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UNITÀ DIDATTICA 1

Storia dellacomunicazionegraficaScritture e materialiTecniche di stampaStrumenti di diffusione

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UNITÀ DIDATTICA 1 STORIA DELLA COMUNICAZIONE GRAFICA

LE PRIME TESTIMONIANZE SCRITTEQuando un segno, un simbolo, un’im-

magine non sono solo la mera rappre-sentazione di se stessi, ma esprimono unsuono, un concetto o un’astrazione, al-lora si può cominciare a parlare di scrit-tura. Ed è da questo importante mezzoespressivo che vogliamo partire per rac-contare la storia umana della grafica asfondo comunicativo.L’invenzione della scrittura, che, per con-cetto comunemente accettato, fissa il pas-saggio dell’umanità dalla preistoria allastoria, è uno dei grandi momenti che de-finiscono l’evoluzione della civiltà. Pre-cedentemente l’uomo aveva raffiguratopersone, cose e fatti della vita con dise-gni rappresentativi. Invece la scrittura na-sce dall’esigenza di rappresentare il lin-guaggio parlato con dei simboli conven-zionali riconoscibili da una comunità oda un popolo. E non solo: per le classidominanti la scrittura rappresenta unostrumento essenziale per il controllo delpotere e la sua legittimazione, oltre che

per propagandare le proprie imprese.Le più antiche testimonianze scritte ri-salgono alla fine del IV millennio a.C.È vero che ultimamente sono stati rinve-nuti in Egitto dei semplici pittogrammisu osso o argilla databili intorno al 3400a.C. Comunque sia, si ritiene che la pri-ma scrittura, nel senso più compiuto deltermine, sia quella sumerica, nota an-che come cuneiforme (3000 a.C.), ter-mine che deriva dai simboli a forma dicuneo, variamente disposti con la tecni-ca dell’incisione su pietra o argilla anco-ra fresca.Le parole o le frasi sono la risultante dellacombinazione di questi simboli, ripor-tati in modo verticale, orizzontale o obli-quo (questa forma di rappresentazionecuriosamente ricorda il sistema binariodell’informatica). I primi testi della sto-ria hanno uno scopo molto pratico, ri-portando comuni atti di vita sociale,come i contratti d’affari o la contabilizza-zione delle scorte alimentari.

Steli e terrecottecon carattericuneiformi.

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Quasi contemporaneamente alla scritturacuneiforme, in Egitto compare una scrit-tura di tipo iconografico (detta anche,un po’ impropriamente, geroglifica), cheusa l’immagine per rappresentare unaparola o un concetto. L’evoluzione diquesta porta alla scrittura ideografica(o ideogrammatica) che, in aggiunta, ac-coppia alcune immagini per comunica-re concetti astratti o azioni.In realtà non è esistita una scrittura com-pletamente ideografica, anche per la dif-ficoltà di rappresentare le forme gram-maticali come i prefissi, i suffissi e le

desinenze. Nel corso deglianni sono adottati vari espe-dienti per risolvere i proble-mi di questa forma di scrit-tura. In alcuni casi (peresempio, nel geroglificoegizio) un simbolo può es-sere usato per due concettidiversi, ma con suono iden-tico; oppure l’unione di duesimboli può dare origine perassonanza fonetica ad unaterza parola (come per unrebus enigmistico); o anchel’adozione di grafemi di tipoconsonantico parallela-mente al geroglifico.Già da queste scorciatoie grafiche si puòcapire l’esigenza, a quei tempi, di sem-plificare la rappresentazione dei concet-ti con un minore numero di simboli.A tutt’oggi i limiti che comporta la scrit-tura ideografica, laddove adottata, sonoancora un problema: in Cina, per esem-pio, esistono circa 80.000 ideogrammi,di cui almeno 6.000-8.000 di uso cor-rente.

(Da sinistra)Iscrizione egizia instile geroglifico.Simboli ideograficicinesi.

Tavoletta conscrittura cuneiforme.

Geroglifico egizio.

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Dopo le invasioni barbariche, che ave-vano posto fine all’Impero Romano, laChiesa si prende carico di conservare ecustodire la cultura del tempo e dell’an-tichità. Nel basso Medioevo, soprattuttoall’interno dell’ordine di S. Benedetto,ha inizio l’attività di alcuni monaci, dettiamanuensi, di trascrizione a mano del-le Sacre Scritture e di tutto ciò che arrivadalla cultura classica. È merito loro se unnotevole numero di opere antiche nonsia andato perduto.Mentre nel mondo classico sono gli schia-vi colti (detti anche scribi) gli addetti allacopiatura dei manoscritti, nel Medioe-vo, come abbiamo detto, è competenzadi religiosi che lavorano in conventi o inabbazie. L’attività amanuense si praticain locali detti scriptorium e richiede figu-re aventi ruoli diversi: lo scriptor, che scri-

L’ARTE AMANUENSE E I CODICI MEDIEVALI

ve in bella calligrafia con una penna d’ocaben temperata e un raschietto per cancel-lare; il dictator, che detta il testo; il corrector,che controlla lo scritto; il miniator, cheriproduce le miniature e le decorazioni;il legator, che unisce i fogli; il rilegator,che li rilega.

Amanuense allavoro.

Miniatura conallegoria di duebranche dellamatematica (aritmeti-ca e geometria).

Codice miniato.

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(Da sinistra)Incipit del Vangelo diMatteo (Lindisfarnegospels), VIII sec.Miniatura tratta dalDe ConsolationePhilosophiae, XII sec.Codex Aureus del IXsec.

I libri dell’epoca sono composti da fogliche vengono poi piegati a metà, a for-mare fascicoli, detti “quaterni”, perchécostituiti da quattro pagine; più quaternicuciti insieme e protetti da una coperti-na formano il codice.I codici iniziano con l’incipit, prima pa-rola abbellita con un capolettera miniato,e si concludono con l’explicit, poi evolu-tosi nel colophon (finitura) dove sono in-dicati i nomi del copista, del miniatore ela data dell’edizione.A partire dal XII secolo con i suoi pro-

fondi cambiamenti sociali (il sorgere dellaborghesia, delle università e delle primeforme d’istruzione laica) cresce la doman-da di testi trascritti e l’attività amanuensediviene una vera e propria professione,presso università o corti rinascimentali,con tanto di botteghe e laboratori; si fon-dano corporazioni di librai, miniatori elegatori. La pergamena viene lentamen-te sostituita dalla carta. La pratica ama-nuense però sopravviverà per molto tem-po ancora, anche dopo l’avvento dellastampa vera e propria.

(Da sinistra)Libro miniatoCodice in pergamenae su tavolette dilegno con cerniera.

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LA STAMPA CALCOGRAFICA

Calcografie adacquaforte di A.Dürer, XVI sec.

La calcografia, o incisione a incavo (dalgreco càlcos, rame), nasce nella metà delXV sec. Il procedimento è, in pratica, l’in-verso della xilografia: si incidono con unbulino (o con uno strumento aguzzo det-to puntasecca) dei metalli, preferibilmen-te rame, ma anche zinco, ottone o ferro.Si riempiono queste parti incave con uninchiostro fluido, rilasciato da un rullo atampone, asportandone poi l’eccedenzacon una spatola e un panno. Quindi, me-diante forte pressione di un torchio, sitrasferisce il disegno inchiostrato sullacarta umida. Quest’ultima viene fatta ade-rire alla lastra tramite pressione di un rulloche è combinato al movimento di un al-tro rullo posto sotto il piano di stampa.

Questa nuova tecnica presenta, rispettoalla xilografia, il vantaggio di un mag-giore dettaglio nei particolari e viene fre-quentemente usata anche da famosi ar-tisti dei nostri giorni per illustrazioni,cartografie e stampe in generale.

La calcografia presenta alcune varianti:• calcografia a bulino, dove la matrice

è a bulino con punta a sezione trian-golare; l’inchiostro sulla superficie vieneeliminato con uno straccio, quindi si posaun foglio umido sulla matrice la quale,tramite pressione di due rulli, rilascial’inchiostro rimasto nelle incisioni;

• calcografia a puntasecca, dove lamatrice è incisa con solchi arrotondatipiù o meno profondi e larghi;

• calcografia ad acquaforte, dove lamatrice è trattata con vernice resisten-te agli acidi; questa viene asportata conuna punta metallica durante il disegno,quindi si passa una soluzione di acidonitrico (acquaforte è l’antica denomi-nazione di quest’acido) che corrode leparti non protette, che verranno poiinchiostrate;

• calcografia ad acquatinta, che defi-nisce meglio i toni chiaroscurali; qui lamatrice è trattata con resine (bitume,cera) resistenti all’acido.

Nell’Ottocento, con l’inizio della stam-pa industriale, la calcografia viene len-tamente sostituita dalla tecnica litografi-ca, cioè con matrici in pietra calcarea.

Calcografia perincisione meccanica abulino, XVII sec.

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Ricostruzione dellamacchina da stampadi Gutenberg.

LA TECNICA DI STAMPA A CARATTERI MOBILILe conoscenze acquisite nel tempo se-

gnano la storia dell’evoluzione tecnicadella stampa. Contemporaneamente leinvenzioni, che hanno sempre avuto (eoggi più che mai) bisogno di grossi inve-stimenti di capitali per poter avere suc-cesso, devono fare i conti con le esigen-ze sociali e di mercato del momento. Lanascita della stampa a caratteri mobili,che in un certo senso ha determinato ladata d’inizio di una nuova era nell’artedella stampa, è stata possibile in primoluogo in quanto legata all’invenzionedella carta e del torchio e, conseguente-mente, perché stava nascendo una nuo-va società, più alfabetizzata, con capitalia disposizione e con una forte richiestadi documentazione stampata.Abbiamo già accennato che in EstremoOriente, nel 1049, erano stati prodottidei rudimentali blocchetti di creta mo-bili (uno per ogni ideogramma) per stam-pa tipografica e all’inizio del 1400 era-no apparsi dei caratteri mobili in metal-lo (bronzo e rame). In Europa nella pri-ma metà del XV secolo si trovano testi-monianze di primi tentativi di elaborareuna tecnica per produrre testi stampatitramite cliché. Dapprima alcuni artigia-ni, forti dell’esperienza xilografica, ave-vano realizzato lettere sfuse intagliate nellegno di faggio. Ma l’invenzione vera epropria della stampa a caratteri mobi-li (come anche quella del torchio speci-fico da stampa) è ufficialmente da rico-noscere al tedesco Johann Genfleisch,detto Gutenberg (dal nome della suacittà natale).Il procedimento consiste nell’impressio-ne a torchio su carta di blocchi di testoinchiostrati, composti da caratteri mobili,cioè smontabili e riutilizzabili, a differen-

za dei caratteri incisi su tavolette comenell’uso xilografico.

I caratteri sono realizzati tramite la crea-zione di punzoni di metallo duro ripor-tanti all’estremità la forma in positivo delsingolo carattere. Il punzone funge poida calco per imprimere su di una laminadi rame una matrice in negativo. In que-sta matrice viene colata una lega di piom-bo, antimonio e stagno, per creare piùmodelli che sono poi montati su paralle-lepipedi di legno.

Johann Gutenberg,incisione del 1584.

Raffigurazione delprocedimento distampa a torchio.

Caratteri tipograficidi Gutenberg.

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Particolareingrandito deicaratteri della Bibbiaa 42 righe diGutenberg.

Pagina in carattereGaramond.

I CARATTERI TIPOGRAFICI

All’inizio della stampa a caratteri mo-bili, il disegno del carattere si rifà com-pletamente alla scrittura gotico-textura,usata dagli amanuensi tedeschi. Il primocarattere specifico da stampa, detto ton-do o anche romano, latino o semigotico,è inciso a Venezia nel 1470 da N. Jensone il primo corsivo da F. Griffo, nel 1501,su commissione dell’editore A. Manuzio.Manuzio, infatti, è il promulgatore diquesto nuovo stile dal carattere inclina-to (da cui l’attuale corsivo, detto ancheitalico, cancelleresco o aldino, dal suonome) ispirato alla scrittura amanuenserinascimentale italiana e molto imitatoin tutto il XVI secolo.

C. Garamond è il primo vero disegnato-re e incisore di caratteri del Cinquecen-to; egli riprende l’esperienza del Manuzioe apporta modifiche ai caratteri aldini cu-rando gli effetti chiaroscurali degli spes-sori e le forme corsive delle maiuscoleper dare maggiore leggibilità al testo. Allafine di questo secolo, C. Van Dick crea icaratteri elzeviriani (da Elzevier, un’im-portante famiglia di tipografi e di edito-ri olandesi per cui lavorava).

Caratteri cinque-centeschi di scuolabolognese.

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Gli ex-libris (dal latino “provenienti dailibri”) sono dei piccoli foglisottoforma di etichetta che ripro-ducono un’immagine, accompa-gnata dalla scritta “Ex-Libris”e seguita dal nome dellapersona o della bibliotecaproprietaria del libro stesso.Vengono incisi con la tecni-ca del bulino o dellaxilografia da parte di vari ar-tisti dell’epoca e normal-mente sono applicati sul fo-glio di risguardo della coperti-na o sul retro del frontespizio.Tra i vari tipi di ex-libris si distin-guono gli autografi, gli araldici, i

parlanti e gli epi-grafici.Gli ex-libris vengo-no richiesti daicommittenti del-l’opera con il pro-prio nome o con ilsimbolo del casatodi appartenenza,oppure con un mot-

Gli ex-libristo, e rappresentano una certifica-

zione di proprietà del libro.Il piccolo foglio nasce in Germa-

nia e si diffonde con l’inven-zione della stampa a caratte-ri mobili intorno alla metàdel XV secolo. Nei secoli,poi, gli ex-libris cambianoil proprio stile con il variaredelle correnti artistiche.Dopo la Rivoluzione france-se l’aristocrazia va in crisi econ essa questa pratica di

stampa artistica. Sul finire delXIX secolo, con l’affermazione del

collezionismo bibliofilo da partedella borghesia colta, gli ex-libris

hanno un periodo di ripresa. Il nome deltitolare diminuisce di importanza, mentresi fa più attenzio-ne alla veste arti-stica. Oggi gli ex-libris si sono tra-sformati in un pre-zioso e raffinatooggetto da colle-zione.

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LA NASCITA DEL GIORNALEIl primo esempio di informazione di

tipo giornalistico si colloca storicamentenel periodo dell’antica Roma con gli actadiurna, tavolette scritte (le prime nel 59a.C.) che riportano leggi, atti ufficiali oavvenimenti vari. Nell’Estremo Oriente,tra il 600 e il 900 d.C., si stampano pe-riodici con notizie di palazzo. Un concet-to più attuale di giornale si fa però risa-lire al XIV secolo con l’avvento del servi-zio postale e la produzione e spedizionedi lettere-giornali. Questi sono fogli informato ridotto, con la prima paginaxilografata, e trattano generalmente unsolo argomento. Alla fine del Cinquecen-to nascono in Europa, Italia compresa,le gazzette (il cui nome si riferisce allamoneta da due soldi veneziana), perio-dici spesso manoscritti con informazionidi argomento religioso, militare, politi-co o di cronaca.Questi periodici d’informazione sono ge-neralmente di proprietà del potere pub-blico (re, principi, imperatori o eccle-siasti), e quindi asserviti ad esso; si stam-

Fogli informati-vi e giornali letteraridel Seicento.

pano, però, anche libelli satirici o di di-battito politico, pubblicati autonoma-mente, e sono un primo esempio di stam-pa libera in una società di fine Medioe-vo dove la libera espressione è fortemen-te osteggiata, soprattutto dalla Chiesa.

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L’OTTOCENTO E LA RIVOLUZIONE TECNOLOGICADELLA STAMPA

I grandi cambiamenti durantela rivoluzione industriale influen-zano anche l’arte grafica e lastampa. Le invenzioni e le sco-perte nel campo della meccani-ca e dei metalli permettono dicreare macchine innovative attealla produzione e alla diffusionedi massa della stampa; le nuovetecnologie modificano quindi itempi e i costi di realizzazione, eil libro diventa più economico.Il torchio, utilizzato fin dal Cin-quecento e reso più funzionaleprima da G. Haas nel 1722, poiin forma cilindrica nei primi annidell’Ottocento da N. Bettoni,

viene sostituito prima dal torchio a vapo-re di F. Koenig, poi dalla sua macchinapiano-cilindrica, una sorta di cilindro arotativa inchiostrato automaticamente,che permette una pressione continua sulfoglio, un più ampio formato, una mag-giore velocità di stampa e una minore usu-ra dei cliché. Con questa macchina tipo-grafica nel 1814 si arriverà a stampare ilgiornale Times al ritmo di 1.100 copie l’ora.

L’evoluzione di questa sarà la macchinaa rotativa, inventata da R. Hoe nel1846, in grado di stampare la carta con-temporaneamente in bianca e volta.Nel 1797 il francese L. Robert inventala macchina a ciclo continuo per la pro-duzione della carta in bobina, tecnica checontribuisce all’abbattimento del costodella carta stessa. Perfezionata quest’ul-tima, nasce la prima rotativa tipograficacon carta a modulo continuo.

Reparti di unostabilimento editoriale.

Stampe di tipografiae di stamperia dell’Ot-tocento.

Macchina piano-cilindrica per stampaa modulo continuo.

I caratteri mobili sono sostituiti da unprocedimento detto stereotipia, me-diante il quale si versa la lega tipografi-ca in un’impronta di gesso o di argilla,creando lastre per stampa piane o cur-ve, a seconda del tipo di torchio.Alla fine dell’Ottocento nascono due ri-voluzionari sistemi per la composizioneautomatica dei caratteri e delle righe ti-pografiche: la linotype e la monotype.

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La linotype (1881) è costituita da unatastiera letterale che aziona una leva laquale libera una matrice. Queste matricisi dispongono nel compositoio fino acompletamento della riga nella giustezzavoluta, quindi il piombo fuso la fonde.La monotype (1896), invece, componee fonde le singole lettere. In questo modogli errori di composizione possono esse-re corretti senza sostituire l’intera riga.Questo procedimento, un po’ macchino-so, risultava utile per le stampe di quali-tà, come i libri, ma meno adatto alla ste-sura dei giornali.

L’invenzione della fotografia da parte diNiepce e Daguerre porta a un impor-tante cambiamento nella tecnica di rea-lizzazione dei cliché. Con il sistema diGillot le immagini vengono riprodotte(anche a colori) su pietra litografica, pri-ma creando un cliché al tratto, cioè conparti piene di disegno (fotolitografia),quindi retinate, cioè con puntini di di-versa dimensione che definiscono imezzitoni del soggetto. Con il passaredegli anni si cominciano a riprodurre, tra-mite reazione chimica, immagini dal ne-gativo fotografico su lastre di zinco e dirame e si continuano gli esperimenti perottenere matrici idonee ai nuovi sistemidi stampa, come la litografia (trattatanella pagina seguente).In linea generale, però, l’Ottocento sicontraddistingue per una certa decaden-za della stampa artistica e della qualitàin generale, a favore della produzionedi massa. Anche i caratteri da stampa ri-sentono del periodo tardo-romantico,con le influenze del liberty e delle suemode orientaleggianti. In questo perio-do vengono prodotti numerosi caratteri“fantasia”, di gusto discutibile.

Caratteri tipograficimobili per monotype.

(Da sinistra)Macchine Monotypee Linotype per lacomposizione deitesti.

Alla metà del Novecento il giornale siperfeziona sempre più grazie alle nuovetecnologie (rotative, telescriventi, reti te-lematiche, nuove tecniche di elaborazio-ne delle immagini, ecc.). Si trasmettonole pagine mediante impulsi elettrici dal-la sede centrale del giornale ad altre città.