lavoro sociale, la ricerca del bene, del benessere e della felicità con l’at-tenzione alle fragilità che, nella nostra società, si confondono e s’intrecciano facilmente con l’apparente starbene, non avere problemi, sentirsi autonomi ed efficienti. E’ forse più facile oggi emarginare le fragilità economi-che, psicologiche, sociali, lavorative, sanitarie e delegarle agli specialisti, con la sensazione liberante e gratifican-te che è bene lavorare soprattutto per eccellere sulla competitività del benessere e dell’apparire sempre all’altezzasu tutto e nei confronti di tutti.Spesso la mentalità brianzola ci ha portati a ritenere che si lavora meglio in pochi e senza troppe parole o pretese.Stiamo però sperimentando sempre più che alcuni urgenti problemi sociali e politici si possono solo affrontare erisolvere superando l’attuale frammentazione che porta solo e sempre a cercare un colpevole, un nemico da com-battere più che piegarsi, con intelligenza e passione, a cercare la terapia adeguata.Non bisogna mai stancarci di operare per suscitare opportunità dalle quali scaturiscano forme sempre più maturee convincenti di corresponsabilità per meglio stimolare quella generosità che, in varie forme ed ambiti è unadelle tradizioni più nobili anche della nostra città, tradizione che però può facilmente spegnersi se non è accom-pagnata da fiducia, stima e rinnovata gratitudine reciproca.Ogni terreno umano e sociale può essere opportunamente coltivato, ci richiama il nostro Arcivescovo con le paro-le di S. Ambrogio, solo se diventa prioritario in noi la necessità e l’urgenza di coltivare anzitutto l’interiorità:«La tua ricchezza è la tua coscienza; il tuo oro è il tuo cuore... Custodisci l’uomo che è dentro di te. Non trascu-rarlo, non averlo a noia come se non avesse valore, perché è un possesso prezioso»Accogliamo questo invito di S. Ambrogio, unendolo all’impegno, discreto e perseverante, di portare speranza nellesituazioni più difficili di vita, così da attuare il miracolo di trasformare situazioni di disagio e di possibile minac-cia in ulteriori risorse per la nostra città.

Un nuovo anno di lavoronel “terreno buono”della nostra città

il duomo lettera dell’Arciprete

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Proprio al limita-re dell’anno,quando le giorna-te si fanno piùcorte e buie, arri-va il Natale, festacristiana checoinvolge anche inon credenti.D’altronde i valo-ri che costituisco-no la trama dibuone relazioniumane, l’amici-zia, l’amore, lafraternità, sonocosì legati a que-sto giorno da ren-derlo una festaper tutti.Anticamente, al 25 dicembre cadeva la festaromana del “sole invitto”, giorno in cui ilsole termina il suo progressivo declinareall’orizzonte e ricomincia a salire in alto nelcielo, incrementando la luce giornaliera.Evento naturale, questo, particolarmenteevocativo per i cristiani che a Natale rivivo-no la nascita di Gesù, “luce che risplendeper quelli che stanno nelle tenebre” e capa-ce di riaccendere la speranza anche neicuori sfiduciati.Mi ha colpito, quest’anno, la partecipazio-ne dei fedeli, partecipazione personale enello stesso tempo corale, alle celebrazionidel Natale, in particolare quelle della vigi-lia, di mezzanotte e la messa solenne diNatale: tante famiglie con bambini al segui-to, numerosi i giovani, Duomo gremito.Una partecipazione folta, come sempred’altronde, ma anche attenta, silenziosa,quasi ci fosse il desiderio forte di far silen-zio in se stessi, di far tacere le tante vocicontraddittorie che creano disorientamento

interiore per ascoltare quell’unica vocecapace di portare pace e gioia. Luce cheviene a illuminare il mondo …

Alcune proposte accompagnano l’ultimotratto del percorso in preparazione delNatale:

Lunedi’ 13 dicembre:Nella chiesa di S. Pietro martire si svol-ge una veglia di preghiera organizzatadalla Caritas cittadina.Viene riproposta la luminosa testimo-nianza di sr. Alfonsa Clerici, religiosadelle Suore del Preziosissimo Sanguedi Monza, proclamata beata nel mesedi ottobre.La sua vita, dedicata all’insegnamentoe ai poveri, è stata un esempio di umil-tà e pazienza, di carità e di affidamentototale alla Provvidenza, esempio checontribuì al rinnovamento spirituale ededucativo della sua comunità “da riforma-re, ma non da disperdere”.

Cronaca di Dicembre

Elena Picco

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Giovedi’ 16 dicem-bre: inizia la novenadi NataleAlle ore 7, in cripta,studenti e adulti ini-ziano la giornata pre-gando insieme: allalettura del salmosegue quella di unapagina del Vangelo,commentata a turnoda don Silvano, donDino e don Alessio, edi alcune intenzionidi preghiera. Poi,veloce colazione inoratorio e di corsa verso i rispettivi luo-ghi di studio e lavoro.

Alle ore 17 in Duomo si svolge laNovena per i bambini accompagnatianche da qualche genitore e nonno:canto e preghiera si alternano ad alcunispunti di meditazione sugli aspetti piùrappresentativi del Natale: la stella, laluce, l’editto..). Nessuno di questi segniè banale o casuale, semplice coreogra-fia del presepe, ma ognuno nascondein sé un preciso significato che ci aiutaa crescere nella fede. Allora ogni prese-pe, guardato con questi occhi, è capacedi parlare al cuore di bambini e adulti.

Venerdi’ 17 dicembreIn cripta, alle 21, si svolge un momentodi preghiera in preparazione del Natale peri fidanzati che iniziano il cammino dipreparazione al matrimonio. E’ unaproposta che affianca agli incontri clas-sici, previsti in gennaio e febbraio, alcu-ni momenti di preghiera e di condivi-sione che offrono l’opportunità di sco-prire il volto della Chiesa attraverso lavita della nostra comunità, le diverseattività educative e caritative, lo stile diattenzione reciproca nelle famiglie.

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Domenica 19 dicembreDurante la messa delle 9.30 viene inau-gurato il nuovo leggìo, opera di PaoloBonaldi fortemente simbolica.L’originalità dell’opera, i colori sma-glianti che la caratterizzano, in partico-lare la rappresentazione del pavone,segno di immortalità, attirano lo sguar-do e danno nuova dignità al luogo dacui viene proclamata la Parola di Dio.Nel pomeriggio, nel salone dell’orato-rio, un gruppo di bambini e ragazzipropongono, come spunto di riflessio-ne, il “Canto di Natale” di Dickens.Anima dell’iniziativa Luigi, coadiuva-to da alcuni genitori.

Mercoledi’ 22 dicembreConcerto di Natale della CappellaMusicale del Duomo sponsorizzatodall’Università Popolare.La proposta di quest’anno verte suopere di compositori contemporanei: i

Misteri Gaudiosie i Re Magi, com-posizioni per treorgani di MirkoBallico (allatastiera dell’orga-no settentrionalelo stesso autore),e la MissaSyllabica e CantateDomino, per coroe organo, delcompositore esto-ne Arvo Part.Serata suggestivae Duomo stipatodi gente.

Venerdi’ 31 dicembreAlle spalle un anno di vita con tutte levicende che l’hanno caratterizzato, nelbene e nel male: nella Messa delle 18viene cantato il Te Deum di ringrazia-mento per l’anno trascorso, inno cheaiuta a recuperare la nostra dimensio-ne di umili creature che in tutto dipen-dono dal Signore.

Alle ore 23 un piccolo “resto” si ritrovain Cripta per la veglia di fine anno:davanti al Santissimo, in comunionecon quanti, nei più diversi luoghi, sonoraccolti in preghiera, si ripensa altempo trascorso e a quello che attendedi essere vissuto. Guidano la riflessionele parole tratte dal messaggio “Libertàreligiosa, via per la pace” di PapaBenedetto XVI. Si trascorre così un’in-tensa ora davanti al Signore immersinel silenzio della cripta… silenzio che, amezzanotte, viene interrotto dai bottiche salutano il nuovo anno.

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La leggenda del teatro all’Oratorio

Andrea Valagussa

Oratorio e teatro sono per me duesostantivi quasi inscindibili. Dalle sce-nette di inizio anno in cui si prendevabonariamente in giro la sempre presen-te sr. Concetta, ai musical con la RedeT&D Company, dai recital di Natalefino agli stupendi spettacoli con laArteatro, è stato un susseguirsi di emo-zioni, amicizie, danze, canzoni, luci ecolori. Oratorio e teatro sono insommavita per me.È per questo che terminato l’esilioromano, dove per motivi di lavoro hovissuto gli ultimi sei anni, non holasciato passare neanche un giorno pertornare a sentire il profumo delle assi dilegno, l’odore del sudore e dell’adrena-lina che solo una messinscena può daree questo nonostante un figlio in arrivo,una casa da sistemare, un nuovo ritmoda ritrovare.E ricevuto il beneplacito di mia moglie,che non ringrazierò mai abbastanza, egli incoraggiamenti di don Silvano eLuigi, eccomi lanciato con sette temera-ri attori e una ex collega di studi uni-versitari in una nuova folle sfida: crea-re un vero e proprio laboratorio teatra-le, dove vivere il teatro in modo ancorapiù profondo e vero, mettendosi ingioco senza maschere, senza difese, unluogo in cui poter liberamente improv-visare, creare, essere. Obiettivo?Cercare di realizzare quel teatro che hostudiato sui libri e che ho amato neimiei registi di riferimento, un teatro cheesce dalla sua dimensione unicamentescenica per farsi reale esperienza divita.Per questo il numero raccolto, per que-sto un’esistenza quasi carbonara (dilunedì sera, quando il Rede è chiuso),per questo la folle scelta, pur essendo insette, di mettere in scena un monologo,Novecento di Alessandro Baricco, e difarlo riducendo al minimo la parola perscrivere un linguaggio fatto di corpi,

movimenti, energia.Come sta andando? Be’ ora che sonopassati sei mesi da quando abbiamo ini-ziato posso dirmi felice: la sfida eraardua, ma i risultati stanno arrivando.È per questo che con grande onore viinvito sin d’ora l’11 e il 12 febbraio alleore 21 al Teatro Villoresi, per condivide-re con voi questa nostra nuova avven-tura. Racconteremo la storia di unuomo dallo smisurato talento, ma trop-po spaventato dalla vita per sfruttarlofino in fondo e per farlo, al contrario delnostro protagonista, getteremo il cuoreoltre l’ostacolo senza paura di mostrar-ci a voi per quello che siamo veramen-te. Non mancate!

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Un presepe in famiglia

Luigi Scarlino

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Il presepe esprime “un mes-saggio di fraternità e di ami-cizia, un invito all’unità ealla pace, un invito a farposto, nella nostra vita enella società a Dio, il quale cioffre il suo amore onnipoten-te attraverso la fragile figuradi un Bimbo, perché vuole cheal suo amore rispondiamoliberamente con il nostroamore”. Queste parole pro-nunciate da Papa Benedetto, in occa-sione della tradizionale inaugurazionedel presepe in Piazza S. Pietro, benesprimono il significato dell’iniziati-va-concorso “Un presepe in famiglia”,proposta dal nostro oratorio per ilsecondo anno consecutivo.Nel visitare le 21 famiglie, allequali si aggiunge la “fami-glia” dei vigili del Fuoco diMonza, si è costatato come lasemplicità della grotta diBetlemme trova spazio nellenostre case: chi seguendo latradizione e chi l’innovazione(una cornice elettronica con lefoto di una famiglia accantoalla Natività), chi vede nelpresepe l’amore vissuto in 34anni di vita matrimoniale (unpresepe iniziato nel primoanno di matrimonio e di annoin anno vede l’aggiunta di unpersonaggio o di un particola-re), il papà che per attirare l’attenzione dellafiglia di pochi mesi costruisce una stella che simuove, la mamma che con pazienza insieme aisuoi 4 figlioli per un intero pomeriggio posizio-na le varie statuette, il padre e il figlio intentinell’allestimento per settimane, il nonno con lapassione dell’intaglio del legno che scolpisce isuoi piccoli presepi da tavolo... Scene di amoree fraternità, scene domestiche che ricordano e

sottolineano ancora una volta come la primaChiesa è la famiglia. Passione e dedizione acco-munano ciascun “artista” e soprattutto espro-mono la voglia di testimoniare come un sempli-ce segno sia ancora oggi, in un mondo secola-rizzato e distratto di fronte a tanti valori umanie religiosi, capace di esprimere il volto dellafamiglia cristiana, icona della famiglia diNazareth, speranza per l’umanità.

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1. La VITA. Suor Alfonsa Clerici ènata il 14 febbraio 1860 a Lainate(Milano), prima dei dieci figli di AngeloClerici e Maria Romanò. Il 15 agosto1883, nonostante le costasse moltolasciare la famiglia, si recò a Monza,lasciando definitivamente Lainate edentrò tra le suore del PreziosissimoSangue.Nell'agosto 1884 vestì l'abito religioso,iniziando il noviziato ed il 7 settembre1886, a 26 anni, emise i voti temporanei.A suo fratello Prospero, che in quelmedesimo anno fece la professione reli-giosa tra i Barnabiti, scrisse: «Diamocila mano dunque per salire al Calvario,ed io che ho l'onore di portare il nomedi Suora del Preziosissimo Sangue, iosarò contenta ove più vi sarà di sacrifi-cio, sarò contenta di spargere il sanguedella volontà, dell'amor proprio».Qualche settimana prima anche lasorella Bonaventura, era entrata nellaCongregazione delle Suore delPreziosissimo Sangue.Dopo la professione religiosa si dedicòall'insegnamento nel Collegio di Monza(dal 1887-1889), assumendo, nel 1898, ilruolo di Direttrice. Il suo compito eraseguire le educande nello studio,accompagnarle nelle uscite, prepararele feste, rappresentare l'Istituto nellecircostanze ufficiali.Il 20 novembre 1911 suor Alfonsa èinviata a Vercelli, ove rimase per dician-

nove anni, fino alla fine della sua vita.La vita di suor Alfonsa fu molto sempli-ce e si ridusse praticamente all'insegna-mento nei collegi e al servizio di carat-tere 'amministrativo' nella sua comuni-

tà religiosa, mansioni nelle quali dovet-te affrontare non poche difficoltà.Nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 1930fu colpita da emorragia cerebrale: la tro-varono nella sua stanza, nel suo abitua-le atteggiamento di preghiera, con lafronte per terra. Morì il giorno dopo il14 gennaio 1930 verso le ore 13,30 e duegiorni dopo vennero celebrati i solennifunerali nel Duomo di Vercelli.

Beata Suor Alfonsa Clerici,“luce di carità”Madre Giovanna Villa

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Il 23 ottobre 2010, nella solenne celebrazione eucaristica nel duomo di Vercelli, presieduta damons. Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le cause dei santi e già nominato futu-ro cardinale da Papa Benedetto XVI, suor Alfonsa Clerici, religiosa del Preziosissimo Sangue,è stata proclamata beata.“Signore, c’è una Bellezza Divina che mi attrae: la tua Santa Umanità. Immergimi nella con-templazione di questa Bellezza, illumina la mia mente, perchè ne comprenda la grandezza e lasantità” (sr. Alfonsa).

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La fama di santità che circondò suorAlfonsa, si diffuse soprattutto dopo lasua morte; prevalentemente circoscrittaai luoghi dove ella aveva vissuto e ope-rato, ma ora sta crescendo via, via inItalia e all’estero.

2. La SPIRITUALITÀ. Nella suavita ha accolto umilmente e generosa-mente l’invito – indicazione di Gesù:“Voi siete la luce del mondo” e l’haattuato nel segno della carità che ellaindirizzò in modo esemplare alle ragaz-ze di Vercelli, ai poveri che bussavanoalla porta dell’Istituto dellaProvvidenza e ai malati che fedelmentevisitò nei diciannove anni della sua per-manenza a Vercelli.

Suor Alfonsa ebbe la sensibilità di un“cuore che vede” dove c’è bisogno diamore e agisce in modo conseguente.Ella vedeva con il cuore, hanno testimo-niato tante sue ragazze di Vercelli nellafase del processo diocesano, perchéintuiva non solo all’apparenza, ma inprofondità i loro veri bisogni.“Per le sue figlie – testimonia una diloro – era una vera mamma; se sbaglia-vano aveva una dolcezza nel riprender-le che non ebbe mai superiora alcuna.Se venivano castigate o private dellamerenda essa intercedeva presso lamaestra per ottenere loro il perdono,scusando la vivacità del carattere”.“Nemmeno mia madre ha avuto conme la pazienza che ha sempre avuto

Il miracolo: La guarigione straordinaria attribuita a suor Alfonsa

Nel marzo 2003 il Signor F. era ricoverato al San Raffaele di Milano, per accertamen-

ti. Dal 1990, il signor F. aveva avuto diversi ricoveri per ripetuti infarti che avevavo

compromesso gravemente la sua salute. Gli esami eseguiti al San Raffaele conferma-

rono una situazione a rischio e la necessità di controlli ravvicinati.

Il 21 marzo, compiuti gli accertamenti, il signor F. viene dimesso con l'avviso di un

prossimo ricovero. Era con lui la moglie, signora C.D., che durante la permanenza

all'ospedale, era stata colpita dall'immagine di una suora, appesa accanto ad altre alla

parete della camera di suo marito. Racconta la signora: “Prima di lasciare l'ospedale

la presi per ricordo e la misi nella borsa... Ritornati a Cecina, il giorno dopo (22

marzo), mio marito fu colpito da un nuovo infarto, gravissimo.

Ricoverato d'urgenza al San Cataldo di Pisa, la sua situazione peggiorò e presto

divenne critica per un arresto cardio-respiratorio prolungato e altre serie complicazio-

ni che non lasciavano speranza di ripresa. Nella nera disperazione di quella notte mi

venne in mente il volto di quella suora (suor Alfonsa) e mi misi a pregarla con tanta

fiducia e speranza. Suor Alfonsa mi ha esaudito: dopo un arresto di un'ora e quaran-

ta minuti, mio marito si è risvegliato senza nessun esito invalidante, con meraviglia

e stupore degli stessi medici”.

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Suor Alfonsa nei miei confronti”, testi-monia Angela Portalupi. MariaCampaci riferisce che a lei non piacevail merluzzo del venerdì e la cioccolatadella domenica e una volta si sentì

male. Suor Alfonsa intervenne e le feceservire formaggio al venerdì e caffèlattealla domenica.Suor Alfonsa ebbe la volontà decisa difare il bene a tutti. “I sentimenti vannoe vengono.

Il sentimento può essere una meravi-gliosa scintilla iniziale, ma non è la tota-lità dell’amore” (Benedetto XVI).Occorre unire al sentimento l’intellettoe la volontà per superare impedimenti edifficoltà di vario genere nell’attivitàcaritativa.Alle rimostranze delle consorelle che

rinfacciavano a suor Alfonsa di svuota-re la dispensa per i poveri, ella rispon-deva: “Benedette figliole! Il Signore ciricompenserà”.La cuciniera era arrivata a mettere sottochiave le provviste, perché suorAlfonsa, la superiora della casa, le por-tava via tutto. Allora la beata le ricorda-va che essere caritatevoli con i poveri,significa servire e amare Gesù.Nel Natale 1929 a tavola avevano appe-na portato il dolce; la Madre, sentendosuonare il campanello, andò alla portacon la sua porzione e dopo un po’ ritor-nò con il piatto vuoto.Suor Alfonsa ebbe una grande dose diumiltà. S’impegnò con voto alla praticadell’umiltà, voto emesso nella festadella Santissima Trinità, il 7 giugno1914. “Gesù, voglio consacrarmi nellatua umiltà infinita”.L’umiltà era in lei, come in Gesù, lasovrabbondanza della carità. “Cristo,infatti, ha preso l’ultimo posto nelmondo – la croce – e proprio con questaumiltà radicale ci ha redenti e costante-mente ci aiuta” (Benedetto XVI). A chi,entrando nella casa della Provvidenza,cercava della superiora, non si facevariconoscere, ma diceva: “Questa voltase crede, può servirsi di me”.In questa sua preghiera possiamo sinte-tizzare la sua spiritualità.“Verbo incarnato,innalza la mia fede fino al cielo,perché io ti adori, come gli Angeli e i Santi,dilata la mia speranza al di là di tutte le cose,perché io confidi sempre in te solo;trasforma la mia debole caritànella carità del tuo cuore divino,perché io non viva che per tee per la tua gloria”.

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Il messaggio di quest’anno del Papa, inoccasione della giornata mondiale dellaPace, è ricco di parole che dirigono alcuore del problema. In un mondo globa-lizzato come il nostro, esortare gli uomi-ni e la comunità umana a “rinnovarel’impegno per la costruzione di unmondo dove tutti siano liberi di profes-sare la propria religione o la propriafede, e di vivere il proprio amore per Diocon tutto il cuore, con tutta l’anima e contutta la mente” (così ha detto BenedettoXVI) è la conferma che il nostro tempo habisogno di liberarsi dal fanatismo, dalfondamentalismo, dall’integralismo reli-gioso per affermare il rispetto, la recipro-cità, e il diritto alla libertà di culto che,secondo le riflessioni del Santo Padre,rappresenta la madre di tutti i dirittiumani. “Il diritto alla libertà religiosa èradicato nella stessa dignità della perso-na umana, la cui natura trascendentenon deve essere ignorata o trascurata…Il rispetto di elementi essenziali delladignità dell’uomo, quali il diritto allavita e il diritto alla libertà religiosa, è unacondizione della legittimità morale diogni norma sociale e giuridica.” La liber-tà religiosa assume, dunque, un valorefondamentale nella costruzione dellapace: “quando la libertà religiosa è nega-ta, quando si tenta di impedire di profes-sare la propria religione o la propria fedee di vivere conformemente ad esse, sioffende la dignità umana e, insieme, siminacciano la giustizia e la pace”. Sono“parole di luce” quelle di Benedetto XVIperché aiutano a capire le ragioni ultimeche minano la pace e la sicurezza tra gliuomini del XXI secolo.“Libertà religiosa via per la pace” è statascritta anche per ricordare che nel 2011ricorre il 25° anniversario della preghieraper la pace svoltasi ad Assisi nel 1986,preghiera presieduta da Giovanni Paolo

II e celebrata insieme ai responsabilidelle religioni di tutto il mondo.L’incontro, il dialogo, il rispetto, la reci-procità, il riconoscimento della fede e delcredo altrui, la possibilità di esercitareindividualmente e comunitariamente ilproprio credo, sono le strade che com-pongono la via maestra indicata da papaRatzinger per consolidare il processo dipace.“Una società riconciliata con Dio èpiù vicina alla pace, che non è sempliceassenza di guerra, non è mero frutto delpredominio militare o economico, nétantomeno di astuzie ingannatrici o diabili manipolazioni. La pace invece èrisultato di un processo di purificazioneed elevazione culturale, morale e spiri-tuale di ogni persona e popolo, nel qualela dignità umana è pienamente rispetta-ta”. Un invito alla pace che va oltrel’idea di pace realizzata per motivi dipura convenienza, pace voluta comenecessità di fronte alla crudele ed orribi-le potenza delle armi nucleari. La pace,invece, come scelta umana, culturale,religiosa, quale frutto dell’incontro frauomini e donne che rispettano il credo ele idee altrui.Nella “Libertà religiosa via per la pace”,risplendono i pensieri, le profezie delConcilio Vaticano II che comunicanoagli uomini, a tutti gli uomini, la missio-ne della chiesa che propone Cristo Via,Verità e Vita, senza escludere “il dialogoe la ricerca comune della verità in diver-si ambiti vitali, poiché, come recitaun’espressione usata spesso da sanTommaso d’Aquino, «ogni verità, dachiunque sia detta, proviene dalloSpirito Santo»”. Benedetto XVI ricorda irecenti tragici episodi che hanno insan-guinato alcuni paesi dell’Africa,dell’Asia e del Medio Oriente e chehanno visto molti cristiani diventare vit-time e martiri di queste violenze.

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Libertà religiosa via per la paceFamiglieinsieme, tassello di pace nella società multietnicaFabrizio Annaro

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Il Papa fa appello alla comunità politicainternazionale perché sia affermata lalibertà di religione, libertà che crea e con-solida la pace. Anche la civiltà occidenta-le è chiamata a riflettere sulle novità pro-dotte dalla globalizzazione. “Nel mondoglobalizzato, caratterizzato da societàsempre più multi-etniche e multi-confes-sionali, le grandi religioni possono costi-tuire un importante fattore di unità e dipace per la famiglia umana. Sulla basedelle proprie convinzioni religiose edella ricerca razionale del bene comune,i loro seguaci sono chiamati a vivere conresponsabilità il proprio impegno in un

contesto di libertà religiosa. Nelle svaria-te culture religiose, mentre dev’essererigettato tutto quello che è contro ladignità dell’uomo e della donna, occorreinvece fare tesoro di ciò che risulta posi-tivo per la convivenza civile”.

Sono parole che richiamano le esperien-ze di integrazione fra persone e famigliedi cultura e religione diversa. Monza èstata teatro di importanti ed innovativipercorsi di integrazione. Sono propostepartite dalla Caritas e realizzate in colla-borazione con la Cooperativa Novo

Millennio, il Comune di Monza e la reteassociativa della città. E’ stata l’equipedi Famiglieinsieme a ragionare sul temaintegrazione, per poi concretizzare attivi-tà ed iniziative che favorissero l’incontro,il confronto, lo scambio, la conoscenzafra persone di nazionalità, cultura e reli-gione differente. Con il nuovo millennioMonza, grazie alle donne e agli uominidi Famiglieinsieme, con Caritas, ed incollaborazione con Comune edAssociazioni, ha sperimentato che cre-scere e camminare insieme fra le diversi-tà è cosa possibile.Il primo gradino è stato lo spazio gioco

Bimbinsieme nato nel2002 ed inaugurato dalCardinale S.E. DionigiTettamanzi, spaziogioco, che ha sede inVia Europa aMonza edospita 24 bimbi fra 0 e3 anni di cui la metà,12, stranieri. Con ilpassare del tempoFamiglieinsieme si èarricchito di altre espe-rienze: MammeInsieme e Papà insie-me, percorso di accom-pagnamento per i geni-

tori che affrontano l'evento dell'attesa edella na-scita di un figlio, in collabora-zione con il Di-partimento Ostetricia eGinecologia dell'Ospe-dale San Gerardo;Le Gemme, gruppo di sostegno alla geni-torialità per la fascia di bambini tra 0 a 5anni, in collaborazione con il ServizioNidi del Comune di Monza; SpazioColore, luogo di incontro di donne italia-ne e straniere in un'ottica di promozioneinterculturale; Corsi di lingua italiana,rivolti a donne straniere di recente arrivoe con figli a cui è garantito accompagna-mento, in sinergia con Osservatorio

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Scolastico e progetto “Rete Scuole” diMonza.L’esperienza di Famiglieinsieme hadimostrato che il nostro territorio offreesempi e realtà che, senza nascondere ledifficoltà, sperimentano modelli di cre-scita e di cittadinanza. Inoltre il momen-

to di crisi in atto nel Paese, che coinvolgesia italiani che stranieri, può costituireuna scommessa che, con reciproco impe-gno, metta le basi per una convivenzache promuova sviluppo sociale ed eco-nomico.Ci sono anche tanti interrogativi: l’inte-grazione tra italiani ed immigrati aMonza è una sfida da raccogliere? Crisi èuna parola che intimorisce o può diven-tare un'occasione? Quali difficoltà siincontrano nella convivenza quotidiananei nostri quartieri, condomini, luoghi dilavoro, di studio, di cura, ricreativi? Lasocietà e la scuola, in particolare, sonocapaci di proiettarsi nel futuro con atten-zione alla “seconda generazione diimmigrati”?

Per condividere gli interrogativi, condi-videre esperienze, realizzare una visionenon buonista, ma articolata, è stato pro-posto alla città un itinerario titolato:Monza, un tessuto sociale di mille fili ecolori, itinerario rivolto ai cittadini mon-zesi, ai giovani, alle istituzioni, in parti-

colare alle scuole, allecomunità parrocchiali. Unitinerario articolato indiverse iniziative svoltesidurante l’autunno scorso.Cammino iniziato con unconcerto in piazza sanPaolo con i canti del coroMusicamorfosi, prosegui-to con corsi di formazionesulla nostra legislazioneper i stranieri, culminatoin novembre in duemomenti ravvicinati: unaperformance artistica acura dell’artista GabriellaKuruvilla che ha raccoltoin un’unica opera l’insie-me dei dipinti degli stu-denti delle scuole artisti-

che di Monza e infine un convegno cheha registrato la presenza di tanti ragazzie cittadini di diversa nazionalità, culturae religione. Un convegno nel quale sisono confrontate esperienze, paure, desi-deri che concorrono nella costruzionedella società multietnica. Tutto questo èsolo l’inizio! L’equipe di Famiglieinsiemedesidera aprire un confronto sul temaintegrazione che coinvolga ed interessiparecchie persone e non solo gli addettiai lavori. L’equipe di Famiglieinsiemeattende la tua opinione, il tuo contributo,anche una semplice e-mail all’[email protected]. Lediverse opinioni su questo dibattitosaranno presto pubblicate sul sitowww.novomillennio.it.

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L’intero progetto è nato con la motiva-zione di dare all’annuncio della Paroladi Dio un degno luogo e segno sacro,sostituendo il leggìo elaborato neglianni settanta.In fase di proget-to si è dunquepensato alla so-stituzione, man-tenendo però lalocazione: nonsono state fattepertanto modifi-che architettoni-che, ma si è sfrut-tato il balaustro-ne seicentesco,quasi come pul-pito, sul quale edè stato poi instal-lato il leggìo.La sua colloca-zione, apparen-temente conside-revole, è statastudiata per sod-disfare due pre-cisi criteri: in-nanzitutto si èvoluto che l’ambone richiamasse imme-diatamente gli altri due segni liturgicicollocati nel presbiterio: la mensa e lasede; in secondo luogo si è voluta ren-dere ben visibile la figura rappresenta-ta, di cui si parlerà di seguito, che è con-traddistinta dall’essere particolarmenteallungata.

Da sottolineare è l’attenzione nella scel-ta dei materiali realizzativi al fine digarantire una vicinanza stilistica del leg-gìo con gli elementi al contorno, in parti-

colare con lamensa, davantialla quale è postoil prezioso paliot-to dorato diBorgino dalPozzo. Si è dun-que deciso di rea-lizzare la nuovaopera in metallo.Più precisamenteessa è stata fattacon lamine diottone, decorate aloro volta convetro colorato inblu per megliorappresentare lascena desiderata:un Vangelo aper-to, dalle paginenon ancora posa-tesi ai lati, sovra-stante un gettod’acqua che

discende ad abbeverare un pavone dallelunghe piume azzurre.

Sulle due pagine visibili del libro inottone sono riportate le immagini bibli-che tratte dal Vangelo secondoGiovanni:

Il nuovo leggìo: stile e tradizione.

Roberto Canesi

Nei numeri precedenti di questo informatore parrocchiale sono apparsi alcuni articoli a propo-sito del nuovo ambone posto in Duomo e dell’artista realizzatore Paolo Bonaldi.A un mese circa dall’installazione del leggio si vuole dunque chiudere la breve serie di artico-li a proposito di esso, proponendo alcune considerazioni riguardanti la realizzazione e l’idea-zione di questo nuovo elemento apparso sull’altare maggiore.

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«Chi ha sete venga a me e beva, chicrede in me» ( 7,37).«In verità, in verità vi dico: chi ascolta lamia parola e crede a colui che mi hamandato, ha la vita eterna e non vaincontro al giudizio, ma è passato dallamorte alla vita» (5,24).

Il pavone rappresenta ogni cristiano;esso è infatti, secondo la simbologiadelle pitture ravennate e catacombali,l’animale simbolo della vita piena, riu-scita, perfetta.La vita perfetta non può che essere ori-ginata dalla Parola, dalla quale scorrel’acqua con cui il pavone si disseta.Pertanto si vuol sottolineare la funzionefondamentale dell’ascolto della Paroladi Dio, la quale, venendo annunciata dailettori facendo uso proprio del leggìo,ha come fine quello di istruire il cristia-no per portarlo a raggiungere la pienez-za della vita.

Si vuole inoltre sottolineare come lanuova opera sia stata rapportata, oltreche allo stile del Duomo, anche alla suatradizione, in gran parte testimoniatadai tesori custoditi nel museo e nellabiblioteca capitolare.In particolare è da rimarcare come ledecorazioni del Vangelo sovrastante ilpavone riprendano quelle dell’evange-liario della regina Teodolinda, mentre lacapilettera con cui iniziano i versettiriportati è ripresa dalla Bibbia diAlcuino, così come le miniature a margi-ne (per maggiori informazioni a riguar-do si consultino le note a fianco).Il leggìo si inquadra pertanto nella sto-ria passata e nello stile del Duomo,essendo tuttavia un’opera moderna.

È attualmente in fase di realizzazione unlavoro di illuminazione per dare a que-sto nuovo elemento un particolare rilie-vo, cosicché lo si possa meglio apprez-zare.

Elementi della tradizione custoditi nel Duomo di Monza

Evangeliariodella regina TeodolindaSecondo la tradizione,venne donato a Teodolindada papa Gregorio I nel 603,come ringraziamento perl'opera di conversione dellapopolazione longobarda alCristianesimo.Un'epigrafe in latino incisasui listelli delle piastre nericorda il dono alla basilica di San Giovanni Battista da parte della regina. Neresta ora solo la legatura, composta da due placche in oro decorate da smalti,pietre preziose, vetrine e cammei.

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E’ trascorso già un anno e mezzo dal-l’inizio dei lavori di restauro nellaCappella degli Zavattari.La prima fase di studio della tecnicapittorica utilizzata dagli artisti e diidentificazione dei materiali sovram-messi durante i precedenti restauri èterminata. Ad oggi i restauri sono pro-seguiti contemporaneamente alla docu-mentazione fotografica e alle mappetematiche che documentano tutte lescoperte e gli interventi che i restaura-tori eseguono giorno per giorno sullepreziose pitture, e che vengono inseritein una banca dati.E’ terminata la pulitura di tutte lelamine metalliche che decorano questocapolavoro, sono emersi molti dettaglicelati da vecchi restauri, come i para-menti che decorano gli ambienti in cuisi svolgono alcune scene significativecome: il banchetto e la festa per le

nozze tra Teodolinda e Autari, cheapparivano decorati con motivi geome-trici, ottenuti con oro a pastiglia sufondo nero, mentre dopo una difficile ecomplessa operazione eseguita conlenti di ingrandimento e più tipi di sol-venti studiati proprio per ogni singolocaso è stato possibile riscoprire la cro-mia originale che era eseguita con lac-che rosse alternate a resinati di rame.Quindi i paramenti erano assai preziosie con colori decisi e luminosi.Anche i fondi oro delle pareti e dellavolta sono stati restaurati, è stato elimi-nato il deposito di polveri incoerenti esuccessivamente è stata pulita la lami-na preziosa che è risultata essere indiscreto stato di conservazione, in alcu-ne zone sono stati necessari dei consoli-damenti puntuali della foglia d’oro cherisultava sollevata e pericolante, l’inter-vento ha avuto ottimi risultati.

Cappella Zavattari:il restauro continua...Anna Lucchini

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Attualmente, stiamo pre-consolidandoe pulendo la pellicola pittorica dellavolta, opera di Antonio daMonteregale, che appare molto degra-data, i danni vanno ascritti alle infiltra-zioni di acqua piovana non più in attoda un cinquan-tennio, ma cheper secoli hannoinquinato e dan-neggiato questepitture, di conse-guenza i restau-ratori che hannolavorato sullavolta hanno uti-lizzato dei mate-riali non idonei.Furono usati sol-venti troppo ag-gressivi che han-no eliminato inmodo irreversi-bile le finituredell’opera ese-guita tutta contempere a uovo ea olio.Inoltre per ca-

muffare i dannipresenti hannoridipinto l’operaoccultando fram-menti significati-vi di una decora-zione che in origine doveva essere piut-tosto raffinata.Le difficoltà che incontriamo sonodovute ai materiali sovrammessidurante i precedenti interventi cherichiedono complesse operazioni perasportarli e allo stato di conservazionedel film pittorico originale di cui rima-ne solo la preparazione e alcuni fram-menti delle velature finali.

Il clima in cantiere è sereno, nonostan-te le difficoltà oggettive del lavoro.Il gruppo è formato da 9 restauratrici:5 di lunga esperienza e 4 più giovaniche fanno da assistenti e si occupano diinterventi minori.

Il Duomo è di-ventata per noiuna seconda ca-sa in cui trascor-riamo parecchieore.La fondazioneGaiani ci assisteper tutti i pro-blemi inerential cantiere e cosìpure tutte le im-prese che lavo-rano in basilicasono molto gen-tili e ci aiutanonelle piccole dif-ficoltà materiali.Si respira unvero clima colla-borativo, fami-liare e di fidu-cia.Ogni tanto sia-mo un po' ru-morose, perchè iponteggi sonoin ferro e quan-do camminiamo

i nostri passi rimbombano, ma faccia-mo del nostro meglio per non disturba-re durante le funzioni.La vita scorre e si evolve come le pittu-re che ritornano ad esser chiare, piùluminose e... moderne.Una nota dolce e “natalizia” è la futuranascita della bambina di Laura che conil pancione ha continuato a lavorare incappella fino a Natale.

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Quanti “da fuori” accostano la diocesiambrosiana si meravigliano di trovare,accanto alle chiese, gli “oratori”, luoghinei quali la comunità cristiana esprime lapropria cura educa-tiva verso ragazzi,adolescenti e giova-ni. Ciò che per noioggi è un dato scon-tato, trova la sua ori-gine nel secolo XVI ela conferma proprionel quadrone dipin-to da Carlo Buzzi.San Carlo vi è raffi-gurato nell’atto diapprovare gli statu-ti delle cosiddette“compagnie e scuoledella dottrina cri-stiana”, che rappre-sentano la fase nati-va dei nostri attualioratori. Sorte inizial-mente per impulsodel laicato o del clero diocesano (ad esem-pio Francesco Villanova, cardatore di lana,e il prete Castellino da Castello) e successi-vamente animate dai fedeli laici di ciascu-na parrocchia con l’assistenza del parroco,le compagnie e scuole ebbero un impulsoformidabile durante l’episcopato carolino,tanto che dalle quindici esistenti del 1565se ne annoverarono ben settecentoquaran-tadue – con quarantamila ragazzi iscritti! –alla morte del Borromeo nel 1584.Forse non tutti sanno che una scuola erastata fondata anche a Monza nel 1562,presso il nostro Duomo, per iniziativa deiCanonici e con un forte appoggio popola-re.Nella tela del Buzzi i destinatari di questaistituzione sono idealmente raffiguratidavanti al Santo: ragazzi e ragazze, piùvicini a san Carlo, uomini e donne, cioè iloro educatori, in primo piano verso l’os-servatore. Vi è quasi illustrato l’itinerario

della crescita: dall’infanzia all’età adulta,dalla iniziazione cristiana fino alla forma-zione di quel laicato maturo e intrapren-dente che sempre ha distinto le diocesi

lombarde. Il tutto avviene sotto lo sguardovigile dell’Arcivescovo, conosciuto peressere non solo un ottimo organizzatore,ma soprattutto un autentico educatoredella vita di fede.Egli stesso ci teneva a ricordare: «È ditanta utilità quest’opera della dottrina cri-stiana, il giorno di festa, che per me non sovedere qual altra cosa abbia fatto tantofrutto in questa mia diocesi, quanto que-sta». Grazie ai Concili Provinciali tutte lediocesi della regione beneficiarono delleintuizioni di san Carlo, trasmesse fino anoi affinché le sappiamo rinnovare e pro-porre.Amiglior commento di questo antico qua-drone del Duomo è bene ricordare come inquesti anni la Chiesa Ambrosiana si stiaimpegnando a formare nuovi educatoriper gli Oratori e per i Centri di PastoraleGiovanile che si vanno diffondendo neiDecanati.

“S. Carlo promuove la scuoladella dottrina cristiana” (3)

Can. Claudio Fontana

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San Carlo a Monza

Carlina Mariani

Con una dedica al “degno successore diSan Carlo Borromeo”, card. Andrea C.Ferrari e la data ottobre 1910 si apre illibretto “S. Carlo Borromeo a Monza”, dicui si è già occupato il numero di ottobredel periodico parrocchiale. Dalla primavisita del Novembre 1566 da parte di ungiovanissimo cardinale Arcivescovo (28anni appena) all’ultima del giugno 1584,S. Carlo mostra un’attenzione alla vitadella nostra città, che non trascura alcunaspetto, religioso, caritativo, culturale. Adistanza di cento anni dalla pubblicazio-ne delle riflessioni di un Anonimo scrit-tore (il Beato Talamoni?), cosa restaancora attuale delle disposizioni di unPastore intelligente e audace, fermo edeciso, ma anche premuroso e perfinoaffettuoso nei confronti di Monza?Sinteticamente, tralasciando quantoriguarda il riassetto del quadro liturgicosecondo i dettami del Concilio di Trento,tre appaiono le linee di indirizzo partico-larmente suggestive anche per noi, oggi:1) la visione del clero e, in generale, dellavita religiosa; 2) la preoccupazione cari-tativa e civile ; 3) l’impegno nell’istruzio-ne e nella promozione culturale.

1) La preoccupazione nella sceltadell’Arciprete di Monza, che deve essere“persona qualificata di pietà, sufficienzaed autorità e zelo per le anime”, insiemealle lettere da Lui inviate a monsignorMaggiolini in occasione dell’insorgeredella peste, disegna un ritratto di sacer-dote, la cui tranquilla forza sembra ingrado di superare ogni ostacolo, perfinodi sconfiggere la terribile malattia. Allepreoccupate, comprensibili obiezioni daparte dell’Arciprete sull’impegno perso-nale dei religiosi nei confronti degliappestati risponde: ”Del resto la stessaattività d’animo per la quale con fortezzati getterai nei pericoli, renderà ferma unpoco la tua salute”. Sembrerebbe un

comando disumano, se non fosse tempe-rato da una premura paterna: “…quantoi medici consigliano e non impedisce iltuo dovere, abbraccialo volentieri”.Affianca con entusiasmo al clero dioce-sano religiosi di nuova istituzione, comei Barnabiti e le Orsoline: un invito adaccogliere forme diverse di spiritualità ea viverle come ricchezza per tutti. Anchequando prende provvedimenti impopo-lari, come sospendere il culto dell’ama-tissimo San Gerardo, è però anche ilprimo a celebrarne la festa, dopo il favo-revole responso papale: la fermezza nelseguire una strada di rigorosa indagine ècapace di trasformarsi in condivisione digioia. Così, quando il pontefice GregorioXIII accoglie la decisa volontà deiMonzesi di restare nel rito romano, S.Carlo invia immediatamente all’Arci-prete di Monza la lettera che comunicavail responso papale, ”desiderando noidare questa satisfattione quanto prima“.Certo non era entusiasta dell’”osti-nazione” dei nostri concittadini d’allora(del resto non ignota neppure oggi), manon voleva privarli neppure di un giornodella gioia ,che sapeva sarebbe nata dallalettera papale. La severità di qualsiasiimposizione, che si ritiene dovuta, nonpuò mai coincidere con un’affermazionepersonale o, peggio, con una rivincita.

2) La carità di S. Carlo mostraanche a Monza un’estrema intelligenzadi metodo. Emblematico è il caso delMonte di Pietà, fondato da un francesca-no, fra’ Lodovico da Biassono. LaConfraternita di S. Marta, che reggeva ilMonte, aveva messo una tassa sulle sov-venzioni dei pegni, pratica che ilBorromeo aveva da subito contestato.Poiché essa però continuava, prima,venuto a Monza, assume dettagliateinformazioni sul funzionamento delMonte di Pietà, poi si reca di persona a

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persuadere i responsabili a rinunciare aduna prassi, che sapeva di usura. Inseguito ad un breve papale, che consen-tiva comunque una tassa, sia pur dimi-nuita, sembrava che la questione fossechiusa. Non fu così: l’istituzione di unasolenne processione la prima festa diPentecoste, resa ancora più solenne dal-l’indulgenza plenaria ottenuta dalPontefice, consentì di ridurre la tassa suipegni ad una cifra irrisoria, attraverso leofferte ricavate dal rito. Anche questomodo di operare la carità, così prudente,ma così determinato, è in grado di sug-gerire anche oggi percorsi intelligenti, incui la difesa del più debole, comunqueasserita, è accompagnata dal riconosci-mento di esigenze concrete di documen-tazione e di personale coinvolgimento.Di questo ultimo la prova più tangibile èla presenza costante di S. Carlo a Monzadurante la peste, che qui persisteva:”rifornitosi la borsa di scudi e di quantogli occorreva per recare conforto ai mise-ri sia al corpo che all’anima, prese arecarsi quasi ogni giorno in questa terradesolata, animando con l’esempio anchecoloro che dovevano più degli altriesporsi al pericolo della vita”.Basterebbe questo a vanificare l’ideapopolare di un’”antipatia” tra il Santo ei Monzesi, se si pensa alla fatica chedoveva comportare, al di là del rischiodi contagio, un viaggio quotidiano attra-verso territori di desolazione assoluta.Cessata la peste, si preoccupa degli orfa-ni, tragicamente aumentati, non soloistituendo una casa di accoglienzasecondo il nuovo modello diS.Gerolamo Emiliani, ma subito decre-tandone l’ampliamento. Alla Com-pagnia dei Disciplini, affittuaria deilocali chiede” per amor di Dio”di lascia-re i locali al servizio degli orfani: unadecisionalità che anche oggi suscitereb-be qualche malumore, ma che rivela la

fermezza di chi non teme di andare con-tro interessi anche della propria parte.

3. L’impegno a favore dell’istruzio-ne è l’altra faccia della carità di S. Carlo.Oltre una preoccupazione culturale percui, fin dalla prima visita pastorale, comerisulta dagli “Atti della visita”,ordina alprefetto dell’Archivio del Duomo dicompilare l’indice di tutti i libri, mano-scritti e pergamene che vi si conservava-no, è costante in Lui la preoccupazionedell’istruzione, così come si deduce dallaesortazione al Governatore e ai Prefettidella Comunità: ”procurassero nella bor-gata non mancasse una scuola d’insegna-mento letterario”. Per dare concretezza atale programma, chiama a Monza leOrsoline con lo scopo di insegnare anchealle ragazze, come accadde nel loro colle-gio fino al 1810. Impegna in questo anchemolti sacerdoti, come risulta da un lungoelenco del 9 giugno 1578: un monito a chiritiene l’insegnamento un ripiego perreligiosi incapaci di spirito pastorale. Lastessa venuta dei Padri Barnabiti aMonza nel 1571 è motivata dalla forteconsonanza riformatrice di questo ordi-ne con il Cardinal Borromeo, il qualeavrebbe voluto erigere un Seminariopresso S. Maria in Carrobiolo ed affidar-lo ai Padri Barnabiti perché vi insegnas-sero ”belle lettere”. ”La formazione deinuovi sacerdoti esigeva anche allorainsegnanti profondamente innovatorinella fede ed estremamente preparati alivello culturale. Al di là della modernitàdi S. Carlo, che non ha bisogno di ulterio-ri conferme, colpisce il tono inaspettata-mente affettivo delle lettere agli Arcipretidi Monza da parte di questo santo, cosìsevero in tutte le raffigurazioni: “micommuove”, “perché restiate in ciò con-solati”… Forse i Monzesi gli erano,nonostante tutto, simpatici.

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Il rito della penitenza cristianai momenti del Sacramento (7)

Don Pierpaolo Caspani

L'assoluzioneDopo la confessione dei peccati da partedel penitente, la celebrazione della peni-tenza prevede il gesto dell’assoluzione daparte del sacerdote. È un gesto visibile,compiuto da un altro che sta di fronte anoi: lo vediamo che traccia su di noi ilsegno della croce, ascoltiamo le sue paro-le:

Dio, Padre di misericordia,che ha riconciliato a sé il mondonella morte e risurrezione del suo Figlio,e ha effuso lo Spirito santoper la remissione dei peccati,ti conceda, mediante il ministero della Chiesa,il perdono e la pace.E io ti assolvo dai tuoi peccatinel nome del Padre e del Figlio +e dello Spirito Santo.

Se ci pensiamo un po’, ci accorgiamo cheabbiamo bisogno di questo «altro» che cista di fronte, perché da noi stessi non pos-siamo perdonarci i peccati. Abbiamobisogno di questo altro che rappresentaun Altro: il Dio, Padre di misericordia,che solo può perdonare i peccati. E ilgesto dell'assoluzione compiuto da quel-l’uomo che ci sta di fronte non è un gestomagico, con cui viene «catturato» il per-dono di Dio; esso è – per volontà di GesùCristo e nella forza del suo Spirito – gestocui Cristo stesso agisce, comunicandoci ilsuo perdono. Quell’uomo attraverso cuiCristo stesso ci dona il suo perdono è unministro della Chiesa. Il cristiano sa che ilsuo rapporto col Dio di Gesù Cristo sirealizza attraverso la Chiesa; sa pure cheil suo allontanamento da Dio col peccatoferisce la Chiesa e quindi riconosce che ilsuo ritorno a Dio passa attraverso il

ritorno alla Chiesa, rappresentata dalsuo ministro: per questo confessa il suopeccato al ministro della Chiesa e doman-da a lui il perdono del Signore.Nel modo in cui oggi celebriamo il sacra-mento della penitenza, il momento del-l’assoluzione si trova collocato dopo ildolore dei peccati e la confessione. A benvedere, però, è proprio l’assoluzione chesta all’inizio di tutto il sacramento: è ilperdono di Dio che muove e rende possi-bile tutto il cammino di conversione delbattezzato peccatore. Proprio perché Diomi perdona – e solo per questo – possodispiacermi dei miei peccati, posso con-fessarmi e fare penitenza. Detto con unoslogan: Dio non mi perdona perché io miconfesso; piuttosto io mi confesso perchéDio mi perdona.«Perdono» è una parola che oggi facil-mente viene fraintesa come sinonimo di«buonismo» a poco prezzo. In realtà, per-donare non significa minimizzare il pec-cato. Quando Dio perdona non dice: «Su,dai: non è niente…, non fa niente…».Quando Dio perdona dice: «Nonostantequello che hai fatto, io ti dico che sei piùgrande del male che hai fatto. Ti assicuroche puoi lasciarti dietro le spalle il maleche hai fatto e puoi essere diverso, perchéio ti do la capacità di essere nuovo».L’immagine forse più bella per esprimerel'azione di Dio che perdona è quella evo-cata dal salmo 50: la creazione di uncuore nuovo. Nel sacramento della peni-tenza, tuttavia, la novità portata dall'as-soluzione non è una novità assoluta; nonsi tratta, cioè, di una creazione assoluta-mente nuova, dal momento che la primacreazione di un cuore nuovo in noi èavvenuta col battesimo. Il sacramentodella penitenza, da parte sua, ci immerge

il duomo catechesi

Abbiamo già proposto la catechesi di don Caspani sui primi due momenti del “IV sacramen-to”: il dolore e la confessione dei peccati. Ora presentiamo una sua riflessione sugli altri duemomenti dell’itinerario sacramentale: l’assoluzione e la penitenza.

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di nuovo nella forza dello Spirito perricreare in noi il cuore nuovo donatoci nelbattesimo.

I gesti penitenzialiL’ultimo momento del cammino che il cri-stiano peccatore compie nel sacramentodella penitenza è quello specificamenteindicato col termine «penitenza». Oggiquesto momento è molto ridotto e sempli-ficato: di solito si riduce a qualche preghie-ra che il sacerdote chiede al penitente direcitare («per penitenza, dica un Padrenostro, un’Ave Maria e un Gloria»). Nonera così nell’antichità, quando – comeabbiamo visto a suo tempo – le penitenzeimposte erano molto serie ed impegnative:esse costituivano la parte principale delsacramento, al punto che tutto il sacramen-to nel suo insieme era indicato col nome di«penitenza».Il senso di questo momento mi sembra benchiarito dal notissimo brano evangelico cheracconta l’incontro di Gesù con Zaccheo.Nonostante le mormorazioni della gente,Gesù si «autoinvita» a casa di Zaccheo, conun gesto inaspettato di amicizia nei con-fronti del capo dei pubblicani di Gerico, ilquale, si alza e dice: «Ecco, Signore, io dò lametà dei miei beni ai poveri; e se ho frodatoqualcuno, restituisco quattro volte tanto»(Lc 19,8). Di fronte alla misericordia diGesù, che si traduce nel gesto di andare acasa sua, Zaccheomanifesta il proprio desi-derio di rimediare il male fatto («se ho fro-dato qualcuno, restituisco quattro voltetanto») e di cominciare una vita nuova («dòla metà dei miei beni ai poveri»). Ecco ilsenso dei gesti di penitenza che concludo-no la celebrazione del sacramento: rime-diare/riparare il male fatto e manifestareconcretamente il desiderio di cominciareuna vita nuova.Abbiamo osservato che di solito oggi que-sti gesti non sono particolarmente impe-gnativi: ci chiedono solo qualche minuto

per dire la preghiera indicata dal sacerdote;e tuttavia anche così «stilizzato» il gestopenitenziale mantiene comunque un pro-prio valore: quando accolgo la penitenzache mi viene imposta dal sacerdote, ioaccetto che sia la Chiesa a guidarmi nel miocammino di ritorno a Dio. Sarebbe belloperò se confessori e penitenti insieme cer-cassimo di dare un po’ più di valore a que-sto momento, riscoprendo almeno in partela serietà delle antiche opere penitenzialiche comprendevano, oltre alla preghiera, ildigiuno e l’elemosina. Ecco allora che lapenitenza potrebbe non ridursi ad un’AveMaria un po’ buttata lì, ma potrebbe tra-dursi in una sosta un po’ più prolungata inChiesa per pregare; oppure potrebbe espri-mersi in un gesto di digiuno (magari televi-sivo…); oppure potrebbe concretizzarsi inun gesto di elemosina. Credo comunqueche, per non finire nel vago, sia bene che ilgesto di penitenza sia abbastanza preciso,determinato e… realistico; per intenderci:non dico: «per tutto il mese pregherò unpo’ di più», ma dico: «questa sera, reciteròbene una decina del Rosario o mediterò ilVangelo di domenica prossima». E questopuò essere il primo passo di un più ampioproposito di maggiore assiduità nella pre-ghiera.Visti e vissuti così, i gesti di penitenzadiventano il «prolungamento» del sacra-mento nella vita e rivelano che il sacra-mento può essere davvero il «motore» diuna vita nuova.A questo proposito, mi sembra moltosignificativo concludere con alcune paroledi Paolo VI a proposito della penitenzacome atteggiamento che accompagna tuttal’esistenza del cristiano; come tale, essa siesprime «nella fedeltà perseverante aidoveri del proprio stato, nell’accettazionedelle difficoltà provenienti dal propriolavoro e dalla convivenza umana, nellapaziente sopportazione delle prove dellavita terrena».

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“Visione che Isaia, figlio di Amoz, ebbe suGiuda e su Gerusalemme nei giorni di Ozia, diIotam, di Acaz e di Ezechia, re di Giuda” (Is1,1). La raccolta di profezie trasmessa colnome di Isaia è la più ampia tra i libri pro-fetici. Essa comprende testi apparentatidall’ispirazione, benché distinti per lesituazioni di riferimento della storia dellasalvezza e per caratteristiche letterarie. Siriconoscono tre unità: i capitoli 1-39; 40-55; 56-66. La prima unità, eccetto i capito-li 34-35, è costituita dalle profezie di Isaia,il grande profeta del secolo VIII, da cuiprende nome tutta la raccolta; la seconda,con i capitoli 34-35, unisce profezie degliultimi tempi dell’esilio babilonese, nellasperanza della liberazione, proclamata daCiro nel 538 a.C.; la terza trasmette le pro-fezie degli anni della restaurazione dellavita nazionale.Il profeta Isaia narra la sua vocazione:“Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi ilSignore seduto su un trono alto ed elevato; ilembi del suo manto riempivano il tempio.Attorno a lui stavano dei serafini, ognunoaveva sei ali; con due si copriva la faccia, condue si copriva i piedi e con due volava.Proclamavano l'uno all'altro: "Santo, santo,santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terraè piena della sua gloria". Vibravano gli stipitidelle porte alla voce di colui che gridava, men-tre il tempio si riempiva di fumo” (Is 6,1-4).La visione avviene nel 739 a.C. L’attivitàdel profeta non si estende oltre il tempodel regno di Ezechia, che muore nel698/697 a.C., e si svolge nel regno diGiuda, il sud del territorio israelitico. È ilperiodo del dominio della potenza assira,dalla Mesopotamia al Mare Mediterraneo,dopo l’accessione al trono di Tiglat PileserIII nel 745 a.C.. Nel 734 a.C. il regno diGiuda è minacciato dalla coalizioneantiassira per il rifiuto di farsi implicarenella ribellione che sarà fatale; Isaia rassi-cura il re Acaz con l’annuncio del figlio,garanzia divina della continuità del pote-re regale (Is 7,1-15). Il regno di Giuda con-tinua ad essere governato dai re della

discendenza davidica e conserva le sueistituzioni, tuttavia è in una situazione divassallaggio con l’imposizione di un tri-buto annuale. Negli anni 722/720 a.C.avviene la catastrofe del regno israeliticodel nord con l’assedio e la conquista dellacapitale Samaria dall’esercito di Sal-manassar V e poi con la deportazione inmassa per ordine di Sargon II. Il piccoloregno di Giuda cerca di rafforzare la suaposizione con alleanze con l’Egitto. Isaiamette in guardia contro le fallaci alleanze,che tradiscono anche mancanza di fede inDio, guida della storia d’Israele. Nel 703Isaia ammonisce il re Ezechia contro lega-mi troppo stretti con il re babilonenseMerodàk-Baladàn, annunciando il perico-lo che sarebbe avvenuto proprio daBabilonia (Is 39; 2Re 20,12-19), come fu unsecolo dopo con la distruzione diGerusalemme.Nel 701 l’assiro Sennacherib assediaGerusalemme e, sicuro della vittoria perl’assistenza dei suoi dei, ingiunge la resaad Ezechia; Isaia annuncia invece ladisfatta dell’esercito assiro, che deve conscorno e in tutta fretta ritirarsi per epide-mia (Is 36-37; 2Re 18,13-20,19).Isaia ha consuetudine con i notabili; il suolinguaggio è accurato, lo stile elevato edelegante, spesso con cadenze poetiche. Laraccolta delle sue profezie non è ordinatasecondo la successione temporale; è, però,possibile discernere gruppi di oracoli.Profezie al popolo di Dio: cap. 1-12; oraco-li contro le nazioni straniere: cap.13-23; ilgrande discorso escatologico: cap. 24-27;ancora predicazioni al popolo di Dio econtro la vana fiducia della salvezzagarantita dall’Egitto: cap.28-33; la piccolaescatologia: cap.34-35; riferimenti a treeventi particolari: l’invasione di Sen-nacherib: cap.36-37; la malattia e la guari-gione di Ezechia: cap. 38; i rapporti col redi Babilonia: cap.39.Il motivo ispiratore della sua predicazionee dei suoi interventi, in modo particolarenelle circostanze travagliate, è “Se non cre-

I profeti nel popolo di DioIsaiadon Raimondo Riva

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dete, non persisterete” (Is 7,9). La predica-zione del profeta è persistente ed appas-sionata denuncia delle infedeltà e corru-zioni nei rapporti sociali del popolo, che èspronato alla conversione, anche nellaconsiderazione delle sue sofferenze:“Udite, cieli; ascolta, terra, perché il Signoredice: "Ho allevato e fatto crescere figli, ma essisi sono ribellati contro di me. Il bue conosce ilproprietario e l'asino la greppia del padrone,ma Israele non conosce e il mio popolo noncomprende". Guai, gente peccatrice, popolocarico d’iniquità! Razza di scellerati, figli cor-rotti! Hanno abbandonato il Signore, hannodisprezzato il Santo di Israele, si sono voltatiindietro; perché volete ancora essere colpiti,accumulando ribellioni? La testa è tutta mala-ta, tutto il cuore langue. Dalla pianta dei piedialla testa non c'è in esso una parte illesa, maferite e lividure e piaghe aperte, che non sonostate ripulite, né fasciate, né curate con olio. Ilvostro paese è devastato, le vostre città arse dalfuoco. La vostra campagna, sotto i vostri occhi,la divorano gli stranieri; è una desolazionecome Sòdoma distrutta” (Is 1,2-7).Dall’amore per il popolo erompe il cantoispirato della “vigna”, simbolo del popo-lo: “Canterò per il mio diletto il mio canticod'amore per la sua vigna. Il mio diletto posse-deva una vigna sopra un fertile colle. Eglil'aveva vangata e sgombrata dai sassi e viaveva piantato scelte viti; vi aveva costruito inmezzo una torre e scavato anche un tino. Egliaspettò che producesse uva, ma essa fece uvaselvatica. Or dunque, abitanti diGerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giu-dici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fareancora alla mia vigna che io non abbia fatto?Perché, mentre attendevo che producesse uva,essa ha fatto uva selvatica?” (Is 5,1-4).Il profeta annuncia la fine dell’oppressio-ne: “Il Signore degli eserciti ha giurato: "Inverità come ho pensato, accadrà e succederàcome ho deciso. Io spezzerò l'Assiro nella miaterra e sui miei monti lo calpesterò. Allora spa-rirà da loro il suo giogo, il suo peso dalle lorospalle". Questa è la decisione presa per tutta laterra e questa è la mano stesa su tutte le genti.

Poiché il Signore degli eserciti lo ha deciso; chipotrà renderlo vano? La sua mano è stesa, chigliela farà ritirare?” (Is 14,24-27). Nella cer-tezza della liberazione l’animo esulta: “Tudirai in quel giorno: "Ti ringrazio, Signore; tueri in collera con me, ma la tua collera si è cal-mata e tu mi hai consolato. Ecco, Dio è la miasalvezza; io confiderò, non temerò mai, perchémia forza e mio canto è il Signore; egli è statola mia salvezza. Attingerete acqua con gioiaalle sorgenti della salvezza". In quel giornodirete: "Lodate il Signore, invocate il suonome; manifestate tra i popoli le sue meravi-glie, proclamate che il suo nome è sublime.Cantate inni al Signore, perché ha fatto cosegrandiose, ciò sia noto in tutta la terra.Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion,perché grande in mezzo a voi è il Santo diIsraele" (Is 12,1-6). La fede nel Dio dellasalvezza diventa la visione del mondonuovo: “Alla fine dei giorni, il monte del tem-pio del Signore sarà eretto sulla cima dei montie sarà più alto dei colli; ad esso affluirannotutte le genti.Verranno molti popoli e diranno: "Venite,saliamo sul monte del Signore, al tempio delDio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie epossiamo camminare per i suoi sentieri".Poiché da Sion uscirà la legge e daGerusalemme la parola del Signore. Egli saràgiudice fra le genti e sarà arbitro fra moltipopoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, leloro lance in falci; un popolo non alzerà più laspada contro un altro popolo, non si esercite-ranno più nell'arte della guerra. Casa diGiacobbe, vieni, camminiamo nella luce delSignore” (Is 2,2-5). Il Signore è fedele allesue promesse e nel pericolo per le istitu-zioni della società israelitica, Isaia annun-cia a Acaz il figlio della continuità delladinastia davidica che il Signore ha scelto:“il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: lavergine concepirà e partorirà un figlio, chechiamerà Emmanuele” (Is 7,14). Questa è laprofezia richiamata dall’angelo, cheannuncia a Giuseppe la nascita di Gesùdalla sua sposa Maria, la Vergine-Madre(Mt 1,23).

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Lisi Alessandro

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