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1 Master biennale di alto perfezionamento in ANALGESIA, ANESTESIA E TERAPIA INTENSIVA IN OSTETRICIA anno accademico 2015 -16 Direttore Prof. Giorgio Capogna ANESTETICI E NEUROTOSSICITÀ NELL’ETÀ EVOLUTIVA: MITO O REALTÀ” Tesi finale di: Roma, 21 ottobre 2016 Dott. Danilo Carloni

ANALGESIA, ANESTESIA E TERAPIA INTENSIVA IN … · Tutti i fattori chiave dello sviluppo neuronale dipendono da un fine bilanciamento tra vari neurotrasmettitori, ed in particolare

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Master biennale di alto perfezionamento in

ANALGESIA, ANESTESIA E TERAPIA

INTENSIVA IN OSTETRICIA

anno accademico 2015 -16

Direttore Prof. Giorgio Capogna

“ANESTETICI E NEUROTOSSICITÀ

NELL’ETÀ EVOLUTIVA: MITO O REALTÀ”

Tesi finale di: Roma, 21 ottobre 2016

Dott. Danilo Carloni

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“ Le cose in realtà sono molto più semplici di quanto si

possa pensare ma molto più complicate di quanto si

possa comprendere” JW Goethe

ANESTETICI E NEUROTOSSICITÀ NELL’ETÀ

EVOLUTIVA: MITO O REALTÀ

“E’ sicuro per il nascituro che la madre riceva una analgesia epidurale per

il parto?”

Di fronte a emozioni quali la paura dell’imprevisto (“come starà mio

figlio?”, “quali sono le ripercussioni dell’analgesia epidurale sul feto?”) la

risposta non può essere solo rassicurante, ma deve spaziare su tutto lo

scibile medico, per esempio ci deve porre la seguente problematica: se

ovviamente è difficilissimo valutare gli effetti di dosaggi minimi di

anestetici locali ed oppiacei sul nascituro, cosa dice la ben più cospicua

letteratura medico-scientifica su dosaggi anestetici, magari di anestesia

generale, sulla cospicua popolazione di pazienti neonatali e pediatrici?

Quindi la domanda dall’analgesia epidurale in corso di travaglio di parto si

sposta a:

“E’ sicuro per mio figlio ricevere un’anestesia?”

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La lezione di sir Bradford Hill 1:

Alla riunione della Royal Society of Medicine del 1965 sir Bradford Hill

propose all’uditorio la seguente domanda: “Come possiamo stabilire quali

sono i pericoli occupazionali, siano essi fisici, chimici e psicologici, qualora

siano rari e non facilmente riconoscibili?”

Evidentemente egli faceva riferimento alla medicina del lavoro ed al

rapporto di causa-effetto nella ricerca epidemiologica e difatti fece

l’esempio classico degli spazzacamini e cancro scrotale (RR 200 volte >),

distinguendo tra semplice associazione e causalità (è la distocia che fa

richiedere più frequentemente l’analgesia epidurale, non l’analgesia che

causa la distocia) ma il suo quesito può essere tranquillamente esteso al

campo della medicina perioperatoria, da quando nel 1999 su Science

apparve l’articolo di Ikonomidou 2 sul blocco dei recettori NMDA e

neurodegenerazione apoptotica nel cervello in via di sviluppo.

Ovviamente la diffusione ubiquitaria di informazioni medico-scientifiche

tramite Internet ha fatto poi sì che sempre più genitori si presentino allo

specialista in anestesia ponendo il quesito sovra riportato e menzionando

specificatamente l’”apoptosi”3, dal momento che effettivamente un

aumentato tasso di apoptosi negli animali di laboratorio è stato associato

con molti degli anestetici, quali protossido di azoto, ketamina, propofol,

etomidate, barbiturici, benzodiazepine, il cloralio idrato, l’etanolo ed altri

4 - 7

Tratteremo quindi di:

1 sviluppo generale normale

2 attività neuronale ed anestetici generali

3 morte neuronale, in generale (eccitotossicità ed apoptosi)

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4 apoptosi nell’età evolutiva

5 danno cognitivo a lungo termine negli animali

6 deficit cognitivo e comportamentale negli umani dopo chirurgia

pediatrica

7 ci porremo una serie di domande (popolazione esposta e non esposta,

definizione di esposizione ad anestetici, qual è l’outcome ecc.)

8 conclusioni

BIBLIOGRAFIA

1 SVILUPPO CEREBRALE NORMALE

Tutti i fattori chiave dello sviluppo neuronale dipendono da un fine

bilanciamento tra vari neurotrasmettitori, ed in particolare sono due dei

maggiori neurotrasmettitori, glutammato e acido gamma- aminobutirrico

(GABA) a controllare la maggior parte della migrazione neuronale, così

come la loro differenziazione, maturazione e sinaptogenesi, cioè le

componenti chiave dello sviluppo cerebrale nei mammiferi 8.

La sinaptogenesi comporta un processo di ramificazione dendritica

massiva e la formazione di miliardi di contatti sinaptici tra neuroni per

formare circuiti neuronali e mappe neuronali ordinate. I processi

attraverso i quali le proiezioni assonali e dendritiche trovano il bersaglio

“giusto” sono molto complessi, ma è possibile affermare che sono basati

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su di un “rimodellamento dipendente dall’attività” 8, il che implica che

per una sinaptogenesi tempestiva e appropriata siano cruciali l’attività

neuronale e le comunicazioni tra neuroni. Inoltre tutti gli aspetti della

sinaptogenesi sono sotto il controllo stretto delle cellule gliali, che

partecipano attivamente tramite segnali neuroni – glia e forniscono

l’ambiente ideale per le interazioni neurone – neurone.

L’attività elettrica e sinaptica è talmente importante per la sinaptogenesi,

che il neurotrasmettitore inibitorio maggiore (GABA) agisce da eccitatore

durante le prime fasi della sinaptogenesi 8.

Anche se le sinapsi sono sottoposte ad un costante rimodellamento e per

tutta la vita ne vengono formate di nuove mentre altre vengono “potate”,

la stragrande maggioranza dei network neuronali e dei contatti sinaptici

avviene durante la sinaptogenesi iniziale, che negli umani corrisponde

all’ultimo trimestre di vita intrauterina ed i primi anni postnatali, ed in

particolare i primi mesi postnatali.

Durante l’ultimo trimestre ed i primi due anni e più di vita postnatale, vi è

una grande crescita del cervello umano al punto tale che raddoppia

durante i primi sei mesi dopo la nascita e triplica dopo dodici mesi 8.

2 ATTIVITÀ NEURONALE ED ANESTETICI GENERALI

Il fatto che l’attività neuronale e la comunicazione interneuronale siano

cruciali per la formazione di contatti sinaptici appropriati e per lo stabilirsi

di recettori stabili, che a loro volta portano allo sviluppo cognitivo e

comportamentale, non può che portare all’attenzione un’intera classe di

farmaci, gli anestetici generali, il cui obiettivo principale è di

“interrompere” o “smorzare” la comunicazione interneuronale per

ottenere l’analgesia, l’amnesia e l’”ipnosi”.

A dispetto del loro uso estensivo e della loro potenza ed efficacia, i

meccanismi della loro azione anestetica non sono pienamente conosciuti.

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Sulla base degli studi degli ultimi dieci anni, sembra che vi siano recettori

specifici a livello cellulare 8.

In generale, vengono riportate l’aumento della trasmissione inibitoria o

l’inibizione di quella eccitatoria. In particolare la neurotrasmissione

inibitoria GABA- mediata viene aumentata da molti anestetici

endovenosi, quali barbiturici, benzodiazepine, propofol e etomidate,

come gli anestetici inalatori isofluorano, sevofluorano, desfluorano ed

alotano, e di solito vengono collettivamente chiamati GABAergici.

D’altra parte un piccolo numero di anestetici endovenosi (fenciclidina ed

il suo derivato ketamina) ed inalatori (protossido d’azoto e xenon)

inibiscono la neurotrasmissione eccitatoria bloccando i recettori N-methyl

D-aspartato (NMDA), un sottogruppo di recettori del glutammato.

Vedremo oltre le implicazioni cliniche specie sull’umano.

3 MORTE NEURONALE: ECCITOTOSSICITA’ ED APOPTOSI

La morte neuronale in genere, al di là dell’embriogenesi e dell’età

evolutiva, può essere provocata 9 :

- dall’attivazione di recettori per gli aminoacidi eccitatori e si fa

riferimento al termine “eccitotossicità” o

- dall’attivazione della morte cellulare programmata od “apoptosi” (sia

essa in condizioni fisiologiche sia patologiche).

Per quel che riguarda l'eccitotossicità, dimostrazioni inconfutabili di un

ruolo patogenetico, in particolare nel danno neuronale ischemico,

derivano da esperimenti condotti su modelli animali.

I modelli sperimentali di ictus hanno mostrato incrementi nella

concentrazione extracellulare di glutammato (aminoacido eccitatorio) e il

danno neuronale viene attenuato dalla denervazione dei neuroni

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contenenti glutammato o dalla somministrazione di antagonisti del

recettore del glutammato 9.

La distribuzione di cellule sensibili all’ischemia corrisponde strettamente a

quella dei recettori del N-metil-D-aspartato (NMDA) (tranne che per le

cellule cerebellari del Purkinje, che sono vulnerabili all’ipossia-ischemia

ma mancano di recettori NMDA).

Gli antagonisti competitivi e non competitivi dei recettori NMDA sono

efficaci nel prevenire l’ischemia focale. Nell’ischemia celebrale globale

sono attivati recettori non MNDA e gli antagonisti di questi recettori

hanno un’azione protettiva. Anche il danno cerebrale sperimentale

indotto dall’ipoglicemia è attenuato dagli antagonisti NMDA 9 .

L’eccitotossicità non è un evento singolo, ma piuttosto una cascata di

danni cellulari. L’eccitotossicità induce un afflusso di calcio nelle cellule e

la maggior parte del calcio è sequestrata nei mitocondri piuttosto che nel

citoplasma. L’aumento del calcio citoplasmatico causa una disfunzione

metabolica e la generazione di radicali liberi attiva le proteinchinasi, le

fosfolipasi, l’ossido nitrico sintetasi, le endonucleasi ed inibisce la sintesi

proteica. L’attivazione dell’ossido nitrico sintetasi genera ossido nitrico

che può reagire con il superossido per generare il perossinitrito, che può

dare un danno diretto neuronale.

Un’altra via critica è l’attivazione di una poli - ADP- ribosio polimerasi in

risposta al danno del DNA mediato dai radicali liberi. A livello

sperimentale, i topi con mutazioni knockout dell’ossido nitrico sintetasi

neuronale o della poli – ADP – ribosio polimerasi, così come quelli che

sovraesprimono la superossidodismutasi, sono resistenti all’ischemia

focale 9 .

Un’altra caratteristica interessante dell’eccitotossicità emerge dal fatto

che la stimolazione dei recettori NMDA extrasinaptici si è dimostrata

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essere in grado di mediare la morte cellulare, mentre l’attivazione dei

recettori sinaptici risulta protettiva.

Nonostante l’eccitotossicità sia chiaramente implicata nella patogenesi

della morte cellulare nell’ictus, il trattamento con gli antagonisti NMDA

non si è però dimostrato utile dal punto di vista clinico 10.

L’apoptosi o morte cellulare programmata, svolge un ruolo importante in

condizioni sia fisiologiche sia patologiche. L’apoptosi è caratterizzata da

un restringimento neuronale, dalla condensazione della cromatina e dalla

frammentazione del DNA, mentre la morte cellulare necrotica è associata

a rigonfiamento citoplasmatico e mitocondriale seguito dalla morte

cellulare. Le riserve energetiche cellulari sembrano avere un ruolo

importante in queste due forme di morte cellulare, poiché l’apoptosi può

essere favorita in condizioni in cui sono conservati i livelli di ATP.

Durante l’embriogenesi varie vie dell’apoptosi portano alla distruzione dei

neuroni che non riescono a differenziarsi in modo appropriato o a

raggiungere i bersagli previsti. Fino a poco tempo fa si pensava che

durante il periodo di sviluppo circa il 50% di neuroni andasse incontro a

morte programmata per incapacità di produrre connessioni sinaptiche

e/o mancanza di supporto neurotrofico. In tali esperimenti veniva però

intenzionalmente danneggiato il processo di sinaptogenesi.

Studi più recenti hanno dimostrato che la gran parte delle morti cellulari

programmate avviene in cellule proliferanti non ancora differenziate in

neuroni, sempre che sia preservata la sinaptogenesi.

Vi sono sempre più prove di un aumentato tasso di morte cellulare

apoptotica in una gran varietà di malattie neurologiche acute e croniche,

tra cui la malattia di Alzheimer, la malattia di Huntington, la SLA, ed in

particolare la malattia neurologica genetica più specificatamente legata

all’apoptosi sembra essere l’atrofia muscolare spinale infantile (malattia

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di Wernig-Hoffmann), causata da due geni coinvolti nel meccanismo

dell’apoptosi.

Nel controllare le vie specifiche dell’apoptosi sono essenziali i mitocondri.

Essi durante l’apoptosi ridistribuiscono il citocromo c e portano

all’attivazione di una cascata di proteasi intracellulari conosciute come

caspasi.

4 APOPTOSI NELL’ETÀ EVOLUTIVA

Affinché avvenga una formazione appropriata e tempestiva delle sinapsi e

dei circuiti neuronali è fondamentale il fine equilibrio tra la

neurotrasmissione mediata da acido γ-aminobutirrico (GABA) e quella

mediata dal glutammato. Uno squilibrio in questo sistema può segnalare

ai neuroni in via di sviluppo di autodistruggersi 11.

A questo punto il problema diviene se farmaci come gli anestetici

generali, a dosi che certamente disregolano l’equilibrio GABA –

glutammato, possano promuovere un’attivazione eccessiva della

neuroapoptosi e la morte di numerosi neuroni in via di differenziazione.

In generale, gli anestetici generali causano una degenerazione apoptotica

significativa e diffusa dei neuroni in differenziazione in varie specie di

mammiferi, inclusi i topi, i ratti, i porcellini d’India e primati non umani. Il

picco di vulnerabilità alla neuroapoptosi indotta dall’anestesia coincide in

ogni specie con il picco di sinaptogenesi, con una vulnerabilità molto

minore durante stadi più tardivi.

Vari meccanismi cellulari sono stati studiati 11:

CASCATA APOPTOTICA DIPENDENTE DAI MITOCONDRI

La via di attivazione apoptotica dipendente dai mitocondri, detta anche

via intrinseca 12, coinvolge la sottoregolazione di proteine

antiapoptotiche della famiglia Bcl -2 (ad es. Bcl – xL), un’aumentata

permeabilità della membrana mitocondriale ed un aumentato rilascio di

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citocromo c nel citoplasma, il che attiva le caspasi 3 e 9, le quali inducono

l’apoptosi. Un’anestesia generale somministrata al picco della

sinaptogenesi attiva il meccanismo intrinseco entro due ore. 12

La melatonina, un ormone del sonno noto per sovraregolare la proteina

Bcl – xL, offre qualche protezione inibendo parzialmente l’induzione da

parte degli anestetici di perdita nel citoplasma di citocromo c e

l’attivazione della caspasi 9 13.

CASCATA APOPTOTICA DIPENDENTE DAI RECETTORI DI MORTE

PROGRAMMATA

L’apoptosi può iniziare con la via estrinseca, innescata dall’attivazione dei

recettori di morte programmata. Ciò avviene per la formazione di un

complesso – segnale inducente la necrosi (DISC), che attiva le caspasi 8 e

3, che porta alla necrosi. L’anestesia generale può indurre l’attivazione

della via estrinseca, ma di solito prima essa attiva la via intrinseca 12.

CASCATA APOPTOTICA DIPENDENTE DA FATTORI NEUROTROFICI

Nella sinaptogenesi del cervello del mammifero sono importanti le

neurotrofine, una famiglia di fattori di crescita neuronali, che sono

sintetizzate e rilasciate dai neuroni, in relazione alla loro attività.

Una marcata diminuzione dell’attività neuronale (come avviene

nell’anestesia generale) può ridurre la produzione di segnali neurotrofici e

portare all’apoptosi, in tempi rapidi e con distribuzione regionale

specifica.

Il β estradiolo offre una parziale protezione dall’apoptosi indotta dagli

anestetici inibendo parzialmente l’attivazione della caspasi 3 14.

DEPLEZIONE NEURONALE E NEUROAPOPTOSI INDOTTA DAGLI

ANESTETICI

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Un’importante problematica della neuroapoptosi indotta dagli anestetici

è rappresentata dall’avere essa un effetto duraturo.

Un’attenta quantificazione delle densità neuronali nelle regioni corticali e

sottocorticali più vulnerabili mostra che animali trattati con anestetici

generali hanno fino al 50% di diminuzione della densità neuronale

rispetto ai controlli. 15 L’esposizione di ratti ad anestetici generali al picco

della sinaptogenesi comporta anormalità severe e durature sia strutturali

sia funzionali delle sinapsi del complesso ippocampale, una struttura

cerebrale cruciale per un appropriato apprendimento e sviluppo delle

capacità mnesiche 8.

Anche nei topi l’esposizione ad anestetici durante la sinaptogenesi risulta

in una significativa riduzione nelle spine dendritiche e nella formazione di

sinapsi sia in vitro sia in vivo.

In più gli anestetici generali causano in fasi più tardive della sinaptogenesi

anomali contatti sinaptici 8

Anche se una “potatura” fisiologica dei neuroni ridondanti viene

osservata comunemente nei cervelli dei mammiferi, solo l’1-2% dei

neuroni non sopravvive la normale sinaptogenesi; forse dosaggi

clinicamente rilevanti di anestetici mettono a rischio la sopravvivenza di

tal eccesso di neuroni in via di sviluppo 15.

NEUROAPOPTOSI: DA ANESTETICI O DA CAMBIAMENTI

NELL’OMEOSTASI CARDIOVASCOLARE E RESPIRATORIA

Ovviamente è di primaria importanza nell’anestesia clinica il

mantenimento di un’adeguata ossigenazione, ventilazione e perfusione

tissutale, in altre parole una stabilità di tutti i segni vitali.

A causa delle difficoltà tecniche imposte dalla ridottissima taglia dei ratti

appena nati, questi dati non possono essere monitorati in continuo, il che

ha portato i ricercatori ad investigare sui porcellini d’india 15 ed i primati

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16 17 18, specie che permettono un monitoraggio più stretto. Questi

studi confermano i risultati che erano stati ottenuti sugli animali di taglia

più piccola, ovvero i cambiamenti istopatologici osservati erano causati

dall’anestesia di per sé e non dall’ipossia, l’ipercapnia o disturbi

metabolici.

In più né l’ipoglicemia 19 né l’ipercapnia 20 peggiorano la neuroapoptosi

indotta dall’anestesia, che quindi è già di per sé sufficientemente

dannosa.

MECCANISMI MITOCONDRIALI PER LA NEUROTOSSICITA’ INDOTTA

DALL’ANESTESIA

Oltre a danneggiare la membrana mitocondriale interna ed attivare la

cascata apoptotica intrinseca, gli anestetici generali provocano un

disturbo nella morfogenesi mitocondriale marcato e di lunga durata.

Un’esposizione precoce all’anestesia generale causa un ingrandimento

mitocondriale ed una distruzione della membrana mitocondriale interna e

delle creste. Nei neuroni la rigenerazione dei mitocondri dipende

dall’equilibrio tra fusione e fissione; una fusione danneggiata porta a

frammentazione mitondriale, mentre se ad essere danneggiata è la

fissione ciò porta ad un ingrandimento. Gli anestetici generali possono

disturbare questo delicato equilibrio in favore della fusione, che può

causare la neurodegenerazione conseguente 21; d’altronde uno squilibrio

nel senso della fusione mitocondriale può contribuire a diverse malattie

neurodegenerative dell’adulto 22 23.

L’ingrandimento mitocondriale indotto dagli anestetici può rallentare la

loro migrazione, specie verso branche dendritiche finemente ramificate

nel momento in cui la loro presenza si rende necessaria per la normale

sinaptogenesi 24 25.

In più tale squilibrio è accompagnato da iperproduzione di specie reattive

dell’ossigeno (ROS) e perossidazione di lipidi e proteine. I ROS sono

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implicati nello sviluppo e progressione di diverse condizioni associate a

declino cognitivo, quali il morbo di Parkinson, il morbo di Alzheimer, la

corea di Huntington. I neuroni producono normalmente ROS come

conseguenza dell’alto tasso metabolico e sono relativamente deficienti

nei meccanismi di difesa ossidativa. Questa vulnerabilità, sommata al

gran contenuto di acidi grassi insaturi, li rende particolarmente suscettibili

all’eccessiva perossidazione lipidica ed al danno cellulare. Può quindi

esistere un legame tra la disfunzione mitocondriale indotta da anestetici,

l’iperproduzione di ROS ed un declino cognitivo 26.

Se al giorno postnatale 7 (picco della sinaptogenesi) vengono

somministrati spazzini dei radicali liberi o bloccanti della transizione

permeabilità mitocondriale prima di un’anestesia, vengono prevenuti

disturbi dell’apprendimento e della memoria in età ulteriore. 26

In più la melatonina 13, un ormone naturale coinvolto nel sonno, e la

carnitina 27, un supplemento nutrizionale che protegge l’integrità

mitocondriale, forniscono una protezione significativa dall’apoptosi

neuronale.

Quindi la chiave per un uso sicuro degli anestetici durante le fasi più

precoci di sviluppo cerebrale potrebbe essere prevenire un’eccessiva

perossidazione lipidica e proteggere i mitocondri.

MECCANISMI CORRELATI AL RETICOLO ENDOPLASMATICO PER UNA

NEUROTOSSICITÀ EVOLUTIVA CORRELATA ALL’ANESTESIA

Una delle cause delle disfunzioni mitocondriali e apoptotiche discusse

prima potrebbe essere il rilascio eccessivo di calcio dal reticolo

endoplasmatico nel citoplasma ed un sovraccarico mitocondriale di calcio.

Questo può portare a perdita di citocromo c, che compromette

ulteriormente la funzione mitocondriale.

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Si sa 28 che l’isofluorano attiva direttamente i recettori dell’inositolo

1,4,5 trifosfato, producendo un rilascio prolungato ed esagerato di calcio,

aumentando il calcio del citoplasma. Questo aumenta l’attività dei pori di

membrana di transizione di permeabilità e modula la proteina

mitocondriale Bcl-xL, eventi che promuovono la morte neuronale nel

cervello immaturo del ratto. Simili conseguenze avvengono con il

desfluorano ed il sevofluorano ma in misura minore con il propofol.

La disregolazione del calcio non è un fenomeno tutto o nulla. Un rilascio

moderato di calcio dal reticolo endoplasmatico può fornire

neuroprotezione, mentre è un aumento eccessivo che porta alla

neurotossicità.

In qualità di secondo messaggero, il calcio intracellulare regola molti

aspetti dello sviluppo neuronale, quali la formazione e funzione sinaptica,

l’eccitabilità neuronale, la sintesi proteica, l’apoptosi neuronale e

l’autofagia. Disturbi nell’omeostasi del calcio sono alla base di molte

forme di deficit nell’apprendimento e nella memoria 29 30.

COINVOLGIMENTO DEI LISOSOMI E DELL’AUTOFAGIA NELLA

NEUROTOSSICITÀ EVOLUTIVA INDOTTA DALL’ANESTESIA

L’anestesia può produrre un eccesso di prodotti di degradazione, spesso

chiamati “scarto” biologico, che deve essere degradato per garantire la

sopravvivenza neuronale tramite il processo dell’autofagia. L’autofagia

inizia con la formazione di autofagosomi, strutture cellulari a doppia

membrana che entrano nei lisosomi, che contengono vari enzimi litici.

Tale processo avviene lentamente, per cui nei lisosomi si accumula un

materiale non digerito, polimerico, auto fluorescente chiamato

lipofuscina.

Gli anestetici generali aumentano la formazione di autofagosomi 20,

aumentando la possibilità che gli anestetici inducano la morte dei neuroni

in via di sviluppo in parte provocando uno stress autofagico, una forma di

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auto-cannibalismo. Non è dato sapere se l’autofagia è importante per

l’inizio dell’apoptosi o se i due processi di autofagia ed apoptosi siano

indipendenti, ma sicuramente la neurotossicità evolutiva indotta

dall’anestesia può coinvolgere la distruzione di organuli citoplasmatici 31.

5 DANNO COGNITIVO A LUNGO TERMINE NEGLI ANIMALI DOPO

ESPOSIZIONE PRECOCE AGLI ANESTETICI

Il problema ora è decifrare le conseguenze funzionali delle anomalie

morfologiche sovra descritte, e cioè se queste osservazioni si traducono

in effetti duraturi sul comportamento.

Almeno negli animali la risposta è positiva, in altre parole lo sviluppo delle

abilità cognitive negli animali esposti ad anestetici generali al picco della

sinaptogenesi è rallentato rispetto ai controlli, e tale divario si amplifica

col durare del tempo 32.

Persino anestetici generali endovenosi come propofol o tiopentale in

combinazione con la ketamina somministrati al giorno postnatale 10 nel

topo alterano il comportamento ulteriore nel giovane adulto 31.

Conseguenze simili di deficit comportamentali in età adulta sono state

osservate quando i topi erano esposti al giorno postnatale 10 ad una

miscela di ketamina e diazepam 31.

Sebbene ad essere maggiormente dannosi siano i cocktail di diversi

farmaci, anche la ketamina somministrata da sola durante fasi precoci di

sviluppo neuronale nei ratti causa deficit tardivi nell’adattamento,

apprendimento e memoria 33.

Quando sono combinati farmaci con proprietà GABAergiche e antagoniste

dei recettori N-metil-D-aspartato, e questo è molto frequente in clinica

(N2O ed anestetici volatili oppure propofol e ketamina), i deficit cognitivi

sono più profondi 31 32 33.

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L’anestesia generale viene raramente somministrata in assenza della

chirurgia e dei conseguenti dolore e danno tissutale. Quindi il potenziale

neurotossico verso il cervello in età evolutiva da parte degli anestetici

generali deve essere confermato nel contesto dello stimolo chirurgico. I

risultati sono contraddittori, con autori che hanno riscontrato che la

nocicezione peggiora la neuroapoptosi ed i deficit cognitivi a lungo

termine 34, mentre altri autori affermano che la nocicezione attenua

l’effetto apoptotico dell’anestesia con ketamina 35.

Proprio perché i risultati nei ratti si correlano male con gli umani, sono

stati condotti studi su primati non umani. Nei primati non umani (età 5 o

6 giorni), l’infusione continua di ketamina (24 ore) sufficiente a

mantenere un leggero piano di anestesia chirurgica è in grado di condurre

a disturbi a lungo termine in tutti gli aspetti più importanti dello sviluppo

cognitivo, quali apprendimento, abilità psicomotoria, formazione di

concetti e motivazione. Questi effetti si verificavano in assenza di disturbi

dei parametri fisiologici o metabolici 36.

Anche se è certamente raro un’esposizione ad anestetici per 24 ore, essa

ad esempio può avvenire in pazienti critici in terapia intensiva in tutte le

classi di età.

6 DEFICIT COGNITIVO E COMPORTAMENTALE NEGLI UMANI DOPO

CHIRURGIA PEDIATRICA

Sono decenni che sono conosciuti gli effetti di eventi perioperatori sullo

sviluppo psicologico ed emozionale dei bambini.

Già nel 1945 lo studio retrospettivo di Levy 37 fu il primo a fare

un’associazione tra procedure chirurgiche relativamente brevi, quali

l’adenoidectomia, la tonsillectomia o l’appendicectomia, in bambini

altrimenti sani e lo sviluppo di nuovi problemi comportamentali quali

terrore, dipendenza, disobbedienza entro i primi 6 mesi dall’intervento.

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Di essi la maggior parte erano particolarmente piccoli, poiché dal 33 al

58% avevano meno di due anni.

Nel 1953 Eckenhoff 38 pubblicò uno studio retrospettivo di 612 pazienti <

12 anni che avevano subito una tonsillectomia o un’appendicectomia

essendo anestetizzati con una varietà di farmaci (ciclopropano, N2O,

morfina e pentobarbitale), in cui cambiamenti comportamentali regressivi

(ad esempio enuresi notturna) avvenivano in media 2 mesi dopo la

chirurgia, con un picco del 57% se < 3 anni ed un’incidenza minore (8%) se

>8 anni.

Dal momento che i cambiamenti comportamentali erano indipendenti del

farmaco o tecnica anestesiologica, si pensò che la causa dei cambiamenti

regressivi nel comportamento dovesse essere trovata nello shock

emozionale dell’ospedalizzazione, la separazione dalla famiglia ed il

trauma fisico dell’intervento chirurgico, comprendendo in esso il dolore,

lo squilibrio dei fluidi, problemi nutrizionali e la perdita ematica.

Comunque, anche per procedure relativamente minori il problema era

relativamente presente: già nel 1986 i primi ad associare una relazione

chiara e diretta tra anestesia e ritardo cognitivo a lungo termine furono

Backman e Kopf 39 che analizzarono per la rimozione di nevi nevocitici

congeniti (una procedura minore) l’effetto di ketamina ed alotano. Anche

in una procedura dall’impatto ridotto sull’organismo gli autori riportarono

un aumento d’incidenza di problemi comportamentali, descritti come

comportamenti regressivi, che perduravano fino a 18 mesi dopo la

procedura, e di nuovo i più a rischio erano < 3 anni.

Nel 2008 Sun et alt. 40 in una popolazione più grande studiarono i

problemi di apprendimento in 228.961 soggetti, ed i bambini che

necessitavano di anestesie sotto i 3 anni di età richiedevano più servizi

Medicaid per problemi di apprendimento dei controlli.

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Nel 2009 Kalkman et alt 41 trovarono, pur con una numerosità di casi

minore, gli stessi risultati di Sun et alt. di problemi di apprendimento in

bambini esposti ad anestesie.

Sempre nel 2009 Wilder et alt. 42 in uno studio retrospettivo di 5357

bambini trovarono che i bambini che ricevevano 2 o più anestesie prima

dei 4 anni di età erano ad aumentato rischio di problemi di

apprendimento da adolescenti, che tale rischio aumentava con durate di

esposizione cumulativa più lunga (> 2 h) e, fatto più importante, la coorte

esposta ad anestesia prima dei 4 anni di età aveva punteggi cognitivi 2

deviazioni standard sotto quelli previsti, quindi prevenendo il

raggiungimento di un potenziale cognitivo pieno.

Nel 2009 Di Maggio et alt. 43 effettuarono uno studio retrospettivo di

associazione tra anestesia per ernioplastica inguinale nei primi due anni e

problemi successivi neurocomportamentali, trovando un rischio relativo

di 2,3 (intervallo di confidenza 95% 1,3 – 4,1).

Nel 2011 sempre Di Maggio et alt 44 confrontando fratelli/sorelle esposti

in età infantile ad anestesia trovarono che l’essere sottoposti a chirurgia a

meno di 3 anni ed essere iscritto nel programma Medicaid comportava un

rischio maggiore del 60% di essere in seguito diagnosticati con problemi

di sviluppo comportamentale.

Nel 2011 Flick et alt 45 trovarono che l’esposizione ad anestesie multiple,

ma non singole, aumentava in maniera significativa il rischio di sviluppare

problemi di apprendimento (rischio relativo 2,12, intervallo di confidenza

95% 1,26 – 3,54).

Sempre nel 2011 lo stesso gruppo di Flick 46 esaminarono l’uso

dell’analgesia centrassiale per il travaglio di parto e trovarono che non era

indipendentemente associata a problemi di apprendimento diagnosticati

prima dei 19 anni (rischio relativo 1,05, intervallo di confidenza 95% 0,85

– 1,31).

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Nel 2011 Hansen et alt. 47, studiando la popolazione danese, omogenea

sia dal punto di vista etnico sia socioeconomico, non ha trovato evidenza

che una singola, relativamente breve esposizione ad anestetici per

ernioplastica durante l’infanzia potesse ridurre la performance scolastica

all’età di 15 o 16 anni.

Un altro studio clinico retrospettivo recente di Sprung et alt. 48 (2012) ha

esaminato l’associazione tra procedure richiedenti anestesia generale al

di sotto dei 2 anni di età e la insorgenza di disturbi da deficit di

attenzione: solo la coorte con 2 o più esposizioni prima dei 2 anni di età

era associata a disturbi da deficit di attenzione.

Sempre nel 2012 Block et alt. 49 mostrarono che in 158 bambini senza

altri fattori di rischio per problemi cerebrali che venivano sottoposti ad

ernioplastica inguinale ed orchidopessi, piloromiotomia o circoncisione

sotto anestesia generale, vi era una associazione tra durata

dell’esposizione all’anestesia e test scolastici, con un numero maggiore

dell’atteso con performance molto basse (< 5 percentile).

Per quel che riguarda l’eventualità più frequente (singola esposizione ad anestesia generale al disotto di 3 anni di età) lo studio più recente (8 giugno 2016) è stato pubblicato su JAMA 50: “Sulla base di questi risultati, possiamo rassicurare i milioni di genitori i cui bambini hanno necessità di essere sottoposti a procedure sotto anestesia generale in tutto il mondo ogni anno”.

Lo studio PANDA (Pediatric Anesthesia NeuroDevelopment Assessment) è stato tra gli studi più rigorosi nel design progettati per rispondere a tali problematiche. Esso ha esaminato se una esposizione ad una singola anestesia di breve durata (mediana, 80 minuti) in bambini di età inferiore a 3 anni avesse un effetto sulle funzioni cognitive globali (QI) più tardi nella vita; ha incluso 105 bambini in buona salute che erano sottoposti a correzione chirurgica di ernia inguinale. Quando poi i bambini avevano tra 8 e 15 anni, lasciando in tal modo abbastanza tempo dopo l’anestesia per far emergere ogni danno, venivano determinati i punteggi QI ed esiti

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secondari neurocomportamentali quali memoria, linguaggio, velocità di processazione delle informazioni, funzioni visuospaziali, capacità di attenzione, funzioni esecutive prassiche ed il comportamento. I risultati per ogni bambino venivano confrontati con bambini fratelli o sorelle di età simile non sottoposti ad anestesia.

Non vi era differenza statististicamente significativa tra i due gruppi nei punteggi di QI, né vi era differenza nella maggior parte degli esiti secondari, sebbene relativamente più bambini esposti ad anestesia mostravano un comportamento regressivo (rispetto all’età) che richiedeva un’ulteriore approfondimento.

Un punto debole di tale studio consisteva nel fatto che la maggior parte dei soggetti studiati erano maschi, per cui si richiamava la necessità di valutazioni ulteriori nelle bambine, così come si richiamava la necessità di ulteriori studi per bambini sottoposti ad anestesie ripetute o soggetti con comorbilità.

7 ci porremo ora una serie di domande (popolazione esposta e non

esposta, definizione di esposizione ad anestetici, qual è l’outcome ecc.) 51

a Qual è la popolazione che subisce un’anestesia?

La popolazione di bambini esposti ad una anestesia può essere scelta tra

quella appartenente ad un singolo ospedale, quella coperta da una ben

definita protezione sanitaria (Medicare), o quella di un’area geografica

ben definita. Inoltre possono essere scelte procedure chirurgiche ben

definite. La scelta di riferirsi ad un singolo ospedale può permettere una

maggior precisione nelle condizioni di esposizione, ma ci può essere un

bias di riferimento poiché di solito sono ospedali di riferimento che di

solito trattano pazienti più complicati. Quelli con una area geografica

definita o una copertura sanitaria definita possono non essere

rappresentativi dell’intera popolazione.

b Chi è davvero incluso nell’analisi?

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In qualunque modo sia definita la popolazione dello studio, non vengono

analizzati tutti i bambini preventivati. I bambini ed i genitori possono

rifiutarsi di partecipare, possono essere persi al successivo follow-up per

tanti motivi, possono non ricevere poi la valutazione neuro

comportamentale successiva. Questo può essere importante, come nello

studio di Block 49 dove solo una minoranza dei soggetti contattati ha

accettato di partecipare. Ad esempio, coloro che possiedono un livello

socioculturale minore sono meno disponibili a partecipare alle ricerche

cliniche. Invece, nell’ipotesi che i risultati scolastici fanno parte

dell’outcome, bambini con deficit tali che non possono completare i vari

test non vengono inclusi; se l’anestesia ha causato parte del danno,

questo è un ovvio errore sistematico. Per studi basati su una particolare

regione geografica, i bambini possono spostarsi in un’altra regione.

c Qual è la definizione di esposizione all’anestesia?

Sebbene si sappia che esiste una chiara finestra di vulnerabilità negli

animali all’esposizione all’anestesia, non è chiaro come paragonarla negli

stadi di sviluppo dei bambini. I vari autori passano dal periodo neonatale

a 4 anni di età.

Vi è un’ampia variabilità riguardo cosa si sa sull’esposizione. Si va da studi

come quello di Block 49 in cui si hanno informazioni dettagliate sugli

anestetici e le procedure, ad altri studi che utilizzano solo codici di

procedura per indicare l’esposizione, il che indica solo che un qualche tipo

di anestetico era stato somministrato ( ad es. può non essere possibile

sapere se per un’erniorrafia inguinale era usata un’anestesia generale o

regionale).

d Qual è il gruppo di controllo (i non esposti all’anestesia)?

Per stabilire quali sono i bambini non esposti all’anestesia vi sono varie

opzioni. Una (quella usata da Block) consiste nell’usare il resto della

popolazione scelta che non raggiunge i criteri di inclusione nello studio

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(come tutti gli altri bambini ottengono i test neuro comportamentali, o

quelli con una copertura sanitaria, nella stessa regione geografica ecc.);

questo ha il vantaggio di includere grandi numeri, ma può anche

“contaminare”il gruppo con bambini che non raggiungono i criteri

d’inclusione ma che comunque sono a rischio.

e Qual è l’outcome?

Vengono di solito usati tre tipi di misurazioni di outcome: test di

performance somministrati ad un gruppo; test individuali; test diagnostici

potenzialmente indicativi di anomalie neuro comportamentali. In

generale, i test di gruppo servono come test di screening, mentre i test

individuali sono utili per diagnosi cliniche (ad es. anomalie

dell’apprendimento), perché ovviamente possono essere più

approfonditi. I test individuali di solito sono disponibili per popolazioni di

studio più piccole, meno rappresentative. I test diagnostici permettono di

accedere ad una grande mole di dati, ma vi è una limitazione ovvia nel

collegarli ad anomalie neurocomportamentali.

Qualunque sia l’outcome scelto, non è sempre chiaro come analizzarlo.

Per esempio, per i test a punteggio, sono più importanti i test medi o la

popolazione di bambini che cade al di sotto di una certa ottimale?

In più analisi multiple con molti differenti approcci possono essere utili,

ma viene aumentato il rischio di trovare associazioni spuri. Anche negli

studi animali è difficile trovare uno specifico fenotipo di danno indotto

dagli anestetici, per cui negli studi sugli umani vengono usate varie misure

di outcome, per permettere valutazioni ulteriori.

f Come sono stati analizzati i dati?

Due sono le maggiori considerazioni da fare: potenza statistica e fattori di

confondimento. Studi che studiano in maniera approfondita un piccolo

numero di bambini ( come tipicamente accade per quelli esposti

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all’anestesia in un singolo ospedale) hanno una potenza statistica minore,

che può rendere difficile l’interpretazione di risultati “negativi”.

Quanto ai fattori di confondimento, l’anestesia è ovviamente solo uno dei

potenziali fattori causali di alterato sviluppo neuro comportamentale. In

più, la condizione che rende necessaria l’anestesia o altri fattori che

accompagnano l’esposizione agli anestetici (come lo stress chirurgico)

ovviamente sono coinvolti ed è quasi impossibile distinguerli negli studi

osservazionali.

g Qual è il significato clinico delle associazioni osservate?

Anche per gli studi che trovano risultati “positivi”, l’associazione trovata è

clinicamente importante?

A questo punto torniamo al rapporto di causa effetto, la forza di tale

associazione e Sir Bradford Hill 1. Nel discorso citato all’inizio, egli

enfatizzava l’importanza dell’associazione tra i fattori come determinante

per stabilire quando una associazione osservata potesse essere

considerata causale. Egli si riferiva al classico caso dell’associazione tra

l’occupazione degli spazzacamini ed il cancro scrotale – il loro rischio

relativo era 200 volte maggiore. Più recente è l’associazione tra salicilati e

sindrome di Reye, rischio relativo 26 – mentre il rischio relativo descritto

in qualsiasi degli studi osservazionali sulla neurotossicità da anestesia è

meno di 3. Per casi così rari, è facile avere fattori confondenti.

È anche vero che anche ridotti rischi relativi in una situazione molto

comune come l’esposizione agli anestetici ed outcome relativamente

comuni come disturbi dell’apprendimento potrebbero essere

numericamente importanti. Ad es., Flick 45 ha trovato un rischio relativo

di 2,12 tra esposizione ad anestetici ripetuti ed una diagnosi ulteriore di

disturbi dell’apprendimento. Se da 1 a 5 bambini non esposti all’anestesia

dimostrano disturbi cognitivi, ciò vuol dire che ogni 6 bambini esposti

ad anestesie ripetute, un bambino in più svilupperà deficit cognitivi.

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Quindi Sir Bradford Hill indicò altri fattori da considerare prima di stabilire

una relazione di causalità: la consistenza ( i risultati da studio a studio

sono simili in direzione ed ordine di grandezza), specificità ( risultati

positivi simili da studio a studio, definendo così un fenotipo), tempistica (

l’esposizione in maniera certa precede l’esito), gradualità biologica ( una

relazione dose-risposta), plausibilità ( risultati simili tra gli studi sugli

animali e gli umani), coerenza (in differenti popolazioni un effetto è lo

stesso a parità di configurazione di studio), analogia (effetti simili con

esposizioni analoghe).

8 Conclusioni

Quindi, a dispetto delle limitazioni proprie degli studi clinici presentati,

come problemi di randomizzazione, controlli non perfettamente adeguati,

o numerose variabili non controllate, si pone la problematica se

l’esposizione precoce all’anestesia può essere associata a problemi

comportamentali.

Ma l’associazione non implica la causalità (è la distocia che fa richiedere

più frequentemente l’analgesia epidurale, non l’analgesia che causa la

distocia).

E’ ovviamente difficile progettare ed eseguire uno studio clinico

randomizzato, prospettico ed a doppio cieco in pazienti così piccoli.

Problematiche aperte rimangono:

- considerazioni etiche (è appropriato che una procedura chirurgica in

bambini < di due – tre anni debba durare un tempo lungo perché vi

è personale in formazione?)

- mancano marker biologici di apoptosi che possano essere utilizzati

nell’organismo vivente

- il significato e la complessità dei vari outcome clinici, ad esempio

quelli neurocomportamentali

- la mancanza di gruppi di controllo appropriati

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- anche se è vero che l’esposizione in corso di analgesia epidurale per

travaglio di parto è minima, cosa dire dell’inalazione di protossido

d’azoto e del suo effetto inibitorio sulla metionina sintetasi 52? Se

questo enzima gioca un ruolo importante nella sintesi di DNA, RNA,

mielina e catecolamine, e relativamente brevi periodi di anestesia

con N2O inibiscono completamente tale attività, ed in più tale

inibizione può dipendere dalla dieta (vitamina B2 e acido folico) e

dal possibile polimorfismo nel gene che codifica un enzima del ciclo

dei folati (MTHFR), cosa implica per un feto/neonato con un sistema

nervoso centrale (ed ematologico) in rapido sviluppo?

Per quel che ne sappiamo, nessuno studio ha affrontato questo

problema.

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