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194-9 Interno TENTATIVO · Roberto Mortari I Ritmi SEGRETI DELL’Universo Non arriveremo a comprendere i grandi ritmi della natura se prima non avremo aderito ai suoi ritmi minori

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A Paola e Guglielmo

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Roberto Mortari

I RitmiSEGRETI

DELL’Universo

Non arriveremo a comprendere

i grandi ritmi della natura

se prima non avremo aderito

ai suoi ritmi minori.

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Copyright © MMXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

tel. / fax 06 93781065

ISBN 978-88–548–3421-7

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: giugno 1988II edizione: aprile 1999

III edizione: settembre 2010

Indirizzo dell’AutoreE-mail: [email protected]

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Prefazione alla III edizione

Considero il presente libro un testamento scientifico. Ad esso ho affidato ideeche hanno avuto difficoltà ad essere pubblicate o che non ho neppure cerca-

to di dare alle stampe. Il punto di avvio di tutto ciò è stato l’avere scoperto che circa300 mila anni fa il mare ha ‘trasgredito’ sui continenti innalzandosi di oltre 800 msopra il livello attuale. Una trasgressione che era ritenuta ‘impossibile’ perché trop-po lontana da quella realtà che ancora oggi viene pensata. È impressionante doverconstatare quanto grande nel campo della scienza sia l’intolleranza verso idee moltodiverse da quelle che vengono comunemente coltivate. Eppure mi basavo su osser-vazioni e misure, e sarebbe stato sufficiente andare a verificare in che cosa consi-stessero le osservazioni e le misure. Tale mancanza di volontà di confronto e di cu-riosità indica la debolezza del processo di conoscenza che viene praticato: si seguo-no mode di pensiero perché in questa maniera viene garantita l’accettazione dei la-vori nei canali di diffusione. Al contrario, far circolare idee nuove espone al rischiodi trovarsi poi una commissione sfavorevole in un successivo concorso. Inoltre neipiccoli settori in cui la scienza è stata ridotta è diffusa la presunzione di essere i de-positari dell’unica conoscenza e quindi della verità. Siamo lontani dal metodo carte-siano, alla base del quale era posto il dubbio sistematico. Probabilmente questo è unsegno dei tempi: non ce ne rendiamo conto ma abbiamo acquisito una sicurezza in noistessi che non ha confronto con il passato, arrivando al punto che il dubbio sistema-tico praticato e suggerito da Cartesio è diventato il lusso personale di pochi ricerca-tori. Idee nuove, in contrasto con quelle vecchie, stentano ad emergere, e gli errori siconsolidano sempre più e si tramandano per alcune generazioni. Per fare un esem-pio banale, nel campo della terminologia nessuno fa notare che non ha senso parlaredi ‘anfiteatri morenici’ per le zone glaciali alpine, avendo un anfiteatro una formachiusa, ma nessuno osa parlare di ‘teatri morenici’. Se vogliamo rimanere sulla ter-minologia, gli ultimi due milioni di anni, all’incirca, rappresentano l’Era Quaterna-ria, che segue quella Terziaria; ma nessuno ha sollevato la questione che bisognerebbechiamarla Quartaria - come avviene in Germania – dato che quaternario nel lessiconon segue terziario bensì ternario e dovrebbe quindi significare che è formato da quat-tro elementi (?).La presente situazione è facilitata dalla frequente carenza di ricerca storica: non

andando alla radice delle informazioni che circolano, ne emergono due conseguen-ze: una è che, se vi è un difetto nei fondamenti di un’idea, i difetti derivati nell’ideastessa non vengono facilmente messi in evidenza; l’altra è che si rigettano impor-tanti risultati raggiunti nel passato, che sarebbero utili per la continuazione della

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ricerca; ma la ricerca prosegue in tutt’altra direzione, anche priva di coerenza; e que-sto facilita la diffusione di qualunque risultato, purché si presenti con stile elegante.Ne nasce un processo schizofrenico che si autoalimenta e che impone le condizioniin cui anche altri sono costretti ad operare. Si punta sulla quantità del lavoro e nonsulla sua essenza. L’orgoglio della propria ricerca si misura con l’entità dei finan-ziamenti che si è riusciti ad ottenere. Nel mio dipartimento io ero conosciuto comeil più povero dei docenti, ma ciò non mi ha impedito di recarmi, a mie spese, inPolinesia e all’isola di Pasqua per verificare un’ipotesi sulle cause della grande tra-sgressione che avevo osservato e misurato in Italia, in Grecia e in Somalia.Quell’ipotesi seguiva la più ardita delle idee che in quel momento era possibile tro-vare in letteratura e cioè che i fondi oceanici si potessero essere sollevati, come spie-go in dettaglio a pag. 152. Dal momento che l’ipotesi non ha retto alla verifica, sonodovuto ricorrere a una seconda ipotesi di lavoro: i fondi oceanici non potevano averevariato la loro forma ma dovevano avere variato la loro estensione, con una serie diimportanti conseguenze a cascata. E infatti la spiegazione che andavo trovando erapiena di risvolti coerenti e interessanti. Perciò sentivo che quel viaggio mi avevaarricchito in conoscenza. E spero di riuscire a trasmettere quell’esperienza.È dal 1972 che sto sviluppando la mia ricerca sulla grande trasgressione che il

mare ha avuto 270 mila anni fa; questo tempo è servito a chiarire molti punti oscu-ri e ad arrivare a capire il meccanismo delle sue articolazioni. Nella precedente edi-zione avevo azzardato una previsione: che entro il 2000 sarebbe iniziata una serie difenomeni che si ripete ogni 2500 anni circa. Disponevo di pochi dati e ho pagato ilprezzo della mia imprudenza. Ma ora i dati sono più abbondanti e precisi, e perciòposso sostenere con sufficiente certezza che i fenomeni previsti si avvererannointorno alla fine del 2012, con l’errore massimo di un anno. Impressiona la possibi-lità che questa previsione coincida con quella fatta dai Maya, secondo cui al solsti-zio d’inverno del 2012 si dovrebbero verificare rilevanti turbamenti sul nostro pia-neta. Sappiamo che i Maya utilizzavano un calendario molto preciso, più ancora diquello gregoriano in vigore da noi (v. pag. 251). Ciò vuol dire che essi non soloerano attenti osservatori degli eventi naturali ma anche che le loro osservazionierano iniziate molti millenni orsono e che le hanno sapute trasmettere fedelmentenel tempo. Non resta che attendere per vedere.Nella presente edizione sono stati approfonditi alcuni argomenti come

l’evoluzione diagenetica dei sedimenti, i cicli con periodo minore di 41 mila anni,l’espansione dell’universo, mentre altri sono stati aggiunti, tra cui i fenomeni oro-genetici, il vulcanismo e la teoria di Gaia. Pur avendo cercato di mantenere una sem-plicità di linguaggio, non ho potuto fare a meno di entrare in alcuni dettagli, neces-sari per la dimostrazione di idee nuove. Spero che chi avrà difficoltà di lettura saltiqueste parti di maggiore approfondimento e si soffermi su quelle di suo maggioreinteresse.

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Introduzione

Lastoria della Terra è costellata di pietre miliari invisibili che individuano even-ti ciclici molto regolari, sulla cui esistenza e ricorrenza non si è indagato in

maniera adeguata. Lo studio di questa ciclicità ha portato a prevedere che il nostropianeta è alle soglie di una serie di trasformazioni importanti.Stiamo per essere investiti da un fronte invisibile che sta viaggiando verso di noi

alla velocità della luce da una direzione ben determinata che risiede nella costella-zione del Leone e provocherà una diminuzione delle forze gravitazionali con con-seguenze che solo in parte possiamo immaginare.Non tutti si accorgeranno subito di quanto avverrà. Chi vive vicino al mare potrà

vedere l’acqua ritirarsi e il livello marino scendere in poco tempo di qualche decinadi centimetri.Anche l’intensità del campo elettrico della Terra solida cambierà, e questo cam-

biamento avrà come effetto che le aree dei delta fluviali, in cui la sedimentazione degliultimi millenni ha accumulato rilevanti spessori di materiali fini come argille o limi,subiranno un’improvvisa subsidenza. Dove i sedimenti sono più recenti e presentanomaggiori spessori, si raggiungeranno cedimenti dell’ordine del metro anche nel brevearco di tempo di un anno. Città intere come Bangkok e New Orleans subiranno fortisubsidenze e diventerà complesso proteggerle dalla sommersione del mare, e si ripe-terà così ciò che è già successo circa 2500 anni fa, come ci testimoniano i resti di duecolonie greche, Sibari e Velia, sprofondate di circa 5 m in pochissimo tempo.Le minori forze gravitazionali avranno conseguenze sulle orbite dei vari corpi

del sistema solare. Ripetendosi il fenomeno, le eclissi di Luna e di Sole si discoste-ranno sempre di più dalle precise previsioni degli astronomi.Tra meno di tre secoli la gravità subirà una diminuzione molto più sensibile e

l’orbita terrestre si allargherà molto di più. La quantità di calore che riceveremo dalSole sarà tanto minore rispetto all’attuale da innescare un’enorme espansione deighiacci. Canada, parte dell’Europa e della Siberia ne verranno ricoperti, e tutto ilpianeta ne risentirà in misura molto grave.Tutte queste previsioni sono possibili poiché si è trovata la chiave per capire i

meccanismi della ripetizione ciclica di questi ed altri fenomeni. Nel progredire dellamia ricerca molti modelli sono stati esaminati, alcuni di essi sono stati accettati, altrimodificati e altri rifiutati. Altri ancora sono stati creati ex novo. Tra i modelli nonaccettati vi è quello che pone al centro della Terra un nucleo di ferro e nichel. Adesso è stato sostituito un modello in cui il materiale del nucleo non è dissimile daquello del mantello, ma in uno stato di particolare addensamento.

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Anche l’idea comunemente accettata che la Terra, insieme agli altri corpi delnostro sistema planetario, si sia originata dall’aggregazione di gas e polveri appar-tenenti ad una nebulosa non potrà più essere condivisa.Partendo dalla scoperta di precise periodicità nel verificarsi di diverse trasfor-

mazioni geologiche, verrà dimostrato che i ritmi con cui tutto ciò si presenta sullaTerra sono ritmi non esclusivi del sistema a cui apparteniamo. Ne derivaun’immagine nuova dell’universo, che coinvolge tra l’altro la sua origine e soprat-tutto la sua evoluzione poiché si dovrà rivedere l’idea che esso sia in espansione eche sia nato circa 14 miliardi di anni fa da una grande deflagrazione, nota come BigBang.All’inizio ci addentreremo in particolar modo nell’esame degli avvenimenti geo-

logici che si sono svolti nelle ultime centinaia di migliaia di anni, ma sarà necessa-rio tenere presente uno scenario più ampio per avere dei punti di riferimento piùsicuri. Ci muoveremo entro il Pleistocene, periodo che comprende grosso modo gliultimi 2 milioni di anni e che dovrebbe coincidere con quella che è chiamata “EraQuaternaria”; ma prediligeremo ciò che si è svolto specificatamente nel TardoPleistocene.Vi è un particolare curioso: dell’intervallo di tempo compreso all’incirca tra 275

e 150 mila anni fa c’è una tale carenza di conoscenze che gli studiosi spesso cerca-no di fondere gli estremi di questo intervallo per annullarlo. Ed è così che l’iniziodel Tardo Pleistocene, che una volta era posto intorno a 300 mila anni fa, ora vienegeneralmente considerato a 130 mila. In questa anomalia si nasconde un avveni-mento che sarà la chiave per aprire un nuovo orizzonte nella conoscenza della sto-ria del nostro pianeta. Si tratta di una grande trasgressione del mare, che ha invasoin un tempo brevissimo metà delle terre ora emerse.È stato indagando sulle modalità e le cause che hanno prodotto questo evento

apparentemente eccezionale che si è avuta una catena di nuove evidenze, fino a sco-prire che la gravità è una forza alimentata da una sorgente posta al di fuori dell’uni-verso oggi conosciuto. Per quanto riguarda questo universo, non è più sostenibilel’idea che esso si stia espandendo.Affronteremo questa avventura nel tempo partendo dalle ultime glaciazioni;

infatti grazie alle loro avanzate e ai loro ritiri possiamo cominciare a prendere con-tatto con i ritmi segreti che regolano il pulsare dell’universo.Per quanti non abbiano dimestichezza con le suddivisioni temporali della geolo-

gia, queste possono essere esaminate, dalle minori (Età) alle maggiori (Eoni), allepagg. 31, 35, 202, 157 e 240.

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PARTE I

Coralli eMammuth

Le GlaciazioniL’Età Glaciale

Glaciazioni e glacialiProblemi di età

La strage dei mammuthIl culmine del Würm 3

Periodicità astronomicheUn glaciale enigmatico

Fasi erosive

Stratigrafie e RitmiI bio-indicatori climaticiLa magnetostratigrafia

L’ossigeno nei sedimenti mariniLa ciclostratigrafiaI coralli di Barbados

La palinologiaL’ossigeno nelle coperture glaciali

Pulviscolo nei ghiacciModelli discutibili

Calotte molto recentiLa stratigrafia geotecnica

Crisi di identitàIl Villafranchiano

Un paradosso diageneticoCicli stratigrafici recenti

Il Lago GabinoPrime conclusioni

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Le Glaciazioni

Dacirca 10.000 anni il nostro pianeta sta vivendo un periodo relativamente cal-do, che i geologi chiamano “interglaciale”. Quasi nessuno immagina che tra

meno di tre secoli una grande espansione glaciale interesserà una buona parte delleterre abitate. Più o meno improvvisamente la temperatura media del globo si abbas-serà di diversi gradi, e le regioni più settentrionali e quelle più elevate in quota ver-ranno coperte da un manto di ghiaccio tanto spesso da fare abbassare il livello di tut-ti i mari di circa 50 m. La relativa stabilità climatica degli ultimi 2000 anni e i re-centi aumenti di temperatura dovuti all’“effetto serra” non ci devono cullare nell’il-lusione che i fenomeni meteorologici, per quanto capricciosi, possano continuare amantenersi così come li abbiamo conosciuti in questi ultimi tempi.Come si può formulare con tanta sicurezza una previsione tanto catastrofica?

Bisogna imparare a conoscere in dettaglio gli eventi del passato e, soprattutto, ordi-narli secondo i ritmi che la natura segue ed è pronta a rivelare. È quello che ci aspet-ta nel corso di questo capitolo e dei successivi.L’alternanza di periodi più caldi e più freddi nella storia del nostro pianeta ha

molto facilitato il lavoro di chi ha cercato di inquadrare nel tempo i vari fenomenigeologici. E i periodi più freddi sono quelli che hanno lasciato maggiormente ilsegno: depositi morenici, rocce striate dal passaggio delle coltri di ghiaccio spessekilometri, emersione di ampie zone della piattaforma continentale abbandonata daimari che hanno alimentato quei ghiacci, erosione accelerata dei terreni lungo i trat-ti terminali della massima parte dei fiumi, mutamenti profondi nella flora e nellafauna con molte specie costrette a grandi migrazioni o portate all’estinzione.Se andiamo a esaminare bene i momenti in cui i ghiacci si sono espansi e ritira-

ti, troviamo che essi hanno seguito dei cicli con alcune distinte periodicità. E saran-no queste periodicità che ci metteranno sulla strada per scoprire aspetti della naturaassolutamente sconosciuti.

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L’Età Glaciale

L’idea che ci siano state delle grandi glaciazioni è piuttosto recente. Fino allafine del XVIII secolo si ignorava il significato di quei grandi depositi more-nici che ad esempio si trovano a sud di Berlino o di Chicago. In effetti, a quel tempoi naturalisti della Germania settentrionale ebbero molto da fantasticare per spiegare co-me mai tra quegli strani accumuli allineati fossero presenti grossi blocchi di rocceche sono tipiche della Svezia centrale, 1000 km più a nord. Poiché a quel tempo laconoscenza della natura era molto superficiale e limitata, il solo modo di spiegare iltrasporto di quelle masse rocciose era di ricorrere alla violenza delle acque; si arrivòquindi a pensare che quei massi erratici fossero finiti lì a causa di un enorme flussofangoso conseguente al diluvio biblico. Ci vollero molti anni per capire che invece lospostamento di quei massi era stato prodotto da una immane coltre di ghiaccio, cheaveva coperto tutta l’Europa settentrionale. Tuttavia nei lavori geologici dei primidecenni del secolo successivo che riguardavano quei depositi recenti che troviamo nel-le estensioni delle grandi pianure e lungo i corsi fluviali si adottarono per essi rispet-tivamente i termini di “Diluvium” ed “Alluvium”. E Diluvium eAlluvium sono rimastinelle legende di alcune nostre carte geologiche ufficiali fino agli anni ’60.Nel 1830 Lyell, che viene considerato il fondatore della moderna geologia, si

trovò a operare una specie di rivoluzione copernicana quando pubblicò il suo testoPrinciples of Geology, che rimuoveva i vecchi pregiudizi della cultura derivata dalleSacre Scritture. Egli in questo seguiva il principio dell’attualismo, presente nelladottrina di Hutton del secolo precedente, secondo cui tutti gli eventi del passato sonoil risultato di tante piccole trasformazioni, le quali devono essere avvenute in modoanalogo a quanto avviene attualmente. Non si poteva quindi parlare di cataclismi etanto meno di diluvio. La disputa tra attualismo e catastrofismo risente purtroppo delfrequente difetto di argomentare senza tenere presente la realtà. Se i catastrofisti dauna parte invocavano il diluvio universale come deus ex machina per dare una spie-gazione non basata sulle osservazioni, dall’altra parte gli attualisti hanno sempresottovalutato i cambiamenti della natura, come dimostra la querelle sull’età dellaSfinge di Giza: la sua età, basata su indubbie considerazioni archeologiche, risultadi 4500 anni. Ma c’è chi le assegna irrealisticamente 12.500 anni. La maggiorazio-ne si basa sul tempo che avrebbe impiegato l’acqua piovana a scavare i solchi diruscellamento presenti sulla roccia di cui è costituito il basamento della sfingetenendo conto dell’attuale piovosità. Questi solchi invece dovrebbero fare rifletteresui cambiamenti climatici che hanno interessato quest’area, a dimostrazione cheessa, come tutto il Sahara, era ricoperta da vegetazione intorno all’optimum clima-tico, fino a circa 4000 anni fa.Lyell coniò il termine “Pleistocene” (che significa ‘il più recente’) per racchiu-

dervi un insieme di eventi geologici che avevano un carattere decisamente piùrecente di altri che rimasero invece a fare parte del Pliocene (‘più recente’). Tutti ifenomeni glaciali furono circoscritti entro lo stesso periodo di tempo, e per questo

Coralli e Mammuth

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si utilizzò anche il termine di “Età Glaciale” come sinonimo di Pleistocene, dato cheallora si pensava che le glaciazioni fossero esclusive di tale Epoca.Per molti anni si è pensato che al contrario l’Epoca precedente, il Pliocene, fosse

priva di fenomeni glaciali e quindi caratterizzata da un clima caldo. Infatti al con-gresso internazionale di geologia tenutosi a Londra nel 1948 una commissione sta-bilì che la base del Pleistocene doveva corrispondere alle prime manifestazioni fred-de dopo il periodo caldo del Pliocene. Attualmente la maggior parte dei ricercatoriin questo campo è orientato per un inizio intorno a 1,7–1,8 milioni di anni, ma unaminoranza lo vorrebbe a circa 2,4 milioni, mentre non manca chi fa notare che unafauna fredda continentale era già presente, per esempio in Francia, oltre 3 milioni dianni fa. Il fatto di ancorare in questo modo l’inizio del Pleistocene ai primi fenome-ni glaciali ci mostra la fragilità di un simile criterio di divisione stratigrafica.D’altra parte gli stessi fenomeni glaciali, pur se ampiamente descritti, sono anco-

ra poco capiti. Infatti si fanno grandi investimenti per ricerche atte a stabilire tuttigli aspetti dell’effetto serra ma nessuno prende in considerazione la reale possibilitàche in un prossimo futuro avvenga una nuova, disastrosa espansione dei ghiacci. Sicontinua invece a dare eccessivo risalto a modesti episodi di deterioramento clima-tico come quello che ha interessato l’emisfero settentrionale fino ad appena un seco-lo e mezzo fa e che è stato addirittura chiamato “Piccola Età Glaciale”. Esso si èesteso dal 1550 al 1850, con due fasi più critiche negli anni 1590–1630 e1810–1820, durante le quali gli abbassamenti di temperatura, le alluvioni e i dannialle colture agrarie hanno investito tutta l’Europa provocando nella popolazioneumana un numero elevato di morti.La Piccola Età Glaciale è stata davvero insignificante rispetto ai fenomeni più

imponenti che hanno interessato a più riprese tutto il Pleistocene. Durante questaEpoca si formarono le calotte glaciali che coprirono tutta la parte settentrionaledell’Europa, arrivando fino all’Olanda e alla Boemia. Le calotte che si formerannoprossimamente saranno più limitate, e quella europea forse arriverà solo aStoccolma, Helsinki e San Pietroburgo, ma sarà comunque un evento tale da lascia-re il suo segno nella storia geologica.

Glaciazioni e glaciali

Al Pleistocene si attribuiscono una diecina circa di importanti espansioni gla-ciali. Il loro riconoscimento è avvenuto per gradi: dapprima si è pensato che

ci fosse stata una sola glaciazione. Successivamente, dobbiamo soprattutto agli stu-di di Penck (1908) l’attuale distinzione in quattro glaciazioni: Würm, Riss, Mindel eGünz, che prendono il nome da altrettanti confluenti del Danubio che scendono dal-le Alpi nord–orientali. Possiamo vedere nella Tab. 1.1 le corrispondenze tra le variedenominazioni delle glaciazioni nelle Alpi, in Germania settentrionale e nel NordAmerica.

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Una ventina di anni dopo Penck, Eberl non solo ha aggiunto una glaciazioneDonau, più antica, ma ha trovato anche che le varie glaciazioni furono costituite dapiù momenti di espansione, e in particolare che la glaciazione Würm fu formata datre singole grandi espansioni glaciali (chiamate brevemente “glaciali”). Quest’ultimopunto a tutt’oggi è controverso e non accettato da molti ricercatori, che riconosconosolo due glaciali würmiani. Vedremo che invece i principali glaciali würmiani furo-no effettivamente tre, e pertanto, quando d’ora in avanti si parlerà dell’ultima espan-sione della glaciazione Würm, essa sarà indicata come Würm 3 o W3. Del Würm 1e del Würm 2 si parla poco perché il Würm 3 si è sovrapposto alle tracce delle dueespansioni precedenti, e perciò le ha in buona parte cancellate. Eppure paradossal-mente il Würm 1 è stato importante almeno quanto il Würm 3.Come si fa a riconoscere che un glaciale appartiene a una determinata glacia-

zione? La distinzione tra le varie glaciazioni è possibile per il fatto che tra di essevi è un intervallo di tempo che è nettamente più lungo rispetto agli intervalli tra unglaciale e l’altro. Infatti Penck osservò che le morene lasciate dalle diverse glacia-zioni si potevano distinguere in base al diverso grado di alterazione delle rocce e nededusse che esse dovevano essere separate da lunghi intervalli di tempo. Egli arrivòa valutare per l’ultima interglaciazione, quella Riss/Würm, una durata di 60 milaanni e per la precedente, la Mindel/Riss, una durata di 240 mila anni (per cui que-sta è nota come la “Grande Interglaciazione” Mindel/Riss). L’inizio del Günz, cheveniva fatto coincidere con l’inizio dell’Età Glaciale, ovvero del Pleistocene, era dalui posto a 600 mila anni. Con la successiva dilatazione della durata del Pleistocene,che è stata pressoché triplicata, queste età dovranno essere corrette sensibilmente.Per comprendere l’importanza di queste espansioni glaciali basta pensare che

durante il culmine del Würm 3 il mare si è abbassato, a causa della formazione dighiacci sui continenti, fino alla quota di -115 m, mentre alla fine del Riss, in cui si

Coralli e Mammuth

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ALPI NORD GERMANIA NORD AMERICA

Würm 3Würm Würm 2 Weichsel Wisconsin

Würm 1

Riss 2Riss Riss 1 Saale Illinoian

Mindel 2Mindel Mindel 1 Elster Kansan

Günz 3Günz Günz 2 Nebraskan

Günz 1

Tabella 1.1 – Denominazioni delle glaciazioni che hanno caratterizzato il Pleistocene in Europa e nel Nord America. Perle Alpi sono comunemente riconosciute da 2 a 3 distinte espansioni glaciali per ogni glaciazione.

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Figura 1.1 – Estensione massima delle calotte glaciali del Pleistocene in Eurasia. Il limite esterno rap-presenta il confine delle aree ricoperte principalmente dalla glaciazione del Riss. Il limite interno, nonriportato per la Siberia orientale, si riferisce all’ultima glaciazione, del Würm. Le frecce indicano ledirezioni del movimento dei ghiacci. Da Flint (1971).

Figura 1.2 – Valutazioni diversedell’inizio del Pleistocene e-spresse nel corso degli ultimicento anni. Attualmente si èorientati su età t non inferioria 1,5 Ma (milioni di anni), mamanca ancora una uniformitàdi opinione.

è avuta la massima espansione glaciale non solo del Pleistocene ma anche degli ulti-mi 5 Ma (milioni di anni), il livello del mare si è abbassato fino alla quota di circa -200 m. Possiamo vedere sulla carta della Fig. 1.1 la posizione del fronte massimosia del Würm che del Riss in Europa e nel Nord dell’Asia.

Problemi di età

Sapere che età si deve attribuire ai vari glaciali è sempre stato un problema delicato.Sulla stessa durata dell’intero Pleistocene i pareri sono abbastanza discordi; in questo

secolo le stime della sua durata hanno fluttuato come i punti della Fig. 1.2.Può stupire che grandi divergenze di valutazione siano esistite non solo all’ini-

zio del secolo, ma anche in tempi più recenti. Ed è chiaro che queste divergenze non

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facilitano il compito della nostra ricerca. Nella Parte III vedremo che l’inizio delPleistocene può essere posto, con obiettività, in un momento ancora diverso rispet-to a quelli proposti finora.Una conoscenza almeno approssimata delle età dei glaciali si rivela indispensabi-

le per risolvere il problema delle correlazioni e delle successioni degli eventi geolo-gici. È stato importante, per esempio, che sia stato accertato che i glaciali sono appar-si contemporaneamente nei due emisferi. Poiché è abbastanza certo che almeno lecorrelazioni fra le tre ultime glaciazioni sono accettabili, per semplicità i nomi delleglaciazioni dell’area alpina saranno usati anche per quelli delle altre regioni. Così adesempio parleremo diWürm per intendere anche le glaciazioniWeichsel oWisconsin.Nonostante le date del radiocarbonio abbiano permesso di inquadrare sempre più

precisamente gli eventi glaciali würmiani, tuttavia ciò non ha impedito che venis-sero proposte suddivisioni del Würm in una cornice diversa in Europa e in NordAmerica. Nella Fig. 1.3 si può osservare che gli autori olandesi fondono i maggio-ri episodi freddi degli ultimi 75 mila anni in un unico Pleniglaciale, mentre gli auto-ri americani distinguono i due principali glaciali di circa 60 e 20 mila anni comePrimo e Tardo Wisconsin e il periodo intermedio come Medio Wisconsin.

La strage dei mammuth

Laragione di questo differentemodo di vedere sta nel fatto che gliAmericani dispon-gono di tracce più dirette delle espansioni glaciali, come lemorene,mentre gli Olan-

desi si basano soprattutto su testimonianze lasciate dalla copertura floreale. In questo secon-

Coralli e Mammuth

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Figura 1.3 – Curve climatichee suddivisioni dell’ultimaglaciazione nella zona deiGrandi Laghi del NordAmerica e in Olanda.L’inizio del Würm in am-bedue le aree sarebbe av-venuto intorno a 75 milaanni fa. Da Nilsson(1983), modificato.

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do modo i contorni dei glaciali diventano molto più sfumati e si arriva a fondere insie-me l’effetto di più espansioni. In realtà, a metà tra le due principali avanzate dei ghiacciavvenute circa 60 e 20 mila anni fa, se ne colloca un’altra a partire da circa 40 mila an-ni fa. Le testimonianze di quello che è accaduto in questo particolare periodo proven-gono dalla Siberia settentrionale, dove il clima alla fine della penultima importante avan-zata glaciale era diventato temperato e, come oggi, i boschi di conifere lasciavano gra-dualmente spazio alla tundra. Moltissimi mammuth popolavano questa regione accom-pagnati da qualche altro animale che viveva nello stesso ambiente, come il cavallo e ilrinoceronte lanoso. Poi improvvisamente questi animali sono stati intrappolati da unagrandemassa di neve caduta incessantemente e trasformatasi poi in ghiaccio.Ancora og-gi parte di quel ghiaccio non si è sciolto. Le età radiocarbonio (RC) di questi mammife-ri siberiani sono disperse, anche per uno stesso esemplare, tra 30.000 e 44.000 anni (Heintze Garrutt, 1964; Heintz, 1966), poiché siamo vicini al limite del metodo, che è grossomodo di 40.000 anni.La strage dei mammuth (ne sono stati trovati a decine di migliaia) si è verificata

per un deterioramento climatico particolarmente veloce e intenso, che deve avereimprovvisamente coperto di una spessa coltre di neve estese aree continentali. Chevi sia stata una moria improvvisa è suggerito dal fatto che i corpi di questi animalisono stati ritrovati ancora congelati e per niente decomposti, tanto che, quandoemergevano dal permafrost, cani e volpi se ne cibavano. In un museo di SanPietroburgo è esposto uno di questi esemplari imbalsamato nella posizione in cui èstato trovato, ancora ritto sulle zampe anteriori. Inoltre il loro stomaco era ancorapieno dei vegetali di cui si nutrivano e che non hanno fatto in tempo a digerire:foglie di betulle e di conifere.Le indicazioni avute finora ci permettono di supporre che questo periodo di fred-

do intenso sia iniziato intorno a 40 mila anni fa. Alla sua conclusione, circa 35 milaanni fa, gli stessi ghiacci si sciolsero abbastanza velocemente quasi dappertutto, manon in Siberia, dove il disgelo deve essere avvenuto in misura molto limitata, pro-babilmente per la stessa ragione per cui oggi vi si registrano temperature minimeestreme. Nel prossimo capitolo sapremo qualche cosa di più sull’intensità di questaespansione dei ghiacci, che è ancora molto sottovalutata.

Il culmine del Würm 3

La ricerca che abbiamo intrapreso si basa sulla possibilità di avere dei precisiriferimenti temporali. Avendo scelto i fenomeni glaciali come fenomeni idea-

li per poter dispiegare con precisione la storia del nostro pianeta, uno dei momenti piùimportanti che dobbiamo fissare è quello in cui si è avuto il culmine dell’ultimo gla-ciale, il Würm 3.Sull’età di questo culmine vi è un tale consenso che è frequente nella letteratura

scientifica specializzata leggere espressioni del tipo “il culmine glaciale di 18.000

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