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«FILOLOGIA E FILOLOGISMO »LA PROLUSIONE PADOVANA DI CONCETTO MARCHESIAuthor(s): EZIO FRANCESCHINISource: Aevum, Anno 36, Fasc. 1/2 (GENNAIO-APRILE 1962), pp. 1-13Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20859473 .
Accessed: 14/06/2014 22:52
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EZIO FRANCESCHINI
?FILOLOGIA E FILOLOGISMO? LA PROLUSIONE PADOVANA DI CONCETTO MARCHESI
Cessato il turbine della guerra, Concetto Marchesi, ritornato, almeno in parte, alia gioia della scuola, dopo la partecipazione alia
lotta partigiana e Vesilio svizzero1, raccolse in tre volumi alcuni dei
piil importanti saggi scritti durante il trentennio del suo insegnamento
padovano: Voci di antichi (Roma, Edizioni Leonardo, 1946), Divaga zioni (Venezia, Neri Pozza, 1951), II cane di terracotta (Rocca S. Ca
sciano, Cappelli, 1954). Eppure in nessuno di essi trova posto uno dei documenti piu im
portanti del suo magistero, la prolusione che tenne nelV Universita di
Padova, il 19 novembre 1923, dando inizio al corso di Letteratura latina
dopo il suo trasferimento da Messina, sul tema: Filologia e filologismo. Mi sono spesso domandato il perche di questa omissione, trattandosi
di un testo di estremo impegno, anzi di una dichiarazione program matica, come dovrebbe essere sempre una prolusione accademica, e
com'e certamente la sua. E sono giunto alia convinzione che la ragione e elementare, ma appena credibile per altri che non fosse il Marchesi:
il non averne egli piu copia 2. La prolusione, infatti, non venne mai pubblicata (cosa in realta,
assai strana) neW? Annuario ? delV Universita di Padova: ma apparve soltanto in una rivista che si stampava a Torino, intitolata ? La Pa
rola ?, nel numero d'aprile del 1924: la quale, per quanto mi consta, non ne fece che pochissimi estratti.
Si tratta, quindi, di un testo poco meno che inedito. Sono certo
di fare cosa gradita agli studiosi del mondo classico, e in particolare della letteratura e della filologia latina, ripubblicandolo qui di seguito integralmente. A guisa d?introduzione diro soltanto questo: che risale
al novembre del 1923, precedendo, quindi, sia le prolusioni di Augusto
1 Sulla figura e Fopera di Concetto Marchesi (1878-1957) mi sia lecito rimandare a due commemora
zioni: Tuna neir? Annuario ? dell*Universita di Padova per l'anno accademico 1957-8, pp. 623-686; Taltra nei ? Rendiconti? della Classe di Sc. morali, storiche e filologiche della Accad. Naz. dei Lincei, s. VIII, v. XVI, 1961, pp. 61-76.
2 Egli non teneva, infatti, quasi mai copia dei suoi scritti, fatta eccezione per i volumi di cui pre
sumeva che si sarebbero pubblicate nuove edizioni.
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2 E. FBANCESCHINI
Rostagni (1925-1928) 3 sia quella milanese di Gino Funaioli (1927) 4,
che pure hanno trovato un loro posto nella storia degli studi classici in
Italia. Del pensiero del Marchesi dovra, quindi, essere tenuto giusto conto da chi vorra riprendere in esame il contributo dato dagli studiosi italiani nel primo trentennio del nostro secolo alia reazione contro il
filologismo tedesco e alia difesa della originalita del pensiero e della let teratura romana di contro al mondo greco, esaltato come espressione unica di pensiero e di arte in eta classica.
Ecco dunque il testo promesso:
FILOLOGIA E FILOLOGISMO
Non dispiaccia ai miei ascoltatori ch'io, al principio del mio corso, esponga alcune brevi osservazioni sulTufficio delle discipline
filologiche e su cpianto oggi in esse apparisce segno d'infermita e motivo di pericoloso decadimento.
Non e mia intenzione accreditare le censure facili e volgari con
tro gli studi della classicita, perche sarebbe veramente assurda e
intollerabile cosa che da una cattedra di letteratura latina venisse
discredito alia filologia, che e scienza viva e perenne siccome vivo e
perenne e il mondo ch'essa ha illustrato, custodito e salvato. mia
intenzione notare come alcuni principi stabiliti da pochi ingegni veramente atti agli studi, per un disinteressato proposito di ricerca,
possano tramutarsi in sistemi irriverenti o farneticanti, q^iando quei pochi diventino turba e quel proposito si riduca a speculazione o
mania. Perche negli studi il pericolo e costituito non dagli errori dei migliori ingegni, ma dalla sistemazione che a quegli errori puo dare la moltitudine dei seguaci. In tutti i campi delPattivita umana la turba degli imitatori va dietro a cio che si puo piu facilmente con
tinuare e ridurre a sistema: e il sistema e spesso l'errore consolidato.
Cosi, nel vasto campo della filologia latina, dallo studio delle fonti e della composizione delTopera, alia critica dei testi, a tutto il com
plesso delle question! letterarie, storiche, grammaticali, se noi pos siamo compiacerci delle passate benemerenze, non abbiamo motivo di rallegrarci presentemente. In questo campo si sono profusi anche
oggi tesori di tempo e tesori di erudizione: ma io non sono vincolato
Per la storia delle letterature classiche (1925); Letteratura classica senxa classicismo (1926); Poesia ed estetica classica (1927); Genio greco e genio romano nella poesia (1929), tutte raccolte nel volume Class i cita e spirito moderno, Torino, Einaudi, 1939.
4 La letteratura latina nella cultura antica, in ? Annuario ? della Univ. Catt. del S. Cuore, 1927-8, e quindi in Studi di letteratura antica, I, Bologna, 1946, pp. 1-34.
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FILOLOGIA E FILOLOGISMO 3
al rispetto, neppure di fronte ai miei scolari. Io li esorto a rispettare e a riverire coloro che profittano della dottrina, non coloro che ne
abusano. * * *
Lo studio delle fonti e uno dei compiti piu ardui dell'analisi filo
logica, in quanto mira a scoprire gli elementi estranei o impersonali che furono trasferiti o combinati e rifusi: e investe tutto il problema della composizione e della personality delFopera. Nel mondo antico abbiamo scarsi elementi di comparazione, per le molte opere intera mente scomparse col nome delTautore e per molte altre che sap
piamo perdute. Eppure e avvenuto che proprio nel campo piu deva stato e desolato dal tempo si e piu accanito Fesercizio filologico dei ricercatori di fonti, forse per la ragione che qui e meno compromet tente la responsabilita e piu libera la fantasticheria. Gli esempi jsi
potrebbero moltiplicare, perch e quasi tutti i maggiori scrittori latini sono stati sottoposti a questa notomia, e filologi di ogni paese hanno contribuito a questa zelante offerta di erudizione: da P. Jahn che voleva entrare con quattro opuscoli nel ?laboratorio ? delle Geor
giche virgiliane, a Ph. Fabia che sulle fonti di Tacito scrisse un vo lume famoso per il rumore che desto, per il premio che ne ottenne,
per Fingegno e la dottrina che vi spreco.
Quando dalFesame necessariamente limitato dei fatti seriamente controllabili si vuol salire piu in alto e penetrare in quel luogo deli cato e misterioso ch'e la officina delFopera d'arte, si giunge solita
mente a risultati tanto piu ingannevoli quanto piu sicure vorrebbero essere le conclusioni: giacche in quella officina non si entra coi libri sotto il braccio ne con le tesi da svolgere.
Piu sconsigliato e tale sistema applicato alle opere poetiche, dove sono immagini concetti facilmente rintracciabili in opere
precedenti. Ma nel mondo degli uomini e difficile trovare un pensiero che sia affatto nuovo e non corrisponda alia esperienza si della vita si delTarte. La novita non consiste nel trovare, ma nel significare la cosa, si che ognuno la veda e la senta come nuovamente rivelata.
Quando il critico abbia rintracciato altrove lo stesso pensiero, che
importa? E che cosa e mai questo ? pensiero ? in un poeta, se non e
commisurato alia commozione del lettore? Nella determinazione delle
fonti e dei modelli e necessario non confondere le sostanze ideali, che possono essere patrimonio comune, con le forme e le immagini che appartengono solo alF artist a. Qui e da ricercare la dipendenza se
ci sia veramente; qui: vale a dire in quella accertata concordanza
d'immaginazione e raffigurazione che sfugge al caso, per il suo carat
tere rigorosamente individuale.
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4 E. FRANCESCHIIYI
I critici hanno spesso un peccato originale: quello di voler sen
tire sempre la parola, il mezzo, la materia: anche dove c'e semplice mente la creazione artistica. Pare ehe essi siano costretti a rompere, come fosse un giocattolo, Topera delPartista: anche quando questa sia infrangibile. Sono uomini condaxinati a ricordare sempre quello che hanno dovuto imparare, e ad applicare i principi speciali della loro scienza; mancano dei principi generali, che qualche volta sono
patrimonio degli ignoranti. Hanno compiuti miracoli di lavoro e di erudizione per dimostrare le tesi piu assurde o piu volgarmente accre
ditate: hanno dimostrato che Seneca e un retore, che Giovenale e
un declamatore, che Persio e un originale e vigoroso poeta: e hanno
dato i giudizi piu disparati e opposti: mentre noi sappiamo che se i gusti sono tanti, il buon gusto e uno solo.
Questi, piu che giudizi, pregiudizi sono dovuti a imperfetta e
preconcetta intelligenza degli antichi scrittori: giacche ? mi rin
cresce dirlo, ma devo pure dirlo ? e costume di non pochi filologi leggere le opere antiche, non per abbandonarsi alia loro conoscenza,
ma per frugare in esse e acchiappare quei pochi elementi e quelle fallaci parvenze che possano divenire sostegno di tesi preordinate. Cosi la letteratura e messa al servizio della critica.
Non intendo dire che il filologo o il critico debba accostarsi agli antichi scrittori per dare soltanto un ristoro allo spirito suo: che
allora non sarebbe piu uno studioso ma un lettore: e molti aspetti delPopera d'arte che sfuggono ncirabbandono della lettura, si rive
lano nelPora intenta e nervosa dello studio. Ma il critico deve poter lasciare nelPanimo suo un posto vuoto a queste rivelazioni improv vise, anche a danno della sua architettura filologica.
Gli scrittori moderni sono troppo spesso i teorici della propria arte: e molte volte professano una teoria artistica anche senza posse dere un'arte. Gli antichi sono taciturni: e non dicono niente o dicono
poco o dicono oscuramente di se e dei contemporanei. Quando uno
di essi rivela un carattere intimo della propria composizione lette
raria, dovremmo esser lieti di quella voce. Non e cosi. Quella voce
deve essere falsa o male intesa: deve essere smentita o diversamente
interpretata; essa e un espediente che la provvidenza ha creato per mettere alia prova Pacume degli uomini dotti. Cosi non e creduto Orazio quando dichiara che i suoi ispiratori sono fra i lirici classici della Grecia; cosi non e creduto Tacito quando confessa la pluralita delle sue fonti.
Sarebbe malaccorto proposito richiamare alia vostra memoria la vecchia disputa intorno ai due metodi: estetico e storico; letterario e scientific?. Ma se il litigio e ora sopito, le due vie restano ugualmente
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F1L0LOGIA E FILOLOGISMO 5
divise e portano entrambe inevitabilmente alPerrore. Un esempio vivo di questo doppio male si ha negli opposti giudizi onde la cri tica ha trattato e continua a trattare uno dei piu grandi monumenti letterari delFantichita: i primi sei libri degli Annali. Secondo i let terati Tacito e un rivelatore, secondo gli storici e un mentitore. Nella
figura del Tiberio tacitiano i primi hanno visto un documento eterno
di penetrazione psicologica, i secondi una creazione poetica o una
mendace caricatura. E cosi tutti, sia con la esaltazione sia con la cen
sura, hanno fatto amaramente scontare a Tacito il peccato di essere
artista e pensatore: gli uni vedendo la rivelazione storica, gli altri
vedendo la calunnia storica dov'e invece lo sforzo poderoso e penoso di un grande intelletto nel conciliare Tanima umana con la vicenda
umana, nelFevitare Turto tra i fatti reali e la tradizione, fra gli epi sodi spesso buoni di un principato e la fama sempre trista di un
principe. Ho dette queste cose e ho addotti questi esempi non per dimo
strare che io conosco la via della verita ? il cielo mi scampi sempre da cosi sciagurata illusione ? ma per dichiarare ai miei scolari che
io sono ? come loro ? alia ricerca di cio ch'e meno lontano dalPer rore. Ho voluto anche dire che neU'esame e nella valutazione del F opera letteraria bisogna procedere con umilta e con giudizio; col
proposito di conoscere cio che non sappiamo, anzi che di riconoscere
cio che presumiamo di sapere: e che anche nella scienza delPantichita io preferisco i signori ai padroni.
* * *
E si e voluto spadroneggiare anche nel campo che piu impone
rispetto verso Tautore antico e verso il lettore moderno. Nella cri
tica dei testi ? mentre si e di tanto progrediti nelPesame e nella
classificazione dei codici ? si e d'altra parte arrivati alle tristi esa
gerazioni e profanazioni delPeta piu recente. La smania di trovare
contradizioni, lacune, disarmonie, irregolarita, ha lasciate tracce
funeste nella costituzione dei testi classici, alterati, sconvolti, rap
pezzati secondo Tarbitrio degli editori. L'editore ha voluto sostituirsi
alPautore: e in questa presunzione si sono segnalati non solo critici
squilibrati, come Luciano Miiller, ma eruditi insigni quali Otto Rib beck ed Emilio Baehrens che pure ha singolarissimi meriti come clas sificatore di codici e commentatore.
Abbiamo voluto imporre agli antichi scrittori una disciplina che sarebbe assurda per ogni scrittore moderno. Abbiamo voluto
costringerli a una regola laddove non c'e regola. Per esempio, nella
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6 E. FRANCESCHINI
ortografia. Ci sono di quelli che hanno trattato questo argomento con la convinzione di giungere alia scoperta di una norma, che non e possibile desumere ne dalle iscrizioni ? dove la grafia apparisce
monca ed incerta, come nella lex municipalis di Cesare ? ne dai
codici, che ci daiino comuiiemente la grafia di copisti diversi appar tenenti a scuole diverse. Di Virgilio, delle Georgiche, abbiamo codici venerandi, dal secondo al quinto secolo, che nel verso 98 del primo libro presentano quattro forme diverse della medesima parola: obli
quum, obliquom, obliqum, oblicum. QuaPe la vera lezione? L'editore
moderno dovra sceglierne una: ma chi puo dimostrare che non siano tutte e quattro legittime nello stesso autore? Non c'e regola ortografica assoluta; perche la parola ha la sua apparenza come ha il suo suono:
ed esistono anche certe apparenze ortografiche che hanno la loro
mutevolezza nello stesso scrittore perche hanno anch'esse una loro
intima e spesso inesplicabile ragione. II gran male della filologia moderna e ch'essa ha voluto risolvere
tutto positivamente. Questo voler giungere ad ogni costo a risultati
positivi e stato un pernicioso influsso germanico. Non vorrei essere
male inteso ne confuso con quei censori che attribuiscono la colpa di ogni degenerazione alia critica tedesca: perche delle opere piu ingegnose e memorande della cultura germanica tutti abbiamo rica vato profitto: e molte cose ha insegnato al mondo degli studiosi la
critica tedesca. Ma voglio dire che a certe metodiche aberrazioni della
cultura germanica noi italiani abbiamo da opporre una cultura latina.
Cultura latina non deve essere una formula sciocca fondata su una
compiacenza vana e ciarliera: deve essere riconoscimento e ripresa della nostra tradizione scientifica fondata sul ?buon senso ? ch'e
sapientia. Dobbiamo riprendere il nostro signorile costume del dub bio. Lo scienziato piu grande e spesso quello che semina piu dubbi, e la migliore scienza e tante volte la rassegnazione all'ignoranza.
Talune questioni sono trattate oggi con immeritata predilezione: dove pure non e lecito giungere a risultati positivi. Per esempio, le
questioni metriche. Ogni nuova dottrina metrica e parsa sempre al suo fondatore e ai suoi sostenitori ?incrollabilmente fondata ?; ed e
stata sempre, dopo qualche tempo, sostituita da altra teoria anche essa incrollabilmente fondata per un a?sai breve spazio di vita. Prima
del Masqueray era in grande onore, a proposito dei metri lirici latini e oraziani, la teoria del dattilo ciclico; dopo succedette ad essa la teoria coriambica, e oggi si ritorna di nuovo al dattilo ciclico: e si
preannunciano gia nuovi sistemi e nuove combinazioni. necessario
scegliere un sistema per la scansione dei metri lirici; ma non per que sto sono disposto a godere di quei trastulli eruditi cui oggi si sono
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FILOLOCIA E FILOLOCISMO 7
ridotti in buona parte gli studi metrici. Alia ignoranza superba di chi crede di poter rivelare la dottrina metrica, io preferisco la igno ranza umile di chi riconosce la impossibility del ricostruire oggi la origine musicale dei metri lirici antichi.
Molte cose l'antichita ha sepolte con se stessa: fra queste sono le
origini e i piu remoti sviluppi della nostra parola e della nostra voce. La mente umana, curiosa einquieta, tenta tutti i segreti, e dirige ovunque, anche per le vie piu disparate, la sua indagine. Ma la inda
gine sia mossa da un desiderio vero di conoscenza, non da una facile
presunzione erudita, che dove il buio e piu grande la ognuno possa comodamente collocare la propria lucerria, anche se essa mandi piu fumo che luce.
* * *
Preceduto dai dotti anglosassoni, che furono i dominatori della cultura classica nelTultimo medio evo, venne il periodo umanistico, di cui la massima gloria e gloria italiana: il periodo prodigioso delle
scoperte e della infatuazione classica, che parve potesse risuscitare, oltre le opere dell'antichita, la lingua stessa di Roma antica: il pe riodo della critica congetturale e divinatoria, del Poliziano e del Valla:
Tepoca che contenne altresl i germi di tutte le discipline filologiche che piu tardi avranno specifico e rigoroso sviluppo. Segul il periodo franco-olandese, quello degli ampi commenti che comprendevano tutta la vasta materia filologica dei raffronti, dei richiami, delle
questioni storiche, critiche, archeologiche: che prepare* il periodo enci
clopedico, di cui Pultimo rappresentante e Teodoro Mommsen, il
genio della erudizione classica in tutti i rami dell'antichita. La eru dizione ha ormai compiuto il suo massimo sforzo e ha raggiunto la
massima estensione e intensita. Chiuso il periodo enciclopedico, rimase tuttavia operoso e vitale il periodo delle specializzazioni
filologiche che ha dato frutti memorabili nella classificazione dei testi, piu che nella felicita delle edizioni critiche, e ha prodotto opere insigni di dottrina: ma che ha pure accumulate vanita su vanita e
ha fatto di ogni minuzia un tema e di ogni bizzarria una questione. Siamo ora alia chiusura di un gran ciclo di studi durato sette
cento anni. E restano e indugiano soprattutto gli spigolatori e gli speculatori. Dunque, bisogna ricominciare. Bisogna ricominciare un
periodo nuovo: forse quello ricostruttore, dopo quello anatomico.
Forse e venuto il tempo in cui la filologia dovra uscire da una clau sura, che oggi sarebbe la sua tomba; e divenire scienza viva e sensibile.
Ai retori e ai pedanti che gli rimproveravano la novita apparen temente umile degli epigrammi, Marziale diceva: ? Io scrivo per i
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8 K. FRANCESCHINI
convitati, non per i cuochi?. ? venuto forse anche per noi il tempo di invitare un assai maggior numero di persone a questo convivio
filologico a cui fin ora sono stati ammessi i cuochi soltanto, e i guatteri. Si dice che il campo della letteratura latina e stato tutto quanto
mietuto. Ed e grossolana affermazione. L'opera d'arte e continua
mente ed eternamente attiva: e Fingegno umano non ha limiti nel
significarla e nel valutarla.
Sui maggiori e sui minori autori della latinita sono state scritte
migliaia di pagine e sono state fatte centinaia di volumi. Volumi
dico, non libri. Un libro su Catullo, su Lucrezio, su Virgilio, su Ora
zio ? cito i massimi poeti ? non c'e ancora. Lavoro filologico si
considera una serie di interminabili questioni in contrasto o in ac
cordo con le opinioni precedenti se anche in gran parte queste sono ? come sono ? trascurabili e vane. Dobbiamo alleggerire il fardello
del questionario erudito ed accrescere la somma delle cognizioni e
delle riflessioni personali; e cercare negli antichi scrittori non soltanto
gli indizi e le tracce, tanto spesso fallaci, di derivazioni e infiltrazioni
letterarie, ma quegli elementi reali e semplici della vita senza cui puo esistere una letteratura, ma non puo esistere un'opera d'arte lette
raria. Ci sono tante cose nel mondo antico che noi perseguiamo con
accanimento solo perche cio ch'e antico e raro. Attendere e accogliere avidamente le voci antiche e giusta cupidigia degli uomini che nel passato piu lontano cercano e spiano gli avanzi della loro storia.
Ricercare delle opere perdute i frammenti e le testimonianze; rico
struirne, quando e possibile, la trama; intuirne, quando e possibile, 10 spirito; scrutarne la fama e la fortuna, e ufficio proprio della filo
logia. Ma non si deve tramutare questo ufficio in oziosa fantasticheria. Incresciose certamente quelle perdite: ma oltremodo fastidioso e
11 vaneggiare che molti fanno sugli argomenti piu frivoli e sugli avanzi piii meschini.
L'antichita non ha bisogno di questi cenciaioli per vivere nello
spirito nostro. Basta la poesia di Lucrezio e di Virgilio per farci sen tire la malinconia delle cose universali; basta il cruccio e Tangoscia di Catullo per dire quanto possa una donna e una tomba nella vita di un uomo; basta Topera frammentaria di Tacito per rivelare la incessante miseria delle vicende umane.
Si deve ancora scoprire tutta la umanita che e nelle opere del Tantichita latina: Tumanita, vale a dire l'essenza della esistenza pas sata che permane nella nostra vita e nella nostra storia, Felemento vitale delPopera umana: perche e vana ogni fatica che non apporti una luce e un conforto nell'animo nostro. A che serve la letteratura antica? Serve a dimostrare che nulla muta nello spirito nostro: che
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FILOLOCIA E FILOLOGISMO 9
la eivilta, humanitas, e stata ed e sempre dentro di noi, mai fuori di noi. E se oggi rombano motori per le vie della terra e pel mare e pel cielo, cio non giova a portare Tanimo nostro ne piu lontano ne piii in
alto: piu lontano e piu in alto si va per, Tattivita interiore e creati va dello spirito soltanto.
In ogni studio, in ogni ricerca, per minuta e paziente e laboriosa che sia, non dobbiamo dimenticare il valore umano. Sia che si ri desti una pietra o una parola o una notizia, non dobbiamo dimen
ticare che si ridesta una particella smarrita o ignota di umanita.
Se allo studio complesso e completo dell'opera letteraria un
nuovo indirizzo s'impone per la maggiore utilita e dignita della
scienza filologica, in ogni altro studio s'impone una ristorazione degli elementi tradizionali, troppo a lungo
? per male inteso spirito di
diffidenza critica ? o trascurati o combattuti. E alia tradizione ormai per molte vie si ritorna con la sicurezza che viene dalle molte
indagini fatte e dai molti errori riconosciuti. Cosi nel campo della
storia letteraria, uomini insigni per ampiezza di dottrina e per ardi mento di critica ? come Federico Leo ? hanno gia restituita fede ad antiche testimonianze prima ritenute ingenue e fallaci; nella critica dei testi si professa ormai il massimo rispetto della tradizione
manoscritta: e persino nella intelligenza dei passi piu tormentati
comincia gia un ritorno alle buone antiche interpretazioni. Piu inquieto e il campo delle dottrine grammaticali. La tratta
zione dei fenomeni grammaticali e la ricerca di metodi sintattici fu sempre agitata fatica degli eruditi. DalFantichita greca e latina, con Apollonio Discolo e Prisciano, fino ai tempi nostri e stato un
rinnovarsi continuo di metodi e d'intendimenti fluttuanti dallo studio
delle forme a quello delle funzioni. Dal principio del sec. XIII gli sforzi dei grammatici si portano
sulla sintassi, construction la quale e una creazione del medio evo che
nella morfologia non produsse nulla.
Fu merito degli umanisti liberare la scuola dall'ingombro della
dialettica medievale e ridurre la ragione dei fenomeni sintattici alia
semplice formula delVita faciunt scriptores. Si osserva ch'essi nello
studio della sintassi adoperavano il metodo empirico che stabiliva
certe categorie fisse di verbi coi casi che ad essi si accompagnano: e si rimprovera loro di avere cosi subordinato lo studio storico della
forma, che e certa ed ha molteplicita di funzioni, allo studio della
funzione che solitamente ha al suo servizio una sola forma. L'osser
vazione e giusta e acuta: e si deve all'autorita di Remigio Sabbadini,
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10 E. FRANCESCHINI
un uomo che amo e venero come il piu grande maestro di filologia latina che abbia avuto nelPultimo cinquantennio PItalia: ma debbo pure riconoscere la necessita di ricorrere al metodo empirico perche la lingua latina ? estranea alPuso comune ?
possa essere adoperata come strumento attuale di espressione.
II metodo storico applicato a una lingua e il suo piu solenne atto di morte. La grammatica storica ci porta dal latino al volgare: la gram matica logica ci riporta dal volgare al latino: Tuna e formale e posi tiva, Paltra e funzionale ed empirica: Tuna ci rivela Pintimita e la liberta dei grandi scrittori, Paltra c'imprigiona dentro uno schema comune. Con la grammatica storica s'impara a intendere il valore del latino e a penetrare nella personality degli scrittori; ma per tra
durre in latino, per adoperare il latino, e necessaria la grammatica logica ed e necessario partire dal volgare. E si dovra ritornare al me
todo empirico-umanistico se si vorra risuscitare la pratica della lin
gua latina nelle nostre scuole classiche.
bene risuscitarla ? Dentro certi limiti, si. questo un punto* assai contrastato, su cui voglio dire poche e franche parole. La lingua latina e lingua morta: essa sopravvive nel nostro ricordo. Noi dob biamo conservare ed accrescere questo ricordo: ma nessxmo puo seriamente considerare la lingua latina come strumento vivo di
espressione letteraria. Non si puo essere classici o ciceroniani nello stile e originali nel pensiero. Basta che ci volgiamo agli uomini della nostra rinascenza umanistica: a due di essi tra i piu grandi e originali, a Francesco Petrarca e, dopo lui, a Poggio Bracciolini. Per il Petrarca, Cicerone era ?il fulgido sole delPeloquenza ?, era ?la fonte che irri
gava tutti i campi dello scrivere ?: e nel Trionfo della Fama, al pas sare di Cicerone, Perba verdeggia sotto ai suoi piedi per dimostrare ? quant'ha eloquenza e frutti e fiori ?. Eppure nello stile latino del Petrarca sono barbarismi, neologismi, costruzioni impure, sgramma ticature, frasi toscane latinizzate, per la invincibile personalita dello scrittore che aveva bisogno di sentire, di esprimersi, di riprodursi per mezzo della parola: che aveva, insomma, bisogno di abbandonarsi a se stesso. Altro scrittore pieno di impeto, di vita, di originalita e
Poggio, che voile anche egli essere imitatore di Cicerone: e Cicerone realmente imito nella vivacita e nel colore dello stile, non gia nella
parola o nella frase o nella costruzione. Lo stile di Poggio e affatto personale: egli inventa parole, le costringe a nuovo significato, trova nuove costruzioni, foggia nuove frasi, combina arbitrariamente il
periodo or a legandolo ora spezzandolo. Egli tratta il latino come una
lingua viva, egli fa rivivere al latino una sua terza vita: vuol far vedere nel Liber facetiarum come il latino possa essere adoperato a
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FII.OLOCIA E FILOLOCISMO 11
esprimere ogni cosa; e nessuno scrisse il latino piu genialmente di lui, ma nessuno sgrammatico piu di lui. E il Valla ? che lo chiama non
gia familiare di Cicerone, ma portinaio di Cicerone o guattero o can
tiniere ? gli poteva rinfacciare refrigescere usato transitivamente e
devenire in manibus anzi che in manus, hoc fasciculum invece di hunc
fasciculum, solemniis invece di solemnibus, abiet invece di abibit, etc. etc.
Finche gli umanisti adoprarono il latino come lingua viva, fu rono costretti alia impurita del lessico e alia irregolarita sintattica. Poi si venne all'eta morta dello spirito e della parola, alFeta della imitazione anzi della servitu ciceroniana, che non ammetteva nello
scrivere alcun vocabolo che non fosse di Cicerone. Ma allora il latino, come strumento di espressione letteraria e artistica, era definiti vamente battuto.
II latino non e piu un organismo vivente, ma una lingua varia
mente irrigidita nelTuso degli antichi scrittori. II latino vivo e quello che parliamo noi oggi: e il nostro volgare. Se vogliamo adoperare il latino classics siamo costretti a ? ripensare in esso i nostri pensieri ?:
e 11 nostro pensiero se e vivo e originale ha bisogno del volgare vivo e parlato per esprimere compiutamente se stesso.
Lingua morta, dunque, la lingua la tin a. Ma pure, mediante que sta lingua morta, Roma antica mantiene ancora il suo impero su
tutte le genti, anche su quelle che non videro mai le aquile delle le
gioni. E non c'e plaga del mondo civile dove non sia sentita la maesta e la universalita della frase latina. Questa lingua morta e ancora il
linguaggio della preghiera, del ricordo, della consacrazione. E noi
italiani dobbiamo esserne i piu legittimi custodi: quelli che sappiano
meglio intenderne lo spirito, significarne le eleganze, risuscitarne di
volta in volta la bellezza e la solennita. Se la conoscenza della lingua latina dovesse decadere o perire tra noi, noi sentiremmo spezzato il
filo ideale che ci congiunge al passato.
* * *
Considerando tutte le cose dette e scritte, il grande lavoro gia compiuto e Tinutile e stucchevole lavoro che oggi spesso si compie nel campo della filologia classica, vorrebbero alcuni dichiarare esau
rita la ragione dei nostri studi e vedere come una folia di spettatori muti davanti al patrimonio intellettuale della letteratura romana.
J] questa una stolida conclusione. Se anche ai cultori del latino non sorrida la speranza dei papiri egiziani, le generazioni degli studiosi avranno sempre da fare e da rifare nel mondo dell9antica letteratura
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12 E. FRANCESCHINI
di Roma. Io dico intanto agli studenti che mi ascoltano che per me e
opera meritoria tanto un index verborum scrupolosamente fatto,
quanto una collazione di codici utilmente e avvedutamente condotta,
quanto una traduzione che apporti qualche cosa di nuovo e di meglio a beneficio della scienza filologica e della cultura generate.
Se oggi non e diminuito il numero dei filologi professionisti, e molto diminuito il numero dei loro lettori. E fa spavento pensare alia somma enorme di fatica, di dottrina e, qualche volta, anche d'ingegno
seppellita in opere ignote ? come tantissime sono ? o sciupata in
opere inutili, come quella (ne cito una tra le piu recenti) come quella di Alfred Gercke che, un anno prima della guerra, dimostrava la
potenza analitica del suo ingegno in un libro pieno di vaneggiamenti sulla composizione cronologica delVEneide.
Non voglio dire che si debba creare uno svago filologico per il
pubblico inesperto: voglio soltanto augurarmi sia posto un limite a
un perditempo filologico che mortifica Tingegno, disperde Tattivita e alimenta l'ambizione e la fortuna dei faccendieri, che sono da per tutto, anche fra noi. Sappiamo che certi studi non possono aspirare
all'applauso della piazza; sappiamo che sia nella scienza sia nell'arte
piu si va addentro o in alto, piu si restringe la cerchia di quelli che
possono intendere; sappiamo che quanto piu cresce e Farte e la scienza,
piii svanisce la pompa volgare delle parole e aumenta il ? mistero
della semplicita?: ma non vogliamo che questa aristocrazia della
scienza serva di comodo asilo a quanti cercano abusivamente nel
Tambiente degli studi un titolo di nobilta che ad essi non appartiene. D'altra parte bisogna salvare il mondo antico non solo dalla
pedanteria a qualunque costo e da quella boriosa infecondita che
presume troppo e rende poco: ma anche e soprattutto da quella genialita a qualunque costo che e estremamente ridicola e che puo essere perniciosa per la facilita onde trova dei seguaci, specialmente nei giovani. Anche la cultura letteraria ha le sue malattie. Uno dei
suoi prodotti morbosi e la alta ed esagerata stima di se: il troppo fa cile riconoscimento di un proprio io misterioso; capace di esprimere e di esercitare le piu alte energie della mente. ? impossibile trovare una persona comunemente assennata che creda o dica di possedere un milione mentre ha soltanto poche lire; ma e facilissimo trovare una persona mediocremente colta che creda o dica di possedere i
tesori veramente rari dello spirito e deirintelligenza. Dalla estetica,
semplice e innocente, dei punti esclamativi, siamo passati a un'aperta professione di genialita. Nessuno degli eruditi del Cinquecento e piu giu ancora fino al secolo XVIII, quando pubblicava qualcuna di
quelle laboriosissime opere di critica o di esegesi osava dare alPopera
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FILOLOCIA E FILOLOGISMO 13
sua, poderosa e durevole, Timportanza di un avvenimento nazionale.
Oggi non e cosi: oggi e possibile, e quel ch'e peggio tollerabile, che si presuma cosi alto riconoscimento con la ostentazione della propria miseria o della propria vanita intellettuale.
* * *
Ma piu indizi ci assicurano che e gia cominciato un movimento
degli intelletti verso un piu largo respiro e un piu severo esercizio delle scienze filologiche; e oggi si chiede dai piu quello che ieri i piu comodamente trascuravano o sdegnavano.
In questo rinnovato campo di attivita, l'ltalia, ch'e proceduta per quasi cento anni aggiogata al carro straniero, potra ricuperare la sua antica liberta e tracciare, come una volta, la sua strada. E non e forse vano augurio che la generazione italiana possa presto risor
gere dalla confusione e dallo smarrimento degli ultimi tempi e vedere
rifiorire, come una volta, i suoi grandi centri di studio: fra i quali primeggiava questa vostra citta ? litterarum nutrix ?, siccome senza
retorica amplificazione la chiamava, sul finire del secolo XIV, un
umanista famoso, che fu anche vostro cancelliere.
Non ripeto luoghi comuni per una volgare e rituale esaltazione: affermo una verita storica. Qui, nella seconda meta del secolo XIII,
prima che Firenze splendesse della sua luce umanistica, furono i
promotori del rinascimento classico: Lovato, Geremia da Monta
gnone, Albertino Mussato: tre uomini di legge. Qui Lovato, insor
gendo primo contro gli oppugnatori dei poeti antichi, preannunziava fatidicamente il trionfo della poesia classica; qui Albertino Mussato,
primo fra tutti, ritentava la prosa storica di Livio e inaugurava la
restaurazione del teatro classico; qui Giovanni ravennate creava la
pedagogia umanistica e ispirava al suo metodo i tre piu grandi mae
stri umanistici: Pier Paolo Vergerio, Guarino Veronese e Vittorino
da Feltre; di qui alia fine del sec. XIV venivano i testi greci che ser
vivano agli ascoltatori del Crisolora in Firenze: Omero, Platone,
Tucidide, Plutarco.
E anche oggi, tra le grandi citta delTItalia settentrionale, Padova e quella piu aperta a nuove correnti di immigrazione studiosa: unica
Universita adriatica: primo asilo di scienza a quanti scendono dalle
Alpi Giulie e dal Brennero, a quanti vengono dall'altra sponda a
riprendere civile contatto con la nostra gente. Asilo di scienza, ho detto: cioe unico asilo di pace per gli uomini
di tutte le terre.
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