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POMPEI:
ARTE, CIBO E
ALIMENTAZIONE
ALL’EPOCA
DELL’ANTICA ROMA
INDICE
Eruzione a Pompei………………………………………………………………2
I mesi precedenti……………………………………………………………2
Quel giorno…………………………………………………………………3
Le testimonianze archeologiche…………………………………………….4
L’arte a Pompei…………………………………………………………….........5
Primo stile…………………………………………………………………..6
Maschera tragica……………………………………………………………7
Mosaico battaglia di Isso…………………………………………………...7
Mosaico Fattucchiera con due donne a consulto……………………...……8
Villa Oplontis II Stile……………………………………………………....9
Casa del Frutteto……………………………………………………………9
Casa del Meleagro…………………………………………………………10
L’alimentazione a Pompei…………………………………………….……….11
Carne………………………………………………………………………12
Frutta………………………………………………………………………13
Uova……………………………………………………………………….14
Pesce………………………………………………………………………15
Come cucinavano il pesce…………………………………………………16
Garum……………………………………………………………………..16
I dolci……………………………………………………………………...17
La ricotta…………………………………………………………………..17
La cassata………………………………………………………………….17
I banchetti………………………………………………………………….18
Le regole…………………………………………………………………...19
Il pane……………………………………………………………………...20
La preparazione……………………………………………………………21
I legumi e le verdure……………………………………………………….22
La colazione……………………………………………………………….23
Il vino……………………………………………………………………...24
La cucina: un’arte millenaria……………………………………………….....25
Marco Gavio Apicio: Lo chef ai tempi dei romani………………………....25
I caupona…………………………………………………………………..26
I dolia……………………………………………………………………...26
I thermopolia………………………………………………………………27
Ringraziamenti…………………………………………………………..……..28
Sitografia delle immagini……………………………………..………………..29
Sitografia/Bibliografia dei testi…………………….………………………….32
2
ERUZIONE A POMPEI (79 D.C.)
I MESI PRECEDENTI
Durante i mesi precedenti all’eruzione del vulcano che distrusse Pompei, gli
abitanti iniziarono a percepire un cambiamento ambientale e climatico. Dapprima
gli agricoltori notarono che la vegetazione aveva iniziato a deteriorarsi (ciò
avveniva a causa dell’esalazione dei gas tossici), in seguito ci si accorse che gli
animali manifestavano sempre più spesso comportamenti anomali. Le
caratteristiche chimiche e le temperature delle fumarole subirono delle variazioni,
le acque circostanti divennero tossiche. Inoltre, ci fu un aumento della frequenza
e dell’intensità delle scosse che già da tempo si manifestavano nel territorio.
3
QUEL GIORNO
Gli abitanti cercarono di scampare alla catastrofe mettendosi al riparo sotto portici,
tettoie; qualcuno addirittura si rifugiò dentro la propria casa rimanendo
intrappolato. Coloro i quali erano rimasti all’aperto provarono a ripararsi con tutto
ciò che avevano a portata di mano. Le statue degli dei furono distrutte dalle scosse
e precipitarono addosso alla popolazione che fuggiva impazzita dal terrore. La
Natura sembrava prevalere sopra qualsiasi forza, anche quella delle divinità.
4
LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE
Protagonisti di questa immagine sono coloro i quali si
sono rifugiati nella speranza di sopravvivere. Molti hanno
preferito riunirsi nelle case e pregare piuttosto che fuggire.
Un uomo rannicchiato cerca di proteggersi il viso con le
mani.
5
L’ARTE A POMPEI
6
PRIMO STILE (II SECOLO – I SECOLO a.C.)
La decorazione murale pompeiana è caratterizzata da quattro stili. Il primo stile,
detto “ad incrostazione”, vede la parete suddivisa verticalmente in tre zone
distinte, ciascuna delle quali caratterizzata da una differente decorazione. Le
pennellate vogliono imitare le venature del marmo e inoltre c’è la presenza di
false cornici sporgenti.
7
MASCHERA TRAGICA
L’immagine riporta il particolare di un mosaico ritrovato a Pompei presso la Casa
del Fauno. Rappresenta maschere tragiche con festoni. Esse erano colorate in
modo tale da riconoscere il sesso del personaggio: la carnagione scura
contraddistingueva i ruoli maschili mentre il viso truccato di bianco quelli
femminili. I tratti somatici del volto
erano molto marcati al fine di conferire
una migliore espressività facciale. La
conformazione delle maschere era tale
che esse fungevano da megafono
permettendo di amplificare la voce
dell’attore così da divenire udibile anche
a grande distanza. Le sopracciglia
piegate indicavano umiliazione, quelle a
forma di accento circonflesso la malvagità del personaggio. Inoltre, esse erano
caratterizzate da alte pettinature a riccioli che ricadevano sulla fronte e sulle tempie
incorniciando il viso.
MOSAICO BATTAGLIA DI ISSO (100 a.C.)
NAPOLI MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE
L’autore è Filosseno di Eretria e rappresenta la battaglia avvenuta nel 333 a.C. tra
Alessandro e Dario III. L’opera decorava
il pavimento della sala di rappresentanza
della Casa del Fauno. È stata eseguita con
un milione di tessere molto fini con soli 4
colori: bianco, giallo, rosso, blu scuro.
Viene ritratto l’imperatore persiano Dario
nel momento in cui si dà alla fuga mentre
Alessandro, a capo scoperto, lo insegue. Il
primo piano vede protagonista la
concitazione della battaglia: ci sono cavalli accasciati per terra, uno è colto con
la parte posteriore presa di scorcio. Sul terreno ci sono le armi abbandonate
mentre nel secondo piano Alessandro è pronto a scagliare la lancia contro Dario.
Sullo sfondo appare un albero spoglio, unica nota naturalistica.
8
MOSAICO FATTUCCHIERA CON DUE DONNE A
CONSULTO
Il mosaico si trovava nella Villa di Cicerone. Ora è al Museo Archeologico
Nazionale di Napoli. Rappresenta due giovani donne e una vecchia strabica le
quali indossano delle maschere teatrali. Sono riunite attorno ad un tavolino tondo
a zampe leonine sul cui piano sono poggiati due vasetti d’argento e un ramoscello,
tutti elementi che hanno fatto supporre che si tratti della preparazione di filtri
amorosi. Sulla destra appare di profilo un giovane servo coperto da un mantello.
La giovane donna a sinistra siede su un letto coperto da un drappo a scacchiera con
cuscini trapunti in vari colori.
9
VILLA OPLONTIS II STILE (metà I sec. a.C.- inizi I sec.
d.C.)
In questa pittura parietale appaiono le caratteristiche del secondo stile pittorico
pompeiano. Vengono rappresentati
pilastri corinzi eretti su un podio,
dietro appaiono altri colonnati dello
stesso ordine. Al centro del riquadro
compare un braciere con un cielo
azzurro sullo sfondo. Si voleva dare
allo spettatore l’illusione di trovarsi
all’interno di un sontuoso palazzo
molto simile alle residenze dei sovrani
ellenistici le quali erano caratterizzate da un alternarsi di spazi verdi, ambienti con
funzione abitativa e piccoli santuari.
CASA DEL FRUTTETO (40-45 d.C.)
Si tratta di una domus di modeste dimensioni
che deve il suo nome agli affreschi
raffiguranti rigogliosi giardini. In questo
cubicolo si vede, al centro della scena, un
albero di fico molto alto con un serpente
avvinghiato, simbolo di prosperità.
10
CASA DEL MELEAGRO (seconda metà I sec. d.C.)
Queste pareti dipinte sono un esempio di Quarto Stile. La decorazione è molto
elegante: volte e soffitti sono animati da prospettive architettoniche e
raffigurazioni che compaiono all’interno di grandi pannelli dipinti. È evidente
l’influenza della scenografia teatrale.
11
L’ALIMENTAZIONE A POMPEI
12
CARNE
I suini, gli ovini e i volatili erano le carni predilette così come anche le oche. Queste
ultime venivano mangiate in vari modi: per esempio erano imbottite con fichi
secchi o accompagnate da una salsa ideata da Apicio.
Il cinghiale e la lepre arrostiti erano anch'essi molto graditi. Il ghiro era tenuto in
grande considerazione. Esso era allevato in appositi recipienti ed era fatto
ingrassare per essere poi cucinato e in seguito farcito con polpette di maiale, pepe
e laser (una spezia ormai estinta).
13
FRUTTA
Gli antichi Romani mangiavano ogni tipo di frutta ma soprattutto: mele, pere,
datteri, fichi, uva, noci, mandorle e castagne.
Fra le mele era molto nota quella cotogna che veniva usata per fare la marmellata.
I fichi erano molto amati e in alcuni piatti fungevano anche da condimento.
Dall'Armenia è stata importata l'albicocca spesso utilizzata nella preparazione di
alcuni piatti quali lo spezzatino di maiale.
I datteri venivano importati da paesi caldi come la Babilonia, rappresentavano il
dolce e venivano mangiati alla fine di ogni pasto. Essi venivano farciti con noci,
pinoli e pepe. Erano salati e fritti nel miele.
14
UOVA
Nell'antica Roma le uova erano riservate alle tavole più importanti quando gli
invitati erano ospiti di riguardo.
Erano cucinate secondo le ricette tramandate da Apicio nel “De re coquinaria”,
difficilmente accettabili dal gusto moderno.
Eccone alcune:
-Uova fritte in salsa acida di vino
-Uova, garum, olio e vino puro
Le uova insieme al pane e alle olive e al vino componevano l'antipasto della cena.
15
IL PESCE
I pesci erano parte integrante
dell’alimentazione pompeiana.
Agli schiavi erano destinati i molluschi meno
pregiati come le “balorde”, non a caso
conosciute nel Napoletano come le “cozze degli
schiavi”.
Il ceto medio consumava diverse qualità di pesci
e molluschi, ma anche tranci di tonno e di
pescespada.
SCENA MARINA
Museo Archeologico Nazionale Napoli
16
COME CUCINAVANO IL PESCE
I pompeiani apprezzavano il pesce in salamoia e/o
cotto alla griglia e fritto.
Furono i primi ad affumicarlo e ad essiccarlo.
Lo intingevano in salsine particolari come il
GARUM
GARUM
Il garum è una salsa liquida ricavata da interiora
di pesce e pesce salato.
Gli antichi Romani la aggiungevano come
condimento a molti primi e secondi piatti.
Salse simili erano già usate precedentemente dai
Greci. Il nome deriva dal greco garos o garon.
17
I DOLCI
I pasticceri realizzavano dolci farciti con uva e noci
o adipata, pasticci o dolci ripieni di grasso. Per i banchetti cucinavano dolci con due strati: il
primo livello era di semola e l'altro di formaggio.
Mangiavano anche ricotta di pecora zuccherata.
LA RICOTTA
Con il latte si realizzavano diversi tipi di formaggi
tra cui la ricotta fresca, frequentemente raffigurata
negli affreschi pompeiani.
Un cucchiaio di ricotta, un pugno di olive e un pezzo
di pane costituiva l'alimentazione più diffusa tra le
classi sociali meno ricche.
LA CASSATA
Il nome di cassata deriva dal latino “caseus” cioè
formaggio perché era un dolce principalmente a
base di ricotta.
18
I BANCHETTI
Chi li organizzava voleva dimostrare il proprio prestigio.
Durante il banchetto apparivano i “Larvae conviviales”, scheletri lunghi 10 cm che
ricordavano che la vita è breve.
Si stava sdraiati sul triclinio appoggiati sulla sinistra per poter mangiare con la
destra. I Romani conoscevano solo cucchiai e coltelli, per le cene importanti
usavano l'argenteria.
Venivano serviti almeno 7 pasti; l'antipasto, tre primi, carni arrosto tra cui spesso
comparivano i ghiri, frutta o frutti di mare, ostriche, lumache e dessert.
Il banchetto doveva comprendere molti tipi di carne; ricci e cervi, volatili come,
pavoni, pernici, quaglie, allodole o uccelli esotici come lo struzzo e il pappagallo.
Di quest'ultimo in particolare mangiavano la lingua.
Ogni ospite doveva avere uno schiavo che lo aiutava per ogni necessità anche nel
caso in cui vomitava l'eccesso di cibo.
19
LE REGOLE
Prima di mangiare era d'obbligo togliersi le scarpe, lavarsi piedi e mani con acqua
profumata e cambiarsi d'abito infilandosi la “vestis cenatoria”.
Ogni rumore corporale era gradito come segno di buona digestione. A questo
proposito era intervenuta perfino una legge che proclamava che peti e loffe si
addicevano al pasto.
Si potevano bere massimo tre coppe di vino a pasto, ma durante i banchetti era
usanza bere tante coppe quante erano le lettere del nome dell'ospite.
20
IL PANE
Ai tempi dei Romani il pane era una pagnotta
di 1kg circa divisa in otto spicchi per facilitare
il consumo. Inoltre, veniva apposto un sigillo
che indicava la forneria di produzione, il nome
dello schiavo e
quello del
padrone. Il
pane veniva spesso aromatizzato grazie all’uso
delle spezie.
La panificazione avveniva in due tipi di fornerie:
in una si produceva il pane «all’ingrosso» per locande (cauponae) e bar
(pompinae), mentre nell’altra si produceva «al dettaglio».
21
LA PREPARAZIONE
Preparavano l’impasto versando tutti gli
ingredienti su un piano sostituendo il lievito di
oggi con la cosiddetta «BIGA» o «MALGA»
ossia un lievito naturale. Veniva fatto lievitare
per circa 2 ore.
Si otteneva così
una pagnotta
circolare in
seguito
circondata da
uno spago che
fungeva così da stampo in modo da facilitare
l’esposizione ai fini della vendita.
Veniva diviso in otto spicchi e poi cotto in forni
a pietra.
22
I LEGUMI e LE VERDURE
Dai reperti di cibo carbonizzato si comprende che l'alimentazione dei Pompeiani
era a base di verdura, frutta e di pane. La frutta e la verdura venivano vendute in
gran quantità nelle botteghe insieme all'olio, tanto che Plauto chiamava i
romani "mangiatori di erbe".
Tra le specialità dei pompeiani c'era un particolare tipo di cavolo. Plinio il Vecchio
classificò circa 1000 piante commestibili con le quali si producevano vari tipi di
lattuga, cicoria, cipolle e aglio, broccoli di rapa, basilico, carote, crescione, porri,
meloni, piselli, ceci, lenticchie, noci, nocciole, mandorle, così come diversi tipi di
frutta fresca: mele, melograni, cotogne, pere, uva, fichi e prugne.
Qualche anno prima della catastrofica eruzione del 79 d.C., vennero importate a
Pompei il ciliegio, l'albicocco, e il pesco. Gli ortaggi venivano conservati per
l'inverno in salamoia o in aceto, mentre la frutta si essiccava e si immergeva
nel miele. Quanto al pane, era diffuso già nel II secolo a.C. Esso era costituito da
un frumento più raffinato del grano usato dai primitivi e anche dall'orzo.
23
LA COLAZIONE
Appena alzati, la mattina si faceva una prima colazione (jentaculum) a base di
pane con aglio e formaggio, oppure datteri, uova, miele e frutta. Poteva esserci
anche la carne dal momento che la colazione costituiva uno dei due pasti principali
della giornata. A volte i cibi del jentaculum erano gli avanzi che ogni invitato aveva
il diritto di portare via dal banchetto della sera precedente. I bambini, andando a
scuola, si fermavano lungo la strada e comperavano biscotti appena sfornati
(adipata).
24
IL VINO
I Romani, pur essendo grandi intenditori di vino, non
lo trattavano affatto bene: miele, acqua di mare,
ostriche, gesso, petali di fiori e pece erano gli
ingredienti con cui poteva essere «sofisticato». I
Romani avevano profonda conoscenza dei segreti
della viticultura e della vinificazione appresi dagli
Etruschi, Greci e Cartaginesi. I vini più strutturati
venivano arricchiti con l’aggiunta di «DEFRUTUM», un mosto concentrato che
alzava la gradazione alcolica di uno o due gradi. Il vino più pregiato veniva
invecchiato in soffitta o al sole. Dai vigneti meno pregiati o troppo giovani
proveniva un vino addizionato con gli ingredienti descritti in precedenza. Il vino
era parte essenziale di ogni banchetto. Veniva diluito
in acqua fredda o calda secondo la stagione. Il vino
poteva essere ATRUM (Rosso), CANDIDUS
(Bianco) o ROSATUM (Rosato). Il ROSATUM si
poteva ottenere dalle foglie verdi di limone che
venivano sistemate in un cestino e lasciate in infusione
per 40 giorni. La
mirra era
considerata un ottimo condimento.
Vinum mulsim era il vino dolcificato con il
miele.
Granum paradisi era il vino con chiodi di
garofano, miele, zenzero e cannella.
Fino all’epoca
repubblicana il vino poteva essere gustato solo dai
maschi di età superiore ai trent’anni. Le donne
sorprese a bere erano punite severamente.
Si poteva bere tre coppe di vino a pasto, mentre, nei
banchetti erano permesse tante coppe di vino quante
erano le lettere del nome dell’ospite.
25
LA CUCINA: UN'ARTE MILLENARIA
Nell'antica Roma esistevano molte scuole di cucina che
insegnavano agli schiavi a diventare degli ottimi cuochi. Per
esercitare questa professione bisognava possedere dei requisiti
speciali: essere capaci di rendere i prodotti
naturali teneri e appetibili senza modificare
le loro caratteristiche organolettiche,
stimolare l'appetito dei convitati, favorirne
la digestione utilizzando spezie e sapori forti ed elaborare nel
miglior modo possibile la presentazione del piatto.
MARCO GAVIO APICIO: LO CHEF AI TEMPI DEI ROMANI
Il nome di Apicio viene spesso citato per designare uno dei primi cuochi della
storia del mondo occidentale: vissuto nel I secolo d.C., secondo alcune fonti
sarebbe stato il cuoco ufficiale e personale dell’imperatore Tiberio. Apicio è infatti
l’autore di un trattato intitolato “De re coquinaria” che, tramandato nel corso dei
secoli, fu ristampato alla fine del 1400, influenzando i professionisti e gli amanti
della cucina rinascimentale. Il trattato, che in dieci libri affronta il tema della
cucina prendendone in esame vari aspetti, tra cui quello merceologico, può essere
considerato il primo ricettario della storia. Secondo la versione più accreditata,
l’opera deriverebbe dalla fusione di due unità distinte solo
successivamente unite: un testo dedicato interamente alla
preparazione delle salse e un libro di ricette illustrate.
Apicio dedicò gran parte della sua vita alla sua
“professione” e ai piaceri della cucina tanto che, secondo
alcuni, morì suicida a causa delle condizioni di miseria in
cui era caduto a forza di spendere e spandere per i suoi banchetti. La notorietà del
personaggio ha alimentato nel corso dei secoli un numero consistente di aneddoti
e dicerie, molte delle quali difficili da credere o da provare. Si dice, ad esempio,
che nutrisse le murene con la carne degli schiavi e i maiali con mosto dolce per
ottenerne un fegato dal gusto particolare. Secondo Plinio il Vecchio Apicio sarebbe
l’inventore del foie gras. Sembra infatti che il cuoco romano alimentasse le sue
oche con abbondanza di fichi per rendere il loro fegato più grasso e quindi più
gustoso
26
I CAUPONA
I caupona, simili agli alberghi di oggi; spesso con le
stalle per i cavalli, offrivano la possibilità di alloggiare
e consumare cibo o vino. Per secoli questi luoghi,
frequentati prevalentemente dal popolo, furono il punto
d'incontro tra persone di classi sociali e paesi diversi.
Erano costituiti da uno o più ambienti. Importante era
quello all’aperto sulla strada, fornito di un grande bancone in muratura sul quale
spesso si trovava un piccolo fornello per scaldare l’acqua e su cui erano poggiati
contenitori di vario tipo. Nel bancone erano inoltre murati alcuni grandi orci per
contenere il vino, e il loro numero indicava le tipologie di offerte.
L’arredamento era essenziale: tavoli, sedie, sgabelli, panche di legno e banconi in
muratura. Qualche volta, nei locali migliori, le pareti erano abbellite da decorazioni
a festoni o da drappi e ghirlande, se non addirittura affreschi che illustravano
tipiche scene da osteria. I DOLIA
La deperibilità di quasi tutte le derrate alimentari e la
contrapposta necessità di conservare a lungo sia i
prodotti stagionali, sia quelli di origine animale, per
avere a disposizione delle scorte da consumare a poco
a poco, richiesero nell'antichità, e fino a tempi
relativamente recenti, l'utilizzo di tecniche diverse.
Carne, pesce, formaggi, ma anche legumi, ortaggi e
frutta (tutti cibi essenziali), sia pure in diversa misura, nella dieta dei Romani, se
non consumati immediatamente, venivano sottoposti a particolari trattamenti e
riposti in contenitori che, in opportune condizioni ambientali, ne permettevano la
conservazione per tempi abbastanza prolungati. Alcuni prodotti della terra, come i
legumi o i cereali, richiedevano soltanto, per durare nel tempo, di essere essiccati,
preservati dall'umidità e dagli attacchi di agenti esterni come parassiti o roditori.
Per la loro conservazione si provvedeva utilizzando grandi contenitori di terracotta
o di legno detti dolia, simili a grossi orci dalle pareti robuste e dall'imboccatura
stretta, che venivano sistemati negli ambienti di servizio parzialmente interrati,
così da preservare la freschezza del contenuto. Lo stesso tipo di contenitore serviva
anche per conservare il vino in grandi quantità prima di sottoporlo ad eventuali
lavorazioni come ad esempio la miscelatura con acqua di mare oppure prima di
travasarlo in recipienti dalle dimensioni inferiori, come giare o anfore, destinati
anch'essi alla conservazione e al trasporto.
27
I THERMOPOLIA
Il thermopolium era un luogo di ristoro dell’antica Roma dove era possibile
acquistare cibi pronti e caldi per il consumo in loco, poiché i romani usavano
pranzare fuori casa.
Esso era costituito da un locale aperto sulla strada di piccole dimensioni con un
bancone in muratura, decorato da lastre marmoree, nel quale erano incassate grosse
anfore di terracotta (dolia), atte a contenere le vivande. Talvolta c’erano ambienti
retrostanti dove ci si poteva sedere e consumare il pasto: probabilmente avevano
una funzione simile ai moderni fast food. Il vocabolo ha origine greca,
thermopolium, che letteralmente significa “spaccio di caldo” (o “di cose calde “).
In realtà esso compare molto raramente, ma si utilizzava più comunemente il
termine d’origine osco-umbra popina (da cui popinarius e popinaria per i gestori),
ampiamente attestato
dalla letteratura e dall’epigrafia latina. Un altro
termine era quella di caupona, che indicava però più
la locanda, in cui, oltre a mangiare e bere ci si
poteva anche dormire e ricoverare il proprio
cavallo.
I cibi che venivano serviti non di rado erano
raffigurati in pitture murali, all’interno e anche all’esterno del locale. Si trattava di
legumi, verdure, uova, olive, cipolle, spiedini di carne, salsicce, cacciagione, pesci,
formaggi, frutta secca o di stagione, focacce e dolci.
I Thermopolia sono stati rinvenuti a Pompei, dove se ne contano ben 89 ad
Ercolano e ad Ostia antica. Uno dei più famosi e ben conservati è quello di Vetutius
Placidus (I,8,8), caratterizzato da un larario (edicola sacra) in stucco, ornato da un
affresco: ai lati del Genius del padrone vi sono i Lari (protettori della casa),
Mercurio (dio del commercio) e Dioniso (dio del vino). Uno dei doli fungendo da
cassa, conteneva ancora 1385 monete, oggi esposte nella sezione numismatica nel
Museo Archeologico di Napoli, mentre nella casa annessa alla bottega interessante
è il triclinio decorato in tardo “terzo stile”.
28
RINGRAZIAMENTI
Il presente ebook è stato realizzato dagli alunni della classe 2°B dell’Istituto
Alberghiero “Caterina De’ Medici” di Desenzano del Garda grazie al
coordinamento della professoressa Carpentieri Rossella (docente di Lingua e
letteratura italiana e Storia), dalla professoressa Raffa Daniela (docente di
Sostegno) e dalla signora Lorenzoni Federica (Assistente ad personam).
Si ringrazia, inoltre, il dirigente scolastico dell’Istituto professor Boselli
Venceslao.
29
SITOGRAFIA DELLE IMMAGINI:
Pagina 1-2:
www.vesuviolive.it
Pagina 3:
www.focus.it
Pagina 4:
www.turismo.it
www.charmenapoli.it
it.paperblog.com
Pagina 5-6:
www.capitolivm.it
Pagina 7:
it.wikipedia.org
it.wikipedia.org
Pagina 8:
it.wikipedia.org
Pagina 9:
commons.wikimedia.org
it.pinterest.com
Pagina 10:
commons.wikimedia.org
Pagina 11-12:
www.pompeionline.net
30
Pagina 13:
www.pompeionline.net
Pagina 14:
www.pompeionline.net
Pagina 15:
commons.wikimedia.org
it.pinterest.com
Pagina 16:
www.pompeiisites.org
www.taccuinistorici.it
Pagina 17-18-19:
www.beniculturali.it
www.pompeionline.net
www.virgoletteblog.it
Pagina 20-21:
www.mediterraneoantico.it
www.pilloledistoria.it
Pagina 22:
it.pinterest.com
Pagina 23:
www.beniculturali.it
31
Pagina 24:
www.tvcity.it
www.gettyimages.com
www.tonkyospain21.wordpress.com
Pagina 25:
www.romanoimpero.com
www.luxbrokers.org
www.accademiascappi.org
Pagina 26:
www.vesuviolive.it
commons.wikimedia.org
Pagina 27:
www.flickr.com
32
SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA DEI TESTI:
Eruzione a Pompei:
Alberto Angela, “I tre giorni a Pompei”, 2014, Rizzoli
Arte a Pompei:
V. Pavani O. Sori V. Viola, “Plauto e le sue storie”, 2001, Narrativa Scuola
Loescher
C. Molinari, “Storia del Teatro”, 2006, Editori Laterza
P. Adorno, “L’arte Italiana”, 1986, Casa Editrice Sant’Anna
F. Pesando M. Bussagli G. Mori, “Pompei la pittura”, Art Dossier Giunti
www.pompei.it
it.wikipedia.org
Carne, Frutta e uova:
www.pilloledistoria.it
www.pompeionline.net
Il pesce:
www.virgoletteblog.it
Catalogo “Alle origini del Gusto. Il cibo a Pompei nell’Italia antica”, Editore
Marsilio
www.beniculturali.it
Pane, Legumi, verdure, colazione e vino:
www.linkiesta.it
www.pompeionline.net
www.ilmondodiaura.altervista.org