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ni mm r ifnirtiiirm r* irn T itiMTìMiia 4% » i o 7 A É A ^ M ^ M M a 82 ANARCHICO I PRINGIPII ANARCHICI. ii Congresso riunito a SaintImler dichiara : Che la distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato ; Che ogni organizzazione d'un potere politico sedicente provvisorio e rivoluzionario per giungere a tale distruzione non può essere che un inganno di più e sarebhe così pericolosa pel proletariato come tutti i governi oggi esistenti. Che, respingendo ogni compromesso per giun gere al compimento della Rivoluzione sociale, i pro letari di tutti i paesi devono stabilire, all' infuori di ogni politica borghese, la solidarietà dell' az one rivoluzionaria. I compagni rivenditori e abbonati in Isviz zera sono invitati a effettuare i loro versa menti mediante chèque postale gratuito al l'indirizzo Il Risveglio, 1.4662, Ginevra. Per abbonamenti, rivendita, sottoscrizioni al giornale o prò vittime politiche, i compagni chiedano dunque alla Posta un formulario di chèque e non di vaglia. Fatiche giornalistiche Henry Béraud, corrispondente viaggiante del Petit Pansien,, è ritornato la scorsa primavera a Roma con lo scopo confessato di cercare le possibilità di metlere un po' d'acqua nel vino della discordia italo francese; dico nel vino, poi ché per Béraud, specialmente da parte dell'Ita lia l'attrito sarebbe il frutto di un'ubbriaca tura Hazionalistica, preesistente ma rinforzata dal l'avvento al governo del fascismo, il quale, pur troppo dice lui, ha trovato esca negli errori della diplomazia francese e nel linguaggio sovente in considerato di certa stampa francese (leggi stampa nazionalista). Béraud è certo uu amico, se non proprio una pedina di Briand ; come lui scivolato dalle cime del socialismo più o meno classista al servizio della democrazia possibilista, aperta anzi a tutte le possibilità di contorcimenti e rinnegamenti. Ma qui il giornalista, ondeggiante fra l'antifa scismo ed il fìlomussolinismo, sballottato dal timore delle conseguenze della dittatura e della libertà, non ci interessa che per spiegare certi suoi giudizi ed in quanto riflette la posizione mentale della casta al timone dello Stato, diffi dente del popolo francese e del fascismo italiano. Della sua fatica giornalistica, il Béraud ha par lato ai lettori del « giornale a più forte tiratura del mondo » abbondantemente (venticinque arti coli di due buone colonne con l'immancabile corredo fotografico) ed il suo lavoro possiamo dividerlo in due parti : quella riguardante la si tuazione italiana in e per stessa e l'altra determinante i rapporti francoitaliani. Nella prima parte specialmente ci il riflesso della sua posizione mentale. Va da che la prima fatica romana del raud fu la visita al Truce, il quale gli concesse la più ampia libertà di indagine, fino al punto di autorizzarlo aduna visita alle isole dei confi nati. Quale uso egli abbia potuto fare di questa concessa libertà è facilmente immaginabile, quando egli stesso afferma che « un giornalista straniero in Italia non ha bisogno di domandarsi s'esso è seguito », e lo prova raccontando come presentatosi per la visita a Mussolini, trovò im palato alla porta lo stesso poliziotto che lo aveva attentamente squadrato il giorno avanti, nell'uf ficio in cui si era recato per domandarne l'auto rizzazione. Da buon giornalista egli gironzola per le vie di Roma, interroga i passanti, incontra degli amici con cui intavola conversazione, la quale però non appena accenna di scivolare sulla si tuazione interna si arresta davanti alla resistenza degli interloquiti, che, girato lo sguardo e vista l'ombra misteriosa, ammiccando l'occhio pren don commiato. Ma la descrizione del viaggio al l'isola di Lipari ritrae ancor meglio l'essenza vera della libertà esistente in Italia. Racconta il Béraud : « Sul ponte deH'£Zrca(il vapore che lo conduce) due dozzine di passeggeri., Ognuno sonnecchia, ma qualcuno sembra dormire d'un sol occhio, mentre con l'altro mi sorveglia nascostamente ». Arrivato all'isola un signore, il direttore della colonia, salta sul bastimento, lo imprigiona fra le sue affettate cortesie, lo accompagna in porto presentandolo al capo della pubblica sicurezza ; glio di indi pranzo, degustazione dei vini più prelibati, brindisi, ecc. « Poi, inquadrato e a tamburo bat tente visita ai baraccamenti imbiancati e riordi nati per l'occasione, poi corsa perle vie del paese ospitante i quattrocento confinati nel cui sguar do si rifletteva uno spaventoso (affreux) miscu misetia e d'ironia ». Confessa Béraud : Non ne potevo più. Arrivammo all'ufficio della direzione. Signori, dico, desidero parlare a qualcuno di questi deportati. Nulla di più fa cile, rispondono il direttore e ilcapo della poli zia e, rivolti ad uno sbirro : Fate venire l'av vocato cha parla così bene il francese. L'avvocato arriva. Presentazioni. Egli guarda il capo della pubblica sicurezza, il giornalista parigino, le pa reti bianche dell'ufficio di polizia sulle quali campeggia un ritratto del Duce... L'avvocato sorride, egli trova che la giornata è bella e che l'estate s'annuncia caldo. Egli mi domanda se ho fatto buon viaggio, poi riguarda ancora il ritratto del Duce, i mobili, i muri, l'intervistatore fran cese, poi, sempre sorridendo, domanda di riti rarsi... Non potrei (chiede Béraud) parlare a solo con lui ? —■ Vuole un sigaro ? interruppe il capo della polizia », e dopo una seconda doman da non meno infruttuosa Béraud commenta : « Mai, nel paese dove si sente e comprende tutto à perrfezioue trovai orecchie più dure... » Poco dopo, con un velocissimo motoscafo veniva dalle autorità ricondotto a Messina, imbarcato nel treno e, seguito dall'ombra... misteriosa, rispe dito a Roma... Sulla situazione interna dell'Italia, Béraud ha detto qualche verità, a noi del resto nota, ma altresì delle sfrontate menzogne che lo serrano nella morsa della più stridente contraddizione. Da amici industriali eh'è riuscito ad avvicinare, eludendo la sorveglianza « del più perfstto con gegno del regime » (la polizia), ha avuto confer ma che la situazione finanziaria,industriale,ecc. è critica, prodotto dell'errore del troppo alto tasso di rivalorizzazione della lira, errore che il Duce non vuole sentir nominare. Egli ha consta tato come il regime si mantiene, ipotecando l'I talia con prestiti onerosi e non impiegati in ope re redditizie, ma di grandezza fittizia, denotante una specie di sicurezza che i più o meno prossi mi sconvolgimenti daranno la... ricevuta ai cre ditori e ricchezza e possedimenti all'Italia impe rialfascista. La posizione del popolo rispetto al fascismo, Béraud la sintetizza nella nota pasquinata in cui entrato il Truce in incognito in un cinematogra fo e rimasto seduto quando tutti si alzano ad applaudire la sua immagino sullo schermo, pro voca la gazzarra degli squadristi e l'ingiunzione vivace del padrone della sala, il quale però, cur vatosi, confessa all'orecchio del recalcitrante : « Signore, qui la pensiamo tutti come lei, ma ora, la prego, si alzi... » Con ciò ed altro ancora, il giornalista tende evidentemente ad avvalorare la panzana musso liniana del fascismo fenomeno tipicamente ita liano, appropriato alla psicologia passiva e ras segnata del popolo, frutto di lunghi secoli d'i gnoranza, di miseria e di servaggio ; menzogna smentita dal lungo stillicidio di lotte sanguinose sostenute dal proletariato italiano contro la col lusione e la coalizione di tutti gli interessi e forze di conservazione e di reazione monarchia e capitalismo agrarioindustriale, chiesa e milita rismo trincerali nell'apparato statale fascista e favoriti nei loro disegni dagli errori e dai tra dimenti dei pseudo rappreseutanti e condottieri del popolo stesso, con Mussolini capintesta. Ma la superficialità e la sfrontatezza del raud varca i confini dell'immaginabile, quando vuol far bevere ai suoi lettori che Mussolini è ancora oggi il segreto idolo degli elementi più spiccatamente rivoluzionari, i quali (non ridete) accoglierebbero le feroci condanne del Tribunale speciale, col sorriso sulle labbra, lanciando il loro grido d'odio contro la borghesia che gli ru nientedimeno ! il capo autorevole ed audace ed affermando la loro persuasione ch'egli, figlio del popolo, ritornerà a lui per condurlo a liberazione: superficialità e sfrontatezza spicca tamente giornalistica questa del Béraud, la quale trova la più incontrovertibile smentita nella si tuazione da lui stesso descritta. Su quella parte di scritti che il Béraud dedica ai rapporti francoitaliani sorvoliamo, data la mancanza di spazio e l'interesse minimo che hanno pernoi. Che le mire imperialiste su Nizza, la Savoia, la Corsica e la Tunisia, stamburate dal Tevere e da L'Impero, faccian parte del program ma di annessioni fasciste è indubitato, anche se Mussolini in sede diplomatica lo nega ; ma non è men vero che la Francia con la spartizione del bottino di guerra ha fatto una specie d'indige stione che la mette in serio pericolo, stretta fra la Germania spogliata e 1" Italia affamata : da qui la necessità di ménager le due avversarie. Ma oggi la Francia preferisce venire a patti cou la Germania, eh'è il pericolo maggiore e che pro mette maggiori vantaggi attraverso lo sfrutta mento combinato delle miniere del bacino rena no, pur tenendo a bada il cane fascista con qual che briciola di ferro e carbone, con la consegna dei profughi ed uno stringimento periodico dei freni a quelli che non può consegnare. Ma con ciò è dubbio ch'essa riesca a neutra lizzare lo spirito di revanche del nazionalismo tedesco e ad evitare il cozzo che metterà nuova mente a sacco e fuoco 1' Europa e il mondo ; e noi osiamo sperare che quel giorno il proleta riato, passando sul corpo di tutti gli imperiali smi, abbattendo tutte le frontiere, distruggendo tutte le forme di sfruttamento e di schiavitù, creerà la possibilità pratica per la realizzazione delle nazioni unite d'Europa e del mondo. Parigi, 12 ottobre 1929. Numitore. Trinità criminale Questa trinità si è riunita in Roma l'altro giorno ed i giornali ne danno l'annuncio in questa forma : « Ieri l'on. Mussolini e il re si sono recati al Vati cano e hanno fatto una visita al papa. » Ecco i tre componenti la più terribile associazione di malfattori che sentono il bisogno di trovarsi in sieme per concertarsi sulle cose di Stato. Questo, senza dubbio, è l'argomento che ha tenuti a segreto colloquio i tre famigerati assassini, due dei quali hanno per compito di assassinare la povera Italia e l'altro si vanta di avvelenare l'universo. Un connubio più omogeneo non lo si poteva costi tuire. E ci voleva tutta la sapienza di Mussolini per renderlo realizzabile. Noi, poi, ne constateremo i frutti e li constaterà anche il popolo d'Italia. Perchè è al popolo sopratutto che sono destinati gli amorosi provvedimenti che non avranno mancato di escogitare i componenti la bella trinità adunata. E se guardiamo al loro passato ci possiamo fare una idea delle intenzioni loro per l'avvenire. À parte la questione denaro che il papa ha l'abitu diue di esigere, ma non quella di sborsare, neanche se si tratta divenire in soccorso di un compare della dimensione di Mussolini, il quale, a quanto pare, ha le finanze alquanto malandate, malgrado i ditirambi laudatori dei suoi turiferari, a parte ciò, ripeto, fra gli argomenti principali che possono aver richiamata l'attenzione della trinità è probabile che vi sia in pri ma linea la bella prospettiva di una guerra, la quale può risolvere tanti problemi che si parano dinanzi al dittatore. C'è il problema miseria che diventa ogni giorno più terribile per l'estensione che prende ; c'è il pro blema fallimenti che per quanto si faccia per tenerli nascosti al paese, trascinano privati, commercio, in dustria, finanze nel baratro della disperazione ; c'è il problema fiducia che si è trasformata in canzona

ANARCHICOarchivesautonomies.org/IMG/pdf/anarchismes/entre-deux/ilrisveglio/... · 3° Che, respingendo i ... Per abbonamenti, rivendita, sottoscrizioni al giornale o prò vittime

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ANARCHICO I PRINGIPII ANARCHICI.

ii Congresso riunito a Saint­Imler dichiara : i° Che la distruzione di ogni potere politico è il

primo dovere del proletariato ;

a° Che ogni organizzazione d'un potere politico sedicente provvisorio e rivoluzionario per giungere a tale distruzione non può essere che un inganno di più e sarebhe così pericolosa pel proletariato come tutti i governi oggi esistenti.

3° Che, respingendo ogni compromesso per giun­gere al compimento della Rivoluzione sociale, i pro­letari di tutti i paesi devono stabilire, all' infuori di ogni politica borghese, la solidarietà dell' az one rivoluzionaria.

I compagni rivenditori e abbonati in Isviz­zera sono invi ta t i a effettuare i loro versa­menti mediante chèque postale gratui to al­l'indirizzo

Il Risveglio, N° 1.4662, Ginevra. Per abbonamenti, rivendita, sottoscrizioni al

giornale o prò vit t ime politiche, i compagni chiedano dunque alla Posta un formulario di chèque e non di vaglia.

Fatiche giornalistiche Henry Béraud, corrispondente viaggiante del

Petit Pansien,, è ritornato la scorsa primavera a Roma con lo scopo confessato di cercare le possibilità di metlere un po' d'acqua nel vino della discordia italo francese; dico nel vino, poi­ché per Béraud, specialmente da parte dell 'Ita­lia l 'attrito sarebbe il frutto di un'ubbriaca tura Hazionalistica, preesistente ma rinforzata dal­l'avvento al governo del fascismo, il quale, pur­troppo dice lui, ha trovato esca negli errori della diplomazia francese e nel linguaggio sovente in­considerato di certa stampa francese (leggi stampa nazionalista).

Béraud è certo uu amico, se non proprio una pedina di Briand ; come lui scivolato dalle cime del socialismo più o meno classista al servizio della democrazia possibilista, aperta anzi a tutte le possibilità di contorcimenti e r innegamenti . Ma qui il giornalista, ondeggiante fra l'antifa­scismo ed il fìlomussolinismo, sballottato dal timore delle conseguenze della dittatura e della libertà, non ci interessa che per spiegare certi suoi giudizi ed in quanto riflette la posizione mentale della casta al t imone dello Stato, diffi­dente del popolo francese e del fascismo italiano.

Della sua fatica giornalistica, il Béraud ha par­lato ai lettori del « giornale a più forte tiratura del mondo » abbondantemente (venticinque arti­coli di due buone colonne con l ' immancabi le corredo fotografico) ed il suo lavoro possiamo dividerlo in due parti : quella riguardante la si­tuazione italiana in sé e per sé stessa e l'altra determinante i rapporti franco­italiani. Nella prima parte specialmente ci dà il riflesso della sua posizione mentale.

Va da sé che la prima fatica romana del Bé­raud fu la visita al Truce, il quale gli concesse la più ampia libertà di indagine, fino al punto di autorizzarlo a d u n a visita alle isole dei confi­nati. Quale uso egli abbia potuto fare di questa concessa libertà è facilmente immaginabile , quando egli stesso afferma che « un giornalista straniero in Italia non ha bisogno di domandarsi s'esso è seguito », e lo prova raccontando come presentatosi per la visita a Mussolini, trovò im­palato alla porta lo stesso poliziotto che lo aveva attentamente squadrato il giorno avanti, nell'uf­ficio in cui si era recato per domandarne l 'auto­rizzazione.

Da buon giornalista egli gironzola per le vie di Roma, interroga i passanti, incontra degli amici con cui intavola conversazione, la quale però non appena accenna di scivolare sulla si­tuazione interna si arresta davanti alla resistenza degli interloquiti , che, girato lo sguardo e vista l'ombra misteriosa, ammiccando l'occhio pren­don commiato. Ma la descrizione del viaggio al­l'isola di Lipari ritrae ancor meglio l'essenza vera della libertà esistente in Italia. Racconta il Béraud :

« Sul ponte deH'£Zrca(il vapore che lo conduce) due dozzine di passeggeri., Ognuno sonnecchia, ma qualcuno sembra dormire d'un sol occhio, mentre con l'altro mi sorveglia nascostamente ». Arrivato all'isola un signore, il direttore della colonia, salta sul bastimento, lo imprigiona fra le sue affettate cortesie, lo accompagna in porto presentandolo al capo della pubblica sicurezza ;

glio di

indi pranzo, degustazione dei vini più prelibati, brindisi , ecc. « Poi, inquadrato e a tamburo bat­tente visita ai baraccamenti imbiancati e riordi­nati per l'occasione, poi corsa perle vie del paese ospitante i quattrocento confinati nel cui sguar­do si rifletteva uno spaventoso (affreux) miscu­

misetia e d'ironia ». Confessa Béraud : Non ne potevo più. Arrivammo all'ufficio della

direzione. — Signori, dico, desidero parlare a qualcuno di questi deportati. — Nulla di più fa­cile, rispondono il direttore e i l capo della poli­zia e, rivolti ad uno sbirro : — Fate venire l'av­vocato cha parla così bene il francese. L'avvocato arriva. Presentazioni. Egli guarda il capo della pubblica sicurezza, il giornalista parigino, le pa­reti bianche dell'ufficio di polizia sulle quali campeggia un ritratto del Duce... L'avvocato sorride, egli trova che la giornata è bella e che l'estate s'annuncia caldo. Egli mi domanda se ho fatto buon viaggio, poi riguarda ancora il ritratto del Duce, i mobili , i muri , l ' intervistatore fran­cese, poi, sempre sorridendo, domanda di riti­rarsi . . . — Non potrei (chiede Béraud) parlare a solo con lui ? —■ Vuole un sigaro ? interruppe il capo della polizia », e dopo una seconda doman­da non meno infruttuosa Béraud commenta : « Mai, nel paese dove si sente e comprende tutto à perrfezioue trovai orecchie più dure. . . » Poco dopo, con un velocissimo motoscafo veniva dalle autorità ricondotto a Messina, imbarcato nel treno e, seguito dal l 'ombra . . . misteriosa, rispe­dito a Roma.. .

Sulla situazione interna dell 'Italia, Béraud ha detto qualche verità, a noi del resto nota, ma altresì delle sfrontate menzogne che lo serrano nella morsa della più stridente contraddizione. Da amici industriali eh'è riuscito ad avvicinare, eludendo la sorveglianza « del più perfstto con­gegno del regime » (la polizia), ha avuto confer­ma che la situazione finanziaria,industriale,ecc. è critica, prodotto dell 'errore del troppo alto tasso di rivalorizzazione della lira, errore che il Duce non vuole sentir nominare. Egli ha consta­tato come il regime si mantiene, ipotecando l 'I­talia con prestiti onerosi e non impiegati in ope­re redditizie, ma di grandezza fittizia, denotante una specie di sicurezza che i più o meno prossi­mi sconvolgimenti daranno la. . . ricevuta ai cre­ditori e ricchezza e possedimenti all'Italia impe­rialfascista.

La posizione del popolo rispetto al fascismo, Béraud la sintetizza nella nota pasquinata in cui entrato il Truce in incognito in un cinematogra­fo e rimasto seduto quando tutti si alzano ad applaudire la sua immagino sullo schermo, pro­voca la gazzarra degli squadristi e l ' ingiunzione vivace del padrone della sala, il quale però, cur­vatosi, confessa all'orecchio del recalcitrante : « Signore, qui la pensiamo tutti come lei, ma ora, la prego, si alzi... »

Con ciò ed altro ancora, il giornalista tende evidentemente ad avvalorare la panzana musso­liniana del fascismo fenomeno tipicamente ita­liano, appropriato alla psicologia passiva e ras­segnata del popolo, frutto di lunghi secoli d'i­gnoranza, di miseria e di servaggio ; menzogna smentita dal lungo stillicidio di lotte sanguinose sostenute dal proletariato italiano contro la col­lusione e la coalizione di tutti gli interessi e forze di conservazione e di reazione — monarchia e capitalismo agrario­industriale, chiesa e milita­rismo — trincerali nell 'apparato statale fascista e favoriti nei loro disegni dagli errori e dai tra­dimenti dei pseudo rappreseutanti e condottieri del popolo stesso, con Mussolini capintesta.

Ma la superficialità e la sfrontatezza del Bé­raud varca i confini dell ' immaginabile, quando vuol far bevere ai suoi lettori che Mussolini è ancora oggi il segreto idolo degli elementi più spiccatamente rivoluzionari, i quali (non ridete) accoglierebbero le feroci condanne del Tribunale speciale, col sorriso sulle labbra, lanciando il

loro grido d'odio contro la borghesia che gli ru­bò — nientedimeno ! — il capo autorevole ed audace ed affermando la loro persuasione ch'egli, figlio del popolo, ritornerà a lui per condurlo a liberazione: superficialità e sfrontatezza spicca­tamente giornalistica questa del Béraud, la quale trova la più incontrovertibile smentita nella si­tuazione da lui stesso descritta.

Su quella parte di scritti che il Béraud dedica ai rapporti franco­italiani sorvoliamo, data la mancanza di spazio e l 'interesse minimo che hanno pernoi . Che le mire imperialiste su Nizza, la Savoia, la Corsica e la Tunisia, stamburate dal Tevere e da L'Impero, faccian parte del program­ma di annessioni fasciste è indubitato, anche se Mussolini in sede diplomatica lo nega ; ma non è men vero che la Francia con la spartizione del bottino di guerra ha fatto una specie d' indige­stione che la mette in serio pericolo, stretta fra la Germania spogliata e 1" Italia affamata : da qui la necessità di ménager le due avversarie. Ma oggi la Francia preferisce venire a patti cou la Germania, eh'è il pericolo maggiore e che pro­mette maggiori vantaggi attraverso lo sfrutta­mento combinato delle miniere del bacino rena­no, pur tenendo a bada il cane fascista con qual­che briciola di ferro e carbone, con la consegna dei profughi ed uno stringimento periodico dei freni a quelli che non può consegnare.

Ma con ciò è dubbio ch'essa riesca a neutra­lizzare lo spirito di revanche del nazionalismo tedesco e ad evitare il cozzo che metterà nuova­mente a sacco e fuoco 1' Europa e il mondo ; e noi osiamo sperare che quel giorno il proleta­riato, passando sul corpo di tutti gli imperiali­smi, abbattendo tutte le frontiere, distruggendo tutte le forme di sfruttamento e di schiavitù, creerà la possibilità pratica per la realizzazione delle nazioni unite d'Europa e del mondo.

Parigi, 12 ottobre 1929. Numitore.

Trinità criminale Questa trinità si è riunita in Roma l'altro giorno

ed i giornali ne danno l'annuncio in questa forma : « Ieri l'on. Mussolini e il re si sono recati al Vati­

cano e hanno fatto una visita al papa. » Ecco i tre componenti la più terribile associazione

di malfattori che sentono il bisogno di trovarsi in­sieme per concertarsi sulle cose di Stato.

Questo, senza dubbio, è l'argomento che ha tenuti a segreto colloquio i tre famigerati assassini, due dei quali hanno per compito di assassinare la povera Italia e l'altro si vanta di avvelenare l'universo.

Un connubio più omogeneo non lo si poteva costi­tuire. E ci voleva tutta la sapienza di Mussolini per renderlo realizzabile.

Noi, poi, ne constateremo i frutti e li constaterà anche il popolo d'Italia. Perchè è al popolo sopratutto che sono destinati gli amorosi provvedimenti che non avranno mancato di escogitare i componenti la bella trinità adunata. E se guardiamo al loro passato ci possiamo fare una idea delle intenzioni loro per l'avvenire.

À parte la questione denaro che il papa ha l'abitu­diue di esigere, ma non quella di sborsare, neanche se si tratta divenire in soccorso di un compare della dimensione di Mussolini, il quale, a quanto pare, ha le finanze alquanto malandate, malgrado i ditirambi laudatori dei suoi turiferari, a parte ciò, ripeto, fra gli argomenti principali che possono aver richiamata l'attenzione della trinità è probabile che vi sia in pri­ma linea la bella prospettiva di una guerra, la quale può risolvere tanti problemi che si parano dinanzi al dittatore.

C'è il problema miseria che diventa ogni giorno più terribile per l'estensione che prende ; c'è il pro­blema fallimenti che per quanto si faccia per tenerli nascosti al paese, trascinano privati, commercio, in­dustria, finanze nel baratro della disperazione ; c'è il problema fiducia che si è trasformata in canzona­

6 IL RISVEGLIO

tura per il governo e le rispettive gerarchie insazia­bili, tanto che è venuto meno ogni rispetto per le istituzioni, e ci sono molti altri problemi complessi o semplici la cui soluzione fa girare la testa e a Mus­solini e ai sotto Mussolini, e se non si trova una via d'uscita, il guaio sarà formidabile e irreparabile.

— Santità, esclama Vittorino, scongiurate il peri­colo che minaccia noi, e che per ripercussione, po­trebbe rovesciarsi sulla santa nostra fede.

— Dilettissimo figlio, risponde il Santo Padre, se non lo puoi tu e il tuo degno ministro, che ha a sua e tua disposizione cannoni, soldati, sbirri, e spie e tribunali e giudici, io non p >sso garantirti che le mie preghiere abbiano la potenza voluta per cambiar faccia alle cose.

E allora ? Allora si constata che solo la forza ha voce in capitolo.

— Io ho la forza spirituale, dice Pio XI, ma dopo le crociate questa forza non ha fatto che deperire.

— È vero, dice Mussolini, se non fosse così, io lan­cerei oggi stesso il grido di guerra a tutta la cristia­nità, la quale mi seguirebbe sulla via della gloria, e allora sarebbe la forza delle armi.

— Armiamoci e partite 1 — E voi partirete ed io resterò, soggiunge Musso­

lini, a raccogliere tutti gli allori che ci procureranno le vittorie.

— Sì, ma intanto noi non abbiamo ancora stabilito cosa faremo, osserva il piccolo monarca.

— Faremo ciò che la divina provvidenza ci detterà, come abbiam fatto finora, risponde il ministro.

— bravo, figlio mio I interrompe il Santo Padre. — E se le prigioni, conclude Mussolini, sono po­

che ne faremo fare delle altre e resteranno a testi­moniare, ai posteri, il nostro amore per la Patria. Opere cospicue del regime 1 LUX.

Un programma? Ci sono t a lun i tra no i s e m p r e in t i m o r e

pe r la loro preziosa i n d i v i d u a l i t à . Non è s e m p l i c e m e n t e u n o t t i m o s e n t i m e n t o di di­g n i t à pe r sona le , u n b i sogno l eg i t t imo d' in­d i p e n d e n z a da obb l igh i servi l i , ma u n a spe­cie d ' i n f a tuaz ione che ta loro d i m e n t i c a r e la necessità d ' a iu t i , di cons ig l i , d 'accordi re­c ip roc i , l ' insufficienza in mol t i casi di sforzi isolati che ne i m p o n e dei col le t t ivi , il biso­g n o d ' un p i ano pres tabi l i to di lavoro per q u a n t o s e m p r e suscet t ib i le di modi f iche in corso d 'esecuzione . Si no t i che nella vita or­d i n a r i a ne acce t t ano quas i tu t te le i m p o s i ­z ioni c o m e il c o m u n e dei mor t a l i , m a il loro sp i r i to di r ibe l l ione si manifes ta con la mas ­s i m a veemenza o con inf ini te caute le n o n a p p e n a si t ra t t i di coopera re tra c o m p a g n i .

D i c i a m o sub i to che n o n fu il caso di Eli seo Reclus, il qua l e ade r ì alla p r i m a In te r naz iona le , fu m e m b r o della società segreta d i Bakun i i i , si a r r u o l ò tra i d i fensor i della C o m u n e e tu t to lascia c redere che , se n o n forse i n t e r a m e n t e , a l m e n o nel le sue g r a n d i l inee , a p p r o v a v a la concez ione d e l l ' a n a r c h i a di K r o p o t k i n . Max Nett lau c o n c h i u d e n o n ­d i m e n o u n a sua v o l u m i n o s a e bella b iogra fia di Eliseo Reclus con ques to g iud iz io :

Era il più libero degli anarchici che si possa im­maginare... L'anarchia era per Reclus, come l'aveva scritto fin dal i85i, lapià alta espressione dell'ordine, e non voleva nò porre dei limiti a quell'anarchia, né fare come molti altri che credono in buona fede di ridurla ad un programma, preoccupandosi per me­glio servirne la causa di precisarla e di darle un ca­rattere pratico. Reclus apparteneva al numero di quelle nature capaci di vedere ben lontano, come Voltaire, Diderot, Lessing, Goethe, e non di quelle che, in ragione dell'intensità del loro sentimento, restringono il loro campo d'azione, come Rousseau, Schiller, e, secondo la mia convinzione, anche Kro­potkin.

E v i d e n t e m e n t e Reclus n o n è u n u o m o che si possa s t ima re col m e t r o o r d i n a r i o . E' davve ro u n a g r a n d e i n d i v i d u a l i t à , capace da sola di g r a n d i cose. Ma con tu t to ques to , pe r la sua opera scientifica h a d o v u t o dars i u n p r o g r a m m a , t racc iar le dei l imi t i , sce­g l ie rs i dei co l l abora to r i , p r o v v e d e r n e i mez­zi . Non si è messo a l avora re a casaccio , ma avrà cercato di tu t to p r e d i s p o r r e , p rec i sa re e r e n d e r e p r a t i co . L 'opera infinita che stava ne l suo cervel lo si è così t rovata r ido t ta ne l la real izzazione, m a ch i pense rà a fargl iene r i m p r o v e r o ?

Noi n o n c o m p r e n d i a m o u n ' i d e a a m m i r a ­bi le q u a n t o p i ù m a n c a di p rec i s ione e q u a n t o

m e n o è p ra t i ca . La p rec i s ione sarà a p p r o s ­s ima t iva , la p ra t i ca t r o p p o in r a p p o r t o col p resen te ; ma i n t a n t o è per no i n o n solo be­ne m a essenziale fissarle. Così si fa i n tu t t i i r a m i del lo scibi le , n o n per esc ludere , ma per da r e u n a base a m a g g i o r i perfeziona­m e n t i . D ic iamo di p iù . Nulla i n s o m m a è p iù i r r i t an t e di non mai t rovare u n a conc lus io ne per l 'oggi . C o m p r e n d i a m o che i g r a n d i spir i t i n o n h a n n o b i sogno di u n a l inea di condo t t a , ma c o m e c h i a m a r e a noi la massa o s e m p l i c e m e n t e u n a m i n o r a n z a , senza scopi e mezzi ben defini t i , senza u n p r o g r a m m a ?

Si a g g i u n g a che il pens ie ro per d i v e n t a r e az ione , b i sogna che si t ras formi p r i m a in s e n t i m e n t o . La più g ius ta r if lessione se ci lascia indi f ferent i , n o n è cioè sentita, n o n ci appass iona , fa di noi degli spe t ta tor i pass ivi , n o n dei r ibel l i a t t iv i .

Reclus cer to cons ig l ia di s a lvagua rda re g e l o s a m e n t e la p rop r i a i n d i v i d u a l i t à , ag g i u n g e n d o p e r ò ( l e t t t r a del A d i c e m b r e 1901):

Ma se rifiutate ogni padrone, penetratevi del mag­gior rispetto per ogni uomo convinto e vivendo la vostra vita, lasciate ogni compagno vivere la propria.

Se tu vuoi gettarti nella mischia e sacrificarti, difendendo gli umili, i doveri, gli oppressi, alla buon'ora, amico mio, va e muori nobilmente I

Se tu vuoi lavorare lentamente e pazientemente alla preparazione d'un avvenire migliore, benissimo ; compi la tua opera, dedicandovi tutti i momenti della tua vita generosa !

Se tu vuoi oprare per l'insegnamento, perla soli­darietà costante degli sforzi con gli infelici, perfetta­mente ; sia la tua esistenza come una luce che risplen­da durante molti anni.

Così l ' i n d i v i d u a l i s m o di Reclus è fatto so­p r a t u t t o di r i spe t to pe r le i n d i v i d u a l i t à a l t r u i , n o n d'al tezzoso sprezzo pel m o n d o i n t e r o . La sua posiz ione m e n t a l e p u ò essere que l la di chi spazia nei secoli al d i sop ra delle miser ie u m a n e , ma chi in ques te mi serie è p i o m b a t o , vi deve cercare senza tar da re dei r i m e d i o m a g a r i dei s empl i c i pal­l ia t ivi . Non è del resto r e s t r inge re il p r o p r i o c a m p o d 'az ione , che di scegl iere u n a funzio­ne pa r t i co la re , essendo m a t e r i a l m e n t e i m possibi le di assolver le tu t t e .

Malatesta, con la sua a m m i r a b i l e s e m p l i cita h a scr i t to :

Non si tratta di prescrivere la linea da seguire ai posteri, i quali profitteranno degli sforzi e delle espe rienze nostre e faranno, c'è da sperarlo, molto me­glio di quello che sapremmo far noi. Si tratta di quello che dobbiamo e dovremmo far noi, se non vogliamo lasciare il monopolio dell'azione pratica ad altri, che indirizzerebbero il movimento verso oriz­zonti opposti ai nostri. Quindi necessità di studii e di preparazione per poter realizzare il più possibile della nostre idee a mano a mano che si opera la de­molizione.

Questo, almeno, per chi pensa come me che l'a­narchia sia una cosa da fare, e non semplicemente da sognare.

Q u a n d o si t ra t ta di far v ivere conc re t a m e n t e u n ' i d e a e n o n s e m p l i c e m e n t e d 'esal­tarla in as t ra t to , si deve concep i r e u n p ro ­g r a m m a d ' a t tuaz ione , p r ec i s a rne i mezzi , p r evede rne i l i m i t i , da rg l i u n cara t te re p ra ­t ico, i n r a p p o r t o cioè colle necessi tà e pos s ibi l i tà del m o m e n t o .

E' il p u n t o di vis ta che così r i bad iva a n c h e F ranc i sco Fe r re r :

Anzitutto, ogni operaio deve evitare la vergogna di non saper che rispondere al borghese che gli do­mandasse : « Cosa farebbero i lavoratori all'indoma­ni del trionfo dello sciopero generale? » ; poscia biso­gna che il lavoratore abbia un criterio determinante di un'azione comune per opporsi alla reazione che tentassero i privilegiati, favoriti da un prestigio non ancora scomparso, dagli avanzi del servilismo prole­tario, dall'esitazione dei dubbiosi, dalla testardaggi­ne di coloro che seguono vecchi usi e dalla forza del­l'abitudine, il tutto accresciuto dai difetti iniziali, dalle divisioni settarie, dalle mire degli ambiziosi, dalla passione e dall'intelligenza morte del neutri.

Spaziare neg l i inf ini t i c a m p i de l l ' i dea l e è bene , m a per finire d o b b i a m o p u r d i re al la g e n t e q u e l che v o g l i a m o e c o m e lo c red ia ­m o possibi le , d o n d e il t an to depreca to p r o ­g r a m m a , che sta s e m p l i c e m e n t e a p r o v a r e c o m e si c reda già vi tale l ' ana rch i a . F u g g i r e o g n i p rec i s ione e p ra t i ca pe r p a u r a di d i ­m i n u i r e e r e s t r i n g e r e l ' ana rch i a è c o m e i l n o n voler m a i c o m i n c i a r e u n edifìcio p e r c h è

p r i m a di g i u n g e r e a tetto da rà l ' i m p r e s s i o ­n e di q u a l c h e cosa di m o n c o , d ' i n c o m p l e t o , ed a n c h e u n a volta t e r m i n a t o , ne l f rat tem­po si sarà t rova to c o m e c o s t r u i r n e u n o mi­g l i o r e . Così che col pre tes to d 'aspe t ta re in­de f in i t amente a fare opera perfel ta, no i la s c e r e m m o , a n c h e d o p o a b b a t t u t a , r i c o s t r u i r e s e m p r e la vecchia e s inis t ra m o l e de l l ' au to r i t à .

Cose svizzere BANDIERA ROSSA.

Il Tribunale federale, chiamato a pronunciarsi sul decreto del Governo clericale e fascista del Cantone di Friburgo, che proibisce l'esposizione in pubblico della bandiera rossa e la distribu­zione di stampati sovversivi, in seguito ad un ricorso del Partito socialista, ha approvato il suddetto decreto con qualche restrizione che praticamente non avrà nessun valore.

Tutti i Governi cantonali, e ben inteso anche quello federale, potranno, non appena lo creda­no utile, dichiarare una manifestazione sediziosa, proibire di portarvi la bandiera rossa, sequestrare la stampa contraria a loro, senza contare l'altre provocazioni e violenze cui non mancheranno certo di ricorrere. Il ricorso socialista non avrà così servito che a dare la più alta consacrazione ad un brutale abuso di potere.

La bandiera rossa proibita in repubblica, men­tre sventolava già liberamente anche in monar­chia ! E si badi bene che sarebbe errore il dire : — Bandiera più, bandiera meno ! — perchè in realtà la cosa venendo accettata passivamente dall 'opinione pubblica, il popolo « sovrano » ag­giunge a tante altre abdicazioni una nuova ! Gli aspiranti dittatori non hanno che a continuare. Alle volte non è affatto fuor di luogo farsi del cattivo sangue anche per dei cenci rossi, pejchè l'atto di mettersi la propria bandiera in tasca può avere le più disastrose conseguenze.

I SIGNORI FASCISTI. La gente del littorio ha per sua massima di

regime che solo la propaganda governativa è legittima, ogni altra è intollerabile. In Isvizzera, bene 0 male, si ha ancora un sistema democra­tico, quindi dovrebbero considerarvi come ille­gittima la loro dottrina che ne è la negazione.

Il ragionamento dei cittadini svizzeri non fa una grinza : « A noi, se ci recassimo in Italia, non verrebbe concesso di manifestare per le no­stre idee, sia pure con un semplice distintivo, e si noti che noi si manifesterebbe insomma per la libertà di tutti . Voi qui in Isvizzera pretendete far uso d'un diritto che condannate in casa vostra e manifestate per un regime di bastone, d'olio di ricino e d'ogni peggiore infamia. Usate di un diritto per sopprimerlo e quindi fato opera di tradimento. Sarebbe inaudito che noi vi sop­portassimo, ammettendo con una disparità di trattamento un privilegio per voi e non reagen­do contro una propaganda così impopolare che nessun svizzero osa farla apertamente. »

Avviene così che in parecchie località si hanno incidenti tra antifascisti svizzeri e fascisti italia­ni, i quali ul t imi dovrebbero ben dirsi che nep­pure col motivo di musica, di sport o d'altro in Italia non vorrebbero tollerate manifestazioni pubbliche di partiti democratici elvetici. E allo­ra qui non possono invocare una libertà che si vantano d'avere assassinata e pretendere che noi si assista indifferenti all'apologia di tale delitto. Nessuna tregua ai liberticidi.

IL DIRITTO DEI POVERI. È per definizione un povero diritto che il di­

ritto dei poveri. A Ginevra consiste in un prele-vameuto del i5 per cento sulle entrate di tutti gli spettacoli pubblici. E malgrado dei forfaits scandalosamente vantaggiosi pei cinematografi più importanti ed altri . . . alleggerimenti, di cui vogliamo appunto parlare, forniva una somma di settecento mila franchi annui . Gli agenti di polizia, incaricati della riscossione, s'erano in­tesi, se non proprio tutti per rubare, per chiu­dere un occhio e magari due su chi pel suo ge­nere dispendioso di vita doveva certamente tro­vare mezzi illeciti. La cosa durava da anni, e un ingenuo cittadino che a\ èva osato manifestare dei dubbi in proposito, si era visto condannare per diffamazione. Ma ul t imamente l'agente la­dro, che apparteneva anche alla famigerata poli­zia dei costumi, essendosi divorziato per sposare una delle più note prostitute della città, di scan­dalo in scandalo fu preso con la mano nel sacco.

Si noti che a capo del Dipartimento di polizia

IL RISVEGLIO 7

sta un fascistofìlo, amicone del Console italiano, Turre t t in i , che si era fatto eleggere appunto da un'Unione di Difesa economica, col programma preciso di controllare severamente tutta l 'ammi­nistrazione dello Stato. E mai gli abusi, per non dir peggio, si erano rilevati maggiori 1

Poveri poveri finché saranno amministrat i dai ricchi ! E non avranno compreso che a redimersi i miseri devono avere la fortuna dei superbi.

Ut redeat miseris habeat fortuna superbis ! aveva scritto in lesta del suo giornale Giampaolo Marat.

Principe ereditario S p e r i a m o che {'eredità, già s e r i a m e n t e

c o m p r o m e s s a , abbia i n t e r a m e n t e a svan i re pe r Savoia U m b e r t o , n o m e di cat t ivo a u g u ­

r i o . Gioli t t i aveva già osservato m e l a n c o n i ­

c a m e n t e che la m a g g i o r par ie del l ' E u r o p a n o n era più m o n a r c h i c a , ed a r i pa r a r e a t a n t o cro l lo , n o n basta c e r t a m e n t e la gro t ­

tesca neo dinas t i a dei Zogù, creata da Mus­

so l in i in Alban ia . Il re fascista cadrà certa­

m e n t e col fasc ismo, ed a l l ' e rede , se riesce a met te r s i in salvo al m o m e n t o della bufera , r e s t e r a n n o i m i l i o n i p r u d e n t e m e n t e deposi ­

ta t i in b a n c h e estere, ma la corona sarà de­

finitivamente spar i ta nel fango e n e l s a u g u e . I n t a n t o , si t rova già male alle p r i m e p r o ­

ve . L'odio con t ro il suo casato si è dif­

fuso in tu t to il m o n d o , e recatosi a cercar mogl i e a Bruxe l les , vi è stato accol to da u n colpo di r ivol te l la a n d a t o a vuo to , l o n t a n a eco della scar ica con cui il suo d e g n o p a d r e h a lasciato f u l m i n a r e W l a d i m i r o Gor t an .

Al gene roso vend ica to re della l iber tà i ta­

l i ana , al g iov ine F e r d i n a n d o De Rosa, pen­

s i a m o con u n a dolorosa stret ta al cuo re , co­

m e ad u n ' a l t r a nob i l e v i t t ima della d u r a bat tag l ia che ci dovrà c o n d u r r e alla vi t to r ia .

Tra u o m i n i m a t u r i si u s a oggi l agnars i del la n u o v a g i o v e n t ù . . . spor t i s ta . Ma il seme degl i eroi n o n pare i n t e r a m e n t e p e r d u t o , e d ' a l t r o n d e , sovente è bastato u n brusco avve­

n i m e n t o per r i c h i a m a r e al la realtà i mol t i che p a r e v a n o i g n o r a r l a . Il sacrificio di De Rosa n o n è stato vano ; il p r o b l e m a della l ibe raz ione dal fascismo è posto u n a volta di p i ù in faccia al m o n d o . Agire ha s e m p r e l 'al to significato di spe ra re , sopra tu t to q u a n ­

d o l 'azione n o n p u ò con t a r e in u n r i su l t a to i m m e d i a t o , m a è in tesa so l t an to ad affrettar­

lo . La Nemesi s tor ica n o n è p u r essa cada­

vere c o m e la Liber tà ; la sua m a n o p u ò fai l i re a n c o r a , m a c o m e sent i r s i o r a m i s icur i al saper la in m a r c i a ?

P r i n c i p e p i ù p r i n c i p e m e n o , poco i m p o r ­

ta ; l 'essenziale è che la lot ta sia c o m i n c i a t a e prosegua c o n t r o il p r i n c i p a t o .

* * * Prima che ricevessimo notizia dell'attentato

ci era giunta dal Belgio la seguente corrispon­

denza : Fino a questo momento non si ha ancora nessuna

notizia sulla sorte che il governo belga riserva al compagno carissimo Angelo Bartolomei, sempre rin­chiuso netle carceri belghe, in attesa d'essere libera­to oppure consegnato ai boia della terza Repubblica, per essere, nella migliore delle ipotesi, condannato ai lavori forzati a vita.

Nessuna notizia dico — ma sopratutto nessuna notizia buona nei riguardi del compagno nostro — che ci possa lasciare intravvedere un esito favorevole alla sua causa, malgrado tutte le ragioni di prece­denti storici, che s'attagliano benissimo all'uccisione della spia fascista prete Caravadossi in quel di Jceuf, fatto circondato da elementi che gli danno un carat­tere prettamente politico. In base alla costituzione belga stessa, l'estradizione del compagno nostro si trova esclusa senza contestazione possibile e non è che col deliberato proposito di violare la legge che il ministro competente può ritenere l'ipotesi contra­ria, per rendere un servizio di più al fascismo, col consegnare Angelo Bartolomei alla vendetta sicura dei giudici fascistizzati di Nancy.

Infatti, se così non fosse, per qual motivo il no­stro intrepido compagno dovrebbe essere, dopo sei mesi dall'aver scontata la condanna inflittagli per il porto d'armi abusivo, tuttora trattenuto in prigione? Ma per il ministro Janson, non si tratta tanto di sa­pere se l'atto del Bartolomei sia passibile d'estradi­zione, quanto di trovar modo di colpire ad ogni co­sto l'anarchico dalle fiere dichiarazioni durante il processo di Liegi per porto d'arme proibita. Si può

pensare a qualche cosa di più equivoco di questo di­versivo ?

Però Janson si sbaglia se, abbandonando il fatto specifico per cui Bartolomei è reclamato dalla Fran­cia, impugnasse qualche frase delle sue dichiarazioni, che del resto non cambiano proprio nulla di nulla al carattere essenzialmente politico del fatto imputa­togli. La difesa non si trova disarmata e neppure vien fiaccata quella parte d'opinione pubblica che si preoccupa del caso Bartolomei, vedendo violato per lui quel diritto d'asilo tanto manomesso da anni nel Belgio per tutti i rifugiati politici.

11 diversivo di Janson dimostra chiaramente che per estradare Bartolomei, i fatti non permettendolo, si cerca il pretesto d'idee cui si nega la natura poli­tica. Però, da quanto risulta dalle nuove che si han­no finora, pare si esiti a sfidare l'opinione pubblica, in certa parte favorevole al compagno nostro, In quale non mancherebbe di giudicare severamente il gesto filofascista di un ministro anche se liberale. Con un governo a tendenze nettamente reazionarie è difficile purtroppo, in conclusione, sperare in bene.

♦ Intanto continua nei principali centri la campa­

gna di agitazione per il diritto d'asilo in favore di tutti i perseguitati di tutte le tirannie. Dal canto suo il governo del prete Jaspar, amico del fu Caravadossi senza dubbio, continua a lanciare i propri lanzichi­necchi alle calcagnedei fuorusciti e degli antifascisti, rendendo loro la vita addirittura impossibile.

In queste ultime settimane abbiamo dovuto regi­strare espulsioni di compagni nostri a Seraing, Athus, Anversa e Bruxelles. E' cosi che si applica il diritto d'asilo tradizionalmente nel Belgio : ora poi, il governo belga non vuole mica lasciarsela fare da quello repubblicano francese nel prostrarsi servil­mente ai piedi del fascismo assassino.

Due fatti sono da far rimarcare a coloro sopratutto che in Italia prima, contando sulla realtà delle cosi­dette libertà democratiche, si trovarono inermi di fronte alla violenza fascista, ed ora all'estero propen­dono ancor troppo a lasciar credere a una democra­zìa quasi sempre inesistente.

A Liegi, i nerocamiciati passeggiano spavaldamen­te provocando operai belgi e stranieri, e pochi giorni fa passarono pure a vie di fatto contro un lavoratore che, ingenuamente, credeva il Belgio terra in cui lo squadrismo non regnasse ancora.

Il malcapitato, oltre alle brutalità fasciste subite, si vide arrestato dalla sbirraglia democratica, men­tre i suoi aggressori se n'andavano indisturbati.

A Seraing pure si è avuto qualche cosa di simile. Un abbrutito mussoliniano, che perii solito eroi­

smo dei dieci contro uno. non fa pompa della cimice, ma si contenta del distintivo di ex combattente, vie­ne invitato a togliersi quell'emblema di barbarie. Risponde con sguaiate minacele, ma gli viene strap­pato lo stesso. Ricorre alla poliziottaglia, che si fa in quattro per soddisfarlo e. grazie allo zelo degli sbirri del socialista Merlot, si può contare fin d'ora sovra un'espulsione in 48 ore ed un processo in corso per il più banale degli incidenti.

Ma la democrazia è pur sempre una bella cosa. Liegi, 23 ottobre 1929­ EGI.

Vladimir Gortan Diamo, tradotto dal giornale serbo Politika. i7

racconto della tragedia di Pola. Certo la Jugosla­via vede pure tragedie simili, ma ciò non menoma affatto l'infamia del fascismo. Nato dal terrori­smo, sente di non poter durare che col terrorismo stesso. Agli antifascisti il comprenderlo e prepa­rarsi in conseguenza. Al primo successo ottenuto da ogni parte sorgeranno, vittime di ieri, gli alleati per la grande opera di liberazione.

Fiume (Susak), 19 ottobre. Il giornale locale La nostra concordia dà le se­

guenii informazioni sulle ult ime ore di Gortan : Ieri è arrivato a Susak un fuoruscito d'Italia,

che ha seguito tutte le fasi del famoso processo di Pola ed ha avuto inoltre modo di conoscere da fonte sicura come avvenne l'esecuzione del nar­tire Vladimir Gortan. Narra :

Ho assistito alla lettura della sentenza al pro­cesso di Pola e si sapeva già prima nei corridoi del Tribunale quali ne sarebbero i termini . An­che i condannati lo sapevano e lo presentivano. Ecco perchè la sentenza non li ha stupiti . Solo il giovane Ladavetz, di 17 anni, credeva che in ragione della sua età e della sua evidente inno­cenza avrebbe una lieve condanna. E lui solo, udendola condanna a trent 'anni di lavori forzati, si è messo a piangere come un fanciullo ed ha gridato, stringendo le barre della gabbia in cui si trovava rinchiuso coi suoi compagni : « La­sciatemi tornare a casa, io non sono colpevole. » Gli altri condannati hanno accettato con calma e quasi con disprezzo la loro condanna. Vladimir Gortan, udendo la sua condanna alla fucilazione nella schiena, è impallidito appena, stringendo i pugni , e dopo alcuni istanti ha levato la testa, guardando apaticamente il Tribunale, gli avvo­cati e i giornalisti.

Letta la sentenza ai condannati , i quattro alla pena di treut 'anui di lavori forzati, furono con­dotti via prima, poscia Vladimir Gortan venne rinchiuso in una cella a parie. Al momento della lettura della sentenza e dell 'uscita dei condan­nati c'era un grande spiegament di forze poli­ziesche.

Appena nella sua cella, Vladimir Gortan si è coricato sul pagliericcio ed è rimasto così immo­bile un certo tempo, senza tradire in nulla i suoi sentimenti . Il comunicato di certi giornali ita­liani che pretende che Gortan ha pianto dopo la lettura della sentenza, e si è inginocchiato da­vanti ad un brigadiere dei carabinieri, è assolu­iamente falso.

Dopo essere rimasto alcun tempo in silenzio steso sul suo pagliericcio, Gortan ha pregato il guardiano di far chiamare il suo difensore, l'av­vocato Tcherljenitz, col quale fu quindi deciso di ricorrere ingrazia . E' quanto venne fatto, ma com'è noto, il comandante del corpo d'armata di Trieste rifiutò di trasmettere al re il ricorso. Ben inteso, questo risultato negativo non venae comunicato al Gortan e non gli si disse pure quando sarebbe fucilato fino all 'ult imo momen­eo. Però dubitava lui stesso del successo del suo ricorso ; sapeva d'essere la vittima designata del­l'esempio che si voleva dare, e si preparava a morire .

Tutta la notte vegliò. Si erano messe a sua disposizione delle sigarette e del cognac. Fumò, e prima dell'aurora fece domandare un prete.

Secondo le disposizioni precedenti, Gortan avrebbe dovuto essere fucilato sul poste, dove si ebbe l'attacco del 2A marzo e dove Tuchtan era caduto mortalmente ferito. Ma all 'ult imo mo­mento vi si rinunciò. Parve troppo rischio alle autorità italiane di condurre Gortan da Pola a Pazin, benché la 60" legione fascista fosse mobi­litata. Ecco perchè dal comando del corpo di Trieste venne l 'ordine di fucilare Gorlan nei dintorni immediati di Pola, presso al cimitelo, sul campo d'esercizi militari .

All'alba Gortan vi fu trasferito. C'era una fossa scavata e a fianco stava una sedia, su cui fu le­gato il condannato, con la faccia rivolta verso la fossa. E' in questa posizione che lo trovarono gli esecutori e gli spettatori della fucilazione. Natu­ralmente tutto il campo militare era circondato da numerosi distaccamenti di sentinelle.

Sul luogo dell'esecuzione, a parte i personaggi ufficiali furono ammessi soltanto alcuni giorna­listi che avevano una permissione speciale. Le­gato sulla sedia, Gortan era immobile e non guardava né a destra né a sinistra, ma fissava la fossa vuota dinanzi a lui. nella penombra del giorno nascente. Verso le 5 1/2 arriva un distac­camento di sei militi , comandato da un ufficiale con la sciabola sguainata. Regna un silenzio mor­tale. Gli ultimi ordini vengono impart i t i con una precipitazione nervosa. Soffiava un vento freddo mattinale, che faceva fremere tutti i presenti. Da terra si levava una leggera nebbia, traverso alla quale si scorgeva il viso immobile del condan­nato legato alla sua sedia. Muto e guidato dal suo ufficiale, il distaccamento s'avvicina a dieci passi dietro la schiena di Gortan. L'ufficiale esita un istante, poi alza risolutamente la sua sciabo­la. A. quel segnale i militi levarono i loro fucili e li puntarono verso il martire. Particolare inte­ressante, dietro il distaccamento stavano due ca­rabinieri, distinti tiratori, che dovevano even­tualmente dare il colpo di grazia alla vittima. Si dubitava forse dell 'obbedienza del distacca­mento ?

L'ufficiale tenne alcuni istanti la sciabola leva­ta, poi l'abbassò subitamente e la scarica mici­diale dei sei moschetti risuonò nel mattino na­scente. Durante la cerimonia aveva regnato un silenzio completo, e quasi un senso d'abbatti­mento.

Quando l'ufficiale aveva levata la sua sciabola, il respiro era venuto a mancare alla maggior parte dei funzionari e giornalisti presenti ; pa­recchi si coprirono il viso con le mani 0 si vol­tarono per non vedere quello spettacolo.

Il cadavere di Vladimir Gortan s'incurva. II medico constata la morte. Poscia il prete s'avvi­cina e fa il segno della croce sul viso del morto . Lo si copre con un drappo funebre. Dopo u n certo tempo, il corpo del fucilato nella schiena fu messo nella fossa.

Nel suo numero della vigilia, Politika aveva già pubblicato queste dolorose riflessioni :

Il governo fascista si è affrettato, senza nep­pure lasciar trascorrere 24 ore dalla lettura della sentenza, a fucilare Vladimir Gortan, pr ima che la coscienza dell 'Europa, sempre lenta a com­

IL RISVEGLIO

muoversi , avesse tempo di svegliarsi e di fare intervenire le forze morali dell 'umanità. Il pote­re esecutivo fascista non ha voluto aspettare che il mondo civile veda troppo chiaramente che si trattava d'un vero assassinio del Tribunale spe­ciale. Ha voluto prevenire i passi tentati da più ' parti presso la Società deile Nazioni, il Papa, la Lega femminile italiana, togliendo loro il tempo di produrre i propri effetti, come pure l'agita­zione fascista internazionale di protesta in favo­re delle nuove vittime del regime fascista. Le autorità avevano già prima deciso di versare il sangue, non già nell ' interesse della giustizia, ma perchè lo ritenevano utile. In realtà, il Presidente della Corte marziale di Pola pronunciò la sua sentenza sulle disgraziate vittime prima della se­duta del Tribunale. 1 fascisti si sono affrettali a compiere la loro opera e a renderla irreparabile.

Questa rapido esecuzione tradisce la debolezza fascista. Essa dimostra chiaramente il timore che quella sentenza non avrebbe potuto affron tare la critica del mondo e avrebbe dovuto venir modificata sotto la sua forte pressione. Il che vuol dire che i fascisti stessi sentono la gravità del loro atto e l ' ingiustizia della loro sentenza ; ma partigiani della politica per cui il fine giusii-fìcai mezzi, non hanno voluto indietreggiare. La giustizia non avrebbe menomamente sofferto da un rinvio dell'esecuzione. Se Vladimir Gortan fosse stato veramente un delinquente e lo si fosse provato (ciò che durante il processo non ha mai potuto essere fatto) la pesante mano della giustizia aveva sempre tempo d'abbattersi su lui. Ma l'infelice Gortan, di cui non è stato provato nessun crimine, era già condannato prima. Ecco perchè il dibattimento davanti al Tribunale, con­dotto con una rapidità cinematografica, in base ad una procedura sommaria, non è stato che una semplice formalità. Non un teste è venuto ad affermare che Gortan aveva ucciso uii fascista, delitto di cui era accusato. Certi testi hanno anzi smentite le informazioni fasciste, secondo cui alle elezioni plebiscitarie diGostanovo ci sarebbe stata un'agitazione antifascista.

Qualcuno guasto la festa Fu l ' i l lusione che « u n uomo possa da solo,

con un solo gesto, salvare un paese », come pre­tende Pietro Neuui in un suo articolo su Le Soir, quella che armò il cuore e la destra di Ferdinan­do De Rosa ? No. È costui abbastanza intelligente per non aver concepita un'idiozia simile, che è stata sempre attribuita agli autori di azioni in­dividuali da coloro che, come i socialisti, sono attaccati, specie al l ' indomani di un attentato, alla formula : nessuna azione violenta individuale.

Il De Rosa ha attentato al principe ereditario non con la superbia di Bruto, non con la dispe­razione dello stanco, non con la sfiducia nell'a­zione rivoluzionaria di popolo. L'atto suo rispon­de alla situazione. È l'espressione intera, come coscienza del fine e come rivolta morale di una tendenza : quella di coloro che vedono con chiari occhi la misera realtà di un fuoruscitismo im­belle, che si sdraia nell'attesa del miracolo, che s'inebetisce nelle bizantinerie e nelle polemicuc-ce personali, che continua una critica impastata di minutaglie e di pettegolezzi nonché di catastro­fiche profezie economiciste. Dare un lievito di entusiasmo, dare esempio di audacia e di spirito di sacrificio, scuotere l'accidia, riscattare la ver­gogna di questi anni persi : ecco la missione che s 'è data il De Rosa. Egli, ilare come un fanciul lo, non aveva pose di eroe e di martire. Serviva l ' Idea con letizia e soltanto lo corrucciava la meschina schermaglia degli omuncoli . Di fronte alla povertà era sereno come un signore dirazza, di fronte al carcere oalla morte era sereno come un cristiano dei primi secoli. Alla notizia che grande parte della sua fortuna era andata disper­sa, decise subito di darsi al lavoro manuale, senza un rammarico. Alla vigilia di partire per un viaggio clandestino in Italia rinfrescava con le sue risate la preoccupazione degli amici. In si­tuazioni pericolose, il sorriso non spariva dalle sue labbra e dai suoi occhi. Anche ora, ora che è nella solitudine di una cella di faccia ad una sorte terribile, chi lo conosce non può avere per lui una pietà di compassione, ma soltanto la profonda fraternità di chi avrebbe voluto vivere la nobile tragedia e di chi vorrebbe come lui es­ser pronto a morire.

Quella fede primaverile eppure non ingenua, quell 'entusiasmo ardente eppure non esaltato, quell 'eroismo profondo e appunto perchè pro­fondo umano sono rimasti fra di noi, che lo ama­vamo e ancor più lo amiamo oggi.

Non era di quelli che cercano comode poltro­ne ; di quelli che fanno i cospiratori con le pru­denze e le pretese dei capi ; di quelli che esauri­scono il proprio rivoluzionarismo nelle assem­blee ; di quelli che posano alla Jacopo Hortis ; di quelli che credono di essere utili al mondo per­chè hanno qualche ideuccia in testa e qualche virtuosità pennaiola. Quante volte l 'abbiamo udito ridere, parlando dei burocrati e dei gene­rali, lui che la povertà non spaventava, che di demagogia non era capace, che amava essere un soldato semplice e di prima liuea. Malcontento dei capi, pur ne sapeva vederne le qualità, rico­noscerne le specifiche importanza e funzione ; e disprezzava coloro che giustificano il loro far niente con l'incapacità o la viltà dei dirigenti.

Pensava, giustamente, che la lotta antifascista non può essere soltanto cartacea, ma riconosce­va la funzione della stampa.

Giovanissimo, entrato di recente nelle file so­cialiste, aveva coscienza delle vaste lacune della propria coltura politica, e cercava colmarle. Con­vinto della funzione innovatrice che i giovani hanno nel proprio partito, av-eva coscienza, chia­ra in pochissimi giovani, dei doveri che la pre­tesa di sostituzione direttiva comporta. Sbozza­tosi ideologicamente nell 'ambiente di Rivoluzione liberale, amico ed ammiratore di Piero Gobetti, aveva avvertito l'iusufficeuza politica di quel movimento necessariamente eclettico, più ceno­bio di intelligenze, più vivaio di cultura che campo di lotta politica e sociale. Ed aveva ade­rito al Partito Socialista Massimalista. Più che il programma, lo attirava la possibilità di prende­re contatto con la massa, di entrare nella lotta. Infatti, eccolo assumersi il peso ed il rischio di iniziative di stampa clandestina. Eccolo parteci­pare a convegni operai clandestini ed a promuo­verli.

Lontano dal populismo sentimentaloide ; ri­fuggente dagli schemi dottrinari ; inadatto, per onestà di spirito e rettitudine mentale, a farsi uomo politico: ecco De Rosa, a Parigi, in lotta con lo meschinerie, le manovrette, gli Ipse d'.xit del proprio partito, dal quale stava sempre più allontanandosi.

Più volle ebbe a constatare che esiste una con­centrazione ideologica e spirituale fra i giovani dei vari partiti , e avrebbe dato gran parte della propria attività alla formazione di quel « qual­che cosa di nuovo » che vedeva profilarsi nelle luDghe discussioni, nelle quali la giovialità sba­razzina spariva talvolta per rivelare una testa ca­pace di ragionare per proprio conto : qualità rarissima.

Un'intelligenza inaridita, una cultura arresta­ta. Una vita spezzata, stavo per scrivere. Ma mi ripugna il pensarlo. Non può esser vano questo sacrificio ! Ho bisogno di esser certo che giun­gerà la luce di altre audacie a rischiarare la notte e che ai lampi solitari seguirà la tempesta. Se non fosse così, la tragedia di Bruxelles si risol­verebbe in un suicidio di protesta.

Di protesta contro il fascismo/ ma anche di protesta contro l'antifascismo imbelle, quello che ripugna alla violenza ed aspetta la « bella notizia », come quello che esulta od esalta con la lingua o con la penna, senza sentire che è compito di ognuno, oggi, porsi quel problema di coscienza che condusse a Bruxelles Ferdinan­do De Rosa. c BERNERI.

Comunicati P e r L O T T A U M A N A .

I redattori principali della LOTTA UMANA, sbal­zati di terra in terra da volontà persecutrici. forse multiple, nia i cui fili fan cerio C8pi> all'Avenue de Villars, si sono ritrovati al di là dell'oceano, scarsi di mezzi, forse ancora inseguiti dall'odio della muta abbietta, ma sempre saldi di fede e pieni di volontà di lottare e vincere per le nostre idee. Essi ci dicono che souo pronti a riprendere da là l'opera qui dovu­ta interrompere ; ci domandano di metterli nella possibilità di farlo e di congiungere al loro il nostro sforzo. Anche se questo, qualitativamente, non potrà essere lo sforzo occorrente, ma solo quello delle no­stre limitate capacità e del nostro buon volere, è ciò che intendiamo appunto di fare.

II giornale riprenderà dunque — anche eventual mente con altro nome e salvo imprevisti impedimenti — quia Parigi le pubblicazioni regolari, a partire dal primo dicembre p v., a cura del Gomitato provviso­rio perii riallacciamento delle forze comuniste anar­chiche, proseguendo sulle linee programmatiche e tattiche dell'Unione Anarchica Italiana, e speriamo rigiungerà egualmente gradito ai compagni e lettori.

Ognuno dunque, concorde col programma e con lo sforzo nostro, ci dia la sua solidarietà morale e finanziaria. Tutti all'opera I

Parigi, i5 ottobre 1929. Il Comitato provvisorio.

Pro vittime politiche R i c o r d i a m o s e m p r e !e v i t t i m e p o l i t i c h e

e p r e p a r a n d o l ' o ra di d e m o l i r e t u t t e le c a r c e r i , d i a m o il n o s t r o obo lo ai r e c l u s i e alle l o r o f a m i g l i e .

In cassa Fr. 33o 60 Berna : fra compratori del Risveglio 3 — Ginevra : C. G. so — Zurigo: Circolo Mazziniano aoo —

Totale Fr~ 553 60 Il beneficio detto della festa data a ZURIGO, il 13

ottobre scorso, fu di 4oo franchi, divisi per metà tra la nostra Gassa prò vittime politiche ed il Gomitalo prò figli dei carcerati politici d'Itelia.

Ecco i numeri vincenti della lotteria : 99") — 656 — 1376 — 1090 — 637.

Per l'ingrandimento del giornale Somma precedente Fr. 6a4 45

Basilea : Gruppo libertario 3o — Berna: Bonetti 5, Bianchi Fortunato a 7 — Biasca : Zoldan 3, Vanza 2, Savini a 6 — Ginevra: Groupe des anonymes 100 —

Vincenzo 6, C. G. 5 io — Marsiglia: a mezzo Brigliano Luca (a5) 5 o5 Npedham, Mass. : Ilario Bettolo io 35 Neuchàtel : L. G. 5 — Zurigo: Unbekannt io, Volpi 1 11 —

Totale Fr. 808 85

Spedire sottoscrizioni individuali ed importo di liste, mediante chèque postale, all'indirizzo :

Il Risveglio, 1.4662, Ginevra.

lì caso Peretti I compagni e lettori avranno.g ià visto nei

quotidiani la relazione della visita fatta dal can­celliere della Legazione svizzera a Roma al Pe­retti. Ora uà giornale notoriamente fascista La Suisse di Ginevra, abbreviata a modo suo la re­lazione ufficiale, vi aggiunge che la p r o c e d u r a del T r i b u n a l e s p e c i a l e p r e v e d e b e n s ì il d i r i t t o di d i f e sa , m a l ' a v v o c a t o è d e s i g n a t o d 'ufficio d a l l ' a u t o r i t à c o m p e t e n t e . E s a r à e v i d e n t e m e n t e , a g g i u n g i a m o n o i , u n a s u a c r e a t u r a , c o m p l i c e d e l l ' i n f a m i a p r e m e d i ­t a t a c o n t r o P e r e t t i .

Dove va a finire la famosa GIUSTIZIA SEVE­RA MA PALESE di cui Mussolini s'è vantato? E' nel mistero che si continua a torturare e si vuol condannare un cittadino svizzero.

E' l'ora per tutti gli uomini di cuore di levare più che mai alta la loro protesta.

B ILAN — B I L A N C I O R e c e t t e s — E n t r a t e

VENTE — VENDITA Vente conférences 55.5o, Bellinzona, B. a, Bern,

Bianchi ad.20, Biasca, Vanza 8, Clermont Ferrand, Frare(5o)io.i5. Flémalle Grande, Mattart( 170)34.30, Locamo, Lucchini o, Montana Vermala 1.30, Paris, Tosca ao.3o, St. Gallen, Sesso 3o, Seraing, Egi (i45) 31, Wien, Ramus 7.60, Winterthur, Martinelli i5. Zurich, Marks io.5o. Total a3g 65 ABONNEMENTS — ABBONAMENTI

Bellinzona, Chila 7, Biasca, Rodoni 5, Bienne, J. Denzler i5, Lod. Bernasconi 10, Brooklyn, N. Y., A. Borghi 5.i5, Genève, A Guenin 5, R.Guenin 5. Lau­sanne, R. 30, R. P. 5, Minnsio, Lucchini io, Oerlikon, Battistella Paolo 5, Schaffhausen, Marcolli 0, Schò-nenwerd, Ambrosi Palmarino 30. Total 117 i5 SOUSCRIPTIONS — SOTTOSCRIZIONI

Annemasse : Croce, Vaglio (10), Fusinghelli, N. N. (5), Todeschini, Magoga (4). Conte (7) 9.10, Bern. Perucchi 1, Grignoli s, dopo conferenza 8.70, Pozzi Carlo 1, Cagnes, Morra (5) 1, Evtan : Raspolini, Gen-tilini (io). Gigi (6) 5.3o, Genève, Syndicat autonome M. et M. ao. Groupe du Réveil i.4o, St. Gallen, lista 11 fra compagni a mezzo Sesso So, Zurich, B. B. 1.

Total 80 55 Total des recettes au 39 octobre

D é p e n s e s .— U s c i t e Déficit du numéro précédent Journal n° 783 Frais de poste Machine à adresses (acompte)

Total des dépenses

437

585 390 9a 135 1093

35

70

a5

95 Déficit 655 60

Indirizzo : I l Bisveglio, rue des Savoises, 6, Ginevra (Svizzera).

Imprimerie, 23, rue des Bains.