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GERARCHIA ANNO I NUMERO II RIVISTA METAPOLITICA E CULTURALE DEL SOMMARIO EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE PAG. II PAG. II PAG. II PAG. II IL GRILLO PARLANTE IL GRILLO PARLANTE IL GRILLO PARLANTE IL GRILLO PARLANTE PAG. II PAG. II PAG. II PAG. II AREA 51 AREA 51 AREA 51 AREA 51 PAG. PAG. PAG. PAG. V OSSERVATORIO ITALIA OSSERVATORIO ITALIA OSSERVATORIO ITALIA OSSERVATORIO ITALIA PAG. PAG. PAG. PAG. XI XI XI XIII II II II GLOBAL GLOBAL GLOBAL GLOBALPOLITIK POLITIK POLITIK POLITIK PAG. XX PAG. XX PAG. XX PAG. XX HISTORICA HISTORICA HISTORICA HISTORICA PAG. xxx PAG. xxx PAG. xxx PAG. xxx FORMAZIONE FORMAZIONE FORMAZIONE FORMAZIONE PAG. X PAG. X PAG. X PAG. XXXVI XXVI XXVI XXVII D.V.X. NOBIS D.V.X. NOBIS D.V.X. NOBIS D.V.X. NOBIS PAG. X PAG. X PAG. X PAG. XLIII LIII LIII LIII ALZO ZERO ALZO ZERO ALZO ZERO ALZO ZERO PAG. X PAG. X PAG. X PAG. XLV LV LV LV VITA DEL CENTRO STUDI “SOCIALISMO NAZIONALE” VITA DEL CENTRO STUDI “SOCIALISMO NAZIONALE” VITA DEL CENTRO STUDI “SOCIALISMO NAZIONALE” VITA DEL CENTRO STUDI “SOCIALISMO NAZIONALE” PAG. PAG. PAG. PAG. L

ANNO I NUMERO II · 2013-11-20 · Vogliamo sottolineare una volta ancora la ... perversamente da troppi decenni il concetto di Fascismo con una espressione di geografia politica

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GERARCHIA

ANNO I NUMERO II

RIVISTA METAPOLITICA E CULTURALE DEL

SOMMARIO

EDITORIALEEDITORIALEEDITORIALEEDITORIALE PAG. IIPAG. IIPAG. IIPAG. II

IL GRILLO PARLANTEIL GRILLO PARLANTEIL GRILLO PARLANTEIL GRILLO PARLANTE PAG. IIPAG. IIPAG. IIPAG. II AREA 51AREA 51AREA 51AREA 51 PAG. PAG. PAG. PAG. VVVV OSSERVATORIO ITALIAOSSERVATORIO ITALIAOSSERVATORIO ITALIAOSSERVATORIO ITALIA PAG. PAG. PAG. PAG. XIXIXIXIIIIIIIII

GLOBALGLOBALGLOBALGLOBALPOLITIKPOLITIKPOLITIKPOLITIK PAG. XXPAG. XXPAG. XXPAG. XX

HISTORICAHISTORICAHISTORICAHISTORICA PAG. xxxPAG. xxxPAG. xxxPAG. xxx

FORMAZIONE FORMAZIONE FORMAZIONE FORMAZIONE PAG. XPAG. XPAG. XPAG. XXXVIXXVIXXVIXXVIIIII D.V.X. NOBISD.V.X. NOBISD.V.X. NOBISD.V.X. NOBIS PAG. XPAG. XPAG. XPAG. XLIIILIIILIIILIII

ALZO ZEROALZO ZEROALZO ZEROALZO ZERO PAG. XPAG. XPAG. XPAG. XLVLVLVLV

VITA DEL CENTRO STUDI “SOCIALISMO NAZIONALE”VITA DEL CENTRO STUDI “SOCIALISMO NAZIONALE”VITA DEL CENTRO STUDI “SOCIALISMO NAZIONALE”VITA DEL CENTRO STUDI “SOCIALISMO NAZIONALE” PAG. PAG. PAG. PAG. LLLL

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II

EDITORIALEEDITORIALEEDITORIALEEDITORIALE

1.000 invitati x 1.000 euro ognuno (alla faccia di chi sta perdendo posti di lavoro stipendiati suppergiù per la stessa cifra che deve durare 1 MESE !) é stata la kermesse organizzata a Roma per il lancio della campagna elettorale della Polverini con Silvio Berlusconi con invitati d'onore il sindaco dell'Urbe Alemanno e la sua consorte Isabella Rauti. Non ci interessa la cronaca, le battute d'ordinanza e l'incoerenza dei soliti noti; non ci interessa pensare che probabilmente anche la competitrice Bonino avrà modo di procedere sulle stessa falsariga di una campagna elettorale molto "american way of life". Vogliamo sottolineare una volta ancora la necessità che di fronte all'ostentazione di "casta" la risposta popolare deve essere sempre più dura e decisa. Noi lo faremo e non solo come Centro Studi perché diventa a questo punto basilare non perdere - almeno noi - la bussola e confermare la necessità di un inizio di azione rivoluzionaria che parte anche dai piccoli gesti di DISOBBEDIENZA CIVILE come é e sarà il concetto pratico di NO VOTO. Altro che consulte e ennesimi aborti di creazione di "area" .........a DESTRA del PDL. Ci vuole ben altro e soprattutto ci vuole un taglio netto al cordone ombelicale che lega perversamente da troppi decenni il concetto di Fascismo con una espressione di geografia politica. Occorre concepire una realtà aggregativa SENZA PUNTI CARDINALI come era nel pensiero di Uomini Liberi il cui credo é oggi abusato da persone farisaiche, ormai senza scrupoli intellettuali e dignità, che potranno forse irretire qualche giovane senza appropriata cultura politica ma che escono definitivamente e mestamente di scena dalla nostra linea di orizzonte.

Eppure ci sono invece altri antichi Maestri che indomiti non cedono né all'atero-sclerosi politica né all'incedere inesorabile dell'anagrafe e con loro siamo disposti a condividere la trincea sulla linea del fronte che dividerà le forze della plutocrazia usurocratica ed i loro servi e collaboratori da TUTTI -come noi - estremi difensori della libertà della Stirpe, della Tradizione e della Civiltà indoeuropea. Inizierà una presumibile fase in cui dovranno terminare una volta per tutte le ambiguità, dove non ci sarà spazio per "amici" interessati perché conterà solo il senso di COMUNITA' ed il rapporto umano che in esso si trasfigura e - soprattutto - dove verrà identificato senza possibilità di interpretazione soggettiva il NEMICO contro cui rivolgere ogni azione metapolitica e/o militante. Lo studio svolto sulle Regole Comunitarie potrà certamente essere usufruito come traccia di approccio fattibile tra distinte realtà coese e concordi sul concetto complessivo IDENTITARIO, SOCIALE, NAZIONALE che ha le sue fondamenta nel progetto di quelle "Tre Liberazioni" disattese in modo palese da guide incapaci ma non per questo disperse nella coscienza degli Uomini Liberi. Maurizio Canosci

IL GRILLO PARLANTEIL GRILLO PARLANTEIL GRILLO PARLANTEIL GRILLO PARLANTE

CONTRO LA RASSEGNAZIONE

Gli ultimi fatti di Milano, sommati a quelli ormai tristemente noti di Rosarno, non possono non farci rilevare la pochezza del nostro Stato, e, purtroppo, la manchevole rassegnazione di gran parte della popolazione italiana.

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III

Come se non bastasse, e’ pure arrivata anche la bomba mediatica sulla Protezione Civile ad intorbidire le acque prospicienti ai prossimi Ludi Cartacei di marzo. Non vogliamo entrare nel merito di queste vicende di cui ampiamente stanno occupandosi i giornali e le televisioni, ma preferiamo soffermarci sull’appiattimento cerebrale che sta pervadendo larghe fasce dell’opinione pubblica italiana. Gli italiani, grazie alle abili mosse dei massmediologi destri e sinistri, sono ormai completamente bipolarizzati politicamente, in una sorta di lobotomizzazione ideologica genericamente diffusa. Il faraone di Arcore in questo senso, con le sue (certamente studiate) dichiarazioni ha fatto di questa opera di bipolarizzazione ormai il suo credo politico. In nome di un ormai inutile e superato anticomunismo ha lanciato il grido “O con noi O contro di noi”, ed in tal senso il volgo si e’ schierato di conseguenza. Fra gli elettori, anche chi e’ sanguinariamente ed onestamente contro Berlusconi non si e’ reso minimamente conto di aver fatto invece il gioco di entrambi gli attori della partita, che parimenti spingono il proprio elettorato verso una bipolarizzazione tipica degli schemi politici anglosassoni. Lo stesso PD scimmiotta i comportamenti dei Democratici americani, ora con frasi quasi ridicole del tipo “Yes We Can”, ora proponendoci comizi elettorali dello stesso gusto estetico di quelli obamiami. Una vera tristezza vedere che un partito con una tale tradizione politica (erede del PCI) non riesca a propugnare nel 2010 una SUA IDEA ORIGINALE ma si limiti ad osannare il Messia Nero e ad organizzare la propria opposizione insieme ad un tristo personaggio come Di Pietro, che ormai ci ricorda il piu’ bieco dei Robespierre, di cui sappiamo tutti quale fu il tristo destino. Ma quali sono le vere colpe “politiche” che possiamo addossare in questo momento agli italiani ?

Un aspetto poco delineato nei commenti giornalistici di questi giorni e’ il fatto di notare come la rissa milanese tra etnie tra etnie diverse sia un fenomeno tipico di quei paesi (ex colonialisti) mondializzati e anglomassonici come lo sono USA e Inghilterra, dove spesso la globalizzazione etnica tanto conclamata sfocia in veri e propri drammi sociali e urbani. Il cardine del discorso e’ proprio questo: i due grandi partiti italiani (grandi per numero e non certo per qualita’) stanno spingendo la massa elettorale verso questo schema politico perennemente contrapposto. Il problema principale sta nel fatto che gli Italioti concittadini, un po' dispiace dirlo, ci stanno cascando come dei fessi, inseguendo ora questo ora quel politico nei loro farneticanti e ripetitivi spot elettorali tesi ESCLUSIVAMENTE al mantenimento del consenso bipolare e non alla REALE SOLUZIONE dei problemi. E allora ci chiederete: cosa puo’ fare un cittadino elettore per ribellarsi ? Il cittadino deve saper scegliere e soprattutto: - non puo' inseguire la Lega nelle sue derive razziste, che, ovviamente, non vengono nemmeno lontantamente poste in atto una volta al governatorato comunale e regionale. Inutile sbraitare DALLI AL TUNISINO e poi veder tollerare quelle scene da far west. - non puo' che deridere le parole della Moratti che indicava come colpevoli i governi di centro sinistra (!!!! 1 anno in carica dal 2001 ad oggi), come se la legge non portasse il nome di BossiFini - non puo' inseguire la Chiesa Cattolica che nella sua logica mondialista, trova negli extracomunitari vero serbatoio di nuovi fedeli, senza minimamente rendersi conto che una politica immigratoria senza freni portera’ soltanto alla creazione di veri e propri ghetti, degni delle Banlieue parigine.

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IV

- non puo' inseguire la sinistra giustizialista e collusa che trova collante ed idee solo nel nome dell'antiberlusconismo militante e si fa propugnatrice di idee malsane, volendo far diventare l'italia un magazzino di stoccaggio di materiale cinese, gestito da extracomunitari. Fatto questo, il cittadino italiano deve capire e deve spingere con i mezzi a sua disposizione la classe politica a trovare la giusta soluzione per i problemi piu’ rilevanti. Un esempio ? Prendiamo il tema immigrazione: ci pare opinione sensata poter affermare che l'unico modo per dare dignita' a questi immigrati, e' non vietare il loro ingresso nel nostro paese, e cercare di dare loro dignita' e istruzione nel proprio paese natio. E’ l’ora di finirla con spot politici pro e contro l’immigrazione indiscriminata che portano soltanto a sterili dibattiti politici e ZERO SOLUZIONI; molti ancora non capiscono che rischiamo di far diventare le nostre grandi citta’ come alcune triste metropoli mondiali, stracolme di quartieri dove la poverta’ e la delinquenza regnano sovrane. Il primo intervento da fare e’ garantire la sicurezza degli italiani e dei NON italiani. Dobbiamo dimostrare con autorevolezza ed imporre la nostra CIVILTA’; invece di mandare i nostri ragazzi a morire in Aghanistan per una guerra di ALTRI, dovremmo farli tornare immediatamente a presidiare le NOSTRE citta', e farli camminare in mezzo alla NOSTRA gente per garantire la tranquillita’ e la serenita’ di tutti: ITALIANI e NON. Dobbiamo dimostrare agli stranieri che entrano nel nostro paese che stanno vivendo in un paese civile, moderno, ordinato e SERIO. Il tema immigrazione ci e’ servito anche per esporre un altro grosso problema: gli Italiani NON VEDONO. Ci piacerebbe sapere quanti realmente riescono a CAPIRE i rischi di una nuova guerra fredda Cina-Usa ?

Quanti capiscono cosa stia realmente succedendo in Iran ? Quanti si immaginano le conseguenze di un conflitto Israele-Iran ? Ovvio, nessuno pretende che il popolo italiano diventi un popolo di fini Analisti di Geopolitica, ma quantomeno l’informazione pubblica avrebbe il DOVERE di garantire quel minimo di informazione imparziale, tesa a rendere neutrale e ragionata l’opinione degli ascoltatori. Ma questa e’ una pia illusione: basta aprire un telegiornale a caso e vedere in che modo viene impostata e pilotata l’opinione pubblica nella questione Iraniana. Sveglia! Forse non e’ ancora il momento di scendere in piazza, ma…e’ SICURAMENTE arrivato il momento di PENSARE LIBERI, OSSERVARE CON ATTENZIONE, ANALIZZARE, e quindi, SCEGLIERE in modo RAGIONATO. Dobbiamo smettere di essere un popolo del “volemose bene” o del “so’ fratell’a noi”. Possiamo lanciare queste frasi nel momento in cui c’e’ da soccorrere terremotati o derelitti, ma non si puo’ usare questo metro di giudizio per soprassedere sulle malefatte dei POLITICANTI BIPOLARI (loro si’) Italioti. Il primo passo da fare per i prossimi Ludi Cartacei e’ NON VOTARLI in una sorta di sollevazione elettorale democratica. Inutile andare alle urne al grido “Il voto e’ un diritto per cui in molti si sono battuti!”. Questa frase populista potrebbe avere un senso se la classe politica e lobbystica italiana fosse un’altra e se l’OFFERTA fosse degna, e non quella che osserveremo nelle liste delle prossime Elezioni Regionali di Marzo. In quell’occasione vedremo se gli italiani cominceranno ad essere STANCHI di essere presi in giro. Rick B

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V

AREA 51…I FASCIO-ALIENI

LETTERA APERTA DI AREA DESTRA ALL’”AREA DESTRA”!

L’esecutivo nazionale di AREA DESTRA ha indirizzato a Luca Romagnoli, Daniela Santanché, Adriano Tilgher, Piero Puschiavo, Teodoro Buontempo e Francesco Storace la seguente lettera aperta: “Nelle prossime settimane, data la scriteriata politica della componente ex-An del Popolo delle Libertà che, di fatto, ha privato definitivamente di ogni contenuto programmatico e ideale genuinamente di destra l’azione dell’attuale governo, si apre per tutti i movimenti di area una prospettiva irripetibile. Concretizzare – come le militanze chiedono da tempo – l’unificazione dei movimenti in vista delle prossime elezioni regionali, anche con accordi ancora prevalentemente “tecnici”, ma nella

prospettiva sincera di una futura fusione politica – stante il raggiungimento o la possibilità di raggiungere collegamenti con la PdL – significherebbe e significa dare la possibilità alla Destra italiana di ritornare ad avere sicuramente una rappresentanza istituzionale diffusa omogeneamente sull’intero territorio nazionale, precostituendo la base per un grande rilancio della presenza della Destra stessa sulla scena politica italiana. Perseverare nella divisione delle sigle - in questo frangente di profonda debolezza delle forze che hanno ancora la possibilità di usurpare la fiducia dell’elettorato di destra – comporterebbe e comporta un’assunzione di responsabilità che diventerebbe ancor più pesante e ingiustificabile qualora questa frammentazione portasse ancora una volta al sottodimensionamento della rappresentanza dell’area. Dal congresso di scioglimento del Msi-Dn a Fiuggi, la storia della Destra italiana esterna ad An è stata una vicenda articolata nei soggetti politici e nelle personalità che vi hanno operato, portando ciascuno sia contributi importanti sia carichi di problematicità. Oggi, tutti dovrebbero accantonare e dimenticare le ragioni di divisione politica e i motivi di attrito umano, assumendo la prospettiva unitaria e la possibilità di cogliere un risultato solo fino a qualche mese or sono insperabile quale unico faro per l’immediata navigazione nel mare politico-elettorale, nella consapevolezza che ogni sacrificio eventualmente sopportato sarà ampiamente ripagato dalla incommensurabile soddisfazione di aver ridato alla Destra italiana dimensione, agibilità, rappresentanza istituzionale e quella dignità politica e ideale che, da troppo tempo, la società italiana e gli elettori sembrano non riconoscere più ad essa”.

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VI

NO GRAZIE ! Leggiamo dei comunicati di "Area Destra" e formuliamo un nostro commento. Di primo acchito balza all'occhio un perdurare di un errore di fondo da cui se non ci si trae fuori immediatamente diventa irricevibile ogni proposizione, e non é solo una semplice questione di semantica: "Area Destra ritiene che la creazione del partito unico della DESTRA italiana......" 1° osservazione: é fuorviante in questa fase strutturare un "partito", peggio che mai che voglia intendere una "unicità di destra". Non é stato questo storicamente il ruolo svolto, tanto per non fare nomi, né dal Fascismo né dal Nazionalsocialismo (che in quella fase congiunturale e storica ovviamente avevano necessità di essere "partito" ma innovando e stravolgendo il vecchio schema "sinistra" e "destra" facendo convogliare su di essi elementi trasversali che riconoscevano la novità progettuale di una Terza Via). 2° osservazione: con tutto il rispetto per taluni non mi sembra di rilevare alcun carisma di personalità che abbiano inciso in questi anni profondamente sul tessuto socioculturale e politico della cosiddetta "comunità umana" riferente al progetto socialnazionale tenendo conto che molti hanno promosso o subito fasi alterne di partecipazione a situazioni, movimenti, partiti spesso in forte contraddizione e creando ulteriore frammentazione e che nell'occasione della "costituente" di Viterbo NON seppero cogliere - allora - una occasione irripetibile di riunione di tutte le componenti sociali e nazionali antagoniste ed alternative sia alla "sinistra" che alla "destra. 3° osservazione: la caduta "di stile" di voler comunque arrivare ad un approccio elettoralistico imminente (differente il discorso se ci si fosse correttamente impuntati per organizzarsi eventualmente in

"bacino di consenso univoco" per le politiche generali del 2012 contrario ed alternativo sia alla sinistra che alla destra), accettando invece come al solito la purga "tecnica" di eventuale concorso con il "partito delle libertà"....LIBERALCAPITALISTA, ATLANTICO, FILOSIONISTA, ANTIEUROPEO perché di fatto in profondità ANTINAZIONALE (al servizio cioé di interessi geostrategici della cupola usurocratica apolide) dimostra sin da ora l'incapacità a recidere definitivamente il cordone ombelicale con questa "democrazia" cinica e bara. (sintomatica a questo proposito la lettera aperta indirizzata tra gli altri a gente come Storace, Santanché, Buontempo, Romagnoli ecc.ra, ecc.ra per voler diventare la "nuova" .......AN !) 4° osservazione: la chiosa finale in cui si straparla poi di voler - a parole - combattere contro il "trattato di Lisbona" e la cupola di cui sopra evidentemente stride (per non dire peggio !) con la realtà dei fatti. 5° osservazione: il partito unico della DESTRA esiste già, si chiama Popolo delle Libertà, sta governando e probabilmente governerà anche nei prossimi anni se il POPOLO non ri ribellerà, contiene giustamente molte anime, ha dalla sua mezzi, propaganda e coperture internazionali ai massimi livelli a fronte dei "servigi" che offre, é rassicurante perché ANTIFASCISTA, non attacca né l'usura, né la supremazia economica rispetto alla POLITICA, ed é confacente al rapporto coloniale planetario in essere. Ogni altra considerazione si annulla in questo e mi chiedo perché non confluiscano TUTTI lì dentro ma una risposta c'é;...............lì lo spazio é già occupato !

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VII

Conclusioni: noi essendo e volendo rimanere un umile laboratorio di acculturamento storico-politico, di proposizione metapoltica (e se mai decidessimo di rinnovarci in un diverso contesto diventeremmo, al più fronte politico di liberazione nazionale) lasciamo giocare alla tombola elettorale costoro e continuiamo per la solita LINEA RETTA. Certamente dati i presupposti coloro che approderanno a liste e listarelle, ancorché "unitarie", a sostegno della Destra economica al governo di questo disgraziato paese per noi saranno da quel momento in avanti collusi con il NEMICO e dunque non più credibili ovviamente per qualsiasi futuro. Non é una minaccia, é semplicmente una promessa giurata. Non ho sentito ancora gli esimi pareri e consigli del nostro "decano" e del nostro "filibustiere" che ci sono cameratescamente vicini nella nostra quotidiana lotta delle Idee ma sono convinto, come già successo sempre in passato, di essere sicuramente sintonizzato sulla stessa lunghezza d'onda. Maurizio Canosci

ALLA DESTRA DEL PADRE ?

COMUNICATO DI ROBERTO FIORE ADESIONE ALLA CONSULTA DI AREA DESTRA Ho assistito ai lavori di Area Destra tenutisi a Roma il 10 Gennaio. Contestualmente ho ritenuto opportuno aderire alla Consulta per l' Unità dell' Area come segnale di buona volontà politica, consapevole che questo strumento può sicuramente avviare in Italia la formazione di un'alternativa nazionale ai due poli.

I prossimi impegni elettorali e non, saranno sicuramente un occasione in cui le basi dei diversi Movimenti potranno collaborare sul territorio e forgiare una nuova classe politica determinata e preparata. Roberto Fiore FN

ANCHE IL MS-FIAMMA TRICOLORE ADERISCE ALLA “CONSULTA PERMANENTE PER L’UNITA’

DELLA’AREA” Area Destra saluta con soddisfazione l’adesione della Fiamma Tricolore – nelle persone del segretario Nazionale On. Luca Romagnoli e del portavoce Roberto Bevilacqua – alla Consulta per l’Unità dell’Area da essa promossa. Con l’adesione della FT, in seguito a quella di Forza Nuova (On. Roberto Fiore) e del Movimento Nazional Popolare (Prof. Nicola Cospito), si concretizza il primo importante obiettivo che si era prefissata Area Destra: riunire attorno allo stesso tavolo le forze dell’area politica a destra del PDL. Alla prossima riunione della Consulta, Area Destra porterà un proprio documento politico, da valutarsi assieme alle proposte degli altri movimenti e partiti, come base di discussione per individuare i grandi temi condivisi attorno ai quali costruire il percorso comune. Il progetto unitario promosso da Area Destra si conferma ancora una volta l’unica grande novità alternativa al PDL e procede a passo spedito verso la costituzione di quel Blocco Nazionale tanto auspicato dalle basi di tutti i partiti e movimenti che non vogliono morire democristiani. 09 febbraio 2010

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VIII

APPELLO PER UNA SFIDA

Le prossime elezioni regionali del Lazio aprono la possibilità per una storica sfida non di mera sopravvivenza; si apre infatti la possibilità di una forte affermazione. Infatti, i due partiti egemoni hanno presentato due personaggi assai simili tra loro (effetto tipico del bipolarismo). Emma Bonino, espressione del'ala più becera del laicismo, del liberismo, dell'atlantismo guerrafondaio oltre che corifera della cultura della morte e dell’abortismo più abietto, rappresenta un Partito Democratico sempre più debole e sul viale del tramonto. Sull’altro, apparentemente opposto, versante, il Partito della Libertà è rappresentato da Renata Polverini, figlioccia politica di Gianfranco Fini, anch’egli atlantista estremo, laicista, liberista in economia e libertario nell’”etica”. Renata Polverini ha recentemente, in più occasioni, ribadito il suo appoggio alla famigerata legge 194, responsabile dell’aborto di oltre 5 milioni di bambini italiani; non contenta, ha sostenuto la pillola abortiva e il riconosciuto giuridico, con gli inerenti vantaggi economico-sociali, per le coppie di fatto (anche omosessuali). Inoltre, le due candidati sono strutturalmente estranee al cuore di Roma che, in questo, momento batte nelle periferie e nelle borgate romane e nei comuni della cintura oltre il Raccordo Anulare che vivono nell’abbandono sociale causato da disinteresse di tutte le amministrazioni che si sono succedute negli ultimi decenni. Vittime, per giunta, del recente assurdo Piano-Rom di Alemanno e degli illegittimi sequestri di case nelle zone di Riano e S. Angelo Romano. Forza Nuova, con la mia candidatura a Governatore del Lazio, si presenta agli elettori in questo delicato momento come forza di radicale di giustizia sociale e di

adesione ai principi tradizionali del nostro popolo. Pertanto mi rivolgo a tutte quelle forze che non hanno accettato per dignità e scelta di principio la logica del bipolarismo, perchè creino assieme a noi non solamente un fronte di forze elettorali, ma soprattutto una coesione di militanza e di fede capace in questo momento di ribaltare gli equilibri e di spostare energicamente l' asse politico verso i principi che hanno reso l' Italia grande nel passato e grande la renderanno nel futuro. On. Roberto Fiore

AREA DESTRA RISPONDE ALL’APPELLO DI R.FIORE

Il Movimento Politico Area Destra aderisce all’Appello dell’On. Roberto Fiore di Forza Nuova che chiama a raccolta “tutte quelle forze che non hanno accettato per dignità e scelta di principio la logica del bipolarismo, perchè creino assieme a noi non solamente un fronte di forze elettorali, ma soprattutto una coesione di militanza e di fede” e convoca una Conferenza Stampa presso l’Hotel Nazionale, Venerdi 12 Febbraio alle ore 12,00, dove si confermerà la partecipazione del Movimento alla Campagna Elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale della Regione Lazio. Area Destra fedele ai principi enunciati nello statuto del movimento si prefigge l’unità dell’Area e la formazione di un unico grande partito di destra, alternativo e di governo. Le strumentali affermazioni di esponenti che si autodefiniscono di “Destra” ma praticamente già militanti della Pdl, sono contestabili e discutibili: oggi sia La Destra di Storace che il Movimento di Daniela Santanchè sono come da dichiarazione del Presidente del Consiglio Berlusconi, componenti della Pdl, ovvero piccole correnti che hanno già di fatto subito

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IX

dalla candidata Presidente Polverini degli out out a cui prontamente hanno obbedito. E’ ora che si finisca di “vendere i valori di Destra” in cambio di accordi elettorali e personali. Le forze di Destra che si trovano schierate al di fuori di questo sistema praticamente bipolarista, hanno l’obbligo ed il dovere di rispondere all’appello per l’Unità dell’Area e formare un’unica grande coalizione, non solo a livello regionale ma nazionale. Area Destra ha già raccolto adesioni alla “Consulta per l’Unità dell’Area” ed in nome della tradizione e dell’identità delle forze sane di questo paese, chiama alla mobilitazione della nostra area considerata a torto “politicamente scorretta”. Alessandro Pucci – Andrea Urso Esecutivo Politico di Area Destra 04 Febbraio 2010

IL CENTRO STUDI

RISPONDE ALL’APPELLO Camerata Roberto, abbiamo letto il tuo appello e condividiamo totalmente la tua disamina; ciò che rivolgi in ultima istanza nel finale ci troverebbe naturalmente portati a rispondere: Presente !, ma c’è qualcosa che non ci permette – al momento – di essere così perentori e riguarda appunto la scelta “elettoralistica” che seppur in solitudine (e questo almeno fa onore a te ed al movimento che guidi) anche Voi ritenete di fare e che rimane invece per noi indigeribile, soprattutto se si pensa che trattasi di elezioni per un ente come la Regione che come sai rappresenta per la nostra concezione politica un elemento fuorviante l’approdo ad un progetto alternativo di realizzazione dello Stato Nazionale del Lavoro.

Insomma per essere schietti come è nostra abitudine; tutto può essere fatto se condiviso sul piano etico, su un codice d’onore a cui attenersi, sulla volontà dell’interesse Comunitario e non di fazione e personalistico, ma sempre perseguendo un fine strategico politico e non di mera rappresentanza nelle istituzioni (soprattutto se istituzioni di valore nullo, dal nostro punto di vista, culturalmente e storicamente parlando). Invitiamo a questo proposito - te ed altri che lo volessero – a leggere con attenzione la nostra pagina web relativa alle “Regole Comunitarie" il cui collegamento trovate qui più sotto. Perciò la nostra motivazione a invitare all’astensione del voto (per CHIUNQUE, ivi Voi compresi), per le prossime elezioni regionali rimane in tutta la sua valenza di opposizione ad ogni tentativo di “sgretolamento nazionale”. Dopo marzo ed in vista di un’azione prorompente per le elezioni politiche generali del 2013, purché determinata finalmente a dimostrare che c’è ancora chi si sente Popolo Italiano e non “colonia italiota” - e non semplice “testimonianza” - siamo a disposizione per un confronto serrato e senza ipocrisie. Anche con Voi così come con molti altri purché NON sia la solita raffazzonata “convergenza elettorale” dell’ultima ora né la strutturazione di una “area” - e peggio che mai una riserva indiana di “destra” - che di fatto NON esiste. Ciò a maggior ragione dopo le dichiarazioni pronunciate da un presidente del consiglio italiota in un parlamento di apolidi per la qual cosa la linea del fronte ora è stata spostata oltre ogni limite della “Terra dei Padri”, e non è più - come in passato – quella che divideva anticomunisti ed antifascisti; che divideva destra e sinistra.

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X

Oggi ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che la linea di combattimento demarca la RESISTENZA NAZIONALE contro l’OCCUPAZIONE; demarca chi vuole rimanere e vuole difendere i diritti suoi e dei Figli da UOMO LIBERO contro chi accetta il ruolo di “COLLABORATORE” (se non peggio !); insomma chi vuole restare sé stesso (nell’ottica di appartenenza ad una Civiltà che NON è quella “occidentale” ma quella della Stirpe millenaria indoeuropea trascendente) e chi accetta di divenire schiavo - consapevole o meno - dell’usura apolide (anch’essa sì millenaria, ma nella sua diabolica espressione materiale). Vogliamo essere sinceri fino in fondo; temiamo che ormai molti abbiano intrapreso strade che tracciano un solco profondo e invalicabile, ed in questo caso mi riferisco ad altre realtà ormai prese nel vortice del “marketing sociale” (o da “pirati della tortuca” come preferiscono indicarsi assomigliando però più ai “corsari” - che agiscono con “lettera di corsa” a scorribande più o meno lecite su procura di un “Potere assoluto” - che ai Ribelli caraibici) e difficile sarà dopo marzo ricolmarlo ma non precludiamo nulla alla provvidenza. Certamente sappiamo pure che sulla linea del fronte potremo trovare invece altri Combattenti che da altro sentiero saranno giunti alla medesima consapevolezza e non avremo timori a continuare la battaglia con chi dimostrerà il suo valore ed avrà in comune con noi il Nemico di fronte alla nostra trincea, anche perché liberatisi finalmente dal falso mito dell’antifascismo ormai appannaggio solo dei servi. Questo almeno per quanto riguarda noi del Centro Studi Socialismo Nazionale che non pretendiamo di essere depositari di verità ma rimaniamo fermi nel concetto di mistica del Soldato Politico al servizio della Comunità Identitaria (e non deleteria volontà di

protagonismo egoistico nella società dei consumi) in continuità ideale con le espressioni storiche rivoluzionarie socialnazionali da cui traiamo insegnamento e linfa. Eja.

Il portavoce nazionale pro-tempore Maurizio Canosci

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GERARCHIA ANNO I. NUMERO II.

XI

LA PATETICA APERTURA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE “LA DESTRA” L’inno del partito La Destra e le bandiere sventolate, nella sala del cinema Gregory di Roma, hanno aperto la cerimonia per l’apertura della campagna elettorale di La destra che, alle prossime elezioni regionali nel Lazio, sosterra’ la candidata del Pdl Renata Polverini. Terminato l’inno, dopo il saluto al segretario del partito Francesco Storace e alla stessa Renata Polverini e’ stata ringraziata per la sua presenza Donna Assunta Almirante. Dopo gli applausi, un piccolo gruppo di sostenitori del partito ha gridato il nome “Giorgio” alzando il braccio destro e facendo saluto romano. Tra gli altri personaggi politici presenti in sala, sono stati ringraziati il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro, il senatore Giuseppe Ciarrapico, il presidente del partito Teodoro Buontempo e il segretario regionale Pdl Vincenzo Piso. Poi è seguito il saluto di donna Assunta, che si è alzata in piedi. È stato allora che un piccolo gruppo di sostenitori del partito, circa una decina di persone, ha risposto con la mano tesa, al grido «Giorgio, Giorgio». Storace ha concluso cosi’ il suo intervento: “Sono felice di essere qui oggi, sono felice di cedere la parola a Renata Polverini, sarò ancora più felice quando ad aprile ti accompagneremo alla presidenza della Regione. Non curarti degli attacchi. Li polverizzeremo!” (23 gennaio 2010)

FASCISTERIA BIANCA I partiti ed i movimenti che fanno parte della coalizione elettorale che sostengono la candidatura di Giuseppe Scopelliti a Governatore della Calabria per le prossime elezioni regionali del 28 e 29 marzo hanno

sottoscritto un documento che fissa i criteri di scelta dei candidati al Consiglio regionale. Il documento e’ stato sottoscritto dal coordinatore regionale del PdL e dai segretari di Rifondazione D.C., Alleanza di Centro, La Destra, Riformisti Cristiani, Movimento per la salute, Movimento per l’Italia, Fiamma Tricolore, Movimento Calabria, D.C., Partito Democratico Cristiano, Lista Scopelliti.

IANNONE (CASA POUND): CON LA POLVERINI PER CHIEDERE

PROPOSTE POLITICHE INNOVATIVE “Siamo coscienti che, al giorno d’oggi, la politica, quella elettorale in particolar modo, sia relegata in una ottica mercantile: sostegno, o non intrusione, in cambio di una qualche prebenda.Tuttavia noi rifiutiamo e combattiamo questo sistema perverso e lo facciamo con gesti consoni a cio’ che CasaPound Italia e’: una associazione di promozione sociale creata allo scopo di diffondere una proposta politica alternativa a quella attuale”. Lo afferma il presidente di CasaPound Italia, Gianluca Iannone, in merito alle prossime elezioni regionali nel Lazio. “CasaPound Italia – spiega Iannone – non puo’ essere colta dal male dei reietti, la ‘candidite’, ne’ afflitta dalla sete di prebende, qualunque forma esse abbiano. Dai candidati che abbiamo scelto – Luca Malcotti a Roma e Adriano Palozzi in provincia – abbiamo ricevuto condivisione sui quattro punti che, ad oggi, qualificano la nostra attivita’ politica: Mutuo Sociale, Tempo di Essere Madri, Accreditamento personale nel campo della disabilita’, reinserimento di chi e’ stato colpito da misure restrittive della propria liberta’ personale”. “Forse il nostro appoggio verra’ dimenticato il giorno successivo alle elezioni, o forse diverremo interlocutori privilegiati nei contesti citati. Non ci e’ dato conoscere il

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XII

futuro, ma il presente e’ assai chiaro: chi a Roma costituisce il primo movimento studentesco, il movimento politico con maggior seguito e militanza, la struttura con maggior popolarita’ mediatica, non puo’ relegare se stesso a ruoli di mero autocompiacimento o, peggio, di sciocco protagonismo. Il nostro dovere e’ anche quello di incidere sugli equilibri della politica romana, consapevoli che CasaPound Italia e’ preparata, ma non votata, ad affrontare cammini politici solitari in futuro”.

CAMERATI DELLA PORCHETTA

Celori (PDL) regala calendario del Duce in campagna elettorale. Il duce in marsina, cilindro e posa gladiatoria campeggia sulla copertina. Affianco, stampato in caratteri cubitali, il titolo del lunario distribuito in centinaia di copie a ogni appuntamento elettorale: “Calendario storico 2010 – LXXXVII E.F.”. Ovvero ottantottesimo anno dell´Era Fascista: iniziata nel 1922 con la marcia su Roma ed evidentemente mai finita per il candidato Pdl in consiglio regionale Luigi Celori, autore del nostalgico cadeau destinato a militanti che come lui non rinnegano. Né il passato né le gloriose origini. Riassunti nel distico riportato in basso: «Dovete sopravvivere e mantenere nel cuore la fede. Il mondo, me scomparso, avrà bisogno ancora dell´idea che è stata e sarà la più audace, la più originale (…). La storia mi darà ragione». Firmato: Benito Mussolini. Il suo lascito morale, l´eredità politica. Che l´ex capogruppo di An alla Pisana, in corsa per un terzo mandato, non ha alcuna intenzione di ripudiare. Alla faccia di Gianfranco Fini e del suo giudizio sul Ventennio «male assoluto». Di Berlusconi e dei forzisti che camerati non lo sono stati mai. E persino di Renata Polverini,

che dopo aver ottenuto il ritiro di Adriano Thilgher (già condannato per ricostituzione del partito fascista) dalle liste della Destra, si ritrova ora sotto lo stesso tetto un appassionato supporter del duce. Talmente fiero di quel che pensa, il consigliere Celori, da tradurlo in materiale elettorale. Il suo indirizzo internet stampato su ogni pagina per evitare confusioni o errori: l´idea è sua, e se ne vuol vantare. Sfogliare il calendario, summa apologetica di Benito Mussolini e relative gesta, è come fare un salto indietro nella storia. Per ogni mese un fascio littorio, una ritratto in bianco e nero, uno slogan fascista: «I lavoratori devono amare la Patria. Come amate vostra madre…». «Molti nemici molto onore». «Credere, obbedire, combattere». A gennaio ecco il Duce in divisa, accanto ai contadini; appare di profilo e con l´elmetto, ad aprile, intento a leggere un dispaccio; in abito scuro e bombetta a luglio; a dicembre col braccio teso, insieme a tre ragazzini che lo imita nel saluto romano. Quasi tutti i giorni scanditi da un avvenimento del Ventennio: l´11 febbraio si segnala che nel «1929 Mussolini e il cardinal Gasparri firmano i patti lateranensi»; il 12 marzo che nel «1940 Mussolini annuncia l´intervento dell´Italia a fianco della Germania»; il 28 aprile – evidenziato in verde – che nel «1945 viene assassinato a Giulino di Mezzegra». E via così. L´esaltazione del fascismo che non muore perché «è l´idea, la storia mi darà ragione». fonte: repubblica.it 17.02.2010

NDR: Ogni commento e’ superfluo. Finche’

ci saranno questi camerati porchettari della domenica, mistificati fra le file del partito che vanta il maggiore elettorato, ogni dibattito ed analisi seria su argomenti di carattere storico, sara’ relegata a pura buffonata.

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XIII

OSSERVATORIO ITALIAOSSERVATORIO ITALIAOSSERVATORIO ITALIAOSSERVATORIO ITALIA

E’ INIZIATA

LA GUERRA FRA POVERI I fatti di Rosarno ci indicano che l'inizio della guerra "tra poveri" é ormai un dato drammatico ed attuale; d'altra parte l' Usurocrazia ha previsto anche questo per distogliere la gente da problemi molto gravi che si stanno accumulando e di cui sono i responsabili e di cui faticosamente la coscienza di molti comincia a percepirne la putrefazione. E' il momento della partita più importante perché da un lato occorre certamente affrontare le emergenze e dall'altro non va perduta la linea d'orizzonte. Iniziamo dall'emergenza: - occorre demolire sempre più velocemente questo "stato di diritto democratico ed antifascista" che é il principale sfruttatore del dramma del lavoro sottopagato attraverso l'immigrazione. Lo si può fare civilmente con l'astensione da ogni tipo di ludo cartaceo che ci viene propinato ad ogni istante (a partire dalle prossime elezioni regionali) per togliere aria al sistema che vive del'ossigeno elettoralistico; - occorre intervenire "manu militare" per annientare l'anti-stato criminogeno che é uno degli attori di gestione dello sfruttamento del dramma del lavoro sottopagato attraverso l'immigrazione; - occorre cessare immediatamente ogni forma di accettazione della "clandestinità" in ogni sua forma su cui criminalità organizzata, economia, organizzazioni "caritatevoli" non governative, governo-maggioranza-falsa opposizione da anni speculano e ingrassano tra "caporalato", "assistenzialismo", "lavoro sottocosto", "tasse e sanatorie e burocrazia". - La linea d'orizzonte: ripristinare il Valore della dignità umana quale componente

essenziale di contributo organico di ogni individuo appartenente ad una Stirpe Identitaria finalizzata, nella propria azione quotidiana riconosciuta e sostenuta, alla crescita prosperosa di una Comunità Etica che diviene Stato Nazionale del Lavoro e questo può avvenire solo con la consapevolezza di ogni realtà territoriale a riconquistare la propria Libertà di Uomini che avviene solo se si comincia a comprendere bene chi é il Nemico da sconfiggere e rammentare la propria memoria storica avulsa dal falso schema del "male assoluto". Maurizio Canosci

G.FINI: «LE IDEOLOGIE SONO

FINITE E I PARTITI SONO UN

RICORDO» Le ideologie del secolo scorso sono finite, portando di conseguenza alla fine del partito politico cosi’ come si intendeva una volta. Di fronte a questi cambiamenti, l’auspicio e’ che ”non finiscano le idee”. Lo afferma il presidente della Camera, Gianfranco Fini, durante la sua lectio magistralis (e successive domande e risposte con gli studenti) tenuta all’universita’ di Tor Vergata a Roma. “I partiti come li conoscevamo”, spiega Fini, ‘’sono un ricordo” e ‘’solo il tempo ci dira’ come il sistema partitico si autoriformera”’. Secondo Fini e’ vero che ”non esiste una democrazia senza partiti ma pensare a una democrazia basata solo sui partiti e’ un’idea vecchia. Un conto – sottolinea – e’ il sistema bipolare, un conto il bipartitismo. Oggi i partiti sono piu’ plurali di quello che conoscevamo. Non e’ mia la definizione di ‘partito chiesa’, ma possiamo senz’altro dire che e’ un’idea superata. Le famiglie politiche in Europa – per non fermarci all’Italia – sono plurali, perche’ post-ideologiche.

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XIV

E non c’e’ piu’ il rischio all’interno del partito di uscire dall’ortodossia incorrendo nella scomunica”. “I meccanismi che determinano il consenso politico stanno cambiando”, rileva Fini, e la cosa ha portato al tramonto delle ideologie, al ”trasformarsi del partito politico che in Italia era fortemente condizionato da orientamenti ideologici superati”. Insomma, dice ancora, ‘’sono finite le ideologie, auguriamoci che non finiscano le idee”. (Asca, 22 Gennaio 2010)

NDR: appare chiaro che sotto la parola

modernita’ esista la nemmeno poi tanto celata volonta’ di “normalizzare” il cittadino elettore. Fini esprime chiaramente il concetto laddove dice che i meccanismi del consenso sono cambiati. Agli antichi e battaglieri scontri ideologici ora ci si contrappone tramite battaglie fintamente morali e sempre piu’ mediatiche. La manipolazione dell’opinione pubblica viene effettuata attraverso la continua evidenziazione della logica mondialista del “proteggiamo i piu’ deboli”, dell’esaltazione delle strategie antislamiche, delle finte battaglie nostrane per i diritti civili; il tutto va a discapito del volgo, ormai ridotto a pura carne da macello elettivo.

BENEDETTO XVI IN SINAGOGA Benedetto XVI ha trascorso oltre un'ora, domenica 17, nella Sinagoga di Roma, per l'attesa visita ufficiale, che nei giorni precedenti aveva dato vita a un vivace dibattito e qualche polemica legata, soprattutto, al processo di beatificazione di Pio XII, il Papa del Gran silenzio sulla deportazione degli ebrei romani. E nel rispondere al rammarico degli Ebrei per quel periodo buio ha affermato che «la Sede

Apostolica agì in modo discreto e nascosto». In prima fila, il sindaco Gianni Alemanno, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il presidente della Camera Gianfranco Fini. Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma, ha rivolto un pensiero alle migliaia di persone che soffrono e «un appello per portare la solidarietà concreta alle vittime». E' seguito un minuto di silenzio in ricordo dei morti nel terremoto sull'isola caraibica.Poi Pacifici ha ringraziato il Papa per essere venuto a rendere omaggio agli Ebrei deportati nei lager nazisti. Quindi ha ricordato che la propria esistenza si deve all’aiuto che le suore di un convento di Firenze diedero alla sua famiglia nel 1943. Ma ha anche espresso rammarico per il silenzio di papa Pio XII durante le deportazioni. «Il silenzio di Pio XII davanti alla Shoah, fa ancora male perché avrebbe dovuto fare qualcosa - ha detto al Papa Pacifici -. Forse non sarebbe riuscito a fermare i treni della morte, ma avrebbe lanciato un segnale, una parola di estremo conforto, di umana solidarietà, nei confronti di quei nostri fratelli trasportati verso i forni crematori di Auschwitz». «La mia visita – ha detto papa Ratzinger - si inserisce nel cammino tracciato per rafforzarlo. Per manifestarvi la stima e l'affetto che il vescovo e la Chiesa di Roma nutrono verso questa comunità e le comunità ebraiche sparse nel mondo». «Scolpito nella nostra memoria - ha detto Gattegna a Benedetto XVI - rimane il nobile discorso da lei pronunciato nel febbraio 2009 nell’annunciare viaggio in Israele. Lei volle riprendere le parole che Wojtyla pronunciò davanti al muro del pianto, chiedendo scusa per le sofferenze che il popolo di Israele aveva dovuto patire». «Come non ricordare, come dimenticare i loro volti le loro lacrime, la disperazione di donne e bambini - ha sottolineato il Santo

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XV

Padre -. Lo sterminio del popolo dell’Alleanza di Mosé, prima annunciato poi realizzato dai nazisti...Purtroppo molti rimasero indifferenti. Ma molti anche tra i cattolici italiani, sostenuti dalla fede, aprirono le braccia per soccorrere gli ebrei braccati, a rischio stesso della loro vita». Quanto alla Chiesa, senza nominare Pio XII, il pontefice ha ribadito: «Anche la Sede Apostolica svolse un’azione di soccorso spesso nascosta e discreta». Il fondamentalismo islamico e i propositi dell’Iran preoccupano gli ebrei, ha sottolineato nel suo discorso in Sinagoga il presidente della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici. «Siamo tutti preoccupati per il fondamentalismo islamico. Uomini e donne animati dall’odio e guidati e finanziati da organizzazioni terroristiche cercano il nostro annientamento non solo culturale ma anche fisico. Questo fanatismo religioso è sostenuto anche da Stati sovrani», ha detto Pacifici. «Tra questi Stati ci sono coloro che sviluppano la tecnologia nucleare a scopi militari programmando la distruzione dello Stato d’Israele e il conseguente sterminio degli ebrei, con l’intento ultimo di ricattare il mondo libero. Per questo dobbiamo solidarizzare con le forze che nell’islam interpretano il Corano come fonte di solidarietà e fraternità umana, nel rispetto della sacralità della vita». (Corriere della Sera, 17 Gennaio 2010)

FIAT VOLUNTAS DEI

TERMINI IMERESE:

CHIUSURA IRREVERSIBILE «La decisione di chiudere Termini Imerese è irreversibile. Lo stabilimento non è in grado di competere».

Lo ha ribadito l'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne, intervenendo all'Automotive News World Congress, dopo che il suo intervento era stato interrotto da una piccola protesta. Dalla platea si è alzata una voce affermando: «Fiat-Chrysler vergogna», in riferimento alla decisione del Lingotto di chiudere lo stabilimento siciliano. Marchionne, ha poi precisato: «La Fiat è un'azienda e ha le responsabilità di un'azienda. Non ha le responsabilità di un governo, è il governo che deve governare. Siamo il maggiore investitore in Italia, ma non abbiamo la responsabilità di governare il paese». «A livello globale la nostra industria ha la capacità di produrre circa 94 milioni di auto all'anno, circa 30 milioni in più di quante se ne vendono. Un terzo di questo eccesso di capacità si trova in Europa, dove il settore automobilistico resta virtualmente l'unico settore a non aver ancora razionalizzato la produzione. L'Europa lo scorso anno ha utilizzato il 75% della propria capacità, un numero che potrebbe scendere al 65% quest'anno. La ragione è semplice: i produttori europei semplicemente non chiudono gli impianti. E questo perché ricevono spesso fondi per non farlo. L'ultima volta che un impianto in Germania è stato chiuso la Seconda Guerra Mondiale doveva ancora iniziare». «Questo problema coincide con l'apparente determinazione a fare del settore automobilistico l'ultimo bastione del nazionalismo economico del continente. È passato più di mezzo secolo è passato da quando il Trattato di Roma è stato firmato, e i governi europei continuano ancora ad agire come se fossero le infermiere delle rispettive case automobilistiche nazionali, discriminandosi fra paesi». «Un'altra ragione ugualmente comprensibile è l'orgoglio: l'orgoglio nazionale può essere motivante e virtuoso». Ma, citando Aristotele, Marchionne afferma: «La differenza fra orgoglio e vanità è che una merita gli onori

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XVI

l'altra li riceve. Così dovrebbe essere per la nostra industria. La Fiat ha dato il benvenuto all'orgoglio della nostra rinascita, perchè era genuino. Ma le case automobilistiche non meritano l'orgoglio dei loro governi se questi le trattano come società deboli che richiedono assistenza continua: le società saranno motivo di orgoglio se saranno in grado di stare in piedi sulle loro gambe e competere». (Fonte: Ansa) (Corriere della Sera, 14 gennaio 2010)

FIAT: DUE SETTIMANE IMPROVVISE DI CIG

«Una decisione a freddo che interrompe in qualche modo il filo del dialogo sociale». Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi commenta duramente l'annuncio della Fiat: due settimane di cassa integrazione in tutti gli stabilimenti. «Ci auguriamo di ricucirlo presto in un tavolo dedicato al gruppo» ha aggiunto in un'intervista al Tg1. Anche i sindacati sono sul piede di guerra. Anche perché la produzione è inferiore al fabbisogno interno e in più l'azienda ha annunciato la distribuzione del dividendo ai soci. I sindacati parlano di contraddizioni da parte del Lingotto e si preparano a fronteggiare i malumori dei lavoratori, che in diverse fabbriche hanno dato vita ad azioni di protesta. Dunque tutti gli stabilimenti della Fiat Auto si fermeranno due settimane, l'ultima di febbraio e la prima di marzo. La cassa integrazione interesserà Mirafiori, Melfi, Termini Imerese, la Sevel, Cassino e Pomigliano, in totale circa 30mila lavoratori. L'azienda spiega che la decisione è dovuta all'andamento degli ordini a gennaio che, «dopo il periodo positivo di fine 2009, si stanno drasticamente ridimensionando a un livello ancora più basso di quello registrato a gennaio dell'anno scorso, quando il mercato era in grave crisi». L'azienda prevede che

questo andamento negativo continui e ritiene quindi necessario «adeguare i livelli produttivi alla domanda». «La crisi non è per niente finita. Forse abbiamo toccato il fondo ma sul fondo stiamo ancora camminando - ha commentato Giorgio Cremaschi, della direzione Fiom, ai microfoni di CNRmedia -. La ripresa di cui parlano Confindustria e governo è troppo leggera per poter risolvere i problemi occupazionali. E in questa situazione non si possono chiudere gli stabilimenti perché in momenti come questo si sa quando si chiude ma non si può capire quando si potrà riaprire». Per Eros Panicali, segretario nazionale della Uilm «è un segnale che fa riflettere. Molto probabilmente la casa torinese è in attesa di un nuovo provvedimento da parte del governo sugli ecoincentivi, ma ciò dimostra che il mercato italiano risente del rinnovo di questo provvedimento dell'esecutivo. È un segnale contraddittorio dato che la Fiat produce sul territorio nazionale meno macchine di quelle che potrebbero essere acquistate. Insomma, la casa torinese non ha problemi di sovrapproduzione ma chiede la cassa integrazione ordinaria». (Il Corriere, 26.01.2010)

NDR: Crediamo che le parole di Marchionne

ed il successivo comportamento tenuto dall’azienda torinese (?!) si commentino di sole. Il liberismo mondialista ha ormai preso il sopravvento da tempo e queste multinazionali lobbystiche dispongono della vita e della dignità di milioni e milioni di persone.

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XVII

RISIKO Entro i prossimi trenta giorni (giusto 30 come i denari di Giuda) le carte canteranno e non ci sarà più bisogno di interpretare i fondi di caffé perché il 27 febbraio scadrà il termine ultimo per la presentazione dei candidati al seggiolone di governatore di regione - almeno per le 13 che devono rinnovarsi - e le liste ed i candidati di lista che dovranno essere i supporters come si dice in lingua anglosassone degli "unti del signore", quella particolare categoria di personaggi che per miracolose doti nascoste ai semplici esseri umani sono i "prescelti" dalle segrete stanze del potere. Da quel momento in poi l'abbuffata di dichiarazioni e promesse occuperà per altri 30 (e daje !) i giorni grami degli italioti ma per intanto sarà certa la collocazione di tutti, a parte i democristiani udiccini che come vuole tradizione saranno ambivalenti. Certamente i cultori della "purezza socialideologica" approfondiranno i sottili sofismi per dimostrare che l'appoggio a determinate candidature - guarda caso tutte appartenenti al centro destra - non intacca minimamente la loro distanza e distinzione dal concetto liberal-liberista ma é la tattica vincente che usualmente adottano quando giocano a Risiko. Qualcuno dirà semplicemente perché é "estremocentroalto" (ma che cosa vuol dire non si é ancora capito !) e perciò vincere (a Risiko s'intende) é possibile se qualche eletto di "centrodestrabasso" porterà in un consiglio regionale il mutuo sociale, il tempo di essere madri e qualche altra futurista innovazione indipendetemente se nel frattempo la maggioranza nel suo complesso dissiperà per altri 5 anni risorse della comunità. Altri si appelleranno alla loro storia rivoluzionaria per rammentare che la loro presenza - pur se dietro le quinte perché

"impresentabili" agli occhi di chi devono appoggiare - é il sigillo di garanzia della congiunzione tra "etica", "socialità" e "politica", anche perché comunque ciò permette di avere magari una retribuzione fissa non capendo forse la differenza tra il gioco di risiko e quello di monopoli. Ancora invece ci saranno coloro che pur di tenere accesa una fiamma di continuità ideale dimostreranno il loro peso contrattuale di imporre l'alternativa di sistema secondo una tattica di alta scuola che indica nella ricerca spasmodica di risorse economiche per la sopravvivenza di una segreteria politica l'unica via per marciare ancora su Roma. C'é anche chi prova a rosicare a risiko da solo forse nella speranza di un ballottaggio al primo turno che consenta poi di spendere lo 0,qualcosa ottenuto in un successivo tiro di dadi ma almeno mantiene un minimo di pudore. Poi ci sono coloro che invece non hanno più voglia di giocare , men che meno a risiko, perché non intendono scendere a patti con chi sembra detenere oggi le chiavi della "felicità", nella consapevolezza che il modello di sviluppo attuale é l'antitesi di quello che propongono. A tutti questi indichiamo la via del socialismo nazionale che prevede sacrificio e lotta e vittoria quando la Storia lo vorrà, attraverso la cultura della conoscenza, la cura delle proprie radici e la volontà del combattente. e diritto sono il fondamento della convivenza». Maurizio Canosci (28 gennaio 2010)

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XVIII

CARD. BAGNASCO: SOGNO UNA

NUOVA GENERAZIONE DI

POLITICI CATTOLICI

Il presidente dei vescovi italiani, card. Angelo Bagnasco, ha un «sogno»: quello di veder nascere in Italia una nuova generazione di politici cattolici. Lo ha detto lui stesso aprendo a Roma i lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana. Il porporato ha confidato ai suoi confratelli «un sogno, di quelli che si fanno ad occhi aperti e dicono una direzione verso cui preme andare». «Mentre incoraggiamo i cattolici impegnati in politica ad essere sempre coerenti con la fede che include ed eleva ogni istanza e valore veramente umani, vorrei - ha spiegato - che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti». Bagnasco ha toccato numerosi argomenti. A proposito della crisi economica, ha affermato che sta per essere superata: l'Italia, sostiene il presidente dei vescovi italiani, «è incamminata verso una fase di prudente ma indubitabile recupero». «Mentre la crisi imperversava - ricorda - ci è parsa almeno in parte al riparo dagli scossoni più violenti, oggi sembra aver colto con una certa prontezza la via della ripresa. E questo grazie ad una serie di salvaguardie del nostro sistema economico e finanziario complessivo, che sono state rafforzate, ma anche grazie all'intraprendenza delle nostre imprese che hanno saputo fronteggiare l'inasprimento delle condizioni del mercato attraverso il riposizionamento strategico del proprio impianto produttivo».

Bagnasco ha però invitato il sistema bancario ad attuare una politica del credito che, senza farsi avventata, sappia tuttavia essere scrupolosamente più attenta alle esigenze delle aziende in affanno» e uno alla classe politica perché «intensifichi tutti i meccanismi che possono attenuare l'angoscia di chi, in seguito a licenziamento, ha perso la propria fonte di sostentamento o è in cassa integrazione». Il presidente dei vescovi italiani ha quindi lanciato un appello affinché la politica centri l'obiettivo «urgente, ma colpevolmente sempre rinviato» delle riforme, caldeggiato «molto opportunamente» da Giorgio Napolitano. «Il Paese - ha detto il porporato - ha bisogno di uscire dalle proprie pigrizie mentali, dai pregiudizi ammantati di superiorità, per essere meglio consapevole delle risorse e delle qualità di cui dispone, per dare una giusta considerazione ai successi conseguiti ad esempio sul fronte della lotta alla criminalità, o dell'eccellenza tecnologica, o della ricerca medico-scientifica, o della bio-alimentazione, o dell’industria creativa. Occorre essere fieri del proprio buon nome, della propria fatica, dell'impegno speso senza vanità e che, quando c'è, non può essere annullato da nessuno». Bagnasco ha proseguito dicendo che serve un «disarmo» in politica, invitando classe politica e media a rinunciare «a far prevalere analisi finalizzate a giustificare unicamente il proprio progetto ritenuto pregiudizialmente il migliore». Bagnasco ha poi ricordati i fatti di Rosarno, affermando che la vicenda «non può ipotecare con un colpo solo l'immagine di un intero territorio che proprio ora deve invece trovare la forza per uscire dall'emergenza», ma deve tuttavia far riflettere sulle cause che l'hanno provocata. Tra queste, il porporato ha indicato «la condizione del tutto critica in cui abitualmente vive una parte degli

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immigrati presenti nel nostro Paese», «uno standard non accettabile», ha detto Bagnasco, aggiungendo: «Così non si può, così non è umano». (Il Corriere, 26.01.2010)

NDR: La chiamata alle armi di Bagnasco ci

appare piuttosto palese. L’intento e’ quello di creare una nuova generazione di politici che confluiscano in un partito molto similare a quello che fu la Democrazia Cristiana. Le considerazioni sui fatti di Rosarno poi, seppur cristianamente giuste, ci sembrano piuttosto fattive a creare un serbatoio di consenso religioso (e quindi politico) fra le nuove masse di immigrati. Questa sara’ infatti una nuova battaglia fra Bianchi e Rossi: combattersi il voto extracomunitario.

MASSIMO D’ALEMA

PRESIDENTE DEL COPASIR

Massimo D'Alema è stato eletto all'unanimità presidente del Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Il deputato e dirigente Pd come membro del Copasir era subentrato nei giorni scorsi a Emanuele Fiano. Sostituisce così alla presidenza il dimissionario Francesco Rutelli, che resta componente dell'organismo. «Intendo lavorare nello spirito che ha fin qui guidato il Comitato: collaborazione istituzionale e senso dello Stato». Si è presentato così ai cronisti Massimo D’Alema a Palazzo San Macuto, dopo la sua elezione. «Credo di poter lavorare - ha aggiunto - nello spirito di servizio, mi sono occupato di questi problemi a più riprese, prima come premier e poi come ministro degli Esteri. Oggi abbiamo iniziato l’esame delle comunicazioni ricevute dal presidente del Consiglio». Il Comitato infatti,

convocato immediatamente dopo l'elezione del Presidente D'Alema, ha deliberato di avviare l'esame delle comunicazioni del Presidente del Consiglio relative alla conferma dell'opposizione del segreto di Stato nei procedimenti in corso presso gli uffici giudiziari di Perugia e di Milano.

Ecco come funziona il COPASIR Con l'elezione, all'unanimità, di Massimo D'Alema il Copasir ha il suo terzo presidente. Il Copasir, ovvero Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, ha sostituito nel 2007 il Copaco, Comitato Parlamentare di Controllo sui Servizi Segreti. È un organo del Parlamento italiano ed ha funzione di controllo sui Servizi Segreti. Il Copasir è composto da cinque deputati e cinque senatori nominati dal presidente della Camera e da quello del Senato, in rappresentanza proporzionale delle principali forze politiche presenti in Parlamento. Il Presidente del Comitato viene eletto tra i componenti appartenenti ai gruppi parlamentari dell'opposizione, per precisa disposizione di legge. Le sue funzioni di vigilanza sono disciplinate dall'articolo 31 della legge 3 agosto 2007 numero 124, mentre l'articolo 32 ne descrive le funzioni consultive. (Corriere della Sera, 26 gennaio 2010)

NDR: Cosi’ funziona l’Italia lobbystica e

massonica di oggi: per “precisa disposizione di legge” un governo autorevolmente eletto e’ costretto a veder eletto come Presidente del Copasir, non un suo uomo, ma bensi’ il piu’ importante esponente politico dell’opposizione. E tutti applaudono in nome del bilanciamento dei poteri istituzionali. Una domanda: si chiama Democrazia o Demoplutocrazia ?

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XX

LA CASSAZIONE SENTENZIA:

«DICHIARARSI FASCISTA

NON E’ UN REATO» Dichiararsi fascisti non è reato. Si è chiusa così, con l’archiviazione per “infondatezza della notizia di reato”, la vicenda giudiziaria di Alberto Castagna, esponente di spicco dell’estrema destra isernina, indagato per apologia di fascismo. Una storia che ha avuto inizio nel maggio 2007 quando, dalla lettura di un sito internet di proprietà di Castagna, scoppiò addirittura un caso nazionale, per un presunto caso di apologia del fascismo, con alcune interrogazioni parlamentari presentate da deputati ex-comunisti. La questione è finita sul tavolo del Pm Mattei, il quale però, a conclusione delle indagini, ha chiesto l’archiviazione. “L’esame dei principi ideologici e politici elencati nel sito consente di escludere che l’indagato sia animato dal perseguimento delle finalità antidemocratiche proprie del partito fascista”, scrive il Sostituto procuratore della Repubblica. Nei giorni scorsi il Gip Laura Scarlatelli ha accolto la richiesta della Procura disponendo l’archiviazione del caso. Alberto Castagna, dunque, non ha inteso perseguire finalità antidemocratiche, non ha esaltato l’uso della violenza quale metodo di lotta politica, non ha propugnato la soppressione delle libertà garantite, non ha denigrato la democrazia e le sue istituzioni o svolto propaganda razzista, tutte ipotesi di reato punite dalla legge 645 del 1952. Alberto Castagna, fondando il cosiddetto “Partito fascista repubblicano”, ha ripudiato tutte le forme di violenza, scrive la dottoressa Scarlatelli,

“per cui l’associazione neofascista non adotta i principi ideologici del disciolto partito fascista e il metodo di lotta ad esso adottato”. La Cassazione ha precisato che “non è vietata la costituzione e l’attività di movimenti che facciano propria non l’intera ideologia del disciolto partito fascista, ma soltanto alcuni punti programmatici dello stesso”. “Anche l’eventuale apologia, – aggiunge il Gip – non avrebbe rilevanza penale”. “Essere fascisti, finalmente, non è più reato”, dichiara, soddisfatto, Alberto Castagna. Fonte: www.nuovomolise.net

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1979 – 2009

L’INVASIONE

DELL’AFGHANISTAN

Trent’anni fa, il 24 dicembre 1979 l’Armata Rossa entrava in Afghanistan. Nel giro di pochi giorni il governo comunista di Amin veniva rovesciato e attorno a Natale, almeno nella zona di Kabul, l’ordine era ristabilito.

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GERARCHIA ANNO I. NUMERO II.

XXI

Che ordine? Ordine sovietico, ordine comunista? A dire il vero, il nuovo governo afghano insediato con l’appoggio determinante dell’Armata Rossa era guidato dalla fazione Pachram dello stesso partito comunista di cui erano parte Amin e Tarik, i due leader della fazione Khalq. Nel leggere le reazioni del tempo, stupiscono alcune cose: l’apparente eccesso di enfasi sulla minaccia sovietica agli equilibri mondiali da parte americana; la convergenza su questa lettura dei Cinesi; lo smarcamento netto degli Iugoslavi e Albanesi; le critiche velate dei Rumeni; l’abbozzare una “divisione” del teatro asiatico da quello europeo da parte tedesca. Innanzitutto, la dottrina Carter prefigurava un Unione Sovietica intenta a raggiungere i mari caldi, visione chiaramente mutuata dalla lettura strategica britannica del Grande Gioco di fine Ottocento, con Washington a fare la parte di Londra, e Mosca, sempre uguale nelle sue pulsioni zariste, attratta dalla direttrice geostrategica del Sud: Mare Arabico, Golfo Persico, Oceano Indiano. E per quanto riguarda Pechino, che usciva dalla sua prima esperienza come potenza imperialista regionale, avendo tentato senza successo l’invasione del Vietnam pochi mesi prima, il delegato cinese all’Onu pronunciava in quei giorni un discorso di grandissima virulenza, in cui Mosca era presentata né più né meno come una minaccia per la pace mondiale. Un conflitto geopolitico fondamentale, quello russo-cinese, mascherato da una ventennale diatriba ideologica e poi territoriale, stava esplodendo, fecondato dalla politica americana della “carta cinese” e dal sospetto russo circa il suo utilizzo eccessivamente destabilizzante. Ci sono già, quindi, gli ingredienti per ritenere quell’intervento sovietico del 1979 come strategicamente stabilizzatore; un’ipotesi che

emerge ancora di più se confrontata con il contesto regionale allargato. Perché se è vero che Mosca non puntava a piani di dominio mondiale – che esistevano soltanto nella lettura interessata dei mondialisti alla Brzezinski – è anche vero che quel primo intervento maturava entro equilibri regionali molto vasti. La strategia, anche di una superpotenza con aspirazioni globali come l’Urss degli anni Settanta, non si fa solo sui grandi spazi transoceanici, ma anche sui piccoli spazi geografici quando questi sono profondi e intensi di storia e relazioni. Si tratta di cogliere un nesso della catena dei rapporti internazionali. La sistemazione dell’Afghanistan e dell’Asia Centrale è un nesso fondamentale, e il sospetto è che addirittura la questione mediorientale, a sua volta ridotta a quella palestinese, sia una copertura per quest’altra, che si gioca tra Taskent, Herat e il Pamir, cioè dove si incontrano le due grandi potenze continentali e il subcontinente indiano. Gli elementi di quel contesto macroregionale, a mio avviso, erano due, entrambi di rottura degli equilibri: il revisionismo regionale iraniano sciita e fondamentalista e il ruolo dei fondamentalisti negli equilibri del regime militare pakistano di Zia (1977). La rivoluzione khomeinista dell’Iran di inizio 1979 eliminava un regime filo americano ma rendeva inquieta tutta l’area persiana, percorsa da fremiti di attivismo sciita fin dentro i confini sovietici; la stabilizzazione del Belucistan pakistano ad opera del governatore militare Rahimuddin Khan sotto gli auspici del generale Zia toglieva inoltre spazio alle manovre indipendentiste auspicate da Mosca e giocate in prima linea dal governo afghano.

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Era il pericolo del revisionismo regionale iraniano e dell’attivismo politico-religioso sciita a innescare timori di un successo del modello islamico-militare di Zia, potenzialmente esportabile dentro i confini sovietici sotto forma di emirati semiautonomi centroasiatici. Preoccupazioni che trovavano riscontro in Afghanistan e nella caduta di Daoud, il principe che aveva avvicinato Kabul a Mosca dal 1973-78. La rivoluzione del 1978, guidata dalla fazione Khalq del Partito Comunista Afghano, cambia le cose. Il Khalq è rappresentato ai massimi vertici dalla confederazione tribale Pashtun Ghilzai, da sempre esclusa dal potere afghano; l’altra fazione Parcham è invece marcata più fortemente dalla rivale famiglia Pashtun Durrani, al potere da secoli; è in realtà la sponda tagika e nord-afghana di quel potere. Etnia, ideologia e geopolitica si intrecciano; Karmal, il leader del Parcham, aveva lavorato spesso in sintonia con il governo Daoud, un Durrani sostenitore della politica del Pashtunland, ovvero della creazione di un grande stato a maggioranza Pashtun anche con i territori di nord-ovest del Pakistan. Un’ipotesi a questo punto è che per gli strateghi russi, con un Khalq incapace di gestire la frizione con i Durrani e forse costretto ad allargare il sistema politico ad alleanze con elementi sciiti e filocinesi, si sarebbe potuto aprire un ciclo “albanese” alla porta di ingresso della Cina. Il riferimento all'alleanza sino-albanese degli anni 50 e 60 può essere vista, al di là delle cortine ideologiche della destalinizzazione, come un modello di integrazione politica islamica nel mondo; in altri termini, tra Tirana e Pechino si stabiliva quell’asse di collaborazione, quel regime sincretico di civilizzazioni siniche e islamiche che poi Huntington avrebbe teorizzato come possibile sfida del Sud del mondo contro il

Nord euro-russo-americano nel suo “Conflitto di civiltà” del 1995. Intervento preventivo strategico regionale è la mia interpretazione dell’azione sovietica, con il timore di un esito di tipo albanese, ovvero guidato da partiti estranei alla classe dominante Durrani che si era dimostrata per Mosca affidabile strumento di una politica conservatrice, prima ancora che filosovietica, degli equilibri etnico-politici regionali. Con il rischio poi che, scalfito il monopolio Durrani, minoranze di stirpe mongolica avrebbero potuto vedere nella Cina una forza liberatrice dalla dominazione di tutti i Pashtun, magari attraverso il partito maoista locale Sholay-e-Jaweid a maggioranza hazaro-tagika. Si potrebbe parlare quasi di pericolo mongolo della frontiera meridionale russa. Un’immagine, quella di Mongolia del Sud, evocata da Mihail Suslov, l’ideologo dell’imperialismo brezneviano, e dai chiari connotati geopolitici, essendo la Mongolia il maggiore e più importante pegno sovietico dei conflitti di faglia russo-cinesi nel secolo scorso. Lotta geopolitica e lotta di civilizzazioni: Han contro Arya, gli uni capaci di irradiarsi attraverso le solidarietà turco-mongoliche nel bacino del Turkestan e saldarsi con gli Hazari persiani (resi politicamente più attivi dal revisionismo sciita animato della rivoluzione iraniana); gli altri costretti in funzioni difensive a collegarsi ai Pashtun indoeuropei maggioritari ma concentrati nel Sud del Paese, esposti alle influenze del Pakistan, abilissimo giocatore d’azzardo capace di usare l’alleanza Usa per rafforzare il proprio profilo regionale e staccarsi da un eccessiva dipendenza da Pechino. La risposta russa a questo quadro di minacce mi appare quindi come quello di una potenza continentale asiatica ordinatrice e conservatrice contro tendenze disgregatrici, revisioniste-maoiste, che avrebbero avvantaggiato Pechino e che Washington si

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sarebbe limitata a cercare di sfruttare o ampliare (tramite il terrorismo soprattutto). E nel ciclo politico globale attuale avviato nel 2001, in cui gli Usa pagano il biglietto di ingresso nell’Asia centro-meridionale sotto forma di crisi terroristiche senza precedenti (a loro volta utilizzandone alcuni rivoli), Mosca ha potuto riproporre quella formula di Nord ordinatore contro il Sud riottoso, espressa dalla coalizione euro-russo-americana “Enduring Freedom Afghanistan” in cui Putin si è fatto cooptare volentieri, e generalmente alle proprie condizioni. Markus

W.W.III. ?

LA CINA NON E’ SERVA DI GOOGLE Pechino ha emesso la propria sentenza. E, salvo clamorosi dietrofront rispetto alle dichiarazioni rilasciate mercoledì, Google dovrà presto fare le valigie e lasciarsi alle spalle l'esperienza all'ombra della Grande Muraglia. I vertici della compagnia di Mountain View avevano infatti spiegato di non volere più sottostare alla censura imposta dal governo cinese, che sostanzialmente limita le ricerche di informazioni pretendendo l'introduzione di filtri che evitino la circolazione di notizie considerate scomode. La portavoce governativa Jang Yu oggi ha annunciato la versione ufficiale dell'esecutivo guidato da Wen Jiabao: le imprese straniere «sono le benvenute su Internet se agiscono in accordo con la legge cinese». Come dire: potete stare, ma solo se fate come diciamo noi. Ovvero, se i filtri imposti alle ricerche degli utenti restano. Google aveva minacciato di chiudere le sue operazioni in Cina dopo aver subito attacchi di «pirati informatici» cinesi che cercavano

informazioni riservate sui suoi utenti, in particolare cittadini cinesi oppure aziende straniere che utilizzano i server di posta Gmail. Parlando in una conferenza stampa a Pechino, Jiang Yu ha aggiunto che «in Cina Internet è aperta, noi incoraggiamo lo sviluppo di Internet». La portavoce non ha però chiarito cosa succederà in futuro con Google, che da ieri non usa i «filtri» richiesti dal governo cinese consentendo dunque l'accesso ad una serie di siti web considerati «proibiti». Non è stata solo la portavoce del governo a prendere posizione sulla querelle avviata dalla compagnia americana. Il ministro dell'Ufficio informazioni del consiglio di Stato, Wang Chen, ha detto che pornografia online, frodi e «rumours» rappresentano una minaccia. E ha aggiunto che i media su Internet devono contribuire a «guidare l'opinione pubblica» in Cina, che conta il maggior numero al mondo di utenti Web, attualmente a quota 360 milioni. Un mercato dunque importantissimo per gli operatori internazionali, che tuttavia, accettando la censura imposta da Pechino, si espongono a dure critiche negli Usa e nel resto del mondo libero. Nelle sue dichiarazioni Wang non ha mai citato espressamente Google. Ma sono parole che pesano, soprattutto la pretesa di «guidare l'opinione pubblica», che si scontra con uno dei caposaldi della democrazia, ovvero la libertà di opinione. Difficile dunque immaginare un'intesa attorno ad un qualsivoglia compromesso. Il presidente degli Usa, Barack Obama, ha fatto sapere, proprio in concomitanza con il braccio di ferro avviato da Mountain View, che lui e la sua amministrazione sono «convinti sostenitori della libertà per internet». Negli Usa, il New York Times, cita «fonti vicine all' indagine» condotta da Google, e spiega che gli attacchi oggetto della presa di posizione sono stati condotti la scorsa settimana contro 34 «compagnie o

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entità» che si trovano nella Silicon Valley in California, sede dei server di Google usati da molti cinesi che vogliono sfuggire alla censura. Che non colpisce solo i motori di ricerca, ma anche social network e siti di condivisione come Youtube, Facebook e Twitter. Rebecca MacKinnon, esperta di Internet in Cina, afferma che «Google ha subito negli ultimi mesi ripetute prepotenze e rischia di non poter garantire agli utenti la sicurezza delle sue operazioni». (Corriere della Sera, 14 gennaio 2010)

IL BILANCIO DEL PENTAGONO VA ALLE STELLE

Per la prima volta, l'anno venturo il bilancio del Pentagono supererà i 700 miliardi di dollari, una somma di poco inferiore a quella stanziata dallo stato per salvare la finanza nel 2008. Il traumatico primato è dovuto all'aumento del costo delle guerre dell'Iraq e soprattutto dell’Afghanistan: quest’anno, sarà di 128 miliardi di dollari, nel 2011 di 159 miliardi di dollari. L'aumento di 31 miliardi di dollari si è reso necessario in seguito alla decisione del presidente Obama di inviare in Afghanistan altri 30 mila soldati, nella speranza di potere contenere i talebani e Al Qaeda, e di iniziare tra due anni un graduale disimpegno. Ma sono previsioni che non convincono i liberal al Congresso né la pubblica opinione. È certo che il Congresso passerà il bilancio grazie ai democratici moderati e ai repubblicani. Tuttavia i liberal lamentano che le guerre dell'Iraq e l'Afghanistan siano già costate molto più di quella del Vietnam; che la seconda rischia di essere perduta; e che non se ne veda la fine, peraltro quasi nascostamente, se non nel 2015, ossia dopo ben 14 anni. A loro parere, Obama potrebbe essere costretto dalla

rivolta degli americani a disimpegnarsi molto prima, come accadde in Vietnam. In un'intervista al settimanale People, Obama ha difeso la propria strategia, ribadendo che l'America è in guerra contro il terrorismo e non può lasciarsi sconfiggere in Afghanistan, e sottolineando che ha avuto successo in Iraq. Ha ammesso che il conflitto afghano non è popolare, ma ha ricordato che il compito del presidente è garantire la sicurezza nazionale: «Non c'è decisione più difficile e dolorosa di quella di mandare i nostri ragazzi al fronte» ha detto. (Corriere della Sera, 14 gennaio 2010)

LA CINA SUPERA IL GIAPPONE PECHINO SECONDA SOLO AGLI USA

Sarà questione di settimane, forse di mesi, ma è ormai imminente una nuova tappa dell'ascesa della Cina. Sulla base dei dati che l'Ufficio statistico nazionale (Nbs) ha diffuso ieri, l'economia della Repubblica Popolare è a un passo dal sorpasso del Giappone. Vuol dire che la controversa formula del G2 che ai leader di Pechino non piace ascoltare — un direttorio globale Usa-Cina — assume un po' di sostanza in più: scavalcata Tokyo, l'economia del gigante asiatico sarà la seconda al mondo, dietro gli Stati Uniti. Il passaggio è non solo simbolico. Tanto più che già l'anno scorso la Cina aveva superato la Germania, ora quarta. Questione di numeri. E quelli della Cina mostrano i successi di un'economia vitaminizzata. Il Pil del 2009 è cresciuto dell'8,7%, sopra la soglia dell'8% a cui il governo puntava e sul quale il premier Wen Jiabao ci ha messo la faccia. Se confrontato con il resto dell'economia mondiale boccheggiante, in preda alle convulsioni della crisi o in faticosa convalescenza, si tratta di un risultato fuori scala. Lo scampato pericolo di una Cina che

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nel 2009 non si è mai davvero ammalata emerge dalla progressione trimestre per trimestre: più 6,2% nel primo, 7,9% nel secondo, 9,1% nel terzo fino alla doppia cifra del quarto, 10,7%. Guardando al 2010, gli analisti di JPMorgan stanno prevedendo un più 10%. A temperare lo shock, il Pil pro capite, che ricorda come il miracolo economico di Pechino non sia distribuito omogeneamente né sul piano geografico né su quello sociale. Il reddito medio di un cinese è di 3.259 dollari all'anno, quello di un giapponese 38.457. Sono altre le preoccupazioni intorno alla Cina. Le manovre per raffreddare un'economia fin troppo galvanizzata dai crediti facili sono già cominciate. Si moltiplicano vincoli e limitazioni imposte alle banche e allarmano i segnali di ripresa dell'inflazione, una bolla immobiliare che dà più segnali di persistenza che di rallentamento. E nel mondo si affollano gli auspici — se non i decisi inviti — a proposito della moneta: ovvero che la Cina avvii una qualche rivalutazione del renminbi. (22 gennaio 2010)

USA: VENDEREMO ARMI A TAIWAN LA CINA INSORGE

La decisione degli Stati Uniti di vendere a Taiwan armamenti per 6,4 miliardi di dollari ha provocato la immediata reazione della Cina, che ha espresso «indignazione» per la iniziativa della amministrazione Obama. Il vice-ministro degli esteri cinese He Yafei ha detto venerdì sera che la decisione «avrà un grave impatto negativo» nei rapporti tra Pechino e Washington. Pechino ha sottolineato che l'iniziativa americana è destinata a «deteriorare» i rapporti tra i due paesi ed avere «un impatto molto negativo sulla cooperazione» tra Usa e Cina «in campi importanti».

La Casa Bianca aveva notificato al Congresso l'intenzione di vendere a Taiwan armamenti per oltre 6 miliardi di dollari, tra cui elicotteri Blackhawk e missili Patriot. Si tratta della prima comunicazione di questo tipo fatta dalla amministrazione Obama. Il portavoce del Dipartimento di Stato, Philip Crowley, aveva poi precisato che - sulla base delle indicazioni date dalla Defense Security Cooperation Agency del Pentagono - il "pacchetto" riguarda la vendita di elicotteri Blackhawk UH-60, di missili Patriot a "Capacità Avanzata" (PAC-3), e di altro materiale con funzioni di sorverglianza e di controllo. «È questa una chiara dimostrazione dell'impegno dell' amministrazione di fornire a Taiwan gli armamenti difensivi di cui ha bisogno», ha detto il portavoce Crowley, precisando che gli Usa non avevano hanno ancora comunicato alla Cina in via ufficiale questa loro decisione. Dopo l'annuncio fatto dalla Casa Bianca, la risposta di Pechino, che considera Taiwan una sua provincia, non si è fatta attendere. La vendita di armi a Taiwan da parte degli Stati Uniti rappresenta «una evidente violazione del codice di condotta tra le Nazioni» e il governo e il popolo cinesi si sentono «indignati». Lo ha detto il ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi, intervenendo alla conferenza sulla Sicurezza apertasi oggi a Monaco, in Germania. La decisione di sostenere Taiwan dal punto di vista degli approvvigionamenti militari, secondo il rappresentante del governo di Pechino, viola anche gli accordi tra Cina e Stati Uniti. Per questo, ha detto, «il governo e il popolo cinese devono reagire. E’ loro diritto sovrano fare quello che è necessario». (Corriere della Sera)

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OBAMA SFIDA LA CINA: «RICEVERO’ IL DALAI LAMA»

Barack Obama, incurante degli avvertimenti cinesi, ha confermato che riceverà il Dalai Lama quando il leader spirituale tibetano sarà negli Stati Uniti. Lo ha riferito la Casa Bianca rivelando che il presidente americano aveva informato già lo scorso novembre delle sue intenzioni l'omologo Hu Jintao durante la visita a Pechino. La visita del Dalai Lama negli Stati Uniti è prevista a partire dal prossimo 16 febbraio. Zhu Weiqun, responsabile del Partito comunista cinese per le etnie e gli affari religiosi, ha affermato in una conferenza stampa che il suo governo si opporrà con forza ad un eventuale incontro tra Obama e il Dalai Lama. Secondo il responsabile di Pechino «i rapporti tra il governo centrale e il Dalai Lama sono una questione interna alla Cina». «Ci opponiamo a qualsiasi tentativo di una forza straniera di interferire con le questioni interne cinesi usando come pretesto il leader spirituale tibetano», ha aggiunto. Il monito di Pechino arriva mentre i rapporti fra i due paesi sono già tesi per la controversia su Google e la vendita di armi americane a Taiwan. Ma Zhaoxu, portavoce del ministero degli esteri cinese, ha detto in una conferenza stampa che la vendita di armi americane alla «provincia ribelle» danneggia profondamente gli interessi fondamentali della Cina. Le società coinvolte nella vendita delle armi affronteranno, ha detto Ma, «sanzioni corrispondenti». Fra le imprese che potrebbero essere colpite ci sono Sikorsky Aircraft, Lockheed Martin, Raytheon e McDonnell Douglas. Il 21 gennaio scorso il segretario di stato americano Hillary Clinton, parlando al «Newseum» di Washington, il Museo dedicato alla libertà di stampa, criticò duramente la Cina per la sua decisione di

oscurare il motore di ricerca Google e accusò neanche troppo velatamente Pechino di essere responsabile di una serie di cyberattacchi. «Chi lancia cyberattacchi ne subirà le conseguenze. Paesi o individui responsabili di cyberattacchi dovrebbero subire la condanna internazionale. In un mondo interconnesso un attacco sulla rete di una nazione può essere un attacco a tutti», disse la Clinton, che inserì la Cina nella lista nera dei Paesi che «recentemente hanno ristretto la libertà di internet» assieme a Tunisia, Arabia Saudita, Uzbekistan e Vietnam. (Corriere della Sera, 03 febbraio 2010)

LO SCUDO MISSILISTICO USA

E’ CONTRO LA RUSSIA Il capo dell'esercito russo ha detto oggi che lo scudo antimissile voluto dagli Usa è uno strumento contro Mosca e che le differenze di vedute stanno ritardando il trattato militare con Washington. Lo scrivono le agenzie russe. Le dichiarazioni sollevano dubbi sulle possibilità di un accordo che succeda prontamente al trattato di riduzione di armi nucleari scaduto a dicembre. "Lo sviluppo e la realizzazione dello scudo missilistico (Usa) è rivolto contro la Federazione Russa", scrive Interfax citando Nikolai Makarov, capo delle forze armate russe. Il presidente americano Barack Obama ha accontentato le istanze russe, cestinando i piani della precedente amministrazione di disporre scudi missilistici in Polonia e in Repubblica Ceca, progetto duramente osteggiato da Mosca. Makarov ha spiegato che la Russia ha ancora seri timori suli piani rivisti da Obama, centrati su intercettori missilistici collocati a terra e in mare,

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nonostante l'insistenza americana che questo sistema non possa considerarsi una minaccia per la Russia."Nonostante le dichiarazioni dei portavoce che sostengono ... che questo contribuisce alla nostra sicurezza, non è proprio il caso", dice l'agenzia statale Ria riportando le sue parole. "E' pertanto semplice capire perché il nostro atteggiamento è fortemente ostile". Funzionari russi e americani hanno detto di essere vicini a un accordo che succeda al Trattato sulla riduzione degli armamenti strategici del 1991, congiuntura necessaria per migliorare le relazioni diplomatiche minate dalla guerra russa in Georgia del 2008. Makarov dice che le differenze di vedute sulla difesa missilistica "spiegano la mancanza di un punto di incontro", riporta Ria. (Ansa, 09 Febbraio 2010)

IRAN: SALE LA TENSIONE «Israele prepara una guerra per la primavera o l'estate». Lo ha detto oggi il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, senza precisare quale Paese o movimento sarebbe l'obiettivo. «Si preparano a cominciare una guerra per la primavera o l'estate, ma la decisione non è ancora presa», ha affermato Ahmadinejad, aggiungendo che se gli israeliani lo faranno, «i Paesi della regione sono pronti a risolvere la questione una volta per tutte». Israele non esclude di poter ricorrere ad un attacco militare contro le installazioni nucleari iraniane. Le autorità della Repubblica islamica hanno più volte affermato che in tal caso la loro reazione sarebbe distruttiva. Ma il presidente iraniano ha anche minacciato la comunità internazionale sulle possibili conseguenze in caso di arrivo di sanzioni economiche per l'Iran.

«Se qualcuno cercherà di creare problemi all’Iran, - ha detto Ahmadinejad - la nostra risposta non sarà come quelle del passato. Questa risposta comporterà qualcosa per cui si pentiranno». SCAMBIO COMBUSTIBILE E CENTRIFUGHE Ahamadinejad poi però ha aperto all'Occidente sulla questione dello scambio di combustibile: «La questione dello scambio di combustibile non è chiusa» e l'Iran è sempre «pronto ad uno scambio in una cornice di equità». Ahmadinejad ha sottolineato che Teheran continua a chiedere che lo scambio avvenga «simultaneamente e sul territorio iraniano». Poi un annuncio nel corso di una conferenza stampa a Teheran, trasmessa dall'emittente «Press Tv»: l'Iran «presto testerà una nuova generazione di centrifughe» per l'arricchimento dell'uranio. Ahmadinejad, «Abbiamo già centrifughe per l'arricchimento al 20 per cento», ha aggiunto. Il presidente iraniano ha quindi rivelato che «l'arricchimento dell'uranio al 20 per cento non era nel nostro programma nucleare, ma siamo stati costretti a procedere per alimentare il reattore vicino Teheran», dove vengono compiute ricerche sugli isotopi nucleari. Ahmadinejad ha accusato l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) di non aver fornito all'Iran il combustibile nucleare di cui necessita. «I Paesi membri dell'Aiea - ha dichiarato - non hanno soddisfatto gli obblighi che imposti dai trattati internazionali». RUSSIA Intanto anche la Russia sembra essere d'accordo con l'Occidente che è necessario usare il pugno di ferro nei confronti dell'Iran. Il Cremlino ha ribadito che «nessuno può escludere l'uso delle sanzioni in caso di mancato rispetto degli impegni» da parte di Teheran sul proprio programma nucleare: lo ha reso noto la portavoce del presidente russo Dmitri Medvedev, Natalia Timakova.

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XXVIII

DECISIONE IN SEDE ONU La dichiarazione russa assume particolare importanza dato che Mosca siede nel consiglio di sicurezza come membro permanente e quindi ha diritto di veto su ogni decisione dell'organo che dovrà decidere sulle sanzioni. Resta però ancora incerta la posizione della Cina, altro membro permanente del consiglio di sicurezza. DICHIARAZIONE DI USA, FRANCIA E RUSSIA Successivamente in una dichiarazione congiunta, Usa, Francia e Russia criticano la decisione di Teheran di arricchire l’uranio al 20 per cento, in quanto ciò rappresenta «un ulteriore passo in avanti verso la capacità di produrre uranio altamente arricchito». MOSCA SOSPENDE LA FORNITURE DEL SISTEMA ANTI-MISSILE ALL’IRAN. La Russia ha deciso di rinviare la fornitura del sistema antimissilistico S-300 all'Iran. «Il rinvio è dovuto a problemi tecnici, la fornitura verrà effettuata quando saranno risolti» ha detto il vicedirettore per la cooperazione tecnico-militare, Alexandre Fomine all'agenzia Interfax. Martedì il premier israeliano Netanyahu, incontrando il presidente russo Medvedev, aveva ricevuto rassicurazioni sul «congelamento a tempo indeterminato» della fornitura. Il sistema terra-aria S-300 consente di abbattere aerei e missili nemici, i radar in dotazione permettono di tracciare fino a 100 obiettivi in volo. (Ansa) (Corriere della Sera 16 febbraio 2010)

CHAVEZ

NASCE LA BANCA SOCIALISTA Nella marcia di riordino del sistema bancario venezuelano, Caracas ha inaugurato ieri la nascita del Banco Bicentenario, l’istituto di credito nato dalla fusione di Banfoandes e tre banche messe sotto amministrazione

controllata lo scorso mese. A fine novembre infatti, dopo una forte fuga di capitali, le autorità venezuelane avevano deciso di intervenire su sette istituti di credito privati tra i quali Confederado, Canarias, Banpro Vivienda e Bolívar Banco, tutti dell’imprenditore Ricardo Fernández, ora agli arresti. Canarias e BanproVivienda sono andate incontro a chiusura e liquidazione. Confederado e Bolívar Banco, più Banca Central, hanno costituito, assieme alla già statale Banfoandes, la nuova istituzione bancaria nazionale nata con l’obiettivo di fortificare il sistema finanziario pubblico del Venezuela. Da quando le autorità venezuelane hanno deciso di intervenire sugli istituti di credito privati rei di frodi e irregolarità nelle attività finanziarie e nell’amministrazione dei fondi, il settore finanziario è stato travolto da un vero e proprio terremoto. In totale otto banchieri sono stati messi in carcere, mentre numerosi amministratori degli istituti posti sotto tutela statale hanno avuto l’ordine di non lasciare il Paese. Il 7 dicembre una corte ha ordinato l’arresto di 27 amministratori di banca per accuse di corruzione. Nello stesso giorno il presidente Hugo Chávez assicurava che il futuro Banco Bicentenario sarebbe nato come un’entità molto solida volta a dare impulso allo sviluppo socio-produttivo della nazione, assieme al recentemente recuperato Banco de Venezuela. All’esplosione del caso, il presidente Hugo Chávez – che senza mezzi termini ha minacciato di nazionalizzare gli istituti bancari che rifiutano il prestito ai poveri o che non aiutano sufficientemente lo sviluppo di Venezuela – aveva garantito ai correntisti delle banche liquidate il recupero dei loro depositi fino a 10.000 bolívares (4.651 dollari) per mezzo dei Fondo di garanzia dei depositi (Fogade), procedimento iniziato già qualche settimana fa attraverso lo statale Banco de Venezuela.

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XXIX

Il 16 dicembre scorso il governo venezuelano ha restituito 228 millioni di bolívares (106 milioni di dollari) a 141.981 risparmiatori delle banche incriminate e in quell’occasione il presidente Chávez ha lodato la modifica della Ley de Bancos, realizzata il giorno prima dal Parlamento, che stabilisce l’incremento della garanzia a tutela dei risparmiatori dai 10 mila bolívares inizialmente previsti a 30 mila bolívares (quasi 14 mila dollari) e l’aumento, dallo 0,5 al 1,5%, dei fondi che le banche devono cedere al Fogade Il neonato Banco Bicentenario, già ora il quarto istituto di credito del Paese per i suoi attivi e il quinto per l’entità dei depositi, sarà un modello di “banca socialista”. (Rinascita, 21.12.2009)

LE PROFONDE RIFLESSIONI

IN TERRA ISRAELIANA

«Ho un sogno: che Israele possa entrare un giorno nell’Unione europea». «Abbiamo l’orgoglio di essere noi, con la cultura giudaico-cristiana, alla base della civiltà europea» «Siamo qui a testimoniare l’amicizia, la vicinanza, la volontà di collaborazione»

«Credo di essere l’italiano vivente che ha messo a dimora più alberi. Sono l’unico italiano a fare collezione di ulivi antichi, in Sardegna ho almeno 20 ulivi che hanno più di mille anni, con la certificazione dell’Università di Gerusalemme, che ne ha duemila. Io, scherzando, dico qualche volta ai miei ospiti che vengono direttamente dall’orto Getsemani e che il segno visibile su un tronco è un segno lasciato dal ginocchio di Gesù». «Noi siamo un Paese amico a cui potrete chiedere tutto ciò che è giusto che un amico metta a disposizione vostra per sostenere i vostri buoni diritti. Il mio compito è far sì che i miei colleghi primi ministri europei e del mondo non cadano nell’errore dell’indifferenza che già è stato l’errore di tutte le nazioni prima della grande tragedia sotto la Germania nazista». «Il problema della sicurezza in Israele è fondamentale. Ora ancor di più perché c’è uno Stato che prepara l’atomica, uno Stato che ha una guida che ricorda personaggi nefasti del passato». «Dobbiamo vigilare, abbiamo già avuto un pazzo simile nella storia». «Il progetto annunciato dall’Iran che potrebbe sfociare in un’arma nucleare è qualcosa che tutti gli Stati del mondo devono considerare con grande attenzione e farò di tutto per far sì che non ci sia indifferenza e che questo si traduca in azioni forti che servano a fermare questo progetto. è nostro dovere sostenere e aiutare l’opposizione in Iran. Auspico che non si debba arrivare a uno scontro armato che nessuno vuole».

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GERARCHIA ANNO I. NUMERO II.

XXX

«In una situazione che può aprirsi alla prospettiva di nuove catastrofi, l'intera comunità internazionale deve decidersi a stabilire, con parole chiare, univoche e unanimi, che non è accettabile l'armamento atomico a disposizione di uno stato i cui leader hanno proclamato "apertamente" la volontà di distruggere Israele ed hanno negato insieme la Shoah e la legittimità dello stato ebraico» «Su questo punto non si possono ammettere cedimenti: occorre ricercare la più ampia intesa a livello internazionale per impedire e sconfiggere i disegni pericolosi del regime iraniano. La via da percorrere è quella del controllo multilaterale sugli sviluppi militari del programma nucleare iraniano, quella del negoziato risoluto, quella delle sanzioni efficaci: bisogna esigere garanzie ferree dal governo di Teheran, impegnando in modo determinato l’Agenzia internazionale per l’energia atomica al controllo ispettivo ed alla verifica continua dei progressi del negoziato» «Berlusconi ha voluto ricordare anche che l'Italia si oppose al rapporto Goldstone dell'Onu perché Israele dispiegò una giusta reazione ai missili di Hamas da Gaza». «Voi rappresentate ideali che sono universali, siete il più grande esempio di democrazia e di libertà nel Medio Oriente, se non l'unico esempio. Un esempio che ha radici profonde nella Bibbia e nell'ideale sionista». «È per me un grande onore, è un grande onore per l’Italia parlare in questa nobile assemblea che è il simbolo stesso dei valori democratici su cui si fonda il vostro Paese. Questo Parlamento rappresenta la più straordinaria vicenda del Novecento.

Questo Parlamento testimonia la nascita nel 1948 di uno Stato Ebraico, libero e democratico che raccolse finalmente, dopo l’orrenda esperienza della Shoah, cittadini del mondo che parlavano tutte le lingue e che accorsero da ogni angolo del mondo». «un'infamia le leggi razziali del 1938, l'Italia guarda al popolo ebraico come a «un fratello maggiore». «Per noi, come hanno detto sia il Papa Giovanni Paolo II che il Rabbino Elio Toaff, il popolo ebraico è un fratello maggiore» «Le origini della nostra amicizia, della nostra fratellanza, sono in una comunanza di civiltà e di destino, in un comune amore per la comprensione e la convivenza pacifica tra i popoli della terra». (Corriere della Sera, 02/03 febbraio 2010)

HISTORICAHISTORICAHISTORICAHISTORICA

ADELANTE, COMANDANTE ! Con questo ultimo intervento chiudo la parentesi politico-culturale apertasi sul comandante Ernesto Guevara che è stato materia di dibattito e scontro aspro sulle pagine di Facebook da parte di chi senza un minimo di conoscenza storica o ragioni concrete ma solo per futile vena polemica e spirito provocatorio ha ritenuto attaccarci senza contegno. Senz'altro la storiografia ufficiale marxista ed antifascista non aiuta a svelare le verità offuscate sul combattente rivoluzionario argentino, ma a tal proposito vogliamo pensare noi, Uomini Liberi senza remore o esitazioni di fronte a tutto e a tutti. Certamente ci sarebbe un pizzico di strumentalizzazione se noi volessimo etichettare il comandante Ernesto Guevara

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XXXI

come un fascista, ma con ciò non possiamo per paura delle critiche degli altri, non ricordare le sane radici socialnazionali decisamente filo-fasciste e peroniste che indirizzarono la battaglia del Che, a dispetto di quello che dicono. Lascerò parlare la storia.. Innanzitutto sarebbe bene ribadire e precisare (perchè c'è qualcuno che vuole ancora fare persino obiezione su di questo) che la politica inaugurata da Juan Domingo Peròn (mussoliniano dichiarato) con lo slogan "Tercera Posicion" (fra USA e URSS) all'indomani del secondo conflitto bellico, rappresentò l'ultimo vero statismo apertamente fascista quindi socialista nazionale del dopoguerra. Peròn salito al potere nel 1946 instaurò un modello politico popolare e nazionale in indiscussa coerenza ai principi per i quali caddero molti nostri Combattenti dell'Onore italiani nella Repubblica di Mussolini. Del resto lo stesso ministro del lavoro della RSI l'operaio Giuseppe Spinelli dopo il disastro bellico collaborò al fianco di Peròn in Argentina. Non accetto smentite! Tuttavia molto sinteticamente credo occorra andare a riecheggiare e riscavare i rapporti davvero non solo di stima o amicizia, ma di coesione politica che ci furono fra il comandante Ernesto Guevara e lo statista fascista suo connazionale Peròn. Nel giugno 1959 come noto Ernesto Guevara passerà un breve soggiorno a Madrid nella Spagna franchista. Durante il suo soggiorno venne “registrato” l'acquisto da parte del guerrigliero argentino delle opere integrali di Josè Primo de Rivera (fondatore della Falange spagnola, il movimento fascista sorto in Spagna prima dell'ascesa al potere di Franco ed il “tradimento” di quei valori). Ma non è tutto il Che si recò in Spagna non per un semplice scalo tecnico come ci narra la storiografia comunista, ma tutt'altra ragione più profonda, incontrarsi di persona

con Juan Domingo Peròn (esule volontario in Spagna dopo il golpe militare che lo “spodestò dall'Argentina) e discutere sulle varie strategie di un risorgimento dei popoli sudamericani dal giogo statunitense. Era esattamente il 14 giugno 1959 quando i due rivoluzionari argentini si incontrarono faccia a faccia per la prima volta. Cosa si dissero nei lunghi incontri presso la residenza spagnola di Peròn precisamente non sappiamo; ciò che sappiamo però è che i due valutarono la situazione dell'America Latina all'indomani della vittoria castrista, tramando anche un possibile ritorno vincente in Patria di Peròn. Fu li che il Che espresse all'amico connazionale la futura tappa che avrebbe intrapreso di li a poco, ossia la Bolivia, e fu lì che lo statista argentino non nascose la sua perplessità su questa rischiosa impresa esclamando con una vena di disperazione rivolto al guerrigliero: “Vai a suicidarti in Bolivia?” La storia corse in fretta ed il Che da tempo sempre più ostile e lontano dalle posizioni di Mosca e diffidente dalle derive espressamente marxiste di Castro, si preparava a compiere la sua ultima impresa eroica che gli sarebbe stata fatale, la rivoluzione nazionale in Bolivia. E proprio il 24 ottobre 1967 esattamente sedici giorni dopo la morte di Ernesto Guevara il fascista mussoliniano Peròn diramò dalla Spagna questa lettera aperta al popolo argentino piangendo la prematura morte del rivoluzionario socialnazionale. Scriveva Peròn: “Camerati, è con profondo dolore che ho preso conoscenza di una perdita irreparabile per la causa dei popoli che lottano per la loro Liberazione. Noi salutiamo come dei fratelli tutti quelle che, in qualche parte del mondo, e sotto qualsiasi bandiera, lottano contro l'ingiustizia, la miseria e lo sfruttamento. Noi sentiamo il legame che ci unisce a tutti coloro che affrontano con coraggio e

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XXXII

determinazione l'insaziabile voracità dell'imperialismo che asserve i popoli con la complicità degli oligarchi antinazionali sostenuti dal Pentagono. Oggi è caduto in questa lotta come un eroe la giovane figura più straordinaria che ha dato la rivoluzione latinoamericana: è morto il comandante Ernesto Che Guevara. La sua morte mi strazia l'anima, perché egli era dei nostri, forse il migliore: un esempio per la sua condotta, per la sua generosità, per il suo spirito di sacrificio, per la sua capacità di rinuncia. La sua fede assoluta nella giustezza della causa che difendeva gli ha dato questa forza, questo coraggio e questo valore che lo elevano oggi al rango degli eroi e dei martiri.. Alcune agenzie di stampa hanno voluto presentarlo come un nemico del peronismo. Quale assurdità! Anche supponendo che nel 1951 abbia realmente partecipato al tentativo di colpo di Stato contro il governo popolare di Hipolito Yriongoyen, cosa per nulla dimostrata, questo resterebbe un evento isolato, un episodio della sua vita, durante il quale egli sarebbe stato utilizzato dall'oligarchia. L'essenziale è riconoscere i propri errori, e nessuno potrà sostenere che il Che non ne abbia fatto onorevole ammenda. Nel 1954, mentre egli lotta al fianco del governo popolare guatemalteco di Jacob Arbenz, attaccato militarmente dall'esercito degli Stati Uniti, io diedi personalmente delle istruzioni al ministro per gli Affari esteri, in modo di trovare una soluzione alla difficile situazione in cui questo giovane e valoroso argentino si era trovato. Egli potè così raggiungere il Messico, sano e salvo. La sua vita, la sua epopea devono servire da esempio per la nostra gioventù, per la gioventù di tutta l'America Latina. L'imperialismo tenta di macchiarne la memoria perché teme il fascino e l'enorme prestigio che egli ha acquisito tra le masse

popolari che subiscono la dura realtà dei popoli assoggettati. Sono stato informato che il Partito Comunista argentino aveva preso l'iniziativa di una campagna di denigrazione. Questo non ci sorprende. Essi hanno sempre difeso delle posizioni contrarie agli interessi nazionali. I peronisti possono testimoniare che i comunisti hanno costantemente combattuto i movimenti nazionali e popolari… Un giorno o l'altro l'ora dei popoli, l'ora delle rivoluzioni nazionali verrà in America Latina, il processo è irreversibile. L'equilibrio è rotto ed è infantile pensare che si potrebbe vincere senza rivoluzione la resistenza delle oligarchie e dei monopoli reazionari dell'imperialismo. La rivoluzione socialista si farà, e se un combattente cade, è già pronto un altro che prenderà il suo posto. I movimenti rivoluzionari nazionali devono saperlo. E' anche la cosa di cui devono convincersi per poter abbattere gli usufrutti del privilegio. La maggior parte dei governanti dell'America Latina sono incapaci di risolvere il problema nazionale, perché essi non rispondono agli interessi nazionali. Non basta la verbosità rivoluzionaria, ci vuole un'azione rivoluzionaria, con una struttura, una visione strategica e una tattica che diano una forma concreta alla rivoluzione. Ci solleveremo dalla nostra condizione solo se ne saremo capaci e per farlo la lotta sarà dura anche se resto convinto che i popoli sono sempre destinati a trionfare. I nostri nemici hanno una forza materiale molto superiore alla nostra, però noi contiamo sulla straordinaria forza morale che ci danno le nostre convinzioni e la giustezza di una causa che ha dalla sua la ragione storica. In sintonia della sua tradizione e le sue lotte, il peronismo quale movimento nazionale , popolare e rivoluzionario, rende il suo emozionato omaggio all'idealista, al

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XXXIII

rivoluzionario, al Comandante Ernesto Che Guevara, guerrigliero argentino morto in battaglia impugnando le armi per il trionfo delle rivoluzioni nazionali dell'America Latina”. (Juan Domingo Peròn; 24 ottobre 1967). Ho lasciato parlare l'ultimo statista rivoluzionario fascista, attraverso la sua lettera di omaggio al Che. Del resto per mostrare l'intesa politica fra i due leader argentini possiamo dall'altra parte riportare a sua volta una prima lettera che il comandante Ernesto Guevara molti anni prima indirizzo a sua madre (comunista ed antiperonista convinta) sulla caduta del primo governo peronista. Scriveva Ernesto Guevara il 24 settembre 1955 dopo la caduta di Peròn: “Questa volta i miei timori si sono avverati, il tuo odiato nemico è caduto...tutti i giornali del Paese e le agenzie di stampa straniere annunciavano con giubilo la caduta del “tenebroso” dittatore, i nordamericani gongolavano felici per i 425 milioni di dollari che finalmente potevano recuperare in Argentina, il vescovo di Ciudad de Mèxico si mostrava soddisfatto della caduta di Peròn, tutte le persone di fede cattolica e di destra che ho conosciuto non nascondevano la loro soddisfazione. Io e i miei amici no! Tutti abbiamo seguito con dolore la sorte del governo peronista...qui i progressisti hanno definito il dramma argentino come il “trionfo del dollaro, della spada e della croce”... Ti confesso con tutta sincerità che la caduta di Peròn mi ha profondamente amareggiato, non tanto per lui, ma per quello che significa per tutta l'America Latina, perché suo malgrado e nonostante il forzoso tentennamento degli ultimi tempi, l'Argentina era il paladino di noi tutti che pensavamo che il nemico stesse al nord” (Ernesto Che Guevara; 24 settembre 1955).

Così all'indomani della caduta di Peròn a seguito del colpo di Stato militare, Che Guevara piangeva la “disfatta” del popolo argentino; mentre guarda caso l'Unione Sovietica dimostrò apertamente il suo più totale apprezzamento. Quella terza via sociale e nazionale fascista che Peròn sulla scia del fascismo mussoliniano aveva realizzato guadagnandosi il consenso degli strati più umili della popolazione iniziava ad infastidire il Cremlino che vedeva nel peronismo un suo possibile concorrente alternativo in materia sociale, fu di li che arrivò per il socialnazionale Guevara la prima “scomunica” da parte della Russia bolscevica. Caso strano invece proprio l'Unione Sovietica fu fra i primissimi Stati ad aprire intese con il nuovo governo reazionario argentino per impedire un possibile ritorno dei peronisti; lo dimostra il fatto che mentre tutti i partiti nazionapopolari come il peronismo furono sciolti, l'unico a rimanere libero fu appunto il partito comunista argentino. Strano? Del resto la Russia anni prima fu lo stesso Stato che sviluppò rapporti diplomatici con la dittatura cubana di Batista. La verità è che USA e URSS, capitalismo e marxismo hanno sempre colluso. Il comandante Guevara, amico del fascista Peròn, pronto a lottare per le rivoluzioni nazionali sudamericane, non poteva certo andar bene a chi da Oriente manovrava i fili del socialismo internazionale. Persino la via nazionale al comunismo inaugurata da Castro iniziava a rimanere scomoda per il comintern, e per il “gerarchismo” moscovita. La verità è che Guevara mai é stato comunista, ma che aveva ritenuto utile appoggiarsi all'Unione Sovietica esclusivamente in funzione anti-USA, per liberare l'America Latina dal giogo di Casabianca, non intendeva in nessuna maniera piegarsi alla burocrazia, al materialismo disumano, e all'internazionalismo dei Soviet.

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XXXIV

Socialista dai chiari impulsi patriottici si era avvicinato a Peròn perchè in lui intravedeva il faro di luce, al quale tutto il sud-america doveva volgersi. Combattente contro quell'imperialismo che già aveva dominato l'Europa cadde in Bolivia (grazie ad un inganno dei rossi) per portare a compimento il progetto delle rivoluzioni nazionali latinoamericane. Con se nessuna tessera comunista fu trovata, ma le opere integrali di Primo de Rivera, fondatore della Falange. Giacomo Carcia

LO SCEMPIO

MARIO SIRONI: IL MANIFESTO

DELLA PITTURA MURALE

(1933)

Il Fascismo è stile di vita: è la vita stessa degli Italiani.

Nessuna formula riescirà mai a esprimerlo compiutamente e tanto meno a contenerlo. Del pari, nessuna formula riescirà mai a esprimere e tanto meno a contenere ciò che si intende qui per Arte Fascista, cioè a dire un'arte che è l'espressione plastica dello spirito Fascista. L'Arte Fascista si verrà delineando a poco a poco, e come risultato della lunga fatica dei migliori. Quello che fin d'ora si può e si deve fare, è sgombrare il problema che si pone agli artisti dai molti equivoci che sussistono. Nello Stato Fascista l'arte viene ad avere una funzione educatrice. Essa deve produrre l'ètica del nostro tempo. Deve dare unità di stile e grandezza di linee al vivere comune. L'arte così tornerà a essere quello che fu nei

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XXXV

suoi periodi più alti e in seno alle più alte civiltà: un perfetto strumento di governo spirituale. La concezione individuale dell'“arte per l'arte” è superata. Deriva di qui una profonda incompatibilità tra i fini che l'Arte Fascista si propone, e tutte quelle forme d'arte che nascono dall'arbitrio, dalla singolarizzazione, dall'estetica particolare di un gruppo, di un cenacolo, di un'accademia. La grande inquietudine che turba tuttora l'arte europea, è il prodotto di epoche spirituali in decomposizione. La pittura moderna, dopo anni e anni di esercitazioni tecnicistiche e di minuziose introspezioni dei fenomeni naturalistici di origine nordica, sente oggi il bisogno di una sintesi spirituale superiore. L'Arte Fascista rinnega le ricerche, gli esperimenti, gli assaggi di cui tanto prolifico è stato il secolo scorso. Rinnega soprattutto i “postumi” di essi esperimenti, che malauguratamente si sono prolungati fino al nostro tempo. Benché vari in apparenza e spesso divergenti, questi esperimenti derivano tutti da quella comune materialistica concezione della vita che fu la caratteristica del secolo passato, e che fu profondamente odiosa. La pittura murale è pittura sociale per eccellenza. Essa opera sull'immaginazione popolare più direttamente di qualunque altra forma di pittura, e più direttamente ispira le arti minori. L'attuale rifiorire della pittura murale, e soprattutto dell'affresco, facilita l'impostazione del problema dell'Arte Fascista. Infatti: sia la pratica destinazione della pittura murale (edifici pubblici, luoghi comunque che hanno una civica funzione), siano le leggi che la governano, sia il prevalere in essa dell'elemento stilistico su quello emozionale, sia la sua intima associazione con l'architettura, vietano all'artista di cedere all'improvvisazione e ai facili virtuosismi.

Lo costringono invece a temprarsi in quella esecuzione decisa e virile, che la tecnica stessa della pittura murale richiede: lo costringono a maturare la propria invenzione e a organizzarla compiutamente. Nessuna forma di pittura nella quale non predomini l'ordinamento e il rigore della composizione, nessuna forma di pittura “di genere” resistono alla prova delle grandi dimensioni e della tecnica murale. Dalla pittura murale sorgerà lo “Stile Fascista”, nel quale la nuova civiltà si potrà identificare. La funzione educatrice della pittura è soprattutto una questione di stile. Più che mediante il soggetto (concezione comunista), è mediante la suggestione dell'ambiente, mediante lo stile che l'arte riescirà a dare un'impronta nuova all'anima popolare. Le questioni di “soggetto” sono di troppo facile soluzione per essere essenziali. La sola ortodossia politica del “soggetto” non basta: comodo ripiego dei falsi “contenutisti”. Per essere consono allo spirito della Rivoluzione, lo stile della Pittura Fascista dovrà essere antico e a un tempo novissimo: dovrà risolutamente respingere la tendenza tuttora predominante di un'arte piccinamente abitudinaria, che poggia sopra un preteso e fondamentalmente falso “buon senso”, e che rispecchia una mentalità né “moderna” né “tradizionale”; dovrà combattere quegli pseudo “ritorni”, che sono estetismo dozzinale e un palese oltraggio al vero sentimento di tradizione. A ogni singolo artista poi, s'impone un problema di ordine morale. L'artista deve rinunciare a quell'egocentrismo che, ormai, non potrebbe che isterilire il suo spirito, e diventare un artista “militante”, cioè a dire un artista che serve un'idea morale, e subordina la propria individualità all'opera collettiva.

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XXXVI

Non si vuole propugnare con ciò un anonimato effettivo, che ripugna al temperamento italiano, ma un intimo senso di dedizione all'opera collettiva. Noi crediamo fermamente che l'artista deve ritornare a essere uomo tra gli uomini, come fu nelle epoche della nostra più alta civiltà. Non si vuole propugnare tanto meno un ipotetico accordo sopra un'unica formula d'arte — il che praticamente risulterebbe impossibile — ma una precisa ed espressa volontà dell'artista di liberare l'arte sua dagli elementi soggettivi e arbitrari, e da quella speciosa originalità che è voluta e rinutrita dalla sola vanità. Noi crediamo che l'imposizione volontaria di una disciplina di mestiere, è utile a temprare i veri e autentici talenti. Le nostre grandi tradizioni di carattere prevalentemente decorativo, murale e stilistico, favoriscono potentemente la nascita di uno Stile Fascista. Tuttavia le affinità elettive con le grandi epoche del nostro passato, non possono essere sentite se non da chi ha una profonda comprensione del tempo nostro. La spiritualità del primo Rinascimento ci è più vicina del fasto dei grandi Veneziani. L'arte di Roma pagana e cristiana ci è più vicina di quella greca. Si è arrivati nuovamente alla pittura murale, in virtù dei principii estetici che sono maturati nello spirito italiano dalla guerra in qua. Non a caso ma per divinazione dei tempi, le più audaci ricerche dei pittori italiani si concentrano già da anni sulla tecnica murale e sui problemi di stile. La vita è segnata per il proseguimento di questi sforzi, fino al raggiungimento della necessaria unità. (*) Il “Manifesto” fu pubblicato su La Colonna nel dicembre del 1933 e firmato anche da Campigli, Carrà e Funi.

LA DOPPIA FACCIA DI UN

PRESUNTO INTOCCABILE Dieci anni fa moriva ad Hammamet Bettino Craxi. Nel profluvio di parole di questi giorni per ricordarne la figura e l’avventura politica non è mancata la tipica ipocrisia tutta italiana con la quale molti dei detrattori e persecutori di allora, oggi si sprecano in elogi e riconoscimenti: il caso più eclatante è quello del Capo dello Stato, al tempo autentica eminenza grigia del partito che più si accanì contro il “povero” Bettino. Ma di questo c’è poco da meravigliarsi !! E allora giù ipotesi da fantastoria e fantapolitica su cosa sarebbe stata l’Italia se a Craxi non fosse toccata la sorte che tutti conosciamo o se oggi egli sarebbe stato berlusconiano oppure ……. (mah!!! bersaniano??). Insomma, un sacco di cretinate che servono solo a riempire qualche pagina di giornale o il palinsesto delle reti televisive. Dire che noi abbiamo amato Craxi sarebbe cosa assurda ed inverosimile; non siamo affetti dal mal di ipocrisia di cui si diceva poco sopra: egli ha rappresentato uno degli artefici della corsa della politica italiana verso il baratro in fondo al quale sta ancora. Il nepotismo, il clientelismo, il demerito eretto a sistema, il fannullonismo nella macchina pubblica, il debito pubblico fantasmagorico che incatena e incatenerà per decenni le giovani generazioni del nostro paese sono i principali prodotti di quella gestione che vide, beninteso, Craxi esserne il dominus indiscusso, senza però dimenticare che egli guidava una coalizione in cui c’erano dentro tutti: De Mita, Forlani, Andreotti e la pletora ingorda di partitini che formavano il famoso pentapartito, con gente come Spadolini, La Malfa, De Lorenzo e compagnia cantante. Insomma, egli fu la figura forte, in un momento economicamente favorevole, di un sistema in cui lo Stato era attraversato in

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XXXVII

ogni suo ganglio dalla logica degli interessi di bottega e nel quale la spartizione era diventata la regola aurea. In questo Craxi (e la sua corte) era maestro indiscusso: governava a Roma con la DC e i Liberali; contro la DC e alleato del PCI nelle amministrazioni locali di mezza Italia, dove il sottogoverno faceva affluire ingenti quantità di denaro per una politica sempre più dispendiosa. Insomma un uomo di potere e per il potere; a qualsiasi costo. Una figura simile, da vero satrapo che usa il potere dello Stato per interessi personali e di parte, non potrebbe essere mai un nostro moderno punto di riferimento; abbiamo ben altri ricordi cui orgogliosamente rifarci. Ma l’altra faccia del politico Craxi, quella sulla quale pochi o nessuno hanno fatto riferimento nel ricordarlo per le ragioni che ben sappiamo, ci rende meno antipatica (o forse un po’simpatica) la sua figura: la vicenda di Sigonella. Fu quello, a nostro modesto avviso, l’unico caso in cui l’Italia repubblicana non ebbe un viceré, un maggiordomo, un lacchè! Fu in quella occasione che l’Italia ebbe la possibilità di un moto di orgoglio e volle essere padrona a casa sua. Non vogliamo valutare se il fatto stesso di Sigonella, per la ragione che lo causò, fosse o meno moralmente accettabile, ma vogliamo solo ricordare a chi ha la mente molto corta che quel giorno l’Italia non fu uno Stato a sovranità limitata. E questo, cari signori, non è poco!! Probabilmente fu quello uno dei motivi che portò alla disgrazia successiva di Craxi, ma questo è altro argomento, sul quale pochi hanno indagato e, scommettiamo, pochi metteranno il naso. DI CERTO, PER NOI SOCIALISTI NAZIONALI IL CORAGGIO DEL CRAXI DI SIGONELLA AVREBBE MERITATO L’ONORE DELLE ARMI. Fernando Volpi

FORMAZIONEFORMAZIONEFORMAZIONEFORMAZIONE

PROGRAMMA DEI FASCI

ITALIANI DI COMBATTIMENTO

(23.03,1919) Senza troppe formalità o pedanterie vi leggerò tre dichiarazioni che mi sembrano degne di discussione e di voto. Poi, nel pomeriggio, riprenderemo la discussione sulla nostra dichiarazione programmatica. Vi dico subito che non possiamo scendere ai dettagli. Volendo agire prendiamo la realtà nelle sue grandi linee, senza seguirla minutamente nei suoi particolari. Prima dichiarazione: «L’adunata del 23 marzo rivolge il suo primo saluto e il suo memore e reverente pensiero ai figli d’Italia che sono caduti per la grandezza della Patria e per la libertà del mondo, ai mutilati e invalidi, a tutti i combattenti, agli ex-prigionieri che compirono il loro dovere, e si dichiara pronta a sostenere energicamente le rivendicazioni d’ordine materiale e morale che saranno propugnate dalle associazioni dei combattenti. Siccome noi non vogliamo fondare un partito dei combattenti, poiché un qualche cosa di simile si sta già formando in varie città d’Italia, non possiamo precisare il programma di queste rivendicazioni. Lo preciseranno gli interessati. Dichiariamo che lo appoggeremo. Noi non vogliamo separare i morti, né frugare loro nelle tasche per vedere quale tessera portassero: lasciamo questa immonda bisogna ai socialisti ufficiali. Noi comprenderemo in un unico pensiero di amore tutti i morti, dal generale all’ultimo fante, dall’intelligentissimo a coloro che erano incolti ed ignoranti.

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Ma voi mi permetterete di ricordare con predilezione, se non con privilegio, i nostri morti, coloro che sono stati con noi nel maggio glorioso: i Corridoni, i Reguzzoni; i Vidali, i Deffenu, il nostro Serrani, questa gioventù meravigliosa che è andata al fronte e che là è rimasta. Certo, quando oggi si parla di grandezza della patria e di libertà del mondo, ci può essere qualcuno che affacci il ghigno e il sorriso ironico, poiché ora è di moda fare il processo alla guerra: ebbene la guerra si accetta in blocco o si respinge in blocco. Se questo processo deve essere eseguito, saremo noi che lo faremo e non gli altri. E volendo del resto esaminare la situazione nei suoi elementi di fatto, noi diciamo subito che l’attivo e il passivo di un’impresa così grandiosa non può essere stabilito con le norme della regolarità contabile: non si può mettere da una parte il quantum di fatto e di non fatto: ma bisogna tener conto dell’elemento “qualitativo”. Da questo punto di vista noi possiamo affermare con piena sicurezza che la Patria oggi è più grande: non solo perché giunge al Brennero – dove giunge Ergisto Bezzi, cui rivolgo il saluto – non solo perché va alla Dalmazia. Ma è più grande l’Italia anche se le piccole anime tentano un loro piccolo giuoco; è più grande perché noi ci sentiamo più grandi in quanto abbiamo l’esperienza di questa guerra, inquantoché noi l’abbiamo voluta, non c’è stata imposta, e potevamo evitarla. Se noi abbiamo scelto questa strada è segno che ci sono nella nostra storia, nel nostro sangue, degli elementi e dei fermenti di grandezza, poiché se ciò non fosse noi oggi saremmo l’ultimo popolo del mondo. La guerra ha dato ciò che noi chiedevamo: ha dato i suoi vantaggi negativi e positivi: negativi in quanto ha impedito alle case degli Hohenzollern, degli Absburgo e degli altri di dominare il mondo, e questo è un risultato che sta davanti agli occhi di tutti e basta a

giustificare la guerra. Ha dato anche i suoi risultati positivi poiché in nessuna nazione vittoriosa si vede il trionfo della reazione. In tutte si marcia verso la più grande democrazia politica ed economica. La guerra ha dato, malgrado certi dettagli che possono urtare gli elementi più o meno intelligenti, tutto quello che chiedevamo. E perché parliamo anche degli ex-prigionieri, è una questione scottante. Evidentemente ci sono stati di quelli che si sono arresi, ma quelli si chiamano disertori: d’altra parte in quella massa c’è la grande maggioranza che è caduta prigioniera dopo aver fatto il suo dovere, dopo aver combattuto: se così non fosse potremmo cominciare a bollare Cesare Battisti e molti valorosi e brillanti ufficiali e soldati che hanno avuto la disgrazia di cadere nelle mani del nemico». Seconda dichiarazione: «L’adunata del 23 marzo dichiara di opporsi all’imperialismo degli altri popoli a danno dell’Italia e all’eventuale imperialismo italiano a danno di altri popoli; accetta il postulato supremo della Società delle Nazioni che presuppone l’integrazione di ognuna di esse, integrazione che per quanto riguarda l’Italia deve realizzarsi sulle Alpi e sull’Adriatico con la rivendicazione e annessione di Fiume e della Dalmazia. Abbiamo 40 milioni di abitanti su una superficie di 287 mila chilometri quadrati separati dagli Appennini che riducono ancora di più la disponibilità del nostro territorio lavorativo: saremo fra dieci o venti anni 60 milioni ed abbiamo appena un milione e mezzo di chilometri quadrati di colonia, in gran parte sabbiosi, verso i quali certamente non potremo mai dirigere il più della nostra popolazione. Ma se ci guardiamo attorno vediamo l’Inghilterra che con 47 milioni di abitanti ha un impero coloniale di 55 milioni di chilometri quadrati e la Francia che con una

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XXXIX

popolazione di 38 milioni di abitanti ha un impero coloniale di 15 milioni di chilometri quadrati. E vi potrei dimostrare con le cifre alla mano che tutte le nazioni del mondo, non esclusi il Portogallo, l’Olanda e il Belgio, hanno tutte quante un impero coloniale al quale tengono e che non sono affatto disposte a mollare in base a tutte le ideologie che possono venire da oltre oceano. Lloyd George parla apertamente di impero inglese. L’imperialismo è il fondamento della vita per ogni popolo che tende ad espandersi economicamente e spiritualmente. Quello che distingue gli imperialismi sono i mezzi. Ora i mezzi che potremo scegliere e sceglieremo non saranno mai mezzi di penetrazione barbarica, come quelli adottati dai tedeschi. E diciamo: o tutti idealisti o nessuno. Si faccia il proprio interesse. Non si comprende che si predichi l’idealismo da parte di coloro che stanno bene a coloro che soffrono, poiché ciò sarebbe molto facile. Noi vogliamo il nostro posto nel mondo poiché ne abbiamo il diritto. Riaffermo qui, in questo ordine del giorno, il “postulato societario della Società delle Nazioni”. È nostro in fin dei conti, ma intendiamoci: se la Società delle Nazioni deve essere una solenne “fregata” da parte delle nazioni ricche contro le nazioni proletarie per fissare ed eternare quelle che possono essere le condizioni attuali dell’equilibrio mondiale, guardiamoci bene negli occhi. Io comprendo perfettamente che le nazioni arrivate possano stabilire questi premi d’assicurazione della loro opulenza e posizione attuale di dominio. Ma questo non è idealismo; è tornaconto e interesse». Terza dichiarazione: «L’adunata del 23 marzo impegna i fascisti a sabotare con tutti i mezzi le candidature dei neutralisti di tutti i Partiti. Voi vedete che io passo da un punto ad un altro, ma in tutto ciò c’è logica, c’è un filo.

Io non sono un entusiasta delle battaglie schedaiole, tanto è vero che da tempo ho abolito le cronache del “Camerone” e nessuno se ne è doluto: anzi il mio esempio aveva consigliato altri giornali a ridurre questa cronaca scandalosa fino ai limiti dello strettamente necessario. In ogni modo è evidente che entro quest’anno ci saranno le elezioni. Non si conosce ancora la data né il sistema che sarà seguito, ma dentro l’anno ci saranno queste battaglie elettorali e cartacee. Ora, si voglia o non si voglia, in queste elezioni si farà il processo alla guerra, cioè il “fatto guerra” essendo stato il fatto dominante della nostra vita nazionale, è chiaro che non si potrà evitare di parlare di guerra. Ora noi accetteremo la battaglia precisamente sul “fatto guerra”, poiché non solo non siamo pentiti di quello che abbiamo fatto, ma andiamo più in là: e con quel coraggio che è frutto del nostro individualismo, diciamo che se in Italia si ripetesse una condizione di cose simile a quella del 1915, noi ritorneremmo a invocare la guerra come nel 1915. Ora è molto triste il pensare che ci siano stati degli interventisti che hanno defezionato in questi ultimi tempi. Sono stati pochi e per motivi non sempre politici. C’è stato il trapasso originato da ragioni di indole politica che non voglio discutere, ma c’è stata la defezione originata dalla paura fisica. Per quietare la belva molliamo la Dalmazia, rinunciamo a qualche cosa. Ma il calcolo è pietosamente fallito. Noi, non solo non ci metteremo su quel terreno politico, ma non avremo nemmeno quella paura fisica che è semplicemente grottesca. Ogni vita vale un’altra vita, ogni sangue vale un altro sangue, ogni barricata un’altra barricata. Se ci sarà da lottare impegneremo anche la lotta delle elezioni.

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XL

Ci sono stati neutralisti fra i socialisti ufficiali e fra i repubblicani. Anche i cosiddetti cattolici del Partito italiano cercano di rimettersi in carreggiata per far dimenticare la loro opera mostruosa che va dal convegno di Udine al grido nefando uscito dal Vaticano. Tutto ciò non è stato soltanto un delitto contro la Patria ma si è tradotto in un di più di sangue versato, di mutilati e di feriti. Noi andremo a vedere i passaporti di tutta questa gente: tanto dei neutralisti arrabbiati come di coloro che hanno accettato la guerra come una corvée penosa; andremo nei loro comizi, porteremo dei candidati e troveremo tutti i mezzi per sabotarli. Noi non abbiamo bisogno di metterci programmaticamente sul terreno della rivoluzione perché, in senso storico, ci siamo dal 1915. Non è necessario prospettare un programma troppo analitico, ma possiamo affermare che il bolscevismo non ci spaventerebbe se ci dimostrasse che esso garantisce la grandezza di un popolo e che il suo regime sia migliore degli altri. È ormai dimostrato irrefutabilmente che il bolscevismo ha rovinato la vita economica della Russia. Laggiù, l’attività economica, dall’agricoltura all’industria, è totalmente paralizzata. Regna la carestia e la fame. Non solo, ma il bolscevismo è un fenomeno tipicamente russo. Le nostre civiltà occidentali, a cominciare da quella tedesca, sono refrattarie. Noi dichiariamo guerra al socialismo, non perché socialista, ma perché è stato contrario alla nazione. Su quello che è il socialismo, il suo programma e la sua tattica, ciascuno può discutere, ma il Partito Socialista Ufficiale Italiano è stato nettamente reazionario, assolutamente conservatore, e se fosse trionfata la sua tesi non vi sarebbe oggi per noi possibilità di vita nel mondo. Non è il Partito Socialista quello che può mettersi alla testa di un’azione di rinnovamento e di ricostruzione.

Siamo noi, che facendo il processo alla vita politica di questi ultimi anni, dobbiamo inchiodare alla sua responsabilità il Partito Socialista Ufficiale. È fatale che le maggioranze siano statiche, mentre le minoranze sono dinamiche. Noi vogliamo essere una minoranza attiva, vogliamo scindere il Partito Socialista Ufficiale dal proletariato, ma se la borghesia crede di trovare in noi dei parafulmini, s’inganna. Noi dobbiamo andare incontro al lavoro. Già al tempo dell’armistizio io scrissi che bisognava andare incontro al lavoro per chi ritornava dalle trincee, perché sarebbe odioso e bolscevico negare il riconoscimento dei diritti di chi ha fatto la guerra. Bisogna perciò accettare i postulati delle classi lavoratrici: vogliono le otto ore? Domani i minatori e gli operai che lavorano di notte imporranno le sei ore? Le pensioni per l’invalidità e la vecchiaia? Il controllo sulle industrie? Noi appoggeremo queste richieste, anche perché vogliamo abituare le classi operaie alla capacità direttiva delle aziende, anche per convincere gli operai che non è facile mandare avanti un’industria e un commercio. Questi sono i nostri postulati, nostri per le ragioni che ho detto innanzi e perché nella storia ci sono cicli fatali per cui tutto si rinnova, tutto si trasforma. Se la dottrina sindacalista ritiene che dalle masse si possano trarre gli uomini direttivi necessari e capaci di assumere la direzione del lavoro, noi non potremo metterci di traverso, specie se questo movimento tenga conto di due realtà: la realtà della produzione e quella della nazione. Per quello che riguarda la democrazia economica, noi ci mettiamo sul terreno del sindacalismo nazionale e contro l’ingerenza dello Stato, quando questo vorrebbe assassinare il processo di creazione della ricchezza.

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XLI

Combatteremo il retrogradismo tecnico e spirituale. Ci sono industriali che non si rinnovano dal punto di vista tecnico e dal punto di vista morale. Se essi non troveranno la virtù di trasformarsi, saranno travolti, ma noi dobbiamo dire alla classe operaia che altro è demolire, altro è costruire, che la distruzione può essere opera di un’ora, mentre la creazione è opera di anni o di secoli. Democrazia economica, questa è la nostra divisa. E veniamo alla democrazia politica. Io ho l’impressione che il regime attuale in Italia abbia aperto la successione. C’è una crisi che balza agli occhi di tutti. Abbiamo sentito tutti durante la guerra l’insufficienza della gente che ci governa e sappiamo che si è vinto per le sole virtù del popolo italiano, non già per l’intelligenza e la capacità dei dirigenti. Aperta la successione del regime, noi non dobbiamo essere degli imbelli. Dobbiamo correre. Se il regime sarà superato, saremo noi che dovremo occupare il suo posto. Perciò creiamo i Fasci: questi organi di creazione e agitazione capaci di scendere in piazza a gridare: “Siamo noi che abbiamo diritto alla successione perché fummo noi che spingemmo il paese alla guerra e lo conducemmo alla vittoria!”. Dal punto di vista politico abbiamo nel nostro programma delle riforme: il Senato deve essere abolito. Mentre traccio questo atto di decesso devo però aggiungere che il Senato in questi ultimi tempi si è dimostrato di molto superiore alla Camera. Ci voleva poco? È vero, ma quel poco è stato fatto. Noi vogliamo dunque che quell’organismo feudale sia abolito; chiediamo il suffragio universale, per uomini e donne; lo scrutinio di lista a base regionale; la rappresentanza proporzionale. Dalle nuove elezioni uscirà un’assemblea nazionale alla quale noi chiediamo che decida sulla forma di governo dello tato italiano.

Essa dirà: repubblica o monarchia; e noi, che siamo stati sempre endenzialmente repubblicani, diciamo fin da questo momento: repubblica! Noi non ndremo a rimuovere i protocolli e a frugare negli archivi, non faremo il processo etrospettivo e storico alla monarchia. L’attuale rappresentanza politica non ci può bastare; vogliamo una rappresentanza diretta dei singoli interessi, poiché io, come cittadino, posso votare secondo le mie idee, come professionista devo poter votare secondo le mie qualità professionali. Si potrebbe dire contro questo programma che si ritorna verso le corporazioni. Non importa. Si tratta di costituire dei Consigli di categorie che integrino la rappresentanza sinceramente politica. Ma non possiamo fermarci su dettagli. Fra tutti i problemi, quello che oggi interessa di più è di creare la classe dirigente e di munirla dei poteri necessari. È inutile porre delle questioni più o meno urgenti se non si creano i dirigenti capaci di risolverle. Esaminando il nostro programma vi si potranno trovare delle analogie con altri programmi; vi si troveranno postulati comuni ai socialisti ufficiali, ma non per questo essi saranno identici nello spirito, perché noi ci mettiamo sul terreno della guerra e della vittoria, ed è mettendoci su questo terreno che noi possiamo avere tutte le audacie. Io vorrei che oggi i socialisti facessero l’esperimento del potere, perché è facile promettere il paradiso, difficile realizzarlo. Nessun Governo domani potrebbe smobilitare tutti i soldati in pochi giorni o aumentare la quantità dei viveri, perché non ce ne sono. Ma noi non possiamo permettere questo esperimento, perché i socialisti vorrebbero portare in Italia una contraffazione del fenomeno russo al quale tutte le menti pensanti del socialismo sono contrarie, da Branting e Thomas a Bernstein, perché il fenomeno bolscevico non abolisce

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XLII

le classi, ma è una dittatura esercitata ferocemente. Noi siamo decisamente contro tutte le forme di dittatura, da quella della sciabola a quella del tricorno, da quella del denaro a quella del numero; noi conosciamo soltanto la dittatura della volontà e dell’intelligenza. Vorrei perciò che l’assemblea approvasse un ordine del giorno nel quale accettasse le rivendicazioni del sindacalismo nazionale dal punto di vista economico. Posta questa bussola al nostro viaggio, la nostra attività dovrà darci subito la creazione dei Fasci di combattimento. Domani indirizzeremo la loro azione simultaneamente in tutti i centri d’Italia. Non siamo degli statici; siamo dei dinamici e vogliamo prendere il nostro posto che deve essere sempre all’avanguardia». Benito Mussolini “Il Popolo d’Italia”, 24 marzo 1919

Italiani! Ecco il programma di un movimento genuinamente italiano. Rivoluzionario perché antidogmatico; fortemente innovatore, antipregiudiziaiolo. PER IL PROBLEMA POLITICO, NOI VOGLIAMO: a) Suffragio universale a scrutinio di lista regionale, con rappresentanza proporzionale, voto ed eleggibilità per le donne.

b) Il minimo di età per gli elettori abbassato a 18 anni; quello per i deputati abbassato a 25 anni. c) L’abolizione del Senato. d) La convocazione di una assemblea Nazionale per la durata di tre anni, il cui primo compito sia quello di stabilire la forma di costituzione dello Stato. e) La formazione di Consigli Nazionali tecnici del lavoro, dell’industria, dei trasporti, dell’igiene sociale, delle comunicazioni, ecc. eletti dalle collettività professionali o di mestiere, con poteri legislativi, e diritto di eleggere un Commissario Generale con poteri di Ministro. f) L’elezione popolare di una magistratura indipendente dal potere esecutivo. PER IL PROBLEMA SOCIALE, NOI VOGLIAMO: a) La sollecita promulgazione di una legge dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore di lavoro. b) Minimi di paga. c) La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria d) L’affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie e servizi pubblici. e) La rapida e completa sistemazione dei ferrovieri e di tutte le industrie dei trasporti. f) Una necessaria modificazione del progetto di legge di assicurazione sulla invalidità e sulla vecchiaia abbassando il limite di età, proposto attualmente a 65 anni, a 55 anni. PER IL PROBLEMA MILITARE, NOI VOGLIAMO: a) L’istituzione di una milizia nazionale con brevi servizi di istruzione a compito esclusivamente difensivo e il disarmo generale.

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XLIII

b) La nazionalizzazione di tutte le fabbriche di armi e di esplosivi. c) Una politica estera nazionale intesa a valorizzare, nelle competizioni pacifiche della civiltà, la Nazione italiana nel mondo. PER IL PROBLEMA FINANZIARIO, NOI VOGLIAMO: a) Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia forma di vera espropriazione parziale di tutte le ricchezze. b) Il sequestro (confisca) di tutti i beni delle congregazioni religiose e l’abolizione di tutte le mense vescovili che costituiscono una enorme passività per la Nazione e un privilegio di pochi. c) La revisione di tutti i contratti di forniture di guerra ed il sequestro dell’85% per cento dei profitti di guerra. d) La gestione cooperativa della produzione agricola e la concessione della terra ai contadini. “Il Popolo d’Italia”, 6 giugno 1919

D.V.X. NOBISD.V.X. NOBISD.V.X. NOBISD.V.X. NOBIS

ESTRATTI DAL

DIARIO DELLA VOLONTA’ Che cosa é questo fascismo, contro il quale si accaniscono invano i nemici vecchi e nuovi? Che cosa é questo Fascismo le cui gesta riempiono le cronache italiane? Sia concesso a noi, che abbiamo l'orgoglio di aver lanciato nel mondo questa superba creatura, piena di tutti gli impeti e gli ardori di una giovinezza traboccante di vita; sia concesso a noi di rispondere a queste domande. Il Fascismo é una grande mobilitazione di forze materiali e morali. Che cosa si propone? Lo diciamo senza false modestie: governare la Nazione. Con quale programma? Col programma necessario ad assicurare la grandezza morale e materiale del popolo italiano. Parliamo schietto: Non importa se il nostro programma concreto, non é antitetico ed é piuttosto convergente con quello dei socialisti, per tutto ciò che riguarda la riorganizzazione tecnica, amministrativa e politica del nostro Paese. Noi agitiamo dei valori morali e tradizionali che il socialismo trascura o disprezza, ma soprattutto lo spirito fascista rifugge da tutto ciò che é ipoteca arbitraria sul misterioso futuro. Oggi si compiono i due anni dal giorno in cui sorsero i Fasci italiani di Combattimento. Abbiamo appena il tempo di evocare la data. La battaglia infuria dovunque. Le cronache sono rosse o arrossate dal latin sangue gentile fascista. E poi, non abbiamo la stoffa dei commemoratori. Camminiamo avanti e guardando dinanzi a noi. E' il nostro stile. Siamo giovani, nati ieri e non abbiamo storia. O ne abbiamo troppa. Ma non ci pesa. Non grava sulle nostre anime il passato, perché il tumultuoso presente c'incalza verso l'avvenire. Non eravamo in

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XLIV

molti, nella sala di Piazza San Sepolcro due anni fa, quando gettammo le prime basi della nostra costruzione ideale. Un centinaio forse. Io stesso non mi cullavo in illusioni eccessive. Mi contentavo di costituire, in prosieguo di tempo, un centinaio di Fasci nelle principali città d'Italia. Il Fascismo non aveva molti numeri per conseguire un successo di adesioni e di popolarità. Si chiamava di "combattimento" e questa parola, dopo quaranta mesi di guerra, suonava ingrata alle orecchie di molta gente; partiva in lotta contro il rinunciatarismo, il che alienava al fascismo le simpatie di coloro che fanno dell' "imperialismo" per tutti i popoli, salvo che per quello italiano; rivendicava la necessità dell'intervento in guerra e la grandezza della vittoria, la qual cosa urtava i nervi di quelli che intendevano superate le storiche differenze di neutralismo e interventismo, finalmente scendeva in campo apertamente contro la demagogia socialista che consigliava tutti i malcontenti delle classi medie ed esasperava, nell'assurda aspettazione del paradiso russo, tutti i fanatismi politici e le miserie morali del proletariato. Dopo due anni di lotte, varie e tempestose vicende, gettiamo uno sguardo sulla strada percorsa; il punto di partenza ci appare straordinariamente lontano. Il Fascismo dopo essersi affermato trionfalmente nelle grandi città, dilaga, straripa nei piccoli paesi e sin nelle più remote campagne… Due anni! rapida successione di eventi! Tumulto e passare di uomini! Giornate grigie e giornate di sole. Giornate di lutto e giornate di trionfo. Sordo rintocco di campane funebri; squillore gioioso di fanfare all'attacco. Fra poco il Fascismo dominerà la situazione. Nell'annuale della fondazione, inchiniamoci dinanzi ai morti e salutiamo in piedi i vivi che si raccolgono a fiumane attorno alle nostre bandiere.

E' la migliore gioventù d'Italia, la più sana, la più ardimentosa. Intanto, dietro le armature possenti, tutto il cantiere fascista é all'opera. Chi porta le pietre, chi le depone, chi dirige e traccia i piani. Avanti, Fascisti! Tra poco saremo una cosa sola! Fascismo e Italia! (Benito Mussolini, Diario della volontà, 23 marzo 1921)

"Io riconosco e mi vanto di possedere uno spirito nobile ed alacre: e aggiungo che il giorno in cui non mi sentissi più stimolato da questa inquietudine mi riterrei diminuito e liquidato. Io non mi "adagio" mai in nessuna posizione; non mi siedo non mi addormento sul già raggiunto; non sono un impiegato tardo e marginatore di pratiche, ma un camminante che non riconosce mai nella meta raggiunta, quella definitiva o suprema. Ho l'orgoglio di aggiungere a questo quadro auto-biografico che non mi mancano e volontà e tenacia. Sono trenta mesi oramai che io, giorno per giorno, implacabilmente, ho tenuto fermo nella battaglia contro le forze che minacciavano di rovina la Nazione. Trenta mesi di duro lavoro, di quotidiano lavoro, alternato da vittorie e da sconfitte; confortato talvolta da vasti consensi, gelato talora da isolamenti improvvisi. E non ho mai piegato. Sono infiniti i campi nei quali possiamo applicare le nostre energie. Comprendo e compiango quelli che non sanno astrarre dai loro ambienti, vi si inchiodano e non vedono altro, e non credono alla esistenza di un più vasto e complesso e formidabile mondo. Sono i riflessi del campanilismo, riflessi che sono estranei a noi, che vogliamo sprovincializzare l'Italia e proiettarla come "entità nazionale" , come blocco fuso oltre i

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XLV

mari e oltre le Alpi. Ma l'uomo che ha fondato e diretto un movimento e gli ha dato fior di energia, ha diritto di prescindere dalle analisi di mille elementi locali per vedere il panorama politico e morale nella sua antitesi; ha il diritto di vedere dall'alto di una montagna, cioé da un ampio orizzonte, il panorama, che non é di Bologna o di Venezia o di Cuneo, ma é italiano, ma é europeo, ma é mondiale. " (Benito Mussolini, 19 agosto 1921 - Diario della Volontà).

ALZO ZEROALZO ZEROALZO ZEROALZO ZERO

TEMA IMMIGRAZIONE:

E’ BENE ESSERE CHIARI Già abbiamo espresso la nostra opinione sui fatti di Rosarno nel sito ma forse é meglio chiarirci ancora di più le idee. Qualcuno dice che a differenza di una certa interpretazione del "socialismo nazionale" (ma perché ? il socialismo nazionale é UNO !altrimenti sarebbe altro socialismo; tricolore, rivoluzionario, anarchico, riformista, democratico, internazionalista, liberale etc., etc.) non si può essere "negrieri". Ora premesso che non abbiamo nulla contro chi ha una differente pigmentazione, esiste un dato di fatto: l'immigrazione clandestina NON PUO'essere tollerata, é inconcepibile che ci siano degli sfruttati e degli sfruttatori ed anche che qualcuno arrivi a casa mia e mi sfasci il salotto ! Per cui al di là della filosofia utopista alla Martin Luther King occorre fare in modo che: a) ognuno stia a casa sua trovando adeguato modo di poter vivere degnamente con il proprio lavoro b) che le identità di ogni popolo siano preservate nella propria Terra abbattendo chiunque voglia "schiavizzare" costringendo

alle migrazioni di massa (come per gli italiani più di un secolo fa o i tedeschi prima dell'avvento di governi SOCIALI E NAZIONALI) c) che siano perseguiti duramente i "caporalati" (sia di stampo "criminogeno" che "caritatevole", entrambi spregevoli) d) rimettere ordine con la forza armata (anziché farla usare dal padrone us-sionista in terre lontane contro l'autodeterminazione di altri Popoli) in territori della nostra Nazione ormai fuori da ogni controllo dell'ordinamento statuale. e) ripristinare il blocco della frontiera perché qualunque caraffa oltre un certo limite di capacità non può sostenere nemmeno una goccia di più se no si versa in terra il liquido. f) Evitare falsi ed ipocriti "buonismi"; se devo difendere la mia casa da un'aggressione non mi tiro indietro cazzeggiando. Colpisco possibilmente per primo e molto forte. Con questo é evidente che la massa critica deve innanzitutto prendere a calci nel sedere TUTTA QUESTA INDEGNA CLASSE POLITICA e probabilmente non avrà più bisogno di iniziare una "guerra tra poveri", indipendentemente dal colore della pelle. " Maurizio Canosci

A SUD DI UN’IDEA

ROSARNO, IL SUD E LA SAGRA

DELL’IGNORANZA TRA STUPIDITA’,

CIALTRONERIA E IPOCRISIA

Ma chi sono, che vogliono, ma che dicono? I camerieri dell’ignoranza mediatica, i parolai del nulla che sputano analisi improbabili pavoneggiandosi nella dimensione dell’apparire. E che vengono letti ed ascoltati da un’opinione pubblica residuale che di giorno in giorno si manifesta sempre più come il prodotto finito, costruito dai ciarlatani istituzionali.

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XLVI

Gli eventi di Rosarno “spiegati” all’interno della forbice della ‘ndrangheta e del razzismo senza nulla conoscere delle realtà del Sud in genere e della Calabria in particolare. Quasi che ciò che è avvenuto nella Piana di Gioia Tauro sia stato promosso dalle cosche - per inspiegabili motivi - o che una ventata d’improvviso razzismo possano costituire la decifrazione delle dinamiche in movimento in territori che secolarmente sono assoggettati al massacro esercitato da uno stato a dir bene inesistente ed allo sfruttamento di un capitalismo localistico indotto da leggi di mercato anomale e singolari. Vietato parlare di identità cancellata da una storia che parla di massacri di popolo e di predazione piemontese di ricchezze appartenenti ad un’economia avanzata quale era quella del Reame. Nessuno ricorda che gli stabilimenti siderurgici del catanzarese furono smantellati (contemporaneamente allo svuotamento della Banca di Napoli) dai facitori dell’Unità d’Italia per essere trasportati a Torino e Genova per costruire lì la nuova industria siderurgica. Nessuno ricorda, per dimenticanza di comodo o per ignoranza consolidata, la Legge Pica e la eliminazione dei “briganti” operata dai bersaglieri e dai carabinieri di Cialdini intesa a piegare le popolazioni del Sud e a renderle “omogenee” al Nuovo Ordine. E chi sa e parla dei “galantuomini”, dei rinnegati e collaboratori che hanno costituito le nuove gerarchie borghesi e capitaliste meridionali, fattrici di nuove identità che poi sono quelle che hanno portato alla snaturazione di Comunità di Popolo orgogliose delle loro Tradizioni ? I ciarlatani della storia parlano di ‘ndrangheta senza sapere nulla di che cosa essa sia stata e sia. Perché nulla sanno della storia e della cultura del Sud.

E per questo, anche per questo, accusano oggi i Calabresi di razzismo: quasi che quanto avvenuto a Rosarno (e che potrebbe accadere in tutto il Sud) sia riferibile ad un rigetto epidermico nei confronti dei negri. Quasi che le colpe di quanto accade non siano riportabili alla criminalità delle istituzioni centrali e locali che si sono disinteressate di ciò che andava accadendo interessate come erano a lucrare sulla pelle dei cittadini. Lavoro nero e per ciò utile ai neo caporali. Ma chi lo ha consentito? Chi ha permesso a migliaia di negri di migrare in territori dove la povertà è un fatto endemico? Senza creare una pianificazione del fenomeno migratorio né realizzare strutture di accoglienza per etnie estranee alle realtà locali e come tali ingovernabili. Ma si sa: i Calabresi preferiscono vivere di assistenza anziché lavorare… Ciarlatani e imbecilli che attribuiscono alibisticamente alla ‘ndrangheta la responsabilità di fatti che alla cosiddetta criminalità organizzata possono provocare soltanto problemi. Repressivi (e la repressione è stata immediata con l’arresto immotivato, quanto spettacolare e demagogico di decine di persone estranee agli accadimenti di Rosarno) e di agibilità sul territorio a seguito della sua militarizzazione. E però c’è chi - come il bergamasco Vittorio Feltri – afferma a cuor leggero che la povertà del Sud è causa dei Sudisti brutti, sporchi e cattivi adducendo come esempio di riferimento in positivo la ricchezza dei Veneti laboriosi e buoni che in alcuni decenni sono stati capaci di passare dal baccalà alla tagliata, dalla baita allo chalet. Onore ai Serenissimi. Ma non si dimentichi che questi sono cresciuti alla scuola dell’amministrazione asburgica e, soprattutto, non hanno dovuto pagare lo sfruttamento infame imposto dai “galantuomini” divenuti potere.

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XLVII

E poi, cari gazzettieri cialtroni ed ignoranti, le tante pagine “nere” scritte dalle genti del Sud non dipendono di certo dalla natura della “brutta razza meridionale” ma provengono – come lucidamente sostiene Marcello Veneziani – in larga parte dalla brutta “modernità costruita a sud, tra abusivismo e quartieri da schifo, cattedrali nel deserto e insediamenti eco-rovinosi, egoismi recenti e modelli televisivi e consumistici” veicolati dall’alto e dall’esterno. Ed assimilati nel meridione “dai ceti più furbi e cinici”. Tanto ancora potremmo aggiungere a proposito di “differenze” e di etnie. E di Storia. Ma ci fermiamo per ora qui. Ciò che c’interessa è far conoscere a quanti dovrebbero interessarsi - sulla sponda “destra” - di politica e di cultura alternative, come in ogni occasione in cui si è cercato di riconsegnare ai Popoli del Sud – che per troppo tempo hanno fatto del piagnisteo e della pigrizia una filosofia di vita - la loro identità e il loro orgoglio comunitario sia intervenuta la repressione a stroncarne l’azione. La rivolta di Reggio Calabria non ha costituito il solo esempio di come lo Stato sappia intervenire con la forza delle guardie e dei giudici e con il servilismo organico dei gazzettieri, per impedire la riconquista del Territorio da parte dei nuovi “briganti”. Chi ricorda o chi ha mai saputo come nel 1993 hanno tentato di essere operativi movimenti quali “Calabria Libera” e “Sicilia Libera”? Movimenti figli di una strategia alternativa, studiata all’interno di quell’eccezionale laboratorio politico-culturale che fu “Tabularasa”, diretta alla costruzione di un federalismo comunitario che operasse sul Territorio per strapparlo al malaffare ed alla gestione criminale del potere locale e centrale. Ebbene, quei Movimenti, che ebbero da subito un forte impatto di popolo e che

lasciarono intravedere vittorie elettorali che avrebbero potuto stravolgere gli equilibri di un sistema di potere consolidato grazie al controllo affaristico della “cosa pubblica”, furono soffocati ricorrendo all’inquisizione per associazione di carattere mafioso. Tecniche ben note e largamente usate dai magistrati teorematici che inseguivano la via giudiziaria al potere sotto la regia di Violante e Caselli e della mafia dell’antimafia. Era il tempo in cui le “procure di trincea” si inventavano i “nuovi sistemi criminali” mettendo insieme mafia ed eversione di destra. Tutti dimentichi e/o tutti ignoranti? Quasi che non sia prassi di sempre mettere fuori gioco chi disturba il manovratore come va oggi accadendo in occasione degli appalti per la costruzione del Ponte sullo Stretto Per potervi partecipare occorre la certificazione dell’antimafia. E così sono le imprese del nord ad accaparrarsi i lavori. Per essere più convincenti a livello di opinione pubblica è sufficiente, poi, far esplodere una cartocciata di polvere pirica davanti al portone del Tribunale di Reggio e scatenare la caccia alla ‘ndrangheta approfittando dei benvenuti fatti di Rosarno. Non c’è bisogno di ricorrere alla psico-polizia: è sufficiente usare le tecniche antiche e sperimentate della repressione giudiziaria. Che vede al Sud la Casta delle toghe operare in buon accordo con la Casta politica. Salvo poi stendere le lenzuola bianche e piangere i loro morti. Paolo Signorelli

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XLVIII

GIORGIO PISANO’: “FINI E C.,

GIUDA DI TURNO, ALTRO CHE

FASCISTI” "Abbiamo il diritto di essere fascisti". "Un tempo Fini e Tatarella cantavano Giovinezza". "Solo noi contro l' imperante bestia antifascista". "Alleanza nazionale e' pronta a trasferirsi in Forza Italia". "Stanno svendendo il nostro patrimonio per qualche miserabile poltrona". Il super fascista e' tornato. Giorgio Pisano' ricomincia da 70 anni: dopo il "Secolo XX" e il "Candido", ecco che ricompare in edicola. Titolo del mensile: "Seconda Repubblica". Sottotitolo: "Periodico dei fascisti e dei produttori per la democrazia corporativa". I bersagli li ha ben chiari: "Fini e i suoi uomini". Tanto per cominciare, li definisce "Figli di nessuno". E poi via con una serie di attacchi, di insulti, di veleni. Perche' Pisano', ex senatore ma soprattutto ex missino, ha un colpo al cuore ogni volta che vede i "camerati di un tempo" che oggi nascondono Mussolini e il fascismo. Si arrabbia, si indigna. Si vendica. "Il mio gruppo Fascismo e Liberta' nacque nel 1988", ricorda Pisano' . E spara: "Sapete chi c' era al mio fianco? Adriana Poli Bortone, oggi ministro dell' Agricoltura. Filippo Berselli, ora sottosegretario alle Finanze. Gaetano Rasi, consigliere del colosso Telecom Italia su indicazione di Tatarella". Mentre una foto mostra l'onorevole Berselli intento a cancellare la parola "fascista" dalla lapide che ricorda la strage alla stazione di Bologna. La seconda bordata e' per Cristiana Muscardini, europarlamentare. Pisano' pubblica una sua lettera ad Almirante del 1986. Il gran finale: "Ognuno di noi potra' un domani sedersi al tavolo delle trattative con altri partiti solo se a quel tavolo tutti sapranno con chiarezza che nessuno di noi rinnega non solo il passato ma anche il futuro

del fascismo. Fascismo degli anni 2000, fascismo proiettato nella storia futura, ma fascismo". La morale di Pisano' ? I missini di Alleanza nazionale "sono i Giuda di turno" e le promesse di "fedelta' al fascio" sono belle e dimenticate. Giorgio Pisano' si scatena: "Fini, Tatarella, La Russa e Gasparri perseguono la loro strategia fin dal 1987. Non hanno mai pensato di portare i "fascisti al potere". Hanno sempre pensato di sfruttare i fascisti per arrivare "loro" al potere. E adesso puntano all'ultima fase dell' operazione: annullare il Msi nel calderone liberaldemocratico di Alleanza nazionale, prima del travaso finale in Forza Italia". E ancora: "Fini non ha piu' i titoli per decidere alcunche' a nome del Movimento sociale e dei suoi iscritti, e' il congresso che deve scegliere fra i valori di sempre e la fine della Fiamma". Segue la strofetta del fascista addolorato: "I Fini non ci vogliono piu' bene. perche' portammo la camicia nera. difendere il passato non conviene. meglio portare la camicia nera. meglio annacquare il sangue nelle vene. meglio cambiare tinta alla bandiera". Ma lo scoppio di rabbia di un fascista duro e puro non significa che la "svolta post fascista" di Gianfranco Fini e' autentica? Giorgio Pisano' non si fa tanti problemi: "Sono un giornalista d' assalto, non un intellettuale... La logica, il buon senso e i miei settant' anni mi consigliavano di starmene tranquillo. Ma la logica e il buon senso non hanno mai avuto un ruolo determinante nella mia vita". Postiglione Venanzio (Corriere della Sera, 22 giugno 1994) Fonte: http://archiviostorico.corriere.it/1994/giugno/22/Pisano_Fini_Giuda_turno_altro_co_0_94062213792.shtml

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GERARCHIA ANNO I. NUMERO II.

XLIX

VIVERE DI LIBERTA’ Come tutti sappiamo la Libertà di pensiero è uno dei diritti che si pone a fondamento della Costituzione italiana. Esiste un altro tipo di libertà, questa non viene sancita da una carta costituzionale, riguarda la persona, il suo essere vivo in una comunità, la sua interiorità: la libertà di coscienza. Ognuno nel proprio vivere sceglie di essere ciò che vuole in base alla sua coscienza e con ciò può contribuire a determinare i destini della società. In ogni uomo per dare un senso a se stesso, al vivere, alberga un sogno, una sua missione nella quale egli trova il suo compimento la risposta del suo essere nella società, egli diventa il protagonista con la sua vita di questa realtà, della storia attuale. Egli diventa il padrone di se stesso assume un’identità l’esprime con tutte le facoltà che la natura gli ha donato. L’uomo nasce libero, una condizione per chi è credente di natura ultraterrena...Noi nasciamo per dare un senso per rispondere a un progetto che siamo chiamati dalla vita stessa a realizzare. L’uomo è un sistema aperto, cresce si fortifica, si modifica attraverso le esperienze della vita e tutto questo diventa una risposta da dare alla vita stessa nella sua varietà. Nella libertà reciproca nessuno può limitare il prossimo che incontra. Siamo allora comunità, entità reale, complessa, variegata. Questo è vivere, questo è libertà. Nell’essere entità comunitaria si è qualcosa di ancora più elevato perché ci si incontra, ci si confronta, si cerca di trovare il meglio di ciascuno, si creano di conseguenze delle regole che consentano all’essere umano libero oltre a far esprimere le proprie facoltà permettono il perseguimento del benessere generale di tutta la comunità. Identità personale e comunità nell’espressione della libertà crea la massima istituzione che l’uomo potesse concepire: LO STATO, corpo

unico e complesso che le persone nel proprio ruolo o mansione lo costituisce. Più di tutto ciò che validamente da un senso all’essere libero è la comprensione innanzitutto di un patrimonio valoriale che sono il motore dell’agire umano e che fanno sì che tutte le opere che l’uomo compie abbiano un senso, una finalità. Riconoscersi in un identità, in uno scopo nel proprio vivere oltre a dare senso a se stessi è un dono alla società stessa al proprio Paese che ha dato le radici, le tradizioni, una storia. Siamo veramente liberi? Questa è la domanda da porci ogni giorno, siamo veramente capaci di esprimere il valore in noi stessi, i nostri talenti? Nessuno in questa sede si permette di giudicare l’altrui animo su come si è espresso o meno, ma diventa importante capire da parte di ciascuno di noi nell’epoca storica in cui viviamo chi siamo e cosa siamo e quale contributo alla vita e in secondo luogo alla società, si può dare. Wids72

BANDA BASSOTTI Non siamo forcaioli per natura ed ispirazione politica sapendo sulla pelle cosa significano i "teoremi giudiziari" e la repressione senza garanzie e dunque non entreremo nel merito delle presunte o reali responsabilità di Tizio, di Caio e di Sempronio nella riedizione - sembra - di una "tangentopoli" globale. Però non possiamo oggi, come già 18 anni fa, in termini di cultura storica e di radici dottrinarie che ci ispirano da quando abbiamo avuto lume della Ragione provare un senso di disgusto intimo e di vergogna pubblica come Italiani e come Socialisti Nazionali nell'avere conferma che il malaffare della casta partitica di una

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L

repubblica democratica pomposamente definita "fondata sul lavoro" e presuntuosamente arroccata sul mito "antifascista" non é mai cessato, sin da quando iniziarono a praticarlo nella Sicilia invasa ed occupata i "comandi alleati" e i mafiosi reimportati dagli states. L'inizio della fine che la vergogna dell'8 settembre 1943 portava con sé come una epidemia endemica mai cessata mano a mano che il fronte bellico risaliva lo stivale e il controllo della Repubblica Sociale Italiana ed il Fascismo sul territorio nazionale diminuiva giorno dopo giorno e con Esso la garanzia di una Autorità dello Stato, di una mistica di "servizio alla Nazione" di Uomini coerenti e leali; non a caso gli intrallazzoni che anche dalla nostra parte non mancarono (tanto per dirne uno, Licio Gelli) si seppe poi in seguito che erano già doppiogiochisti al servizio del Nemico (e al proprio personale tornaconto, naturalmente !),.........chi non passò per le armi se scoperto. Non é un caso che anche alcune fortune industriali iniziarono grazie ai generosi lanci di denaro dalle "cicogne" alleate i cui quattrini anziché aiutare "la resistenza" (alla faccia di chi poteva crederci realmente) rimasero nelle tasche dei primi "furbetti del quartierino...." Ci sarebbe da attendere la reazione della "Gente", ma siamo sicuri che esista ancora la "Gente" o, piuttosto, la moltiplicazione del comportamento disonesto e delittuoso non é, ahinoi, diventato quasi patrimonio genetico di una razza senza più sangue !? Oppure la rabbia verrà convogliata verso improponibili novelli Torquemada alla Di Pietro o alla Beppe Grillo considerato che se non disonesti ormai molti italiani sono diventati italioti beoti annullati dall'imposizione dell'imbecillità televisiva sparsa come veleno sulle coscienze !? Vedremo.

Sicuramente la decadenza morale ed etica é una frana inarrestabile ed é bene che scivoli fino in fondo tale da modificare l'attuale panorama in uno completamente nuovo dove sarà inesorabile dover ricostruire e dove sarà inevitabile che a quel momento emergeranno le qualità interiori più elevate che nella meritocrazia dell'ordine gerarchico naturale non potranno essere falsificate o "comprate" a suon di mazzette.

VITA DEL CENTRO STUDIVITA DEL CENTRO STUDIVITA DEL CENTRO STUDIVITA DEL CENTRO STUDI

“SOCIALISMO NAZIONALE”“SOCIALISMO NAZIONALE”“SOCIALISMO NAZIONALE”“SOCIALISMO NAZIONALE”

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LI

E finalmente venne il nostro giorno, quel fatidico 7 Gennaio a Noi tanto caro ed importante e nonché la prima uscita ufficiale del neonato nucleo Romano del Centro Studi Socialismo Nazionale che ho l’onore di dirigere. Si, finalmente dopo quasi un anno di limbo passato in un progetto ahimè senza nè capo né coda ho maturato la preziosa esperienza che la nostra lotta, la nostra linea non deve andare verso un accettazione del sistema democratico appannando le nostre origine rivoluzionarie nella disperata ricerca di una ascesa elettorale futura, ma deve proseguire in linea retta senza condividere le briciole che il sistema di oggi ci concederebbe. Senza compromessi con chi ha messo una pietra sopra al passato che invece per noi è la coerenza dei lupi che E si parte in fila ordinata per quattro in un piccolo corteo verso la mitica sezione e arriviamo lì nella via e vediamo che è piena, e come se è piena quante facce conosciute Sempre in alto i cuori S.C.

Ringraziamo i Camerati della Comunità associativa Militia di Como per la cameratesca ospitalità riservata al nostro portavoce e per i numerosi partecipanti alla relazione che hanno mostrato interesse all'argomento proposto. Alla prossima. Eja !

ROMA NON E' MORTA Ed ora anche questo 27 gennaio si chiude con la solita sequela di ipocrisie e genuflessioni mentre i problemi reali rimangono tutti inesorabilmente sul tappeto e pesano come macigni sulla vita di milioni di cittadini "non garantiti dal pianto che paga". Ormai lo scollamento tra i "mandarini" della politica tutta uguale - riverenze e minuetti con chi strangola le Nazioni - ed omologata a destra, al centro ed a sinistra presa solo dalle fibrillazioni elettoralistiche della "democrazia assembleare" per le quali ognuno si sente in diritto di trovare una giustificazione pure etica e morale per nascondere le proprie meschinità di sopravvivenza parassitaria, e il popolo inteso come insieme di individui impegnati nel lavoro (spesso pure precario) quotidiano e con le bollette da pagare inesorabilmente ed i mille sacrifici da imporsi per tirare avanti una famiglia con l'impossibilità materiale di poter dare un futuro degno ai propri figli, diventa sempre più enorme. Ma chi se ne frega dei peana e degli struggimenti di queste ore quando comunque in queste ore mille e mille drammi travolgono la vita di milioni di esseri umani che non avendo nessuna "copertura dogmatica" non hanno nessuno che li ascolti - é proprio il caso di dirlo - in "religioso" silenzio !

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LII

Non stiamo qui a discutere e discernere di storia oggi; siamo qui a puntare il dito accusatorio contro tutti i servi del sistema liberalcapitalista che con la finzione tra destra e sinistra ci prendono letteralmente per il fondo dei pantaloni. Che schifo ! La nostra voce però, fino a che sarà possibile la faremo udire, che piaccia o meno, a tutti, compresi a quelli che blaterano di "fascismo del terzo millennio" e poi si accodano alla carovana del più forte con la scusa di portare acqua alla macina dell'espressione "sociale", mentre non comprendono di fuorviare la gioventù migliore in una minimalistica posizione marginale che tutto é meno che ...........Terza Via. Non abbiamo fretta, sappiamo aspettare, sappiamo seminare; i frutti quando verranno saranno dolci per pochi ed amarissimi per molti. La Redazione

IL C.S. L’ARCO E LA CLAVA

INTERVISTA

IL NOSTRO PORTAVOCE 1. A seguito dei fatti di Rosarno come si pone il SN nei confronti dell'immigrazione? E del razzismo? SN è da tempo impegnato a spostare la focalizzazione del problema migratorio a monte e non a valle, nel senso che urge la necessità di ridistribuire equamente i profitti a favore dei Popoli a danno delle oligarchie economiciste apolidi che detengono illegalmente attraverso la legalizzazione planetaria dell’usura finanziaria la massa principale delle ricchezze e risorse mondiali soprattutto in ambito delle materie prime. Nel frattempo però la goccia sta facendo traboccare il vaso e diventa giorno dopo giorno insostenibile la pressione numerica degli immigrati nel contesto delle realtà autoctone europee e specialmente in quelle di frontiera come l’Italia. Rosarno ha acceso l’allarme. Il rischio è una guerra tra poveri che non giova a nessuno tranne che ai detentori del potere oligarca. Occorre riformulare il concetto di autodeterminazione dei Popoli che devono essere capaci – ognuno nella propria Terra – di riappropriarsi della Dignità del Lavoro e dello scambio equo e solidale di risorse tra Stati Sovrani e per fare questo devono disfarsi di classi politiche inquinate dall’arrivismo e dalla sete di potere eliminando gli anelli corrosi dei corruttori e dei corrotti. Ogni Popolo deve anche imparare a recuperare la validità concettuale che non ci sono lavori “dignitosi” e lavori “infami” perché il Lavoro nella sue essenza etica è un Valore a prescindere e deve essere riconosciuto e retribuito in modo tale che ognuno abbia dignità di vita.

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LIII

Noi siamo razzisti nel senso più alto del termine perché riconosciamo in ogni razza della specie umana – come insegna la Natura – una sua corretta collocazione in ordine al Creato purché possa progredire nel proprio ambito e territorio premiando la specificità di ognuno senza che altri debbano ritenersi superiori in senso biologico. Certamente la Storia ha determinato la valenza di Stirpe secondo una scala di promozione morale ed etica rispetto alla Civiltà prodotta ma questa viene meno – ed è sempre la Storia ad insegnarcelo - se non si riesce meritocraticamente a mantenerla viva portando necessariamente alla decadenza chi non sa o non è in grado di reggere il confronto con nuovi Popoli emergenti o è in grado di assorbirne intelligentemente le nuove forze propulsive. Roma docet. 2. Berlusconi in Israele. Il SN come si pone nei confronti del problema ebraico? Del sionismo? Berlusconi in Israele ha compiuto il canto del cigno che gli è stato richiesto al crepuscolo della sua esistenza politica e non vale nemmeno la pena insistere sulla figura servile a cui è stato costretto dalla sua smodata ambizione per la quale ha dovuto saldare le cambiali in bianco firmate alla plutocrazia. SN non ritiene che esista un problema ebraico ma semmai un problema giudaico. Il popolo di religione ebraica in realtà consiste in una dispersione di soggetti in varie parti del globo che sono accomunati da una tradizione religiosa formale che spesso e volentieri sono stati capaci di innestarsi senza particolari traumi nella società di quelle Nazioni che li hanno accolti. Storicamente e ciclicamente però è accaduto che ad un certo momento l’elite giudaica che ritiene – attraverso il talmudismo messianico – di essere “Popolo eletto” ( e non voglio qui entrare oltre nell’ambito di tipo teologico)

inizia un esasperante ed arrogante cammino di prevaricazione degli ordinamenti e delle regole delle Nazioni in cui risiedono che provoca infine un risentimento popolare estremo da parte di chi li aveva accolti con sincera fratellanza. Oggi questo giudaismo è rappresentato nella sua forma più fanatica e paradossalmente “laica” dal movimento sionista che è bene ricordare è una dottrina politica e non è la rappresentazione sic et stantibus del popolo semitico che tra l’altro comprende anche la radice ismaelitica, quella che oggi identifichiamo come “araba”. E’ evidente perciò che il sionismo è la radice oscura che determina dal 1948 una condizione di instabilità geostrategica in un’area delicata come quella del vicino oriente attraverso l’imposizione di uno stato che ha consentito lo sfruttamento delle risorse petrolifere sulla base di alleanze costruite in uno scenario di paura permanente. Temo però che la situazione stia sfuggendo di mano a tutti e se non si pone rimedio si rischia la catastrofe planetaria; la soluzione sarebbe la volontà di imporre ai popoli fratellastri (ognuno discendente da figli dello stesso padre e di due madri differenti) la condivisione di convivenza unitaria tra ebrei e popolo di Palestina in un contesto reale di UNA NAZIONE LAICA (“aramaica” ?) in cui ognuno determina i propri destini al di fuori della disputa di primato religioso e di primato di insediamento territoriale. Ma oggi chi può imporre in modo terzo questa ipotesi se una buona parte del mondo è indebitato con i detentori della titolarità di signoraggio delle monete e per l’altra metà è ricattabile dall’arma energetica del petrolio in mano all’altra parte contendente !? Svincolarsi dall’uno e dall’altro cappio consentirebbe per esempio ad una Europa unita militarmente e politicamente di far valere di nuovo il peso della propria Autorità Civilizzatrice e rendere possibile il suo arbitraggio super partes.

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LIV

3. Crisi economica. Quali sono stati i fattori e come il SN avrebbe gestito tale situazione? Difficile dare una risposta esaustiva attraverso una intervista. Per semplificare diciamo che ci poniamo a difesa dell’Essere contro ogni logica dell’avere. Una visione dell’Uomo identificabile nel compendio tra materia e trascendente rispetto ad un abuso dell’uomo quale produttore e consumatore al pari di un semplice tubo digerente. Ciò significa che i fattori scatenanti di questa crisi, come di crisi precedenti, risiede tutta nell’avidità del possesso e della prevaricazione dei mezzi di produzione sulla valorialità di ogni singolo individuo che ha un cuore, un’anima ed un cervello. Un piccola parte dell’umanità detiene oltre l’80% della ricchezza di tutta l’umanità ed avendo in mano le leve di gestione dei mezzi di produzione impone ad altri la schiavizzazione globale. 4. Bioetica. Come si pone il SN riguardo i nuovi problemi della bioetica generati dall'avvento delle nuove tecnologie mediche (aborto, accanimento terapeutico, testamento biologico..) ? Riteniamo necessaria da parte della Nazione come autorità riconosciuta una gestione dell’ordinamento giuridico sulla base delle nuove tecnologie mediche purché ciò non delimiti la libertà e la sensibilità (anche religiosa) dei cittadini che devono essere in grado di essere correttamente informati ed usufruire in egual modo delle opportunità così come poterle rifiutare senza impedimenti “classisti” o di genere. 5. Vaticano e Italia. Il SN prende atto di ingerenze del Vaticano nella politica Italiana? Se si cosa ne pensa? SN prende atto più semplicemente che non viene attuato il disposto degli accordi tra Stato d’Italia e Chiesa Apostolica Romana sanciti dai Patti Lateranensi ( a meno che non

modificati successivamente nel riordino tra Chiesa Conciliare e governo della repubblica italiana – presidente del consiglio Bettino Craxi ) che prevede per la “Città del Vaticano” la concessione alla determinazione di Stato e dunque senza riconoscimento ufficiale di governi esteri purché non si ponesse in atto alcuna ingerenza di tipo temporale negli affari interni dello Stato d’Italia. Queste condizioni sono venute meno da sessanta anni a questa parte e dunque dovrebbe venire meno questo riconoscimento da parte dell’Italia per ovvia inadempienza di uno dei contraenti con tutte le conseguenze utili e necessarie. Il Papa, ancorché a capo della Chiesa universale in termini spirituali, in termini pratici e temporali sarebbe solamente – per l’Italia in quando ordinamento statuale – il primate di Roma a rappresentare le istanze spirituali dei fedeli cattolici italiani. 6. Riforme sociali. Il SN sta operando per delle riforme sociali? Se si di che tipo? SN è un Centro Studi e dunque non opera politicamente ma intende portare la sua pietra al cantiere di un acculturamento nel merito della realizzazione di una socializzazione dell’economia e dunque della conseguente socializzazione della società al fine del raggiungimento del progetto alternativo di modello di sviluppo riconoscibile ed attuabile in uno Stato Nazionale del Lavoro. 7. Bipolarismo. Come si pone il SN nei confronti del bipolarismo? E' favorevole? SN è più avanti ancora non riconoscendo alcuna polarità che non sia la rappresentanza organica delle categorie e delle competenze alla base della socializzazione che vede nella Comunità di Popolo una unicità etica non corrosa dalle fazioni partitiche.

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LV

8. Concetto di Europa e trattato di Lisbona. Cosa ne pensa il SN dell'Unione Europea e del trattato? E' a conoscenza delle affermazioni di Jean Monnet: "Le nazioni europee dovrebbero essere guidate verso il superstato senza che i popoli sappiano cosa stia accadendo..."? Siamo per una Europa confederata di Popoli i cui rappresentanti designati per competenza e conoscenza attraverso un gerarchia socializzata inseguano la volontà unitaria di sovranità militare, politica ed economica nel confronto pacifico e collaborativo con le altre realtà continentali omogenee. 9. Festa della liberazione. Che senso ha per il SN la festa del 25 Aprile? E cosa pensa, in breve, dell'esperienza della Repubblica Sociale Italiana ? Il 25 aprile rappresenta la divisione e l’odio tra italiani. LA RSI ha rappresentato la punta di lancia di una visione alternativa al modello di sviluppo liberalcapitalista e marxista che deve essere recuperata nell’attualità di oggi e riconosciuta dagli italiani come difesa estrema della integrità nazionale contro l’invasione della barbarie atlantica. 10. Basi nato, missioni all’estero. Il SN risulta favorevole alle missioni di pace? E come si pone al problema delle basi americane e Nato in Italia (Vicenza)? Adotta una linea atlantista? Le missioni di pace se veramente fossero tali sono una giusta misura di conforto solidaristico che una Nazione degna deve e può portare a chi ha effettivo bisogno in luogo di una tragedia o di una catastrofe umanitaria. Se sono mascheramenti di volontà egemoniche etero dirette devono essere rifiutate a priori. Gli Stati Uniti d’America sono occupanti che mantengono un diritto bellico da vincitori; sta a noi come popolo determinare la fine di tale occupazione, nessun altro.

L’atlantismo è una formula geostrategica che può essere mutata solo da una nuova realtà e fino a che l’Europa non si ribella siamo costretti a subirla. Noi lottiamo culturalmente perché si pongano in atto le condizioni civili atte a determinare questo cambiamento epocale e facciamo la nostra parte perché possa avvenire al più presto con la coscienza di una Liberazione Nazionale Europea. 11. 11. Concetto di rivoluzione. Nel SN vi sono idee rivoluzionarie o riformiste? Se si quali? SN si propone di mantenere continuità ideale con le grandi rivoluzioni nazionali e sociali che consentirono ai Popoli di Europa di riprendere in mano il proprio Destino nell'ottica della trasformazione sociale - tra fine dell'evo moderno e inizio dell'era industriale e tecnologica - a misura dell'Uomo persona e lavoratore e non succube dell'economicismo alienante. 12. Considerazione della nazione. Come considera il SN la nazione, il patriottismo o, semplicemente, l'attaccamento alla propria terra? SN è per la difesa della Tradizione del Popolo Italico che ha oltre duemila anni di percorso di unità nella identità di realtà territoriali omogenee. Dunque siamo Nazionalisti legando alla Nazione il concetto etico di Comunità e di Stirpe che si raccorda con le patrie (la terra dei padri) di ogni territorio con proprie caratteristiche culturali e di radici tradizionali proprie. Rifiutiamo invece la declassificazione portata dall’ipocrisia “patriottarda” di questi valori quando si estrinsecano in riti formali vuoti e retorici.

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LVI

13. Decadenza dei costumi. Il SN riscontra o meno una decadenza culturale nella società moderna? Se si come intende operare per bloccare tale processo? La decadenza dei costumi è figlia legittima proprio della decadenza culturale e del vuoto pneumatico in cui è costretto il popolo senza esempi di virtù da seguire che siano promosse da autorità moralmente ed eticamente ineccepibili. I giovani specialmente non trovano modelli e punti di riferimento credibili capaci di ridare loro entusiasmo e fiducia. Un esempio per tutti: nell’attentato di Nassirya, nello sventramento dell’edificio che alloggiava i nostri militari molti sono stati i soloni di turno che esecrarono la foto che ritraeva sopra la branda di uno dei militari l’esposizione fiera della bandiera italia con l’aquila ed il fascio della Repubblica Sociale Italiana. Nessuno però si è domandato come mai un militare italiano in missione all’estero – di fatto dentro una guerra – non poteva avere che come riferimento di espressione combattentistica quella bandiera onorata dal sangue di Caduti per l’Onore piuttosto che il tricolore promosso dal tradimento e dall’ignominia dell’8 settembre di un esercito allo sbando. Ricominciamo a recuperare TUTTA la nostra Storia, senza faziosità, e ricominceremo ad avere un senso comune che può indicare un percorso virtuoso e non scivolare nel circolo vizioso della divisione tra “buoni” e “cattivi” che ci sta portando solo al naufragio completo ed alla decadenza senza ritorno. Link:http://centrostudiarcoeclava.blogspot.com/2010/02/analisi-oggettiva-intervista-doppia.html

NON DEMORDERE…

E NON DEMORDEREMO Se qualcuno pensa che viviamo in una torre eburnea o peggio che siamo ritirati sull'aventino (cosa che storicamente costringiamo altri a fare !) non ha ancora compreso a fondo di cosa ci nutriamo. Siamo sicuramente un Centro Studi e questa peculiarità non la disprezziamo ma rimaniamo Soldati politici pronti all'azione se essa ha una finalità che porta al compimento della realizzazione di un progetto concreto di alternativa al modello di sotto sviluppo in cui i debosciati della democrazia stanno trascinando gli stolti. E' per questo che siamo convinti che non tutto é perduto ed é per questo che non demordiamo e non demorderemo nella ricerca di trovare un centro di gravità permanente con altre realtà comunitarie. Abbiamo salde radici, una forte concezione mistica ed una visione di un futuro che non può non ritornare ad appartenere a chi ha nel suo DNA la coscienza di uno spirito identitario che scorre nel sangue da più di duemila anni. Dobbiamo divenire insieme ad altri Uomini Liberi avanguardia di una nuova lotta di popolo e su questo lavoreremo e porteremo il nostro contributo sulla ali di una continuità ideale da non rinnegare e nell'attualismo di un progetto che é già scritto. Non ci dilunghiamo oltre ma presto contiamo di essere più espliciti. Non ci interessano le visioni di breve respiro e sappiamo di poter volare alto a guardare una linea d'orizzonte che é la sola che ha dimostrato di essere l'unica realizzabile e concreta. Eja M.C.

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LVII

REGOLE COMUNITARIE Regole Comunitarie di Socialismo Nazionale - Occorre essere sempre i primi nella capacità di offrire con dovere la propria fatica alla Comunità non temendo - se necessari alla sua autodeterminazione e sopravvivenza - il pericolo e l’avventura e accettandone coscientemente con responsabilità gli oneri più che gli onori. - Non cedere alle lusinghe dell’edonismo e dell’egoismo ma rimanere saldi nella propria coerenza, con virile autodisciplina, ligi ai propri compiti nella Comunità, come nel lavoro e come nella vita personale, sapendo

innanzitutto ascoltare per essere autorevoli ad esporre i propri convincimenti agli altri. - La coscienza è un sentimento che deve appartenere all’anima di ogni appartenente alla Comunità come supremo giudice dei propri comportamenti e deve essere il faro che illumina la linea retta della fede dottrinaria a cui si vuole offrire il proprio contributo nel silenzio dell’operosità e del dovere, senza cedimenti negativi. - Non crediamo nella superiorità della ricchezza materiale, solo mezzo e strumento di utilità quotidiana, che deve essere semmai predisposta al bene della Comunità nel suo insieme la quale deve crescere attraverso l’elevazione spirituale di coesione organica dei singoli individui verso un unico Fine di Civiltà e Ordine regolato dai Valori espressivi di Continuità Ideale alle radici millenarie da cui traiamo linfa vitale. - Bisogna concepire la Comunità come luogo di adunata di Soldati Politici, sempre pronti , ma senza vanagloria e capaci di respingere l’avidità ed i piccoli egoismi personali a favore della sopravvivenza e dell’onore dell’intera Comunità. - Concepire la propria esistenza come dono ricevuto e da rinnovare quindi agli altri nella volontà di elevare la propria visione morale, etica e di stile di vita quale esempio da offrire con i fatti e le opere, disdegnando le piccolezze e le meschinità volgari. Riuscire a mantenersi – ognuno di noi - nella verità, operare il bene, confidare nella bontà dovranno essere i segni tangibili di tutta la Comunità nel suo insieme Identitario.

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LVIII

MODUS OPERANDI PER

EVENTUALI INIZIATIVE

CON ALTRI SOGGETTI:

Premessa In questo momento gonfiare i muscoli non serve; rivendicare l'orgoglio di parte (per non dire di "setta") scatena, a livello individuale e di gruppo, reazioni speculari che non favoriscono certamente l'aggregazione di tutte quelle forze antagoniste che siano credibilmente ispirate al socialismo nazionale, divise e frazionate in una miriade di microcosmi non comprendibili giustamente da molti. Occorre riuscire a manifestare all'esterno, anche attraverso un "codice di comportamento" accettato e condiviso da tutti, quella intelligente volontà d’insieme che possa dare forza, sostanza programmatica e visibilità ad un progetto aggregativo che rappresenti la risposta credibile alternativa all'attuale bipolarismo che si fonda invece sulla filosofia dell'alternanza (che, ricordiamo, non é sinonimo di alternativa !) e che é diventato fattore essenziale di stabilità di un sistema corrotto e di un regime conservatore servilmente allineato e subordinato agli interessi plutocratici. Deve essere chiaro per tutti che eventuali occasioni di elezioni non possono essere considerate fini a sé stesse, ma devono rappresentare il presupposto, il veicolo per la creazione di un "polo alternativo" nazionale e sociale da collegare con tutti i movimenti dei popoli che, in questa fase storica, lottano per la loro indipendenza e la loro sovranità, senza distinzione di razza o di religione contro l’appiattimento e l’omologazione globalizzatrice.

Il processo aggregativo deve caratterizzarsi per umiltà e al tempo stesso determinazione, in modo da creare un clima di reciproca fiducia e condizioni di pari dignità, nella consapevolezza della responsabilità di portata storica che ognuno, singolarmente o in rappresentanza di un raggruppamento comunitario, deve assumersi in questo particolare momento e nella speranza che attorno a questo progetto molteplici forze antagoniste nazionali e sociali possano ritrovare quella unità morale ed organizzativa che debba divenire punto di propulsione e riferimento per tutti quegli italiani che, vessati da obblighi, costrizioni, adempimenti a fare, a dare senza avere rendiconto da alcuno, sono stufi di vivere in uno stato a sovranità limitata e che ha abbandonato ogni principio di giustizia sociale, di dovere di solidarietà comune e di progetto e spirito identitario. Si tratta di pensare, già da oggi, di dare vita ad un nuovo soggetto politico che sia rappresentativo di tutte le esperienze e di tutte le storie particolari, ma che abbia la capacità di trovare la sintesi nei valori tradizionali comuni attraverso un nuovo concetto istituzionale e la formulazione di postulati ideologico-dottrinari che rappresentino le risposte adeguate ai problemi di una società complessa ed articolata qual'é quella odierna. Dobbiamo, in sostanza, ridare centralità al "cittadino" quale individuo inserito armonicamente in una società organica, un "uomo" cioé, che non va considerato soltanto quale forza lavoro e nel suo aspetto biologico, ma anche quale somma di valori, di capacità, di creatività, di potenzialità spirituale. Anche nella sua forma strutturale ed organizzativa, il nuovo soggetto politico che si ipotizzi, dovrà essere eticamente rivoluzionario: incarichi funzionali ed operativi sulla base della disponibilità, della competenza, della fedeltà ai principi, della

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onestà intellettuale, in modo che ognuno possa portare con spirito di servizio la sua "pietra al cantiere" secondo le proprie peculiari caratteristiche. Dobbiamo convincerci che l'attuale frammentazione di esperienze sociali nazionalrivoluzionarie altro non é che il risultato vincente dell'azione disgregatrice del nemico che, evidentemente, non ha trovato nella cosiddetta "comunità umana e politica" -che taluni erroneamente definiscono “area” e che tal’altri erroneamente configurano nel recinto stretto di un “missinismo” retrò e fuorviante - le necessarie difese immunitarie. Ed é stato il disastro ! Nel merito vogliamo ricordare le parole pronunciate da Giovanni Gentile poco prima di essere assassinato: " Perché la sciagura infinita d'oggi non é l'invasione straniera e la devastazione delle nostre città e la strage delle nostre famiglie e l'incertezza del domani assegnatoci dagli eventi che non sono nelle nostre mani. E' nell'animo nostro, nella discordia, nello struggimento che ci assale innanzi allo sfacelo di quella che era la nostra fede comune, per cui si guardava con gli stessi occhi al nostro passato e con la stessa passione al nostro avvenire; questo non riconoscersi, non comprenderci e perciò non ritrovarci più............." Sono parole adattabili, mutatis mutandis, al clima odierno nell'ambito più vasto della Nazione ma che, purtroppo, riguardano anche le "comunità" che dicono di perseguire una determinata “continuità ideale” con l’ispirazione del socialismo nazionale. Nel dolore del filosofo di Castelvetrano - il quale cadendo alle "idi" di aprile del 1944, imprimeva il sigillo dell'esempio alla concezione filosofica dell'attualismo e documentava per i posteri la superiorità del carattere e del coraggio civile su tutte le altre virtù - in quel tormento interiore é chiaramente avvertibile il senso della

comunità e della Nazione che non periscono e non devono perire anche sotto la coltre del temporaneo disfacimento. E' questo il senso che dobbiamo dare noi a quelle espressioni sgomente, se vogliamo legittimare la nostra appartenenza alle radici comuni. Ed é sulla base di queste analisi e di questa premessa che ci si dovrebbe dare, in questa fase, almeno un "codice di comportamento" condiviso ed accettato da tutti di cui qui sotto riportiamo una stesura. Altrimenti rimane solo l'aspetto "commerciale" di operazioni elettorali in cui si potrebbe essere coinvolti di volta in volta e su questa base non riusciremo a costruire nulla di buono, di credibile e di permanente come avvenuto puntualmente da dopo Fiuggi in poi e perdura anche in questa fase. N.B. – IL RAGIONAMENTO COMPLESSIVO NON PUO’ RIGUARDARE OVVIAMENTE LE ELEZIONI DEGLI ENTI REGIONALI CHE RITENIAMO COMUNQUE NON COMBACIANTI CON I PRINCIPI ISPIRATI AL SOCIALISMO NAZIONALE CHE DA SEMPRE RITIENE PRIORITARIE LE REALTA’ TERRITORIALI INTERMEDIE OMOGENEE (distretti e comuni) A DISCAPITO DI VUOTI CONTENITORI CLIENTELARI DI INDIRIZZO PSEUDO ”FEDERALISTA” CHE SONO LA PRINCIPALE VORAGINE DELLA SPESA PUBBLICA A DANNO DEI CITTADINI.

CODICE DI COMPORTAMENTO Premesso che senza ratifiche a maggioranza delle realtà statuali di ogni singola raggruppamento e a seguire dei rappresentanti dei gruppi nella confederazione il fine da perseguire rimane l’assoluta indipendenza ed equidistanza dal centro-sinistra e dal centro-destra senza possibilità alcuna di apparentamenti, desistenze od altre alchimie elettoralistiche.

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In funzione di ciò si prevede un codice regolamentare che tutti devono osservare. a) simbologia: il simbolo elettorale, dal momento che é stato definito ed accettato, deve risultare in maniera prevalente in tutte le manifestazioni esterne; la presenza delle bandiere dei gruppi aderenti al "cartello confederale" può essere consentita ma solo come riaffermazione di una adesione al cartello e quindi ne basta una per singolo gruppo, b) presenze "mediatiche": a livello centrale deve sempre essere garantita una presenza collegiale dei rappresentanti nazionali; a livello periferico privilegiare la nomina di un portavoce che sia in grado di garantire un messaggio univoco concordato con gli altri e quindi rappresentativo di tutti. Gli argomenti vanno concordati preventivamente. Ogni atteggiamento "personalistico" dovrà essere censurato, c) in periferia dovrà essere costituito un comitato elettorale paritetico i cui rappresentanti dovranno essere delegati a prendere decisioni definitive ognuno in nome e per conto del proprio gruppo; ciò deve valere per quanto riguarda i programmi elettorali (da quello nazionale fino a quello per le amministrative del più piccolo centro), la cui linea politica generale dovrà essere decisa a livello centrale, per essere poi integrata in periferia con le problematiche locali, d) eventuali situazioni di "contenzioso" dovranno essere risolte all'interno della coalizione; ogni iniziativa individuale o di gruppo che utilizzasse i mezzi di informazione per dirimere questioni interne, dovrà essere censurato con sanzioni che arrivino fino all'espulsione, e) occorre definire innanzi tutto un programma condiviso per quanto riguarda le elezioni di qualunque ordine e grado (amministrativo e politico); questo deve

divenire per tutti la "bibbia" da trasmettere agli elettori; ogni interpretazione che alterasse sul piano concettuale gli "equilibri" raggiunti nella stesura del programma dovrà essere censurato, f) la scelta dei candidati per le elezioni dovrà essere fatta sulla valutazione del massimo risultato elettorale possibile conseguibile nei vari collegi, fatti salvi gli accordi nel frattempo raggiunti per quanto riguarda i capolistati; stesso criterio per quanto riguarda le elezioni amministrative di ogni ordine e grado laddove si presenterà – se possibile – il “cartello”. Eventuali divergenze in periferia dovranno essere risolte tempestivamente dal comitato elettorale paritetico sentiti i rispettivi rappresentanti, g) eventuali tentativi di prevaricazione, sia a livello centrale che periferico, dovranno essere censurati e sanzionati adeguatamente; la lealtà, la reciproca fiducia e la pari dignità dovranno rappresentare il fondamento morale dell'accordo, che dovrà risultare un "patto tra uomini d'onore"

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NOTANOTANOTANOTA

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