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8.3.1 Inquinanti emessi dagli autoveicoli Generalità sulle emissioni dai motori Il rilascio di sostanze tossiche e di gas serra nei pro- cessi di combustione è un importante problema ambien- tale, particolarmente nelle aree urbane. Il funzionamen- to della grandissima maggioranza degli impianti fissi o mobili per generare calore e/o energia è basato sulla com- bustione di idrocarburi in aria. I prodotti di combustio- ne tendono quindi a essere qualitativamente, almeno a grandi linee, gli stessi, sia che si tratti di bruciatori a fiamma stazionaria sia di motori a combustione interna, mentre le differenze quantitative sono notevoli. I gruppi di inquinanti emessi in quantità maggiore e limitati dalle normative sono i seguenti: idrocarburi incombusti o parzialmente ossidati (HC), costituiti da quella parte del combustibile che non è bruciata o si è decomposta solo in parte; ossido di carbonio (CO) dovuto alla presenza di zone di combustione in difetto di ossigeno; ossidi di azoto (NO x ) derivanti da reazioni tra l’azo- to e l’ossigeno dell’aria, reazioni che a temperatura ambiente sono del tutto trascurabili ma che diven- gono importanti alle alte temperature dovute alla com- bustione; particolato (PM, Particulate Matter), il cui princi- pale costituente è la fuliggine, materiale ad altissi- mo contenuto di carbonio; sulle particelle di fulig- gine vengono adsorbiti idrocarburi pesanti, tra cui gli IPA (v. oltre), e sostanze inorganiche, tra le quali i solfati provenienti dallo zolfo del combustibile. La formazione della fuliggine è dovuta a comples- se reazioni di condensazione tra frammenti di mole- cole idrocarburiche. Tali reazioni sono favorite dalla presenza di zone povere di ossigeno (e quindi ric- che di combustibile) nel volume di combustione, dovute essenzialmente alla imperfetta miscelazio- ne tra l’aria e il combustibile prima della combu- stione. Riguardo alle differenze quantitative, i motori a com- bustione interna, a differenza dei bruciatori a fiamma stazionaria, presentano le seguenti caratteristiche: comprimono la carica prima della combustione, rag- giungendo temperature massime di combustione molto più alte e generando così una quantità molto maggiore di ossidi di azoto per kg di combustibile; lavorano con eccesso d’aria (e quindi con disponibi- lità di ossigeno) minore, dando luogo a una maggior quantità di ossido di carbonio per kg di combustibile; hanno geometrie di fiamma che presentano zone di spegnimento in genere più ampie, generando una maggior quantità di idrocarburi incombusti o par- zialmente ossidati per kg di combustibile; gli HC contribuiscono notevolmente al contenuto atmo- sferico di composti organici volatili (VOC, Volatile Organic Compounds); rilasciano in atmosfera, nel caso dei combustibili più volatili (benzine), una quantità apprezzabile di HC che evaporano nel serbatoio, senza passare per la camera di combustione. Analogamente ai bruciatori, i motori a combustione interna, soprattutto nel caso dei motori diesel e a inie- zione diretta di benzina nei quali i tempi disponibili per la miscelazione tra l’aria e il combustibile sono estre- mamente ridotti, non riescono a miscelare perfettamen- te l’aria al combustibile prima della combustione; ciò dà luogo alla formazione di fuliggine, il principale costi- tuente del particolato. In entrambi i casi, inoltre, il bios- sido di carbonio (CO 2 ) costituisce il principale prodot- to di reazione, non nocivo come impatto diretto sulla salute, ma costituente importantissimo dei cosiddetti gas serra (v. cap. 10.2). Gli effetti delle emissioni inquinanti sull’ambiente e sulla salute umana sono molteplici e molto complessi 717 VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ 8.3 Le emissioni inquinanti derivanti dal trasporto

8.3 Le emissioni inquinanti derivanti dal trasporto camera di combustione. Analogamente ai bruciatori, i motori a combustione interna, soprattutto nel caso dei motori diesel e a inie-zione

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8.3.1 Inquinanti emessidagli autoveicoli

Generalità sulle emissioni dai motori

Il rilascio di sostanze tossiche e di gas serra nei pro-cessi di combustione è un importante problema ambien-tale, particolarmente nelle aree urbane. Il funzionamen-to della grandissima maggioranza degli impianti fissi omobili per generare calore e/o energia è basato sulla com-bustione di idrocarburi in aria. I prodotti di combustio-ne tendono quindi a essere qualitativamente, almeno agrandi linee, gli stessi, sia che si tratti di bruciatori afiamma stazionaria sia di motori a combustione interna,mentre le differenze quantitative sono notevoli.

I gruppi di inquinanti emessi in quantità maggiore elimitati dalle normative sono i seguenti:• idrocarburi incombusti o parzialmente ossidati (HC),

costituiti da quella parte del combustibile che non èbruciata o si è decomposta solo in parte;

• ossido di carbonio (CO) dovuto alla presenza di zonedi combustione in difetto di ossigeno;

• ossidi di azoto (NOx) derivanti da reazioni tra l’azo-to e l’ossigeno dell’aria, reazioni che a temperaturaambiente sono del tutto trascurabili ma che diven-gono importanti alle alte temperature dovute alla com-bustione;

• particolato (PM, Particulate Matter), il cui princi-pale costituente è la fuliggine, materiale ad altissi-mo contenuto di carbonio; sulle particelle di fulig-gine vengono adsorbiti idrocarburi pesanti, tra cuigli IPA (v. oltre), e sostanze inorganiche, tra le qualii solfati provenienti dallo zolfo del combustibile.La formazione della fuliggine è dovuta a comples-se reazioni di condensazione tra frammenti di mole-cole idrocarburiche. Tali reazioni sono favorite dallapresenza di zone povere di ossigeno (e quindi ric-che di combustibile) nel volume di combustione,

dovute essenzialmente alla imperfetta miscelazio-ne tra l’aria e il combustibile prima della combu-stione.Riguardo alle differenze quantitative, i motori a com-

bustione interna, a differenza dei bruciatori a fiammastazionaria, presentano le seguenti caratteristiche:• comprimono la carica prima della combustione, rag-

giungendo temperature massime di combustionemolto più alte e generando così una quantità moltomaggiore di ossidi di azoto per kg di combustibile;

• lavorano con eccesso d’aria (e quindi con disponibi-lità di ossigeno) minore, dando luogo a una maggiorquantità di ossido di carbonio per kg di combustibile;

• hanno geometrie di fiamma che presentano zone dispegnimento in genere più ampie, generando unamaggior quantità di idrocarburi incombusti o par-zialmente ossidati per kg di combustibile; gli HCcontribuiscono notevolmente al contenuto atmo-sferico di composti organici volatili (VOC, VolatileOrganic Compounds);

• rilasciano in atmosfera, nel caso dei combustibili piùvolatili (benzine), una quantità apprezzabile di HCche evaporano nel serbatoio, senza passare per lacamera di combustione.Analogamente ai bruciatori, i motori a combustione

interna, soprattutto nel caso dei motori diesel e a inie-zione diretta di benzina nei quali i tempi disponibili perla miscelazione tra l’aria e il combustibile sono estre-mamente ridotti, non riescono a miscelare perfettamen-te l’aria al combustibile prima della combustione; ciò dàluogo alla formazione di fuliggine, il principale costi-tuente del particolato. In entrambi i casi, inoltre, il bios-sido di carbonio (CO2) costituisce il principale prodot-to di reazione, non nocivo come impatto diretto sullasalute, ma costituente importantissimo dei cosiddetti gasserra (v. cap. 10.2).

Gli effetti delle emissioni inquinanti sull’ambientee sulla salute umana sono molteplici e molto complessi

717VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

8.3

Le emissioni inquinantiderivanti dal trasporto

ma, anche senza entrare nei dettagli, è necessario fareuna distinzione molto generale tra inquinanti primari(che sono le sostanze nocive emesse direttamente dallasorgente di inquinamento) e secondari (quelli che deri-vano dalle complesse reazioni chimiche che avvengo-no nell’atmosfera).

È necessario limitare le emissioni non soltanto dellesostanze che sono direttamente nocive alla salute o all’am-biente (inquinanti primari), ma anche di quelle che, rea-gendo nell’atmosfera, possono trasformarsi in altre sostan-ze (inquinanti secondari), delle quali sono dette precur-sori. Poiché nell’atmosfera confluiscono innumerevolisostanze provenienti da svariate fonti, antropiche e non,e le reazioni chimiche che avvengono tra loro sono innu-merevoli, risulterà evidente che la possibilità di forma-re inquinanti secondari è funzione di un grande numerodi combinazioni.

Una caratteristica dei processi secondari è che essiavvengono su scale temporali e spaziali molto più gran-di di quelle dei processi primari; le conseguenze dellaemissione di precursori in un dato luogo possono quin-di manifestarsi altrove o comunque in una zona ampia,dove i precursori vengono trasportati dai venti mentre,lentamente, reagiscono formando gli inquinanti secon-dari. Si comprende dunque come la ricerca delle moda-lità più efficaci per ridurre e prevenire l’inquinamentoatmosferico non possa prescindere da un approccio glo-bale e integrato.

Gli inquinanti atmosferici ai quali si attribuisce mag-giore impatto attualmente sono: l’ozono troposferico, iVOC e le particelle sospese.

L’ozono e le particelle sospese sono, in particolare,al centro dell’attenzione dei normatori europei, comesi riscontra nei contenuti del programma CAFE (CleanAir For Europe). Si tratta di un’ampia analisi tecnicafinalizzata allo sviluppo di una politica strategica perla protezione della salute umana e dell’ambiente dal-l’inquinamento, un esempio di attuazione di quell’ap-proccio globale e integrato a cui si accenna sopra. L’o-zono, inquinante secondario per eccellenza, è stato trai primi a destare attenzione ed è tuttora tra i più rile-vanti. Si forma dalla reazione degli NOx con i VOCsotto l’azione della luce solare: NOx e VOC sono dun-que precursori dell’ozono.

Le particelle sospese sono di origine in parte prima-ria (a cui contribuisce molto il PM emesso dai motori edai combustori, che ha quindi natura prevalentementecarboniosa) e in parte secondaria (dove predominano sol-fati e nitrati); spesso le particelle primarie fanno da nucleidi condensazione della componente secondaria.

Sulle particelle primarie vengono in genere adsorbi-te sostanze complesse, in buona parte costituite da IPA(Idrocarburi Polinucleari Aromatici).

Di seguito vengono dati brevi cenni sui VOC, sulleemissioni particellari e sugli IPA.

VOC Le emissioni di VOC dai veicoli avvengono attra-

verso due percorsi:• dallo scarico del motore, per incompleta combustione;• dal sistema di alimentazione del carburante, per eva-

porazione verso l’atmosfera (emissioni evaporative).

VOC da incombustiLa presenza di idrocarburi incombusti allo scarico

dei motori a combustione interna è dovuta a uno stratodi spegnimento nelle pareti (relativamente fredde) delcilindro e in piccoli recessi della camera di combustio-ne, in cui la fiamma non riesce a propagarsi; il combu-stibile non bruciato viene dapprima adsorbito sul filmdi lubrificante aderente alle pareti, da cui viene desor-bito durante l’espansione, per poi uscire attraverso la val-vola di scarico durante la corsa di scarico del pistone.

Nei motori diesel lo spegnimento alla parete ha menoimportanza, mentre (soprattutto negli iniettori di vecchiodisegno) ne ha il combustibile rimasto nelle piccole cavitàdell’iniettore al termine dell’iniezione. La quantità diidrocarburi allo scarico dipende comunque dalla natu-ra del combustibile e dalla tecnologia motoristica: nume-rosi studi in ambito europeo la valutano per il parco cir-colante, evidenziando l’efficacia di rimozione da partedei sistemi di post-trattamento (Lange et al., 1997; Hallet al., 1998; Mann et al., 1998; ACEA, 1999, 2002;McArragher et al., 1999; DETR/SMMT/CONCAWE,2001; Hall et al., 2001; Dartoy et al., 2002; Cuvelieret al., 2004; Thompson et al., 2004).

VOC da evaporazioneNelle emissioni evaporative di VOC incidono, oltre

alle caratteristiche del veicolo e del combustibile, anchele condizioni ambientali (temperatura e umidità). Per-dite di idrocarburi sono associate al rifornimento, alcalore rilasciato dal motore e alla evaporazione duran-te il giorno. Le emissioni evaporative sono costituite dasostanze volatili di composizione simile a quella del car-burante nel serbatoio, ovviamente con prevalenza dellefrazioni più leggere. La natura più o meno volatile delcarburante, descrivibile in termini di tensione di vapo-re e di curva di distillazione, influisce molto sulle quan-tità emesse.

Si distinguono (EPA, 2000, 2004): a) le emissioni infase di rifornimento (durante il riempimento del serba-toio, i vapori saturi in esso contenuti vengono espulsidall’immissione di carburante liquido ed escono in atmo-sfera); b) le emissioni diurne, determinate dalla evapo-razione legata al ciclo termico notte-giorno (il carbu-rante nel serbatoio del veicolo parcheggiato si contraedi notte e si espande di giorno, espellendo i vapori);c) le emissioni hot soak, determinate dal calore emessodal motore dopo lo spegnimento (importanti soprattut-to per i veicoli a carburatore); d ) le emissioni running

718 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

(perdite dal serbatoio o da altre parti del veicolo duran-te la marcia del veicolo).

Il primo contributo è legato non tanto al veicolo quan-to all’infrastruttura di distribuzione (viene risolto modi-ficando la pistola del distributore e collegandola a unsistema di aspirazione e ricircolo dei vapori); il secon-do e il terzo contributo sono ritenuti i più importanti.

La misura dei VOC viene eseguita nelle sale di provaemissioni, soprattutto con l’impiego di analizzatori diidrocarburi totali di tipo gascromatografico (GC-FID,Gas Chromatography - Flame Ionization Detector) maanche con sistemi più sofisticati che permettono la quan-tificazione delle singole sostanze. Nell’ambito degli idro-carburi esaminati per classi (paraffine, olefine, aroma-tici) si annoverano anche prodotti ossigenati tipo aldei-di, chetoni e acidi organici. Per l’analisi di queste sostanzesi utilizzano metodi sofisticati, tipicamente la cromato-grafia sia liquida sia gassosa, quest’ultima eventualmenteaccoppiata alla spettrometria di massa. L’interesse a iden-tificare le singole specie ha almeno due ragioni:• tra i VOC sono presenti sostanze intrinsecamente

molto tossiche (che sono quindi, oltre che precurso-ri d’ozono, importanti inquinanti primari) come ilbenzene, il butadiene e le aldeidi leggere. Il benze-ne è un pericoloso cancerogeno, associato all’insor-genza di forme leucemiche;

• i vari composti hanno diverse potenzialità per la for-mazione di ozono, cioè hanno reattività con gli NOx

molto diverse tra loro: a parità di HC totali emessida un veicolo, piccole quantità di sostanze con gran-de reattività possono pesare più di grandi quantità disostanze relativamente inerti. Per esempio, il me-tano è pochissimo reattivo, mentre le olefine (idro-carburi contenuti nel componente della benzinaprodotto col processo di cracking catalitico) lo sonomoltissimo.

Emissioni particellariI termini ‘particolato’e ‘particelle’ sono utilizzati per

indicare le emissioni di materiale corpuscolare. La natu-ra fisica di tali emissioni è descritta nel modo più gene-rale dal termine aerosol, che designa una miscela di par-ticelle liquide e/o solide sospese in un mazzo gassoso.

Il termine particolato si riferisce alla massa totaledelle particelle sospese, o meglio di una parte di esse,quella che il sistema di campionamento riesce a racco-gliere, ed è quindi determinata dalle caratteristiche o dailimiti di quest’ultimo. La normativa sulle emissioni defi-nisce il particolato come tutto il materiale raccolto su unfiltro standard, mantenuto a una temperatura inferiore a52 °C, su cui viene fatta passare una miscela di aria egas esausti campionata da un tunnel di diluizione. La pro-cedura legislativa definisce in modo particolareggiato lametodologia di campionamento e le caratteristiche sia deltunnel di diluizione sia degli strumenti di misurazione.

Il particolato così raccolto viene misurato in termini dimassa totale; è espresso in g/km (di percorrenza) nel casodi misure su veicolo oppure in g/kWh nel caso di misu-re su motore.

Il termine particelle si riferisce alla componente cor-puscolare dell’aerosol e designa tutte le proprietà cheper essa si possono definire: numero totale, superficietotale, distribuzione granulometrica in numero o in massa.Tali informazioni sono di grande importanza poiché par-ticelle di dimensioni diverse interagiscono in modo dif-ferente con l’apparato respiratorio umano. Negli ultimianni l’attenzione si è focalizzata soprattutto sul numeroe sulla distribuzione delle dimensioni delle particelle,pertanto le conoscenze in merito a questi aspetti sonomaggiori (Kittelson et al., 1978; Kittelson, 2004).

Le dimensioni delle particelle di un aerosol sono pro-babilmente il parametro più importante per caratteriz-zarne il comportamento. In generale, tali dimensionivariano entro un intervallo molto ampio; particelle didimensioni molto diverse hanno un comportamento moltodiverso, in quanto diversi sono i fenomeni ai quali sonosoggette. Per esempio, particelle di dimensioni prossi-me a quelle molecolari sono soggette principalmente almoto browniano, mentre particelle più grandi sono sog-gette soprattutto alle forze di gravità e d’inerzia. Le par-ticelle con diametro (Dp) superiore a 10 mm hanno limi-tata stabilità nell’atmosfera ma sono comunque impor-tanti, in termini di conseguenze sulla salute, per le personeche lavorano in prossimità della loro sorgente.

Con il termine ultrafine particles si indicano di soli-to le particelle con diametro inferiore a 100 nm, mentrele particelle più piccole di 50 nm vengono indicate comenanoparticles.

Diversi studi sperimentali hanno messo in evidenzache la distribuzione granulometrica delle particelle nelleemissioni veicolari presenta generalmente due modi (omassimi relativi) principali (fig. 1). Le particelle che hannoun diametro tra 0,05 e 1,0 mm sono centrate intorno alcosiddetto accumulation mode (modo di accumulazione),corrispondente a un diametro medio geometrico pari acirca 100 nm (0,1 mm). In una seconda regione, centrataintorno al cosiddetto nuclei mode (modo di nucleazione)sono invece concentrate le particelle più piccole, aventitipicamente un diametro compreso tra 0,005 e 0,05 mm.

Secondo le ipotesi più accreditate, le particelle delnuclei mode sarebbero generate da processi assai diver-si rispetto a quelli che sono alla base della formazionedelle particelle dell’accumulation mode. Infatti questeultime si formerebbero già all’interno del cilindro duran-te la combustione, a seguito di processi di pirolisi e dei-drogenazione nelle zone in cui la miscela è più ricca, esi accrescerebbero secondo lo schema della fig. 2.

Le analisi con metodi ottici, condotte su campioni diparticolato raccolto su filtro, hanno mostrato che le par-ticelle dell’accumulation mode sono prevalentemente

719VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

costituite da agglomerati di particelle carboniose più pic-cole, aventi forma sferica e un diametro variabile fra 10e 80 nm, le quali, agglomerandosi fra loro, danno origi-ne a catene o a grappoli di forma varia. Su questi aggre-gati vengono adsorbiti idrocarburi pesanti che costitui-scono il SOF (Soluble Organic Fraction), di cui fannoparte gli IPA (v. oltre) e goccioline di acido solforico chesi formano per ossidazione dello zolfo del combustibi-le (fig. 3). Nel sistema di scarico e dopo essere stati emes-si nell’atmosfera, questi agglomerati continuano a inte-ragire fra loro (processi di agglomerazione e coagula-zione) e con i gas esausti in fase vapore (processi diadsorbimento e condensazione).

Le particelle del nuclei mode si genererebbero inve-ce, per la stragrande maggioranza, durante il processodi diluizione dei gas esausti con l’aria ambiente, attra-verso il meccanismo della nucleazione omogenea, cioèa partire da un vapore. Gli studi più recenti hanno peròmesso in luce che la quantità di idrocarburi incombu-sti presente nei gas esausti non sarebbe sufficiente agiustificare la formazione, tramite il processo di nuclea-zione, di un numero di nanoparticelle così elevato, come

quello osservato; la formazione delle nanoparticellesarebbe invece innescata dalla nucleazione binaria diacido solforico e acqua, che porterebbe alla formazio-ne di nuclei di dimensioni iniziali di circa 1 nm. Su que-sti nuclei verrebbero poi adsorbiti gli idrocarburi incom-busti e quindi le particelle crescerebbero fino alle dimen-sioni tipicamente osservate (10-50 nm). Questa ipotesisarebbe suffragata da recenti misurazioni eseguite conun nuovo strumento ( particle beam mass spectrom-eter), che avrebbe dimostrato che le particelle attornoai 25 nm sono principalmente composte da idrocarbu-ri e acido solforico.

Nucleazione e adsorbimento sono processi competi-tivi. Una riduzione del numero di agglomerati carboniosiemessi favorisce probabilmente la formazione di parti-celle volatili attraverso la nucleazione omogenea, men-tre una loro elevata concentrazione può bloccare tale pro-cesso. Attualmente la maggior parte delle nanoparticel-le (Dp�50 nm) appare costituita da materiale volatile.Tuttavia, la riduzione delle emissioni di fuliggine potreb-be modificare tale situazione; infatti, le ceneri metalli-che provenienti dal lubrificante, e/o da additivi a base di

720 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

d(C

/Cto

tale

)/dD

p

1

0,00001

0,0001

0,001

0,01

0,1

Dp (mm)0,001 0,01 0,1 1 10

particelle finiDp�2,5 mm

mododi nucleazione

nanoparticelleDp�50 nm

modo diaccumulazione

particelleultrafiniDp�100 nm

fig. 1. Distribuzione tipicadella dimensione delle particelle emesse allo scarico di un motore diesel; C indica la concentrazionein numero delle particellenei gas di scarico, Dp il diametro delle particelle.

accrescimentoalla superficie

deidrogenazione

ossidazione

deidrogenazione

ossidazionetempo

deidrogenazione

ossidazione

nucleazione

adsorbimentoe condensazione

agglomerazione

cili

ndro

tunn

el d

idi

luiz

ione

idrocarburi

fig. 2. Meccanismi di formazione e accrescimento delle particelle nel motore e nel sistema di campionamento.

metalli presenti nel combustibile, potrebbero divenireuna frazione solida non trascurabile delle nanoparticel-le nel momento in cui si riducessero notevolmente le par-ticelle carboniose a cui esse in genere aderiscono.

Nella tab. 1 sono riassunti i principali strumenti chepossono essere impiegati per la misura delle dimensio-ni e/o di altre caratteristiche delle particelle, suddivisi inbase al principio fisico che viene utilizzato; ciascunostrumento misura infatti una grandezza correlata alladimensione quale la mobilità elettrica, il diametro aero-dinamico, la mobilità inerziale, le emissioni fotoelettri-che, ecc. Dal momento che strumenti diversi si basanospesso su principi diversi, i risultati in genere non pos-sono essere comparati fra loro direttamente e comunquenon senza cautela.

Impatto sulla saluteMentre gli effetti sulla salute e sull’ambiente dei gas

prodotti nella combustione sono noti da tempo, il dub-bio, alimentato da recenti evidenze sperimentali, che lamassa totale non sia un indice corretto e/o esauriente aifini di una valutazione dell’impatto sulla salute umanadel particolato emesso dagli autoveicoli, ha acceso unampio dibattito su quali caratteristiche di tale inquinan-te siano le più significative e sulle modalità di misuradelle stesse (Hayano et al., 1985; Seaton et al., 1995).

Permane incertezza sui meccanismi con cui le parti-celle interagiscono con i tessuti delle vie respiratorie. Peresempio, mentre in passato si riteneva che le particelledi fuliggine fossero inerti e che gli effetti tossici fosse-ro dovuti alle sostanze su esse adsorbite (in particolaregli IPA) ai quali fanno da veicolo, più di recente è stataposta in evidenza l’esistenza di effetti tossici legati allairritazione da parte di particelle che si ritenevano chi-micamente e biologicamente inerti. Tuttavia, anche seincertezze di questo tipo non hanno ancora consentito l’in-dividuazione di un insieme condiviso di caratteristiche

che esprima il grado di rischio per la salute umana deri-vante dalle emissioni di particolato di un dato veicolo,alcune sperimentazioni hanno evidenziato che può esse-re insufficiente o addirittura fuorviante limitarsi allamisura della massa. Si è infatti riscontrato come una ridu-zione della massa totale emessa, che è quanto richiedo-no i nuovi e più stringenti limiti di emissione, spesso nonsia accompagnata da una riduzione del numero delle par-ticelle; al contrario, in alcuni casi sarebbe addiritturaaccompagnata da un aumento delle particelle più fini.Una spiegazione generalmente condivisa è che, poichéil miglioramento della miscelazione aria-combustibileha ridotto il numero di particelle più grosse, si riduceanche la probabilità che quelle piccole si attacchino aesse e cessino di esistere come tali: in pratica le parti-celle piccole risultano tendenzialmente più ‘longeve’ edescono dal tubo di scarico in numero maggiore.

IPA Gli IPA sono idrocarburi ad alto peso molecolare

costituiti da più anelli aromatici (ciascuno avente la strut-tura del benzene) uniti tra loro. Sono stati identificati piùdi cento diversi IPA, ma quelli maggiormente imputatidi causare danni alla salute di uomini e animali sonomeno di venti.

Di alcuni di questi si ha praticamente certezza chesiano cancerogeni, mentre gli altri sono sospettati diesserlo. Il più noto dei primi è il benzo[a]pirene, costi-tuito da cinque anelli aromatici, che è probabilmente ilpiù esaminato negli studi come rappresentante di questaclasse di inquinanti.

Questi idrocarburi sono difficili da misurare; la pre-cisione di determinazione è relativamente bassa e quin-di l’emissione di IPA non è stata e non è al momentooggetto di regolamentazione nell’omologazione dei vei-coli e dei motori. Si può tuttavia a ragione ritenere chei miglioramenti ottenuti nella riduzione degli HC e del

721VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

A B

200 kV50,00 nm

SOF

fuliggine solfato 0,02 mm

fig. 3. Esempio di particella composita (costituita da un grappolo di particelle elementari) allo scarico di un motore. A, fotografia al microscopio elettronico a scansione (SEM, Scanning Electron Microscope); B, schema.

722 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

tab. 1. Strumenti atti a caratterizzare le emissioni particellari

StrumentiParametro/grandezza

misurataIntervallo Commenti

Strumenti a mobilità inerziale

MOUDI(Micro-Orifice Uniform DepositImpactor)

Diametro aerodinamico/massa vs. dimensione

0,056-10 mm• Le misure non sono in tempo reale; le analisi gravimetriche e chimiche vengono

eseguite dopo la raccolta del campione• Le basse pressioni possono causare l’evaporazione delle particelle volatili

Nano-MOUDIDiametro aerodinamico/massa

vs. dimensione0,010-18 mm • Gli stessi del MOUDI

ELPI(Electrical Low Pressure Impactor)

Diametro aerodinamico/numero di particelle vs. dimensione

0,030-10 mm• Le misure sono quasi in tempo reale, con un tempo di risoluzione tra 2 e 15 s• Lo strumento può misurare le concentrazioni ambiente, ma le basse pressioni

possono causare l’evaporazione delle particelle volatili

Strumenti basati su mobilità elettrica

EAA(Electrical Aerosol Analyzer)

Diametro equivalente di mobilità elettrica/numero di particelle vs. dimensione

0,003-1 mm

• Il tempo di risoluzione è tra 2 e 3 min e gli intervalli di dimensione sono 11• Il risultato può non essere corretto quando le concentrazioni e le dimensioni

cambiano durante la misura• Lo strumento è più sensibile a questi cambiamenti rispetto allo SMPS• Sono richieste grosse diluizioni (1.000:1) per evitare la saturazione

dell’elettrometro• I risultati per diametri �10 nm sono ottenibili solo se il numero delle particelle

è elevato, viste le grosse perdite per diffusione• È necessario usare un preclassificatore per rimuovere le particelle più grandi

di 1,0 mm nelle misure di aerosol diesel

DMPS (Differential Mobility Particle Sizer)

Diametro equivalente di mobilità elettrica/numero di particelle vs. dimensione

0,01-0,5 mm

• I piccoli cambiamenti nel campo elettrico del DMPS permettono di campionarenell’intero intervallo in modo più lento del SMPS

• Il risultato può non essere corretto quando le concentrazioni e le dimensionicambiano durante la misura

• È necessario usare un preclassificatore per rimuovere le particelle più grandi di 1,0 mm nelle misure di aerosol diesel

SMPS (Scanning Mobility Particle Sizer)

Diametro equivalente di mobilità elettrica/numero di particelle vs. dimensione

0,010-0,7 mm

• Il tempo di misura è di 2-4 min per intervalli di circa 100 canali e si può ridurrecambiando la velocità di variazione del campo elettrico del DMA

• Il tempo di risoluzione è di pochi secondi per ogni singolo canale• Se si riduce il tempo di misura a 30 s, la bassa risoluzione può ridurre

l’accuratezza dei risultati• Il risultato può non essere corretto quando le concentrazioni e le dimensioni

cambiano durante la misura; pertanto è da usare in condizioni stazionarie• È necessario usare un preclassificatore per rimuovere le particelle più grandi

di 1,0 mm nelle misure di aerosol diesel

Nano-DMA(Differential Mobility Analyzer)

Diametro equivalente di mobilitàelettrica/numero di particelle vs.

dimensione3-50 nm

• Per campionare in tutto l’intervallo è richiesto un tempo di risoluzione di circa 10 s

• Ancora in fase sperimentale

Strumenti vari

PAS(Photoelectric Aerosol Sensor)

Area superficiale �1 mm

• Il materiale condensato sulla superficie delle particelle può interferire con la misura

• Le particelle con diametro �1 mm non sono campionate efficientemente

ATOFMS (Aerosol Time-Of-Flight MassSpectrometer)

Diametro aerodinamico e composizione chimica

0,3-50 mm • È possibile avere misure in tempo reale fino a 600 particelle al minuto

Epiphaniometer Area superficiale �0,7 mm

• Utilizza metodi radioattivi• Il tempo di risoluzione è tra 5 e 30 min, a seconda delle modalità di analisi usate• Per particelle tra 0,10-3 mm lo strumento deve essere calibrato appositamente

Diffusion battery Mobilità diffusionale 0,01-0,5 mm• Sono richiesti lunghi tempi di campionamento in condizioni stazionarie• Il risultato può non essere corretto quando le concentrazioni e le dimensioni

cambiano durante la misura

CNC (Condensation Nuclei Counter)

Numero di particelle tramite metodi fotometrici �3 nm

• Determina solo il numero delle particelle; è in genere utilizzato in combinazione con il DMA

• La dimensione minima dipende dal cut size dello strumento

PBMS(Particle Beam Mass Spectrometer)

• Non si hanno informazioni dettagliate

Diffusion charger Area superficiale �1 mm• Le particelle vengono caricate elettricamente attraverso una scarica a corona;

la corrente misurata è proporzionale alla superficie totale delle particelle

NanoMetConcentrazione per classe

di dimensione/natura delle particelle(soot/droplets)

�1 mm

• Caratterizza le particelle direttamente allo scarico• Il tempo di risoluzione è di 0,1 s e si può campionare in un ampio intervallo

di concentrazioni, che va dall’aria ambiente alle emissioni dei veicoli• Lo strumento distingue le particelle di diversa natura (particelle carboniose

vs. particelle liquide)

particolato, soprattutto della sua parte semivolatile, ridu-cano anche le emissioni di IPA.

Qualità dell’aria, inventari delle emissionie contributo del traffico

Qualità dell’ariaLa determinazione dei limiti alle emissioni è un pro-

cesso composto che tiene conto di molti aspetti, non ulti-ma la tecnologia disponibile; il punto di partenza e di arri-vo è comunque la qualità dell’aria, che è funzione di unnumero ancora maggiore di parametri. Tale qualità vieneespressa in termini di concentrazione degli inquinanti nel-l’aria e i limiti di questa concentrazione vanno determi-nati in termini di effetti sulla salute e sull’ambiente; la lorodeterminazione implica lo sviluppo di una massa enormedi dati di natura medica e sugli ecosistemi. In Europa lalegislazione sulla qualità dell’aria è stata impostata nelladirettiva quadro 1996/62/CE e nelle successive.

Inventario delle emissioniIl punto di partenza per ogni politica di intervento che

si ponga come obiettivo il miglioramento della qualità del-l’aria, come pure lo strumento principale per stabilire uncollegamento tra la qualità dell’aria e i gas emessi, è l’in-ventario delle emissioni. Per inventario si intende una rac-colta coerente di dati sulle quantità di inquinanti emesse,disaggregate per attività economica, unità territoriale,periodo di tempo, tipo di combustibile utilizzato, ecc.

L’inventario di riferimento in Europa, noto comeCORINAIR (Ritter e Jol, 1998), è stato compilato per laprima volta nel 1985 all’interno del progetto CORINE(COoRdinated INformation on the Environment inthe European community), promosso con la direttiva1985/338/CEE. L’ultima versione della sua struttura risa-le al 1994, all’interno della quale il numero di inquinantiè stato ampliato a comprendere anche il PM10, i metallipesanti (HM, Heavy Metal) e i composti organici persisten-ti (POP, Persistent Organic Pollutant). In CORINAIR leattività vengono concentrate in 11 gruppi o macrosettori.

All’interno di ogni macrosettore, si distinguono ulterior-mente settori e categorie (in tutto 260). Le sorgenti sonodivise in diffuse, lineari e puntuali. Le prime rappresenta-no tutte quelle sorgenti non localizzate, che necessitano diun trattamento statistico per la stima delle emissioni. Lesorgenti lineari sono il riferimento per le emissioni da vei-coli su strada, ferrovia, navigazione e aviazione. Per le sor-genti puntuali le emissioni stimate sono riferite a un sin-golo impianto in relazione alle caratteristiche, alle condi-zioni operative, alla dislocazione spaziale. Per quelle piùrilevanti esistono dati precisi derivanti da censimenti delleemissioni mentre per le altre, e così anche per le sorgentidiffuse e lineari, si opera una stima attraverso specifici fat-tori emissivi. Il fattore emissivo relativo a una determina-ta sorgente è ottenuto dalla mediazione di numerosi datimisurati e da esso, in base all’attività produttiva annualedella sorgente, si ottiene il totale emesso (Bini et al., 2001).

Contributo del trafficoIl settore dei trasporti stradali contribuisce in manie-

ra rilevante alle emissioni per alcuni inquinanti. A que-sta conclusione si arriva esaminando gli inventari delleemissioni di tutte le sorgenti emittenti in ambito euro-peo. La fig. 4 mostra, come esempio, il contributo deidiversi settori alle emissioni totali di NO e di VOC suscala regionale (Angelino, 2003).

Le emissioni in atmosfera legate al traffico vengonostimate con la metodologia di riferimento della Agenziaper l’Ambiente Europea (EEA, European EnvironmentAgency), denominata COPERT (COmputer Programmeto calculate Emissions from Road Transport). L’inven-tario può quindi essere realizzato su scala europea, maanche nazionale, regionale o locale. I dati necessari el’approccio metodologico al calcolo delle emissioni datraffico si basano essenzialmente sulle flotte veicolaricioè il parco circolante, i consumi, i carburanti, le velo-cità di marcia e lo stato del motore. Il COPERT III (1999),utilizzato dai paesi dell’Unione Europea, considera99 categorie di veicoli (tra autovetture, veicoli leggeri,pesanti, bus, motocicli e scooter) e 17 inquinanti (Saija

723VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

produzione energiaNO

VOC

combustione non industriale

combustione industriale

processi

estrazione e distribuzionedei combustibili fossili

solventi

trasporti su strada

altri trasporti

trattamento e smaltimentorifiuti

agricoltura

natura

fig. 4. Ripartizione per fonti del contributo alle emissioni totali di NO e VOC in Lombardia.

et al., 2000). Gli inventari delle emissioni consideranogeneralmente i seguenti inquinanti atmosferici: ossidi dizolfo (SOx), ossidi di azoto (NOx), composti organicivolatili non metanici (NMVOC), metano (CH4), monos-sido di carbonio (CO), biossido di carbonio (CO2), ammo-niaca (NH3), protossido di azoto (N2O). Sono ancora incorso elaborazioni per la stima delle emissioni di alcu-ni inquinanti, i cui dati preliminari sono stati ritenuticaratterizzati da un margine di incertezza troppo eleva-to e richiedono studi di dettaglio: Polveri Totali Sospe-se (PTS) o polveri con diametro inferiore a 10 mm (PM10),metalli pesanti (As, Cd, Cr, Cu, Hg, Ni, Pb, Se e Zn),composti organoclorurati appartenenti alla categoria deiPOP (diossine, PCB, ecc.).

La suddivisione del parco veicolare è effettuata inriferimento alla normativa europea sulle emissioni deiveicoli. Per ciascuna combinazione, attraverso un data-base contenuto in COPERT, viene adottato un fattore diemissione f che, moltiplicato per un indicatore di atti-vità I, fornisce la quantità emessa E. Nel caso dei vei-coli l’emissione non resta però costante nel tempo, dipen-dendo dall’età del veicolo, oltre che dal tipo di guida,dal tragitto in cui si susseguono andamenti veloci e acce-lerazioni e diverse condizioni ambientali. I fattori di emis-sione, generalmente espressi in g/km o per unità di tempo,tengono conto della classe del veicolo, della temperatu-ra del motore o della eventuale presenza di dispositivi diabbattimento, del tipo di tragitto.

A seconda del motore e del tipo di tragitto le emis-sioni sono distinte in: a freddo, durante la fase di riscal-damento del motore e dei dispositivi di abbattimento; acaldo, cioè a pieno regime sia del motore che dei siste-mi di abbattimento; evaporative, derivanti dall’evapora-zione del carburante (presenti quindi anche a veicolofermo).

L’effetto del tipo di tragitto viene ricondotto a tremacrocategorie, essendo impossibile disporre della realesituazione: autostradale, con velocità elevate e con motocontinuo; urbano, con velocità basse e fermate frequen-ti; extraurbano, intermedio tra i precedenti.

A questo approccio rispondono anche i test di omo-logazione delle emissioni, ai quali le vetture sono sotto-poste prima dell’immissione sul mercato. Poiché è dif-ficile disporre di informazioni sulle condizioni di traf-fico su scala nazionale, si utilizzano informazioni medie,sia sulle velocità sia sui chilometri percorsi per ogni cate-goria, mentre su scala locale (comune o provincia) è pos-sibile unire le informazioni sulla rete stradale (vie, dimen-sioni, numero e tipologie di veicoli, condizioni cinema-tiche medie o in funzione dell’orario del giorno) con ifattori di emissione specifici di ciascuna classe, otte-nendo un quadro di dettaglio anche disaggregato tem-poralmente. In questo modo è possibile pianificare inter-venti sia strutturali, sulla rete stradale, sia sulle flotte osulle dinamiche del traffico.

A livello tanto regionale quanto europeo le emissionida traffico sono principalmente associate al trasporto sustrada. Ogni 10 chilometri di spostamenti nell’UE, 8 sonopercorsi in automobile e la metà di tutti questi tragitti nonsupera i 6 km. Dal 1970 a oggi si sono quasi triplicati itrasporti su strada. Il ritmo di crescita del numero dei vei-coli è stato del 45% nell’ultimo decennio e ha portato auna densità in Europa pari a 1,9 abitanti per automobilecontro 1,8 degli Stati Uniti, a fronte di una superficie circa3 volte superiore. Tra l’altro il trasporto pubblico è in fles-sione ed è compensato da traffico di veicoli e moto o ciclo-motori. Anche se i motori delle automobili in passato eranopiù inquinanti degli attuali, quanto abbiamo guadagnatoriducendo le emissioni lo abbiamo perduto aumentandoil numero di chilometri percorsi. In Italia, per esempio, sistima che nel 1997 provenivano dal macrosettore trasportiil 72% del monossido di carbonio, il 46% dei compostivolatili, il 53% degli ossidi di azoto e il 24% del biossi-do di carbonio emessi nel corso dell’anno. Nelle aree den-samente abitate, ove il traffico è elevato e sono invece tra-scurabili le emissioni industriali, tali percentuali aumen-tano e tendono a crescere ulteriormente. I composti organicivolatili non metanici provenienti dai trasporti sono lega-ti solo in parte ai chilometri percorsi: infatti circa il 27%è dovuto a emissioni evaporative, che si hanno dove i vei-coli sostano, e il 20% circa proviene dai motoveicoli cir-colanti su percorsi urbani.

Data la complessità della struttura delle sorgenti, delladescrizione della reattività nell’atmosfera e del traspor-to degli inquinanti anche a lunga distanza, è stato neces-sario attivare azioni finalizzate da parte dell’Unione Euro-pea. Tra i più recenti progetti figura il già menzionatoCAFE (Amam et al., 2004) che, attraverso modelli col-legati, ha stimato l’effetto delle azioni già intraprese sullaqualità dell’aria di 10 città europee, prese a riferimento.

Secondo la baseline di scenario, pubblicata nell’otto-bre 2004, una frazione significativa della popolazioneeuropea è esposta a concentrazioni di particolato fine(PM10) che superano i limiti fissati per la protezione dellasalute umana. I dati sono ancora in quantità limitata pertrarre conclusioni sulle tendenze, sia perché i monitorag-gi sono iniziati nel 1997, sia perché le variazioni negli annipossono essere state influenzate da mutamenti nella coper-tura spaziale della rete di monitoraggio. Si stima comun-que che un’aliquota compresa tra il 20 e il 40% della popo-lazione sia esposta a livelli superiori a 50 mg/m3 di PM10e che aree estese dell’UE sopportino livelli di ozono cheprovocano danni alla vegetazione o alla salute. I contri-buti delle diverse sorgenti al PM2,5 in Europa, secondostime aggiornate al 2000, attribuiscono una quota non tra-scurabile al traffico diesel (pesante e leggero; fig. 5).

Per effetto delle restrizioni sulle emissioni e sui car-buranti si prevede per il 2020 una riduzione dei livellirispetto al 1995 per tutti gli inquinanti, tranne CO2. Siconsiderano tuttora critici gli effetti del particolato fine e

724 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

dei precursori dell’ozono (alcuni dei quali sono compo-sti organici) che interagiscono nell’atmosfera e possonodeterminare un incremento dell’ozono nella troposfera.

La nuova direttiva quadro sulla gestione della qua-lità (d.m. n. 60/2002) dell’aria impone alle città obbli-ghi severi di monitoraggio dei vari inquinanti, nonché ildovere di intervenire con piani di azione sul breve e sullungo termine. Tra le opzioni offerte alle autorità urba-ne vi è il diritto a sospendere le attività, incluso il traf-fico, quando esiste un rischio per la salute e quindi intra-prendere azioni correttive o limitative. In sintesi, l’in-ventario delle emissioni da un certo parco veicolare, equindi il suo impatto sull’ambiente, dipende da due grup-pi di fattori: i cosiddetti fattori di emissione dei veicoli,cioè la quantità di ciascun inquinante emesso dal singo-lo veicolo per ogni km percorso; l’entità del parco vei-colare (numero di veicoli e loro distribuzione nelle varieclassi) e il suo grado di utilizzazione (chilometri percorsiin media da ogni veicolo di ciascuna classe).

Lo sforzo delle normative per ridurre l’inventarioemissivo è rivolto soprattutto a diminuire i fattori di emis-sione dei veicoli anche se, per non vanificare l’effettodei miglioramenti ottenuti in questo ambito, è necessa-rio agire, come già avviene, anche sul secondo gruppodi fattori. Ciò significa, in estrema sintesi, limitare la cir-colazione, un provvedimento di cui si cerca di contene-re l’impatto e che in definitiva si può realizzare in modoarmonico solo introducendo cambiamenti permanentinella struttura della mobilità: un compito probabilmen-te più arduo di quello di ridurre i fattori di emissione.Nel seguito, con il termine emissioni si farà riferimentopropriamente ai fattori di emissione.

Elementi che determinano i fattori di emissione dei veicoli

I fattori di emissione di un veicolo dipendono, a paritàdi condizioni di funzionamento, dalla qualità del com-bustibile, dalla tecnologia del veicolo e dal suo stato dimanutenzione, che la normativa cerca di mantenere suun buon livello con il controllo sui mezzi circolanti.

VeicoloSebbene la qualità del combustibile possa dare un

contributo importante alla riduzione delle emissioni, èl’evoluzione della tecnologia del veicolo (comprenden-te il motore e il sistema di post-trattamento) che ha con-sentito di ridurre di oltre due ordini di grandezza i limi-ti alle emissioni.

Vale la pena osservare, per quanto possa apparireovvio, che nella introduzione di nuovi e più severi limitialle emissioni non si può prescindere da ciò che può esse-re realizzato, e a quali costi, dalla tecnologia disponibi-le. Pur esistendo sempre una tensione tra il desiderio deinormatori di ridurre le emissioni e quello dell’industriadi mettere sul mercato un prodotto ben sperimentato e acosti ragionevoli (al limite, di non essere messa fuori mer-cato dalla impossibilità di raggiungere i nuovi livelli), èchiaro che dietro a ogni inasprimento dei limiti devonoessere disponibili soluzioni tecnologiche che ne permet-tano la realizzazione senza stravolgere il mercato.

Sono di seguito riassunte le innovazioni tecnologi-che che hanno consentito le variazioni più consistentinella riduzione delle emissioni (v. anche cap. 8.1). Purpresentando alcuni aspetti in comune, tali innovazionisono molto diverse a seconda del tipo di motore, se adaccensione comandata (ciclo Otto convenzionale, cicloOtto a iniezione diretta) o Diesel.

Motori a ciclo Otto convenzionali (con premiscelazione nel collettore di aspirazione)

In questo tipo di motori la combustione è pratica-mente al 100% di tipo premiscelato, per cui non vi è vir-tualmente produzione di particolato; vengono regola-mentati quindi soprattutto CO, HC e NOx.

Certamente l’evento qualitativamente più importan-te è stato l’introduzione del catalizzatore a tre vie, o tri-valente, capace di ridurre contemporaneamente CO, HCe NOx, promuovendo una serie di reazioni in cui CO eHC venivano ossidati dall’ossigeno contenuto negli NOx

e reciprocamente gli NOx venivano ridotti dagli HC. Per-ché il catalizzatore a tre vie possa funzionare è necessa-rio che la miscela aria-combustibile che entra nel motore

725VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

scarico veicoli pesanti diesel 7%

scarico automobili diesel12%

emissioni non dallo scarico 3%

trasporti34%

stufe a legnadomestiche

35%

processiindustriali

20%

agricoltura4%

combustioneindustriale

2%

macchinari fuori strada12%

produzionedi energia5%

fig. 5. Contributo alle emissioni primariePM2,5 nell’UE dei 15(2000).

sia in rapporto stechiometrico, cioè non vi sia né più némeno aria di quanto chimicamente necessario a brucia-re la benzina. Un tale requisito presuppone una dosaturadella benzina non solo precisa, ma anche capace di ade-guarsi prontamente alle variazioni di carico e velocità delmotore, condizione realizzata con l’adozione della inie-zione elettronica di benzina nel collettore di aspirazionedel motore, abbinata alla misura continua del contenutodi ossigeno nei gas di scarico effettuata con la cosiddet-ta sonda lambda (la lettera greca lambda è il simbolo chenella tecnica si usa per indicare il rapporto aria-combu-stibile normalizzato). Il segnale proveniente dalla sondaviene utilizzato dalla centralina elettronica che controllal’iniezione per correggere la quantità di benzina che vieneiniettata e miscelata nell’aria aspirata dal motore, cosìche il rapporto aria-combustibile resti sempre prossimoa quello stechiometrico e il catalizzatore trivalente lavo-ri sempre in modo ottimale.

In linea di principio questo sistema è quello usatotuttora, ma la ricerca ha migliorato notevolmente neltempo le caratteristiche sia dei sistemi di iniezione siadel catalizzatore: un esempio molto importante è datodall’aumento della capacità di immagazzinare ossigeno(OSC, Oxygen Storage Capacity) nei cicli in cui è pre-sente un relativo eccesso d’aria per cederlo nei cicli incui vi è difetto, compensando così le variazioni di rego-lazione che, anche se avvengono in un tempo pari a pochicicli, non possono essere istantanee.

Un altro aspetto che è stato notevolmente migliora-to riguarda il mancato funzionamento del catalizzatoreal di sotto di una temperatura minima (cosiddetta di lightoff ), che comportava all’avviamento del motore e neiminuti successivi, una produzione notevolissima di incom-busti (promossi anche dal fatto che le pareti della came-ra di combustione sono fredde), mentre il catalizzatore,essendo anch’esso freddo, non era attivo. Il problema èstato risolto avvicinando il catalizzatore al collettore discarico del motore e studiando adatte soluzioni per ren-dere il sistema in grado di sopportare le più elevate tem-perature cui è sottoposto a motore caldo e a pieno carico.

Motori a ciclo Otto a iniezione direttaNell’intento di abbassare il consumo di combustibi-

le e di ottenere basse emissioni di incombusti, in annirecenti sono stati introdotti sistemi di combustione a ben-zina in cui l’iniezione, anziché nel collettore di aspira-zione, avviene direttamente in camera di combustione.Questo consente tra l’altro (anche se non tutti i costrut-tori hanno sfruttato questa possibilità) di lavorare, alme-no a carichi bassi, con un forte eccesso d’aria, con i risul-tati già citati: l’eccesso d’aria determina combustionecompleta, quindi bassi consumi e basse emissioni di HCe CO, ma in compenso dà luogo ad alte emissioni di NOx.Tipicamente questi sistemi sono dotati quindi di un siste-ma catalitico che non è trivalente, ma è dedicato alla

riduzione degli NOx. La riduzione non avviene con con-tinuità, come nel caso dei sistemi trivalenti: gli NOx ven-gono accumulati chimicamente in una cosiddetta ‘trap-pola di NOx’ e poi periodicamente ridotti (e la trappolaviene quindi rigenerata) con iniezione di benzina in ecces-so (come nei sistemi trivalenti, gli idrocarburi incombu-sti fanno da riducente per gli NOx).

In questo tipo di motore il tempo per la miscelazio-ne tra aria e combustibile è molto minore che nel casodell’iniezione nel collettore di aspirazione, per cui, puressendo la benzina molto volatile e quindi pronta a eva-porare e miscelarsi, non si può evitare che una piccolaparte della combustione avvenga in fiamma ricca, con laformazione di una quantità non trascurabile di fuliggine.

Motori a ciclo DieselDiversamente dal motore a ciclo Otto, il motore a

ciclo Diesel lavora sempre in eccesso d’aria: viene aspi-rata una quantità più alta della quantità stechiometrica,poi quest’aria viene riscaldata per compressione e vieneiniettato, direttamente in camera di combustione, il gaso-lio. Il tempo per la miscelazione è ridottissimo: i moto-ri diesel hanno un tasso di combustione in fiamma didiffusione molto maggiore rispetto ai sistemi preceden-ti, per cui producono una quantità di fuliggine moltosuperiore. Su essi dunque, e sui veicoli da essi propulsi,devono essere limitate le emissioni, oltre che di HC, COe NOx, anche di particolato (PM). L’eccesso d’aria fa sìche HC e CO non siano un problema significativo perquesto tipo di motore, ma, unito agli alti rapporti di com-pressione necessari alla combustione spontanea (chedetermina elevate temperature massime), rende inveceparticolarmente alte le emissioni di NOx . Sfortunata-mente, molti dei cambiamenti di regolazione del moto-re (per esempio ritardare l’iniezione, o abbassare la tem-peratura massima) che risultano benèfici per gli NOx,determinano un aumento del PM e viceversa. Il miglio-ramento delle emissioni del motore diesel è legato quin-di alla riduzione simultanea di questi due inquinanti, allaquale ci si riferisce come tradeoff NOx-PM.

Per migliorare il tradeoff è necessario diminuire unodei due inquinanti senza aumentare significativamentel’altro. Se, per esempio, la diminuzione di particolato otte-nuta è sufficientemente minore del limite a cui si tende,è possibile ritarare il motore per avere una diminuzionedi NOx a spese di un aumento, entro i limiti, di PM.

I principali accorgimenti tecnologici che hanno per-messo, ottimizzati insieme, un drastico miglioramentodel particolato, sono indicati qui di seguito.

A livello del motore:• primo tra tutti, l’aumento della pressione di iniezio-

ne, che ha permesso l’uso di iniettori a fori semprepiù piccoli e numerosi e quindi un miglioramentosostanziale della atomizzazione del combustibile.Si è passati in meno di due decenni da sistemi con

726 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

pressioni di iniezione di poco più di 100 bar a siste-mi common rail da oltre 1.600 bar;

• la possibilità di modulare l’iniezione con i sistemi acontrollo elettronico (common rail e iniettore pompaelettronico);

• l’aumento di disponibilità di aria per la combustio-ne attraverso l’uso sistematico della sovralimenta-zione a turbocompressore, la cui tecnologia è anda-ta affinandosi e ha conosciuto un miglioramento signi-ficativo con l’adozione dei turbocompressori ageometria variabile, controllata elettronicamente dallacentralina del motore;

• la progettazione, molto sofisticata e basata su com-plessi modelli, della geometria del pistone e dei con-dotti di aspirazione, che ha permesso di accoppiarecon grande efficacia il movimento dell’aria con ladistribuzione degli spray di combustibile, ottimiz-zando la prontezza di miscelazione e minimizzandoil tasso di fiamma di diffusione;

• la riduzione del consumo di lubrificante, attraversol’accoppiamento pistone-cilindro e attraverso gli stelidelle valvole di aspirazione.A livello di post-trattamento:

• l’adozione del catalizzatore ossidante, normalmentepresente in tutti i veicoli diesel leggeri, che riducela parte semivolatile del PM. Poiché il catalizzatoreossidante promuove la formazione, in proporzioneallo zolfo contenuto nel gasolio, di solfati (che con-tribuiscono al PM), sono stati studiati catalizzatoripiù selettivi che, a parità di efficienza, formasseromeno solfati; tuttavia è stata soprattutto la diminu-zione del tenore di zolfo del gasolio a permettere unsostanziale aumento dell’attività dei catalizzatori equindi dell’efficienza di abbattimento;

• l’adozione delle trappole di particolato, che hannopermesso un vero salto di ordine di grandezza nel-l’abbattimento del PM. La ricerca sulle trappole èpluridecennale ma solo recentemente si sono risoltisoddisfacentemente i problemi legati alla rigenera-zione della trappola stessa, cioè alla combustionecontinua o periodica del particolato raccolto su diessa. Le soluzioni sono diverse ma tutte adottanosistemi catalitici che risultano in vario grado sensi-bili al tenore di zolfo del combustibile; alcuni siste-mi non tollerano più di 10 ppm.Si comprende come la diminuzione del tenore di zolfo

sia un importante fattore enabling per i dispositivi diriduzione delle emissioni.

I principali accorgimenti tecnologici che hanno per-messo la riduzione degli NOx nei motori diesel sono:• l’adozione del ricircolo dei gas di scarico, o EGR

(Exhaust Gas Recirculation), nei veicoli leggeri e,più recentemente, anche in quelli pesanti. Attraver-so una apposita valvola si preleva una porzione dei gasdi scarico e la si miscela all’aria aspirata dal motore.

I gas di scarico sono chimicamente inerti e non par-tecipano alla combustione (sono già combusti), macostituiscono un supplemento di massa che assorbeparte del calore sviluppato dalla combustione senzacontribuirvi, abbassando così la temperatura massi-ma e riducendo la produzione di NOx. L’EGR, comesi comprende, riduce la quantità di aria disponibileper la combustione e ciò fa aumentare la produzio-ne di PM. Gli accorgimenti per ridurre il PM e l’EGRvanno dunque ottimizzati insieme in modo che il tra-deoff si situi sotto i limiti di norma;

• l’uso di catalizzatori de-NOx che utilizzano il carbu-rante come agente riducente. Questa possibilità sem-brava promettente qualche anno fa ma non è moltousata; i catalizzatori in questione lavorano in un inter-vallo di temperatura limitato, che non copre bene tuttele condizioni di funzionamento del motore e richie-dono un consumo supplementare di carburante comeagente riducente. Alcuni recenti catalizzatori ossi-danti per motori diesel sono formulati per dare unaleggera capacità di riduzione degli NOx, ma tale con-tributo è marginale;

• l’uso di SCR (Selective Catalytic Reduction) conurea. Si tratta di un sistema, molto efficace e ormaiben ingegnerizzato, in corso d’adozione da parte didiversi costruttori di veicoli pesanti e che consen-tirà loro di conformarsi ai limiti Euro 4. È costitui-to da un sistema catalitico che usa come agente ridu-cente una soluzione di urea in acqua. Diversamentedai sistemi che usano, a questi fini, idrocarburi (cioèil carburante stesso), non fa aumentare i consumi dicarburante, però presuppone l’esistenza di una infra-struttura di distribuzione dell’urea presso le stazionidi servizio. Sono perciò in corso iniziative congiun-te tra costruttori e società petrolifere per rendere ope-rativa in tempo utile tale infrastruttura.

Riduzione delle emissioni evaporativeQuesta problematica è stata affrontata e risolta non

permettendo ai vapori di benzina di sfiatare nell’atmo-sfera, bensì riciclandoli e facendoli adsorbire su carbo-ni attivi contenuti in appositi dispositivi (carbon can-ister), dai quali vengono rilasciati per essere convoglia-ti nell’aria aspirata dal motore e quindi utilizzati comecarburante, del quale effettivamente costituiscono unaparte. Il riciclo dei vapori quindi, oltre a diminuire i VOCemessi, fa diminuire il consumo di carburante.

CarburanteParallelamente alla riduzione dei limiti alle emissioni,

si sta verificando un inasprimento delle specifiche di leggerelative alle caratteristiche dei carburanti che influisconosul livello di emissioni. Per le benzine, tali caratteristichesono: volatilità, contenuto di olefine, di aromatici e di ben-zene; per il gasolio: numero di cetano, temperatura finale

727VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

di distillazione, densità, contenuto di idrocarburi aroma-tici e poliaromatici; per entrambi: contenuto di zolfo.

L’influenza sulle emissioni in genere è diretta: aumen-tando o riducendo un dato parametro, si ha una certadiminuzione di uno o più inquinanti (effetto enhancing),ma nel caso del contenuto di zolfo è spesso assai piùimportante l’effetto indiretto (enabling): lo zolfo avve-lena molti dei sistemi catalitici impiegati nei sistemi dipost-trattamento e la sua riduzione rende possibile il fun-zionamento di dispositivi di abbattimento estremamen-te efficaci, che diversamente si danneggerebbero in tempiinaccettabilmente brevi.

Parametri della benzina che influiscono sulle emissioni

Volatilità e contenuto di olefine. Il maggior effettodella volatilità è quello sulle emissioni evaporative diautovetture dove non è installato il carbon canister: sisono osservate riduzioni dell’ordine del 30% per unadiminuzione di 6-7 kPa della tensione di vapore (che perle benzine estive va da 45 a 60 kPa). Sui veicoli di nuovatecnologia, in assenza di malfunzionamenti l’effetto nonè più rilevante. Le olefine non danno praticamente luogoa emissioni di HC allo scarico: proprio a causa della lororeattività, esse bruciano facilmente in camera di com-bustione e, se sopravvivono, vengono ossidate facilmentesul catalizzatore. Il problema sta invece nel fatto che leolefine, soprattutto le più leggere, possono entrare inatmosfera come emissioni evaporative, contribuendonotevolmente alla formazione di ozono.

Contenuto di benzene e aromatici. Diversi studi hannocercato una correlazione tra le emissioni di benzene alloscarico e il contenuto di benzene e altri idrocarburi aro-matici nelle benzine: il benzene allo scarico può deriva-re direttamente dal benzene contenuto nella benzina o dal-l’alterazione degli altri idrocarburi aromatici. L’espres-sione esatta di questa correlazione dipende molto dallatecnologia del veicolo, ma in generale si può dire che,sulla quantità di benzene emessa allo scarico, il benzenepresente nella benzina pesa, in proporzione, oltre 10 voltedi più rispetto a quello proveniente dall’alterazione deglialtri aromatici. Il contributo degli altri aromatici è tutta-via importante, perché la loro quantità è solitamente diun ordine di grandezza più alta di quella del benzene. Lavariazione di contenuto di aromatici non ha invece mostra-to influenze significative sulle emissioni di 1,3-butadie-ne, formaldeide e acetaldeide.

Contenuto di zolfo. Il contenuto di zolfo nella benzi-na ha un effetto sulle emissioni essenzialmente per la suacapacità di avvelenare, sia pur in modo reversibile, i cata-lizzatori trivalenti. Tale effetto è stato studiato ampia-mente nei programmi Auto-Oil americano (Auto/OilAQIRP, Air Quality Improvement Research Programme)ed europeo. I dati degli Stati Uniti mostravano che ridur-re lo zolfo nelle benzine da 500 a 50 ppm dava luogo a

una diminuzione delle emissioni di CO e di HC di circail 18%, mentre per gli NOx si aveva una riduzione attor-no all’8%. Nei dati europei (EPEFE, European Pro-gramme on Emissions Fuels and Engine technologies;EPEFE, 1995) il livello di zolfo preso in esame andavada 400 ppm a 20 ppm. I benefici erano dell’8-9% perCO e HC e attorno al 10% per gli NOx.

Per quanto riguarda i VOC più tossici, l’emissione dibenzene seguiva l’andamento degli HC totali, mentreformaldeide, acetaldeide e 1,3-butadiene apparivanoinsensibili alle variazioni di zolfo.

Parametri del gasolio che influiscono sulle emissioniNumero di cetano. Il numero di cetano (n.c.) misura

la prontezza del combustibile ad accendersi spontanea-mente quando viene iniettato nell’aria, a circa 600 °C, chesi trova nel cilindro del motore verso la fine della fase dicompressione. Tra l’istante in cui comincia l’iniezione el’accensione trascorre un certo intervallo di tempo, il cosid-detto ritardo all’accensione, che, coeteris paribus, dipen-de dalle caratteristiche fisiche (prontezza a evaporare) echimiche (velocità delle reazioni di prefiamma) del com-bustibile, il cui insieme è misurato dal n.c. (a un n.c. piùalto corrisponde un ritardo all’accensione più basso).

Un numero di cetano sufficientemente elevato è neces-sario per il buon funzionamento del motore, tuttavia èanche importante che il n.c. del combustibile non sia trop-po diverso da quello assunto a base di progetto nello svi-luppo del motore. Mentre un n.c. troppo basso, riducen-do il tempo disponibile per la combustione, determinal’aumento del CO e degli HC, un n.c. troppo alto fa sì chela combustione cominci prima che la miscelazione tra ariae combustibile sia sufficiente, determinando un aumentodella formazione di fuliggine e quindi di PM.

Temperatura finale di distillazione. La temperaturafinale di distillazione del gasolio è legata alla dimensio-ne delle molecole idrocarburiche più grosse e comples-se presenti nel carburante (che sono le più difficili da ossi-dare e più facilmente danno luogo a fuliggine), per cui ingenerale la sua riduzione migliora tutte le emissioni diprodotti da combustione incompleta (HC, CO, PM).

Densità. La densità è correlata alla dimensione mediadelle molecole idrocarburiche e ha quindi un effetto simi-le a quello della temperatura finale di distillazione, maoccorre fare una precisazione importante. Come per ilnumero di cetano, è necessario che la densità del com-bustibile non sia troppo diversa da quella assunta a basedi progetto nello sviluppo del motore. Poiché nei moto-ri diesel la dosatura del carburante è fatta su base volu-mica, densità diverse significano masse di combustibi-le introdotte diverse, con effetti di alterazione del rap-porto aria-combustibile (e quindi delle emissioni,soprattutto di PM) e della potenza. A tal proposito, laspecifica sulla densità è una delle poche che prevede siaun valore massimo sia un valore minimo. Densità basse

728 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

riducono il particolato, ma possono comportare una per-dita di potenza non tollerabile. Densità alte danno luogoa un aumento di potenza, ma possono comportare unaumento non tollerabile di particolato.

Contenuto di idrocarburi aromatici e poliaromatici.Gli idrocarburi aromatici, e ancor più i poliaromatici(IPA), sono i più difficili da ossidare e più facilmenterimangono incombusti e/o danno luogo a formazione difuliggine e a prodotti di condensazione, sempre di natu-ra aromatica, soprattutto IPA (sia quelli già presenti nelcombustibile sia altri). A prescindere dal fatto che la loropresenza abbassa il numero di cetano e innalza la den-sità del combustibile, con gli effetti già esaminati, unmaggior contenuto di aromatici e poliaromatici favori-sce l’emissione di PM e di IPA allo scarico.

Contenuto di zolfo. Il contenuto di zolfo del gasolioè probabilmente uno dei parametri che ha subito la ridu-zione maggiore nel tempo: dagli anni Sessanta-Settanta,in cui il limite era 0,3% (3.000 ppm), al 2009, in cui saràgeneralizzato quello di 10 ppm, la riduzione è stata paria 300 volte. Lo zolfo contribuisce al particolato sottoforma di acido solforico e solfati: a parità di tenore dizolfo, la quantità prodotta è più alta se è favorita l’ossi-dazione del biossido di zolfo (principale prodotto di com-bustione dello zolfo) a triossido di zolfo. Ciò accade neimotori pesanti, che hanno in genere temperature più altedei gas di scarico, e in presenza dei catalizzatori ossidantiusati per ridurre la parte semivolatile del particolato.

È stato già ricordato come, a mano a mano che iltenore di zolfo veniva ridotto, si sono potuti usare cata-lizzatori via via più attivi e più efficaci. La necessità diarrivare a livelli minori di 10 ppm è però legata all’in-troduzione di tecnologie di post-trattamento il cui siste-ma catalitico è estremamente sensibile allo zolfo, comele trappole di particolato a rigenerazione continua.

8.3.2 Carburanti a bassa emissività

La possibilità di impiegare nell’autotrazione carburantiformulati a partire da materie prime non petrolifere (e/oda processi diversi da quelli convenzionali di raffineria)ha ricevuto sempre grande attenzione, che è cresciutaancor più negli ultimi decenni allo scopo di estendere ediversificare la disponibilità di carburante. Tale diversi-ficazione è intesa sia in senso globale – per assicurarelo sviluppo futuro a fronte della prospettiva di un gra-duale esaurimento dei giacimenti di petrolio – sia perdiminuire la dipendenza dal petrolio stesso da parte deipaesi che non vi hanno un facile accesso, dato che, comeè ben noto, esso è concentrato in aree abbastanza bendelimitate del pianeta.

Queste motivazioni restano importanti ma, con il cre-scere della sensibilità alle tematiche ambientali, è diven-tato parimenti importante che questi carburanti alternativi

siano non solo il più possibile intercambiabili dal puntodi vista energetico con quelli convenzionali, ma che abbia-no il vantaggio di essere, in qualche modo, più ‘puliti’.

Probabilmente, nel passato tale potenzialità è appar-sa più importante di quanto lo sia ai giorni nostri. Agrandi linee, fin verso la fine degli anni Ottanta del 20°secolo, non si pensava che la tecnologia della combu-stione nei motori (v. cap. 8.1) avrebbe consentito – insie-me con il miglioramento della qualità dei carburanticonvenzionali – riduzioni delle emissioni paragonabilio superiori a quelle possibili con l’uso dei cosiddetti‘carburanti puliti’, visti quindi come indispensabili perraggiungere tali livelli di riduzione. Ciò nonostante restamolto alto l’interesse per questo tipo di carburanti, soprat-tutto per quelli che sono (o possono essere) largamen-te disponibili.

Anche quando l’enfasi è rivolta alla necessità disostituire il petrolio come fonte energetica e non tantosugli aspetti ecologici, non si ammette comunque cheil sostituto possa essere meno ecocompatibile di ciòche si sostituisce.

Carburanti a bassa emissività da petrolioe componenti ‘puliti’ per benzina e gasolio

GPLIl GPL (Gas di Petrolio Liquefatto) è una miscela di

propano e butano in diverse proporzioni. Anche se nonpuò dirsi un vero carburante alternativo, poiché almenoin larga parte è un prodotto della lavorazione del petro-lio, può dar luogo a emissioni più basse di quelle dellabenzina (perlomeno rispetto ai veicoli a benzina di gene-razione non recentissima).

Si ottiene dalla separazione del gas associato alla pro-duzione di petrolio, dalla raffinazione del petrolio, oppu-re dalle frazioni più pesanti del gas naturale. È attraen-te come carburante per autotrazione perché può esserestoccato allo stato liquido (quindi con una densità ener-getica paragonabile a quella della benzina) e perché vapo-rizza più rapidamente della benzina (v. anche tab. 4, dovesono riportate le caratteristiche di massima del GPL).Esso ha pure un elevato numero d’ottano, che permette-rebbe l’uso di motori ad alto rapporto di compressionecon un aumento di rendimento rispetto alla benzina, matale vantaggio è per lo più virtuale, in quanto la rete didistribuzione, anche nei paesi in cui il GPL è più diffu-so, è limitata e, per assicurare il rifornimento in ognicaso, i costruttori di autoveicoli non costruiscono moto-ri funzionanti con il solo GPL. Sia che l’impianto a GPLvenga applicato a posteriori a un veicolo progettato peressere alimentato a benzina, sia che il veicolo sia pro-gettato ad hoc, il motore deve poter funzionare anche abenzina. Inoltre, il veicolo deve sempre essere dotato didue serbatoi, per la benzina e per il GPL, con riduzionedello spazio e del carico utile.

729VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

Il GPL viene considerato con interesse anche perchéconsente una riduzione delle emissioni e del rumore deiveicoli pesanti a motore diesel di vecchia generazionema ancora lontani dal termine della loro vita utile, tra-sformandoli con kit opportuni.

I motori a GPL hanno seguito lo sviluppo dei moto-ri a benzina, sulla cui tecnologia sono basati. Possiamodire che negli ultimi trent’anni si sono avuti tre salti digenerazione. Infatti si è passati dai kit per l’applicazio-ne ai motori a carburatore, a quelli per l’applicazione aimotori a iniezione (senza catalizzatore), ai progetti cheprevedono, come per i motori a benzina, l’uso di cata-lizzatori a tre vie (v. cap. 8.1). In futuro questa evolu-zione dal kit di trasformazione ai veicoli progettati adhoc per l’alimentazione a GPL continuerà, mantenendotuttavia la possibilità di alimentazione a benzina.

Lo sviluppo previsto è contenuto: il GPL è destina-to a restare un prodotto essenzialmente di nicchia. Si trat-ta, comunque, di una nicchia interessante: l’attività diricerca e sviluppo delle aziende del settore continua, esi stanno svolgendo progetti dimostrativi in ambito euro-peo, soprattutto nei Paesi Bassi. La ricerca riguarda ilprocesso di combustione, lo sviluppo di sistemi avanza-ti di iniezione sequenziale, lo sviluppo di kit di conver-sione per motori diesel pesanti, gli studi riguardanti lasicurezza nei parcheggi chiusi e nei tunnel. In Europa(in particolare nei Paesi Bassi e in Italia) vi è la mag-giore concentrazione di aziende che producono impian-ti a GPL, con un livello tecnologico all’avanguardia.

Eteri come componenti per benzinaL’uso degli eteri nelle benzine risale agli anni Set-

tanta quando, cominciando negli Stati Uniti, è stato avvia-to un rapido abbandono del piombo tetraetile – fino adallora usato come efficacissimo antidetonante – sia perla sua tossicità intrinseca sia, soprattutto, perché incom-patibile con i dispositivi catalitici usati sui moderni vei-coli a benzina per ridurre le emissioni. Il piombo tetrae-tile, infatti, si deposita sui siti attivi del catalizzatore,danneggiandolo in maniera permanente.

Gli eteri, unendo un elevato numero d’ottano a unatossicità relativamente bassa, consentivano di compen-sare la perdita del numero di ottano legata all’elimina-zione del piombo, senza dover aumentare troppo la seve-rità del processo di reforming, che dà luogo alla forma-zione di idrocarburi aromatici aventi alto numero di ottanoma una più grande tossicità potenziale.

Inoltre, gli eteri – come anche gli alcoli – contenen-do ossigeno, hanno un benefico effetto sulle emissioni,soprattutto quelle di monossido di carbonio (CO). For-mulazioni ricche di ossigeno – conferito con l’uso dicomponenti ossigenati in genere, ma in pratica soprat-tutto con l’uso di MTBE (metil-ter-butiletere), un com-posto chimico risultante dalla sintesi del metanolo conl’isobutilene – sono state prescritte per la riduzione

dell’inquinamento durante i mesi invernali in 41 cittàdegli Stati Uniti a seguito del Clean Air Act Amendmentdel 1990 (Dartoy et al., 2004)

Gli eteri, diversamente da altri composti ossigenaticome gli alcoli, non danno problemi di alterazione dellecaratteristiche di volatilità o di stabilità della miscela inpresenza d’acqua, il che ne fa ottimi componenti perbenzine. La tab. 2 mette a confronto le proprietà salien-ti di alcuni eteri, di alcuni alcoli e il campo di varia-zione di tali proprietà per la benzina. Come risulta evi-dente dai dati in essa contenuti, i numeri d’ottano sonoelevati per entrambe le classi di composti, ma gli alco-li hanno tensioni di vapore molto alte e cattiva tolle-ranza all’acqua. Tra gli eteri, si è affermato il MTBE,per l’ottimo bilanciamento tra proprietà, producibilitàe costi di produzione. Esso, in questi anni, è stato digran lunga il composto ossigenato alto-ottanico più uti-lizzato nella formulazione delle benzine.

Tuttavia, il cattivo stato di manutenzione di nume-rosi serbatoi delle stazioni di rifornimento negli StatiUniti ha dato luogo a un preoccupante numero di casi diinquinamento della falda acquifera. Tale inquinamento,probabilmente esistente da tempo, è stato rivelato a causadell’elevata solubilità in acqua del MTBE e della suabassa biodegradabilità. Una particolarità del MTBE– nonostante la tossicità contenuta – è di essere rileva-bile al gusto e all’olfatto a concentrazioni bassissime, dipoche parti per milione, per cui l’inconveniente era moltofacilmente avvertibile. Come si comprende, esso veni-va percepito, più che come inquinamento del suolo daparte della benzina, come inquinamento dell’acqua daparte del MTBE.

Nel 1999 lo Stato della California ha deliberato dibandire gradualmente questo composto a cominciaredalla fine del 2003 (limite dello 0,6% al massimo, eriduzione graduale di tale limite negli anni successivi).Per il resto degli Stati Uniti, l’Environmental Protec-tion Agency (EPA), ossia l’agenzia federale per la pro-tezione dell’ambiente, ha assunto posizioni meno dra-stiche, ma la direzione degli interventi è la stessa: ridur-re l’uso del MTBE e incoraggiare i composti ossigenatia esso alternativi, in particolare l’etanolo (Dartoy et al.,2004). In Europa, invece, questo fenomeno non ha avutoluogo e quindi l’uso del MTBE non è messo in que-stione, anche se si ritiene che, alla lunga, l’orientamentostatunitense verrà seguito pure nel nostro continente.

Carburanti a bassa emissivitàdalla filiera del gas naturale

Il Gas Naturale (GN) è una delle fonti energetiche piùabbondanti. Si calcola che le sue riserve siano attorno a150.000 miliardi di m3, dello stesso ordine di grandezza,in termini di energia equivalente, di quelle del petrolio,attualmente stimate attorno a 1.500 miliardi di barili.

730 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

Esso è costituito soprattutto da metano ed è sia unottimo combustibile per applicazioni stazionarie (gene-razione di calore/energia per usi industriali e domesti-ci), sia un ottimo carburante per i veicoli, in particolareper i motori ad accensione comandata.

Trattandosi di un gas, la sua trasportabilità è menoagevole di quella degli idrocarburi liquidi, sia nel casodel suo trasferimento dalle zone di produzione a quelledi utilizzazione, sia in quello dell’immagazzinamento abordo dei veicoli. Per quanto riguarda il primo aspetto,la situazione ottimale si verifica quando il sito di pro-duzione e le zone di consumo non distano molto (in pra-tica non molto più di 1.000 km); diversamente il tra-sporto diventa antieconomico (si parla in questo caso di‘gas remoto’). È in forte crescita la tecnologia di lique-fazione del gas che dà luogo a quello che viene defini-to con la sigla GNL (Gas Naturale Liquefatto). Tale lique-fazione può essere realizzata portando il gas al di sottodi �160 °C e, sebbene il processo sia costoso, esso risul-ta conveniente in molte circostanze, poiché il GNL hauna densità 600 volte più alta del GN gassoso e si pre-sta a venir trasportato a grandi distanze soprattutto viamare, a livello intercontinentale. La liquefazione rap-presenta una soluzione particolarmente conveniente quan-do l’area di produzione e quella di consumo non sonolontane dalla costa. Per esempio, è la soluzione d’ele-zione nel caso del Giappone, che riceve in questa formapiù del 95% del GN che consuma.

Gas naturaleIl gas naturale e altre fonti di metano sono stati usati

come carburanti per autotrazione a partire dagli anniVenti. Negli anni Cinquanta, l’Italia è stata il primo paese

a registrare una significativa presenza di oltre 100.000veicoli alimentati a gas naturale detti anche NGV (Nat-ural Gas Vehicles). Nel 2004, nel mondo, erano censitiquasi 4 milioni di NGV, presenti soprattutto in Argenti-na, Brasile, Pakistan e Italia.

Tradizionalmente il gas naturale è stato usato comesostituto a minor prezzo della benzina. I paesi più attivinel promuovere l’uso del metano in autotrazione sono quel-li che cercano di ridurre la loro dipendenza dalle impor-tazioni di petrolio, spesso mediante lo sfruttamento di pro-prie riserve di gas naturale (come, per esempio, Argenti-na ed Egitto). In molti casi, per agevolare la crescita delmercato, al metano per autotrazione è concesso un tratta-mento fiscale favorevole rispetto alla benzina e al gasolio.

Negli ultimi decenni il gas naturale per autotrazioneha assunto una importanza crescente come misura perridurre le emissioni tossiche degli autoveicoli, costitui-te da precursori di ozono, particolato (PM, ParticulateMatter) e altri composti tossici come il benzene, il tolue-ne, l’1,3-butadiene, la formaldeide e l’acetaldeide.

ProprietàIl gas naturale è composto prevalentemente da meta-

no, con piccole quantità di idrocarburi superiori (etano,propano e butano) e di gas inerti (azoto e biossido di car-bonio). La composizione varia notevolmente su scalainternazionale e può variare perfino tra i diversi pozzi diuno stesso campo di estrazione.

Le proprietà rilevanti per l’uso come carburante perautotrazione sono: a) il contenuto energetico o potere calo-rifico; b) il potere antidetonante; c) il rapporto stechiome-trico della miscela gas/aria; d) la tonalità termica (conte-nuto energetico della miscela gas/aria); e) il contenuto di

731VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

tab. 2. Confronto tra alcuni eteri e alcuni alcoli in termini delle proprietà salientidei componenti per benzina

Numerodi ottano

motore

Numerodi ottano

ricerca

Tensionedi vapore Reid

(kPa)

Temperaturaebollizione (°C)

Tolleranzaall’acqua

Eteri

MTBE 101 118 55 55 Eccellente

ETBE 102 118 28 72 Eccellente

TAME (ter-amilmetiletere) 99 109 10 86 Eccellente

Alcoli

Metanolo 92 125 522 65 Molto scarsa

Etanolo 96 130 222 78 Molto scarsa

TBA (alcol ter-butilico) 95 105 62 71 Scarsa

Benzine 82-88 92-98 70-100 26-230

umidità; f ) il contenuto di zolfo; g) la densità. Tutte questeproprietà dipendono dalla composizione del gas naturale.

Esistono standard internazionali e nazionali chepongono alcuni vincoli alla composizione del gas

naturale per autotrazione: ISO 11439 (tab. 3) e ISO15403, nonché SAE J1616 negli Stati Uniti e AS 4564in Australia.

Il gas naturale presenta ottime qualità motoristiche,in particolare l’elevato potere antidetonante e la grandefacilità di carburazione che, anche nelle fasi di funzio-namento a motore freddo, consente di non arricchire lamiscela, a tutto vantaggio della riduzione delle emissio-ni nel traffico urbano dove i percorsi brevi e frequentisono più numerosi.

Un confronto tra il gas naturale compresso, la ben-zina e il gasolio sulla base dei principali parametri cheinfluenzano l’efficienza di combustione e la sicurezzadei carburanti è riportato nella tab. 4.

Il gas naturale presenta alcuni vantaggi peculiaririspetto ai carburanti liquidi impiegati nei veicoli, che simanifestano nella catena di utilizzazione a monte e avalle del distributore.

Nel primo caso:• può essere usato direttamente nella sua forma natu-

rale, con i normali trattamenti a bocca di pozzo, e

732 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

tab. 3. Specifiche ISO 11439

Componente Tipo di gas

Secco* Umido

Solfuro di idrogeno e altrisolfuri solubili (mg/m3) �23 �23

Ossigeno (% volume) �1 �1

Idrogeno (% volume) �2** �0,1

Biossido di carbonio (% volume) �4

* Per contenuto di vapor acqueo �32 mg/m3

** Per bombole in acciaio con carico di rottura �950 MPa

tab. 4. Principali caratteristiche dei combustibili per autotrazione

GNL GNC Benzina GasolioGPL

(50% propano-50% butano)

Potere calorifico inferiore (MJ/kg) 45-49,8 45-49,8 44,0 42,7 44,5

Potere calorifico inferiore (MJ/m3) 34-36 106,5

Potere calorifico inferiore (MJ/l) 18,5-20,5 32,1-33,8 34,6-36,7 25

Densità a 15 °C (kg/l; solo per il GNC,gassoso a 200 bar)

0,41 0,16-0,19 0,72-0,77 0,81-0,86 0,554

Densità relativa all’aria, allo stato gassoso o vapore

0,53-0,62 3,3 �4 (stima) 1,83

Limiti di infiammabilità (% volume in aria) 5,3-15 1-7,6 0,5-4,1 1,8-9,5

Limiti di detonabilità (% volume in aria) 6,3-13,5 1,1-3,3 _propano: 2,2-9,5butano: 1,8-8,4

Temperatura di autoaccensione (°C) 540 228 260propano: 470butano: 365

Punto di infiammabilità (flash point; °C) �188 tra �40 e �38 �55 tra �187 e �138

Velocità di diffusione in aria (cm/s) 0,16 0,05 –

Velocità di galleggiamento in aria (cm/s) 0,8-6 non galleggia non galleggia non galleggia

Temperatura di combustione adiabatica in aria (°C) 1.900 2.200 �2.200 2.000

Punto/intervallo di ebollizione (°C) �160 30-210 150-380 tra �42 e �0,5

Capacità serbatoio auto per percorrenza di 500 km (l)

40 120 30 25 50

Capacità serbatoio bus per percorrenza di 500 km (l)

240 700 – 150 315

pertanto non necessita di raffinazione e nemmeno diadditivazione;

• essendo trasportato attraverso metanodotti, offre unsistema distributivo continuo e affidabile, senza pro-durre alcun impatto sul traffico di superficie; a dif-ferenza dei prodotti petroliferi, non necessita di gran-di depositi per lo stoccaggio;

• essendo allo stato gassoso, in caso di perdita da ser-batoi interrati non contamina le falde acquifere, a dif-ferenza dei carburanti liquidi.Nel secondo caso:

• non contiene componenti tossici, quali zolfo, benze-ne e altri aromatici, né reattivi precursori di ozono,quali le olefine;

• ha un elevato potere antidetonante (il numero di otta-no viene generalmente stimato tra 120 e 130);

• essendo allo stato gassoso si miscela perfettamentecon l’aria comburente e, a differenza dei carburantiliquidi, non necessita di arricchimento durante le par-tenze a freddo;

• non genera emissioni di vapore, perché i sistemi digestione del carburante a bordo e a terra sono com-pletamente ermetici.Per quanto riguarda la sicurezza, il gas naturale ha

una bassa reattività, quindi non è tossico, ed è più leg-gero dell’aria (v. ancora tab. 4). In caso di trafilamento,esso sfugge verso l’alto e si disperde rapidamente nel-l’aria, con una bassa probabilità di formazione di misce-le combustibili. Per questo motivo, è ridotto il rischio diincidenti causati da scintille o fiamme libere nell’eser-cizio degli impianti di gas naturale (SNAM, 1999).

Negli studi comparati sulla sicurezza dei carburanti,il Gas Naturale Compresso (GNC) risulta generalmen-te più sicuro della benzina. Nel confronto con il gasoliodiesel, l’analisi dei rischi è meno univoca e i giudizisulla sicurezza variano da inferiore (Harvard Center forRisk Analysis, 2000; Modarres, 2002) a comparabile

(NREL, 2000). Il gas naturale è senz’altro migliore delgasolio per quanto riguarda la contaminazione del suolo.

Il principale svantaggio intrinseco del gas naturale èla sua bassa densità energetica che, a parità di percor-renza, implica l’uso di serbatoi di stoccaggio a bor-do molto più voluminosi rispetto ai carburanti liquidi(v. ancora tab. 4). Inoltre, a causa della loro diffusionerelativamente bassa, i veicoli a gas naturale compressonon sempre godono di dispositivi di trattamento dei gasdi scarico altrettanto efficienti e sofisticati dei veicolialimentati a benzina o a gasolio.

In uno studio comparativo dei vari carburanti per auto-trazione condotto dalla International Energy Agency (IEA,1997), il consumo energetico su tutto il ciclo di vita delcarburante (well-to-wheel) del GNC è inferiore a quellodella benzina per i veicoli leggeri (fig. 6) e superiore aquello del gasolio diesel per veicoli sia leggeri sia pesan-ti (fig. 7). In ogni caso il GNC mostra un rendimento ener-getico migliore della maggior parte dei carburanti alter-nativi, incluso il biodiesel nel caso dei veicoli pesanti.

Le elaborazioni alla base dei diagrammi delle figg. 6e 7 tengono conto delle caratteristiche medie dei cicliproduttivi e distributivi dei carburanti e dei rendimentimedi dei veicoli in un contesto internazionale. Tali con-fronti possono variare significativamente in riferimentoa particolari tipologie di veicoli oppure a specifiche zonegeografiche. Per esempio, dove non sono in uso i mini-compressori VRA (Vehicle Refuelling Appliances) cheoperano a bassissime pressioni di aspirazione, il consu-mo energetico attribuito al GNC è decisamente inferio-re rispetto al caso studiato dalla IEA.

Tecnologia dei motoriSviluppo tecnologio dei veicoli leggeri. Le prime

automobili a GNC erano veicoli convertiti con sistemibi-carburante (bi-fuel, benzina o gas naturale) puramentemeccanici, adattatati alla presenza del carburatore.

733VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

consumo di energia relativo (benzina�100)0 50

diesel

biodiesel

GPL, campo

GPL, raffineria

GNC

metanolo, GN

metanolo, cellulosa

etanolo, cellulosa

etanolo,zucchero/amido

idrogeno

100 150 200 250 300 350

fig. 6. Consumo energeticoglobale di vari combustibilirispetto alla benzina(benzina�100), per veicoli leggeri.

A partire dagli anni Novanta sono apparsi i motori abi-carburante della prima generazione, basati su tecno-logie di controllo della combustione operato da compu-ter, generalmente derivate dai motori a benzina, a cui sonoapportate solo le indispensabili modifiche al sistema dialimentazione e di regolazione. Grazie alle caratteristi-che del gas naturale, questi veicoli rispettavano i limitieuropei alle emissioni per l’anno 2000 (Euro 3) e con-sentivano una significativa riduzione delle emissioni dibiossido di carbonio (circa 25%). Per contro, questi moto-ri comportavano una perdita di potenza (circa 10%), dovu-ta alla perdita di carico in aspirazione (causata dalla pre-senza del diffusore) e al maggior volume occupato dalgas nella camera di combustione. A ciò si aggiungevanoil maggior peso e il maggior volume occupato dalle bom-bole di gas rispetto ai serbatoi per carburanti liquidi.

Sono attualmente disponibili i motori della secondagenerazione bi-carburante o dedicati (solo a gas natura-le), che hanno tecnologie di controllo della combustionespecifiche per il gas naturale, come, per esempio, l’inie-zione gassosa multipoint sequenziale fasata (Guerra, 2002).

I prossimi motori dedicati a gas della terza genera-zione avranno nuove tecnologie oggi in fase di svilup-po, quali l’iniezione di gas a pressione variabile, i sen-sori di detonazione e le strategie di controllo per la gestio-ne stechiometrica della miscela, che consentiranno dicogliere completamente i vantaggi potenziali, ambien-tali ed energetici del gas naturale.

Sviluppo tecnologico dei veicoli pesanti. I motori perautobus e per autocarri a ridotto impatto ambientale sonoclassificabili in base a due distinte soluzioni tecnologi-che: a miscela magra (lean burn) e a miscela stechio-metrica.

La prima consente una riduzione dei consumi ed èbasata su un elevato eccesso d’aria, che generalmentetende a penalizzare le prestazioni. A ciò si pone rimediocon l’adozione della sovralimentazione. I motori a misce-la magra, inoltre, richiedono lo sviluppo di sistemi ditrattamento dei gas di scarico in grado di convertire gliossidi di azoto anche in presenza di un eccesso d’aria.

La seconda migliora le prestazioni e permette l’usodei normali catalizzatori a tre vie. Per contro, rispettoalla tecnologia a miscela magra, la riduzione dei consu-mi specifici richiede una maggiore attenzione proget-tuale per la taratura dei motori, cercando di ottenere uncompromesso ottimale tra prestazioni e consumi.

Sistemi di post-trattamento dei gas di scarico. Comeè noto, la molecola di metano è particolarmente stabile.Per ridurre le emissioni allo scarico di metano, i veico-li a GNC richiedono temperature del catalizzatore di circa400-500 °C, significativamente più alte di quelle richie-ste per convertire gli altri idrocarburi normalmente pre-senti nei gas di scarico dei veicoli (circa 270-300 °C).

Come per i veicoli a benzina, anche per i NGV le al-tre emissioni regolamentate, oltre agli idrocarburi, sonogli ossidi di azoto (NOx) e il CO.

Le maggiori temperature di attivazione (light-off tem-perature) dei catalizzatori per NGV comportano, a paritàdi altre condizioni, maggiori emissioni, perché gli inqui-nanti generati prima dell’attivazione del catalizzatorenon vengono convertiti. Con i futuri inseverimenti deglistandard di emissione, la riduzione degli NOx diventeràuna sfida tecnologica anche per i NGV.

I sistemi di post-trattamento avanzati per i NGV com-prenderanno sia nuove formulazioni di catalizzatori –per esempio nuove combinazioni di metalli nobili, rive-stimenti (washcoat) modificati per aumentare l’attivitàdei metalli nobili – caratterizzate da una maggiore atti-vità per la conversione del metano, sia tecnologie ingrado di ridurre il tempo di attivazione del catalizzato-re, quali la localizzazione del catalizzatore vicino a fontidi calore del motore (close-coupled catalyst) o l’uso difonti esterne di calore, come l’energia elettrica (elec-trically heated catalyst). Entrambe queste soluzionirichiedono una spiccata stabilità termica. I catalizzato-ri scaldati elettricamente, inoltre, richiedono una com-pleta riprogettazione del sistema elettrico del veicolo.Un’altra soluzione allo studio consiste nell’inserimen-to, a monte del catalizzatore normale, di una piccolasezione aggiuntiva contenente un catalizzatore specifi-co per il metano. In futuro anche in Europa, come giàavviene in America Settentrionale, l’eventuale adozio-ne di standard relativi agli idrocarburi non metanici(NMHC, Non-Methane HydroCarbons) in sostituzionedegli idrocarburi totali (THC, Total HydroCarbons)potrebbe togliere un po’ di pressione allo sviluppo dicostose tecnologie di controllo delle emissioni di meta-no dai NGV. Tuttavia, poiché l’adozione di uno standard

734 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

consumo di energia relativo (gasolio�100)0 50

biodiesel

GPL, campo

GPL, raffineria

GNC

metanolo, GN

metanolo, cellulosa

etanolo, cellulosa

etanolo,zucchero/amido

100 150 200 250

fig. 7. Consumo energetico globale di vari combustibilirispetto al gasolio (gasolio�100), per veicoli pesanti.

sui NMHC sarà probabilmente accompagnata dall’in-troduzione di uno standard sul metano, in considera-zione del suo elevato potenziale come gas serra, gli sfor-zi di ricerca e sviluppo in questa direzione sono desti-nati a continuare (per i veicoli pesanti la distinzione trai NMHC e il metano è stata introdotta negli standardeuropei già a partire dal 2000).

Stoccaggio a bordo di gas naturale compresso. Il gasnaturale viene normalmente stoccato sui veicoli alla pres-sione di circa 210 bar, in bombole d’acciaio collaudatealla pressione di 300 bar, previste per resistere a pres-sioni fino a 450 bar e sottoposte a ispezione e collaudoogni 5 anni.

Il regolamento europeo R110 riguardante i NGV ditipo OEM (Original Equipment Manufacturer, cioè quel-li di fabbrica), approvato il 28/12/2000 e recepito in Ita-lia con la circolare del Ministero dei Trasporti n. 90 del31/1/2001, e il regolamento R115 riguardante i veicolitrasformati a GNC e GPL ammettono all’impiego suiNGV anche le bombole realizzate parzialmente o total-mente con materiali compositi. Per queste bombole ilregolamento richiede un collaudo periodico ogni 3 anni(in futuro, probabilmente, ogni 4 anni).

Lo sviluppo di tecnologie innovative per lo stoccag-gio a bordo del GNC – come, per esempio, le bombolein metallo avvolte con fibre ultraresistenti, i serbatoicompletamente realizzati in materiali compositi e i ser-batoi adsorbenti – si pone come obiettivi sia il conse-guimento di una maggiore autonomia di percorso perogni rifornimento, sia la riduzione dei volumi con con-seguente minor impatto sull’architettura del veicolo, sia,infine, il contenimento dei costi rispetto ai serbatoi deiveicoli convenzionali.

Aspetti ambientaliA partire dagli anni Sessanta, nei paesi più svilup-

pati il gas naturale ha coperto quote di mercato crescentidei fabbisogni energetici per impieghi di tipo staziona-rio (civili, industriali e del terziario), in virtù del bene-ficio ambientale derivante. Un beneficio ambientale ana-logo è potenzialmente conseguibile anche con l’impie-go del gas naturale come carburante per autotrazione.

Veicoli leggeri. Il primo veicolo con motore a com-bustione interna a raggiungere il livello di emissioniNZEV (Near Zero Emission Vehicle) è stato la HondaCivic GX modello 2001, un NGV dedicato a gas natu-rale e commercializzato in California. Da allora, anchealcuni modelli di automobili a benzina hanno ottenutotale riconoscimento. Essi, tuttavia, hanno richiesto l’im-piego di sistemi di controllo delle emissioni molto piùsofisticati e costosi rispetto ai NGV.

Con l’eccezione del monossido di carbonio, i NGVdedicati di ultima generazione hanno emissioni inferiorial livello EZEV (Equivalent Zero Emission Vehicle), cioèalle emissioni di una centrale elettrica europea associata

alla carica della batteria di un veicolo puramente elet-trico (tab. 5; Brachmann, 1998).

Se i sistemi di post-trattamento delle emissioni pos-sono compensare le emissioni regolamentate dai moto-ri alimentati a benzina, i NGV mantengono un vantag-gio su quelle non regolamentate. Ciò è stato conferma-to recentemente in uno studio del TNO (Toegepast-Natuurweteuschappelijk Onderzoek, organizzazione olan-dese della ricerca scientifica applicata) che ha confron-tato una serie di veicoli a benzina e GNC, costruiti infabbrica originariamente a gas naturale, di livello Euro3, secondo il ciclo Artemis urbano e misto urbano-extraur-bano (fig. 8; Hendricksen et al., 2003).

I NGV presentano migliori prestazioni ambientalirispetto ai veicoli a benzina, sia per quanto riguarda laformazione di ozono a livello del suolo, indicata dai dueparametri POCP (Photochemical Ozone Creation Poten-tial) e TOFP (Tropospheric Ozone Forming Potential),sia per le emissioni di aldeidi leggere, irritanti delle vierespiratorie, di benzene, di benzo[a]pirene e altri idro-carburi policiclici aromatici (PAH, Polyciclic AromaticHydrocarbons), considerati potenzialmente cancerogeni.

Nell’ambito del Gruppo sulle emissioni dei veicoli amotore (MVEG, Motor Vehicle Emission Group) dellaCommissione Europea, il Sottogruppo veicoli e motoria basso impatto ambientale (EEV, Enhanced Environ-mentally friendly Vehicles and engines) ha proposto unostandard di emissioni più severo degli attuali limiti Euro5. Lo standard EEV non è vincolante, ma potrebbe esse-re usato dagli Stati membri come base per incentivi fisca-li. Esso prevede una valutazione separata per NMHC e

735VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

tab. 5. Confronto delle emissioni(g/km, ciclo ECE/EUDC) di un NGV avanzato

coi livelli di emissioni più severi

NGVavanzato

(Honda CivicGX)

EZEV(centrale

elettrica europeaequivalente a Electrical

Vehicle)

EEV

CO 0,25 0,02

THC 0,09 0,25 0,04*

NMHC 0,015**

CH4 0,3**

NOx 0,01 0,20 0,04

SO2 0,44

PM 0,01 0,008

* Opzione 1** Opzione 2

metano (v. ancora tab. 5). Un’automobile a GNC che sod-disfa gli standard EEV avrebbe un’emissione di CO2 equi-valente (comprensiva del metano) di soli 90 g/km (Volpi,1998), ben al di sotto dell’obiettivo dell’Unione Europeadi 120 g/km per l’anno 2010 (European Commission,1995) e leggermente inferiore anche al limite di 95 g/kmper l’anno 2020 stimato da uno studio del 2003 (FURORE[...], 2003).

Veicoli pesanti. A partire dall’introduzione degli stan-dard di emissioni Euro 3 nell’ottobre 2000, le emissioniper i motori a gas naturale sono basate unicamente sulciclo di guida ETC (European Transient Cycle). Per imotori diesel con sistemi avanzati per il controllo delleemissioni, comprensivi di catalizzatori DeNOx e/o fil-tri per il particolato (DPF, Diesel Particulate Filter), gli

standard di emissioni prevedono entrambi i cicli ETC edESC (European Steady-state Cycle). Infine, per i moto-ri diesel convenzionali, inclusi quelli con iniezione elet-tronica del carburante, ricircolo dei gas esausti (EGR,Exhaust Gas Recycling) e catalizzatore ossidante, è pre-visto solo il ciclo ESC.

Oltre agli standard Euro 4 attualmente in vigore e ailimiti Euro 5, che a partire dal 1° ottobre 2008 ridur-ranno il limite per NOx su entrambi i cicli ESC e ETC a2,0 g/kWh, anche per i veicoli pesanti sono stati defini-ti degli standard EEV per classificare i veicoli a bassoimpatto ambientale (tab. 6).

I limiti EEV, benché prescindano dalla scelta del car-burante, indicano il gas naturale come un probabile can-didato, specialmente per gli autobus urbani. In effetti, latecnologia degli autobus a gas naturale, sia a miscelamagra sia a miscela stechiometrica, è già ora in grado disoddisfare gli standard EEV.

Vari studi sono stati condotti per confrontare le emis-sioni di autobus con diversi carburanti e/o tecnologie,sia su cicli di guida standard sia su cicli di guida reali(ARB, 2002; Peckham, 2002; Slodowke, 2003). In unodei più recenti, il TNO ha confrontato autobus a GNC dilivello Euro 3, sia a miscela magra sia stechiometrici,con autobus a GPL stechiometrici e con autobus dieselcon e senza DPF (van Ling et al., 2003). Sulla base deirisultati sintetizzati nella tab. 7, gli autori sono pervenutialle seguenti conclusioni:• i motori stechiometrici (l�1, con catalizzatore a tre

vie) alimentati a GPL e GNC presentano emissionigassose molto basse. Entrambi i motori soddisfanogli standard EEV ed Euro 5 per il 2008;

• il motore a miscela magra alimentato a GNC (l�1,con catalizzatore ossidante) presenta emissioni diNOx superiori a quelle del motore a miscela stechio-metrica. Tutte le altre emissioni sono molto basse;

• il motore diesel senza DPF presenta emissioni di NOx

e particolato molto superiori a quelle dei motori amiscela stechiometrica. Esso non soddisfa il limiteEuro 3 per gli NOx;

736 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

GNC relativo al petrolio (%)0

smog potenzialeTOFP

smog potenzialePOCP

benzene, toluene,xilene

aldeidi leggere

1,3-butadieneciclo Artemis urbano

ciclo Artemis mistobenzo[a]pirene

PAH totale

PM secondario

PM primario

NO2

CO

50 100 150

fig. 8. Confronto di varie emissioni non regolamentate di moderne (Euro 3) vetture per passeggeri alimentate con GNC o benzina (benzina�100%).

tab. 6. Limiti di emissioni per motori pesanti (g/kWh) nel ciclo ETC

Euro 4 (2005) EEV (2000) Stato dell’arte dei bus GNC

Combustione magraCombustione

stechiometrica

CO 4,0 3,0 0,0 0,4

NMHC 0,55 0,4 0,0 0,0

CH4 1,1 0,65 0,2 0,2

NOx 3,5 2,0 3,9 1,6

PM 0,03 0,02 0,012 0,014

• il motore diesel con DPF catalitico presenta emis-sioni di particolato molto basse, confrontabili conquelle dei motori a gas. Tuttavia le emissioni di NOx

rimangono alte e superiori al limite Euro 3. Rispet-to al motore diesel senza DPF, la presenza del DPFaumenta la percentuale di NO2 sul totale NOx

(�NO�NO2) dal 10 al 20%. Questo è un effetto inde-siderato perché l’NO2 è un gas altamente tossico (inparticolare causa irritazioni alle vie respiratorie) edè anche un gas serra con un potere specifico 310 voltesuperiore a quello del CO2.Ulteriori test sono stati effettuati sugli stessi moto-

ri e su un altro motore a miscela stechiometrica ali-mentato a GNC per determinare la distribuzione gra-nulometrica delle particelle emesse durante il ciclo ESC,mediante la tecnica SMPS (Scanning Mobility ParticleSizer) con classificatore elettrostatico e contatore di par-ticelle per condensazione CPC (Condensation ParticleCounter).

I risultati, riportati nella tab. 8, conducono alle se-guenti conclusioni:• tutti i motori a gas e il motore diesel con DPF emet-

tono un numero di particelle con dimensioni linea-ri maggiori di 50 nm, che è molto basso e di alcuni

ordini di grandezza inferiore a quello del motore die-sel senza DPF;

• mentre i motori a GPL e GNC emettono un numerobasso di particelle in tutto l’intervallo granulometri-co, il motore diesel con DPF emette un elevato nume-ro di nanoparticelle (�50 nm). Ciò è dovuto alla for-mazione di solfati nel DPF catalitico, nonostante iltenore molto basso di zolfo nel gasolio (13 mg/kg).Un altro studio significativo è stato condotto da VTT

(Valtion Teknillinen Tutkimuskestus, centro finlandesedi ricerche tecniche) su 7 autobus moderni, di cui 3 die-sel e 4 alimentati a GNC, in cicli di guida reali rappre-sentativi della città di Braunschweig (Germania) e dellacontea statunitense Orange County (Nylund et al., 2004).Alcuni autobus diesel erano equipaggiati con trappoledi particolato di tipo CRT (Continuously RegeneratedTrap), un dispositivo che riduce le emissioni di partico-lato in massa, numero di particelle PAH e aldeidi, a sca-pito di un aumento del consumo specifico di carburan-te e delle emissioni di NO2. I risultati, sintetizzati nellafig. 9, indicano che la motorizzazione GNC a miscelamagra di livello EEV è la soluzione migliore per tutti iparametri ambientali, a eccezione delle emissioni di CO2.Gli attuali motori pesanti a GNC sono infatti motori ad

737VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

tab. 7. Confronto delle emissioni regolamentate e di NO2 nei cicli ETC e DBTC(Dutch Bus Transient Cycle)

Tipo di motorePriva

del cicloNMHC(g/kWh)

CH4(g/kWh)

CO(g/kWh)

NOX

(g/kWh)NO2

(g/kWh)PM

(g/kWh)

GPL l�1 ETC 0,0 0,0 1,8 0,1 0,0 0,009

DBTC 0,0 0,0 0,1 0,6 0,0 0,007

GNC l�1 ETC 0,0 0,2 0,4 1,6 0,4 0,014

DBTC 0,0 0,1 0,1 2,0 0,0 0,015

GNC combustione magra ETC 0,0 0,2 0,0 3,9 0,6 0,012

DBTC 0,1 0,6 0,0 4,9 0,5 0,012

Diesel ETC 0,3 0,0 2,5 5,6 0,5 0,109

DBTC 0,3 0,0 2,2 6,4 0,4 0,114

Diesel�DPF ETC 0,0 0,0 0,0 5,6 2,6 0,005

DBTC 0,0 0,0 0,0 6,5 2,9 0,007

Limiti 0,0 Solo GNC Diesel

Euro 3 - 2000 ETC 0,78 1,60 5,45 5,0 0,160

Euro 4 - 2005 ETC 0,55 1,10 4,00 3,5 0,030

Euro 5 - 2008 ETC 0,55 1,10 4,00 2,0 0,030

EEV 2000 ETC 0,40 0,65 3,00 2,00 0,020*

* Applicabile anche ai motori a gas

accensione comandata operanti secondo il ciclo Otto,che è intrinsecamente meno efficiente del ciclo Diesel.Questo svantaggio è in buona parte compensato dal piùbasso rapporto carbonio/idrogeno del metano rispetto algasolio (1:4 contro 1:1,83).

Analogamente al caso dei veicoli leggeri, in terminidi emissioni regolamentate, gli autobus diesel possonoraggiungere le stesse prestazioni ambientali degli auto-bus a GNC quando siano dotati di sofisticate tecnologiedi controllo delle emissioni, quali CRT e trappole cata-litiche o sistemi SCR (Selective Catalitic Reduction) per

gli NOx. Gli autobus a GNC manterrebbero presumibil-mente un vantaggio in termini di emissioni non regola-mentate, quali NO2, PAH totali, PAH cancerogeni, muta-genicità (test di Ames) e aldeidi.

MetanoloIl metanolo è ottenibile a partire dal gas naturale o dal

carbone, in impianti di grande potenzialità. Come tutti glialcoli contiene ossigeno, anzi è l’alcol che ne contiene dipiù; inoltre ha un potere antidetonante molto elevato. Esso,quindi, si presenta come un ottimo candidato per una uti-lizzazione da carburante per motori a ciclo Otto, e in pas-sato è stato oggetto di numerosi studi per un suo impiegoesclusivo oppure come componente di benzine.

Vi sono stati anche tentativi di applicazione del meta-nolo a motori a ciclo Diesel: la sua combustione privadi fuliggine si presentava molto attraente anche per que-sto uso, sebbene le caratteristiche di difficile autoac-censione, che, almeno in linea di principio, lo rendonoun ottimo sostituto delle benzine, creino problemi aimotori diesel. Questi problemi sono stati risolti più omeno brillantemente con vari approcci, come l’aggiun-ta di additivi, l’uso in motori a due tempi a lavaggio con-trollato, i sistemi a doppia iniezione.

Tuttavia, nonostante le buone caratteristiche di base,il metanolo presenta alcuni inconvenienti che non nehanno permesso la diffusione come carburante. In parti-colare, esso ha una tendenza molto accentuata a separar-si dagli idrocarburi anche in presenza di quantità estre-mamente piccole di acqua. Questo è un aspetto del tuttoindesiderabile in un componente della benzina, in quan-to nel circuito la possibilità di piccole contaminazioni conacqua è ineludibile, se non altro con quella che derivadalla condensazione del vapor d’acqua contenuto nell’a-ria sovrastante il pelo libero del carburante nei serbatoi.L’uso di componenti in grado di mantenere il metano-lo in fase idrocarburica anche in presenza di apprezza-bili concentrazioni di acqua (solutizer a base di alcolisuperiori C3-C6) si è rivelato non soddisfacente e/o non

738 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

tab. 8. Numeri di particelle di granulometria �50 nm, �50 nm e totali tra 12 e 600 nmemessi da motori diesel e a gas

ESC 13-modinumero di particelle

(numero/kWh)

Diesel Euro 3290 mg/kg S

(1014)

DieselEuro 3

13 mg/kg S(1014)

Diesel�DPFEuro 3

13 mg/kg S(1014)

GPLl�1

(1014)

GNC1l�1

(1014)

GNCcombustione

magra(1014)

GNC2l�1

(1014)

�50 nm 4,8 1,3 9 0,003 0,800 0,002 0,001

�50 nm 1,8 1,3 0,003 0,013 0,040 0,001 0,001

Totale 6,6 2,6 9 0,016 0,840 0,003 0,002

Massa del particolato ETC(g/kWh)

0,109 0,100 0,005 0,009 0,014 0,012 0,012

FANMHC

100%

50%

0%

AmesPM#

NO2PM

NOxCO2

GNC EEV miscela magraEuro 3 diesel�CRTEuro 3 diesel

fig. 9. Confronto delle emissioni di motori diesel pesanti a livello Euro 3, diesel Euro 3 con CRT e motore a miscela magra alimentato a GNC a livello EEV. Ciclo Braunschweig.Risultato peggiore�100%. FA, formaldeide; Ames, test di mutagenicità; PM, massa di particelle del particolato; PM#, numero di particelle del particolato.

economico. Il metanolo, inoltre, presenta una notevoleaggressività nei confronti di diversi materiali: infatti cor-rode i metalli e altera le caratteristiche meccaniche odimensionali degli elastomeri di cui sono costituiti moltielementi di tenuta (guarnizioni) nei motori. Infine, perragioni di sicurezza di manipolazione, non può essereusato puro, in quanto la sua fiamma è praticamente invi-sibile (proprio per l’assenza di fuliggine) e l’innesco diun incendio potrebbe venir notato troppo tardi.

DimetiletereIl dimetiletere (DME) è ottenibile, come il metano-

lo, a partire dal gas naturale o dal carbone. L’interesseper l’utilizzazione di questa sostanza come carburan-te per autotrazione risale ai primi anni Novanta, quandoalcuni ricercatori della società danese Haldor Topsøe edell’Università Tecnica della Danimarca provarono ilDME in un piccolo motore diesel per generazione elet-trica, scoprendo così le sue eccellenti proprietà come car-burante per motori a ciclo Diesel (Sorenson e Mikkelsen,1995). Successivamente la stessa Haldor Topsøe, l’Amo-co, la Navistar e l’AVL (Anstalt für Vebrennungskraft-machinen, Hans List), con il supporto dello statunitenseDoE (Department of Energy), avviarono studi su moto-ri sperimentali di cilindrata fino a 7,6 l, che dimostraro-no la possibilità di ottenere livelli di emissioni ULEV(Ultra Low Emission Vehicle; Fleisch et al., 1995). Daallora si sono succedute varie dimostrazioni su autobuse su autocarri sia in Europa sia in America Settentrio-nale (McCandless, 2003; Hansen et al., 2000).

Proprietà Proprietà generali. In condizioni ambientali standard il

DME è gassoso e invisibile. Esso è più pesante dell’aria equindi, in caso di fuga, si concentra sul pavimento di unlocale. Sottoposto a una pressione di circa 5 bar, condensa.La sua tensione di vapore è simile a quella del GPL e per-ciò richiede lo stesso tipo di trattamento e di stoccaggio.

Aspetti ambientali, tossicologici e di sicurezza. IlDME non è tossico e infatti trova applicazione come pro-pellente negli spray per uso cosmetico. Inoltre, non con-tribuisce alla distruzione dello strato di ozono stratosfe-rico, non è corrosivo e non risulta classificato come com-posto cancerogeno negli archivi delle sostanze pericolose.Esso brucia in un ampio intervallo di rapporto aria/car-burante producendo una fiamma blu visibile.

Proprietà specifiche per la combustione in motore. IlDME è caratterizzato da un alto numero di cetano e dauna bassa temperatura di autoaccensione. Queste pro-prietà lo rendono un carburante ideale in motori ad accen-sione per compressione. La bassa densità allo stato liqui-do e il basso potere calorifico richiedono l’iniezione dimaggiori volumi rispetto al gasolio. La sua rapida eva-porazione, una volta iniettato in camera di combustione,e il breve ritardo di accensione fanno sì che la sua com-

bustione sia particolarmente pulita e non generi fumi. IlDME non è compatibile con la maggior parte degli ela-stomeri, e ciò rende necessaria una scelta attenta dei mate-riali delle guarnizioni a contatto prolungato con esso.

Tecnologia dei motoriUn motore per DME è caratterizzato da un sistema

di iniezione a pressione relativamente bassa. Ciò potreb-be comportare l’utilizzazione di motori più leggeri emeno costosi dei corrispondenti per gasolio. Le princi-pali differenze tra un motore per DME e uno per gaso-lio riguardano il sistema di iniezione, che richiede: pres-sioni di iniezione comprese tra 200 e 300 bar, contropressioni tra 500 e 1.500 bar per un moderno motorediesel a iniezione diretta; un particolare sistema di sigil-latura attorno ai pistoni delle pompe di iniezione; l’ag-giunta di opportuni additivi miglioratori delle proprietàlubrificanti, oppure l’uso di materiali idonei alle scarseproprietà lubrificanti del DME senza additivi.

Aspetti ambientaliEfficienza energetica ed emissioni di gas serra. L’ef-

ficienza energetica globale con il DME è inferiore a quel-la con gasolio diesel, soprattutto a causa delle perditerelativamente elevate di contenuto energetico nella sin-tesi del DME da gas naturale (circa 30%). Il recente stu-dio promosso da Unione Europea, CONCAWE (CON-servation of Clean Air and Water in Europe) ed EUCAR(EUropean Council for Automotive R&D) ha eviden-ziato che l’energia spesa ‘dal pozzo al serbatoio’ rappre-senta solo il 13% dell’intero ciclo di vita per il gasolio,contro il 36% per il DME da gas naturale e il 53% per ilDME da biomasse. Le emissioni di gas serra del DMEda gas naturale risultano equivalenti a quelle del gaso-lio, ma, a differenza del gasolio, il DME può essereanche prodotto da fonti rinnovabili, e in questo caso ilbilancio del CO2 è particolarmente favorevole. Il con-fronto fra efficienza energetica ed emissioni GHG (GreenHouse Gas; fig. 10) evidenzia come l’opzione DME dagas naturale non apporti alcun particolare vantaggio

739VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

GH

G (

g C

O2e

q/km

)

0204060

10080

120140160180200

energia (MJ/100 km)150 250200

diesel convenzionale

DME: GN

DME: legno

350300 450400 550500 600

fig. 10. Richiesta energetica globale ed emissioni di gas serra (GHG).

rispetto al riferimento convenzionale rappresentato dalgasolio diesel, mentre il DME da biomasse offre signi-ficativi vantaggi sul fronte delle emissioni GHG, ma alprezzo di consumi energetici decisamente superiori.

Emissioni regolamentate. Nell’ambito della dimo-strazione dell’autobus Volvo con motore a 6 cilindri inlinea da 9,6 l e iniettore prototipo tipo common rail sonostati ottenuti livelli di emissioni che soddisfacevano lespecifiche Euro 3, ma non ancora quelle Euro 4 (tab. 9;Bio-DME Consortium, 2002; Hansen et al., 2000).

Emissioni non regolamentate. Poiché il DME noncontiene zolfo, non vi è la possibilità di formazione dibiossido di zolfo (SO2) nel processo di combustione,mentre la struttura molecolare del DME favorisce la for-mazione di formaldeide nel processo. La quantità effet-tiva di formaldeide emessa allo scarico è tuttavia con-trollata dal catalizzatore ossidante e può essere moltobassa, essendo l’efficienza di conversione della formal-deide relativamente elevata. A causa della struttura sem-plice del DME, le emissioni di idrocarburi aromatici,quali benzene, toluene, xileni e poliaromatici, sono moltobasse e simili a quelle generate dal gas naturale e dalGPL (Rijkeboer et al., 1994).

Prodotti GTL idrocarburiciNegli ultimi decenni si è sviluppato un notevole inte-

resse per i processi e i prodotti GTL (Gas To Liquids),

idrocarburi ottenuti per sintesi a partire dal gas naturale(v. cap. 2.6).

Essi sono i derivati del processo Fischer-Tropsch(FT), ideato in Germania negli anni Venti per sintetiz-zare benzina dal carbone e sviluppato poi nella Repub-blica Sudafricana negli anni dell’apartheid per far fron-te all’isolamento economico dovuto all’embargo pro-mosso a suo tempo dall’Organizzazione delle NazioniUnite (ONU).

Tra i prodotti di questi processi sono ovviamente im-portanti (anche se non sono gli unici) quelli utilizzabilicome carburanti per autotrazione, che possiedono lo stes-so intervallo di distillazione della benzina e del gasolio.

Nella loro composizione chimica prevalgono le paraf-fine lineari, caratterizzate da un basso numero di ottanoe da un elevato numero di cetano: questa caratteristicarende tali componenti poco interessanti per la benzinama ottimi per il gasolio, e pertanto si cerca di orientareil processo (o meglio, la parte di esso che determina ladistribuzione delle rese tra prodotti leggeri e pesanti) aminimizzare la produzione del componente benzina.

Come viene indicato nella tab. 10, due ulteriori aspet-ti che caratterizzano molto positivamente questi prodot-ti dal punto di vista dell’impatto ambientale sono l’as-senza di zolfo e di idrocarburi aromatici, che, in un modoo nell’altro, influenzano la tossicità delle emissioni deimotori (v. par. 8.3.1). Queste due caratteristiche sonomolto positive sia per la riduzione delle emissioni in sé,sia per il buon funzionamento dei sistemi di post-tratta-mento (Alleman e McCormick, 2003).

L’insieme dei risultati tratti da prove su 24 diversi moto-ri e veicoli (Alleman e McCormick, 2003), sia leggerisia pesanti, dove il gasolio da FT è stato confrontatocon un gasolio convenzionale americano (nr. 2 diesel)e con un gasolio a bassissimo tenore di zolfo (ULSD,Ultra Low Sulphur Diesel) mostra come l’uso del gaso-lio da FT porti, nella maggior parte dei casi, a migliora-menti apprezzabili sia in termini di NOx (in media 13%)sia di particolato (in media 26%). Gli effetti sono da ascri-vere soprattutto alla natura completamente paraffinica del

740 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

tab. 9. Emissioni ottenute nel progetto dimostrativoVolvo e confronto con le specifiche europee.Valori in g/kWh sul ciclo ECE R49 a 13 modi

NOX HC CO PM

Motore DME al banco 2,99 0,25 0,12 �0,02

Veicolo DME�cat. ossidante 3,3 0,25 0,03 n.d.

Limiti Euro 3 (2000) 4,90 0,77 2,80 0,11

Limiti Euro 4 (2005) 2,45 0,39 1,40 0,05

tab. 10. Confronto tra un gasolio convenzionale e uno da GTL in terminidi alcune proprietà salienti

Gasolio convenzionale Gasolio GTL

Densità a 15 °C 0,82-0,45 0,77-0,79

Numero di cetano 50-55 oltre 70

Zolfo* 50 ppm meno di 1 ppm

Aromatici totali 30-35 0,1-2,0

Idrogeno (% in peso) 13-13,5 14,5-15

* Specifica europea 2005

carburante, in quanto le paraffine, contrariamente agliaromatici, tendono meno a dar luogo a formazione difuliggine e a prodotti di condensazione, come i PAH, chehanno natura aromatica. Esse, inoltre, hanno una tem-peratura di fiamma più bassa rispetto agli idrocarburiaromatici e quindi generano meno NOx.

Il numero di cetano (n.c.) del gasolio da FT è moltopiù alto di quello di un gasolio convenzionale; questo nonè un vantaggio di per sé, ma in quanto (v. par. 8.3.1) èimportante che il n.c. del carburante non sia troppo diver-so da quello con cui si è sviluppato il motore. Mentre unn.c. troppo basso, riducendo il tempo disponibile per lacombustione, determina l’aumento del monossido di car-bonio e degli idrocarburi, un n.c. troppo alto fa sì che lacombustione cominci prima che la miscelazione tra ariae carburante sia sufficiente, determinando un aumentodella formazione di fuliggine e quindi di particolato.

La densità, invece, è molto più bassa di quella di ungasolio convenzionale, e questo, pur non essendo un in-conveniente ai fini delle emissioni, determina un calo diprestazioni del motore (il sistema di iniezione lavora subase volumetrica e una densità più bassa significa unadiminuzione della massa di carburante iniettata).

Entrambe queste differenze fanno sì che il gasolioGTL puro non possa venir sfruttato al massimo delle suepotenzialità su motori che non vengano sviluppati, oalmeno ritarati, per tenerne conto. Esperienze in questosenso hanno dato risultati molto positivi (May, 2003) maè dubbio che tale ottimizzazione sia utilizzabile nellapratica, dato che non esiste una rete di distribuzione delprodotto puro.

Come componente del gasolio convenzionale il gaso-lio GTL è comunque di notevole pregio, sia per miglio-rare un gasolio base di qualità insufficiente, sia per laformulazione di gasoli di qualità superiore. A questo pro-posito la fig. 11 illustra qualche dato sui miglioramenti

ottenibili su motori per veicoli medi e pesanti (Clarket al., 2005).

In ogni gruppo le tre barre superiori misurano gliaumenti del n.c. e le diminuzioni del contenuto di aro-matici e di zolfo conseguenti all’aggiunta del 30% digasolio GTL a diversi gasoli base; le due inferiori, inve-ce, rappresentano le risultanti variazioni percentuali delleemissioni di NOx e di particolato. I primi due gruppi sonorelativi all’aggiunta a gasoli di qualità bassa (caratteriz-zati da n.c. bassi) alimentando un motore Euro 3; il terzoe quarto gruppo sono relativi all’aggiunta a un ULSD,alimentando un motore Euro 4 e un motore Euro 5. Ibenefici, soprattutto sul particolato, sono visibili in tuttele modalità di utilizzazione del componente GTL. Suiveicoli leggeri i benefici sul particolato e sugli NOx sonomeno marcati, mentre sono forti quelli sul monossido dicarbonio e sugli idrocarburi (che non sono tuttavia unproblema per i motori Diesel).

I dati mostrano inoltre (Clark et al., 2005; Schaberget al., 2005) che, ancor più rispetto ai motori pesanti,l’effetto dell’aggiunta di gasolio GTL è chiaramente nonlineare: i benefici incrementali sono massimi a bassepercentuali e apparirebbe non vantaggioso superare il30-50%.

Biocarburanti

I biocarburanti (o biocombustibili) per autotrazionesono carburanti liquidi prodotti da materie prime rinno-vabili. Infatti, a differenza dei carburanti tradizionali(benzina e gasolio Diesel) che si ottengono da materieprime fossili, essi sono derivati da biomasse di originevegetale o animale, mediante processi industriali basatisulle operazioni unitarie tipiche della raffinazione e del-l’industria chimica (macinazione, estrazione, filtrazio-ne, distillazione, reazioni catalizzate e/o biocatalizzate).

741VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

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gasolio base n.c. 46motore Euro 3

differenza numerodi cetano

differenza aromatici(% massa)

differenza zolfo(ppm/20)

differenza NOx (%) differenza PM (%)

gasolio base n.c. 43motore Euro 3

gasolio base ULSDmotore Euro 4

gasolio base ULSDmotore Euro 5

fig. 11. Effetto dell’aggiuntadi 30% di gasolio GTLsulle caratteristiche del gasolio e sulle emissionidi motori medio-pesanti(Clark et al., 2005).

In accordo con la definizione, sono considerati bio-carburanti:• l’alcol etilico o etanolo, ottenuto per fermentazione

degli zuccheri contenuti nelle biomasse (di qui ilnome di bioetanolo);

• l’alcol metilico o metanolo, ottenuto per termode-composizione del legno. Questo procedimento, concui veniva prodotto l’alcol metilico (appunto chia-mato spirito di legno) agli albori della chimica, è statoin seguito completamente soppiantato dal più effi-ciente processo di produzione da gas naturale o dacarbone. Ricerche recenti per ottimizzare la produ-zione di metanolo da cellulosa hanno evidenziatocome sia più conveniente utilizzare la stessa materiaprima per ottenere invece il bioetanolo;

• gli esteri metilici o etilici degli acidi grassi di origi-ne vegetale o animale. Sono miscele di sostanze conun numero di atomi di carbonio che varia da 15 finoa 24, con caratteristiche compatibili con i carburan-ti per motori diesel e in funzione della qualità deglioli e dei grassi di provenienza. Per questa ragionesono meglio noti come biodiesel.L’uso di carburanti di origine vegetale nei motori a

combustione interna risale ai primi anni del 20o secolo,ma il vero interesse è nato in tempi più recenti, sotto laspinta della tematica ambientale. I biocarburanti, infat-ti, in quanto fonti di energia rinnovabile, forniscono uncontributo positivo al bilancio del CO2 nell’atmosfera.Infatti, la maggior parte del CO2 prodotto durante la com-bustione dei biocarburanti nel motore viene riutilizzataper la produzione delle biomasse da cui sono originati,secondo il ciclo riportato nella fig. 12 (Biofuels [...], 2002).

Bioetanolo

Aspetti generaliIl bioetanolo è ottenuto per fermentazione di prodotti

agricoli ricchi di carboidrati e di zuccheri, quali i cerea-li (mais, sorgo, frumento, orzo), le colture zuccherine

(bietola e canna da zucchero), la frutta, le patate e levinacce. Esso può essere prodotto anche a partire da bio-masse cellulosiche, ovvero dalla gran parte dei prodottio dei sottoprodotti delle coltivazioni, nel qual caso lebiomasse vengono idrolizzate per produrre monosacca-ridi che successivamente vengono fermentati.

L’uso dell’etanolo di origine vegetale per autotra-zione fu promosso da Henry Ford nei primi anni del 20o

secolo. Nel 1938, nel Kansas, si producevano 18 milio-ni di galloni/a (circa 54.000 t/a) di etanolo per autotra-zione. L’interesse per l’etanolo diminuì dopo la Secon-da Guerra Mondiale, a causa dell’enorme disponibilitàdi petrolio e di gas, ma vi fu una ripresa negli anni Set-tanta, a seguito della prima crisi petrolifera, e negli StatiUniti, alla fine del decennio, diverse compagnie petro-lifere misero in commercio benzina contenente il 10%di etanolo, il cosiddetto gasohol. Nello stesso periodol’uso dell’etanolo fu incoraggiato anche in Brasile, dovetra il 1975 e il 1985 la produzione di canna da zucche-ro quadruplicò proprio per l’accresciuta produzione dibioetanolo. Più recentemente, l’approvazione da partedel Congresso degli Stati Uniti degli emendamenti alClean Air Act (1990), che imponevano un contenutominimo di ossigeno nelle benzine destinate alle areemetropolitane più inquinate, ha favorito l’uso di additi-vi ossigenati, all’inizio soprattutto MTBE ma ora sem-pre più etanolo.

Tecnologia di produzioneL’etanolo è prodotto dalla fermentazione di alcuni

monosaccaridi (per esempio il glucosio), che sono con-tenuti nello zucchero (di canna o di barbabietola), neicarboidrati (amido) e nella cellulosa. Poiché è più faci-le convertire gli zuccheri e l’amido in glucosio, rispet-to alla cellulosa, la maggior parte dell’etanolo prodot-to nel mondo proviene dai primi, ricavati dai cereali edalla canna da zucchero. Nel caso dei cereali, i sotto-prodotti della lavorazione possono essere utilizzati nellaproduzione di mangimi, mentre in quello della canna

742 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

combustibilifossili

emissioni CO2rinnovabile

emissione CO2non rinnovabile

degradazioneresidui organici

rifiuti

fotosintesi clorofillianadel CO2

veicoli abiocombustibili

raccolto allaproduzione di

biocombustibili

fig. 12. Biocombustibili e ciclo del carbonio.

da zucchero si ottiene un sottoprodotto, denominato‘bagassa’, che può essere destinato alla produzione dienergia termica.

Il processo a partire da cellulosa prevede uno stadiodi idrolisi acida, per ottenere lo zucchero, seguito dallafermentazione. Sono disponibili due tecnologie di idro-lisi basate rispettivamente su acido solforico diluito e suquello concentrato, che presentano però alcune criticitàlegate alla corrosività dell’acido. L’idrolisi con acido con-centrato ha una resa più elevata, ma pone anche un pro-blema di recupero e di riciclo dell’acido stesso, opera-zioni che aggiungono complessità al processo, renden-dolo di minor interesse rispetto a quello con acido diluito.

Un’alternativa promettente è l’idrolisi enzimatica(cellulasi) che, oltre a eliminare i problemi connessi conl’utilizzazione di acido solforico, permetterebbe di ridur-re le temperature di esercizio, riducendo la degradazio-ne termica degli zuccheri prodotti.

Esiste una larga varietà di materie prime disponibiliper la produzione di bioetanolo (Kim e Dale, 2004); traqueste i più alti rendimenti sono ottenuti con la canna dazucchero e con i cereali, in particolare riso e mais.

L’utilizzazione della canna da zucchero per la pro-duzione di etanolo ha avuto uno forte sviluppo in Brasi-le, dove nel 2002 la produzione di bioetanolo è stata di12 miliardi di litri. Negli Stati Uniti la materia prima pre-ferita è il mais: da questo cereale, nel 2001 sono statiprodotti 7 miliardi di litri di bioetanolo e nel 2003 lacapacità disponibile ammontava a 13 miliardi di litri(Coelho e Goldemberg, 2004).

Il rendimento di bioetanolo a partire da cereali siaggira intorno al 35% (35 kg di etanolo, oppure 43 litrida 100 kg di cereali fermentati).

L’utilizzazione di biomasse cellulosiche, per esem-pio gli scarti di lavorazione della coltivazione dei cerea-li, presenta grandi potenzialità. Purtroppo, con gli attua-li livelli tecnologici, pur utilizzando materie prime pocopregiate, la produzione di etanolo da cellulosa è ancoramolto costosa (30-40% in più rispetto alla produzioneda cereali e 45-55% rispetto alla canna da zucchero).

Bioetanolo come carburanteL’etanolo è un eccellente carburante, in quanto ha un

numero di ottano (research�108,6; motor�89,7) supe-riore a quello della benzina. Può essere miscelato diret-tamente nella benzina senza particolari modifiche al mo-tore oppure usato tal quale in motori dedicati. Per esem-pio, in Brasile l’etanolo è usato sia anidro in miscela conbenzina dal 20 al 26%, sia nella forma idrata a 95,5°,quindi con un 4,5% di acqua (Coelho e Goldemberg,2004). Con miscele superiori al 26%, possono insorge-re problemi dovuti al potere solvente e corrosivo del-l’alcol nei motori convenzionali. Le miscele vengonosolitamente indicate con la sigla E seguita da un nume-ro di due cifre che segnala la percentuale di etanolo (per

esempio E10 identifica la miscela al 10%). La presenzadi quantità anche minime di acqua nelle miscele può dareluogo a separazione di fase.

L’aggiunta di etanolo alla benzina ha un effetto para-gonabile a quello di altri additivi ossigenati come ilMTBE: si riduce sensibilmente l’emissione di idrocar-buri incombusti e di monossido di carbonio. Per controc’è un leggero aumento degli NOx e delle aldeidi. Inol-tre, a parità di benzina, la miscelazione con etanoloaumenta la tensione di vapore e quindi le emissioni divapori. Le problematiche connesse con l’utilizzazionedell’etanolo possono essere risolte con la sua trasfor-mazione in ETBE, che non ha problemi di volatilità o dimiscibilità con la benzina.

Aspetti ambientaliLa spinta più forte allo sviluppo dei biocombustibi-

li è sempre stata quella di tipo ambientale, collegata allanecessità di individuare soluzioni praticabili per conte-nere l’inquinamento, soprattutto nelle grandi città, cau-sato dai carburanti fossili usati per i trasporti.

A livello locale l’utilizzazione dell’etanolo contribui-sce effettivamente a una benefica riduzione delle emissio-ni di CO. Per quanto riguarda la riduzione delle emis-sioni di CO2, questo effetto può essere valutato solo attra-verso il bilancio energetico complessivo che tenga contodelle diverse fasi (agricola, trasformazione industriale,consumo finale). Per i risultati di bilanci condotti indi-pendentemente da diversi autori per il bioetanolo da maisvedi Shapouri et al., 2002. Il bilancio energetico è favo-revole al bioetanolo quando l’energia netta è positiva.Come appare evidente, alcuni dati sono positivi e altrinegativi, ma soprattutto variano in un intervallo ampio,indicativo della difficoltà di individuare e quantificaretutti gli aspetti del problema.

Un confronto tra il bilancio energetico del bioeta-nolo e del biodiesel (v. oltre) è riportato nella fig. 13(Armstrong et al., 2002). I crediti energetici vengonoaggiunti progressivamente al caso-base senza crediti:risparmio energetico derivante dalla sostituzione del car-burante convenzionale, valorizzazione del panello co-me mangime e utilizzazione delle biomasse di scartocome carburanti. Si evince come la produzione di bioeta-nolo dalla barbabietola da zucchero sia più convenientedi quella da grano, che mostra un bilancio energetico pocovantaggioso e piuttosto incerto in tutti i casi, come evi-denziato dalle barre di errore, a meno di considerare valo-rizzabili tutte le biomasse di scarto (per esempio, la paglia).Quest’ultimo è uno scenario ritenuto improbabile.

Biodiesel

Aspetti generaliIl biodiesel è costituito da esteri metilici ed etilici

di acidi grassi, prodotti attraverso una reazione di

743VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

transesterificazione, un processo nel quale oli vegetalie animali sono fatti reagire con un eccesso di alcol, inpresenza di un catalizzatore. Nella pratica industriale piùconsolidata, si usa prevalentemente alcol metilico.

Il prodotto finale è costituito da una miscela di 6 o 7metilesteri, che contiene non meno del 10% di ossigenoe che può essere utilizzata come carburante per autotra-zione, sia miscelata con gasolio sia tal quale. Il sotto-prodotto che si ottiene dalla reazione di produzione è laglicerina (o glicerolo).

L’utilizzazione di oli vegetali nei motori con accen-sione spontanea risale allo stesso Rudolf Diesel che nel1900 dimostrò la capacità del motore da lui realizzato difunzionare con olio di arachidi.

Negli anni Settanta, la crisi petrolifera riportò allaribalta l’idea di utilizzare gli oli vegetali come carbu-ranti diesel. Lo sforzo di ricerca coinvolse istituti diricerca, stazioni del Dipartimento dell’Agricoltura degliStati Uniti, imprese agricole o costruttrici di mezzi ditrasporto. Furono organizzati convegni internazionali,come il National Energy Symposium (Kansas City,1980) e la International Conference on Plant and Vege-table Oils as Fuels (Fargo, North Dakota, 1982). I datidiscussi in questi ambiti furono concordi nel confer-mare come negative le esperienze di utilizzazione deglioli tal quali, per diverse ragioni, come la formazione diincrostazioni nella camera di scoppio, il bloccaggiodegli iniettori, la diluizione del lubrificante e così via.Le ricerche si indirizzarono, quindi, verso la prepara-zione, a partire dagli oli vegetali, di esteri metilici oetilici e la loro utilizzazione nei motori diesel (Fedelie Girelli, 2001).

Tecnologia di produzioneSulla Terra esistono più di 4.000 specie di piante

oleaginose, dalle quali è possibile produrre olio vege-tale. Alberi come la palma e il cocco, oppure pianteannuali come la soia, la colza e il girasole, vengonocoltivate su milioni di ettari. Nel 1999 la superficie

totale coltivata a oleaginose era di 172 milioni di etta-ri, con una produzione di circa 280 milioni di tonnel-late e una resa media di 1,6 t/ha. Circa l’80% era rap-presentato dalla soia, dal girasole e dalla colza (Rivaet al., 1999).

Le sostanze grasse sono presenti nei semi, accom-pagnate da una matrice proteica che le supporta. Scopodella tecnologia di estrazione è conseguire la separa-zione di questi componenti (grassi e proteine). I siste-mi di estrazione sono di tipo meccanico (normalmen-te a pressione) oppure chimico (a solvente, di solitoidrocarburico, ma anche solventi clorurati); nella pra-tica essi vengono utilizzati in maniera quasi semprecombinata. L’estrazione meccanica viene operata susemi contenenti materia grassa in percentuale superio-re al 20% (come la colza e il girasole, che hanno con-tenuti iniziali di circa il 40%) e consente di arrivarefino a un tenore residuo del 10-15%. È a questo puntoche, per ottenere tenori residui inferiori, si procede conl’estrazione chimica.

Il principale prodotto del processo è l’olio grezzo,mentre il residuo solido (panello o farina proteica) vienesolitamente utilizzato nell’alimentazione animale, inci-dendo significativamente sull’economia della produzio-ne. L’olio grezzo può essere successivamente raffinatoallo scopo di correggerne l’acidità ed eliminare le impu-rezze e i pigmenti.

L’analisi quantitativa (bilancio di massa) dell’interoprocesso, calcolata per 1 tonnellata di semi di girasole,è la seguente (valori medi in base a un contenuto di oliodel 42%; Riva et al., 1999): • prodotto principale: 420 kg di olio grezzo (390 kg di

olio raffinato); • sottoprodotto: 2,63 t di residui colturali, 580 kg di

panello, 30 kg di residui di processo.Considerando che la resa media in semi del girasole

si aggira attorno alle 2,6 t/ha, risulta che la resa di olioraffinato è pari a circa 1 t/ha. Con la colza si ottieneall’incirca la stessa resa.

744 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

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%)

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100

caso base

biodiesel da colza etanolo da grano etanolo da barbabietola

con i crediti perla mancata produzione

dei combustibiliconvenzionali

con i creditidella

mangimistica

con i credititeorici massimidal recupero dei

sottoprodotti

fig. 13. Bilancio energetico per il bioetanolo e il biodiesel.

I componenti principali degli oli vegetali sono i gli-ceridi (esteri della glicerina) degli acidi grassi palmiti-co, stearico, oleico, linoleico, linolenico ed erucico.

Come già sottolineato, gli oli vegetali non sono adat-ti a essere utilizzati tal quali, anche a causa della loro ele-vata viscosità (70-80�10�2 St a 20 °C, contro 4-7�10�2 Stdel gasolio). Un netto miglioramento di questa carat-teristica si ottiene con la reazione di transesterificazio-ne, mediante la quale la glicerina viene sostituita da meta-nolo (oppure etanolo) ottenendo esteri metilici (oppureetilici) più leggeri rispetto all’olio di partenza. Esterifi-cando con metanolo, circa il 5% del prodotto è di origi-ne fossile (carbone, petrolio, gas naturale), mentre uti-lizzando bioetanolo il prodotto è esclusivamente di ori-gine vegetale.

Per ottenere l’estere metilico oppure etilico, occor-re trattare l’olio raffinato con l’alcol corrispondente eun catalizzatore basico (idrossido di potassio o di sodioo metilato di sodio). Per oli grezzi con acidità elevata,l’utilizzazione di catalizzatori basici porta alla forma-zione di saponi, che rendono difficoltose le successi-ve separazioni. In questi casi si può utilizzare un cata-lizzatore acido (come l’acido solforico). Normalmen-te gli oli raffinati hanno una bassa acidità (acidi liberiinferiori allo 0,1%) e perciò si impiegano catalizzato-ri alcalini. Il prodotto finale ha una viscosità di circa6-7�10�2 St a 20 °C.

Uno schema a blocchi del processo di produzione delbiodiesel è riportato nella fig. 14. Il bilancio di massasemplificato dell’intero processo è il seguente: 1.000 kgdi olio raffinato�100 kg metanolo�1.000 kg biodie-sel�100 kg glicerina.

Un bilancio più dettagliato dell’intero ciclo di pro-duzione è riassunto nella tab. 11 (Fedeli e Girelli, 2001),che riporta anche la quantità di reflui, tra i quali le acquedi scarico con un alto contenuto salino. Al fine di ridur-re questi scarichi, sono stati proposti alcuni processi ditransesterificazione basati su catalizzatori eterogenei(ossido di zinco su allumina; Bray, 2003).

Gli oli di colza, di girasole e di soia sono quelli piùinteressanti economicamente. In un recente rapporto diSRI Consulting (Bray, 2003) si riporta una variabilità delcosto delle materie prime tra 0,15 e 0,22 dollari/lb conconseguente valore di mercato del biodiesel compresotra 1,55 e 2,07 dollari/gallone (0,41-0,55 dollari/l), daconfrontare con un prezzo del gasolio diesel oscillantetra 0,78 e 0,94 dollari/gallone per lo stesso periodo (primoe terzo trimestre 2003).

Anche per il biodiesel il costo di produzione è tale darichiedere l’intervento dei governi, per promuoverne l’usoattraverso un sostegno finanziario. Negli Stati Uniti tra il

745VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

miscelacatalizzatore

transesterificazione

neutralizzazione separazionedi fase

metilesteregrezzo

distillazione

recuperometanolo

recuperometanolo

controlloqualità

biodiesel(metilestere)

glicerinagrezza

glicerina

neutralizzazione

purificazione

catalizzatore basico

metanolo

riciclometanolo

acido solforico

oli vegetaligrassi animali

fig. 14. Schema a blocchi del processo produttivo del biodiesel.

tab. 11. Dati nella produzione di 1.000 litridi esteri metilici da olio di colza

Materie prime kg

Olio grezzoOlio neutroSemeMetanoloSodaAcido solforico

1.017,11996,20

2.564,66174,904,946,46

Prodotti kg

Farina proteicaProdotto (l)Gliceridi parziali nel prodottoMetanolo nel prodottoGlicerolo grezzoImpurezze gliceroloMetanolo da recuperareMetanolo recuperato

1.492,401.000,00

9,511,5291,2511,4162,7460,84

Reflui kg

ScartoSolvente all’ambienteAcque saponosePerdite metanoloImpurezze del prodotto

49,435,2735,171,901,60

2001 e il 2002 i contributi governativi ai produttori di bio-diesel sono ammontati a circa 1,28 dollari/gallone.

Grazie agli aiuti fiscali, in Europa la produzione ècresciuta da 35.000 t nel 1992 a 2 milioni di t nel 2003:la fig. 15 mostra la crescita delle produzioni per nazione.

Aspetti motoristiciGli esteri degli oli vegetali possono essere utilizzati

nei motori diesel senza particolari modifiche, se misce-lati con il gasolio diesel fino al 20% (B20) o 30% (B30),o solamente con alcuni accorgimenti nel caso si utilizzibiodiesel puro (B100).

Compatibilità con i materiali. Utilizzando B20 nonsi riscontrano problemi di compatibilità con i materiali,ma un carburante con un elevato contenuto di esteri (piùdel 30%) causa inconvenienti alle guarnizioni in mate-riale polimerico degli iniettori, delle pompe, ecc. Per que-sta ragione nel caso dell’utilizzazione di B100 o di misce-le ad alta percentuale di metilesteri, è consigliabile sosti-tuire le guarnizioni con materiali compatibili, come ipolimeri fluorurati.

Influenza sull’olio lubrificante. In tutti i test esegui-ti si osserva una minore capacità lubrificante dell’olio,dovuta all’effetto diluente del metilestere; in pratica ilbiodiesel trafila dal cilindro, supera le fasce elastiche ediluisce l’olio lubrificante.

Problemi agli iniettori. Prove condotte presso l’U-niversità dell’Idaho (Peterson et al., 1996) hanno dimo-strato che gli iniettori si incrostano di più (2-3 volte)con il biodiesel che con il gasolio. Invece, alcuni pro-blemi – aumento dell’acidità e del residuo carbonioso,minore stabilità all’ossidazione – sembrerebbero nasce-re a carico del biocarburante se sottoposto a condizio-ni estreme come quelle presenti nei sistemi di alimen-tazione common rail.

Durata e performance del motore. Numerosi test hannodimostrato che la durata di un motore alimentato a bio-diesel non si discosta sensibilmente da quella di un moto-re a gasolio. Con il biodiesel aumentano i consumi spe-cifici di circa il 10%, a causa del minore potere calorifi-co del metilestere. Infine l’uso di B100 può dare probleminella stagione fredda dovuti alla minore scorrevolezza ealla più alta temperatura di intorbidamento. Non sem-brano invece esserci problemi per le miscele B20.

Per il biodiesel sono stati definiti degli standard sianegli Stati Uniti (ASTM PS121) sia in Europa (EN 14214)che definiscono i requisiti merceologici.

Aspetti ambientaliEsistono due aspetti ambientali connessi all’utiliz-

zazione del biodiesel. Il primo riguarda l’impatto sulleemissioni gassose, il secondo, invece, è relativo al bilan-cio energetico e a quello del CO2.

Emissione gassose. Per quanto riguarda le emissio-ni al tubo di scarico, di seguito si riporta un breve con-fronto con il gasolio di origine minerale. A questo pro-posito sono disponibili diversi studi, che si riferiscono adiversi motori e carburanti. Le considerazioni che seguo-no, pertanto, sono relative a una media dei diversi datiriportati.

Il problema degli NOx è il punto dolente del biodie-sel. Mediamente l’aumento delle emissioni di questi ossi-di è del 10-13% rispetto al gasolio se si usa B100, a causadell’elevato contenuto di ossigeno. Le miscele causanoun aumento minore della emissione di NOx che si atte-sta attorno al 2-3% per il B20.

Gli idrocarburi incombusti HC emessi con il B100sono mediamente inferiori del 15-20% rispetto a quelliprodotti dal gasolio, anche se i dati riportati in letteratu-ra mostrano una elevata variabilità (dal 90% in meno al10% in più). Quest’ultima aumenta quando si confron-tano le miscele (B20 e B30). Le emissioni di CO sonomediamente inferiori del 40% per il B100 e del 15% peril B20 rispetto al gasolio.

L’analisi delle prestazioni rispetto alle emissioni diparticolato è più articolata. In primo luogo la pericolo-sità del particolato non dipende solo dalle dimensionima anche dalla sua composizione. Sulle particelle soli-de è adsorbita una certa quantità di sostanze aromaticheche sono considerate più o meno cancerogene e muta-gene. Il biodiesel, però, contenendo una minore percen-tuale di molecole aromatiche rispetto al gasolio, produ-ce quantità inferiori di tali sostanze. Secondo alcuni studi,sembra che il particolato emesso dal biodiesel sia media-mente meno pericoloso rispetto a quello emesso dallacombustione del gasolio, poiché è costituito da particelledi dimensioni maggiori e quindi meno inalabili. In ter-mini quantitativi il biodiesel produce meno particolato,nell’ordine di qualche punto percentuale in meno per lemiscele B20 fino al 30-40% in meno per il B100.

746 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

prod

uzio

ne (

103

t)

0

100

200

300

400

500

600Francia

Germania

Italia

altri

anno1998 1999 2000 2001 2002 2003

fig. 15. Crescita della produzione di biodiesel in Europa,suddivisa per nazioni.

Infine le emissione di SO2 non costituiscono un pro-blema, essendo il biodiesel totalmente privo di zolfo.

Questi dati sulle emissioni allo scarico trovano con-ferma anche in uno studio dell’EPA (2002), i cui risul-tati principali sono illustrati nella fig. 16.

Per tenere conto in modo corretto dell’impatto ambien-tale è necessario integrare le emissioni allo scarico conquelle di ogni fase del ciclo di vita (coltivazione, pro-duzione dell’olio, produzione del biodiesel, trasporto edistribuzione).

In uno studio condotto nell’ambito di un progettofinanziato dalla Comunità Europea (Biofit, 2000), si èsupposto che il biodiesel venga utilizzato come sostitu-to del gasolio in un’autovettura e il confronto finale èstato effettuato sulla base dell’unità di energia del car-burante, in modo da tener conto del differente poterecalorifico del metilestere e del gasolio (fig. 17).

Il primo dato da segnalare è l’emissione negativa diSO2 prodotto dalla catena del biodiesel ricavato da olio

di girasole, dovuta al fatto che il panello proteico sotto-prodotto fornisce un sostituto alla farina di soia, per lamangimistica. Poiché la produzione di soia è molto piùinquinante, in termini di SO2 emesso, rispetto al giraso-le (meno per la colza), il risultato finale è un credito diSO2 per il girasole. Come prevedibile il gasolio fossileemette in modo significativo più SO2.

Per quanto riguarda le emissioni di CO, non risultanodifferenze sostanziali tra i tre carburanti. Questo significache il vantaggio al tubo di scarico del biodiesel viene com-pensato da maggiori emissioni di CO nella fase di produ-zione. Situazione esattamente inversa, invece, si verificaper gli NOx: punto dolente per il biodiesel per le emissio-ni al tubo di scarico, queste emissioni risultano confronta-bili con quelle del gasolio fossile lungo tutta la catena.

Infine, mentre per il particolato e i composti organi-ci volatili non metanici (NM-VOC, Non Methanic-Vola-tile Organic Compounds) non si evidenziano differenzesignificative, il gasolio fossile dà meno emissioni di CH4

e N2O.Bilancio energetico e del CO2. Il bilancio energeti-

co del bioetanolo e del biodiesel riportato nella fig. 13(Armstrong et al., 2002), mostra dati sempre positivi peril biodiesel (metilestere da olio di colza), che consenteun risparmio di energia del 56% se si considera anche ilcredito derivante dall’utilizzazione del panello per lamangimistica; il bilancio diventa ancora più favorevolese si valorizzano tutte le biomasse di scarto.

Il bilancio del CO2 segue una logica simile a quellodell’energia. La fig. 18 riassume i risultati, in termini dirisparmio sulla emissione del CO2, evidenziando comeil biodiesel sia sempre migliore del bioetanolo. Comun-que, benché il CO2 rappresenti il principale gas serrain termini di volume, particolare attenzione deve esse-re rivolta anche all’N2O, che ha un ‘effetto serra’ finoa 300 volte superiore al CO2, per cui anche modestivolumi possono avere un impatto significativo. L’N2Oviene rilasciato dai campi coltivati in relazione all’uso

747VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

LE EMISSIONI INQUINANTI DERIVANTI DAL TRASPORTO

emis

sion

i del

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0

0,05

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CO

biodiesel da colza biodiesel da girasole gasolio

CH4 N2O NOx PM SO2 NM-VOC

fig. 17. Confronto delle emissioni del ciclo di vita del biodiesel e del gasolio.

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azio

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0

10

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contenuto biodiesel in gasolio (%)

NOx

PM

CO

HC

0 20 40 60 80 100

fig. 16. Variazione media delle emissioni regolamentate per effetto dell’utilizzazione del biodiesel.

di fertilizzanti. Il bilancio positivo di oltre il 50% sulCO2 può crollare a solo il 10% per effetto delle emis-sioni di N2O (Armstrong et al., 2002).

Idrogeno

Tra i carburanti puliti è doveroso menzionare l’i-drogeno (v. anche capp. 4.2, 4.3 e 4.4). L’enorme inte-resse suscitato dall’idrogeno è dovuto al fatto che la suacombustione genera virtualmente solo vapor d’acqua,e quindi nei fumi di scarico non sono presenti sostanzetossiche né generatrici di effetto serra. Il suo impattoambientale locale è quindi praticamente nullo. D’altraparte l’idrogeno non è presente in natura allo stato libe-ro (è un vettore energetico, un modo di immagazzinaree trasportare l’energia, e non una fonte di energia), equindi deve essere separato chimicamente dalle sostan-ze che lo contengono, come gli idrocarburi o l’acqua:nel processo viene fornita energia, che in parte vieneimmagazzinata nell’idrogeno stesso (che la restituiscenella combustione).

Il livello minimo in assoluto – attualmente non pra-ticabile estensivamente per i costi di investimento proi-bitivi, legati anche alla bassa densità di energia dellafonte – è probabilmente quello relativo all’ipotesi diricavare l’idrogeno dall’elettrolisi dell’acqua usandoenergia elettrica da tecnologia fotovoltaica, quindi con-vertendo direttamente l’energia solare nell’energia del-l’idrogeno.

Come carburante per autotrazione, l’idrogeno èstato da tempo sperimentato con successo nei motori

a combustione interna (ICE, Internal Combustion En-gine) ad accensione comandata ed è considerato ilcarburante di elezione per le celle a combustibile(FC, Fuel Cell) a membrana protonica.

Tale tipologia di FC è quella che, per le sue caratte-ristiche (bassa temperatura di funzionamento, alta den-sità energetica) appare oggi la più adatta per le applica-zioni nell’autotrazione. Di seguito è illustrato in brevelo stato dell’arte dell’uso dell’idrogeno negli ICE.

Uso nei veicoli con motore a combustione internaUsato nei motori, oltre ai vantaggi già ricordati sulle

emissioni, l’idrogeno dà luogo a rendimenti energeticimigliori del 20-25% rispetto a un motore a benzina, per-ché può bruciare in miscela magra (cioè miscelato a unaquantità di aria superiore a quella strettamente necessa-ria alla combustione) e tollera rapporti di compressionepiù elevati.

D’altra parte, se viene bruciato in miscela stechio-metrica (cioè miscelato alla quantità di aria esattamen-te necessaria alla combustione, corrispondente a 1 volu-me di ossigeno per ogni 2 volumi di idrogeno introdottiin camera di combustione), come avviene per la benzi-na nei motori convenzionali, la temperatura di combu-stione risulta molto alta e si generano quantità impor-tanti di NOx, che vanno abbattute con un sistema ridu-cente che utilizza composti chimici normalmente nonpresenti nei gas di scarico (a differenza del caso dellabenzina, in cui questo ruolo è svolto dagli idrocarburiincombusti). Bruciato invece in miscela magra, l’emis-sione di NOx diventa accettabile ma la potenza specifi-ca del motore ne risulta sensibilmente ridotta.

Gli svantaggi riguardano soprattutto le difficoltà dimanipolazione e di stoccaggio, anche e soprattutto abordo del veicolo, sia che lo si comprima in bombole,sia che lo si mantenga liquido a bassa temperatura. Talisvantaggi non sono, ovviamente, specifici dei veicoliICE, ma dei veicoli a idrogeno in generale, quindi anchequelli FC.

I principali ostacoli sono relativi ai problemi di sicu-rezza (in caso di perdite l’idrogeno diffonde molto rapi-damente nell’aria, formando una miscela facilmenteesplosiva) e alla densità di energia: il contenuto energe-tico per unità di volume dell’idrogeno liquido – la formapiù densa di stoccaggio dell’idrogeno – è 3,5 volte infe-riore a quello della benzina, il che comporta serbatoipiuttosto grandi e/o una autonomia ridotta.

I costruttori di autoveicoli più impegnati nello svi-luppo di veicoli con motori a combustione interna a idro-geno sono BMW (Bayerische Motor Wagen) e Ford.BMW lavora da più di 20 anni sugli ICE a idrogeno eritiene che i veicoli FC non potranno – in tempi ancherelativamente lunghi – raggiungere i livelli di rapportocosto/prestazione dei veicoli ICE, per cui punta su que-sti ultimi e ha tuttora in prova numerosi prototipi. Uno

748 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

AUTOTRAZIONE

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biodiesel da colza

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dei combustibiliconvenzionali

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con i credititeorici massimidal recupero dei

sottoprodotti

fig. 18. Riduzione delle emissioni di CO2 per effetto della introduzione dei biocombustibili.

di questi, derivato dalla Serie 7, è un veicolo dual fuelche funziona sia con idrogeno sia con benzina, soluzio-ne indispensabile finché le stazioni di rifornimento aidrogeno non saranno abbastanza diffuse.

Ford, che concepisce i veicoli ICE come tecnolo-gia di passaggio, sta provando il suo prototipo P2000a combustione molto magra (il rapporto aria/carbu-rante è più del doppio di quello stechiometrico). Perrecuperare potenza e migliorare ulteriormente il ren-dimento (che arriverebbe al 25% in più rispetto a quel-lo di un veicolo convenzionale) sta considerando l’usodella sovralimentazione e di un sistema di abbattimentodegli NOx.

Data una sufficiente domanda, i veicoli con ICE aidrogeno, non costituendo un sostanziale salto tecnolo-gico, potrebbero raggiungere in pochi anni la catena dimontaggio. Tuttavia, le condizioni perché ci sia la doman-da sono ovviamente un costo di acquisto e di eserciziocomparabile a quello dei veicoli attuali e l’esistenza diuna rete di distribuzione dell’idrogeno.

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Fulvio GiavazziPatrizia Buttini

Carlo PeregoEniTecnologie

San Donato Milanese, Milano, Italia

750 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

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