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ANNALI DELL’ISTITUTO ITALIANO DI NUMISMATICA – 2013 ISSN 0578–9923 ISTITUTO ITALIANO DI NUMISMATICA ANNALI ROMA NELLA SEDE DELL’ISTITUTO 2013 59

V. Tosti, Riflessioni sulla moneta di ferro spartana, AIIN, 59 (2013), 27-67

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ISSN 0578–9923

ISTITUTO ITALIANO DI NUMISMATICA

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RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA*(Tavola I)

Il tema della moneta di ferro spartana non è certamente nuovo.Esso si inquadra in una lunga tradizione di studi, che ne ha fissato lecaratteristiche principali, spesso deviate dall’immagine stereotipatadella chiusura spartana agli scambi commerciali e a qualunque formadi ricchezza monetata.

Questa tradizione di studi ha dato origine a due posizioni diffe-renti: la prima ritiene la moneta di ferro spartana priva di valore in-trinseco, la traccia di un primo stadio dello sviluppo monetario1; la se-conda, invece, la interpreta come l’evoluzione di un conservatorismosociale, un processo condizionato ideologicamente2.

Per evitare interpretazioni riduttive e unilaterali o anacronistichedi questa moneta così particolare, in quanto espressione culturale piùche economica della polis dei Lacedemoni, occorrerà elaborare unaprospettiva interpretativa che tenga conto della sua forma, valore, fun-zione nella società spartana, in base ai dati ricavabili dalla documenta-zione antica, considerati nel loro contesto storico preciso, e dei carat-teri che definiscono il ‘ferro’ spartano una moneta.

L’interpretazione sul nómisma spartano prende avvio dall’intui-zione di A. Segrè3 prima e di H. Michell dopo, quando credevano di

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* Un ringraziamento particolare va al prof. N. Parise, che con la sua sensibilitàe competenza mi ha fatto amare una disciplina e incoraggiata nella ricerca. Grazie alconfronto avuto con il prof. Parise e con i proff. E. Greco e M. Nafissi, ho potuto af-frontare un argomento così complesso quanto interessante. A loro vanno i miei piùsinceri ringraziamenti. Infine, un sentito grazie rivolgo ai referees anonimi per la po-sitiva valutazione e per i proficui suggerimenti.

1 MÜLLER 1839; KÖHLER 1882.2 FINLEY 1982, pp. 22–40.3 SEGRÈ 1928.

AIIN, 59 (2013), pp. 27–67

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dover distinguere per Sparta due differenti mezzi di scambio4, l’obelós,di cui si attestano alcuni esemplari in santuari spartani, e il pélanor, dicui non abbiamo attestazioni archeologiche, ma che le fonti descrivonosolo nel valore (nominale) e nella sua inutilizzabilità perché fatto diferro addolcito nell’aceto5. Prima degli inizi del IV sec. a.C.6, le testi-monianze letterarie, uniche fonti a nostra disposizione, non documen-tano una proibizione nell’uso della moneta e più in generale della ric-chezza in forma di moneta7. Da questa constatazione si è diffusa tra glistudiosi l’opinione secondo cui il nómisma spartano fu un’invenzionesuccessiva alla vittoria di Egospotami, frutto di una particolare propa-ganda che, in nome di Licurgo e dell’oracolo delfico, avversava in quelmomento il grande successo di Lisandro e, secondo alcuni, la sua pro-posta di coniare monete in symmachía (Tav. I, 1)8. Datazione completa-mente differente viene ipotizzata da altri studiosi9, secondo i quali ladecisione di non battere una propria moneta che potesse competere

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4 MICHELL 1946–7.5 X. Lac. 7, 5–6, come anche gli autori ellenistici, non specificano né la forma,

né il metallo del nómisma spartano. Solo in Polluce viene esplicitato che la monetaspartana aveva la forma di spiedo. Il termine ‘pélanor’, ‘focaccia’, non è usato primadi Esichio. Il valore, invece, basato su una convenzione ufficiale (NENCI 1974, pp.646–51), è solo nominale.

6 Come si vedrà nelle pagine seguenti, la proibizione della ricchezza monetata el’uso a Sparta di una moneta convenzionale compare con Senofonte e sarà definitiva-mente fissata dalla descrizione che Plutarco fa della società spartana.

7 Dopo aver verificato l’anacronismo delle fonti letterarie che parlano di proibi-zione della moneta a Sparta e l’uso di un nominale di ferro privo di valore, PICARD1980 conclude che il divieto dell’uso della moneta coniata sembra essere successivo al404 a.C., dopo l’arrivo a Sparta di un’ingente quantità di denaro in seguito alla vitto-ria nella guerra del Peloponneso e il richiamo alla legge suntuaria licurghea sembravaessere una via sicura per l’accettazione della mozione.

8 Tra le varie ipotesi avanzate sulla cronologia della moneta SUN, con Eracleche strangola due serpenti, ci convince maggiormente quella proposta da FABIANI1999, secondo la quale il periodo dell’alleanza nata al tempo della spedizione microa-siatica di Agesialo (396–4 a.C.) sarebbe stato quello più adatto a spingere città lon-tane geograficamente e diverse per storia e stirpe (città ioniche e doriche) a unirsi tradi loro e battere moneta. Di altro avviso è CHRISTIEN 2002, pp. 176–8 che daterebbela coniazione della moneta in symmachía al 407 a.C. ad Efeso, non a caso il quartierecentrale di Lisandro. Questa proposta non trova tutti d’accordo.

9 Di questa opinione è FIGUEIRA 2002, con bibliografia precedente.

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con quella eginetica e la creazione di moneta di ferro addolcito a bas-sissimo valore intrinseco costituirebbe una delle novità ascrivibile alla‘sixth–century revolution’, nell’ambito di una politica di controllo re-strittivo della ricchezza posseduta dai privati cittadini spartani.

Il quadro della situazione non sembra però del tutto soddisfa-cente, perché il problema è stato sempre studiato in associazione aglispiedi di ferro attribuiti al re di Argo, Fidone10 e agli strumenti premo-netali e, in questo modo, si è rimasti legati all’idea riduttiva della mo-neta di ferro quale segno dell’isolamento di Sparta a partire dalla metàdel VI sec. a.C.11. La prospettiva sulla moneta spartana può assumerenuovi risvolti se rileggiamo le fonti letterarie alla luce delle riflessionisul ‘miraggio spartano’, i cui effetti distorti sono ormai da tempo rico-nosciuti12, e sulle tradizioni spartane, oggi considerate di dubbia esi-stenza. La moneta spartana, così come tutto ciò che si vuole far risalirea Licurgo e alla Grande Rhetra13, rientra perfettamente in un campo di

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10 L’assimilazione del sistema monetario spartano agli spiedi di ferro argivi hainizio con Eforo (FHG 70 F 115, F 176) e poi si è fissata nella tradizione di studi. Daultimo si vedano PARMEGGIANI 2001; HUDAK 2009 e FIGUEIRA 2002, in particolarenelle pp. 146–147, nonostante riconosca la non storicità della riforma monetaria diFidone, la paragona all’altrettanto anacronistico decreto monetario spartano, cheprevedeva monete di ferro, decreto attribuito alla figura ancor meno storica di Li-curgo.

11 L’idea dell’austerità spartana voluta da Chilone intorno alla metà del VI nonè più accettata all’unisono: vd. a questo proposito NAFISSI 2009, p. 130. Il rapportocon la ricchezza a Sparta era forse più complesso del semplice e netto rifiuto: come fanotare HODKINSON 2000, pp. 151–186 doveva esistere un tipo di economia in cui ledifferenze economiche non venivano eliminate del tutto, piuttosto ridotte a rango se-condario, in accordo ai valori civici spartani. Cfr. anche FIGUEIRA 2002, che sostienel’esistenza di un’economia basata sul baratto.

12 Il ‘miraggio spartano’ fu studiato per la prima volta da OLLIER 1933 (1943);cfr. anche TIGERSTEDT 1965–78; POWELL–HODKINSON 1994.

13 Il testo della Grande Rhetra, secondo quanto riferisce Plutarco (Lyc. 6), futrasmesso a Licurgo dalla Pizia. La letteratura in merito è immane per l’importanzache riveste il testo nella conoscenza di Sparta arcaica. Si citano qui di seguito i contri-buti essenziali, rimandando alle rispettive bibliografie: HAMMOND 1950; FORREST1963; KIECHLE 1963, pp. 142–76; PAVESE 1967; SEALEY 1969; OLIVA 1971, pp.63–122; BRINGMANN 1975; ROUSSEL 1976, pp. 233–45; LÉVY 1977; CARTLEDGE 1979= 2002, pp. 115–17; WELWEI 1979; BRINGMANN 1980; CARTLEDGE 1980; CLAUSS1983, p. 116; DUCAT 1983, p. 204; NAFISSI 1991, pp. 51–81; RUZÉ 1991, pp. 15–30;

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studi in cui il limite tra storia e ‘storia inventata’14 è assai labile. Perquesto cercheremo di muoverci con maggiore prudenza tenendoconto del significato generale che può avere l’utilizzo di un nominaledi questo tipo e della consapevolezza che la moneta non era il solostrumento di scambio possibile15.

Seguendo un ragionamento che trova il suo fondamento nellamancanza assoluta di prove archeologiche, si giungerà alla conclusioneche il nómisma spartano possa considerarsi un’invenzione letteraria si-curamente successiva agli inizi del IV, dopo la vittoria di Egospotami el’arrivo in città di ingenti quantità di metalli preziosi e monete coniate.Il nuovo ruolo rivestito da Sparta nei rapporti economici e politici dellaGrecia e i noti casi di corruzione ebbero conseguenze sulla società spar-tana e sul suo comportamento economico: tutta quella ricchezza andavaad incidere innanzitutto sulle relazioni sociali degli spartani, che fino aquel momento avevano denigrato – ma non proibito – l’accumulo diricchezza.

La sua invenzione letteraria dunque punta a nostro avviso ad ac-crescere il mito del ‘miraggio spartano’ come una società anticremati-stica, scandita e regolamentata da una moneta priva di valore intrin-seco, oltre che ingombrante e non riutilizzabile.

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PAVESE 1992; WALTER 1993, pp. 157–65; OGDEN 1994; MUSTI 1996; THOMMEN1996, pp. 30–44; LIBERMAN 1997; RUZÉ 1997, pp. 157–72; MEIER 1998, pp. 186–207e pp. 243–53; RICHER 1998, pp. 93–115; VAN WEES 1999; LINK 2000, pp. 19–30;LIPKA 2002; MAFFI 2002; MEIER 2002; VAN WEES 2002; LÉVY 2003, pp. 23–36; LINK2003; THOMMEN 2003, pp. 34–7; LUTHER 2004, pp. 29–59; WELWEI 2004, pp. 59–69;KÕIV 2005; DREHER 2006; LUTHER 2006, pp. 84–6; RAAFLAUB 2006, pp. 394–8. Daultimo NAFISSI 2010, sostenitore dell’«intentional history», il quale ritiene che la Rhe-tra sia un’invenzione retrospettiva elaborata dagli stessi Spartani secondo la loro ideadella Sparta delle origini: essa non costituisce un documento che segna l’inizio dellacostituzione spartana, quanto l’inizio della leggenda della costituzione spartana.

14 Per una ricostruzione dell’«intentional history», che trova la sua più completadefinizione con GEHRKE 1994 e 2001, si veda il contributo di PROIETTI 2012.

15 Cfr. LOMBARDO 1979, p. 119; SIMIAND 1991, p. 189, con il quale concordaPARISE 1996, p. 726.

RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

Breve storia degli studi

Riprendendo i dati preliminari esposti molto sinteticamente nellaprefazione, ci sembra necessario provare a delineare le linee principalisecondo le quali si è svolta l’interpretazione della moneta di ferrospartana, al fine di individuare dei punti problematici e una nuovaprospettiva di ricerca, che provi a liberarsi dalla dipendenza daglispiedi di Fidone di Argo16 e dallo stereotipo dell’isolamento e chiusuradi Sparta agli scambi e traffici commerciali.

I primi scavi archeologici condotti a Sparta agli inizi del Nove-cento dalla British School at Athens portarono alla luce barre di ferronel santuario di Artemis Orthia e in un santuario lungo la via per Me-galopoli17: gli scavatori vollero subito riconoscere in questi spiedi diferro, dal peso troppo variabile per poterlo ricondurre ad uno speci-fico18, il primo sistema monetario spartano, gli obeloí, ben noto dalle

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16 L’equivoco dell’assimilazione degli spiedi di ferro spartani con quelli argivisarebbe nato dall’errata interpretazione di un passo di Plutarco (Lys. 17, 2–4). Se-condo tale interpretazione esisteva un rapporto tra le due forme pre–monetali e siconsiderava la moneta di ferro spartana una creazione di Licurgo, sviluppo locale, inuna regione ricca di miniere di ferro, degli obeloí–obelískoi dell’originaria fasepre–monetale. Degli spiedi argivi essa avrebbe conservato sia la forma, che lo svan-taggio del gran peso unito ad uno scarso valore.

17 DICKINS 1906–07, p. 173 e WOODWARD 1929b, pp. 391–3; DAWKINS 1930, p. 299. La maggioranza degli spiedi rinvenuti ad Artemis Orthia si data tra la finedell’VIII e la fine del VII sec. a.C., ma si attestano esemplari fino alla prima metà delIII sec. a.C. Sembra che la loro fine coincida con la prima coniazione d’argento spar-tano. Gli spiedi di ferro trovati ad Artemis Orthia, ora conservati al Fitzwilliam Mu-seum, sono stati pubblicati per la prima volta da SELTMAN 1924, p. 120, fig. 67.

18 HODKINSON 2000, pp. 162–3 fa giustamente notare che nonostante i nume-rosi ritrovamenti in santuari greci, soprattutto dal tardo VIII sec. a.C. all’inizio del VIsec. a.C. (cfr. STRØM 1992 e MELVILLE JONES 1993, pp. 35–45), di cui alcuni di questiinterpretati senza ombra di dubbio come dediche proto–monetarie (vd. BROWN1950, pp. 191–2 e COURBIN 1959, pp. 223–4), è difficile stabilire un peso standard acausa del loro cattivo stato di conservazione. SEGRÉ 1928 ha ricordato che anche i fa-sci di oboli in ferro meglio conservati (lunghezza 1,20 m) avevano un peso inferiore aquello delle mine eginetiche (una manciata di 6 campioni, tra i meglio conservati, pe-sava 2,418 kg). Si veda anche FURTWÄNGLER 1980; VON REDEN 1997, p. 160 ha soste-nuto più generalmente che non abbiamo alcuna indicazione sulla standardizzazionedei pesi degli obeloí circolanti in un’area definita e garantita da una più alta autorità.

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fonti letterarie. Diversamente B. Laum individuava nei falcetti diferro, sempre dedicati ad Artemis Orthia, una sopravvivenza della mo-neta di ferro spartana19.

Da queste due differenti posizioni ha avuto inizio la speculazione,fortemente influenzata dal rinvenimento degli spiedi di ferro nell’He-raion di Argo, dove Fidone, protos heuretes della moneta, secondo latradizione aveva dedicato i precedenti mezzi della circolazione20.

Fu J.N. Svoronos il primo a indagare la moneta spartana con l’au-silio delle fonti letterarie, attribuendo a Licurgo la creazione dei pela-nores, dei quali però alla sua epoca, come ancora nella nostra, non ri-mangono tracce archeologiche, a causa, secondo lo studioso, della fa-cile deperibilità del materiale (ferro addolcito) o dell’ignota formadella moneta tale da non consentire un suo riconoscimento21. Già nel1947 H. Michell, oltre a rigettare l’ipotesi di Laum delle falci di Orthiacome il nómisma spartano, riconoscendovi invece solo una funzionecultuale, dubitava persino della paternità licurghea22, ipotizzando che

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19 LAUM 1925. Vd. MONTEPAONE 2004, pp. 104–115. Contro la tesi di Laumsull’origine sacrale della monetazione primitiva, cfr. in particolare REGLING 1930, pp.2 sgg. e più recentemente PARISE 1987, pp. 51–57 e PARISE 2000, pp. 91–99.

20 Nel 1894 Ch. Waldstein rinvenne nell’Heraion di Argo, in livelli di VII sec.a.C., una barra di ferro insieme a 180 spiedi/obeloí di ferro di lunghezza uniforme, asezione rettangolare, tenuti insieme da due tenie dello stesso metallo e da una sorta difocaccia in piombo: vd. WALDSTEIN 1902, pp. 61–63, 77 e fig. 31. La presumibile, an-che se imprecisabile, relazione aritmetica tra la barra e il fascio di spiedi (vd. COURBIN1983, p. 154) suggerisce che si tratti di una dedica di valore normativo (di diverso av-viso STRØM 1992 e precedentemente FURTWÄNGLER 1980, pp. 81–98). Pur ammet-tendo la paternità della dedica a Fidone, per la compatibilità cronologica (VIII–VIIsec. a.C.), se pur non certa, e l’assimilazione alla testimonianza orionea del ritiro dallacircolazione della dedica di obeloí nell’Heraion argivo da parte di Fidone e dell’attodella sua prima coniazione di moneta argentea, semplici ragioni cronologiche impedi-scono di confermare il nesso tra l’anáthema dell’Heraion e l’inizio della monetazioneargentea di Egina, evento non anteriore al secondo–terzo quarto del VI sec. a.C. (cfr.BROWN 1950, pp. 177–204 e di recente RAGONE 2006, in particolare pp. 77–90, con di-scussione sull’astoricità dell’assunto e bibliografia precedente). Innegabile è ormai ilvalore pre–monetale degli spiedi: a questo proposito si veda PARISE 1979; 1987; 2000.

21 SVORONOS 1910, pp. 53–58.22 Cfr. MICHELL 1946–7, pp. 42–44: egli dubita anche della funzione monetaria

degli obeloí e avanza questa ipotesi: «It is possible that Sparta exchanged big iron forimports, and from that the legend arose that iron was money?». Contra NENCI 1974,

RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

questa attribuzione avesse avuto inizio solo in seguito al divieto di pos-sesso personale della moneta del 404 a.C., dopo lo scandalo di Gilippo

Interessante a questo proposito la definizione data da A. Segrèdella moneta spartana, come ‘moneta primitiva’23, pur trattandosi diuno strumento di scambio di una città che ebbe il controllo prima delPeloponneso e poi dell’intera Grecia, mantenuta fino alla coniazionedella prima moneta con Areus I24 (Tav. I, 2). Lo studioso distinguevadue tipi di moneta–oggetto in uso a Sparta, il pélanor e l’obelós, en-trambi in ferro per la facile reperibilità della materia prima nelle vicineminiere del Taigeto.

Dopo questi primi tentativi di definizione e classificazione l’im-magine di questa moneta ha subito un processo di cristallizzazione. Laforte discrepanza tra l’inesistenza delle prove archeologiche e la ric-chezza della documentazione letteraria25 ha provocato posizioni con-trastanti sull’attribuzione o meno della moneta a Licurgo.

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p. 649, secondo cui un commercio spartano del ferro non esclude l’effettiva esistenzadi ferro dolce monetario.

23 Vd. SEGRÈ 1928, pp. 201–205.24 Per la datazione sulla morte di Areus, cfr. CHRISTIEN 1987, pp. 111–24. Per

GRUNAUER 1978, pp. 7–17, tavv. 1–4 la prima coniazione spartana ha inizio solocon Cleomene III; per SELTMAN 1933, p. 256 invece non si conia prima del 280a.C. con Areus. La stessa datazione viene attribuita da CHRISTIEN 2002, p. 171 e p.183: la studiosa specifica che la prima coniazione non venne fatta nemmeno daglistessi spartani, ma probabilmente a Corinto. É significativo il fatto che non sianostati ritrovati tesoretti a Sparta (si ricorda un solo tesoretto di età ellenistica: cfr.TOD–WACE 1906 n°695, pp. 241–2; WACE 1907–8, pp. 149–58; THOMPSON–MØRKHOLM–KRAAY 1973, n. 181) e solo qualche moneta sporadica (vd.WOODWARD 1929b, 393–8), datate non prima della seconda metà del III sec. a.C.L’assenza di monete di ferro e monete coniate nel territorio spartano potrebbe tro-vare spiegazione in un’affermazione di LOMBARDO 1979, p. 115, secondo la qualel’uso di tesaurizzare moneta coniata, sia propria che altrui, è una conseguenza del-l’emissione di moneta propria. Occorrerebbe verificare tale ipotesi per poter tro-vare questa come una delle possibili spiegazioni del mancato rinvenimento di teso-retti nel territorio spartano. Su alcune città che battono moneta tardi, tra le qualiCartagine, Bisanzio, Argo, Locri Epizefiri, dopo una rapida verifica, è stata riscon-trata la stessa situazione spartana, con la presenza dei primi tesoretti soltanto dopole prime emissioni monetali.

25 L’ambito di ricerca appare ancora più controverso e spinoso anche per laquantità e qualità della documentazione letteraria a disposizione, che è scarsa, con-

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Un’analisi comparata con i sidáreoi di Bisanzio e le monete dicuoio di Cartagine ha permesso a G. Nenci di fare alcune considera-zioni sul valore convenzionale della moneta, una ‘moneta–segno’ ga-rantita dallo Stato, a circolazione limitata all’interno della città quale™pic∫rion nÒmisma26. A Sparta l’uso di una moneta di ferro si spiega,proseguiva Nenci, con motivi ideologici, volendo essere segno di seve-rità e austerità dei costumi spartani, collegati a Licurgo. Con il mede-simo metodo di comparazione, F. Barello avrebbe più tardi chiamatoin causa l’assetto politico di una città che determina la sua politica mo-netaria e blocca la coniazione della moneta locale27.

Negli ultimi dieci anni le indagini sulla moneta di ferro e più ingenerale sull’economia spartana hanno raggiunto definizioni più pun-tuali e maggiori consapevolezze per mezzo delle analisi socio-econo-miche di T.J. Figueira, S. Hodkinson e J. Christien. Le loro ricerchehanno saputo sfruttare in modo critico le uniche fonti a disposizioni,quelle letterarie, esaminate in modo puntuale e con un’attenzione par-ticolare al contesto socio-politico28.

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traddittoria, disuguale a differenza di quella ateniese (a questo proposito vd. AMPOLO1979, in particolare n. 32).

26 NENCI 1974 ammette l’uso di un koinÒn nÒmisma, una moneta corrente fra iGreci, ad esempio le tartarughe eginetiche, per scambi commerciali con l’esterno esoprattutto per esigenze militari. Della stessa opinione è FIGUEIRA 1998, che richiamail celebre passo di Platone (Lg. 742 a–b) per l’uso dell’flEllhnikÒn quando si esce daiconfini della polis. Vd. anche FARAGUNA 2003. L’uso della moneta di ferro per unmercato interno diventa un’idea condivisa da tutti gli studiosi, tra i quali ricordiamoMUSTI 1981; BARELLO 1993b; HODKINSON 2000; FIGUEIRA 2002.

27 I confronti citati sono Locri Epizefiri, Argo, Larissa e Bisanzio: sono tutte so-cietà di tipo tradizionale, dominate da un’oligarchia terriera e una servitù di tipo ilo-tico, nelle quali avviene il rifiuto della valenza ideologica della moneta come mezzo discambio e arricchimento. Ricordiamo anche Erea e Tegea, non citate da Barello, mache utilizzano, come le altre, una moneta convenzionale in ferro. Vd. BARELLO 1993a.Anche HODKINSON 2000, attraverso esempi di altre città prive di un proprio nomi-nale, ritrova nella struttura socio–economica basata sulla proprietà terriera – un’éliteterriera e una popolazione servile – le cause della scelta di non battere moneta.

28 Cfr. FIGUEIRA 1998; 2002; HODKINSON 2000; 2009; CHRISTIEN 2002; 2004.Un’analisi critica delle fonti letterarie era già stata fatta da COZZOLI 1979 e BULTRI-GHINI 1999.

RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

Forma e Valore

Partiamo dall’analisi della forma, del materiale e del valore delnómisma spartano, secondo le indicazioni forniteci dalla documenta-zione letteraria.

Per quanto riguarda la forma sono state elaborate diversi ipotesi29

non ancorate a nessuna fonte letteraria né tanto meno archeologica: gliautori antichi lo definiscono genericamente nÒmisma o s…d»reoj30. No-nostante la genericità delle fonti, si è voluto dare per scontato che lamoneta spartana fosse da assimilare agli obeloí dell’Heraion di Argo(Tav. I, 3), condizionati probabilmente sia da fonti di gran lunga poste-riori all’epoca della circolazione degli spiedi, che assimilavano la formadel nómisma spartano all’obelós presente31, sia dalla tradizione che at-tribuiva a Fidone di Argo la prima moneta in argento, le tartarughe egi-netiche32. Una seconda ipotesi ha assimilato la moneta spartana ad unafocaccia, sulla base di una glossa di Esichio che chiama la moneta spar-tana ‘pelanor’33. Se la prima ipotesi è supportata da rinvenimenti nel

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29 Già SVORONOS 1906, pp. 192–202.30 Senofonte (Lac. 7, 5), il primo testimone dell’uso della moneta di ferro a

Sparta, non specifica né la forma né il metallo. Cfr. Plutarco (Lyc. 9).31 Vd. Poll. 7, 105; 9, 77–78; Orion s.v. ÑbelÒj; Suid. Etym.M. s.v. dracm» e s.v.

Ñbel…skoj. Sull’etimologia di ‘obelós’, vd. RAGONE 2006, pp. 60–64. In precedenza,Plutarco (Lys. 17, 5) aveva nominato gli spiedi attribuendo loro una valenza moneta-ria, senza però riferirsi al particolare caso spartano, ma più genericamente ad unaforma universale della prima valuta greca.

32 Il ruolo attribuito a Fidone nella creazione della moneta coniata, noto nonprima del V sec. d.C. con Orione di Tebe (s.v. ÑbelÒj), risulta essere un’invenzione(la notizia sembra debba risalire ad Eraclide Pontico, fr. 152 Wehrli): egli si limitòalla riforma di m√tra, ovvero un’operazione di ricalibratura riduttiva delle unità pon-derali. Cfr. RAGONE 2006, pp. 90–101. La dedica degli spiedi all’Heraion di Argo sispiegherebbe quindi non come un atto di «demonetizzazione», ma di consacrazionedei vecchi mezzi della circolazione, in seguito al riassetto dei pesi e delle misure con-cordemente attribuito a Fidone (vd. COOK 1958, pp. 257–59).

33 Hsch. s.v. p√lanor, p 1286 Latte. Su un’altra glossa (Hsch. s.v. ƒppÒpor, p1848; cfr. 849) chiama la moneta di ferro ƒppÒpor, forse da ‰ppoj e per questo è statoipotizzato che sulla focaccia fosse impressa una protome equina. Vd. FIGUEIRA 2002,p. 137. NENCI 1974, pp. 654–55 afferma che l’obelós di ferro fosse anche chiamatopelanos, perché entrambi avrebbero subito un processo di trasformazione da offertavotiva a valuta.

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santuario di Artemis Orthia, databili dall’età geometrica sino all’iniziodel III sec. a.C.34 (Tav. I, 4), la seconda non ha riscontri archeologici35.

Una terza ipotesi, già accennata in precedenza, è stata avanzata daB. Laum36, che individuava nei falcetti di ferro offerti ad ArtemisOrthia il nómisma spartano37. In nessun contesto, e in particolar modoin quello spartano, le falci sono da considerare una documentazioneattendibile per mancanza assoluta di fonti letterarie ed epigrafiche checi possono confermare un loro uso monetario, al pari degli obeloí. ASparta l’infondatezza di questa ipotesi è ulteriormente dimostratadalla cronologia dei falcetti in ferro trovati nel santuario di ArtemisOrthia, posteriori al IV sec. a.C.38.

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34 Vd. n. 17. La datazione degli spiedi più recenti trovati nel santuario coincide-rebbe con l’inizio della prima monetazione d’argento spartana, implicando così unaloro funzione monetale, oltre quella votiva (cfr. HODKINSON 2000, pp. 162–3). Il pas-saggio degli spiedi da strumento per arrostire le carni e per la distribuzione egualita-ria nei sacrifici e nei banchetti comuni a strumento pre–monetario avviene per «sosti-tuzione», da obelós ad obolós: l’obelós rappresenta anche la ‘porzione’ di carne infil-zata (vd. LAUM 1925) ed è quindi espressione di un’unità quantitativamentedeterminata del valore di uno o più porzioni di carne, rappresentato dalle loro di-mensioni e peso. Vd. PARISE 2000, pp. 28–39. La distribuzione egualitaria delle carnirispecchia la definizione di eguali diritti politici dei partecipanti ai syssítia e fonda lamisura astratta del valore: cfr. VERNANT 1976; LEPORE 1978, pp. 219–24; MUSTI1981, pp. 55–62.

35 L’identificazione di pelanóres a Sparta è molto dubbia: cfr. LAUM 1925 incontrasto con MICHELL 1946–7; BLINKENBERG 1926, p. 108.

36 LAUM 1925 fece propria la teoria di POULSEN 1910 (ribadita poi da VONWILAMOWITZ–MOELLENDORF 1937, pp. 521–522), secondo la quale i dr√pana ven-gono inclusi tra gli utensili usati con funzioni monetarie, in seguito al rinvenimento diuna cinquantina di falci in ferro nella «grande fossa» di Rhenea, simili alle roncole diSenofonte (Cyn. 2, 9) o di Polluce (5, 19) o a quelle trovate a Sparta nel santuario diArtemis Orthia. Laum stabilì che i “segni premonetari” quali il tripode, il lebete, lospiedo, l’ánkyra, il pélekys e il drépanon, fossero divenuti tale perché strumenti del sa-crificio, hierá chrémata, instrumenta sacra, avvalorando in tal modo la sua teoria sul-l’origine religiosa del denaro. Ognuno di questi segni premonetari avrebbe avutomodi di circolazione differenti e le falci sarebbero da identificare proprio con il sidéroun nómisma spartano tramandatoci dalla tradizione confluita in Polluce (9, 79).

37 ROSE 1929, p. 406. 38 A Sparta le falci erano date in premio ai vincitori del paidikos agon, dedicate

poi ad Artemis Orthia fino al III sec. d.C. (per le dediche si veda WOODWARD 1929a,pp. 296–353) ed è inaccettabile ritenerle il sidéroun nómisma spartano, come invece

RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

Il silenzio delle fonti documentarie non ci consente di azzardarenessuna ipotesi riguardo la forma, né di avvicinarci a una delle tre fi-nora avanzate. L’unica tra quelle proposte ad essere attestata archeolo-gicamente è l’obelós rinvenuto ad Artemis Orthia, la cui datazione sa-rebbe congrua con quella della monetazione spartana. Questo stru-mento pre–monetario appare nella tradizione di tutta la Grecia nelruolo di misura generale del valore valido ovunque. Gli spiedi trovatiad Artemis Orthia non possono essere identificati con il sidéroun nó-misma di cui parlano le fonti, ma semplicemente come il sistemapre–monetale in uso a partire dall’VIII sec. a.C. non solo a Sparta, main generale in tutta la Grecia39 e che, insieme ad altri mezzi pre–mone-tali, consentiva gli scambi commerciali tra società caratterizzate daun’economia monetaria ormai sviluppata ed evoluta.

Si è provato a spiegare la scelta del ferro innanzitutto per la ric-chezza mineraria della Laconia40, ipotesi plausibile se non fosse che al-tre città utilizzavano come mezzo di scambio una moneta di ferro, puressendo prive di giacimenti minerari, come ad esempio Bisanzio41; unaseconda ipotesi, che trova maggior riscontro rispetto a quella prece-dente, spiega la scelta del ferro come una politica volta a scoraggiare leimportazioni di beni superflui42 e a isolare la città dai rapporti con ilmondo esterno, frenando la circolazione e la tesaurizzazione. Nonconvince del tutto nemmeno questa seconda ipotesi, perché, come ap-

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fa LAUM 1925. A questo proposito si veda PARISE 1987, pp. 51–57 e PARISE 2000, pp. 91–99, che si oppone alla teoria delle falci come segno pre–monetario, asserendoanzi che questi utensili con valore monetale sembrano addirittura essere un’inven-zione moderna non essendoci traccia nelle fonti letterarie ed epigrafiche.

39 Ad esempio, oltre a quelli di Argo già ricordati, spiedi di ferro sono stati tro-vati nell’Heraion di Samo (vd. FURTWÄNGLER 1980); da Erodoto (3, 135) veniamo aconoscenza di spiedi di ferro mandati a Delfi da Rodopi, la cortigiana vissuta inEgitto sotto il regno di Amasi; così come le dramme dell’iscrizione di Perachora (vd.WADE–JERY 1940, p. 257 n. 1) e quelle dell’inventario dei Tespiesi (vd. PLATON –FEYEL 1938).

40 MICHELL 1946–7, pp. 42–4.41 A fare questa osservazione è NENCI 1974, pp. 639–57 da un confronto con al-

tre città che utilizzano una moneta convenzionale in cuoio o ferro. Sulla moneta diferro di Bisanzio, vd. MARTINELLI 2003.

42 BLAKEWAY 1935.

VALERIA TOSTI

profondiremo in seguito, gli scambi commerciali potevano avvenirecon mezzi differenti da quello monetario. Forse le motivazioni chestanno dietro la scelta del ferro si possono comprendere alla luce delprocesso di addolcimento che trasformava il ferro in ferro dolce, nonpiù utilizzabile per un’eventuale rifusione, trattandosi di un processoirreversibile43. Contrariamente alla politica monetaria, coniare il side-ros spartano significava sottrarre valore al metallo utilizzato – il valorereale – a favore del valore teorico, rispecchiando così i principi dellasocietà spartana. Non si tratta solamente del rifiuto ideologico dellamoneta e della ricchezza. Il ferro per la società spartana rappresentaval’arma da guerra e lo strumento da lavoro. Con la tecnica della temprain aceto, il ferro monetato sarebbe divenuto inadatto alla rifusione eriutilizzazione, come ad esempio per forgiare strumenti da utilizzare inguerra e nei lavori agricoli, le due attività basilari della società spar-tana. Per evitare la contaminazione, si trasformava il metallo in ferroaddolcito, segnando una profonda linea di demarcazione tra le attivitànobili per l’uomo spartano, la guerra e il lavoro agricolo, e le attivitàlucrose, per questo considerate immorali, quali il commercio e la te-saurizzazione.

Dunque, l’unica vera certezza di cui disponiamo e su cui concor-dano tutte le fonti letterarie è il valore del nómisma spartano, esclusi-vamente nominale e non reale, oltre che inesistente dopo la tempranell’aceto. Sul valore monetario le fonti sono molto dettagliate: Plu-tarco negli Apophthegmata Lakonika indica che una moneta di ferropesa quanto 1 mina eginetica44, cioè 630 g e ha il valore di 4 chalkoí 45.L’autore si sofferma sulla contraddizione tra l’alto valore che questamoneta aveva a Sparta e lo scarsissimo suo valore oltre i confini della

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43 Il processo di addolcimento con l’aceto ci viene tramandato da molte fonti,tra le quali si ricorda Plut. Lyc. 9, 3; Lys. 17, 4: “il minerale appena estratto dal fuoco,veniva subito temprato nell’aceto, perché non si potesse rifondere e la tempra lo ren-desse tenero e inutilizzabile” (trad. di G. Pisani). Cfr. anche Cato maior 30, 1; Poll. 9,79. Per un approfondimento del processo di lavorazione del ferro nell’aceto, vd. Ap-pendice in FIGUEIRA 2002, pp. 160–1.

44 Plu. Mor. 226, D 5.45 Una glossa di Esichio (s.v. p√lanor, p 1286 Latte) conferma questa corrispon-

denza con 4 chalkoí.

RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

città: in effetti il rapporto tra il ferro dolce spartano e l’argento egine-tico è di 1:1800 (630 g di ferro corrispondono a 0,35 g d’argento)46.Già C.O. Müller riteneva che il rapporto 1:1800, ricavato dall’infor-mazione di Senofonte47, svalutasse troppo il ferro spartano48. T.J. Fi-gueira è della stessa opinione, confrontando i rapporti tra ferro ed ar-gento eginetico di altre poleis greche, tramandatici da iscrizioni49, e ri-tiene che il valore del pélanor sia stabilito su basi ideologiche e non sueffettivi rapporti di mercato. S. Hodkinson, invece, afferma che per ilrapporto ferro–argento la fonte di Plutarco sia attendibile: si potrebbetrattare di un trattato di Dicearco o della “Costituzione degli Spar-tani” di Aristotele50, e perciò tale rapporto risalirebbe al IV sec. a.C.,periodo coincidente con l’abbondante afflusso di oro e argento du-rante l’egemonia spartana, che avrebbe causato una forte caduta delvalore del ferro. D’altronde – nota ancora Hodkinson – il rapportonon è poi così lontano da quello calcolato da P. Courbin di 1:2000 pergli spiedi di ferro trovati in contesti arcaici51. Ma la forma con la qualeil rapporto è espresso in Plutarco non si può far risalire all’età arcaica,epoca nella quale non esistevano ancora i chalkoí52. Questa forte di-screpanza tra il valore del ferro e dell’argento si spiega non solo subasi ideologiche, come vuole T.J. Figueira, ma anche su decisioni con-venzionali prese dalla polis in base alle oscillazioni di valore relative aquesti due metalli, come afferma S. Hodkinson53.

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46 SEGRÈ 1928; HODKINSON 2000, pp. 163–4; FIGUEIRA 2002, p. 139.47 X. Lac 7, 5–6.48 MÜLLER 1839, p. 15.49 FIGUEIRA 2002, p. 139, n. 11: nel IV secolo a.C. a Delfi il rapporto tra ferro e

argento eginetico era di 1:133 – 1:480 (CID 49.II. 11–20; 56.I.83–6; 59.I.13–23,II.69–73); ad Epidauro (inizi IV sec. a.C.) era di 1:375 – 409 (IG IV².1 103 B.65, 80,83, 92, 98, 112, 114, cfr. 131, 133, 136, 138); a Delo nel III sec. a.C. era di 1:100 –1:250 (IG IX 158.79–81, cfr. 142.48, ID 406A.80–1).

50 HODKINSON 2000 nel capitolo 2 afferma che la fonte di cui si serve Plutarcoper questa opera dei Moralia è poco attendibile.

51 COURBIN 1959.52 I chalkoí probabilmente iniziano a circolare dal IV sec. a.C., quando si diffonde

la moneta di bronzo nel mondo greco. A riguardo cfr. PRICE 1968; PICARD 1989.53 Vd. HODKINSON 2000, p. 164.

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Rimane comunque oscuro l’effettivo potere di acquisto, che sipuò ipotizzare molto basso, avendo appreso dalle fonti il valore pon-derale e il rapporto con l’argento eginetico. Lo stesso Senofonte54 esuccessivamente Plutarco55 sottolineano il carattere ingombrante diquesta moneta, dal grande peso e poco valore intrinseco, difficile datrasportare56.

Possesso pubblico e privato della moneta coniata

La testimonianza plutarchea (Lyc. 9, 4–9) ha fissato l’immagine diSparta come una società autarchica che rifiuta la ricchezza e ogni benedi lusso e che utilizza solamente una moneta di ferro priva di valore in-trinseco. In realtà, la stessa tradizione letteraria offre più informazionidi quanto si creda, se analizzata criticamente e considerata nel suocontesto storico preciso.

Prima di tutto bisogna ricordare una data fondamentale per la so-cietà e l’economia spartana, il 404 a.C., anno conclusivo della guerradel Peloponneso e iniziale della sua egemonia su tutta la Grecia. Inquesto periodo Sparta si trova inondata improvvisamente di monetastraniera, come testimoniano nel dettaglio Plutarco in Vita di Lisandro(16, 17) e in Apophtegmata Lakonika (10 B) e Diodoro (13, 106. 8–9)57.Essi ci tramandano l’episodio di Gilippo, che tornò a Sparta subitodopo Egospotami (marzo 404 a.C.) con una parte del cospicuo bot-

40

54 X. Lac. 7,5.55 Plu. Lyc. 9, 1–5; Lys. 17, 1–5.56 Plu. Lyc. 9, 2: “kaˆ toÚtJ d/¢pÒ polloà staqmoà kaˆ Ôgkou dÚnamin Ñl…ghn

œdwken, ìste dška mnîn ¢moib∆n ¢poq»khj te meg£lhj ™n o„k…v de‹sqai kaˆ zeÚ-gouj ¥gontoj”.

57 Plutarco cita nel testo (Lys. 17, 3; 19, 5) le sue due fonti, Teopompo ed Eforo,due scrittori di IV sec. a.C. che saranno stati ben informati della politica di quel pe-riodo. Diodoro, nella descrizione degli eventi, sembra essere più distaccato e più atti-nente ai fatti rispetto a Plutarco, che aggiunge spesso note di carattere morale. Il pen-siero plutarcheo è stato influenzato dalle fonti di IV secolo a.C., come ancora nel IIsecolo è accaduto a Polluce (9, 79) e Filostrato nella Vita di Apollonio di Tiana(4, 32), e agli scrittori successivi sino al lessicografo Esichio.

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tino. Il generale spartano si appropriò indebitamente di una parte diesso per una somma pari a 1500 talenti e la nascose sotto le tegoledella propria casa. Alla consegna dei sacchi con le monete, gli efori siaccorsero immediatamente del denaro mancante e, dopo aver fattochiarezza sul misfatto, Gilippo venne mandato in esilio. Gli Spartiatipresero spunto da quest’episodio per attaccare Lisandro che aveva in-trodotto grosse somme di denaro e chiesero agli efori di purificare lacittà dalla contaminazione. La proposta di Lisandro di introdurre aSparta una moneta coniata fu a questo punto bocciata (Plu. Lys. 17,6), ma si decise di tenere le monete d’oro e d’argento del bottino diEgospotami solo per uso pubblico e fu stabilita la pena di morte perchiunque fosse stato trovato in possesso di denaro. Una delle vittime di questo provvedimento fu Thorax, un amico di Li-sandro, colto in flagrante detenzione privata di denaro58.

Il 404 a.C. funge da vero e proprio spartiacque: prima di questadata le fonti letterarie non documentano una proibizione di metallipreziosi né tanto meno di ricchezza in forma di moneta59.

Alcmane (fr. 1, vv. 64–65) descrive una ragazza spartana di nomeHagesichora con indosso un braccialetto d’oro; Erodoto (6, 86; 8, 5) citramanda la storia di Glaukos e del milesio che gli affidò metà del suopatrimonio, con la promessa di restituirlo ai suoi eredi; il suo rifiuto direstituzione del denaro, se non dopo la consultazione da parte diGlaukos dell’oracolo delfico, ebbe come conseguenza lo sterminiodella sua famiglia60. Sempre Erodoto (3, 56) riporta una versione, chelui stesso definisce meno attendibile ma più diffusa, secondo la quale

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58 Plu. Lys. 19, 7. 59 Questa riflessione non di poco conto è emersa con le ricerche di COZZOLI

1979 e recentemente con HODKINSON 2000, pp. 165–7, CHRISTIEN 2002, pp. 172–3,FIGUEIRA 2002, pp. 137–70.

60 Dal passo erodoteo si evince che ricevere denaro non era una pratica così insolita e contraria alle leggi spartane, ma anzi che rientrasse nell’antica xenía (vd. FIGUEIRA 2002, pp. 153–4). La sua punizione “divina” non è conseguenza della de-tenzione privata di una somma di denaro, ma del fatto che egli, sensibile al fascinodella moneta, non l’abbia voluta restituire alla richiesta degli eredi come i patti preve-devano.

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Policrate avrebbe convinto i Lacedemoni a rinunciare all’assedio diSamo consegnando loro una gran quantità di moneta locale dipiombo, ricoperta d’oro, attestando così una scarsa conoscenza, al-meno a quel periodo, della valuta. Tucidide (1, 114; 2, 21. 1) ricorda lacorruzione dello spartano Pleistonax da parte di Pericle per evitarel’invasione dell’Attica nel 446 a.C.61.. Nel discorso di Pericle (1,140–144), Tucidide mette in luce la penía degli Spartani, definendoliautourgoí, che “non hanno denaro né privato né pubblico” e per que-sto impossibilitati ad affrontare impegni bellici prolungati62.

Da questi passi non risulta una qualche legge suntuaria o un di-vieto di possedere moneta, proibizione che invece compare nelle fontiletterarie a partire dagli inizi del IV sec. a.C., in seguito ai fatti del 404a.C. Senofonte, nella Lakedaimon…wn Polite…a, è il primo a nominareLicurgo e il suo divieto, scrivendo che «a Sparta, invece, Licurgoproibì agli uomini liberi di dedicarsi ad alcuna attività lucrativa... (Li-curgo) impedì nel modo seguente che si arricchissero illecitamente.Per prima cosa stabilì una moneta tale che dieci mine solamentegiunte in casa non potessero restare nascoste né a servi né a padroni:sarebbe servito, infatti, grande spazio e un carro da trasporto. (6) Inol-tre oro e argento sono oggetto di investigazione e se si trova colui che

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61 Dalla testimonianza tucididea emerge come la pratica della corruzione nonfosse un esercizio insolito nel mondo antico, tanto che Pericle era avvezzo a corrom-pere i comandanti degli eserciti per ritardare l’invasione dell’Attica. La colpa del gio-vane comandante spartano non fu quella d’aver preso una somma di denaro, ma dinon aver rispettato il piano militare. La corruzione di Pleistonax, considerato chevenne richiamato a Sparta con speciali onori, sia pure per intervento dell’oracolo del-fico (Th. 5, 16, 3), non fu mai veramente verificata.

62 Il passo tucidideo contrappone volutamente il sistema ateniese, visto comecompiuto processo economico, a quello spartano, un sistema agrario e desultorio, in-capace di sostenere le spese di una guerra come quella appena iniziata. Tucidide èateniese e attribuisce a Pericle un discorso che incoraggia i suoi concittadini nellacontinuazione della guerra contro un nemico inferiore prima di tutto da un punto divista economico, che ha bisogno di hierá chrémata. Le guerre sono sostenute dalle ec-cedenze e difatti il sistema economico ateniese è fondato sulle periousíai (BULTRI-GHINI 1999). Il tema della ricchezza fu ad Atene uno degli argomenti chiave a soste-gno o contro la guerra del Peloponneso e il passo di Tucidide è una fin troppo chiaraprova della volontà interventista di Pericle.

RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

li possiede, egli viene punito. Perché dunque si dovrebbe desiderare diessere ricchi lì dove il possesso porta maggior dolore anziché il suo go-dimento felicità?»63.

Platone in due dialoghi, l’Alcibiade I (122D–123A) e l’Ippia mag-giore (283B e D), descrivendo la Sparta subito dopo la guerra del Pe-loponneso, non fa alcun accenno alla proibizione del possesso di me-tallo prezioso, anzi parla di una Sparta molto ricca64. Solo nella Repub-blica (547b–548b), testo più tardo, inserisce la nozione di divieto: ilfilosofo nel suo trattato non vuole ritrarre la forma attuale ma si ispirasenza dubbio alle caratteristiche essenziali della società spartana. Nel-l’ultimo dei suoi dialoghi, le Leggi (742 A–B), scritto pochi anni primadi morire, Platone approva il rifiuto della moneta d’oro e d’argento infavore di quella di ferro, ammettendo tuttavia l’uso dell’˜llhnikÒn

nÒmisma nei traffici internazionali. Anche Platone, come Senofonte, èingannato dall’idea che l’interdizione della ricchezza in forma di mo-neta fosse caratteristica fondamentale della società spartana.

Altro spettatore della situazione del IV secolo è Aristotele, chenella Politica (1271b 10–18) accusa Licurgo di aver reso la città privadi risorse (¢cr»maton), con una forte bramosia di denaro da parte deiprivati cittadini, sottolineando il declino morale spartano a lui contem-poraneo.

Le testimonianze letterarie del IV sec. a.C. appena analizzate de-finiscono l’immagine di una Sparta anti–crematistica, ne esaltano la vi-sione tradizionale aneconomica e il rifiuto ideologico dello scambioeconomico come mezzo privilegiato di acquisizione dei beni, ma poicadono in errore, proiettando tale visione reale aneconomica nellaproibizione del possesso della moneta. Gli autori inoltre concordanoall’unisono nell’attribuzione della moneta di ferro a Licurgo, pro-vando non la volontà storica, quanto l’autorità della tradizione.

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63 X. Lac. 7, 5–6 (traduzione di LUPPINO MANES 1988); cfr. 14, 3. 64 Pl. Alc. I, 122 D–123 A: «grandi somme di oro e argento entravano a Sparta,

ma non usciva mai nulla»; Pl. Hp.Ma. 283 B e D: l’affermazione di Ippia sulla grandedisponibilità di chremata degli Spartani, a differenza di quello che pensava Socrate,scatena una critica platonica alle società oligarchiche devote alle attività militari chedevono abbandonare ogni forma di bramosia e avidità. La chremastiké (capacità diacquistare) non si concilia con l’areté, anzi è il principio opposto (Repubblica, 550E).

65 Epigrafe conservata nel museo archeologico di Sparta (6656) e trovata reim-piegata nell’architrave della porta d’ingresso della chiesa di Agh. Vasileios Arkasades(lungo la strada per Chirokampi). Questa tesoreria probabilmente fu creata per ser-

VALERIA TOSTI

Altro testimone del rapporto degli Spartani con la ricchezza è Po-libio (6, 49; 8, 10) che sottolinea l’inadeguatezza della moneta di ferroper intraprendere una qualunque spedizione militare e per soddisfarei bisogni primari.

Questa discrepanza fra le testimonianze letterarie precedenti equelle successive il 404 a.C. è la conseguenza diretta degli eventi succes-sivi alla vittoria nella guerra del Peloponneso e al noto misfatto di Gi-lippo: tutta quella ricchezza andava ad incidere sui comportamenti esulle relazioni economiche, oltre che politiche e sociali degli spartani,che rifiutavano ideologicamente l’accumulo di ricchezza perché causadi comportamenti deplorevoli. Se fino al V sec. a.C. gli scrittori non sierano particolarmente interessati al modo di commerciare degli spar-tani e ai loro mezzi di scambio, perché non dissimili da quelli utilizzatidalle altre poleis arcaiche e classiche, dopo la vittoria nella guerra delPeloponneso si focalizzano tutte le attenzioni su Sparta. Il ruolo politicoassunto dopo il 404 a.C. incise sia sulle relazioni interne alla polis stessasia nei rapporti con l’esterno: solo dagli inizi del IV sec. a.C. gli scrittoriinterpretano quella che era una semplice attenzione ai pericoli del de-naro nel rispetto dei valori cittadini in una proibizione del possesso pri-vato della ricchezza in moneta, con l’obbligo di utilizzare una moneta diferro addolcito per scambi interni. Il passaggio evidente nelle fonti let-terarie di IV sec. a.C. ha fatto cadere in errore molti studiosi, che hannovoluto vedere in tale proibizione della ricchezza, prima non manifesta,la nascita della moneta di ferro. Pur non condividendo tale ipotesi, dob-biamo in ogni caso riconoscere al vincitore di Egospotami la volontà diun cambio radicale della politica economica della propria città, in se-guito al nuovo ruolo ricoperto da Sparta e all’enorme afflusso di denaroche arrivò con il bottino del 404 a.C. Tra le sue proposte, quella appro-vata fu la possibilità di creare un tesoro pubblico (Plu. Lys. 17, 6), a usoesclusivo dei bisogni dello Stato. Abbiamo attestazioni epigrafiche sul-l’esistenza di un tesoro pubblico per ottemperare alle necessità e allespese previste nella guerra del Peloponneso (IG V 1.1)65, la cui data-

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RIFLESSIONI SULLA MONETA DI FERRO SPARTANA

zione è pero controversa e viene fatta oscillare tra il 420 e il 380 a.C.:W.T. Loomis dimostra che una datazione successiva al 404 a.C. è impos-sibile; così come non è accettabile una datazione alla guerra archida-mica, mentre più probabile come anno per la creazione del tesoro sem-bra essere il 411 a.C.66. A prescindere dall’esatta datazione, per la qualepropendiamo per il 411 a.C., l’iscrizione risulta di notevole importanzaperché elenca i contributi degli alleati spartani nella guerra del Pelo-ponneso conservati nel tesoro. Dall’analisi dell’iscrizione emerge chia-ramente che le donazioni erano nella forma più conveniente ai donatorie non era imposto uno specifico e unico nominale67. W.T. Loomis notache quando viene specificata la donazione in argento (3 volte), si trattadi moneta non coniata, mentre negli altri casi nei quali è scritto “sta-tere” o “mina” si intende moneta coniata68. Riteniamo probabile che iltesoro custodisse i contributi degli alleati spartani durante la guerra delPeloponneso e che dunque fosse una riserva speciale per un’occasioneparticolarmente dispendiosa, ma che esistessero contemporaneamentee precedentemente altri tesori pubblici. Di diversa opinione è D. Mustiche non crede nell’esistenza a Sparta di un tesoro pubblico prima dellafine del V sec. a.C.69.

Lo stato spartano avrà avuto bisogno già molto prima del 431 a.C.di una riserva pubblica per affari esteri, per ambascerie70, per nutrire esostenere i suoi militari71 e per uso politico. Il possesso di ricchezza daparte dello Stato serviva anche per affari con i cittadini72. Per poter af-

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vire tutte le spese previste dalla guerra, come provano alcune testimonianze di paga-menti in moneta: nel 420 a.C. Brasida dovette pagare i mercenari arruolati per la spe-dizione verso Nord(Th. 4, 80); nel 408–7 a.C. ci fu da pagare il riscatto di prigionieri;nel 413–2 a.C. vene costruita la flotta, grazie anche ai contributi persiani e delle cittàgreche alleate (Th. 8, 28–29, 44, 101; X. HG. 1, 5.2–7 e 6, 12).

66 Vd. LOOMIS 1992 e cfr. le altre datazioni ipotizzate in CAH vol. VI², p. 28 n.17; MATTHAIOU–PIKOULAS 1989, pp. 77–124; MEIGGS–LEWIS 1989, n. 67, pp.181–84; THEMOS 2006 in ‘Athens–Sparta’, n.160, pp. 272–273.

67 HODKINSON 2000, pp. 168–170, tav. 2.68 LOOMIS 1992, p. 79.69 Si veda MUSTI 1981, pp. 129–30.70 CAWKWELL 1983, p. 96; CARTLEDGE 1987, p. 88; FLOWER 1991, p. 92.71 VERNANT 1970, p. 265.72 Le multe e il pagamento dei syssítia sono due esempi.

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frontare queste spese, Sparta si basava sui proventi di esazioni fiscali,come quelli derivanti dai pagamenti delle multe73, dai bottini di guerra74

e dagli scarsi tributi pagati dai perieci ed iloti75. Come è stato possibilededurre dalla lettura dell’iscrizione IG V 1.1, dobbiamo supporre cheanche i contributi interni conservati in tesori statali fossero in nominalidiversi o anche in lingotti, dal momento che gli spartani dovevano avereuna buona conoscenza dell’economia monetaria e dei cambi76.

In realtà non era solo lo Stato a possedere moneta coniata e me-tallo prezioso prima della legge promulgata da Lisandro, ma ancheprivati cittadini, coinvolti in transazioni private (acquisto, vendita,prestito, scambio, contratti) o in transazioni economiche con la polisstessa. Gli Spartiati erano famosi per le loro capacità atletiche e per levittorie olimpiche, gare alle quali si poteva partecipare solo se si era inpossesso di un buon capitale, specialmente nella gara dei carri, perl’acquisto e il mantenimento del carro e dei cavalli77. Inoltre molti vin-

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73 Le multe venivano emesse in pelanóres, ma con un ragguaglio ponderale inmonete eginetiche, dimostrando una consapevolezza dell’economia monetale e unachiarezza della gravità della sanzione anche ai non spartani. Il primo caso di multa at-testato dalle fonti fu quello già citato di Pleistonax per una somma pari a 15 talenti;nel 418 a.C. Agis fu minacciato con una punizione simile (100.000 dracme) per nonaver occupato l’Argolide (Th. 5, 63, 2–4).

74 Sappiamo che l’esercito spartano era l’unico, a partire dall’epoca classica, adessere accompagnato da venditori ufficiali di bottino, i laphyropólai (X. Lac. 13, 11;HG. 6, 1, 26), che avevano il compito di venderlo durante la campagna militare, fa-cendo arrivare a Sparta solo i proventi di quelle vendite. È improbabile pensare chequeste transazioni avvenissero solo in lingotti e mai in moneta coniata (vd. HODKIN-SON 2000, pp. 168–170).

75 Nella società spartana i tributi erano pagati in gran parte con i beni di primanecessità, prodotti da perieci ed iloti.

76 Unica eccezione è rappresentata dal passo di Erodoto (3, 56) che ci narradell’episodio di Policrate (vd. p. 13), dimostrando a quell’epoca una scarsa cono-scenza monetaria.

77 Per COZZOLI 1979, p. 89, la possibilità di allevare cavalli è limitata a ceti be-nestanti e di conseguenza la scelta degli hyppeîs ricadeva tra questi elementi. Le con-dizioni che stabilivano i criteri di cittadinanza erano particolarmente restrittive (vd.HODKINSON 2000, pp. 190–99), con un elevato censo che permettesse loro di procu-rarsi privatamente una panoplia e contribuire ai syssítia (Arist. Pol. 1271a 26–37). Peruna stima dei costi connessi, nel V sec., alla partecipazione alla corsa delle quadrighenei giochi olimpici cfr. GRIBBLE 2012, pp. 45–71.

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citori olimpici commissionavano per la loro vittoria statue a grandezzanaturale di bronzo o stelai per lo più a titolo privato78. In un caso sap-piamo con certezza che lo scultore fu Mirone di Atene (Paus. 6, 2,2–7), incaricato da Arcesilao; celebre è il caso di Polykles, vincitorenella quadriga ad Olimpia nel IV sec., che aveva il soprannome diPolychalkos «ricco di bronzo»79.

Altro esempio di possesso privato di ricchezza è fornito dalle te-stimonianze di episodi di corruzione (ad es. Thorax e Glaukos), di cuisi è accennato sopra, che attestano la possibilità da parte di privati diaccumulare ricchezze.

L. Burelli Bergese ipotizza che ai re era permesso il possesso didenaro e metalli preziosi, come si evince dalle fonti80.

La proibizione di denaro a Sparta approvata nel 404 a.C. dovettedurare molto poco, se già nel 362/1 a.C. un’iscrizione di Delfi (CID II,1–30) attesta una donazione per la ricostruzione del tempio di Apolloda parte di privati cittadini, tra i quali compaiono nomi di spartani81:questa testimonianza è una prova, secondo S. Hodkinson, della cessa-zione della proibizione del possesso di metalli preziosi e monete co-niate da parte di privati a quest’epoca82. Probabilmente l’applicazione

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78 Vd. NAFISSI 1991, pp. 163–164 e in particolare alla nota 43, dove vengonoelencate alcune vittorie atletiche di Spartani e le rispettive dediche fatte sia a Spartache ad Olimpia. Si ricorda la stele di Damonon (IG V 1,213= Moretti IAG 16), dovesi fa riferimento alle varie vittorie, in particolare a quelle in cui Damonon aveva gui-dato il carro trainato dai cavalli da lui stesso allevati. Da ultimo, cfr. NAFISSI 2013,pp. 105–174, con bibliografia precedente.

79 Cfr. Paus. 6, 1,7. Secondo MORETTI 1957, la vittoria nella quadriga è del 440a.C.; per ROBERT 1900 è del 424 o 428 a.C., corrispondente alla 88º o 89º Olimpiade.

80 BURELLI BERGESE 1986 cita come fonti a sostegno della sua ipotesi Erodoto 9,81 che parla di 10 talenti dati al re Pausania dopo Platea; Tucidide 5, 63,2 che ri-corda la multa di 100.000 dracme ad Agide II e in 5, 16,3 la corruzione di Pleistonaxcon 10 talenti da parte di Pericle.

81 L’iscrizione ricorda anche i contributi ufficiali fatti dai Lacedemoni come po-lis: 2,542 dracme nella primavera del 361 a.C.; 7,120 dracme 2½ oboli nell’autunnodel 360 a.C.; 32 dracme nel 358 a.C. e 510 dracme nella primavera del 336 a.C. (CIDII 4.I. 33–34, 4.2, 48–54).

82 Vd. HODKINSON 2000, pp. 174–6, secondo il quale le offerte degli spartaniavvennero quasi certamente in argento coniato, dal momento che il loro versamentofu registrato nella stessa maniera di quella degli altri greci. Si potrebbe anche ipotiz-

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di questa legge all’inizio fu molto severa, soprattutto nei confronti deisostenitori di Lisandro. L’oligarchia conservatrice spartana temeva lasua spinta innovatrice e il suo crescente potere dopo la vittoria a Ego-spotami e tentava in ogni modo di opporsi, percorrendo anche stradeestreme, come l’uccisione di uno dei suoi sostenitori.

Se dalle fonti letterarie è emerso che la proibizione della ricchezzadivenne un divieto solo dopo la vittoria nella guerra del Peloponneso,nella realtà dei fatti Sparta richiese ingenti somme di denaro ai Persianiin occasione di quella stessa dispendiosa guerra. Secondo T.J. Figueira aSparta, così come in altre realtà poleiche, doveva esistere un sistema si-mile al cosiddetto mercato nero, sottratto cioè al controllo pubblico:nessuna polis disponeva di un apparato sufficientemente adeguato a eli-minare trasgressioni economiche, praticate da soggetti al di fuori deiconfini dei mercati ufficiali83. Leggendo Platone (Alc. I, 122e–123b) ci sichiede dove fosse nascosta tutta quella ricchezza posseduta dagli Spar-tiati, visto che «si vedono tracce di denaro che entra, mai di denaro cheesce» e come poter conciliare questa notizia con la richiesta di aiuti fi-nanziari da parte degli alleati greci e Persiani nella guerra del Pelopon-neso84. D. Musti, come si è detto, spiega questo fenomeno con il con-cetto di «tesaurizzazione rimossa», cioè una tesaurizzazione dissimulatae inutilizzabile, anche per spese militari eccezionali85. Di fatto è come senon vi fosse stato denaro a Sparta e ciò autorizza Tucidide a far dire aPericle che i Peloponnesiaci (generalizzazione al Peloponneso di una si-

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zare che il divieto di possesso di ricchezza monetata previsto dalla legge del 404 a.C.non fosse esteso oltre i confini della Laconia e che gli spartani potessero utilizzare al-l’estero monete conservate in qualche deposito fuori i confini del territorio lacone.

83 FIGUEIRA 2002, p. 160.84 Oltre agli aiuti finanziari da parte dei Persiani, Tucidide testimonia che dopo

l’occupazione ateniese di Egina, gli abitanti dell’isola trovarono rifugio nella Tirea-tide, nel territorio spartano, e qui continuarono a battere moneta (Th. 2, 27,1–2).Questa notizia, supportata da fonti epigrafiche, conferma l’esistenza di aiuti econo-mici da parte degli Egineti durante la guerra del Peloponneso. Vd. FIGUEIRA 1998,pp. 121–23.

85 MUSTI 1981, pp. 80-88, pp. 129-130. Sul mancato utilizzo di questa ricchezzasi veda Th. I, 141, 3. Musti riconosce alla moneta di ferro la funzione di mezzo discambio, ma in forme frenanti, paragonabile al baratto, proprio per il suo essere in-gombrante e poco maneggevole, oltre che per il suo valore puramente convenzionale.

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tuazione che vale solo per Sparta) non hanno né ídia né koiná chre-mata86. Pericle però poi aggiunge che gli spartani possono attingere aglihierá chrémata, cioè tesaurizzati in santuari, come quelli di Olimpia eDelfi. Esisteva anche una «tesaurizzazione rimossa» privata, perché at-tuata fuori i confini della città o praticata di nascosto e ciò permise aPlatone nella Repubblica (8, 548 a–c) di etichettare gli Spartiati come«uomini timocratici, avari delle loro ricchezze che non le posseggonomanifestamente».

Possedere depositi fuori Sparta non era illegale: l’episodio diGlaukos narrato da Erodoto dimostra che non era illecito riceveregrosse somme di denaro per i cittadini spartani e le fonti sono concordinel dire che essi fossero soliti depositare le loro ricchezze fuori città.Ateneo (6, 23–25, 233d–234 c) riprende Posidonio (Fgr Hist 87 F48=240 Edelstein–Kidd) per testimoniare che i Lacedemoni potevanoeludere il divieto di possedere denaro, rimanendo nella legalità, crean-dosi depositi all’estero, per esempio presso gli Arcadi confinanti. Que-ste due fonti letterarie trovano probabilmente conferma in un’iscri-zione della metà del V secolo su lamina di bronzo, rinvenuta nel san-tuario di Athena Alea a Tegea87: l’iscrizione riguarda disposizionirelative alla donazione e al testamento di un certo Xouthias di unasomma pari a 400 mine di argento (presumibilmente eginetiche). Il te-sto A dell’iscrizione è martellato, quindi fu eraso e si parlava di unasomma di 200 mine; nel testo B è trascritta una cifra pari a 400 mine o600 mine se si debbono sommare le 200 presenti sull’altro lato dell’i-scrizione. In ogni caso si tratta di una somma elevatissima per essere as-segnata anche a più di uno xénos aristocratico, i quali più probabil-mente dovevano ricoprire il ruolo di mediatori. Molto discussa è l’i-dentificazione dell’alfabeto dell’iscrizione, se arcade o laconico, cosìcome è di dubbia identificazione la cittadinanza di Xouthias e di suopadre Philachaios88: è prevalsa l’idea di Kirchhoff dell’attribuzione al-

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86 Th. 1, 141, 3.87 I.G. V 2, 159; SEG III 324; XI 1083; cfr. COMPARETTI 1916, pp. 247–259

(Atene, Museo Nazionale 1865) e THÜR–TAEUBER 1994.88 Attribuiscono una paternità laconica al dialetto e un paternità spartana ai due

personaggi iscritti sulla lamina, COZZOLI 1979, pp. 57–58 che però precisa che

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l’alfabeto e dialetto laconico dell’iscrizione, ma non sono ancora statirisolti tutti i dubbi a riguardo89. A prescindere comunque dalla prove-nienza di Xouthias, di certo l’ingente somma di denaro custodito nonpuò essere presa come prova della non “spartanità” del personaggio,come pensa U. Cozzoli90. Egli infatti ritiene che il detentore non possaessere spartano perché altrimenti sarebbe stata un’infrazione delleleggi troppo rilevante e difficilmente poteva rimanere nascosta al go-verno della sua città, dato che allora i rapporti tra Sparta e Tegea eranobuoni. Ma questi depositi non erano illegali perché fuori i confini dellapolis, altrimenti non avrebbero esposto un’iscrizione di questo tipo,con nome del possessore e l’ammontare del deposito, nel recinto diAthena Alea, visibile a tutti.

Un altro deposito era verosimilmente quello di Lisandro a Delfi91.Se esisteva una ‘tesaurizzazione rimossa’ essa doveva avvenire sia

presso santuari collocati fuori i confini della Laconia sia all’internodella città stessa, nascosta nelle case degli spartani.

Tale tesaurizzazione nascosta si spiega non con leggi suntuarie ri-salenti al leggendario Licurgo, bensì con la considerazione deplore-vole che gli spartani avevano del denaro. L’uso privato della moneta aSparta ha sempre significato la corrosione dell’ordine sociale. Per elu-dere la legge morale prima e reale poi, i cittadini spartani praticavanola ‘tesaurizzazione rimossa’, custodendo il proprio denaro fuori daiconfini della chóra92.

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Xouthias fosse un perieco e non uno Spartiata; BURELLI BERGESE 1986, pp. 603–619;DE CARVALHO GOMES 1995, pp. 103–106 secondo il quale era uno spartano ma conuna forte simpatizzazione politica verso Tegea; da ultimo FIGUEIRA 2002, pp. 153–4specifica che probabilmente potrebbero essere Spartiati, ma i loro nomi sarebbero unindizio di un’affiliazione con i vicini alleati non Dori, gli Arcadi. Di opinione contrariaè COMPARETTI 1916, pp. 247–59 che non trova nulla di laconico nel dialetto né tantomeno nel nome dei due personaggi: Xouthias doveva essere un personaggio ben notoa Tegea e in Arcadia e l’iscrizione doveva essere arcade perché dettata dal tempio.

89 I nomi Xouthias e Philachaios sono attestati epigraficamente nel Pelopon-neso solo in questa iscrizione proveniente da Tegea.

90 Vd. n. 88.91 Plu. Lys. 18, 3–4; FGH 404 F3.92 Nonostante il meticoloso lavoro di THOMPSON, MØRKHOLM, KRAAY del 1973

sulla rassegna di tutti i tesoretti della Grecia, non è facile individuare quelli di appar-

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Modalità del commercio spartano

Secondo lo studio di W. Sombart, poi ripreso e applicato almondo antico da M. Weber, Sparta corrisponderebbe al tipo di città‘consumatrice’, dove la maggioranza della popolazione vive nell’hin-terland, coltivando la terra e provvedendo alla sussistenza della ri-stretta popolazione che vive in città93. Secondo questo modello, gli abi-tanti della città, nel caso specifico gli Spartiati, vivrebbero da parassitisulla maggioranza della popolazione, perieci94 ed iloti95, richiedendotasse dai loro raccolti e utilizzando le riserve di cibo come forma di pa-gamento. Si tratta di un sistema commerciale chiuso tra città ed hin-terland e Sparta rappresenta il modello per eccellenza, nel quale, a dif-ferenza di altre ‘città consumatrici’ del mondo antico, la sottrazioneagli iloti del cibo per la sussistenza era diretta, attraverso forme di pa-gamento come tasse ed affitti96. Pur essendo questo modello ormai su-

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tenenza a cittadini Spartani, se non quando accompagnati da iscrizione come nelcaso, pur dubbio, di Xouthias. Nel Peloponneso sono stati rintracciati per l’età ar-caica 1 solo tesoretto a Kythera, per l’età classica 21 e per l’età ellenistica 73, di cuiuno solo a Sparta città.

93 SOMBART 1916, 1, pp. 142–154; WEBER 1999, pp. 63–67.94 I perieci sono stati oggetto di recenti e numerosi studi, in seguito ai survey in-

glesi e tedeschi e alle iniziative del CPC: cfr. SHIPLEY 1992; 1997; 2000; 2004 a; 2004 b;HALL 2000; EREMIN 2002; MERTENS 2002; HANSEN 2004. La natura dei centri perieci,solitamente di piccole dimensioni, è controversa: alcuni vogliono considerarli poleisdipendenti, altri semplici suddivisioni civiche (cfr. HANSEN 2004; MERTENS 2002).

95 L’opinione tradizionale rintraccia l’origine dell’ilotismo nella conquista spar-tana della Messenia, con la riduzione in schiavitù della popolazione conquistata, cherimaneva nelle proprie terre e lavorava per i fabbisogni degli Spartiati (cfr. MEIER1998, p. 267 n. 112; HODKINSON 2000, pp. 127–8; 2003, 262–3; VAN WEES 2003; LINK2004). Questa ipotesi non trova tutti d’accordo per l’inconsistenza delle testimonianzeletterarie. WHITBY 1994, p. 106 data il fenomeno dell’Ilotismo al più tardi al 460 a.C.,per poi assumere nuovo significato dopo la liberazione della Messenia; LURAGHI 2002,pp. 233–38 sostiene che l’Ilotismo acquistò la sua forma solo in età classica, regolandoe omogeneizzando le diverse forme di lavoro indipendente, nel contesto delle riforme,che produssero anche lo status di hómoioi. Sembra probabile che in realtà in Laconiacoesistessero nell’VIII–VII sec. a.C. differenti tipi di dipendenti agricoli (schiavi–merce, contadini impoveriti ridotti, come nell’Atene pre–soloniana, allo stato servile,ecc.) e, come avveniva in altre poleis greche, la città esercitava una pressione econo-mica sugli altri membri della comunità: vd. NAFISSI 2009, pp. 122–3.

96 HANSEN 2009, pp. 391–392 e HODKINSON 2009, pp. 423–432.

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perato, rimane il fatto che a Sparta coesistevano sin dall’VIII sec. a.C.lavoratori agricoli dipendenti della polis, che mettevano in moto un si-stema di tassazione per il quale non era richiesto necessariamente l’usodi una moneta, almeno per gli scambi interni97.

A questo punto ci sembra necessario analizzare le modalità in cuiavvenivano gli scambi commerciali, sia all’interno del territorio lacone,sia all’esterno con altre realtà che facevano uso sin dalla fine del VIsec. a.C. di moneta coniata, soprattutto argento eginetico. La deci-sione di Sparta di non battere un proprio nominale, dopo l’introdu-zione delle tartarughe eginetiche, coincise con un periodo di profondicambiamenti avvenuti intorno alla metà del VI sec. a.C., quello che al-cuni studiosi definiscono ‘sixth–century revolution’98. In questo pe-riodo di trasformazione e rivoluzione, che interessava in particolarmodo la maturazione delle istituzioni politiche e la definizione deglihómoioi99, giocò un ruolo fondamentale l’eforato100, istituito proprionel contesto delle riforme di VI sec. a.C., e non con Licurgo, come lepiù antiche fonti fanno credere101. Proprio in questo periodo si assiste

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97 I risultati del “Laconia Survey” offrono elementi più certi sulla situazione delterritorio attorno a Sparta: è stato osservato come intorno alla metà del VI sec. a.C. enel periodo immediatamente successivo queste terre, fino ad allora prive di insedia-menti, furono occupate da piccole fattorie agricole. Lo stesso fenomeno si registraanche nel resto della Grecia, ma in Laconia il fenomeno fu particolarmente improv-viso e apparentemente spontaneo. La presenza stabile e continua di lavoratori agri-coli nelle fattorie fu incoraggiata dalla necessità di produrre cibo sufficiente per po-tersi qualificare come hómoioi, nell’offerta mensile ai pasti comuni. Vd. HODKINSON2000, pp. 133–35; contra CATLING 2002, p. 234.

98 Ancora rimane valida l’opinione di FINLEY 1968, secondo cui il sistema spar-tano fu il risultato di un lungo processo storico, i cui cambiamenti fondamentali pos-sono essere ascritti alla ‘rivoluzione del VI sec. a.C.’. Cfr. HODKINSON 2000, pp. 3–4e NAFISSI 2009, pp. 124 e sgg. che parla di questa rivoluzione in termini di ‘riforma’.

99 Il termine ‘hómoioi’ viene usato nel tardo V sec. a.C. (vd. SHIMRON 1979), maè il riflesso dei cambiamenti politico–istituzionali avvenuti a Sparta nel VI sec. a.C.(vd. NAFISSI 2009, p. 130). Il vero significato di questa parola non è ‘quelli uguali’,ma ‘quelli simili’: a questo proposito si veda MURRAY 1993, p. 175; CARTLEDGE 2001,pp. 73–4.

100 Vd. RICHER 1998; SOMMER 2001; LUTHER 2004.101 Hdt 1, 65, 5: «Licurgo poi creò le istituzioni militari, le unità giurate, le unità

di trenta uomini e le mense comuni, inoltre gli efori e i geronti» (trad. it. di V. Ante-lami). Il silenzio della grande Rhetra a proposito di questa carica così importante dal

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a Sparta ad un controllo restrittivo della ricchezza posseduta dai pri-vati cittadini spartani, una denigrazione del lusso e una politica voltaad ostacolare la valorizzazione del surplus, consentendo solo la fabbri-cazione e il possesso del necessario, come viene testimoniato da Plu-tarco nella ‘Vita di Licurgo’102.

Se pur in maniera controllata e più limitata, Sparta continuò acommerciare anche dopo le restrizioni sul possesso della ricchezza el’introduzione di un nuovo mezzo di scambio nei commerci extrapo-leici, la moneta eginetica, la cui unica conseguenza fu solamente la ri-definizione dei meccanismi di funzionamento, regolamentazione, con-trollo e sfruttamento dei rapporti di scambio fra esterno ed interno ne-gli ™mpÒria103. La mancanza di una moneta coniata infatti non implicòun isolamento104: Sparta continuerà ad avere rapporti commerciali uti-

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punto di vista politico indurrebbe ad ipotizzare una cronologia non così remota,come spesso si è affermato. Durante l’epoca classica ed ellenistica, le disposizioni ve-nivano sempre attribuite a Licurgo, per la forza evocativa che esercitava sui contem-poranei. Si veda a questo proposito FLOWER 2002.

102 Plu. Lyc. 9, 4–6: «Licurgo mise al bando, come stranieri, i mestieri inutili esuperflui; ma penso, la maggior parte se ne sarebbero andati via da Sparta insiemealla moneta comune, anche se nessuno li avesse messi al bando, perché i loro prodottinon avevano smercio. La moneta di ferro non era trasferibile presso gli altri greci, enon vi aveva valore, perché era derisa: non era quindi possibile comprare nessuno deiprodotti stranieri nemmeno di poco prezzo, e nessun carico di mercanzie approdavaai porti, e non mettevano piede in Laconia né esperti di chiacchiere, né indovini dastrapazzo, né sfruttatori di prostitute, né fabbricanti di monili d’oro o d’argento, poi-ché non c’era moneta. Dunque il lusso, privato così a poco a poco di quanto lo susci-tava e alimentava, si estingueva da sé; e quelli che possedevano molto non ne avevanonessun vantaggio, perché la ricchezza non aveva modo di mostrarsi in pubblico, marimaneva confinata in casa e costretta all’inerzia» (trad. it. di M. Manfredini). Nelpasso viene anche specificato che l’introduzione della moneta di ferro avvenne adopera del leggendario legislatore: si confronti quanto già discusso nelle pagine prece-denti, riguardo la forza evocativa che ha sempre suscitato Licurgo, sin dal IV sec.a.C., quando per la prima volta gli viene attribuita la paternità nel sidéroun nómismaspartano.

103 LOMBARDO 1979, pp. 119–120 e LOMBARDO 1997, pp. 690–692.104 Molto diffusa (vd. n. 9) è l’idea di una crisi di metà VI sec. a.C., prima di tutto

economica, proprio per la mancanza di una moneta propria e la presenza di una mo-neta di ferro non avente valore, che avrebbe scoraggiato i mercanti dal frequentare iporti laconici. Di questa idea è BLAKEWAY 1935 e similmente HOLLADAY 1977, p. 112.Per CHRIMES 1949, p. 307, poi meglio per STUBBS 1950 e HUXLEY 1962, pp. 73 sg.,

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lizzando oltre i propri confini, in seguito alla coniazione e alla largadiffusione dei nominali d’argento, moneta straniera. Anzi, sotto certiaspetti la coniazione potrebbe essere stata un ostacolo allo scambio trale poleis, perché spesso una moneta coniata non era accettata fuori daiconfini del proprio territorio ed aveva un valore notevolmente basso,soprattutto se confrontato con i nominali di Egina, Atene e Corinto.Sparta accanto al vecchio sistema del baratto, utilizzato in particolarmodo per traffici locali a breve raggio, preferisce accumulare monetaeginetica da utilizzare nelle transazioni con le altre città105 e commer-ciare direttamente con quella che al momento era la moneta più fortesul mercato, dotata di un valore commerciale sempre superiore aquello nominale106. In definitiva, Sparta differisce dalle altre città nonper le dinamiche commerciali, ma per la concezione del valore del-l’uomo e delle cose, non misurabili economicamente. Gli spartani va-lutano il cittadino per il valore dimostrato nel campo di battaglia onelle gare atletiche, per il rispetto dei costumi tradizionali e l’obbe-dienza alle leggi della città e non per la ricchezza accumulata107.

Il commercio non era bandito, ma rigidamente controllato perevitare che potessero penetrare beni superflui e comportamenti disdi-

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invece, l’austerità è il frutto della crisi del commercio con l’oriente seguita dall’inva-sione persiana. Contrario alla teoria di Stubbs è HOLLADAY 1977, pp. 112–114.

105 In economie agrarie e autarchiche come quella spartana, la moneta egineticavenne introdotta attraverso cambi con le monete locali. Lo stesso fenomeno accadenelle città cretesi: a questo proposito vd. FIGUEIRA 1981.

106 Le città che coniavano un proprio nominale riuscivano a guadagnare solo neicommerci interni (cfr. AMANDRY 1993, pp. 1–7), quando i commercianti stranierierano costretti a cambiare la propria valuta con quella locale (vd. OSBORNE 1996).Documenti epigrafici di IV sec. a.C. testimoniano l’abitudine ad utilizzare la monetadel posto, ma alcuni indizi documentari consentono di far risalire questa regola al-l’età arcaica. Vd. LOMBARDO 1997, pp. 693–694.

107 Questo concetto è indispensabile per capire le dinamiche sociali e politichespartane, nonostante sia in contrasto con il comportamento di alcune famiglie spar-tiate, che erano solite accumulare ricchezza non per mezzo di azioni di compraven-dita (cfr. Arist. Pol. 1270 a, 19–22. 1270 a, 19–22), ma attraverso eredità e matrimonitra le famiglie più ricche della città. La concentrazione di ricchezza fu una delle causedell’aumento degli hypomeiones, fenomeno iniziato nel V sec. a.C. e proseguito nelsecolo successivo. Per un’analisi delle cause della perdita di cittadinanza si vedaHANSEN 2009, pp. 393–396.

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cevoli, qualificati negativamente, che andassero ad intaccare la mora-lità e la formazione dell’uomo spartano.

Conclusioni

Lo studio della moneta di ferro spartana incontra grandi diffi-coltà per la mancanza assoluta di un riscontro archeologico delle nu-merose fonti letterarie e delle scarse fonti epigrafiche.

Difficile è anche avvicinarsi correttamente al problema, senza farsiinfluenzare dalle tradizioni che hanno contribuito a creare il ‘miraggiospartano’, condizionando spesso gli studi sulla storia e le istituzioni,persino sull’economia e sul tipo di commercio praticato. Si è tentato dianalizzare il problema nelle sue sfaccettature, ma talune questioni sonostate solamente accennate, se non addirittura lasciate aperte108.

Per giungere alle conclusioni, occorre focalizzarsi su ciò che eraalla base del sistema economico spartano, perché solo così possiamocomprendere un comportamento monetario apparentemente anomaloe strano: l’inibizione e il controllo della ricchezza e della circolazionemonetaria. Sparta sembrerebbe ossessionata dagli effetti negativi pro-vocati dal possesso della moneta, che se avveniva in forme eccessive eraconsiderato una minaccia per la società109. Da questo derivava il rifiutoideologico della moneta in quanto strumento di perversione. Man-cando quindi di un valore sociale riconosciuto, la moneta non potevaessere manifestata; tuttavia non si trattava di una proibizione, ma di unrigido controllo110. I cittadini erano liberi di perseguire gli interessi eco-nomici e il possesso di metalli preziosi non era bandito. Probabil-mente, il solo periodo in cui fu veramente proibito il possesso della ric-chezza in forma di moneta fu in seguito al misfatto di Gilippo e al ten-tativo di Lisandro di coniare una moneta spartana (404 a.C.). Questaproibizione potrebbe aver avuto vita breve, se già nel 362/1 a.C. un’i-

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108 Pensiamo alla motivazione di utilizzare ferro edulcorato.109 NAFISSI 2009, p. 129.110 Questo spiega sia la presenza di depositi monetari fuori città, sia l’ipocrisia

che emerge dalla lettura di alcuni passi sulle abitudini degli spartani (ad es. Hdt. 6,57, 2 e Pl. Alc.I 122e–123 b).

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scrizione di Delfi (CID II, 1–30) testimonia un contributo monetarioper la ricostruzione del tempio di Apollo da parte di privati cittadinispartani, oltre che dalla polis di Sparta.

Il rifiuto della tesaurizzazione parrebbe trovare riscontro nelle ri-cerche archeologiche condotte a Sparta che non hanno portato allaluce tesoretti, ma solo monete sporadiche111.

Le fonti letterarie successive agli eventi del 404 a.C. ci informanoche la città usò per scambi interni una moneta in ferro addolcito, privadi valore intrinseco. Tale peculiarità farebbe intendere che alla sua cir-colazione presiedesse una logica ‘immateriale’112.

Non abbiamo prove archeologiche dell’esistenza di questa mo-neta di ferro bagnata nell’aceto e altrettanto incerta è la sua forma;mentre non sussistono dubbi sul suo valore, sul quale tutte le fonti tro-vano accordo: in seguito ad un processo di lavorazione che lo trasfor-mava in ferro dolce, quindi inutilizzabile per un’eventuale rifusione,essa era priva di qualunque valore intrinseco, e possedeva esclusiva-mente un valore nominale. Il ferro per la società spartana rappresen-tava lo strumento della guerra e delle attività agricole, le due forme disussistenza che godevano nella scala dei valori del massimo deglionori. L’impossibilità di riutilizzare quel ferro che si era ‘macchiato’ dicolpevolezza, perché mezzo di esaltazione di valori crematistici con-trari a quelli spartani, impediva ogni forma di contaminazione.

Alla luce di quanto detto si potrebbe pensare che si tratti di unainvenzione letteraria113, sicuramente successiva agli inizi del IV, dopo lavittoria di Egospotami e l’arrivo in città di ingenti quantità di metallipreziosi e monete coniate. Il nuovo ruolo rivestito da Sparta nei rap-porti economici e politici della Grecia e i casi di corruzione comequello di Gilippo e il misfatto di Thorax ebbero conseguenze sulla so-cietà spartana e sul suo comportamento economico: tutta quella ric-chezza andava ad incidere innanzitutto sulle relazioni sociali deglispartani, che fino a quel momento avevano denigrato – ma non proi-

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111 Vd. TOD–WACE 1906 n°695, pp. 241–2; WACE 1907–8, pp. 149–58; THOM-PSON–MØRKHOLM–KRAAY 1973, n.181; WOODWARD 1929b, pp. 393–8.

112 RAGONE 2006, p. 65.113 L’intuizione dell’invenzione letteraria in BARELLO 1993b, poi in FLOWER

2002.

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bito – l’accumulo di ricchezza. Questi cambiamenti sono percepibilidalle testimonianze letterarie, che fino a quel momento poco si eranointeressate al modo di commerciare degli spartani, non particolar-mente dissimile da quello in uso presso altre poleis greche. Dopo il404 a.C., invece, l’interesse per Sparta crebbe improvvisamente, vistoil suo nuovo ruolo politico, e gli scrittori trasformano quella che erauna semplice attenzione ai pericoli del possesso del denaro in un di-vieto assoluto accompagnato dall’introduzione di una moneta di ferropriva di valore intrinseco. Tutte le fonti letterarie convergono nell’at-tribuire la moneta di ferro a Licurgo sin dal suo primo apparire114:questa concordanza prova non tanto la storicità dell’esistenza di unamoneta di ferro licurghea, quanto l’autorità della tradizione e la forzaevocativa che ancora nel IV sec. a.C. aveva sui cittadini spartani.

La moneta è un linguaggio e come tale veicola un messaggio in-tenzionale: gli spartani scelgono quella più appropriata alla propriacultura e ideologia anti–crematistica, annullando ogni funzione e uti-lità per le quali veniva coniata una moneta. Essa viene concepita comestrumento di definizione e mantenimento di uno spazio economico‘isolato’ e protetto, il cui rapporto con l’esterno viene controllato e ri-dotto al minimo.

D’altronde il nómisma svolgeva la sua funzione solo quando siusciva fuori dai confini della città e si era costretti ad utilizzarlo comemezzo di scambio commerciale, più pratico e maneggevole di qualun-que altro115. Gli spartani non avevano bisogno di un proprio nominale,se per il commercio interno, a breve distanza, potevano continuare apraticare scambi per lo più in natura116, insieme all’uso degli spiedi diferro con funzione monetale, trovati nel santuario di Artemis Orthia117.Per questo motivo era possibile inventare una moneta, avente valore

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114 X. Lac. 7, 5–6 (vd. n. 63).115 Gli spartani utilizzavano soprattutto la moneta che nel Peloponneso aveva

maggior valore ed era divenuta dopo la fine del VI sec. a.C. il medium ufficiale, lamoneta eginetica.

116 La generosità tra i cittadini era altamente apprezzata e gli scambi in naturaprevedevano reciprocità: vd. HODKINSON 2000, pp. 151–186; FIGUEIRA 2002: so-stiene un’economia basata sul baratto.

117 Vd. nn. 17 e 34.

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solo localmente118, che non andava a incidere realmente sui rapporti discambio con le altre città greche o sulle transazioni private.

La coniazione di una moneta mirava, alle origini, a dotare la co-munità di una collettiva misura del valore, mezzo di regolamentazionedella vita sociale, che nella sua quantità determinata di metallo nonprezioso – nel caso spartano con valore inferiore al valore reale delmetallo – assolveva anche le funzioni di scala dei prezzi e mezzo di ac-quisto. Nella realtà economica di una polis, una moneta come quellaspartana descritta dalle fonti letterarie non poteva assolvere a nessunadelle funzioni essenziali; la sua invenzione letteraria punta ad accre-scere il mito del ‘miraggio spartano’ come una società anticrematistica,scandita e regolamentata da una moneta priva di valore, oltre che in-gombrante e non riutilizzabile.

Le fonti del IV sec. a.C., che hanno condizionato definitivamentequelle successive, definiscono l’immagine di una Sparta anti–cremati-stica, esaltando la visione tradizionale aneconomica e il rifiuto ideolo-gico dello scambio economico come mezzo privilegiato di acquisizionedei beni, ma poi cadono in errore proiettando tale visione reale del va-lore della ricchezza nella proibizione del possesso della moneta. Allasocietà spartana gli autori antichi fanno corrispondere una non–mo-neta e la proibizione del possesso di ricchezza monetata, mettendo inrisalto i principi che ne erano alla base.

La moneta spartana è dunque una ricostruzione retrospettiva in-serita in un’elaborazione intenzionale del passato, volta a esaltare i va-lori anti–crematistici della società di Sparta: i suoi caratteri principalisi dimostrano relativi alla realtà dei meccanismi di funzionamento delsistema economico e sociale in cui si iscrive.

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118 X. Lac. 7, 5; Pl. Lg. 742.

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Riflessioni sulla moneta di ferro spartana.

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tav01tosti_1tavMONTECCHI.qxd 23/10/14 08:34 Pagina I

ISTITUTO ITALIANO DI NUMISMATICAVia Quattro Fontane 13 – Palazzo Barberini

00184 R o m a

Presidente: SARA SORDA

Consiglio Direttivo: ANDREA GIARDINA, ADRIANO LA REGINA, ERMANNOLOLLI, MASSIMO MIGLIO, NICOLA PARISE, ROMANO UGOLINI.

Fondato nel 1912 come associazione privata, l’Istituto diventa ente pub-blico con sede in Roma per effetto del R.D.L. 3 Febbraio 1936, n. 223.Suoi compiti sono la promozione e la esecuzione di ricerche in camponumismatico, la incentivazione e il coordinamento di attività scientifichenel settore, la edizione di cataloghi e pubblicazioni interessanti la materia.Per la realizzazione dei suoi compiti istituzionali, l’Istituto collabora conle Soprintendenze e i Musei pubblici, con le Università e gli enti di ricer-ca italiani e stranieri.Di intesa con il Museo «G. Filangieri» di Napoli e con la CommissionInternationale de Numismatique nel 1965 l’Istituto ha creato in Napoli ilCentro Internazionale di Studi Numismatici, del cui consiglio direttivo èmembro di diritto.Membro del Conseil International de Numismatique e di numerose SocietàNumismatiche straniere, collabora con l’American Numismatic Societyper l’edizione della «Numismatic Literature».È membro dell’Unione Internazionale degli Istituti di Archeologia, Storiae Storia dell’Arte in Roma.Possiede una biblioteca specializzata aperta al pubblico, una fototeca dimonete e medaglie, una ricca collezione di medaglie, dono del sen. E.Mazzoccolo.

NORME REDAZIONALIGli «Annali» si pubblicano in fascicolo unico ed includono studi teorici, edizioni di mate-

riale e notiziari interessanti la numismatica antica medievale moderna, la medaglistica e lasfragistica.

Vi si stampano articoli e note inviati alla Redazione che verranno sottoposti a peer review,contributi pervenuti su invito del Comitato di Redazione, notizie inviate dalle Soprintendenzeai Beni Archeologici, Artistici, Storici, Ambientali e Architettonici e dalle Direzioni dei Musei.

Agli AA. viene fornito il pdf del loro articolo.I testi redatti in forma definitiva, corredati di un breve riassunto in inglese, francese o tede-

sco, debbono pervenire alla Redazione su dischetto, utilizzando i sistemi, Windows,MacIntosh (Word – QXpress). A questo devono essere aggiunte due stampe, a spaziatura dop-pia e con ampi margini laterali.

L’apparato illustrativo perverrà unitamente al testo. Le foto, stampate in bianco e nero, ingrandezza naturale, avranno tonalità omogenea e non troppo scura. Le eventuali indicazioniutili per la composizione delle tavole (didascalie, ecc.) e in particolare le variazioni di scala,vanno indicate chiaramente.

I disegni – carte e grafici – dovranno prevedere la riduzione al formato della Rivista(12x18); è necessario quindi porre attenzione alla leggibilità di tutti gli elementi.

Eventuali monogrammi e segni speciali devono essere evidenziati nel testo; di essi va for-nito un disegno, in scala ed in ingrandimento.

Per le note dei contributi verrà preferibilmente usato il sistema di citazione autore/anno:Ad es.: BREGLIA 1964.

Nella bibliografia finale i riferimenti bibliografici verranno esplicitati secondo i seguenticriteri:

Per le monografie: nome puntato e cognome dell’autore in maiuscoletto, seguito da virgola;titolo dell’opera in corsivo, seguito da virgola; luogo e data di pubblicazione seguito da virgola;rinvio alla/e pagina/e (p., pp.) iniziale e finale. Ad es.: L. BREGLIA, Numismatica antica. Storiae metodologia, Milano 1964, pp. 277–282.

I volumi miscellanei vanno indicati con il titolo in corsivo seguito, dopo la virgola, dal nomepuntato e dal cognome del curatore in maiuscoletto (per l’indicazione di curatela si userà la for-mula del volume). I saggi in volume miscellaneo vanno indicati con il nome puntato ed il cogno-me dell’autore in maiuscoletto ed il titolo fra virgolette, seguiti da ‘in’ e il titolo del volume incorsivo. Ad es.: C. MONTEPAONE, “Ancora intorno al denaro di ferro spartano”, in BernhardLaum. Origine della moneta e teoria del sacrificio, a cura di N.F. PARISE, Roma 1997, pp. 71–92.

I saggi in riviste vanno ugualmente citati con il nome puntato ed il cognome dell’autore inmaiuscoletto, seguiti dalla virgola e dal titolo in tondo fra virgolette; dopo la virgola sarà indi-cata la sigla della rivista in corsivo separata da una virgola numero del volume in cifre arabee dall’anno posto entro parentesi, cui seguirà, preceduta dalla virgola l’indicazione delle pagi-ne. Ad es.: A. STAZIO, “Breve storia di un’erronea attribuzione: il ripostiglio di Pianura 1844(IGCH 1907)”, in AIIN, 42 (1995), pp. 81–88.

Per le abbreviazioni ci si atterrà, ove possibile, all’uso dell’Année Philologique e a quellicomuni dei repertori.

Unità metriche: la virgola divide l’unità dai decimali; i nomi delle misure, abbreviati, sonoseguiti da punto (mm. 3,2; 2,4 gr. ecc.).

Nella compilazione delle schede si porrà attenzione alle norme seguenti, per quanto riguar-da la successione ed il contenuto delle singole voci:

Autorità emittente.1. Indicazioni suppletive (familiare, monetiere, massaro ecc.). Zecca, datazione. Metallo,

nominale; peso; diametro; stato di conservazione (c.b.; c.m. ecc.), asse (preferibilmenteespresso in gradi).Descrizione sintetica (la leggenda deve sempre precedere la descrizione del tipo e va tra-scritta in lettere maiuscole, con l’uso dei consueti segni diacritici epigrafici).Riferimento bibliografico essenziale.