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TRAGEDIA A POGGIBONSISi lancia nel vuoto dal terzo piano. Operaio cassaintegrato muore suicida

Tragico gesto compiuto da un operaio cassaintegrato, residente a Poggibonsi. l'uomo si è lanciato dalla finestra del bagno schiantandosi sull'asfalto dopo un volo di 15 metri. non aveva in passato mostrato intenzioni suicide, nè ha lasciato biglietti di spiegazioniPoggibonsi (Siena), 2 luglio 2009 - Si è gettato dal terzo piano, un operaio di 35 anni. Era in cassa integrazione e si è lanciato nel vuoto, dalla finestra del bagno, facendo un volo di 15 metri. Era sposato, senza figli: la moglie si è accorta dell'accaduto sentendo il tonfo del cadavere sulla strada.Al momento non sono ancora chiare le cause che hanno spinto il 35enne a compiere il tragico gesto. L'uomo, che lavorava in un'azienda locale che lo aveva messo in cassa integrazione insieme ad altri dipendenti, non aveva in passato mostrato intenzioni suicide, nè ha lasciato biglietti di spiegazioni.

La Nazione – Cronaca di Siena – 3/07/09

Incubo della cassaintegrazione: suicida operaio della NatuzziUn dipendente dello stabilimento di Ginosa si è tolto la vita sul litorale perché viveva con l'angoscia di perdere il lavoro. Il suo corpo trovato sulla spiaggia

di Mario Diliberto. Si è tolto la vita per liberarsi dall’angoscia del suo lavoro. Da qualche tempo, poi, lo tormentava anche l’incubo di poter finire in cassa integrazione. E così si è ucciso sul litorale di Marina di Ginosa, in provincia di Taranto. Andrea Regio, tappezziere di 36 anni, da tempo conviveva malissimo con il suo lavoro. Era impiegato nello stabilimento di Ginosa della Natuzzi. La cassa integrazione era diventata un incubo, anche se lui non vi era mai finito. Ma quello spettro agitava le sue giornate, già molto complicate dallo stress dei turni in fabbrica e dai 160 chilometri da percorrere per raggiungere il posto di lavoro da Grassano, il paese in cui viveva con la moglie e il figlio di due anni e mezzo. Alla fine Andrea Regio ha ceduto. Ieri pomeriggio è uscito un’ora prima dal lavoro. Ha preso la sua Ford Focus e si è recato sul litorale di Ginosa. Forse ha ingerito dei medicinali prima di lanciarsi in mare. Il suo corpo è stato trovato in piena notte a due metri dalla battigia.

La Repubblica – Cronaca di Bari – 25/03/10

Si uccide operaio della Renopress. Subito dopo arriva un'offerta di lavoro.L'ha trovato un collega disoccupato. Mario Farisano, 44 anni, si è impiccato in garage con la corda per saltare della figlia. Era in cassa integrazione

di ALESSANDRO CORI . E' stata la paura di non riuscire più ad arrivare a fine mese a spingere Mario Farisano a farla finita. Da un anno era in cassa integrazione, come tutti i suoi colleghi della Nuova Renopress di Budrio, azienda che produce ricambi per auto, e il futuro lo spaventava. Due figlie da mantenere, una moglie anche lei disoccupata, Mario si arrangiava cantando la sera per i locali attorno a Molinella, ma la prospettiva di un altro anno senza un vero lavoro ieri mattina è diventata insopportabile. Così, dopo aver accompagnato la sua bambina più piccola all' asilo, è sceso in garage, ha preso la corda per saltare della figlia e si è impiccato. A trovare l' operaio, 44 anni, arrivato dalla Basilicata nella ricca Emilia più di dieci anni fa proprio per lavorare, è stato il suo vicino di casa, altro dipendente in cassa integrazione della Renopress. Lui e il cognato di Mario sono saliti all' ultimo piano del piccolo condominio di via Fratelli Rosselli, a Marmorta, frazione di Molinella, ma non c' era nessuno. «C' è sembrato subito strano perché la sua macchina e quella della moglie erano entrambe sotto casa. Ho suonato - racconta Gerardo - ma non rispondeva. Siamo scesi in strada e il cognato di Mario ha notato le chiavi attaccate alla serratura del garage. Ho sentito un urlo: "Si è impiccato".

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Quando mi sono avvicinato lui era lì». A Gerardo è toccato il compito più difficile, prendere in braccio il suo amico e stenderlo a terra. Poi quando è arrivata la moglie, Ida, che stava facendo le pulizie da una signora che abita nella stessa via, l' ha abbracc iata ed è scoppiato a piangere. «Il lavoro, solo il lavoro può aver spinto Mario a fare una cosa del genere. Certo, era preoccupato, come tutti noi, ma non avevo capito fino a questo punto». Probabilmente, in attesa del via libera del ministero per il nuovo accordo con l' azienda, questo mese e il prossimo, Mario, come altri suoi colleghi, non avrebbe ricevuto nemmeno gli 800 euro della cassa integrazione. «Non capisco. La sua era una famiglia stupenda - continua Gerardo - la moglie lo amava e le figlie lo adoravano. Sabato era andatoa suonare qui vicino, alla "Taverna del Marchese", come fa spesso. Cantava sempre, rideva, scherzava con tutti. Insieme avremmo risolto anche questo problema, perché si è arreso?». Proprio ieri mattina, mentre i carabinieri e l' ambulanza del 118 erano già in via Rosselli, a casa dell' operaio quarantaquattrenne è arrivata una telefonata. «Ha risposto un familiare di Mario. Era un' azienda della zona che lo contattava per un colloquio di lavoro. Lui, ovviamente aveva spedito diversi curriculum, si stava guardando intorno. E' assurdo, penso che se fosse arrivata prima quella chiamata magari Mario sarebbe ancora qui».

La Repubblica – Cronaca di Bari – 17 aprile 2010

Licenziato e senza più assegno di cassaintegrazione, suicida operaio di CastellammareAveva lavorato per sette anni in una ditta di pulizie all'interno di Fincantieri

CASTELLAMMARE DI STABIA (NAPOLI) - L’incubo del futuro, la certezza di una vita di stenti e sacrifici, la rabbia per un posto di lavoro che da queste parti è come la vincita di una lotteria. Il licenziamento e poi il blackout della cassaintegrazione. Non ha retto Vincenzo Di Somma, un operaio di 32 anni di Castellammare di Stabia. Si è tolto la vita questa mattina, legandosi una corda al collo. Aveva lavorato per una ditta di pulizie all’interno della Fincantieri di Castellammare di Stabia, ed anche per lui, come per altre migliaia di dipendenti, la crisi aveva segnato la vita.Era stato licenziato da un anno, ma da quattro mesi non percepiva nemmano più l'assegno della cassa integrazione. Vincenzo Di Somma era sposato e aveva due figli, racconta Ivan Santaniello, Rsu Failms Cisl: "Era un bravissimo ragazzo, molto attento sul lavoro. Lavorava con grande passione, la sua unica preoccupazione era dare una sicurezza alla famiglia e ai figli".La notizia si era diffusa già questa mattina, poi la confermata era arrivata da Giovanni Sgambati, segretario della Uilm Campania. Giovanni Maresca, delegato Rsu Uilm della Fincantieri di Castellammare si è detto sconvolto e ha spiegato di aver appreso la notizia mentre stava raggiungendo l'incontro con i delegati dei metalmeccanici in corso di svolgimento a Napoli.Di Somma lavorava per la società 'Dnr'. Secondo quanto ha appreso il delegato Rsu della Uilm, l'uomo é stato ritrovato in un garage, non si sa se di sua proprietà o di altre persone. "La crisi mondiale di Fincantieri sta facendo pagare a Castellammare un prezzo più alto rispetto agli altri stabilimenti", ha commentato Maresca che ribadisce l'urgenza di un intervento del Governo."E' un fatto grave che ci addolora molto, sono cose che non dovrebbero accadere". E' il commento di Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, sul suicidio del lavoratore dell'indotto di Fincantieri. "E' la spia che il problema del lavoro è un dramma sociale che va affrontato con molta responsabilità - ha affermato - così come stiamo facendo noi con gli accordi siglati". "Tutti dovrebbero riflettere sul fatto che non esiste oggi strada migliore in difesa del lavoro - ha concluso - di quella di rendere convenienti gli investimenti delle imprese".COLLEGA, RISCHIAMO ALTRI CASITra i pochi operai delle aziende dell'indotto legate alla Fincatieri che ancora presidiano l'ingresso dello stabilimento a Castellammare di Stabia (Napoli) solo qualcuno ricorda Vincenzo di Somma, il 32enne che si è suicidato nella notte, nel garage della sua abitazione di via Fontanelle a Pompei. Ieri, infatti, le attività nello stabilimento sono riprese e a presidiare l'ingresso ci sono soltanto pochi operai di alcune aziende dell'indotto licenziati. "Era un bravo ragazzo - dice un operaio - lavorava nel cantiere e da cinque mesi non prendeva più il sussidio. In una situazione come quella che stiamo vivendo è anche possibile che qualcuno possa perdere la testa e suicidarsi". "Qui è tutto fermo - conclude -, anch'io sono senza lavoro, e credo che di casi come quello di Vincenzo ne

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seguiranno ancora altri, se continua di questo passo".FINCANTIERI, INDEGNA STRUMENTALIZZAZIONESulla vicenda dell'operaio suicida si stanno creando "strumentalizzazione e speculazione": lo si legge in una nota di Fincantieri, nella quale la società ricorda che l'operaio "non è stato mai alle sue dipendenze", ma "era dipendente di una ditta utilizzata da Fincantieri per lavori presso lo stabilimento di Castellammare di Stabia". "Il signor Di Somma da due anni non veniva più dislocato da tale ditta presso il cantiere e quindi lo stesso da quel momento non ha più avuto contatti con Fincantieri. Fincantieri diffida pertanto chiunque dall'associare il nome della società a questa dolorosa vicenda, considerando indegna e poco edificante la strumentalizzazione e la speculazione create intorno ad un evento che consiglierebbe unicamente rispetto e partecipazione al dolore dei familiari", conclude la nota.

Metropolis web - 30/09/2010

Dramma della disoccupazione: laureato e senza lavoro si suicida buttandosi dal trenoUn trentottenne si è lanciato ieri da un treno in corsa, disperato per non riuscire a trovare un lavoro, nemmeno precario e nemmeno dequalificato.

di gina pavone. Una carriera universitaria invidiabile e un libretto pieno di voti alti con cui dieci anni fa aveva conseguito la laurea in economia e commercio alla cattolica di Milano. Eppure non riusciva a trovare un lavoro stabile e anzi negli ultimi mesi aveva perso anche il posto precario in un call center. Cosimo Damiano Nardelli, trentottenne di Ostuni, non ha retto più e si è suicidato buttandosi dal treno dove viaggiava da Milano verso la sua città d'origine. Secondo i suoi conoscenti, Cosimo, figlio di operai, sognava un posto stabile e aveva tentato diversi concorsi, ma senza successo. Intantonon aveva disdegnato lavoretti occasionali e non qualificati, pur di rendersi indipendente. Aveva fatto per anni lo stagionale nelle masserie pugliesi, per poi adattarsi a trasferirsi di nuovo a Milano, città in cui aveva studiato e dove sperava ci fossero maggiori possibilità. Per diverso tempo era statoimpiegato in un call center, ma quando anche quella porta si è chiusa la situazione deve essergli sembrata insostenibile e senza vie d'uscita, e proprio mentre tornava a casa si è tolto la vita. 

www.studenti.it - 5 ottobre 2010

Vazzano. Disoccupato si suicida. Il suo cane lancia l’allarme.

Vazzano (Vibo Valentia) . Un disoccupato di 40 anni M.M., si è suicidato a Vazzano utilizzando pezzi di vetro con cui si è reciso le vene. Sono stati i guaiti del suo cane davanti all’ingresso dell’abitazione della madre a far scattare l’allarme. La donna tuttavia soltanto oggi ha capito che il comportamento del cane che andava avanti e indietro tra i due appartamenti ubicati a poca distanza l’uno dall’altro poteva nascondere qualcosa di preoccupante . Giunta presso l’appartamento del figlio le si è presentata davanti alla porta la raccapricciante scena . L’uomo che si è suicidato viveva da solo e andava ogni giorno a mangiare a casa dei genitori.

NEWZ.it – 25/01/11

LIVORNO, CASSAINTEGRATO 30ENNE SI SUICIDA SUI BINARI

LIVORNO - Era un giovane ingegnere di trent'anni l'uomo travolto da un Eurostar sulla linea ferroviaria Genova-Roma, a pochi chilometri dalla stazione centrale della città toscana. Il giovane era in cassa integrazione e, secondo quanto appreso, stava passando un periodo di forte depressione a causa dei problemi di lavoro in un'azienda livornese. Secondo la ricostruzione dell'accaduto non ci sarebbero dubbi sulla volontarietà del gesto del giovane ingegnere.

Leggo - 20 Aprile 2011

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La strage continua: ragazzo suicida perché senza lavoro

AVEVA perso da due mesi il suo primo lavoro da artigiano in una cava di pietra che gli consentiva di aiutare la madre, rimasta vedova e il fratello più piccolo. Per questo un giovane di 29 anni ha deciso di uccidersi, impiccandosi. È accaduto a Scorrano. Antonio Maggio ha lasciato un biglietto chiedendo perdono alla madre e spiegando le ragioni della sua disperazione. La seconda tragedia del lavoro che non c' è, consumata nel giro di poco più di trenta giorni a Scorrano, paese di 8mila anime nel cuore del Salento. Lo stesso paese dove viveva Pierluigi Manfredi, 34 anni, disoccupato pure lui, trovato impiccato a un albero. Un' altra vittima della disoccupazione.

La Repubblica 22/03/12

Sanremo. Perde il lavoro, elettricista ligure si suicida

La perdita del lavoro lo aveva gettato nella depressione, e per questo un elettricista sanremese di 47 anni, Alessandro F., si tolto la vita, intorno alle 23 di ieri, con un colpo di pistola sparato in bocca. L'uomo ha terminato di cenare con la moglie, quindi e' sceso in magazzino e si e' suicidato. I familiari hanno raccontato alla polizia che di recente Alessandro era stato licenziato da una ditta di Taggia. La pistola con la quale si e' tolto la vita, una Smith and Wesson calibro 38, era regolarmente dichiarata.

La Repubblica 26/02/12

Pordenone: magazziniere padre di 3 figlie si suicida, aveva perso il lavoro

Pordenone, 2 mar. (Adnkronos) - Un magazziniere pordenonese di 46 anni, padre di tre figlie, si e' suicidato dopo aver appreso di aver perso il lavoro una decina di giorni fa. Secondo il quotidiano il Messaggero Veneto, che ha riportato la notizia nell'edizione di Pordenone, l'uomo era dipendente del mobilificio Horm di Azzano Decimo (Pordenone). L'azienda gli aveva comunicato che il 22 aprile, data di scadenza del suo contratto, il posto di lavoro non sarebbe stato riconfermato. Gia' all'inizio dello scorso anno, in conseguenza della crisi economica, l'azienda aveva messo il magazziniere in cassa integrazione straordinaria, poi riassunto con un contratto a termine, che sarebbe scaduto appunto il prossimo mese di aprile.

IGN / Adnkronos – 2/03/12

Perde il lavoro e si dà fuoco. Muratore muore a Torino

L'altra faccia della crisi, quella del lavoro perso, della paura del futuro, che alimenta una catena di morti che non sembra fermarsi. Gli ultimi due sono di giovedì, alle due estremità d'Italia, a Taranto e Torino, ma per uno di loro, quello del capoluogo piemontese, la certezza è arrivata solo stasera: si è dato fuoco in un parco, nel cuore della città, perchè era stato licenziato. Era un muratore; l'altro, quello di Taranto, un commerciante, a cui la banca aveva negato un fido di 1.300 euro. Si è impiccato e ora la Procura pugliese indaga perchè non esclude l'ipotesi di un'istigazione al suicidio.La verità sulla vicenda di Gaetano Menale, muratore torinese di 59 anni, è venuta alla luce solo quando i tre figli hanno fatto il riconoscimento del corpo, straziato dal fuoco e completamente carbonizzato. Agli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Torino e del Commissariato Dora Vanchiglia - hanno raccontato che l'uomo era stato da poco lasciato a casa dall'impresa edile per cui lavorava ed era disperato perchè non sapeva come sopravvivere. Era depresso, sempre più depresso al punto da organizzare un gesto così drammatico ed eclatante: ha raggiunto il parco della Colletta in bicicletta, si è cosparso il corpo di liquido infiammabile in mezzo a un cespuglio e poi si è dato fuoco. Alcuni passanti lo hanno visto ardere, ma non hanno potuto fare nulla per salvarlo se non chiamare i soccorsi.Menale non ha lasciato alcun biglietto di addio ai parenti. Ha fatto tutto in silenzio, come se non volesse dare fastidio, chiuso nel suo dolore. L'indagine della Polizia di Torino, tuttavia, non è

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chiusa. Il pm Giancarlo Avenati Bassi ha disposto l'autopsia sul corpo affinchè venga fatta ulteriore chiarezza. 

L’Unità – 10/03/12

Disoccupato da oltre due anni, si suicida a Cosenza

Un altro disoccupato muore suicida. Si tratta di un uomo di 47 anni, di Montalto Uffugo (Cosenza), che si sparato un colpo di pistola mentre era a bordo della sua automobile in una piazzola di sosta sulla statale 107, nei pressi di San Fili, nel cosentino. L'uomo lascia una moglie e una bambina di sette anni.Nell'automobile i carabinieri hanno trovato una serie di lettere che l'uomo ha scritto per la moglie, per la figlia e per gli altri familiari più stretti, nelle quali, tra le altre cose, secondo quanto riporta l'Ansa, si farebbe riferimento anche alle precarie condizioni economiche in cui viveva la famiglia. L'uomo era infatti da oltre due anni disoccupato. 

www.rassegna.it, 21/03/12

La strage continua: ragazzo suicida perché senza lavoro

AVEVA perso da due mesi il suo primo lavoro da artigiano in una cava di pietra che gli consentiva di aiutare la madre, rimasta vedova e il fratello più piccolo. Per questo un giovane di 29 anni ha deciso di uccidersi, impiccandosi. È accaduto a Scorrano. Antonio Maggio ha lasciato un biglietto chiedendo perdono alla madre e spiegando le ragioni della sua disperazione. La seconda tragedia del lavoro che non c' è, consumata nel giro di poco più di trenta giorni a Scorrano, paese di 8mila anime nel cuore del Salento. Lo stesso paese dove viveva Pierluigi Manfredi, 34 anni, disoccupato pure lui, trovato impiccato a un albero. Un' altra vittima della disoccupazione.

La Repubblica – 22 marzo 2012.

TRANI

Disperato si getta dal balcone

un'altra vittima della crisiQuattro morti in meno di un mese in Puglia. L'uomo, 44 anni, era un imbianchino e non riusciva a mantenere la famiglia. E' morto in ospedale

Un uomo di 49 anni, Giuseppe Pignataro, di Trani, è morto dopo essere precipitato dal balcone della sua abitazione. La morte - a quanto si è saputo - è avvenuta poco dopo che era stato condotto in ospedale dai soccorritori del 118, ai quali avrebbe detto di essersi lanciato volontariamente dal balcone. Per il segretario generale della Uil di Puglia, Aldo Pugliese, l'uomo, che faceva l'imbianchino, si è tolto la vita "a causa delle difficoltà nel trovare un'occupazione stabile in grado di fornire un reddito degno alla propria famiglia". Si tratta del quarto suicidio legato alla crisi nell'ultimo mese in Puglia, dove a Ginosa si è tolto la vita un imprenditore e a Mesagne si sono uccisidue ragazzi senza lavoro di 19 e 34 anni. Meno di un mese fa, a Bari, un uomo di 44 anni, si era lanciato dal terzo piano della sua abitazione dopo essere stato licenziato, e fortunatamente in ospedale riuscirono a salvargli la vita. Purtroppo - prosegue Pugliese - episodi del genere non sono nuovi nel contesto della provincia di Barletta, Andria e Trani, così come in quello della Puglia e del Meridione d'Italia, zone falcidiate con particolare violenza da una disoccupazione galoppante e da un tasso di povertà in costante aumento". Il segretario generale dell Uil di Puglia ricorda che un anno fa circa un altro giovane lavoratore tranese si tolse la vita per motivi analoghi e qualche mese fa un imprenditore si è suicidato perché, sempre a causa della crisi, era finito nelle mani degli usurai per garantire

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continuità alla sua attività."Notizie terribili - sottolinea Pugliese - che rafforzano la necessità di una riforma del mercato del lavoro che protegga i lavoratori e che non ne acuisca le problematiche. A cominciare dall'articolo 18, che non può essere barattato in cambio di un semplice indennizzo. Quel che occorre sono piuttosto misure urgenti volte a creare nuove opportunità occupazionali, a sbloccare l'accesso al mondo del lavoro ai giovani e alle donne. Misure che nulla hanno a che vedere con l'articolo 18, con l'architettura attuale degli ammortizzatori sociali e con la smania del governo Monti di rivoluzionarla ad ogni costo".

La Repubblica – cronaca di Bari 27 marzo 12

Perde il posto di lavoro Camionista si impiccaL'uomo si era separato dalla moglie e viveva con i genitori, che in mattinata avevano denunciato la scomparsa. Poi la scoperta choc nella cantina del condominio

Milano, 4 aprile 2012 - Aveva perso il lavoro. Si era separato dalla moglie. Una condizione difficile, quella di G.P., autotrasportatore di 51 anni, che non ha retto e si è tolto la vita, a Milano, impiccandosi a una trave di una cantina. La tragedia in un condominio al numero 11 di viale Ungheria, dove viveva con gli anziani genitori dopo la separazione.A trovarlo è stata la madre, che in mattinata aveva denunciato la scomparsa del figlio di cui non aveva più notizie da sabato 31 marzo. Il padre e la madre, rispettivamente di 79 e 69 anni, l'avevano visto uscire di casa sabato pomeriggio. In serata l'uomo aveva incontrato in strada il figlio, al quale aveva confessato di essere un po' triste per la perdita del lavoro e per la separazione dalla moglie. La preoccupazione dei genitori per la scomparsa dell'uomo si è fatta concreta quando domenica sera hanno trovato le sue chiavi, il portafogli, e il cellulare, abbandonati in un'altra cantina della famiglia.'Aveva perso il posto già da un bel po' - ha commentato la madre che ha accanto a sé la nipote -. Cercava lavoro tutti i giorni''. L'uomo aveva lavorato per varie ditte di autotrasporti ma era stato lasciato a casa. ''Perché non c'è lavoro'' ha risposto la donna allargando le braccia la donna.Don Giuseppe è il parroco della parrocchia della Beata Vergine Addolorata in viale Ungheria. Non conosceva il caso di G.P. da vicino perché l'uomo non frequentava la parrocchia. Ma non esita a dire che dal punto di vista del lavoro ''qui è un disastro''. ''Ho incontrato i familiari - spiega don Giuseppe - con i quali ho avuto un momento di raccoglimento''. ''Questo è un quartiere di lavoratori, di operai e da circa un anno sono sempre di più quelli che si rivolgono al nostro centro Caritas. E' così, credo, in tutte le periferie di Milano''. ''La situazione più difficile è quando entrambi i coniugi perdono il posto di lavoro - prosegue don Giuseppe -. E si creano delle situazioni davvero pesanti. Sono tanti quelli che la mattina escono di casa per cercare un lavoro''.

Il Giorno – cronaca di Milano - 4 aprile 2012

Crisi, in Italia si suicida un disoccupato al giorno. Record negativo in LombardiaE' quanto emerge da un rapporto dell'Eures. Nel 2010 si sono tolte la vita 362 persone rimaste senza lavoro, superando così le 357 del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto alle 270 accertate in media nel triennio precedente

E’ in prevalenza la mancanza del lavoro o comunque di qualche prospettiva economica la ragione del dilagare dei suicidi in Italia, che ormai ogni giorno miete vittime soprattutto tra i disoccupati e tra i cosiddetti ‘esodati’, tra coloro cioè che anche per ragioni anagrafiche nutrono meno speranze di altri di trovare un’altra occupazione. A livello territoriale, al di là delle ragioni più strettamente legate al lavoro, è il Centro-Nord a detenere il triste scettro dei casi di suicidio, con la Lombardia al primo posto. Il fenomeno dei tanti che quotidianamente compiono il gesto estremo è però riconducibile, racconta il Secondo Rapporto dell’Eures (‘Il suicidio in Italia al tempo della crisì), soprattutto alla figura maschile.Nel 2010 sono stati 362 i suicidi dei disoccupati, spiega l’Eures, il portale europeo della mobilità professionale, superando così i 357 del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 accertati in media nel triennio precedente. Il numero dei suicidi tra i disoccupati tra il

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2008 e il 2010 si attesta complessivamente al 39,2% del totale, salendo al 44,7% tra quanti hanno perso il lavoro. Considerando la sola componente maschile, l’aumento dei suicidi dei senza lavoro appare ancora più preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009, a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando così la centralità della variabile occupazionale nella definizione dell’identità e del ruolo sociale degli uomini. Ma la crisi si fa sentire soprattutto sui cosiddetti ‘esodati’, vale a dire tra coloro che hanno tra i 45 e i 64 anni, con un incremento del 12,6% nel 2010 rispetto al 2009 e del 16,8% rispetto al 2008.Ma la disoccupazione, informa l’Eures, è anche alla base dei suicidi nelle fasce di età tra 45 e i 54 anni, aumentati del 13,3% rispetto al 2009, e in quella 55-64 anni (+10,5%); il tutto a fronte di una crescita complessiva dell’8,1%. Tuttavia, come confermano anche le cronache di queste ultime settimane, a sentire il fiato sul collo della gelata economica sono anche gli artigiani e i commercianti. E secondo l’Eures nel 2010 336 tra questi hanno deciso di farla finita (contro i 343 del 2009). Lo studio definisce “molto alto il rischio suicidario” in questo ambito: in particolare nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (151 nel 2009), nel 90% dei casi uomini. Secondo la fotografia dell’Eures sono aumentati nel 2010 i suicidi nelle regioni del Centro-Nord; ma a livello territoriale il primato se l’è aggiudicato la Lombardia (con 496 casi, +3% rispetto al 2009), seguita dal Veneto (320, pari al 10,5% del totale, con un aumento del 16,4% sul 2009) e l’Emilia Romagna (278, 9,1%). Più della metà dei suicidi censiti in Italia si verifica in una regione del Nord (1.628 casi nel 2010, pari al 53,4% del totale), a fronte del 20,5% al Centro (624 casi) e del 26,1% al Sud (796 casi). Anche in termini relativi il Nord conferma i valori più alti, con 5,9 suicidi ogni 100 mila abitanti, contro i 5,3 del Centro e dei 3,8 del Sud. Ma è il Centro Italia a registrare nel 2010 la crescita più consistente, con un +11,2% sul 2009, che sale a +27,3% nel Lazio, con 266 suicidi.

Il Fatto Quotidiano , 17 aprile 2012

Concorezzo, cassaintegrato si toglie la vita. L'operaio si è impiccato con la cintura dei pantaloni. I colleghi: "Il fatto di trovarsi solo, in un clima di pessimismo, ha peggiorato il suo stato"di Antonio Caccamo. Concorezzo, 16 maggio 2012 - Un cassaintegrato si è tolto la vita nella sua casa in Brianza impiccandosi con la cintura dei pantaloni. Quarantotto anni, da tempo l'uomo soffriva di depressione. Lavorava alla Linkra di Concorezzo, azienda delle telecomunicazioni, investita due anni fa dalla crisi del mercato dei ponti radio nel quale opera. La cassa integrazione, rinnovata pochi mesi fa, deve avere buttato ancora più a terra il morale dell'uomo. Viveva solo in un paese della Brianza. Non aveva problemi economici. A mezzogiorno era solito andare a mangiare dagli anziani genitori. Non vedendolo, lunedì si sono allarmati.Lo hanno trovato poco dopo senza vita nel suo appartamento. Non ha lasciato lettere per spiegare il suo gesto. Ieri pomeriggio i dirigenti della Linkra sono andati a fare visita ai poveri genitori, attorno ai quali si sono stretti i compagni di lavoro del figlio. Nello stabilimento di Concorezzo c'è sconcerto e commozione: "Non bisogna colpevolizzare nessuno. Da molti anni era alle prese con la depressione. Lavorare, stare con insieme agli altri lavoratori, però lo aiutava. Il fatto di trovarsi solo, in un clima di pessimismo generale, ha peggiorato il suo stato", dice Cristian Corrari, delegato sindacale. E Antonio Castagnoli, sindacalista della Fiom Brianza: "Questi fatti devono far riflettere. Quando si parla di riorganizzazioni aziendali, si tende a trattare i lavoratori in cassa integrazione e mobilità come dei numeri. Ma dietro i numeri ci sono persone reali, che soffrono. I deboli e gli indifesi, quando le cose vanno male, rischiano di diventare ancora più deboli ed indifesi. Il tragico bollettino dei suicidi lo dimostra".

Il Giorno – Monza/Brianza - 16 maggio 2012

Napoli/ Riceve la lettera di licenziamento, portiere 55enne si impicca

Aveva ricevuto una lettera di licenziamento e, nei prossimi mesi, avrebbe dovuto lasciare la casa dove viveva: c'è, forse, tutto questo dietro il suicidio di un portiere, a Napoli. L'uomo, 55 anni, si è ucciso, impiccandosi, nella sua abitazione di corso Garibaldi.

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Il portiere, che lavorava in uno stabile di corso Garibaldi, era divorziato e aveva due figli. Ai condomini era sempre apparso come una persona dal carattere forte. Ultimamente, però, anche a seguito della morte di sua madre, nonchè della separazione dalla moglie, sembra soffrisse di crisi depressive. Nel prossimo ottobre avrebbe dovuto lasciare l'alloggio da portiere in cui abitava. Giorni fa, però, i proprietari avevano fatto un sopralluogo per metterla in vendita, facendogli forse presagire un anticipo del suo allontanamento, e forse anche questo ha inciso sulla sua decisione."Dite a mamma che non posso più passarle l'assegno...". Queste, secondo gli investigatori le ultime parole del portiere dette al telefono a uno dei due figli che vive al Nord, con l'altro fratello e con la madre, poco prima di togliersi la vita. Sul posto è intervenuta la polizia e al momento la scientifica sta effettuando un sopralluogo per chiarire la dinamica dei fatti. Una folla di curiosi, gente del quartiere, qualche passante ha assistito mentre la mortuaria portava via il corpo. Qualcuno ha fatto il segno della croce, altri hanno urlato che la responsabilità è della situazione economica che coinvolge tutti, riscuotendo il consenso di altri passanti che hanno applaudito. Le reazioni dei passanti Non era quella lettera, però, l'unica causa della sua depressione. Gli inquilini del palazzo hanno raccontato che era stato molto colpito anche dalla morte della madre, avvenuta qualche mese fa. L'ultima volta, G. C. era stato visto venerdì. Il suicidio risalirebbe a sabato.

Affaritaliani.it – 30/04/12

Muratore disoccupato si impicca nel Casertano, seconda tragedia a Catania

CASERTA - Ennesimo dramma del lavoro in Campania. Un muratore disoccupato di 52 anni si è tolto la vita impiccandosi nella propria abitazione a Casaluce, nel casertano. L'uomo, forse in preda alla depressione e oppresso dalla mancanza di lavoro, ha compiuto l'estremo gesto in una terribile solitudine. Si chiamava Alfonso Salzano, si è tolto la vita impiccandosi con un cavo elettrico nella sua abitazione. La drammatica scoperta è stata fatta dai familiari. Sono stati loro, distrutti, ad avvisare i carabinieri. Secondo quanto riferito dai congiunti l'uomo, senza lavoro da circa sei mesi, soffriva di crisi depressive.Ha lasciato un biglietto di addio e di scuse per i familiari ai quali è stato inflitto il peggiore dei dolori, trovarlo morto.Tragedia analoga a Catania. Un uomo di 35 anni, licenziato da un negozio di Malta dove fino al febbraio scorso aveva lavorato come commesso, ha eluso la sorveglianza dei familiari e si è gettato dalla finestra.

Il Mattino – 2/05/12

Perde Il Lavoro, Uomo Suicida Nel Catanese(AGI) Catania - Un uomo di 35 anni, D.F.L., che era stato licenziato da un negozio di Malta dove fino al febbraio scorso aveva lavorato come commesso, si e' suicidato questa sera lanciandosi dalla terrazza della sua abitazione al quinto piano di uno stabile di Via Paolo Orsi, a Gravina di Catania, alle porte di Catania. L'uomo e' morto sul colpo e non ha lasciato alcun biglietto per spiegare il motivo del suo gesto ma i carabinieri della Compagnia di Gravina di Catania, intervenuti sul posto, hanno appurato che l'uomo, che viveva con la madre vedova, era caduto in uno stato di depressione dopo il licenziamento .

www,wallstreetitalia.com – 2/05/12

Migliarina di Carpi: disoccupato da anni si suicidaMartedì primo maggio è stato scoperto nella sua abitazione il corpo senza vita di un 51enne che, privo di impiego da lungo tempo, ha deciso di farla finita

Dopo anni di disoccupazione, ha deciso di farla finita e si è tolto la vita nella propria abitazione, una casa popolare. Questa la scoperta fatta il primo maggio scorso a Migliarina di Carpi. un gesto estremo, questo, frutto della crisi economica, della solitudine e della disperazione è stato raccontato stamane dalla Gazzetta di Modena. Ad allertare le Forze dell'Ordine sono stati i

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vicini dell'uomo, un 51enne, che da alcuni giorni non si faceva più sentire: in gravi difficoltà economiche, riusciva malapena a sbarcare il lunario con lavori temporanei e prestiti di amici.Non avendo più denaro per pagare le bollette, lo scorso inverno era stato lasciato senza gas ed elettricità: "Gli avevamo detto di rivolgersi agli assistenti sociali - hanno raccontato alcuni conoscenti - ma sembrava poco interessato a chiedere aiuto. Forse gli mancava la voglia di risollevarsi". La scoperta è stata fatta martedì primo magigo, Festa del lavoro, quel lavoro che il 51enne non riusciva più a trovare. "Solo di tanto in tanto - commentano gli amici - riceveva chiamate da enti pubblici per svolgere attività come la pulizia delle strade o piccoli lavori di manutenzione. Sapeva fare il muratore e un tempo viveva una vita normale, poi le difficoltà a trovare impiego si sono fatte sentire e non è più riuscito a reinserirsi nel giro delle imprese edilizie". La vittima da tempo era in cura al centro di igiene mentale di Carpi e al Sert per problemi di alcolismo.

www.modenatoday.it - 3 maggio 2012

Il suicidio di Gaetano Trovato Salinaro, lavoratore precario, non è un fatto privato: è un suicidio per la crisi

Troina. Ha suscitato una forte commozione in paese il suicidio di Gaetano Trovato Salinaro (47 anni), che lascia la moglie e due figli di 10 e 4 anni. Non è un fatto privato il suicidio di Gaetano, un lavoratore precario da cameriere che sempre ha cercato un lavoro stabile, senza purtroppo mai trovarlo. Per le serie difficoltà che sta attraversando, l’azienda presso la quale Gaetano lavorava ha dovuto ridurgli le ore di lavoro e lo stipendio. L’orario di lavoro si era ridotto a 5 ore a settimana. A rafforzare il nostro convincimento che il suicidio di Gaetano non sia un fatto privato, è l’ampia eco che avuto sui grandi giornali nazionali, come “la Repubblica”, “Corriere della Sera”, “l’Unità” ed “il Fatto Quotidiano”. Anche i telegiornali nazionali ne hanno parlato. Il primo a darne la notizia nelle prime ore del pomeriggio di sabato, è stato il telegiornale di Sky. Quello di Gaetano rientra nella nuova “categoria dei suicidi per la crisi”, di cui parla la giovane scrittrice Silvia Ballestra nel suo commento alla marcia, svoltasi venerdì a Bologna, delle vedove dei mariti suicidi, uccisi dai debiti e dalla crisi, comparso su “l’Unità” di sabato. Eloquente il titolo del commento di Ballestra: “Quando il suicidio non è un fatto privato”. Contrariamente a quanto comunemente si pensa, il suicidio non è mai un gesto estremo compiuto all’improvviso. E’ un gesto che è a lungo meditato e meticolosamente eseguito, quando si è deciso di metterlo in atto perché non si hanno più speranze né possibilità. Il suicidio di Gaetano è maturato in un contesto che è ben descritto nel volantino, diffuso prima del tragico evento, con il quale l’Associazione culturale Antonio Gramsci ed il Comitato Cittadino Troina annunciano l’incontro-dibattito dal titolo “Situazione e prospettive dell’economia e delle imprese locali”, che si terrà domenica 13 maggio, alle ore 10, nel salone Paolo VI della parrocchia della Madonna del Carmine. Ne trascriviamo uno stralcio:“La situazione dell’economia del paese è diventata particolarmente critica. È una situazione di crisi acuta che colpisce tutti i settori dell’economia locale mettendo a rischio la sopravvivenza di molte aziende commerciali ed artigiane. La disoccupazione in paese, soprattutto quella giovanile, è un dato strutturale. Anche se non ha più le dimensioni degli anni ‘60 e ’70 del secolo scorso, non si è arrestato il flusso migratorio in uscita, che adesso è alimentato dai giovani con il diploma e la laurea in tasca. Con una popolazione che diminuisce ed invecchia, non è affatto rassicurante il futuro non molto lontano che si prospetta per Troina. In paese è molto diffusa la sensazione che, permanendo questo stato di cose, il futuro non è più una speranza, ma una minaccia. La percezione dell’assenza di prospettive rende più acuto il disagio degli strati sociali che compongono la società troinese, in particolar modo dei ceti medi in declino e dei lavoratori dipendenti che hanno perso il lavoro e dei lavoratori disoccupati che lo cercano e non lo trovano…”.In uno dei quattro biglietti scritti prima di togliersi la vita, quello indirizzato alla moglie, Gaetano ha lasciato scritto di aver fatto quel gesto estremo nella speranza che, qualcuno mosso da compassione, venga in aiuto alla sua famiglia a risolverle il problema del lavoro.E’ un grido di aiuto nel quale l’intero paese di Troina si riconosce. Silvano Privitera

www.vivienna.it – 5/05/12

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Arezzo, si suicida perché non riusciva a pagare il mutuo

AREZZO – Aveva perso il lavoro, non riusciva a pagare il mutuo ed era stato costretto a lasciare la casa che con tanti sacrifici aveva acquistato, per andare ad abitare in un’altra, in affitto, con la sua famiglia composta da numerosi figli. Un marocchino di 45 anni, residente da molto tempo in Italia, si è tolto la vita ieri nel casentino, chiudendosi in una stanza, e poi gettandosi nel vuoto, precipitando per circa 9 metri. I soccorsi non hanno potuto fare niente, l’uomo è morto sul colpo. Dai primi accertamenti è emerso che dopo aver perso il lavoro, il 45enne era stato assalito da depressione e sconforto, che insieme ai problemi economici avrebbero pesato sulla sua decisione.

TG Regione.it – 3 maggio 2012

Crisi/ Operaio edile licenziato si suicida nel Salernitano

A Natale scorso aveva perso il lavoro. Angelo Coppola, 62 anni, di San Valentino Torio si e' tolto la vita sparandosi un colpo di fucile al petto. Lo hannotrovato i familiari, tornando a casa e hanno avvisato subito i carabinieri. In un biglietto lapidario ha spiegato il suo gesto disperato. "Senza lavoro non si puo' vivere" ha scritto Coppola, che fino allo scorso anno lavorava come operaio edile.L'azienda, avendo perso commesse, aveva deciso di licenziare il62 anni. Da allora l'anziano, assillato da problemi economici enon sapendo come affrontare il matrimonio, ormai prossimo, delprimo figlio, era caduto in uno stato di profonda depressione.Coppola ha approfittato di un momento in cui e' rimasto solo incasa per afferrare il fucile custodito in casa e farla finita.nel primo pomeriggio nella zona industriale di Salerno si e'tolto la vita un ex custode di un centro di distribuzione, chesi e' impiccato dopo aver ricevuto la comunicazione di sfrattodall'abitazione dell'azienda che lo aveva licenziato un anno emezzo fa.

Libero - 8 Maggio 2012

Amici e familiari per l’ultimo addio a Gino Armenante

Questo pomeriggio, alle 16 e 30 nel santuario di San Francesco e Sant’Antonio, a Cava de’ Tirreni, i funerali del quarantottenne Generoso Armenante che si è tolto la vita ieri pomeriggio a Salerno. Nato a Vietri sul Mare, ma del centro metelliano, ex dipendente del Gruppo Cavamarket, aveva da poco ricevuto anche lo sfratto. A giugno avrebbe dovuto lasciare l’abitazione all’interno del capannone dell’azienda dove per anni aveva lavorato. La disperazione di familiari e colleghi.Un dramma della disperazione, quello di Generoso Armenante, che ieri pomeriggio ha deciso di togliersi la vita, nella zona industriale di Salerno, dopo aver perso, un mese fa la cassa integrazione, e con uno sfratto ormai imminente. A giugno, infatti, avrebbe dovuto lasciare l’abitazione, situata nel complesso commerciale ex Cavamarket, in via Stefano Brun, dove per anni aveva lavorato come custode fino al fallimento dell’azienda. Un peso divenuto insopportabile che l’ha portato al gesto estremo. Mentre la famiglia era a tavola, ad attenderlo, ha deciso di farla finita, uccidendosi a pochi metri dall’ingresso di casa. A scoprire il corpo la figlia, appena diciottenne, che intorno alle 14 e 30, era uscita per cercarlo. Sono stati, poi, gli agenti della sezione volanti, diretti dal vice questore Rossana Trimarco, a staccare la fune utilizzata per togliersi la vita dal collo del quarantottenne. Un gesto che ha lasciato senza parole parenti, amici ed ex colleghi che questa mattina non hanno voluto far mancare il loro sostegno alla moglie, ai due figli, alle 4 sorelle ed al fratello.Grande commozione anche tra i tanti ex colleghi della Cavamarket, colpiti dal gesto di Generoso, Gino, per gli amici.Ieri sera, intanto, il gruppo Caramico Distribuzione, che nel complesso di Via Brun, ha anche un proprio centro di distribuzione, ha ritenuto di dover precisare che quanto accaduto, pur colpendo profondamente per la drammaticità, non interesserebbe nemmeno indirettamente la società, chiedendo di evitare qualsiasi collegamento con la triste vicenda. La sfortunata vittima, si legge in una nota del legale rappresentante, era infatti legato da un rapporto di lavoro con Cavamarket, detentrice dell’immobile.

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www.telecolore.it – 9 maggio 2012

Bologna. 55enne si toglie la vita al dormitorio

Un siciliano di 55 anni si è tolto la vita, ieri sera, nella sua stanza al secondo piano del dormitorio Beltrame di via Sabatucci a Bologna. Sul posto è intervenuta la polizia, chiamata dai gestori della struttura. Ad accorgersi che qualcosa non andava, è stato il compagno di stanza del 55enne, che ieri sera quando è rientrato al dormitorio non è riuscito ad aprire la porta. Allertato, ha chiamato un educatore ma anche lui non è riuscito ad aprire e così hanno dovuto scassinare la serratura: l'uomo, originario della provincia di Palermo, era seduto su una sedia vicino alla finestra e si era impiccato girandosi intorno al collo, più volte, la corda della tapparella. Il medico del 118 ha constatato il decesso pochi minuti prima delle 23. Per il momento non si sa nulla sulle motivazioni del gesto. 

L’Unità – 8 maggio 2012

Perde la pensione del padre, disoccupato si impicca a Prato. L'uomo aveva 55 anni. E' stato trovato morto in un bosco. Soffriva di crisi depressiva per i problemi di natura economica. Da mesi non riusciva a pagare l'affitto. Ha lasciato un biglietto: "Chiedo scusa"

VAIANO (Prato) - Ha lasciato un biglietto per chiedere scusa ai familiari, e poi si è tolto la vita, impiccandosi ad un albero in un bosco di Vaiano. L'uomo, 55 anni, soffriva di depressione per problemi economici, non trovava lavoro e viveva soltanto con la pensione del padre. Ma quando l'anziano genitore è morto, due anni fa, le sue condizioni economiche sono rapidamente peggiorate.  Il corpo dell'uomo è stato trovato nelle prime ore di questa mattina da un runners. Sul posto sono arrivati i carabinieri. Aveva preparato tutto con cura, nel portafoglio aveva una lettera: le scuse, le ultime volontà, le ragioni di questa fine, i dissapori familiari, il lavoro che non c'è. Oltre alla perdita della pensione, l'uomo da quando il padre era morto, due anni fa, non viveva più nella casa di proprietà del genitore e si era trasferito in un alloggio in affitto nel quale aveva difficoltà a pagare il canone. Per questo l'uomo era piombato in una crisi depressiva. Si è tolto la vita impiccandosi ad un ramo di un albero del bosco che costeggia la strada che porta a Schignano (Prato)."E' inaccettabile e non si può sopportare che ci siano persone che non hanno di che vivere e che si suicidano mentre ci sono oligarchie finanziarie internazionali che speculando sui mercati peggiorano la situazione e affamano l'Europa. Serve una forte risposta politica  a livello europeo se non addirittura internazionale" ma "nessuno deve sentirsi solo", ha detto il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. LAURA MONTANARI

La Repubblica – Cronaca di Firenze – 10/05/12

Caltanissetta, idraulico si dà fuoco

Si è ucciso dandosi fuoco all’interno della propria automobile. Una vita da precario, fatta di lavoretti saltuari e malpagati sino alla decisione fatale. G.V, idraulico di 54 anni di Caltanissetta si è tolto la vita stamane nei pressi della sua casa di campagna a nord di San Cataldo (Caltanissetta), in contrada Portella Bifuto.L’uomo aveva da poco ricevuto bollette e cartelle esattoriali che non sarebbe riuscito a pagare. Era disperato e perseguitato dalle tasse. Le sue condizioni di salute – era cardiopatico – gli impedivano spesso di svolgere quei lavori saltuari che sinora gli avevano garantito la sopravvivenza. Da tempo soffriva di depressione.A dare l’allarme stamane i suoi familiari, che da qualche ora non avevano notizie di lui.

http://caltanissetta.blogsicilia.it – 11/05/12

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Senza lavoro da sei mesi, s'impicca 53enne

Salvatore Bua, manovale di 53 anni, si e' suicidato nella sua abitazione a Gravina di Catania. L'uomo rimasto senza lavoro da sei mesi, ha deciso di farla finita impiccandosi a una trave con un laccio. A trovare il corpo senza vita, la moglie, che ha raccontato ai carabinieri che il marito era depresso perche' non riusciva a trovare lavoro. l'uomo lascia la moglie e tre figli.

http://www.cataniaoggi.com – 16 maggio 2012

Roma, era oppresso dai debiti: 60enne s'impiccaL'uomo aveva anche perso il lavoro.

Avrebbe avuto problemi economico-finanziari il 60enne che, per questo, si è impiccato il 21 maggio all'interno della sua abitazione, a Roma. L’uomo abitava in via Giuseppe Arimondi, alla periferia della Capitale.SUICIDA PER I DEBITI. A trovare il cadavere dell'uomo è stato un parente: non riuscendo a contattarlo si è recato a casa del congiunto e ha fatto la scoperta. L’uomo, prima di togliersi la vita, ha lasciato un biglietto nel quale ha fatto riferimento ai suoi debiti e alla perdita del lavoro.

http://www.lettera43.it/ - 21 maggio 2012

Butta i figli dal balcone e si ammazza. L'uomo, 41enne, pubblicitario depresso e disoccupato da mesi ha gettato i bambini (1 e 4 anni) di fronte agli occhi della moglie

BRESCIA. La scena che si è presentata, stamani, ai soccorritori giunti sul luogo del suicidio di un uomo che, a Brescia, ha lanciato dalla finestra i suoi due figli prima di gettarsi lui stesso, è stata davvero raccapricciante e impietosa. Il cadavere del padre, infatti, giaceva a terra accanto ai corpicini straziati dei due piccoli. Intorno, sangue ovunque. Quello di bambini innocenti uccisi ancora una volta dalla follia di un adulto. Non ha una spiegazione vera l’orrore accaduto stamani in un palazzo in via Cremona, in un quartiere semicentrale della città lombarda.Alla base del gesto c’è stata forse una discussione, peraltro non particolarmente violenta; c’era forse una famiglia in difficoltà per la perdita del lavoro di uno dei due genitori, ma non certo in stato d’indigenza; c’era senza dubbio una depressione ormai cronica, quella di lui, che però non aveva dato mai segni di pericolo evidente. «In realtà non c’è una spiegazione», dice un investigatore, anche lui profondamente turbato. «E proprio questo che fa ancora più paura - dice una donna davanti al cancello del palazzo - perchè può accadere a tutti, anche a noi». La Squadra mobile ha ricostruito i fatti in poche ore. Intorno alle 9 Marco Turrini, un agente pubblicitario di 41 anni, incensurato, sofferente di uno stato depressivo a seguito del lavoro perso da mesi e mesi, ha l’ennesima discussione con la moglie, Elena Morè, di 38. Una lite come tante, in una famiglia con un disagio evidente, ma che che conduceva una vita normale, tirando avanti con lo stipendio dell’altro coniuge, quello di Elena appunto, infermiera all’ospedale di Brescia.Turrini improvvisamente apre la finestra del soggiorno, dove erano presenti anche i due bambini, Samuele, di 4 anni e mezzo, ed Manuela, di poco più di 1 anno. Senza proferire alcuna minaccia, senza alzare le mani, senza far presagire minimamente che non era più in sè, l’uomo prende la bimba in braccio davanti alla finestra, di fronte alla moglie, che si stupisce ma neanche per un attimo (secondo quanto da lei riferito ai poliziotti) pensa che il suo compagno possa fare sul serio. «Se volevi spaventarmi ci sei riuscito - gli dice - ma adesso dai metti giù la bambina». Ma non fa quasi in tempo a finire la frase: l’uomo la getta come un pacco senza peso dal settimo piano, senza una parola. Immediatamente dopo prende anche il maschietto, più grandicello, che si dimena, e getta giù anche lui senza pietà.La donna, impietrita, per molti secondi non riesce nemmeno a reagire. Poi corre fuori per chiedere soccorso. Lui la insegue, e al piano di sotto, sul pianerottolo, apre una finestra e cerca di gettare anche lei nel vuoto. Ma quando vede giungere i primi vicini di casa la lascia andare, e si butta lui. Anche suo padre era morto suicida un anno prima, impiccandosi. Turrini muore sul colpo, rimbalzando contro un furgone in sosta nel cortile interno, mentre per i due bambini c’è il tempo

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per un estremo quanto inutile trasporto d’urgenza all’ospedale, dove muoiono poco dopo. Dell’intera famiglia ora rimane solo la madre, in stato di choc, che dovrà aggrapparsi con tutte le sue forze alla vita per andare avanti. Sotto casa vicini e abitanti del quartiere s’interrogano, sgomenti. Parlano piano, quasi sussurrano. Pochi metri più in là uno spazzino pulisce il sangue nel cortile con un getto d’acqua, piangendo. 

La Stampa – 21 maggio 2012

Ancona, un disoccupato si lancia dalla finestraIl 53enne era prostrato dalla mancanza di lavoro.

L'angoscia di aver perso il lavoro e la prospettiva di non trovare più un'occupazione potrebbero essere a monte del suicidio, del pomeriggio 27 maggio, di un uomo di Corinaldo (Ancona), L.M., di 53 anni, gettatosi dal terzo piano della sua casa. Al momento di compiere il gesto, l'uomo era solo in casa, ma il destino ha voluto che quando è piombato al suolo, sotto la casa si trovasse a passare il figlio.Nella giornata di domenica 27 maggio ci sono stati altri due suicidi per motivi economici: uno a Cagliari e un altro a Terni.MATRIMONIO FALLITO. L. M. era da qualche tempo in uno stato di profonda prostrazione proprio per la mancanza di lavoro, ma sulla sua condizione avrebbe pesato anche il malessere per un matrimonio conclusosi con una separazione. Così, il corinaldese non ha più retto e ha deciso di farla finita, buttandosi dal suo appartamento e facendo un volo di molti metri.L.M. è morto praticamente sul colpo e vani sono stati i tentativi di rianimarlo.

http://www.lettera43.it/ - 27 Maggio 2012

Operaio disoccupato si suicida nel ternano

TERNI -  Un operaio di 44 anni originario di Rieti ma residente a Terni è stato trovato  impiccato ieri ad un albero nelle campagne di Acquasparta. Aveva perso il lavoro da circa un anno, senza riuscire a trovare un'altra occupazione nonostante le ripetute ricerche: potrebbe essere questo, secondo i carabinieri, ad aver spinto al suicidio l'uomo. Dell'uomo, separato e con tre figli minori, si erano perse le tracce nel pomeriggio di venerdì scorso. Dopo l'allarme, partito dai parenti, ieri erano state avviate le ricerche da parte del soccorso alpino e speleologico dell'Umbria, dei carabinieri e dei vigili del fuoco, anche con l'aiuto di un elicottero. Le operazioni si erano concentrate nella zona di Acquasparta visto il segnale emesso dal cellulare del 44enne. Nella tarda serata di ieri la scoperta del cadavere dell'uomo, in un una zona impervia lungo la strada che da Acquasparta conduce a Spoleto. Nell'auto del 44enne, parcheggiata a qualche metro dal boschetto, sono stati ritrovati alcuni appunti riguardanti ricerche e incontri di lavoro con varie ditte. L'uomo non avrebbe invece lasciato scritti per spiegare esplicitamente le cause del suo gesto, ma l'ipotesi dei militari - come detto - è che sarebbe stata proprio la mancanza di un'occupazione a provocare nell'uomo uno stato di profondo disagio e a spingerlo a farla finita.

http://www.dazebaonews.it – 27 maggio 2012

Suicida per difficoltà economiche. Era padre di un allievo della As RomaL'uomo, 45 anni, ha lasciato una lettera: i provvedimenti del governo, la causa della crisi dell'azienda e del lavoro

ROMA - Era padre di un giocatore degli allievi regionali dell'As Roma l'uomo che si è impiccato a Carbognano, in provincia di Viterbo, per difficoltà economiche e per timore di perdere il posto di lavoro. 45 anni, l'uomo era addetto alle vendita di un'azienda ceramica, si è tolto la vita nel garage sotto la sua abitazione. Secondo quanto si è appreso, il suo corpo è stato trovato dai familiari l'altro ieri mattina, ma la notizia è trapelata solo oggi.

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LA LETTERA - L'uomo, sposato, padre di due figli, ha lasciato una lunga lettera di quattro pagine per spiegare le ragioni del suo gesto. In alcuni passaggi della lettera l'uomo parla esplicitamente delle difficoltà economiche in cui versava e critica i provvedimenti del governo che avrebbero acuito la crisi dell'azienda di cui era dipendente, mettendo a rischio il suo posto di lavoro. Sono in corso indagini da parte dei carabinieriIL CORDOGLIO DELLA AS. ROMA - La società, mercoledì mattina ha espresso il proprio cordoglio con una nota pubblicata sul sito ufficiale. «La As Roma - dice il testo - si stringe commossa al giocatore della squadra degli allievi regionali, per la tragica scomparsa del papà. In occasione delle partite valide per le finali della Coppa Lazio che si disputeranno giovedì a Trigoria, le formazioni degli allievi e dei giovanissimi regionali giocheranno con il lutto al braccio».

Corriere della Sera – Cronaca di Roma – 30 maggio 2012

Disoccupato si toglie la vita a Velletri, un'altra vittima della depressione da crisiIl suicidio domenica nel centro dei Castelli Romani: l'allarme lanciato dal fratello della vittima. L'uomo, 52 anni, aveva perso il lavoro un anno fa

ROMA - Un altro morto per la crisi. Un uomo si è tolto la vita domenica a Velletri impiccandosi. La sua fine richiama con violenza la protesta inscenata meno di un mese fa a Roma, quando militanti de La Destra appesero ai ponti sul tevere decine di manichini impiccati: un agghiacciante flash mob, un modo discutibile di criticare il governo Monti e portare l'attenzione di tutti sul tema dei suicidi di imprenditori e lavoratori messi in difficoltà dalla crisi economica. Intanto la macabra conta delle vittime continua tra le polemiche. Sono già una quindicina, nella sola area della Capitale, i lavoratori che hanno scelto di togliersi la vita.LICENZIATO DA UN ANNO - L'ultimo, tragico episodio ha per protagonista un uomo di 52 anni che era stato licenziato da circa un anno. Si è tolto la vita nel suo appartamento di via Collicello a Velletri. E’ accaduto intorno alle 13.45. L'allarme è stato dato dal fratello che non aveva sue notizie. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco per aprire la porta che era chiusa dall'interno.L'uomo soffriva di crisi depressive. Nel 2011 ci sono stati in Italia oltre 1.000 suicidi tra lavoratori e imprenditori, un drammatico bilancio cresciuto del 24% dal 2008. Prima della vittima di Velletri, a Roma nelle ultime settimane si erano verificati altri due casi: quello di M. F., l’imprenditore di 59 anni che si era sparato nella sua azienda di Pietralata, e quello di P. C., corniciaio di Centocelle impiccatosi perchè sommerso di debiti.LA FIACCOLATA AL PANTHEON - Dopo quelle morti, i sindacati e le organizzazioni di imprenditori ed artigiani avevano organizzato nella Capitale, il 18 aprile al Pantheon, la fiaccolata «Silenziosamente», per ricordare «tutte le persone, lavoratori e imprenditori, che si sono tolte la vita per la disperazione di dover chiudere l'azienda o di aver perso l'impiego». Il tema è stato posto all'attenzione dell'opinione pubblica anche attraverso una denuncia alla Procura di Roma: i suicidi sarebbero legati - secondo gli imprenditori - ad un vero e proprio «stalking» degli enti riscossori. A commettere il reato di istigazione al suicidio, «persone da identificare» secondo la Federcontribuenti, che ha deciso di rivolgersi formalmente alla magistratura in difesa dei cittadini tartassati, imprenditori e non.NUOVA GUERRA - A spiegare il senso e la portata della denuncia sono il presidente della Federcontribuenti, Carmelo Finocchiaro, il senatore Stefano Pedica (Idv), gli avvocati Maurizio Scuderi e Tiberio Passerai. «In piena emergenza sociale si vuole costringere gli organi competenti e le autorità inquirenti a prendere piena coscienza e consapevolezza della realtà a cui milioni di cittadini, ogni santo giorno, sono costretti», spiegano alla Federcontribuenti. L’associazione precisa che la denuncia è la diretta conseguenza degli ultimi gravi fatti di cronaca, per questo nel ricorso alla Procura era allegata la cronologia macabra delle vittime di questa «nuova guerra fredda». Una cronologia purtroppo in continuo aggiornamento.

Corriere della Sera – Cronaca di Roma - 4 giugno 2012

Paolo Vecchia 31 anni in cassa integrazione si toglie poichè senza lavoro

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PAVIA 19 Giugno 2012 Un operaio metalmeccanico di 31 anni che lavorava alla Brasilia di Retorbido, in provincia di Pavia, si è tolto la vita domenica scorsa. Paolo Vecchia lavorava nella ditta specializzata nella produzione di macchine da caffè da più di 4 anni. Da 8 mesi era in cassa integrazione come gli altri 180 dipendenti dell’azienda, ma «nonostante gli accordi e le pressioni del sindacato, la Brasilia non pagava il trattamento Inps di cassa integrazione che corrisponde all'incirca a 800 euro al mese e nemmeno i salari dei dipendenti che lavoravano a rotazione». Lo rende noto in un comunicato la Fiom-Cigl di Pavia.«Abbiamo fatto di tutto per convincere l’imprenditore a pagare - dice Renzo Scinaldi, segretario Fiom Cgil di Voghera Oltrepò - lo abbiamo sollecitato in vari modi, con scioperi, presidi e articoli sulla stampa locale. L'abbiamo fatto chiamare dalla Prefettura e dalla Provincia. A metà marzo abbiamo fatto un incontro durante il quale lui ha firmato una lettera in cui si impegnava a pagare gli stipendi».Ma la promessa di rispettare quanto previsto sarebbe rimasta tale. «Bisogna davvero riflettere su ciò che è accaduto in questi mesi, durante i quali le difficoltà economiche e finanziarie dell’impresa sono state scaricate sui lavoratori senza un minimo di responsabilità sociale che tenesse conto delle difficoltà di come si vive senza stipendio - dice Mirco Rota, segretario generale Fiom Cgil Lombardia. È intollerabile e assolutamente ingiustificabile che un'azienda di quelle dimensioni, sia produttive sia occupazionali, non abbia anticipato il trattamento di cassa integrazione nonostante le numerose richieste che ci sono state da parte della Fiom».

http://angelipersi.blogspot.it – 19 giugno 2012

Lavoro precario, 49enne si impicca davanti al municipio. Il dramma a Terricciola, in provincia di Pisa. L'uomo era stato licenziato di recente e lavorava con contratto a progetto come spazzino

TERRICCIOLA (PISA) - L'angoscia per aver perso il posto di lavoro fisso e il timore di non poter far fronte alle difficoltà economiche e alle esigenze della famiglia. Sarebbero queste le motivazioni che hanno portato al suicidio di un uomo di 49 anni di Terricciola, comune in provincia di Pisa.L'uomo si è impiccato, nel pomeriggio di domenica 29 luglio, davanti al municipio, dopo aver avuto uno sfogo con il sindaco, al quale avrebbe raccontato tutte le proprie preoccupazioni. Si è tolto la vita nel giardino tra la strada e l'ingresso del Comune di Terricciola, vicino a una tensostruttura.LICENZIAMENTO E CONTRATTO A PROGETTO - Il 49enne era stato licenziato lo scorso marzo dall'azienda dove lavorava come imbianchino. Adesso aveva un contratto a progetto per il Comune, come spazzino del centro storico. Il cadavere, dopo molte ore, è stato scoperto da una pattuglia dei carabinieri che conoscevano l'uomo, che lascia la moglie e due figli.

http://www.today.it - 30/07/12

Di Carlo ancora grave: lo shock in città. Il 54enne operaio, conosciuto per il suo impegno nelle associazioni ambientaliste, si è dato fuoco sabato davanti a Montecitorio. A Forlì vive il figlio Andrea.

FORLI' - Sono ancora gravissime le condizioni di Angelo di Carlo, l’operaio forlivese di 54 anni che nella notte tra venerdì e sabato si è dato fuoco davanti a Montecitorio. Forlì, la città dove vive insieme al figlio Andrea, è rimasta sotto shock per l’estremo gesto. Angelo è molto conosciuto in provincia, anche per il suo impegno nelle associazioni di matrice ambientalista come Destinazione Forlì e in politica. In molti infatti sabato hanno associato il suo volto, caratterizzato dai due lunghi “baffoni” lungo il mento, con le notizie apparse in tutti i telegiornali nazionali e non solo.Mentre l’uomo si trova ricoverato in condizioni disperate all’ospedale Sant’Eugenio di Roma con ustioni fino all’85% del corpo, nella Capitale, come a Forlì, amici, parenti e forze dell’ordine s’interrogano per cercare di dare spiegazioni al suo tentato suicidio. Nel giro di due anni Angelo Si Carlo, originario di Roma e residente da anni a Forlì, ha perso la madre, poi la moglie, e infine il lavoro. Dolori che lo hanno strozzato giorno dopo giorno, fino a spingerlo probabilmente a darsi fuoco.

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All’ospedale Sant’Eugenio, nella Capitale, dove è ricoverato dall’una di sabato, Di Carlo sta combattendo la sua battaglia più grande per la vita, dopo essere stato per anni in prima linea per organizzare manifestazioni o battaglie ambientaliste. Da due anni Angelo Di Carlo aveva un po’ allentato la presa. Il suo essere attivo nei movimenti ambientalisti, si era ridimensionato ai contatti via e-mail. “Scriveva mail a  noi - ha raccontato Michela Nanni, ex associazione ClanDestino oggi DestinAzione Forlì - per commentare magari qualche articolo di giornale, oppure mandava via mail per cercare lavoro. L’ho incontrato mesi fa e mi aveva parlato un po’ dei suoi lutti, del lavoro che non andava bene. Speriamo che ce la faccia”.Sembra sia stato proprio il lavoro perduto a spingere Angelo, operaio, padre di un figlio 30enne e residente a Forlì, a darsi fuoco a Montecitorio. L’uomo aveva raggiunto la Capitale due giorni prima per risolvere una questione di eredità con i suoi fratelli che vivono fuori Roma (pare avesse un contenzioso di piccola entità). Insomma lo stato d’animo di Angelo Di Carlo, rimasto senza lavoro da due mesi, potrebbe essere stato aggravato anche da un contenzioso per un’eredità con i tre fratelli che vivono a Roma.

http://www.romagnanoi.it – 13 agosto 2012

Si diede fuoco a Montecitorio, è morto Angelo di Carlo.Il 54enne forlivese non ce l'ha fatta. Era ricoverato dall’11 agosto all’ospedale Sant’Eugenio per le estese ustioni causate dall'estrema protesta

Forlì, 19 agosto 2012 - Non ce l'ha fatta Angelo di Carlo, 54 anni, originario di Roma ma da anni trasferitosi a Forlì, che l’11 agosto si era dato fuoco davanti a Montecitorio. La notizia arriva dai carabinieri. La sua era stata una protesta contro la disoccupazione, da anni lottava infatti contro la precarietà del lavoro. E' morto al Sant'Eugenio, dove era ricoverato dopo le vaste ustioni (sull'85% del corpo). La vicenda. Era l’una di notte quando l’operaio arrivò in piazza Montecitorio, tirò fuori una bottiglia piena di liquido infiammabile e se la rovesciò addosso appiccando il fuoco con un accendino. Così, a mo' di torcia umana, si era poi lanciato verso l’ingresso della Camera dei Deputati.Nonostante il tempestivo intervento dei carabinieri, che provarono a spegnere le fiamme con gli estintori, l'uomo si procurò ustioni di secondo e terzo grado. L’operaio, vedovo, aveva grosse difficoltà economiche a causa della perdita del lavoro, ed era impegnato in un contenzioso con i tre fratelli per un’eredità. Nello zainetto che aveva con se’ c’erano, due lettere, una per il figlio, a cui ha lasciato 160 euro.

Il Resto del Carlino – Cronaca di Forlì – 19 agosto 2012

Licenziato 4 mesi fa, si suicida strangolandosi. Il corpo trovato all'interno di una Mercedes. L'uomo si è ucciso soffocandosi con una cintura. All'inizio si era ipotizzato un omicidio

LATINA - Nelle prime ore si era ipotizzato un omicidio. Perché si è trattato di uno strangolamento, ma l'uomo trovato senza vita la mattina di domenica 19 all'interno di una Mercedes parcheggiata in via del Faro a San Felice Circeo, in provincia di Latina, ha fatto tutto da solo. Si è tolto la vita stringendosi una cinghia al collo e usando, per girarla, una lunga chiave a tubo prelevata dal set dell'auto stessa.LICENZIATO 4 MESI FA - È questa la triste storia emersa dalle indagini dei carabinieri che, sulle prime, avevano ipotizzato un omicidio viste le modalità scelte dalla vittima. Il suicida, un cinquantenne della provincia di Roma, quattro mesi fa era stato licenziato dalla ditta edile in cui lavorava. Una terribile storia, in cui nella scelta di farla finita deve aver pesato molto l'assenza del lavoro e lo sconforto di una vita troppo dura per essere sopportata. M.Mar.

Corriere della Sera – Cronaca di Roma – 19 agosto 2012

Padre da un mese, disoccupato: suicida a Ottaviano. Ultimo squillo alla compagna: «Mi ammazzo»

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di GIOVANNA SALVATI. Aveva assaporato la gioia di diventare padre un mese fa. Ieri il gesto disperato dettato dall’angoscia e dalle sue sofferenze. Antonio Intonaco, 20 anni, si è tolto la vita in una casa ancora in costruzione in via Lanzari, dove era arrivato solo, con i suoi pensieri.Una corda legata al soffitto, un’ultima telefonata agghiacciante fatta alla fidanzata: «Sto per uccidermi dietro al campetto». L’allarme, le ricerche ed infine il suo corpo senza vita. La scoperta alle 20,00 nel quartiere di San Gennarello.Antonio si era allontanato dalla sua abitazione nel primo pomeriggio. Lo faceva sempre: per incontrare gli amici. Ma dal 28 luglio, giorno in cui era venuto al mondo il suo piccolo angelo Emanuele tutto era cambiato. Diventare padre per lui era stato il regalo più grande che la vita gli aveva fatto.L’amore folle per quella ragazza, Rosa, che senza esitare lo aveva visto accollarsi le responsabilità di diventare padre. Lei più piccola di lui, ma con una valigia di sogni e la spensieratezza di essere mamma. Certo, per il matrimonio volevano aspettare, ma insieme avrebbero scavalcato le vette più alte superando ogni ostacolo di quella vita da vivere insieme.E’ entrato in quella struttura, una casa abbandonata e ancora in cantiere. Un cappio creato legando la corda ad un dei tanti rami che avevano invaso il sottoscala dell’abitazione. Ha preso il telefono dalla sua tasca e in pochi attimi ha digitato in numero della sua fidanzata. «Ti amo» le ha detto e poi «Non ce la faccio più, sto per uccidermi dietro al campetto». La telefonata si è poi interrotta ed è iniziato l’inferno.

http://www.metropolisweb.it -30/08/2012

Suicida dopo tre anni da disoccupato. Il dramma di un giovane autista: "Aveva cercato lavoro ovunque"

DANIELE CABRAS. Tre anni fa aveva perso il lavoro e quell’evento traumatico aveva mandato in frantumi la sua serenità. Tre lunghi anni trascorsi a presentarsi in aziende, cooperative, centri commerciali, tre anni ad accettare piccoli lavori, qualunque cosa nel tentativo di ritrovare una condizione normale, di garantirsi un futuro. Alla fine il peso delle delusioni lo ha schiacciato e Roberto Mocci, 36 anni, ha deciso di chiudere definitivamente il suo libro della vita.La notizia, intrisa di umana pietà, la dà la newsletter del circolo «Su Nuraghe» a firma del presidente Battista Saiu, che in poche righe dà voce a un dramma sociale, quello di chi resta senza lavoro. «Roberto se ne è andato in silenzio, senza lasciare alcun messaggio, appendendo la sua vita ad un chiodo della cucina della casa dove viveva con i genitori. È stata la mamma a scoprire la tragedia. Per lui, l’altra mattina si sono chiusi gli orizzonti, le prospettive di vita, le speranze di futuro».Sposato con Emanuela, da tre anni aveva perso il lavoro, licenziato dalla cooperativa dove lavorava come autista, lo stesso lavoro del padre. Che ora dice: «Mio figlio si accontentava del lavoro che veniva fuori ed era tutt’altro che ’’schizzinoso’’; aveva bussato per oltre 350 volte alle porte di altrettante ditte in cerca di lavoro, presentando il suo bel curriculum, disposto ad accettare qualsiasi occupazione pur di superare il grande disagio del dover dipendere dagli altri. Era un ragazzo eccezionale che, anche come figlio, non ci ha mai dato nessun problema».

La Stampa – Cronaca di Biella – 3/11/12

Trapani, operaio edile disoccupato si suicida: "Lo faccio perché senza lavoro non c'è dignità". Il biglietto d'addio dentro la Costituzione. "L'articolo 1 dice che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Perché lo Stato non mi aiuta a trovarlo?". Aveva chiesto aiuto a Napolitano e Camusso. Nel foglio l'elenco di chi si è tolto la vita perché senza lavoro: in fondo il suo nome

PAOLO BERIZZI .TRAPANI - Una corda intorno al collo in nome dell'articolo 1 della Costituzione. Un pizzino disperato. L'ultimo. Infilato tra le pagine del libro della Repubblica Italiana. Su quel pezzo di carta, che ha voluto con sé fino alla fine, Giuseppe ha scritto con cura certosina l'elenco dei morti di disoccupazione degli ultimi due anni: se li è appuntati uno a uno, copiandoli dalle cronache dei giornali. L'ultimo nome in fondo alla lista è il suo; poche ore dopo finirà sul verbale

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dei carabinieri che lo trovano impiccato a una trave sotto casa. Giuseppe Burgarella. A fianco, vergate di suo pugno, due frasi secche. "Se non lavoro non ho dignità. Adesso mi tolgo dallo stato di disoccupazione". Guarrato, 1.300 abitanti in provincia di Trapani, sulla strada per Marsala. Nel giardino della villetta dei Burgarella, muratori sindacalisti (Cgil), c'è un gazebo: tavolo di legno, quattro sedie, gli attrezzi. Da quando gli hanno tolto la "dignità" Giuseppe, non trovando altro da fare, ci va ogni mattina a mettere in ordine. Sessantuno anni, è il più giovane dei due fratelli. Ha iniziato da ragazzino segando il marmo, dai 30 in poi sempre e solo mattoni. L'ultimo contratto è datato 2000: poi la Cooperativa CELI di Santa Ninfa, una delle tante nate nel trapanese dopo il terremoto che nel 1968 sconvolge la Valle del Belice, lo lascia a casa perché non c'è lavoro nemmeno per i soci. Per due anni Giuseppe riceve l'indennità di disoccupazione: 700 euro al mese. Ma lui vuole lavorare. Non solo il bisogno economico - non è sposato e non ha figli, all'inizio riesce a stare a galla con l'indennizzo. È che non riesce a stare senza. "Era l'unica cosa che lo faceva sentire realizzato", dice il fratello Giovanni. "Viveva la disoccupazione come una situazione di oppressione". È sabato notte. Una settimana fa. Giuseppe decide che così può bastare. Tre anni di stop forzato, "senza dignità", tre anni di pensieri e, infine, di richieste d'aiuto. Cadute nel vuoto. "Non abbiamo compreso fino in fondo la sua situazione, non lo abbiamo saputo aiutare", dice Franco Colomba della Fillea di Trapani. Eppure si era fatto sentire, il muratore di Guarrato. Ultimamente aveva scritto due lettere: una al presidente Napolitano e una a Susanna Camusso, segretario della Cgil, il sindacato al quale Burgarella era iscritto da sempre (faceva parte del direttivo provinciale della Fillea). Nelle missive aveva messo nero su bianco tutto il suo disagio, una sofferenza mai spenta e che non riusciva più a tenere per sé. "L'articolo 1 della Costituzione dice che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. E allora perché lo Stato non mi aiuta a trovare lavoro? Perché non mi toglie da questa condizione di disoccupazione? Perché non mi restituisce la mia dignità?". Fino alla minaccia finale. "E allora se non lo fa lo Stato lo debbo fare io...". Il gazebo. Una corda e una sedia. Alle 8.30 di domenica il fratello Giovanni lo trova cadavere. Gli accertamenti dei carabinieri di Trapani escludono piste "altre": né debiti, né malattie incurabili, né movente sentimentale. Certo: Burgarella, da qualche mese, era entrato in uno stato di depressione. All'ultima assemblea degli edili della Cgil trapanese, però, era la fine dell'anno, aveva preso la parola. Se lo ricordano per nulla rassegnato, ancora pronto a battersi per uscire dalla condizione da cui "nessuno riesce a togliermi. E come me tanti lavoratori che qui sono rimasti a casa". Si era persino speso nella trattativa per il rinnovo del contratto integrativo degli edili. Nessuno sapeva che, "orgoglioso e tutto d'un pezzo", come lo descrive la sorella più giovane, stava così male; e che in privato si era deciso a chiedere aiuto. Aveva scritto direttamente a Roma. I carabinieri gli trovano in tasca copie delle lettere. "Al presidente Napolitano...". "A Susanna Camusso...". Non distante dal corpo senza vita dell'uomo, una versione-opuscolo della Costituzione con dentro il pizzino dei suicidi "da disoccupazione". La lista di "quelli come me", che si chiude, infatti, col suo nome. "Mi tolgo io dalla condizione". La storia resta avvolta nel silenzio. Nessuno scava dietro il suicidio di Guarrato. Nemmeno la stampa locale. Ne parlano solo gli anziani in piazza, i "compagni" di Burgarella, una famiglia di militanti del vecchio Partito comunista. Ma quello di Giuseppe è un suicidio esemplare. Dopo quelli degli imprenditori del Nord, è, non solo geograficamente, l'altra faccia della medaglia della crisi. "Qui nel profondissimo Sud, soprattutto in piccole realtà periferiche, la mancanza di lavoro è drammatica - ragiona ancora Franco Colomba - e finisce per emarginare. Toglie la dignità, porta alla disperazione e, purtroppo, anche alla morte". La tragica protesta di Giuseppe? "Sembrava forte, si sentiva protagonista e quello che ha lasciato scritto lo testimonia. Il fatto di non averlo saputo aiutare ci segnerà per tutta la vita. Ma sono convinto che lui voleva che se ne parlasse. Per evitare che altri facciano la sua fine".Sembra una beffa del destino, o un supplizio di pena: un dirigente sindacale che si batte per gli altri e intanto è disperato, in segreto, perché non riesce più a fare il mestiere che ha sempre fatto: il muratore. Che scrive al suo segretario nazionale e poi si impicca. Un dramma che ferisce anche la Cgil al suo interno. Walter Schiavella, responsabile nazionale Fillea: "Vedo ogni giorno negli occhi dei lavoratori la paura di perdere il proprio posto di lavoro, ma nella maggior parte dei casi la disperazione di non sapere come tirare avanti senza lavoro o con 700euro di cassa integrazione o vendendo la propria fatica per 20 euro al giorno nei mercati illegali delle braccia. E allora ti chiedi che ci stai a fare, come mai non riesci a fermare questa valanga impazzita". Giuseppe era andato

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subito al dunque: all'articolo 1 della Costituzione. Anche lui, alla fine, si è chiesto che ci stava a fare.  

La Repubblica – 9 febbraio 2013

TRAPANI / EDILE E SINDACALISTA CGIL, UN BIGLIETTINO NELLA NOSTRA CARTA«Una vita senza lavoro non ha dignità» Giuseppe si impicca vicino alla CostituzioneDisoccupato, aveva scritto a Camusso e Napolitano. Aveva raccolto i nomi di tutti i suicidi per lavoro, alla fine aveva messo il suo

Antonio Sciotto. La Costituzione italiana, con dentro un foglietto: l'elenco dei suicidi per lavoro degli ultimi due anni. E l'ultimo della lista, scritta di suo pugno, è il suo stesso nome: Giuseppe Bulgarella. Muratore e sindacalista Cgil, 61 anni, di Guarrato, paesino del trapanese, Giuseppe ha deciso di togliersi la vita, impiccandosi nella notte tra sabato e domenica scorsi. Non riusciva più a vivere senza lavoro, prima ancora per un senso di dignità e di utilità sociale, che per un bisogno economico: «Se non lavoro non ho dignità. Adesso mi tolgo dallo stato di disoccupazione», le due frasi scritte nel foglio che ha lasciato nella Carta che detta i fondamenti della nostra Repubblica.E tra questi, il primo e più importante, è l'articolo uno: «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Questa frase, così bella, negli ultimi anni deve essere rimbombata come un incubo martellante nella testa di Giuseppe. Soprattutto da quando era entrato in uno stato di profonda depressione, perché non c'era proprio modo di trovare un lavoro.Giuseppe aveva lavorato fin da bambino come muratore, prima segando il marmo, poi costruendo mattoni. Aveva svolto anche attività sindacale, nella Fillea Cgil, la categoria che segue gli edili. L'ultimo contratto che riesce ad avere risale al 2000. Da quell'anno in poi la cooperativa Celi di Santa Ninfa, nata dopo il terremoto che nel 1968 aveva colpito la Valle del Belice, lo aveva lasciato a casa perché non c'era più lavoro neanche per i soci. Per due anni Giuseppe riceve così l'indennità di disoccupazione, di 700 euro al mese, e poi niente altro. Magari lavoretti, per arrangiarsi e arrotondare: non essendo sposato e non avendo figli quel sussidio basta, almeno all'inizio. Ma la mancanza di un'occupazione gli fa comunque male: non riesce a stare senza fare nulla. «Era l'unica cosa che lo faceva sentire realizzato - raccontava ieri alla Repubblica il fratello maggiore, Giovanni - Viveva la disoccupazione come una situazione di oppressione».Giuseppe non era stato fermo, negli ultimi anni, anzi aveva cercato di reagire. Andava al sindacato, faceva parte del direttivo provinciale della Fillea: parlava con i suoi colleghi, e a una delle ultime assemblee del 2012, alla Cgil, aveva preso la parola. Aveva parlato di quelli come lui, che «sono rimasti a casa», e sembrava non arrendersi. Si era perfino speso per il rinnovo del contratto degli edili, anche se in realtà, nel suo stato di prolungata disoccupazione, era come se non lo riguardasse più. E ultimamente aveva scritto due lettere: una alla segretaria della Cgil, Susanna Camusso, e l'altra a Giorgio Napolitano, il primo cittadino, garante della Costituzione. I carabinieri hanno trovato le missive nella sua tasca, domenica mattina, allertati dal fratello.Nelle lettere aveva espresso il suo profondo disagio: «L'articolo 1 della Costituzione dice che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. E allora perché lo Stato non mi aiuta a trovare lavoro? Perché non mi toglie da questa condizione di disoccupazione? Perché non mi restituisce la mia dignità?». Fino alla minaccia, infine realizzata. «E allora se non lo fa lo Stato lo debbo fare io...».«Vedo ogni giorno negli occhi dei lavoratori la paura di perdere il proprio posto - dice Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil - Ma nella maggior parte dei casi vedo la disperazione di non sapere come tirare avanti senza un'occupazione, o con 700 euro di cassa integrazione o vendendo la propria fatica per 20 euro al giorno nei mercati illegali delle braccia. E allora ti chiedi che ci stai a fare, come mai non riesci a fermare questa valanga impazzita». Per il segretario del Pd Pierluigi Bersani, il suicidio di Giuseppe «è stata una coltellata»: «Ci occuperemo di questo problema del lavoro - aggiunge - senza promettere miracoli, ma facendo capire che si parte da chi è in difficoltà». «Credo che oggi tutti i partiti dovrebbero parlare solo di Giuseppe Burgarella - dice Antonio Ingroia, candidato premier di Rivoluzione civile - Bisogna dare una risposta a tutti gli italiani che subiscono gli effetti della crisi».

Il Manifesto 10/02/13

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Trapani, suicida perché senza lavoro. In un foglio i riferimenti alla CostituzioneGiuseppe Burgarella, operaio edile con una storia dentro ai sindacati, si è suicidato una settimana fa. In un biglietto ha lasciato la sua disperazione per i diritti violati. All'ultimo direttivo degli edili aveva detto: "Dobbiamo suicidarci tutti per far capire quanto è grave la situazione?"

“Vittima della nuova resistenza”, la “resistenza” che si combatte per il “lavoro”. Giovanni Burgarella, “storico” sindacalista della Cgil trapanese, per un periodo costretto a vivere sotto scorta dopo che da segretario della federazione provinciale degli edili aveva denunciato la diffusa presenza della mafia nei cantieri, con le lacrime agli occhi definisce “uomo della nuova resistenza” il fratello, Giuseppe, 61 anni, morto suicida una settimana fa. Pino, come lo chiama suo fratello, da tempo era disoccupato, il dramma di non avere un lavoro lo ha travolto.Domenica mattina Giovanni lo ha trovato con una corda al collo, penzolante sotto al gazebo del giardino della loro casa che si trova nella frazione di Guarrato, a pochi chilometri da Trapani. Le sue ultime parole Pino Burgarella le ha scritte su un foglio di agenda che i carabinieri hanno trovato dentro una busta sigillata sotto al maglione. In passato Burgarella si era anche rivolto a Napolitano e a Susanna Camusso. Non ci sono altri drammi, altri “guai” dietro la sua morte, se non quello di un uomo che, sindacalista come il fratello, si era battuto per il lavoro, prima quello per gli altri e poi il proprio. Pino Burgarella ha combattuto fino all’ultima riunione del direttivo degli edili. Con toni forti intervenne per denunciare la crisi del settore dell’edilizia (in provincia di Trapani il comparto ha quasi 4mila senza lavoro, rispetto al 2012 siamo già a un 20 per cento in più di disoccupati) e prendendo la parola aveva detto: “Dobbiamo suicidarci tutti per fare capire quanto grave sia la crisi che stiamo vivendo?”.Il suo testamento è racchiuso nelle parole scritte su quel foglio del primo febbraio 2013: “44 giorni di lavoro dal 2010 ad oggi… da oggi ho trovato un impiego…un posto fisso per sempre…”. A casa è rimasto un libretto, la storia della Costituzione italiana, regalo della Cgil lo scorso 25 aprile. “Mio fratello aveva sottolineato le frasi relative al lavoro, al diritto che ogni cittadino ha di avere un lavoro, era profondamente convinto che a quel diritto nessuno poteva rinunciare né qualcuno poteva in qualsiasi modo negarlo, lui la pensava in modo chiaro, il lavoro come unica condizione per avere piena dignità sociale”. In quel foglietto d’agenda che ha lasciato c’è scritto il suo malessere di uomo: “Mio fratello è morto per credere fino in fondo a quello che c’è scritto nella nostra Costituzione a proposito di diritto al lavoro”. Infine uno sfogo. “Qui – dice Giovanni Burgarella – chi è di sinistra, chi fa sindacato, è segnato, non è facile che trovi lavoro chi è così schierato a difendere i diritti… Lui che era molto più rigido di me ha sofferto in silenzio questa realtà”. Rino Giacalone.

Il Fatto Quotidiano – 9 febbraio 2013