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Lezione del 30/04/2013 Professoressa Metro MIDOLLO SPINALE E ATTIVITA’ RIFLESSA Oggi ragazzi parleremo dell’attività riflessa. I riflessi si possono studiare dal punto di vista clinico utilizzando un martelletto, così come fa normalmente un neurologo durante la visita neurologica, oppure in fisiologia il fisiologo li studia dal punto di vista sperimentale con l’utilizzo di un preparato che prende il nome di animale spinale. Questo è un preparato particolare di cui vi descriverò la metodica e i risultati ai quali ha portato. Cominciamo da oggi la motilità. L’attività riflessa è molto importante perché è la risposta motoria più elementare. I sistemi motori sono costituiti da una gerarchia. Ci sono quattro componenti organizzate in maniera gerarchica e sono: La regione corticale pre-motoria La corteccia Il tronco dell’encefalo Il midollo spinale Dal midollo spinale partiranno poi dei segnali di uscita che arriveranno ai muscoli, in modo tale che l’effettore (cioè il muscolo) si possa contrarre in maniera adeguata. Nell’organizzazione generale delle vie motorie, oltre al motoneurone e ai circuiti locali riflessi, possiamo avere anche un controllo di tipo tronco-encefalico, i nuclei della base, la corteccia e il cervelletto. Quindi questa organizzazione così complessa mi determina diverse tipologie di movimento che vanno dal più elementare, che è appunto il riflesso, a movimenti più sofisticati in cui deve intervenire la corteccia e altre strutture più particolari quali cervelletto e nuclei della base per armonizzare e rendere fluido l’atto motorio, perché altrimenti sarebbe disarmonico e disorganizzato. Questa è quindi l’organizzazione generale. Andiamo al controllo nervoso del movimento e vediamo di analizzare queste strutture che sono implicate nel controllo del movimento per quanto riguarda il midollo spinale, l’attività riflessa e anche per alcuni movimenti particolari ai quali accenneremo, quali la locomozione, che sono movimenti che hanno una componente volontaria e una componente riflessa. Infatti quando noi camminiamo di solito abbiamo un inizio e una fine volontari mentre tutto il resto avviene per attività riflessa. Il tronco dell’encefalo è importantissimo per il mantenimento della postura; le aree motorie della corteccia per la programmazione e la coordinazione dei movimenti più complessi; il cervelletto e i nuclei della base per aggiustare e rendere armonico il movimento, in particolare i nuclei della base sono implicati anche nella programmazione ma sono indispensabili perché quando un soggetto ha una lesione cerebellare o una lesione dei nuclei della base non ha paralisi, vedi il Parkinson o qualunque malattia cerebellare in

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Lezione del 30/04/2013

Professoressa Metro

MIDOLLO SPINALE E ATTIVITA’ RIFLESSA

Oggi ragazzi parleremo dell’attività riflessa. I riflessi si possono studiare dal punto di vista clinico utilizzando un martelletto, così come fa normalmente un neurologo durante la visita neurologica, oppure in fisiologia il fisiologo li studia dal punto di vista sperimentale con l’utilizzo di un preparato che prende il nome di animale spinale. Questo è un preparato particolare di cui vi descriverò la metodica e i risultati ai quali ha portato. Cominciamo da oggi la motilità.

L’attività riflessa è molto importante perché è la risposta motoria più elementare. I sistemi motori sono costituiti da una gerarchia. Ci sono quattro componenti organizzate in maniera gerarchica e sono:

La regione corticale pre-motoria La corteccia Il tronco dell’encefalo Il midollo spinale

Dal midollo spinale partiranno poi dei segnali di uscita che arriveranno ai muscoli, in modo tale che l’effettore (cioè il muscolo) si possa contrarre in maniera adeguata. Nell’organizzazione generale delle vie motorie, oltre al motoneurone e ai circuiti locali riflessi, possiamo avere anche un controllo di tipo tronco-encefalico, i nuclei della base, la corteccia e il cervelletto. Quindi questa organizzazione così complessa mi determina diverse tipologie di movimento che vanno dal più elementare, che è appunto il riflesso, a movimenti più sofisticati in cui deve intervenire la corteccia e altre strutture più particolari quali cervelletto e nuclei della base per armonizzare e rendere fluido l’atto motorio, perché altrimenti sarebbe disarmonico e disorganizzato. Questa è quindi l’organizzazione generale. Andiamo al controllo nervoso del movimento e vediamo di analizzare queste strutture che sono implicate nel controllo del movimento per quanto riguarda il midollo spinale, l’attività riflessa e anche per alcuni movimenti particolari ai quali accenneremo, quali la locomozione, che sono movimenti che hanno una componente volontaria e una componente riflessa. Infatti quando noi camminiamo di solito abbiamo un inizio e una fine volontari mentre tutto il resto avviene per attività riflessa. Il tronco dell’encefalo è importantissimo per il mantenimento della postura; le aree motorie della corteccia per la programmazione e la coordinazione dei movimenti più complessi; il cervelletto e i nuclei della base per aggiustare e rendere armonico il movimento, in particolare i nuclei della base sono implicati anche nella programmazione ma sono indispensabili perché quando un soggetto ha una lesione cerebellare o una lesione dei nuclei della base non ha paralisi, vedi il Parkinson o qualunque malattia cerebellare in cui il soggetto non è paralizzato, ma è un soggetto che compie movimenti in maniera disarmonica: infatti il parkinsoniano trema, ha una difficoltà iniziale e terminale nel movimento e questo quadro lo vediamo anche nei soggetti con atassia cerebellare in quanto mostrano grande incoordinazione e compiono movimenti grossolani, ad esempio non in successione o non in armonia,devono camminare,sollevano gli arti o li sbattono pesantemente in terra. Quindi viene a mancare armonia e coordinazione. Il talamo invece è una stazione perché contiene tutto il nucleo di collegamento che trasferisce informazioni alla corteccia cerebrale.

I movimenti li dividiamo in tre tipi fondamentalmente:

Movimento riflesso Movimento volontario Movimento ritmico

Il movimento riflesso è la risposta motoria più semplice, è poco complesso e viene integrato a livello del midollo spinale e poi i centri superiori possono modulare questa attività. Questi possono o non possono modulare tanto è vero che prima ho accennato al preparato animale sperimentale che veniva praticato nel passato e consiste nel taglio a tutto spessore del midollo spinale per separare i centri superiori dal midollo

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spinale. Ovviamente questo lo si può fare negli animali e non nell’uomo. Lo si studia anche nell’uomo solo se un soggetto ha subito una lesione o un trauma o un incidente, ma di norma lo si pratica sugli animali per dimostrare che la sede dell’attività riflessa è nel midollo spinale e che i centri superiori possono modulare tale attività, ma non sono indispensabili ai fini della comparsa del riflesso.

Il movimento volontario è un movimento molto complesso, è integrato nella corteccia cerebrale (es. suonare il pianoforte). Si tratta sempre di movimenti appresi, movimenti che noi impariamo e poi miglioriamo con la pratica. Quando uno suona uno strumento o nel caso di una manipolazione degli oggetti, questo tipo di movimento così precisi si migliorano con la pratica. Quindi una volta che i movimenti sono stati appresi e migliorati con la pratica possono anche diventare subconsci e in questo caso si parla di memoria muscolare.

Il movimento ritmico ha un inizio e una fine volontari (es. camminare,correre),ed è di complessità intermedia. È integrato nel midollo spinale e i centri superiori non hanno il solo scopo di modulare il movimento, ma è necessario il loro intervento proprio perché c’è un inizio ed una fine volontari.

Poi i circuiti spinali agiscono come generatori di modelli, soprattutto nella locomozione, e interviene anche il tronco dell’encefalo, che fornisce movimenti considerati di difficoltà media mentre il movimento completo è dato dal movimento volontario.

Midollo spinale

In sezione trasversale il midollo spinale presenta una parte bianca ed una grigia e, contrariamente all’encefalo,nello specifico abbiamo la parte bianca all’esterno e la grigia internamente, quest’ultima ha forma di H o di una farfalla. La forma della sostanza grigia si modifica a seconda della zona passando dalla cervicale alla lombare. Ricordatevi che c’è un discrepanza tra la lunghezza del midollo spinale e quella del canale vertebrale, per cui non c’è una corrispondenza diretta nei vari segmenti cervicale, toracico, lombare e sacrale, tanto è vero che si sfiocca nell’ultima parte. La sostanza grigia è organizzata in corni, che definiamo anteriori e posteriori: i corni anteriori sono le vie motorie, quelli posteriori sono quelle sensitive. Corna anteriori e posteriori si riuniscono e formano i cosiddetti nervi spinali, nel numero di 31-33 paia. Le corna sono definite anche ventrali e dorsali. Quindi ogni nervo spinale avrà una radice ventrale e una dorsale.

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Le fibre sensitive rappresentano la porta d’ingresso, formano la radice posteriore o dorsale e provengono da recettori periferici che possono trovarsi o a livello cutaneo o a livello muscolare o a livello articolare o a livello viscerale. Si forma quindi da questi recettori la via afferente o sensitiva e queste hanno origine dalla cellula del ganglio spinale, una protuberanza allocata nelle radici posteriori e quindi situato al di fuori del midollo spinale. Dalle cellule del ganglio spinale diparte l’assone con un prolungamento periferico che va dalla periferia fino al recettore e un prolungamento centrale che va al midollo spinale. I prolungamenti possono prendere una serie di rapporti: possono prendere rapporto diretto con il neurone spinale e in questo caso si parla di riflesso mono-sinaptico, cioè la via afferente fa direttamente sinapsi con la via efferente; oppure possono prendere rapporto indiretto e quindi ci saranno una serie di interneuroni nel mezzo di questo circuito, che definiamo arco riflesso, e la sinapsi non sarà unica ma saranno diverse e avremo il riflesso poli o pluri-sinaptico. Possono prendere rapporti con neuroni sensitivi del corno posteriore o dei nuclei bulbari contribuendo alla formazione di fasci di fibre sensitive che si possono portare verso i centri superiori e quindi verso la corteccia e le aree sensitive.

La porta di uscita è rappresentata dalle vie motorie o fibre efferenti che originano dai motoneuroni del corno anteriore del midollo spinale e si proietteranno verso l’effettore che sarà un muscolo (es. riflesso patellare) oppure una ghiandola, perché può essere un tipo di riflesso che condiziona la secrezione di una determinata ghiandola.

Poi ci sono particolari motoneuroni che definiamo motoneuroni gamma, che hanno una funzione importantissima nei fusi neuromuscolari.

Riassumendo le funzioni principali del midollo spinale sono: traduzione afferente di informazioni che provengono dalla periferia sensitiva; traduzione efferente; funzioni riflesse, automatiche, interneuronali.

Quindi quando noi parliamo di attività riflessa dobbiamo fare riferimento ad un circuito molto semplice, che si chiama arco riflesso, le cui componenti devono essere almeno cinque:

Recettore Via afferente Centro d’integrazione Via efferente Effettore

Quindi affinchè si abbia un riflesso sono necessarie almeno queste 5 componenti. Il riflesso però si può complicare e richiedere tanti interneuroni, ma di base presenterà sempre questo schema di base.

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Cos è un riflesso?

Un riflesso è una risposta motoria stereotipata, quindi è sempre la stessa, che si ha in seguito ha stimolazione esterna o interna, attuata senza l’intervento della volontà che può essere cosciente o talvolta incosciente. Questa risposta si attua al fine di modificare lo stato di contrazione di un muscolo o l’attività di una ghiandola (quindi quando vi si chiede la definizione di riflesso voi dovete rispondere in questo modo). La stimolazione può essere quindi a carico di un esterocettore, di un enterocettore o di un propriocettore.

Possiamo schematizzare in maniera semplice l’arco riflesso: abbiamo il primo elemento che è il recettore,[vedete] il ganglio della radice posteriore e quindi abbiamo la afferente, poi abbiamo il centro d’integrazione che nel caso specifico è il midollo spinale, poi abbiamo la via efferente e infine l’effettore. Il centro d’integrazione però non sempre è il midollo spinale: se parliamo di riflessi spinali è ovvio che il centro d’integrazione è il midollo spinale, ma noi possiamo avere anche riflessi tronco-encefalici ed in questo caso il centro d’integrazione sarà il tronco dell’encefalo. Quindi possiamo avere una prima parte dell’arco riflesso che sarà la parte sensitiva, la seconda parte sarà data dal centro d’integrazione in cui avremo la sinapsi tra via afferente e via efferente (riflesso mono-sinaptico) e la terza parte sarà la via motoria o efferente.

Il riflesso può essere evocato se noi andiamo a stimolare un fuso neuromuscolare e quindi un propriocettore andando ad utilizzare nel caso specifico il martelletto che si usa durante la visita neurologica. Quindi con il martelletto andiamo a percuotere non il propriocettore ma il tendine, infatti questi riflessi si chiamano anche riflessi tendinei: ciò provoca lo stiramento del propriocettore, il fuso neuromuscolare riceve lo stimolo, la fibra afferente porta il segnale al centro riflesso, si forma la sinapsi e poi si ha la via efferente che va verso l’effettore che è un muscolo striato indotto alla contrazione e questa sarà la risposta. Ma il riflesso non sempre è mono-sinaptico, possono esserci molte più sinapsi e avremo il riflesso pluri o poli-sinaptico. In entrambi i casi la porzione del midollo spinale coinvolta è sempre mezza: per esempio nel riflesso patellare o rotuleo viene coinvolto solo mezzo midollo spinale, ma vedremo che ci sono dei riflessi molto più complicati in cui viene coinvolto tutto il midollo spinale, anche la parte contro- laterale e quindi ci saranno tutta una serie di neuroni, interneuroni che rendono il riflesso molto più complesso.

In molti casi si parla anche del fenomeno di innervazione reciproca: quando viene attivato un muscolo agonista in molti casi deve essere inibito l’antagonista e questo è un meccanismo abbastanza normale, nel senso che se viene attivato un muscolo flessore contemporaneamente deve essere inibito il muscolo estensore, consentendo così la sola flessione dell’arto.

Come vengono classificati i riflessi nervosi?

I riflessi possono essere classificati in tanti modi. Noi abbiamo già visto la classificazione delle sinapsi e vi ho detto che le possiamo classificare dal punto di vista anatomico, morfologico, ecc … Anche per i riflessi avremo una classificazione varia. Innanzitutto noi possiamo classificarli con vari criteri:

In base alla divisione efferente che controlla l’effettore, cioè noi abbiamo quei riflessi che controllano i muscoli scheletrici, i muscoli liscio e cardiaco, il tessuto adiposo, e così via.

In base alla regione d’integrazione, per cui noi parleremo dei riflessi spinali, dei riflessi cranici che vengono integrati a livello encefalico.

In base al periodo in cui si sviluppa il riflesso, distinguendo i riflessi innati da quelli condizionati. Quindi un riflesso innato è quello che si ha sin dalla nascita e quindi è un riflesso geneticamente condizionato, come per esempio il riflesso della suzione; mentre il riflesso condizionato è un riflesso appreso.

In base al numero di neuroni dell’arco riflesso, quindi avremo il riflesso mono-sinaptico o poli-sinaptico.

Questi quindi sono tutti i metodi con cui poter classificare un riflesso nervoso.

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Classificazione in base al tipo di recettore Quando noi li classifichiamo in base alle strutture o componenti dell’arco riflesso li dividiamo sulla base dei recettori e quindi parleremo di riflessi propriocettivi o riflessi profondi facendo riferimento a tutti i tipi di propriocettori (tendinei, muscolari, articolari). Nel caso specifico il ruolo di questi riflessi è quello di mantenere la postura, facilitare la locomozione, controllare la lunghezza e la tensione dei muscoli. Poi avremo i riflessi esterocettivi o superficiali. In questo caso l’effettore non è un propriocettore ma è un esterocettore, cioè un recettore posto sulla superficie del corpo. Questi riflessi sono diretti alla protezione di una specifica area stimolata e li dividiamo in riflessi enterocettivi ed esterocettivi, a seconda che vengano stimolati recettori che siano allocati internamente (enterocettori) o sulla superficie esterna del corpo (esterocettori). Infine abbiamo i riflessi telecettivi quando i recettori captano stimoli provenienti da lontano, per esempio coni e bastoncelli. Quindi questa classificazione riflette perfettamente quella che viene fatta per i recettori, basandosi appunto sui recettori stessi.

Poi abbiamo la classificazione in base al centro d’integrazione e avremo riflessi spinali o tronco-encefalici e in base al numero di sinapsi, quindi mono, oligo o poli sinaptici.

Un’altra classificazione è in base al tipo di effettore. Quando sono interessati i muscoli anti-gravitari abbiamo i riflessi posturali, quindi importanti per il mantenimento della postura; quando vengono interessati i riflessi flessori parleremo di riflessi di difesa, per esempio se io cammino senza scarpe e mi pungo per attività riflessa retraggo l’arto: questo è un classico riflesso di difesa, perché chiaramente viene stimolato un nocicettore, quindi un recettore del dolore. Può essere contro laterale perché il midollo può essere interessato per metà o per tutta la sua estensione a seconda dei casi. Infine riflessi ritmici perché ci sono movimenti alternati, come per esempio nella locomozione.

Le classificazioni più diffuse sono in base al tipo di recettore, di centro d’integrazione e all’effettore, e poi possiamo classificare i riflessi in altro modo, per esempio come detto prima in riflessi innati e riflessi condizionati, che è un metodo molto diffuso. L’abbiamo detto prima che il riflesso innato è geneticamente determinato e si ha fin dalla nascita mentre quello condizionato richiede esperienza precedente. Per avere questo tipo di riflesso quindi dobbiamo riconoscere la tipologia dello stimolo, poi dobbiamo avere la memoria anche dello stimolo perché altrimenti questo riflesso non ha luogo. I riflessi condizionati sono stati studiati per molto tempo da Pavlov sui cani: lui somministrava del cibo a un cane, dopo di che faceva precedere la somministrazione del cibo dal suono di un campanello oppure da uno stimolo luminoso. Quindi l'animale si aspettava che ogni volta che andava a mangiare sentiva il campanello, suonava il campanello e poi arrivava la razione di cibo. A un certo punto quando arrivava il cibo, nell’animale aumentava la secrezione salivare, aumentava la secrezione gastrica al solo suono del campanello perché l’animale associava il suono del campanello alla somministrazione del pasto. Attenzione: questi riflessi sono legati all’esperienza e richiedono quindi l’esperienza precedente, il riconoscimento e il significato dello stimolo e la memoria, perché probabilmente se invece di un campanello si suonasse una sirena sicuramente il cane non secernerebbe perché associa la somministrazione del cibo al solo suono del campanello e non ad un suono in generale. Sono riflessi facili da apprendere perché dopo una prima, una seconda ed una terza volta già il cane riconosce lo stimolo, ma sono altrettanto facili da dimenticare perché se dopo una due -volte che si fa suonare il campanello al cane non si da la razione di cibo, l’animale non secernerà più. Quindi si instaura un contro-riflesso che chiaramente annulla il precedente. Il cane è un ottimo soggetto per lo studio di questo tipo di riflesso perché la secrezione salivare è molto più evidente che nell’uomo perché noi abbiamo quella sensazione di acquolina in bocca quando magari sentiamo l’odore del cibo o il rumore di stoviglie e abbiamo fame, ma è più che altro una presa di coscienza della saliva che abbiamo in bocca piuttosto che un evidente aumento della secrezione, cosa che nel cane invece succede.

Per quanto riguarda il meccanismo, l’attività è molto semplice. Quando il potenziale del recettore dà origine al potenziale d’azione nella zona di innesco, il potenziale si propaga lungo l’assone, avviene la sinapsi tra via afferente e vie efferente e poi tramite la via motoria il segnale arriva all’effettore.

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Proprietà dei riflessi nervosi

Molte proprietà dei riflessi sono simili a quelle delle sinapsi. Innanzitutto la prima proprietà è il tempo di latenza del riflesso. E’ ovvio che ci vuole un piccolo tempo dal momento in cui si ha lo stimolo per avere l’attività di tipo riflesso, ma è rapido o rapidissimo. Poi avremo tutti quei fenomeni, quali convergenza, divergenza, sommazione spaziale e temporale di cui avevamo parlato già nelle sinapsi; induzione e facilitazione di cui parleremo dopo; sensibilizzazione e assuefazione al riflesso, perché come dicevamo prima ci si può assuefare dal riflesso oppure disabituare. In modo particolare delle proprietà dei riflessi noi dobbiamo studiare:

1. La soglia del riflessoÈ l’intensità minima che lo stimolo deve avere per evocare la risposta riflessa. Cioè se la soglia è troppo bassa non si avrà nessun riflesso. Quindi ci vuole una minima intensità affinchè si possa avere l’attività di tipo riflesso.

2. Tempo di caduta e ricomparsa del riflesso Il tempo è dovuto a due fenomeni: prima di tutto dipende dal numero delle sinapsi, perché più sinapsi ci sono e più complicato è il riflesso; poi dipende dal tempo di conduzione dell’impulso. Quindi questi sono i due elementi che caratterizzano il cosiddetto tempo del riflesso.

3. La sommazione riflessa 4. L’inibizione dell’effettore

Consiste nell’arresto dell’attività dell’effettore. Ammettiamo che ci siano degli interneuroni inibitori, quindi il riflesso viene complicato. La risposta sarà di tipo inibitorio, non sarà di tipo eccitatorio. Si creeranno dei riflessi particolari detti archi riflessi inibitori.

Ora vediamo quali sono i movimenti riflessi fondamentali. Abbiamo il riflesso miotatico detto anche riflesso da stiramento, che serve a mantenere costante la lunghezza di un muscolo; il riflesso inverso miotatico che fa cedere il muscolo se la tensione è eccessiva, cioè se io sollevo un peso e riesco a sopportarlo lo sostengo per attività riflessa. Quando voi sollevate un peso il braccio comincia a scendere, ma voi lo riportate su per attività riflessa; ma se io dovessi aggiungere sempre del peso ad un certo punto non lo reggiamo più e lasciamo cadere il peso, perché? Perché subentra il riflesso miotatico inverso che fa cedere il muscolo per proteggerlo e ciò non è dovuto ai fusi neuromuscolari ma agli organi tendinei del Golgi. Poi avremo il riflesso da evitamento che ha luogo quando un arco si allontana da uno stimolo doloroso o da una zona che mi ha provocato dolore; i riflessi vestibolo spinali che servono a mantenere la postura [di cui poi vi parlerà il prof. Manasseri]: sono riflessi di aggiustamento che servono a riportare in posizione il corpo ogni volta che si ha ad esempio una perdita dell’equilibrio, oppure compiamo delle inclinazioni particolari, cioè se mi piego in avanti o di lato, impedendo così di cadere. Molti di questi riflessi, pur essendo spinali, sono integrati a livello del tronco dell’encefalo. Infine quelli del vestibolo oculare che servono a mantenere la posizione del capo e degli occhi, sempre mediante movimenti di aggiustamento.

Riflesso miotatico o riflesso da stiramento Il termine miotatico viene utilizzato prettamente dai fisiologi. Quali sono le caratteristiche di questo tipo di riflesso? E’ un tipo di riflesso profondo, quindi propriocettori: quando vengono stimolati i propriocettori e nel caso specifico i fusi neuromuscolari, il riflesso viene evocato sempre dallo stiramento del muscolo. Si ha quindi la deformazione di questo fuso del recettore da stiramento, quindi il recettore viene stirato. Questo tipo di riflesso serve ad annullare le variazioni di lunghezza del muscolo determinate da variazioni di carico. Io prima vi avevo detto che se sollevo un peso ad un certo punto il muscolo si allunga quindi il riflesso miotatico tende a riportare il muscolo alla posizione iniziale e ad annullare la variazione di lunghezza dello stesso dovuta al carico, soprattutto se questo peso è notevole. Quindi mantiene costante la lunghezza del muscolo, l’allungamento del muscolo stira il fuso neuromuscolare, attivandolo; il segnale del fuso attraverso i gangli della radice posteriore arriva direttamente ai motoneuroni di tipo alfa e ci possono essere anche degli interneuroni inibitori che determinano l’inibizione del muscolo antagonista. Con il martelletto percuotiamo la rotula e avremo il riflesso patellare che è il più facile riflesso da vedere, infatti anche un occhio non particolarmente esperto può rilevarlo. Quindi si percuote il tendine che si trova al di

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sotto della rotula e immediatamente si avrà la risposta motoria che è eclatante. L’arco riflesso è di tipo mono-sinaptico, quindi è molto semplice, il più elementare che esista: vi è una sola sinapsi tra via afferente e via efferente, viene coinvolto solo mezzo midollo spinale.

Ma i circuiti riflessi non sempre sono così semplici: possiamo avere un circuito più articolato ed è il caso del riflesso nocicettivo. In questo caso viene coinvolto tutto il midollo spinale: ci sono dei neuroni lunghi commissurali che collegano l’emi-midollo con l’altro emi-midollo. È un riflesso nocicettivo perché vengono stimolati i nocicettori: ad esempio nel caso specifico noi avremo la flessione di un arto perché vengono stimolati i nocicettori, ad esempio, della pianta del piede: come detto prima per esempio quando camminiamo a piedi nudi e mettiamo il piede su di una puntina da disegno. Immediatamente si attivano i flessori e vengono inibiti gli estensori. Perché è complicato questo riflesso e perché viene coinvolto anche l’altro emi-midollo? Perché se a sinistra ho l’attivazione dei flessori e l’inibizione degli estensori, a destra deve avvenire l’opposto e quindi l’attivazione degli estensori e l’inibizione dei flessori. Se io da una parte attivo i flessori e inibisco gli estensori dall’altro lato devo attivare gli estensori e inibire i flessori, se no perdo l’equilibrio. Quindi questo riflesso è molto più complicato di quello patellare perché mi coinvolge tutte e due le parti del midollo spinale e perché ci sono i neuroni commissurali che mi collegano le due parti del midollo spinale. Il riflesso nocicettivo è molto simile al riflesso della deambulazione perché se io cammino faccio la stessa cosa anche se non vengono attivati i nocicettori, però io fletto e inibisco gli estensori e dalla parte contro laterale avviene la stessa cosa. Ricapitolando è importante la localizzazione dei propriocettori e sono a livello di muscoli, tendini e articolazioni, poi le fibre sensitive prendono i segnali dai recettori determinando:

1. Stato di tensione2. Stato di allungamento3. Grado di flessione4. Grado di allungamento

Muscoli e tendini risentono di tensione e allungamento, le articolazioni di flessione e allungamento. Quali sono i propriocettori? Abbiamo i fusi neuromuscolari che sono i recettori dei muscoli, gli organi muscolo-tendinei del Golgi che si trovano nei tendini, corpuscoli di Pacini e organi di Ruffini a livello delle capsule articolari (propriocettori articolari). Tutto ciò è fondamentale nel mantenimento della postura e nell’esecuzione dei movimenti e quindi questi recettori servono a conferire al soggetto la cosiddetta sensibilità somestesica.

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Fuso neuromuscolare Il fuso neuromuscolare è un recettore di lunghezza, situato in parallelo rispetto al muscolo ed è un recettore da stiramento stimolato solo quando viene stirato. Quindi informa sulla lunghezza, è posto in parallelo rispetto al muscolo (mentre l’organo muscolo-tendineo del Golgi è posto in serie ed è un recettore di tensione!). Sono costituiti dalle fibre intrafusali che sono poste in parallelo e da altre fibre dette extrafusali. Ogni volta che si ha l’accorciamento il fuso non dovrebbe scaricare, ma in realtà scarica sempre. Questo perché c’è l’attività dei motoneuroni gamma. Infatti il fuso dovrebbe essere attivato solo quando c’è lo stiramento del muscolo, quando invece c’è l’accorciamento l’attività gamma consente al fuso di scaricare ugualmente e di rendere il movimento fluido. Infatti se non ci fosse l’attività gamma il movimento sarebbe come quello dei robot, quindi a scatti; il nostro movimento invece è fluido proprio per azione dell’attività gamma.

Come è la morfologia del fuso? Dal punto di vista morfologico, il fuso neuromuscolare appare costituito da due tipi di fibre:

Fibre a sacco nucleare: nuclei ammassati, come se fosse un sacchetto con tutti i nuclei all’interno; Fibre a catena nucleare: nuclei allineati l’uno accanto all’altro andando a formare una catena.

Innervazione Il fuso è innervato da una componente sensitiva e da una componente motoria. Per quanto riguarda la componente sensitiva ci sono due tipi di fibre, che vengono chiamate fibre primarie e fibre secondarie. Le fibre primarie si chiamano anche terminazioni anulo-spirali; le fibre secondarie sono anche dette terminazioni a fiorame: le anulo-spirali formano una spirale che avvolge il fuso; quelle a fiorame invece si distribuiscono come le radici di una pianta.

La componente motoria o efferente sono i gamma motoneuroni. Sono dei motoneuroni particolari che possono essere di tipo statico e di tipo dinamico.

I fusi li abbiamo definiti come dei misuratori di lunghezza del muscolo e servono a mantenere questa costanza nell’allungamento. Le fibre intrafusali possono generare due diversi tipi di risposta e abbiamo delle componenti dinamiche e delle componenti statiche:

La componente dinamica informa sulla accelerazione e sulla velocità di allungamento. La componente statica informa della lunghezza che viene impartita al muscolo.

Le fibre intrafusali presentano in genere più fibre a catena che a sacco che sono sempre in parallelo alle fibre extrafusali , cioè le fibre che costituiscono il muscolo. Dalle fibre intrafusali a sacco si dipartono fibre

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primarie mentre da quelle a catena fibre primarie e secondarie. Andiamo a vedere il discorso dell’innervazione gamma. I motoneuroni gamma fanno contrarre le fibre intrafusali quando il muscolo si accorcia, perché devono provocare un aumento della sensibilità all’allungamento delle fibre primarie e secondarie. Quando il muscolo è in accorciamento l’innervazione gamma, posta alle due estremità del fuso, deforma la parte centrale del fuso, stirandola. In questo modo, nonostante il muscolo non sia stirato, l’innervazione gamma induce il fuso neuromuscolare a scaricare ugualmente perchè lo stira nella porzione centrale. Quindi il fuso scarica in due momenti:

1. Quando viene stirato2. Quando viene deformata la parte interna per l’azione dei gamma motoneuroni

Le fibre abbiamo detto quindi che si dividono in statiche e dinamiche: quelle dinamiche sono innervate da fibre di tipo I e sono sensibili a brusche variazioni di velocità perché hanno un’innervazione di tipo gamma particolarmente veloci e quindi sono ideali per apprezzare le variazioni di lunghezza; le statiche invece danno informazioni sulla durata e sulla intensità di tensione perché sono innervate sempre da fibre gamma ma sono di tipo statico. Quando ha lo stiramento, il fuso scarica molto di più di quando è in accorciamento, proprio perché vengono stirate queste fibre. Quando vengono stirate le fibre a catena nucleare il fuso scarica con una frequenza direttamente proporzionale alla lunghezza della fibra. Il sistema nervoso centrale controlla direttamente tramite i fusi neuromuscolari mediante questo sistema gamma efferente, che ha origine dalla sostanza reticolare bulbo-pontina e che causa la contrazione delle estremità del fuso, causando la deformazione della parte centrale.

Quindi il compito, riassumendo, del motoneurone gamma è quello di mantenere e di modulare la sensibilità del fuso neuromuscolare, in base al grado di stiramento, per potersi adattare al diverso stato di tensione perché noi chiaramente possiamo compiere diversi tipi di movimento: flessione, estensione che possono avere diversa entità e quindi una induzione maggiore o minore a seconda del carico impartito. Quindi questo è reso sempre possibile dalla sola attività gamma, che porta a questo allungamento della zona centrale che consente al fuso di mantenersi sempre attivo ad ogni livello di contrazione, garantendo una maggiore intensità dei movimenti e una più rapida risposta muscolare in caso di necessità. Quindi avremo: posizione di partenza, contrazione muscolare, contrazione muscolare prima con assenza e poi in presenza dell’attività gamma. Ricordatevi che il motoneurone gamma contrasta l’azione della contrazione del muscolo sulla risposta delle fibre dei fusi, controllano la regolazione della contrazione muscolare attivando il riflesso miopatico, praticamente l’attività gamma consente al muscolo di potersi contrarre in maniera fluida.

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Ovviamente ci sono vari fattori che possono influenzare l’attività del fuso, ricordatevi:

Variazioni di temperatura: il calore riduce l’attività favorendo il rilasciamento mentre il freddo rende più rigido il fuso.

Grado di affaticamento: è chiaro perché se l’atleta è stanco il riflesso miotatico diminuisce. Se infatti l’atleta si è allenato per molte ore e compie degli esercizi particolarmente intensi il fuso ne risente mettendo a rischio il muscolo.

Circuito inibitorio di Renshaw

Prima noi abbiamo parlato di come avviene questa sorta di controllo esercitato sul muscolo stesso e sulla attività di informazione dei motoneuroni alfa: c’è una sorta di circuito retroattivo che mi può modificare lo stato di conduzione di questo muscolo. Consideriamo una cellula piramidale che prende rapporto nell’ambito della corteccia cerebrale con il neurone inibitore. La cellula piramidale emette una collaterale che fa sinapsi con un interneurone inibitore. Questo è detto circuito di Renshaw e mi da quella che si chiama inibizione ricorrente: ogni qual volta un neurone emette una collaterale che fa sinapsi con un neurone inibitore va ad inibire se stesso. Sono dei circuiti particolari che si realizzano anche a livello della corteccia con una situazione simile a quella che abbiamo descritto a livello del midollo spinale. Quindi questa inibizione ricorrente di Renshaw a livello corticale è simile a quella che abbiamo descritto a livello del midollo spinale. Questo è un esempio di autocontrollo perché è il neurone che va ad inibire se stesso. [ in seguito a una domanda di un collega spiega di nuovo il circuito inibitorio]. Allora l’assone emette una collaterale; la collaterale si chiama ramo ricorrente e fa sinapsi con un interneurone inibitore, il quale mi va ad inibire la cellula. Quindi quando la cellula viene eccitata contemporaneamente viene auto-controllata.

Il riflesso miotatico lo dividiamo in riflesso miotatico fasico e riflesso miotatico tonico. Per esempio il riflesso patellare è un classico riflesso miotatico fasico, mentre i riflessi miotatici tonici sono molto importanti ai fini del mantenimento della postura perché bisogna vincere continuamente la forza di gravità. Ora il muscolo, grazie a questo controllo, è in grado di mantenersi sempre in uno stato di lieve contrazione (ovviamente stiamo parlando di muscolo scheletrico, quindi innervato!). Quindi quello che definiamo tono muscolare è proprio questo stato di lieve contrazione di base che hanno i muscoli a riposo. Dipende dal sistema nervoso centrale e periferico e dal riflesso di tipo miotatico. Quindi c’è perennemente questo stato di contrazione basale che dipende dal riflesso miotatico e che ci consente alla base quello che è il mantenimento della postura. Però quando noi ci riferiamo ai muscoli antigravitari non parliamo di tono muscolare, ma di tono posturale. Quindi il tono posturale è la contrazione di un gruppo di muscoli che sono adibiti al mantenimento della postura. Alla base del tono posturale ci sta il riflesso miotatico tonico. Ciò è mantenuto da un circuito che parte dal muscolo, in particolare dai fusi neuromuscolari, l’impulso attraversa le radici posteriori e raggiunge il midollo spinale, fa sinapsi con i motoneuroni che si trovano nella corna anteriori, attraversa le corna anteriori e ritorna al muscolo. Quindi questo meccanismo mi dà la contrazione basilare tipica dei muscoli a riposo, per attività riflessa e che può essere influenzata dai centri superiori che possono o facilitarla o inibirla. Questo discorso è importante perché noi prima parlavamo della gravità che tenderebbe sempre a farci flettere gli arti e piegare le ginocchia, ma noi manteniamo sempre la posizione eretta per la presenza del tono muscolare e del tono posturale: noi flettiamo, i fusi vengono stirati, si innesca per attività riflessa il riflesso miotatico e quindi noi distendiamo nuovamente gli arti. Quindi viene definito riflesso miopatico tonico perché è sempre presente, non è come il fasico che lo innesco con il martelletto, avviene e subito finisce. Questo perché serve al mantenimento della postura, della stazione eretta e quindi a vincere la forza di gravità. Quindi tornando al discorso precedente, avremo che io riesco a flettere il braccio sollevando un dato peso fino ad una certa entità; nel momento in cui non lo reggo più il braccio ridiscende per proteggere i tendini dall’eccessiva tensione ed in questo caso il propriocettore coinvolto sarà l’organo muscolo-tendineo del Golgi. Ovviamente i neurotrasmettitori implicati sono tanti perché avremo quelli eccitatori e quelli inibitori: l’interneurone inibitorio libera lisina mentre gli altri derivano dal glutammato.

Silvia Rotulo

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