33
2.6 Paradosso di Zenone e la somma di infiniti addendi Si potrebbe pensare che la matematica, la branca del sapere con la piø solida tradizione di precisione e consistenza, sia la piø immune dai paradossi. La sua storia ne L invece costellata, anche se ha spesso saputo rivolgere a suo favore le apparenti difficolt create da contraddizioni vere o presunte. Il piø antico paradosso matematico L la scoperta della incommensurabilit della diagonale e il lato del quadrato, la cui scoperta L attribuita a Pitagora. Ricordiamo poi quello di Zenone, il piø famoso Achille e la tartaruga, si tratta di uno dei piø famosi paradossi dellinfinito potenziale, in cui Zenone di Elea (500 a.C. ) sembra dimostrare limpossibilit del moto. Supponiamo inizialmente che Achille sia due volte piø veloce della tartaruga e che entrambi gareggino lungo un percorso di un metro. Supponiamo inoltre che Achille dia mezzo metro di vantaggio alla tartaruga. Quando Achille avr percorso mezzo metro, la tartaruga ne avr percorso 1/4 di metro e quando Achille ne avr percorso 1/4 la tartaruga ne avr percorso 1/8 e cos via allinfinito, cioL Achille non raggiunger mai la tartaruga. Se osserviamo il percorso di Achille troviamo che esso L dato da infiniti tratti che costituiscono la successione: 1/2 ; 1 /2+1/4=3/4; Cap 2 Pagina 1 di 33

2.6 Paradosso di Zenone e la somma di infiniti addendi · In questo caso i tratti di strada percorsi da Achille, nel tentativo di ... grandezza omogenea alle prime due che Ł contenuta

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2.6 Paradosso di Zenone e la somma di infiniti

addendi Si potrebbe pensare che la matematica, la branca del sapere con la più

solida tradizione di precisione e consistenza, sia la più immune dai

paradossi. La sua storia ne è invece costellata, anche se ha spesso saputo

rivolgere a suo favore le apparenti difficoltà create da contraddizioni vere o

presunte. Il più antico paradosso matematico è la scoperta della

incommensurabilità della diagonale e il lato del quadrato, la cui scoperta è

attribuita a Pitagora. Ricordiamo poi quello di Zenone, il più famoso

�Achille e la tartaruga�, si tratta di uno dei più famosi paradossi

dell�infinito potenziale, in cui Zenone di Elea (500 a.C. ) sembra

dimostrare l�impossibilità del moto.

Supponiamo inizialmente che Achille sia due volte più veloce della

tartaruga e che entrambi gareggino lungo un percorso di un metro.

Supponiamo inoltre che Achille dia mezzo metro di vantaggio alla

tartaruga. Quando Achille avrà percorso mezzo metro, la tartaruga ne avrà

percorso 1/4 di metro e quando Achille ne avrà percorso 1/4 la tartaruga ne

avrà percorso 1/8 e così via all�infinito, cioè Achille non raggiungerà mai

la tartaruga. Se osserviamo il percorso di Achille troviamo che esso è dato

da infiniti tratti che costituiscono la successione:

1/2 ;

1 /2+1/4=3/4;

Cap 2 Pagina 1 di 33

3/4+1/8=7/8; 7/8+1/16=15/16; ( ) nn 2/12 − ; ed è facile osservare che tale successione tende ad 1. Vediamo così che

una somma di quantità finite in un numero illimitato non è necessariamente

finita. D�altro canto i tratti di strada percorsi da Achille, nel tentativo di

raggiungere la tartaruga sono dati dalla successione

1/2; 1/4; 1/8;

n2/1 ed anche questa successione tende a 1.

Ma cosa significa l�espressione �tende a 1�?

Se si indica con la somma dei primi n tratti percorsi da Achille allora

, per quanto grande possa essere n, non supera mai 1, numero al quale

si avvicina sempre più, oppure possiamo dire qualunque posto più piccolo

di 1 viene superato.

nS

nS

Sempre più, anzi quanto si vuole: la differenza tra 1 ed , per n

opportunamente grande, si fa più piccola di un qualsiasi numero per quanto

nS

piccolo da noi scelto. Grazie alla nozione di limite definita da Weierstrass è

possibile ottenere la soluzione del paradosso, pur conservando un carattere

infinito.

E� questa una proprietà caratteristica del Limite definito nell�Ottocento da

Weierstrass.

Cap 2 Pagina 2 di 33

Con la nozione matematica di limite si può dunque disporre della soluzione

del paradosso, infatti, pur conservando l�idea di un processo e di una

potenzialità illimitata, il limite ha il potere di risolvere tale potenzialità in

una unità formale.

E� perciò possibile esprimere concretamente la soluzione finale di un

processo illimitato senza rinunciare al carattere potenziale di quest�ultimo:

l�inesauribilità di questo processo resta un fatto irrinunciabile, ma non per

questo dobbiamo accontentarci di soluzioni approssimate. Il valore 1 è un

limite che �comprende�tutta la successione ( ) nn 2/12 − , è una soluzione

della potenzialità di sviluppo di tale successione, pur mantenendosi sempre

al di fuori di questa.

Cerchiamo ora di generalizzare quanto detto, supponiamo che Achille, nel

tentativo di raggiungere la tartaruga, percorra ogni volta 1/3 del tratto

restante. In questo caso troviamo che il percorso di Achille è dato da

infiniti tratti che costituiscono la successione:

1/3;

1/3+2/9=5/9;

5/9+4/27=19/27;

1/3+2/9+ �. +n

32

In questo caso i tratti di strada percorsi da Achille, nel tentativo di

raggiungere la tartaruga sono dati dalla seguente successione:

Cap 2 Pagina 3 di 33

1/3;

2/9;

4/27;

� ; n3/2

La serie associata alla successione è: ∑∞

=

0 32

31

n

n

,e quest�ultima converge ad

1.

Abbiamo così dimostrato intuitivamente che la serie converge ad 1, ora

invece dimostriamolo dal punto di vista formale, mediante il principio di

induzione:

Poniamo n

nS

−=

321 , dove con indichiamo la somma dei primi n tratti

percorsi da Achille nel tentativo di raggiungere la tartaruga. Supposto vero

l�asserto per n dimostriamolo per n+1, vale a dire dimostriamo che è vera

nS

nn SS32

31

1 +=+ .

Per n=1, base dell�induzione, l�asserto è vero, infatti quando n=1 si ha

131

321 S==−

11

1 321

32

32

31

321

32

31 ++

+

−=

−+=

−+=

nnn

nS .

Abbiamo così provato anche formalmente che, se Achille fa solo 1/3 del

restante raggiunge la tartaruga.

Possiamo generalizzare quanto detto affermando che: se Achille compie

sempre un tratto r del restante, con 0 <r<1 Achille raggiungerà sempre la

tartaruga. Infatti:

nn

nnnnnn

rSSrrrSrSrSSS

)1(1

)1()1(1

−−=

−+=−+=−+=+

Cap 2 Pagina 4 di 33

nS tenderà ad 1 se e solo se tende ad 1e questo se e solo se 1nr)1( − 1<− r

da cui . 0>r

Vediamo ora cosa accade se Achille percorre non 1/3 del rimanente, ma 1/3

del precedente. In questo caso troviamo che il percorso di Achille è dato da

infiniti tratti che costituiscono la successione:

1/3;

1/3+1/9=4/9;

1/3+1/9+4/27=16/27;

1/3+1/9+4/27+ � +n

32 ;

e i tratti di strada percorsi da Achille nel tentativo di raggiungere la

tartaruga costituiscono la seguente successione:

1/3;

1/9;

16/81;

n

32 ;

La serie associata alla successione è: 1/3+1/9+4/27+∑∞

=

4 32

n

n

,in questo caso

si verifica che la serie non converge ad 1, di conseguenza Achille non

raggiungerà la tartaruga.

La soluzione del paradosso consiste nel fatto che benché il numero di lassi

di tempo in cui Achille raggiunge la tartaruga sia infinito , in accordo con

Cap 2 Pagina 5 di 33

quanto argomenta Zenone , la durata di ciascun lasso diminuisce rispetto a

quella del lasso precedente.

La valenza didattica dei paradossi sta nel fatto che, ad esempio da quello di

Zenone nasce spontaneo il concetto di limite e quello di serie.

Ora cerchiamo di analizzare più da vicino l�argomento successione e serie,

la cui distinzione è più di forma che di sostanza.

Una successione reale è una funzione definita da N, eventualmente privata

di un numero finito di elementi, a R. Solitamente si indica una successione

con la �lista� dei suoi valori ( ) Nnna ∈ e si chiama termine della

successione. Per comodità le successioni saranno definite su N\ .

na

{ }0

Data una successione , possiamo formare un'altra successione che

indicheremo solitamente con

( ) 1≥nna

( ) 1≥nns , delle somme parziali o delle ridotte,

dove:

1s = =∑ 1a ns n

n

kk aaa ++=

=

........11

Il termine , in cui sommiamo i primi n termini della successione si

chiama ridotta di ordine n.

ns ( ) Nnna ∈

Sia data una successione reale ( ) 1≥nna , una serie è una somma formale

∑+∞

=1nna

Si dice che questa serie è convergente e ha per somma b con b∈R se la

successione delle somme ridotte converge a b. Se la successione delle

ridotte diverge, anche la serie diverge. (Se la successione delle ridotte non

ammette limite, la serie non ammetterà limite si definisce indeterminata.)

Dato x∈R, possiamo considerare la serie geometrica di ragione x :

∑∑+∞

=

−+∞

=

=1

1

0 n

n

n

n xx , dove se x = 0, poniamo 0 10 =

Cap 2 Pagina 6 di 33

E� facile notare che, nel caso x = 1 la successione delle ridotte è = n,

pertanto divergente.

ns

Quindi la serie geometrica di ragione uno diverge a +∞ .

Se invece x 1, allora si ha: ≠

ns = xxx

nn

k

n

−−

=∑−

= 111

0

Quindi, se 1<x si ha che il , otteniamo che la serie geometrica di

ragione x, con

0lim =+∞→

n

nx

1<x è convergente e ha per somma x−1

1 . Se x > 1

, la serie geometrica di ragione x, con x > 1, è positivamente

divergente. Se invece x -1, la serie è indeterminata.

+∞=+∞→

n

nxlim

2.7 I numeri irrazionali

Nel paragrafo 1 abbiamo parlato di grandezze incommensurabili, la cui

scoperta fu dovuta a Pitagora. Uno dei dogmi del pitagorismo era stata la

concezione secondo cui l�essenza di tutte le cose, sia in geometria, sia nelle

questioni pratiche e teoriche della vita umana era spiegabile in termini di

arithoms, cioè di proprietà intrinseche dei numeri interi e dei loro rapporti.

Essi credevano che i corpi fossero costituiti di corpuscoli tutti uguali tra

loro e disposti in forme geometriche. Questa convinzione in ambito

geometrico portava a ritenere che anche i punti avessero un�estensione (sia

Cap 2 Pagina 7 di 33

pur piccolissima). Da ciò essi deducevano che un segmento dovesse essere

formato da un numero finito di punti. Pertanto il rapporto di due segmenti

doveva risultare uguale al rapporto di numeri interi che esprimevano quante

volte il punto era contenuto in ciascuno dei due segmenti. In altre parole

essi pensavano che il punto fosse il sottomultiplo comune a tutti i segmenti;

cioè che tutti i segmenti fossero tra loro commensurabili. Due grandezze

omogenee si definiscono commensurabili quando ammettono una

grandezza omogenea alle prime due che è contenuta un numero di volte in

ciascuna di esse. Applicando il Teorema di Pitagora al triangolo rettangolo isoscele essi

furono però costretti ad ammettere l�esistenza di grandezze

incommensurabili: scoprirono infatti l�incommensurabilità della diagonale

del quadrato rispetto ad un suo lato. Fu proprio attraverso la geometria che

per la prima volta si pensò ai numeri irrazionali. Se il lato di un quadrato ha

la lunghezza di 1cm, la lunghezza della diagonale sarà la radice quadrata di

2cm. Ma, come avevano già scoperto gli antichi, non esiste alcuna radice il

cui quadrato sia 2. La dimostrazione dell�esistenza di grandezze

incommensurabili è straordinariamente semplice. Supponiamo per assurdo

che esista una frazione m/n, con m/n ridotta ai minimi termini, che sia la

radice quadrata di due, di modo che m /n =2 cioè m =2n 2 . Allora m è

un numero pari, e quindi m deve essere un numero pari, perché il quadrato

di un numero dispari è dispari. Ma se m è pari, m può essere diviso per 4

perché se m=2p allora m =4p . Dovremo pertanto avere 4p =2n in cui p

è la metà di m. Quindi 2p =n ed anche n/p sarà la radice quadrata di 2.

Ma siamo pervenuti ad un assurdo perché m/n era ridotta ai minimi termini

ed invece abbiamo trovato che sia m che n sono divisibili per due, allora

non esiste alcun frazione il cui quadrato sia pari a 2.

2 2 2 2

2

2 2

2

2 2

2

Cap 2 Pagina 8 di 33

Ma se m e n sono incommensurabili, cosa succede se si tenta di

determinare il rapporto m/n?

Riportando sulla diagonale prima m, poi 1/10 m, 1/100 m, � si ha:

m<n; 1,4 m<n; 1,41 m<n; �

e così via fino all�infinito; cioè il rapporto tra grandezze incommensurabili

è espresso mediante un numero decimale illimitato aperiodico (se fosse

periodico sarebbe riducibile a frazione) che viene chiamato numero

irrazionale.

L�esistenza di grandezze incommensurabili e conseguentemente dei numeri

irrazionali contraddiceva non solo le convinzioni filosofiche dei pitagorici,

ma metteva anche in crisi il concetto di infinito della filosofia greca.

Abbiamo trovato parlando di grandezze incommensurabili che non esiste

alcun numero razionale il cui quadrato sia 2, allora di conseguenza

possiamo affermare che 2 non è un numero razionale. Infatti se

calcoliamo, utilizzando una calcolatrice, 2 viene fuori

1,41421356237309504880168872���������

Risulta evidente che si tratta di un numero decimale illimitato in cui non è

evidente alcuna periodicità, quindi si può congetturare che 2 non è un

numero razionale.

Dimostriamo la nostra congettura:

Supponiamo che √2 sia un numero razionale e quindi è possibile esprimerlo

come una frazione p/q ridotta ai minimi termini, cioè tale che il

MCD(p,q)=1; allora si ha:

22

=

qp

Cap 2 Pagina 9 di 33

cioè 2/ 22 =qp

da cui segue 22 2qp =

Quindi è divisibile per 2, ed è un numero pari, ma allora anche p è pari

perché il quadrato di un numero pari è pari, inoltre lo si può scrivere p=2k

ed allora = .

2p

p 2 24k

Da si ha 22 2qp = 22 42 kq =

Si deduce che q è il doppio di (formalmente ). Ciò dimostra

che è pari quindi anche q è pari. Abbiamo quindi dimostrato che sia p

che q sono pari, ma questo contraddice l�ipotesi che MCD(p,q)=1. Assumendo che √2 è razionale abbiamo ottenuto un assurdo. Quindi √2

non è un numero razionale.

2 2k 22 2kq =

2q

Importante significato geometrico di √2

Si può evidenziare, applicando il teorema di Pitagora, che la diagonale di

un quadrato di lato 1 è esattamente √2.

L'irrazionalità di √2 dimostra che il rapporto diagonale/lato nel quadrato

non è razionale. Ciò significa che anche le figure geometriche più semplici

non possono essere costruite "attaccando" copie di segmenti di "lunghezza

elementare minima". Si pensa che questa scoperta del quinto secolo avanti

Cristo abbia provocato una delle prime crisi dei fondamenti della

matematica. E� possibile approssimare √2 mediante metodi iterativi,tali

metodi permettono di approssimare le soluzioni di un'equazione in un dato

intervallo [a, b]; a partire da una approssimazione iniziale generano una

successione che converge alla soluzione x. I metodi iterativi richiedono

un algoritmo per cercare gli intervalli nei quali si trova un sola soluzione;

ix

nx

Cap 2 Pagina 10 di 33

questa operazione è detta di separazione delle radici. Un metodo è quello

della ricerca del cambiamento di segno: calcolata la funzione in un dato

intervallo [a, b] cominciando da a e con un passo h si percorre tutto

l'intervallo calcolando per ogni x il corrispondente y = f(x); quando si

verifica un cambiamento di segno della y, si può concludere che c'è almeno

uno zero in [x - h, x], alla condizione che la funzione sia continua

nell'intervallo (questo risultato si basa sul teorema di Bolzano).

I metodi iterativi sono basati su:

! una formula iterativa per generare la n-esima iterazione a partire

dalle iterazioni già calcolate;

nx

! un criterio per la scelta dell�approssimazione iniziale;

! un criterio di arresto che consenta di decidere quando interrompere il

processo iterativo.

Ricordiamo come metodi iterativi : quello di Newton e Bisezione.

Il metodo di bisezione è un metodo che genera una successione di intervalli

[ai,bi] tali che [ai,bi] ⊇[ai+1,bi+1]. Almeno una delle due successioni ai, bi

converge ad una radice della funzione.

Per la convergenza è sufficiente la �localizzazione� (separazione) delle

radici. La velocità di convergenza, generalmente lenta è compensata dal

fatto che essi convergono in ipotesi estremamente poco restrittive ( per il

metodo di bisezione è sufficiente la continuità della funzione).

Il metodo di Newton invece data una successione di punti tali che, se

l�approssimazione iniziale appartiene al

ix

dominio di attrazione di una radice

c, converge a c.

Cap 2 Pagina 11 di 33

Il dominio di attrazione è un intorno della radice tale che, se scelgo come

punto iniziale un punto interno all�intorno, il metodo è convergente.

Tale metodo converge in genere più velocemente del metodo di bisezione

anche se richiede ipotesi più restrittive (per il metodo di Newton la

funzione deve essere derivabile).

I metodi iterativi possono essere costruiti a partire da �modelli� della

funzione, ossia si approssima la funzione f(x) con una opportuna funzione

g(x) e si approssima lo zero di f(x) con lo zero di g(x). I modelli più

utilizzati sono quelli lineari.

Vediamo ora l�applicazione di uno dei metodi iterativi: �il metodo di

Bisezione�.

Considerata la funzione 022 =−x

-4

-2

0

2

4

6

8

10

12

14

16

-5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5

si vede che il primo cambiamento di segno lo si ha tra [1, 2], quindi in tale

intervallo vi sarà uno dei due zeri.

Adesso si calcola il punto medio tra 1 e 2

(1+2)/2 = 3/2 = 1.5

Cap 2 Pagina 12 di 33

A questo valore di x corrisponde sulla parabola il valore di y:

25.0412

492

23 2

==−=−

=y

0,25 è positivo dunque il cambiamento di segno avviene tra 1 e 1,5 e in

questo intervallo vi è la soluzione.

Secondo passo:

calcoliamo la media tra 1 e 1.5

(1+1.5)/2 = 1.25 = 5/4=1.25

e quindi il corrispondente valore di y

4375.01672

10252

45 2

=−=−=−

=y

Il valore è ora negativo, quindi la soluzione cade tra 1.25 e 1.5.

Iterando il procedimento ci si avvicina sempre di più alla soluzione

Si noti che con tale metodo si approssima la funzione f(x) con

l(x)=-1+2(x-a)/(b-a)

dove a e b sono rispettivamente l�estremo inferiore e superiore

dell�intervallo considerato.

L�errore che si commette al passo k è

ek = (bk - ak).

Mentre per quanto riguarda l�applicazione del metodo di Newton,

considerata ancora la funzione e procedendo, come prima alla

separazione delle radici, il cambiamento di segno è tra a=1 e b=2, dunque

in tale intervallo vi sarà uno dei due zeri della funzione.

022 =−x

Sia calcoliamo in tale punto ( 1;10 −P ) ( )1f e ( )1'f .

Cap 2 Pagina 13 di 33

Tracciamo da questo punto la tangente alla curva, tale tangente incontrerà

l'asse delle ascisse per un valore di x che è la seconda approssimazione

della soluzione cercata.

La tangente avrà per coefficiente angolare il valore della derivata in P0,.

Utilizzando l'equazione della retta generica per : 0P

( )00 xxmyy −=− sostituendo m con

( )0' xf e imponendo y = 0 si ha:

5,123

211

)1('11

)('

))(('

0

00

000

==+=−

−=−=

−=−

fxfyxx

xxxfy

A questo valore di x corrisponde sulla parabola il valore di y:

25,0412

492

23 2

==−=−

=y

Graficamente si avrà:

-15

-10

-5

0

5

10

15

20

-5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5

Cap 2 Pagina 14 di 33

Il nuovo punto della parabola da cui tracciare la tangente sarà allora

(0,5; 0,25) e iterando una seconda volta la formula:

417,1325,05,1

)5,1('25,05,1

)(' 1

11 =−=−=−=

fxfyxx

Alla seconda iterazione abbiamo già un risultato con tre cifre esatte!

2.8 Area del cerchio

L�area del cerchio si ottiene moltiplicando il quadrato del raggio per 3,14

2rA ∗= π

La lunghezza della circonferenza di un cerchio la si ottiene moltiplicando il

diametro per 3,14.

Ma ci si chiede chi è quel simbolo magico ed insidioso che consente di

determinare l�area del cerchio?

Come gli uomini sono riusciti ad individuarlo e a definirlo?

Il simbolo π viene usato per denotare il valore costante di questo rapporto:

dal XVIII sec dC

Cap 2 Pagina 15 di 33

dopo il 1550

solo a partire dal XVIII sec d.C. , mentre il simbolo di uguaglianza entrò

nell�uso corrente dalla seconda metà del 1500.

Dai documenti e dai reperti storici arrivati fino a noi, risulta evidente che

nel 300 a. C. il significato di π era già noto presso Egiziani e Babilonesi, i

quali furono i primi ad avventurarsi nel calcolo del valore di π . Ahmes

scribe, inventa un sistema per calcolare l�area del cerchio e, trova una

regola generale per ricavare π . Sul papiro lo scribe Ahmes lasciò scritto:

Togli 91 ad un diametro e costruisci un quadrato sulla parte che rimane,

questo quadrato ha la stessa area del cerchio.

π =4∗2

98

= 3.16049�

Le indicazioni lasciate sul papiro Rhind da Ahmes, si possono considerare

come il primo tentativo di �quadrare il cerchio�. Il problema della

quadratura del cerchio è interamente connesso con π .

Trisezionando i lati di un quadrato con lato di 9 unità e tagliando via i

quattro triangoli isosceli, si costruisce un ottagono, la cui area, osserva

Ahmes, non appare molto diversa da quella del cerchio iscritto nel

quadrato.

Cap 2 Pagina 16 di 33

Se, dunque, riusciremo a conoscere l�area dell�ottagono, avremo,

all�incirca, anche l�area del cerchio. L�area dell�ottagono è facile da

ricavare: �noi egiziani, affermava Ahmes, sappiamo da tempo calcolare le

aree di quadrati e triangoli; e non fatichiamo a vedere che

triangoloquadratoottagono AreaAreaArea 4−=

631881 =−=ottagonoArea

Questo 63 non mi dice molto, ma 64 lo conosco bene, è l�area di un

quadrato di lato uguale a otto unità. E questa è per me l�area del cerchio

inscritto nel quadrato di lato 9. Ahmes continua : �i posteri torceranno forse

il naso di fronte alle approssimazioni del mio procedimento�; ma io in tanto

sono in grado di compiere un passo ulteriore, e ricavarmi, da questo caso

particolare, la regola generale che mi consentirà, dato un cerchio qualsiasi,

di calcolarne l�area.

Devo soltanto scoprire che cos�è che ha trasformato l�area di un cerchio

iscritto nel quadrato di lato 9, la costante che cerco, d il diametro del

cerchio, mi accorgo subito che

u

Cap 2 Pagina 17 di 33

22 8=∗= duA

789,09/8 22 ==u

Se poi, invece che ragionare sul diametro, che può essere talvolta scomodo,

preferisco operare col raggio, chiamerò e poniamo la costante che cerco

e avrò:

p

22 8=∗= rpA

28=p / ( )22/9

( ) 16049.39/84 2 =∗=p �

ottenendo così un valore per la costante che sto cercando�.

Il primo che tentò di calcolare scientificamente il valore di π fu

Archimede, per questo motivo viene definito numero di Archimede

proprio perché egli formulò una procedura geometrica per il suo calcolo

approssimato, e riuscì a dimostrare che π è compreso tra:

3+7110 e 3+

7010

vale a dire a:

3,1408 e 3,1429

Cap 2 Pagina 18 di 33

approssimando la lunghezza della circonferenza con il perimetro dei

poligoni regolari inscritti e circoscritti. Infatti poiché il perimetro di un

poligono regolare inscritto in una circonferenza è sempre minore della

lunghezza della circonferenza e questa ultima è sempre minore del

perimetro di un poligono circoscritto, consegue che, detti e p P

rispettivamente i perimetri inscritti e circoscritti ed indicata con C la

lunghezza della circonferenza, sussiste la seguente disuguaglianza: p < PC >

Ora, si ha che dalla formula della lunghezza della circonferenza :

r∗∗=C π2 , si ha che, rC 2/=π , per cui sostituendo in tale relazione al

posto diC i perimetri e p P , si ha:

rPe

rp

22 21 == ππ

Ed in virtù della disuguaglianza precedente consegue che:

21 πππ <<

Pertanto, 1π è un approssimazione per difetto di pi-greco, mentre 2π è

un�approssimazione per eccesso; l�approssimazione risulterà tanto migliore

quanto più grande sarà il numero dei lati del poligono inscritto e

circoscritto.

Nel caso di poligoni inscritti,abbiamo considerato la formula rp 21 =π ;

il problema consiste nel ricavare il lato del poligono inscritto in funzione

del raggio della circonferenza data.

Tuttavia sfruttando il seguente teorema che afferma : se indica il lato del

poligono regolare di lati ( =3,4,5,�), inscritto in una circonferenza di

nl

n n

Cap 2 Pagina 19 di 33

raggio unitario (per semplicità), il lato del poligono inscritto di 2 lati è

dato da:

n

22 42 nn ll −−= ,

possiamo aggirare l�ostacolo.

Infatti considerata la seguente figura, si ha che:

22 =r

1==OHOA

2/2/ nlABAC ==

per cui, applicando il teorema di Pitagora al

Cap 2 Pagina 20 di

O

C

A

B

H

triangolo AHC consegue che:

33

22

2 HCACAHl n +==

ma OC, applicando il teorema di Pitagora al triangolo OCA, è dato da:

222

411 nlACOA −=−=OC da cui 2

41111 nlOCHC −−=−= .

Per cui si ha:

2

41

2 nlln= 2

2

2 424111 nn ll −−=

−−+

c.v.d.

Il teorema appena dimostrato mi consente di determinare, noto il lato di un

qualsiasi poligono inscritto, il lato di tutti i poligoni inscritti il cui numero

dei lati è multiplo del numero di lati del poligono inizialmente considerato.

Se ora indichiamo con il perimetro di n lati , dalla relazione np rp 2/1 =π ,

segue che:

22,1n

r

nn

nlp==π .

Analogamente si opera per l�approssimazione per eccesso di π ; sfruttando

il seguente teorema:sia l il lato di un poligono di lati inscritto in una

circonferenza, il lato

n n

nL del poligono di uguale numero di lati circoscritto è dato da:

Cap 2 Pagina 21 di 33

24

2

n

nl

lL n

−=

ricaviamo che

rnL

rP nn

n 22,2 ==π .

In virtù della relazione ottenuta e considerando il raggio della circonferenza

uguale ad 1, si ha:

2'24 n

nn

l

nl

−=π .

Per cui la relazione 2πππ << assume la forma :

242n

nn

l

nlnl

−<< π

Essendo l il lato del poligono di lati inscritto nella circonferenza. n n

Il più grande matematico indiano del VII sec Brahmagupta calcolò i

perimetri dei poligoni inscritti alla circonferenza aventi 12,24,49,96 lati

ottenendo i valori:

65,9 ; 81,9 ; 86,9 ; 87,9

Cap 2 Pagina 22 di 33

Poi vide che aumentando i numeri dei lati e di conseguenza identificando

sempre più i poligoni alla circonferenza i loro perimetri, e quindi π si

sarebbero sempre più avvicinati a 10 .

Era, ovviamente, del tutto in errore ma questo fu il valore che poi si diffuse

dall�India all�Europa e che fu usato nel Medioevo dai matematici di tutto il

mondo, forse anche per l�estrema facilità con cui si poteva ricordare e

trasmettere

π = 10

Francois Viète (1540-1603) metteva in relazione l�area di un poligono

regolare inscritto a lati con quella di un poligono di lati. n n2

Viète utilizzando la trigonometria, formulò la seguente approssimazione:

Cap 2 Pagina 23 di 33

...21

21

21

21

21

21

21

21

212

∗++∗+∗=π

Il reciproco del valore ottenuto, moltiplicato per 2, fornisce un valore

sempre più approssimato di π , quanto maggiore è il numero di termini.

I primi quattro termini forniscono il valore approssimato 3,140331 con le

prime due cifre decimali esatte. Con sei termini si ha: 3,141513, le cui

prime quattro cifre decimali sono esatte. Occorrono dieci termini per avere

sei cifre decimali esatte:

3,141592�

Nel 1655 John Wallis esprime π mediante un prodotto infinito, in cui tutti i

fattori sono numeri naturali.

∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗

=553311664422

Essa consente un lento avvicinamento al suo valore limite in una continua

oscillazione tra un termine maggiore di π e il successivo minore di π .

La formula di Wallis richiede almeno 1000 termini per avere le prime due

cifre decimali esatte di π .

Successivamente Leibniz nel 1682, arriva a definire π come il quadruplo

della somma a segni alternati dei reciproci nella successione dei numeri

dispari.

...71

51

311

4+++−=

π

Cap 2 Pagina 24 di 33

Occorrono ben 764 termini per calcolare π anche solo con la precisione

ottenuta da Archimede.

Nel 1736 Eulero comincia ad utilizzare il simbolo π per denotare il

rapporto tra la circonferenza e il suo diametro.

Dopo migliaia di anni spesi nell�affannosa corsa alla determinazione dei

decimali di π , con la speranza di trovate una formula, ci si pose la

domanda: quale era la vera natura di π ? Quale era la natura di quel

numero le cui cifre decimali sembravano sfuggire a qualsiasi regolarità?

Adrien-Legendre affermava che il numero π non sia neppure contenuto

nelle irrazionalità algebriche, ossia che non possa essere una radice di un

equazione algebrica con un numero finito di termini, i cui coefficienti

siano irrazionali. Pare però molto difficile dimostrarlo in modo rigoroso.

Nel 1882 Ferdinando von Lindemann definiva π un numero trascendente e

sfruttando la famosa equazione di Eulero dimostrò che: la quadratura del

cerchio è impossibile.

Le cifre decimali di π si susseguono all�infinito. Trentanove cifre di π

sono sufficienti per calcolare la circonferenza di un cerchio.

Perché matematici ed esperti di calcolatori non si accontentano delle prime

50 cifre decimali di π ?

Probabilmente il calcolo di π è diventato una sorta di parametro per

l�elaborazione: serve come misura di raffinatezza e dell�affidabilità di

calcolatori che lo effettuano.

Il giorno ufficiale di π è il 14 marzo, dalla scrittura anglosassone 3/14;

viene generalmente celebrato alla 1:59 pm (3,14159) con feste nei

dipartimenti di matematica in varie istituzioni del mondo.

Vediamo sperimentalmente come è possibile ottenere π . Dalla formula

dell�area ,π corrisponde al rapporto tra l�area del cerchio e il quadrato del

suo raggio

Cap 2 Pagina 25 di 33

2/ rA=π

che può in maniera elementare essere enunciato sotto forma della seguente

domanda: Quante volte il quadrato che ha per lato il raggio del cerchio

entra nel cerchio che ha per raggio il lato dello stesso quadrato? Una

soluzione a tale domanda potrebbe essere trovata costruendo con diversi

materiali omogenei cerchi sullo schema del seguente disegno

Dai quali mediante un seghetto, con la massima precisione si tagliano i

seguenti pezzi

raggio del cerchio = lato del quadrato

Con una bilancia analitica, a lettura digitale, si pesano il cerchio e il

quadratino che ha per lato il raggio. Calcolato quindi su cerchi di varie

misure il rapporto tra peso del cerchio e peso del quadratino, si ottiene il

risultato che compare nella seguente tabella:

Cap 2 Pagina 26 di 33

MATERIALE

RAGGIO

SPESSORE

PESO QUADRATO

PESO CERCHIO

RAPPORTO TRA I PESI

LINOLEUM 5cm 0,4cm 12g 37,68g 3,14 10cm 0,4cm 48g 150,72g 3,14 15cm 0,4cm 108g 339,12g 3,14 COMPENSATO

5cm 0,5cm 10g 31,4g 3,14

10cm 0,5cm 40g 125,6g 3,14 15cm 0,5cm 90g 282,6g 3,14 CARTONE PRESSATO

5cm 0,4cm 9g 28,6g 3,14

10cm 0,4cm 36g 113,04g 3,14 15cm 0,4cm 81g 254,34g 3,14 PLEXIGLASS

5cm 0,5cm 14,75g 46,31g 3,14

10cm 0,5cm 59g 185,26g 3,14 15cm 0,5cm 132,75g 416,83g 3,14

Osserviamo che se per ogni cerchio e quadratino corrispondente, con

spessore e peso specifico uguali, a pesi uguali corrispondono superfici

uguali, quindi al rapporto tra i pesi corrispondono superfici uguali e al

rapporto tra i pesi si può sostituire quello delle aree.

In termini matematici può essere espresso quanto detto, mediante la

seguente uguaglianza:

pshApshAtoPesoquadraoPesocerchi qqcc ∗∗∗∗== //π .

Semplificando opportunamente perveniamo

Cap 2 Pagina 27 di 33

qc AA /=π

dove con denotiamo rispettivamente l�area del cerchio,l�area

del quadrato, lo spessore del cerchio, lo spessore del quadrato e il peso

specifico del materiale.

pshhAA qcqc ,,,,

Da

14.3/ 2 =rA

deduciamo

14.32 ∗= rA

Indichiamo con π l�area del cerchio di raggio 1.

2.9 I numeri reali

Per quanto un aritmetico come Pitagora, possa vantare il potere dei numeri,

la natura sembra schernirlo mostrando la esistenza di lunghezze che nessun

numero riesce a stimare in termini di unità. Il problema non rimase in

questa forma geometrica, appena fu inventata l�algebra, lo stesso problema

si presentò per la soluzione di equazioni.

Se dividiamo tutti i rapporti in due classi, a seconda che i loro quadrati

siano minori di 2 o no, troviamo che i rapporti i cui quadrati non sono

minori di 2 hanno tutti un quadrato maggiore di 2. Non esiste un massimo

Cap 2 Pagina 28 di 33

dei rapporti il cui quadrato è minore di 2 e non esiste minimo per i rapporti

il cui quadrato è maggiore di 2. Non esiste un limite inferiore prossimo a 0

per la differenza tra i numeri il cui quadrato è minore di 2 ed i numeri il cui

quadrato è maggiore di 2. Possiamo dividere tutte le frazioni in due classi

tali che tutti i termini di una classe sono minori di tutti i termini dell�altra,

mentre non esiste un massimo per la prima come non esiste un minimo per

la seconda. Tra queste due classi, dovrebbe trovarsi radice quadrata di 2,

non c�è niente. Il metodo, di dividere tutti i termini di una serie in due

classi, una delle quali precede l�altra, fu esposto da Dedekind, ed è indicato

conseguentemente come taglio di Dedekind. Nel punto di separazione si

verificano quattro casi distinti:

1) Può esistere un massimo per la sezione inferiore ed un minimo

per la sezione superiore.

2) Può esistere un massimo per l�una e non esserci un minimo per

l�altra.

3) Può non esistere un massimo per l�una ma un minimo per l�altra.

4) Può non esserci ne un massimo per l�una ne un minimo per

l�altra.

Il primo caso valido per una serie in cui esistono termini consecutivi, ad

esempio nella serie degli interi, una sezione inferiore deve finire con un

numero n ed una sezione superiore deve cominciare con n+1. Il secondo

caso sarà illustrato dalla serie dei rapporti se prendiamo come sezione

inferiore tutti i rapporti minori di 1, includendo 1, e nella sezione superiore

tutti i rapporti maggiori di 1. Il terzo caso si esemplifica prendendo per

sezione inferiore tutti i rapporti minore di 1, e per sezione superiore tutti i

rapporti maggiori di 1 con 1 incluso. Il quarto caso si illustra ponendo nella

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sezione inferiore tutti i rapporti il cui quadrato è minore di 2 e nella sezione

superiore tutti i rapporti il cui quadrato e maggiore di 2. Escludendo il

primo di questi quattro casi, perché presente solo nelle serie in cui esistono

termini consecutivi, nel secondo dei quattro casi diciamo che il massimo

della sezione inferiore è il limite inferiore della sezione superiore e di

qualsiasi insieme di termini scelti dalla sezione superiore in modo tale che

nessun termine della sezione superiore venga prima di tutti gli altri. Nel

terzo caso, diremo che il minimo della sezione superiore è il limite

superiore della sezione inferiore, e di ogni insieme di termine scelti dalla

sezione inferiore tale che nessun termine della sezione inferiore venga dopo

alcuni di essi.

Nel quarto caso, infine, diremo che esiste una “separazione” o “gap”; che

sia la sezione inferiore che quella superiore non hanno né un limite né un

ultimo termine. Quando si verifica questo caso, possiamo anche dire che

abbiamo una �sezione irrazionale”, in quanto sezioni di serie di rapporti

che presentano separazioni quando corrispondono a numeri irrazionali. Ciò

che ha ritardato la formulazione della teoria dei numeri irrazionali è stato

l�errore di pensare che esistessero limiti della serie dei rapporti. Diamo una

definizione di limite. Si dice che un termine x è il limite superiore di una

classe a rispetto alla relazione P se:

1) a non ha massimo in P

2) ogni membro di a che appartiene al campo di P precede x

3) ogni membro del campo di P che precede x precede anche alcuni

membri di a (�precede� sta per �ha la relazione P con�)

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Questo presuppone la seguente definizione di massimo: un termine x è un

massimo della classe a rispetto alla relazione P se x è un membro di a e del

campo di P e non ha la relazione P con nessun altro membro di a.

Il minimo di una classe rispetto a P è il massimo rispetto alla inversa di P;

ed il limite inferiore rispetto a P è il limite superiore rispetto alla inversa di

P. Le nozioni di minimo e di massimo non richiedono in modo essenziale

che le relazioni rispetto alle quali sono definite siano seriali. Una nozione

spesso importante è quella di limite superiore o massimo che chiameremo

“confine superiore”. Dunque il confine superiore di un insieme di termini

scelti da una serie è il loro ultimo termine, se esiste, mentre, se non esiste, è

il primo termine dopo di loro, se c�è. Se non c�è né un massimo né un

limite, non c�è confine superiore. Il confine superiore è il limite inferiore o

il minimo. Tornando ai quattro tipi di taglio di Dedekind, risulta evidente

che nei primi tre casi ogni sezione ha un confine, mentre nel quarto caso

non esistono confini. E� anche chiaro che, ogni qualvolta la sezione

inferiore ha un confine superiore, la sezione superiore ha un confine

inferiore. Nel secondo e terzo caso, i due confini sono identici. Una serie si

chiama “Dedekindiana” quando ogni sezione ha un confine, superiore o

inferiore a seconda del caso. Abbiamo visto che le serie dei rapporti in

ordine di grandezza non sono dedekindiane. Non esiste però un limite

razionale dei rapporti il cui quadrato è minore di 2, si è giunto a postulare

un limite irrazionale, che rientra la separazione dedekindiana. Dedekind

stabiliva l�assioma che la separazione deve sempre essere colmata, cioè

ogni sezione deve avere un confine. Per tale ragione le serie che verificano

questo assioma vengono chiamate dedekindiane. Esiste però un numero

infinito di serie per le quali questa circostanza non si verificano. E� chiaro

che un taglio irrazionale di Dedekind, in qualche modo, rappresenta un

irrazionale. Cerchiamo di estrarre una definizione precisa; e per fare ciò

Cap 2 Pagina 31 di 33

dobbiamo disabituare la nostra mente a pensare che un irrazionale deve

essere il limite di una serie di rapporti. Proprio come i rapporti il cui

denominatore è 1 non si identificano i numeri interi, così i numeri razionali

che possono essere maggiori o minori degli irrazionali e possono avere dei

numeri irrazionali come loro limite, non devono essere identificati con i

rapporti. Dobbiamo definire un nuovo tipo di numeri, i numeri reali, dei

quali una parte sarà formata da numeri razionali ed un�altra dagli

irrazionali.

Per decidere chi sono i reali, osserviamo che un numero irrazionale è

rappresentato da un taglio irrazionale ed un taglio è rappresentato dalla sua

sezione inferiore. Limitiamoci ai tagli nei quali la sezione inferiore non ha

un massimo; chiameremo la sezione inferiore “segmento”. Allora i

segmenti che corrispondono a frazioni sono quelli costituiti da tutti i

rapporti minori del rapporto al quale corrispondono, che è il loro limite;

mentre i segmenti che rappresentano numeri irrazionali sono quelli che non

hanno confine. Un numero reale è un segmento della serie di rapporti in

ordine di grandezza. Un numero irrazionale è un segmento della serie dei

rapporti che non ha confine. Un “numero razionale reale” è un segmento

della serie dei rapporti che ha un confine. Pertanto un numero razionale

reale è formato da tutti i rapporti minore di un certo rapporto,

corrispondente proprio del numero reale razionale. Esempio: il reale 1, e la

classe delle frazioni proprie, la radice quadrata di 2 è il limite superiore di

tutti i segmenti della serie delle frazioni che corrispondono alle frazioni il

cui quadrato è minore di 2. Ancora la radice quadrata di 2 è il segmento

formato da tutte le frazioni il cui quadrato è minore di 2. E� facile

dimostrare che la serie di segmenti di una serie qualsiasi è dedekindiana.

Non esiste alcuna difficoltà per quanto riguarda la definizione di addizione

e moltiplicazione per numeri reali così definiti. Dati due numeri reali m ed

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Cap 2 Pagina 33 di 33

n, ognuno essendo una classe di frazioni, prendiamo un membro qualsiasi

di m ed un membro qualsiasi di n e sommiamoli secondo le regole della

somma di frazioni. Formiamo la classe di tutte le somme ottenibili variando

i membri scelti per m e n. Questo fornisce una nuova classe di frazioni, ed è

facile provare che si tratta di un segmento della serie delle frazioni. La

somma aritmetica di due numeri reali è la classe delle somme aritmetiche

di un membro dell�una e di un membro dell�altra, tali membri scelti in tutti

i modi possibili. Possiamo definire il prodotto aritmetico di due numeri

reali esattamente nella stessa maniera, moltiplicando un membro di una

classe di frazioni per un membro dell�altra in tutti i modi possibili. La

classe di frazioni così formata viene definita prodotto di due numeri reali.

In tutte queste definizioni la serie delle frazioni deve essere definita in

modo tale che sia zero che infinito ne vengano esclusi. Infine non esistono

difficoltà per estendere la definizione ai numeri reali positivi e negativi, e

alla loro somma e moltiplicazione.