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Bimestrale web gratuito a cura del Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur” - Maggio 2012 numero 1 WEB NOTIZIE, TESTIMONIANZE e DOCUMENTI del Centro Studi e Ricerche Storiche“Silentes Loquimur” – 33170 Pordenone (Italia) Via Div.Folgore 1, Casella Postale 335 Biblioteca: - 33170 Pordenone - P.ta Ottoboni 4, tel: 0434209008-FAX 0434081649 e.mail: [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] SITO: www.silentesloquimur.it (Istituto di notevole interesse regionale, L.R.n.17/2008, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia) e ( Patrocinio Regione del Veneto, Provvedimento 5.2.2009) Perché un WEB-NOTIZIE ? Un sito non può essere solamente il “museo” di un Istituto, ove si conservano le memorie degli eventi, l’elenco delle pubblicazioni, che trasportano nella “STORIA” le “storie”. Un sito “storico” deve generare dibattito, non blog sterili che vengono gestiti dai soliti ignoti, trasformandosi in piccoli o grandi club, né essere il supporto di “profili”o di gruppi di “amici”. Un sito “storico” attraverso la comunicazione reciproca, via e-mail, deve personalizzare l’approfondimento, la scoperta, la ricerca della verità , preda dei “silenzi dei vivi”, delle “rimozioni”, delle “negazioni”. Un sito “storico” deve concorrere alla costruzione della ricerca e nella distribuzione della ricerca per rendere vivo il concetto della libertà, che è soprattutto cammino per un confronto da condividere attraverso i risultati del dibattito. Da qui l’idea di costruire un notiziario bimestrale per ritrovare i popoli e la loro Storia. Il notiziario avrà un percorso su canali di interesse che si modificheranno in ogni numero, ma che si proporranno nelle pagine. a) L’intervento del “ricercatore” b) Memorie della “Guerra Civile Italiana” con foto e documenti, riguardanti le “Vittime” c) Analisi di “documenti originali” reperiti da archivi privati, donazioni, acquisti, relativi al Confine Orientale, con contenuti e finalità contrapposte d) L’Europa dei Popoli, Storie dei “popoli martiri” e) Le pagine e le notizie del Centro Studi e Ricerche Storiche di Oderzo (TV) A seconda dell’e-mail suggerita sarà risposto a tutti, vista la complessità degli argomenti entro 2 o 3 giorni . Ed ora Vi lascio alla lettura ed ai Vs, commenti, a presto! Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur” Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur” - Sede Sociale: Via Div. Folgore, 1 – 33170 Pordenone Sede Operativa: Piazzetta Ottoboni, 4 33170 Pordenone - Tel. 0434 209008 – Fax 0434 081649 e-mail: [email protected] - [email protected] - [email protected] - [email protected]

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Bimestrale web gratuito a cura del Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur” - Maggio 2012 numero 1

WEB NOTIZIE, TESTIMONIANZE e DOCUMENTI del Centro Studi e Ricerche Storiche“Silentes Loquimur” – 33170 Pordenone (Italia) Via Div.Folgore 1, Casella Postale 335Biblioteca: - 33170 Pordenone - P.ta Ottoboni 4, tel: 0434209008-FAX 0434081649

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(Istituto di notevole interesse regionale, L.R.n.17/2008, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia) e ( Patrocinio Regione del Veneto, Provvedimento 5.2.2009)

Perché un WEB-NOTIZIE ?Un sito non può essere solamente il “museo” di un Istituto, ove si conservano le memorie degli eventi, l’elenco delle pubblicazioni, che trasportano nella “STORIA” le “storie”.Un sito “storico” deve generare dibattito, non blog sterili che vengono gestiti dai soliti ignoti,trasformandosi in piccoli o grandi club, né essere il supporto di “profili”o di gruppi di “amici”.Un sito “storico” attraverso la comunicazione reciproca, via e-mail, deve personalizzarel’approfondimento, la scoperta, la ricerca della verità , preda dei “silenzi dei vivi”, delle“rimozioni”, delle “negazioni”. Un sito “storico” deve concorrere alla costruzione della ricerca enella distribuzione della ricerca per rendere vivo il concetto della libertà, che è soprattutto cammino per un confronto da condividere attraverso i risultati del dibattito.Da qui l’idea di costruire un notiziario bimestrale per ritrovare i popoli e la loro Storia.Il notiziario avrà un percorso su canali di interesse che si modificheranno in ogni numero, ma che si proporranno nelle pagine.a) L’intervento del “ricercatore”b) Memorie della “Guerra Civile Italiana” con foto e documenti, riguardanti le “Vittime”c) Analisi di “documenti originali” reperiti da archivi privati, donazioni, acquisti, relativi alConfine Orientale, con contenuti e finalità contrapposted) L’Europa dei Popoli, Storie dei “popoli martiri”e) Le pagine e le notizie del Centro Studi e Ricerche Storiche di Oderzo (TV)A seconda dell’e-mail suggerita sarà risposto a tutti, vista la complessità degli argomenti entro 2 o 3 giorni . Ed ora Vi lascio alla lettura ed ai Vs, commenti, a presto!Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur”

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____Storie@Storia___pag.2____________________________________________

INDICE:

pag. 1 Perché un WEB-NOTIZIE ? Introduzione del Nostro fondatore, Marco

Pirina

pag. 3 La banalità del male - articolo di Giovanni Pietro Crosato

pag. 6 L’affondamento del Titanic – articolo di Mario Conforti

pag. 9 La Mostra “VOCI DI GUERRA IN TEMPO DI PACE” in mostra a Grado sino

al 17 di giugno 2012 di Mauro Depetroni

pag. 11 Novità editoriali: “Prigionieri” di Marco Pirina – con dedica a cura di Gigi Di

Meo, Direttore di Tele Pordenone

pag. 13 Un saluto a Marco Pirina – lettera di Bruno Bolognani

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___________________________________________Storie @ Storia pag. 3______

LA BANALITA’ DEL MALE

GIOVANNI PIETRO CROSATO *

Solo in un film dell’orrore potremmo immaginarci di vedere un uomo vestente un cappuccio, lunghi guanti di cuoio e un grembiule. Capire che si tratta di protezioni utili per non sporcarsi la divisa di sangue. Non stiamo, infatti, parlando di un soggetto che compie la normale professione del macellaio, ma siamo in una scena truce della storia. Una di quelle che si tende normalmente a dimenticare. Ci ritroviamo nella prigione sovietica dell’NKVD di Kalinin. Quello che abbiamo dinanzi agli occhi era il Vasilij Blokhin, in altre parole il locale capo dei giustizieri. Le sue esecuzioni non avevano nulla di particolarmente spettacolare e teatrale. Non vi erano quei rulli di tamburi e quelle formazioni schierate e nemmeno quella teatralità delle esecuzioni USA, con i testimoni della morte del condannato. Non s’immaginava nemmeno di dare dei conforti al condannato. No, ci saremmo colà trovati di fronte ad una vera e propria catena di montaggio della morte. Quella persona non era altro che un ingranaggio di quel grande meccanismo, di quella che potremmo definire come una grande ditta della morte. Nel film “funerale a Berlino” l’ufficiale USA addetto alla caccia ai criminali nazisti parla di un camionista. Non uno di quelli che siamo avvezzi a vedere sulle nostre strade, a portare delle merci da un luogo all’altro, ma uno di quelli dei camion della morte. Un cassone ermetico pieno di uomini, un marchingegno che v’immetteva il gas di scarico. Al termine del viaggio scaricava i cadaveri e rientrava alla base di partenza. Egli faceva più morti di Al Capone nei tempi d’oro della malavita a Chicago, più della mafia e ‘ndrangheta insieme. Eppure se gli chiedevi del suo lavoro, egli replicava che era un semplice camionista. Solo un camionista. Un ingranaggio di quelle ditte in cui il prodotto è rappresentato dalla strage di uomini innocenti. Cadaveri a cataste che sono gettate alla rinfusa in fosse comuni. Di loro non deve restare traccia, devono essere cancellati dalla storia e dalla memoria della gente. Fosse comuni nella foresta. Tombe senza un fiore, in tempi in cui è morta anche quella grande pietas che permeava la nostra civiltà occidentale permeata della predicazione del Cristo. Subumani di cui non avere rimorsi, la cui uccisione è quasi un merito, quasi si trattasse di una derattizzazione. Nessuno, infatti, avrebbe rimorsi di avere liberato la propria casa dalle pantegane, e per quelli il paragone sarebbe calzante. Abbiamo trattato di una prigione sovietica, ma ci saremmo potuti riferire a tanti altri fatti del secolo appena trascorso. Dalle foibe, cioè quelle voragini carsiche in cui migliaia di uomini furono gettati, anche vivi, da parte dei loro aguzzini titini, ai tanto conosciuti campi di concentramento nazisti, su cui è inutile anche riferire tanto la loro crudeltà e disumanità sono oramai conosciute da tutti. Eppure molte di quelle persone che parteciparono ai massacri erano, necessariamente, dei personaggi che a prima vista vedremmo disgustosi. Erano delle persone ordinarie che non avevano, che so, delle elucubrazioni sadiche o altro che le facesse rivelare pericolose al prossimo. Semplicemente ognuno di loro si considerava un ingranaggio in quella grande catena di montaggio. Gli era fatto intendere che quelle persone che avevano di fronte non erano suoi simili, ma solo delle cose o, nella migliore delle ipotesi, dei nemici dello Stato che devono essere eliminati. Ucciderli era, in sintesi, una cosa naturale come, se non addirittura un’azione ammirevole. Se foste andati a domandarne il perché non ve lo avrebbero saputo dire. Ne era ben cosciente il Primo Levi che nel suo lager si arrovellava in quel warum, a cui veniva sempre replicato un “qui non c’è un perché”. Anche il Santo Padre Benedetto XVI, in occasione della sua visita il 28 maggio del 2006 al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, se lo chiese il perché. “Quante domande – disse allora – ci si impongono in questo

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luogo! Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male? Ci vengono in mente le parole del Salmo 44, il lamento dell'Israele sofferente: “…Tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose… Per te siamo messi a morte, stimati come pecore da macello.” Se andiamo nel libro Terre di sangue (di Timothy Snider, ed. Rizzoli) ne vedremmo a bizzeffe di queste situazioni. E allora riandiamo a quel carcere dell’NKVD (l’acronimo di Narodnyj komissariat vnutrennich del in russo, cioè Commissariato del popolo per gli affari interni, in altre parole un commissariato governativo dell'Unione Sovietica che gestiva un'ampia gamma di affari di stato). E li gestiva burocraticamente. Durante quell’annessione della Polonia da parte della Germania e della Russia a seguito del patto Ribbentrop – Molotov, si ebbe addirittura una sua collaborazione con la Gestapo. I suoi rappresentanti si incontrarono per una settimana nel 1940 a Zakopane. Dall’URSS furono consegnati alla Gestapo nazista centinaia di comunisti austriaci e tedeschi, trattati da indesiderati. Sempre burocraticamente, non si dimenticarono di dare insieme anche i documenti e magari anche le cartelle con le pratiche d’ufficio degli interessati. Un tritacarne della storia che produsse arresti di massa, deportazioni e fucilazioni. Tra questi anche le migliaia di prigionieri di guerra polacchi uccisi nel 1939 – 1941. Il loro era forse un compito che veniva ripetuto meccanicamente, senza partecipazione emotiva. Come ebbe certamente modo, purtroppo per lui, di provare sulla sua pelle quel giovane soldato diciottenne che si era arreso alla disfatta dell’esercito polacco. Dopo una lunga prigionia era stato ora spostato in quel campo, con la segreta speranza che fosse la fine dell’incubo. Ora si trova di fronte a quella porta, insieme coll’ufficiale russo dell’NKDV che lo accompagna. Potrebbe sembrargli una normale incombenza burocratica, una di quelle che anche noi tutti, evidentemente non da prigionieri, ci ritroviamo a vivere nella vita. Quanti di noi si sono ritrovati alla porta di un ufficio accompagnati che so dall’impiegato d’altro reparto. In quelle situazioni, per passare la breve pausa d’attesa del nostro turno, parliamo magari del più e del meno. Anche quel giovane. Non vi sono dialoghi atroci, non vi sono delle parole di odio che dimostrino una situazione di scontro tra i due. Delle normali e banali domande sulla vita privata. Il giovane risponde che lui prima d’essere stato arruolato e di avere trascorso quei sei mesi di vita militare, era un semplice centralinista. Questa delucidazione circa la banalità del male deriva anche da un’analisi effettuata dalla scrittrice Arendt sul caso del processo intentato in Israele contro Adolf Eichmann. Si trattava di un criminale nazista, uno di quelli che scampò al Tribunale di Norimberga solo per essere scappato in America Latina. Ora che si trovava alla sbarra, la scrittrice l’aveva davanti quella persona che era definita una belva. Eppure allora scatta quel meccanismo. Non sembra una persona anormale, nemmeno quel tipo di persone che s’avrebbe definiti dei mostri. Era una persona simile a tante che s’incontrano sulla strada. Eppure ha compiuto quel male. Che cosa aveva spinto quella persona a compiere questi gesti? Certo quando i gerarchi andarono al processo di Norimberga e affermarono che avevano eseguito tali ordini in quanto tali e provenienti da un’autorità legittimata a darli i Giudici ebbero buon gioco a dir loro che “alle azioni manifestamente criminali non si deve obbedire”. Questo è certamente un principio che esiste nel diritto di ogni paese, ma come può un individuo distinguere un ordine come manifestamente criminale quando si vive in uno Stato che addirittura organizza questi reati. Quando cresci in mezzo alle leggi razziali come fai a capire che queste sono sbagliate? E allora potremmo ritornare a quell’ufficiale russo e quel dialogo avrebbe un senso. Quella normalità non avrebbe un sapore strano. Egli è ben cosciente che quell’avvenire del giovane è già deciso. Sa bene che entrerà in una stanza buia ove sarà tenuto per le braccia mentre quell’individuo gli sparerà un colpo di pistola alla nuca. Avendo come unica avvertenza, con quel grembiule e quel cappuccio e quei guanti, quella di non sporcarsi la divisa. Ecco, sia l’ufficiale del NKVD che il boia che Eichmann che chiunque altro hanno fatto parte di questo meccanismo di morte rischiano alla fine di essere una pedina di qualcun altro che da sopra tende i fili e ne dirige le azioni. Divenire un inconsapevole volontario, insomma quel braccio che potremmo definire intenzionalmente inconsapevole. Ecco il punto. Egli è intenzionalmente che decide di non essere consapevole di quello che compie. Allora ritorniamo a quella domanda che si faceva nel lager, quel warum, in altre parole quel perché di tanto male. Come si può compiere quelle attività ritenendo che non se ne assume la responsabilità. Allora magari quella persona che si è trovata a catturare Anna Frank con la sua famiglia nel suo nascondiglio avrà potuto

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affermare di avere compiuto solo un arresto. O tanti di quelli che si trovavano ad operare nei campi di concentramento e sterminio essere solo un ingranaggio di quella struttura, dei piccoli volenterosi del grande disegno del Fuhrer. Ecco, la banalità del male, di quello che neanche assurge alle vette della drammaticità, ma semplicemente resta solo un compito puntiglioso da assolvere. Un travet, solo un semplice travet della morte.

*ricercatore del Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur”.

Due testi a confronto, il romanzo Se questo è un uomo di Primo Levi e il saggio della filosofa Hannah Arendt La banalità del male. Il male elementale, la zona grigia, il processo ad Eichmann, il valore dell'individuo, i lager, tragedia privata e pubblica, questo audio è stato estrapolato dalla trasmissione "banalmente qui non c'è un perchè" Culture Club Letteratura. Qui non c'è un perché, così si rispondeva nel lager a Primo Levi che chiedeva Warum?, perché? Il male può essere più banale di quello che si possa pensare se chi lo perpetua lo fa da burocrate, senza assumersene veramente la responsabilità. Temi complessi e ambigui che permettono però di riflettere sulla condizione dell'individuo. A cura di Raffaela Leone e Irene D'Ambra.

E' molto più facile convertire un peccatore incallito che far cambiare vita a un credente sbagliato.

San Bernardo

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L’AFFONDAMENTO DEL TITANIC: 100°ANNIVERSARIO

Gli avvenimenti più importanti della storia e della nostra vita sono caratterizzati, in positivo o in negativo, da eventi che sono destinati a rimanere impressi nella nostra memoria in modo indelebile (spesso associati a canzoni, odori, ecc.). Dopo cento anni l’affondamento del R.M.S. Titanic è vivo nella memoria collettiva e rappresenta una dolorosa ma affascinante pagina di storia che ha influito in maniera incisiva nella cultura e nella coscienza dell’Europa e dell’intero globo. La tragedia segnò la fine del secolo positivista (anche se avvenne ben 12 anni dopo la data tonda) e della cd. “belle epoche”, tanto che alla vicenda sono stati dedicati 6.000 titoli bibliografici e più di una mezza dozzina di film.Le dinamiche della mistificazione collettiva hanno fatto del Titanic, con i suoi 1.523 morti, la più grande catastrofe marittima nella memoria rispetto a quella che, per lungo tempo passata sotto

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silenzio, spetta questo triste primato, quella della nave da crociera tedesca Wilhelm Gustloff, affondata il 30.01.1945 con oltre 9.000 vittime.I motivi per cui l’affondamento è rimasto uno degli eventi storici maggiormente conosciuto e studiato sono principalmente due: i tanti misteri che ancora attorniano la sua storia e le conseguenze che la tragedia provocò nel mondo in relazione ai temi tecnici della navigazione e giuridici avuto riguardo della internazionalizzazione del diritto della navigazione, del suo legame con l’andamento del commercio, dell’importanza della sicurezza in mare e dell’interdisciplinarietà giuridica e non del diritto marittimo con altre materie.La costruzione del transatlantico era stata annunciata al mondo intero come la più imponente opera umana atta a solcare le acque, con attrezzature e tecnologie per l’epoca all’avanguardia come la piscina, la palestra munita di “cammello elettrico”, l’ospedale di bordo, le toilette per i passeggeri della terza classe, la tipografia, la camera oscura, 34 alloggi privati dotati di ogni confort e arredati in stile diverso. Il Titanic era il gioiello della tecnologia e ritenuto praticamente inaffondabile. Il punto di forza della struttura ingegneristica era la divisione dello scafo in ben 16 compartimenti stagni divisi da paratie stagne, con porte a ghigliottina che potevano essere abbassate, e quindi chiuse, in pochi secondi azionando un interruttore elettrico nella plancia di comando (in mancanza di energia elettrica si potevano chiudere sfruttando la forza di gravità), in caso di urto. Inoltre possedeva uno scafo a doppio fondo alto 1,70 m e pompe idrovore di ultima generazione in grado di rigettare fuori bordo un grande quantitativo d’acqua. Questi tre sistemi di sicurezza combinati, avevano convinto gran parte dei progettisti che la nave avrebbe potuto resistere a qualsiasi condizione di emergenza. Un limite di sopportazione esisteva: la nave non poteva rimanere a galla con 5 compartimenti stagni consecutivi allagati. Per quanto attiene ai presagi della catastrofe prima e durante la partenza ed all’analisi dei misteri vi rimando al ciclo di conferenze in corso di organizzazione.Oltre alla perdita della nave, dei passeggeri e dell'equipaggio, del carico e quant'altro, vi furono grosse conseguenze negative sul piano:* economico, dovute alle polizze assicurative marittime, e soprattutto un grosso contraccolpo economico per la Compagnia di riassicurazione dei Lloyd's di Londra;* sociologico mondiale vi fu un grosso crollo: il Titanic era il simbolo di un mondo (quello del 1912) tranquillo, fiducioso e civile che all'improvviso non c'era più, nessuno nutriva più alcuna certezza; vi era il rimpianto per quei tempi felici in cui sembrava di aver in tasca tutte le risposte e di poter sfidare tutto;* normativo. La competizione per la conquista delle rotte, la concorrenza tra compagnie che improntavano la loro condotta all'immagine senza considerare minimamente l'aspetto della sicurezza, portò alla prima Conferenza sulla sicurezza della vita umana in mare ed alla stipulazione della Convenzione di Londra del SOLAS (Safety Of Life At Sea - Sicurezza della vita in mare) del 1914; * navigazione le rotte furono spostate più a sud nella stagione dei ghiacci. Il 20.01.1915 la conferenza siglò il trattato per il finanziamento internazionale dell’International Ice Patrol, agenzia della guardia costiera americana che ancora oggi controlla e segnala gli iceberg pericolosi per la navigazione nel nord Atlantico;* comunicazioni si comprese l'importanza del telegrafo e di trovare procedure standard universalmente conosciute ed osservate; 29 nazioni ratificarono nel 1912 il Radio Act che regolamentava l’uso delle comunicazioni radio, specialmente durante le emergenze. Fu disposto

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che le comunicazioni radio dovessero essere operative 24 ore su 24 e che le stazioni radio, obbligatorie per tutte le navi, dovessero avere un generatore di emergenza con autonomia di un giorno. Ci si accordò che lo sparo di un razzo di segnalazione rosso da una nave dovesse essere interpretato come richiesta di soccorso.Ancora oggi si studiano le cause dell’affondamento del Titanic, soprattutto in ordine alla scoperta di un misterioso batterio, sconosciuto alla scienza e denominato “Halomonas titanicae”, che ha attaccato lo scafo del relitto molti anni addietro e si sta nutrendo del ferro, tramutandolo in ossido di ferro complesso (ruggine). Questo comporterà la fragilità dello scafo e, considerato che il 25% è stato già trasformato, a breve la sua completa distruzione.Eventi come l’affondamento della M/n Costa Concordia hanno fatto subito evocare la tragedia del Titanic, alimentata dal centenario, con varie manifestazioni e soprattutto l’inaugurazione del museo e la costruzione di una nave gemella, pronta per il 2016.

Dott. Mario Conforti

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______________________________________________Storie @ Storia pag. 9___

La Mostra “VOCI DI GUERRA IN TEMPO DI PACE” in mostra a Grado sino al 17 di giugno 2012 A cura di Mauro Depetroni

Si aprirà domani (25 maggio) alle ore 18.00 presso la Sala Git di Grado (ingresso della spiaggia principale) la quarta tappa della Mostra ” Voci di Guerra in Tempo di Pace” promossa dal Gruppo Culturale e Sportivo Ajser 2000 .

La mostra, che rimarrà aperta sino al 17 giugno, è promossa dal Gruppo Culturale e Sportivo Ajser 2000 insieme al Gruppo Ermada è stata realizzata con il contributo della Regione Fvg, gode per l’esposizione di Grado del patrocinio di Provincia di Trieste, Provincia di Gorizia, Comune di Duino Aurisina e Comune di Grado nonché della collaborazione con la Git di Grado per gentile concessione del Dott. Degrassi Marino.

Oltre 15.000 i visitatori che nelle prime tre tappe (Castello di Duino ottobre 2011 gennaio 2012, Terracina novembre dicembre 2011, e Milano febbraio 2012) hanno potuto apprezzare tale mostra che anche online raccoglie un grande successo.

Nel ricordare il Centocinquantesimo dell’Unità d’Italia il pensiero scorre inevitabilmente ai fatti di guerra riferiti al primo conflitto mondiale. La mostra “Voci di Guerra in Tempo di Pace”si propone di far conoscere meglio questa pagina di storia, attraverso le vicende del particolare territorio del Friuli Venezia Giulia e dei suoi abitanti. Sono esposte immagini dell’epoca strettamente legate a Duino-Aurisina: le fortificazioni sull’Ermada, i lavori di ripristino ad opera della Società Alpina delle Giulie, i luoghi di sepoltura dei soldati caduti sull’Ermada nella Provincia di Trieste. Inoltre saranno visibili reperti rinvenuti durante gli scavi sull’Ermada in parte riferiti

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alla vita quotidiana del soldato, come gavette e stoviglie, in parte strumenti di guerra come armi e bombe e attrezzature di protezione come gli elmetti.

All’inaugurazione di domani prenderanno la parola le autorità Provinciali e Comunali presenti, il Presidente della Git Marino Degrassi, la responsabile delle attività culturali dell’Ajser Lucia Lalovich, il responsabile del progetto Ermada, Massimo Romita, e i due componenti del Gruppo Ermada Aureliano Barnaba e Mauro Depetroni. Sarà presente anche il proprietario di diverse fotografie storiche Pierpaolo Russian.

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Presentazione del libro “Prigionieri” di Marco Pirina

edito dal Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur”

a cura di Bruno Vajente

<…ultima pubblicazione del Centro Studi "Silentes Loquimur" di Pordenone:"Prigionieri" di Marco Pirina.Si tratta di un'opera incompiuta di 312 pagine circa sui campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale nazi/fascisti ed alleati composta da testimonianze, foto e storie di vita nei campi di prigionia perché l'uomo non possa dimenticare tanta ferocia e disumanità...>

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In occasione della pubblicazione del libro portiamo nei nostri cuori e nelle nostre menti la figura del nostro amico e fondatore Marco Pirina; riportiamo una dedica del direttore di Tele Pordenone Gigi Di Meo:

< Non ho mai amato i coccodrilli cioè quei scritti che noi giornalisti più omeno teniamo pronti per incensare il defunto, ovviamente conosciuto alpubblico, altrimenti chi se ne frega. Non li ho mai usati perché credo cheuna volta defunti siamo tutti uguali e dunque scrivere per Tizio piuttostodi Caio lo trovo non consono al mio stile di vita. Quanto andrò a scriverededicando il tutto all'amico Marco non è un coccodrillo ma semplici parolededicata ad un personaggio conosciuto nei primi anni 80 con la voglia ditogliere il coperto da una pentola maleodorante, che racchiudeva da anni,troppi anni, con la complicità di tutti i partiti anche quanti siprofessavano con idee cattoliche, i morti senza nome . Uomini e donne,civili o inquadrati nelle forze dell'ordine, fatti scomparire solamenteperché italiani. Fu Marco a farmi conoscere le foibe, a scuola, sui libriscolastici le foibe, ieri come oggi, venivano, vengono indicate come cavitàcarsiche dove scorre l'acqua. E' vero solamente i vincitori, quelli che difatto scrivono da sempre la storia, si sono dimenticati che l'acqua chescorreva prima e dopo il 25 Aprile 1945 fu "inquinata" dal sangue e carneumana. Con Marco ho conosciuto il Bus della Lum, Tarnova, altre foibepiccole e grandi, bare a cielo aperto di migliaia di persone uccise in nomedella falce e martello titina ma pure italiana. Quante minacce ha ricevutoMarco e pure il sottoscritto reo di contestare quanti hanno combattutocontro il nazifascismo. Nulla di più falso. Combatteva Marco e pure ilsottoscritto contro le falsità, la vergogna, che spero, abbia accompagnatoquanti sapendo delle foibe, hanno preferito il silenzio. Un silenziocomplice degli assassini, magari ripagati da laute pensioni italiane o daposti di prestito nei palazzi romani e non solo romani. Di Marco miricorderò la voglia di far conoscere le sue ricerche, la voglia di farconoscere il dolore, la stessa vergogna di famiglie distrutte dalla mortedei propri cari, fatti sparire e mai ritornati. Almeno con Marco avrannoconosciuto i luoghi dove mariti, padri, madri, fratelli e sorelle , dopotorture indicibili, legati con il fil di ferro sono stati gettati, il piùdelle volte ancora vivi. " Gigi devo venire stasera nel Tg per presentareil mio ultimo libro, lo sai tu mi porti fortuna e poi la prima copia èsempre la tua......." cosi Marco mi telefonava non il giorno prima ma lostesso giorno ed io non potevo dirgli di no, del resto la prima copia condedica era per me.Un grazie a Marco per il suo coraggio e per avermi fatto conosceresituazioni criminali, tenute nascoste in nome dell'antifascismo.>

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Un saluto a Marco Pirina

Alle 16,00 del 3 giugno 2011 in Pordenone - Chiesa San Giorgio - è stata officiata la messa funebre dello storico prof. Marco Pirina.

Hanno concelebrato due sacerdoti, uno dei quali, all'omelia, ha ricordato il PIRINA nei modi usuali canonici, anche se alcuni incisi erano sicuramente citazioni su conoscenza dell'attività del defunto. Diretti collaboratori ed amici gli hanno poi tributato degne e commoventi orazioni funebri. Molta gente; molti giovani hanno partecipato alla cerimonia. Sul sagrato la salma è stata salutata ed i più non nascondevano gli occhi lucidi. Con un cenno di saluto 'romano' seguito da un "ciao Marco", si è chiuso per sempre il percorso terreno di un uomo coraggioso, buono e semplice: Marco Pirina.

Alla parola 'MAFIA' si è sempre associato il termine 'OMERTÀ'; una espressione che racchiude nel terrore il modo di vivere di chi teme, a ragione, lo stato nello Stato, dove ancora oggi, le istituzioni non riescono a debellare il sistema criminoso di gestione del territorio e delle persone.

Ebbene... cosa può essere se non omertà ciò che, ancora oggi, impedisce la conoscenza di quanto è accaduto prima e ancora molto dopo la II guerra mondiale! Quanti e quali eccidi in nome di una fantomatica 'libertà' sono stati posti in essere (coperti dalla fantasiosa, perché non documentata, parola "spia") dai noti partigiani rossi? E' ancora lontano il sapere luoghi, nomi e numero di chi ha subito orrenda fine. Il silenzio di chi copre ancora tali delitti, impedisce di sollevare pietre tombali, continuando ad alimentare l'odio dei rossi. Odio trasmesso ai giovani, sempre più violenti, che in nome dell'antifascismo, intendono legittimare.

Marco Pirina, in spregio del pericolo cui andava incontro, ha raccolto nel segreto fatti che lo hanno portato alla scoperta di azioni criminose (testimoni legittimi sono le sue memorie e i suoi scritti). Ha portato alla luce tasselli di storia ridando, in un certo modo, 'pace' a chi chiedeva la verità, con la conoscenza dei luoghi dove deporre un fiore, dire una prece sui propri cari. Pur segnato nell'infanzia per aver perso il padre per mano di partigiani rossi, Marco, osteggiato e minacciato anche con violenze personali, continuava impavido nella ricerca della verità. Chiede oggi ai giovani, in uno con quanti in silenzio hanno collaborato, di continuare la sua opera, perché nulla venga lasciato nelle mani insanguinate, squarciando il muro di omertà, ancora duro ad aprirsi al mondo, complice la tanta osannata carta costituzionale con amnistie di parte.

Bruno Bolognani

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