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AVVERTENZA Disponendo del testo digitale degli autografi di Machiavelli, del quale mi sono giovato nei miei studi sulle sue opere letterarie, lo metto a disposizione degli studiosi nella convinzione che il sito < Academia.edu > dovrebbe essere utilizzato anche per condividere materiali preparatori, collazioni, bibliografie, documenti relativi a lavori in corso o pubblicati che possano comunque giovare al progresso degli studi, cosa del resto che ho già fatto con le mie schede di lavoro sui sonetti del Fiore. Per le Legazioni e commissarie (LC) il testo di riferimento è quello dell’edizione a cura di C. Vivanti, in Machiavelli, Opere, II, Torino, Einaudi, 1999); per gli Scritti politici autografi (SPA), le Lettere (Lett.), la Favola e la seconda Andria quello stampato da M. Martelli in Machiavelli, Tutte le opere, Firenze, Sansoni, 1971; il testo della prima Andria viene dal mio contributo La datazione dell’Andria, in Il teatro di Machiavelli , a cura di G. Barbarisi e A.M. Cabrini, Milano, Cisalpino, 2005. Ogni unità testuale è introdotta dal segno di percento (%). L’ordinamento dei testi segue la loro cronologia. I testi della prima e seconda Andria e della Favola sono collocati all’altezza di quella che ritengo la loro datazione più probabile. Per consentire un agevole riscontro sui testi a stampa delle edizioni Martelli e Vivanti ho inserito il corrispondente numero di pagina tra due segni di dollaro ($). Avverto tuttavia che si tratta di materiale di lavoro a cui non si può chiedere l’inappuntabilità di un’edizione ufficiale. Per una più libera gestione del materiale testuale lo fornisco in formato DOC. Roma, gennaio 2016 PASQUALE STOPPELLI [email protected]

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AVVERTENZA

Disponendo del testo digitale degli autografi di Machiavelli, del quale mi sono giovato nei miei studi sulle sue opere letterarie, lo metto a disposizione degli studiosi nella convinzione che il sito < Academia.edu > dovrebbe essere utilizzato anche per condividere materiali preparatori, collazioni, bibliografie, documenti relativi a lavori in corso o pubblicati che possano comunque giovare al progresso degli studi, cosa del resto che ho già fatto con le mie schede di lavoro sui sonetti del Fiore.

Per le Legazioni e commissarie (LC) il testo di riferimento è quello dell’edizione a cura di C. Vivanti, in Machiavelli, Opere, II, Torino, Einaudi, 1999); per gli Scritti politici autografi (SPA), le Lettere (Lett.), la Favola e la seconda Andria quello stampato da M. Martelli in Machiavelli, Tutte le opere, Firenze, Sansoni, 1971; il testo della prima Andria viene dal mio contributo La datazione dell’Andria, in Il teatro di Machiavelli, a cura di G. Barbarisi e A.M. Cabrini, Milano, Cisalpino, 2005. Ogni unità testuale è introdotta dal segno di percento (%). L’ordinamento dei testi segue la loro cronologia. I testi della prima e seconda Andria e della Favola sono collocati all’altezza di quella che ritengo la loro datazione più probabile. Per consentire un agevole riscontro sui testi a stampa delle edizioni Martelli e Vivanti ho inserito il corrispondente numero di pagina tra due segni di dollaro ($). Avverto tuttavia che si tratta di materiale di lavoro a cui non si può chiedere l’inappuntabilità di un’edizione ufficiale. Per una più libera gestione del materiale testuale lo fornisco in formato DOC.

Roma, gennaio 2016

PASQUALE [email protected]

MACHIAVELLI - Testi autografi in grafia originale

%Andria (I red.), ante 1498[ATTO PRIMO][SCENA I]‹ SI. ……………………………………………………SI. .......................................................................................................SO. ………› pure altro.‹SO. ………………….› ti sappia servire ‹……………………..›‹SI.› Io non bisogno di cotesto per fare quelle cose che io vo’ fare, ma ho bisogno di quella fede et di quel segreto che io ho conosciuto sempre essere in te.SO. Io aspecto di intendere quello che tu vogli.SI. Tu sai, poi che iorima ti comperai da piccolo, con quanta clementia et iustitia io mi sono governato teco; et di stiavo io ti feci liberto, perché tu mi servivi liberalmente, et per questo io ti pagai di quel prezo che io potetti maggiore.SO. Io me ne ricordo.SI. Io non mi pento di quel ch’io ho facto.SO. Io ho gran piacere se io ho facto et fo cosa che ti piaccia, et ringratioti che tu mostri di conoscerlo, ma questo bene mi è molesto, che mi pare che ricordarlo hora sia quasi un rimproverarlo ad uno che non se ne ricordassi. ‹……………………………SI. ……………………………………………………………………………………..SO. ……………………………SI. ……………………..› da principio ‹………………› modo conoscerai la vita del mio fig‹liuolo›, la deliberatione mia et quello che io vogli‹a› che tu facci in questa cosa. Poi ch’el mio figluolo cominciò ad essere grandicello \uscì di fanciullo/ et ch’e’ cominciò ad vivere più a suo modo, imperò che innanzi chi harebbe potuto conoscere la natura sua mentre che l’età, la paura e ’l maestro lo tenevono a freno? …SO. Così è.SI. … di quelle \cose/ che fanno la maggior parte de’ giovanetti, di volgere l’animo ad qualche piacere, come è nutrire cavagli, cani, andare allo Studio, l’uno \lui/ non ne seguiva più una che un’altra, ma in tucte si travaglava mediocremente, di che io mi rallegravo.SO. Tu avevi ragione, perché io penso nella vita nostra essere utilissimo non seguire alcuna cosa troppo. SI. Così era la sua vita: sopportare facilm‹ente› ognuno et andare a’ versi ad coloro con chi ei ‹con›versava, non essere contrario, non si prepone‹ndo› ’ alcuno; et così facilmente, sanza invidia, si ‹ad›quista laude et amici.SO. E’ s’ordinò una vita saviamente, perché in questo tempo chi sa andare a’ versi adquista amici, chi dice el vero adquista odio.SI. In questo mezo una certa femina giovane et bella si partì da Andro per la povertà et per la neglicentia de’ parenti, et venne ad habitare in questa vicinanza.SO. Io ho paura che questa andria non ci arrechi qualche male.SI. Costei in prima menava la sua vita honestamente, guadagnandosi el vivere con el filare et col texere. Ma poi che cominciò ad venire \venne/ hora uno hora un altro amante promettendole danari \el prezo,/ come egli è naturale ad tucte le persone di sdrucciolare

facilmente da la fatica ad l’otio, l’acceptò lo invito et cominciò ad piglare danari \prese danari./ Et ad sorte, come interviene, coloro che alhora l’amavano cominciorno ad menarvi seco el mio figluolo, onde io continuamente dicevo meco medesimo: «Veramente egli è stato preso, egli ha hauto la sua!». Et qualche volta la mattina io observavo e loro servi che andavono et ‹venivon›o et domandavogli: «Odi qua, per tua fé, a chi tochò ‹hiarsera Cri›syde?», perché così si chiamava quella donna.‹SO. Io› intendo.‹SI. Dic›evano Phedria o Clinia o Nicerato: perché questi tre ‹l’ama›vono insieme. «Dimmi, Pamphilo che fece?» «Che? pagò la parte sua et cenò», di che io me ne rallegravo. Dipoi anchora l’altro dì io ne domandavo et non trovavo cosa alcuna che apartenessi ad Pamphilo. Et veramente mi pareva un grande et raro exemplo di continenza, perché chi usa con huomini di simil natura et in quella cosa non si commuove, sappi che può havere \gli ha/ ordinato el suo modo di vivere. Questo mi piaceva; e cias ciascuno per una bocca mi diceva ogni bene, et laudava la mia buona fortuna che havevo un figluolo così facto. Che bisogna più parole? Cremete, mosso da questa buona fama, venne spontaneamente ad trovarmi et offerimmi di dare al mio figluolo una unica sua figluola con una gran dota. Piacquemi, promissi et questo dì è deputato alle noze.SO. Che mancha, dunque, perché le non sieno vere?SI. Tu lo intenderai. Quasi in quelli dì che queste cose son seguite, questa Crisyde vicina si morì.SO. O, io l’ho caro! tu m’ài tucto rallegrato: io avevo paura di questa Cryside.SI. Quivi el mio figluolo, insieme con quelli che amavano Cryside, era ad ogni hora: ordinava el mo‹rtoro› maninconoso, qualche volta lacrimava. Q‹uesto› anche mi piacque; et dicevo così meco medesimo: «Costui per un poco di consuetudine sopporta nella mo‹rte› di costei tanto dispiacere, che farebbe egli se ‹l’a›vessi amata? che farebbe egli s’i’ morissi io?». Et pensavo queste cose esser uno oficio d’una humana et mansueta natura. Perché ti ritardo io con molte parole? Io andai anchora io per suo amore ad questo mortoro, non pensando per anchora alcun male.SO. Che domin sarà questo?SI. Tu el saprai. El corpo fu portato fuora, noi li andiano dreto. In questo mezo tra le donne che erano quivi presenti io vego una fanciulletta d’una forma…SO. Buona, per adventura?SI. … et d’un volto, o Sosia, in modo modesto et venusto in modo venusto che non si potrebbe dire più, la quale mi pareva che si dolessi più che l’altre. Et perché l’era più che l’altre di forma honesta et liberale, m’accostai ad quelle che herano intorno et domandai chi la sia. Risposono essere sorella di Cryside. Di facto mi senti’ ravviluppare l’animo: hà, hà, questo è quello! ‹di qui› nascevono quelle lacrime, questa è quella misericordia!SO. Quanto temo io dove tu habbi ad riuscire!SI. Intanto el mortoro andava oltre: noi seguitiamo, giugnamo arriviamo al sepolcro; la fu messa nel fuoco, piangevasi. In questo mezo questa sua sorella che io dico s’adcostò alla fiamma assai imprudentemente et con periculo. Allotta Pamphilo, quasi morto, manifestando el celato et dissimulato amore, corse et abracciò nel mezo

questa fanciulla, dicendo: «O Glicerio mia, che fai tu? perché vai tu ad morire?». Allhora quella, acciò che si potessi facilmente vedere el loro consueto amore, se gli lasciò ire adosso, piangendo molto familiarmente.SO. Che di’ tu?SI. Io dipoi mi parti’ di quivi adirato et mal contento, né mi pareva assai iusta cagione di dirli villania, perché e’ direbbe: «Padre mio, che ho io facto, che ho io meritato? o dove ho peccato? Io ho prohibito che una non si gettassi nel fuoco et la ho conservata: la cagione è honesta».SO. rect Tu pensi bene, perché se tu di’ villania ad chi ha mantenuto la vita ad uno, che farai tu ad chi li facessi danno et male?SI. L’altro dì poi venne ad me Cremete gridando havere udito una cosa molto trista: che Pamphilo havea tolto per mogle questa forestiera. Io dicevo ‹che non› era vero: lui affermava che gli era vero. In ‹summa› i’ mi parti’ da lui al tucto alieno dal darci la sua figluola.SO. Allhora non riphrendesti el tuo figluolo?SI. Né anchora questa cagione è assai vhehemente ad riprehenderlo.SO. Perché? dimmelo.SI. «Tu medesimo, o padre, hai posto fine ad queste cose. E’ si appressa el tenpo che io harò ad vivere ad modo d’altri: lasciami in questo mezo vivere a mio modo».SO. Quale cagione ci è adunque restata a dirli villania?SI. Se per amor di costei e’ non volessi menar donna, questa è la prima iniuria che debbe essere correcta. Et hora io attendo che mediante queste false noze nasca una vera cagione di dirli villania, quando e’ neghi di menarla e che lo scelerato quel ribaldo di Davo consumi, s’egli ha facto, disegno alcuno, hora che gl’inganni nuocono poco; el quale io so che si sforza con le mani et co’ pie’ fare ogni male, più per fare iniuria a me che per giovare al mio figluolo. SO. Per che cagione?SI. Domàndine tu? Egli è huomo di cattiva mente et di cattivo animo, el quale veramente, se io me ne adveggo… Ma che bisognano tante parole? Facciàno di trovare in Pamphilo quel ch’io desidero che per lui non manchi. Resterà Cremete, el quale dipoi harò ad placare, et spero farlo. Hora l’ufitio tuo è simulare bene queste noze et sbigottire Davo, et observare quel che faccia el mio figluolo e quali consigli sieno e loro.SO. E’ basta: io harò cura ad ogni cosa. Andiamone hora drento.SI. Va’ innanzi, io ne verrò.[SCENA II]SIMO, DAVUSSI. Sanza dubbio el mio figluolo non vorrà mogle, in modo ho sentito temere Davo poi ch’egli intese di queste noze. Ma egli esce fuora.DA. Io mi maraviglavo bene che la cosa procedessi così; et sempre ho dubitato del fine che havesse ’ havere questa humanità del mio patrone; el quale, poi ch’egli intese che non si dava mogle al suo figluolo, non ha detto a nessuno una parola et non ha mostro d’haverlo per male. SI. E’ lo mosterrà hora et, come io penso, non sanza tuo gran male.DA. Egli ha voluto che noi, credendoci questo, ci stessimo con questa falsa allegreza, sperando, sendo da

noi rimossa la paura, di poterci come negligenti opprimere; et che noi non havessino spatio ad disp disturbare queste noze. Guarda che astutia!SI. Che dice questo manigoldo?DA. Egli è el padrone et non lo havevo veduto.SI. O Davo!DA. O, u! che cosa è?SI. Vieni ad meDA. Che vuole costui questo cazo?SI. Che di’ tu?DA. Per che cagione?SI. Domandine tu? E’ si dice ch’el mio figluolo vagheggia.DA. El popolo non ha altro pensiero che cotesto.SI. Tiêgli tu el sacco o no?DA. Che io cotesto?SI. Ma domandare io hora di queste cose non sta bene ad uno buono padre, perché m’importa poco quello ch’egli ha facto prima innanzi a questo tempo. Et mentre ch’el tempo lo concesse io sono stato contento che li habbi sfogato l’animo suo. Hora per lo advenire si richiede altra vita et altri costumi. Però io voglo et, se lecito è, io ti prego, Davo, che ritorni qualche volta nella via.DA. Io non so che cosa si sia questa.SI. Se tu ne domandi, io tel dirò. Tucti coloro che sono innamorati hanno per male che sia dato loro mogle.DA. Così dicono.SI. Alhora, se alcuno pigla ad quella cosa per suo maestro un tristo, quello animo infermo rivolge el più delle volte l’animo infermo ad la parte più cattiva.DA. Per mia fé, io non t’intendo.SI. No, he?DA. Io son Davo, non propheta, vel non el frate.SI. Quelle cose adunque che mi restono a dirti, tu vuoi ch’io te le dica a lettere di spetiali?DA. Veramente sì!SI. Se io sento che tu ordini hoggi alcuno inganno in queste noze perché le non si faccino o che tu vogla mostrare in questa cosa quanto tu sia astuto, io ti manderò carico ad morte di mazate ad zappare tucto dì in una vigna, con questi pacti: che se io te ne cavo, che io habbia ad zappare per te. Ha’mi tu inteso o non anchora?DA. Anzi t’ò inteso a punto, in modo hai parlato la cosa aperta et sanza alcuna circunlocutione.SI. Io sono per sopportarti ogni altro inganno più facilmente che questo.DA. Dammi, io ti prego, buone parole!SI. Tu mi uccelli? tu non mi inganni di nulla! Ma io ti dico che non facci cosa alcuna inconsideratamente e che tu non dica anche poi: «E’ non mi fu predetto». Habbiti cura![SCENA III]DAVO soloDA. Veramente, Davo, qui non bisogna essere né pigro né da poco, secondo che mi pare havere hora inteso per il parlare di questo vechio circa le noze; le quali, se con astutia non ci si provede, ruineranno me o il padrone. Né so bene che mi fare: se io aiuto Pamphilo o se io ubbidisco al vechio. Se io abbandono quello, io temo della sua vita; s’io lo aiuto, io temo di costui le minaccie. Et è dificile ingannarlo, perché e’ sa ogni cosa circa el suo amore; et me observa perché io non ci

facci alcuno inganno in queste noze. S’e’ se ne advede io son morto; e, se gli verrà bene, e’ troverrà una cagione per la quale, a torto o a ragione, mi manderà ad zappare. Ad questi mali questo mi si adgiugne ad anchora: che questa andria, o amica o mogle che la si sia, è gravida di Pamphilo; et è cosa maraviglosa udire la loro audacia, perché egli è partito de’ pazi o degli innamorati nutrire ciò che ne nascerà. Et fingono intra loro uno certo inganno: che costei è cittadina atheniese, et come fu già un certo vechio mercatante che ruppe una sua nave appresso ad l’isola d’Andro et quivi morì costui dove sendo morto et quivi morì; dipoi el padre di Cryside si prese costei, ributtata dal mare piccola et sanza padre. Favole! et a me, per mia fé, non pare verisimile; pure a lloro piace questo trovato. Ma \ecco/ Miside che esce di casa. ma Io me ne voglo andare in mercato, acciò ch’el padre non lo giunga sopra questa cosa imprevisto.[SCENA IV]MISIDE ancilla MI. Io ti ho inteso, Archile: tu vuoi che ti sia menato Lesbia. Veramente ella è una donna paza e obliacha, et non è sufficiente ad levare el fanciullo d’una che non habbi mai partorito; nondimanco io la mêrrò. Ponete mente la importunità di questa vechia, solo perché le si inobriacano insieme! O Idii, io vi prego che voi diate facultà ad costei di partorire, et ad quella vechia di fare errore altrove et non in questa. Ma perché veggo io Pamphilo mezo morto? temo Dubito di quel che sia. Io lo aspetterò per sapere donde nasce che lui è cosi turbato.[SCENA V]PAMPHILO, MISIDEPA. È questo cosa humana? è questo ufitio d’un padre?MI. Che cosa è quella questa?PA. Per la fede di Dio et degli uomini, questa che è se la non è iniuria? Egli ha deliberato da sé stesso di darmi oggi donna. Non era egli necessario che io lo sapessi innanzi? non era egli di bisogno che me lo havessi comunicato prima?MI. Misera ad me, che parole odo io?PA. Cremete, el quale haveva denegato darmi la sua figlola per donna, perché s’è egli mutato? perché vede me d’un’altra vogla? Con quanta obstinatione costui s’affatica per sveglermi da Glicero! Per la fede di Dio e degli huomini, se questo adviene io morrò in ogni modo. È egli alcuno huomo che sia tanto sgratiato et infelice quanto io? è egli possibile che per alcuna via io non possa fuggire el parentado di Cremete, in tanti modi schernito et vilipeso? Et non mi giova cosa alcuna. imm \Ecco/ che io sono repudiato \rifiutato/ et poi ricercho: il che non può nascere da altro sed non che nutriscono qualche monstro; et perché non lo possono gittare adosso ad altri si volgono ad me.MI. Questo parlare mi cava per la paura l’anima di corpo.PA. Che dirò io hora di mio padre? Hà! doveva egli fare tanta gran cosa con tanta negligentia che, passandomi egli hora presso in mercato, mi dixe: «O Pamphilo, tu hai hoggi ad menar mogle: apparéchiati, vanne ad casa!»? Et proprio parve ch’e’ mi dicessi: «Tira via, vanne ratto et impìccati!». Io rimasi stupefacto: pensi di \tu/ che io potessi rispondere una parola o dare qualche scusa almeno inepta o falsa? Io ammutoli’. Che

se io lo havessi saputo prima… che arei facto? Se alcuno me ne domandassi: arei facto qualche cosa per non fare questo. Ma hora che debbo io fare? Tanti pensieri mi impediscono, che traggono l’animo mio in diverse parti: l’amore, la misericordia, el pensiero di queste noze, la reverenza di mio padre, el quale humanamente mi ha infino ad qui conceduto che io viva ad mio modo. Ho io hora ad contrappormegli? Heimè, io sono incerto quello che io mi habbi ad fare!MI. Misera ad me, che io non so dove questa incertitudine habbi ad condur costui! Ma hora è necessariissimo o che io riconcilii costui seco \con quella/ o che io parli di lei qualche cosa contro ad lui. Et mentre che l’animo è dubio si dura poca fatica ad farlo inclinare da questa o da quella parte. PA. Chi parla qui? Dio ti salvi, Miside.MI. Dio ti salvi, o Pamphilo.PA. Che si fa?MI. Domàndine tu? lab La muore di dolore; et per questo è oggi misera, che la sa come in questo dì sono ordinate le noze, e però teme che tu non la abbandoniPA. Heimè! sono io per fare cotesto? Sopporterò io che la sia ingannata per mio conto, che mi ha confidato l’animo et la vita sua, la quale io harei volentieri per mia donna? et sopporterò io che la sua buona educatione, costrecta da la povertà, si rimuti? Non lo farò mai.MI. Io non ne dubiterei s’egli stessi solo ad te, ma io temo che tu non possa resistere alla forza che ti farà tuo padre.Pa: Stìmimi tu però sì gran poltrone \da poco/, sì ingrato, sì inhumano, sì fiero che la consuetudine, lo amore, la vergogna non mi commuova e non mi admunisca ad observarle la fede?MI. Io so questo solo: che la merita che tu ti ricordi di lei.PA. Che io me ne ricordi? O Miside, o Miside, anchora mi sono scripte nello animo le parole che Cryside mi dixe di Glicero! Ella era quasi che morta, che la mi chiamò: io me le adcostai, voi ve ne andasti e noi rima‹ne›mo soli. Ella cominciò a dire: «O Pamphilo mio, tu vedi la belleza et la età di costei; né ti è nascosto quanto queste dua cose sieno contrarie et alla belleza \onestà/ et ad conservare le cose sue. Per la quale cosa io ti priego per questa mano dextra, per la tua buona natura e per la tua fede e per la solitudine in la quale resta costei, che tu non la scacci da te et non la abandoni. Se io t’ho amato come fratello, se costei ti ha stimato sempre sopra tucte le cose, se la ti ha obedito in ogni cosa, io ti do ad costei marito, amico, tutore, padre. Tucti questi nostri beni io commetto in te et alla tua fede li raccomando». Et allhora mi mese intro le mani lei e di subito morì. Io la presi et manterrolla.MI. Io lo credo certamente.PA. Ma tu perché ti parti da lei?MI. Io vo ad chiamare la levatrice.PA. Va’ ratta et odi una parola: guarda di non ragionare di noze, che al male tu non adgiugnessi questo.MI. Io ti ho inteso.

[ATTO SECONDO][SCENA I]

CARINUS, BIRRIA, PAMPHILUSCA. Che di’ tu, Birria, maritasi hoggi colei ad Pamphilo?BI. Così è.CA. Che ne sai tu?BI. Davo poco fa me lo ha detto in mercato.CA. O misero ad me! Come ho io hauto lanimo l’animo è stato innanzi ad questo tenpo implicato nella speranza et nel timore, così, poi che mi è mancato la speranza, stracco ne’ pensieri è diventato stupido.BI. Io ti prego, o Carino, quando e’ non si può quello che tu vuoi, che tu vogla quello che tu puoi.CA. Io non voglo altro che Philomena.BI. Hà, quanto sarebbe meglo dare opera che questo amore ti si rimovessi da lo animo, che parlar cose per le quali ti si raccenda più la vogla!CA. Facilmente, quando uno è sano, consigla bene chi è infermo. Se tu fussi nel grado mio, tu la intenderesti altrimenti.BI. Fa’ come ti pare.CA. Ma io veggo Pamphilo: io voglo provare ogni cosa prima che io muoia.BI. Che vuole fare costui?CA. Io lo pregherrò, io lo suplicherò, io gli narrerò el mio amore. Io credo che impetrerrò ch’e’ li indugerà qualche dì ad fare le noze: in questo mezo spero che qualche cosa fia.BI. Cotesto qualche cosa è nonnulla.CA. Che ne pare egli ad te, Birria? Vo io ad trovarlo?BI. Perché no? Se tu non impetri alcuna cosa, che \almeno/ pensi havere uno che sia parato ad farlo becco se la mena.CA. Tira via in mala hora con questa tua suspitione, scelerato!PA. Carinum video dio ti salvi Io veggo Carino. Dio ti salvi!CA. O Pamphilo, Dio t’aiuti! Io vengo ad te domandando speranza, salute, aiuto et consiglo.PA. Per mia fé, che io non ho né prudenza da consiglarti, né facultà d’aiutarti. Ma che vuoi tu?CA. Tu meni hoggi donna. PA. E’ lo dicono.CA. Pamphilo, se tu fai questo, e’ sarà l’ultimo dì che tu mi vedrai.PA. Perché cotesto?CA. Heimè, che io mi vergogno ad dirlo! Dè, diglene tu, io ti prego, Birria!BI. Io liene dirò.PA. Che cosa è?BI. Costui ama la tua sposa.PA. Costui non è della opinione mia. Ma dimmi: hai tu hauto ad fare altro con lei, Carino?CA. Hà, Pamphilo, niente!PA. Quanto l’harei caro!CA. Io ti prego la prima cosa per l’amicizia et amore nostro che tu non la meni.PA. Io ne farò ogni cosa.CA. Ma se questo non si può et se queste noze ti son pure ad quore…PA. Ad quore?CA. … almeno indugia qualche dì, tanto che io ne vada in qualche luogo per non le vedere.PA. Ascoltami un poco: io non credo, Carino, che sia ofitio d’uno huom da bene volere essere ringratiato

d’una cosa che altri non meriti. Io desidero più di fuggire queste noze che tu di farle.CA. Tu m’hai risucitato.PA. Hora se tu et qui Birria potete alcuna cosa, fatela: fingete, trovate, concludete adciò che la ti sia data; et io farò ogni opera perché la non mi sia dataCA. E’ mi basta.PA. Io veggo appunto Davo, nel consiglo del quale io mi confido.CA. Et \anche/ tu, per mia fé, non mi rechi innanzi mai cose sed non quelle che non bisogna saperle. Vatti con Dio in mala hora!BI. Molto volentieri. [SCENA II]DAVO, CARINO, PAMPHILODA. O Idio, che porto io di bene \che buone novelle porto io!/ Ma dove troverrò io Pamphilo per liberarlo da quella paura nella quale hora si truova et rienpierli l’animo d’allegreza?CA. Egli è allegro, né so perché.PA. Niente è; e’ non sa anchora el mio male.DA. Che animo credo io che sia el suo, s’egli ha udito d’havere ad menar mogle!CA. Odi tu quello che dice?DA. Di facto mi correrebbe dreto tucto fuora di sé. Ma dove ne cercherò io o dove andrò?CA. Ché non parli?DA. Io so dove io voglo ire. PA. Davo, se’ tu qui? Fermati!DA. Chi è che mi chiama? O Pamphilo, io ti cercavo; o Carino, voi sete a punto insieme. Io vi volevo tucti a dua.PA. O Davo, io son morto.DA. Che? stammi più tosto ad udire.PA. Io sono spacciato.DA. Io so di quello che tu hai paura.CA. La mia vita, per mia fé, è in dubio.DA. Et anche tu so quello che vuoi.PA. Io ho ad menar mogle.DA. Io me lo so.PA. Hoggi.DA. Tu mi togli la testa, perché io so che tu hai paura d’haverla ad menare et tu ch’e’ non la meni.CA. Tu sai la cosa.PA. Cotesto è proprio.DA. Et in questo non è alcuno periculo: guardami in viso!PA. Io ti prego che el più presto puoi mi liberi da questa paura.DA. Ecco che io ti libero: Cremete non te la vuole dare.PA. Che ne sai tu?DA. Sollo. Tuo padre poco fa mi prese et mi dixe che ti voleva dare hoggi donna et molte altre cose che non è hora tenpo a dirle. Di facto io corsi in mercato per dirtelo et, non ti trovando quivi, me n’andai in un luoco alto et non ti guardai adtorno, né ti vidi. Ma a ccaso trovai Birria di costui. Domanda’lo di te: risposemi non ti havere veduto; il che mi fu molesto et penso quello che fare debbo. in questo tanto mi entrò qualche suspitione nato che mi nacque di questa cosa: p In questo mezo, ritornandomi io ad casa, mi nacque da la cosa in sé qualche suspitione, perché io vidi comperate poche cose et stare lui maninconoso, in modo et subito dixi fra me: queste noze non mi riscontrono.

PA. Ad che fine di’ tu cotesto?DA. Io me n’andai subito ad casa Cremete et trovai davanti ad l’uscio una solitudine grande, di che io mi rallegrai.CA. Tu di’ bene.PA. Séguita.DA. Io mi fermo quivi, et non veggo mai entrare né uscire persona. Io entrai drento, raguardai: quivi non era alcuno apparato, né alcun tumulto.PA. Cotesto è un gran segno.DA. Queste cose non riscontrano con le noze.PA. Non pare ad me.DA. Di’ tu che non ti pare? la cosa è certa. Oltr’a questo io trovai un servo di Cremete che haveva comperato certe herbe et un grosso di pesciolini per la cena del vechio.CA. Io sono hoggi libero mediante l’opera tua.DA. Ed io sto di malavogla.CA. Perché, non è egli certo che non liene vuol dare? DA. Uccellaccio, come se fussi necessario, non la danda ad costui, che la dia ad te! E’ bisogna che tu ti affatichi, che tu vadi ad pregare li amici del vechio et che tu non ti stia.CA. Tu mi admunisci bene: io andrò, benché, per mia fé, questa speranza m’habbi ingannato spesso. Adio![SCENA III]PAMPHILO, DAVOPA. Che vuole adunque mio padre? perché finge?DA. Io tel dirò: se egli t’incolpassi hora che Cremete non te la vuole dare, egli s’adirerebbe teco ad torto, non havendo prima inteso che animo sia el tuo circa le noze. Ma se tu negassi, tucta la colpa sarà tua: alhora andrà sottosopra ogni cosa.PA. Io sono per patire ciò che tu vuoi.DA. O Pamphilo, egli è tuo padre et è difficile oporsegli. Dipoi, questa donna è sola: e’ troverrà dal detto al facto qualche cagione per la quale e’ la farà mandar via.PA. Che la mandi via?DA. PrestoPA. Dimmi adunque quello che tu vuoi che io faccia.DA. Di’ di volerla menarePA. Hem?!DA. Che cosa è? PA. Che io lo dica?DA. Perché no?PA. Io non lo farò mai!DA. Non lo negare.PA. Non mi dare ad intendere questo.DA. Vedi di questo quello che ne nascerà.PA. Che io lasci quella et pigli questa.DA. E’ non è così, perché tuo padre dirà così in questo modo: «Io voglo che tu meni hoggi donna»; tu risponderai: «Io son contento». Dimmi che cagione harà egli d’adirarsi teco; et tucti e’ suo consigli certi li torneranno sanza periculo incerti. Perché questo è sanza dubio, che Cremete non ti vuole dare la figluola. Né tu per questa cagione ti rimuterai di non fare quel che tu fai, acciò che lui non muti la sua sentenza. Di’ ad tuo padre di volerla, acciò che, volendosi adirare teco, ragionevolmente non possa. Et io quel che tu speri \temi/ facilmente confuterò, perché nessuno darà mai mogle ad cotesti costumi; e’ la darà più tosto ad un povero. Et farai tuo padre neglicente a darti donna,

quando e’ vegha che tu sia parato a piglarla, et ad bell’agio cercherà d’una altra. In questo mezo qualchosa nascerà di bene.PA. Credi tu che la cosa proceda così? DA. Sanza dubio alcuno.PA. Vedi dove tu mi metti.DA. Dè, sta’ cheto!PA. Io lo dirò: e’ bisogna guardarsi che non sappia che io habbi un fanciul di lei, perché io ho promesso d’alevarlo.DA. O audacia temeraria!PA. la vogl La volle che io li dessi la fede, ché sapeva che io ero per observarglene.DA. E’ vi s’arà advertenza. Ma tuo padre viene di qua et è \ci è:/ guarda che non ti vegga maninconoso.PA. Io lo farò.[SCENA IV]SIMO, DAVO, PAMPHILOSI. Io ritorno ad vedere quel che fanno o che partiti e’ piglino.DA. Costui non dubita che Pamphilo neghi di menarla et ne viene pensando di qualche loco solitario, et spera havere trovato la cagione di farti iniuria: pertanto fa’ di stare in cervello.PA. Pur che io possi, o Davo.DA. Credimi questo, Pamphilo, che non farà una parola sola se tu di’ di menarla.[SCENA V]

BIRRIA, SIMO, DAVO, PAMPHILO BI. El padrone mi ha imposto che, lasciato ogni altra cosa, io observi Pamphilo per intendere quello che fa di queste noze. Per questo io lo ho seguitato, et veggo ch’egli è con Davo. Io ho ad fare questa faccenda.SI. E’ son qua l’uno et l’altro.DA. Habbi l’ochio.SI. O Pamphilo!DA. Rivolgiti verso lui quasi che ad lo improviso.PA. O padre!DA. Bene!SI. Io voglo che tu meni hoggi donna, come io t’ho detto.DA. Io temo hora del caso nostro, secondo che costui risponde.PA. Né in questo né in altro mai per ma sono per mancare in alcuna cosa.BI. Hem?!DA. Egli è ammutolato.BI. Che ha e’ detto?SI. Tu fai quel che tu debbi quando io impetro amorevolmente da te quel ch’io voglo.DA. Ho io detto el vero?BI. El padrone, secondo ch’io intendo, farà sanza mogle.SI. Vattene hora in casa, acciò che quando bisogna che tu sia presto.PA. Io vo. BI. È e’ possibile che innegli huomini non sia fede alcuna? Vero è quel proverbio che dice che ognuno vuole meglo a sé che ad altri. Io ho veduto quella vergine et, se bene mi ricordo, bella; per la qual cosa io voglo men male ad Pamphilo, s’egli ha più tosto voluto abracciar lei ch’el mio padrone. Io liene andrò ad dire, adciò che di questa mala novella e’ mi dia qualche male.[SCENA VI]

DAVO, SIMODA. Costui crede hora che io li porti qualche inganno, et per questa cagione sia rimaso qui.SI. Che dice Davo?DA. Niente veramente.SI. Niente, he?DA. Niente, per mia fé.SI. Veramente io aspectavo qualche cosa.DA. Io sento che questo li è intervenuto fuor d’ogni sua opinione. Questo male lo ha preso.SI. È egli possibile che tu mi dica el vero?DA. Niente è più facile.SI. Queste noze sono ad costui punto moleste per la consuetudine che lui ha con questa forestiera?DA. Niente, per Dio! Et, se fia, sarà un pensiero che durerà dua o tre dì, tu sai, perch’egli ha pensato questa cosa per buona via.SI. Io lo lodo.DA. Mentre che gli fu lecito et mentre che la età lo patì, egli amò. Et allhora lo fece di nascosto, perché quella cosa non li dessi carico, come si appartiene ad uno huom da bene. Hora che gli è tempo menar mogle, egli ha volto l’animo alla donna.SI. E’ mi parve pure alquanto maninconoso.DA. Non è per questa cagione; ma e’ ti accusa bene in qualche cosa.SI. Che cosa è?DA. Niente.SI. Che domine è?DA. Una cosa da giovani.SI. Horsù, dimmi che cosa è!DA. Dice che tu usi troppa miseria in queste noze.SI. Io?DA. Tu! Dice che a ffatica hai speso dieci ducati et non pare che tu dia mogle ad un tuo figluolo, et non sa chi si menare de’ sua compagni ad cena, et, a dire el vero, \che/ tu te ne governi troppo miseramente io non ti lodo.SI. Sta’ cheto.DA. Io lo ho inritato aizato.SI. Io provedrò che tucto andrà bene. Che cosa è questa? che ha voluto dire questo ribaldo? Et se ci è male alcuno, heimè, che questo tristo ne è capo.

[ATTO TERZO][SCENA I]MISIS, SIMO , LESBIA, DAVUS, GLICERIUMMI. Per mia fé, Lesbia, che la cosa va come tu hai detto: e’ non si truova quasi mai veruno huomo che sia fedele ad una donna.SI. Questa fantesca è da Andro: che dic’ella?DA. Così è.MI. Ma questo Pamphilo…SI. Che dice ella?MI. … l’ha dato la fede.SI. Hem?!DA. Dio volessi che o costui diventassi sordo o costei mutola!MI. Perché egli ha comandato che quel che la farà s’allievi.SI. O Giove, che odo io? La cosa è spacciata se costei dice el vero!LES. Tu mi ragioni d’una buona natura di giovane.

MI. D’optima! Ma vienmi dreto, adciò che tu sia ad tempo se tu hai l’havessi bisogno di te.LES. Io vengo. DA. Che remedio troverrò io ad hora ad questo male?SI. Che cosa è questa? È egli sì pazo che d’una forestiera… già io so. Hà, sciocho! io me ne sono adveduto.DA. Di che dice costui essersi adveduto?SI. Questo è el primo inganno che costui mi fa. E’ fanno vista che costei partorischa per sbigottire Cremete.GLI. O Iuno, aiutami! io mi ti raccomando.SI. Oimè, così presto? Cosa da ridere! Poi che la mi ha veduto stare innanzi all’uscio, ella sollecita. O Davo, tu non hai bene compartiti questi tempi?DA. Io?SI. Tu ti ricordi del tuo discipulo?DA. Io non so quello che tu ti di’.SI. Come mi uccellerebbe costui se queste noze fussin vere et havessimi trovato impreparato! Ma hora ogni cosa si fa con periculo suo: io sono al sicuro.[SCENA II]LESBIA, SIMO , DAVOLES. Infino ad qui, o Archile, in costei si veggono tucti buoni segni. Fa’ lavare queste cose, dipoi li date bere quanto vi ordinai et non più punto che io vi dixi, et io di qui ad un poco darò volta di qua. Per mia fé, che gli è nato ad Pamphilo un bel figluolo; Dio lo facci sano, sendo egli di sì buona natura che si è vergognato di fare iniuria ad questa buona fanciulla.SI. Et chi non chi crederrebbe che \ti conoscessi/ che anchor questo fussi ordinato da te?DA. Che cosa è?SI. Perché non ordinava ella in casa quello ch’era di bisogno alla donna di parto, ma poi che la è uscita fuora la grida della via ad quelli che son drento? O Davo, tieni tu sì poco conto di me o paioti io apto ad essere ingannato si apertamente? Fa’ le cose almeno in modo che paia che tu habbia paura di \me/ quando io lo risapessi. DA. Veramente costui s’inganna da sé, non lo inganno io.\SI./ Non te lo ho io decto, non ti ho io minacciato che tu non lo faccia? che giova? Credi tu ch’io ti creda che costei habbi partorito di Pamphilo?DA. Io so dove e’ s’inganna et so quel ch’io ho ad fare.SI. Perché non rispondi?DA. Che vuoi tu credere? Come se non ti fussi stato ridetto ogni cosa.SI. Ad me?DA. E, hò! Ha’ti tu inteso da te che questa è una fintione.SI. Io sono uccellato!DA. E’ ti è stato ridecto. Come ti sarebbe entrato questo sospetto?Si: Perch’io ti conoscevo.DA. Quasi che tu dica che questo è facto per mio consiglo.SI. Io lo so certo.DA. O Simone tu non conosci bene ch’io sono.SI. Io non ti conosco?DA. Ma come io ti comincio ad parlare, tu credi ch’io t’inganni…SI. Bugie!

DA. … in modo ch’io non ho più ardire d’aprire la bocca.SI. Io so una volta questo: che qui non ha partorito persona.DA. Tu l’hai intesa! ma di qui ad poco questo fanciullo ti sarà portato innanzi all’uscio. Io te ne advertisco adciò che tu lo sappia et che tu non dica poi che sia facto pel consiglo di Davo: perché io vorrei fare che si rimovessi da te questa opinione che tu hai di me.SI. Donde sai tu questo?DA. Io l’ho udito et credolo.SI. Molte cose concorrono per le quali io non fo questa coniectura: in prima costei dixe essere gravida di Pamphilo et non fu vero; hora poi che la vede aparechiarsi le noze, ella mandò per la levatrice che venissi ad lei et portassi seco un fanciullo.DA. Se non accade che tu vegga el fanciullo, queste noze di pamphilo non si sturberebbono.SI. Che di’ tu? Quando tu intendesti che si haveva ad piglare questo partito perché non me lo dicesti tu? DA. Chi l’ha rimosso da lei, se non io? Perché, non sa ognuno quanto grandemente costui l’ha amata? Hora egli è bene che tolga donna: però mi darai questa faccenda et tu nondimeno séguita di farle. Et io ci ò buona speranza, mediante la gratia di Dio.SI. Vanne in casa et quivi mi aspecta, et ordina quello che fa di bisogno. Costui non mi ha al tucto costrecto ad crederli, et non so s’egli è vero ciò che mi dice. Ma io me lo stimo poco: perché questo è la importanza: ch’el mio figluolo me lo ha promesso. Hora io troverrò Cremete et lo pregherrò che dia glene dia. Se io lo impetro, che voglo io altro sed non che hoggi si faccino queste noze? Perché quello che mi ha promesso el mio figluolo e’ non è dubio, quando e’ non volessi, che io lo potrò forzare. Et appunto ad tempo, ecco Cremete![SCENA III]SIMO , CREMETESI. Ad quel Cremete!CRE. O io ti cercavo!SI. Et io te. CRE. Io ti desideravo perché molti mi hanno trovato et detto havere inteso da più persone come hoggi io do la mia figluola al tuo figluolo. Io vengo per sapere vedere se tu o loro impazano.SI. Odi un poco, et saprai per quel ch’io ti voglo et quello che tu cerchi.CRE. Di’ cio che tu vuoi.SI. Per Dio io ti prego, o Cremete, et per la nostra amicitia, la quale cominciata da piccoli insieme con la età crebbe, per la unica tua figluola et mio figluolo, la salute del quale è nella tua potestà, che tu mi aiuti in questa cosa et che quelle noze che si dovevono fare si faccino.CRE. Hà, non mi pregare! come se ti bisogni pregare quando tu vogla da me alcun piacere. Credi tu che io sia d’altra facta che io mi sia stato per il passato, quando io te la davo? S’egli è bene per l’una parte et per l’altra, che le facciamole. Ma se di questa cosa ad l’uno et l’altro ne nascessi più male che commodo, io ti prego che tu habbi riguardo al comune bene, come se quella fussi tua et io padre di Pamphilo. SI. Io non voglo altrimenti, et così cercho che si facci, o Cremete. Né te ne richiederei se la cosa non fussi in termine da farlo.

CRE. Che è nato?SI. Glicerio et Pamphilo sono adirati insieme.CRE. IntendoSI . se Et di qualità che io credo che non se ne habbi ad fare pace.CRE. Favole!SI. Certo la cosa è così.CRE. E’ fia come io ti dirò: che l’ire degli amanti sono una reintegratione d’amore.SI. He! io ti prego che noi ci facciamo innanzi \a darli mogle/, mentre che ci è dato questo tempo, mentre che la sua libidine è ristucca da le iniurie, innanzi che le scelerateze loro et le lacrime piene d’inganno reduchino l’animo infermo ad misericordia: perché spero, come e’ fia legato da la consuetudine et dal matrimonio, facilmente si libererà di tanti mali.CRE. E’ pare ad te così, ma io credo che non potrà lungamente patire me né lei.SI. Che ne sai tu, se tu lau non ne fai experienza? CRE. Farne experienza in una sua figluola è pazia.SI. Infine tucto el male che ne può risultare è questo: se non si corregge, che Idio guardi! che si facci el divortio. Ma se si corregge, guarda quanti beni: in prima tu restituirai ad un tuo amico un figluolo, tu harai un genero fermo et la tua figluola marito. CRE. Che bisogna altro? Se tu ti se’ persuaso che questo sia utile, io non voglo che per me si guasti alcuno tuo commodo.SI. Io t’ho meritamente sempre stimato assai.CRE. Ma dimmi.SI. Che?CRE. Onde sai tu che gli è infra loro inimicitia?Si. Davo me lo ha detto, che è el primo loro consiglere; et lui mi persuade che io faccia queste noze el più presto potròsso. Credi tu che lo facessi, se non sapessi ch’e1mio figluolo volessi? Io voglo che tu stessi oda le sua parole proprie. O là, chiamate qua Davo! ma eccolo che viene fuora.[SCENA IV]DAVO, SIMO, CREMETE DA. Io venivo ad trovarti.SI. Che cosa è?DA. Perché non mandate per la sposa? E’ si fa sera.SI. Odi tu quel che dice? Per lo adreto io ho dubitato assai, o Davo, che tu non facessi quel medesimo che suole fare la maggior parte de’ servi: d’ingannarmi per cagione del mio figluolo.DA. Che io facessi cotesto?SI. Io lo credetti, et in modo ne hebbi paura che io vi ho tenuto secreto quello che hora vi dirò.Da: Che cosa è?SI. Tu lo saprai, perché io comincio ad prestarti fede.DA. Quanto tu hai penato ad conoscere chi io sono!SI. Queste noze non erano dadovero.DA. Perché no?SI. Ma io le finsi per tentarviDA. Cosi Che di’ tu?SI. Così sta la cosa.DA. Vedi tu, mai me ne harei saputo advedere! U, hà, che consiglo astuto!SI. Odi questo: poi che io ti feci entrare in casa, io riscontrai ad sorte tempo costui.DA. Hem, noi siam morti!SI. Di’ ad costui quello che tu dicesti ad me.

DA. Che odo io? SI. Io lo ho pregato che ci dia la sua figluola et con fatica l’ò obtenuto.DA. Io son morto.SI. Hem, che hai tu decto?DA. Ho decto che gli è molto ben facto.SI. Hora per costui non resta.CRE. Io me n’andrò ad casa et dirò che si preparino; et se bisognerà cosa alcuna lo farò intendere ad costui.SI. Hora io ti prego, o Davo, perché tu solo mi hai facto queste noze…DA. Io veramente solo!SI. … sfòrzati di correggere questo mio figluolo.DA. Io lo farò sanza dubio alcuno.SI. Tu puoi hora, mentre ch’egli è adirato.DA. Sta’ di buona vogla.SI. Dimmi, dove è egli hora?DA. Io mi maraviglo se non è in casa.SI. Io l’andarò ad trovare et dirò a llui quel medesimo che io ho detto ad te.DA. Io sono spacciato diventato nonnulla! Che cagione farà che io non sia per la più pressa mandato ad zappare? \E’/ non mi] \è/ rimaso a’ preghi luogo alcuno. Io ho mandato sottosopra ogni cosa; io ho ingannato el padrone et ho facto che hoggi queste noze si faranno, od vogla Pamphilo o no. O astutia, che se io mi fussi stato da parte non ne sarebbe risultato male alcuno! Ma ecco io lo veggo: io sono spacciato! Dio volessi che fussi qui qualche balza dove io mi potessi gittare ad fiaccacollo.[SCENA V]PAMPHILO, DAVOPA. Dove è quello scelerato che mi ha morto?DA. Io sto male.PA. Ma io confesso questo essermi intervenuto ragionevolmente, quando io son sì pazo et sì da poco che io commetto e casi mia in sì dusutile servo. Io ne porto le pene iustamente; ma io ne lo pagherò in ogni modo.DA. Se io fuggo hora questo male, io so che poi tu non me ne pagherai.PA. Che dirò io hora ad mio padre? negherogli io quello che io gli ho promesso? Con che confidenza ardirò io di farlo: io non \so/ io stesso quello che mi fare di me medesimo.DA. Né anch’io \di me/. Ma io penso di dire d’havere trovato qualche bel tracto per differire questo male.PA. Ohè!DA. E’ mi ha veduto.PA. Olà, huom da bene, che fai? Vedi tu come tu m’ài adviluppato pe co’ tuoi consigli.DA. Io ti sviluppero.PA. Sviluppera’mi?DA. Sì veramente, Pamphilo.PA. Come hora?DA. Spero pure di far meglo.PA. Vuoi tu che io ti creda questo, impichato, che tu rassetti una cosa adviluppata et perduta? Hem, di chi mi sono io fidato! che d’uno stato tranquillo mi hai messo per forza in q rovesciato adosso queste noze. Ma non ti dixi io, se questo m’interverrebbe questo …DA. dicesti Sì, dicesti.PA. … che ti si verrebbe egli?DA. Le forche! Ma lasciami un poco poco ritornare in me: io penserò ad qualchosa.

PA. Heimè! perché non ho io spatio ad piglare di te quel suplicio che io vorrei? perché questo tempo mio ricercha che io pensi a’ casi mia et non ad te vendicarmi.

[ATTO QUARTO][SCENA I]CARINO, PAMPHILO, DAVOCA. È ella cosa degnia di memoria o credibile che sia tanta pazia nata in alcuno che si rallegri del male d’altri et delli incommodi d’altri cerchi e commodi suoi? Ah, non è questo vero? Et quella sorte d’huomini è pessima che si vergognano negare una cosa quando sono richiesti; poi, quando e’ viene el tempo, forzati da la necessità si squoprono et temono. Et pure la cosa li sforza ad negare, et alhora usono parole sfacciate: «Chi se’ tu? che hai tu ad fare meco? perché t’ho io a dare le mia cose? Odi tu: io ho ad voler meglo ad me!». Et se tu li domandi dove è la fede, e’ non si vergognono di negarte. Et prima, quando non bisognava, si vergognorno; et poi, quando bisogna, non si vergognono. Ma che farò io? androllo io ad trovare per dolermi seco di questa iniuria? io li dirò villania? Et, se un mi dicessi:«Tu non farai nulla!», io li sarò pure molesto et haro questo pia satisfarò all’animo mio. PA. Carino, io ho offeso ruinato imprudentemente te et me, se Dio non ci provede.CA. Così “imprudentemente” egli ha trovata la scusa. Tu m’hai servata la fede!PA. O perché?CA. Credimi tu anchora ingannare con queste tua parole?PA. Che cosa è cotesta? CA. Poi che io ti dixi d’amarla, ella t’è piaciuta. Heu, me misero ad me, ché \io/ ho misurato l’animo tuo con l’animo mio!PA. Tu t’inganni.CA. Questa tua allegreza non ti sarebbe paruta intera se tu non mi havessi allattato et nutrito d’una falsa allegreza. Habbitela!PA. Ch’io l’habbia? Ah, tu non sai in quanti mali io sia rinvolto et in quanti danni \pensieri/ m’habbi facti \messo/ costui co’ suoi consigli et in quanti pensieri questo mio manigoldo m’habbi messo co’ suoi consigli.CA. Maravigletene tu? Egli ha imparato da te.PA. Tu non diresti cotesto se tu conoscessi me et lo amore mio.CA. Io so che tu disputasti assai con tuo padre, et per questo t’incolpa che non ti ha potuto hoggi disporre ad menarla.PA. Anzi, vedi come tu sai e mali mia! Queste noze non si facevano et non era alcuno che mi volessi dar mogle. CA. Io so che tu se’ suto forzato da te stesso.PA. Sta’ un po’ saldo: tu non lo sai anchora.CA. Io so che tu l’hai ad menare. PA. Perché mi ammazi tu? Intendi questo: costui non cessò mai di persuadere, di pregarmi che io dicessi ad mio padre d’essere contento di menarla, tanto che mi conduxe a dirlo. Ca: chCA. Chi fu cotesto huomo?PA. Davo.CA. Davo?PA. Davo manda sozopra ogni cosa.CA. Per che cagione?PA. Io non lo so, se non che io so bene che Idio è adirato meco, poi che io feci ad suo modo.

CA. È ita cosi la cosa, Davo?DA. Sì è.CA. Che di’ tu, scelerato? Idio ti dia quel fine che tu meriti! Dimmi un poco: se tucti e suoi nimici li havessin voluto dar mogle, harebbo‹n›gli loro dato altro consiglo?DA. Io sono ingannato \stracco/, ma non stracco lasso.Ca. Io lo so.DA. E’ non ci è riuscito per questa via? enterreno per un’altra: se già tu non pensi che, poi che la prima non riuscì, che hora questo male non si possa guarire.PA. Anzi credo che ogni poco che tu ci pensi, che d’un paio di noze tu me ne farai dua. DA. O Pamphilo, io sono obligato sendo io tuo servo \in tuo servitio/ sforzarmi con le mani et co’ pie dì et nocte et mettermi ad periculo della vita per giovarti. E’ s’appartiene poi ad te perdonarmi se nasce alcuna cosa fuora di speranza et s’egli occorre alcuna cosa poco prospera, perché io ho facto el meglo che io ho saputo. O veramente tu ti truova un altro che ti serva meglo et lascia andare me.PA. Io lo desidero, ma rimettimi nel luogo dove tu mi trovasti.DA. Io lo farò. PA. E’ bisogna hora.DA. Hem… ma sta’ saldo: io sento l’uscio di Glicerio.PA. e’ non sap E’ non importa ad te.DA. Io vo pensando.PA. Hem… hor ci pensi?DA. Io l’ho già trovato.[SCENA II]MISIDE, PAMPHILO, CARINO, DAVOMI. Come io l’harò trovato, io procurerò per te et ne mêrrò meco el tuo Pamphilo. Ma tu, anima mia, non ti voler macerare.PA. O Miside!MI. Che è? O Pamphilo, io t’ho trovato appunto.PA. Che cosa è? MI. La mia padrona mi ha comandato che io ti preghi che, se tu l’ami, che tu la vadia ad vedere.PA. U, hà, io son morto! Questo male rinnuova. Tieni tu colla tua opera così sospesi me et lei! La manda per me perché la sente che si fanno le noze.CA. Da le quali facilmente tu ti saresti potuto abstenere, se costui se ne fussi abstenuto.DA. aizalo ad cio Se costui per sé medesimo non è adirato, aìzalo!MI. Per mia fé, cotesta è la cagione et però è ella malinconosa.PA. Io ti giuro, o Miside, per tucti gli dei che io non la abandonerò mai, non se io credessi che tucti l’huomini mi havessino a diventare nimici. Io me la ho cercha, la mi è tocha, e costumi s’affanno: morir possa qualunque vuole che noi ci separiano! Costei non mi fia tolta sed non da la morte.CA. Io risucito.PA. L’oraculo d’Apolline non è più vero che questo. Se si potrà fare che mio padre creda che non sia mancato per me che queste noze si faccino, io l’harò caro; quanto che no, io farò le cose all’abbandonata et vorrò ch’egli intenda che manchi da me. Chi ti paio io?CA. Infelice come me.DA. Io cerco d’un partito.CA. Tu se’ valente huomo.

PA. Io so quel che tu cerchi.DA. Io te lo darò facto in ogni modo.PA. E’ bisogna hora.DA. Io so già quel ch’io ho ad fare.CA. Che cosa è?DA. Io l’ò trovato per costui non per te, adciò che tu non t’inganni.CA. E’ mi basta.PA. Dimmi quel che tu farai.DA. Io ho paura che questo dì non mi basti ad farlo, non che m’avanzi tempo a dirlo. Orsù, andatevi con Dio: voi mi date noiaPA. Io andrò ad veder costeiDA. Ma tu dove n’andrai?CA. Vuoi tu ch’io ti dica el vero?DA. Tu mi cominci una storia da capo!CA. Quel che sarà di me?DA. E, hò, imprudente! Non ti basta egli che, se io allungo queste differisco queste noze uno dì, che io lo do ad te?CA. Nondimeno…DA. Che sarà?CA. … ch’io la meni!DA. Uccellaccio!CA. Se tu puoi far nulla, fa’ di trovarmi \venire/ qui. DA. Che vuoi tu ch’io venga: io non ho nulla.CA. Pure se tu havessi qualchosa…DA. Orsù, io verrò.CA. … io sarò in casa. DA. Tu, Miside, aspectami un poco qui tanto che io peni ad uscire di casa.MI. Perché?DA. Così bisogna fare.MI. Fa’ prestoDA. Io saro qui hora. [SCENA III]MISIDE, DAVOMI. Veramente e’ non ci è boccone del netto! O Idij, io vi chiamo in testimonio: che io mi pensavo che questo Pamphilo fussi alla padrona mia un sommo bene, sendo amico, amatorente et huomo parato a tucte le sua vogle. Ma lei, misera, quanto dolore pigla ella per suo amore, in modo che io ci veggo drento più male che bene. Ma Davo esce fuora. Oimè, che cosa è questa? dove porti tu el fanciullo?DA. O Miside, hora bisogna che la tua audacia et astutia sia prompta.MI. Che vuoi tu fare?DA. Pigla questo fanciullo presto et pòllo innanzi all’uscio nostro.MI. In terra?DA. Raccogli pagla et vincigle della via et mettiglene sotto.MI. Perché non fai tu questo da te?DA. Per poter giurare al padrone di non ve lo haver posto.MI. Intendo. Ma dimmi: come se tu diventato sì religioso?DA. Muoviti, presto, acciò che tu intenda dipoi quel ch’io vo fare. O Giove!MI. Che cosa è?DA. Ecco el padre della sposa: io vo lasciare el primo partito.MI. Io non so che tu ti di’.

DA. Io fingerò di venire qua da man dritta. Fa’ d’andare secondando el parlare mio dovunque bisognerà.MI. Io non intendo cosa che tu dica, ma io starò qui acciò, se bisognassi l’opera mia, io non disturbi alcun vostro commodo.[SCENA IV]CREMES, MISIS, DAVUSCRE. Io ritorno per comandare che mandino per lei, poi che io ho ordinato tucte le cose che bisognano per le noze. Ma questo che è? per mia fé, ch’egli è un fanciullo. O donna, ha’lo tu posto qui?MI. Ove è ito colui?CRE. Tu non mi rispondi?MI. Hei, misera ad me, che non è in alcun luogo! E’ mi ha lasciata qui sola et èssene ito.DA. O dii, io vi chiamo in testimonio! Che romore è in mercato, quanti huomini piatiscono quivi et anche la ricolta è cara! Io non so che mi dire altro.MI. Perché m’hai tu lasciata qui così sola?DA. Hem, che favola è questa? O Miside, che fanciullo è questo? chi l’ha recato qui?MI. Se’ tu pazo? di che mi domandi tu?DA. Chi n’ho io a dimandare, che non ci veggo altri.CRE. Io mi mara‹vi›glo che fanciul sia questo.DA. Tu m’hai ad rispondere ad quel ch’io ti domando. va qua Tirati in su la ma-rritta.MI. Tu impazi: non ce lo portasti tu?DA. Guarda di non mi dire una parola fuor di quello ch’io ti domando.MI. Tu bestemmi!DA. donde \Di’ chi/ è egli? Di’ ch’ognuno oda!MI. De’ vostri.DA. Hà, hà! io non mi mara\vi/glo se una meretrice non ha vergogna. CRE. Questa fantesca è da andria, come mi pare.DA. Paiamovi noi però huomini da essere così uccellati?CRE. Io sono venuto ad tempo.DA. Presto, leva questo fanciullo di qui. Sta’ salda, guarda di non ti partire di qui.MI. Li dii ti sbarbino, in modo mi spaventi!DA. Dich’io a te o no?MI. Che vuoi?DA. Domandimene tu anchora? Dimmi di chi è cotesto bambino.MI. Nol sai tu?DA. Lascia ire quel ch’io so. di’ quello che io ti d Rispondi ad quello ch’io domando.MI. È de’ vostri.DA. Di chi nostri?MI. Di PamphiloDA. Come di Pamphilo?MI. O perché no?CRE. Io ho sempre ragionevolmente fuggito queste noze.DA. O scelerateza notabile!MI. Perché gridi tu?DA. Non vidi io che vi fu hieri portato recato in casa?MI. O audacia d’huomo!DA. Non vidi io una donna con uno involgimo sotto?MI. Io ringratio Idio che quando la partorì vi intervennono molte donne da bene.DA. Non so io per che cagione si è facto questo? «Se Cremete vedrà el fanciullo innanzi all’uscio, non gli darà la figluola». Tanto più liene darà egli!CRE. Non farà, per Dio!

DA. Se tu non lievi via cotesto fanciullo, io rinvolgerò te et lui nel fango.MI. Per Dio, che tu se’ ubliaco.DA. L’una bugia nasce da l’altra. Io sento già susurrare che costei è cittadina atheniese...CRE. Hem?!DA. … et che forzato da le leggi la tôrrà per donna.MI. A, u! per tua fé, non è ella cittadina?CRE. Io sono stato per incappare in uno male da farsi beffe di me.DA. Chi parla qui? O Cremete, tu vieni ad tempo. Odi.CR. Io ho udito ogni cosa.DA. Hai udito ogni cosa?CRE. Io ho udito certamente ogni cosa da principio.DA. Hai udito, per tua fé? Hem, scelerateze! Egli è necessario mandare costei al bargello: questo è quello! Non credi d’uccellare Davo!MI. O misera me! \O vechio mio,/ io non ho detto bugia alcuna.CRE. Io so ogni cosa. Ma Simone è drento? DA. È. MI. Non mi toccare, ribaldo! Io dirò bene a Glicerio ogni cosa.DA. E, hò, pazerella! tu non sai quel che si è facto.MI. Che vuoi tu ch’io sappia?DA. Costui è el suocero: in altro modo non si poteva fare che sapessi quello che noi volavamo.MI. Tu mel dovevi dire innanzi.DA. Credi tu che vi sia differentia o parlare da quore secondo che ti detta la natura o parlare con arte? [SCENA V]CRITO, MISIDE, DAVOCRI. E’ si dice che Criside habita\va/ in su questa piaza: la quale ha voluto più tosto adrichire qui inhonestamente che vivere povera honestamente nella sua patria. Per la sua morte e suoi beni ricaggiono ad me… Ma io veggo chi io ne posso domandare. Dio vi salvi!MI. Chi veggo io? È questo Crito, consobrino di Criside? egli è epso.CRI. O Miside, Dio ti salvi!MI. Et Crito sia salvo!CRI. Così Crisyde, he?MI. Ella ci ha veramente rovinate.CRI. Voi che fate, in che modo state qui? fate voi bene?MI. Oimè noi! Come dixe colui: «Come noi possiamo si può, poi che come si vorrebbe non possiamo». CRI. Glicerio che fa? Ha ella anchor trovato qui e suoi parenti?MI. Dio el volessi!CRI. O non anchora? Io ci sono venuto in mal punto, ché per mia fé se io lo havessi saputo io non ci harei messo mai un piede. Costei è stata sempre tenuta sorella di Criside et possiede le cose sua. Hora, sendo io forestiero, quanto mi sia utile muovere una lite mi ammuniscono li exempli delli altri. Credo anchora che costei harà qualche amico et defensore, perché la si partì di là grandicella, che griderranno che io sia uno pappa… \spione/ et che io vogla con bugie acquistare questa heredità. et che non è lecito Oltra di questo, non mi è lecito spoglarla.MI. Tu se’ uno huom da bene, Crito, et ritieni el tuo costume antico.CRI. Menami ad lei, che io la voglo vedere poi che io sono qui.

MI. Volentieri.DA. Io andrò dreto ad costoro, perch’io non voglo che in questo tempo el vechio mi vegga.

[ATTO QUINTO][SCENA I]CREMETE, SIMOCRE. Tu hai, o Simone, assai conosciuta l’amicitia mia verso di te. Io ho corsi assai periculi: fa’ fine di pregarmi. Mentre che io penso di compiacerti, io sono stato per affogare questa mia figluola.SI. Anzi, hora ti prego io et suplico, o Cremete, che apruovi co’ facti questo benifitio cominciato con le parole.CRE. Guarda quanto tu sia per questo tuo desiderio iniusto! Et pure che tu faccia quello desideri, non servi alcuno termine di benignità, né pensi quello che tu preghi: ché, se tu lo pensassi, tu cesseresti di adgravarmi con queste iniurie.SI. Con quali?CRE. Ah, domandine tu? Non mi hai tu forzato che io dia per donna una mia figluola ad uno giovane occupato nello amore d’altri et alieno al tucto dal tôr mogle? Et hai voluto con lo affanno et dolore della mia figluola medicare el tuo figluolo. Io volli quando egli era bene, hora non è bene: habbi patienza! Costoro dicono che colei è cittadina atheniese e ne ha hauto un figluolo. Lascia stare noi.SI. Io ti prego per lo amore di Dio che tu non creda ad costoro. Tucte queste cose sono finte et trovate per amore di queste noze. Come e’ fia levata la cagione perché fanno queste cose, e’ non ci fia più scandolo alcuno.CRE. Tu erri: io vidi una fantesca et Davo che si dicevano villania.SI. Io lo so.CRE. Et da dovero, perché nessun sapeva ch’io fussi presente.SI. Io lo credo; et è un pezo che Davo mi dixe che volevono fare questo, et hoggi te lo volli dire et dimentica’melo.[SCENA II]DAVO, CREMETE, SIMO, DROMODA. Hora voglo io stare con l’animo riposato...CRE. Ecco Davo ad te.SI. Onde esce egli?DA. … parte per mia cagione, parte per cagione di questo forestiero.SI. Che ribalderia è questa?DA. Io non vidi mai huomo piu venuto più ad tempo di questo.SI. Chi lauda questo scelerato?DA. Ogni cosa è a buon porto.SI. Cesso io di parlargli?DA. Egli è el padrone: che farò io?SI. Dio ti salvi, huomo dabene!DA. O Simone, o Cremete nostro, ogni cosa è ad ordine.SI. Tu hai facto bene.DA. Manda per lei ad tua posta.SI. Bene veramente! E’ ci mancava questo. Ma rispondimi: che faccenda havevi tu quivi?DA. Io?SI. Sì.

DA. Di’ tu ad me?SI. Ad te dich’io.DA. Io v’entrai hora…SI. Come s’io domandassi quanto è che vi entrò.DA. … col tuo figluoloSI. Hò, Pamphilo è drento?DA. Io sono in su la fune.SI. Hò, non dicesti tu che gli havieno quistione insieme?DA. Et hanno.SI. Come è egli così in casa?CRE. Che pensi tu che facci? E’ quistionano insieme.DA. Anzi voglo, o Cremete, che tu intenda da me una cosa indegna: egli è venuto hora un certo vechio, che parve huomo cauto, astuto et di buona presenza, con un volto grave da prestarli fede.SI. Che di’ tu di nuovo?DA. Niente veramente, sed non quello ch’io ho sentito dire da lui: che costei è cittadina atheniese. SI. O Dromo, Dromo!DA. Che cosa è?SI. Dromo!DA. Odi un poco.SI. Se tu mi di’ più una parola… Dromo!DA. Odi, io te ne prego. DR. Che vuoi?SI. Porta costui di peso in casa.DR. Chi?SI. Davo.DR. Perché?SI. Perché mi piace: portalo via!DA. C’ho io facto?SI. Portal via!DA. Se tu truovi che io t’habbi detto le bugie, ammazami.SI. Io non ti odo, et ti farò diventare dextro.DA. Egli è pure vero.SI. Tu lo legherai et guardera’lo. Odi qua: mettigli un paio di ferri: fallo hora! Et, se io vivo, io ti mosterrò, Davo, innanzi che sia sera quello che importa ad te ingannare el padrone et ad colui el padre. CRE. Ah, non essere sì crudele!SI. O Cremete, non t’incresce egli di me per la crudeltà di costui che ho tanto dispiacere per questo figluolo? Orsù, Pamphilo: esci, Pamphilo! di che ti vergogni tu?[SCENA III]PAMPHILO, SIMO, CREMETEPA. Chi mi vuole? Oimè, egli è mio padre!SI. Che di’ tu ribaldo?CRE. Digli come sta la cosa, sanza villania.SI. E’ non se gli può dire cosa che non meriti. Dimmi un poco: Glicerio è cittadina?PA. Così dicono. SI. Così dicono?! O gran confidentia! Forse che pensa quel che risponde, forse che si vergogna di quel ch’egli ha facto? Guardalo in viso: e’ non vi si vede alcun segno di vergogna. È egli possibile che sia di sì corropto animo che vogla costei fuora della legge et del costume de’ cittadini con summo obbrobrio con tanto obbrobbrio?PA. Misero ad me! SI. Tu te ne se’ adveduto hora? Cotesta parola dovevi tu dire già quando tu inducesti l’animo tuo ad fare in qualunque modo quello che tu desideravi. Pure alla fine

ti è venuto detto q quello che tu se’. Ma perché mi macero et perché mi crucio io? perché afliggo io la mia vechiaia per la pazia di costui? Voglo io portare le pene delle fatiche per li peccati di costui suoi? Hàbbisela, tèngasela, viva con quella.PA. O padre mio!SI. Che padre?! Come che tu habbi bisognio di padre, che hai trovato, od vogla tuo padre o no, casa, figluoli, mogle et chi dice ch’ella è cittadina ateniese. Habbi nome Vinciguerra!PA. Possoti io dire dua parole, padre?SI. Che mi dirai tu?CRE. Lascialo dire.SI. Io lo lascio: dica! PA. Io confesso che io amo costei et, s’egli è male, io confesso anchor questo, et mi ti getto, o padre, nelle braccia. Impommi che carico tu vuoi: se tu vuoi che io meni mogle et lasci costei, io lo sopporterò el meglo che io potrò. Solo ti prego di questo, che tu non creda che io ci habbi facto venire questo vechio, et sia contento ch’io mi iustifichi et che io lo meni qui alla tua presenza.SI. Che tu lo meni?PA. Sia contento, padre!CRE. E’ domanda el iusto, contentalo!PA. Compiacimi di questo.SI. Io sono contento, pure che io non mi truovi ingannato da costui. CRE. Per un gran peccato ogni poco di suplicio basta ad un padre.[SCENA IV]CRITO, CREMETE, SIMONE, PAMPHILOCRI. Non mi pregare! Una di queste cagioni basta ad farmi fare ciò che tu vuoi: tu, el vero et el bene che io voglo ad Glicerio.CRE. Io veggo Critone andrio: certo egli è desso. CRI. Dio ti salvi, Cremete!CRE. Che fai tu così hoggi in Athene?CRI. Ad caso. Ma è questo Simone?CRE. Questo è.SI. Domandi tu me? Dimmi un poco: di’ tu che Glicerio è cittadina?CRI. Neghilo tu?SI. Se’ tu così qua venuto preparato?CRI. Perché?SI. Domandine tu? Credi tu fare queste cose sanza esserne gastigato? Vieni tu qui ad ingannare e giovanetti imprudenti et bene allevati, et andare con promesse pascendo l’animo loro?CRI. Se’ tu in te?Si. Et vai raccozando insieme amori di meretrici et noze?PA. Heimè, io ho paura che questo forestiero non si cachi sotto!CRE. Se tu conoscessi costui, o Simone, tu non penseresti cotesto: costui è un buono huomo.SI. Sia costui buono, ma hassegli ad credergli ch’egli è appunto venuto hoggi nel dì delle noze et non è venuto prima mai?PA. Se io non havessi paura di mio padre, io l’insegnerei la risposta. SI. pappa… Spione.CRI. Hem?!CRE. Così è facto costui. Crito, lascia ire!

CRI. Sia facto com’e’ vuole, se seguita di dirmi ciò che vuole, egli udirà quel che non vuole. Io non prezo et non curo coteste cose, imperò che si può intendere se quelle cose ch’io ho dette son false o vere: perché uno atheniese per lo adreto, havendo ropto la sua nave, rimase con una sua figloletta in casa el padre di Criside che era mio cognato quivi io udi’ dire dalui come egli era cittadino atheniese \povero et mendico/.SI. Egli ha cominciato una favola da capo.CRE. Lascialo dire.CRI. Turbami egli così?CRE. Séguita.CRI. Colui che lo ricevette era mio parente. Quivi io udi’ dire da lui come egli era cittadino atheniese, et quivi si morì.CRE. Come haveva egli nome?CRI. Ch’io ti dica el nome sì presto? Phania.CRE. O, hu! CRI. Veramente, io credo ch’egli havessi nome Phania; ma io so questo certo: ch’e’ si faceva chiamare Ramnusio.CRE. O Giove!CRI. Queste medesime cose, o Cremete, sono state udite da molti altri in Andro.CRE. Dio vogla che sia quello che io credo! Dimmi un poco: diceva egli che quella fanciulla fussi sua?CRI. No.CRE. Di chi adunque?CRI. Figluola del fratello.CRE. Certo ella è mia.CRI. Che di’ tu?SI. Che di’ tu?PA. Riza liorechi, Pamphilo!SI. Che credi tu?CRE. Quel Fania fu mio fratello.SI. Io lo conobbi et sòllo.CRE. Costui, fuggiendo la guerra, mi venne dreto in Asia et, dubitando di lasciar qui la mia figluola, la menò seco. Dipoi non ne ho mai inteso nulla sed non hora.PA. L’animo mio è si alterato che io non so che no adpresso di ‹sono› in me per la speranza, per il timore, per l’allegreza, veggendo un bene sì repentino.SI. in m Io mi rallegro in molti modi che questa tua si sia ritrovata.PA. Io lo credo, padre.SI. Ma e’ mi resta uno scrupulo che mi fa stare di mala vogla.PA. Tu meriti d’essere odiato con questa tua religione.CRI. Tu cerchi cinque piè al montone.CRE. Che è, cosa è?SI. El nome non mi riscontra.CRI. Veramente da ppiccola ella si ‹chia›mò altrimenti.CRE. Quale, Crito? ricordetene tu?CRI. Io ne cercho.PA. Patirò io che la smemorataggine di costui mi nuoca, possendo io per me medesimo provedermi? Heus, Cremete, che cerchi tu? La si chiamava Passibula.CRI. L’è epsa.CRE. L’è quella. PA. po Io liene ho sentito dire mille volte.SI. Io credo che tu, o Cremete, creda che noi siamo tucti allegri.CRE. Cosi mi aiuti Idio, come io lo credo.

PA. Che mancha, o padre?SI. Già questa cosa mi ha facto ritornare nella tua gratia.PA. O piacevole padre! Cremete vuole che la sia mia donna, come ella è?CRE. Tu di’ bene, se già tuo padre non vuole altro.PA. Certamente.SI. Cotesto.CRE. La dota di Pamphilo voglo che sia X talenti.PA. Io li piglo.CRE. Io ne vo alla figluola. O Crito mio, vieni meco, perch’io non credo che la mi conoscha. SI. Perché non lha fa la fai tu venire qua?PA. Tu di bene: io di commetterò a Davo questa faccenda.SI. E’ non può.PA. Perche non può?SI. Egli ha un male di più importanza.PA. Che cosa ha?SI. Egli è legato. PA. O padre, e’ non è legato ad ragione.SI. Io volli così.PA. Io ti prego che tu faccia che sia sciolto.SI. Che si sciolga.PA. Fa’ presto!SI. Io vo in casa.PA. O allegro et felice questo dì![SCENA V]CARINO, PAMPHILOCA. Io torno ad vedere quel che fa Pamphilo... Ma eccolo! PA. Alcuno forse penserà che io pensi che questo non sia vero, ma e’ mi piace pure che questo sia vero. Per questa cagione credo io che la vita delli idei sia sempiterna, perché e piaceri loro non son mai loro tolti: perché io sarei sanza dubbio immortale se cosa alcuna non sturbassi questa mia allegreza. Ma chi vorrei sopra tucti li altri riscontrare per narragli questo?Ca. Che allegreza è questa di costui?PA. Io veggo Davo: non è alcuno che io desideri vedere più di lui, perché io so che solo costui si ha ad rallegrare da dovero della allegreza mia.[SCENA VI] DAVO, PAMPHILO, CARINODA. Pamphilo dove è?PA. O Davo!DA. Chi è?PA. Io sono.Da. O Pamphilo!PA. Ah, tu non sai quello che mi è accaduto!DA. Veramente, no: ma io so bene quello che è intervenuto ad me.PA. Io lo so anch’io.DA. Egli è usanza degli huomini che tu habbi prima saputo el male mio che io el tuo bene.PA. La mia Glicerio ha ritrovato suo padre.DA. O, bene la va bene!CA. Hem?!PA. El padre è grande amico nostro.DA. Chi?PA. Cremete.DA. Di’ tu el vero?PA. Né ci è piu scrupulo veruno che \io/ l’habbia per donna.

CA. Sogna costui quelle cose ch’egli ha vegghiando voluto.PA. Ma del fanciullo, o Davo? DA. Ah, sta’ saldo! tu se’ solo amato dagli idij.CA. Io son franco se costui dice el vero. Io gli vo’ parlare. PA. o carin Chi è questo? O Carino, tu ci se’ arrivato ad tempo.CA. O li sta bene la va bene!PA. O hai tu udito?CA. Ogni cosa. Hor fa’ di ricordarti di me in queste tua prosperità. Cremete è hora tucto tuo et so che farà tucto quello che tu vorrai.PA. Io lo so. Et perché sarebbe troppo aspectare ch’egli uscissi fuora, séguitami, perch’egli è drento con Glicerio. Tu, Davo, vanne in casa et subito manda qua chi la meni via. Perché stai, perché non vai?DA. O voi, non aspectate che costoro eschino fuora: drento si sposerà et drento si farà ogni altra cosa che mancassi. Andate al nome di Dio et godete!FINIS

%1497 dic (Lett. 2)Tucte le cose che dagli huomini in questo mondo siposseggono, el più delle volte, anzi sempre, quelle da duoidonatori dependere se è per experientia conosciuto; da Dioprima, iusto di tucto retribuitore; secondo, o per iurehereditario, come da' parenti nostri, o per donatione comedagli amici, o per commodità di guadagno prestataci, comeda' mercatanti ne' loro fedeli minixtri. Et tanto più meritad'essere stimata la cosa che si possiede, quanto da piùdegno donatore depende. Havendo adunche la R. S. V. perderoghatione pontificale privatoci di quelle ragioni, per lequali la possessione di Fagna da' nostri antichi progenitoririconosciavamo, ad un tracto, è dato occasione alla R.da S.V. la sua humanità et liberalità, anzi più tosto piatà versodi noi sua devotissimi figlioli, dimostrare, et a noi quellada molto più degno donatore, che non furono quegliriconoscere. Et veramente nessuna cosa è più degna dellaR.da S. V., quanto è, potendo tòrre, liberalissimamentedonare, maxime a choloro, e quali l'onore et l'utile diquella cierchono non altrimenti che el loro proprio salvare,a choloro anchora e quali, né per nobilità, né per huomini,né per ricchezza, punto inferiori si iudicono di quegli ches'ingegnono, o che sperano, anzi indubitatamente affermanoda la R. S. V. esserne facti al tucto possessori. Et chivolessi la famiglia nostra et quella de' Pazi iusto lanceperpendere, se in ogni altra cosa pari ci iudicassi, inliberalità et virtù d'animo molto superiori ci iudicherà.Supplici adunche adoriamo la S. V. che non consenta chenoi veggiamo huomini mancho degni di noi, huomini chemeritamente nostri inimici possiamo iudicare, delle nostrespoglie rivestiti ignominiosamente tale vittoriaimproperare. De siate contento, Rev.mo signor nostro, conquel medesimo emolumento che da loro sperasi, volere la casanostra ornare di tanto honore, quanto l'esserci da voilibera questa possessione conceduta iudighiamo. Non civogliate pel contrario di tanta ignominia segnare, quanto ètorci quello che per salvare cotanta impresa infino a qui cisiamo ingegnati. E veramente, poiché con grandissimo nostrodisnore, se la vostra clementia non ci si interpone,conviene si perda, quello ad ogni modo con l'altrui danno ciingegneremo reprendere. Ma speriamo nella humanità della

R.da S. V., come sa messer Francesco R. vostro familiarehabbiamo sempre sperato, el quale habbiamo facto nostrosupplicatore a quella, et a·llui ogni libertà di tractarequesta causa conceduta. Valete iterum. Vivete in eternum. ExFlorentia IIII Nonas Decembre.E. V. R. Devoti Filii Maclavellorum familiaPero, Nicholò et tucta la famiglia de' Machiavegli CivesFlorentini.

%1498 mar (Lett. 3)Per darvi intero adviso de le cose di qua circa alfrate, secondo el desiderio vostro, sappiate che dopo le dueprediche facte, delle quali havete hauta già la copia,predichò la domenica del charnasciale, et dopo molte cosedecte, invitò tucti e suoi a comunicarsi el dì dicarnasciale in San Marco, et disse che voleva pregare Iddioche se le cose che gli haveva predette non venivano da·llui,ne mostrassi evidentissimo segno; et questo fece, chomedicono alcuni, per unire la parte sua et farla più forte adifenderlo, dubitando che la Signoria nuova già creata, manon pubblicata, no·gli fussi adversa. Pubblicata dipoi ellunedì la Signoria, della quale dovete havere hauto pienanotitia, giudicandosela lui più che e dua terzi inimica, ethavendo mandato el papa un breve che lo chiedeva, sotto penad'interdictione, et dubitando egli ch'ella non lo volessiubbidire di facto, deliberò o per suo consiglio, o amunitoda altri, lasciare el predicare in sancta Reparata, etandarsene in San Marco. Pertanto el giovedì mattina, che laSignoria entrò, disse in Sancta Reparata pure che per levareschandolo et per servare l'honore di Dio, voleva tirarsiindreto et che gli huomini lo venissino ad udire in SanMarco, et le donne andassino in San Lorenzo a fra Domenico.Trovatosi adunche il nostro frate in casa sua, hora havereudito con quale audacia e' cominciassi le sua prediche, etcon quale egli le seguiti, non sarebbe di poca admiratione;perché dubitando egli forte di sé, et credendo che la nuovaSignoria fussi al nuocergli inconsiderata, et deliberato cheassai cittadini rimanessino sotto la sua ruina, cominciò conspaventi grandi, con ragione a chi non le discorreefficacissime, mostrando essere optimi e sua seguaci, et gliadversari sceleratissimi, tochando tucti que' termini chefussino per indebolire la parte adversa et affortificare lasua; delle quali cose perché mi trovai presente qualcunabrevemente ritracterò.Lo absunto della sua prima predica in San Marco furonqueste parole dello Exodo: "Quanto magis premebant eos,tanto magis multiplicabantur et crescebant"; et prima chevenissi alla dichiaratione di queste parole, monstrò perqual cagione egli s'era ritirato indreto, et disse:"prudentia est recta cognitio agibilium". Dipoi disse chetucti gli huomini havevono hauto et hanno un fine, madiverso: de' christiani el fine loro è Christo, degli altrihuomini, et presenti et passati, è stato et è altro, secondole secte loro. Intendendo adunche noi, che christiani siamo,a questo fine che è Christo, dobbiamo con somma prudentia etobservantia de' tempi servare lo honore di quello; etquando... el tempo richiede exporre la vita per lui,exporla; et quando è tempo che l'huomo s'asconda,ascondersi, come si legge di Christo et di S. Pagolo; ecosì, soggiunse, dobbiamo fare, et habbiamo facto, però che,quando fu tempo di farsi incontra al furore, ci siamo facti,come fu el dì della Ascensione, perché così lo honore di Dioet el tempo richiedeva; hora che lo honore di Dio vuole che

si ceda all'ira, ceduto habbiamo. Et facto questo brevediscorso, fece dua stiere, l'una che militava sotto Iddio,et questa era lui et sua seguaci, et l'altra sotto eldiavolo, che erano gli adversari. Et parlatone diffusamente,entrò nella expositione delle parole dello Exodo preposte,et disse che per le tribulationi gli huomini buonicrescievono in dua modi, in spirito et in numero; inspirito, perché l'huomo s'unisce più con Dio, soprastandoglil'adversità, et diventa più forte, come più apresso al suoagente, come l'acqua calda achostata al fuoco diventacaldissima, perché è più presso al suo agente. Cresconoancora in numero, perché e' sono di tre generatione huomini,cioè buoni, et questi sono quegli che mi seguitano, perversiet obstinati, et questi sono gli adversari; et un'altraspecie di huomini di larga vita, dediti a' piaceri, néobstinati al mal fare, né al ben fare rivolti, perché l'unoda l'altro non discernano; ma chome fra e buoni et perversinasce alcuna dissentione di facto, quia opposita iuxta seposita magis elucescunt, conoschono la malitia de' tristi,et la simplicità de' buoni, et a questi s'achostano etquegli fuggono, perché naturalemente ogni uno fugge el maleet seguita el bene volentieri, et però nelle adversità etristi mancono et e' buoni multiplicano; et ideo quantomagis etc. Io vi discorro brevemente, perché la angustiaepistolare non ricercha lunga narratione. Dixe di poi,entrato in varii dischorsi, come è suo costume, perdebilitare più gli adversarii, volendosi fare un ponte allaseguente predicha, che le discordie nostre ci potrebbonofare surgere un tiranno che ci ruinerebbe le case etguasterebbe la terra; et questo non era contro a quelloch'egli haveva già decto, che Firenze havea felicitare, etdominare ad Italia, perché poco tempo ci starebbe chesarebbe cacciato; et in su questo finì la sua predichatione.L'altra mattina poi exponendo pure lo Exodo et venendo aquella parte, dove dice che Moyses amazò uno Egiptio, dixeche lo Egiptio erono gli huomini captivi, et Moyses elpredicatore che gli amazava, scoprendo e vitii loro; etdixe: O Egiptio, io ti vo' dare una coltellata, et quicominciò a squadernare e libri vostri, o preti, et tractarviin modo che non n'harebbono mangiato e cani; dipoisoggiunse, et qui lui voleva capitare, che volea dareall'Egiptio un'altra ferita et grande, et dixe che Dio glihaveva detto, ch'egli era uno in Firenze che cercava difarsi tyranno, et teneva pratiche et modi perché gliriescissi: et che volere cacciare el frate, scomunicare elfrate, perseguitare el frate, non voleva dire altro se nonvolere fare un tyranno; e che s'osservassi le leggi. Ettanto ne disse, che gli huomini poi el dì fecionopubblicamente coniectura d'uno, che è tanto presso altyranno, quanto voi al cielo. Ma havendo dipoi la Signoriascripto in suo favore al papa, et veggiendo non glibisognava temere più degli adversarii suoi in Firenze, doveprima lui cercava d'unire sola la parte sua col detextaregli adversarii et sbigottirgli col nome del tyranno, hora,poi che vede non gli bisognare più, ha mutato mantello, etquegli all'unione principiata confortando, né di tyranno, nédi loro scelerateze più mentione faccendo, d'innaglienirglitucti contro al sommo pontefice cerca, et verso lui e' suoimorsi rivoltati, quello ne dice che di quale vi vogliatesceleratissimo huomo dire si puote; et così, secondo el mioiudicio, viene secondando e tempi, et le sua bugiecolorendo.Hora quello che per vulgo si dica, quello che glihuomini ne sperino o temino, ad voi, che prudente sete, lo

lascierò giudicare, perché meglio di me giudicare lo potete,con ciò sia cosa che voi gli humori nostri, et la qualitàde' tempi, et, per essere costì, lo animo del ponteficeappieno conoschiate. Solo di questo vi prego: che se non viè paruto faticha leggere queste mie lettere, non vi paiaanche faticha el rispondermi che iudicio di taledispositione di tempi et d'animi circa alle cose nostrefacciate. Valete.Datum Florentie die VIIII Martii MCCCCXCVII.Vester Nicholò di M. Bernardo Machiavegli.

%1499 apr (Lett. 4)Magnifico viro Petro Francisco commissario generali inagro Pisano, maiori suo honorando. Ad pontem Herae.

Copia di advisi di più lectere da Milano, hauti per viadello oratore di Milano residente ad Vinegia; et prima.Per lectere de' 13 dì:Come e Vinitiani havean facto capitano dell'armata messerAntonio Grimanni procuratore, che si è offerto servire disuo quella Signoria di XX mila ducati, stimando guadagniarsiel dogato; et che pensavono di armare 40 in 50 galeesoctili, 22 galeaze, et XVIII nave; et che era venuto unoaltro grippo di Levante, significante come il Turcosollicitava l'armata, che saria di 150 vele, et come andràverso Soria; ma per havere ad passare di Cipro, quellaSignoria vi volea mettere la sua armata, per non havere adessere richiesta di servire di porti, et che per questabrigha del Turco, non si pensava niente dare danari al re diFrancia, et che si erono smentichati le cose di Pisa.Come el Doge haveva, dopo l'appuntamento facto di Pisa,di continuo monstro migliore dispositione allo oratore diMilano verso el duca, et che si doveva attendere perciaschuno ad conservare questa pace, et tenere lioltramontani fuora di Italia, et che il re di Francia eraoffeso forte da le gotte, et quella gente che disegnavamandare in Italia, bisognava voltassi verso Borgogna, perintendere lo archiduca volere secondare la voglia di suopadre; et come, non passando el prefato, haranno e Vinitianiscusa non li dare e 100 mila ducati, havendone maximehavere bisogno per sé proprii.Come del papa si parla molto vituperosamente.Come el re Federigho ha avuto un figliolo maschio, etognuno se ne è rallegrato.Per lectere de' XXV dì:Come si vedeva ciaschun dì crescere in Vinegia ladispositione buona di observare e·lodo.Come etiam crescieva el timore del Turco, per haverlo giàa' confini, et che, oltre all'armata, provedeano Cipri,Corfù, et le terre hanno in Puglia; et fassi iuditio che,sanza che il Turco offendessi e Vinitiani, conviene ad omnimodo stieno in su la spesa, per non restare a discretione.Come e Vinitiani havevano facto dua oratori per Francia,non tanto, secondo si stima, per supprire ad quelli che sipartono, quanto per scusarsi circha el danaio col mantellodel Turco, et per persuadere ad quella maestà, che bisognihora badare ad altro che alle cose di Italia; et par loropiù presto da governarsi così, che da negarli el passoexpressamente.Come era venuto ad Vinegia uno huomo del prefecto peracconciarlo con quella Signoria con 300 huomini d'arme etcome decto huomo haveva decto che quella Signoria haveapromesso al re di Francia ne' capitoli 1500 huomini d'arme

insino ad guerra finita; cioè quelli del prefetto Orsinitucti, et come non haveva anchora hauto risposta.Come el duca di Milano ha facto scrivere ad Genova, etalli passi di terra, che capitandovi Pisani per andare inFrancia, li sieno mandati là, perché li vuole interrompereet disporre.Come quella Excellentia è più pronta che mai adbenificare questa ciptà et se fa hora tornare le sua genti,lo fa per observare el lodo, ma che non è poi, bisognando,per manchare.Come quello Duca ha notitia che nella confederatione frael re di Francia et Svizeri si contiene come il re dà loro80 mila ducati l'anno, et le artiglierie, quando e'n'abbino bisogno, et li debba aiutare quando fussinomolestati; et loro sono obbligati offendere li nimici sua,et nominatamente el duca di Milano, quando sieno richiesti.Magnifice vir. Mandovi questi advisi per consolatione divostra M.tia, et ad quella di continuo mi rachomando.Die 29 Aprilis '99.E. V. M. DeditissimusNicholaus Maclavellus Cancell.

%1499 giu (Lett. 5)Magnifico viro Petro Francisco Tosingho commissariogenerali in agro Pisano et suo maiori honorando.

Magnifice vir etc. Più dì fa, el duca di Milano scrissead questi S.ri che voleva non andare più al buio con voi etperò si voleva obbligare et che voi vi obbligassi, erichiedevavi che, omni volta che li havessi bisogno delliaiuti vostri voi fussi tenuti ad servirlo di 300 huominid'arme et 2000 fanti, et che voi chiedessi quello volevida lui per la recuperatione di Pisa. Risposesi per li vostriSignori dopo qualche consulta che, omni volta che lui defacto vi insignorissi liberamente di Pisa, che voi viobbligaresti ad quanto addimandava: ma sendo la cosa intermine che questo non poteva seguire, si giudicavapericoloso el declararsi rispecto alle cose franzesi e sanzautilità di sua S.ria, e però si rimetteva in lui el trovareun modo che sua Ex.tia si assicurassi e non si mettessi inpericulo lo Stato nostro: la quale risposta non satisfépunto alla Ex.tia di quello S.re et rispose ad li nostrioratori tucto alterato. Et per questa cagione a' nostrisignori è parso mandare uno proprio ad sua Ex.tia per poteremeglio iustificarsi apresso di sua S.ria e mandovvi serAntonio da Colle che li hanno revocato da Siena, el qualepartirà postdomane.Questo è quanto occorre hora d'importanza. E ciaschun dìs'intende rinnovare le nuove del Turco, e oppenione è diqualchuno che vadi alla volta di Sicilia; e vero è che li hafacto tanto sforzo per terra e per mare, che ciaschuno stain su l'ale. Et el duca di Milano anchora teme più chel'altro delle cose di Francia e, per essere più tempo non ciè venuto lectere di Francia, si dubita che 'l duca di Milanonon le habbi intercepte.Se io non vi ho scripto di continuo come io hareidesiderato, ne è suta cagione la occupatione, e anchora nonci esser venuti advisi se non ordinarii. Altro non mioccorre se non rachomandarmi alla M.ia vostra.V Junii 99.Vester Nicholaus Machiavellus Secret.

%1499 lug (Lett. 6)Magnifico commissario Petro Francisco Tosingho incastris adversus Pisanos, suo maiori honorando.

Se io ho differito lo scrivervi, ne è suto cagione leoccupazioni grandi in quali mi truovo, e voi mi harete periscusato.Con Milano le cose vostre si truovano in questi termini.Quel signore molti dì fa vi richiese che voi vi declarassisuoi conlegati, e obbligassivi a sovvenirlo, ogni volta lifussi di bisogno, di 300 uomini d'arme e 2000 fanti ilmese; e all'incontro vi offeriva ciò che addimandassi per larecuperazione di Pisa. Non parve a questi signori che ildichiararsi fosse utile, e totaliter togliere questa praticapareva pericoloso; e però si è preso mezzi a tenerlo insperanza, e non correre pericolo con Francia; e per questacagione si mandò ser Antonio da Colle a Milano. E così dicontinuo si sta in questa agitazione. Il duca fa forzaperché vi dichiariate, e voi usate ogni termine perdiscostarvi, parendovi pericoloso.Con Francia si truovano questi signori in quellamedesima difficultà, perché sono con istantia richiesti diaderirsi a sua maestà con questi patti, che voi gli siatetenuti servirlo quanto dura la espedizione di Milano di500 lancie, e lui si vuole obbligare di servir voi per unanno di mille lance ad ogni vostra impresa; e promette fareobbligare i Viniziani et il papa a difendervi. Al che si èfatto risposta ordinaria, col mostrare tal cosa non si poterfare senza nostro manifesto pericolo; e così si vatemporeggiando, con l'uno e con l'altro, usando il benefitiodel tempo. E se in questo mezzo si potessi rihaver Pisa, ilche a Dio piaccia, potrebbesi sanza tanto pericolo,potendosi esser meno offesi, dichiararsi; ovvero, senzahaver paura di esser forzati, starsi di mezzo, e lasciare unpoco giucare altri. E credesi veramente, se questa armatafranzese per ordine del papa non impedisce le cose di Pisa,che le non haranno ostacolo a fare che le non habbinodesiderato effetto.Questo è quello in effecto che va attorno di momento, eche si maneggia per gli oratori vostri di Francia e diMilano. Quello che ci è di avvisi di Vinegia ve lo scrissijersera nella lettera pubblica. A voi mi raccomando.Ex Florentia, die 6 Julii 1499.Vester Nicolaus Machiavellus.

%1499 lug 16, LC $472$Giunsi qui iersera ad ore 22 in circa, et subito fui con la magnificentia del capitano, et expostoli quanto vostre excelse Signorie desiderano circa ad polvere, palle et sannitro, mi rispose come tucte le palle di ferro ci erano, così piccole come grosse, si mandorno anno costì per la expugnatione di Vico, et che la polvere ci fu lasciata da' franzesi, che era 15 0 20 mila libbre, tucta arse dua anni fa, incesa da una saecta, et ruinò parte della roca dove era suta riposta. Mandai dipoi per Faragano per intendere da lui del sannitro, secondo el ricordo mi aveva dato el proveditore di vostre excelse Signorie. Risposemi non ne avere se non cento libbre, ma essere bene uno amico suo nella terra, che si trovava seicento libbre di polvere in circa, la

quale somma, benché fussi piccola, nientedimeno, per non avere facto questa posata invano, la mando per il presente exibitore ad vostre excelse Signorie; le quali prego li dieno subito e suoi danari, perché li ho promesso che quelle lo pagheranno a ragione di quaranta fiorini el migliaio. Dipoi, pesata la polvere, è tornata libbre cinquecento octantasepte, et el vecturale si chiama Tommaso di Mazolo, al quale pagherete e danari della polvere, et presto perché così li ho promesso; et io li ho pagato per la vectura lire 8. Circa le cose seguite fra ser Guerrino del Bello et el capitano, et prima quando volse pigliare Marchionne Golferegli et delle altre occorrentie di qui, ne ho ritracto questo, et da omini di ogni qualità, tale ch'io credo averne ritracto el vero; che sendo scripto da li antecessori di vostre excelse Signorie al capitano di qui d'un certo sospecto si aveva che Dionigi Naldi non entrassi una nocte in questa terra ad fare villania ad quelli di Corbizo, et che un chiamato Marchionne Golferelli non li facessi spalle, deliberò el capitano porre le mani addosso a decto Marchionne, et avendolo la famiglia sua condocto presso che $473$nella corte, li fu tolto da dua suoi parenti, e quali insieme con lui si sono ridocti a Furlì. Et perché crederno che tale iniuria fussi loro suta facta per suggestione di quelli di Corbizo, disdissono una triega era fra loro et quelli di Corbizo durata assai tempo. Circa el caso di ser Guerrino, fui con il Bello suo padre, el quale non può scusare la inobbedienza del figliolo, tamen mostra che el capitano si portò inumanamente ad volere che di nocte cacciassi fuora di casa quattro suoi parenti et amici; et che credeva essere di tanta fede che non si avessi a dubitare di lui in nessun modo, et che ne' tempi ch'e nimici erano all'intorno, racceptò per volta 30 suoi amici armati et non li fu mai defectato, da' commissarii, alcuno che da lui fussi aprovato; et che racomandava sé et il suo figliolo a vostre excelse Signorie. Questo Bello, secondo ch'io ho ritracto da lo arciprete Faragano et da più omini di questo castello, è uomo da bene, pacifico et che mai per alcun tempo si dichiarò amico di alcuna parte, ma più tosto è suto mediatore di pace che seminatore di scandoli. Et racolto lo essere di questa terra in una, mi pare che la sia unita, et fra li omini di epsa non ci è inimicitia scoperta. Potrebbeci essere qualche invidia dopo la morte di Corbizo, che omniuno desidera ereditare la sua reputatione. Et se tale umore non è nutrito da chi se ne ingegnia, non è per fare effecti cattivi. Solo ci è un sospecto grandissimo di questo Dionisio Naldi, che con lo aiuto di Madonna non facci loro qualche villania. Et tenendo Madonna buona amicitia con vostre excelse Signorie, non si possono né valere né etiam fidare, et stanno in continue angustie, così li omini della terra

come del contado. Et pure ieri 15 o 20 balestrieri di Madonna andorno ad un luogo qui presso ad un miglio, chiamato Salutare, che è luogo di vostre Signorie, et ferirno 3 omini, et uno ne menorno preso, et roborogli la casa; et così fanno ciascun dì simili insulti. Et fo fede alle excelse Signorie vostre di questo, che ieri da molti contadini del paese piagnendo mi fu decto queste formali parole: "Quelli nostri Signori per avere troppo da fare ci hanno abbandonati". Vostre Signorie sono prudentissime, prenderanno quello expediente ad questo che sia con onore della città et satisfactione de' fedelissimi subditi suoi, come sono questi. Altro non occorre; partomi in questo punto per a Furlì per exequire la commissione di vostre excelse Signorie, alle quali umilemente mi racomando.

%1499 lug 17, LC $474$Da Castracaro scripsi ieri mattina a le excelse Signorie vostre quello mi occorse circa palle, polvere, sannitro et conditioni della terra etc. Venni dipoi el dì medesimo qui ad Furlì ad buona ora, et per avere trovato questa illustre Madonna occupata in alcuna sua expeditione, ebbi audienza circa ore xxii, dove non si trovò presente se non sua Signoria et messer Giovanni da Casale agente qui per lo illustrissimo duca di Milano, perché la Signoria del signore Octaviano suo figliolo era ita ad piacere ad Furlimpopulo. Transferitomi donche avanti sua Excellentia, exposi la commissione di vostre excelse Signorie, usando omni termine conveniente in mostrarle prima quanto vostre Signorie desideravono venissi tale tempo che potessino mostrare effectualemente come le tengono conto di quelli che le hanno nelle loro occorrenze servite con fede, et sanza alcuno respecto accomunato omni fortuna, come aveva facto sua Excellentia. Et se paressino segni contrarii non la avere satisfacta del servito suo, et così lo avere disputato co' suoi agenti se erano obbligate et tenute a l'anno del beneplacito, si rendessi certa sua Signoria che del primo, come più volte per lettere di vostre excelse Signorie se li era facto fede, ne era suta cagione la impotenza, per avere auto ad provedere a quello in che consisteva la somma della vostra città. Et circa lo avere voluto chiarire non essere tenute al beneplacito, monstrai ad sua Signoria che non fu mai vostra intentione di non condescendere $475$ a tucto quello vi fussi possibile in satisfactione sua. Et per nulla altra cagione vollono le Signorie vostre chiarire non essere tenute, se non perché sua Excellentia intendessi che né obligo alcuno vi costrigneva ad offerirle el beneplacito, né qualità di sinistri tempi, ma solo l'affectione portata ad quella per li meriti suoi. Et per questa cagione mi avevi mandato a sua Excellentia, significandole che, ancora che

vostre excelse Signorie non sieno tenute, tamen, per le sua buone opere verso la vostra città, eravate contente concedere alla Signoria del suo figliolo tale beneplacito; ma per il numero di gente d'arme vi trovate, desideravi declararlo ad tempo di pace, per questo anno, con soldo di x mila ducati. Né mancai in questo mostrare ad sua Excellentia, con quelle ragioni mi occorsono migliori, tale condocta dovere essere con satisfactione di sua Signoria, confortandola ad volere al cumulo degli altri suoi meriti adgiugnere questo; perché col tempo conoscerà avere servito Signoria non ingrata, né si pentirà avere facto questo insieme con le altre buone opere in benifitio di quella. Fu risposto per sua Signoria, come le parole ha auto in omni tempo da vostre excelse Signorie le hanno sempre satisfacto, ma che li sono bene dispiaciuti e facti, per non avere per ancora auto mai conrispondentia a suoi meriti. Pur nondimanco, conosciuta la natura di cotesta excelsa Repubblica d'essere gratissima, non posseva credere cominciassi ora ad essere ingrata verso di chi aveva facto forse più che non aveva facto buon tempo fa alcuno suo aderente, mettendo sanza obbligo alcuno lo stato suo in preda alli vinitiani, suoi convicini et potentissimi. Et di questa speranza era contenta pascersi quanto pareva alle Signorie vostre, et non volere più disputare se vostre excelse Signorie erano tenute ad concederle el beneplacito o no, ma volere tempo ad rispondermi circa la domanda factagli, perché li pareva ragionevole non si risolvere così ad un tracto in quello che vostre Signorie prudentissime avevono più tempo discusso et consultato. Et così replicato ch'io ebbi quanto era conveniente, et pregato sua Signoria di celere expeditione, mi parti' da quella. Questo giorno dipoi, circa ore xvi, è suto da me messer Antonio Baldraccani, primo secretario di sua Signoria et referitomi per sua parte come lo illustrissimo duca di Milano 5 o 6 dì fa aveva scripto ad la Signoria di Madonna, $476$richiedendola li mandassi in suo favore 50 omini d'arme et 50 balestreri ad cavallo, di che sua Signoria ne aveva scripto sabato passato ad vostre excelse Signorie; né per ancora aveva auto risposta. Et appresso come questo giorno, medesimamente dal prefato illustrissimo duca di Milano, aveva ricevuto lettere pregandola che, non sendo convenuta co' Signori fiorentini dell'anno del beniplacito, fussi contenta obbligarsi alli stipendi suoi con quella condocta et conditioni aveva servito l'anno passato le excelse Signorie vostre. Referimmi etiam el prefato secretario, come ebbono iarsera lettere dal piovano di Cascina continenti che octo deputati del numero degli Octanta li avevono facto intendere che volevono ricondurre el signore suo figliolo con dua conditioni: la prima era quella che per me si era exposta alla Signoria sua; la seconda che lei obbligassi lo stato suo, il che detto

piovano avea mostro ad quelli deputati essere impossibile Madonna consentissi. Ulterius dixe decto secretario che la Signoria di Madonna stava dubia quale partito dovessi prendere, et però non mi posseva dare resoluta risposta. Et di questo ne era cagione el parerli essere vituperata insieme col suo figliolo ad acceptare queste conditioni posteli avanti da vostre Signorie. Perché accrescendo ad li altri conditioni, che non hanno tanto meritato, et a lei diminuendole, non posseva se non credersi che vostre excelse Signorie ne tenessino poco conto, et quelle non fussin mai per darle altro che parole; et appresso, non sapere con che ragioni si potessi excusare con Milano, quando acceptassi le conditioni vostre poco onorevoli, et recusassi le sue onorevolissime; et pure li pareva essere obbligata alla Excellentia di quello Signore et per sangue et per infiniti benefitii ricevuti da quello stato. Et per queste cagioni era in aria, né posseva risolversi sì presto alla risposta, ma che io ne scrivessi ad vostre excelse Signorie, acciò quelle etiam in questo mezo potessino rescrivere quanto loro occorressi. Risposi alla prima parte circa alla richiesta factali dal duca di Milano di gente et altre conditioni etc., che non ne sendo avanti el partire mio costì alcuna notitia, le excelse Signorie vostre non me ne posserno dare alcuna commissione, né io per questo avere che rispondere, se non di scriverne ad vostre excelse Signorie et da quelle aspettarne risposta. Quanto ad quello che 'l piovano di Cascina $477$scriveva della obbligatione del stato etc., dixi etiam non ne sapere alcuna cosa, ma maravigliarmi bene che se questo fu deliberato avanti al partire mio, non me ne fussi dato commissione, o dipoi non me ne sia suto scripto, et però non avere etiam che dirne, ma che ne scriverrei ut supra. Ad che fu replicato per il Baldracano che questo non importava, perché, quando si fussi d'accordo nelle altre cose, in questo non saria difficultà alcuna, perché Madonna non si curava obligarsi ad quello per scriptura, che l'era in animo di observare sanza alcuno obbligo, come lo anno passato aveva facto. Seguitai dipoi el replicare mio, et circa alla ambiguità in quale avea decto trovarsi la Signoria di Madonna, veggendosi con disonore diminuire di conditione et alli altri adcrescere, et circa e rispecti mostrava avere al duca, sendo richiesta da sua Signoria etc., risposi che se la Signoria sua considera bene quali cagioni spinsono vostre excelse Signorie ad accrescere condocta ad quelli suoi capitano et governatore, et quali le muovino al presente ad ricondurre sua Signoria, vedrà che lo acceptare tale beneplacito le fia, non che vituperio come quella allega, ma sommo onore: perché dove ad quello le excelse Signorie vostre furono constrecte da la necessità de' tempi, ad questo non sono mossi da veruna altra cosa che da

l'affectione et amore le portano; il che debbe essere tanto più onorevole et accepto, quanto li è più voluntario. Né si debbe né può la Excellentia del duca di Milano dolere, quando la Signoria di Madonna lasciassi le sua conditioni et offerte, benché alquanto più larghe, per aderirsi alle di vostre Signorie che al presente appariscono più scarse. Prima, per essere la Repubblica vostra in buona amicitia con quello Signore, el quale debbe sempre existimare omni augumento di vostre Signorie comune. Secondo, per essere quodammodo ancora el signore Octaviano soldato vostro, né essere le conditioni postili avanti, difformi al contracto della condocta facta l'anno passato. Et così replicate furno hinc inde quelle parole occorsono, mi fece di nuovo questa conclusione, che Madonna non era per risolversi sì presto, et però era bene che io dessi notitia di tucto ad vostre excelse Signorie, et lui referirebbe alla Excellentia di Madonna quanto per me si era replicato, benché io arei ad omni ora commodità referirlo ad boca. Et nel partirsi da me, dixe che si era smenticato dirmi da parte di Madonna come la desiderrebbe $478$assai sapere quali assegnamenti vostre excelse Signorie le danno per il suo servito vechio, et che io per sua parte le pregassi a rispondere qualcosa sopra ad questo, perché quando se ne facessi resolutione buona, sarebbe tale segno della mente vostra che potrebbe con più securità et fiducia venire alli servitii vostri. Delle cose di qua, io non presumerei scriverne molto, per esserci stato poco. Pure, secondo che questi sono appresso ad Madonna et cittadini di vostre Signorie ne referiscono, sua Signoria non potrebbe essere più affectionata ad cotesta Repubblica. Trovasi qui un messer Giovanni da Casale per il duca di Milano, le conditioni et qualità del quale, per essere stato el verno passato con le genti d'arme ducali in Casentino, non mi affaticherò referire; basti solo ad vostre Signorie che da poi ci fu, che sono dua mesi, ha sempre governata omni cosa. Valeant Dominationes vestrae. Ieri richiesi per parte di vostre excelse Signorie la illustre Madonna di palle et sannitro con le conditioni mi fu imposto da quelle; risposemi non ne avere et esserne in maxima carestia. Iterum valeant.

%1499 lug 18, LC Scripsi ieri ad lungo ad vostre excelse Signorie per Ardingo cavallaro quanto avevo exequito circa la commissione iniunctami da quelle, di che aspecto con desiderio risposta. Questa mattina dipoi ebbi una per Tommaso $479$Totti, per la quale vostre Signorie mi sollecitano della polvere et sannitro dovevo trarre da Castracaro, di che avendone scripto a' xvi del presente appieno, non mi distenderò in altro. Et imponendomi etiam vostre excelse Signorie che io richiedessi Madonna di polvere

et fanti, subito fui avanti sua Excellentia, et di nuovo expostoli el desiderio vostro et el piacere ne conseguiterete, mi rispose che non aveva punto di sannitro, et di polvere era scarsa. Ma per non mancare in quello che li era possibile, era contenta che 20 mila libbre di sannitro, che Leonardo Strozi aveva per suo conto mercatato ad Pesero, ne avessi mercatato 10 mila libbre per vostre Signorie, et impose a Risorbolo che scrivessi questa sua volontà a Lionardo decto. Né per me si mancò di alcuno officio in disporre sua Excellentia secondo el desiderio di vostre excelse Signorie, né possibile mi fu trarne altro. Vostre Signorie dunche aranno ad loro Lionardo Strozi, et potranno convenire con quello, et subito mandare a questa volta vecturali per levarlo, et scrivere ad me volando mandandomi lettere di Lionardo, che 'l sannitro sia consegnato ad mio mandato, et io ordinerò farlo condurre ad Castracaro, donde lo leveranno e vecturali di vostre Signorie, perché tale ordine si tenne anno come sa Guasparre Pasquini, ministro di vostre Signorie. Circa e fanti, la sua Excellentia mi disse essere contenta dare licentia a' suoi omini che venghino a servigi di vostre Signorie, ma non sarebbe possibile ad lei farli muovere sanza danari; però vostre Signorie mandino da posserli levare che lei s'ingegnerà torre omini scelti, bene armati et fedeli, et expedirli presto. Però se vostre Signorie sono in necessità di fanterie, mandino subito 900 ducati per possere dare un ducato per uno. Et credo che sieno in quello di Pisa fra 15 dì da oggi et non prima, sì che vostre Signorie penseranno quale expediente sia più per loro, et daranno adviso; et io exequirò omni commissione con ogni debita diligentia. Questa illustre Madonna, quando io le comunicai questa mattina la lectera di vostre Signorie, avanti ch'io dicessi alcune cose, dixe: "Io ho questa mattina una buona nuova, perché io veggo che quelli vostri Signori vorranno fare pure da vero, poiché racozano le fanterie. Di che io ne li commendo et sonne contentissima tanto quanto prima ne ero male contenta veggiendo la tardeza loro, parendomi $480$perdessino un tempo inrecuperabile. Ringratiai sommamente sua Signoria, dipoi le mostrai che tale tardeza la aveva generata la necessità, ad che sua Excelleritia consentì facilemente, soggiugnendo che vorrebbe avere lo stato suo in luogo che la potessi inspingere tucte le sue genti et subditi in favore vostro, perché dimosterrebbe ad tucto el mondo che nulla altra cosa aveva factola partigiana del stato di vostre Signorie che la affectione et la fede ha in quello; ma desiderrebbe bene essere riconosciuta et non le fussi tolto lo onore suo, che la stima sopra omni altra cosa. Il che giudicava fussi a proposito delle vostre Signorie, non tanto per conto di lei, quanto per lo exemplo darete ad li altri aderenti di essere riconoscitori de' benefitii et non ingrati. Io non mancai del

debito in replicare quello mi occorse; pure nondimanco, conobbi che le parole et ragioni non sono molto per satisfarle, se non vi si agiugne le opere in parte. Et credo veramente che se vostre excelse Signorie o del servito vechio le faranno qualche commodità o verranno più allargando le comventioni nuove, che ad omni modo se la manterranno amica, per non potere essere più affectionata a cotesta città, di che io ne veggo tucto dì segni evidentissimi. Èmi parso scrivere questo ad le Signorie vostre acciò quelle possino meglio examinare quello di che ieri io detti adviso. Le alligate lettere a Lionardo Strozi son quelle che Madonna fa scrivere per conto del sannitro. Postscripta. È suto a me un secretario di Madonna et referitomi per parte di sua Signoria, come sua Excellentia ha in su el suo dominio da fare di dua ragione fanti; l'una sono millecinquecento che lei ne ha armati, per averli ne' suoi bisogni, de' quali non manderebbe a vostre Signorie se non dessi loro una intera paga per un mese, et vuogli pagare ella con obbligo di satisfare per qualunche non servissi el tempo d'un mese, et vuole dare per uomo lire 18; sì che, volendo vostre Signorie di questi, arebbono $481$ad mandare 1500 ducati per 500 fanti, ma promettegli bene armati, et buona gente, et subito. D'una altra ragione fanti ha, che sono usi ad ire al soldo, ma non sono scripti da lei, de' quali sua Signoria vi lascerà trarre pro arbitrio et con quelli pagamenti fussi d'acordo con loro. Vostre Signorie sono prudentissime, piglieranno quello partito giudicheranno più a proposito, et io sono per exequire con diligentia omni loro commissione. Iterum valeant. Die qua in litteris.

%1499 lug 22, LC $484$Scripsi a le excelse Signorie vostre a' 17 del presente per Ardingo cavallaro, come questa illustre Madonna stava dubia quale partito dovessi prendere, sendogli da vostre Signorie voluto scemare conditioni, et dal duca di Milano offertole volerla mantenere nella medesima condocta. Et come sua Excellentia volse ch'io ne dessi notitia ad vostre Signorie, ad ciò quelle intendessino tucto et potessino considerare meglio a lo onore suo et satisfarle secondo li oblighi etc.; di che si aspecta con desiderio risposta, la quale non sendo ancora venuta, mi è parso in diligentia spacciare questo fante et pregare vostre excelse Signorie rispondino subito, quando non lo avessino facto, et mandinmi la loro ultima resolutione; acciò che io, concludendo o no, possa tornare costì a' piedi di vostre excelse Signorie. Et quello che fussi per fare contenta questa Madonna credo sarebbe sicurarla prima del servito vechio, di che lei vive con dispiacere grandissimo, et appresso cresciere el soldo di questo anno insino in xii mila

fiorini, il che è secondo una mia opinione, la quale facilemente potria essere vana; sì per essere stata sua Excellentia sempre in su lo onorevole, né avere mai accennato volere manco di quello le offera el duca di Milano; sì etiam per essere difficile a iudicare lo animo suo dove la sia più inclinata, o a Milano o a la Repubblica vostra. Primum io veggo piena la sua corte di fiorentini, e quali si può dire abbino nelle mani el stato suo. Dipoi la veggo naturalemente inclinata verso cotesta città, et mostrare sommamente di desiderare essere amata da quella, di che ce ne è segni manifesti, avendo un figliolo di Giovanni de' Medici et sperando lo usufructo de' beni suoi, perché ciascun dì è per pigliare la tutela. Ulterius, che è quello che importa più, la vede el duca di Milano essere assaltato dal re et non può sapere bene quale secureza sia aderirsi a quello in queste conditioni di tempi, il che sua Signoria conoscie benissimo; le quali cose mi fanno avere quella opinione, che la sia per pigliare etiam le conditioni nostre $485$scarse. Da l'altra parte io vego appresso sua Signoria messer Giovanni da Casale, agente qui per il duca di Milano, et essere in maxima existimatione et governare el tucto; il che è di grande momento, et facilemente per possere flectere lo animo dubio in quale parte volessi. Et veramente se la paura del re di Francia, come ho decto, non intercedessi, io crederrei che etiam di pari conditione fussi per lasciarvi, maxime perché non iudicherebbe spicarsi da la amicitia vostra, sendo voi in buona amicitia con Milano. Èmi parso fare questo discorso aciò che, inteso le Signorie vostre quello la può impedire, ne possino fare più ferma resolutione non la avendo facta, il che sua Signoria aspecta con desiderio, per essere ciascun dì molestata dal duca. Ieri si fece qui la mostra di 500 fanti, e quali questa Madonna manda al duca di Milano sotto Dionigi Naldi; et dua dì fa si fece di 50 balestrieri ad cavallo, medesimamente per Milano, e quali si partiranno fra 203 dì con un cancellieri del duca, che venne 3 dì fa per levarli et pagarli. Credo che le Signorie vostre aranno mutato pensiero circa e fanti volevono trarre da questa Madonna, il che è suto migliore partito, quando li abbiate possuti trarre d'altronde con più comodità. Ma quando vostre Signorie ancora ne avessino di bisogno, voi aresti buon fanti fedeli et bene ad ordine et expediti presto, ma bisogna mandare danari per la paga intera d'un mese, come per la ultima mia significai a vostre excelse Signorie, a le quali infinite volte mi racomando.

%1499 lug 23, LC $486$Ieri scripto ch'io ebbi et spacciato el fante, parendomi che la risposta alla mia de' xii differissi, giunse Aredingo cavallaro di vostre excelse Signorie con lettere di quelle

de' xviiii et 20 del presente et inteso el contenuto di epse, fui avanti la Excellentia di Madonna. Et con quelle più adcomodate parole mi occorsono, exposi quanto vostre Signorie mi commectono circa la richiesta factali da Milano, et appresso quanto le Signorie vostre le offerivono in sua satisfactione, per farle intendere che per voi non ha ad mancare mai di fare tucto quello torni in salute, onore et commodo di sua Excellentia, usando tucti e termini ch'io credetti necessarii et convenienti a persuaderla etc. Ad che sua Excellentia replicò non avere altra speranza di vostre Signorie, et che solo la offendeva in questo caso el disonore nel quale le pareva incorrere, et el rispetto li pareva dovere avere al suo barba. Pur tuctavolta, veggiendo la ultima volontà di vostre Signorie, s'ingegnerebbe risolversi presto et vincere quanto le fussi possibile omni difficultà se li opponessi. Ad che, et replicato ch'io ebbi quello occorreva, et ragionato alquanto sopra le lettere di vostre Signorie de' 19 circa le iniurie fatte a li subditi vostri, mi parti' subito, pregando sua Excellentia di celere expeditione. Dipoi questo giorno è stato ad me el Baldraccane, et facto prima excusatione perché Madonna non mi aveva proprio ore facto intendere lo animo suo, allegando sua Signoria essere indisposta et in malissima contenteza per la malattia grande in che è incorso Lodovico figliolo suo et di Giovanni de Medici mi expose per parte di sua Excellentia come era contenta, nullo habito respectu, per essersi un tracto rimessa nelle braccia di vostre excelse Signorie, et in quelle volere confidare et sperare, di acceptare lo anno del beneplacito a tempo di pace et con le conditioni ultimamente per le vostre lettere offertoli di xii mila ducati. Ma perché tale cosa proceda con più iustificatione $487$appresso di qualunque, et con più onore et reputatione del stato suo, dixe come sua Excellentia desiderava che vostre Signorie si obligassino a la defensione et protectione et mantenimento del suo stato. La quale cosa, benché la sia certa vostre Signorie essere per dovere fare, et sanza obbligo alcuno, tamen ad sua satisfactione et contenteza, desiderare sommamente tale obbligo da le Signorie vostre, el quale sapeva non dovere essere denegato da quelle, tornando in onore grandissimo di sua Excellentia, et non in preiuditio alcuno di vostre Signorie. Ulterius dixe sua Excellentia desiderare assegnamento, se non di tucto, di parte del servito vechio, per possersene valere in molti bisogni suoi et urgenti necessità, né posseva credere che ad questo obstassi le spese imminenti, gravandomi sommamente ch'io ne scrivessi et gravassine vostre excelse Signorie per parte di sua Excellentia. Alla prima parte, quanto allo acceptare l'anno del beneplacito etc., risposi con quelle amorevoli parole mi occorsono, mostrandoli che la opinione che Madonna aveva

di cotesta Repubblica la accrescerebbe di continuo per experienza. Ma quanto allo obbligo che sua Signoria ricercava, lo iudicavo superfluo per le ragioni allegate da sua Signoria, perché io non potevo di questa concludere alcuna cosa, non lo avendo in commissione; sua Excellentia posseva per al presente acceptare el beneplacito, et dipoi scrivere costì al suo agente questo suo desiderio, di che io credevo sarebbe compiaciuta. Replicò messer Antonio, come sua Excellentia voleva fare omni cosa ad un tracto, et però mi pregava che io ne scrivessi a vostre Signorie, acciò quelle per loro lectere me ne dessino commissione, promettendo ratificare a tale obligo facto per me in nome di quelle. Né volendo, per cosa ch'io allegassi in contrario, mutare sententia, sono constrecto ad scrivere quanto da quello mi sia suto exposto, acciò vostre excelse Signorie con loro sapientissimo iuditio si risolvino, et presto mi advisino quanto sia loro ultima intentione, acciò me ne possa tornare, perché lo desidero assai. Alla parte dello assegnamento per il servito vechio, dixi che avendone lui parlato meco ad questi dì, et io scriptone ad vostre Signorie, et quelle risposto, mi pareva superfluo replicare più una medesima cosa, maxime sapiendo la vostra buona dispositione et le dificultà che al presente v'impediscono. $488$Tamen per satisfarle ne scriverrei di nuovo con omni efficacia. Ieri la Excellentia di Madonna fece meco maxime excusationi, quando io per parte di vostre Signorie mi dolsi dello insulto facto da' suoi balestrieri ad quelli vostri da Salutare, dicendo che aveva commesso loro andassino poi le ricolte d'un Carlo de' Buosi, ad un podere che li avevi, in sul suo dominio; el quale Carlo era suto poco avanti ammazato da Dionisio Naldi in vendetta del signore Octaviano. Et che questi contadini dixono loro, quando e toglievono le ricolte, che sarebbono tagliati a pezi, et altre parole iniuriose, in modo che furono constrecti quasi ad fare loro villania. Pure nondimanco, liene doleva insino all'anima et farebbene segno; et commisse subito che ad uno di quelli balestrieri, el quale fu primo ad iniuriarli, fussin tolte le armi et mandato via. Et così è seguito. Et alle Signorie vostre umilemente mi racomando. Postscripta. Domattina parte di qui 90 balestrieri a cavallo per a Milano pagati da quello duca.

%1499 lug 23b, LC Ieri per Ardingo cavallaro di V. S. ebbi dua di quelle de' 19 e 20, e credo domani fermare el beneplacito con questa illustre Madonna secondo l'ultima commessione, e appresso etiam comporre in modo le cose di questi vostri sudditi con sua Eccellenza, che V. S. se ne chiameranno satisfattissime. Non posso distendermi in altro, partendo el messo

$489$con furia, se non che, quamprimum sarò espedito, tornerommi da V. E., alle quali umilmente mi raccomando.

%1499 lug 24, LC Avendo io iarsera scripta la alligata, et volendo expedire Ardingo, venne ad trovarmi messer Giovanni da Casale et dixemi per parte di Madonna come non era necessario scrivessi, perché la Excellentia di Madonna era contenta non richiedere d'altro obbligo vostre Signorie, sendo certissima che quelle non erano per portarsi altrimenti ne' bisogni suoi, che lei si fussi portata in quelli di vostre Signorie; et che questa mattina io fussi da sua Excellentia per fermare el beneplacito etc. Pertanto, persuadendomi io così dovere seguire con effecto, et scrivendo del piovano di Cascina a Lorenzo di Piero Francesco per uno a posta, scripsi per il medesimo ad vostre Signorie quanto io mi persuadevo fussi concluso. Questa mattina dipoi, credendo io venire alla conclusione secondo si era rimaso, et trovandomi con messer Giovanni prefato alla presentia di Madonna, mi dixe sua Excellentia avere la nocte pensato che con più suo onore si aderirebbe ad vostre Signorie, declarandosi quelle obbligate ad difenderle el stato, come dal suo cancellieri mi era suto exposto. Et però di nuovo si era deliberata ch'io ne scrivessi ad vostre Signorie et che, se mi aveva facto intendere altrimenti per messer Giovanni, che io non me ne maravigliassi, perché le cose quanto più si discutono, meglio s'intendono. Udendo io questa mutatione, non posse' fare ch'io non me ne risentissi et non me ne mostrassi male contento, et con $490$parole et con gesti, dicendo che vostre Signorie ancora se ne maraviglierebbono, avendo scripto a quelle sua Exce1lentia essere contenta sanza exceptione alcuna. Et non possendo trarre da sua Signoria altro, sono suto constrecto a mandarvi la alligata, dandovi per questa etiam particularemente notitia del seguito, acciò quelle possino meglio farne iuditio et risolversi, et presto. Domattina mi transferirò ad Castracaro per vedere se io posso assicurare quelli di Corbizo da Dionisio Naldi et suoi partigiani, ad che Madonna s'è offerta fare omni opera. Et di quanto seguirà, vostre Signorie fieno advisate, alle quali mi racomando. Que bene valeant.

%1499 ott (Lett. 11)Sendo pervenuta nelle mani d'un mio amico una letterasopradescripta ad M. Jacobo Corbino canonico pisano, me laportò; et io per lo officio mio, apertola, non mimaravigliai tanto del subbiecto di epsa quanto io mimaravigliai di voi che lo havessi scripto, perché io mipersuadevo che ad uno huomo grave quale sete voi et ad unapersona publica quale voi tenete, si aspectassi scriverecose non disforme alla professione sua. Hora come e' sia

conveniente ad un secretario di cotesti M.ci Sig.ri notared'infamia una tanta republica quale è questa, ne vogliolasciare fare iuditio ad voi: perché di quello che ditecontro ad qualunque potentato di Italia se ne ha più adrisentire e S.ri vostri che alcuno altro, perché, sendo voila lingua loro, si crederrà sempre che quelli ne sienocontenti, et così venite ad partorire loro odio sanza lorocolpa. Né io mi sono mosso ad scrivere, tanto per purgharele calunnie di che voi notate questa città, quanto peradvertire voi ad ciò per lo advenire siate più savio; il chemi pare essere tenuto ad fare, sendo noi sotto una medesimafortuna. Fra molte cose che dimostrono l'homo quale e' sia,non è di poco momento el vedere o come egli è facile adcredere quello che li è decto, o cauto ad fingere quello chevuole persuadere ad altri: in modo che ogni volta che unocrede quello che non debbe o male finge quelle che vuolepersuadere, si può chiamare et leggiere et di nessunaprudentia. Io voglio lasciare in dreto la malignità delloanimo vostro demostrato per queste vostre lettere; ma solomi distenderò in demostrarvi quanto ineptamente o voi havetecreduto quello vi è suto referito o fincto quello desideravisi disseminassi in infamia di questo Stato. Io vi ringratioprima della congratulatione fate col pisano per la gloriache ad vostro iuditio hanno adquistata et per la infamia nehaviamo reportato noi, condonando tucto alla affectione ciportate; dipoi vi domando: come può stare insieme che questacittà habbi speso un tesoro da non poterlo extimare et liPisani si sieno difesi sanza fraude di Pagolo Vitelli, comevoi volete inferire? perché, se vi ricorderà bene, loexercito fiorentino si adcostò a Pisa sì gagliardo et sìbene pagato et con tale progresso in pochi dì, come dimostròla fuga di M. Piero Gambacorti et la paura vostra, che se lafraude vitellescha non vi intercedeva, né noi ci dorremodella perdita né voi ve ne rallegrerresti. Appresso vidomando: quale sana mente o quale bene edificato ingegno sipersuaderà o che Pagolo Vitelli ci habbi prestati danari ola cagione dello haverlo preso sia per non pagharlo? Né viadvedete, povero huomo, che questo totalmente excusa lacittà nostra et accusa Pagolo? perché ogni volta che uncrederrà che Pagolo ci habbi prestati danari crederrà denecessitate che Pagolo sia tristo, non potendo havereavanzato danari come ogniun sa, se non o per corruptionefactegli perché c'inghannassi, o per non havere tenuta ad unpezo la compagnia: donde ne nascie, che o per non haverevoluto, sendo corropto, o per non havere potuto, non havendola compagnia, ne sono nati per sua colpa infiniti mali ad lanostra impresa, et merita l'uno o l'altro errore, o tuct'adua insieme che possono stare, infinito castigo. Alle altreparti della lettera vostra, per essere fondate tucte in suquesti dua capi, non mi occorre rispondere, né mi schadeetiam iustificarvi la captura, come cosa che non mi siaspecta ad farla, et quando mi si aspectassi, ad voi non sirichiede lo intenderla. Solum vi ricorderò che non virallegriate molto delle pratiche che voi dite andareattorno, non sapiendo maxime le contrappratiche che sifanno: et admunirodvi fraterno amore che, quando pure voivogliate per lo advenire seguitare nella vostra captivanatura di offendere sanza alcuna vostra utilità, voioffendiate in modo che ne siate tenuto più prudente.

%1500 giu 10, LC $492$Circa una ora et mezo di nocte arrivamo qui. Et credendo Bernardo Puccini fussi per

arrivare subito con la provisione del danaio iuxta le promesse di vostre excelse Signorie, siamo più là che le cinque ore di nocte, et Bernardo non sendo ancora comparso, ne stiamo di malissima voglia, perché ci pare el partir nostro sia suto superfluo quando non seguiti quello che lo abbi ad validare et fare fructifero secondo el desiderio di vostre excelse Signorie. Et benché domattina per tempo noi siamo per inviarci alla volta di Pescia, non siamo però per poterci partire di quivi sanza la venuta di Bernardo con l'ordine disegnato, perché iudicheremo el nostro gire avanti infructuoso et più tosto ad danno che ad utilità di vostre excelse Signorie. Et tanto più ci fa desiderare presentarci con provedimento conveniente ad quelli signori franzesi, quanto più noi intendiamo per loro Signorie tenersi l'ordine disegnato, et non mancarsi dal canto loro d'alcuna cosa. Il che oggi ci fu nanifesto per una lettera che Giovanni Pepi scriveva di Lunigiana ad vostre excelse Signorie, la quale aprimo per intendere se quello advisava alcuna cosa ad nostro propoito; adgiugnesi ad questo advisi auti questa sera da Galotto de' Pazi, per li quali ci scrive essere insino ieri arrivato co' svizeri in Lunigiana, et che oggi le genti d'arme ieno ad Serezana et l'artiglieria ad Pontriemoli. Et monstra $493$monsignore di Beumonte sommamente desiderare abbocarsi con epso noi quanto prima meglio: pertanto tucte queste cose ci fanno sanza mezo essere solleciti da accelerare el cammino; la quale cosa ci riuscirà quando da le excelse Signorie vostre non siamo retardati, per non avere quelle expedito presto Bernardo Puccino col provedimento: il che ad verun modo non crediamo et per la importanza della cosa, et per conosciere le Signorie vostre essere prudentissime. Et noi per non mancare dal canto nostro di dare buono animo ad quelli Signori di venire avanti, aviamo questa sera spacciato in diligentia un de' nostri cavallari ad Galeotto et Pellegrino, dando loro notitia della partita nostra, et che confortino quelli signori franzesi ad tirarsi innanzi, perché da noi fieno subito scontrati et con ordine buono per loro satisfactione. Perché alla partita nostra non ci parve ad sufficienza secondo la 'mportanza della cosa ricordare alle Signorie vostre le vectovaglie, non voliamo mancare per questa con ogni reverentia pregare vostre excelse Signorie sieno contente darne buono ordine, et tale quale è necessario alla quantità della gente che viene, advisandoci particularmente che effecti abbi partoriti Lodovico Morelli et dove si truova et dove fa capo: perché quanto ad noi crediamo sia bene lo facci ad Cascina, per essere più commodo et più vicino ad Pisa; tamen tucto rimettiamo ad migliore iuditio. Aspectiamo le patenti, le lettere di credentia et instructione nostra, et perché noi pensiamo che possa essere qualche

personaggio et signore di conto nel campo de franzesi, de' quali non si ha notitia, e quali non sarebbe se non a proposito vicitarli, et per parte delle excelse Signorie vostre, ricordiamo con ogni reverentia quando paia ad quelle, ci mandino al manco iiii lettere di credentia suggellate et sanza soprascripta, per possercene servire con chi ci paressi apto ad favorire noi in benificio delle excelse Signorie vostre; alle quali ci racomandiamo.

%1500 giu 11, LC $494$Advisiamoti come oggi siamo arrivati qui et domattina partireno per ad Barga per seguire dipoi el cammino nostro verso lo exercito del re Cristianissimo. Et benché noi ti cogniosciamo et prudente et diligentissimo, nondimanco per lo offitio nostro et per la importantia che reca seco el provedimento delle vectovaglie, ti confortiamo con ogni efficacia ad sollecitare el provedimento, et sopra ad tucto di biade, non mancando però alle altre cose. Et per una tua ci darai notitia subito l'ordine hai dato per il provedimento et come in acto ti truovi vectovaglie, dove le abbi reducte, et particularemente ci farai intendere ogni tuo ordine; et t'ingegnerai soprattucto advicinarti con epse ad Pisa el più puoi, perché quivi debbe, secondo speriamo, concorrere tucto lo exercito. Perché noi non ti possiamo appunto dare adviso dove ci troverremo sed non che sareno sempre con lo exercito franzese, advertirai di scriverci cautamente adciò che se ad caso capitassi male la lectera non si intendino e disordini ci scrivessi; et mandera'la per fante ad posta et per persona fidata, perché sommamente desideriamo essere raguagliati da te. Bene vale.

%1500 giu 16, LC $495$Magnifici et Excelsi Domini. Da poi che questo dì scrivemo alle Signorie vostre, veduto ad ogni ora crescere il periculo di questo marchese di Massa per li molti nimici et per la mala impressione facta di lui, benché ad torto, et parendoci necessario sollecitare le cose nostre, ci transferimo ad monsignore di Belmonte; et con noi venne il prefato marchese, in benificio del quale, usato tucti e termini convenienti per aiutare il iusto per onore di vostre Signorie, sendo aderente di quelle, et dopo una lunga disputa, non potemo adquistare alcuna cosa; immo ci è parso che quanto più sia con ragione voluto aiutare, tanto più sieno peggiorate le sua conditione. Per la quale obstinatione è suto constrecto questo marchese per perdere manco ad consegnare ad monsignore di Belmonte Carrara, Moneta, L'Avenza. Il quale le ha date in cura ad messer Ambruogio da Treulci con promissione che insino ad tanto ne nasca iuditio in decta terra, si ministri la ragione per li uomini del marchese in nome

della Cristianissima Maestà, et che l'entrate si risquotino per chi lo ha facto insino qui. Et benché questo caso non ci sia più possuto dispiacere per la mala natura della cosa, non ci avendo possuto trovare rimedio, il meglio che aviamo possuto si è confortato et dato speranza ad questo marchese che il favore delle Signorie vostre non è per mancarli appresso la Cristianissima Maestà, et in tucti quelli luoghi dove si possa aiutare la sua ragione; et ancora sia restato male contento, spera in voi et cordialmente si racomanda ad vostre Signorie. Postscripta. Restavaci ricordare alle Signorie vostre che, sendo spinti dalla necessità di questa benedecta provisione del vino, $496$deliberamo mandare el Rosso Ridolfi ad Luca, non perché noi vi facciamo su molto fondamento, ma per non mancare dal canto nostro del debito. Et per questa cagione, mancando di aiuti con questi signori franzesi rispetto alla lingua, desiderremo che le Signorie vostre expedissino per qui Francesco della Casa secondo l'adviso dato, perché in su lui et in su Pellegrino è il fondamento nostro, sanza e quali resteremo in seco; et ad Pellegrino cotesta città è obbligata, come con più agio si potrà fare intendere alle Signorie vostre.

%1500 giu 23, LC Magnifici Domini mei singularissimi etc. Matteo Cerretani, capitano di Livorno, mi scrive per una sua de xxii come usciendo el signore Costantino di Pisa fu preso da gli omini di Livorno et truovasi nelle forze sue. Et perché decto signore dice aver salvocondocto dal cardinale di Roano, lui mi ricercava quello fussi da fare. La quale cosa parendomi di momento, non ho voluto deliberarne sanza el consiglio di vostre Signorie et sanza conferirne alcuna cosa ad monsignore di Beumonte. Ve lo ho facto intendere adciò più interamente ne possiate disporre et mandovi la copia del salvocondocto perché examiniate tucto, et examinato ci advisiate. Bene valete.

%1500 giu 24, LC $497$Magnifici Domini etc. Maestro Gilietto cannoniere verrà costì per essere provisto di certe cose bisognano alla artiglieria. Preghiamo le Signorie vostre lo expedischino subito, perché quanto più presto si expedirà, tanto prima fieno alle mura di Pisa. Et usciranno le Signorie vostre di tanta angustia: che invero questo è tempo da non perdonare ad nulla per expedirsi et uscirne ad onore o con manco danno è possibile, et non vorrebbe passare sabato che le cose fussino ad ordine, perché lunedì si seguissi e ragionamenti auti con monsignore di Beumonte di trovarvisi col campo. Bene valeant Dominationes vestre.

%1500 giu 29, LC Per staffetta. Cito, cito, cito. Magnifici Domini mei singularissimi salutem. Siamo ad ore 21 et due ore sono vi si scripse. Et dipoi è tanto multiplicato el disordine del victo, che dove questa gente ha continuamente patito di vino, al presente patiscie di vino et pane. In modo ch'io non so io medesimo giudicare el fine nostro, procedendo in tanto disordine sanza remediare ad parte alcuna; anzi crescendo tanto più la carestia del victo quanto più crescie el bisogno per la vicinità del nimico, il quale verso di queste genti mostra $498$essere più disposto ad provedere a' bisogni sua, che noi che li aviamo condocti loro in su le mura per sottometterli. Il che mi pesa tanto più quanto più importa, veggiendo uno periculo et una ruina da non ci potere rimediare sanza presta et galiarda provisione. Et però alle Signorie vostre piaccia subito subito provedere, adciò che questo mancamento nostro non dia loro occasione et scusa contro al bisogno nostro. Et perché quelle possino con celerità provedere, si manda questa per staffecta. Danari non si dimentichi, che Beumonte ogni ora ci è addosso; gli stràordinarii multiplicano et multiplicheranno più che le non credono. Et de' svizeri postdomani viene la paga; proveghino per Dio con celerità et presteza, se le desiderano el bene loro come la ragione vuole, et adciò che el nimico non pasca gli amici nostri per inclinarli ad compassione, come ad ogni ora fanno, et con porgere et con offerire cose da mangiare. Importa questa provisione la victoria, et faccendo in contrario, oltre al perdere Pisa ci mette in periculo. Bene valeant Dominationes vestre.

%1500 giu 30, LC Spectabilis vir. Se gli è possibile mandarci del pane, voi ci rimetterete l'anima in corpo, perché li è una miseria vedere questo campo adfamato; sì che fate lo possibile et così direte ad Lodovico Moregli. Appresso manderete subito tucti li scarpellini ad questa volta quando fussino comparsi: quando non fussino, come fieno comparsi sanza manco veruno. Maraviglianci le scale non sieno comparse; per l'amore di Dio mandateci tucte le munitioni sono costì et li scarpellini questa sera non manchino.

%1500 lug 1, LC Magnifice vir. E' vi si scripse iarsera che la vectovaglia vi trovavi costì voi la inviassi ad ora che la fussi qui avanti giorno, adciò la mattina di buona ora el campo se ne potessi servire et la non andassi ad saco: voi non lo facesti. Giunse ad terza et è ita tucta ad saco, la quale cosa mi tiene disperato perché la maggiore parte del campo si truova sfornito. Et siamo in termine che dove noi credavamo

sottomettere altri, e ci si perderà la vita et lo onore. Et queste parole non sono decte per muovere ma perché così è la verità; sì che usate per Dio diligentia di spignerne queste vectovaglie in tempo che le non sieno sacheggiate, $500$facciendole partire di costì ad ora che le ci sieno 2 ore avanti giorno. Et perché quelle comunità che mandorlo potrieno essere forse oggi sbigottite per il saco seguito, scriverrete loro oggi ad ciascuna che seguino di mandare, perché egli è molto meglio portarle loro qui che li abbino ad venire costà ad mangiarle. Et di nuovo vi si ricorda el provedere et mandarle ad buona ora; et se questa sera potessi mandare un poco di vino per cena, et pane, sarebbe a proposito.

%1500 lug 2, LC Magnifici Domini mei singularissimi. Le Signorie vostre mandorno più dì sono per aiuto delle cose vostre qui Pierantonio Carnesechi et Cosimo Saxetti; e quali del continuo hanno desiderato ritornare costì, et ultimamente, ancora che non potessino essere più a proposito delle cose di qua, veduto il loro desiderio, non gli ho voluti sconsolare, et ho conceduto loro licentia per quanto si sia per me possuta dare. Cognoscendo che quanti meno sareno nel pericolo, tanto più si salverà per la città, resto solo con Francesco della Casa, che resta l'anima et lo spirito mio; né altro conforto o aiuto mi resta; parendo ad le Signorie vostre provedere d'altri lo possono fare, ché ad me bisogna avere sempre adpresso chi intenda la lingua, et da potere commettere. E sopraddecti referiranno dove qua le cose si truovono, et in particulare alcuna cosa ch'io ho commessa loro, ad che bisognerebbe provedere subito et soccorrere non dico me, ma la ciptà con quelli rimedii che si può. Raccomandandomi sempre alle Signorie vostre. Ex castris gallorum apud Pisas. Secunda iulii MD. Lucas Antonii Albitius commissarius generalis.

%1500 lug 4, LC $501$Magnifici Domini mei singularissimi. L'altro giorno scripsi alle Signorie vostre quello in che fui convenuto col capitano Guerrieri per fare guardare la strada da Cascina ad qui. Èvi stato parechi giorni: vorrebbe essere racomandato ad voi perché non può stare più così; et io avendovene scripto altra volta, pregato da lui di nuovo ne scrivo in recommendatione sua.

%1500 lug 6, LC Siamo del pane assai ragionevolmente proveduti, manchiamo di vino, et ad questo bisogna pensare et provedere per levare ogni cagione ad chi desidera disordine per poterci nuocere. Ieri si scripse alle Signorie vostre

come ad Beumonte et per suo parere alli altri capitani si era letta la lettera di Piero da Poggio, et che tucti ne avevono facto gran conto, et che la avevono transcripta in franzese per mandarla ad el re. Il che tucto ordinato et inviato per loro cavallaro con tucte l'altre loro lettere et spaccio ordinario, fu sopradgiunto et preso in cammino et menato in Pisa. Di che questi capitani hanno iuditio se è stata factura et opera de' luchesi: et questa mattina tucti alterati contro di loro, ebbono ad loro questi ambasciadori luchesi et vollono intendere chi era Piero da Poggio, et se quella lettera era di sua mano che li avevano adpresso; et volle la sorta che uno de dua oratori era suo fratello o coniuncto strecto. Et vedendo nel grado che li era et che la lettera era di sua $502$mano, chiese con le lagrime misericordia. In su la quale confessione subito mandorno un gentile uomo ad Luca ad chiedere ad quella Signoria Piero da Poggio fussi mandato qui come inimico del re. Doverrà non uscirne sanza danno; et Luca non doverrà restare sanza carico, che non è stato poco ad proposito pe' favori et merto si sono dimostri in loro benifitio nel tempo che è durata questa impresa. Et Belmonte par che desideri assai questi loro errori, che vorrebbe venissino in disgratia del re, in benifitio nostro, et noi per quello si può non ristiamo. Iterum valete. Die ut supra, hora xxiiii diei.

%1500 lug 7, LC Magnifice vir etc. Sendosi partiti e guasconi ad rotta da questo exercito et benché non si sappia che volta piglino, dubitando non segua inconveniente nelle terre nostre, vi advertiamo per questa che li tractiate come inimici et non li lasciate entrare né costì né in altri luoghi nostri. Et però subito advertirete Lari, Palaia, Peccioli et tucte le terre delle colline del medesimo, significandoli faccino buona guardia et non lascino entrare alcuno franzese drento et li guasconi sieno tractati da nimici, et così manderete uno proprio ad Volterra ad fare intendere el medesimo.

%1500 lug 11, LC $503$Magnifici et Excelsi Domini, Domini singularissimi. Le excelse Signorie vostre non si maraviglieranno se io delle cose di qua non ho scripto alcuna cosa ad quelle et se la commissione mia non ho exequita in alcuna parte: perché avendo trovato la Magnificentia di Luca libero et lo exercito partito, non mi è parso, et così ad Luca predecto, che sia suto necessario il farlo, immo dannoso, perché saria stato più tosto cagione dello averli facti sopradsedere che altrimenti. Il che non è giudicato di qua el bisogno nostro. Adgiugnesi ad questo lo avere facto io proposito di non

fare alcuna cosa né scrivere in particulare mentre che la Magnificentia di Luca predecto si truova qui. Et ad vostre Signorie mi racomando. Quae bene valeant.

%1500 lug 28, LC $513$Magnifici Domini etc. Perché in questo punto ci è facto intendere la partita di questo corriere, noi non aviamo tempo ad scrivere alle Signorie vostre altro che sotto brevità significare ad quelle come domenica addì 26, con quella celerità che ci fu possibile, arrivamo qui; et non ci avendo trovato la Maestà del re, per essequire le commissione delle Signorie vostre et qualche un'altra che da l'ambasciadore Lorenzo Lenzi ci è suta commessa circa le genti di messer Giovanni Bentivogli et altro, domattina non ci essendo commodità di posser seguire el re in poste, monteremo ad cavallo di qui et andremo con quella presteza che ci sarà possibile et in quello luogo che ci sarà più conveniente di posser parlare ad quella; et con ogni nostra diligentia et fede exporremo et exequiremo tucto, di che per altra nostra ad più lungo ne dareno notitia alle Signorie vostre, perché per questa ad più lungo non è possibile scrivere.

%1500 lug 29, LC $514$Magnifici et Excelsi Domini, post humilem recomendationem salutem. Ieri si scripse alle Signorie vostre brevemente rispecto al corriere che non posseva soprastare, et narrossi inter cetera la cagione dello essere noi arrivati qui forse più tardi che le Signorie vostre non desideravono; il che fu causato da qualche disordine o accidente nato per il cammino, che ci costrinse al soprastare. Et perché alla giunta nostra, messer Francesco Gualterotti si era partito, come per l'altra si disse, ad cotesta volta per la via di Sancto Antonio la quale cosa ci dispiacque assai per le cagioni che possono existimare le Signorie vostre et per quella maxime che ci costringeva ad eseguire la commissione nostra secondo l'ordine degli oratori, exponemo alla Magnificentia di Lorenzo Lenzi la cagione della venuta nostra et quello che avamo in commissione da le Signorie vostre. Il che da lui fu udito volentieri et considerato prudentemente, et parvogli le iustificationi nostre, quanto alla levata del campo da Pisa, buone et da ribattere qualunque contradicessi, ogni volta che le volessino essere udite et examinate. Discorse dipoi sua Magnificentia in che articulo si trovavono le cose di vostre Signorie appresso questa Maestà, et come per ultima resolutione vi si era scripto dell'ordine voleva pigliare questa Maestà per intractenere le sue genti d'arme et fanterie vi restono, in luoghi nostri sani et adcommodati ad assaltare ogni dì e pisani: tanto che lui, tornato da Troes, ove andava al

presente per convenire con lo oratore dello imperadore, potessi instaurare lo exercito et fare nuova impresa. La quale cosa avendovi loro scripta et da voi non sendo per risposta suta acceptata, non parve loro comunicarla ad el re, ma di nuovo in diligentia rescrivervi, confortando vostre Signorie ad examinare meglio tucto, di che ancora si aspecta risposta; et il re la desidera, perché ad ogni ora che è stato ad Roano, ne ha sollecitato decti ambasciadori. Ad che respondemo come noi existimavamo la cagione della risposta vostra fredda, et del non vi essere resoluti secondo la richiesta $515$facta etc., potere essere la qualità del successo delle cose di Pisa, contro ad ogni opinione, con poco onore di questa Maestà et infinitissimo danno vostro: tal che le Signorie vostre, per la experientia facta di quelle genti, non possevono mai più confidare in loro; et che ragunandosi intorno ad Cascina 500 omini d'arme et 3000 fanti, secondo l'utima resolutione del re, era impossibile, considerato la natura loro, posserli nutrire lungo tempo, adgiugnendovi che etiam non vi era lo onore di questa Maestà che tanta sua gente stessi quivi solum per scorrere un paese guasto sanza campeggiare la città altrimenti la quale più volte da vostre Signorie, con manco gente, era stata strecta et campeggiata. Le quali considerationi dicemo possere avere facto che le Signorie vostre non aveno prestato orechio ad quello che per loro si era scripto, et in modo ci distendemo sopra ad questo, contando le cose seguite poco fa et lo animo et dispositione di quelle genti, che restò quieto et mutossi quasi di opinione. Et nel discorrere che mezo si potessi pigliare ad satisfare ad el re, avendogli ad parlare avanti la risposta vostra, pensò decto oratore che poi che sua Maestà era di animo di temporeggiare in quello di Pisa con le sue genti tanto che nuova impresa si potessi riordinare, che si mostrassi ad quella potersi fare questo con manco numero di omini d'arme et sanza sue fanterie: perché quando paressi ad sua Maestà lasciare o mandare, quando fussino partite, dugento lancie delle sua che si alloggiassino fra Cascina et Vico, et con vostre fanterie scorressino ciascun dì insino ad Pisa, verrebbe sua Maestà ad temporeggiare, come si è decto, insino ad nuova impresa et le Signorie vostre ad valersi della reputatione del re, sanza entrare in nuova spesa di gente d'arme. Et parte si terrebbe obbligato alla impresa per mettervi continue el nome suo et per consequens dello onore suo: ad che facilemente credeva quella Maestà dovessi adconsentire per avere digià offerto cento lancie in mantenimento delle cose vostre, sendo passato il suo exercito in Parmigiano, come li era suto referito; adgiugnendo che tucto si domandassi ad el re, ad beneplacito delle Signorie vostre, cioè che voi ne avessi ad deliberare se ve ne volevi valere o no. La quale commissione ancora che

malvolentieri ne pigliamo carico, sanza expresso ordine da quelle, pur sendo conditionata la exequiremo come prima ci sia data facultà d'essere con il re o con Roano: $516$ingegnandoci trarre lettere ad quelli capitani che dugento lancie ad vostra richiesta ne seguino la volontà vostra. Et vostre excelse Signorie potranno ancora examinare altro; domani ad ogni modo ci partireno per seguitare la Corte, il che si è da noi differito per essere giunti qui ignudi et averci auto ad provedere, ad un tracto, di cavalli, vestimenti et servidori, il che è suto difficillimo per essersi partita la Corte di poco et avere spogliato di cavalcature tucta questa terra: tale che fra 'l poco provedimento avemo et le spese grande occorrono et la poca speranza dello essere riprovisti, restiamo in travaglio non piccolo: pur confidiamo nella discretione et umanità delle Signorie vostre. Nel passare da Bolognia parlamo ad messer Giovanni Bentivogli iuxta l'ordine di vostre Signorie, et oltre al ragionarli delli muli presi etc., li offerimo in questa nostra expeditione per parte di vostre Signorie, ogni offitio nostro. Ad che sua Signoria rispose convenientemente acceptando, ringratiando et offerendosi, et noi, quando ci fia dato occasione, ne fareno opera et così che li abbi licentia di poter venire alli aiuti vostri, come per l'ultima alli 'mbasciadori ne date in commissione; perché Lorenzo Lenzi, con dispiacere nostro, è al tucto resoluto non volere seguitare la Corte, ma è tucto volto ad ritornarsene costì. Restaci significare alle Signorie vostre come, fra Parma et Piacentia, noi trovamo qualche mille svizeri di quelli del campo, che se ne andavono, et benché da Pellegrino Lorini tucto vi debbe essere suto facto intendere, non aviamo voluto mancare di significarlo, adciò vostre Signorie se ne possino valere quando occorressi, alle quali ci racomandiamo. Quae bene valeant.

%1500 lug 30, LC $517$Magnifici et Excelsi Domini nostri. Per la alligata scriviamo alle Signorie vostre quanto occorre: questa per significarvi come in questo punto che siamo, circa ore xxi, ci partiamo per alla Corte, adciò possiamo exporre alla Maestà del re la commissione di vostre excelse Signorie. Et ingegneremoci, con ogni celerità possibile, avanzare quello tempo che ci ha facto perdere lo aversi ad mettere in ordine et provedersi d'ogni cosa, con extreme difficultà et spesa grandissima, come etiam per la alligata vi significhiamo. Restaci appresso ricordare alle Signorie vostre con reverentia, come e' potrebbe adcadere de facili di avere ad spacciare ad posta, et per cose importantissime, il che non potremo fare da noi, per essere omini sanza danari et sanza credito; et però è necessario che le Signorie

vostre pensino di ordinare o ad Nasi o a' Dei o ad qualcun di questi mercatanti che dieno ricapito alli spacci nostri et che ne saranno subito satisfacti: perché quando questo non si facessi, resteremo ad piè et potremo essere incolpati sanza nostra colpa; ancora che lo spacciare da Corte ad qui ci dia da pensare per essere male ad ordine di danari, di che bisognierà che vostre Signorie abbino advertenza et compassione, perché ad noi basterà fare la diligentia nostra, et della impossibilità speriamo possere sempre iustificarci apresso ciascuno.

%1500 ago 5, LC $518$Come per l'ultime nostre significamo ad vostre Signorie, ad dì xxx del passato partimo da Lione et con quella celerità che ci hanno permessa li cativi nostri cavalli, che per necessità fumo costrecti comperarli $519$così, ci siamo forzati raggiungere la Corte; il che ci sarebbe digià riuscito se non ci si fussi opposto et lo avere quella Maestà camminato più presto che la consuetudine, et così lo avere variata la via per essere il paese infecto di morbo; in modo che molte volte credendole tagliare il cammino per avanzare tempo ci siamo discostati da quella; pur siamo condocti questo dì ad Sampiero, luogo presso ad Niversa ad cinque leghe dove intendiamo essere la Maestà del re, talché domani sanza manco le crediamo essere appresso. Et come prima potremo, exequiremo la commissione di vostre excelse Signorie con quelli ricordi che dipoi da lo oratore ci furno iniuncti et che noi per l'ultime nostre vi significamo. La quale cosa exequita che areno, vi si darà subito notitia del successo, mandando la lettera ad Lione ad Rinieri Dei, con quelli pochi danari che ci restono in borsa di nostro, perché quelli tanti ci desti hanno servito ad 2/3 delle spese aviamo insino ad ora facte. Questa lettera aviamo scripta per mandarla alla ventura come quelli che siamo desiderosi le Signorie vostre intendino per giornata e progressi nostri, et che sappiamo quanta molestia vi rechi el tenervi sospesi con li advisi, ancora che niente di momento occorra.

%1500 ago 5b, LC Magnifici et Excelsi Signori et Padroni miei. Le Signorie vostre sanno che salario al partire mio di costì mi fu ordinato et quale fussi ordinato ad Francesco della Casa credendo forse che le cose andassino in modo che ad me tocassi ad spendere manco che ad lui; il che non è riuscito, perché non avendo trovato la Maestà Cristianissima $520$ad Lione, aviamo auto ad metterci ad ordine di cavalli, di famigli, di veste equalemente; et così seguitiamo la Corte con le medesime spese io che lui. Pertanto mi pare fuora di ogni ragione divina et umana non

avere el medesimo emolumento; et se la spesa in me vi paressi troppa, io credo o che sia bene speso in me quanto in Francesco, o che e venti ducati mi date el mese sien gictati via; quando questo ultimo fussi, io priego le Signorie vostre mi richiami, no: quando e' non sia, io prego quelle ordinino che io non mi consumi et che se almanco io fo debito qui, costà facci altrectanto credito, perché io vi fo fede ch'io ho speso in sino ad ora 40 ducati di mio et ordinato costì al mio fratello ne facci debito per me più che 70. Io di nuovo mi vi racomando, pregandole che un loro servidore dove gli altri nelle administratione pubbliche adquistono utile et onore, io sanza mia colpa non ne riporti vergognia et danno.

%1500 ago 7, LC $522$Magnifici et Excelsi Domini nostri observandissimi salutem. Poi che noi partimo da Lione aviamo scripto dua volte in diversi luoghi et advisate le excelse Signorie vostre della cagione che ci ha facto differire lo adcostarsi a1la Corte, le quali non replichereno altrimenti, parte per non tediare le vostre Signorie, parte per stimare le lectere essere venute salve, ancoraché le mandassimo alla ventura. Avendo dipoi, posposto ogni disagio et timore di morbo, che ne è pieno el paese, seguitato el cammino nostro, col nome di Dio questa mattina adrivamo qui dove si truova sua Maestà con poca corte per stretteza del luogo. Et subito scavalcati, ci presentamo al reverendissimo cardinale di Roano al quale, benché da vostre Signorie noi non avessimo lectere, come saria suto bene, noi li dicemo, per parte di quelle et per commessione delli ambasciadori, summarie la causa della nostra venuta: raccomandandoli le cose vostre come ad unico proctetore in nel quale le Signorie vostre aveno sempre confidato largamente et confidavano. Rispose sua Signoria brevemente, et mostrò nel suo parlare le iustificationi di campo non essere molto necessarie come cose digià passate. Ma piuttosto essere da pensare di recuperare quello che da la parte del re et vostra si era perduto et di onore et d'utile. Et subito comminciò ad dommandarci quello le Signorie vostre pensavono circa al rinnovare la 'mpresa; ad che per noi non si poté fare altra risposta, perché in su tale ragionamento arrivamo nello allogiamento del re, il quale avendo desinato, $523$si stava ad suo piaciere; donde poco dipoi levatosi, avendo prima inteso da Roano la cagione della venuta nostra, ci chiamò et presentatogli la lettera di credenza, ci menò subito in una camera ad parte dove ci dette gratissima et buona audientia. Alla quale nondimanco non intervenne di signori franzesi altri che 'l cardinale et Rubertet per non vi essere altri signori di Consiglio, a' quali si adgiunse messer Giaiacomo Treulcio, el vescovo di Novara con dua altri Palavisini, e quali per

essere, presenti furono tucti chiamati, et sempre furon presenti alla audientia nostra; nella quale per noi prima si expose iuxta la commissione di vostre excelse Signorie come avendo auto la impresa et assedio di Pisa, con infinito danno di vostre Signorie et disonore grande dello exercito di sua Maestà, un fine tucto diverso dagli altri suoi felicissimi successi, et essendo noi sempre intervenuti ad tucti e progressi del campo eravamo mandati dalle Signorie vostre ad sua Maestà per farli intendere generalmente come la causa dello essersi levato el campo da Pisa non era per cosa che dal canto vostro si fussi mancata. Et in particulare narramo tucte quelle cose ci parsono ad proposito et che nella commissione si contengono et maxime quelle parte che riguardano alla partita de' guasconi et alle avanie de' svizeri, presa del commissario, et parlamenti continui con li inimici: dove ci allargamo assai, narrando etiam quanto disonestamente si parlava contro delle Signorie vostre et di tutti e fiorentini, mostrando tutto questo avere dato quore a' pisani ad difendersi contro alla opinione di ogni uomo, et essere stato principale fondamento della ruina della impresa. Né ci parve ad proposito expressamente accusare alcuno italiano iuxta l'ordine etc. perché, sendo presenti e nominati di sopra, pensamo tal cosa più presto essere per farci più inimici narrandola in pubblico che per farci alcun fructo. Fu appresso risposto per il re et per Roano che il mancamento di questa cosa era venuto così da la parte vostra come da lo exercito suo; ad che replicando noi non possere sapere in che cosa avessimo mancato, adscusorno e difecti di vectovaglie et munitioni et d'altro, di che dissono non volere né adcadere più parlare, essendo cosa che da l'una parte et l'altra si potrebbe disputare assai. Noi nondimanco, parendoci avere questa occasione di dovere parlare di questi capi et giustificarci, dicemo che sempre $524$fu facto da le Signorie vostre grandissima provisione di vectovaglie, le quali mai non mancorono, nonobstante fussino sacheggiate, et con ogni spetie di villanie iniuriati et offesi chi le portava; et se pur qualche volta ad qualcuno parse non ne fussi così grande abbundantia, nascieva da la mala distributione d'epse, causata dal sacheggiamento predecto: et offerendoci narrare sopr'ad questo alcun particulare seguito, tagliorono e ragionamenti. Et quanto alle munitioni et li pagamenti accusati da loro come tardi etc., rispondemo al primo, le Signorie vostre avere provisto più che non fu domandato per il suo bombardieri, et al secondo, li danari essere venuti in campo ad tempo, ma essersi differito lo adnoveralli 5 o 6 dì, perché da' capitani medesimi fu ordinato così; e quali non si curorono si annoverassino prima. Circa e guasconi, la sua Maestà monstrò più volte nel parlare suo conosciere la fraude et

tradimento loro et che ad ogni modo li farebbe punire; et per questo, avendo noi decto che se ne erano iti per mare, dixe avere ordinato al paese loro fussino presi et puniti della presa del commissario: di che noi parlamo diffusamente, chiamando non solum l'acto bructo, ma la causa inonestissima. Non risposono altro se non che ' svizeri erano accostumati fare così et adsuefacti ad simili extorsioni; et in questo parlare el re tagliò el ragionamento dicendo conosciere che dal canto de' sua non si era operato el dovere, et che ancora dal nostro era suto mancamento, adgiugnendo che Beumonte non era suto di quella obbedientia bisognava, et che se uno altro di più obbedientia vi fussi stato, che la 'mpresa non si perdeva. Noi circa ad questo, avendoci advertito lo 'mbasciadore come Roano assai amava Belmonte, talché ogni suo carico li saria molesto, da l'un canto confermamo la disubbidientia esservi stata, et fuor dogni termine ragionevole, et che la era suta cagione d'ogni scandolo, da l'altra parte dicemo avere conosciuto Belmonte geloso dello onore del re et amatore della patria nostra, et che se li altri fussino suti di tale volontà et dispositione, quale era lui, sanza dubbio si riportava victoria; et così venimo ad satisfare ad Roano, perché li conosciemo grate tali parole, et ad non opporci alla conclusione facta per il re della inobbedientia etc. Parendo alla Maestà del re che delle cose sopradecte si fussi assai parlato et discorso, voltatosi verso di noi, dixe: "Orsù, questa impresa ha auto una volta questo fine et ad $525$voi dannoso et ad me poco onorevole, perché mai per mia exerciti si perdé in alcun tempo una simile impresa. Et però è necessario si deliberi quello sia da fare in recuperatione dello onore mio et del danno vostro; et più giorni sono che io lo feci intendere ad li vostri Signori et per li loro ambasciadori, et per Corcù, mio mandato in Toscana ad questo effecto, perché come io ho facto dal canto mio infino ad ora el possibile, così farò per lo advenire, et vi domando che risposta voi me ne date". Ad che noi respondemo non avere da le Signorie vostre commissione alcuna sopra ad questa materia, ma solo delle cose di campo, dove eravamo suti presenti; pur nondimanco che nostra opinione era che cotesto popolo afflicto di tanti anni in sì continua et insopportabile guerra, visto il male fine et inopinato successo di questa ultima impresa, et parendoli, o per sua mala sorte o per li molti suoi inimici, et in Italia et fuori, non poter più sperare in alcuna cosa, li veniva ad mancare la fede et, per consequens, l'animo et la forza per rinnovare altra impresa; ma se la Maestà sua una volta rendessi Pisa et che si vedessi certo fructo delle spese che si avessino ad riadsummere di nuovo, credavamo che da vostre Signorie ne sarebbe iustamente compensata. Per le quali parole el re, Roano et

gli altri circumstanti comminciorno tucti quasi ad exclamare, dicendo essere cosa inconveniente che il re ad sua spese facessi la guerra per noi; replicamo noi non la intendere così, ma con conditione di satisfare quella Maestà delle spese facte, messa che ci avessi Pisa nelle mani. Risposono che il re farebbe sempre suo dovere secondo li capituli etc., et se per voi mancassi che ne sarebbe scusato ad tucto il mondo, soggiugnendo el re che Pisa et Montepulciano erano in sua potestà, come Pietrasancta et Mutrone, se li voleva pigliare per sé: quasi significando solum non li volere pigliare per observarci la fede. Messer Giaiacopo, voltatosi ad noi, dixe che se ad questa volta si perdeva questa occasione, considerato la volontà et animo del re et la commodità del tempo, facile cosa era che mai più si potessi recuperare per vostre Signorie, et maxime con questo mezo. Non replicamo ad questo altro se non che ciò che si era decto era al tucto di opinione nostra et che da vostre excelse Signorie non se ne avea commissione alcuna; sopra di che il re et Roano conclusono che, essendo $526$venuti noi di costì avanti la giunta di Corcù, non si maravigliavano che noi non ne avessimo commissione. Et noi soggiugnendo che fra qualche dì sarebbe facil cosa da le Signorie vostre di questo ci fussi scripto, la Maestà del re dixe che sanza questa risposta et deliberatione vostra non si poteva di qua per ora fare altro, ma che bisognava che presto vostre Signorie ne deliberassino: per intendere se dovevono licentiare le fanterie che stavono là ad vostra petitione, accennando che la spesa di continuo vi correva addosso; et che in questo mezo che vostra risposta si aspecta, noi possavamo andare ad Monte Argì, dove lui sarebbe fra tre giorni; et con questa resolutione ci partimo. La risposta di questa materia di Pisa fu facta da noi nel modo che intendono le Signorie vostre, della quale benché ad noi proprii non fussi data commissione, nondimanco, avendo lecte ad Lione l'ultime lettere di vostre Signorie addiritte ad li ambasciadori, le quali etiam aviamo adpresso di noi, che in effecto contengono che al re expressamente sopra questa cosa si faccia tale risposta, la quale noi, sendocene data occasione, aviamo facta respective, talché la non può nuocere ad nessuna nuova deliberatione che avessin facta le Signorie vostre: il che desideriamo sia ad satisfactione di quelle. Questo è quanto ci adcade significare alle Signorie vostre in executione della nostra commissione; la quale noi più largamente in qualche cosa arèmo ampliata, se non fussi el rispecto auto ad li italiani presenti, et perché ancora conosciavamo simili discussioni non erano grate: prima perché parevono loro cose digià passate et digestite, et inoltre, perché in epse udivono qualche particulare contro allo onore et governo loro. Nondimanco

ad noi non è parso lasciare indreto alcun particulare importante, excepto quelli per li respecti decti di sopra, e quali noi quando altra volta parleremo ad sua Maestà et ad Roano li potremo narrare secondo ci parrà più ad proposito; et maxime quello de' luchesi, circa e quali, avendo noi detto ad Rubertet della lettera intercepta, ci dissono che facessino mettere in franzese quello era ad proposito, monstrando tenerne conto; dal quale etiam intendemo come el dì dinanzi avevono richiamati li ambasciadori luchesi che potessino venire in Corte. Le Signorie vostre scrivono ancora alli ambasciadori per $527$avere licentia dal re che messer Giovanni Bentivogli possa con sue genti venire alli aiuti vostri; et da Lorenzo Lenza ancora ci fu commesso preponessino al re che tenga 200 lancie alla difesa delle cose vostre. Delle quali cose non ci parse parlarne alla presentia delli italiani et, tirato da parte il generale Rubertet, li conferimo il pensiero delle Signorie vostre circa le genti di messer Giovanni, non li parlando dell'altro alcuna cosa. Risposeci che stimava simil guardia non ci bisognare, perché le gente del re si trovavono ad Pietrasancta per fare guerra guerriabile et di nuovo vi si era mandato cento lancie. Nondimanco come prima il re sarà a Montargì, ne parleremo ad sua Maestà et ad Roano et non avendo altro in contrario da le Signorie vostre, vedreno optenere licentia et lettera per quanto ne domandate. Delle cose di qua non aviamo che dire per esserci aderiti oggi alla Corte; et la cagione perché questa Maestà non abbi seguito lo andare ad Troes et siesi volta verso queste parte non si intende bene; se non che, per il cammino, aviamo inteso li oratori dello imperadore che vi dovevono venire, non vengono. Ingegnerenci intendere meglio la verità, et per altra nostra ne dareno più vero adviso ad vostre Signorie. Tenuta ad dì x per non avere auto commodità di mandarla prima, ancora che ci aviamo usato ogni diligentia: et al presente la mandiamo per uno che va ad Lione, ad Rinieri Dei, che la mandi per il primo spaccio. Siamo al presente ad Monte Argì, dove questa mattina si è condocta la Maestà del re, et per questa non aviamo che dire altro di nuovo ad vostre Signorie, alle quali iterum ci racomandiamo.

%1500 ago 11, LC $528$Copia d'una nostra data ad Montargì ad dì x con adgiunto de' dì xi. Fin qui è copia dell'utima nostra scripta a li nostri Signori ad dì vii del presente et tenuta ad dì x a Montargf dove dipoi, per executione di quanto ci restassi ad fare per le Signorie vostre, siamo suti con Roano, presa buona occasione d'essere uditi ad nostro proposito et ad lungo: et avendo noi traducto la lettera intercepta di Piero da Poggio luchese in franzese et oferto ad sua Signoria che la volessi et leggiere et

gustare, perché in epsa troverrebbe assai particulari evidentissimi, i quali dimosterrebbono loro avere operato contro alla Maestà del re manifestamente, et visto sua Signoria non si curare di leggierla, cominciamo ad narrarli alcuni capi di epsa. Ai quali sua Signoria subito comminciò ad opporsi et replicare che da Corcò et da Belmonte et da li altri capitani era di qua facto relatione che loro non avevono facto contro alla Maestà del re, anzi che meglio et di migliore voluntà avevon servito che ' fiorentini et maxime nelle vectovaglie; ad che noi replicamo parerci cosa assai inonveniente che ' luchesi con qualche loro demonstraione di buone parole et con qualche loro mezo et amico a loro proposito potessino più che la verità: la quale in effecto era che noi sempre avamo operato per lo onore del re et loro in contrario, et maxime in questa imtesa di Pisa. Et di nuovo, volendogli monstrare la traductione di decta lettera, la recusò, né anche volendoliene lasciare si curò acceptarla; et dicendogli noi avere teso come li ambasciadori luchesi erano suti richiamati in Corte, rispose subito che non avendo trovato mancamento in loro, li avevono richiamati. Et cominciò sua signoria ad dire come costì Corcù aveva exposto la buona dispositione del re verso di voi et maxime circa la impresa di Pisa, in che primamente si dolse le Signorie vostre non essere di animo di fare alcuno provedimento per questa impresa et che adpresso non che altro quello non curavano né volevono gente del re in guernigione in $529$su' loro et inoltre recusavono il pagamento de' svizeri, i quali sempre fu concluso che per loro ritorno avessino avere una paga; dolendosi appresso che per nostro mancamento la 'mpresa fussi male successa. Risposesi ad questi capi per noi, prima che la città era exausta per le molte et lunghe guerre et che, inoltre, cotesto populo non poteva né doveva aver fede in queste gente sì male ordinate et sì male disposte verso di noi. Replicò ad questo come un'altra volta aveva facto, che oltre a' mali provedimenti costì non eri uniti; ad che noi rispondemo maravigliarci di tale sua opinione, la quale non era vera. Rispose esserne informato da tucti e loro stati di costà; ad che dicemo loro non avere inteso né possuto intendere o conosciere tal cosa, essendo cotesta città tucta unitissima in ogni cosa importante, et maxime in volere Pisa, come aveva dimostro le provisione galiarde che poco innanzi si erano facte in expedire el danaio necessario alla impresa, al quale è necessario concorra più che li dua terzi della città: ma che sua Signoria avessi così consideratione ad coloro da chi simile oppenione gli era referita, come alla qualità delle cose che li erono porte; et quanto al pagamento de' svizeri, dicemo le Signorie vostre non essere tenute, perché loro non avevono servito, imo denegato el servitio delle guardie et factioni et inoltre erano

quasi tucti dissoluti. Ad che lui replicò che le Signorie vostre li dovevono pagare et, quando non li pagassi, il re era forzato pagarli di suo et resterebbe non bene contento di voi. Circa el dolersi che per nostro mancamento la 'mpresa fussi resoluta, noi di nuovo replicamo brevemente e disordini stati in campo, concludendo che se la Maestà del re non era advisata et informata che le vectuaglie fussino sute quasi tucte rubate et inoltre male distribuite, che per certo sua Maestà non aveva informatione della verità; offerendoci di nuovo noi essere venuti per questo parati ad ogni examine, per mostrare il vero essere che per le Signorie vostre si fussi abbundato in ogni cosa etc. Rispose, questa disputatione non essere necessaria, ma che bene si maravigliava le Signorie vostre non volessino fare più cosa alcuna in questa impresa, et proponessimo che il re ad sua spese vi rendessi Pisa. Replicamo nostra opinione essere, anzi tenere per certo che vostre Signorie volevon fare ogni loro debito et interorre ogni loro potere, $530$ma essendo le cose di proximo tentate, successe nel modo che ad sua Signoria era noto, non si doveva meravigliare se cotesta città, pasciuta di tante vane speranze, si disfidava per lo advenire et per consequens le mancava danari et forze ad riadsumere nuova impresa; ma che alle Maestà del re doveva poco importare el fare questa poca guerra di suo solo, fino ad tanto ne avessi victoria, la quale in pochi giorni non li potrebbe mancare et maxime quando la 'mpresa s'intendessi essere sotto suo nome, absolutamente, et ad sua spese, la quale cosa farebbe che nessun nostro vicino o nimico ardirebbe interporsi et offendere sua Maestà: concludendo ad sua Signoria che, facciendo questa impresa di suo in principio, prima li saria non solo più facile, ma li sarebbe securissima, et inoltre più onorevole et con più grado verso le Signorie vostre, et sanza alcun suo carico di spesa, perché quelle sempre sarebbono per satisfarli secondo e capituli, seguita che fussi la restitutione di epsa. Le quali ragioni furono appresso sua Signoria di nulla accepte, sempre rispondendo che il re mai s'accorderebbe ad tale partito; et similmente Rubertet ci ha decto che, movendo le Signorie vostre questo partito, pare quelle si dileggino del re et che sua Maestà resta sì male satisfacta et contento di questa vostra dispositione che non vede che di qua vi possa restare più amico che possa aiutare le cose vostre. Dicemo appresso ad sua Signoria reverendissima che oltre alle altre cause che toglievono l'animo ad cotesto popolo, era il non restituire Pietrasancta, la quale era in loro potestà. Rispose averne decto ad Piero Soderini la cagione essere di aver promesso a' luchesi non la restituire ad voi innanzi l'auta di Pisa. Rispondemo questa essere una explexissima causa che induceva e luchesi ad obviare che noi recuperassino Pisa et inoltre

la Maestà del re prima era obbligata ad voi ad restituirla et che il primo obbligo et la prima fede data dovea precedere; dixe che tucto verrebbe facto volendo le Signorie vostre fare el debito loro in recuperare Pisa et che non volendo, se ne rapportava ad voi. Domandamo ad sua Signoria reverendissima licentia et lettera del re ad messer Giovanni Bentivogli che, ad richiesta delle Signorie vostre, facessi cavalcare quelle sue gente d'arme et fanterie che vi venissino a proposito; ha risposto essere contentissimo et commesso la lettera, $531$la quale solleciteremo et, autola, la manderemo alle Signorie vostre alle quali ci raccomandiamo.

%1500 ago 12, LC Magnifici et Excelsi Domini mei. Perché io non so se le altre lettere che io vi ho scripte per mio conto le Signorie vostre le hanno aute, di nuovo sarò prosuntuoso ad riscrivere ad quelle per non mancare ad me medesimo nelle mie necessità. Le Signorie vostre ordinorno al partire nostro ad Francesco della Casa 8 lire el dì, et ad me 4 el dì. Credo vi fussi qualche buono rispecto et che voi non credessi si avessi ad procedere nel modo si fa; ora, Magnifici Signori miei, io seguito la Corte ad mie spese et in ogni cosa ho speso et spendo quanto Francesco. Priegovi siate contenti ch'io tiri el medesimo salario o veramente richiamarmi, perché io impoverirei et so che poi alle Signorie vostre ne increscerebbe: ché ho speso già più che 40 ducati di mio et ordinato ad Totto mio fratello ne facci debito 70. Di nuovo mi vi racomando quanto io posso.

%1500 ago 12b, LC $532$Magnifici et Excelsi Domini nostri salutem. Non avendo ancora mandato la alligata, che è in parte copia d'un'altra nostra, ricevemo per Bolognino, cavallaro spacciato ad Lione da' Nasi, l'ultime lettere di vostre excelse Signorie de' cinque del presente, con dua lettere, una alla Cristianissima Maestà, l'altra ad monsignore di Roano, con più copie d'altre lettere mandate et ricevute da Corcò et Belmonte, insieme con la examina de' testimoni per conto de' luchesi; le quali lette et examinate diligentemente, sanza differire ci presentamo alla reverendissima Signoria di Roano. Perché la Maestà del re, di tre ore avanti, sera partito per ire ad caccia discosto tre leghe di qui: donde secondo alcuni si transferirà più là septe leghe ad un luogo del Grande Admiraglio per starvi qualche giorno ad suo piacere et dipoi ritornare qui; benché non se ne possa facilmente scrivere el vero, per le naturali variationi della Corte. Presentatoci dunche ad Roano et presentatogli le lettere di vostre Signorie, li significamo come le Signorie vostre ci advisavano avere mandati

loro commissarii verso Pescia, per convenire con Corcù et con quelli altri capitani di distribuire li alloggiamenti alle genti d'arme della ordinanza della Maestà del re in sul vostro adgiugnendovi quelle parole che ci parvono ad proposito per farli questa cosa più grata, et che la qualità del tempo ci comportò; ché lo trovamo con monsignore d'Albi occupatissimo. Et come per la alligata si dice, avendoci sua Signoria decto, quando ieri li parlamo, la risposta che Corcò scriveva esserli suta facta costì, et dolutosi con epso noi della poca fede si aveva et di molte altre cose che per la alligata si narrano, ci parve ad proposito replicare ad sua Signoria la risposta delle Signorie vostre essere suta da Corcò male intesa: perché le excelse Signorie vostre aveno monstroli che quando così fussi di volontà della Maestà del re, erano contentissime che le gente d'arme venissino in quello di Pisa et in luogo di buono aere per stringere e pisani, et che da voi sarebbono sempre et proviste $533$et carezate; la quale deliberatione aveno sempre rimessa in lui, come in quello che sapeva meglio di loro la volontà del re. Monstrò sua Signoria avere caro le Signorie vostre avere facta la provisione de' commissarii per distribuire le genti, nondimanco accennò che ne aspecterebbe lettere da' capitani, e quali dixe ne doverrebbono scrivere ad lungo; et circa alla parte toccante ad Corcò, dello aver male inteso la risposta etc., et però non la avere possuta significare qua, si risenti alquanto, monstrando che li era uomo da bene et prudente et per le sue buone qualità amato dal re. Ad che facilmente si riparò col monstrare ad sua Signoria che le Signorie vostre aveno di lui la medesima opinione, et che facilmente da uno uomo buono et prudente si poteva male intendere una cosa; il che sua Signoria adconsentì, rimettendosi nondimanco sempre ad quello che da lui et da li altri capitani per le prime lettere fussi scripto. Entramo dipoi nelle cose de' luchesi et nella examina de' testimoni facta in presentia de' capitani regii, monstrando come la era facta solennemente et di qualità da non dubitare più della perfidia loro et delli aiuti dati a' pisani; tale che la Maestà del re posseva, sanza carico alcuno, venire alla restitutione di Pietrasancta, quando bene e' si avessi ad tenere più conto dello obbligo facto co' luchesi che di quello che prima si era fermo con le Signorie vostre, il che non doveva né posseva ragionevolmente essere ad alcun modo. Et avendo in mano tale examina et volendola monstrare ad sua Signoria, non la volse vedere altrimenti, anzi ci replicò in effecto le medesime parole che ieri ci aveva decte, et che noi per la alligata significhiano alle Signorie vostre, cioè che Belmonte et tucti e capitani ne facevono loro fede in contrario et che ad noi non si aveva ad credere se non come ad parte; et quando si avessi lettere da' capitani predecti in confermatione

delle iustificationi nostre, non si obmetterebbe el mostrare a luchesi l'errore loro, et che le vostre semplici non bastavano. Sì che le excelse Signorie vostre veggono in su che fondamento le hanno ad murare ad volere edificare qua alcuna cosa di buono pertinente ad questa materia; et parci che questo et ogni altra cosa che abbi ad farsi costà in satisfactione di questa Maestà o in utile vostro, abbi tucto ad dependere da li advisi ne faranno cotesti capitani: $534$sì che el tenerli bene edificati verso delle Signorie vostre sarà per giovare assai, il contrario per nuocere, come per questa experienza di Pietrasancta possono giudicare et intendere le Signorie vostre; perché non ci valse alcuna replica, né mostrare come la examina era autenticata et facta per strumento pubblico et in buona forma: né mai per cosa si allegassi o dicessi, si trasse altra conclusione che la predecta. De' pagamenti delle artiglierie et svizeri non ci parse da ragionare ad sua Signoria, non ce ne dicendo ella questa volta alcuna cosa, ma come prima ce ne parlerà, che crediamo fia presto, rispondereno secondo la instructione et ordine che per l'ultime vostre ci mostrate; né per questa ci occorre altro in risposta di queste vostre. Domattina partirà sua Signoria, secondo ci dixe, et girà ad trovare la Maestà del re, per ritornare dipoi qui insieme con quella. Stareno alla vista et governerenci nel seguirli secondo li altri et secondo le facciende che ci sopradgiugnessino. Delle cose di qua, ancora che la sia prosuntione parlarne per noi, essendoci ancora nuovi, pur vi scriverreno quello intendiamo, et le Signorie vostre ci perdoneranno se alcuna cosa si scrivessi poco convenientemente: questa Maestà si truova con pochissima Corte rispecto a l'altro re et di quella poca il terzo sono italiani dicesi per non correre le distributioni con quella abundantia desiderebbono; li italiani chi per uno conto et chi per uno altro sono tucti mal contenti, cominciandosi da messer Iohan Iacopo per parerli mancare di quella reputatione sua. Il che ci è parso conosciere al tucto, perché sappiendo lo umore suo per il passato et parlandogli ad caso, sendo in chiesa, et ragionando delle cose seguite in quello di Pisa, sempre con parole affectuose, decte el torto a' franzesi soggiugnendo queste parole formali: "E' vorrebbono pure, sotto el dire che da ogni parte s'è facto errore, la colpa che è tutta loro adcomunarla con altri". Del resto de' milanesi non ragionereno per essere tucti simili al capo. E neapolitani, che ce ne è assai de fuoriusciti, desperati che la 'mpresa si facci sono tucti malissimo contenti, perché hanno, secondo si dice, contrario tucto el Consiglio et la regina; vero è che la Maestà del re vi è prompta, ma non essendo successe le cose di Pisa, non è per entrarvi così presto, perché faceva conto, preso Pisa, co' danari

traeva da voi, con li aiuti che li offeriva el papa et li $535$Orsini, mediante la reputatione sua, inspignere ad un tracto lo exercito verso Neapoli; il che avendo auto contrario effecto, è per farli più presto porgere li orechi ad qualche adcordo che ordinare nuova impresa, et digià si parla che debbino venire ambasciadori neapolitani ad quello effecto. Lo oratore venetiano sollecita el re ad favorirli contro al Turco, monstrando in quali periculi si truovino, et allegando perdita di più luoghi, adcrescendo la paura et il danno assai più che in facto non s'intende sieno, né ha possuto per ancora obtenere cosa alcuna. Ritrasi, oltra di questo, che 'l pontefice con ogni instantia ricerca da questa Maestà favore per la impresa di Faenza, per adgiugnerla ad Furlì et Imola per il suo Valentinese; ad che non s'intende el re essere molto volto, parendoli averli facto benifitio assai. Pur non ne lo despera, ma vallo intractenendo come ha sempre facto, et li vinitiani et qualcuno altro di Corte favoriscono assai el signore di Faenza; ècci oltra di questo uno mandato di Vitellozo che in ogni luogo dissemina l'offensione et il danno che in poco tempo Vitellozo farebbe alle Signorie vostre quando el pontefice o altro vi rompessi guerra, et sta alla vista per vedere se tra questa Maestà et le Signorie vostre venissi alcuna dissensione per mettere avanti questa pratica, et monstra che 'l papa sarebbe più volto ad questa impresa che ad quella di Faenza, quando credessi che di qua li fussi acconsentita. Altro non ci occorre degnio della notitia delle Signorie vostre, se non che si crede che questa Maestà starà qualche dì con poca corte intento alle caccie et alli suoi piaceri; et della ambasciata dello imperadore che doveva raccozarsi con lei ad Troes non se ne intende cosa alcuna, immo si dice più presto che non verranno che altrimenti. Ulterius si è decto per cosa certissima l'arciduca essere suto facto principe di Spagna, il che adcrescie sospecto di non si dovere lo 'mperadore adcordare così de facili, et per questo si crede anche questa Maestà penserà meno alla impresa di Napoli. In casa lo oratore del papa è un messer Ectore sanese, et secondo intendiamo, uomo tenutoci da Pandolfo Petrucci, el quale monstra, secondo ci è referito, di avere ferma speranza di comporre le cose di Siena, et con migliori conditioni non aria facto ne' dì passati, adgiugnendo $536$che Montepulciano rimarrà libero loro. Noi con diligentia vedreno di avere riscontri di questa pratica et trovandola in essere, non manchereno di ricordare al cardinale li capituli nostri et lo onore del re. Qui in Corte non è alcun mercatante della natione, né altri di chi ci possiamo servire né in danari che ci bisognassi, né in spacciare corrieri o mandare lettere, in modo che le Signorie vostre ci aranno excusati se così presto né così spesso, come quelle desiderebbono, non hanno nostre; et

bisognerebbe che ad questo, mentre che quelle ci tengono di qua, provedessino in quel modo che parrà loro a proposito, ché noi in effecto inanzi uscissino di Lione spendemo tucti e danari auti da quelle et al presente; viviamo col nostro et con quello che ad Lione da nostri amici fumo serviti. Raccomandiance alla buona gratia delle Signorie vostre. Non avendo ancora serrata la presente, qui è venute nuove come la Maestà del re questa mattina correndo un cavallo cascò, et àssi alquanto offesa una spalla, onde tucti li suoi carriaggi sono ritornati qui et domani ci si aspecta. Per la prima advisereno le Signorie vostre del seguito alle quali di nuovo ci racomandiamo. Postscripta. Giudicando di qualche importanza le presente lettere, né avendo altra commodità di mandarle, aviamo rispacciato indreto Bolognino ad Lione et diricte le lettere a Nasi che le mandino ad vostre Signorie; et ordinato ad detti Nasi paghino ad Bolognino predecto vii scudi. Prechiamo vostre Signorie li satisfaccino costì adciò che una altra volta noi troviamo credito appresso di loro.

%1500 ago 14, LC $539$Scrivemo due dì sono alle excelse Signorie vostre ad longum et advisamo quelle della ricevuta delle loro lettere et commissioni de' dì v del presente, et quanto fino alora si era per noi operato; et faccendo dette nostre salve avendole mandate a Lione per fante a posta con vantaggio di scudi sette, non ci pare altrimenti da replicarne. Né abbiamo dipoi a significare altro alle Signorie vostre, né alla Maestà del re si è ancora presentata la vostra, perché essendoli, come si scrisse, a caccia, correndo, caduto il cavallo addosso et stortosi alquanto una spalla con qualche poco di travaglio, la Maestà sua si è ferma qui apresso, a 6 miglia, in uno piccolo villaggio, dove si è stato et crediamo sia ancora a suo riposo in camera et nel lecto. Nondimanco per cierto si tiene non abbia né sia per avere per questo altro male, et fra dua dì ha detto volere essere qui, et in questo mezzo doverrà avere avuto lettere da Corcù et Belmonte sopra i lucchesi et altro; di che vedremo intendere che relatione abbino facto, et per noi si solleciterà et operrà quanto intenderemo sia a proposito. Raccomandiamoci alle Signorie vostre.

%1500 ago 26, LC $540$L'ultime nostre furono da Montargì ad dì xii et dipoi scrivemo una breve lettera ad dì 16, et da quelle non aviamo aute lettere poiché ricevemo quelle de' cinque. E seguìto dipoi che la Maestà del re dopo quella sua caduta s'è stata tutti questi giorni in picoli villaggi prima qualche dì nel letto a riposo, dipoi factosi portare in una lettiera tanto che ieri

si condusse in questa terra sano, ma pure ancora non essendo del tutto rafferma la spalla la tiene fasciata. Et qui si truova tucta la Corte, essendoci venuto el marescial di Gye, l'Ammiraglio, il Gran Cancelliere et molti altri signori. Noi in questi dì passati ci siamo qualche volta rappresentati innanzi al re, ma sempre de' dua dì l'uno ad monsignore di Roano in qualunque luogo si sia trovato. Al quale noi non ci curamo molto di parlare per qualche giorno, perché sappiendo noi che sua Signoria non ripigliava ad bene che le gente d'ordinanza non fussino nelle terre vostre in guernigione et avendo noi inteso per l'ultime delle Signorie vostre come quelle mandavono commissarii ad Pescia per riceverle, noi speravamo che essendo seguito tale effecto di averle alloggiate in sul vostro, che le Signorie vostre si avessino in modo gratificati quelli capitani che di qua mandassino qualche migliore relatione che per il passato non avevon facto; et con questa speranza che ogni dì venissi di qua qualche buona lettera di contenteza de' capitani, per la quale l'animo del re et Roano si rassectassi, ad noi non parse per qualche dì parlare delle cose nostre, tenendo per certo di averne ad riportare per l'ordinario mala risposta et conclusione non buona. Ma parlando dipoi un giorno con Rubertetto, intendemo le gente essere di qua da Pontremoli et non volere ritornare verso Pisa, et che la Maestà del re era malissima contenta di voi, né era più rimaso luogo ad li amici di parlare in favor vostro; et benché noi gli replicassimo maravigliarci di questo per le lettere aute da vostre Signorie de' cinque et che la cagione del non essere volute andare le genti non doveva avere origine da voi, et che si $541$doveva intendere bene ogni cosa prima che se ne dessi iuditio, non giovamo in alcuna cosa, anzi rimase in su quella sua opinione che 'l mancamento nasciessi da vostre Signorie: et sputò parole non buone, et da consideralle in boca d'un secretario, circa la disunione vostra, adcennando non ch'altro che costì era chi voleva Piero de' Medici, et non voleva Pisa; et benché si replicassi tucto quello che in questa materia si posseva, che si posseva assai, si profictò nondimanco ut supra. Et nel parlare ci mostrò un pisano per lungo tempo suto in Franza, che ad caso passò da noi, el quale non aviamo mai poi visto, né sappiamo chi lo favorisca in spetie, se non che tucti e nimici vostri vi concorrono, che ce ne avete più che delli amici, et sarebbe facil cosa ne fussi ito ad Pisa et con ordine di qualche nuova pratica. Ingegneremoci intenderlo et subito ne dareno adviso. Parlossi dipoi con Roano, che fa oggi sei giorni: trovossi nelle medesime alterationi et di non aver voluto far la 'mpresa et non aver voluto pagare e svizeri et rifiutate le genti; ad che poco valse replicare tucte quelle cose che tante volte si sono allegate, perché subito ritornò a' svizeri

et che la Maestà del re gli aveva pagati di suo, et così ci partimo da sua Signoria sanza trarne altro. Dipoi, sendosi, come si è decto, condocta in questa terra la Maestà del re et tucta la Corte, occorse che 'l dì medesmo arrivò Corcù; el quale intendendo noi essere venuto, ci parse da parlarli prima che noi ci rappresentassimo ad Roano, per intendere la mente sua et per quella coniecturare con che boca avamo ad trovarli; et presentatoci ad lui li significamo quanta fede le Signorie vostre aveno in sua Signoria, et che quelle speravano lui avessi facta buona relatione del buono animo et dispositione vostra verso del re, adgiugnendo ad questo tucte quelle parole ci parvono conveniente. Rispose essere affectionato alle Signorie vostre per lo onore grandissimo gli avevi facto costì, ma che alla Maestà del re non posseva dire altro che quello gli era suto risposto et datogli in scriptis da le Signorie vostre; et fermossi sopra el pagamento de' svizeri, dicendo dolere assai al re averli ad pagare di suo. Ad che replicando noi l'usitato, accusò la loro bestialità et canciellò la disonestà loro con la consuetudine, et che el re li aveva pagati. Soggiunse dipoi che non si era mai voluto raccieptar le genti in guernigione, di che li ambasciadori vostri aveno richiesto $542$el re, et che per questo cavalcò dolendosi assai sere ito in vano. Et respondendo noi le Signorie vostre non aver mai negato le stanze alle genti del re, ma bene dubitato delle fanterie per la experienza facta di loro, dixe non essere ragionevole che le gente d'arme sanza fanti si mettino nelle terre d'altri, et che di 1500 fanti le Signorie vostre non dovieno temere: ma tucto essere corso che costì era chi vuole et chi non vuole Pisa. La quale cosa premendoci più che alcuna altra per parerci già disseminata per tucta la Corte et da partorire captivi effetti, c'ingegnamo con ogni efficacia et con lungo discorso torgli tale opinione dello animo, infino a dirli che facciendo sua Signoria questa relatione, non sarebbe tenuta uomo di iuditio, tal che ci parve persuaderliene et fare intorno ad questo buono effecto; né vogliamo obmettere dire alle Signorie vostre che nel discorso del parlare lui dixe: E' vi ha tolto Pisa el non avere speso fra tucti quelli signori et capitani 8 o 10 mila ducati, et in simil cose si vuole avere el saco aperto, perché facciendo così, si spende un tracto et facciendo altrimenti si spende sei. Deliberamo dipoi, partiti da Corcù, parlare ad Roano, et presa occasione, ci adcostamo ad sua Signoria reverendissima et dicemo ad quella come essendo venuto Corcù, la Maestà del re et sua Signoria posseva avere inteso come le cose erano passate, et la buona dispositione de le Signorie vostre verso la Maestà del re, et delle sua genti d'arme, et li captivi portamenti d'altri et maxime de' luchesi. Ad che subito sua Signoria rispose,

rompendo el parlar nostro: "Noi aviamo bene inteso tucto et per mia fe' che io sempre fino ad qui ho facto per voi quanto bene ho possuto; ora voi vi portate sì male ch'io non saprei più che farmi in benifitio vostro"; et che alla Maestà del re pareva strano avere pagati e svizeri per le Signorie vostre. Rispondemo che se sua Signoria volessi bene intendere le ragioni et iustificationi nostre, la Maestà del re et la sua Signoria vedrebbe cotesta città aver facto suo dovere in ogni cosa et che il non renovare la 'mpresa era per impossibilità, nata in parte per essere la città munta et straca, parte per diffidentia di quello exercito che in ogni cosa si era monstro più inimico che amico. Et dicendoli noi circa el pagamento de' svizeri che è quello che più preme el Re, che questo si potrebbe in qualche modo con suo aiuto et consiglio rassectare ragionevolmente, $543$rispose: "Voi non sapresti né con questo, né con altro tanto rassectare e casi vostri che bastassino". Pregamo di nuovo sua Signoria che non volessi lasciare la protectione di vostre Signorie sanza cagione et che non volessi sbigottire cotesto populo con simile parole, sendo nato et sempre mantenutosi franzese, et per questa parte aver patito tanto et in sì diversi modi che merita d'essere commendato et aiutato, non sbattuto et disfavorito, cosa che torna ad proposito ad chi vuole poco bene ad lui et manco alla Maestà del Re; perché gli altri di Italia aveno poco che sperare quando e fiorentini suoi partigiani et che hanno speso et patito tanto, fussino in male termine et non bene tractati da questa Maestà; et che vostre Signorie erano di migliore voglia che mai et meglio disposte ad ogni servitio et beneplacito di questa Corona. Rispose che le erano tutte parole, mostrando dar poca fede ad nostre ragioni et essere mal contento delle Signorie vostre, parlando alta voce in modo che tucti e circunstanti udivano; et montò subito ad cavallo per ire ad suoi piaceri. La cagione, perché noi non aviamo parlato ad el re et presentatogli la lettera di vostre Signorie è suto per la caduta et per essere stata sua Maestà più dì semota da ogni faccienda et ad suoi piaceri in villaggi tra boschi et luoghi poverissimi di alloggiamenti: tal che ora, poi che la è venuta qui, ci è parso intempestivo el presentarla; et benché sua Maestà stia quasi continuamente serrata con pochi da quel tempo che la cavalca in fuori, et che sia per questo difficile averla ad sua commodità, et che ad Roano si riduca la somma di ogni cosa, c'ingegniereno nondimanco con ogni opportunità pigliar tempo di posserli parlare et in quello modo ci occorrerà più efficaciemente imprimere in lui el buono animo vostro et tor via qualche opinione sinixtra, o di disunione, o di alienatione, che si vede germugliare qua, secondo li ritracti et parole udite da molti; et di tutto le Signorie vostre ne fieno

advisate. La lettera di licentia ad messer Giovanni Bentivogli non si è tracta, né dipoi chiesta, perché nel parlare facemo con Rubertetto et cadendo in su questa materia, dicendoli se la Signoria del cardinale liene aveva comessa, rispose di no et che la non era per commetterliene, et se noi li parlassimo, si troverrebbe d'altro animo; per tanto non ci parve da muoverne alcuna cosa di nuovo ad Roano agitandosi costì di ricevere in guernigione le genti franzesi, perché $544$sua Signoria arà possuto coniecturare non bene de animo vostro et che voi vi volessi piutosto valere delle genti italiane che delle loro; né siamo per richiederlo di nuovo se da vostre Signorie non se ne ha nuova commissione. Di Pietrasancta etiam non li parlamo, perché la risposta sua, quale avete intesa, ci tolse lo animo ad farlo; siamo dreto ad Corcù per vedere se lo possiamo disporre ad favorirci in questa materia per le examine ci mandasti et facte costì in sua presentia: et se potreno con l'aiuto dì Rubertetto, che può in lui et nell'altre cose assai, fare qualche proficto, ce ne ingegneremo; non obstante che lo ambasciadore luchese sia ritornato et bene racolto et tucto nascie da sapersi adquistare; et le Signorie vostre credere che solo la ragione l'aiuti etc. Parlamo ad lungo col Gran Cancielliere et narramogli tucto el successo, et le cose come erano procedute in quello di Pisa, et quello che le Signorie vostre aveno offerto di fare in recuperatione dello onore dello exercito del re, et instauratione del danno loro, et la cagione perché non si posseva fare altro. Viddeci sua Signoria molto volentieri et tucto ascoltò gratamente et ad l'ultima parte dixe che non aveva che dirci, se non che la Maestà del re era per observare le promesse facte di prestare le genti d'arme: ma che di darci Pisa questo era nelle mani della fortuna et non stava ad sua Maestà el prometterlo; pur che occorendo sarebbe per favorire sempre la causa nostra, come aveva facto per il passato. Di che noi lo pregamo, soggiugnendo che noi di qua usereno e ricordi suoi come di benefactore di vostre Signorie. Et ritornati dipoi ad parlare con quella dixe non li esser mai occorso avere ad ragionare delle cose vostre con el re, il che non pareva ragionevole; ma più tosto crediamo non ci abbi voluto fare altra risposta per avere trovato non bene disposto l'animo del re verso di voi. Saremo di nuovo con sua Signoria né manchereno et con questo et con ogni altro mezo di fare nostro debito, usando ogni extrema diligentia et non perdonando ad fatica o disagio alcuno: et quello che non si farà, sarà per non potere o per non conosciere più; di che vostre Signorie ci aranno per scusato. Ricevemo lettere da le Signorie vostre in racomandatione di Bartolomeo Ginori; presentamole et avendo digià questa Maestà factolo venire in Corte, ordinò a' mariscial $545$che l'udissono et facessin ragione; et

ieri fu avanti loro, e quali lo hanno tracto delle mani di Tallarù et messo nelle mani del re. Ingegnerenci favorirlo con quella autorità ci resta, et crediamo che sia da sperarne bene. Dello adcordo tra Pandolfo Petrucci et questa Maestà, non s'intende poi altro; crediamo sia per non essere molto sollecitata etc. Venne qui dua dì fa uno ambasciadore mandato da' svizeri per le cose di Bellinzona. Ha auto grande audienza; non si sa che conclusione sia per riportarne. E' si è parlato che questa Maestà ha facto tregua con lo imperadore per infino ad marzo futuro et bene che da qualche personaggio di conto la ci sia suta rafferma per vera, intendiamo da l'altro canto di molti che ne dubitano: et noi non ardiremo di negarla né di approvarla. Raccomandianci alla buona gratia della Signorie vostre. Quae bene valeant.

%1500 ago 27, LC Magnifici et Excelsi Domini. Le Signorie vostre per le allegate veggono in che termine si truovono le cose loro di qua. Et per le lettere nostre etiam de' dì passati possete avere ritracto questa Maestà tenersi male satisfacta di voi, et di dua cose principali di che si tiene più conto: la prima el non avere voluto seguir la 'mpresa, la seconda el non aver pagati e svizeri. Ad le quali si adgiugne una terza che ancora in qualche parte si stima, et questo è non aver ricevuto le genti in guernigioni. Delle quali si fa qui querele, come vedete, ogni volta ci occorre parlare con loro: in quel modo et con quelli termini vi significhiamo. Et benché tucte si potessino facilmente solvere, come le Signorie $546$vostre si sono ingegniate fare costì con Corcù che noi ci siamo per ordine vostro sforzati di fare qui ogni volta ne è occorso ragionare, tamen non siamo stati uditi; né ci pare, se altro non nascie, che non s'intende, dovere migliorare conditione: perché quanto alla prima questa Maestà non crediamo sia per prendere la 'mpresa sopra di sé. Quel che ci muove ad crederlo è questo: la natura sua respectiva allo spendere; appresso come si è governato insino ad qui nelle cose di Italia, di volerne trarre et non mettervi et pensare più al commodo presente che ad quello liene possessi resultare poi; il che fa che li stimi poco quello le Signorie vostre li offerono, preso che li avessi Pisa et dice sua Maestà quando liene è ragionato, che la è una mocheria. Et tanto più è da credere che non lo faccia, quanto più facilmente si può discorrere et stimare ad 14 soldi per lira che o l'accordo di Napoli seguirà o la 'mpresa si differirà buon tempo, il che farebbe che questa Maestà non penserebbe a' 50 mila etc. Et che questo accordo potessi seguire facilmente ciene è più riscontri: prima la volontà della reina, la quale vi è tucta volta et dicesi che la non perdona ad alcuna cosa per condurlo; et di

questo parere si dice essere maggior parte del Consiglio, facciendo la 'mpresa difficile ad vincere et difficillimo ad tenere quello si vincessi, et per lo exemplo passato et per altre ragioni che le Signorie vostre possono discorrere; ulterius, si considera molto bene quali umori si potrebbono destare in questa impresa come el Turco, che si tiene per fermo la impedirebbe. Dello imperadore et dello imperio si dubita che la paura che Napoli si perdessi non facessi far loro quello che non ha facto fare loro ancor Milano perché el re Federigo tien là al continuo suoi ambasciadori, et questa Maestà ne teme et desidera assai l'accordo. Et li oratori non vengono ancora ad Troes et quando venissino, s'intende la chiesta dovere esser grande, et da non vi adconsentire. Del re di Spagnia arete inteso come ha armato in favore del re Federigo et aver facto l'arciduca principe: che son tucte cose che fanno ad questo proposito. Appresso, lo spender mal volentieri et come prudentissimo ire nelle cose dubbie adagio li fia sempre un freno grandissimo, maxime avendo sua Maestà visto poco fa per lo exemplo di Pisa che dove la forza bisognassi, el gesso et la reputatione non vi basterebbe; et che quando trovassi la cosa per sé difficile $547$et con l'aiuto del Turco o d'altri facta difficillima, porterebbe periculo o di aversi ad ritirare poco onorevolmente con sospecto delle cose tiene in Italia, per non posser sopportare lungo tempo tale spesa, o d'esservi ropto con suo danno gravissimo. Et quando tutte queste cose non fussin vere et male da noi intese, et peggio discorse, il che potrebbe essere facilmente, questo è pur verissimo, che 'l secretario di Napoli ci è et continuo tracta et pratica d'accordo; et quando qui si commincia ad ascoltare uno che prometta et dia, egli è difficile credere che non si pigli. Sì che, per tornare ad rem nostram, quando questo adcordo sia in fieri o la 'mpresa per differirsi lungo tempo, il che lasciereno ora giudicare alle prudentie vostre, e 50 mila fiorini non lo hanno ad muovere ad fare la 'mpresa di Pisa di suo: et non mutando le Signorie vostre opinione, questa Maestà non può rimaner contenta; anzi dubitiamo per il parlar di Roano et di Rubertetto che non pensi, per riavere lo onore dello exercito suo, ad qualche mezo difforme da l'utile et bisogno vostro. Circa el pagamento de' svizeri, che è quello che cuoce assai, et le genti non venute in guernigione, si rispose come per la alligata vedete; il che fu acceptato come ancora vedete, et noi existimiamo che a' svizeri bisognerà satisfare o pensare come vi vogliate difendere da lo sdegnio si conceperà verso di voi, el quale viene secondo noi in agumento et per sé medesimo et per essere fomentato et aiutato da li inimici vostri. Né pensino le Signorie vostre o che buone lettere, o buone persuasioni ci vaglino, perché le non sono intese: et el

ricordare la fede di cotesta città verso questa Corona, et quello che si fece al tempo dello altro re, e danari che si spesono, e periculi che si portorno, quante volte siamo suti pasciuti vane speranze, quello che ultimamente si è facto, quanta ruina ha porto alla città vostra questo ultimo accidente, quello che sua Maestà si potrebbe promettere di voi, quando fussi galiardi, che sicureza arrecassi la grandeza vostra allo stato che sua Maestà tenessi in Italia, quale fede sia quella delli altri italiani, tucto è superfluo: perché le sono altrimenti discorse queste cose da costoro et vedute con altro ochio che le non si considerono per chi non è suto qua. Perché sono acciecati da la potentia loro et da l'utile presente et stimano solamente o chi è armato, o chi è parato ad dare; et questo è ora per nuocere assai alle Signorie vostre, $548$perché par loro che in voi sieno mancate queste dua quali la prima, delle armi per lo ordinario, et la seconda, d'utile. Non sperano più per credere che voi vi tegniate serviti et desperati di loro per queste ultime cose di Pisa et reputanvi pro nichilo, baptezando la impossibilità vostra, disunione, et la disonestà dello exercito loro, captivo governo vostro; la quale opinione si adcrescie secondo noi, et non poco, per essere partiti li oratori vostri di qui et non s'intendere che nuovi venghino: il che giudicano procedere, secondo ci pare ritrarre, o da disunione o da volere alienarsi da loro. Ad che con ogni debita reverentia preghiamo vostre Signorie advertischino et pensino di rimediarvi oportunamente, perché il grado et le qualità nostre, sanza alcuna commissione che sia grata ad costoro, non sono per possere ripescare una cosa che submerga. Et se voi desiderate intrattenervi come voi volete fare, giudichiamo essere necessario li mandiate ad ogni modo; ma noi facciam bene intendere questo, che 'l proficto loro non fia molto, se non vengono con qualche partito nuovo, con ordine di pagare e svizeri et con modo ad farsi degli amici: perché non ci è nessuno che non si abbi facto qualche procuratore ad chi e' possi far capo, chi e' possa maneggiare ne bisogni suoi, et voi solo ne sete privi; et la amicitia del re et di Roano bisogna che sia sostenuta ad volere che la si mantenga: sendo et da la trista sorte di cotesta città et da tanti adversarii in tanti modi perturbata. Pure ad ogni modo stimiamo li oratori, comunche si venghino, essere necessarii et per giovare in qualche parte; et in questo mezo le excelse Signorie vostre saranno contente instruirci di quello abbiamo ad fare et come ad governarci in questo articulo che ci pare importante et periculoso et che abbi bisogno di presto rimedio. Valete.

%1500 set 3, LC$552$Magnifici et Excelsi Domini nostri etc.

Siamo ad dì dua di septembre et ancora non aviamo mandate le alligate per non ci parere da mandarle alla ventura, né avere ordine da spacciare uno apposta, in tanta necessità ci troviamo etiam del viver nostro ordinario: di che quando vostre Signorie non ci provedessino, saremo forzati abbandonarci, perché ciascun dì spendiamo uno scudo et 1/2, et in vestirci et metterci ad ordine aviamo speso più che cento scudi per uno et siamo sanza un soldo et aviamo digià experimentato el credito invano et nelle cose publiche et nelle private; sì che noi ci scusiamo per questa ad vostre excelse Signorie, che se provedimento non viene, noi sareno forzati di venirne ad cotesta volta et volere stare ad discretione della fortuna più tosto in Italia che in Francia$553$Da ogni parte, magnifici Signori nostri, poi che noi avemo scripto le alligate, ci è pervenuto ad li orecchi la mala contenteza della Maestà del re, tucta fondata in su quelli dua capi principali di rimanere ad le cagioni vostre disonorato in Italia, né potere, per la risposta facesti ad Corcù, recuperare lo onore suo co' danari vostri; et avere dipoi auto ad pagare di suo 38 mila franchi in svizeri, in artiglierie et in altre cose ad che vostre Signorie erano obbligate satisfare secondo e capituli et secondo la conventione facta ad Milano da el cardinale et Piero Soderini. Et è questa mala contenteza della decta Maestà in tanto cresciuta, che la ha dato animo ad tucti e nimici vostri di preporre partiti ad quella contro al bisogno et utile di vostre Signorie. Et tucti sono suti uditi volentieri et più dì si è disputato in consiglio se li pisani si dovevono acceptare con conditione di non possere essere soctoposti alle Signorie vostre: la quale pratica se la non si è ancora conclusa, sendo aiutata da tucti li italiani, è stato più tosto per essere state vostre Signorie favorite da la ragione che li ha facti in qualche parte rimanere sospesi che da alcuno amico che vi sia rimaso, perché in tucta questa Corte, sendo la Maestà del re sdegnata, non ci è rimaso alcuno o pochissimi amici, vostri, anzi ciascuno sanza rispecto vi offende con quelle forze che si truova. La quale trista dispositione ancora che la conoscessimo per noi medesimi per il parlare che ci era occorso fare con Roano, come nelle allegate si contiene, ci è suta facta meglio intendere di più luoghi tucti concordi; che se le Signorie vostre non rimediono, le si troveranno et presto in tale conditione con questo re che le aranno più ad pensare di guardare et difendere le cose tenete et la libertà propria che di pensare alla recuperatione delle cose perdute. La quale cosa ci è suta, fra li altri, facta intendere da Rubertetto, che ci è solo restato amico, ma presto si perderà, se non è mantenuto con altro che con parole; et così da qualche altro signore: et insino ad messer Giaiacomo Treulcio una mattina, sendo ad Corte, ci chiamò et dixe:

"E' m'increscie ch'io vego la città vostra in un periculo grandissimo et tale che se voi non sete presti ad rimediarvi, e' vi bisognerà pensare come vi abbiate ad difendere da l'ira di costoro: perché la natura loro è muoversi subito et offeso che li hanno un tracto non perdonare, anzi seguire nello offendere; sì che provedete al bisogno vostro et presto". Et tucto $554$ ci dixe con tali parole et con tale efficacia che per le cose avamo viste et udite possiamo fare iuditio sua Signoria averci parlato ex corde. Siamo del medesimo stati advertiti da qualcuno altro di fede, e quali hanno non c'altro dubitato di parlarci pubblicamente' per non essere notati amici vostri. Et tra le altre cose, ci fu referito come al re era stato decto che le Signorie vostre avevono mandati loro uomini allo 'mperadore et al re di Napoli ad profferire danari per provocarli contro ad questa Maestà; et che la Signoria del cardinale aveva più volte decto che voi eravate mancatori, et che questi danari che 'l re aveva pagati a zvizeri, voi li pageresti ad ogni modo et con vostro danno et disonore.Le quali cose parendoci di momento et apte, quando e' non ci si fussi in qualche parte rimediato, ad condurvi et presto in luogo con questa Maestà che non fussi poi remedio ad riconciliarsi, facemo forza di avere audienza da Roano et di qualità che noi potessino essere uditi quietamente, come meritava questo caso; la quale ancora che non si potessi impetrare ad modo nostro, pur presa occasione, ci conferimo da quella et prima ci dolemo della malignità de nimici vostri, e quali non si erano vergogniati contro ad ogni discorso ragionevole avere diffamato le Signorie vostre adpresso la Maestà del re, che le aveno mandato loro uomini allo 'mperadore et ad el re Federigo ad profferire loro danari contro ad quella: la quale cosa, come era poco credibile, così non credavamo fussi creduta né da la Maestà del re, né da sua Signoria, perché la lunga fede di vostre Signorie verso questa Corona et la experienza facta poco innanzi della fede vostra non meritava si credessi di vostre Signorie una simil cosa; ma sentendolo noi ne avamo voluto parlare con lui più per nostro debito che per credere bisognassi tale expurgatione. Appresso soggiugnemo che ci pareva, per il parlare avamo facto con sua Signoria più volte et per quello si era ritracto di più luoghi, la Maestà del re tenersi male contenta delle Signorie vostre et praticare cose che non fussino secondo la nostra amicitia et fede mantenuta ad questa Corona sanza farci intendere alcuna cosa: il che ci faceva maravigliare perché noi credavamo che quella Maestà delli errori che facessino le Signorie vostre ne le dovessi reprendere amorevolmente et largamente scoprire l'animo suo et udire gratamente quel che da voi fussi replicato; et $555$quando dal canto vostro si mancassi del debito, allora con ogni oportunità

cercare valersi contro ad quelle; et però pregavamo sua Signoria fussi contenta dirci qualche cosa et alluminarci di quello avessimo ad advertire le Signorie vostre.La sua reverendissima Signoria alla prima parte dello aver mandato allo imperadore etc., non rispose alcuna cosa, ma solo con lungo parlare si dolse di essersi molto affaticata per le Signorie vostre et voi avere facto in modo che non li restava più luogo ad aiutarvi: per non aver voi né voluto instaurare la 'mpresa, né racceptare le genti in guernigione, né pagare e svizeri, et la Maestà del re averne ricevuto danno et nello onore et nell'utile. Ad che volendo noi replicare, soggiunse: "Noi vi aviamo inteso et sappiamo quello che voi volete dire, et aviamo visto quello avete risposto ad Corcù". Et stringendo noi sua Signoria ci advertissi di quello fussi necessario scrivere ad vostre Signorie etc., dixe: "Parlate costì con Corcù, - che ad caso si trovava presente - et da quello intenderete el bisogno"; sì che adcostatici a lui, ci concluse che questi trentaocto mila franchi che la Maestà del re si era sborsata alle vostre cagioni, o e bisognava pagarli, o restarne suo inimico; et benché si dicessi assai come non era ragionevole et che invano se ne scriverebbe costì, sempre stette nella medesima sententia. Et veduto questa cosa quanto premeva per li riscontri autine prima, dicemo che ne scriverremo alle Signorie vostre, et lui dixe opererebbe con Roano che si aspecterebbe la risposta delle Signorie vostre, et così ci partimo.Sì che, magnifici Signori nostri, voi vedete in quale termine si truovino le cose di qua; et veramente in questa risposta noi giudichiamo consistere l'amicitia et inimicitia di questo re; né pensate ci vaglino o ragioni o argumenti, perché non sono intesi, come nella alligata si discorre. Et tanto ci è parso che questo importi ad mantenere questa amicitia, che se io Francesco non mi sentissi malissimo disposto et di qualità ch'io credo essere necessitato avere ad partirmi di Corte per curarmi, uno di noi ne sarebbe venuto costì in diligentia per farvi ad boca toccare con mano quello che scrivendo non si può significare. Pur non manchereno di dirvi che di buon luogo si è ritracto praticarsi che questa Maestà pigli Pisa per sé, et restituiscale el contado et facciavi uno stato aggiugnendovi $556$Pretasancta, Livorno, Piombino et Luca col tempo, et tenervi un suo governatore: il che giudicono facile ad fare et ad mantenere per trovare parte della materia disposta, et essere contiguo ad lo stato di Milano; veggonvi etiam l'utilità per esserli proferto da' pisani 100 mila franchi al presente, aiutati dalli inimici vostri, et ogni anno dipoi un censo ordinario. Giudiconlo etiam scala alla 'mpresa di Napoli, quando si avessi ad fare, la quale cosa crediamo che la sia messa innanzi per la moltitudine delli inimici vostri, et che la sia

facile ad concludere per lo sdegnio del re et utilità presente che ne trarrebbe; et dipoi essendo voi odiati da ciascuno, ad questa Maestà parrà guadagnare facciendo dispiacere ad voi.Come le Signorie vostre intendono noi sanza rispecto et largamente scriviamo come ci pare vedere et intendere le cose di qua. Et se alcuna cosa è decta temerariamente, è che noi vogliamo più tosto, scrivendo et errando, offendere noi, che non, scrivendo et errando, mancare alla ciptà. Il che ci pare poter fare per confidare nella prudentia delle Signorie vostre, le quali potranno examinare lo scrivere nostro et dipoi farne più vero iuditio et buona resolutione; ricordiamo bene con reverentia el mandare li 'mbasciadori et presto, tal che per la prima vostra s'intenda che venghino, et da potere fare fructo: perché noi non siamo per potere aiutare altrimenti questa materia che ci aviamo facto né ci resta più in giuoco, né vorremo trovarci alla dissolutione d'una amicitia che si è mendicata et nutrita con tanto spendio et con tanta speranza mantenuta. Et infino che di costì non venga cosa perché noi ci possiamo presentare ad costoro, non siamo per parlare loro altrimenti, perché non avendo che dire si terrebbono scherniti; solo ci fareno vedere ad ciò conoschino che noi siamo presenti et occorendo ci possino chiamare.Monsignore di Roano si parte domattina per ad Roano et stare 10 in xii dì; sarebbe bene che al ritorno suo noi potessino referirli la risposta vostra: di che vi preghiamo, et così poter dirgli che li oratori fussino partiti per qui, il che è necessario. Messer Iulio Scurcigliato, neapolitano, è stato ad lungo ragionamento col cardinale sopra e casi delle Signorie vostre, di che non vi scriverreno altro, perché ne scrive costì pienamente. $557$Aviamo dipoi inteso la tregua fra questo re et lo 'mperadore essere bandita ad Milano. Raccomandianci ad vostre Signorie. Volendo suggellare le lettere venne ad noi Ugolino et dixe che un altro suo amico che aveva ad concorrere ad questo spaccio, aveva facto altro pensiero. Sì che e' ci è bisognato prometterli scudi venticinque di sole, sì che preghiamo le Signorie vostre li paghiate subito ad Giovanni di Niccolò Martegli predecto, adciò che altra volta possiamo essere serviti et non aviamo ad pagarli di nostro. Die ut supra. Ha promesso metter le lettere in 7 dì.

%1500 set 3b, LCMagnifici et Excelsi Domini nostri etc. Siamo ad sera né aviamo ancora possuto concludere con costui che voleva concorrere ad questo spaccio, né sappiamo se si concluderà ad ora che possa partire domattina; né ci occorre altro se non che di nuovo si ricorda alle Signorie vostre li 'mbasciadori et la resolutione circa e 38 mila

franchi: perché, tornando noi da accompagniare el cardinale che oggi, dopo mangiare, si parti per ad Roano, scontramo Rubertetto et domandatolo delle cose nostre, dixe: "Elle sono alquanto sollevate poi che parlasti questa ultima volta; ma scrivete che ad questi danari che la Maestà del re ha pagati per voi, non bisogna pensare se non di pagarli; et in ogni deliberatione loro è necessario che li oratori venghino, o uno ad minus et el primo della terra et più reputato, et che si sappia presto che muova, adciò che si tolga via quella ombra et opinione trista che si prese per la sùbita partita de passati: scrivetelo caldamente, perché $558$l'importa el tucto". Rispondemo che li ambasciadori verrebbono et scusamo la partita di quelli, et che noi ne scriverremo et così de danari. Ma ad questa parte non sapevamo che dirci per le cose seguite infino ad ora; et volendo entrare in su e casi di Pietrasancta ci dixe: "Ogni cosa si potrebbe assectare, fate che venghino". Il che ci è parso fare intendere ad vostre Signorie acciò possino meglio risolversi.Siamo ad tre ore di nocte et col nome di Dio aviamo convenuto di spacciare questo fante ad mezo, sì che le vostre Signorie pagheranno ad Giovanni Martegli trentacinque scudi, cioè scudi xxxv, perché di tanti ciene ne ha servito Ugolino Martegli; et quello che nella alligata si contiene è adnullato, perché solo avete ad pagare xxxv scudi: e quali vostre Signorie fieno contente pagare, adciò che questo benifitio sutoci facto non si paghi d'ingratitudine et che noi non ne aviamo ad restare debitori ad Ugolino, perché ci siamo obbligati in particulare: sì che alle Signorie vostre ci racomandiano. Que bene valeant.Ex Melon, ora tertia noctis et die tertia septembris 1500.Partirà el presente corriere domattina di buona ora et ha promesso essere costì in vii dì.Melun, 8 settembre 1500 .

%1500 set 8, LCMagnifici et Excelsi Domini nostri observandissimi etc. Ad dì cinque del presente ricevemo dua lettere di vostre Signorie, l'una de' xiiii del passato et l'altra de' xxx, con una copia d'una di Beumonte ad vostre Signorie, et per quelle aviamo inteso quanto ci significate et quanto c'imponete operiamo intorno alle cose del marchese di Massa $559$et la restitutione di Pietrasancta etc. Noi crediamo, magnifici Signori nostri, che avanti lo arrivare di queste, voi arete ricevuto le lettere che de' XXVI et xxvii del passato et de' tre del presente vi aviamo scripte, avendovele mandate per uno spaccio apposta, per la via de' Martelli, soprascripta la coverta ad ser Antonio della Valle et con vantaggio di xxxv scudi; et però non ci affatichereno altrimenti in farne copia, ma solo vi

replichereno brevemente ad cautela la conclusione di epse. La quale era in effecto come questa Maestà era malissimo contenta di voi, per non aver voi possuto rientrare nella impresa di Pisa, et per questo non aver lui possuto recuperare lo onore dello exercito suo co' danari vostri, et appresso aversi auto ad sborsare quelli danari in pagare svizeri et artiglierie et guasconi, e quali sua Maestà dice essere tenuti ad pagare voi. Il che è la importanza del tucto, et in che consiste la somma d'ogni cosa che si abbi ad tractare qui, perché se non si solve questo è impossibile appicare altro ragionamento o se pure e' si appicassi concluderlo. Ad le quali dua cose vi significamo adgiugnersi una terza, né di minore importanza di quelle, et questa è il sospecto che è entrato in questa Maestà che voi non vogliate pigliare altra volta: di che li fa dubitare la cosa di Pisa et credere che voi ve ne tegniate male serviti; et appresso essersi partiti quasi che ex arrupto gli ambasciadori et non si sentire che ' nuovi venissino. Et questo da li inimici vostri li è facto loro intendere meglio et più considerare che per loro natura non farieno, et maxime da li italiani che si può di tucti dire che sanza freno studino nel mettervi in disgratia di questa Maestà et pensino alla ruina vostra; et la voce tracta fuori che voi avevi mandato allo 'mperadore uscì da un secretario di monsignore d'Arli, oratore del papa. Et così aveno tirato tanto la corda che se noi non andavamo ad fare quella opera col cardinale, di che noi vi demo notitia, era facil cosa che da questa Maestà ora si fussi concluso qualcosa in detrimento vostro, ad che fussi o pochi o nessun remedio. Pure le cose son rimase sospese non per altro che per accertarsi dello animo vostro: di che la prima coniectura ha ad essere secondo noi la resolutione di questo pagamento che 'l re dice avere facto per voi, et appresso la venuta delli ambasciadori, et che s'intenda che sieno mossi; et così quanto più presto partiranno, prima si comincierà ad poter ragionare delle cose di vostre Signorie $560$et prima ci assicurereno che costoro staranno quieti insino alla venuta loro. Per la quale cosa, avendo noi ricevuto queste vostre de' xiv et xxx del passato, ci transferimo ad Corte, non per credere di fare alcun fructo circa le cose di Pietrasancta et del marchese, ma per significare alla Maestà del re quello ci scrivevi di Libbrafacta, adciò quella lo sapessi prima da noi che da altri; perché intendemo l'ambasciadore luchese avere auto un cavallaro nel tempo medesimo che avamo auto noi. Et per farci più benivola sua Maestà et rendercela più quieta ad ascoltarci, ci parve da muovere ad quella el parlare nostro da la venuta delli ambasciadori vostri: et benché semplicemente per la vostra de' xiiii ci diate avviso della nuova electione di Luca delli Albiti et che per la de xxx non ne replichiate

alcuna cosa, nondimanco ci pare di tanta importanza questo articulo che noi pigliamo questa autorità, per non giudicarci altro rimedio ad voler temporeggiare le cose vostre, di significare ad questa Maestà come noi avamo lettere da vostre excelse Signorie, per le quali ci significavate la nuova electione facta delli oratori, et che voi ci parlavi in modo della loro expeditione che noi credavamo che ad ogni modo ad mezo questo mese s'inviassino ad questa volta. Dipoi li facemo intendere la perdita di Libbrafacta et per torvi meno di reputatione dicemo che nonobstante le Signorie vostre fussino spoliate di gente d'arme per essersi reposate sotto la guardia delle genti di sua Maestà, et che dopo la partita di quelle non si fussino ancora possuti riordinare, tamen li pisani non arebbono possuto occuparla se non fussi la poca fede di chi la guardava et lo aiuto et favore ebbono da' luchesi: e quali avevono in questo come in ogni altra cosa monstro sempre la mala dispositione et tristo animo loro verso di noi; non si curando ancora di offendere sua Maestà, come si era visto quando el suo exercito poco avanti era suto alle mura di Pisa. Et per questo sua Maestà potrebbe ad un tracto monstrare l'errore loro et sollevare in qualche parte la vostra città dalle angustie in le quali si truova con la restitutione di Pietrasancta. Et qui li mostramo el bene che ne seguirebbe con quelle parole ci concedeva el tempo et la qualità della audientia, raccomandando la città et monstrando quanta era la fede vostra et la malignità di quelli che non si erano vergogniati temerariamente adcusare le Signorie vostre di avere mandato allo $561$'mperadore; et perché la non era cosa ragionevole, non pensavamo scusarla altrimenti. Sua Maestà rispose gratamente che se li 'mbasciadori erano presti li era molto adciepto, perché conosceria vostre Signorie volere essere quelle che le sono sute per lo addreto, et che le dicono volere essere per lo advenire, ma pìù ancora lo conoscierebbe quando le non vorranno che lui riceva danno di quello che per scripto et conventìone facta debbono pagare. Et entrò in su questi benedecti danari pagati a' svizeri et ad altri per voi dopo la levata del campo da Pisa, con parole et termini gravi da considerarli in boca d'uno potentissimo, dicendo: "Quando quelli vostri Signori si discostassino da questo, io penserei che non fussino mia amici et di valermene ad ogni modo". Et volendo noi replicare et narrare la disonestà de' svizeri et el male servito loro, rispose esserne malissimo contento, ma che lui proprio era suto taglieggiato da loro et convenivagli avere patientia, come conviene ora avere alle Signorie vostre: ritornando sempre in su' danari si ha sborsati, et che non ci aveva auto rimedio, per non guastare et perturbare le cose che corrono et travaglionsi nella Magna, che li sono ad quore et desidera

assectare; sì che le vostre Signorie è necessario ne lo satisfaccino.Noi replicamo che questi oratori verrebbono, et che noi credavamo che delle cose ragionevoli et possibili le Signorie vostre sarebbono sempre per seguire la consuetudine loro; et che sua Maestà fussi contenta aspectare la venuta di quelli ad giudicare lo animo loro. Ad che rispose che era bene contento et che allora si potrebbe etiam ragionare di Pietrasancta et delle altre cose che si avessino ad tractare, et così ci partimo. Né ci parve da ragionare del marchese di Massa per le cagioni decte: che avanti s'intenda questa partita di decti oratori, qui non si è per porgere orechi ad cosa alcuna o vostra o di vostri aderenti, che di ciò è causa lo stare dubbiosi dello animo vostro; dipoi non ci sendo el cardinale di Roano, non si era, quando bene ogni altra cosa fussi disposta, per fare conclusione alcuna sanza lui; sì che ci parve da riserbarci ad più commodo tempo ad ragionarne et con più utilità et manco perdita delle Signorie vostre.Parlamo a lungo, dipoi, con monsignore di Albi nella medesima sententia che alla Maestà del re. Monstrò sua $562$Signoria avere assai affectione alla città et che era per fare ogni cosa ad proficto di quella, ma che bisognava, se vostre Signorie volevano che lui et li altri amici avessino luogo ad poterlo fare, che quelle si disponessino ad pagare questi danari pagati dal re et ad fare che si sentissi che questi oratori venissino; et qui si allargò monstrando quanta ombra aveva dato al re la partita loro et in un tempo che quando non ci fussino suti ci si dovevono mandare; et che el re aveva più volte decto: "E fiorentini si alienono da me", et dolutosene. Noi rispondemo alla parte de' danari come avamo risposto alla Maestà del re, et quanto alli 'mbasciadori, excusamo la partita loro, ma che sua Signoria vedrebbe che verrebbono et presto et uomini di qualità, che questa Maestà vedrà che le Signorie vostre vogliono essere suoi buoni figlioli come sempre son suti; monstronne piacere grande. Et così ci dipartimo da quella non possendo circa le cose di Pietrasancta trarne altra risposta che ci avessino auta dal re: se non che da uno che si truova ad tucti e secreti, ci è suto adcennato che con l'accordare questi danari che el re si è sborsati, si potrebbe tirare questa posta di Pietrasancta; et monstra la cosa quasi facta quando non si differisca la venuta delli ambasciadori.Noi in questa causa non aviamo possuto operare altro, né potreno per le cagioni già decte per altre nostre et per questa replicate, et excusiamocene ad Dio et alle Signorie vostre; perché la 'mpressione che costoro si hanno facta di disunione, di alienatione et di deboleza conviene nuovi rimedi ad torla via et di autorità alias etc. Operereno bene come insino ad qui si è facto che co' luchesi o

altri non si concluda cosa alcuna avanti sieno venuti li ambasciadori, ma bisognerebbe fra x o xv dì s'intendessi che fussin partiti et potessinne monstrare le lettere ad el re: perché se Roano torna, che fra detto tempo ci doverrà essere, et non s'intenda la partita loro, sarebbe facil cosa non ci potessino fare più fructo. Sì che vostre Signorie come prudentissime penseranno ad questo et provederanno ad quello che sia el bisogno della ciptà; et la prosuntione nostra excuseranno con la affectione che ci fa parlare così. Intendesi, oltra di questo, monsignore di Lignì essere fra pochi giorni per venire qui et alcun dice che li ha seco Piero de' Medici: tal che adcresciuto questo inimico ad li altri che sono assai et potenti, et non provedendo le Signorie $563$ vostre cosa perché questa Maestà non avessi ad porgere loro li orechi, si raddoppierebbe el periculo.Quello che monsignore di Beumonte si abbi ad fare intendere per Saliente, suo mandato alle Signorie vostre di qua, non se n'è 'nteso alcuna cosa et però non abbiamo che dirvi; se alcuna cosa ne verrà a luce ne dareno notitia ad vostre Signorie.Qui si parla più delle cose d'Italia che di nessuno altro luogo et però non aviamo che scrivervi di nuovo, perché quelle non sono necessarie per non vi fare rileggiere quello che voi vi sapete; et d'altronde non ci è innovato cosa alcuna se non che si dice li 'mbasciadori dello imperadore venire, ma essere uomini di poche qualità, né essere quelli che erano prima disegnati et per li quali el re si era partito da Lione per ad Troes.Ulterius li 'mbasciadori del re di Napoli vengono: ancora che più volte si sia ordinato che tornino indreto et che li stieno tuctavia fra el sì et el no, pur al presente el sì è al di sopra; vedreno domattina che nascierà. Bene valete.

%1500 set 14, LCMagnifici et Excelsi Domini etc. L'ultima nostra fu de dì viii del presente, responsiva ad due di vostre excelse Signorie de' xiiii et xxx del passato, della quale vi mandiamo Oppio, ancora che noi existimiamo quella essere arrivata salva; dipoi non è seguito altro, né noi vi possiamo scrivere altro fuor di quello che si è significato ad vostre Signorie. Che è, in effecto, volendosi mantenere la amicitia di questa Maestà, risolversi al pagare questi danari che quella dice avere pagati per le Signorie vostre a' zvizeri $564$et altri che erano all'intorno di Pisa; et questo ci risuona da tante parti nelli orechi, che quanto alla opinione nostra non ci giudichiamo remedio veruno: perché in simil cosa questa Maestà è per risentirsi quando e' fussino 100 franchi, non che 38 mila come dicono essere; et mentre che questa Maestà arà un capo da dolersi di

voi, non bisognia ragionare di pensare d'impetrare nessuna cosa da quella, ancora che leggieri, in proficto vostro. Appresso, questa venuta degli ambasciadori è necessariissima per tor via questa opinione si hanno facta, o vero che è suta loro messa di voi, di alienatione et di disunione, in su e quali dua capi e' fondano et el partire di quelli et el non venire degli altri. Et ogni dì escie fuori nuove che voi avete mandato ora al Turco, ora allo 'mperadore; il che noi attendiamo ad purgare in ogni luogo, il che non potreno più fare se la partita di questi oratori si dilata punto; di che noi voliamo avere pagato el debito in ricordarlo et tante volte, per non poter mai in ogni evento essere adcusati di non avere facto in questa parte el debito nostro et monstro ingenuamente la opera nostra qui non potere fare alcun fructo et assegnatone ragioni evidentissime. Et pure avendo noi di nuovo parlato con monsignore di Albi per scusare le Signorie vostre di quello si diceva che le aveno mandato allo mperadore etc., non ci ragionò d'altro che di questi danari pagati per il re et se li 'mbasciadori erano partiti.Appresso non vogliano mancare di ricordare con ogni debita reverentia alle Signorie vostre di farsi qua qualche amico, el quale, mosso da altro che da affectione naturale, veghi le cose di vostre Signorie, possisi maneggiare et chi è qua per voi se ne possa valere ad vostra utilità. Il che quanto et perché e' sia necessario, non ve lo discorrereno altrimenti, avendo costì tanti savi cittadini suti qua ambasciadori che ve ne sapranno rendere migliore ragione di noi, ma direnvi sol questo, che con queste armi si difendono e pisani, vi offendono e luchesi, si aiutano e vinitiani, el re Federigo et qualunque ha ad tractare qua cosa alcuna; et chi non fa così crede vincere el piato sanza pagare el procuratore.Tornò Corcù (et per quale cagione si fussi, noi lo lasciereno giudicare alle Signorie vostre); fece tale relatione delle cose di costà che se messer Iulio Scrutiati non sopradveniva, al quale come ad persona di mezo si prestò$565$alquanto fede, forse sarebbono le cose di vostre Signorie adconce più ad proficto d'altri che vostro. Et perché da decto messer Iulio voi sarete raggualiate a lungo d'ogni sua actione, non ci affatichereno altrimenti in mostrarle; solo ad sua preghiera vi racomandereno una sua causa, la quale dice agitarsi costì fra lui et li eredi di Piero Antonio Bandini et di questo ve ne scrive ancora questa Maestà.Come per altra si disse, gli oratori della Magna vengono, ma personaggi di minore qualità che quelli che dua mesi fa si ragionava; et questa Maestà si parte domattina di qui per andare ad Bles; seguirenla appresso, aspectando la nuova che li ambasciadori delle Signorie vostre sieno partiti. Et quello che per noi isto interim si potrà fare di bene, tucto fareno, non mancando di alcuna diligentia.

Raccomandianci ad vostre Signorie. Que bene valeant.

%1500 set 26, LC$571$Magnifici et Excelsi Domini etc. Da Melon ad dì 13 di questo scrivemo ad comune Francesco della Casa et io l'ultima nostra, con la quale mandamo copia d'un'altra nostra de' dì viii, la quale era responsiva ad dua di vostre Signorie de' xvi et xxx del passato, et mandamole per le poste regie ad Lione ad Giovan Francesco Martegli, socto coverta diritta ad Giovanni Martegli; le quali crediamo essere comparse, et così la originale, mandata per la medesima via. Et per quella et per altre nostre spacciate per uomo ad posta insino ad dì tre di questo, pensiamo che vostre Signorie abbino inteso largamente in quali termini si truovino le cose loro di qua et quello che noi possiamo operarci; et quanto sia necessario avere expediti li ambasciadori, et così che resolutione bisogni fare circa e 38 mila franchi, volendo o temporeggiare o sperare di obtenere alcuna cosa da questa Maestà; et così quanto questo capo li prema et in che modo e' ne parli. Noi ad ogni ora aspectiamo lettere per le quali s'intenda questa partita degli vostri oratori, della quale ogni dì siamo domandati. Et noi aremo desiderato, come alle Signorie vostre si fece intendere, alla ritornata di Roano averla possuta monstrare, per fuggire quelli periculi che ciascun dì si corrono, che non si facci appuntamento sanza avere rispecto alle Signorie vostre, et per turare la boca a' vostri inimici, che con questo argumento monstrono ad questa Maestà le Signorie vostre essere per volgerli le punte, ogni volta che la occasione venissi; adgiugnendovi quelle avere mandato allo imperadore et intendersi con il re di Napoli, il che ad questa Maestà è facil cosa persuadere per le ragioni altre volte allegate.Parti questa Maestà da Melon ad dì xiiii per alla volta di questa terra, come per l'ultima nostra scrivemo alle Signorie vostre, et Francesco della Casa in quel tempo ne $572$andò alla volta di Parigi, gravato da un poco di febbre, per curarsi avanti che la malattia invechiassi; et secondo mi scrive fia qui di corto. Giunse la Maestà del re in questo luogo sei dì sono, et questo dì è arrivato monsignore di Roano, el quale per insino a' 3 di questo ne era ito ad casa sua; et avendo io inteso ieri mattina come sua Signoria reverendissima veniva, mi parve a proposito cavalcare subito et trovarlo dove alloggiava, sì per fare quella cerimonia dello incontrarlo, sì etiam per posserli parlare più ad mia commodità. Et così pervenni iarsera ad un villaggio discosto di qui octo leghe, et perché l'ora era tarda, differi' el parlarli alla mattina, et adcostatomi ad sua Signoria per il cammino, con quelle più adcomodate et affectuose parole mi

occorsono, le monstrai in quali termini si truovavono le Signorie vostre, per avere auto per il passato tante spese et tucte ad cagione di questa Corona, et ultimamente per subvenire alla Maestà del re nella impresa di Milano et dipoi per la 'mpresa di Pisa; et dove elle aspectavono di essere in qualche compassione appresso questa Corona et cominciare ad rientegrarsi et di forze et di reputatione, elle sono sbattute et caricate ogni dì con varie calunnie: tolto loro la reputatione, facto disegni contro di loro, tale che ciascuno italiano puote avere ordire di manometterle; narrali la perdita di Libbrafacta et come Vitellozo, Baglioni et Orsini erano in su l'armi et ogni uomo credeva che si avessino ad voltare a' danni loro; et però ch'io pregava sua Signoria reverendissima non volessi lasciare el patrocinio di vostre Signorie, anzi instare et persuadere el re di tractarvi come figlioli et fare che ogni uomo lo 'ntendessi per rendervi la reputatione, il che era facile con la restitutione di Pietrasancta etc.Rispose sua Signoria alterata et fecesi da lungo, monstrando che da la parte del re non si era mancato quanto si conteneva ne' capituli, et che vi aveva prestato le genti d'arme, et che aveva voluto rifare la 'mpresa, et dipoi mantenere le genti in quello di Pisa, et che nessuna cosa era suta acceptata da le Signorie vostre, sì che per la perdita di Libbrafacta quelle si avevono ad dolere di loro et non del re, ma che el re si poteva bene dolere de' danari aveva auti ad pagare per voi contro alli capituli; et qui si distese con assai parole, dicendo che se le Signorie vostre non erano prudente che le vi vorrebbono $573$riparare ad tempo che le non potrieno; dimandò se gli oratori erano partiti et la cagione perché dilatavono tanto etc.Ad tucto si replicò come largamente si puoté fare et ogni cosa fu disputata, da quella parte de' danari in fuori, alla quale e' non possono intendere obiectione alcuna, tanto che io fui constrecto, se io non volevo lasciare la cosa in pendente et con periculo, di dire ad sua Signoria come io avevo parlato alla Maestà del re et che essendosi quello doluto di avere auto ad fare questo pagamento, io avevo pregata sua Maestà fussi contenta di aspectare la venuta delli oratori vostri avanti che si resolvessi in alcuna cosa, per possere intendere le iustificationi et animo di vostre Signorie; et avendomi quella promesso di essere contenta, io pregavo sua Signoria lo mantenessi in tale dispositione, perché io mi persuadevo detti oratori essere ad ogni modo partiti. Sì che, magnifici Signori, come vedete, le cose vostre restono sospese in su la venuta de' vostri oratori, né ci si è veduto altro rimedio ad temporeggiarle che questo; et questo si consumerà presto, se ad questa ora e' non sono mossi. Et da noi non è mancato el ricordarlo, avendovene scripto tante volte et sì

caldamente, et monstro alle Signorie vostre come per noi non si puote fare altro; et che se non si cancella questa partita de' 38 mila franchi, ogni altro pensiero fia vano, avendo ad disegnare in su questa Maestà perché voi ne potrete fare conto come d'inimica. Potrebbe bene essere facil cosa che se ne avessi tempo o che ne seguissi la restitutione di Pietrasancta: sì che le Signorie vostre non aranno mancato in questo o di mandare li oratori o di advertirci come ci aviamo ad governare in questo frangente; et come si abbino ad temporeggiare queste cose, sanza avere amico veruno in Corte, et cascati da la gratia del re, et in mezo di tanti inimicissimi vostri, e quali mettono ciascuno dì nuovi partiti avanti questa Maestà, monstrogli la deboleza vostra, et quanto li sarebbe utile farsi uno stato allo intorno di Pisa, come per altra vi advisamo, et mettervi un suo fidato, el quale non si possendo preservare con altri favori che con quelli di sua Maestà sarebbe necessitato esserli fidelissimo; et le Signorie vostre, circundate da li stati suoi, sanza aspectare altra forza verrebbonò con la coreggia al collo et manderegli il foglio bianco. Sono queste cose ascoltate, et in periculo che le $574$non si concludino, come da qualcuno ci è facto intendere. Et hammene facto dubitare più che, essendo ad Corte Rubertetto, mi si fece incontro et dissemi: "Io ti ho da parlare, farai di venire oggi ad casa". Anda'vi; lui stette alquanto sopra di sé et non parlandomi alcuna cosa et ricercandolo io della cagione perché mi aveva facto venire, mi dixe: "Li oratori vostri vengono?" et rispondendogli io che credevo fussino partiti, dixe: "Se e' venissino, e' potrebbono essere cagione di bene et di obviare ad qualche cosa che non è al proposito de' Signori vostri". Né mai per arte ch'io usassi, li pote' trarre altro di boca; tal che io dubito per questo assai che qualche pratica non sia sì stretta et sì ad quore alla Maestà del re, che lui abbi auto rispecto ad conferirla; il che mi è parso scrivere ad unguem ad vostre Signorie, ad ciò quelle ne possin fare meglio iuditio di me et sollecitare in omnem eventum che questi oratori venghino.Qui, come per altra vi dicemo, si ragiona il forte delle cose di Italia et maxime di questo exercito che 'l papa ha messo insieme, né si dice per persona che volta e' si abbi ad pigliare: o di Romagnia alla impresa di Faenza, Rimini et Pesero, o di verso e Colonnesi, il che si crede piu tosto, per piacere più questa impresa ad questo re che quella, et esserli più ad proposito rispecto ad el re di Napoli, perché, faccendo guerra a' e confederati sua, lui sarebbe forzato ad difenderli. Et, venendosi ad indebolire, o e' verrebbe decto re di Napoli ad accordo con più utilità di questa Maestà, o facciendosi la 'mpresa, sarebbe più facile ad essere vinto; le quali cose penso che ad questa ora costà debbono essere chiare.

Delli ambasciadori dello imperadore, quando si venghino, si parla variamente; pur non s'intende che sieno ancora entrati in questo reame, et vedesi che qui si vive con qualche gelosia delle cose della Magnia et per questo si pensa manco alle cose di Italia, il che fa che meglio si possa temporeggiare circa e casi delle Signorie vostre.La partita di monsignore di Lignì da Lione per ad Genova, ha tenuto li animi di ciascuno alquanto sospesi, et interpetravasi variamente: chi voleva che vi fussi ito, mandato dal re ad qualche suo proposito et forse per conto di Pisa; chi dice esservi ito motu proprio, per essere innamorato d'una figliola di quello signore che è là governatore; et di questa si parla più, et io non arei ardire di $575$affermare o l'una cosa o l'altra; lascieronne fare iuditio ad vostre Signorie. Que bene valeant.

%1500 ott 2, LCMagnifici Domini observandissimi, humili commendatione premissa. De' xxvi del passato fu l'ultima mia alle excelse Signorie vostre et significai ad quelle la venuta del re Cristianissimo in questo luogo et come ero rimaso solo, per esserne ito Francesco della Casa ammalato ad Paris, et come el cardinale di Roano era tornato et quello che con sua Signoria avevo operato, et in effecto quanto era necessario venissino li oratori ad volere o fuggire in tucto o, ad minus, differire qualche conclusione che si pratica circa le cose di Pisa et altre vostre cose in vostro preiuditio. Existimo le lectere essere venute salve, perché le mandai ad Rinieri Dei ad Lione per uno che era suto spacciato ad posta da l'uomo di messer Giovanni Bentivogli; ho dipoi ricevuto da vostre excelse Signorie l'ultima de' xx del passato per le mani d'uno uomo del Prefecto, mandato da quello in poste per la causa che le Signorie vostre per la loro lectera mi advisono. Fui subito, allo arrivare di epse, prima con la Maestà del re et dipoi col cardinale; et ad quelli significai quanto le Signorie vostre ne commettono, monstrando che al soldare gente d'arme vi costrigneva la necessità del difendersi et ad richiedere el Prefecto la observantia de' capituli fra voi et sua Maestà; et perché di già l'uomo del Prefecto aveva parlato ad ciascuno di loro, la Maestà del re mi rimisse ad Roano, né mancò di domandare se li ambasciadori venivono, né di dolersi de' danari pagati. Ad la quale io replicai secondo le parole proprie della lectera di vostre Signorie, che era, $576$come voi mi advisavi, non mi scrivere prima che per li oratori, adgiugnendovi ch'io ero di fermo credere che per tucto octobre si saranno presentati ad sua Maestà. Monsignore di Roano mi parlò più ad lungo et prese nel rispondermi monsignore d'Albi per il braccio, che era

presente, adciò che sua Signoria udissi, et dixe: "E fiorentini comminciono ad non si lasciare intendere. Noi aviamo voluto tenere ad la difesa loro 500 uomini d'arme et 500 di piè, e' non li hanno voluti; avìanne proferto loro 100 et 200, et quelli tanti che fussino suti necessarii, et loro gli hanno recusati, et ora vanno mendicando gli aiuti d'altri". Et poi, rivoltosi ad me, dixe: "Cancelliere, io non so che mi ti dire"; et volendo io replicare ad la parte del non aver noi voluto ricevere li uomini d'arme loro etc., sobgiunse che noi faciavamo molto buone le ragioni nostre et che la Maestà del re si aveva auto ad sborsare quelli danari che le Signorie vostre dovevono pagare; po' dimandò se gli oratori venivano. Risposi degli oratori quello medesimo che alla Maestà del re, cioè che per tutto el mese presente doverrieno venire o prima, et che sarebbono per mostrare la fede della città essere cresciuta et così per dovere cresciere di continuo verso questa Maestà, et per iustificare tucte le calunnie che ciascun dì son date da chi vuole poco bene ad loro et manco allo onore del re. Et ricercando in ultimo sua Signoria quello che circa el Prefecto io dovevo scrivere alle Signorie vostre, rispose come ci era venuto un suo uomo al quale risponderebbono; né altro ne posse' ritrarre. Di che non mi occorre altro scrivere alle Signorie vostre, perché ritornandosi in poste decto uomo che fia apportatore di questa verso el cardinale di San Pietro in Vincula, potranno le Signorie vostre da Piero Soderini essere raguagliate di tucto.Non voglio mancare di scrivere alle excelse Signorie vostre come Rubertetto mi chiamò da parte dipoi ch'io ebbi parlato al cardinale et dixemi quanto egli aveva sempre auto ad quore le cose vostre et le opere sue quali l'erano sute et quanto volentieri sempre si era affaticato ne' favori vostri et come li doleva che al presente voi vi fussi abbandonati; et che in tanto urgente caso et importante quanto era questo, non avendo voi mandati li ambasciadori, ogniuno ne adombrava et giudicavala o disunione, o mala contenteza delle cose di qua, o vero non ne essere bene advisate, perché la ragione richiede che si fussino inviati $577$in poste per obviare ad qualche conclusione non buona, la quale è ogni dì sollecitata. Risposi ad tucto quello che mi occorse et ch'io giudicai convenirsi, affermandogli come e' non passerebbe questo mese che li oratori ci sarebbono et che tucto si provedrebbe, purché e' non si voglia fare torto alle Signorie vostre, ad ogni modo, il che non si credeva etc.Come per altra scripsi alle Signorie vostre, qui si ragiona assai delle cose di Italia, più che d'altro, et maxime di questa impresa del papa, la quale, come per altra vi scripsi, si credeva dovessi ire a' danni de' Colonnesi; or par che s'intenda el contrario et che la vada

alla volta di Romagnia, di che non mi occorre altro per poterne le Signorie vostre intendere meglio el vero; solo dirò questo alle Signorie vostre, come tucto è concesso al pontefice più per non volere questa Maestà contradire apertamente ad uno suo sfrenato desiderio, che per volontà abbi che conséguiti victoria; et ad messer Giovanni Bentivogli è suto scripto de consensu regis che quanto al soccorrere Faenza, e' facci lo ufitio del parente etc.Circa l'ambasciata della Magnia non ho che scrivervi altro, per non si sapere ancora el cierto quando debbe venire, et questa Maestà è tucta sospesa in su questo; altro non ci è se non che lo 'mbasciadore venetiano attende ad sollecitare li aiuti contro al Turco, maxime poi che la perdita di Modone et Corone fu chiara; et di questo si è facto lunghi consigli, tamen non s'intende altra conclusione. Ragionavasi d'una decima sopra e preti, la quale altra volta è suta consumata da' riscotitori; benché questa Maestà disegni di farla più viva, tamen el vinitiano non sta molto allegro. Debbono avere le Signorie vostre inteso come el Turco mandava oratori ad questa Maestà, per rispondere ad quello che da uno araldo di questo re li era suto significato, el quale el Gran Mastro messe ad ordine in Rodi da oratore per darli più credito; e quali oratori del Turco, come furno ad Vinegia, furno licentiati da questa Maestà per ordine de vinitiani, che monstrorno non essere bene venissino sanza pieno mandato di potere fare pace. Onde sendo facto intendere loro che, non avendo mandato, non venissino avanti, se ne tornorno indreto; di che questa Maestà si è pentita assai per esserli dipoi suto detto e vinitiani averlo consigliato così, perché non intendessi le pratiche hanno tenute $578$col Turco contro di lui. Di che etiam el Gran Mastro si è alterato forte, per avere el Turco per sua intercessione solum expedita tale ambasciata; et intendessi come e' manda qui un de' suoi cavalieri per caricare e vinitiani et parlare di loro come di nimici, le quali cose faranno che li aiuti che ' vinitiani aspectono da questa Maestà si differiranno, et questo anno non doverrieno essere a tempo. Io ho brevemente narrato questa cosa per non infastidire le Signorie vostre, tenendo per fermo che d'altro luogo et con più verità ne siate della maggior parte sute ragualiate. Alle quali infinite volte mi racomando. Quae bene valeant.Dello essere creato el magistrato de' Dieci io non posso se non rallegrarmi et ringratiarne Iddio et così sperarne bene, perché da uno migliore governo debbono succedere più lieti eventi; servirommi di questo adviso come meglio giudicherò in reputatione della città. Iterum valete.

%1500 ott 8, LC

$580$Magnifici et Excelsi Domini mei singularissimi etc. Del secondo del presente furno l'utime mie, le quali si mandorno per l'uomo del Prefecto, et benché al presente non mi occorra altro che quello di continuo et per molte mie vi ho scripto, et che io mi persuada li oratori essere mossi, tamen mi pare tanto necessaria la loro venuta che io non mi curo per ogni fante che si spaccia infastidire vostre excelse Signorie di questa medesima materia. Il che mi fa fare con più efficacia vedere che da' nimici vostri ciascun dì si truova qualche inventione ad proposito loro; et pure dua dì fa andò un grido per la Corte, che le Signorie vostre aveno sotto gravi pene revocati e vostri mercatanti sono in questo reame, et era suto affermato da qualche franzese che veniva da Lione. Et benché le sieno cose che abbino le iustificationi per la parte vostra seco, tamen le sono udite et insieme con le altre che ciascun dì s'innuovano, fanno trista impressione. Et insino ad qui si sono tenute addreto col monstrare la venuta di questi oratori essere presta, et che per quelli la Maestà sua intenderebbe il buono animo vostro in tucte le cose ad le Signorie vostre possibili et ragionevoli; il che ha in parte satisfacto; ma quando e' non s'intenda presto il vero della partita loro, non so quello sia per seguire; ma dubito bene di qualcosa non a proposito vostro. Et contra, quando e' venghino, spererei qualche bene, secondo che si può sperare di qua: perché questa Maestà è ingelosita forte da non molti dì in qua delle cose della Magnia et quella ambascieria che con tanta solennità era aspectata, o ella non$581$verrà, o ella si convertirà in uno araldo o in simile persona; dipoi ci si vede di questa dubitatione segni manifesti, che sono lo avere di nuovo mandato 300 lancie in Lombardia, ristringersi più col papa et tenerne più conto che l'usato, et dove come per altra si dixe e' si era consentito ad messer Giovanni Bentivogli che ne' casi di Faenza facessi lo offitio del parente, ora se li è scripto el contrario, comandandogli expressamente non li porga aiuto alcuno; favoriscelo etiam assai co' venitiani in quello che decto pontefice desidera obtenere da loro, cioè che dieno titulo di loro capitano al suo Valentinese et che lo faccin gentile uomo et donigli casa in Vinegia et tucto si crede obterrà. Tiene ancora questa Maestà el medesimo stile co' vinitiani, promettendo loro più galiardamente aiuti contro al Turco che per infino ad qui non ha facto; pertanto io credo che le medesime cagioni faranno etiam le Signorie vostre essere medesimamente in miglior grado, venendo questi oratori et presto, et non mancando e soprascripti sospecti della Magna, come si crede non sieno per mancare, et volendo voi seguire questa fortuna come pare sia ragionevole; ma quando e' non s'intenda presto che venghino, questa Maestà fia per credere più

ad altri che alle iustificationi nostre, dependendo tucto lo averlo ad credere o no in su la venuta loro, et penserà, dubitando di non vi avere nimici, di operare che voi non li possiate nuocere: sì che io prego le Signorie vostre et con ogni reverentia non manchino alla città loro in questa parte, et non sieno contente che venghino per l'ordinario, ma in poste in fino ad Lione almanco, perché la importanza del tucto merita così etc.Questa Maestà si parte come si è ragionato tre o 4 giorni fa di questo luogo et vanne ad Nantes et quivi non dimorerà molto che la vuole pigliare la via di Lione: benché di questo et di molte altre cose, per il variare che costoro fanno ad ogni ora, non se ne può dare fermo iuditio; sì che le Signorie vostre mi perdoneranno se trovassino qualche varietà nelle mie lettere.Circa al subvenirmi per li bisogni mia non vi scriverrò molto ad lungo, perché io so che le Signorie vostre sanno come al partire mio io ebbi 80 ducati, spesine 30 in su le poste, ebbimi ad mettere ad ordine ad Lione di tucto, et come io sono con tre cavagli in su l'osteria sempre et che$582$non si va sanza danari: et ad vostre excelse Signorie umilmente mi racomando. Quae bene valeant.

%1500 ott 11, LCMagnifici et Excelsi Domini etc. De' dì vii del presente fu l'ultima mia, per la quale scripsi alle Signorie vostre quel tanto mi occorreva; et prima ne avevo scripte dua altre, l'una de' xxvi del passato et l'altra del secondo di questo, le quali credo essere comparse ad salvamento. Ho dipoi ricevuta la vostra de' xxvi del passato con gli inclusi advisi delle cose di costà: et visto et bene examinato tucto et maxime circa la venuta degli oratori, calunnie date ad vostre Signorie, et ordini de' genovesi per occupare Pietrasancta, mi transferi' da la Signoria reverendissima del cardinale, per essere ita la Maestà del re ad un villaggio discosto octo leghe di qui, dove era per stare la sera; et benché circa el iustificare le calunnie non fussi molto necessario affaticarsi, per avere sempre atteso ad farlo, talmente che la Maestà del re et el cardinale mi avevono promesso adspectare la venuta degli oratori vostri ad credere o deliberare etc., et che io avessi più tosto voluto poter mostrare la partita certa degli ambasciadori, tamen di nuovo preso animo in su le lectere di vostre excelse Signorie, non mancai di significare ad sua Signoria reverendissima la mente, animo et desiderio vostro, et le calunnie già sparse che fondamento le avevono et da che umori mosse et quanto era più da considerare a' calunniatori che ad chi era calunniato; et che tucto si verificherebbe con le opere future, quando le

passate non bastassino, come più ad pieno ad lo adrivare degli oratori vostri la Maestà del re et sua Signoria intenderebbe, e$583$quali erano tucta volta per montare ad cavallo et che per tucto questo mese ci doverrebbono essere: pregandolo ad tenere disposta la Maestà del re ad aspectare la venuta loro innanzi che la creda ad chi maledice o che si risolva etc. come da quella et da sua Signoria mi era suto promesso. Entrai dipoi nelle cose di Pietrasancta, narrai la voce tracta fuora da' genovesi della concessione etc., dixi quello che el commissario aveva tentato fare et la iniuria che ' vostri vaxalli aven ricevuta. Tucto fu udito patientemente et appresso risposto per sua Signoria non replicando altrimenti ad quello che si era decto, ma subito entrò nell'ordine del parlare che più volte mi ha decto et io ad vostre Signorie significato, che è la Maestà del re stare malcontenta per avere voi non voluto fare la 'mpresa, non acceptare le genti d'armi, non voluto pagare questi danari de' svizeri et artiglierie etc., il che fa che non si può pensare ad nessuna cosa vostra né parlare in benifitio vostro.Replicai che quanto alla impresa et allo acceptare le genti io non ero per iustificarlo meglio mi avessi facto per il passato, che era l'un con la impossibilità, l'altro con la mala natura di quello exercito; et erano tanto vere tali iustificationi che la Maestà del re né sua Signoria non potevono né dovevono credere altrimenti; alla terza parte de' danari ancora si era decto et pregata la Maestà del re ad volere aspectare li oratori, e quali erano presti et con commissione per satisfare, et se ne volevono vedere le lettere di vostre Signorie ch'io le possevo mostrare loro. Rispose sua Signoria Reverendissima proprio queste formali parole: "Dixisti, verum est, sed erimus mortui antequam oratores veniant, sed conabimur ut alii prius moriantur". Et replicando io che 'l tempo era breve et nel aspectare non posseva essere iactura alcuna, dixe: "Torna oggi da me ad tre ore dopo mezodì et intenderai lo animo del re et come le cose debbono procedere"; et perché nel parlare seco lui era uscito di casa et itosene in chiesa parlando meco, giunti che fumo in cappella, vi trovamo messer Iulio Scurcigliati che l'aspettava, el quale subito visto, fu chiamato dal cardinale et volle che ad queste ultime parole e fussi presente. Et dixe che li sarebbe grato etiam vi tornassi el dì meco, perché essendo lui amatore di vostre Signorie, voleva si trovassi presente ad intendere quanto occorreva.Et così mi parti, sendosi sua Signoria sopra ad quello $584$avevo parlato di Pietrasancta risentita assai; et commisse subito ad Rubertet una lettera ad Genova che comandassi che nessun genovese vi fussi racceptato drento, et una altra ad Beumonte, che advertissi chi aveva

lasciato nella roca di fare buona guardia, né in alcun modo tenessi pratica con genovesi; et nella prima adgiunse un capitulo circa alla restitutione delle bestie predate et admunigli ad fare vicinare bene etc.; benché di questo io mi sforzerò trarre una lettera ad parte et mandarla ad vostre Signorie.Ritornai ad tre ore, secondo l'ordine dato, et presentatomi al cardinale dove era messer Iulio, sua Signoria reverendissima parlò più che meza ora, cominciandosi da la dureza vostra avanti che ' primi capituli fussin facti con questa Maestà et dipoi come male in ogni parte e son suti observati da le Signorie vostre et che sempre eri suti tardi in ogni cosa, dannando in qualche parte el pagamento facto per la recuperatione di Milano, dopo la rebellione sua; dipoi scese a' nuovi capituli facti con Piero Soderini ad Milano et dello exercito che era ito ad Pisa; et come el re, per amore vostro, ne era rimaso disonorato et come voi v'eri tirati indreto dipoi da ogni partito; et eravi bastato lo animo non ch'altro rispondere che de' danari per svizeri et artiglierie etc. non ne volevi pagare un soldo, et consentire che gli avessi ad sborsare el re. Alla fine e' fece questa conclusione che tucte l'altre cose passate le voleva obmettere, ma che li era necessario che le Signorie vostre si risolvessino al pagamento di questi danari o no, perché alla Maestà del re era tucto el giorno ad li orechi luchesi, genovesi, pisani et ciascun di loro profferiva somma grande di danari et sanza pacto o obbligo alcuno, di che quella ne restava admirata; intendendo da l'un canto el buono animo loro et da l'altro vedere la obstinatione vostra che con lo obbligo prima li avete negati et ora menate la cosa in lunga sotto colore di nuovi oratori; "et io ti dico per la affectione ch'io porto alla città, ma io vo' meglio ad el re che li oratori vostri non potranno né praticare, né essere uditi di cosa alcuna, se prima questo pagamento non segue, et che non s'intenda con questa experienza lo animo vostro, et scrivi subito, perché ne vogliamo subito risposta, né possiamo, né vogliamo stare più così sospesi. Et farai loro intendere che o nimici o amici che voglino essere, ad ogni modo li pagheranno; ma mantenendosi amici come se fieno savi faranno,$585$la Maestà del re farà questo Natale ad Lione et la Pasqua di Resurressi ad Milano; ha mandato insino in 2000 lancie in Italia et più 6000 pedoni di quelli vi erano, et vedrà se Pisa li regge et se chi li fia adverso è più forte di lui; et così li amici suoi conoscieranno che li è re et che le promesse sua sono intere"; et volsesi ad Rubertet et dixe facessi che ' conti fussino presti et dessimegli, acciò io li potessi mandare ad vostre Signorie.Le excelse Signorie vostre veggono se ad questa proposta era capi da replicare, quando le forze nostre avessin possuto fare patiente la natura

loro ad udirmi; et per questa cagione io giudicai che fussi bene ristringere el parlare mio et tocare quelli capi che erano necessarii, né posse' fare ch'io non dicessi che la Signoria sua reverendissima, dolendosi d'ogni actione di vostre Signorie et maxime di quelle che meritavono somma commendatione, dava ancora ad me animo di dolermi di Pietrasancta, che la restitutione non fussi seguita secondo la forma de' capituli. Et questo mosse et alterò sua Signoria et dixe che la era un'altra materia et che tucto si assecterebbe se da voi non mancava. Seguitai el parlare et dixi ch'io non volevo più iustificare né più affaticarmi in quello di che tante volte s'era ragionato, et dimostro in nessuna cosa essere suto mancamento di vostre Signorie; né ero ancora, di questa ultima parte in che consiste la buona o la mala satisfactione del re, per parlarne altro che quello mi avessi facto infino ad ora, cioè che li oratori verrebbono et con satisfactione del re, volendo quello che sia o ragionevole o possibile, perché quando l'una di queste dua cose si ricercassi, sarebbe un volere ad ogni modo offendere la città; il che non si crede, perché gli offenderebbe e maggiori amici ha in Italia; et che sua Signoria non aprissi tanto li orechi alle promesse di genovesi, luchesi et pisani, che la non udissi quello che è lo onore del re et quello che li possessi essere observato; et se questo poco dell'utile presente si doveva preporre ad uno utile et commodo continuo: ma che di tucto io darei notitia alla Signorie vostre et che la risposta verrebbe come la è sempre suta di cotesta città, la quale per le lunghe spese facte sanza fructo alcuno, doverrebbe avere oramai consumata la 'nvidia et essere in qualche compassione. Rispose ad questa ultima parte che la Maestà del re era male contenta d'ogni affanno della città, ma ch'ella non posseva farne altro, né era ragionevole $586$che la perdessi et avessi ad mettervi di suo; el replicommi ch'io scrivessi subito et che aspecterebbono questa risposta quando la non differissi molto; et vuole essere di facti perché non s'ha più ad credere alle parole et nel pagarli consisteva l'amicitia del re et nel negarli la nimicitia. Et così mi parti'.Magnifici Signori, per la inclusa nota vedrete la somma de' danari che la è et perché voi ne sete debitori: tra' quali son quelli dovete pagare per conto del signore Lodovico, de' quali vogliono si risponda come degli altri; ho preso la nota come mi è suta porta, né volutola o calculare o disputare altrimenti, perché io non arei giovato in alcuna cosa, ma forse peggiorato le conditioni vostre in qualche parte. Desiderrei bene che questo adviso volasse, per posserne avere risposta subita, ma non so come farlo per non avere mai auto ordirne come in un bisogno abbia ad spacciare un corriere; pregherrò Iddio che mi aiuti, et quelli pochi danari mi truovo, tucti ce li

metterò trovando chi concorra. Altro non ho che scrivere alle Signorie vostre se non che quelle sieno contente, et tucto sia ricordato con reverentia, dare questa risposta subita; et risolvendovi al pagare, che se ne vegga facti, perché io dubito che la non sia aspectata molto. Et tucto perché le cose della Magna son temute da costoro, come per altra vi scripsi, et sonsi ristrecti con vinitiani et papa et voglion vedere ora come s'hanno ad governare con voi: et parte valersi o de' danari vi addimandano o di quelli che altri dessi loro, quando voi gli negassi, et scoprendovi inimici, tractarvi in modo ché voi non possiate loro nuocere; né vogliono ad un tempo dubitare di voi et avere lasciato Pisa libera, dove possa entrare chi facessi loro guerra. Considerranno etiam vostre excelse Signorie per li advisi nostri e modi tenuti da costoro poi che noi fumo qua, et come né el re, né el cardinale son mai scesi a dimandare questi danari et porci le conditioni avanti come al presente, ma solo se ne son doluti in ogni tempo et in ogni luogo. Hanno intractenuti ' luchesi, tenuto pratica et strecteza d'accordo con ' pisani et ' genovesi, minacciato le Signorie vostre apertamente: il che fece ch'io andai al cardinale, mostrando maravigliarmi della mala contenteza et degli adcordi si tractavano etc., sanza citare le Signorie vostre o fare intendere loro altro et ricercandolo caldamente di quello ch'io avessi ad scrivere. Non mi volle $587$dire altro, ma rimissemi ad Corcù, come ad pieno per la mia de' tre di septembre scripsi alle Signorie vostre; vennono poi lettere di vostre Signorie de' 30 d'agosto, sopra le quali io presi la occasione della venuta degli oratori vostri, et ogni mio studio è dipoi suto in sollecitare le Signorie vostre ad mandarli et tenere di qua la cosa sospesa alla giunta loro. E seguito dipoi quello che al presente si scrive, né mi è parso fuora di proposito fare questo poco della replica acciò che le Signorie vostre si rappresentino meglio avanti li ochi le cose di qua et dipoi le possino tractare con più utile pubblico.Altro non ci è di nuovo se non che dua dì fa venne uno oratore del marchese di Mantoa, insieme con uno del marchese di Ferrara, et così gli oratori del re di Napoli ci si aspectano; il che è segnio, come veggono le prudentissime Signorie vostre, che ciascuno ha più paura di questo re che fiducia in altri, ancora che Mantua sia in uno lago et el re di Napoli abbi vicino el Turco et buona intelligentia con lo imperadore. Et però mi resta di nuovo pregarle con reverentia voglino examinare bene questa risposta et subito farla intendere, ancora che da Rubertet mi sia suto adcennato che la Maestà del re manderà costì uno uomo per questo effecto; tamen non me ne avendo decto alcuna cosa el cardinale, non lo affermerei né conforterei le Signorie vostre ad aspectarlo ad rispondere: perché mi pare ogni

dì che si concluda qualcosa, donde la risposta vostra non possa essere a tempo, et che sanza utilità o preservatione d'amicitia ad ogni modo questi danari s'abbino ad pagare; et sarebbe necessario, in questo caso, fare volare li oratori per migliorarla in qualche parte se fussi possibile; et sopratucto bisogna avanzare tempo et fare prestissimo.Non avendo altro modo ad mandare le presenti per non trovare chi concorressi alla spesa, né, solo, possendola fare, ho preso per partito spacciarle per le poste del re et dirizarle a' Nasi di Lione, condannate in un franco, et ho scripto loro che sieno contenti, per l'affectione portono alla ciptà, mandare subito uno ad posta, quando e' non si spacciassi in Lione per l'ordinario, et che le Signorie vostre ne li satisfarebbono; quando che no, ne ponghino debitore me; sì che io prego vostre excelse Signorie che le sieno contente di quello che decti Nasi scriverranno avere pagato, satisfarli costì, acciò che un'altra volta e' possin $588$ fare el medesimo offitio et io abbia animo di richiederli né abbia ad pagare questi di mio. Alla buona gratia delle Signorie vostre mi racomando. Quae bene valeant.

%1500 ott 14, LC$589$Magnifici et Excelsi Domini etc. Siamo ad dì 14 et questa Maestà Cristianissima si è resoluta mandare Odovardo Bugliotti, varletto di camera et presente apportatore, per intendere più appieno la mente di vostre Signorie circa e $590$danari debbono avere da quelle, come ad lungo per la degli undici del presente vi significai, la quale non avendo io altra commodità, mandai per le poste regie a' Nasi di Lione con ordine la mandassino in diligentia alle Signorie vostre. Né ho che replicare altro perché el presente latore vi farà intendere appieno la mente del re et supperirà dove nelle mia avessi mancato. Replicherrò solo questo, che Roano mi dixe che, amici o nimici, noi gli paghereno, et che l'animo vostro sarebbe ad conoscere in su questo adviso: et con le opere, ché le parole non erano per satisfare loro. Sì che le Signorie vostre prudentissime aranno, come io credo, aute le mie lettere et dipoi udiranno el presente latore et risolverannosi secondo la loro solita prudentia; pregole inter cetera di questo ad pigliare qualche mezo con questo che viene che lui sia forzato, scrivendo al re, ad scrivere la verità quando e' non potessi o non volessi favorire altrimenti le cose vostre: perché e tristi rapporti di chi altre volte è suto costì sono suti assai buona cagione dell'ira del re, et delle male conditioni vostre in che al presente vi trovate di qua. Altro non scade se non racomandarmi umilmente alla buona gratia di vostre Signorie. Que bene valeant.

La Maestà del re parte questa mattina per ad Nantes, dove starà pochi dì et ritornerà verso Lione ut aiunt etc.

%1500 ott 25, LC$592$Magnifici et Excelsi Domini. Avendo io scripto alle excelse Signorie vostre sotto dì xi del presente a lungo quanto da la Signoria reverendissima del cardinale mi era suto parlato circa e danari che dicono le Signorie vostre essere tenute ad pagare etc., et avendo dipoi per la mia de xiiii mandata per le mani di Adovardo Bugliotti, che viene costì per parte del re, per simile effecto replicato el medesimo, non mi occorrerebbe scrivere altrimenti alle Signorie vostre, se non fussi sopradvenuta la vostra de' iii del presente, che mi significa la nuova electione di Piero Francesco Tosinghi et la partita sua dovere essere suta da' dieci insino a' xiii dì di questo. Il che mi fu gratissimo intendere per le cagioni più volte scripte alle Signorie vostre et per le qualità dello uomo, dal quale si può sperare quel fructo che è possibile ricorre in su questi terreni; et benché dopo la deliberatione presa di mandare costì Adovardo, l'uomo non fussi così sbattuto ciascun dì come prima per non si sentire la venuta degli oratori, tamen mi parse a proposito significare alla Signoria del cardinale quanto mi aveno scripto le Signorie vostre, cioè che a' xii di questo lo oratore doveva partire et che ad questa ora e' $593$doveva essere presso ad Lione, adgiugnendo ad questo quelle parole mi parsono convenienti ad posare lo animo loro etc. Sua Signoria mi replicò poche parole, monstrando che li era bene che li adcelerassi el cammino. Ricercommi della cagione perché li era solo; fu iustificata facilmente, ancora ch'io non sappia se farà loro ombra, perché li nimici delle Signorie vostre vi faranno su dodici comenti; starò advertito et userò diligentia in iustificare tucto bisogniando. Ricordommi dipoi sua Signoria ch'io scrivessi di nuovo et sollecitassi le Signorie vostre ad fare resolutione buona et con facti di quello mi aveva facto intendere circa li danari debbe avere questa Maestà, facciendomi certo che alle parole et buone promesse non si aveva ad credere et che sarebbon chiari al primo adviso di Adovardo. Risposi farei tucto con diligentia, ancora che non bisognassi sollecitarle in quello che fussi conveniente o loro possibile in benifitio del re; ad che sua Signoria rispose che e facti lo avevono a dimonstrare.Le Signorie vostre mi ricercono di volere intendere in che grado sieno qui le cose di messer Giovanni Bentivogli; ora, perché ogni dubitatione che si possa avere dello stato suo nascie da questa impresa che 'l papa fa in Romagna, io mi comincierò da quella: et debbonsi ricordare le Signorie vostre come nel

principio dello arrivare nostro qui noi significamo ad quelle la instantia faceva el pontefice di fare questa impresa et come questo re lo mandava in longo perché, stando con più speranza delle cose della Magna, desiderava si facessi quella contro a' Colonnesi, come si è sempre creduto per le ragioni che per altra vi scripsi; et ad messer Giovanni Bentivogli aveva consentito, quando pure el papa facessi tale impresa, che facessi lo offitio del parente, et li vinitiani ancora non gravava, come poi ha facto, ad lasciarne la protectione. Non sendo dipoi venuti li 'mbasciadori dello Imperio et dubitando questa Maestà ciascun dì di non essere adsaltata, è stata quasi forzata ad consentire al papa questa impresa: perché questa Maestà nelle cose che potrebbono nasciere in Italia fa più stima del pontefice che di nessuno altro potentato italiano, sì per monstrarsi quello in su l'armi più che alcuno altro et essere meno affaticato et con manco impedimenti, sì etiam per essere lui capo della religione etc. Roano etiam tira ad questo medesimo segno, perché, trovandosi lui qui solo al governo, et per questo invidiato $594$et inimicato da questi signori potenti, spera per il mezo del pontefice adgiugnersi più reputatione et per quella poter meglio resistere alla invidia d'altri; et ragionasi che nel fare questi legati nuovi per le cose del Turco el pontefice farà decto cardinale legato di Francia. E vinitiani etiam, sendo strecti dal Turco et da questo re confortati ad lasciare la protectione di decte terre di Romagna, lo hanno facto volentieri, sperando che 'l pontefice muova e potentati cristiani in loro aiuto, et appresso iudicono non perdere molto venendo decte terre in mano del Valentinese, avendo presa la protectione di quello et factolo loro figliuolo; et come si stima lo faranno loro capitano. Ora conosciendo l'appetito del papa insatiabile, giudica qui ciascuno che le medesime cagioni che hanno facto cedere questa Maestà et li vinitiani al papa in questa impresa, li faranno etiam consentire quella di messer Giovanni Bentivogli; di che dubitando lui et così el duca di Ferrara, hanno facto grande instantia che questo re sia contento che possino dare aiuto ad questi di Romagnia. Et ultimamente per questa cagione monsignore di Bignì, pregato da loro, ci ha mandato un suo uomo ad posta. Né si è possuto trarne altra risposta da questa Maestà, se non che non se ne impaccia come cosa di Chiesa et che non è per consentire che ' suoi confederati li vadino contro: et parlandoli ultimamente di questa materia lo uomo di messer Giovanni et monstrando e periculi in che era el suo Signore quando el papa obtenessi questa impresa se non si confidassi nella protectione di Sua Maestà, dopo molte parole ne trasse questa risposta: che quando el pontefice venissi ad questo particulare di voler fare contro ad messer

Giovanni, che sua Maestà vorrebbe udire le ragioni del papa et sua et dare el torto ad chi lo avessi. Questo è in effecto intorno a' casi di messer Giovanni quello che si può sapere di qua; credo averne scripto el vero, per avere auto optimo mezo ad intenderlo.Di Agostino Semenza non ho di qua parlato alcuna cosa, perché più dì sono messer Iulio Scurcilliati ebbe lettere da messer Antonio Cola, uomo del Prefecto, che narravono la venuta di decto uomo, ma facevono l'ambasciata più grave et la risposta nondimanco molto ad proposito delle cose di qua; et perché allora di tale adviso mi valsi assai, non mi è parso al presente risucitarlo.Ad messer Iulio significai el buono animo delle Signorie $595$vostre verso di lui per le sue buone opere etc. Ringratia le Signorie vostre et di nuovo le riprega ad fare dare expeditione alla sua causa; alle Signorie vostre quello non ha mai scripto, ma tucto quello è adcaduto ha facto intendere costì ad sua amici particulari.Qui è comparso, dopo la giunta della Maestà del re, monsignore di Lignì, monsignore della Tremoglia, el prinze d'Uranges et molti altri gran signori; et ancora che delle cose della Magnia non si parli, pur si crede ne dubitin forte et facto questo Ognissanti, la Corte si tirerà ver Lione subito.L'ambasciadori di Napoli si crede sieno già ad Lione et el parentado fra madama la prinzessa, figlia del re Federigo, et Monsignore della Roccia si tiene per facto. Aspectacisi el cardinale di San Severino. Né altro mi occorre se non raccomandarmi alla buona gratia delle Signorie vostre. Quae bene valeant.Volendo suggellare la presente, Ugolino Martegli ebbe lettere da Lione, et significavogli intercetera come li xxxv scudi pagò ad Melon, per spacciare le lettere de 3 di septembre, non erano ancora pagati et che Giovanni Martegli scriveva essersene quasi tolto giù; dolsesi assai meco, né io posse replicarli altro se non che li avea ragione et che ne scriverrei alle Signorie vostre. Pregole sieno contente operare che io non ne abbia ad essere pagatore et venendo un bisogno non mi intervenga come ora ad Bles che uno spaccio di quella importanza fui forzato mandare per le poste del re insino ad Lione.Iterum valete.

%1500 ott 25b, LC$596$Magnifici et Excelsi Domini etc. Ancora ch'io creda non essere necessario che io prieghi le Signorie vostre per la mia licentia, stimando al fermo che quelle me la abbino mandata con lo ambasciadore, rimanendo qua per la venuta sua superflua la opera mia, nondimanco mi stringe tanto la necessità dello essere costì ch'io ho voluto, quando tale licentia non fussi seguita, non mancare ad me medesimo et pregarvi con ogni reverentia

piàcciavi contentarmi di questa gratia: perché mio padre, avanti el mio partire un mese, si era morto, dipoi si è morta una mia sorella, et restono le cose mia in aria et sanza essere ordinate et in più modi mi consumo; sì che le Signorie vostre, ad ciò mi possa riordinare costì, saranno contente farmi questa gratia: et io, stato costì un mese, sarò contento stare non che in Francia, ma in ogni altro luogo dove venga ad commodità di vostre Signorie, alle quali mi racomando umilmente. Quae bene valeant.

%1500 nov 4, LCMagnifici Domini etc. Poi ch'io scripsi lultima mia de xxvii del passato riceve' l'ultima vostra de' xxi, la quale referendosi in parte ad una de' dieci, che non era ancora comparsa, non mi satisfacievo molto nello exequire la commissione di vostre Signorie; pure deliberai di parlare al re et ad Roano circa le dubitatione vostre per quello $597$avevi ritracto da più bande del malo animo verso di voi dello exercito del Valentinese, et quanto questa cosa vi premeva per trovarvi in disordine di gente d'arme, pur confidavi nella sua Maestà, la quale pregavi fussi contenta farvi quelli remedii giudicava necessarii, perché dal canto vostro voi non eri per mancare in tucte quelle cose vi fussino possibili per salvare la libertà vostra, et quando altri cercassi di offendervi con Orsini et Vitelli, voi cercheresti difendervi (con Colonnesi). Sua Maestà, per essere occupata, non rispose altro se non ch'io ne parlassi ad Roano; transferimmi subito da sua reverendissima Signoria et parla'li nella medesima sententia che al re, adgiugnendovi quelle parole in racomandatione vostra che 'l tempo mi concede. Rispose non credere che 'l papa tentassi impresa veruna in Italia sanza averla prima conferita con la Maestà del re, et non avendo conferita questa, non credeva che ad alcun modo fussi per tentarla; et quando o e' la conferissi o e' la tentassi, el re era in un caso per negarli et non la consentire, nell'altro per darvi aiuto quando voi vi mantenessi con quello. Et così si dolse della tardità dello oratore etc.; et alla parte di (Colonnesi) stecte alquanto sopra di sé, poi dixe "mantenendovi voi amici del re, quelli aiuti non fieno necessarii et quando perdessi la gratia sua e' non vi basteranno". Risposi ad tucto convenientemente, né mi parve circa (Colonnesi) tocare o replicare altro, desideroso di non alterare più li animi loro che si sieno insino allo arrivare dello oratore; sperando la commissione sua sia per satisfare et che allora si possa più liberamente disputare una simile cosa, sendo maxime tanto che l'oratore parti di costì che doverrebbe essere qui di corto.Comparse dipoi el dì de' morti la vostra de' dieci del passato et examinato quanto scrivevi,

ritornai di nuovo ad Roano; et brevemente li narrai la cagione del dubitare vostro, et che expugniata Faenza egli era loro facile venire a' danni delle Signorie vostre: et avendo un de' vostri ribelli seco, facilmente potevono tentare qualcosa in danno della libertà vostra. Il che tornando in danno et disonore di questa Maestà, per essere voi devoti et confederati di quella, era conveniente vi provedessi con scrivere al pontefice et al Valentinese che facciendo cosa alcuna contro di vostre Signorie farebbono contro ad sua Maestà. Sua Signoria reverendissima mi prese per mano et tirommi $598$ verso el gran cancelliere et el marchese di Rotellina ch'erano lì presso, et quivi replicò, secondo che più volte ha facto, la pena che lui ha portata in benifitio di vostre Signorie et come la Maestà del re era per vostro amore disonorata et che voi avevi ropte le conventioni per non avere pagati quelli danari: et che ora dubitando voi del papa, voi volevi e favori del re, e quali sua Maestà non era per darvi se non intendeva se voi avevi ad essere sua amici o no. Perché scrivendo alcuna cosa in favore vostro, e' faceva contro a' luchesi, sanesi et altri inimici vostri, e quali non voleva per nimici non avendo ad avere per amici vostre Signorie.Alle prime parti io risposi come più volte s'è facto; alle altre dixi ch'io non credevo che al presente si avessi a dubitare della amicitia di vostre Signorie, né anche che la Maestà del re avessi ad avere rispecto o a' luchesi o a' sanesi in favorirvi, perché io non mi ricordavo che li avessin facto molti benefitii ad sua Maestà, né sapevo quello che ad tempo di pace o ad tempo di guerra e' si potessin fare o e' si potessi sperare che facessino: ma sapevo bene quello che aven facto le Signorie vostre, et per questo et per l'altro re; et che nelle adversità loro, nel quale tempo si suole sperimentare la fede delli amici, voi eri rimasi soli in fede in Italia et che voi non meritavi essere tractati così, perché né e meriti di vostre Signorie ne erano degni, né un re Cristianissimo el doveva permettere. Rispose solum el cardinale queste parole: "Scrivi allo oratore tuo che venga presto o che ti mandi la commissione acciò che noi veggiamo la mente delle vostre Signorie et dipoi non si mancherà di fare sempre quello che si debbe verso le loro Signorie". Parla'li del mandato del papa in Pisa: rispose alterato che non era rien et che io facessi quanto li avevo commesso etc.L'altro dì poi che fu ieri, Rubertet mi si fece incontro et dixe: "Io ho auto expressa commissione da la Maestà del re et dal cardinale di scrivere ad monsignore di Ligni ad Milano et ad lo 'mbasciadore ad Roma che l'uno significhi al papa et l'altro al Valentinese come li dispiace intendere che nello exercito che è in Romagnia si ragioni di andare o con ribelli o con altri a li danni de' fiorentini: il che sua Maestà non è per comportare in alcun

modo", et insomma mi referì avere commissione di scrivere più vivamente li era possibile in favore delle Signorie vostre. $599$Ricercai mi dessi le lettere; dixe non aveva tale commissione, ma giudicava l'andassi meglio così, perché altrimenti le parrebbon cose mendicate. Questo è quanto ho da significare alle Signorie vostre in risposta delle vostre ultime lettere, né altro ci è di nuovo se non che la Maestà del re parte oggi di qui per ad Torsi, dove debbe udire li oratori della Magna. Bene valete.

%1500 nov 21, LC$607$Magnifici Domini etc. Scripsi ad dì 4 di questo a nostri Excelsi Signori in risposta a dua di loro Signorie delli undici et xxi del passato; sendo dipoi l'altro giorno partita di Nantes la Maestà del re per andarsene ad Torsi, deliberai non mi spicare da la Corte, ancora che l'andassi per vie transverse, dubitando non venissi in quel tempo la risposta di vostre Signorie circa ad quello che Adovardo Bugliò venne ad exporre per parte di questa Maestà ad li nostri excelsi Signori. Il che, secondo ch'io avevo extimato, occorse: perché sendo arrivata questa Maestà ad Ciampagni, che è un picolo villaggio discosto ad Torsi dieci leghe, comparsono le lectere di vostre Signorie con la risposta facta da' nostri excelsi Signori ad Adovardo; et essendo venuta ad dì xviii di questo circa due ore di nocte, indugiai ad la mattina per tempo ad parlare iuxta le commissione vostre. Et transferitomi la mattina dipoi ad Corte et trovato ad sorte monsignore reverendissimo $608$di Roano solo et otioso, mi parse da rubare quel tempo non obstante che io avessi desiderato parlare prima ad la Maestà del re; et appressatomi ad sua Signoria li dissi avere ricevuto lectere da le Signorie vostre con la copia della risposta facta ad Adovardo, la quale non ero per repricare altrimenti per sapere che etiam la Maestà del re ne era suta da Adovardo appieno raggualiata. Soggiunsi dipoi come vostre Signorie erano cierte tale risposta et deliberatione loro non essere per satisfare alla Maestà del re, considerato ad li bisogni che quella monstrava di averne per le sua occorrenti necessità, ma considerato da l'altra parte li affanni che avevono sopportato et che sopportavono le Signorie vostre et le spese in le quali erano sute et erano di continuo per non avere riavute le cose loro et avere voluto et volere mantenere in Italia el nome di Francia, non possevono credere che questa Maestà Cristianissima non avessi per accepta questa loro deliberatione et non fussi contenta sopportare questo poco del disagio per la dilatione di parte di questo pagamento in recognitione d'un minimo particulare delle opere di cotesta città verso di lei. Ad la quale cosa se si adgiugnessi la restitutione di

Pietrasancta come saria ragionevole et come ha meritato la fede di Vostre Signorie et la observantia de' capituli et la malignità de' luchesi, sarebbe un resuscitare in tucto le Signorie vostre et uno inanimire cotesto popolo ad eviscierarsi in tucto alli servitii di questa Cristianissima corona, et un darle tale principio di reputatione che né el papa, né e vinitiani presumerebbono offendere lo stato et libertà loro come ogni ora presummono; et in questo mi distesi largamente secondo che la materia et la qualità della audienza mi concedeva.Sua Signoria reverendissima rispose essere vero che le Signorie vostre per la risposta facta ad Adovardo confessavono el debito et ordinavono pagarne al presente x mila ducati ad Milano, ma che questo non satisfacieva ad la Maestà del re come quello che pativa disagio de' danari si aveva sborsati per conto vostro et che ad sua Maestà non si poteva ragionare di cosa alcuna in favore vostro se questo pagamento interamente non era seguito; et che et io et lo oratore, quando venissi, arebbe mala risposta dal re. Ad che io replicai, avendo commodità di tempo, largamente, mostrando questa mala contenteza del re quando ella fussi essere poco ragionevole non ad riguardo di riavere $609$el suo, ma ad riguardo di quello che debbe operare un padre verso li suoi figlioli: che è di acceptare le opere loro non secondo e desiderii suoi, ma secondo le possibilità loro. Et distendendomi in questo con quelle ragioni che la qualità della cosa mi subministrava, non posse' da sua Signoria reverendissima trarre altra conclusione se non che di questi danari ne avevono ad essere pagate le genti d'arme che questa Maestà si trovava in Lombardia et che se pure le Signorie vostre desideravono avere di parte un po' di tempo, se ne intendessino con monsignore di Bignì et monsignore di Ceumonte, governatori ad Milano: et quando loro fussino contenti aspectare qualche mese che etiam questa Maestà se ne contenterebbe.Risposi non essere questa risposta secondo che io existimavo et che cotesta città ancora si persuadeva; et perché io sapevo che la era per invilire et prosternare le Signorie vostre, non ero per scriverla, perché io mi persuadevo che le Signorie vostre, prive d'ogni speranza di conseguire alcuno bene, si abbandonassino in tucto: et perché io non giudicavo questo essere né al proposito della Maestà del re, né vostro, non ero per scrivervelo anzi aspecterei altra risposta, et quale meritava la fede vostra et ancora li meriti verso questa Cristianissima Casa. Né possendo in effecto da sua Signoria reverendissima trarre altro mi parti', et la mattina medesima parlai con la Maestà del re nella medesima sententia et con quelle più efficaci et vive parole posse'. Li mostrai quanta era la fede di vostre Signorie, quanto era el desiderio di satisfarli et quanto sua Maestà posseva facilmente demostrare di amare

quella et la cagione perché questi danari non si pagavono al presente; et per non infastidire vostre Signorie in replicare una medesima cosa, non lasciai addreto nulla di quello giudicai approposito narrarli intorno ad questa materia. Né posse' da sua Maestà trarre altro che le querimonie consuete et de' danari pagati et dello exercito suo disonorato per nostra colpa; et benché ad tucto replicassi convenientemente, non approdai in alcuna cosa, né posse' corne altro fructo.Siamo dipoi arrivati questo dì ad Torsi et adboccatomi con uno amico dal quale io soglio trarre segreti assai del papa circa quello che al presente si tracta fra lui et li vinitiani, mi conferì come lo 'mbasciadore di questo re che si truova ad Vinegia, subornato da lo oratore del papa, $610$expose nel Senato vinitiano avere inteso per varii riscontri et degni di fede come li fiorentini, bolognesi, duca di Ferrara et marchese di Mantua si erano uniti et strecti insieme sotto ombra di difendere li stati loro, ma in facto era per volgere le punte ad questa Maestà ciascuna volta chi lo 'mperadore movessi alcuna cosa in Lombardia; et che quella illustrissima Signoria doveva avere ad questo buona advertenza et advertirne la Maestà del re come coloro che erano obbligati ad farlo per li benifitii ricevuti etc. A quale fu risposto essere la cosa verisimile per essere loro in su l'armi et tenersi male contenti di Francia et che ne scriverrebbono qua allo oratore loro et che lui ancora ne scrivessi ad el re; dissemi, oltra di questo, decto amico mio lo oratore del papa, che è qui, avere expressa commissione di persuadere questa cosa ad questa Maestà; et inoltre come ad tucto questo inconveniente si potrebbe riparare con rimettere Piero in Firenze et fermare lo stato di cotesta città a' propositi suoi per simile via. Il che facciendo si verrebbe ad torre el capo ad Ferrara, Mantua et Bologna et ad impedire loro la via di potere machinare: adgiugnendo ad questo che lo offitio di sua Sanctità richiede così perché essendo el cardinale de' Medici uomo di Chiesa et avendo quello supplicato ad sua Sanctità di volere rientrare in casa sua, lui, mosso dai suoi prieghi iusti, è constrecto condesciendere ad favorirlo; né per questo ricerca altro aiuto da questa Maestà se non che si stia di mezo et dìegli riputatione col consentire, monstrando d'avere lasciato la amicitia vostra et la protectione di quelli altri; et che in breve tempri si rincora con le forze sua et con quelle li concederanno e vinitiani, torre lo stato ad messer Giovanni Bentivogli et ad le Signorie vostre, mettere Piero in casa et Ferrara et Mantova fare venire con la coreggia al collo. Et per dare reputatione ad questa impresa et suo desiderio, pregava questa Maestà che, oltre al consentirgliene, mandassi qualche centinaia di lancie a' confini del Bolognese et li vinitiani moverebbono anche loro dove fussi

più ad proposito. Et dissemi questo mio amico come costoro fanno tucte queste cose facte et instanno, priegano et gravano questa Maestà al consentirlo, né per altra cagione avevono levato Piero de' Medici di Francia et condocto ad Pisa, se non per averlo presto ad li loro propositi. Il che intendendo io et parendomi disegno degno della Sanctità di nostro Signore, non volli $611$obmettere di parlarne qualcosa colla Signoria reverendissima di Roano: et preso tempo, mi dolsi con quella della malignità delli inimici di vostre Signorie, parlando in genere non più di papa che di vinitiani, e quali si persuadevono potere dare ad intendere ad questa Maestà che le Signorie vostre si volessino alienare da quella. Né per opporre ad queste loro calupnie disoneste et poco prudenti, io volevo allegare la fede nostra passata né le experientie presenti, ma allegare come gli era poco ragionevole che le Signorie vostre sperassino che lo 'mperadore potessi aiutare lo stato loro quando e' non aveva né aiutato né difeso Milano che si reputava suo, et appresso volersi fare inimico uno re el quale loro si credevono aversi obbligato con tanti pericoli et spendii che li avevono facti et sopportati per lui. Né sapevo ancora come o e bolognesi o e ferraresi potessino porre speranza in altri che in questa Maestà, per essere sempre rispecto ad el luogo forzati et necessitati seguire in ogni evento la voglia di qualunque possiede Milano: l'uno per la paura che li ha de' pontefici, l'altro per il timore che li ha de' vinitiani; ma che questa Maestà si doveva bene guardare da coloro che cercavono la distructione degli amici suoi, non per altro che per fare più potenti loro et più facile ad trarli l'Italia delle mani. Ad che questa Maestà doveva riparare et seguire l'ordine di coloro che hanno per lo addrieto volsuto possedere una provincia externa, che è diminuire e potenti, vezegiare li subditi, mantenere li amici et guardarsi da' conpagni, cioè da coloro che vogliono in tale luogo avere equale autorità: et quando questa Maestà ragguardassi chi in Italia li volessi essere conpagnio, troverrebbe che non sarieno né le Signorie vostre, né Ferrara, né Bologna, ma quelli che sempre per lo addreto hanno cerco di dominarla. Udimmi sua Signoria patientemente et rispose la Maestà del re essere prudentissima et avere li orechi lunghi et el credere corto; et che la udiva ogni cosa, ma la prestava fede ad quello che la tocava con mano essere vero. Et che oltre ad lo avere scripto et ad Roma et ad Milano ne' giorni passati, quando altra volta io liene ragionai tre dì fa, ne avevano scripto proprio motu et caldamente in racomandatione delle cose vostre; et benché monsignore d'Allegri avessi auto licentia di andare in Romagna con cento lancie a' favori del Valentinese, nondimanco aveva in commissione expressa di essere favorevole $612$alle cose vostre et che le Signorie vostre

vedrebbono alla venuta dello oratore loro questa Maestà non essere per mancare dello offitio suo, quando da loro non resti et che ad questo pagamento etc. si ponga migliori conditioni.Rubertet dipoi mi parlò nella medesima sententia affermandomi che questa Maestà non era per farvi né per consentire che vi fussi facto villania alcuna, se le Signorie vostre non se la facievono da loro per essere disunite et avere nella città chi ama poco la libertà di quella; ad che le Signorie vostre dovevono advertire. Ad che io replicai et facilemente iustificai questa parte della disunione, la quale è necessario al tutto torre della opinione di costoro, perché farebbe così mali effecti qui quando la si credessi come costà quando re vera la vi fussi. Né altro mi occorre di nuovo per non si ragionare quello portino questi oratori della Magna che si truovono qui et essere observato et notato chi li vicita et chi ragiona di loro troppo curiosamente.Scrivendo ho ricevuta una lettera di Piero Francesco Tosinghi responsiva ad più mie li ho scripte ad la ventura: per la quale intendo sua Magnificentia insino a xii di questo essere arrivata ad Lione et che a' xv era per partirsi et per venire ad questa volta. Aspectolo con desiderio: al quale Dio dia migliore fortuna che ad chi per lo addrieto è suto in simile commissione. Raccomandomi ad la buona gratia di vostre Signorie. Que bene valeant.

%1500 nov 24, LCMagnifici Domini etc. Risposi ad dì 21 del presente alla di vostre Signorie de' iiii dì decto, et significai pienamente $613$ad vostre Signorie quello che la Maestà del re et el cardinale mi avevono decto sopra la risposta facta da cotesta excelsa Signoria ad Adovardo. Scripsi ad presso l'ordine che di nuovo si era dato dal papa et da' vinitiani per fare le Signorie vostre sospecte ad questa Maestà, et quello che etiam sopra ad questo mi fu decto da Roano. Et benché non mi occorra al presente dire altro di nuovo, tamen la commodità d'un che parte mi fa diligente a dare notitia alle Signorie vostre di quel tanto che è dipoi occorso. Non essendo io bene contento della risposta factami per la deliberatione che le Signorie vostre nuovamente hanno facta di pagare quelli danari ad questa Maestà; et essendo qui venute nuove come el Valentinese aveva occupato Val di Lamona et sperava di continuo obtinere la possessione di Faenza; et appresso intendendo Piero essere ad Pisa; et oltra di questo essendoci venuto un altro ambasciadore luchese con ordine, secondo si dice, di potere pagare subito ad questa Maestà x mila ducati ogni volta riavessino Pietrasancta; et intendendo etiam come monsignore della Palissa et Ciattiglione erano mandati, per parte della reina, governatori in

Pisa, deliberai di ripresentarmi ad sua Maestà. Et così li mostrai di nuovo che la risposta facta da' nostri excelsi Signori ad Adovardo se la non era iuxta el desiderio suo, ne era cagione la impossibilità: et per le spese facte et per quelle che di continuo instavono, avendo lo exercito del Valentinese a confini vincitore et che di continuo minaccia venire alli danni di vostre Signorie, non tanto colle forze sue, ma con quelle di sua Maestà, et in ogni cosa si vale di tale reputatione, la quale cosa è per fare captivi effecti quando sua Maestà non vi ripari. Ad che questa Maestà replicò subito: "E' si è scripto per duplicate ad quelli nostri luoghitenenti di Italia, che volendo el Valentinese tentare alcuna cosa in preiuditio o de' fiorentini o di Bologna che subito muovino et sanza differire vadino a' danni di decto Valentinese: sì che di questo voi ne potete vivere securi"; et subito dipoi entrò nelle sue querimonie usitate. Et all'altra parte ch'io li tocai del mandare ad Pisa la reina, et de' luchesi circa ad Pietrasancta, fece una risposta generale che noi li avamo ropti e capituli per non avere facto prima questo pagamento a tempi, né volerlo or fare in modo che se ne vaglia. Et per cosa ch' io dicessi o allegassi, che li parlai $614$tanto ch'io dubitai non usare male la patientia sua, non ne cavai altra risposta; et nell'ultimo dicendoli che lo ambasciadore sarebbe qui fra dua dì, rispose: "E' sarà forse venuto tardi".Partitomi dipoi da sua Maestà me ne andai ad trovare Rubertetto et discorso seco tucte le soprascripte cose, mi disse non essere vera l'andata di monsignore della Palissa ad Pisa et così se Piero de' Medici vi era, che non v'era con ordine di qua, ma chiamato dal Valentinese per vedere se in su questo suo favore li potessi riuscire qualcosa ad suo proposito; et che li era bene vero che questa Maestà per tre volte o più aveva scripto ad li suoi luoghitenenti in favore di vostre Signorie et de' bolognesi: soggiugnendo et questo mi misse in secreto: che la prosperità del Valentinese aveva facto risentire questo re. Alla parte de' luchesi mi disse che facevono ogni sforzo per riavere Pietrasancta profferendo x mila ducati o più et che si portava pericolo per la mala contenteza del re circa la tardità di questo pagamento. Et replicando io ad tucto convenientemente, mi fece questa conclusione generale: che secondo el iuditio suo et quello che e' sentiva parlare circa le cose di vostre Signorie alla Maestà del re et ad Roano li pare essere certo che se le Signorie vostre non cercono di farsi male in pruova, che le non aranno mai altro che bene. Et con questo mi parti' da sua Signoria et con desiderio attendo la venuta dello oratore adciò si vegga che piego abbino ad pigliare le cose vostre et possisene fare più vero iuditio. Ricorderò solo con reverentia ad vostre Signorie, il che etiam nel principio del venire nostro qua si scripse

largamente, né dipoi si è molto replicato sì per non parere presuntuoso, sì etiam per essere costì cittadini prudentissimi et molto più pratichi di noi in questa Corte, et questo è ordinare di farsi qualche amico che vi defenda et sia protectore delle cose vostre come fanno tucti coloro che fanno qui faccende. Né posso credere che questo oratore non venga bene ad ordine; et fo questa fede alle Signorie vostre che se ad minus e' non potrà monstrare ad Rubertetto qualche gratitudine, e' rimarrà al tucto in seco et non ch'altro non potrà expedire una lettera missiva et ordinaria.L'ambasciata della Magna, che è un messer Filippo di Nanso con dua altri semplici gentili uomini, ebbe ieri la prima audienza: dove intervenne, con la Maestà del re, $615$monsignore di Roano, della Tramoia, di Lignì, el Gran Cancelliere, marescial di Gie, prenze d'Oranghe, el marchese di Rotellin et monsignore di Clarì insieme coll'oratore del papa, di Spagna et di Vinegia et tre o quattro gentili uomini italiani. La proposta sua fu ordinaria et generale: monstrando in effecto come lo Imperio giudicava necessario, ad volere opporsi alla rabbia delli infedeli, che tucta la cristianità si armassi, perché altrimenti era difficile mantenere la Repubblica cristiana, che ogni dì era smembrata dal Turco; et come e' non posseva seguire con effetto che la cristianità si armassi se non seguiva pace tra lo Imperio et questo re Cristianissimo, come quelli che erano capi di cristianità; et solo per fare questa pace soggiunsono essere mandati, et in questo distesono solamente el parlare loro, usando quelle parole et que' termini che richiede una simile cerimonia. E quali dipoi licentiati da la udienza, si deputò per questa Maestà quattro con chi decti ambasciadori avessino ad tractare questa pace. E quali deputati son questi: el cardinale reverendissimo, el Gran Cancelliere, monsignore di Borbon, el marescial di Gie; et doverranno avere expedito tucto per questa septimana. Et dipoi si dice questa Maestà se ne andrà ad Bles, et di Lione non si parla. Raccomandomi alla buona gratia di vostre Signorie. Quae bene valeant.

%1500 nov 24b, LCMagnifici et Excelsi Domini etc. Avendo io aute lettere da el magistrato de' Dieci in risposta di più mie scripte ad vostre Signorie et avendo risposto ad decto magistrato quello mi occorre pertinente alle cose della vostra ciptà, non lo replicherò altrimenti ad vostre excelse Signorie, $616$giudicandolo al tucto superfluo; solo mi muove ad iscrivervi la presente el volere riconosciere la mia servitù con quelle et umilmente racomandarmi. Appresso, l'affectione ch'io porto ad messer Iulio Scruciati, neapolitano, non per mio particulare, ma per le calde, fructifere et

affectuose opere sue in favore di cotesta pubblica libertà mi muove ad racomandare quello ad le Signorie vostre, et umilemente pregarle, se le desiderono mantenersi questo defensore, et così se le non vogliono essere tenute ingrate et poco reconoscitori da tucta questa Corte per non essere riconosciute da quelle le opere sue, sieno contente aiutarlo manu regia et favorirlo del iusto nella causa ha con li eredi di Piero Antonio Bandini. Et fo questa fede alle excelse Signorie vostre, che alla nuova ebbe tre dì sono come la sententia sua non era corsa per inibitoria etc., venne per il torto li pareva ricevere in tanta collera, che se io non mi trovavo presente e' sarebbe corso ad Corte ad exclamare et dolersi de' torti gli pare ricevere. Lui si duole di più cose: prima, che le Signorie vostre abbino rimesso quello ad lo ordinario che per le Signorie vostre si doveva iudicare summarie; secondo, essere proceduto l'ordinario tanto in lungo che si sia dato tempo ad li adversarii ad inibire; tertio, essere suta absoluta dal confine la donna; et quarto, esserli tolto ogni speranza da chi costì veghiava e casi sua che lui possa per cotesta via avere le sua ragioni; et ultimo essere suto chiamato nella inibitione dalli adversarii mercatante et usuraio. Et lui dice non volere altro che 'l proprio capitale suo et quietare ogni interesso vi fussi corso. Io, Magnifici Signori, non so questa sua causa, ma so bene che mentre che lo essere vostro con questa Maestà è tenero et in aria, pochi vi possono giovare et ciascuno vi può nuocere: et per questo non mi pare fuora di proposito intrattenerlo et temporeggiarlo, anzi al tutto necessario; quando che no alla prima lettera che viene di costà egli ha ad essere come una fulgure per questa Corte et fiegli creduto el male più facilmente che non gli è suto creduto el bene. Et lui è uomo di qualche credito, loquace, audacissimo, importuno, terribile et sanza mezo nelle sue passioni, et per questo da fare qualche effecto in ogni sua impresa. Io mi sono disteso in questo perché l'affectione della patria et quel ch'io credo essere bene, mi fa scrivere così. Le excelse Signorie vostre mi aranno per scusato et faranno tucto secondo la loro solita $617$bontà et prudentia; alle quali io umilmente mi racomando.

%1502 giu 22, LC$618$Magnifici et Excelsi Signori, commendatione premissa etc. Noi ci troviamo questa sera ad Ponticelli dove aviamo trovato messer Pietro aportatore, uomo dello illustrissimo duca Valentino; et da epso aviamo inteso la celere et felice victoria di quel signore dello stato dUrbino, benché lo avamo inteso di là dal Ponte ad Sieve da un frate et ci maravigliamo assai che vostre Signorie non ne avessino notitia, non avendo però cavalcato quel frate con diligentia.

Questo messer Pietro ci mostra el duca suo avere per certo il duca dUrbino essersi salvato nelle terre di vostre Signorie et per questo mandarlo costà adciò che vostre Signorie, per lo amore et benivolentia che sua Excellentia tiene con epse, ne lo compiaccino; abbiamoli detto non credere che quello Signore si fussi messo in luogo vostro, sapiendo la benivolentia comune con el duca Valentino. Dice partì iarsera ad 3 ore di nocte et volere essere costì ad dì domattina; vostre Signorie sapientissime daranno ogni occasione ad questo messer Pietro di fare tale relatione, ché noi facciamo quello per che andiamo et siamo bene visti.Mostra avere notitia dello animo del signore suo, buono verso vostre Signorie et non bene contento de' successi $619$di chi vi offende, come vostre Signorie meglio sapranno ritrarre da lui.Domattina saremo ad cavallo di buona ora, benché dubitiamo che li cavalli aviamo non ci servino male; perché questa sera sono molto strachi et la via che ci resta è lunga et cattiva, perché ne andremo ritti ad Urbino.El modo di questa victoria è tucto fondato su la prudentia di questo signore el quale, essendo vicino ad 7 miglia ad Camerino, sanza mangiare o bere, s'appresentò ad Cagli, che era discosto circa miglia 35, et nel medesimo tempo lasciò adsediato Camerino et vi fece fare correrie; sì che notino vostre Signorie questo stratagemma et tanta celerità coniunta con una extrema felicità.

%1502 giu 26, LC$622$Magnifici Domini etc. Questa mattina ad Mercatello per [...] cavallaro avemo una di vostre Signorie de' 23, et subito lo mandamo via con le lettere ad la Excellentia del duca, adciò che tanto più presto vedessi el vostro buono animo et la vostra diligentia; et noi appresso ci conferimo in questa terra avanti l'ora di vespro; et il Signore ci fece adloggiare in vescovado con el vescovo della terra. Et incontro alla porta ci avea mandato messer Agabito, suo secretario, et uno messer Francesco, suo cameriere; essendo noi fuora di abito, sanza fare altra demostratione, ché da principio, intesa la venuta, parve disegnassi entrassimo di nocte; et li dua detti non c'incontrorono perché, tenendosi serrate le porte per ogni respetto, maxime che e soldati non entrino, avemo noi ad dare la volta et entrare per la porta vicina alla forteza: et così non ci trovorono questi dua se non ad casa. Et factoci buona adcoglienza da parte del duca, dissono che quando fussi tempo verrebbono per noi, come vennono circa le dua ore di nocte, et andamo in palazo dove è alloggiato el duca, solo con pochi de' sua - et el più del tempo si tiene la porta serrata et bene guardata.

Fumo con sua Excellentia per spatio di dua ore: et proposto quanto avamo in commissione et rallegratici del nuovo adquisto secondo le lettere di vostre Signorie, monstrò vederci volentieri et avere cara la venuta nostra per lo amore, dice, portava alla città et il desiderio d'essere bene unito con quella. Ringratiò delle congratulationi, adgiugnendo che crederrebbe che il suo augumento vi fussi ancora più grato se voi sapessi avere facto verso di lui quello avate promisso et si conveniva. Poi cominciò ad dolersi di tucte le cose occorse da la venuta sua dello anno passato insino ad questo dì, il che non si replicherà perché sapiamo più volte sono sute dette queste cose et risposto come facemo ancora noi. Ma nulla pareva che si adpiccassi, tenendo fermo che voi fussi quelli avessi mancato della fede et dato causa ad tucti e disordini che feciono $623$e soldati con no li avere dato la prestanza et le artiglierie, come avate promesso. Ora dice che, sendo venuto quella volta solo per avere la vostra amicitia et potersi in quella riposare, et benché voi aviate mancato, volendo fare questa ultima prova, mandò ad chiedere uomini per potere conferire la sua intentione: la quale era unirsi con voi, volendo; et non volendo, che voleva essere scusato con Dio et con li uomini se cercassi adsicurarsi dello stato vostro per qualunque modo e possessi; perché non giudicava potere stare securo nelli stati suoi, confinando con voi tanto paese quanto fa, se non fussi bene adsicurato; et più, quando vi disponessi ad questo, ve ne conseguirebbe tanto benifitio quanto di amicitia potessi tenere. Et in questa sententia si distese assai, monstrando che conobbe bene lo anno passato che fu in sua potestà non solo rimettere li usciti, ma darvi un bastone ad el governo et un cane, nonché altro.Risposesi alle querele convenientemente: et che da voi non era mancato el servare le promesse, ma che quelli sinixtri modi che furono servati significorono che si tenessi sì poco conto della città, che la sua benivolentia anche non fussi molto stimata; et quanto al desiderare l'amicitia vostra, voi non desiderate manco la sua per la stima faciavate di lui et de suoi stati et della Sanctità di nostro Signore. Et per questo ci avate mandato con tanta celerità: adciò che tanto più presto satisfacessi al desiderio suo et che ci facessi particularmente intendere quello voleva dire, adciò, vostre Signorie sapendolo, sua Excellentia potessi conosciere quanto lo stimavate.Sua Signoria, sanza molto circuito di parole, dixe: "Io voglio intendere prima con chi io ho ad tractare la nostra compositione, dipoi ne voglio avere da voi buona securtà, et se questo si fa, mi arete sempre ad tucti e vostri propositi; se non si fa, io sarò constrecto seguitare la 'mpresa et adsicurarmi ad ogni modo di voi per non restare io in periculo. Ché

troppo mi bene conosco che la città vostra non ha buono animo verso di me, anzi mi lacera come un assassino; et hanno cerco darmi grandissimi carichi et con el papa et con el re di Francia".Questa ultima parte si negò et confutò; l'altra ricercamo ci dichiarassi meglio. Dixe: "Io so bene siate prudente et m'intendete, pure ve lo ridirò in breve parole: questo governo non mi piace e non mi posso fidare di lui; bisognia $624$lo mutiate et mi facciate cauto della observantia di quello mi promettessi; altrimenti voi intenderete presto presto che io non voglio vivere ad questo modo. Et se non mi vorrete amico, mi proverrete inimico".Risposesi che la città aveva migliore governo che la potessi trovare, et, satisfaciendosene lei, se ne possevano satisfare etiam li amici suoi. Et quanto alla observantia della fede, non credeva lei che in Italia fussi chi ne potessi monstrare migliori documenti, anzi che ne avessi tante patito quanto lei; et che sua Excellentia deliberassi una volta essere quello buono amico che diceva et che troverrebbe buon riscontro.Tornò sempre in su le medesime cose: et che con lui non poteva essere altra forma di compositione, né altra fede; et per cosa li dicessimo, non si mosse mai da questo. Et dolendoci noi che questo non era quello per che stimavamo essere chiamati, né era secondo la expectatione di cotesta città, ci dimandò ridendo: "Et che credavate voi, per vostra fé, che io volessi da voi altro che iustificarmi?" etc. Dicemoli che, atteso la grandeza dello animo suo et giudicando noi che la amicitia et l'observantia vostra facessi per lui, aspectavamo volessi cominciare ad farvi qualche grande benifitio, quale conosciavamo essere in sua potestà, maxime essendo el signore Vitellozo suo uomo. Rispose questo: "Non aspettate voi che io cominci ad farvi benifitio, perché non solo non lo avete meritato, ma lo avete demeritato; egli è bene vero che Vitellozo è mio uomo, ma io vi giuro etc. che del tractato dArezo io non seppi mai nulla. Non sono già stato male contento di cosa aviate perduta, anzi ne ho auto piacere, et così arò se seguiterà più avanti". Et dicendo noi: "Che cagione vi aviamo noi dato che ' vostri condottieri et vostre genti ci abbino ad offendere?", dixe: "Vitellozo lo fa per vendicarsi, et altre mia genti non si sono mescolate; anzi delle vostre terre che mi si sono volute dare io non le ho acceptate; ma risolvetevi presto perché qui non posso io tenere el mio excercito, sendo questo luogo di montagna, che troppo sarebbe danneggiato; et tra voi et me non ha ad essere mezo: o bisogna mi siate amici, o nimici". Et questa fu l'ultima conclusione et quello che ci parve possere ritrarre di tutti e ragionamenti, quali furono molto lunghi.Et nel discorso sua Excellentia monstrò che per

le male $625$ vostre provisioni et le forze debole et la disunione con male governo, Vitellozo solo bastava ad sforzarvi, tanto più adgiugnendovi le forze sue; et che non pensava di torvi niente del vostro, come non voleva di quello di persona, non essendo lui per tiranneggiare, ma per spegnere e tiranni. Et replicando noi della provisione et apparati contrarii con quello che lui diceva, et le genti franzese et il risentirsi che faceva el re, lui sempre dixe che intendeva le cose franzese al pari di uomo di Italia et che sapeva non si gabbava, ma che bene voi resteresti gabbati. Onde, visto non potere farli dire altro né muoverlo di questa opinione, giudicando che questi sùbiti et grandi successi lo possono avere mutato di quello perché ci avea chiamato etc., non ci parendo questo per nulla conrispondente ad le sue lettere, et per dare tempo ad vostre Signorie di pensare bene ad questa sua proposta, et per vedere se in questa notte volessi fare migliore conclusione, dicemo non volere pigliare questo per risposta, ma che ci volessi pensare sù stanotte et domani saremo seco per possere dare adviso certo ad vostre Signorie.Dixe non era per mutarsi, che ci aveva pensato adsai; pure che dopo mangiare saremo seco domani, che anche noi pensassimo al bene nostro et al contento suo. Et così ci licentiamo con poca satisfactione nostra, vedendo che fine avessi questa chiamata. Et parendoci che queste cose importino assai, et che il modo del procedere di costoro è di essere altrui prima in casa che se ne sia alcuno adveduto (come è intervenuto ad questo Signore passato, del quale si è prima sentito la morte, che la malattia) sanza mettere tempo in mezo, domani spacciereno con questo et se aremo ritracto più avanti.Intendendo che nelle terre di questo illustrissimo et excellentissimo Signore erano ritenuti circa 43 muli fiorentini, ricercamo li volessi fare liberare; rispose: "Le robe sono salve e se vorrete intendervi meco, sarete contenti et non perderete nulla, ma per ora non si possono liberare".Siamo ad dì 25 ad ore 20 et ancora questo Signore non ci ha facto chiamare. Ma ci è stato ad vicitare li signori lulio et Paulo Orsini, e quali, con mostrare affectione alla città, assai confortarono fare qualche bene con questo Signore; et rispondendo essere qua per questo et che per noi non mancherebbe, riandorono quasi le medesime cose del mutare costì governo et assicurare el duca. Fuli risposto $626$come di sopra et più galiardamente. Ma loro mostrono avere assai notitia delle cose vostre et vi fanno sì deboli che ad ogni modo abbiamo ad pigliare quelle leggi vi saranno date da loro; o vero sottometterci ad el re di Francia, della cui amicitia parlando noi securamente, dissono: "Credete voi che siamo pazi et che avessimo

facto una tale impresa, se il re non ce l'avessi consentita? Benché, quando non ce l'avessi consentita, la aremo prima expedita che lui lo sapessi"; et che quella Maestà stimava più el duca et casa Orsina, sua fedelissimi, che non faceva voi; però ad cosa facta si contenterebbe di quello che loro, et maxime che li darebbono quello che le Signorie vostre, et sarebbono le cose del re in altra fermeza. Et contraddicendo noi questo vivamente, dixono che ser Pepo et altri loro uomini erano certificati della mente del re et di Roano; e quali, benché da principio non avessino consentito, dipoi, monstro per costoro el periculo delle cose todesche, dopo una consulta di tre dì, avevono detto loro: "Andate et fate presto quello volete, perché io non posso negare le genti promesse a' fiorentini; ma le manderò adagio et vi darò tempo". Et perché io mi trovai ad Bles quando vi era ser Pepo et ve lo lasciai ributtato et sbattuto, se li mostrò che il re non posseva avere mutato volontà sanza causa et che lo vedrebbono presto et per le sue genti et per la sua presentia. Dixono: "Uno di noi ha ad restare ingannato, ma sarete quello voi; et noi pure verreno avanti et già siamo signori d'una gran parte del vostro contado et non vi resterà terra nessuna; et aviamo tanto exercito et tanta artiglieria che, quando bene verranno le genti franzese, le aranno di gratia lasciare voi et adcostarsi ad noi". Et monstrando che 'l duca come amico et come iusto non ci lascierebbe cavalcare dalle sua genti, dixono: "Voi vedete pure quello fa Vitellozo, suo soldato: et vedrete quello faremo noi che saremo prima in su e vostri terreni che non sarete voi et non sarete perciò ritenuti", inferendo che la deliberatione fussi facta et fuxi proxima; et di questo vollono mettere pegno un corsiere di 50 ducati. Insomma, costoro monstrorono alla scoperta la 'mpresa essere deliberata contro alle vostre Signorie et essere in procinto di cavalcare, faccendola vinta et sì facile che né voi né il re ad pena lo abbino ad sentire innanzi; dicendo che sapranno cavalcare 40 miglia per dì per trovarsi in su le porti.$627$Stamani, per staffecta, son venuti qui messer Cornelio Galanti, uomo de Vitelli, et ser Pepo di Pandolfo, né s'intende quello portino, perché questo Signore è molto solitario et segreto. Bisogna dire o che sieno venuti per sollecitare el duca ad unirsi con loro, o ad conferire delle lettere et dello araldo. Non lascieremo già dire che, volendo quelli signori di sopra facci toccare con mano che il re non si curava delle cose vostre, dixono: "Perché non si fa el re intendere al duca che vi può con una lettera levare da questa briga?" Dicemo lo aveva facto, et farebbe di nuovo, et che vedrebbono presto il re non era uomo da giucarsi né la fede né li amici.Dicono questi dua che 'l campo de nimici

pensava d'entrare in Casentino et riuscire al Ponte ad Sieve et che il campo vostro era resoluto et si ridevono de' condottieri et de' soldati nostri, et che si era perso tucta quella parte da Arezo in qua, et che fra pochi dì si sentirebbe dell'altra. Et messer Cornelio accertò che Vitellozo scriveva lettere "ex pontificiis castris".Questo Signore ha un campo vicino qui ad 3 miglia ad uno luogo detto [...] nel quale dicono essere circa 400 uomini d'arme, 300 cavalli leggieri et 3 mila fanti; et altri 2000 ne ha che sono venuti di Romagna con messer Romiro; un altro campo è intorno ad Camerino et tuctavia debbe dare el guasto, nel quale dicono essere più che 3000 fanti, circa 150 lance et altrettanti cavalli leggieri; et tucto dì dicono le fanterie venire da più bande perché ne comanda assai et poi fa scielta delle migliori et pagali; et fassi stima che, tra di qua et in Toscana, possa mettere insieme 16 mila persone, benché loro dichino di 20 et 25 mila.Dello stato del Prefecto non si fa dubbio che non lo possa avere ad sua posta, avendo auto questo con tanta celerità et sanza riservo di nessuna forteza.Questo Signore è molto splendido et magnifico, et nelle armi è tanto animoso che non è sì gran cosa che non li paia piccola; et per gloria et per adquistare stato mai si riposa, né conoscie fatica o periculo. Giugne prima in un luogo che se ne possa intendere la partita donde si lieva; fassi benevolere a' suoi soldati; ha cappati e migliori uomini d'Italia : le quali cose lo fanno victorioso et formidabile, adgiunto con una perpetua fortuna.Siamo ad ore tre; et il duca ci ha facto chiamare et replicato $628$quasi le medesime cose, concludendo che non può né vuole stare in questa ambiguità, ma desidera essere vostro amico, in che vuole le dua cose dette; et non avendo ad essere amico, vuole essere inimico aperto. Et per assicurarsi et per avere risposta da vostre Signorie non ha voluto consentire più che 4 dì. Et benché stretto da noi, non li ha voluto prolungare per nulla: onde, benché avessimo disegnato tornarcene tucti ad dua, veduto el corto termine, non parendo poterlo fare ad me, s'è preso partito che Niccolò venga costì con quella presteza può ad farvi intendere el progresso di questi tractati; non perché lui possa referire altro che quello si dice questa lettera, ma per possere, mediante la sua venuta, tirare questa cosa in più lungheza un dì, se fia possibile. Et il cavallaro si manda con questa adciò che voi subito possiate consultarla et, alla giunta sua, darne resposta. Et restando appicato alcuna pratica, le Signorie vostre mi mandino un compagno perché io non sono per potere né per volere solo un tale carico.Hanno, come io ritraggo, questi signori Orsini oggi combattuto assai el duca per farlo rompere

con voi; non lo ha consentito, ma vuole prima intendere lo animo vostro: et fia questo poco tempo. Et però avanzino tempo le Signorie vostre, alle quali ci raccomandiamo umilmente.

%1502 ott 7-8, LC$630$Magnifici et excelsi Domini, Domini mei singularissimi.Trovandomi io al partire di costì non molto bene a cavallo, e parendomi che la commissione mia ricercasse celerità, montai a Scarperia in poste, e ne venni senza intermissione di tempo a questa volta, dove giunsi questo giorno a ore 18 incirca; e per aver lasciati indietro i miei cavalli e servitori, mi presentai subito così cavalchereccio a sua Eccellenza, la quale mi accolse amorevolmente; e io, presentategli le lettere di credenza, gli esposi la cagione della mia venuta e cominciai dal ringraziarlo della restituzione de' panni. Dipoi scesi alla separazione fatta dagli Orsini, e alla dieta loro e loro aderenti, e come V. S. erano $631$destramente state ricercate, e quale animo sia il vostro rispetto all'amicizia che tenete col re di Francia e devozione che conservate verso la Chiesa; amplificando con tutte le parole mi occorsero, quello vi costringe a seguire l'amicizia di questi, e fuggire quella degli avversari loro; testificandogli come in qualunque movimento, V. S. sono per avere tutti quelli rispetti alle cose di sua Eccellenza, che si convengono alla buona amicizia che tenete con il re di Francia e alla divozione che avete sempre portata a sua Signoria; reputando tutti gli amici di Francia vostri amicissimi e confederati.Sua Eccellenza, alla parte delle robe restituite, non rispose cosa alcuna, ma scendendo agli altri particolari, ringraziò le S.V. di questa offerta e grata dimostrazione: dipoi disse avere sempre desiderata l'amicizia delle S.V., e quella non aver conseguita più per malignità d'altri che per cagione sua; dicendo volermi narrare particolarmente quello che mai più aveva detto ad alcuno circa il venir suo coll'esercito a Firenze. E disse come, espugnata Faenza e tentate le cose di Bologna, gli Orsini e Vitelli gli furono addosso, persuadendogli a volere ritornarsene a Roma per la via di Firenze; il che ricusato da lui, perché il papa gli commetteva per un breve altrimenti, Vitellozzo piangendo gli si gettò a piedi a pregarlo facesse codesta via, promettendogli che non farebbono al paese né alla città violenza alcuna. Né volendo lui condescendere a questo, tanto con simili preghi vi si rimessero, che lui cedette al venire, ma con protesta che non si violentasse il paese e che de' Medici non si ragionasse. Ma volendo pure trar frutto di questa sua venuta verso Firenze, pensò fra sé voler fare con V. S. amicizia, e valersi di quella occasione: il che testifica non avere mai in ogni pratica tenuta

parlato poco o nulla dei Medici, come sanno quei commissari che trattarono seco, né aver mai voluto che Piero venisse in campo suo. E che molte volte, quando erano a Campi, gli Orsini e Vitelli gli chiesero licenza di presentarsi o a Firenze o a Pistoia, mostrandogli tratti riuscibili, e lui mai vi volle acconsentire, anzi con mille proteste fece loro intendere che gli combatterebbe. Essendo seguita dipoi la composizione, ne nacque, parendo a Orsini e Vitelli che lui avesse avuto il desiderio suo e non loro, e che quella venuta fosse stata a sua utilità e a loro danno, attesero a guastarla con le disonestà, e fecero tutti quei danni, per adombrare le S. V. e sturbare$632$l'accordo. Né lui mai vi poté riparare, sì per non poter essere in ogni luogo, sì ancora per non gli aver dato le S.V. la prestanza, come gli era stato ordinato, anzi accennato.Posossi la cosa così fino a giugno passato, nel qual tempo segui la ribellione d'Arezo: di che, disse, mai aver prima inteso nulla, come già disse al vescovo di Volterra: ma bene l'aveva avuta cara, per parergli poter pigliare occasione a farvi riconoscere. Né allora anche si fece alcuna cosa, o per la mala sorte comune, o per non essere in tale disposizione la città vostra da poter trattare e concludere quello che saria stato salute a ciascuno; il che disse non gli avere ancora dato molta noia: e disposto a beneficarvi, veduta la voglia del re, scrisse e mandò uomini apposta a Vitellozzo, perché si ritraesse da Arezzo: né contento di questo, se ne andò verso città di Castello con sue genti: e avrebbe potuto torgli lo stato, perché i primi uomini della terra sua gli venivano ad offerirsi: d'onde, dice, nacque il primo sdegno di Vitellozzo e mala contentezza sua.Degli Orsini disse non sapere donde sia nata la indignazione loro in Corte, senza licenza di nostro Signore; dipoi aver visto come quella Maestà lo ha trattenuto più di detto cardinale, e onoratolo assai, aggiuntosi con certe voci che si erano disseminate che gli aveva a tòrre lo stato; donde si sono partiti, e ritrovavansi in questa dieta di falliti. E benché si abbia avuto più ambasciate da parte del signor Giulio Orsini, testificando non essere per opporsi, etc., e che la ragione non volesse che si scuoprissero, per aver loro presi i suoi danari, nondimeno quando si scuoprissero, che li giudicava più pazzi che non sapeva, per non aver saputo scegliere il tempo a nuocergli, essendo il re di Francia in Italia, e vivendo la Santità di nostro Signore: le quali due cose gli fecero tanto fuoco sotto che bisognava altra acqua che coloro a spegnerlo.Né si curava che li alterassero il ducato dUrbino, per non avere smenticato la via a riacquistarlo quando lo perdesse; soggiungendo dipoi che ora era tempo, se le S.V. volevano essere suoi amici, ad obbligarselo; perché lui

poteva, senza rispetto d'Orsini, fare amicizia con voi: il che mai aveva potuto per l'addietro. Ma se V. S. differissero, e lui in questo tanto si fosse rimpiastrato con gli Orsini, che lo cercano tuttavia, tornerebbero i medesimi rispetti: né potendosi gli Orsini soddisfare d'accordo se non col rimettere i Medici, le S.V. venivano a tornare nelle medesime $633$difficultà e gelosie; onde giudica che le S.V. si debbano presto ad ogni modo dichiarare amici suoi o loro: perché differendo, ne potrebbe nascere accordo con loro danno, e seguire la vittoria da una delle parti, la quale, vittoriosa, resterebbe o nemica o non obbligata alle S. V. E quando vi abbiate a determinare, che pensa abbia ad essere di necessità, non vede come si possano V. S. deviare da quella parte concorre la Maestà del re e la Santità di nostro Signore; soggiugnendo che gli sarebbe molto grato che, movendo Vitellozzo o altri verso alcuno degli stati suoi, vi faceste rappresentare le genti che avete verso il Borgo o a quei confini, per dare riputazione alle cose sue.Io stetti ad ascoltare sua Eccellenza attentamente le cose dette di sopra; la quale parlò non solamente gli effetti soprascritti, ma le medesime parole, le quali vi ho scritto a largo, acciò le S. V. possano meglio giudicare tutto, né vi scriverò quello rispondessi, per non essere necessario il farlo: mi ingegnai non uscire dalla commissione, e alla parte delle genti non risposi cosa alcuna; solo dissi che scriverei a V.S. del suo perfetto animo, di che voi piglierete piacere singolarissimo. E benché sua Eccellenza, come vedete, mostrasse di aver desiderio che l'accordo tra voi e lui si faccia presto, nondimeno, non ostante che io gli entrassi sotto per trarre da lui qualche particolare, sempre girò largo, né potei mai averne altro che quello ho scritto. E avendo io inteso alla giunta mia, come nello stato di Urbino era seguito qualche movimento, e avendo sua Eccellenza nel discorrere detto che non si curava che gli fosse alterato quel ducato, mi parve nel replicare domandargli come quelle cose passavano. A che sua Eccellenza rispose: L'essere io stato clemente, e avere stimato poco le cose, mi ha nociuto: io presi, come tu sai, in tre dì quel ducato, e non torsi un pelo a nessuno, da messer Dolce e due altri in fuore, che avevano fatto contro la Santità di nostro Signore; anzi, che è meglio, io avevo molti di quei primi proposti ad uffizi di quello stato, con un di questi deputato sopra certa muraglia che io facevo fare nella rocca di San Leo, e due dì fà lui ordinò con certi contadini del paese, sotto ombra di tirare alto una trave, certo trattato: talché ha sforzata la rocca, ed è perdutasi; chi dice che la grida Marco, chi Vitelli, chi Orsini: ma per ancora né l'uno né l'altro si è scoperto, ancorché io faccia quel ducato perso, per essere $634$uno stato fiacco e debole, e quelli uomini

malcontenti, avendogli io affaticati assai co' soldati: ma a tutto spero provvedere: e tu scriverai ai tuoi Signori che pensin bene a' casi loro, e facciansi intendere presto, perché, se il duca d'Urbino ritorna, e viene da Venezia, non è a proposito loro, e manco nostro: il che fa che noi possiam prestare più fede l'uno all'altro.Questo è in effetto quanto per al presente io posso scrivere alle S.V.: e benché il debito mio ricercasse vi scrivessi quante genti questo Signore si trovi, dove sia allogiato, e molti altri particolari delle cose di qua, tuttavia essendo giunto pure oggi qui, non ne posso sapere il vero, e però mi riserberò ad altra volta: e alle S.V. mi raccomando.Tenuta fino a questa mattina a ore 16, per essere il cavallaro a piè, e non aver trovato fino ad ora cavalcatura. E mi resta scrivervi, che ieri questa Eccellenza nel ragionare meco, mi disse, che Pandolfo Petrucci gli aveva il dì avanti mandato uno travestito a fargli fede che non era per dare alcun favore a chi disfavorisse Sua Eccellenza, e che in questi effetti gli parlò molto largamente.Nel venire io ieri scontrai messer Agapito fuori di qui qualche dua miglia, con circa sette o otto cavalli; e riconoscendomi, gli dissi dove io andavo e chi mi mandava. Fecemi grande accoglienza, e andò poco più avanti, che ritornò indietro. Questa mattina ho ritratto come detto messer Agapito ne veniva costì a V. S. mandato da questo duca, e per la venuta mia si ritornò indietro. Iterum valete.Io ho dato al presente cavallaro due ducati, perché sia costì dimattina avanti giorno, che saremo a' dì 9. Priegovi ne rimborsiate ser Agostino Vespucci.

%1502 ott 9, LC$635$Magnifici Domini, etc. Ieri scrissi alle S.V. per il Campriano, che doveva giungere costì questa mattina avanti giorno, e fecigli vantaggio due ducati, quali prego gli rimborsiate a messer Agostino Vespucci. Questa mattina poi comparve Ardingo cavallaro, e portò lettere qua a certi privati e, non ne avendo di V. S., mi ha fatto dubitare o che le sieno rimaste costì su' deschi, o che le sieno cadute per la via: e sto dubbio come la cosa sia ita, e ritornandosene lui, mi occorre scrivere quello di poi fia seguito.Essendo questo dì, circa ore venti a Corte, l'Eccellenza del duca mi fece chiamare e mi disse che mi voleva far parte delle nuove che aveva, acciocché io ne potessi avvisare V. S., e mi mostrò la lettera di monsignor d'Arli, oratore del papa in Francia, data a' 4 dì del presente, dove lui scriveva quanto il re e Roano erano ben volti a fargli piacere; e subito che intesero la voglia sua di aver genti per l'impresa di Bologna, spacciarono a monsignor di Ciamonte a Milano, che senza

replica inviasse verso il duca monsignor di Lanques con 300 lance; e quando lui fosse ancora richiesto dal duca di trasferirsi in persona verso Parma con 300 altre lance, che vi andasse: e gli mandava la copia della lettera che il re scriveva a detto Ciamonte; la quale copia sua Eccellenza mi lesse tutta di sua bocca, e volle che io vedessi le soscrizioni di Arli e la lettera scritta a lui: la qual mano io riconobbi, per aver la pratica in Francia e costì: e in sostanza tal copia non potrebbe più comandare che queste genti muovino. Le quali come sua Eccellenza ebbe lette, disse: "Or vedi, segretario, questa lettera è fatta sulla domanda che io feci per assaltare Bologna, e vedi quanto ella è gagliarda; pensa sarà quella che io trarrò per difendermi da costoro, la maggior parte de' quali la Maestà del re ha per inimicissimi, perché hanno sempre tentato muovere qualche scacco in Italia a suo danno. Credimi che questa cosa fa per me, né loro potevano scuoprirsi in tempo che mi offendessero meno, né io, in corroborazione dei Stati miei, potevo desiderar cosa che mi fosse più utile; perché io saprò a questa volta da chi io$636$mi avrò a guardare, e conoscerò gli amici. E quando i veneziani si scuoprissero in questo caso, che non lo credo, lo avrei tanto più caro, né il re di Francia lo potrebbe più desiderare. Io ti conferisco questo, e conferirotti alla giornata quanto accaderà, acciò possa scriverlo a quelli tuoi Signori, e che vegghino che io non sono per abbandonarmi, né per mancare di amici, fra i quali voglio connumerare le loro Signorie, quando si faccino intendere presto; il che quando le non facciano ora, sono per porle da parte: e se io avessi l'acqua alla gola, non ragionerei mai più d'amicizia; non ostante che mi dorrà sempre avere un vicino e non gli poter far bene, e non ne ricever da lui. E mi domandò quando io credevo che la risposta alla lettera che io vi scrissi ieri, dovesse venire: al che io risposi che non doveva passare mercoledì. E all'altra parte, e dell'avermi comunicato le lettere, e dell'amicizia che desidera, dell'una cosa lo ringraziai, e nell'altra usai quei termini che io credetti soddisfacciano a lui, e alle commissioni di V. S.Dissemi ancora sua Eccellenza che non si era ricordata, quando io gli parlai altra volta, di rispondermi alla parte dove le S.V. lo ringraziavano de' panni renduti; dicendo che lo aveva fatto molto volentieri, e farebbe sempre il medesimo quando occorressi beneficarvi; e di questi panni aver avuto più pena per difendergli dagli Orsini, che di cosa che mai avesse: i quali ogni dì lo molestavano per abbottinargli, e che gli aveva voluti rendere motu proprio, e senza intercessione di persona, e che è usato a fare i benefizi suoi così. Richiesilo su questo di un salvocondotto generale per la nazione: dissemi che molto

volentieri: e perché non s'intendeva di simili cose, che io ne parlassi a messer Alessandro Spannocchi, e con lui la facessi: col quale io sarò: e avendomi in questo caso rimesso a lui, è necessario che io navichi secondo che messer Alessandro vorrà. E benché io creda sull'esempio passato, che messer Alessandro sia per fare ogni bene, pure giudicherei fosse a proposito che alcuni di codesti mercanti che hanno credito seco, gliene scrivessero e gliene mettessero in grado; ancoraché io giudico sia da avvertire detti mercanti a considerare come s'ingolfino qua; perché in questi movimenti un paese è oggi di uno e domani è d'un altro. Discorsemi di nuovo sua Eccellenza il caso di San Leo, $637$che furono le medesime cose vi scrissi per altra, e che due castellucci intorno a S. Leo si erano solo voltati, e che tutte le altre terre stavano così sospese, e che né Orsini né Vitelli si erano ancora dimostrati contro; e che un cavaliere Orsino suo gentiluomo era ito tre dì fà a trovarli, e che lo aspettava presto, e che Pandolfo spesseggiava con lo scrivergli e farli ambasciate che non era per fargli contro. E di nuovo mi ricordò al partir mio da lui che io ricordassi alle S.V. che se le si staranno di mezzo, le perderanno ad ogni modo; accostandosi, potrebbono vincere.Io non potrei con penna esprimere con quanta dimostrazione di affezione egli parli, e con quanta giustificazione delle cose passate: e nel medesimo concorrono tutti questi suoi primi. Dico bene questo alle S.V., che non è per stare molto così, ma essere chiaro, se non alla prima, alla seconda risposta. Di che io vi voglio avvertire, acciocché, quando voi giudicaste che questa via fosse buona, voi non vi persuadiate essere a tempo ogni volta; e lui nel primo parlare me lo disse, che al presente non aveva ad aver rispetto ad Orsini, come sarebbe necessitato aver quand' e' fossero riuniti insieme; ma trovando la cosa fatta, egli avrebbe pazienza. E benché non sia venuto a nessun merito della cosa, nondimeno si vede che si farebbe seco ogni mercato: il che si conosce per molte cose, che meglio s'intendono che non si scrivono. Pertanto io prego le S.V. che si vogliano risolvere, e scrivermi come io mi abbia a governare in questa parte. Né ancora manchino di avvisarmi quello abbia a rispondere della richiesta che fecemi questa Eccellenza, che movendo i Vitelli, voi tiraste le genti verso il Borgo: e avendo alcuno avviso da fare, sieno contente le S.V. scriverlo, acciocché io possa avere più facile l'udienza e meglio temporeggiarlo. E volendo appiccare cosa veruna di momento, con quanta reputazione si trattasse, meglio e con più vantaggio si condurrebbe. Sicché a rinfrescarci di un uomo che fosse o ambasciatore o altrimenti, non sarebbe se non a proposito.E per dar notizia particolare alle S.V. delle cose di qua, subito che questo Signore intese

la perdita di San Leo, fece quello stato di Urbino spacciato e pensò di attendere a tener ferme le cose di Romagna con quella gente che aveva, tanto che ' si fosse ordinato con tanti favori che potesse assaltare chi aveva molestato lui. E per questo spacciò $638$subito messer Ramiro che scorresse tutta quella terra, visitasse e ordinasse le fortezze. Scrisse a un don Ugo spagnuolo il quale si ritrovava con sua gente d'armi a confini di Urbino, che si ritraesse verso Rimini. Spacciò don Michele con danari per rassettare circa mille fanti, che si trovavano con dette genti; e oggi dà danari a qualche 800 fanti di Val di Lamona e gli manda in su a quella volta; al presente si trova più che qualche 2500 fanti pagati, e sono rimase di gente d'armi qualche 100 lance dei suoi gentiluomini, che metterebbe in campo meglio che 400 cavalli da faccende. Ha, oltre a questo, tre compagnie di 50 lance l'una, sotto tre capi spagnuoli, le quali sono assai diminuite per essere state più tempo senza paga.Le genti a piè e a cavallo che cerca fare di nuovo, ed i favori che egli spera, sono questi. Egli ha mandato Raffaello dei Pazzi a Milano per far 500 guasconi, di quei venturieri che si trovano in Lombardia; ha mandato un uomo pratico agli svizzeri per levarne 1500; fece cinque dì fa la mostra di 6000 fanti cappati dalle sue terre, i quali in due dì può avere insieme. E quanto alle genti d'arme e a' cavalli leggieri, ha bandito che tutti quelli che sono degli Stati suoi lo vengano a trovare, e a tutti dà recapito. Ha tanta artiglieria, e bene in ordine, quanto tutto il resto quasi dItalia. Spesseggiano le poste e i mandati a Roma, in Francia e a Ferrara, e da tutti spera avere ciò che desidera. Da Roma, non è da dubitare; di Francia, V.S. intendono quello scrivo di sopra; ma da Ferrara, quello chiegga io non lo so. E quanto appartiene alle S.V. egli crede o averle amiche, rispetto a Francia, e alla qualità dei nemici suoi, o che le si fanno neutrali.Dall'altra parte si vede questi suoi nemici esser armati e in ordine a fare uno incendio subito, e questi popoli sono pure tutti romagnuoli, e non stati molto bene trattati, per aver fatto questo Signore sempre più favore a' suoi soldati che a loro. Dubitasi che a questi movimenti non tengano mano i veneziani, e che la cosa non abbia o non sia per avere, secondo il successo, suo fondamento da Spagna e dalla Magna, e da tutti coloro che invidiano alla potenza di Francia. Ma quando fosse vero quello che mi ha detto oggi questa Eccellenza, che nessuno dei Vitelli e Orsini si fosse ancora mosso su gli accidenti di Urbino, salvo che messer Giovanni Bentivogli aveva mandati tre di loro a Castel San Piero, discosto a qui a poche miglia, e$639$quattro bandiere di fanti sotto il governo di Ramazzotto e del Mancino, i quali questa

mattina, secondo che mi ha oggi detto questo Signore, detto messer Giovanni gli ha fatti ritirare verso casa; e dalla banda dei veneziani non s'intende altro se non che essi hanno certe genti a Ravenna, le quali ci sono state più tempo: il che io non ho anche di luogo autentico.E' mi è parso che l'ufizio mio righiegga scrivere alle S.V. in che termini si trovino le cose di qua e come io l'intendo; il che io ho fatto con quella fede che io soglio e che io debbo. Lasceronne ora giudicare alla prudenza loro, alle quali mi raccomando.P.S. Avendomi detto ierisera, sullo spedire Ardingo, messer Alessandro Spannocchi, che il duca voleva questa mattina spedire uno per Roma a codesto cammino, e che io fossi attento soprattenere il cavallaro, non ho potuto spedirlo prima che a quest'ora, che siamo a 22 ore e ai dì 10: e avendo parlato con detto messer Alessandro del salvocondotto generale per la nazione, mi ha detto che io lasci passare due dì, e che vedrà di far cosa che mi sia grata. Non mancherò di diligenza: e a V. S. mi raccomando. Iterum valete.

%1502 ott 11, LC$641$Magnifici etc. Ieri per Ardingo cavallaro scrissi a V. S. quanto occorreva, e per non mancare di avvisare le S.V. ciascun dì di quello che io intendo, oggi è qui nuova come la Signoria di Venezia, intesa che ebbe la ribellione della rocca di San Leo, mandò per il vescovo di Tiboli, oratore del papa, e fecegli intendere tale ribellione, mostrando averne dispiacer grande, e dolendosi che in detta rocca si gridasse Marco; facendogli fede che non erano per deviarsi dalle cose di Francia, né dalla Santità di nostro Signore, né ancora dalla protezione che avevano dall'Eccellenza del duca, e che non erano per prestare alcun favore al duca Guido: e mandarono per lui, e in presenza del prefato vescovo gli chiarirono l'animo loro. La qual nuova ha fatto stare di buona voglia tutta questa Corte, giudicando questa cosa non avere quel fondamento si presumevano. E questa Eccellenza, per mostrarsene grata, ha mandato subito a quella Signoria messer Romolino' suo segretario a ringraziarla e delle offerte e del loro buon animo. $642$Inoltre s'intende come don Ugo spagnuolo, capo di gente d'arme di questo Signore, e don Michele, capo di sue fanterie, a' quali lui aveva in questi movimenti comandato che si ritrovassero verso Rimini, essendosi fuora dei comandamenti suoi fatti avanti a soccorrere i castellani della Pergola e di Fossombrone, hanno preso l'una terra e l'altra, e messa a sacco, e morti quasi tutti gli abitanti: talché si vede questi accidenti cominciare a pigliar via piuttosto favorevole a questo Signore che altrimenti. E alle S.V. mi raccomando. Quae bene valeant.

%1502 ott 12, LCMagnifici etc. Per l'alligata la S.V. avranno visto quello che ieri s'intese di nuovo in questa Corte. Venne dipoi questa notte passata, circa 5 ore, Baccino cavallaro vostro con la di V. S. dei 10, responsiva alla mia degli 8; e inteso e esaminato bene tutto il contenuto di essa, mi trasferii ad ora di udienza dal duca, che fu questo dì circa 22 ore, e nel presentarmi a sua Eccellenza, mi disse: Noi aviamo da ogni banda buone nuove; e narrommi quanto gli era offerto dai veneziani, che è tutto quello che per l'alligata si scrive alle S. V., e quello ancora che don Ugo e don Michele avevano fatto in Pergola e Fossombrone; dicendo così allegramente che quest'anno correva tristo pianeta per chi si ribellava. Dissemi poi aver nuove da Perugia da un mandato del papa, come nella giunta sua là vi trovò Vitellozzo con la febbre, e il sig. Paolo Orsino pieno di rogna; e che non fu prima arrivato, che gli Orsini se gli gettarono in grembo, dicendo essere soldati della Chiesa e non si volevano deviare dalla voglia del pontefice, e che del loro essersi levati ne era stato cagione trovarsi in sinistro $643$di vettovaglie, e che pregasse la Santità di nostro Signore che fosse contento riceverli e dar loro la stanza, perché qui non potriano più vivere, e che di già il pontefice le aveva ordinato loro. Di Vitellozzo, lui non mi disse niente altro, ma ritrassi poi per altra via come lui ha mandato a dire a questo duca che, se potrà avere qualche sicurtà da sua Signoria, onesta, che verrà da lui; quando che no, dileguarsi e mostrargli che gli è servitore. E sopra il ragionamento degli Orsini stati alquanto, io venni ad esporre a sua Eccellenza quanto V. S. rispondono per la loro dei 10, e fecigli intendere a parte a parte il contenuto di essa, e quali ragioni avrebbero ritenuti gli aiuti, quando sua Eccellenza per ora ne avesse avuto di bisogno, e quali ragioni facevano che non vi potevi al presente dichiarare altrimenti in amicizia; mostrando quanto si era scritto in Francia e la risposta che se ne aspettava.Fecigli appresso intendere la condotta del marchese di Mantova, aggiungendovi, come da me, che io mi persuadevo la Maestà della Francia aver fatto pigliar questo partito alle S.V., perché avendo a dare recapito ad un suo amico, come è diventato questo marchese, e volendo armare una repubblica sua fedelissima di buone armi, di che lei e gli amici di essa si potessero servire, e volendo tòrre voi istrumenti di questa importanza a coloro che invidiano la sua grandezza, quella Maestà non pensava a far pigliar partito a V.S. né più savio né più utile, né di che ancora sua Eccellenza si dovesse più rallegrare. Né mancai in questa parte, né nelle altre, d'imprimere in sua Eccellenza la buona mente vostra, secondo

che voi per le lettere desiderate.Risposemi gratamente alle prime parti, mostrando credere con effetto quello che le S.V. dissero e delle genti e dell'amicizia, né sopra di questo insisté molto, né lo sollecitò altrimenti, siccome lo aveva fatto per l'addietro. Del marchese parlò onorevolmente, e che egli era uomo da bene e suo amico, e che mi poteva mostrare sue lettere, dove di prossimo si era offerto venire con gente ad ogni sua impresa, e che aveva molto caro averlo qua in vicinanza; al che fu risposto convenientemente. Dipoi, per adempire le commissioni delle S.V., ritornandosi a ragionare degli Orsini e Vitelli, dei quali lui mostra una cattiva opinione e confessa liberamente non si poter fidare di loro, ma volere aspettar tempo etc., entrai che costoro $644$rimanendosi così disperati, potrebbero per ventura scorrere sul nostro, e benché noi non dubitassimo di terra alcuna, pure sarebbe disturbo al paese; e che sua Signoria in questi casi facesse, quando seguissero avanti, che le genti ordinate da V. S. fossero sul luogo. Sua Signoria rispose che non credeva per cosa di mondo che si avesseroa muovere, e ne assegnò qualche ragione, ma quando pure si movessero e sintendesse dove avessero lesito e con che gente, e che aiuti vi abbisognassero, che non era per mancare dufizio di buon amico di quelle cose che potesse fare. Né potei ritrarre altro da sua Signoria in questo ragionamento che le cose predette. E nel partire, lo ricercai di nuovo del salvocondotto per la nazione: promisemelo di nuovo liberamente e che io ne parlassi con messer Alessandro. Dissi averlo fatto e che lui mi aveva differito a due o tre dì. Rispose che queste presenti occupazioni erano causa di questa dilazione, e che io gliene riparlassi. Gliene ho parlato di nuovo: dà buone parole, né sortisce ancora effetto, né so altrimenti la cagione. E mi raccomando alle S.V. Quae bene valeant.

%1502 ott 13, LCMagnifici, etc. Io ho differito a questa sera il rimandare Baccino con le due alligate per poter soddisfare meglio a V. S. nello scrivere a quelle delle cose di qua, e massime al desiderio che elle mostrano avere d'intendere dove questo Signore sia con l'animo e quello che disegni di voi; e non avendo mai potuto trarre da sua Eccellenza altro che quello si è scritto, e trovandosi qui un segretario del duca di Ferrara, mandato nuovamente su questi accidenti a questo Signore, presi occasione di parlargli e, di uno in altro ragionamento, lui per sé medesimo disse aver particolare $645$commissione dal suo Signore di confortare questo duca a questa amicizia, soggiugnendo, come da sé, che gli pareva si pensasse troppo a fermarla, e che era deliberato, come prima gli parlasse, vedere se lo poteva condurre a

qualche particolare che, per mezzo del duca suo, si potesse poi mettere davanti alle S.V., e me ne parlerebbe avanti si partisse. Io non mostrai né di fuggire, né di desiderare questa sua offerta, anzi generalmente lo ringraziai. Parlò di poi al duca: e ritrovandomi, e entrato seco sopra tali ragionamenti, mi disse aver trovato in questo Signore generalmente una buona e grande disposizione, e che in ultimo avendogli detto che a voler concludere le cose e fermarle bisogna ristringerle, se egli pareva che il duca suo movesse alcun partito, etc., rispose che non per ancora, e che lo farebbe intendere al tempo.Né bastandomi questo, io presi occasione di esser oggi a lungo con messer Agapito suo primo segretario, e parlando di queste cose l'uno e l'altro di noi, come da noi segretari, dicendo voler dire quello che ognuno giudicasse a benefizio comune, e ragionando a lungo, mi disse: "Guarda come stanno bene insieme le amicizie di queste due potenze: quelli che sono amici dei tuoi Signori, sono amicissimi del mio duca; quelli che sono inimici al mio duca, sono inimicissimi a tuoi Signori. I veneziani son sospetti all'uno ed all'altro, per avere questo duca tratta loro di mano la Romagna. Né era necessario a quelli tuoi Signori soldare al presente Mantova, perché non potevano essere offesi, essendoché questo duca non si possa mai più fidare di Orsini e di Vitelli. E contò che sopra volte lo avevano ingannato. Ma che gli pare bene che V.S. perdano una bella occasione, massime avendogli fatto occupare il luogo suo da altri, e che non sapeva quali convenzioni si potesse fare al presente con le S.V., essendo questo Signore glorioso, fortunatissimo e usato a vincere, e avendo accresciuto, poiché si fece la condotta, e voi diminuito; d'onde è ragionevole che si accresca piuttosto onore e grado con voi, che lo diminuisca. E narrato della buona fortuna sua, oltre alle imprese successive, venne a quell'ultimo accidente, dicendo che sua Eccellenza non poteva chiedere a lingua cosa che fosse più a suo proposito, essendo seguiti questi movimenti: che dove forse gli Orsini speravano far risentire ogni uomo contro sua Eccellenza, ogni uomo si è voltato e scoperto in suo favore;$646$avendogli V. S. mandata ambasciata, i veneziani scrittogli, la Maestà del re mandandogli gente; soggiungendo chedi una fortuna verde' a questo modo si debbe pur far quale che conto. E in tale ragionamento, che non fu breve, ritoccò due altre volte che della condotta, quando non si avesse a riguardare indietro, per l'avvenire non se ne poteva toccare alcuna cosa.Io non voglio tediare le S.V. con dire quello che io risposi; fo solo fede di questo alle S.V., che io dimenticai poche delle risposte a proposito delle cose di sopra; ma infine io non ne trassi altro se non conoscere che questo Signore ha gli occhi volti a quella condotta.

Né voglio mancare di dire alle S.V. che quel segretario di Ferrara, discorrendomi qual cagione potrebbe fare ire il duca rattenuto, disse credere che ne abbia scritto al papa, e volere in questo caso procedere co' piè suoi; e io penso che ce ne potesse essere due altre: o non volere a nessun modo, poiché le cose sono rischiarate qua, cancellare questa condotta, e per questo volere aspettar tempo, etc., ovvero vuole aspettare, avanti che la cosa vada più oltre, che il gonfaloniere futuro sia in Palazzo: il qual ordine ha dato tanta reputazione a codesta città, che non è uomo lo credesse.Io non so né debbo, magnifici Signori, giudicare altrimenti queste cose; seguirò solo in darne notizia di tempo in tempo, come le si troveranno; e per insino ad ora da 4 dì in qua elle hanno fatto questa mutazione che voi intendete; e quanto più bel tempo fia, tanto più sarà difficile a lavorare questo terreno. Una cosa sola e con riverenza voglio dire alle S.V., che se fate cavalcar presto il marchese si ridurrà al ragionevole sempre chi se ne discostasse. Bene valete.

%1502 ott 14, LC$648$Magnifici, etc. Le S.V. dovranno avere inteso dalle mie degli 11, 12, e 13 del presente, mandatevi per Baccino cavallaro, quanto sia seguito fino a qui; né mi occorre molto per questo: nondimeno avendo occasione di [...] Spinelli, che da Bologna è oggi capitato qui, e ne viene costì con diligenza, scriverò alle S.V. quel poco che occorre.Per altra mia ho scritto alle S.V. che questo Signore avea mandato un cavaliere Orsino a quelli Orsini della dieta ad intendere la mente loro, e a vedere se gli era via a ridurgli. Tornò ieri detto cavaliere, e quello che si operasse io non lo so particolarmente; ma solo ho inteso questo, che Paolo Orsino si era offerto venire qui, e che questo cavaliere era venuto per pigliare il sì dal duca, e ieri sera ne fu mandato in là con ordine, secondo ho ritratto,$649$che detto Paolo possa venir sicuro: e ci si aspetta fra due o tre dì. Questo degli Spinelli mi ha detto molte cose, le quali V. S. potranno intendere da lui; solo dirò questo particolare che lui dice avere ritratto in Bologna, che in questa dieta si era concluso per detto signor Paolo potesse venir qua e accordare con questo Signore, purché in ogni accordo si escludesse l'impresa di Bologna. Bene valete.

%1502 ott 15, LCMagnifici, etc. Questo giorno circa ore venti, essendo a Corte, arrivò il cavallaro di V. S. con le loro de 13, le quali, per contenere circa la pratica ec. quel medesimo effetto che

quelle avevo ricevute prima de' 10 dì, non essendo di molta importanza, massime avendo io risposto a quelle largamente per le mie degli 11 , 12 e 13, non mi sarei curato di entrare altrimenti all'Eccellenza di questo signore, se non vi fosse stato incluso dal Borgo circa la mossa dell'artiglierie e de' fanti; il quale parendomi di momento, e da farne grado con V. S. cercai di avere udienza; ed essendo lui occupatissimo in vedere in viso certe fanterie che gli passavano avanti del palazzo ad uno ad uno per rassegnarsi, detti ad un suo segretario la copia del capitolo di Giovanni Ridolfi che lo presentasse al duca come cosa importante; il quale come lo ebbe letto, mi fece chiamar dentro, e mi disse: "Che credi tu di questo avviso?" Il quale letto che io l'ebbi, gli dissi, che se io avevo a misurare tale avviso dal luogo dove si scriveva e dall'uomo che lo scriveva, io non lo potevo se non affermare per vero, per essere il Borgo lontano da Castello cinque miglia, e Giovanni esser uomo prudentissimo e di tanta stima quanto alcun altro in codesta città. Al che lui disse: "Io mi indovino come va questa cosa. Tu vedi che egli ha $650$mosso le fanterie e le lance spezzate, e non gli uomini d'arme, il che significa che vuole potersi scusare con ogni uomo di non mi essere traditore, come non potrebbe, se mi offendesse con le genti che io ho pagate. Può ancora Vitellozzo questa mossa dell'artiglieria simularla, perché avendo lui certi pezzi di artiglieria di mio, e più giorni sono avendogliene io mandata a richiedere, può dare a intendere a quelli miei soldati che me la rimanda e che me la rimanda accompagnata, perché quelli d'Agobio non gliene tolghino, e a quelli di Agobio può dare ad intendere di venire in loro soccorso. Ma presto si dovrà vedere che effetto ne segua, e a me pare mill'anni di vedergli scoperti, ancorché io non creda che gli Orsini si scuoprino per certe pratiche vanno attorno; e quelli miei soldati si dovevano questo dì rappresentare ad Urbino". E così su questo ragionamento stato alquanto, io avendone l'occasione, gli dissi quanto apertamente le V.S. avevano fatto favore al Grechetto e al Bianchino e quanto volentieri avevano dato licenza al Maglianes; e benché le cose sieno piccole, pure di cose piccole si fanno le grandi, e che gli animi degli uomini si conoscono etiam in minimis. Dipoi brevemente gli replicai, secondo le commissioni vostre, la buona disposizione di V. S. in ogni altra cosa, ragguardandosi sempre quello che fosse ragionevole e possibile, e avendovi quei debiti rispetti che si convengono; ringraziandolo ancora della buona risposta mi aveva data due volte de' salvicondotti, e quanto a V. S. sarebbe a grado che sortisse presto effetto etc. Sua Signoria alla prima parte ringraziò sommamente le V. S., dicendo che reputava ogni minimo benefizio che ricevesse da quelle per grandissimo, e usci di simile ragionamento

generalmente, pure con parole grate e amorevoli. E alla parte de' salvicondotti, chiamò messer Alessandro Spannocchi, e gli disse: "E' si vuol esser qui con il segretario, e vedere di dar forma a questo salvocondotto". E così mi partii da sua Eccellenza, avendo avuto seco più ragionamenti, e massime quanto il re di Francia è volto a fargli piacere, e che vi era stato il dì d'avanti Odoardo Bagliò a raffermare di bocca quello che quella Maestà gli aveva scritto più volte, e che presto se ne vedrebbero i segni.Io scrissi sì largamente alle S.V. per la mia de' 9 tenuta a' 10, delle forze che aveva questo, e gli aiuti che egli sperava, che io giudico non esser necessario scriver più; e $651$sono in tanto miglior condizione le cose sue, quanto si è inteso poi l'animo de' veneziani non essere per offenderlo; e vedesi al di sopra in quello stato d'Urbino, che lui aveva messo fra i perduti, al che si aggiunge, se è vero, che questi Orsini sono calati e sieno per calare; né di questi se ne è inteso poi altro, non ostante che si dica il signor Paolo Orsino essere per venir qui, come per una di ieri scrissi alle S.V. Ha, oltre di questo, questo Signore condotto il signor Ludovico della Mirandola con 60 uomini d'arme, e 60 cavalli leggieri. Ha, oltre di questo, ordinato che il figliuolo del generale di Milano, che si diceva già il generale di Savoia, il quale mandò a soldare quei 1500 fanti svizzeri, raccolga per la Lombardia insino 150 uomini d'arme e vogliene dare in condotta. Talché le genti d'arme, che crede trovarsi tra un mese, sono queste. E prima fra i suoi gentiluomini, e quelle tre compagnie degli spagnuoli di che io vi scrissi, e quelli che raccoglie ne' suoi paesi di Romagna, aggiugnere alla somma di 500 uomini d'arme: dipoi ci è il signore Ludovico e questo figliuolo del generale, che saranno circa 210, e fa conto di avere altrettanti cavalli leggieri quanti uomini di arme. Delle fanterie stimo che se ne trovi in Siena e in quello d'Urbino 2500 in circa, e ne avrà tante più, quanto egli avrà danari, e sino a qui si vede che ne fa radunare da ogni parte.Quanto alla Poscritta, che V. S. mi scrivono, di temporeggiare, non ne obbligare, e cercare d'intendere l'animo suo, mi pare fino a qui aver fatto le due prime cose, e della terza essermi ingegnato; di che per la mia dei 13 avendo scritto appieno, e di poi non ne avendo ritratto altro, mi par superfluo rientrarvi. Credo bene che, oltre alle altre cagioni che io scrissi che potevano fare star sospesa sua Signoria, ce ne possa essere un'altra, e questo è voler farvi in questo caso regolare a Francia, poiché voi mostrate di aspettare il consenso di quella.Fu qui ieri, come di sopra si dice, Odoardo Bagliò: visitailo, né ebbi comodità trarre da lui alcuna cosa, di che feci non molto conto, dicendomi di avere in commissione di essere

costì a V. S.Messere Alessandro Spannocchi mi disse essere tornato in palazzo, aver riparlato al duca del salvocondotto, e in effetto questo farlo generale pare una certa cosa da dare piuttosto carica al duca che no. E volendogli io rispondere, $652$mi disse: "Saremo domani insieme con messere Agapito, e vedremo quello si potrà fare". Né posso di re di questa cosa altro, se non che lo scrivere a detto messere Alessandro da qualche suo amico costì sarebbe mol to a proposito. Di verso Bologna non sintende alcuna cosa, e di verso Urbino non ci è poi altro. Mi raccomando alle S.V.

%1502 ott 16, LCMagnifici, etc. Le S.V. per l'alligata vedranno quello che, dopo l'arrivare delle vostre de' 13, io abbia ragionato con l'Eccellenza del duca, e appresso quanto io scrivo delle cose di qua. Mi son risoluto a scrivere da parte questa alle S.V., parendo così a proposito.L'Eccellenza di questo Signore sull'avviso di Giovanni Ridolfi, che significa la mossa delle artiglierie e delle genti di Vitellozzo, mi disse, se mi ricordo bene: "I tuoi Signori hanno avuto due rispetti di non fare accostare qualche gente loro a quei confini di Vitellozzo: l'uno di aspettare l'ordine del re, e il modo come abbiano a procedere ne' movimenti di qua; l'altro, le poche genti che hanno, e gli assai luoghi che hanno a guardare. E perché io desidererei assai che si avanzasse tempo, e che quei Signori mi mostrassero qualche favore, io risolvo questi due rispetti a questo modo. E circa il primo del re, tu puoi accertare, che io ne sono più certo che della morte, che quella Maestà vorrebbe che tutto il popolo fiorentino venisse in persona in aiuto delle cose mie, e ne vedranno presto la risposta risoluta; l'altro, dell'aver poche genti, scrivi a quei tuoi Signori che, se per levare qualcuna di quelle genti donde sono, ne segue inconveniente alcuno, io sono $653$per muovermi in persona in loro aiuto e per sostenere ogni peso di guerra. Né voglio che facciano altro che mandare in quei luoghi finitimi a Castello 50, o 60 cavalli, 300 o 400 comandati, farvi tirare due pezzi d'artiglieria, comandare in quei luoghi un uomo per casa, far fare mostra e simili cose. E di questo io ti gravo ne gli richiegga con quella efficacia che tu saprai".Queste furono quasi le parole sue formali, ed io non mancai di mostrare a sua Eccellenza la scarsità delle genti nostre e i dubbi che vi erano a levarle: il che nonostante ha voluto ad ogni modo che io ve ne scriva e richiegga; il che convenne promettergli, e l'ho fatto da parte alla lettera ordinaria, acciò voi possiate, senza pubblicare cotesta richiesta del duca, quando giudichiate che sia bene

compiacerne, farlo più cautamente e mandare verso il Borgo e Anghiari qualche comandato, far fare rassegne e altre cose che chiede, o tutte o parte, sotto colore di aver sospetto, e dall'altra parte di qua metterlo in grado: e di due si potrà dir quattro, per non poterne questo Signore avere gli avvisi certi. E prego le S.V. che non m'imputino questo né a consiglio né a presunzione, ma lo scrivino ad un'affezione naturale che deve avere ogni uomo verso la sua patria. E di tutto aspetto risposta, e presto.

%1502 ott 17, LC$654$Magnifici Domini, etc. Le S.V. per le ultime mie, le quali mandai ieri per il cavallaro, avranno inteso quante intendevo delle cose di qua, e quello mi occorreva in risposta alle loro de' 13, di che attendo risposta. Restami$655$per la presente avvisarvi come questo giorno circa le ore diciotto l'Eccellenza del duca mandò per me a casa, e giunto a sua Eccellenza, mi disse: "Io voglio seguire nell'istituto mio di conferirti, quando intendo cosa che riguardi o a quei Signori o in comune a ciascuno di noi. Io ho oggi ricevuto questa lettera di Siena da uno mio che mandai là". E lessemi un capitolo di essa, il quale conteneva come gli Orsini si erano avviati con le loro genti verso Cagli, non come nemici, ma con dire che il cavaliere Orsino, che aveva parlato loro da parte del duca, aveva detto che se gli Orsini volevano essere amici del duca, si ritirassero con le genti verso lo stato di Urbino. Oltre di questo, che i fiorentini avevano cercato di essere loro amici, facendogli patti onorevoli. Soggiungeva poi chi scriveva, che gli Orsini infatto sariano buoni amici di sua Eccellenza quando egli volesse lasciare l'impresa di Bologna, e entrare o nello stato de' fiorentini o in quello de' veneziani. E come sua Eccellenza mi ebbe letto questo capitolo, disse: "Tu vedi con quanta fede vengo con voi, e credendo che voi veniate di buone gambe ad esser miei amici, e quelli tuoi Signori non m'ingannino, e devino pure al presente aver più confidenza in me che per il passato; né io per la mia parte sono per mancare del debito".Io alla prima parte lo ringraziai per parte delle S. V. della liberalità usata circa il comunicarmi la lettera; ed all'altra gli dissi che, se io avevo a parlare a sua Signoria secondo la commissione avuta al partir mio e secondo le lettere dipoi ricevute da V. S., io non potevo se non attestargli un buono e perfetto animo vostro verso di lui: distendendomi poi in questo parlare quanto mi parve necessario, secondo l'ordine che ho dalle S.V. E ragionando poi insieme di questi Orsini, dove si trovavano con le loro genti, e che animo sia il loro, disse aver nuove per altra

via che si trovavano a Cagli, e che quelli di Cagli alla giunta loro avevano voluto dare la battaglia alla rocca, e che gli Orsini non avevano voluto; e che essendo detti Orsini domandati da' detti uomini di Cagli se erano qui per offendergli, risposero che no, ma che non erano anche per difendergli: e che vanno così temporeggiando la cosa. E così mi partii da sua Signoria, e mi è parso, per il discorso da lui fatto e per molte parole usate, che saria lungo scriverle, averlo trovato questo dì più desideroso di fermare $656$ il piè con le S.V. che altra volta, quando ultimamente gli parlai.Né voglio mancare di scrivere alle S.V. quello che mi ha parlato uno di questi primi suoi, il quale non allegherò essendone così pregato da lui: col quale avendo io ragionamenti delle cose presenti, lui cominciò a biasimare questa tardità che si faceva tra le S.V. e sua Eccellenza circa l'intendersi, e stando su questo ragionamento, mi disse: "Quello che io dico teco è manco di due sere che lo dissi con il signor duca, dicendogli che egli era bene trarne le mani, parendo, anzi, essendo la cosa facile, perché i fiorentini hanno della voglia, e sua Signoria della voglia; l'uno e l'altro ha de' nemici e ognuno ha da tenere gente d'arme, ognuno ha da difendersi, e facilissima cosa è convenire in tutte queste". Al che dice che l'Eccellenza del duca rispose: "Perché stanno adunque quei Signori, che non mi muovono qualche partito? Né altro mi fa stare in gelosia di loro, se non il non si dichiarare, né si fare intendere. Né io desidero per altro che sia mossa da loro qualche cosa, se non perché tutto quello si concludesse, fosse più stabile". Quello che io rispondessi non accade replicare. Ho voluto solo darvi questo avviso, acciò le S. V. possano per questo meglio intendere l'animo di questo Signore, o vogliam dire, meglio congetturarlo.Erami scordato scrivere alle S.V. come nel parlare oggi, questo Signore mi disse: "Questo mio uomo che mi scrive da Siena, mi dice come quei tuoi Signori hanno mandato un loro uomo là che tratta di fare certa tregua". Io gli risposi essere al tutto nuovo di quello si trattasse fra V. S. e quei senesi, né sapevo che tregua si potesse essere, se già non fusse quella che si fece nel 98 per cinque anni, la quale avendo a spirare fra sei o otto mesi, era facil cosa si cercasse fermarla. Dimandommi che condizioni aveva seco. Risposi: non si offender l'uno l'altro e non dare aiuto ad alcuno esercito nemico per offendere lo stato dell'altro, il che lui mostrò credere.Di verso Urbino s'intende come l'esercito di questo Signore, che aveva ordine di accostarsi a Urbino, non è passato Fossombrone: chi dice per amor del tempo, chi per esser entrata una bandiera di fanti di Vitellozzo in Urbino, o forse per esser venuti a Cagli gli Orsini, come di sopra si dice.

Qui si trova mille fanti che hanno la spesa` di questo $657$Signore; né credo sieno iti avanti per la scarsità di danari, e tuttavia se ne aspetta da Roma per via di costì buona somma. Gli ordini di che io ho scritto altre volte, e delle genti francesi e di quelle che fa di nuovo a cavallo e a piè, si attendono a sollecitare continuamente, e tutto giorno tornano suoi mandati di Lombardia, e di nuovo ne manda.Tornò iersera quel cavaliere Orsino da Perugia, di che io ho scritto altra volta. Quello che porti non lo so. Congetturo sia quel medesimo che scrive il mandato del duca da Siena, di che si dà notizia di sopra. Altro non ho che scrivere alle S.V. se non che se quelle mi domandassero quello che io creda di questi moti, risponderei praestita venia, credere che a questo Signore, vivente il pontefice e mantenendo l'amicizia del re, non mancherà quella fortuna che gli è avanzata sino a qui, perché quelli che hanno dato ombra di volere essere suoi nemici, non sono più a tempo di fargli gran male, e manco saranno domani che oggi.

%1502 ott 20, LC$659$Magnifici, etc. Avanti che io ricevessi ieri la vostra dei 17, alla quale si risponde per l'alligata, l'Eccellenza di questo signore mandò per me, e mi disse aver lettere di Francia da monsignor d'Arli contenenti come l'oratore di V. S. era stato per parte vostra da quella Maestà, e narratigli questi movimenti degli Orsini e diete fatte, e altri movimenti contro la Santità di Nostro Signore, e lui mostratogli la coda che poteva aver questa cosa, e confortatolo a volerci mettere le mani, e in ultimo dicendogli che V. S. erano portate a fare tutte quelle dimostrazioni in favore di Nostro Signore e suo che le potevano, quando paresse così a sua Maestà. Al che dice la Maestà del re avere rispostogli molto caldamente in favor suo, e che è contentissimo; e quanto più gagliardo fia l'aiuto, tanto più l'avrà caro, e che lo facessero con le genti d'arme e con ogni altro modo. Al che rispondendo l'ambasciatore che di gente d'arme V. S. erano scarse, rispose il re che dava loro licenza ne traessero di tutti gli stati suoi per farne in benefizio della Chiesa.E narratomi tale avviso, soggiunse: "Scriverai a quei tuoi Signori, mi avessero mandato in aiuto dieci squadre di cavalli. E scriverai loro che io son parato a fare con loro un'amicizia ferma, indissolubile, dalla quale eglino abbino a trarre tanto frutto, quanto si può sperare e da miei aiuti e dalla mia fortuna"; soggiungendo che poiché la Maestà del re è in questa opinione, della quale V. S. ne debbono ancora esser chiare, vorrebbe si fosse mandato ad effetto quello di che io vi scrissi per la mia de 16, la quale si mandò per

Giovanni di Domenico cavallaro nostro: il che io non replico altrimenti, e di più che le V. S. facessero intendere agli Orsini e a quelli altri capi loro seguaci, o per lettera o a bocca come paresse a quelle, sotto colore di scusarsi, mostrando esser forzati a seguire i commandamenti o ricordi della Maestà del re: che quando sua Maestà volesse che voi favorissi la Santità di Nostro Signore contro qualunque, che voi saresti necessitati a farlo. E qui mostrò che V. S. gli farebbero benefizio grande e che io vi scrivessi subito.$660$Entrossi poi in vari ragionamenti, e io non mancai di quell'uffizio che io devo in ogni cosa che si parlasse, né mi pare di scriverlo per non importar molto. Dico solo questo, che ragionando di Pandolfo Petrucci, mi disse: "Costui mi manda ogni dì o lettere o uomini apposta a farmi intendere la grande amicizia che tiene meco"; ma che lo conosceva. Dissemi come gli era stato scritto di più luoghi, come voi confortavi i bolognesi a rompergli guerra e, chi scriveva, diceva che voi lo facevi o per desiderare la rovina sua, o per far seco accordo più onorevole: il che disse non credere per tutti i riscontri, e massime per quelli avuti di Francia. Valete.

%1502 ott 20b, LCMagnifici, etc. Per Baccino cavallaro ieri circa a ore 20 ricevei lettere di V. S. de; 17 con le copie delle lettere mandate costì da Perugia. Le quali come ebbi ricevute, subito mi presentai all'Eccellenza di questo Signore, e narratogli prima quanto le S.V. mi scrivevano dell'aspettare avviso di Francia, e del buon animo loro, e della cagione di avermi mandato questo cavallaro, gli lessi le copie di queste lettere, le quali udite che ebbe, ringraziò prima assai le S.V. delle amorevoli dimostrazioni che fanno in ogni cosa verso di lui, allargandosi qui con parole amorevoli e larghe, promettendo qualche volta riconoscerle quando il tempo ne desse occasione. Dipoi disse che quei 600 uomini d'arme, di che questi suoi avversari fanno conto, torneranno meno qualcuno alla rassegna, e ridendo disse: "Fanno bene a dire, uomini d'arme in bianco, che vuol dire in nulla. Io non voglio bravare, ma voglio che gli efetti, quali sieno questi, dimostrino chi loro sieno, e chi$661$noi. Ed io gli stimo tanto meno, quanto gli conosco più, e loro e loro gente; e Vitellozzo, a chi si è data riputazione, mai posso dire di averlo veduto fare una cosa da uomo di cuore, scusandosi col mal francioso: solo è buono a guastare i paesi che non hanno difesa, e a rubare chi non gli mostra il volto, e a fare di questi tradimenti; e a questa volta egli ha chiarificata la cosa di Pisa, né più ne può dubitare persona, avendo tradito me, essendo mio soldato, e avendo avuto i miei danari". E in questo affare si diffuse assai,

parlando così pianamente, senza mostrarsi altrimenti alterato.Io risposi a sua Eccellenza quello che mi occorse, né in questo ragionamento, che non si spiccò così presto, mancai di fare l'ufficio mio per mantenerlo in opinione che non si possa e non si debba mai più fidare di loro, facendogli toccar con mano molte cose seguite per il passato, quando si mostravano amici, che tutti loro macchinavano e ordivano contro sua Eccellenza: e [di] tanto egli fu capace. E mi sforzo per ogni verso farmi uomo di fede appresso sua Eccellenza, e potergli parlare domesticamente, ancorché il temporale ne aiuti, e le dimostrazioni che V. S. hanno fatte sin qui verso di lui. Né per ora da sua Signoria ritrassi altro, né io gli entrai sulle cose di Urbino, non vi entrando da sé medesimo, per non l'offendere e poterlo intendere in buona parte per altra via.Una volta, magnifici Signori (come le S.V. possono avere inteso di costà forse più veramente che io di qua, perché in questa Corte le cose da tacere non ci si parlano mai, e governansi con un segreto mirabile), questi Orsini, Vitelli e altri collegati si sono al tutto scoperti e non simulano più, come sua Eccellenza mi disse, e secondo che io vi scrissi per la mia de' 17; e tre dì sono dettero come una rotta a don Michele e don Ugo e messer Ramiro, e gli misero in Fossombrone; e si dice esser don Ugo preso, don Michele ferito, e messer Ramiro ritirato a Fano con la maggior parte della gente; e chi dice che hanno al tutto abbandonato Fossombrone, e chi che vi hanno lasciato qualche 300 fanti. Come si sia, i particolari non importano, una volta questi del duca si sono ritirati e hanno avuto delle busse, né s'intende altri percossi di poi.Circa il duca Guido, venne qui sentore quattro dì sono, che si era partito da Venezia per entrare nel ducato: onde questo Signore mandò subito molti suoi uomini per $662$vedere d'impedirgli il cammino; né si è poi inteso dove sii capitato. Chi dice che egli sia in Urbino, chi in S. Leo, chiche non è ancora passato; né io posso scrivere se non quello che intendo, né intendere se non quello che posso.Di verso Bologna non si muove persona, né pare che ancora se ne dubiti. Le provvisioni di questo Signore, di che per più mie ho scritto, si sollecitano da ogni parte, e ha spesi, poiché io fui qui, tanti danari in cavallari e mani. datari, quanti un'altra Signoria non spende in due anni;né resta dì e notte di spedire uomini; e ieri sera mandò due suoi gentiluomini, e con loro Guglielmo di N. di P. diBonaccorso, che lo ha servito e parla bene francese, ad incontrare le lance franzesi che vengono; le quali devonoessere, secondo mi disse sua Eccellenza, a quest'ora da Modena in qua.

Io credo di spedire oggi il salvocondotto generale per la nazione; e pure ieri parlandone con sua Signoria, si crucciò che non era ancora spedito, e entrando su questo ragionamento mi disse: "Perché i miei sieno sicuri sul vostro ne ho io ad aver fede veruna?" Risposi che vedeva per effetto che non bisognava, ma quando sua Signoria volesse trarre un salvocondotto per gli uomini e sudditi suoi, che non gli saria mai negato. Raccomandomi alle Signorie vostre.

%1502 ott 21, LCMagnifici, etc. Ieri per Baccino cavallaro scrissi alle S.V. quello mi occorreva in risposta alle vostre de' 17, e dissi in entrare, come io credeva trarre il salvocondotto, pel quale andando a messer Agapito, lui mi disse che era fatto, ma che voleva la corrispondenza di un altro salvocondotto $663$dalle S.V. per tutti i sudditi del duca, e mi dette copia del suo, il quale vi mando con questa, acciò, parendo alle S.V., ne possiate fare uno simile a questo, e mandarmelo; e io trarrò subito quello di qua, e verrassi con questo scambio ad avere senza spesa, se a quelle tornerà a proposito così.Di nuovo non ci è poi innovato altro, se non che venne ieri sera qui messer Antonio di Venafro, uomo di Pandolfo Petrucci e mandato dagli Orsini, e dipoi partito questo dì: non so quello si abbia trattato. Userò diligenza d'intenderlo, e ne avviserò le S.V., alle quali mi raccomando.

%1502 ott 23, LC$668$Magnifici Domini etc. Questo giorno circa ad ore 20 per Francesco del Magno ricevve' tre di vostre Signorie: l'una de' 19 et dua de 21. Et veduto et examinato bene meco medesimo quello che nella prima et nell'altre si conteneva, mi transferi' alla Excellentia di questo Signore. Et narratoli con quelle parole mi occorsono la risposta fate sopra la dimanda sua, di che io scripsi per la mia de' 16, scesi alla venuta costì di messer Guasparre Peu, mandato del papa, et alle domande sua; et le dua prime parte, circa le cento lance et il marchese di Mantua, resolve' l'una con la impossibilità, laltra con el non ne avere che fare del marchese per non cominciare l'obbligo prima che ad marzo; et quanto alla terza parte, circa la amicitia etc., narrai la deliberatione per voi facta di mandare uno uomo in diligentia al pontefice per intendere più da presso sua volontà et tractare cosa che fussi ad benifitio comune, non scoprendo in alcuna parte le commissioni sua, come nell'ultimo della ultima vostra lettera mi advertite. Né mancai di persuaderli con efficacia quanto le Signorie vostre sieno volte ad benificarlo, et quanto elle sieno discosto da lo intendersi con alcuno

de' suoi adversarii; et parendomi el capitulo della vostra lectera che tracta di questa materia ad proposito, liene comunicai.Sua Signoria mi ascoltò gratamente come ha facto sempre et ritiratosi ad una tavola dove erano certe lettere, dixe: "Io ti voglio mostrare, avanti che io ti risponda altro, una lettera che la Maestà del re scrive a' vinitiani, della quale monsignore d'Arli mi ha mandato la copia in franzese; et perché la intenda meglio, sappi che questi vinitiani, sott'ombra di carità, avevono facto dire alla Maestà del re da e loro oratori come, amando loro quella corona, avevono per male che lei avessi alcuna infamia per la Italia et che lo volevono come suoi amicissimi advertire di quello si diceva et quanto carico li arrecava e favori che li aveva dati et che cercava dare al pontefice et al duca di$669$Valenza, come ad coloro che usurpono el bene d'altri immeritamente, guastono le provincie con le guerre, fanno infiniti mali et infiniti inconvenienti, con disonore della corona sua che li permette; et che li altri carichi delle cose passate sono nulla rispetto ad questi li sono dati di Bologna, avendola sua Maestà in protectione. Le quali cose avendo intese el re, fa loro questa risposta per lettera acciò che possino rivederla più volte et intendere meglio la mente sua". Et mi lesse tucta la lectera, la quale in effecto iustificava tucte le calupnie; et appresso concludeva che voleva redurre tucte le terre della Chiesa ad obbedienza di quella, et che se alle imprese del papa loro si contrapponessino, li tracterebbe come inimici.Et come sua Excellentia la ebbe lecta, mi dixe: "Io ti ho detto più volte, et questa sera te lo dico di nuovo, che non ci mancherà favori: le lancie franzesi saranno qui presto et così e fancti oltramontani che io ho disegnati più dì sono; et de' nostrali vedi che io ne soldo ogni giorno; et così né el papa ci manca' di danari, né el re di gente; né voglio bravare di fare et di dire se non che per adventura e nimici mia si potrebbono pentire de tradimenti che mi hanno facto". Et entrando con el ragionamento negli Orsini, dixe: "E' mi hanno facto per ultimo el maggiore tradimento si facessi mai: tu sai, come io ti dixi ne giorni passati, che mi avevono scripto venire nello stato dUrbino per mio ordine et ad mia posta per essere suto detto loro così dal cavaliere Orsino; il che credendomi, per avere levato la battaglia da la roca di Cagli, come ti dixi, scripsi ad don Ugo si facessi avanti con le genti verso Urbino perché li Orsini venivono in favore mio dall'altra parte: et così fece; et se non che badò per la via ad sacheggiare dua castellucci, quelli miei erano tagliati tutti ad pezi, e quali passando pure avanti ed essendo assaltati da gran numero di villani fumo etiam investiti da quelli Orsini che avieno ad essere amici. Ora sono scesi nel contado di Fano, pigliono

solamente el vitto loro et dicono che sono mia amici; et Giampagolo così amico volle entrare in Fano et non li riuscì. Sì che vedi come e si governono: tengono pratiche d'accordo, scrivonmi buone lettere et oggi mi debbe venire ad trovare el signore Pagolo, domani el cardinale`; et così mi scoccoveggiono a loro modo; io da l'altro canto temporeggio, porgo orechi ad ogni cosa et aspetto el tempo mio. Et per rispondere ad quello che tu $670$m'hai detto da parte de tuoi Signori, facil cosa mi è acceptare tucte le scuse perché le conosco fondate in su la verità; né posso più tenermi contento di loro che io mi faccia; et quello, che li scrivono di essere ito ad Siena sarà vero et perché lo riscontro; sì che offerisci loro per mia parte tucto quello che io posso et vaglio. Et quando tu ci venisti da prima, io non ti parlai così largo per trovarsi in assai cattivo grado lo stato mio, sendosi ribellato Urbino non sappiendo che fondamento avessi, trovandomi in disordine d'ogni cosa et con questi stati nuovi; né volsi che quelli tuoi Signori credessino che 'l timore grande mi facessi essere largo promettitore. Ma ora che io temo meno, ti prometto più; quando non temerò punto, si adgiugneranno alle promesse e facti, quando bisogneranno". Et avendo io ad questi suoi ragionamenti, che furno come io ve gli scrivo, replicato convenientemente et essendo rientrati ad parlare delli Orsini et d'accordo, mi parve ad proposito dirli come da me: "La Excellentia vostra vede quanto liberamente e mia excelsi Signori son venuti et vengono seco; che in sul colmo de' periculi suoi mi mandorno ad farvi certo del loro animo et ad assicurarvi di loro, non si curando che e' s'intendessi per darne reputatione ad sua Excellentia et torla alli inimici suoi; vede ancora come hanno tagliata ogni pratica con quelli; hanno aperto le loro strade et tucto el loro territorio a' commodi di sua Signoria: le quali cose sono da stimare assai et meritano dessere riconosciute et tenute ad mente; per tanto io ricordo ad vostra Excellentia che dove si avessi ad tractare d'accordo con Orsini o altri di loro, quella non concluda alcuna cosa difforme allo amore dimostroli et alle parole buone che li ha sempre usate".Ad che sua Excellentia rispose: "Non ci pensare punto. Tu sai che ci è stato mescer Antonio da Venafro da parte di quelli Orsini et fra molte altre sue novelle che mi ha dette, mi metteva partito avanti di mutare stato in Firenze; ad che io li risposi che lo stato di Firenze era amico del re di Francia del quale io ero servitore, et che tale stato non mi aveva mai offeso, anzi, che era meglio, che io ero tuctavolta per capitulare seco. Ad che lui dixe: "Non capitulare ad nessuno modo; lasciami andare et tornare et fareno qualcosa di buono". Et io per non li dare appicco, dixi: "Noi siamo tanto avanti che non può stornare". Pertanto io ti dico di nuovo che io sono per udire et

intractenere $671$costoro, ma non mai per concludere contro ad quello stato, se già e non me ne dessi occasione; et se questo messer Antonio ritorna, io ti prometto dirti quanto da lui mi fia detto che riguardi a' casi vostri; et farollo ad ogni modo". Et così finito questo ragionamento et molti altri che non sono ad proposito narrare, mi parti' da sua Signoria.Le Signorie vostre intendono le parole che usa questo Signore, delle quali io non ne scrivo la metà; considerranno ora la persona che parla et farannone iuditio secondo la solita prudentia loro. Circa ad lo essere delle cose di qua, lo stato di questo Signore, poi che io fui qua, si è recto solo in su la sua buona fortuna: della quale ne è stato cagione la opinione certa che si è auta che il re di Francia lo subvenga di gente et el papa di danari; et un'altra cosa che non li ha facto meno gioco: et questo è la tardità usata da e nimici ad strignerlo. Né io giudico che al presente e sieno più a tempo ad farli molto male, perché egli ha proveduto tucte le terre importanti di fanterie et le roche ha fornite benissimo: tale che essendo gli animi raffreddi insieme con tali provisioni, lo fanno stare securo ad potere aspectare le forze; et queste terre conoscono che avendo le forteze in corpo et facciendo pactìa alcuna, venendo poi e franzesi, la tornerebbe loro sopra ad capo; et questo sospecto solo le farà stare ferme o tucte o la gran parte di epse.Ha questo Signore facto ridurre don Michele ad Pesero con quelle tante genti li rimasono, come terra più sospecta. Fano ha lasciato ad discretione degli uomini suoi, come terra più fedele. In Rimini ha messo buona guardia, della quale terra ne è stato et stanne in gelosia. Di Cesena, Faenza et Furlì non dubita molto, sì per essere e furlivesi nimici di Madonna et per non avere quelle altre dua terre signori. Truovasi la persona sua qui in Imola per resistere a movimenti de bolognesi; et così ordinato, non manca di sollecitare le provisioni per uscire in campagna, le quali consistono solo nella venuta de franzesi. Et questo dì è tornato Raffaello de Pazi et dice che ad ogni modo li debbono essere ora in Ferrarese et ha lasciato 800 guasconi ad ...discosto qui trenta miglia. Sono venuti oggi qui 600 fanti ferraresi che questo signore mandò ad fare là. Ha expedito oggi el cancellieri del signore della Mirandola con danari et mandato ad levarlo, et lui li ha promesso essere qui in dieci dì con le genti.$672$Da l'altra parte, da l'uno lato e nimici sono intorno ad Fano et oggi si dice che vi sono ad campo, et dall'altra gente adsai de' bolognesi si truovono ad Castel Sampiero, et dua dì hanno scorso et predato el paese, et questa sera si dice che sono intorno ad Doccia, presso qui ad tre miglia. Faccino ora quello iuditio le Signorie vostre che parrà alla prudentia loro.

Avendo le Signorie vostre mandato uno ad Roma, la stanza mia qui è superflua: pregovi siate contenti darmi licentia, perché le cose mie rovinono costì et io ho speso tucti e danari mi desti, come sanno qui e servidori mieiPostscripta. Siamo ad dì 24 et dicesi che questa sera abberga ad Cesena el signore Pagolo Orsino per venire ad questa volta domattina ad abboccarsi con questo principe:

%1502 ott 27, LC$674$Magnifici Domini. Per le mia de' 23, tenute ad 24, feci intendere ad le Signorie vostre quello mi occorreva ir risposta alle vostre de' 21; venne dipoi ieri che fumo ad dì 25 el signore Paulo Orsino in questa terra et si presentò ad questo duca vestito come da corriere, et dicono che per sua securtà el cardinale Borgia si è messo nelle mani d'Orsini. La venuta del signore Paulo è stata procurata assai da questo Signore; et lui, come chiamato, ci è venuto per excusare et iustificare le cose seguite et intendere adpresso la volontà del Signore et referirlo o scriverlo ad li altri; et questo dì, che siamo ad dì 26, ha spacciato uno suo verso Fano per trarre la totale resolutione da quelli altri suoi; né ho possuto trarre del parlare loro altre particularità, né credo posserlo fare, per essere questo Signore secretissimo et conferire con pochi. Una volta adcordo si tracta, et messer Giovanni ha mandato qua più volte al vescovo d'Euna; et ora dopo la venuta del signore Paulo viene spesso un cancelliere ad trovarlo mandato da messer Aniballe che si truova ad Castello Sampiero; et la preda, la quale tre dì sono feciono e bolognesi, si rendé tucta. Né quelli Orsini sono iti ad campo ad Fano, come si diceva, né questi Bentivogli si accamporno ad Doccia, come venne qui fama et io vi scripsi che qui si diceva: et così nessuno si muove et vedesi che il praticare d'accordo fa per il duca et che lo intractiene volentieri; che animo sia el suo, io non lo giudicherei.$675$Siamo ad dì 27 et essendo venute iarsera ad 4 ore lettere di vostre Signorie de' 25, mi conferi' questa mattina, come prima la Excellentia del duca fu levata, da sua Signoria; et parendomi la lettera vostra da comunicarla, liene lessi in la maggiore parte. Ringratiò, secondo la consuetudine sua, le Signorie vostre del loro fermo animo et della participatione facta per la venuta di messer Bino de Rossi, affermando non ne potere credere altro che si resonassin le parole et lo scripto vostro. Et entrando ad ragionare della venuta del signor Paulo et dello accordo, dixe: "Costoro non vogliono altro se non che io gli securi; resta ora trovare el modo el quale debba essere secondo certi capituli che si aspettono dal cardinale Orsino". Et sanza che io entrassi altrimenti in parole, soggiunse:

"Ad te basti questo generale: che contro alli tuoi Signori non si concluderà alcuna cosa, né io permetteria che in uno pelo e fussino offesi". Mostrò avere caro che si fussi mandato ad Roma, tamen non ricercò altro intorno ad questo caso, ma passollo.Circa ad Salvestro dei Buosi, io non mancai di raccomandarlo con quelle parole che le Signorie vostre mi commettono. Sua Signoria mi rispose: "E tuoi Signori vorrieno che questo si liberassi perché era loro amico: et io rispondo che tucti e miei subditi sono loro amici et servidori, et debbono amare più assai de miei che riceverebbono danno per la sua liberatione che questo solo. Basti questo, che non riceverà lesione alcuna, et quando sanza scandolo del paese mio si possa liberarlo, e si farà molto volentieri per loro amore".Le Signorie vostre mi scrivono che io di nuovo narri loro e termini in che si truovono le cose di qua; la quale cosa avendo facto largamente per la ultima tenuta ad dì 24 et presupponendo che la sia comparsa, non la replicherò altrimenti, sendo le cose nel medesimo essere che io vi scripsi; excepto che la preda facta da bolognesi è restituita et el campo non è ito né ad Fano né ad Doccia, come si diceva; vero è che oggi ci è nuove come la rocca di Fossombrone, che si teneva per il duca, è suta presa da e vitelleschi. Il che el signore Pagolo ha mostro dispiacerli et ha sparlato assai contro ad chi ne è suto cagione; et quanto allo accordo che possa seguire fra costoro, non intendendo altrimenti e particulari, se ne può fare male iuditio; et chi examina le qualità dell'una parte $676$et dell'altra, conoscie questo Signore uomo animoso, fortunato et pieno di speranza, favorito da un papa et da un re, et da costoro iniuriato non solum in uno stato che voleva adquistare, ma in uno che li aveva adquistato. Quelli altri si veggono gelosi delli stati loro, et timidi della grandeza di costui avanti che lo iniuriassino, et ora diventati molto più avendoli facto questa iniuria; né si vede come costui abbi ad perdonare la offesa et coloro ad lasciare la paura, né per consequens come egli abbino ad cedere l'uno all'altro nella 'mpresa di Bologna et nel ducato d'Urbino. Ragionasi che uno accordo ci potessi essere solo quando e' si potessino volgere unitamente contro ad uno terzo, dove né il duca né e collegati avessino ad diminuire le forze loro, ma più tosto ciascuna delle parti adcrescessi di riputatione et d'utile. Et quando questo avessi ad essere, non si potreno voltare altrove che o contro le Signorie vostre, o contro li vinitiani. La impresa contro alle Signorie vostre è iudicata più facile quanto ad voi, ma più difficile quanto ad el re; quella contro a' vinitiani più facile quanto ad el re et più difficile quanto a loro; quella sarebbe più grata ad questo duca et cotesta più accepta a' confederati; tamen non si crede né l'una né

l'altra, ma se ne ragiona come di cosa possibile; et così non truovo persona che si sappi determinare ad saldare el modo dello accordo fra costoro. Et chi pure si determina, crede che questo Signore sbrancherà qualche uno di questi confederati: et come li avessi ropti, non arebbe più ad temere di loro et potrà seguire le sue imprese; et io credo più questo per averne sentito smozicare qualche parola ad questi suoi primi minixtri, et ancora ho riscontro che Bentivogli dubitono assai di questa venuta del signore Paulo`; tamen questo è anche difficile ad credere in su questa collegatione fresca. Ora le Signorie vostre intesi e discorsi se ne fanno qua, ne determineranno meglio, come assai più prudenti et di maggiore experienza; et ad me pare si convenga scrivere loro tucto quello intendo.De' guasconi ne è venuta buona parte ad Castello Bolognese et e forrieri delle genti d'arme franzesi si aspettono qui di dì in dì.Di nuovo priego le Signorie vostre mi voglino dare licentia, perché quanto al pubblico, el temporeggiare più $677$non è necessario, et volendo concludere, bisogna uomo di maggiore autorità; quanto al privato, le cose mie costì vanno in disordine grandissimo, né qui si può stare sanza danari et sanza spendere. Raccomandomi ad le Signorie vostre.

%1502 ott 29, LC$681$Magnifici Domini etc. De' 27 furno l'ultime mia et scripsi quanto intendevo delle cose di qua. Andò dipoi el signore Paulo Orsino ad Bologna et è tornato questa sera et si dice pubblice che lo accordo è facto fra e collegati et questo duca, et che si aspecta solo el consenso del cardinale Orsino. Et ricercando io le conditioni di tale accordo, non ne ho possuto ritrarre cosa che mi satisfaccia: perché si dice essersi raffermi tucti e pacti vechi che questo Signore avea prima con messere Giovanni et con Vitegli et Orsini, et che lui debbe essere reintegrato d'Urbino; et che 'l duca di Ferrara promette per l'una parte et per l'altra. Dicesi qualche altra cosa, la quale io non narro per essere manco credibile di questa; et se lo appuntamento è facto, o se li è facto secondo el modo soprascripto, io non ardirei raffermarlo: perché, oltre ad questi andamenti d'accordo, io veggo ad questo Signore spendere in grosso per ordinarsi alla guerra, et pure ieri spacciò un ser Arcolano in Lombardia con parechi migliaia di ducati per sollecitare et il restante delle genti franzesi che debbono venire, et le altre genti a cavallo che lui ha facte ragunare sotto el figliolo del generale di Savoia: di che io vi detti notitia più giorni sono.Sento oltr'a di questo sparlare da questi suoi primi al secreto contro ad questi Orsini et chiamarli traditori; et pure stamani parlando con messer Agabito dello appuntamento, lui se

ne rise et dixe che lo appuntamento era un tiegli a bada. Et dal parlare del duca sempre ho ritracto che lui li temporeggierebbe volentieri, tanto che fussi ad ordine. Né posso credere anche che queste cose non fussino conosciute da quelli altri: sì che io mi confundo, et non potendo trarre alcuna cosa particulare da questi ministri, arei parlato al duca, ma non ne ho dipoi auto occasione; pure se domane non vengono vostre lettere, vedrò parlarli per vedere che termini usa intorno ad questo accordo.Et pensando se si fussi concluso alcuna cosa in disfavore di vostre Signorie, me ne fa stare con lo animo sollevato lo andare la cosa stretta et più tosto questi suoi secretarii $682$essersi insalvatichiti meco che altrimenti. Oltr'a di questo, uno che ci è per il duca di Ferrara, dove e' solleva convenire meco volentieri, mi fugge; et questa sera dopo cena messer Alexandro Spannochi usò certe parole che non mi piacquono: accennando che le Signorie vostre avevono auto tempo ad fermarsi con el duca et che li era passato. E quali cenni et andamenti mi è parso conveniente scriverli come io lintendo, acciò che le Signorie vostre pensino ad quello che potrebbe essere et ordinininsi in modo che ogni uomo non possa disegnare loro addosso.Siamo circa ore sei di nocte et è venuto ad me uno et referiscemi essere venute nuove in questo punto al duca come Camerino è ribellato; se fia el vero s'intenderà domattina meglio; et tanto doverrà essere più difficile lo accordo fra costoro, se già el duca non cedessi loro più volentieri, temendo di peggio. Valete.Siamo ad dì 30 et è arrivato el Zerino con le vostre de 28, in su le quali parlerò al duca et questa sera più largamente scriverrò delle cose di qua. Et questa mando per il Bianchino che parte in questo punto che siamo ad 20 ore; et viene costì per comperare cavagli etc. Et circa le cose di Camerino, di che di sopra si dice, in corte questa mattina non se ne parla pubblice, ma colui che me lo disse iarsera me lo rafferma et dice che ne ha vedute lettere diritte al signore Paulo, et che 'l duca lo ha pregato non lo squopra questo adviso: et io lo scrivo alle Signorie vostre come io lo intendo. Et iterum mi raccomando ad quelle.

%1502 ott 30, LC$683$Magnifici Domini etc. Io vi scrivo per la alligata quanto infino ad questa mattina ritraevo delle cose di qua; sono stato dipoi infino ad questa ora, che siamo ad 24, ad avere audienza da questo Signore: che non mi è intervenuto più così, ancora che qualche cosa giusta lo impedissi.Et presentatomi ad sua Excellentia, li parlai quanto mi commettete del buono animo vostro et come vostre Signorie attendevono la arrivata del loro mandato ad Roma et etc. Dipoi,

entrando in su questo accordo che si diceva essere facto, sua Signoria mi dixe come era fermo tucto; et domandatolo de' particulari, mi dixe che prima la Sanctità di nostro Signore perdonava loro liberamente tucto quello che li avevono facto in questa separatione contro ad sua Sanctità, dipoi raffermava alli Orsini et Vitelli le condotte consuete loro, et che di questo ne lui né el papa dava loro securtà veruna, ma che loro davono bene ad sua Excellentia per securtà loro figlioli et nepoti o altri ad electione del pontefice; obbligonsi ad venire alla recuperatione di Urbino et d'ogni altro stato che si fussi ribellato o che si ribellassi.Domandatolo se delle Signorie vostre si faceva alcuna mentione dixe che non; et ricercolo dipoi nelle cose di Bologna, dixe come e' se ne faceva libero compromesso in sua Excellentia, in nel cardinale Orsino et in Pandolfo Petrucci, et di nuovo mi attestò che di vostre Signorie non si era facto alcuna mentione, et mi promesse farmi dare la copia di decti capituli, e quali io m'ingegnerò di avere domani ad ogni modo, quando e' mi sieno observate le promesse. Et alla parte di quello che le Signorie vostre scrivono di amicitia et buono animo etc., lui rispose poche parole, pure amorevole, ma le passò leggiermente.Avanti che io fussi con la Excellentia del duca, andai parlando con qualche uno che mi suole mostrare affectione per amore delle Signorie vostre et che è in luogo che può intendere etc., et pugnendolo da ogni verso, quello mi dixe la conclusione essere fatta circa el medesimo effecto che mi dixe poi el duca; et in conformità di questo, $684$mi parlò uno altro che ha medesimamente buona parte de' secreti di questo Signore: et da tucti, sanza che io mostrassi altrimenti dubitarne, mi fu facto fede che questo Signore era suto sempre defensore, nel ragionare questa cosa, delle cose vostre. Ora le Signorie vostre considerranno le qualità delle offese et dello accordo et dipoi con loro prudentissimo iuditio ne iudicheranno; et io non ho possuto intenderne altro. Ingegnerommi bene mandare e capituli se mi fia observata la promessa et penseranno vostre Signorie che se si è appuntato pure nulla contro ad quelle, che io non sono per intenderlo, perché non è ragionevole che venga ad luce così presto; il che se può essere o no, ne farete iuditio voi.Questa sera sono arrivati e forrieri delle lance franzese et domani saranno qui loro; et questo Signore non resta di sollecitare tucte quelle altre genti che li aspecta di Lombardia, che sono el signore della Mirandola et quello figliolo o nipote del generale di Milano; ad che si è adgiunto el signore Fracassa et uno de' Palavisini, e quali questo Signore aveva condotti ad provisione, et ora si dice che li ha mandati loro danari perché ogni uomo di loro faccia` gente d'arme; et qui sono venuti danari

assai per la via di Vinegia, de' quali la maggiore parte ne ha mandati in Lombardia. Oltr'a di questo, qui sono tucti e mali contenti di Perugia, Castello et Siena, et ècci un di questi Savelli et pure ieri mi dixe un di loro che il duca non li ha voluti licentiare perché avevono chiesta licentia in su la opinione dello accordo; et se ce ne è alcuno di conto, non ha voluto che vadia fuora et ha parlato loro di notte. Et questa sera si è partito el signore Paulo Orsino et itone alla volta di Urbino.Oltre alla pratica che si è tenuta con la universalità de' collegati, messer Giovanni Bentivogli ne ha tenuta un'altra da canto con questo Signore et governatola per mezo di Tommaso Spinelli, el quale è ito più volte innanzi et indreto; et secondo mi ha detto questo Tommaso, quando messer Giovanni vedessi di assicurare bene e facti sua con questo Signore, sarebbe contento lasciare li Orsini ad discretione; ma voleva che la Maestà del re lo assicurassi. Et tra le altre particularità che si tractavono, el protonotario Bentivogli era contento lasciare la Chiesa et torre per moglie una sorella del cardinale Borgia; et per tractare queste cose venne Tommaso detto 8 dì sono, per un$685$salvocondotto per il protonotario, del quale spirò el tempo; onde dipoi iermattina tornò detto Tommaso per riavere un altro salvocondotto et questa sera si è partito con epso; sì che da questo si può misurare, quando così sia, che fede possa essere fra costoro et il fine che abbi avere questo principio di guerra, et dipoi questo accordo facto. Né altro per ora ho di nuovo, salvo che si è verificata la rebellione di Camerino, della quale per la alligata vi detti adviso; né mi parse poi mandarla per il Bianchino avendo commodità del cavallaro, el quale sarà costì domane ad ogni modo.Intendo come le Signorie vostre si dolgono che ' mia advisi sono rari, il che mi dispiace; et tanto più quanto ad me non pare possere migliorare, avendo scripto a 7, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 20, 23, 27; et queste sono de' 29 et 30. Raccomandomi alle Signorie vostre.E' mi era scordato dire alle Signorie vostre come, ragionando con messer Alexandro et ricercolo dextramente delle parole aveva usate, di che io scrivo per la alligata, quello rispose che non volse dire altro se non che vostre Signorie avéno perduta la occasione ad fermare a loro modo e facti loro con la Excellentia del duca perché sendo per questo appuntamento ritornati li Orsini sua amici, li bisognava avere de rispetti con loro che non aveva prima et che etiam quanto ancora più s'indugiava, tanto era peggio; né da lui posse ritrarre altro. Ricordo bene con reverentia ad le vostre Signorie el fare onore di qualche cosa particulare ad chi me le dice et che non li abbi ad tornare nulla alli orechi. Iterum

valete.

%1502 nov 1, LC$687$Magnifici Domini etc. Per le mie ultime de' 29 et 30, le quali mandai per il Zerino, cavallaro di vostre Signorie, quelle aranno inteso quanto mi è occorso in risposta alla loro de' 28 et quanto ho ritracto delli andamenti del signore Paulo et de' capituli facti fra e collegati et questo Signore, così da la bocca del duca, come da altri. Et perché el duca mi promisse farmene dare una copia, sono stato oggi dreto ad messere Agabito per averli, el quale in ultimo mi disse: "Io voglio dirvi la verità: questi capituli non sono ancora fermi in tucto, ma si è facto una boza che è piaciuta al duca et ad signiore Paulo, con la quale decto signiore Paulo è partito. Et quando e collegati la confermino, el signiore Paulo la può confermare in nome del duca; et il duca lo ha facto procuratore ad tale effecto. Et partito che fu el signiore Paulo, examinando il duca tali capituli, li parve vi mancassi uno capitulo che avessi rispecto ad lo stato et onore del re di Francia; onde che si formò subito un capitulo di nuovo ad tale effecto, et il duca mi fe' cavalcare dreto al signore Paulo con ordine che io li exponessi che sanza tale capitulo non voleva in alcuno modo concludere; et così raggiuntolo, lui recusò di adcettarlo; poi dixe che lo porterebbe ad li altri et non credeva che loro lo adceptassino. Et per questa cagione il duca non vuole che se ne dia copia; et non si è data né ad cancelliere di Ferrara né ad altri". Dipoi soggiunse detto messere Agabito: "O questo capitulo sarà accettato o no; se sarà accettato, si apirrà al duca una fenestra da uscirsi di questi capituli ad sua posta; et se non fia accettato se li apirrà uno uscio; ma di tali capituli, insino a li putti se ne debbono ridere, sendo facti per forza con tanta ingiuria del duca et con tanto suo periculo". Et così s'infocò in questo parlare assai. Et questo ragionamento io ho scripto così alle Signorie vostre perché mi fu posto in secreto; et raccolto questo con quello scripsi ieri, vostre Signorie prudentissime ne faranno conveniente iuditio; fo solum intendere questo come messere Agabito è colonnese et affettionato a quella parte.$688$Le Signorie vostre per la postscripta della loro lettere de' 28 mostrono li aiuti che questo Signore aspecta d Francia essere pochi et tardi; et per questo dubitate che sua Signoria trovandosi debole et co' nimici addosso, non facci qualche appuntamento con suo disadvantaggio et in preiuditio de' vicini suoi. Io credo che le Signorie vostre abbino fedeli advisi da Milano et di Francia rispetto alle qualità de omini che sono nell'uno et nell'altro luogo; pure vi dirò quello intendo qua, acciò che meglio vostre Signorie possino riscontrare le cose et coniecturarle et dipoi

giudicarne. Ieri tornò Gulielmo di Niccolò di Piero di Bonaccorso, cittadino vostro, che era ito, come io scripsi, ad accompagnare queste lance franzese che sono venute, le quali tucte questo Signore ha facte alloggiare nel contado di Faenza; et dicemi decte lance essere cinque compagnie: cioè Montison, Fois, Miolans, Dunais et marchese di Saluzo, et averle vedute tucte rassegnare, che vi mancava ad dugentocinquanta lancie che le dovevono essere qualche 7 lancie; ma che crede che le sieno ora più che 'l numero debito per essere loro venuto dreto qualche lancia di venturieri; et come ho detto, queste lancie si truovono una volta qui in facto. Tornò ieri medesimamente un Pietro Guarderoba spagnolo, el quale era suto da questo Signore mandato in Francia; et mi dice detto Gulielmo che per la via li parlò ad lunga, averli decto Pietro referito avere appuntato con la Maestà del re che venghino tre altre compagnie, et che al partire suo da Milano si era già mossa la compagnia di monsignore di Lignì, et che dell'altre due compagnie, monsignore di Ciamonte non ne aveva ancora deliberato quasi si avessino ad venire.Scripsi alle Signorie vostre per una mia de' 9, se quelle si ricordono bene, che fra li altri preparamenti che questo Signore aveva facti nella mutinatione delli Orsini, era che li avea mandato un figliolo del generale di Milano in Lombardia con ordine facessi 1500 svizeri et di più dessi ricapito a cinquanta o cento uomini darme di quelli che già erono del duca di Milano, de' migliori, et li conducessi sotto di sé; et le spese che corrono in levare queste genti si dice le farà el generale detto per il desiderio ha di fare un suo figliolo cardinale. Et mi dice questo Gulielmo avere inteso e svizeri essere già ad Pavia et che le genti d'arme erano quasi che ad ordine. $689$Dicesi oltr'a di questo che passa di nuovo in Italia el figliolo di monsignore di Le Pret con cento lance in favore del cognato; la quale cosa, sendo vera, ancora che fussi tarda, dà qualche reputatione; et questo Gulielmo, che mi ha confermate queste cose, è uomo sensato et non doppio per quanto lo abbia pratico.Circa le gente italiane, la condotta del conte della Mirandola è vera et più dì sono ebbe danari. Dicesi che lui dà ancora uomini d'arme al Fracassa et che li ha auti danari, et così ad uno de' Palavisini, suo gentile uomo. Questo si vede in facto che dà ricapito ad tucti li spicciolati che li capitono ad casa, et pure dua dì fa ci venne un Piero Balzano con 40 balestrieri ad cavallo che si è fuggito da messer Giovanni Bentivogli, et subito che giunse ebbe danari.Né delle cose di qua per ora posso scrivervi altro perché, dopo la rebellione di Camerino, da quella parte non si è inteso altro et di verso Bolognia manco. Né è venuto poi qui el protonotario Bentivogli come si era dato ordine et come io scripsi ad vostre Signorie. Et ad

dire le cose di qua in dua parole: dall'un canto si ragiona di accordo, da l'altro si fanno le preparationi da guerra. Ora quello che si faccino o possino e suoi nimici et se questo Signore debbe calare loro o no, vostre Signorie che hanno li advisi d'ogni parte, ne faranno migliore iuditio che chi vede una cosa sola.Scripto infino qui ad dì 31. Siamo ad dì primo di novembre, et desideroso di mandare e capituli ad vostre Signorie o di riscontrare quello mi aveva detto lo amico, secondo vi scrivo di sopra, parlai con uno altro che si truova medesimamente a' secreti di questo Signore; et ragionando di simile cosa, lui mi disse circa el medesimo effecto che mi aveva detto lo amico; né posse' di questo arroto trarre particulare alcuno, se non che ragguardava allo onore di Francia, et di nuovo costui mi affermò che delle Signorie vostre non si ragionava. Dixe bene questo: che in su e capituli vi era uno capitulo che li Orsini et Vitellozo non fussino obbligati servire tucti personalmente el duca, ma solamente un di loro per volta, et ridendo dixe: "Guarda che capituli sono questi". Non stacherò questa cosa per vedere di trarli o dintenderne altro; et perché le Signorie vostre non stieno sospese, spaccio el presente ad posta, che si chiama Giovanni Antonio da Milano, el quale $690$mi ha promesso essere costì per tucto dì domane; et vostre Signorie li faranno pagare fiorini uno doro. Volendo serrare la lettera, è arrivato Tommaso Spinelli et mi dice avere lasciato el protonotario Bentivogli ad Castel Sampiero et che domattina sarà qui.

%1502 nov 3, LC$691$Magnifici Domini. Io scripsi alle Signorie vostre l'ultime mie de' dì ultimo del passato et primo di questo, et advisai quelle quanto avevo dipoi ritracto circa ' capituli et la cagione perché io non li avevo auti. Et pure oggi ho parlato ad lungo con uno di questi primi secretari che mi ha raffermo tucto quello che per altre ho scripto, et dice che si aspecta che torni el cavaliere Orsino et secondo la relatione sua si daranno fuora o no; et mi ha promesso che $692$non si daranno ad altri che ne arò io la copia; et di questo me ne bisogna rapportare ad altri. Pure non ho ritracto cosa che mi facci dubitare in contrario, né ho sentito per alcuno verso cosa che appartenga alle Signorie vostre, salvo che io le ho sentite dannare di non avere in questi tempi cerco di fermare el piè con questo Signore. Delle cose di qua ho scripto per ogni mia largamente quello intendo, et non mi sendo riserbato alcuna cosa, né essendo dipoi innovato altro, non ho che scrivere, salvo che replicarvi di nuovo questo: che se le parole et le pratiche mostrono accordo, li ordini et preparationi mostrono guerra; et come per altra dixi, cinque compagnie di lance franzesi, 4 dì

sono, alloggiorno nel contado di Faenza et ieri vennon quelli capitani ad vicitare questo Signore et stettono ad parlamento un pezo; et usciti che furno, io vicitai monsignore di Montison, capo di tucti, in nome di vostre Signorie; lui mi vide volentieri et largamente si offerse parato in benifitio vostro et che alla giornata io li ricordassi se li occorreva nulla in vostro profitto. Vicitai el baron di Bierra, monsignore Lo Grafis et monsignore di Borsu, luoghitenenti di Fois, Miolans et Dunais; dettimi loro a conoscere et loro mi riconobbono per averli pratichi costà. Tucti mi viddono lietamente et tucti mi si ofersono, et secondo ho riscontro, sono vostri partigiani et lodonsi assai di vostre Signorie: il che non è poca ventura, et se intorno ad questi signori io ho a fare più una cosa che un'altra, le Signorie vostre me la commetteranno.Oggi sono comparsi circa 300 altri guasconi et li svizeri ci si aspettano fra 4 dì, alla venuta de' quali si crede che si darà principio ad quello che si debbe fare di qua.Dixi per l'ultima mia del primo come iermattina doveva venire el protonotario Bentivogli sotto fede di salvocondotto, et così venne circa 19 ore. Desinò con el duca et stette dipoi circa meza ora seco et partissi subito alla volta di Bologna; né posse' ritrarre e ragionamenti loro per esserne ito seco chi mi suole riferire tali pratiche. Ritrassi bene, parlando con uno di questi che sanno le cose di questo Signore, come e' doveva tornare indreto presto et che se messer Giovanni si vuole obbligare ad favorirlo contro li Orsini et Vitelli, è per farli ogni partito di pace et farli ogni securtà; et venendo al modo come lui poteva, rispecto alla collegatione etc., rispose che si ordinerebbe che el re di Francia liene comandassi; et discorrendo $693$insieme quanto questa cosa era a proposito del duca, delle Signorie vostre et di messer Giovanni quando la si conducessi, soggiunse come questo duca la desiderava assai et che li era stato mostro come elli era più fermeza del suo stato mantenere messer Giovanni et farselo amico, che volere cacciarlo et pigliare una terra che non si possa tenere et che col tempo avessi ad essere capo della ruina sua. Et di più dixe che 'l duca di Ferrara non aveva mai voluto promettere alcuno aiuto ad questo Signore, né è per prometterlo se non accorda con Bolognia. Io m'ingegnai confermare costui in questa opinione et ci adgiunsi quelle ragioni mi occorsono. Et mi pare essere certo che questa pratica si tenga et che si stringa et da questo duca et dal duca di Ferrara; di che io do notitia ad vostre Signorie, perché mi pare così conveniente; et benché la fussi da scriverla più cautamente, tamen mandandola per cavallaro proprio, ho voluto fuggire questa noia et torla ad vostre Signorie, le quali sieno contente per lo utile comune farmene onore.Uno, et per lo addreto vostro conestabole, et

al presente lancia spezata di questo Signore mi referiscie come iarsera circa ad cinque ore, trovandosi nello alloggiamento del conte Alexandro da Marciano, fratello del conte Rinuccio, questo Signore passando ad quella ora da quello luogo, fece chiamare fuora decto conte Alexandro et stette seco per spatio d'una ora, et spiccatosi dipoi da lui, li dixe come el duca aveva ragionato seco di molte cose, le quali, raccolte tucte insieme, mostravano essere in sua Signoria più tosto desiderio di vendetta contro ad chi ha messo in periculo lo stato suo che desiderio o animo di pace.Alla lettera di vostre Signorie del primo di questo non mi occorre altro che quello si sia detto di sopra, né ho cerco di parlare al duca non avendo che dirli di nuovo, et le medesime cose sarebbono per farli fastidio; et avete ad notare che non se li parla se non per tre o 4 de' suoi ministri et per qualche forestiero che abbi da tractare seco cosa d'importanza; et non escie mai d'una anticamera, sed non da le cinque o 6 ore di nocte in là: et per questa cagione non si ha occasione di parlarli mai se non per audienza ad posta; et come e' sa che uno non li porta se non parole, e' non li dà mai audienza. Questo ho detto acciò le Signorie vostre non si maraviglino di questa mia deliberatione $694$di non li avere parlato, et così se per lo advenire io scrivessi loro di non avere possuto avere audienza Bene valete.

%1502 nov 4, LCMagnifici Domini etc. Messer Baldassarre Scipioni, gentile uomo sanese, del quale vostre Signorie hanno buona cognitione per le sue buone qualità, rendo nuovamente conducto da la Excellentia di questo Signore per capo di sua lance spezate, è mandato costì da el prefato Signore per alcune occorrentie pertinenti ad sua Signoria: donde messer Alexandro, tesorieri, mi ha pregato ve lo raccomandi et vi prieghi per parte della Excellentia del duca et sua che in tucte quelle cose che ad messer Baldassarre detto occorressi gli aiuti et favori vostri, siate contenti prestarli: di che el duca et lui vi resterà obbligatissimi; et io per loro parte ne prego umilmente le Signorie vostre, alle quali mi raccomando.

%1502 nov 8, LC$696$Magnifici Domini etc. Le Signorie vostre aranno inteso, come io scripsi costì per una de' cinque, come questo Signore ne andò ad Salarolo ad trovare quelli signori franzesi; et trovandosi lui là, comparsono le vostre de' 3 del presente et ieri dipoi vennono le vostre de' cinque; et per essere tornato el Signore iarsera tardi et oggi dipoi facto rassegne di svizeri che cominciono a comparire, non ho possuto parlare ad sua Excellentia prima che questa sera ad una ora di nocte.

Et in summa li feci intendere la mandata di monsignore di Volterra in Francia et le commissioni sua in favore et benifitio di sua Excellentia et suoi stati, allargandomi in questo quanto si conveniva. Dipoi soggiunsi che vostre Signorie mi scrivevono avere nuove da loro mandato ad Roma come nella Sanctità del papa si trovava quella medesima buona dispositione che si era trovata in sua Excellentia et che vostre Signorie, nonobstante questo, desiderieno avere e favori di sua Signoria appresso sua Santità in quelle cose che alla giornata occorressino loro. Et $697$domandando sua Signoria che potessi occorrere, risposi credere che potrebbe essere d'impetrare qualche decima; ad che lui replicò che era per fare quello che fussi conveniente. Et ringratiato che li ebbe le Signorie vostre della commissione data al vescovo, mi dimandò se 'l marchese di Mantua acceptava la sua condotta; risposi che vostre Signorie per una lettera loro pochi dì erano mi avevono scripto che ne erano ancora dubie. Dixe in su questo: "Et ad me che condotta daranno quelli Signori?" Ad che io risposi non sapere lo animo di vostre Signorie, ma per infino ad ora essermi persuaso sua Signoria essere volta ad volere più tosto condurre altri. Rispose: "Che onore mi sarebbe egli, facciendo professione di soldato et essendo amico di quella Signoria et non avere condotta da lei? né mi credo ingannare di questo ch'io crederei servirla bene quanto alcuno altro". Dipoi mi domandò quanta gente d'arme vostre Signorie faccessino conto di tenere; dissi non sapere lo animo vostro, ma credere che voi ne volessi tenere 500 almeno. Dimandommi quanti ne aveva el marchese et quanti ne avamo, dixigli quello che era; et lui in su queste parole si rizò dicendo: "Dunque non ci è luogo per me", et ritirossi ad parlare con uno franzese et io me ne venni. Et avanti che noi entrassimo in questi ragionamenti della condotta et di uomini darme, sua Signoria mi dixe, parlando de li Orsini, che la confermatione de' capituli non era ancora venuta, perché chi li aveva ad soscrivere era discosto l'uno da laltro et che qualche uno di loro era stato renitente un poco, per essersi messer Giovanni sdegnato, parendoli che li abbino facto poco conto di lui ad lasciare le sua cose in compromesso; ma che li davan questi loro sdegni manco noia de l'altro giorno per trovarsi più ad ordine. Et soggiunse che in questo tempo sarebbe bene che vostre Signorie venissino seco ad qualche particulare, acciò che non fussi forzato lasciarsi andare in tucto da l'altra parte; certificandomi che se si fermassi bene con li Orsini, che non era per fare loro fraude alcuna. Et in su questo mi dixe: "Io ti prego, Secretario, che mi dica se quelli tuoi Signori sono per ire più là meco con la amicitia che generalmente"; ad che respondendo io di sì secondo le lettere vostre etc., lui mi dixe: "Io ti dico questo perché,

se bastassi loro questa amicitia generale, io non sono per volerne altro che loro; et non vorrei in su la $698$speranza del ristringerci al particulare et dipoi, non lo concludendo, che nascessi qualche sdegno fra noi; perché io vorrei che meco si andassi liberalmente etc.". Et dopo questo si entrò ne' ragionamenti di che io vi scrivo di sopra.Poi che io ebbi parlato al duca qualche dua ore, venne ad me un ministro di questi Bentivogli et mi dixe venire da parlare col duca, et che poi mi ero partito di Corte, la ratificatione de' capituli era venuta. Nondimeno che lui sollecita el concludere questo accordo particulare con Bolognia et che li commise spacciassi uno subito al protonotario ad farlo venire qui, el quale non era ancora venuto per essersi guasto un dito del piè.Oltr'a di questo, si è detto oggi la roca della Pergola essersidata ad quelle genti delli Orsini che si teneva per questo Signore: le quali cose fanno adgirare altrui el cervello, né io ve ne posso scrivere altro che quello si può intendere. E svizeri et questi altri franzesi si dice saranno qui per tucta questa settimana; et ragionando con uno secretario di questo Signore della venuta di detti franzesi, mi dixe questo Signore avere ordinato che parte se ne fermassi ad Parma et non passassin più in qua. Ad che io dixi: "Dunque non si vorrà el duca assicurare di questi suoi inimici?" Rispose: "Voi ne sete cagione, voi che non avete saputo conoscere el tempo ad assicurare el duca et voi". Dixi che non ci era stato mostro il modo, et che per vostre Signorie non restò mai di fare el possibile in favore delli amici.Parlai al duca della cosa de' Gaddi; dixemi che io liene facessi ricordare a' suoi secretarii. Né per questa mi occorre altro, se non che domattina io sarò ad Corte ad vedere s'io intendo alcuna cosa di questi capituli: et di quanto ritrarrò vostre Signorie ne saranno advisate.

%1502 nov 8b, LC$699$Magnifici Domini, etc. Mi occorre, oltre a quello che per l'alligata si scrive, fare intendere a vostre Signorie un ragionamento avuto con quell'amico, il quale nei dì passati, come io vi scrissi, mi aveva detto che non era bene che vostre Signorie stessero con questo duca sul generale, potendo massime convenire stringersi insieme facilmente, avendo ognuno delle voglie e de' nemici. Questo tale iersera ordinò di parlarmi, e mi disse: "Segretario, io ti ho qualche altra volta accennato che lo stare sul generale quei tuoi Signori con questo duca fa poco profitto a lui e manco a loro, per questa cagione: perché il duca, vedendo rimanersi in aria con vostre Signorie, fermerà il piè con altri; e io mi voglio allargar teco

questa sera, ancorché io parli per me medesimo; pure non è in tutto senza fondamento. Questo Signore conosce molto bene che il papa può morire ogni dì, e che gli bisogna pensare di farsi avanti la sua morte qualche altro fondamento, volendosi mantenere gli stati che lui ha. Il primo fondamento che fa è sul re di Francia; il secondo, sulle armi proprie; e vedi che ha già fatto un apparato di presso a 500 uomini d'arme e altrettanti cavalli leggeri, che saranno fra pochi dì in fatto. E perché giudica che col tempo questi due fondamenti potrebbero non bastargli, pensa di farsi amici i vicini suoi, e quelli che di necessità conviene che lo difendino, per difendere se medesimi: i quali sono fiorentini, bolognesi, Mantova e Ferrara. E cominciandosi da piè, tu vedi con Ferrara quale amicizia si è fatta, perché, oltre al parentado della sorella con tanta dote, si è beneficato e beneficasi tutto dì il cardinale suo. Con Mantova si tratta di fare due cose: l'una, il fratello del marchese, cardinale; l'altra, di dare la figliuola di questo duca al figliuolo del marchese, e che per conto del cappello deve il marchese e suo fratello depositare quarantamila ducati, i quali hanno a servir poi per dote della figliuola di questo duca: e queste cose avranno effetto ad ogni modo, e sono questi obblighi di natura da preservarsi l'amicizia. Con Bologna si tratta ancora qualche appuntamento in disparte$700$dai collegati, il quale io veggo a buon termine, perché il duca di Ferrara lo sollecita: questo duca ne ha voglia, e fa per i Bentivogli. E in fatto, questo Signore non fu mai tanto desideroso di possedere Bologna, quanto di assicurarsi di questo stato: e ogni volta che questo ultimo segua, egli è per riposarne. E così questi quattro stati, quando sieno uniti, per essere contermini l'uno all'altro e sull'armi, sono per essere riguardati, e il re di Francia è per augumentargli, potendo fare fondamento su loro. Dei tuoi Signori fiorentini egli è manco di tre dì che io ne sentii ragionare al duca, che voleva ch'essi usassero il paese suo liberamente, e lui usare il loro, essendo loro amici di Francia e lui; e che non era mai per far loro contro in alcuna cosa, ancorché non si venisse ad alcun fermo appuntamento: ma quando vi venisse, vedrebbero che differenza è dall'amicizia sua a quella d'altri. E, per tornare a proposito, io ti dico che lo stare sul generale fa più d'incomodo ai tuoi Signori che a questo duca, perché il duca avendo favorevole il re e gli prenominati, e voi non avendo altri che il re, verranno i Signori tuoi ad avere più bisogno del duca, che il duca di loro. Né per questo dico che il duca non sia per far loro piacere; ma venendo loro il bisogno e non essendo lui obbligato, potrà farlo e non lo fare, come gli parrà. Ora se tu mi dicessi: che si avrebb'egli a fare?

venghiamo un poco a qualche individuo: risponderotti che per la parte vostra voi avete due piaghe, che se voi non le sanate, vi faranno infermare e forse morire. L'una è Pisa, l'altra è Vitellozzo. E se voi riaveste quella, e quello si spegnesse, non vi sarebb'egli un gran benefizio? E per la parte del duca io ti dico che a sua Eccellenza basterebbe aver l'onor suo con voi rispetto alla condotta vecchia: e questo stima più che danari e che ogni altra cosa; e che quando voi trovaste modo a questo, ogni cosa sarebbe acconcia. E se tu dicessi, circa a Vitellozzo: il duca ha fatto l'appuntamento con gli Orsini e con lui; ti rispondo che non è ancora venuta la loro confermazione, e il duca pagherebbe la miglior terra che ha, che non venisse, o che dell'accordo non si fosse mai ragionato. Pure quando la confermazione venisse, dove è uomini è modo, ed è meglio intenderselo e parlarlo che scriverlo. E perché tu intenda, questo duca è necessitato a salvare parte degli Orsini, perché, morendo il papa, gli bisogna pure $701$avere in Roma qualche amico. Ma di Vitellozzo non può sentire ragionare, per essere un serpente avvelenato e il fuoco di Toscana e d'Italia: e in questa confermazione che dovevano fare gli Orsini, egli ha fatto ogni cosa e fa per darle disturbo. Voglio dunque che tu scriva al gonfaloniere o a' Dieci quanto io ti ho detto, ancorché sia, come da me, ricordato loro un'altra cosa: che potria essere facilmente che il re di Francia comandasse a quei tuoi Signori che osservassero la condotta a questo duca, e servisserlo delle loro genti, e loro sariano forzati farlo, e con poco grado. E però ricorda a loro Signorie che il piacere che si ha a fare, è meglio farlo da sé e con grado, che senza. E mi pregò che rispetto al parlare contro Vitellozzo e altre cose importanti, io governassi questa cosa segretamente.Il ragionamento di questo amico fu lungo e della qualità che intendono le vostre Signorie. Io replicai brevemente, e solo a quelle parti che importavano. Dissi in prima che questo Signore faceva prudentemente ad armarsi e farsi amici; secondo, gli confessai essere in noi desiderio assai, e del ricuperare Pisa, e dell'assicurarsi di Vitellozzo, ancorché di lui non si tenesse molto conto; terzo, quanto alla sua condotta, io gli dissi, parlando sempre come da me, che l'Eccellenza di questo duca non si aveva a misurare come gli altri Signori, che non hanno se non la corazza, rispetto allo stato che tiene, ma ragionare di lui come di un nuovo potentato in Italia, con il quale sta meglio fare una lega e un'amicizia che una condotta. E perché le amicizie fra i Signori si mantengono con le armi, e quelle sole le vogliono fare osservare, dissi che vostre Signorie non vedrebbero che sicurtà si avesse avere per la parte loro quando i tre quarti o i tre quinti dell'armi vostre fossero nelle mani

del duca. Né dicevo questo per non giudicare il duca uomo di fede, ma per conoscere le Signorie vostre prudenti, e sapere che i Signori devono essere circospetti e non dover mai far cosa dove possano esser ingannati.Alla parte che il re di Francia possa comandare a vostre Signorie, dissi non essere dubbio che quella Maestà poteva disporre della vostra città come di sua cosa; pure non poteva né lei, né altri fare che voi faceste quello che vi fosse impossibile. Lui replicò solo alla parte della condotta, $702$e disse che io parlavo liberamente e secondo la verità, e che l'aveva molto caro, e che gli 300 uomini d'arme si potevano ridurre in fatto a 200, e mantenere la voce di 300; e per poter meglio far questo, concedere a vostre Signorie una decima o due a' preti.E così su questo ragionamento, non potendo stare più meco per sue occupazioni importanti, si parti, con ordine che io facessi intender questo ragionamento dove credessi, purché fosse segreto. Il che io ho fatto, come veggono vostre Signorie. Né posso dire a quelle, se questo è motivo del duca o pure mossa di costui. Solo posso dire che costui è de' primi uomini che abbia questo Signore; e essendo questa cosa fantasia sua propria, si potria ingannare, per essere di una ottima natura e amorevolissimo. Ora. le Signorie vostre esamineranno tutto e ne risponderanno, etc.

%1502 nov 19, LCMagnifici Domini. L'ultime mie furno delli 8 del presente, responsive alle vostre de' 3 et 5, le quali mandai per il garzone di Tommaso Totti; et desidereno sieno salve per giudicarle di qualche importanza et ne attendo risposta. Et per questa mi occorre fare intendere ad vostre Signorie come el protonotario Bentivogli è venuto oggi qui, al quale parlai avanti parlassi al signore duca, et trovolo tucto affectionato ad vostre Signorie. La cagione della venuta sua, io ne ho scripto altre volte alle Signorie vostre: che è fermare lo stato suo con questo Signore et fuggire quel compromesso che ' capituli facti da e confederati disegnavano.Credesi, come altre volte ho scripto, che le cose si fermeranno $703$fra loro ad ogni modo: perché si vede questo duca averne voglia et farsi per li Bentivogli; et chi ne dubitassi, rispecto alla confederatione hanno e Bentivogli con li Orsini, si risponde che pare loro essere stati ingannati in questo accordo facto dal signore Pagolo, sendo rimaso le loro cose in compromesso.Et perché le vostre Signorie sappino meglio come s'intendono ora queste pratiche, io scripsi ad vostre Signorie per l'ultime mie avere inteso, poi che io hebbi parlato al duca, la ratificatione de' capituli essere comparsa: la quale in facto venne ratificata da tucti e

collegati, da messer Giovanni Bentivogli in fuora, al quale non pare rimanere securo restando le sue cose in compromesso; et il primo giorno messer Giovanni reclamò contro ad decti capituli.Hanno ad intendere vostre Signorie ancora una altra cosa: come nella confermatione di questi capituli debbe convenire la ratificatione del pontefice, el quale, come si vede per uno suo breve scripto ad Trocces, del quale vi mando copia, è contento che detto Trocces ratifitichi in suo nome con questo, che el cardinale Orsino, Pandolfo et messer Giovanni abbino ratificato.Resta addunque ad dare perfectione ad questi capituli dua cose: l'una la ratificatione del pontefice, l'altra quella di messer Giovanni; né si vede che messer Giovanni sia per ratificare, né per consequens el pontifice; et si crede che 'l papa abbi dato la commissione ad Trocces con la conditione predecta, avendo inteso prima messer Giovanni non essere per ratificare. Et si giudica, considerato tucte queste cose, quando altra cosa non nasca, che messer Giovanni si salverà con applicarsi con qualche legame strecto ad questo duca; et dipoi el duca si assicurerà di buona parte di questi che li hanno facto contro.Et se vostre Signorie considereranno bene questi capituli, de' quali io vi mando copia con questa, vedranno quelli essere pieni di diffidentie et sospectioni; et examinato quelli insieme con el iuditio se ne fa di qua, ne iudicheranno secondo la solita prudentia loro. Decti capituli et lectera del papa io non ho tracti della cancelleria del duca, come mi fu promesso, ma li ho auti per altra via. Né ho che scrivere altro alle Signorie vostre se non che ad tirarsi innanzi collo exercito verso Pesero, si aspecta due cose: questo resto delle lance franzesi con li svizeri, et l'accordo $704$con messer Giovanni; et credesi che l'una e l'altra arà presto effecto. Raccomandomi alle Signorie vostre quae bene valeant.

%1502 nov 13, LC$705$Magnifici Domini, humili commendatione premissa. Se le Signorie vostre si maravigliano di non avere auto mie lettere, io non me ne maraviglio, ma bene mi dolgo non ci avere possuto né possere fare alcuno rimedio. In cambio di Tommaso Totti, venne qua uno uomo a piè, poco pratico al paese et male in gambe; et ad dì 8 li decti la risposta delle mie lettere che erano di tanta importanza quante lettere abbi scripte poi che io fui qui. Le quali replicherei se da questo cavallaro non mi fussi stato detto che, avanti l'uscire suo di Firenze, era entrato lo apportatore di quelle.Avevo scripto prima a cinque, occorrendomi scrivere al Confalonieri in privato, tucto quello che in pubblico occorreva, che non era molto; avevo prima scripto ad dì 3 et ad dì

primo et l'ultime sono state ad dì dieci, le quali vi mandai per Iacopo vecturale da Monticelli colla copia de' capituli et con tucte le nuove di qua, le quali debbono essere oggi costì. Sì che io prego le Signorie vostre mi abbino per scusato, et pensino che le cose non s'indovinono, et intendino che si ha ad fare qui con un principe che si governa da sé, et che chi non vuole scrivere ghiribizi $706$et sogni, bisogna che riscontri le cose et nel riscontrarle va tempo; et io m'ingegno di spenderlo et non lo gittare via. Io non enterrò in replicare quello scripsi per la mia delli 8 et per quelle de' x, sperandole salve, ancora che tarde per le quali vostre Signorie aranno visto come girono le cose di qua et in parte aranno conosciuto lo animo di questo Signore, sì per le parole usatemi da lui, si etiam per quelle mi dixe quello amico, el quale tucto dì mi pugne, dicendo che chi aspetta tempo et hallo, cerca migliore pane che di grano, et che tuctavia non si truova l'occasione parata; et quello che è stato et è replicato da me: prima d'aspectare la voglia del re di Francia, dipoi volere mandare ad Roma per intendere el papa; ora pendere in su l'andata del vescovo in Francia et la venuta dello arcidiacano di Celon costì è interpretata una lunga. Né manca qua chi mi dica che costume di vostre Signorie è fare così, et mi è rimproverato tucto dì che da el '99 indreto, per non essere né franzesi né ducheschi, vostre Signorie furno prima male servite dal duca et dipoi assassinate dal re.Io mantengo lo onore della città et defendolo iuxta posse, allegando quelle ragioni che ci sono, che ce n'è assai, ma le non sono admesse; né io lo ho voluto scrivere alle Signorie vostre infino qui, dubitando non essere accusato di prosuntione; tamen veggiendo le cose procedere come io mi sono creduto, voglio più tosto dolermi di chi facessi strana interpretatione, che pentirmi di non avere scripto tucto quello sento di qua.Vostre Signorie ricercono da me molti advisi, e quali mi pare avere adempiuti infino ad qui, se le mie lettere sono state lette tucte. Et prima, vostre Signorie ricercono se qui si pensa più alla pace che alla guerra; rispondo avere detto che della pace si ragiona et fannosi provedimenti per la guerra; et quanto alla pace, io ho scripto quello concludessi qua el signore Paulo. Dipoi con le mie de dieci mandai e capituli et significai le dificultà vi erano per non volere messer Giovanni ratificare et quello che 'l papa scriveva ad Trocces; in modo che, pendendo la ratificatione di messer Giovanni et del papa, quelli capituli vengono ad restare sospesi. Scripsi prima per la mia de' 30 del passato el discorso che si faceva qua, in che modo si potessi fare questa pace fra costoro, et le dificultà ci erano considerate, conosciendo le qualità del duca et le qualità $707$degli altri; né si posseva credere potere nascere fra loro alcuno accordo,

ma si credeva bene che 'l duca potessi sbrancare qualcuno di loro. Et ora si veggono andare le cose ad questo cammino: perché il protonotario Bentivogli si truova qui, come per altra scripsi, et tracta adcordo in particulare con questo duca et è quasi per concluso; et li Bentivogli se ne possono scusare co' collegati, avendogli loro lasciati in compromesso; et saracci la sicurtà loro, promettendo el re di Francia per la observantia di tale accordo; et questa sera parlandone con el protonotario, mi dixe se vostre Signorie soderebbono questo accordo per l'uno et per laltro, sodandolo el re di Francia. Risposi che con el re di Francia vostre Signorie erano per entrare in ogni luogo.Le conditioni di tale accordo non le dico per non le avere intese in modo che io me ne satisfacci; et chi replicassi ad questo che al duca parrà grave non si cavare la voglia di Bologna, si risponde quello che altre volte ho scripto: che ad lui è stato monstro essere meglio fare una amicitia che abbi ad durare, che pigliare una terra che non si possa tenere. Dipoi li Orsini et Vitegli li hanno facto un cenno da farlo savio quando e' non fussi, et li hanno mostro che li bisogna più pensare ad mantenere lo acquistato che ad adquistare più. Et el modo del mantenere è stare armato d'arme sue, vezeggiare e subditi et farsi amici e vicini: il che è il disegno suo, come mi referì quello amico, secondo che per la mia delli 8 scripsi.Quanto a' capituli de' collegati de' quali venne la ratificatione come io scripsi, questo Signore ha mandato verso quelli Orsini un suo uomo per vedere d'accordare la parte di messer Giovanni, et così li temporeggia; et loro sono nel contado di Fano, né vengono innanzi né tornono indreto: et così va ambigua questa parte della pace universale; et resterà superiore chi saprà meglio ingannare l'altro, e quello ingannerà che si troverà più forte di gente et di amici: et questo basti quanto alla pace et alla guerra.Le preparationi che si fanno qua, io lo ho detto altre volte alle Signorie vostre; le quali si continuano sempre et sollecitono: ancora che le sieno più tardi non si pensassi che le fussino per dovere essere. Et perché vostre Signorie abbino più notitia delle genti a piè et a cavallo si truova et di quelle aspecta, e ne mando inclusa una lista et ve la mando secondo ch'io ho raccolto da più persone; né $708$possendo dire di veduta, mi bisogna rapportarmi ad altri! Trovasi qui el duca, né è per partire se ' svizeri non vengono, e quali si aspectavano di questa settimana insieme con altre lancie franzese: et si aspettono di dì in dì. Da questo Signore ricapito come si è detto più volte ad tucti ' nimici di Pandolfo, Giampaulo, Vitellozo et Orsini; né so che scrivermi altro delle cose di qua. Prego le Signorie vostre mi scusino quando non

satisfacci o ci remedino; et ad quelle mi raccomando umilemente.

%1502 nov 14, LC$710$Magnifici Domini. Ad dì 13 per Carlo cavallaro scripsi quello mi occorreva in risposta della vostra delli undici. Entrò dipoi in questa terra el dì medesimo el conte Lodovico della Mirandula con le sua genti, delle quali al presente posso scrivere el vero: perché annoverai 34 uomini d'arme et 70 cavalli leggieri; ha aute le stanze ad Doccia, lontano di qui 3 miglia da la parte di verso Bolognia.Scripsi etiam ad vostre Signorie per l'ultima et per altre mia come si stringeva forte lo accordo co' Bentivogli et come el loro protonotario ci era, el quale è suto mirabilmente carezato da questo Signore. Stetti iermattina un pezo con sua Signoria reverendissima, parlommi assai di queste cose: discorrendomi in effecto la amicitia del duca quanto la tornava loro bene, possendosene fidare; et quanto el duca, se fia bene consigliato, debbe desiderare la benivolentia loro. Et da detto protonotario ritrassi in summa come la cosa saria già conclusa; ma el duca vuole che 'l papa sia el principale in tale accordo, avendo el papa sempre desiderato che questa impresa di Bologna si faccia, per sua boria, acciò si dicessi sua Sanctità avere reducta ad obbedientia della Chiesa una città che altro papa mai avea possuta redurre; et per questo el duca vuole che 'l papa fermi tale accordo, et che ad questo effecto cavalcherebbe messer Romulino ad Roma, secretario di questo Signore.Ritraggo la conventione fra costoro avere dua capi principali: prima, un parentado fra el vescovo d'Euna, o vero el cardinale Borgia, et questi Bentivogli, el quale debbe essere in dua modi: o che 'l protonotario si spreti o che messer Ermes rifiuti quella che li ha giurata delli Orsini et prenda questa; l'altro capo è che ' Bentivogli sieno tenuti con uno numero di gente d'arme favorire el duca contro ad qualunque; et qui dicono essere qualche differentia: perché 'l duca ne voleva essere servito gratis et li Bentivogli volevono essere pagati, o di tucti o di parte. Hannosi ancora in questo accordo ad terminare e conti vechi, et ragionasi qualche cosa d'un cappello per il protonotario, quando e' non lasciassi el prete; di che io non ho alcuno particulare, né etiam affermo quanto ne scrivo di sopra.Questa mattina è partito messer Romolino et ito insieme con el protonotario alla volta di Bologna per ragionare insieme con messer Giovanni di questo loro accordo; et di quivi se ne andrà verso Roma. Et per questa cagione scrivo la presente acciò, non andando lui in poste, vostre Signorie li possino fare qualche onore et trarre da lui qualche cosa di questa materia.

Ragionasi in Corte che questo Signore si partirà per di qui ad giovedì et ne andrà ad Cesena dove farà alto con le sue genti.Di verso Fano non s'intende altro per non essere tornato quello che pochi dì sono fu mandato da questo Signore ad li Orsini; et mi è oggi suto decto che fra li Orsini da una parte, et Vitellozo et Giampaulo dall'altra è nata qualche differentia in su questi capituli, per esserne suto Vitellozo malissimo contento.De' svizeri et delle genti d'arme che debbono ancora venire qui, io non ne so altro che quello scripsi per l'ultima mia. Aspettasi di costì danari per levare questo campo, et 8 dì sono mandorno costì quello Gulielmo di Bonaccorso, del quale ho scripto altre volte ad vostre Signorie. Et per tornare alli accordi di costoro, si giudica qua non possere seguire ad nessuno modo cosa che sia generale et prenda ciascuno, se già e' non si accordassino ad fare male ad uno terzo; et però pensono che chi ha da dubitare debbe, mentre che li è tempo, operare che tale accordo non segua. Raccomandomi ad vostre Signorie.xiiii novembris 1502.Parte questo fante ad dì 15 ad 12 ore, che per non avere altro remedio mando un mio garzone. Debbe essere costì mercoledì; le Signorie vostre li faranno pagare lire sei, etc.

%1502 nov 16, LCMagnifici Domini etc. Iermattina mandai ad vostre Signorie per Antonio, mio garzone, l'ultima mia de' 14, la quale credo sia ad questa ora arrivata. Occorremi per la presente scrivervi quello ho ritracto dipoi circa e capituli che si sono tanto tempo tractati fra li collegati et questo Signore; che è in effecto: che 'l signore Paulo partì di qui con una boza dei capituli, la quale dipoi fu ritoca da li altri in qualche parte et reducta in quello modo che io ne mandai copia ad vostre Signorie. Et la mandorno ad questo Signore sopscripta et ratificata da loro; et essendo, come io ho decto, suta ritoca, non parve ad questo Signore di confermarla, ma vi adgiunse et levò qualche cosa ad suo proposito; et poi mandò con epsa un proprio ad fare loro intendere che se la volessino così, la prendessino, che non era per fare altro.Partì questo suo uomo alli 8 o 9 dì di questo et iarsera mi mostrò un di questi secretari una lectera che decto mandato scriveva ad questo Signore, data ad dì 13 in quel di Siena. Le parole sue erono queste: "Io ho trovato qui el signor Paulo Orsino, el quale si maravigliava non avere auto né risposta né mandato da vostra Signoria, sopra ad quello che vi avea facto intendere in nome delli altri conlegati; et in effecto exposto che io ebbi ad lui et ad Pandolfo Petrucci la commissione di vostra illustrissima Signoria, dopo qualche disputa, si è concluso ogni cosa in buona forma et

appunto secondo el desiderio et ordine della Signoria vostra. Et ha ratificato decto signore Paulo et Pandolfo in buona forma; et messer Antonio da Venafro ha ratificato per il cardinale Orsino, che ne aveva pieno mandato; et non ci essendo chi avessi el mandato di Vitellozo, né di Giampaulo, né di messer Liverotto, Pandolfo et il signore Paulo hanno promesso per loro che ratificheranno, come più a pieno potrete intendere da decto signore Paulo, el quale viene ad trovare la vostra illustrissima Signoria". Queste sono in sustantia le parole che erano scripte in su la lectera predetta. Attendesi qui stasera decto signore Paulo et ritraendo altri particulari, vostre Signorie ne saranno advisate.El duca Guido d'Urbino mandò qui dua dì sono ad dire che se questo duca mandava un salvocondotto ad un cittadino d'Urbino, che li sarebbe grato per farli intendere alcune cose. El salvocondotto si expedì sanza il nome di chi particularmente avessi ad venire; venendo, m'ingegnerò intendere quello tracti et ne adviserò vostre Signorie.Ieri si ordinorno stanze per 150 lance franzese, secondo che dicono; le quali vengono nuovamente ad Tosignano, Fontana et Codironco, che sono luoghi ad piè di queste montagne in su' confini del bolognese. De' svizeri non ho poi inteso altro. Di verso Fano non si è inteso alcuna cosa, salvo che un Giovambatista Mancino, capo di 400 fanti, che era alloggiato verso Montefeltro et sopra Rimini qualche 8 miglia, è suto svaligiato da quelli contadini di Montefeltro et ieri tornò qui in giubbone. Delle cose di Bologna, si attende quello che farà messer Romolino ad Roma che parti ieri mattina da Bologna. El duca non si ragiona che parta domani di qui, come era l'ordine, ma differirà forse ad domenica. Tucte l'altre cose sono ne' termini ho scripto per altre.El grano vale qui ad ragione di 40 soldi lo staio ad modo nostro, et uno messer Iacopo dal Borgo, luogotenente in questa terra, mi dice che si è facto conto de' grani che sono nello stato di questo Signore, et trovasi che ad tucte queste città ne manca, ad chi per uno et ad chi per dua mesi; che adgiunta questa gente forestiera, doverrà essere in questo paese non troppa buona stanza, nonobstante che questo Signore ne facci provisione d'altronde. Di che do notitia ad vostre Signorie adciò veghino che di qua non ne passi del loro.E' si trova qui un messer Gabriello da Bergamo, el quale portò danari da Vinegia et fa le facciende assai. Mostrommi iarsera una lettera che veniva da Vinegia che diceva come quivi era nuove che in Portogallo erano tornate di Galigutte 4 carovelle cariche di spetierie; la quale nuova avea facto calare assai di pregio le spetierie loro: il che era danno gravissimo ad quella città. Raccomandomi alle Signorie vostre, quae bene valeant.

%1502 nov 20, LC$720$Magnifici Domini etc. Le Signorie vostre hanno visto per le mia delli octo, dieci et 13 come da diverse persone io ritrassi lo animo di questo Signore, et benché tucti bactessino in uno medesimo segno, tamen la Excellentia del duca non si allargò né entrò in molte cose che entrò quello amico; né etiam quello amico, né el duca mi punsono con exempli poco convenienti, come qualcuno altro che mi ebbe ad parlare di questa materia. Per la quale cosa, nonobstante che le Signorie vostre mi rispondino generalmente ad tucto per questa loro de' xv, conosco tamen essere suto lo ufitio mio rispondere ad ciascuno secondo le proposte sue; il che ho facto tanto più volentieri, dicendomi le Signorie vostre che io governi questa cosa con quella modestia che mi parrà che si convenghi etc.Fui dunque iarsera ad lungo ragionamento con la Excellentia di questo Signore et cominciai el parlare mio da la diffidentia che sua Signoria avea mostro di voi quando, l'ultima volta che io li parlai, e' mi aveva dimandato se io credevo in vero che le Signorie vostre avessino in animo di stringere la amicitia seco o no; il che avendo io scripto ad vostre Signorie, dixi come voi ne avevi preso alteratione et dispiacere; et nello allegarne le cagioni, li dixi assai di quelle cose che vostre Signorie nel principio della loro lettera mi scrivono circa le demostrationi facte da quelle, sanza riservo o rispecti etc. Et essendomi qui allargato assai, scesi alla parte della condotta, mostrandoli etiam questa cosa avervi dato molestia grande, sì per essere impossibile, sì etiam per parervi che nel primo ragionamento e' si avessi respecto più al particulare suo che allo interesse comune, et che in questa parte vostre Signorie non vedevono in alcuno modo come ci potere o dovere entrare: perché condotta grossa non possevono dare, piccola non erano per proferire. Et demum li feci intendere che, levato via questa parte et sua Signoria voglia volgersi ad partiti possibili et securi ad vostre Signorie, auto sempre rispetto al re di Francia, che vostre Signorie erano per fare di presente ogni restringimento; distendendomi dopo questo con molti termini et parole a proposito, $721$avendo in tucto el mio parlare dua respecti: l'uno di non mi deviare punto da le commissioni vostre, l'altro di usare parole che non lo alterassino, attenendomi nondimeno alla lectera di vostre Signorie più che io possevo.Sua Signoria mi stette ad ascoltare volentieri, né fece segno di alteratione alcuna; et parlato che io ebbi, lui mi dixe: "Ecco che qui non si stringe nulla et, come io ti dixi l'ultima volta, e' si ha ad fare fra noi una amicitia o generale o particulare. Quando abbi ad essere generale, non bisogna parlarne più, perché io ti ho sempre mai detto, et così sono per fare,

di non essere per torcere un pelo ad quella Signoria, anzi per farle ogni piacere, potendo; et che li suoi cittadini prendino ogni commodità del paese mio. Ma avendo ad essere particulare, remota' la condotta, io non ho che farci perché e' si nega e primi principii".Io non mancai di replicarli ad tucto, dicendoli che le amicitie generali non obbligano et che ' tempi si variano et che la cattiva et la buona fortuna non albergano sempre in uno medesimo lato; et che si fa ogni dì amicitie, dove non si ragiona di condotta, et che le amicitie durabili sono quelle che fanno per ciascuno; adgiugnendo ad questo molte altre cose che mi parsono ad proposito dirle allora et ora poco necessario el repricarle. Basti ad intelligentia di vostre Signorie sapere che lui concluse questo: che se vostre Signorie erano contente di questa amicitia generale et lui è contento, dicendo qui molte parole amorevoli etc.; quando elle si vogliono ristringere, che le avevono inteso lo animo suo. Né per parole che io usassi ne pote' trarre altro.Entrossi dopo questo parlare in varii ragionamenti di questi sua casi qua, et che aveva per fermi e casi di Bologna; et ragionando delli Orsini et Vitelli, dixe che aspettava el signore Paulo; et io li dixi del salvocondotto auto et per che cagione. Di Vitellozo et Giampaulo parlò molto sinixtramente; et dicendoli io che sempre io lo avevo facto vincitore et che, se 'l primo dì io avessi scripto come la 'ntendevo et ora e' la leggessi, la li parrebbe una profetia, et allegandoli tra le altre ragioni che mi movevano che li era solo et aveva ad fare con più et che li era facile rompere simili catene, rispose che l'aveva ropta da dovero et avevane già sbaragliati più di 4.Et ragionando di Giampaulo, mi dixe come e' si vantava $723$essere molto vostra cosa. Risposi che li era già amico per essere stato nostro soldato et essere valente uomo, ma che ci aveva in quest'ultimo facto un cattivo servigio. E' dixe allora: "Io ti voglio dire quel che quelli tuoi Signori non sanno: avanti che si partissi di Perugia et andassi ad trovare Vitellozo in Arezo, e' mi scripse una lettera che diceva: "Tu sai che io voglio male ad Vitellozo et pure vorrei essere seco ad rimettere questi Medici in Firenze, ma non vorrei mostrare di farlo per amore di Vitellozo; però ti prego mi scriva una lettera che mi comandi che io vadia ad questa impresa"; io la scripsi: ora non so se se ne sarà facto bello per darmi carico". Risposi non ne avere mai inteso nulla.Ragionando poi de' casi di Vitellozo, mi dixe tra le altre cose: "Io ti voglio dire un altro tradimento, che io ho inteso dua dì sono, che mi volse già fare. Tu sai, quando noi venimo con lo exercito in quello di Firenze, veggiendo che non li riusciva quello che desiderava et che io non vi avevo el capo, pensò, sanza mia saputa, d'accordarsi con li Orsini et scalare

Prato una notte et lasciarmi in preda nel mezo del contado vostro; et comunicò questo suo disegno con uno che me lo ha detto dua dì sono. El quale dicendoli con che fondamento e' facessi questa cosa et come vi si potessi mantenere, rispose che si voleva dare principio alle cose et che 'l mezo et il fine seguiva poi per necessità; la quale cosa lui non fece poi perché, andando ad vedere Prato, lo trovò meglio guardato et le mura più alte che non credeva. Et soggiunse ad questo che oggimai egli era sua arte el fare tradimenti et che ogni dì si verificava e fiorentini avere iustamente proceduto contro al fratello. Io risposi secondo che richiedeva la materia, et di tucto el suo parlare ritrassi avere malo animo addosso ad decto Vitellozo, ma particularmente, come e' si ha ad procedere, non ritrassi.Fui dipoi con quello amico et, circa la condotta, la exclusi secondo le commissioni di vostre Signorie. Et delle cose di Vitellozo et di Pisa, li usai quasi le parole proprie che le Signorie vostre scrivono, adgiugnendovi tucte quelle altre cose che fanno a proposito parlare sopra ad questa amicitia. Né posse' circa Vitellozo ritrarre altro che un malo animo del duca verso di lui. Di Pisa dixe: "Una volta questo exercito si ha ad ridurre verso Urbino, dipoi andrà forse più là, accennando verso Perugia, Castello et Siena; $723$et quando e' si trovassi in quelle parti, li sarebbe facile girare in un tracto ad Pisa et, trovandola sprovista, li sarebbe facilissimo l'occuparla: ma bisognerebbe governare la cosa secretamente. Non so se, per la creatione di questo gonfaloniere, questo si può al presente fare et se quelli Signori potessino ordinare un 25 0 30 mila ducati che bisognassino, sanza avere ad renderne ragione prima ad ogni uomo". Quello che io respondessi non replicherò, per non infastidire lo animo di vostre Signorie: ingegna'mi satisfare allo ofitio mio.Circa alla condotta, dixe questo amico come e' non ci era lo onore del duca ad non ne ragionare; et, stando un poco sopr'ad sé, dixe che si poteva mutarla di condotta in provisione che le Signorie vostre li dessino. Risposi che la muterebbe nome, ma la non muterebbe viso; et che, ad volere che io entrassi ad ragionare con vostre Signorie di questa provisione, bisognerebbe che io potessi dire loro quello che fussi el riscontro in loro proficto; et bisognerebbe che fussi chiaro, et di presente, et che si annoverassi come farebbe quella; parlando sempre come da me. Rispose decto amico che ci penserebbe un poco: et così finimo el ragionamento. Né ho in risposta della vostra de' xv che scrivere altro alle Signorie vostre, perché ad li altri che giornalmente parlono meco di queste cose, io ho risposto et risponderò loro sempre quello creda mi si convenga.E' son venuti questo resto de' franzesi che ci

si aspettavano et sono alloggiati dove altra volta scripsi ad vostre Signorie essersi ordinato; et, secondo che mi dice un messer Federico, uomo del cardinale di San Giorgio, che dua dì fa venne qui, tucti e franzesi che sono partiti da Parma per il socorso di questo Signore, computando e primi et li ultimi, adgiungono alla somma di 450 lance. Io non so se dice el vero, ma si riscontra con quello che dicono costoro; et lui viene da Parma dove è stato molti giorni.E svizeri non sono ancora venuti, né ho inteso dove si sieno; ma si dice non possono differire ad giugnere.L'accordo, da la parte delli Orsini pende in su la venuta del signore Paulo, che non è ancora comparso; et da la parte de' Bentivogli pende in su messer Romolino che è ito ad Roma, come già vi scripsi; et nessuno movimento s'intende.Questo Signore si truova ancora qui, et domandando $724$ io ieri messer Alexandro tesoriere quando e' partiva, rispose aspettarsi una risposta da un ser Arcolano che più dì sono mandorno ad Milano.Delli apparati di questo Signore alla guerra in queste conclusioni di paci ne sta sospeso ogni uomo, considerato maxime di che fede si può oggi fare capitale. Et prima messer Giovanni teme assai, nonobstante li onori facti al protonotario suo et el sollecitare di tirare innanzi li accordi, perché e' vede questo duca tuctavia ingrossare, non si partire di qui et starci con disagio delli uomini della terra et suo. Appresso, vede venire el conte Lodovico della Mirandola et questi franzesi venuti ultimamente per la via di Ferrara; et dove, volendo andare verso Rimini, la via loro era farli passare Faenza, et lui li ha facti girare di qua et poi tornare ad alloggiare, el conte ad Doccia et li franzesi in tre castelluccia, che io vi ho scripto altra volta, che sono tucte a' confini de' bolognesi, verso Piancaldoli, dove stanno con disagio et son fuora della via. Torna ancora in qua qualche compagnia di fanti, di quelle che erano sute ne' dì passati mandate per queste città, le quali cose fanno parlare variamente. Tamen, non si crede che si abbi ad mancare di fede quando la fussi promessa. E vinitiani veggiendo rannugolare qua, per non essere giunti allo scoperto, hanno mandato il conte di Pitigliano ad Ravenna con 1000 cavagli.Delle Signorie vostre se ne sta securo, per essere costui armato di franzesi, né si credere che loro vi nocessino; che già altrimenti nessuno vi securerebbe. Quello che abbino già da temere o Vitegli o Orsini vostre Signorie lo possono discorrere meglio che non si fa qui; né ci è in effecto sì securo cervello che in queste cose ardisca fermare el punto.Qui sono venuti circa 20 cavagli pisani che cercono soldo; non so se si appicheranno. Io non ho facto impresa né di favorirli, né di disfavorirli, per non sapere quale si sia

meglio.Essi decto questa mattina per la terra che 'l populo di Bologna è levato per sospecto che li è venuto che messer Giovanni non venda Bolognia al duca. Credesi sieno bugie populari, non ci essendo riscontro vero. Raccomandomi alle Signorie vostre.$725$Poscripto. Ho tracto el salvocondotto conforme ad quello di vostre Signorie, quale vi mando allegato; et mi è suto fatica trarlo sanza paga [...] di questa cancelleria, che tucte non sono facte come quella di vostre Signorie. [...] Allegassi essere tracto el vostro gratis, tamen mi è convenuto in messer Alexandro Spannochi: el quale, se giudicherà si abbi ad pagare qualche cosa, bisognerà che cotesti mercanti provveghino. Iterum valete.

%1502 nov 22, LCMagnifici Domini etc. Ad dì xx per Carlo cavallaro scripsi ad lungo ad le Signorie vostre in risposta della loro de' xv; et perché le cose si truovono qui in quello medesimo termine erano quando altra volta vi ho scripto, sarò per questa brevissimo. Et ad dire tucto summariamente, el duca si truova ancora qui et non si sa bene la partita sua. Le genti non vanno altrimenti innanzi verso Faenza, né si manca delli ordini consueti per la guerra. E svizeri non sono ancora venuti. El signore Paulo Orsino non è ancora comparso, et si dice non verrà di costì per non avere auto salvocondotto per 25 balestrieri come chiedeva. Lo accordo di Bologna non è ancora fermo bene, perché, quando messer Giovanni si credette avere fermo tucto, e' ci restò la differentia dello accordo vechio per il quale detto messer Giovanni è obbligato pagare omni anno ad questo duca 9 mila ducati, et credendo messer Giovanni detto obbligo essere cancellato, questo Signore dixe che s'intendeva che quello medesimamente veghiassi, et per questo la cosa è restata così sospesa tre dì et questa sera è venuto messer Mino de' Rossi per concluderlo ad modo d'altri, se non potrà ad suo; non so quello seguirà.Ho ricevuto questo dì la vostra de' 19, responsiva alle mia de' 14 et 16, et intendo quanto mi dite dello obbligarsi, $727$etc. Aspecterò che me ne sia parlato, et di tucto vostre Signorie saranno advisate. Né ho cerco avere audientia altrimenti dal Signore per parlarli di nuovo delle ragioni muovono vostre Signorie ad non potere ragionare della condotta sua, perché, parendomi conosciere ad dipresso la natura sua, non lo voglio infastidire di quello che li pare intendere: il che sarebbe più tosto per farlo alienare più, che per addolcirlo. Et però aspecterò che di simil cosa mi sia ragionato: il che sarà secondo che 'l tempo governerà le cose, le quali son più stimate qui dì per dì che altrimenti. Né ancora so come le audientie sieno per essermi facili: perché qui non si vive se non ad utilità

propria et ad quella che pare loro intendere, sanza prestarne fede ad altri. Onde io non tenterò la catena, se non forzato, et una o dua che me ne sia facta, non la tenterò più, non obstante che per ancora non mi possa dolere; pure non lo vorrei avere ad fare. Tale che, computato ogni cosa, desidero assai avere licentia da le vostre Signorie, perché, oltre al vedere di non potere fare cosa utile ad cotesta città, vengo in mala dispositione di corpo, et dua dì fa ebbi una gran febbre et tuctavolta mi sento chiocciccio. Dipoi le cose mia non hanno costì chi le rivegga et perdo in più modi: sì che, computatis omnibus, non credo che vostre Signorie me ne abbino ad scontentare. Qui è venuto un omo del duca d'Urbino, dicesi ad chiedere pacti, né si sa alcuna cosa particulare. Bene valete.

%1502 nov 26, LCMagnifici Domini etc. L'ultima mia fu ad dì 22, la quale mandai per Ugolino Mannelli, et prima avevo scripto ad dì 20 in risposta alla vostra de' xv. Né dipoi ho che $728$ scrivere ad vostre Signorie trovandosi le cose ne' medesimi termini che quando vi scripsi: perché el duca è ancora qui, el signore Paulo non è ancora venuto et de sua venuta se ne parla variamente. Lo accordo di messer Giovanni Bentivogli non è ancora fermo, perché sono in differentia di quello conto vechio de' 9 mila ducati che messer Giovanni debbe dare fra certo tempo ad Signore; perché questo duca vorrebbe o fare tale obbligo perpetuo o vero che li dessi 40 mila ducati in pochi mesi, et messer Giovanni ad questo ultimo non porge orechi, et quello altro vorrebbe terminare in 6 o 8 anni. Et in su questa disputa sono stati 4 giorni, et per la parte di messer Giovanni ci si truova messer Mino de' Rossi. Et questa sera mi pare avere inteso che domani ci si aspecta el protonotario Bentivogli. Et chi va interpetrando questa dilatione, dice che la è tenuta dal duca per aspettare risposta da messer Romolino andato ad Roma et che costui, in questo caso, non è per governarsi se non come vorrà el papa. Alcuno altro la interpetra molto più sinistramente, nonobstante che fra e bolognesi et questo stato si tenga et servi ogni termine di buona amicitia et che molti presenti si sieno fatti da ogni parte l'uno ad l'altro.Le cagioni perché non parte questo Signore di qui si dicono molte: prima, per volere avanti sua partita fermare in tucto questo accordo co' Bentivogli; l'altra, che non ci è un soldo et si aspecta danari da Roma; l'altra, che ' svizeri non sono ancora venuti et già 3 dì si diceva che li avevano passato Ferrara, né se ne sa pubblice nulla certo; l'altra ancora, che vorrebbono essere ben chiari se, andando avanti, egli hanno ad ire come amici delli

Orsini o come nimici: il che si saprà venuto el signore Paulo. Né manca etiam chi dica che non parte per quelle cagioni che io vi ho già accennate per altre mia.Io scripsi alle Signorie vostre come egli era suto chiesto ad questo Signore un salvocondotto per uno uomo del duca d'Urbino, che potessi venire qui. El quale uomo venne 4 dì sono et partissi subito: pubblicossi la cagione della sua venuta essere per scambiare certi prigioni, né altro ne ho inteso.Dua dì fa tornò uno da Urbino, suto detenuto preso nella rebellione, et partissi di là a' 19 di questo. Referiscie essere pure assai sbigottimento in quelli populi, nonobstante $729$che sia in loro grande obstinatione, et che questo accordo delli Orsini et del duca li ha sturbati assai. Et narra come, dua giorni avanti che partissi, el duca ragunò prima e ciptadini et dipoi e soldati; né dice esservi di soldati se non Giovanni di Rossetto con dua altri conestaboli et hanno qualche 400 fanti. Et parlò, ancora che di per sé l'uno dall'altro, tamen in conformità ad ciascuno, narrando l'accordo facto fra li Orsini et il duca Valentino essere certo, et che fra detto duca et Vitellozo si stringeva forte et che dubitava non si concludessi: et in su questo domandò consiglio. E ciptadini risposono che volevano morire seco. E soldati, examinato prima che forze el duca d'Urbino potessi fare, dixono che erano per salvarli tucta questa vernata Urbino et San Leo, quando tutto el mondo fusse loro contro. Et così si bandi che tucti e castegli et terre dello stato sgombrassino in questi dua luoghi. Et Giovanni di Rossetto mandò in San Leo un suo fratello con la moglie et figlioli.Referiscie costui quanto in quello principio quelli Vitelleschi venivono volentieri a' danni di questo Signore et quanto male egli arebbono facto se el signore Paulo Orsino non li avessi tenuti indreto; et come 600 fanti di Vitellozo soli ruppono tucto el campo del duca ad Fossombrone, che vi era 100 uomini d'arme et 200 cavalli leggieri, e quali si fuggirno tucti sanza arrestare una lancia; et che in tanti dì quanti e' sono stati in campo non vi è corso mai un quattrino. Et questo Signore da calen di octobre in qua ha speso meglio che 60 mila ducati; il che mi ha, manco di dua dì fa, testificato et affermato messer Alexandro, tesaurieri. Il che io ho scripto volentieri alle Signorie vostre, acciò che elle veghino che, quando un altro è messo in disordine, elli non spende manco di quelle, né è anche meglio servito da e soldati che si sieno loro, et per adverso chi è armato bene et di arme sue fa e medesimi effecti dovunque e' si volta.Quello amico non mi ha mai poi parlato di alcuna cosa pertinente allo accordo che si avessi ad stringere fra vostre Signorie et questo duca. Credo che li attendino con che commissione vadia messer Giovanvectorio ad Roma

o veramente aspectino tempo che voi aviate più bisogno di loro che al presente; da che io son certo che le Signorie vostre faranno ogni forza per guardarsene. Et io fo ancora le viste di non vedere, sì per avere exequita la commissione, $730$avendogli una volta tagliata la via per la quale voleva camminare, sì etiam per non avere ordine da vostre Signorie di nuovi partiti da proporre loro innanzi sanza la quale cosa si appicherà difficilmente ferro o ad Roma o qui; perché, avendo loro una volta detto l'animo loro et vostre Signorie non acconsentitovi, non ci è altra via ad farli ridire, se non col proporre loro innanzi nuove cose: perché el negare et poi tacere non è a proposito con questi cervelli. Et io prosuntuosamente ne ho stripto la opinione mia alle Signorie vostre, veggiendo che quelle per la loro de' xv mi scrivono essere deliberate fare amicitia con questo Signore et concluderla ora. Perché se io non avessi detto come io la 'ntendevo, rispetto allo avere pratico la natura di questo Signore, mi parrebbe non avere facto lo ofitio mio. Bene valete.

%1502 nov 28, LC$732$Magnifici Domini. L'ultima mia fu ad dì 26, la quale mandai per un garzone suto mandato qui da quelli da Gagliano per loro conto particulare. Et prima avevo scripto ad dì 22 et mandato la lettera per Ugolino di Niccolò Mannegli che se ne tornava in costà; le quali existimando salve non replicherò altrimenti.Per questa mi occorre fare intendere ad vostre Signorie come ieri arrivò qui el signore Paulo Orsino, et secondo ho ritracto, egli ha portato e capituli ratificati et soscripti da Vitellozo et da ogni altro de' collegati, et s'ingegna pro viribus persuadere ad questo Signore quanto loro gli debbono et gli fieno fedeli et che gli metta in ogni 'mpresa et al paragone di qualunque altro. Questo Signore all'incontro se ne mostra contento. Vitellozo ancora in particulare gli scrive lettere molto summissive et molto grate, scusandosi et offerendosi, et dicendo che, se li parlerà mai ad bocca, non dubita di non giustificare benissimo sé et farlo capace che le cose seguite non sono mai sute facte per offenderlo, etc.Sua Signoria si piglia ogni cosa, et ad che cammino ella si vada, e' non si sa, perché gli è dificile intenderla et conoscerla. Et avendo ad giudicare questa cosa da el facto in sé, da le parole sua et da quelle di questi sua primi ministri, non se ne può se non credere male per altri: perché la ingiuria è suta grande, le parole sua et quelle d'altri sono sempre sute piene di sdegno verso di detto Vitellozo. Et chi mi parlava ieri di questa cosa, che è el primo uomo che questo Signore abbia presso di sé, dixe: "Questo traditore ci ha dato una coltellata et ora crede guarirla con le parole". Et andando io investigando come questo

Signore abbi ad procedere in questo caso, et entrando sotto ad questo tale, che io dico essere de' primi, mi dixe: "Una volta noi ce n' andreno con questo exercito verso Urbino, dove non si dimorerà molto perché noi siamo di ferma opinione che ci si darà nelle mani, che noi non sareno ad Rimini; et tirereno in su, o verso Perugia, $733$ o verso Castello, dove ci parrà. Chiedereno gli allogiamenti drento nelle città come gonfaloniere di Sancta Chiesa et come ad terre di Chiesa; et li capituli non dicono che noi non dobbiamo allogiare con lo exercito del papa dove lui vuole; vedrassi che risposta ne fia facta, et secondo quella ci governereno", accennando che in su questo non ha ad mancare loro occasione per giudicare Vitellozo et Giampaulo non essere per fidarsi, contro li quali costoro hanno più animo tristo che contro alli altri.Dua dì sono, venne qui el presidente della Ruota che questo Signore ha ordinata in questo stato, che si chiama messer Antonio dal Monte ad San Sovino, uomo doctissimo et di optima vita, et tiene la residentia sua ad Cesena. Et si dixe, alla giunta sua, come sua Signoria lo aveva facto venire per mandarlo in Urbino come uomo del pontefice ad offerire venia ad quello populo et ad quelli di tucte le altre terre. Il che si riscontra, perché oggi la Excellentia del duca, el signore Paulo, detto messere Antonio et messer Agabito sono stati ristretti la maggiore parte del giorno insieme, et si dice ad ordinare le patenti et l'ordine come detto messer Antonio debbe procedere, et che insieme con lui andrà el signore Paulo per fare diloggiare le genti d'arme che sono in quello di Fano et ritirarle verso Urbino; et tiensi per fermo che in questa recuperatione non ci si abbi ad adoperare spada. Et inoltre si crede che Iacopo di Rossetto, el quale si truova in San Leo, come scripsi per altra mia alle Signorie vostre, per essere uomo di Vitellozo come ogni uomo sa, non sia stato messo in San Leo da Vitellozo ad altra fine se non per possere con questo presente riconciliarsi più el duca. Dicesi, oltr'a di questo, tenersi da parte una pratica con el duca Guido, che e' rinumptii el titulo di questo suo ducato et darli un cappello o una simile ricompensa. Chiede el signore Paulo danari per lui et per li altri in su questo diloggiare da Fano; ègli suto promesso per di qui ad 8 giorni dare cinquemila ducati. La recuperatione di Camerino durante la vernata è giudicata, non che difficile, impossibile. Né si crede che vi si perda tempo quando per accordo la non venissi. Et perché, con tucti questi accordi et speranze, anzi certeze, di recuperare questi stati sanza arme, e' non si vede tornare indreto nessuna di queste compagnie franzese, anzi si disegna di andare avanti con tucta $734$questa banda et dicesi che gli andranno col duca infino ad Roma, si crede lo facci per assettare assai cose per la via: et io ne ho el

riscontro che io scrivo di sopra alle Signorie vostre; o vero perché questi franzesi debbono passare nel Reame in soccorso di quelli loro. Et benché questa opinione ci sia suta poi che questi franzesi vennono, tamen si crede più al presente per intendersi essere passati nel Reame assai spagnoli di nuovo per la via di Sicilia: il che da Roma vostre Signorie ne possono avere più certo adviso.Le cose di Bologna con questo Signore si fermorno ieri et essi reducto questo pagamento de' 9 mila ducati, in che era la differentia, ad cinque anni; et sarebbesene facto el contracto, ma questi bolognesi non avieno el mandato ad farlo. Venne el mandato questa mattina, et oggi non si è facto nulla per essere stato questo Signore occupato con el signore Paulo et con messer Antonio dal Monte nelle cose dette di sopra. Et mi è suto detto, el papa, dopo la giunta di messer Romolino ad Roma, avere scripto ad questo duca et confortatolo assai ad questo accordo di Bologna, mostrandosene contento et satisfacto. Ingegnerommi, auta che li arà la perfectione sua, trarne una copia et la manderò ad vostre Signorie.Questi benedecti svizeri, che dovevono venire, non sono ancora comparsi, né io ne posso dire altro ad vostre Signorie.Io non voglio mancare di scrivere alle Signorie vostre come qui si ritrae che questo Signore, nel passare verso Roma con questo exercito, quando e' pigli quella volta, che si crede di sì, seguirà e modi suoi vechi di fare pagare le male spese ad tucte le terre della Chiesa che li capiteranno alle mani; et fra le altre Ancona è in sul disegno. Et perché si dice essere in quella città assai robe de' mercatanti vostri, et perché io non so quanto questo exercito sia per adpressarvisi, et appressandovisi, è da dubitare di sacco et d'ogni male, considerato la buona sorte sua, ne pago mio debito di advertirne vostre Signorie. Et parlandone l'altra mattina dalla lunga con messer Alexandro, dimandandolo se noi avessino robe in Ancona come le potessino venire secure, rispose che 'l modo sarebbe imbarcarle et condurle ad Cesena o ad Rimini, et che, condotte quivi, le securerebbe egli. Altro non mi occorre per questa, $735$se non raccomandarmi infinite volte alle Signorie vostre, quae bene valeant.Siamo ad dì xxviiii da mattina et è arrivato un garzone di Carlo cavallaro con la di vostre Signorie de' 26; et intendo quanto vostre Signorie dicono dello oratore che debbe partire per ad Roma et come io ho ad intrattenermi qua, et la speranza che vostre Signorie hanno che questo Signore scenda da questa sua ferma opinione della condotta; di che io mi rapporto alle Signorie vostre. Parmi bene, non avendo da dire altro ad questo Signore, di non cercare di parlarli altrimenti, ma da adtendere con questi sua ad maturare la cosa et persuaderla et farla

capace acciò che l'intendino che possono fare sopra le Signorie vostre ogni fondamento, quando e' non si partino da el possibile et da el ragionevole. Et così aspecterò che mi sia da loro facto intendere altro, né sono per governarmene altrimenti, se le Signorie vostre non me ne danno ordine expresso.Intendo oltre a di questo, quello che le Signorie vostre mi dicono ritrarre da Roma circa la passata di questo Signore nel Reame. Rispondo non avere inteso mai alcuna cosa che questo Signore passi in persona, ma sì bene si ragiona de' franzesi nel modo che di sopra scrivo; ingegnerommi di observarne meglio el vero et di tucto fieno raggualiate vostre Signorie. Né sopratterrò più questo mandato per non tenere sospese vostre Signorie delli advisi di qua et per altra mia sopperirò a tucto; et scriverrei ogni giorno se non fussi la difficultà del passare queste alpe, rispetto a' tristi tempi che corrono; et dipoi non variando le cose, mi pare superfluo con spese scrivere una medesima cosa alle Signorie vostre.Siamo nel medesimo dì ad ore xviii et è partito el signore Paulo Orsino insieme con messer Antonio dal Monte allo effecto di che io scrivo di sopra; et ha auto decto signore Paulo 3600 ducati. Valete iterum, etc.$736$Circa la partita del duca di qui, si ragiona che partirà per tucta questa septimana, come per altra scripsi, et ne andrà ad Furlì.

%1502 nov 30, LCMagnifici Domini. Ieri scripsi ad le vostre Signorie per un garzone di Carlo, vostro cavallaro, et benché per questa non mi occorra molto, tamen avendo occasione di mandarla per un garzone di messer Alexandro tesaurieri non voglio mancare di dare notitia di quanto segue. Come le Signorie vostre intesono per la mia di ieri, el signore Paulo Orsino insieme con messer Antonio dal Monte sono iti alla volta di Urbino, né da quelle bande si è inteso dipoi altro, et in tucto si aspecta quello che partorirà l'opera loro. Et questi primi del duca dicono che questo Signore non è per muoversi di qui, se non intende come si abbi ad governare con Urbino: cioè se lui ha ad usare la forza o non. Né circa ad questa parte mi occore altro, se non che el vescovo di Cagli, avendo chiesto più dì sono salvocondotto per venire qui et non li essendo volsuto concedere, li è stato dipoi concesso dua dì sono et ci si aspetta di corto.Dixi alle Signorie vostre per l'ultima mia come lo accordo fra ' bolognesi et questo Signore era fermo, et che cinque anni durassi la provisione de' 9 mila ducati da darsi ad questo duca; et che non mancava se non el mandato ad questi bolognesi. Ma, sendo venuto el mandato, vennono lettere da Roma con uno uomo ad posta de' Bentivogli, che significorno ad questo principe essere rimasi d'accordo el papa et

quelli che sono là per messer Giovanni che questa provisione avessi ad durare 8 anni et che fussino ogni anno x mila ducati. Tale che, vedendo questo duca el papa avere guadagnato in questo appuntamento tempo et danari, dice non essere per volersi partire da quello ha facto detto papa; et dall'altra parte messer Giovanni se ne discosta et richiedelo della observantia di quello erano rimasi insieme; et così la cosa si va ingarbugliando et procrastinando, né si sa interpetrare se la è arte o caso. Doverrallo giudicare presto lo effecto: nonobstante che ad questi de' Bentivogli paia che le cose procedino naturalmente et ne stieno di buona voglia.Io ho, per diverse vie, ricerco d'intendere se questo Signore è per trasferirsi in persona con le sue genti nel Reame, o vero se e franzesi sono per andarvi loro; né ho possuto dell'una cosa et dell'altra ritrarre alcuna cosa di certo, ma solo opinione; la quale è suta in questa Corte, poi che ' franzesi vennono, che facto queste facciende ne andrebbono nel Reame; non mancherò di farne ogni prova per intenderne el vero et adviserò. Né ho che scrivere altro per questa, perché tucte le altre cose sono ne' medesimi termini che per altre ho scripto alle Signorie vostre, alle quali mi raccomando umilmente, quae bene valeant.

%1502 dic 2, LC$738$Magnifici Domini etc. Io scripsi l'ultima mia ad dì 30, et prima avevo scripto ad dì 28 et 29 del passato. Et per la presente mi occorre significare ad vostre Signorie come questa sera col nome di Dio si sono fermi et conclusi e capituli fra la Excellentia di questo principe et messer Giovanni Bentivogli. La quale nuova, perché mi pare da essere desiderata da vostre Signorie, la significo ad quelle per uomo expresso, perché oltre alli altri beni che ne può sperare cotesta ciptà, ci conosco questo et da non stimarlo poco: el quale è che questo duca si cominci advezare ad tenersi delle voglie et che conosca come la fortuna non liene dà tucte vinte; il che lo farà più facile ad ogni proposito che lo volessino tirare vostre Signorie. Et benché l'ofitio mio fussi mandarvi la copia di detti capituli, tamen non li avendo possuti avere questa sera, ho voluto più tosto darvi questo adviso sanza epsi che, aspectandoli, differirlo.Ora, magnifici Signori miei, come questo duca abbi al presente ad procedere nelle sue cose, ci è varie opinioni; perché essendo ferme le cose di Bologna et quelle delli Orsini, et sperandosi buono fine delle cose d'Urbino, che per tucto dì domane ci doverrebbe essere nuove di quello che ha facto el signore Paulo in questa sua andata là non ci resta alcuna cosa in dubbio, se non el pensare quello che questo Signore abbia ad fare di queste gente che li ha

ragunate insieme; et se di questi franzesi ne ha ad tornare o tucti o parte in Lombardia, et se li hanno ad passare nel Reame; o vero se con epsi el duca (nonobstante ogni adcordo) si ha ad assicurare et maxime di Vitegli et Balioni. Et quanto ad questa ultima parte non ne ho ritracto $739$mai altro che quello ho scripto più volte ad vostre Signorie: l'una, di vedere un tristo animo nel duca verso di loro; l'altra, avere inteso da quello amico che, andando verso Roma et alloggiandosi, potrà scerre e giudei da' sammaritani, come più largamente per altra mia vi scripsi. Et quanto ad quell'altra parte, se ' franzesi debbono passare nel Reame o col duca o sanza, io ne ho facto ogni extrema prova per intenderlo, né mai ne ho possuto trarre alcuna cosa certa; et più tosto mi è suto mostro di non, che altrimenti. Et pure oggi parlandone con quello amico che io ho più volte allegato in su le mie lettere, mi dixe: "Questi franzesi ci hanno oggi mostro una lettera da Napoli, la quale mostra e franzesi essere al di sopra il che fa non essere necessario che questi vi si transferischino" et trassesi la lettera di seno et dettemela; della quale vostre Signorie ne leggieranno la copia che io mando inclusa in questa.Né potrei intorno ad questa cosa scrivere altro alle Signorie vostre. Ma per tucto dì martedì proximo si doverrà vedere che via piglia questa acqua et da quello principio si doverrà coniecturare più là qualcosa: perché per molti segni io veggo resoluto questo Signore di partirsi fra 3 o 4 dì; et dicesi che 'l primo alloggiamento sarà ad Furlì, per andare subito più avanti et con tucta questa gente: di che ne sarà più vero iudice el tempo che alcuna altra cosa che se ne dica al presente.Et perché le vostre Signorie intendino meglio che animo abbi costui verso questi suoi nimici riconciliati, sappia che li è stato qui da 8 giorni uno uomo di Pandolfo Petrucci et uno di Giampaulo Balioni, et non ha né l'uno né l'altro possuto avere ancora audienza, ne hanno speranza di averla. Et parlando uno amico mio con qualcuno di questi, mi è referito che loro giustificano el caso loro con questo duca, allegando avere voluto farlo re di Toscana et che ad lui non bastò solo el non volere acceptare questo benifitio, ma, andando ad trovare el re, li misse in disgrazia di sua Maestà; et che Vitellozo non ha che replicare altro al duca che questo.Di nuovo non ho altro che dire alle Signorie vostre per non ci essere di verso Urbino ancora adviso alcuno poi che partì el signore Paulo Orsino et messer Antonio dal Monte; aspectasi domane qualche adviso come ho detto di sopra. Essi detto oggi in Corte come quelli di Camerino $740$ hanno sacheggiato un castello della Chiesa, loro vicino; chiamato Sansoverino. Raccomandomi alle Signorie vostre, quae bene valeant.Pagate allo apportatore di questa lire sei, che

vi debbo essere per tucto dì 4 del presente.

%1502 dic 2, LCMagnifici Domini, etc. Le Signorie vostre veggono quello che io scrivo per l'alligata, e perché circa a' capitoli fra i Bentivogli e questo duca, mi è suto riferito alcuno particolare, mi è parso scrivervelo a parte, sendone così suto pregato. E questo tale fu contento che io leggessi detti capitoli, ma non volse ne serbassi copia, onde io ne riferirò a vostre Signorie quanto se ne è riservato nella memoria. Le Signorie vostre sanno, come per altra scrissi, che qui si era fermo uno accordo e a Roma un altro, e che quello di Roma era a più vantaggio del duca che questo; ed in tale accordo di Roma si contengono gli infrascritti effetti, cioè:Che fra la Eccellenza del duca di Romagna, principe di Squillaci e Bisegli da una parte, e il Magnifico Reggimento e mess. Giovanni Bentivogli co' figliuoli da Bologna dall'altra, si faccia vera e perpetua pace duratura in eterno, avendo gli amici per amici e i nemici per inimici, e che ciascuna delle parti sia obbligata favorire con l'arme e collo stato l'altra parte, contro a qualunque, eccetto Alessandro papa sesto, e il Cristianissimo re di Francia.Item, che mess. Giovanni Bentivogli sia obbligato servire la Eccellenza del duca di Romagna fra un anno, da cominciare il dì della finale conclusione dello accordo, $741$ ogni volta che al duca parrà o piacerà in una impresa, o due, per spazio di sei mesi, di 100 uomini d'arme e 100 balestrieri a cavallo, a spese di detto messer Giovanni.Item, che il primogenito di messer Annibal Bentivogli debba torre per donna la sirocchia del vescovo d'Euna.Item, che il papa debba confermare alla comunità di Bologna e a messer Giovanni Bentivogli, tutti i capitoli e privilegi suti loro concessi per lo addreto da qualunque pontefice.Item, promette il papa e il duca che la Maestà del re di Francia, gli eccelsi Signori fiorentini, e la Eccellenza del duca di Ferrara prometteranno la osservanza di detti capitoli per la parte del duca di Romagna.Item, s'intenda condotto il prefato duca di Romagna dalla prefata comunità di Bologna con 100 uomini d'arme per otto anni continui prossimi futuri, e con stipendio di fiorini dodicimila d'oro di Camera per ciascun anno.Questo è in effetto, magnifici Signori, quanto io pote' ritrarre per avere letto una volta tali capitoli, e quelli che questa sera si sono fermi, sono conformi in tutto a questi, eccetto che, dove lo stipendio de' 10 uomini d'arme debbe durare otto anni, e loro lo hanno ridutto a cinque, e delli altri 3 anni ne fanno la dota a quella sorella del vescovo d'Euna; e messer

Giovanni obbliga suoi beni per conto di detta dota, fra li quali questo Signore ha voluto obbligati quelli che messer Giovanni ha nel dominio di Firenze. E un capitolo in detti capitoli, che io aveva lasciato addreto, che tali capitoli si debbono tenere secretissimi tre mesi prossimi, per cagione delle cose d'Urbino e di Camerino: il che ha fatto che io non ne ho possuto avere la copia e che io vi ho scritto a parte per servare la fede a chi me ne ha pregato. Raccomandomi a vostre Signorie, quae bene valeant.

%1502 dic 6, LC$743$Magnifici Domini. Avanti ieri ricevve' una di vostre Signorie responsiva ad più mie, et perché io scripsi l'ultima ad dì dua di questo, dove significai ad quelle ad lungo delle cose di qua, né essendo dipoi innovato altro, ma trovandosi ogni cosa ne' medesimi termini, non mi occorrerebbe scrivere altrimenti. Tamen, perché le vostre Signorie non stieno con lo animo sospeso differendo lo scrivere etc., mi è parso scrivere la presente.Sendo io stato da 10 giorni sanza entrare ad parlare ad questo Signore et essendo facti questi capituli fra sua Excellentia et e Bentivogli, mi parse ieri non fuora di proposito pigliare occasione di parlarli, et la udienza mi fu concessa subito. Et avanti che io li dicessi alcuna cosa, sua Signoria mi dixe: "Io sono stato in fantasia di parlarti 4 o 6 dì fa perché el signore Paulo Orsino, ultimamente che lì è stato qui, mi ha decto che li tuoi Signori li hanno mandato ad Urbino dua uomini ad farli intendere che se voleva condursi, o lui o suo figliolo, che li darebbono conditione quando egli operassi qualche cosa ad benifitio vostro circa le cose di Pisa; et che li era mancato da lui perché da le Signorie vostre non era rimaso di aderirsi per fare etiam contro ad sua Excellentia".Io li dimandai se el signore Paulo li aveva detto el nome di questi dua, o se ne li aveva monstre lettere di credenza, o vero se detto signore Paulo per lo addreto li aveva mai detto bugia veruna. Rispose che lettere non li aveva mostro et manco detto chi egli erano, ma che delle bugie gli aveva bene dette assai; et così si risolvé questa cosa ridendo, nonobstante che nel principio lui me ne parlassi turbato, monstrando di crederla et che la gli dolessi; né io giudico fuora di proposito che le Signorie vostre scrivino qualche cosa intorno ad questa parte che io li possa mostrare.Entramo poi in lunghi et vari ragionamenti per spatio di una grossa ora, e quali io non replicherò come superfluo et poco ad proposito. Trassine solo in substantia come sua Signoria dice essere in quello medesimo proposito di fare amicitia con le Signorie vostre et mantenerla, $744$né mai farvi o consentire che vi si faccia contro, giudicando la deboleza et

diminutione vostra diminutione sua; accennandomi quodam modo che era per fare ad vostro modo, quando non volessi fare ad suo. Né questo me lo dixe con parole sì chiare, tamen me lo parse raccorre nel suo parlare; et benché io m'ingegnassi scoprirlo, non posse' farlo per non potere rispondere se non generalia.Entrommi ne' casi de' vinitiani, et come egli avevono tenuto un tractato in Rimini per mezo d'un vinitiano che abitava quivi, et che lui per onore loro lo aveva facto impiccare. Dixemi de' sospetti in che li stavono con questo suo exercito che li aveva ridutto qua, et come avevono onorato uno suo uomo che mandò là per scoppietti, oltre al modo conveniente et a loro et alla persona di colui. Parlossi delle cose di Pisa, et de' galiardi assalti che vi avevono facto vostre Signorie, et come la sarebbe la più gloriosa expugnatione che potessi fare uno capitano. Di quivi saltò a Lucca, dicendo che l'era ricca terra et che l'era un boccone da ghiotti: et in simile ragionamenti si consumò tempo assai.Dixe dipoi quanto volentieri egli aveva facto questo accordo co' Bentivogli, et che li voleva ricevere per frategli, et che Iddio ci aveva messo le mani: perché prima era entrato in questo ragionamento cianciando, tamen, che poi ad un tracto el papa vi si dispose et lui vi consentì con tanta satisfactione d'animo quanto fussi possibile, dicendo che se le Signorie vostre, lui, Ferrara et Bologna vanno ad un cammino, che non è per temere mai di nulla: prima, perché el re di Francia è amico di tucti et stando in Italia sua Maestà, è per salvarli et augumentarli; secondo, che, se pure sua Maestà avessi qualche noia, questa unione è per farsi tali favori in ogni evento, che nessuno presummerà mai manometterli. Dixemi che ne' capituli si conteneva che la Maestà del re, vostre Signorie et el duca di Ferrara promettessino la observantia per ciascuna delle parti et che credeva che le Signorie vostre non ci replicherebbono.Risposi non poter dirne altro, ma che dove si abbi ad essere cagione di quiete et pace vostre Signorie vi concorreranno sempre volentieri, sendo maxime in compagnia del re di Francia. Domandai sua Excellentia se d'Urbino ci era cosa alcuna, et come e' disegnava procedere con questo exercito, et se li era per licentiare di queste $745$ lance franzese. Rispose avere ieri aute lettere come el signore Paulo et messer Antonio dal Monte si trovavono ad un castello presso ad Urbino ad cinque miglia et avevano facto intendere al duca Guido che si transferissi là: il che lui non aveva ancora facto per essere impedito da certa gotta, et che loro disegnavano andare ad trovare lui; et che quelli delle Penne ad San Marino avéno mandati ambasciadori ad detto signore Paulo per comporsi, et che faceva conto fra 3 dì tirarsi infino ad Cesena con tucto questo exercito et dipoi fare secondo che vedessi el bisogno.

Dixe che per ora non licentierebbe alcuno franzese, ma che, auto adsetto queste sua cose, non se ne riserverebbe se non un 200 0 250 lancie, per essere loro gente insopportabile et distruggitori di provincie; soggiugnendo che dove lui disegnava avere un 450 lance franzese, ne ha aute più di 600, per essere venute alla spicciolata tucte quelle che monsignore di Ciamonte aveva seco ad Parma, intendendo che qua si vive per lo amore d'Iddio. Et stati in su questi ragionamenti alquanto, mi diparti' da sua Signoria.Né io delle cose di qua ho che scrivere altro alle Signorie vostre perché, come io dixi nel principio, le sono tutte nel medesimo essere che altre volte ho scripto. Sonci quelle medesime genti; siamo per levarci di dì in dì, et vostre Signorie veggono quello mi ha detto el duca circa el procedere suo; né io ne 'ntendo altro da parte, et lo apporsi è difficile.Non sappiendo io quando le robe partono da Ancona et che via fanno, non posso pensare di fare loro favore alcuno. Raccomandomi alle Signorie vostre et le prego mi dieno licentia per torre questa spesa al comune, et ad me questo disagio perché, da xiii dì in qua, io mi sono sentito malissimo et se io vo faccendo così, dubito non avere ad tornare in cesta.Fate pagare allo apportatore di questa fiorini uno d'oro che mi ha promesso essere costì domani avanti le 3 ore.

%1502 dic 5, LC$746$Magnifici Signori. Avendovi scripto a lungo, è suto ad me el maestro di stalla del duca et si è doluto meco assai delle cavalle che sono sute rubate al duca nella montagna di Sambenedetto. Né potrei dire quanto lui dica che questa cosa è doluta al duca, et che lo ha più alterato che se li avessi perduta una terra; et che io scriva alle Signorie vostre faccino opera che quelle che sono sute loro tolte sieno restituite, et che le mandino uno loro uomo in quella montagna, et appresso faccino demostratione contro ad chi ha facto tale errore.Io ho scusato assai questa cosa, tamen non si possono placare, come cosa che è assai stimata da questo Signore. Et però di nuovo io prego vostre Signorie piglino tale expediente che queste cavalle si restituischino et s'ingegnino iustificare tucto, acciò che li mercatanti vostri non abbino ad patire, quando mai non ne resultassi altro danno. Raccomandomi ad vostre Signorie.

%1502 dic 9, LC$749$Magnifici Domini etc. L'ultime mia furno ad dì 2 et ad dì 6 del presente et le mandai ad posta con vantaggio d'un fiorino per ciascuna; et benché alcuno non sia ancora tornato, $750$,

tamen credo sieno arrivate salve. Per questa mi scade fare intendere ad vostre Signorie come iarsera fu qui nuove, el signore Paulo avere accordato Urbino et che tucto quello stato si è rimesso liberamente nelle mani di questo Signore; et che 'l duca Guido ne è ito ad città di Castello et cerca di avere da questo duca qualche provisione; et per questa cagione dicono non si essere ancora accordato San Leo, ma starsi così ad stanza di detto duca Guido. Intendo come costoro vorrebbono che rinunptiassi la donna et darli un cappello et che lui non lo vuole fare, ma dice bastarli avere provisione da possere vivere. E partito questa mattina assai gente verso Furlì et domattina si dice partirà el duca per ad quella volta con tucti questi franzesi et ogni altra gente sua: vedremo quello seguirà.Quello amico, di chi io ho scripto per altre mia alle Signorie vostre, mi ha più volte ad questi dì detto che si maravigliava che vostre Signorie non vengono con questo duca ad qualche conclusione, sendo ora un tempo tanto adcomodato ad farlo, che per adventura non si potrebbe desiderare più; et replicandogli io, fra le altre cose, che io ne stavo di migliore voglia che io non solevo, per parermi avere conosciuto, quando ultimamente avevo parlato al duca, sua Excellentia non essere resoluta in sul volere ad ogni modo la condotta, il che quando sia con effecto et che voglia fare el conto di vostre Signorie come el suo, troverrà sempre costì riscontro, come io li avevo detto infinite volte, risposemi: "Io ti ho detto altra volta che in questa condotta è onore et utile: dello utile e' non si cura, ma dello onore sì; et trovandosi modo dove si satisfaccia allo onore, e' sarà subito d'accordo".Dixemi oltr'a di questo essere venuto un pisano, mandato da quelli antiani di Pisa, et avere ricerco parlare al Signore; et che sua Signoria prima aveva deliberato non lo udire, dipoi ha pensato che non possa nuocere lo ascoltarlo, ma che me lo farebbe intendere; et questo è tre dì che me lo dixe. Ho dipoi molte volte ricerco detto amico di tale cosa: hammi risposto sempre non ne avere parlato ancora al duca et lui per le occupationi non avere possuto ritrarre quello che si voleva; et questa sera, domandandoli di nuovo di questo caso, mi dixe che non li aveva parlato et che li era suto licentiato. Et per altra via ho inteso come questo mandato è Lorenzo d'Acconcio et che $751$li ha parlato al duca dua volte; et la cagione della sua venuta essere ad significare ad sua Excellentia come ad Pisa è venuto uno mandato del re di Spagna ad offerere loro aiuto, et che loro sono per acceptarlo, quando e' non truovino defensore più propinquo: perché non possono stare più così; et ha offerto la città ad decto duca. Ad che intendo questo Signore avere risposto generalmente et dettogli che li venga dreto ad Cesena etc. Ora

io non so ad chi mi credere di questi dua: lascierollo giudicare alle Signorie vostre. Fo loro bene fede di questo, che l'uno et l'altro di costoro ne può avere inteso la verità facilissimamente.Qui si dixe 10 dì fa come gli era suto tolto Cascina di furto alle Signorie vostre; et ieri intesi da uno mio amico che venendo questa nuova in casa el Bianchino da Pisa, dove si ragunano questi pisani, subito un di loro dixe che la credeva perché li era dato ordine che un giorno e cavalli di Pisa si mostrassino presso ad Cascina et usciendo fuori quelli che sono alla guardia di Cascina per adfrontarli et rimanendo in Cascina poca guardia, e contadini si levassino con le donne et occupassino la terra. Signìficolo alle Signorie vostre, acciò che, quando pure fussi vero questo ordine, vostre Signorie ne advertischino quello commissario. Raccomandomi ad vostre Signorie.

%1502 dic 9, LCMagnifici Domini etc. Ieri scripsi la alligata ad vostre Signorie et volendola expedire et dare vantaggio di dua ducati, non ho trovato chi la porti, rispetto a' malissimi tempi, perché 4 giorni ci è nevicato continuamente, né per questo si truova chi vuogli passare le alpi; per tanto $752$ prego vostre Signorie mi abbino per scusato, perché, nonobstante che continuamente facci cercare di chi venga, non truovo ancora.Restami significare alle Signorie vostre come questa mattina col nome di Dio si è partito el duca et ito alla volta di Furlì con tucto questo suo exercito; et questa sera alloggia ad Oriolo Seco et domandassera ad Cesena. Né si dice quello che dipoi si abbi ad fare, né qui ci è alcuno che credessi indovinarlo, perché Urbino è accordato et l'accordo è fermo con Orsini et Bentivogli, et dall'altro canto, non si licentia una lancia franzese, anzi tucti insieme fanno quella via che io ho detto alle Signorie vostre.Ieri vennono danari assai da Milano, mandati da el re ad questi franzesi: non so el numero, ma costoro dicono, 6 some di moneta d'argento; Francesco della Casa ne potrà raggualiare vostre Signorie. Ulterius questo duca aspecta di costì xii mila ducati, da Bologna 4 mila, da Vinegia 3 mila et mi ha detto un messer Gabbriello da Bergamo, che è qua, avere ordine di pagarliene oltre a' sopraddetti ancora 10 mila fra 15 dì; lascierò interpetrare ora queste cose alle Signorie vostre che, per avere advisi d'ogni parte, lo possono giudicare benissimo.Io partirò domattina di qui et ne andrò dreto alla Corte, non di buona voglia, perché io non mi sento bene; et oltre alle altre mia incommodità, io ho auto da le Signorie vostre 55 ducati et ne ho spesi infino ad qui 62, truovomi in borsa 7 ducati, dipoi mi converrà

ubbidire alla necessità. Et però prego vostre Signorie mi provegghino, quae bene valeant.

%1502 dic 14, LCMagnifici Domini etc. Io mi parti' da Imola ad dì xi da mattina et la sera andai adloggiare in Castrocaro, dove stetti tucto dì xII; parti' poi la mattina seguente et arrivai qui in Cesena iarsera et mi parse differire un giorno el venire dreto alla Corte per amore dello alloggiare. Et benché non mi occorressi scrivere per la presente alcuna cosa di nuovo, avendo scripto alle Signorie a' 9 et x del presente, tamen mi è parso scrivere questa per non tenere le Signorie vostre sospese in alcuna parte delle cose di qua.Io scripsi per l'utima mia quello intendevo d'Urbino et come tucto quello stato, excepto San Leo, si era liberamente rimesso nelle mani di questo Signore et che 'l duca Guido ne era ito ad città di Castello, et che San Leo era rimaso indreto per vedere se, per questo mezo, detto duca Guido possessi in alcuna parte migliorare le conditione sua con questo Signore. Né si è dipoi inteso altro, ma tuctavolta si tracta questa pratica, et dove la si abbi ad battere o in che termini si truovi, io non lo so; ingegnerommi intenderlo et di tucto fieno advisate le Signorie vostre.Tractasi medesimamente accordo con quelli di Camerino et ho inteso di buono luogo come e' lo hanno per $756$accordato. La Excellentia del duca, come ho detto, si truova qui con tucto lo exercito franzese et suo, excepto quelle genti che sono state tucto questo anno ad Pesero, le quali non si sono mosse di là; et è alloggiato in questa città et all'intorno di quella et vivono ad discretione: che vuole dire ad modo loro et non di chi gli alloggia. Et possono immaginare le Signorie vostre come le cose vanno et come le sono ite ad Imola, dove è stata la Corte 3 mesi et dua tucto questo exercito, che hanno consumato infino a' saxi; et veramente quella città, et poi tucto questo paese, ha facto pruova della bontà sua et di quello che può sopportare; et dico questo alle Signorie vostre adciò che le intendino e franzesi et tucti gli altri soldati non essere altrimenti facti in Romagna che si sieno suti in Toscana, et che non è migliore ordine, né manco confusione qua che si sia stato altrove dove si sono trovati etc.Come altra volta io scripsi alle Signorie vostre, tucti gli animi di coloro che hanno qualche discorso stanno sospesi sopra ad quello che debbe fare questo Signore, sendo venuto qui con questa gente et non avendo, in su queste paci et recuperationi di stati, licentiato solo un franzese; et quando si sono assai aggirati, si resolvono che non possa volere fare altro che adsicurarsi di coloro che li hanno facto questa villania et che sono stati ad un pelo per torli lo stato. Et benché ad questo paia si

opponghi lo accordo facto, tamen gli exempli passati fanno che si stima meno; et io credo assai ad chi ha questa opinione per li riscontri che io ne ho sempre auti: di che le Signorie vostre si debbono ricordare per le mie lettere, et pure quello scripsi ultimamente per la mia de' dieci dì circa e Savelli fu assai corroboratione ad questa opinione. Né manca con tucto questo chi dica che li andrà ad Ravenna o ad Cervia; et li vinitiani ne stanno con gelosia grande, perché chi viene di là dice che quelli rectori in persona vanno la nocte rivedendo le guardie, le quali vi si fanno non altrimenti che se li avessino el campo all'intorno: tamen con tucto questo non è alcuno che lo creda, giudicando questo Signore non possere fare una simile impresa, se già el re di Francia in uno medesimo tempo non li assalissi in Lombardia; et di questo non si sentendo qui alcuno ordine, quest'altro non si crede; et così andando gli uomini in varie opinioni, si risolvono la maggiore parte che sia meglio $757$lasciare scoprire le cose al tempo che volere durare fatica assai in giudicare le cose per apporsi poco. Se si debbe con queste genti andare nel Reame o no et che opinione se ne abbi, per altre ne ho scripto ad vostre Signorie; et di nuovo replico che qui non se ne ragiona molto. Dicon bene tucti questi cortigiani che 'l duca, assectato bene queste cose d'Urbino et di Camerino, ne vuole ire ad Roma et che partirà di qui facto questo Natale; et chi crede che si voglia assicurare in ogni modo de' nemici suoi, dice che può molto bene essere che parta per Roma et per la via assectare le cose ad suo proposito. Vedreno quello seguirà et io farò mio debito in advisarne vostre Signorie, mentre starò qua; che non credo possa essere molto: prima, per essere rimaso con 4 ducati in borsa, come sa il tavolaccino che fia aportatore di questa, el quale ragualierà vostre Signorie di mio essere et delle mie spese; secondario, per non fare a proposito lo stare mio qui. Et parlando ad le Signorie vostre con quella fede che io le ho sempre servite, egli era molto più proficto, per la conclusione che si avessi ad fare con questo duca, mandare uno uomo di reputatione qui che ad Roma; la ragione è questa: che dello accordo che si ha ad fare, se ne ha ad contentare costui et non el papa, et per questo le cose che si concludessino dal papa, possono bene essere ritractate da costui; ma quelle che si concludessino da costui non saranno già ritractate dal papa, se già e' non vi si vedessi el vantaggio, come intervenne nelle cose di Bologna. Et però sendo el tractare una medesima cosa in dua lati periculoso et per questo avendosi ad tractare in uno luogo, era meglio tractarla qua che ad Roma; et perché ad questo io non ero, né sono buono, per bisognare uomo di più discorso, più reputatione et che s'intendessi più del mondo di me, giudicai sempre che fussi bene mandarci uno oratore, el

quale arebbe tanto guadagnato con questo Signore nelle cose che si avessino aute ad tractare seco, quanto altro mezo che si fussi possuto usare; et qualunque è qua giudica quello medesimo che io. Vero è che non bisognava venire scarso di partiti, ma resoluto in parechi luoghi, et così sanza dubbio le cose si acconciavono et presto. Io ne ho pagato altra volta el debito, né ora ho voluto mancarne, perché se si è passato tempo assai, e' non si è ancora perduto in tucto. Et le Signorie vostre ripiglieranno queste $758$ parole secondo che io le scrivo: et di nuovo le priego umilissimamente che mi proveghino di danari et di licentia quae bene valeant.Postscripta. È stato ad me uno de' primi uomini che abbi questo Signore, et per parte di sua Excellentia mi ha pregato che io raccomandi ad vostre Signorie messer Bartolomeo Marcelli dal Borgo ad Sansipolcro, el quale è in su quella listra fra coloro che, per bando de' Cinque Deputati, avevono ad comparire finanzi ad loro da dì primo del presente ad dì 10; et dice avere auto lo adviso ad dì 8; uomo di 72 anni, avere ad fare in dua dì 70 miglia, perché si trova per stanza qui, et passare le montagne cariche di neve, et essere il dì 7 ore, pare impossibile et da averli compassione. Dice volere ubbidire et excusare la innocentia sua, quando egli abbi tempo ad posserlo fare. Donde io sono suto pregato che io preghi le Signorie vostre lo voglino fare rimettere nel buon dì, tanto che dal dì che lo 'ntende egli abbi al manco tempo 5 o 6 dì ad comparire; et lui allora subito comparirà. Sonne stato pregato et io ne priego le Signorie vostre perché, sendone stato richiesto caldissimamente et per parte del duca, parmi conveniente farlo intendere ad quelle et ne aspecto risposta.Faccino pagare le Signorie vostre al presente latore per sua fatica fiorini uno d'oro.

%1502 dic 18, LC$759$Magnifici Domini. E' mi occorre per la presente avere ad fare risposta ad tre di vostre Signorie delli 8, x et xiii del presente, alle quali non scade che replicare molto per essere responsive ad più mia. Et perché in quelle si conteneva la excusatione fate di quello che io scripsi avere decto Paulo Orsino ad questo Signore, et appresso si mostra la intentione vostra buona di ristringervi seco, et quanto el papa abbi auto caro l'andata dello ambasciadore vostro là, et come voi sete scesi ad qualche individuo etc., mi parse di cercare di parlare con la Excellentia del duca, né posse' entrare a lui prima che iarsera ad 4 ore; et parendomi le lettere vostre da comunicarle in parte, li lessi tucte quelle parti che raguardano alli effecti soprascripti. Sua Excellentia molto lietamente ascoltò tucto, dipoi mostrò restare satisfactissimo di quello scrivono vostre Signorie circa el signore

Paulo, et all'altre parte dixe quello che molte volte mi ha decto: cioè che desidera l'amicitia $760$vostra, et quanto la fia più stretta, gli parrà tanto maggiore capitale et li fia tanto più grata. Et vienvi tanto più volentieri quanto e' vede la Sanctità del papa esservi più volta, dicendo avere di proximo auto lettere da quella, nelle quali si conoscie una volontà grande di questa cosa et una affectione verso vostre Signorie, che voi medesimi non la potresti desiderare maggiore; di che dice essere contentissimo più che mai, parendoli per questo mezo fare un fondamento grandissimo allo stato suo; sobgiugnendo che essendo insieme vostre Signorie, lui, Ferrara, Mantua et Bologna, non sa di che, né lui né gli altri,si possino et debbino temere; et che ad questo viene di buone gambe, parendoli el facto suo, et è per ire tanto netto et con tanta sincerità quanta si possa richiedere da uno reale signore; et che già si ricorda avermi detto che quando aveva possuto poco, non aveva né bravato né promisso alcuna cosa, ma si era riservato ad farlo nello stato suo più securo, et dipoi, offertosi largamente ad vostre Signorie. Et che ora che li ha recuperato Urbino et che Camerino sta ad sua posta, et che sanza e Vitegli et gli Orsini e' si truova x mila cavalli intorno, parendogli potere promettere assai, promette tucto lo stato suo in benifitio di quelle; et quando e' venissi caso che le fussino assaltate, non aspetterebbe di essere invitato, ma mosterrebbe co' facti quello che promette al presente.Io dubito, magnifici Signori miei, che le Signorie vostre non credino che io ci metta di bocca, perché io, che lo ho udito parlare et veduto con che parole et termini sua Signoria ha parlato le sopraddette cose, et con che gesti pronumptiate, non lo credo appena. Et mi pare che sia lo ofitio mio scriverle et quello delle Signorie vostre è el giudicarle, et pensare che sia bene che le dica, ma che sia meglio non ne avere ad fare pruova. Io, per parte delle Signorie vostre, lo ringratiai in quel modo che giudicai convenirsi, monstrando quanto capitale le Signorie vostre erano per fare della amicitia et offerte sua, etc.Et da questo, saltando in qualche altro ragionamento, mi dixe sua Excellentia: "Tu non sai: e' ci è venuto uno cittadino pisano, et più dì mi ha facto domandare di audientia: non liene ho ancora concessa; et andando investigando quello che voglia, sento che mi vuole fare intendere come el re di Spagna offera loro aiuto et che sono per pigliarlo, quando altri non li voglia aiutare. Io fo conto $761$ d'udirlo al presente, perché li è costà in sala, et tu non partirai perché, udito che io lo arò, ti voglio raggualiare di tucto". Et così ringratiato che io lo ebbi, mi appartai et entrò drento el pisano, che stette seco qualche un 1/4 d'ora. Licentiatolo, mi richiamò et mi dixe averli facto intendere per parte di quelli

antiani di Pisa come el re di Spagna ha mandato loro ad dire che è per dare loro quanto grano e' vogliono, et quanta gente ad piè et ad cavallo fa loro di bisognio per difenderli, pure che loro promettino stare ad sua posta et essere sua amici; il quale partito dicono essere forzati ad pigliare, quando e' non veghino di essere aiutati da altri: et per questo avere mandato ad sua Excellentia ad scusarsi di ogni partito pigliassino.Dixemi avere loro risposto che considerassino bene quello che facevono et dove li entravono, perché e' vedevano tucti gli italiani essere franzesi, el re di Francia potente in Italia et inimico del re di Spagna; et quando loro si accozassino con Spagna, verrebbono a farsi inimici tucti quelli che per infino ad qui li hanno mantenuti; et ad un tracto sarebbe loro strecta la gola, perché una mattina e' si troverrebbono in su le mura el re et li amici del re, et che lui era per volare ad porre loro el campo ad una minima polizza di quella Maestà. Et però lui, come amico, li confortava ad starsi così et mantenersi con el re di Francia, et fare ciò che quella Maestà voleva, nella quale solo possevono sperare.Dice che lui restò confuso, né ebbe che rispondere se non che non possevono più vivere così. Et mi dixe sua Excellentia averli facta questa risposta, parendoli che la fussi da essere creduta da loro et utile alle Signorie vostre: perché, rimettendoli ad Francia et Francia sendo amica vostra, li rimette ad voi sanza ricordarvi, per non li asperare più. Dipoi el levarvi una guerra di vicinanza, come potrebbe essere quella, li pare a proposito vostro, et pensa che sia da farne ogni cosa perché non faccino questa pazia, ancora che ne dubiti, rispetto alla desperatione loro; sobgiugnendo che per ora gli era occorso rispondere così, ma che per lo advenire era per rispondere come le vostre Signorie li ordinassino.Io lo ringratiai della participatione et dixi che la risposta mi pareva suta prudentissima et bene considerata da ogni parte, né che io ero per dire ad sua Excellentia come e' si avessi ad governare in questo caso, perché lui sapeva $762$ benissimo quanto Pisa ci era ad quore et come le altre cose d'Italia stanno: da che lui aveva ad misurare tucte le risposte et tucte le pratiche che sua Excellentia avessi ad tenere con pisani. Dixi che ne scriverrei alle Signorie vostre et sendomene da quelle dato alcuno ordine, liene farei intendere.Le Signorie vostre sanno, come io scripsi loro per altra mia, avere auti diversi ritracti di questa pratica, et come da uno mi era suto detto che non avéno parlato al duca et dall'altro che li avéno parlato dua volte; desideravo per questo, avanti el serrare di questa, parlare di nuovo con amendua costoro per vedere quello che da l'uno et da I'altro ritraevo: non lo ho possuto fare; ingegnerommi

per altra mia supperire.Le cose d'Urbino sono ne' termini ho scripto altre volte; et di Camerino non ne so altro che quello mi dicessi el duca, che io scrivo di sopra: cioè che li sta ad sua posta, Ha mandato questo Signore per le artiglierie che si truovono ad Furli et le fa condurre in qua. Dà danari forte ad fanterie et gente d'arme, et si dice che fra 8 dì partirà el campo et ne andrà ad Sinigalia ad dilungo. Èssi detto da 4 dì in qua e franzesi avere auto nel Reame una gran rotta. El duca mi dixe iarsera che la non era suta cosa di molto momento; le Signorie vostre ne possono intendere meglio la verità.Io ho ricerco per intendere come ha ad essere facto l'obbligo che le Signorie vostre hanno ad fare insieme con el re di Francia et col duca di Ferrara, mediante e capituli facti con Bologna. Hammi detto un messer Giovampaulo, secretario de' Bentivogli, che 'l capitulo dice che la Excellentia del duca si obbliga che fra dua mesi, dal dì della finale conclusione de' capituli, ad curare sì et in tale modo che la Maestà del re di Francia, la excelsa Signoria di Firenze et el duca di Ferrara prometteranno per la observantia della pace. Et pare che, avendovene ad richiedere el duca, e' si abbi ad promettere per il duca solo, et così pare ad detto segretario; tamen le parole stando così, si possono intendere ancora altrimenti; et le Signorie vostre non ne sono ancora sute richieste perché nella conclusione facta rimase sospesa la dota della quale ha ad essere dotata la sorella di monsignore di Euna, della quale non è ancora facta la conclusione; et oggi hanno ad essere alle mani.$763$Le Signorie vostre per una loro delli 8 mi raccomandono di nuovo el caso di Salvestro de' Buosi. Parla'ne iarsera con sua Excellentia; fecemi, dopo molta disputa, questa conclusione: che li salvò la vita contro alla volontà della famiglia de' Naldi, ma che contro alla volontà loro non è per liberarlo, perché non li pare guadagnare, benificando uno et offendendo. Et trovandosi modo che Dionisio se ne contentassi, ad lui sarebbe piacere sommo, et che altrimenti non può farlo.Raccomandomi alle Signorie vostre et di nuovo le riprego mi mandino da potere vivere, che avendo 3 garzoni et 3 bestie alle spalle, io non posso vivere di promesse. Ho cominciato ad fare debito et infino ad qui ho speso 70 ducati; et domandatene Niccolò Grillo tavolaccino che è stato meco. Arei possuto avere le spese et potre'le avere da la Corte; non le voglio et pel passato me ne sono valuto poco, parendomi onore di vostre Signorie et mio fare così. Et andando io lemosinando qua 4 ducati et 3 ducati, pensino vostre Signorie come io lo fo di buona voglia. Bene valete.Postscripta. Sanno le Signorie vostre che, quando più septimane fa io trassi el salvocondotto da questo Signore, mi convenne promettere di dare alla cancelleria quanto

sarebbe giudicato da messer Alexandro Spannochi, né mi giovò allegare ad l'incontro el modo. Ora detta cancelleria mi è ogni giorno addosso, et in fine io resto condannato in 16 braccia di dommasco. Prego le Signorie vostre me lo faccino provedere a' mercatanti, perché, quando io non satisfaccia questo cancelliere, non potrei mai più expedire cosa alcuna, et maxime di cose private, perché tucte le spediscono loro sanza che se ne possa mai parlare al duca; et dipoi mi caveranno le Signorie vostre d'obbligo, sì che ancora in questo caso mi raccomando alle Signorie vostre: iterum valeant.

%1502 dic 19, LCIllustres ac Excelsi Domini etc. Parlando ieri con la Excellentia del duca, messer Agabito, suo primo secretario, mi si accostò et pregommi scrivessi ad vostre Signorie et le pregassi fussin contente operare che messer Lodovico Archilegio de Amelia fussi conducto per iudice della Arte della Lana; ad che questo Signore adgiunse che se li farebbe singulare piacere et che non ne voleva scrivere altrimenti, ma rimettersene ad me; et se di già ne fussi facta electione, che la si facessi per detto messer Ludovico subsequente ad quella che fussi facta. Né potrei dire con quanta caldeza io ne fussi pregato da l'uno et da l'altro. Attendone risposta.El barone di Bierra in sul suo partire di qui mi raccomandò el padre di Cammillo dal Borgo, el quale è nel numero di quelli che sono citati da' Cinque Ufitiali ad comparire, dicendo che comparirà sendoli dato tempo da potere venire, che ha 72 anni et è qui in Cesena. Scrivene l'alligata decto barone ad le Signorie vostre, et io, per sua parte, ve lo raccomando et me insieme con lui.

%1502 dic 20, LCMagnifici Domini. Avanti ieri scripsi ad le Signorie vostre et mandai le lettere per un garzone d'Antonio da Sesto. Per la presente mi occorre farvi intendere come, trovandomi questa sera ad corte, viddi tucti questi capitani franzesi ristrecti insieme venirne al duca, et prima, avanti entrassino, feciono colloquio insieme: et observando io loro gesti et cenni, mi parevono alterati, et pensando ci fussi qualche cosa di nuovo che importassi, usciti che fumo, per chiarire lo animo mio me n'andai ad casa el barone di Bierra sotto spetie di vicitarlo per parte delle Signorie vostre, dicendo come da quelle avevo nuovamente commissione di fare così. Lui, $766$ dopo el ringratiamento facto, mi tirò così da parte et disse: "Noi dobbiamo fra dua dì partire di qui et tornare nello stato di Milano, che così abbiamo auto oggi lettere di fare". Et domandandoli io della cagione, dixe non

saperlo, ma che tucti e franzesi una volta dovevono partire et tornarsi indreto et che postdomani si leverebbono ìnfallanter. Domandalo se monsignore de Vanne, figliolo di monsignore di Lebret, partiva con la sua gente; dixe che non sapeva quello che lui si farebbe, ma che tucti gli altri, con tucte le loro compagnie, partirebbono infallanter. Dixemi che io lo possevo scrivere per certo alle Signorie vostre et di più fare loro intendere che ad Milano erano venuti danari per pagare 15 mila uomini di piè che fra un mese sarebbono insieme.Questa cosa così insperata, come io ho possuto vedere pe' gesti, ha mandato el cervello sottosopra ad questa corte, et come la fia pubblicata, vi potrò scrivere più ad pieno come le cose passino. Né possendo intendere la cagione di tale cosa, né il fondamento suo non la posso giudicare; vostre Signorie che aranno e ragguagli d'altronde potranno meglio pensare ad tucto. Et benché io creda vostre Signorie abbino ad questa ora questo adviso di Lombardia, tamen mi è parso spacciare questo fante ad posta, el quale, anche per essere male securo el paese, non potrà partire prima che domattina et lo altro dì ha promesso d'essere costì.Monsignore di Bierra, nel ragionare meco, mi dixe che lui et li altri capitani aveno deliberato non camminare mai più in alcun luogo sanza avere con loro uomini di piè, perché non vanno ad questo modo punto securi; et questo dixe per parere loro avere ricevuto qua qualche iniuria da questi paesani et non se n'essere possuti valere a loro modo. Né io ho voluto mancare di scriverlo, parendomi parole da notarle etc.L'artiglierie sono tucte condotte qui et avanti questa nuova si era ordinato mandarle ad Fano; non so ora quello seguirà, perché pare ragionevole in su questo nuovo accidente fare nuovo consiglio.Poi che queste genti furono qui, si è atteso ad sacheggiare certe castella del vescovo di Ravenna, le quali nondimeno in temporalibus sono sottoposte ad Cesena, dicesi per avere quelle favorito li urbinati in questa rebellione. $768$Altro non mi occorre che raccomandarmi ad le Signorie vostre.Fate pagare allo apportatore presente fiorini uno d'oro.

%1502 dic 23, LC$770$Magnifici Domini etc. Ieri arrivò l'ultima di vostre Signorie de' 17 del presente venuta per la via di Bagno: et intendo quanto per quella mi dite, né mi pare da dubitare che ad quello o ad altro luogo di vostre Signorie sia facto alcuno insulto per cagione delle robe rifuggite di questi subditi; perché avendo ad essere offesi, penso abbi ad essere maggiore cagione che quella. Giudico nondimeno che sia

prudentia provedere che si ritirino più drento nel dominio vostro; di che ne ho scripto ad quello capitano, et quando intendessi cosa che mi facessi dubitare punto, ne adviserò vostre Signorie, che altro rimedio non ci crederrei potere fare.Io credo che le Signorie vostre ad quest'ora abbino ricevute tucte le lectere sute scripte da me, poi che io fui qui in Cesena; et la prima fu de' 14 dì, mandata per NiccolòGrillo, mio tavolaccino; l'altra de' 18 dì, mandata per un garzone d'Antonio da Sesto che se ne tornava in costà; et l'altra de' 20 dì, mandata in diligentia per un da la Scarperia. Per le prime dua scripsi quanto intendevo delle cose di qua et del ragionamento auto con el Signore et maxime delle cose di Pisa; per la ultima de' 20 dètti notitia della subita partita de' franzesi, e quali partirono iermattina et ne andorno alla volta di Bologna et feciono tucti alto discosto ad qui 3 miglia, che sono qualche 450 lancie; et iarsera ne andorno ad alloggiare ad Castello Bolognese per possere essere l'altra sera in su quello di Bologna. $771$Questa partita, come ella è suta subita et inextimata, così ha dato et dà che dire ad ciascuno et ogni uomo fa sua castellucci.Di luogo autentico non si può trarre alcuna cosa che paia ad altrui ragionevole et io non ho mancato, per averne la verità, di quella diligentia mi si conveniva. Quello che mi dixe el barone di Bierra, io lo scripsi ad vostre Signorie; parlai dipoi con Montison: dixemi che si partivono per avere compassione ad questo paese et al duca, non avendo lui più bisogno et el paese diventandogli inimico, sendo aggravato da tanta gente. Ho parlato con questi primi: tutti mi hanno detto che 'l duca non li posseva più sopportare et che tenendogli, gli davono più noia l'arme delli amici che quelle de' nimici; et che sanza loro rimaneva gente assai al duca da potere fare ogni cosa. Et per non lasciare alcuna cosa indreto, subito come la partita di costoro fu pubblicata, andai ad trovare quello amico altre volte allegato da me et li dixi che, avendo inteso come questi franzesi partivono et parendomi cosa subita, né sapiendo se questo era con ordine del duca o fuora di sua opinione, mi pareva che l'ofitio mio fussi fare intendere ad sua Excellentia che se li occorreva che io scrivessi più una cosa che un'altra alle Signorie vostre, che io ero parato a farlo. Risposemi che li farebbe molto volentieri la 'mbasciata; trovalo dipoi: dixemi averliene detto et che lui ebbe caro tale ricordo, et stato così un poco sopra di sé, dixe: "Per ora non scade, ringratierai el Secretario et digli che occorrendo, io lo farò chiamare". Et così venni ad mancare di quella comodità che io desideravo di poterli parlare et ritrarre da lui qualche cosa più là in questa materia; né ve ne posso dire altro.Credo bene che le Signorie vostre per la loro

prudentia et per li advisi che le hanno da più luoghi, de' quali io sono al buio, potranno giudicarla ad punto; et qua chi ne parla, dice che bisogna che la sia una di queste dua cagione: o perché el re ne abbi bisogno in Lombardia, o perché quella Maestà si tenga male servita dal papa et sia nato fra loro qualche ombra. Le gente una volta se ne sono ite male edificate et male disposte verso questo Signore, ancora che in su questo si possa fare poco fondamento per la natura loro. Quello che al presente questo Signore si voglia o possa fare non si sa, ma e' non si vede mancare di alcuno ordine facto infino ad qui. Le artiglierie sono ite avanti et $772$ieri vennono secento fanti di Val di Lamona; et mille svizeri sono ad Faenza, di quelli che tanto si sono aspectati; et 1500, fra svizeri, tedeschi et guasconi, aveva prima. Dicesi che 'l duca parte, facte queste feste, per alla volta di Pesero, come si diceva prima; da l'altra parte e' gli sono mancate più che la metà delle forze et e 2/3 della reputar zione, né si crede che possa fare molte cose che li accennava prima et che si credevono. Et San Leo è nelle mani del duca Guido et l'altre forteze di quello stato d'Urbino sono per terra. Camerino, che prima questo Signore diceva stare ad sua posta, inteso questa nuova, muterà proposito; et ieri fu qui un secretario del cardinale di Farnese, che è legato della Marca, et mi referì Camerino essere prima obstinato et che ora diventerà obstinatissimo. Le Signorie vostre ora penseranno dove queste cose possono battere, né mancheranno di pensare se le necessità, in le quali fussi per entrare questo Signore, lo potessino fare gittarsi in grembo ad chi è naturale inimico vostro, et ad tucto con la loro solita prudentia provedranno.Io non ho poi inteso di quella pratica di Pisa, di che io scripsi ad vostre Signorie, cosa di molto momento; et parlandone con quelli che io ho allegati altra volta, l'uno ha girato largo et mi ha rimesso ad quello che mi dixe el duca, l'altro mi dixe che Lorenzo d'Acconcio era partito et che doveva ordinare che venissino qui 3 oratori pisani, 2 cittadini et uno contadino; et che questo Signore è volto ad vedere se, per via d'accordo, e' potessi fare qualche rilevato piacere alle Signorie vostre; et che la prima cosa e' vuole trarre Tarlatino di Pisa et fare che ' pisani lascino la devotione di Vitellozo; dipoi acquistarsi fede con pisani con dare a' loro soldati danari et tenerli ad suo soldo, et così dimesticatogli, cercare, per il mezo di Francia, fare che segua fra loro et vostre Signorie qualche appuntamento et lui promettere la observantia di epso; et questo dice essere per riuscirli facilmente: cum sit che pisani non stieno obstinati per altro, se non per dubitare che non fussi observato loro le promesse. Ora, se questo è vero, io non lo so: scrivolo come lo ritraggo et da uomo che ne può sapere la

verità; prego bene vostre Signorie ne faccino masseritia per ogni respecto, il che sia ricordato con reverentia.Messer Rimirro, che era el primo uomo di questo Signore, tornato ieri da Pesero, è stato messo da questo Signore $773$in un fondo di torre: dubitasi che non lo sagrifichi ad questi populi, che ne hanno desiderio grandissimo.Io prego le Signorie vostre con tucto el quore che sieno contente volermi mandare da possere vivere, perché, avendosi ad levare questo Signore, io non saprei dove mi andare sanza danari. Starommi qui, o mi tornerò ad Castracaro, infino che le Signorie vostre deliberino di me, quae bene valeant.Postscripta. Si parla per certo che questo Signore partirà lunedì di qui et ne andrà ad Rimini; io aspecterò risposta di queste da vostre Signorie et non partirò di qui sanza ordine di potermi levare; di che prego vostre Signorie mi scusino, perché non posso più.

%1502 dic 26, LCMagnifici Domini. Per via di Bagno scripsi l'ultima mia ad vostre Signorie de' 23, et avendo scripto per quella a lungo della partita de' franzesi et di quello se ne ragionava, non mi occorre per questa dirne altro, né scrivere cosa di momento.Avanti ieri arrivò el garzone di Ardingo cavallaro con dua di vostre Signorie de' 20 et 22. Et benché dopo la ricevuta di quelle io abbi facto diligentia di parlare al duca, non mi è riuscito perché non avendo auto tempo se non ieri, et ieri sendo sua Excellentia occupata in fare rassegne di fanterie et in suoi altri piaceri, rispecto alla pasqua, non fu possibile che mi riuscissi; et questa mattina di buona ora si è levato con tutto lo exercito et ne va ad Sancto Arcangiolo, discosto ad qui quindici miglia $774$et presso ad Rimini cinque. Et io domattina mi leverò ne andrò ad Rimini, non potendo alloggiarli più appresso, rispecto alla strecteza dello alloggiamento; nonobstante che non sia, secondo si dice, per dimorare quivi punto, ma per andarne ad gran giornate alla volta di Pesero. Né si sa poi quello che si abbi ad fare, et chi ha opinione che voglia tentare Sinigaglia et chi Ancona; e quanto ad le forze sue, egli ha quelle genti che io vi mandai per listra ultimamente; et di più circa 30 stradiotti albanesi, soldati di nuovo; et si truova 2500 fanti oltramontani et qualche altrectanti italiani, de' quali fra ieri et l'altro si è facto qui la mostra; et potete fare conto che ogni mille fanti abbi cinquanta cavalli de' caporali loro da fare factione ad cavallo. Le artiglierie sono ite ad quella medesima volta che va lui con tucte loro necessità di polvere et palle.Quanto e' si possa valere delle genti delli Orsini et Vitegli, non si sa; conoscierassi

meglio alla giornata quando e' fieno più propinqui l'uno ad l'altro. Et come io ho più volte scripto alle Signorie vostre, questo Signore è secretissimo: né credo quello si abbi ad fare lo sappi altro che lui; et questi suoi primi secretari mi hanno più volte attestato che non comunica mai cosa alcuna, se non quando e' la commette; et commettela quando la necessità strigne et in sul facto et non altrimenti; donde io prego vostre Signorie mi scusino, né m'imputino ad negligentia quando io non satisfaccia alle Signorie vostre con li advisi, perché el più delle volte io non satisfo etiam ad me medesimo.Di San Leo et della pratica si tractava con el duca Guido, non se ne intende altro. Di Camerino ho scripto altra volta quello mi aveva decto el duca, che li stava ad sua posta; et dipoi scripsi quanto avevo ritracto da quel secretario del cardinale di Farnese, el quale mi dixe che vi aveva poca speranza et maxime per la partita de' franzesi; ieri mi dixe el vescovo d'Euna che li era come accordato: aspecteronne lo evento interamente per non ci fare più errore.Messer Rimirro questa mattina è stato trovato in dua pezi in su la piaza dove è ancora; et tucto questo populo lo ha possuto vedere; non si sa bene la cagione della sua morte, se non che li è piaciuto così al principe, el quale mostra di sapere fare et disfare li uomini ad sua posta, secondo e meriti loro.$775$Portommi el sopraddecto cavallaro 25 ducati d'oro et 16 braccia di dommasco nero. Ringratio le Signorie vostre sommamente dell'una cosa et dell'altra.Perché la corte è in su la levata, non mi è stato consegnato uomo che venga per le 3 cavalle che le Signorie vostre dicono essere a Poppi; èmmi solo suto detto che io preghi vostre Signorie ad fare che si abbi loro buona cura infino ad tanto che li abbino ordinato chi venga.Messer Bartolomeo Marcelli dal Borgo, per il quale el baron di Bierra scripse ultimamente a' nostri Excelsi Signori, non chiede altro, sed non che li sia prorogato tanto el tempo ad potere comparire che possa venire costì; lui ne scrive ad Piero di Braccio Martelli che solleciti questa sua causa; et io di nuovo lo raccomando ad le Signorie vostre, quae bene valeant.

%1502 dic 31, LC$777$Magnifici Domini etc. Avanti ieri scripsi da Pesero alle Signorie vostre quello intendevo di Sinigaglia; transferi'mi ieri ad Fano, et questa mattina di buona ora partì la Excellentia del duca con tucto lo exercito et ne venne qui in Sinigaglìa, dove erano tucti gli Orsini et Vitellozo, e quali, come scripsi, li avevono guadagnato questa terra. Fecionsegli incontro: et entrato che e' fu con loro adcanto

nella terra, si volse alla sua guardia et fecegli pigliare $778$prigioni; et così li ha tucti presi et la terra va tuctavia ad saco, et siamo ad ore 23. Sono in uno travaglio grandissimo: non so s'i' mi potrò spedire la lettera per non trovare chi venga. Scriverrò a lungo per altra: et secondo la mia opinione, e' non fieno vivi domattina.Tucte le loro genti sono etiam state prese et le patenti che si scrivono attorno dicono di avere presi e traditori suoi etc.Al presente apportatore ho dato tre ducati et le Signorie vostre ne li daranno altri tre; et e mia ne rimborserranno Biagio.

%1502 mar (SPA)$005a$ Egli è cosa notissima come d'agosto 1500e Panciatichi furno cacciati di Pistoiada e Canciellieri, et come dipoi seguirnouccisioni et ruine gravissime indetrimento dell'una et dell'altra parte;et venne la cosa in tanto, che questaSignoria haveva perduta interamente laobbedienza et della città et del contado;tale che quelli signori che sederno elmarzo et lo aprile hora fa l'anno,pensorno ad ogni modo di rimediarvi,dubitando che, procedendo la cosa cosìnon seguissi di Pistoia come di Pisa. Etfacto sopr'ad questo adsai pratiche conloro venerabili Collegi et spettabiliOcto, deliberorno mandarvi un commisariocon buone forze, per insignorirsi $005b$ dellaciptà et rihaverne la obbedienza. Et cosìdeliberato, circha addì 16 di aprilepassato vi mandorno un commissario conbuono numero di huomini d'arme, fanteriepaghate et buona quantità di comandati,et con sei pezi di artiglierie et conogni altro ordine da potere usare laforza, quando la fussi suta di bisogno.Entrò el commissario con questo ordinenella terra, et insignorissene da poterlacomandare. Parve dipoi a quelli Signorimandarvi dua altri commissarii et connuove forze, e quali partirnomedesimamente de aprile, circha addì23. Et la Signoria intanto havevaconcluso et fermo e capituli, secondo equali e commissarii si havessino adgovernare: et per ordine loro venne quibuon numero di Panciatichi etCancellieri, usossi ogni mezo per tòrreloro tucte le armi, rimessesi quelliPanciatichi che vollono tornare. Et cosìseguì la cosa quieta qualche dì. Ma,sendo venuto dipoi el Valentinese insulle porte di questa città, et nonpossendo la Signoria attendere ad quellecose di Pistoia, ne seguì che le forze sihebbono ad levare da Pistoia, et per loromedesime sendo etiam in buona partediminuite. E Panciatichi, o che per loro

medesimi se n'andassino, o pure che nefussino cacciati, si uscirno un'altravolta di Pistoia: il che fu a pochi dì dimaggio passato. Et dipoi, non dopo moltotempo, tornatosene qui tutti ecommissarii et rimasa quella terra solocon li dua rectori et sanza forze, lecose si ritornorno più tosto in maggioreche in minore confusione di prima, dondeseguì molti et gravissimi accidenti, etcosì stettono insino alla Signoria diluglio et d'agosto di questo anno 1501.La quale intendendo come quelle particercavano di fare certi adcordi fra loroet come li pratichavano secretamentesanza participarne o con loro Signorie ocon li rectori, et dubitandoragionevolmente che tali pratiche nonfossino ad proposito punto della cittàvostra, cominciorno con buoni mezi adfare tentare chi era qui per l'una parteet per l'altra d'accordo. Et trovandoliin qualche dispositione, deputorno dua diloro Signorie $006a$ et dua per membro delCollegio, che tractassino la cosa; etdall'altro canto mandorno uno mazieri inPiano et uno nella città, per fare chel'una parte et l'altra non movessi; etdemum, dopo lungha discussione facta da edeputati, s'inclusono, fermorno etratificorno e capituli della pace sottodì 21 d'agosto proximo passato.Creornosi e commissarii; e quali partirnoaddì cinque di septembre, et da queltempo per insino addì 20 del sequentemese di octobre attesono ad fare esodamenti delle famiglie et dare lesicurtà delle paci, come disponevono ecapituli. Il che facto che fu, et volendoe nostri excelsi Signori dare perfectionealla pace et rimettere e Panciatichi,mandorno un nuovo commissario con forze;et addì 20 d'ottobre passato, come si èdetto, rimissono e Panciatichi etordinata dipoi la guardia, che fugiudicata necessaria ad mantenerli fermi.La cosa si è stata così infino addì23 di febbraio proximo passato; et lacagione di questi tumulti si è referitovariamente. Lo effecto è questo, che,havendo quelli rectori facto intendere a'nostri excelsi Signori certi tumultiseguiti, et come bisognava vi mandassinouno commissario, e Signori subitodeputorno Tommaso Tosinghi. Il qualepartì addì 23 di febbraio decto, et nongiunse a.ttempo, perché e' trovò ePanciatichi cacciati per forza diPistoia, feritine qualcuno et morto duade' Signori et el capitano de' fanti, chetutti a 3 erono di parte panciaticha,et arse et rubate certe case. Feciono ecommissarii quelli rimedii posserno,perché li scandoli non procedessino più

innanzi. Entrorno dipoi questi excelsiSignori, et, volendo toccare fondo diqueste cose et comporle, mandò perTommaso Tosinghi; et hauto consigliosopra ad questa materia, si concluse chefusse prima da insignorirsi bene dellacittà et in modo che la si potessicomandare; et, facto questo, che sipensassi del modo del procedere. Ondech'e nostri excelsi Signori, sanzamettere tempo in mezo, hanno ordinato chein Pistoia, insino a' 17 dì delpresente mese, si $006b$ truova 700 fanti infacto et 90 balestrieri ad cavallo; etad Pagolo da Parrano che si truova con40 balestrieri ad cavallo ad Pescia, siè mandato la pagha et ordinato ubbidischaad li commissarii di Pistoia. Le qualiforze così ordinate, scripsono questinostri excelsi Signori medesimamente a'17 dì che subito, paghate le genti,s'insignorissino della terra, disponendole guardie ne' luoghi necessarii, etdipoi punissino e delinquenti, etcomandassino di quelli capi dell'unaparte et dell'altra che venissino qui,ruinassino e bastioni, et tucti e luoghifacti forti riducessino allo essere loro,et così togliessino alle parti leartiglierie et più armi potevano. E qualicommissarii hanno exequito in buonaparte, perché sono in termine da poterecomandare ad ciaschuno; hanno datoprincipio di punire e delinquenti et lihanno citati; hanno comandato huomini dal'una et l'altra parte, che ve ne è chiha tempo per infino a' 25 di questo, etbuona parte ne è comparsi; hanno tolteloro tucte le artiglierie et altre armi,perché hanno ruinato ' bastioni. Restahora come si habbia ad procedere avanti;et maxime circha il modo di riformare lacittà, la quale cosa è tutta, come ecommissarii riferischono, posta nelloarbitrio vostro, per essere fuora tucti ePanciatichi, et de' Canciellieri più che150, tucti li altieri et scandolosi; inmodo che drento non è per haversidifficultà alcuna ad exequire tuctoquello che per voi sarà deliberato.Sommario de' Pistolesi. 1502Sommario della ciptà.Prohibire, spegnere et annullaretuct'e dua le parte et che debbino mutarearme et nome, cum quelle pene che fussinoiudicate a proposito.Che si confini per un certo tempo, diquelli che sono fuori della partepanciatica, quel numero di homini che siiudicherà essere di bisogno perconservare la pace et unione della ciptà,et trovare modo si possino valere delleloro $007a$ entrate, che ad questa parte cisaranno facilissimi modi.

Rimectere in Pistoia tucti li hominipopulari che sono fuori colla partepanciatica, cioè quelli che desiderano laquiete; et quelli che havessino sanzaloro colpa ricevuto danno et sienomiserabili, si pensi di ricompensarli inqualche modo.Crederremo che in luogho di confini, etper usare inverso loro più humanitàquelli che si ragionassi di confinarli,cioè li homini da bene et non infami,fussi da ritirarli costì nella ciptà etfarli per un tempo di dieci anni exemptidi graveze et di gabelle, perché piùfacilmente potessino posare lo animo.Fare uno governo et vivere populare,tenendo questo modo: che per licommissarii si eleggessi al presente ePriori, Collegi et Consiglio, che innumero sono homini 111, e quali sieleggessino per 4 mesi, et che neltempo loro havessino a riformare la ciptàet fare li loro squittini di hominipopulari, nominando per expresso quelliche per nissuno modo vi havessino adintervenire; et questo crederremo fussila fermeza et stabilità della loroquiete.Per remediare alli incendii et ruberieet saccheggiamenti publici, che moltevolte si sono usati fare, si facessi unocapitulo, che il comune di Pistoia fussitenuto et obbligato alla interasatisfactione di quel tale che havessiricevuto il danno ne' sopradecti modi,salvo che se tali delinquentipervenissino in mano d'i rectori ocommissarii che allora il Comune ne siaal tucto libero.Quelli ciptadini di parte cancelliera,che fussi giudicato essere a propositotenerli fuori per pace et quiete dellaciptà se ne segui come in quellidell'altra parte.Che si pongha pena ad qualunche inogni romore o tumulto pigliassi arme perqualunche delle parte o si levassi inalcuno modo.Sommario del contado.Che tucti e comuni del contado,distrecto et montagna di Pistoia debbino$007b$ fare sindici cum autorità di venire agiurare fedeltà et obedientia allaexcelsa Signoria di Firenze, in mano de'commissarii existenti nella ciptà diPistoia, et renumptiare solennemente aqualunche delle parte, promectendo, peralcuna cosa che potessi succedere perconto di decte parte, non pigliare alcunageneratione d'arme né levarsi in modoalcuno, se non quando fussino comandatidalli nostri excelsi Signori, ponendoquelle pene che si iudicheranno essere abastanza.

Per levare sospecto al contado circhaallo essere loro tolte le possessione chetengono da' Luoghi Pii, et per posare lisdegni a chi sono state tolte dall'anno1499 in qua, si faccia che tucte lepossessioni et beni di San Jacopo, delCeppo, della Sapientia, et di SanGregorio, che fussino da decto tempo inqua state tolte a chi le teneva et datead altri, si debbino rendere ad quellitali che in quel tempo le tenevono, perquelli afficti che le havevono in dectotempo, volendole loro; et dipoi perqualche anno non possino essere lorotolte et rincarate sanza licentia delcapitano et podestà che saranno inPistoia.Et perché e' s'è veduto perexperientia che li furti et rapine etincendii, che si sono facti per ilcontado, sono in buona parte stati causadella ruina di decto contado, per obviaread questo si provegha che qualunchearsione, saccheggiamento o ruberiapublica che si facessi in decto contado,quel tale comune, dove fussi facto taleexcesso, s'intenda essere et siaobbligato alla intera satisfactione diquel tale che havessi ricevuto il danno;et li rectori o commissarii, chefacessino fare tale restitutione, habbinoper loro diricto soldi 2 per lira ditucto quello facessino restituire; et sequel tale o tali, che havessino commissotali excessi, pervenissino in manod'alcuno rectore della ciptà di Pistoia,che allora et in tal caso sia liberodecto comune.Ponghasi pena ad qualunche receptassialcuno sbandito, confinato o rebelledella ciptà, contado, montagna etdistrecto di Pistoia, et per questo siobblighi il comune $008a$ di quelli chereceptassino, a fine che ognuno vi stiavigilante et desto.

%1503 gen (SPA)Descrizione del modo tenuto dal ducaValentino nello ammazzare VitellozzoVitelli, Oliverotto da Fermo, il signorPagolo e il duca di Gravina Orsini.Era tornato el duca Valentino diLombardia, dove era ito ad scusarsi conil re Luigi di Francia di molte calunnieli erano state date da' Fiorentini per larebellione d'Arezo et dell'altre terre diVal di Chiana, et venutosene in Imola,dove disegnava fare alto con le sue gentiet fare la impresa contro ad messerGiovanni Bentivogli, tyranno in Bologna,perché voleva ridurre quella città sottoel suo dominio et farla capo del suoducato di Romagna. La quale cosa sendo

intesa da e Vitegli et gli Orsini etaltri loro seguaci, parse loro come elduca diventassi troppo potente, et chefussi da temere che, occupata Bologna, e'non cercassi di spegnerli per rimaneresolo in su l'armi in Italia. Et sopraquesto feciono alla Magione, nelPerugino, una dieta, dove convennono elCardinale, Pagolo et duca di GravinaOrsini, Vitellozo Vitegli, Oliverotto daFermo, Giampagolo Baglioni, tyranno diPerugia, et messer Antonio da Venafro,mandato da Pandolfo Petrucci, capo diSiena; dove si disputò della grandeza delduca et dello animo suo, et come egli eranecessario frenare l'appetito suo,altrimenti si portava pericolo insiemecon gli altri di non ruinare; etdeliberorno di non abbandonare eBentivogli et cercare di guadagnarsi eFiorentini; et nell'uno luogo etnell'altro mandorno loro huomini,promettendo ad l'uno aiuto, l'altroconfortando ad unirsi con loro contro adel comune inimico.Questa dieta fu nota subito per tuctaItalia; et quelli populi che sotto elduca stavano male contenti, intra e qualiera gli Urbinati, presono speranza dipotere innovare le cose. Donde nacqueche, sendo così sospesi gli animi, percerti di Urbino fu disegnato di occuparela $008b$ rocca di San Leo, che si teneva per ilduca. E quali presono la occasione daquesto. Adfortificava el castellanoquella rocca; et, faccendovi condurrelegnami, appostorno e congiurati checerte trave, che si trainavano nellarocca fussino sopra el ponte, ad cio che,impedito, non potessi essere alzato daquegli di drento. Et preso taleoccasione, armati saltorno in sul ponteet, di quindi, nella rocca. Per la qualepresa, subito che la fu sentita, siribellò tucto quello stato et richiamò elduca vechio, presa speranza non tanto perla occupatione della rocha, quanto per ladieta della Magione, mediante la quale e'pensavono essere aiutati. E quali, intesala rebellione d'Urbino, pensorno che nonfussi da perdere quella occasione et,ragunate loro genti, si feciono innanziper expugnare, se alcuna terra di quellostato fussi restata in mano del duca, etdi nuovo mandorno ad Firenze adsollecitare quella republica ad volereessere con loro ad spegnere questo comuneincendio, mostrando el partito vinto etuna occasione da non ne aspectareun'altra. Ma e Fiorentini, per l'odiohavevono con e Vitegli et Orsini perdiverse cagioni, non solo non siadherirno loro, ma mandorno NicholoMachiavegli, loro secretario, ad offerire

al duca ricepto et aiuto contro ad questisuoi nuovi inimici. El quale si trovavapieno di paura in Imola, perché in untracto et fuori d'ogni sua opinione,sendogli diventati inimici e soldati sua,si trovava con una guerra propinqua etdisarmato. Ma, ripreso animo in sul'oferta de' Fiorentini, disegnòtemporeggiare la guerra con quelle pochegenti che haveva et con pratiche diaccordi, et parte preparare aiuti. Equali preparò in dua modi: mandando ad elre di Francia per gente, et partesoldando qualunque huomo d'arme et altroche in qualunque modo facessi el mestieread cavallo; et ad tucti dava danari. Nonobstante questo, e nimici si fecionoinnanzi, et ne vennono verso Fossombrone,dove haveno facto testa alcune gienti delduca; le quali da' Vitegli et Orsinifurno ropte. La quale nuova fecie che 'lduca si volse tucto ad vedere se posseva$009a$ fermare questo humore con le pratiche diaccordo; et essendo grandissimosimulatore non manchò di alcuno oficio adfare intendere loro come eglino havienomosso l'armi contro ad colui che ciò che havevaacquistato voleva che fussi loro, et comegli bastava havere el titulo delprincipe, ma che voleva che il principatofussi loro. Et tanto gli persuase chemandorno el signor Pagolo al duca adtractare accordo, et fermorno l'arme. Mael duca non fermò già e provedimentisuoi, et con ogni sollecitudineingrossava di cavalli et fanti; et perchétali provedimenti non apparissino, mandavale genti seperate per tucti e luoghidi Romagna.Erano intanto anchora venute cinquecentolancie franzese; et benché sitrovassi già sì forte che potessi conguerra aperta vendicarsi contro a' suoiinimici, nondimancho pensò che fussi piùsecuro et più utile modo ingannarli etnon fermare per questo le pratiche delloaccordo. E tanto si travaglò la cosa chefermò con loro una pace, dove confermòloro le condocte vechie, decte loroquattromila ducati di presente, promissenon offendere e Bentivogli, et fecie conmesser Giovanni parentado, et di più chenon gli potessi constringere ad venire personalmente ad la presenza sua più chead loro si paressi. Da l'altra parte loropromessono restituirli el ducato d'Urbinoet tucte l'altre cose occupate da loro,et servirlo in ogni sua expedictione, nésanza sua licenza fare guerra ad alcuno ocondursi con alcuno.Facto questo accordo, Guidubaldo, ducad'Urbino, di nuovo si fuggì et ritornossiad Vinegia, havendo prima facto ruinaretucte le forteze di quello stato, perché,

confidandosi ne' populi, non voleva chequelle forteze, ch'egli non credeva poteredefendere, el nimico occupassi, etmediante quelle tenessi in freno gliamici sua. Ma el duca Valentino, factaquesta conventione, havendo partite tuctele sua genti per tucta la Romagna con glihuomini d'armi franzesi, ad l'uscita dinovembre, si partì da Imola et ne andò adCesena, dove stette molti giorni adpraticare con mandati $009b$ de' Vitegli etdegli Orsini, che si trovavono con leloro genti nel ducato d'Urbino, qualeimpresa di nuovo si dovessi fare. E nonconcludendo alcuna cosa, Liverotto daFermo fu mandato ad offerirli che, sevoleva fare la 'mpresa di Toscana,ch'erano per farla; quanto che no,andrebbono ad la expugnatione diSinigaglia. Al quale rispose el duca chein Toscana non voleva muover guerra peresserli e Fiorentini amici, ma che erabene contento andassino ad Sinigaglia.Donde nacque che, non molti dì poi, venneadviso come la terra si era loro arresa,ma che la rocca non si era volutaarrendere loro, perché il castellano lavoleva dare alla persona del duca et nonad altro; et però lo confortavono advenire innanzi.Al duca parve la occasione buona et danon dare ombra, sendo chiamato da loro etnon andando da sé. Et, per assicuràglipiù, licenzò tucte le genti franzese, chese ne tornorno in Lombardia excepto checento lance di monsignore di Ciandales,suo cognato. Et, partito intorno ad mezodicembre da Cesena, ne andò ad Fano,dove, con tucte quelle astutie etsagacità possé persuase Vitegli et ad gliOrsini che l'aspectassino in Sinigaglia,mostrando loro con tale salvaticheza nonpoteva fare l'accordo loro né fedele nédiuturno, et che era huomo che si volevapotere valere dell'arme et del consiglodegli amici. Et benchè Vitellozo stessiassai renitente, et che la morte delfratello gli havessi insegnato come e'non si debba offendere un principe etdipoi fidarsi di lui, nondimancho,persuaso da Paulo Orsino, suto con doniet con promesse corropto da el duca,consentì ad aspectarlo. Donde che ilduca, la sera davanti (che fu a di 30 didicembre nel 1502) che doveva partire daFano, comunicò el disegno suo ad octo suade' più fidati, intra e quali fu donMichele et monsignore d'Euna, che fu poicardinale, commisse loro che, sùbito cheVitellozo Pagolo Orsino, duca di Gravinaet Oliverotto li fussino venuti ad loincontro che ogni dua di loro mettessinoin mezo uno di quelli, consegnandol'huomo certo $010a$ ad gli huomini

certi, et quello intractenessino infinodrento in Sinigaglia, né gli lasciassinopartire fino che fussino pervenuti ad loalloggiamento et presi. Ordinò apressoche tucte le genti sua ad cavallo et adpiè, ch'erano meglo che 2000 cavagli etdiecimila fanti, fussino ad el fare delgiorno, la mattina, in sul Metauro, fiumediscosto ad Fano cinque miglia, doveaspectassino la persona sua. Trovatosiadunque l'ultimo dì di dicembre in sulMetauro con queste genti, fecie cavalcareinnanzi circa 500 cavagli; poi mossetucte le fanterie, dopo le quali lapersona sua con tucto el resto dellegenti d'arme.Fano et Sinigaglia sono dua cittàdella Marcha poste in su la riva del mareAdriatico, distante l'una da l'altra 15migla, tale che chi va verso Sinigagla hain su la man dextra e monti; le radicede' quali in tanto alcuna volta siristringono col mare che da loro adl'acque resta un brevissimo spatio, etdove più si allargono non adgiugne ladistantia al termine di dua migla. Lacittà di Sinigagla da queste radice de'monti si discosta poco più che il tirared'uno archo, et da la marina è distantemeno d'uno miglo. Ad canto ad questacorre un picciolo fiume, che le bagnaquella parte delle mura che inverso Fanoriguardano. La strada, pertanto, chepropinqua ad Sinigaglia arriva, viene perbuono spatio di cammino lungo e monti,et, giunta ad el fiume che passa lungoSinigagla, si volta in su la man sinistralungo la riva di quello; tanto che,andato per spatio d'una arcata, arriva adun ponte, el quale passa quel fiume etquasi attesta con la porta ch'entra inSinigagla non per recta linea matransversalmente. Avanti ad la porta è unborgo di case con una piaza, davanti allaquale l'argine del fiume da l'uno de'lati fa spalle.Havendo, pertanto, deliberato eVitegli et gli Orsini di aspectare ilduca et personalmente honorarlo, per dareluogo ad le gente sue havevono ritiratele loro in certe castella discosto daSinigagla sei migla, et solo havénolasciato in Sinigagla Liverotto con lasua banda ch'era mille fanti et 150cavalli, e quali $010b$ erano alloggiati in quelborgo che di sopra si dice. Ordinate cosìle cose, el duca Valentino ne venivaverso Sinigagla; et, quando arrivò laprima testa de' cavagli al ponte, non lopassorno, ma, fermisi, volsono le groppede' cavalli l'una parte al fiume, l'altraalla campagna, et si lasciorno una vianel mezo donde le fanterie passavano; lequali, sanza fermarsi, entravano nella

terra. Vitellozo, Pagolo et duca diGravina in su muletti ne andorno incontroal duca, accompagnati da pochi cavagli;et Vitellozo, disarmato, con una cappafoderata di verde, tucto aflicto come sefussi conscio della sua futura morte,dava di sé, conosciuta la virtù dellohuomo et la passata sua fortuna, qualcheammiratione. Et si dice che, quando e' sipartì da le sua genti per venire adSinigagla et andare contro al duca, ch'e'fece come una ultima dipartenza conquelle, et ad li suoi capi raccomandò lasua casa et le fortune di quella, et enipoti admunì che non della fortuna dicasa loro, ma della virtu de' loro patriet de' loro zii si ricordassino.Arrivati adunque questi tre davanti alduca, et salutatolo humanamente, furno daquello ricevuti con buono volto, etsubito da quelli ad chi era commessofussino observati furno messi in mezo.Ma, veduto el duca come Liverotto vimancava (el quale era rimasto con le suegenti ad Sinigaglia et attendeva, innanzialla piaza del suo alloggiamento sopra 'lfiume, a tenerle nello ordine etexercitarle in quello), adciennò conl'ochio a don Michele, al quale la curadi Liverotto era demandata, cheprovedessi in modo che Liverotto nonschappassi. Donde don Michele cavalcòavanti et, giunto da Liverotto, li dixecome e' non era tempo da tenere le gentiinsieme fuora dello alloggiamento, perchésarebbe tolto loro da quelli del duca: etperò lo confortava ad alloggiarle evenire seco ad incontrare el duca. Ethavendo Liverotto exeguito tale ordine,sopraggiunse el duca et, veduto quello, lochiamò. Al quale Liverotto havendo factoreverenza, si adcompagnò con gl altri;et, entrati in Sinigagla, et scavalcati$011a$ tucti ad lo alloggiamento delduca, et entrati seco in una stanzasecreta, furno dal duca facti prigioni.El quale sùbito montò ad cavallo, etcomandò che fussino svaligiate le gentidi Liverotto et degli Orsini. Quelle diLiverotto furno tucte messe ad sacho, peressere propinque; quelle degli Orsini etVitegli, sendo discosto et havendopresentito la ruina de' loro patroni,hebbono tempo ad mettersi insieme; et,ricordatosi della virtù et disciplina dicasa vitellesca, strecte insieme, controalla vogla del paese et degli huominiinimici, si salvorno. Ma e soldati delduca, non sendo contenti del sacco dellegente di Liverotto, cominciorno adsacheggiare Sinigagla; et, se non fussiche il duca con 18 morte di moltirepresse la insolentia loro, l'harebbonosacheggiata tucta.

Ma, venuta la nocte et fermi etumulti, al duca parve di fare admazareVitellozo et Liverotto; et, conductogliin uno luogo insieme, gli fe'strangolare. Dove non fu usato da alcunodi loro parole degne della loro passatavita, perché Vitellozo pregò che sisupplicassi al papa che gli dessi de'suoi peccati indulgentia plenaria, etLiverotto tucta la colpa delle iniuriefacte al duca, piangendo, rivolgevaadosso ad Vitellozo. Pagolo et el duca diGravina Orsini furno lasciati vivi perinfino che il duca intese che ad Roma elpapa haveva preso el cardinale Orsino,l'arcivescovo di Firenze et messer Iacopoda Sancta Croce: dopo la quale nuova, adì 18 di giennaio, ad Castel della Pievefurno anchora loro nel medesimo modostrangolati.

%1503 mar (SPA)Parole da dirle sopra la provisione deldanaio, facto un poco di proemio et discusa.Tucte le città le quali mai per alcuntempo si son governate per principesoluto, per optimati, o per populo, comesi governa questa, hanno hauto perdefensione loro le forze mescolate con laprudentia, perché questa non basta solaet quelle o non conducono le cose oconducte non le mantengano. Sono, dunque,$011b$ queste due cose el nervo di tucte lesignorie che furno o che saranno mai almondo; et chi ha observato le mutationide' regni, le ruine delle provincie etdelle città, non le ha vedute causare daaltro che dal mancamento delle armi o delsenno. Dato che le Prestanze Vostre miconcedino questo essere vero, come egliè, seguita di necessità che voi vogliateche nella vostra città sia l'una etl'altra di queste dua cose, et che voiricerchiate bene, se le ci sono, permantenerle, et, se le non ci sono, perprovederle.Et veramente io, da dua mesi indreto,sono stato in buona speranza che voitendiate ad questo fine; ma, veduto poitanta dureza vostra, resto tuctosbigottito. Et vedendo che voi poteteintendere et vedere, et che voi nonintendete né vedete quello di che,nonch'altro, si maravigliano e nimicivostri, mi persuado che Iddio non cihabbi ancora gastigati ad suo modo, etche ci riserbi a maggior fragello. Lacagione che, da dua mesi indreto, mifaceva stare in buona speranza, era loexemplo che voi havevi hauto per ilpericulo corso pochi mesi sono, etl'ordine che dopo quello havevi preso:

perché io vidi come, perduto Arezo et lealtre terre, et dipoi recuperate, voidesti capo alla città; et credetti voihavessi conosciuto che, per non ci esserené forze né prudenza, havevi portatoquello periculo: et stimai, come voihavevi dato qualche luogo alla prudenzaper virtù di questo capo, dovessi ancoradare luogo alla forza. Credettono questomedesimo e nostri excelsi signori,credernolo tucti quegli cittadini, che sisono tante volte affaticati invano permettervi un provedimento innanzi. Névoglio disputare se questo che corre horaè buono o no, perché io ne presto fede adchi vi si è trovato ad ordinarlo et adchi dipoi lo ha approvato. Desiderreibene che anchora voi fussi della medesimaopinione, et ne prestassi fede ad chi vidice che gli è necessario.Et di nuovo vi replico che, sanzaforze, le città non si mantengono, mavengono al fine loro. El fine è o per$012a$ desolatione, o per servitù. Voisete stati preso, questo anno, ad l'unoet l'altro; et vi ritornerete, se nonmutate sententia. Io ve lo protexto. Nondite poi: - E' non mi fu detto.- Et sevoi rispondessi: - Che ci bisognonoforze? Noi siamo in protectione del re, enimici nostri sono spenti, el Valentinonon ha cagione d'offenderci,- vi sirisponde tale opinione non potere esserepiù temeraria, perché ogni città, ognistato debbe reputare inimici tucti coloroche possono sperare di poterle occupareel suo, et da chi lei non si puòdifendere. Né fu mai né signore nérepublica savia che volessi tenere lostato suo ad discretione d'altri, o che,tenendolo, gliene paressi haver securo.Non ci inganniamo a.ppartito;examiniamo, un poco, bene e casi nostriet cominciamo ad guardarci in seno: voivi troverrete disarmati, vedrete esubditi vostri sanza fede; et ne havete,pochi mesi sono, facto la experienza. Etè ragionevole che sia così, perché glihuomini non possono et non debbono esserefedeli servi di quello signore, da elquale e' non possono essere né difesi, nécorretti. Come voi gli havete possuti, opossete correggiere, lo sa Pistoia,Romagna, Barga, e quali luoghi sonodiventati nidi et riceptaculi d'ogniqualita di latrocinii. Come voi glihavete possuti defendere, lo sanno tuctiquegli luoghi che sono stati assaltati.Ne vi veggiendo hora più ad ordine che visiate stati per lo addrieto, dovetecredere che non hanno mutato né opinionené animo. Né gli possete chiamare vostrisubditi, ma di coloro che fieno e primiad assaltarli.

Uscitevi hora di casa, et consideratechi voi havete intorno: voi vi troverretein mezo di dua o di tre città, chedesiderano più la vostra morte che la lorvita. Andate più la, uscite di Toschanaet considerate tucta Italia: voi lavedrete girare sotto el re di Francia,Vinitiani, papa et Valentino. Cominciatead considerare il re. Qui bisogna dire elvero, et io lo vo' fare. Costui o e' nonharà altro impedimento o rispecto che 'lvostro in Italia - et qui non è rimedio$012b$ perché tucte le forze, tucti eprovedimenti, non vi salverieno; - o egliharà degli altri impedimenti, come sivede che gli ha - et qui fia rimedio onon rimedio, secondo che voi vorrete onon vorrete. Et el rimedio è fared'essere in tale ordine di forze che glihabbi in ogni sua deliberatione ad havererispecto ad voi come ad gli altri diItalia, et non dare animo, con lo staredisarmati, ad uno potente di chiedervi adel re in preda, né dare occasione ad elre che vi habbi ad lasciare fra e perduti,ma fare in modo che vi habbi ad stimare,né altri habbi opinione di subiugarvi.Considerate hora e Vinitiani. Qui nonbisogna afaticarsi molto: ogni huomo sal'ambitione loro, et che debbono havereda voi cento octantamila ducati et chegli aspetton tempo, et che gli è megliospendergli per fare loro guerra chedargli loro perché vi offendino con epsi.Passiamo al papa et al duca suo. Questaparte non ha bisognio di comento: ognihuomo sa la natura et l'appetito loroquale e' sia, et el procedere loro comegli è facto, et che fede si può dare oricevere. Dirò sol questo, che non si èconcluso con loro anchora appuntamentoalcuno; et dirò più là, che non è rimasoper noi. Ma poniamo che si concludessidomani; io vi ho detto che quelli signorivi fieno amici che non vi potrannooffendere, et di nuovo ve 'l dico;perché fra gli huomini privati le leggi,le scripte, e pacti, fanno observare lafede, et fra e signori la fanno soloobservare l'armi. Et se voi dicessi: -Noi ricorrereno ad el re, - e' mi pareanche havervi decto questo, che tuctaviael re non fia in attitudine addifendervi, perché tuctavia non sonoquelli medesimi tempi; né sempre si puòmetter mano in su la spada d'altri, etperò è bene haverla allato et cignerselaquando el nimico è discosto, che altrinon è poi a.ttempo et non truova rimedio.E' si debbe molti di voi ricordarequando Gonstantinopoli fu preso dalTurcho. Quello imperadore previde la suaruina: chiamò e suoi cittadini; nonpotendo con le sue entrate ordinarie

$013a$ provedersi, expose loro epericuli, monstrò loro e rimedi; e' se nefeciono beffe. La obsedione venne. Quellicittadini che havéno prima poco stimato ericordi del loro signore, come sentirnosonare le artiglerie nelle lor mura, etfremere lo exercito de' nimici, corsonopiangiendo allo 'mperadore co' grembipieni di danari; e quali lui cacciò viadicendo: - Andate ad morire con cotestidanari, poiché voi non havete volutovivere sanza epsi. - Ma e' non bisognache io vadia in Grecia per li exempli,havendogli in Firenze. Di septembre nel500, el Valentino partì con gliexerciti suoi da Roma, né si sapeva sedoveva passare in Toscana, o in Romagna.Stette sospesa tucta questa città pertrovarsi sprovista, et ciascun pregavaDio che ci dessi tempo; ma, come e' cimostrò le spalle per alla volta diPesero, et che ' periculi non si viddonopresenti, si entrò in una confidentiatemeraria, di modo che non si possé maipersuadervi ad vincere alcunoprovedimento; né manchò che non vi fussiposto innanzi, et così ricordati etpredetti tucti e periculi, che dipoivennono: e quali voi, obstinati, noncredesti, infino a.ttanto che in questoluogo, ragunati ad 26 dì d'aprile lo anno501, sentisti la perdita di Faenza etvedesti le lacrime del vostrogonfaloniere, che pianse sopra laincredulità et dureza vostra, et viconstrinse ad havere compassione di voimedesimi.Ne fusti a.ttempo, perché dove,havendolo vinto innanzi sei mesi, se nesarebbe facto fructo, vincendolo sei dìinnanzi, possé operare poco per la salutevostra. Perché, a' quattro dì di maggiovoi sentisti ad Firenzuola essere loexercito inimico; trovossi in confusionela città; cominciasti ad sentire e meritidella dureza vostra: vedesti ardere levostre case, predare la roba, amazare evostri subditi, menarli prigioni, violarele vostre donne, dare el guasto allepossessioni vostre, sanza posservi farealcun rimedio. Et coloro che, sei mesiinnanzi, non havén voluto concorrere adpagare venti ducati, ne fu tolti loro200, et e venti pagorno in $013b$ ogni modo. Etquando voi ne dovevi accusare laincredulità et obstinatione vostra, voine accusavi la malitia de' cittadini etambitione degli optimati, come coloroche, errando sempre, non vorresti maihavere errato, et, quando vedete el sole,non credete mai che gli habbia adpiovere.Come v'interviene hora: et non pensateche in octo giorni el Valentino può

essere con lo exercito in sul nostro, ete Vinitiani in dua giorni; nonconsiderate che el re è appiccato co'Svizeri in Lombardia, et che non ha ancorferme le cose sua né con la Magna né conSpagna, et che gli è al di sotto nelReame. Né vedete la deboleza vostra adstare così, né la variatione dellafortuna. Gli altri sogliono diventaresavi per li periculi de' vicini: voi nonrinsavite per gli vostri, non prestatefede ad voi medesimi, non conosciete eltempo che voi perdete et che voi haveteperduto. El quale voi piangerete anchora,et sanza fructo, se non vi mutate diopinione; perché io vi dico che laFortuna non muta sententia, dove non simuta ordine; né e cieli vogliono opossono sostenere una cosa che vogliaruinare ad ogni modo. Il che io non possocredere che sia, veggiendovi Fiorentiniliberi, et essere nelle mani vostre lavostra libertà. Alla quale credo che voiharete quelli respetti che ha hautosempre chi è nato libero et desideraviver libero.1503 Marzo Contione

%1503 gen 1, LCMagnifici Domini. Ieri per duplicate scripsi alle Signorie vostre quanto era seguito dopo la giunta della Excellentia del duca in Sinigaglia et come li aveva preso Paulo et el duca di Gravina Orsini et Vitellozo et Oliverotto; et per la prima detti el semplice adviso della cosa; per l'altra narrai ogni cosa particularmente et di più quello mi avevaparlato sua Excellentia, et che opinione si faceva del procedere di questo Signore; le quali lettere io replicherei particularmente, se io stimassi che le non fussino giunte salve; ma avendo mandato la prima con vantaggio di 6 ducati et la seconda con vantaggio di 3 per uomini a posta, l'uno fiorentino, l'altro da Urbino, ne sto di buona voglia. Pure summariamente replicherò tucto alle vostre Signorie per abbundare in cautela, quando quelle non fussino pure comparse. Partì questo Signore da Fano iermattina et con tucto el $779$suo exercito ne venne alla volta di Sinigaglia, la quale era stata occupata, excepto la roca, da li Orsini et messer Liverotto da Fermo; Vitellozo el dì d'avanti era venuto da Castello in quelle parti: andorno l'uno dopo l'altro incontro al duca, accompagnorollo dipoi nella terra e in casa, et giunti in camera seco, sua Signoria li fece ritenere prigioni. Dipoi fece svaligiare le loro fanterie che erano ne' borghi fuori della terra et mandò la metà del suo campo ad svaligiare le loro genti d'arme che erano discosto da Sinigaglia 6 o 7 miglia per certe castella. Chiamommi dipoi circa 2 ore di nocte,

et colla migliore cera del mondo si rallegrò meco di questo successo, dicendo avermene parlato el dì d'avanti, ma non scoperto el tucto: come era vero; soggiunse poi parole savie et affectionatissime sopra modo verso cotesta città, adducendo tucte quelle ragioni che lo fanno desiderare la amicitia vostra, quando da voi non manchi, tale che mi fece restare admirato, né le replico antrimenti per essermici disteso per quella di iarsera. Concluse in ultimo che io, per sua parte, scrivessi tre cose alle Signorie vostre: la prima, che io mi rallegrassi con quelle del successo, per avere spento inimici capitalissimi ad el re, ad lui et ad voi, et tolto via ogni seme di scandolo et quella zinzania che era per guastare Italia, di che vostre Signorie ne dovevono avere obbligo seco; appresso, che io ricercassi et pregassi vostre Signorie da sua parte che fussino contente in su questo facto mostrare ad tucto el mondo essere sua amiche et mandare verso el Borgo e loro cavalli, et farvi ragunata di fanti per potere, insieme con seco, ferire verso Castello o verso Perugia, come fussi a proposito, dicendo volere ire ad quella volta subito et che si sarebbe partito iarsera, se non fussi la paura aveva che, per la sua partita, Sinigaglia andassi ad saco. Et di nuovo mi ripregò che io scrivessi che fussi contente fare ogni demostratione di essere suo amico, dicendo che al presente non vi aveva ad ritardare paura, né sospecto alcuno, sendo lui armato bene et li vostri inimici presi. Pregommi ultimo scrivessi alle Signorie vostre, come lui desiderrebbe che, se in su questa presa di Vitellozo, el duca Guido, che è ad Castello, si rifuggissi in sul dominio vostro, vostre Signorie lo detenessino; et dicendo io che non sarebbe della dignità della città che quelle liene dessino preso et che voi nol faresti mai, rispose che io parlavo bene, ma che li bastava che vostre Signorie lo $780$tenessino né lo lasciassino se lui non se ne accordava. Ria masi" di scrivere tucto et lui ne aspetta risposta.Scripsi ancora per la mia di ieri come da molti uomini, intendenti et amici della città, mi era suto ricordato che questa era una grande occasione alle Signorie vostre ad fare qualche bene per la loro città in loro reintegratione pensando ciascuno che rispecto ad Francia, le Signorie vostre se ne possino fidare; et giudicasi qui essere cosa ad proposito mandarci uno de' vostri primi cittadini per ambasciadore in su questo nuovo adcidente et non differire ad farlo: perché se viene uomo di conditione et con partiti da appicarsi, si crede che ci si troverrà riscontro; et questo da chi vuole bene ad cotesta città mi è suto ricordato più et più volte: et io lo scrivo ad vostre Signorie con quella fede che io le ho sempre servite. Et questo è in sententia quello vi scripsi per l'ultima mia di ieri, ancora che molto più

particularmente.E seguito dipoi che questa notte ad ore dieci questo Signore fe' morire Vitellozo et messer Oliverotto da Fermo; et li altri dua sono rimasi ancora vivi: credesi per vedere se 'l papa arà auti nelle mani el cardinale et gli altri che erano ad Roma, che si crede di sì; et dipoi ne delibereranno di tucti di bella brigata.La roca di Sinigaglia questa mattina ad buona ora si arrese al duca et così si tiene per lui; et sua Signoria partì questa medesima mattina di quivi et ne è venuto qui con lo exercito. Et così ne andreno alla volta di Perugia et di Castello al certo, et di Siena si dubita; et poi si distenderà verso Roma ad rassettare tucte quelle castella orsine. Et el disegno è expugnare Bracciano, et che l'altre sieno un fuoco di paglia: il che è però un ragionamento populare. Stareno qui tucto dì domani et l'altro dì poi alloggiereno ad Saxo Ferrato con tempi tanto sinistri ad fare guerra quanto si possino immaginare; né si crederrebbe chi scrivessi lo stento in che si truova tucta questa gente e chi le va dreto, perché chi alloggia al coperto ha una bella ventura.Messer Goro da Pistoia, nimico et ribelle di cotesta città, era con Vitellozo et si truova qua preso in mano di certi spagnoli; crederrei con un dugento ducati, quando vostre Signorie li volessino spendere, operare che chi lo ha lo darebbe in mano ad uno de' vostri rettori: pensino le Signorie vostre ad questo caso et parendo loro, me ne advisino. Raccomandomi ad vostre Signorie, quae bene valeant.

%1503 gen 2, LC$782$Magnifici Domini. Ieri scripsi la alligata ad vostre Signorie, per la quale replico quello avevo scripto per dua mie di avanti ieri, date in Sinigaglia et mandate ad posta, le quali desidero sieno venute salve et a tempo; et so che quando le Signorie vostre considerranno dove io sia, in che confusione, mi scuseranno della tardità delli advisi, quando sieno tardi, perché e paesani si nascondono, nessun soldato si vuole partire da e guadagni delle rapine et questi mia di casa non si vogliono spiccare da me per non essere sacheggiati: tale che tucte queste cose fanno tale difficultà che io, dopo e primi dua spacci, e quali feci per forza di amici et con promessa di guadagno, rispetto alla nuova etc., io non trovo chi venga; et così la lettera che io scripsi iarsera l'ho ancora in petto, né so se questo dì mi potrò mandarla; né ho molto che scrivere di nuovo, rendo ancora la Excellentia del duca qui in Conrinaldo.Ha questo dì atteso ad fare pagare le fanterie che sono presso qui ad tre miglia et ad ordinare le artiglierie, le quali, per la via di Fossombrone, fa condurre ad Augobio; et di quivi le farà condurre o verso Castello o verso

Perugia, dove li parrà. Domani si alloggierà ad Saxo Ferrato et dipoi si andrà avanti verso l'uno de' dua luoghi. Ho parlato questo dì a lungo con uno di questi primi et di nuovo mi ha detto molte delle medesime cose che mi ha dette il duca in benifitio delle Signorie vostre; et discorrendomi come sua Signoria doveva procedere, dixe che una volta questo Signore aveva facto morire Vitellozo et Liverotto come tiranni et assassini et traditori, et che el signore Paulo et el duca di Gravina voleva condurli ad Roma, sperando al certo che el papa abbi nelle mani ad questa ora el cardinale Orsino et el signore Iulio; et quivi si fermerà el processo contro di loro et iuridicamente si giudicheranno. Dixe ulterius questo Signore avere in animo liberare tucte le terre della Chiesa da le parti et da e tiranni et restituirle al pontefice et solum ritenersi Romagna per sé. Et iudica per questo che un pontefice nuovo sia per esserli obbligato, non si trovando servo delli Orsini o de' Colonnesi, come sono sempre $783$suti e papi per lo addreto; et di nuovo mi affermò che sua Signoria non ha mai pensato, da un pezo in qua, se non come e' potessi quietare Romagna et Toscana; et ora li pare averlo facto con la presa et morte di costoro che erono la preta dello scandolo, et iudica quello tanto che resta essere fuoco da spegnerlo con una gocciola d'acqua. Et mi dixe in ultimo che ora possevono vostre Signorie assettare e casi loro et dovevono mandarli uno ambasciadore con qualche conclusione onorevole et utile per l'una parte et per l'altra, et appresso fare ogni demostratione di amicitia seco et lasciare da canto le lungheze et li rispetti. El quale ragionamento mi è parso scriverlo come lui lo dixe et vostre Signorie ne giudicheranno, alle quali mi raccomando.Magnifici Signori miei. Con difficultà ho trovato l'apportatore di questa che si chiama Tornese da Sancta Maria Impruneta, al quale ho dato un ducato d'oro et li ho promesso che vostre Signorie li daranno dua altri ducati, che così li ho promesso: pregole faccino rimborsare Biagio del mio ducato et delli altri 4 ho pagati per li dua spacci precedenti; et alle Signorie vostre mi raccomando, quae bene valeant.

%1503 gen 4, LCMagnifici Domini etc. Avanti ieri scripsi l'ultime mie ad vostre Signorie quasi in conformità di quello avevo scripto per dua altre mia dell'ultimo dì del passato, et ad questa ora le dua prime doverrieno essere comparse et vostre Signorie aranno inteso la presa di Paulo et del duca di Gravina Orsini et la morte di Vitellozo et di messer Liverotto; et dipoi come el duca mi parlò et quello che mì commisse scrivessi ad vostre Signorie, di che attendo risposta. Dipoi non ci è altro di

nuovo, perché partimo iermattina da Conrinaldo, donde io scripsi l'ultime mie, et venimo qui a Saxo Ferrato, dove siamo stati ancora oggi, et domattina ne va el duca ad Gualdo, per fare poi quello li darà la occasione di potere operare in danno di questi suoi inimici. Sono tornati oggi quelli condottieri che furono messi alla coda delle genti orsine et vitellesche, et non le hanno possute svaligiare et tucte ne sono ite alla volta di Perugia; hanno lasciato nondimanco assai cavalli per el cammino rispetto alle cattive vie et allo avere ad camminare in pressa. Né ho che scrivere altro per questa, perché le cose di qua possono giudicare benissimo vostre Signorie, intendendo maxime, molto meglio che non si fa qui, in che dispositione si truovi al presente Perugia et Castello, sopra ad che si ha ad fondare tucte le cose di qua.Ho ricevuto questa sera la vostra de' 28 del passato: intendo come ho ad governarmi nelle cose di Pisa, et così delle cavalle del duca, quanto dicono vostre Signorie, et quanto ritraete di Francia, et come io debbo ringratiarne el duca: il che farò come prima ne parò occasione. Ringratio le Signorie vostre delli advisi di Francia et ad quelle mi raccomando. Valete.

%1503 gen 6, LC$788$Magnifici Domini etc. Da Saxo Ferrato scripsi ad alle Signorie vostre quanto occorreva, et per una poscripta advisai la nuova di Castello, come li ambasciadori venivono et che el vescovo di Castello et tucti e Vitelli si erano fuggiti. Giugnemo ieri dipoi qui in Gualdo dove siamo ancora, per riposare lo exercito; et ci trovamo li detti ambasciadori di Castello, e quali ofersono terra al duca et rallegroronsi etc. El duca ricevvé la terra come gonfaloniere della Chiesa et non altrimenti, ordinò subito che li spacciassino uno ad Castello ad mettere in ordine quelle artiglierie, et dall'altro canto fece fermare quelle aveva facte condurre in Agobio, perché le non venissino più avanti, giudicando quelle sono a Castello bastare per le imprese future. Dipoi iarsera, circa ad 4 ore di notte, venne uno ad fare intendere ad questo Signore come Giampaulo Baglioni, con Orsini et Vitelli et tucte gente d'arme loro et rifuggite ad loro, si erono partite di Perugia et iti alla volta di Siena, et che subito dopo la partita loro el populo perugino si era levato et gridato: "Duca! Duca! " Questa mattina poi giunsono dui ambasciadori perugini et hanno verificata la nuova essere vera et per ancora non hanno parlato al duca.Dicono questi primi di sua Excellentia che 'l duca non vuole questa città, né Castello per sé, ma liberarle da' tiranni et fare che la Chiesa le possega; et di nuovo sono in su quello medesimo che io scripsi ad lungo ad

vostre Signorie da Conrinaldo. Parte questo Signore con lo exercito domani di qui et ne va ad Scesi, et di quivi si addirizerà in quello di Siena per fare in quella città uno stato ad suo modo. Ora se Pandolfo Petrucci, insieme con queste genti che sono rifuggite là, si aspecterà o no, ci è varie opinioni. Messer Baldassarre Scipioni da Siena, che è qua capo di lance spezate, uomo noto ad vostre Signorie et di discretione, è di opinione che li aspectino; molti altri $789$credono di no et ciascuno allegale sua ragioni: presto si doverrà vedere.Io non ho poi parlato con la Excellentia del duca; et perché la domanda fecie che vostre Signorie movessino le genti verso el Borgo non è più necessaria, sendo arresa Perugia et, Castello, credo sarete ricerchi di muoverle verso Siena. E bene che le Signorie vostre ci pensino, acciò che o lo aiuto sia grato, o la scusa sia onesta.Altro non ho che scrivere alle Signorie vostre, perché quelle sono prudenti et intendono benissimo e tempi che corrono et li provedimenti che bisognono. Bene valete.

%1503 gen 8, LCMagnifici Domini etc. Da Gualdo scripsi l'ultima alle Signorie vostre de' dì 6 et prima avevo scripto da Saxo Ferrato ad dì 4, et ad dì 2 et ad dì primo da Conrinaldo et da Sinigaglia due lettere dell'ultimo del passato, et da Pesero una de' 28, delle quali attendo risposta con desiderio. Et qui si comincia ad maravigliare ciascuno come le vostre Signorie non abbino scripto o facto intendere qualcosa ad questo principe in congratulatione della cosa nuovamente facta da lui in benifitio vostro, per la quale e' pensa che tucta cotesta città li sia obbligata, dicendo che alle Signorie vostre sarebbe costo lo spegnere Vitellozo et distruggere li Orsini 200 mila ducati, et poi non sarebbe riuscito loro sì netto come è riuscito ad sua Signoria.Et per dire alle Signorie vostre quello che è successo di qua, dopo l'ultima mia, mi occorre poco, et quello vostre Signorie doveranno avere inteso molto prima da altra banda, restando solo, delle cose che costui aveva in disegno, ad expedire el caso di Siena, perché Castello et Perugia $790$ è adcordato, come per altre scripsi ad vostre Signorie. Le quali terre questo Signore non accepta per sé, né vuole capitulare con loro, ma le rimette ad Roma, dicendo voler che le tornino alla Chiesa et spegnere le parte di quelle e trarne li tiranni. Et per dare più colore ad questa cosa non ha permesso infino ad ora che li fuoriusciti di Perugia vi rientrino, et pare che alli 'mbasciadori perugini ch vennono ad Gualdo e' promettessi che non vi rienterrebbono, dicendo sua intentione non essere cacciare uno tiranno et rimetterne

dieci.Giugnemo ieri qui in Asciesi et ci siamo stati oggi, e domattina lo exercito, sanza impedimento di carriaggi che così si è comandato, ne andrà ad Torsiano, discosti ad qui 7 miglia, et chi non potrà stare quivi, per essere el luogo piccolo, starà all'intorno; dipoi si dice che farà l'altro alloggiamento ad Chiusi in su quello di Siens quando gli riesca el possere passare prima le Chiane et dipoi entrare in Chiusi, dove pare che disegni entrare o per amore o per forza. Sono stati questa sera qui oratori sanesi, mandati da quella comunità, et per lungo spatio hanno parlato con el duca. La proposta loro intende essere suta come e' sono mandati da quella comunità per intendere la cagione che muove sua Excellentia ad volere fare loro guerra, come pubblicamente si dice che vuole fare, dicendo essere parati ad giustificarla etc.; ad che si dice el duca avere risposto che ha et ebbe sempre quella comunità per sua buona amica et che mai fu sua intentione fare a lei guerra, ma che bene ha odio grande con Pandolfo Petrucci, el quale è suo inimico capitale, per essere suto insieme con li altri ad volerlo cacciare delli stati sua; et quando e' pigliassi quella communità modo o expedienti ad mandarnelo, sarebbe facta la pace; quanto che no, lui veniva con lo exercito per questo effecto et li 'ncresceva avere ad offendere altri, ma che se ne scusava con Dio, con li uomini et con loro, come colui che era vinto da la necessità et da uno ragionevole sdegno verso colui che non li bastava solo tyranneggiare una delle prime città di Italia, ma voleva ancora, con la ruina d'altri, possere dare le leggi ad tutti e suoi vicini. Et sanza altra conclusione, come intendo, si spiccorno e ragionamenti et li 'mbasciadori rimasono di scrivere alla Balìa. Et così restono le cose ambigue, né ci è chi ardisca giudicarne el fine, perché da l'uno canto si $791$ vede in costui una fortuna inaudita, uno animo et una speranza più che umana di potere conseguire ogni suo desiderio; da l'altro, si vede uno uomo di assai prudentia in uno stato tenuto da lui con grande reputatione et sanza avere drento o fuora capi inimici di molta importanza, per averli o morti o riconciliati, et con assai forze et buone, quando Giampaulo si sia ritirato seco, come si dice, et non sanza danari; et se son privi di speranza di soccorso per ora, el tempo lo manda spesso. Pure, non è meglio che starne ad vedere el fine, el quale si doverrà vedere dopo non molti dì. Et se questa cosa comincia ad venire in dibattito, vostre Signorie saranno ad ogni modo richieste di aiuto da questo Signore et ricerche che feriate dal canto loro; et mi maraviglio che ancora non lo abbi facto, ma credo che sia per avere visto come le cose di Castello et di Perugia sono passate, et credere che queste di Siena abbino ad ire per quella medesima via, et non vuole avere questo obbligo

con le Signorie vostre. Né posso scrivere altro delle cose di qua ad vostre Signorie, referendomi di ogni altro particulare et di ogni altra opinione ad quello che io ho scripto per lo addreto et circa le forze si truova et circa lo animo suo. Et repricando ogni cosa in dua parole: quanto alle forze, e' si truova qualche 500 elmetti et 800 cavalli leggieri et 6000 fanti incirca; quanto allo animo et intentione sua verso di vostre Signorie, le parole sono state sempre et sono tante buone quanto io ho scripte et dette, et parlate con ragione, et sì vivamente in modo che se egli le credessi, come le son vere et come le dice, e' sarebbe da riposarsene; nondimanco le cose d'altri debbono fare dubitare altrui delle sue, né merita poca consideratione el procedere suo, quando se li è ragionato d'apuntamento: perché, mostro che sua Excellentia ebbe el desiderio suo di volere la condotta vechia, et tolto che liene fu la speranza, lui sempre ha girato largo et passatosene di leggiere, dicendo bastarli una lega generale, come colui che vedeva non vi possere allora strignere et volere aspettare el tempo ad posserlo fare; et parevagli potere temporeggiare molto bene, essendo chiaro una volta che vostre Signorie non erono per offenderlo rispetto ad Francia, alla qualità di nimici suoi et alla deboleza vostra, et così vedeva nel differire la cosa guadagno. Né voglio inferire altro per questo, se non $792$ ricordare alle Signorie vostre che, riuscita che li fia questa impresa di Siena, della quale si appropinqua el tempo, verrà ad essere venuta quella occasione che lui ha aspectata et disegnata; et io lo ricordo amorevolmente alle Signorie vostre; et se io la intendo male, nascie, oltre alla mia poca experienza, non vedere altro che le cose di qua, con le quali io non posso discorrere altrimenti che di sopra io mi facci. Rimettomi ora ad quanto vostre Signorie con el loro prudentissimo iuditio ne discorreranno, alle quali mi raccomando. Ho presentito questa sera come qua è trapelato certi montepulcianesi: vedrò d'intenderne più e particulari et ne adviserò vostre Signorie.Io scripsi alle Signorie vostre di messer Goro da Pistoia, come egli era qui preso et che per un 200 ducati, o manco, e' si riscatterebbe et darebbevisi nelle mani; vostre Signorie ne rispondino.

%1503 gen 10, LC$794$Magnifici Domini. Scripsi da Asciesi l'ultima mia a dì 8; venimo poi ieri qui ad Torsiano, luogo presso a Perugia ad 9 miglia, donde partireno domani et ne andreno allo Spedaletto, discosto qui 12 miglia alla via di Siena. Et avendo scripto per l'ultima mia quanto mi occorreva et non avendo alcuna risposta di tante mie lettere scripte da' 28 del passato in qua, non mi occorrerebbe che

scrivere, se questo Signore non avessi mandato oggi per me; et transferitomi da sua Excellentia mi domandò se avevo lettere da vostre Signorie. Et rispondendo di no, monstrò maravigliarsene; et io non mancai di scusare questa tardità con quelle scuse che ci sono ragionevoli. Et usciti di questo ragionamento, m dixe: "Tu sai quanto io vo bene con quelli tuo Signori per reputarli uno de' primi fondamenti allo stato mio in Italia; et per questo li andamenti miei et mie opere intrinseche et extrinseche non li hanno ad essere nascose. Tu vedi in che termine io mi truovo con costoro che erano inimici comuni de' tuoi Signori et miei: che ne sono parte morti, parte presi, parte o fugati o adsediati in casa loro; et di questi è Pandolfo Petrucci, che ha ad essere l'ultima fatica ad questa nostra impresa et securità delli stati comuni, el quale è necessario cacciare di casa, perché, conosciuto el cervello suo, e danari può fare et el luogo dove e' sarebbe, quando restassi in piede, resta una favilla da temerne incendii grandi; né bisogna addormentarsi in su questo, anzi totis viribus impugnarlo. Io non fo el cacciarlo di Siena difficile, ma $795$vorrei averlo nelle mani et per questo il papa s'ingenia addormentarlo co' li brevi, mostrandoli che li basta solo che li abbi e nimici suoi per inimici; et io intanto mi fo avanti con lo exercito: et è bene ingannare costoro che sono suti e maestri de li inganni. Li ambasciadori di Siena che sono stati da me in nome della Balìa, mi hanno promesso bene et io li ho chiarificati che io non voglio la libertà loro, ma solo che scaccino Pandolfo; et ho scripto una lettera ad quella comunità di Siena chiarificando lo animo mio; et loro ne doverrebbono pigliare buono documento in su le cose di Perugia et Castello, e quali ho rimessi alla Chiesa et non li ho voluti acceptare; dipoi el maestro della bottega, che è el re di Francia, non se ne contenterebbe che io pigliassi Siena per me; et io non sono sì temerario che io me 'l persuada; et però quella comunità debbe prestarmi fede che io non voglia nulla del suo, ma solo cacciare Pandolfo. Et desidero che li tuoi Signori testifichino et pubblichino questa mia mente, che è solum di assicurarmi di quello tiranno. Et credo che quella comunità di Siena mi crederrà. Ma quando la non mi credessi, io son per andare innanzi et mettere le artiglierie alle porti et per fare ultimum de potentia per cacciarlo; il che io ti ho voluto comunicare, acciò che quelli Signori sieno testimoni dello animo mio; et acciò che intendendo che 'l papa abbi scripto alcun breve ad Pandolfo, sappino ad che fine; perché io sono disposto, poi che io ho tolto a' mia inimici le armi, tòrre loro anche el cervello, che tucto consisteva in Pandolfo et ne' suoi aggiramenti. Vorrei oltre ad questo pregassi e tuoi Signori ad essere contenti, bisognando in questo caso qualche aiuto,

darmelo in benifitio mio contro ad decto Pandolfo. Et veramente io credo che chi, ora fa lo anno, avessi promesso ad quella Signoria spegnere Vitellozo et Liverotto, consumare li Orsini, cacciare Giampaulo et Pandolfo, et avessi volsuti obblighi di centomila ducati, che la sarebbe corsa ad darli; il che sendo succepso tanto largamente et sanza suo spendio, fatica o incarico, ancora che l'obbligo non sia in scriptis, viene ad essere tacito; et però è bene cominciare ad pagarlo, adciò che non paia, né ad me né ad altri, che quella città sia ingrata fuora del costume et natura sua. Et se quelli Signori dicessino non volere fare contro la $796$protectione di Francia, scriverrai loro che el re ha in protectione la comunità di Siena et non Pandolfo; et quando bene e' lo avessi, che non lo ha, Pandolfo ha rotta tale protectione per essersi conlegato contro ad di me et ad sua Maestà. Et così non vengono quelli Signori ad avere scusa veruna, non venendo di buone gambe ad questi impresa, et tanto più ci debbono venire volentieri quanto e' ci è l'utile loro, la satisfactione della vendetta, el utile del re di Francia: l'utile loro, che spengono un perpetuo inimico ad quella città, uno endice di tucti inimici loro, uno riceptaculo di qualunque fussi mai per fare contro di loro; la satisfactione della vendetta, per esser stato capo et guida di tucti e mali che la loro città ha, lo anno passato, sopportati, perché da lui procedevono e danari, e conforti et li disegni per offenderli, et in che? in tucto lo stato loro et nella propria libertà: le quali cose chi non desidera vendicare et non prende una occasione come questa, mostra di non si risentire di nulla et merita di essere ogni dì iniuriato; che ci sia l'utile del re di Francia lo 'ntende ogni uomo, perché, spento costui, io et le Signorie loro restiano libere da ogni paura degli stati nostri, et potreno correre con le genti nel Reame et in Lombardia et dovunque fia di bisogno ad sua Maestà; né possiamo essere secure delli stati nostri, stando Pandolfo in Siena.Et queste cose sono intese da el re et conosciute: et però se li farà piacere grande et aranne obbligo con chi ne fia cagione; et se io conoscessi in questa cosa essere lo interesse mio solo, mi ci affaticherei più, ma per esserci lo interesse comune, voglio che basti questo. Neanche dico questo per diffidarmi non potere per me medesimo fare questa impresa, ma per desiderare che tucta la Italia sia certa della amicitia nostra, donde ne risulti reputatione ad ciascuno". Et m'impose ve ne scrivessi et facessi di averne risposta subito: et io ho scripto alle Signorie vostre quasi le formali parole. Ragionando delle cose del Reame, mi disse li spagnoli avere morti qualche 30 uomini d'arme franzesi in uno adeguato et che non era danno da stimarlo; et che di verso la Magna, non si

sentiva romore veruno; et che monsignore di Ciamonte ha auto el malegrado da el re per avere revocato le genti d'arme; et di nuovo mi dixe che li era stato uno sdegno particulare che detto Ciamonte aveva preso con sua Signoria. $797$Raccomandomi alle Signorie vostre, quae bene valeant.Le Signorie vostre faranno pagare allo apportatore lire 10 et fieno contente rimborsare Biagio de' cinque ducati, quando non lo abbino facto, per li tre spacci ho facti ne' dì passati.Postscripta. Don Michele si è oggi adirato meco come un diavolo, dicendo che le sua lettere che li scrive ad Piombino et che sono scripte ad lui li sono disuggellate; et che alle porte costì di Firenze è stati tolti ad certi suoi fanti, che andavono ad Piombino, certi arienti rotti da quelli di dogana; prego le Signorie vostre me lo lievino da dosso con el rimediare all'una cosa et l'altra iustificare; et ad quelle mi raccomando.

%1503 gen 12, LCMagnifici Domini. Questa mattina sendo usciti da lo Spedale, dove allogiamo iarsera, et cavalcando verso questo luogo, fui sopradgiunto da uno balestrieri d'Antonio Giacomino che mi presentò una lettera di vostre Signorie de' cinque dì, la quale mi dette passione adsai, scrivendo le Signorie vostre non avere ad quella ora alcuno mio adviso delle cose succepse qua. Giunto dipoi qui, sopradvenne Labbrofesso con altre lettere de' 9, le quali mi dettono el medesimo dispiacere, significandomi non avere auto se non due lettere mia del primo et secondo del presente; et pare veramente che l'opera mia sia mancata quando ella era più necessaria et quando io ne dovevo adquistare più grado; tamen li uomini prudenti, come sono $798$le Signorie vostre, sanno che non basta fare el debito suo ma bisogna avere buona sorte; et volentieri manderei ad vostre Signorie la copia di tucte le lettere scripte da me, se io me le trovassi appresso, ma non le avendo, cagione del tempo et de' luoghi ove mi sono trovato, replicherò tucto brevemente. Ad dì ultimo del passato scripsi dua lettere: l'una breve data ad 23 ore contenente la presura di quelli Orsini et Vitelli, l'altra lunga contenente particularmente el caso successo et quello che mi aveva parlato el duca, che fu in effecto un parlare con tanta demostratione d'amore verso cotesta città et con tanti termini amorevoli et prudenti, che io non li arei saputi desiderare più; mostrando in effecto conoscere come egli era necessario che cotesta città fussi libera et galiarda, ad volere che li stati all'intorno potessino godere el loro stato, et che era per farne ogni opera, quando da voi non mancassi. Volse dipoi che io ricercassi le Signorie vostre di darli aiuto con le vostre genti per

le cose di Castello e di Perugia, et che capitando el duca d'Urbino in costà, lo ritenessino, contentandosi di non lo avere altrimenti nelle mani, ma dixe bastarli che li stessi nelle mani vostre. Scripsi dipoi ad dì primo et ad dì secondo da Conrinaldo, replicando el medesimo et adgiugnendo quello che allora occorreva, come vostre Signorie aranno visto, avendo auto le lettere come scrivete. Scripsi dipoi da Saxo Ferrato ad dì 4 et da Gualdo ad dì 6 gli advisi di Castello et di Perugia, et delli oratori venuti ad questo duca da l'uno luogo et da l'altro.Scripsi ad dì 8 da Ascesi delli ambasciadori venuti da Siena et quello che io ne avevo inteso. Scripsi ad dì 10 da Torsiano quello che mi aveva parlato el duca in comunicarmi lo animo suo delle cose di Siena, dicendo avere facto nello animo suo capitale di cotesta città come primo fondamento alli stati suoi; et per questo le voleva comunicare non solum le cose extrinseche, ma le intrinseche; et che avendo morto Vitellozo et Liverotto, et reducti male li Orsini, et cacciato Giampaulo, gli restava una ultima fatica ad assicurare sé et le Signorie vostre: et questo era Pandolfo Petrucci, el quale lui intendeva snidiare di Siena. Et parendoli che questa opera fussi in benifitio vostro, come suo, giudica che sia necessario che le Signorie vostre ci ponghino la mano, perché, se restassi là, sarebbe da dubitare per la qualità dello uomo, per li danari che $799$può fare, per il sito dove è, che non accendessi con tempo fuoco da ardere più d'un luogo, per potere essere sempre nidio di tucti questi signorotti sbrigliati che non hanno rispecto.Et potendo nuocere una cosa tale più ad voi che ad altri, giudica ve ne abbiate ad risentire più, et che vi abbi ad muovere ad questo più cose: prima el satisfare al benifitio ricevuto da sua Signoria per la morte di Vitellozo, etc., secondo, l'utile vostro, tertio, el desiderio della vendetta et quarto, l'utile della Maestà del re di Francia. Et quanto alla satisfactione dell'obbligo, dice che se uno anno fa fussi suto promesso alle Signorie vostre uccidere Vitellozo, disfare li Orsini et quest'altri aderenti, quelle arebbono facto uno obbligo di centomila ducati: il che sendo successo sanza spendio, fatica o incarico vostro, fa uno obbligo tacito, se non ci è in scriptis; et che li è bene che vostre Signorie comincino ad pagarlo et ad non si mostrare ingrate fuori della consuetudine vostra. Quanto allo utile vostro, dice essere grande, perché Pandolfo sendo in Siena, conviene che sia sempre un riceptaculo di tucti e vostri inimici et uno substegno loro. Quanto al desiderio della vendetta, dixe che avendo lui la state passata facto solum guerra ad vostre Signorie nelle cose di Arezo con lo ingegno et con li danari, è cosa ordinaria che voi cerchiate l'occasione di vendicarvi: il che, quando

lasciassi andare et non ve ne risentissi, meritate ogni dì d'essere iniuriate di nuovo. Quanto all'utile che ne risulta alla Maestà del re è che, snidiato Pandolfo, sua Excellentia verrà ad essere disobbligata et secura per possere conrere con le sue genti ad soccorrere el re in Lombardia et nel Reame. Dixe che le Signorie vostre non dovevono avere riguardo alla protectione che Francia ha con Siena, perché e' l'ha con la comunità et non con Pandolfo, et lui vuole fare guerra ad Pandolfo et non alla comunità, et che l'ha facto intendere ad Siena, et che io lo scrivessi ad vostre Signorie, adciò che quelle lo potessino pubblicare et farne testimonianza ad ciascuno, attestando che se quella comunità caccia Pandolfo, e' non vuole mettere piè in su quello di Siena; ma quando la non lo cacci, vuole ire infino con le artiglierie alle mura. Et di nuovo mi ripregò che io scrivessi ad vostre Signorie et le pregassi ad concorrere con le loro genti ad questa impresa. Et questo fu in effecto el contenuto della mia de' 10 dì, scripta da Torsiano, $800$la quale ho replicata, dubitando vostre Signorie non la abbino come l'altre; et quelle si resolveranno presto et me ne daranno risposta.Sono stato questo dì con questo Signore dopo la ricevuta della vostra de' nove, faccendoli intendere come voi eri presti ad ire con le genti verso Castello, quando fussi bisognato, et li mostrai el piacere che aveva auto cotesta ciptà per le cose succepse; et li narrai la creatione di Iacopo Salviati et come e' sarebbe subito qui. Rallegrossi adsai d'ogni cosa, dicendo che credeva che vostre Signorie non doverranno mancare dello ofitio loro contro ad Pandolfo; et di nuovo mi pregò che io ve ne sollecitassi; rallegrossi della qualità de l'uomo electo et lo aspetta con desiderio; et ragionamo insieme di molte cose, tucte intorno ad questa impresa contro ad Pandolfo, la quale mostra essere deliberato fare ad ogni modo; et in questo ci si mostra di buone gambe, dicendo non essere per mancarli né danari, né favori.Da l'altra parte, messer Romolino è ito a Roma per staffetta et partì ieri et ho ritracto di assai buon luogo la cagione della sua andata essere per consigliarsi con el papa di questa impresa et intendere, quando si potessi avere con Pandolfo grasso accordo, se fussi da pigliarlo, parendogli avere troppe cose da masticare, avendo ad badare ad Siena et ad le cose delli Orsini ad un tempo; iudicando, fermandone una, l'altra più facile, et dipoi potere tornare all'altra ad sua posta. Potrebbe essere che io non avessi ritracto el vero, tamen la cosa non è sproportionata, ancora che la sia totaliter contraria alle parole sue, avendomi attestato volere, remota ogni cagione, fare questa impresa di Pandolfo; et se il papa tiene d'adcordo seco pratica, lo fa ad arte per averlo nelle mani, et che in su questa speranza e' non si fugga. E bene intendere ogni cosa, et

poi rimettersene alli effecti.Tucto dì si è atteso ad fare qui scale, et el primo alloggiamento fia di là da le Chiane, in su quello di Siena: dove appunto, non s'intende.Ha questo Signore facto una buona cera ad uno secretario de' Bentivogli che è venuto qui et factoli fede della sua buona dispositione verso di loro; et ha ordinato che la pace fra lui et detti Bentivogli si bandisca in tucti e suoi stati et così qui in campo, acciò che ciascuno la intenda. Ha richiesto detti Bentivogli de' cento uomini d'arme $801$et de' 200 cavalli leggieri, che li debbe dare in suo aiuto. Et questo dì mi ha pregato scriva ad vostre Signorie che voglino dare passo et vectovaglia per li loro danari ad queste genti di messer Giovanni che vengono in suo aiuto, et che io ne pregassi vostre Signorie per sua parte.Del duca Guido d'Urbino non si ragionò, né per me, né per lui; et ad me non parve di entrarvi altrimenti.Sendo qui in Castello della Pieve questo Signore, mi parse di raccomandarli le cose di messer Bandino, soldato vostro; et mi pareva avere inteso esserci tornati qui certi suoi adversarii. Rispose che aveva messer Bandino per quello conto et capitale che li ha una sua cara cosa, per essere soldato et amico di vostre Signorie, et che io ne stessi di buona voglia, che né ad sua beni o cose sarebbe facto alcuna violentia.Sarà con questa una lettera che va ad Piombino, che mi è suta raccomandata da messer Alexandro Spannochi: holi promesso che vostre Signorie la manderanno per uomo ad posta et così le prego.Io spesi cinque ducati ne' primi tre spacci feci dopo el facto di Sinigaglia, pregole me li faccino rimborsare et faccili dare per me ad Biagio di Buonaccorso, quando e' paia ad vostre Signorie che io non abbia ad patire dove non ho colpa. Raccomandomi ad quelle infinite volte.Postscripta. Erami scordato dire ad vostre Signorie come io mandai alle Signorie vostre una lettera con la seconda mia dell'ultimo del passato, la quale questo Signore scriveva alle Signorie vostre in significatione et iustificatione della cosa successa. Credo sarà bene risponderli, comparsa che la fussi o no etc.

%1503 gen 14, LCMagnifici Domini. Poi che le Signorie vostre non hanno auto tucte le mie lettere, per le quali si sarebbe $802$compreso in buona parte el successo delle cose di Sinigaglia mi è parso scrivere per questa ogni particulare avendo maxime commodità ad farlo per avere riposato sopra Magnificentia dello oratore tucte le cose che al presente si tractono qua; et credo che vi sarà grato per la qualità della cosa che è in vero rara et memorabile.Aveva questo Signore presentito, dopo la

partita che e franzesi feciono da Cesena, come questi suoi inimici riconciliati cercavono, sott'ombra di acquistare Sinigaglia in suo nome, porli le mani addosso et assicurarsi di lui giudicando possere, sotto colore di tale impresa, ragunare le loro forze insieme, pensando che alla Excellentia del duca non fussi rimasta tanta gente quanto era et per questo essere più facili e loro disegni. Donde questo Signore pensò di prevenirli, et permesse loro la 'mpresa di Sinigaglia, et attese ad nascondere le forze sue per farli venire più volentieri et con maggiore animo: et così, quando loro si mossono per ire ad Sinigaglia, lui si partì da Cesena, et quando arrivò ad Pesero, vennono nuove Sinigaglia essere occupata da li Orsini et tenersi per il duca, da la cittadella in fuora; et sollecitavono sua Excellentia ad farsi avanti con le genti et artiglierie per expugnare la forteza. El duca, per mantenerli in su la opinione avevano di posserlo ingannare, aveva, nel cammino da lui facto da Cesena ad Fano, facte venire in modo spezate le sue genti che nessuno le aveva possute numerare, né intendere ad dipresso la quantità loro, et, intra li altri termini usati da lui per nasconderle, non aveva consegnato capo ad più che 100 uomini d'arme et 100 balestrieri ad cavallo, che li aveva facti spicciolati et mandati alli alloggiamenti in varii luoghi per le sua terre: a' quali, nel partire suo da Cesena, ordinò dove presso ad Fano avessino ad condursi et chi avessino ad ubbidire.Et giunto ad Fano ad dì 30 del passato con tucto lo exercito intorno et volendo la mattina di buona ora cavalcare verso Sinigaglia, ordinò ad tucti e suoi capi come ogni uomo facessi d'essere la mattina ad 8 ore con le sue compagnie ad ordine in su 'n un fiume discosto ad Fano qualche 6 miglia; et ordinato chi avessi ad essere antiguardo et chi retro et dove avessino ad essere le fanterie, la mattina ad l'ora deputata fu ogni uomo in su luogo. Lo antiguardo aveva el conte Lodovico della Mirandola, Raffaello de' Pazi et dua altri condoctieri con qualche 500 cavalli; $803$poi era una banda di guasconi et svizeri di più di mille; poi era sua Excellentia armata in su 'n un cavallo bardato in mezo al suo squadrone; et poi adpresso tucto el resto di sue genti d'arme et cavalli, et in su la marritta verso e monti erano tucto el resto delle sue fanterie. Et per dare più animo a' nimici suoi et per mostrare poco ordine nel suo venire, non aveva consegnato luogo a' carriaggi de' quali questo exercito è copiosissimo, ma li aveva lasciati venire avanti alla sfilata.Da Fano ad Sinigaglia, come possono sapere vostre Signorie, sono circa miglia 15. Ciascuna di queste città è in su la marina et el cammino che si fa per ire da l'una ad l'altra è tucto piano, posto fra la marina et e monti, e quali si stringono in tale luogo con el mare in modo

che da le radice loro ad le acque non sono 30 braccia di spatio, et el più che si allarghino non è tanto terreno che un mezo miglio non sia più. Sinigaglia ha da la parte di tramontana el mare, da la qual parte è la roca; ha da la parte di ponente un fiume grosso che le passa adcanto ad le mura, el quale bisogna passare ad coloro che si partono da Fano per andare là; ha solo, questo fiume, un ponte di legname che non si attesta con la porta della terra, ma con le mura et discosto ad quelle qualche tre lance: et in su la man manca, passato el ponte, è una porta piccola, discosto qualche sei lance; et in su la marritta, discosto dua balestrate, che bisogna girare le mura ad capitarvi et discostarsi più dal fiume, è un'altra porta grande con ponti levatoi et altri ordigni consueti. Avanti ad questa porta, che viene ad essere da la parte che guarda verso mezodì, sono assai case non ad uso di borgo, ma spiccate l'una da l'altra, tale che le si lasciano una piaza in mezo, la quale con uno de' suoi lati si distende infino al fiume che io dico di sopra. Trovandosi ad Sinigaglia quando el duca si trovava ad Fano Vitellozo, signore Paulo Orsino, duca di Gravina et Liverotto da Fermo con 2000 fanti et circa 300 scoppiettieri ad cavallo (et el resto di tucte le loro genti d'arme et fanti erano per certe castella all'intorno, discosto al più sei miglia), et perché costoro pensavono di potere sforzare el duca, era necessario che lui pensassi di sforzare loro; et sapiendo bene quali erano li disegni loro, et el sito della terra come stava, et come posseva essere offeso et offendere altri, scripse la sera (che poi partì la mattina) da Fano ad quelli Orsini come voleva essere l'altro $804$dì là con le sue genti. Et per questo voleva che traessino tucte le loro genti di Sinigaglia et si alloggiassino fuora in quelle case che io dico di sopra che sono adcanto alla porta, et, se le persone loro volevono alloggiare drento, la rimetteva in loro. Scripse etiam che voleva che tucte le porte della terra stessino serrate, da quella che guardava verso quelle case in fuora, per cagione che non potessi entrare se non quelle genti che voleva. Et così ordinato a' suoi soldati come avessino ad camminare et ad li Or sini come lo avessino ad ricevere, si parti la mattina ad giorno da Fano et ne venne verso Sinigaglia passo passo; con quello modo che possono le fanterie andare in ordinanza; et veramente, per la quantità et qualità delle genti et per la umanità del sito che le mostrava tucte et non guastava l'ordine loro, mi parse spectaculo raro ad vederle.Era ancora la punta di questo exercito discosto da Sinigaglia qualche tre miglia, quando quelli Orsini et Vitelli cominciorno ad comparire per incontrare el duca: vennono non tucti insieme, ma l'uno dopo l'altro: donde si ì presume che vi andassino, non per deliberatione comune, ma ad caso, forzati da la necessità et da la

vergogna, o vero da la buona fortuna d'altri et da la cattiva loro. Venne Vitellozo in su 'n una muletta, disarmato, con una gabbanella indosso stretta, nera et logora, et di sopra un gabbano nero foderato di verde; et chi lo avessi veduto, non arebbe mai giudicato che fussi colui che dua volte questo anno sotto e suoi auspitii avea cerco cacciare el re di Francia di Italia. Era el volto suo pallido et attonito, che denotava ad ciascuno facilmente la sua futura morte.Fu ricevuto costui et gli altri con assai grata adcoglienza, et ne vennono ragionando verso Sinigaglia quando con el duca et quando con chi li era adcanto. In questo mezo l'antiguardo delle genti d'arme avea passato el ponte et, secondo l'ordine dato dal duca, si era fermo fra el ponte et la porta, et avéno attelati e loro cavagli, che l'una parte volgeva le stiene alle mura della terra et l'altra al fiume, et nel mezo rimaneva strada al resto dello exercito che passassi: et questo fece el duca per essere signore di quel ponte et potersene servire in qualunque evento. Li mille fra svizeri et guasconi sopraddetti che erano dreto all'antiguardo entrorno nella terra et, dreto ad loro, venne el duca in mezo fra questi Orsini et Vitelli, e quali, $805$perché non potessino partire da lui venuto che li fussino incontro una volta, aveva ordinato ad 8 de' suoi primi fidati che dua di loro intractenessino un di quelli et in ...

%1503 gen 21, LCMagnifici Domini. Iermattina io parti' da lo 'mbasciadore per ad cotesta volta et per quelle cagioni che per la sua alligata intenderanno le Signorie vostre; et avanti mi partissi, si ragionava in Corte lo adcordo fra el duca et li sanesi essere facto; ma trovandomi io questa notte ad Castello della Pieve, dove mi convenne adprodare rispecto alle Chiane, venne una lettera ad don Ugo, che si trovava quivi con le sue genti, la quale li commetteva che questa mattina si levassi et ne andassi alla volta d'Orvieto, perché el duca etiam ne andava con le sue genti ad quella volta. Et quando io montai stamani ad cavallo, etiam detto don Ugo et sue genti si addobavono per partirsi. Dixemi detto don Ugo lo adcordo essere facto et Pandolfo dovere essere partito da Siena con el salvocondotto del duca; né mi seppe dire altri particulari. Et avendo io portato questo adviso fino qui, mi è parso anticipare di mandarlo per uomo a posta, rimettendomi de' particulari ad quello che vi scriverrà lo `mbasciadore; ma sappiendo con che difficultà e suoi advisi vengono, non ho voluto mancare di dare alle Signorie vostre di questa cosa questo poco del lume; et ad vostre Signorie mi raccomando.Allo apportatore si è promesso lire tre.

%1503 ott 28, LCMagnifici Domini: Ieri scripsi alle Signorie vostre delo essere arrivato qui; per la presente darò notitia ad quelle ciò che è seguito quanto alla prima parte della commissione vostra et quello dipoi intendo delle cose di qua.$810$Le Signorie vostre sanno come, sendosi costì concluse che la condocta di Giampaulo si ratificassi con quelle cautioni che fussino convenienti etc., quelle ne dectono notitia ad el reverendissimo cardinale di Volterra. El quale avendo compreso per le vostre lettere bene el vostro animo, et fuggiendogli el tempo infra 'l quale e' doveva ratificare, né sappiendo che io dovessi essere expedito ad tale effecto, formò una lettera, la quale e' disegnava che Roano mandassi alle Signorie vostre, soscripta di sua mano propria, la quale non conteneva altro in substanza che si contenga quella formula della declaratione che le Signorie vostre mi dettono, secondo la quale io debbo procedere etc. Et essendo decto monsignore reverendissimo sopra questa materia, sopradgiunsi io et expostogli la commissione mia, li piacque essersi riscontro con la intentione delle Signorie vostre, et lasciato le pratiche teneva per condurre che decta lettera si soscrivessi, fece intendere ad Roano et ad el Presidente che tractava questa cosa come egli era venuto uno uomo mandato da vostre Signorie ad fare la ratificatione. Ordinò poi el cardinale che io parlassi con Roano, et per le molte occupationi sua non posse' parlarli prima che questa sera ad 4 ore; et volle el cardinale che io li dicessi in substanza, parendogli così a proposito rispecto ad questi tempi, che le Signorie vostre non erano manco solleciti per li casi et occorrentie del re che per li loro proprii, et che per questo, come buon figlioli, intendendo molte cose in disfavore del re et contrarie alli desiderii loro, volevono ricordarle, et con riverentia pregare che le fussino advertite et attese come le meritono. Et dixi come costì s'intendeva che lo exercito loro tornava addreto; intendevasi come le gente d'arme tengono in Lombardia se ne tornano in buona parte in Francia; intendevasi e vinitiani essere grossi in Romagna et attendere ad insignorirsi di quelle terre; dubitavasi forte che ' tedeschi o motu proprio o per suggestione d'altri non scorressino in Lombardia: le quali cose facevono stare d'una malissima voglia le Signorie vostre et recordare ad sua Signoria reverendissima che gli era tempo ad accresciere forze in Italia et più tosto lasciare l'altre imprese etc. Dixi ancora essere mandato per ratificare la condocta di Giampaulo et che ne avevo autorità ogni volta che le scripture si acconciassino in modo che non si avessi ad avere più carico et manco speranza si ha nello accordo facto con el re.$811$Rispose Roano che ringratiava le Signorie

vostre de' ricordi et che pensava bene ad tucto et non era qua per altro etc. Et quanto alla condocta, che saremo con el cardinale di Volterra et tucto si assetterebbe in buona forma. Referii al cardinale quanto Roano aveva risposto all'una parte et l'altra, et facemo questa conclusione circa la condotta, che si fussi facto dal canto nostro el debito et che fussi ora da aspectare loro, et così si farà.Io credo che sarà apportatore di questa monsignore di Mellon, el quale viene in costà mandato da Roano ad voi, Bologna, Ferrara, et dipoi ad Urbino, ad dolersi in facto delle ingiurie sute fatte al duca Valentino nelli stati suoi di Romagna. Et questa entrata dell'Ordelaffo in Furlì, giudicando qui ciascuno che la sia stata con vostro ordine, ha facto sdegnare San Giorgio per conto de' nipoti et alterare in parte Roano per conto del duca; et pure questa mattina erano monsignore di Trans et il presidente che si alteravono con el reverendissimo di Volterra di questa cosa; el quale mi chiamò et io giustificai le Signorie vostre in tucti quelli processi di Romagna, come le Signorie vostre sanno che io posso, per esserne informato; et allora per pascere el duca di avervi facto qualche remedio si deliberò mandare Melon o altro che advertissi etc.El duca si sta in Castello et è più in speranza che mai di fare gran cose, presupponendosi un papa secondo la voglia delli amici suoi.Le exequie finiscono oggi et domani doverrebbono entrare in conclavi; non vi enterranno, secondo si dice, per volere che Bartolomeo d'Alviano et questi Orsini sieno partiti, e quali si truovono qui; et chi dice che li hanno 300, chi dugento uomini d'arme et chi meno, aveno auto danari per mille fanti, che non se ne è visto fare loro molti.Giovan Paulo alloggia in Borgo et dicono questi suoi che li ha 100 uomini d'arme, et digià ha auti 5000 ducati per conto della condotta et 3000 per mille fanti, e quali non si sono ancora veduti in viso. Non li ho possuto ancora parlare et ad pochi altri ò parlato, da el cardinale in fuora, in modo che delle cose di qua non vi posso dare quello ragguaglio desidero; userocci diligentia et m'ingegnerò satisfare al debito mio.Quello che io ho ritracto del campo de' franzesi è questo: che essendosi presentati ad San Germano et avendo $812$dato facultà ad Consalvo di venire ad giornata et averndola Consalvo refiutata, né parendo a' franzesi possere expugnare quello luogo, deliberano tornare addreto per passare overo tentare el passo altrove; et dicesi sono ad Ponte Corvo et che vanno alla volta di Gaeta per passare el Garigliano.Del papa futuro ci è varie opinioni, et però io non ho che dirne alle Signorie vostre se non che sopra ad San Piero ad Vincula si dà 32 et sopra Sancta Prassedia 227. Raccomandomi alle

Signorie vostre.

%1503 ott 29, LCMagnifici Domini etc. Questo dì sono stato alle mani con el presidente ad chi Roano ha commesso che si pratichi queste cose di Giampaulo; et in summa, raccozando tucti e ragionamenti insieme, non veggo che si possa fare per Roano alcuna declaratione secondo la forma che vostre Signorie mi ordinorno, avanti che lui esca di conclavi, perché questa creatione del papa lo tiene tanto occupato che gli è d'averlo per scusato. Et perché questi cardinali vogliono che le genti forestiere eschino di Roma in su la entrata loro in conclavi et non si volendo da l'altra parte partire Giampaulo sanza avere el resto della imprestanza, credo che si verrà ad questo termine: che Roano facci quitanza alle Signorie vostre di 6 mila ducati e quali voi doviate dare ad Giampaulo per il resto della prestanza, et ne siate quiti per il re da Roano et sienvi messi nel conto de' x mila ducati dovete dare ad el re in questo Ognissanti; et n'averrete avere commodità, secondo che mi ha ragionato Domenico Martelli, tucto novembre proximo. Così credo che per ora si resolva questa cosa di Giampaulo; et in vero e' non se le può dare altra fine, sendo $813$occupato Roano come è. Bartolomeo d'Alviano partirà domattina secondo che si dice, et ne andrà alla volta delli spagnoli; et Giampaulo mi ha decto che non ha 200 uomini d'arme et 300 fanti. Et chi va ricercando bene el fine di queste nuove condotte facte per li spagnoli et franzesi, è stato per valersi più della reputazione che degli uomini, perché costoro in queste terre di Roma, per le grandi inimicitiae hanno, sono più tosto latrunculi che soldati, et essendo obbligati alle proprie passioni loro non possono servire bene un terzo, et queste loro paci che fanno durano quanto e' pena ad venire occasione l'uno all'altro d'offendersi. Et chi è qui ne vede ogni giorno la experienza et chi li conoscie pensa di temporeggiarli tanto che possa dare loro e termini.Giovanpaulo ne verrà alla volta costà di Toscana perché così ha voluto lui, dicendo bisognarli fare la compagnia ad casa sua; et Roano per ogni respecto non se ne è curato et credo come dico di sopra che verrà con ordine di essere pagato da voi et che 'l pagamento vadia ad conto del re con le quitanze debite.Sendo questo dì in camera del cardinale di Volterra, vi venne el Presidente et monsignore di Trans et mostrorno ad el cardinale una lettera che monsignore d'Allegri scriveva ad el marchese di Mantua data ad Traiet alli 24 dì di questo, et li diceva come lui si trovava quivi con 300 uomini d'arme et dumila fanti et che aveva mandato per il viceré che doveva venire ad trovarlo con 3 mila fanti et coll'artiglieria, et come decto viceré vi fussi

arrivato, passerebbe subito el Garigliano, et che ad passarlo non era punto di dificultà, et sollecitava el marchese ad venire ad trovarlo con tucto el resto dello exercito. Et di più lo advisa come aveva nuove in quel punto da l'armata che era ita alla volta di Napoli, che Napoli si era ribellato dagli spagnuoli et ricevuto la gente del re. Questa lettera, come io dico, scriveva Allegri ad el marchese di Mantova et el marchese ne mandò l'originale ad Roano; et scriveva de' 25 dì che l'altro di poi si levava con lo exercito per andare ad trovare monsignore Allegri. Questa nuova come io la ho udita lèggiere, così la scrivo alle Signorie vostre et quelle ne faranno buono iuditio et aspecteranno el riscontro.Avendo auto questa mattina una lettera delle Signorie vostre de' 24 dì contenente la escusatione dovevo fare con San Giorgio per la entrata dell'Ordellaffo, fui subito con$814$sua Signoria reverendissima et dopo alquante parole gli lessi la lettera delle Signorie vostre, parendomi efficacie et fare seco buono effecto. Lui dixe che di tucte le cose gli uomini guardavano più al fine che alli mezzi et che 'l fine di questa cosa era l'Ordelaffo essere entrato in Furlì et li suoi nepoti trovarsene fuori, et credeva bene che le Signorie vostre non abbino possuto fare altro per le ragioni allegavate et che era contento admetterle; bene certificava vostre Signorie che, poiché la forza aveva constrecto voi ad non li favorire, che sarebbono anco quelli suoi nepoti forzati gittarsi da' vinitiani e pigliare favori dovunque gli troverranno per fare e facti loro; et con tucto questo si offerse largamente ad ogni beneplacito di vostre Signorie.San Pietro in Vincula ha tanto favore in questo papato, secondo che dice chiunque ne parla, che se si avessi ad credere alla opinione universale e' si crederrebbe che dovessi essere al tucto papa; ma perché el più delle volte e cardinali, quando e' son fuora, sono d'altra opinione che quando e' sono rinchiusi, dice chi ha intelligentia delle cose di qua che non si può fare iuditio nessuno di questa cosa, et però ne aspectereno el fine.Altro non ho che scrivere ad vostre Signorie, perché, avendovi scripto per un'altra di iarsera del parlare facto con Roano, non mi occorre altro che dirvi al presente, se non raccomandarmi ad vostre Signorie quae faelices valeant.

%1503 ott 30, LCMagnifici Domini. Ad dì 28 scripsi per monsignore di Milon et ieri scripsi etiam ad lungo et decti la lettera ad Giovan Pandolfini che la mandassi col primo. Restami per la presente advisare le Signorie vostre come avendo deliberato $815$questi signori cardinali di entrare domani in conclavi, hanno facto

forza che questi soldati che ci erano per Spagna et Francia si eschino di Roma; et questa mattina si è partito Bartolomeo d'Alviano et alloggia questa sera discosto 12 miglia verso el Reame, né si sa bene se lui è per andare più avanti, et le sue genti con tucte quelle delli altri Orsini non passano in verun modo 200 uomini d'arme. E Savelli si sono ritirati nelle loro terre et Giampaolo questa sera alloggierà ad Ruosi, luogo discosto ad qui 18 miglia in su la via di venire in Toscana; et queste genti sue, levatone la compagnia di messer Bandino che si truova seco, non adgiungono ad 60 uomini d'arme. Dice bene volerla fare come arà la prestanza, et credo che se ne andrà alle stanze in quello di Perugia perché ne ha voglia, et costoro gnene permetteranno se altro non nascie. Et quanto alla ratificatione della condocta io non ve ne posso dire altro che io mi scrivessi ieri, perché sendo Roano occupatissimo in su questa entrata del conclavi, non ci può attendere. Et credo che domattina, avanti entri, questi che sono qui agenti per Giampaulo vedranno di trarre da lui quella lettera nella forma dixi ieri, per la quale vi sia commesso che de' x mila ducati dovete ad el re in questa fiera, voi ne diate 6 mila ducati ad Giampaulo per il resto di sua prestanza, facciendovi Roano cauti per decta lettera che sia come se voi gli pagassi ad el re proprio; la quale prestanza quando Giampaulo abbi, sarà pagato per un pezo in là. Et trovandosi in Toscana, come potrebbe essere che li stessi, vostre Signorie potranno pensare di valersene in qualche modo. Et io che li ho parlato ad lungo in su questa cosa, lo truovo tanto bene disposto et tanto caldo ad benificarvi che se fussi nato di cotesta città sarebbe troppo. Ora le vostre Signorie ci penseranno et potranno farsi intendere dove bisogna quando ci vegghino alcuno partito buono drento.$816$Questi cardinali, come di sopra si dice, se altro non nascie, entrono domani in conclavi et la opinione che gli abbi ad essere San Piero in Vincula è tanto cresciuta che si truova chi dà 60 per cento sopra di lui; et veramente egli ha favori assai fra e cardinali et lui con quelli mezi che s'usano se gli sa guadagnare; et el duca Valentino è intractenuto forte da chi desidera essere papa, rispecto ad e cardinali spagnoli suoi favoriti, et assai cardinali gli sono iti ad parlare ogni dì in Castello, tale che si crede cheel papa che sarà, arà obbligo seco; et lui vive con questa speranza di essere favorito da el pontefice nuovo.Roano si è travagliato forte, et da' cardinali che vengono in Palazo si fa in buona parte capo ad lui; né si sa bene se va alla volta del Vincula: che quando e' fussi così, el caso suo non arà disputa; bisogna in summa rapportarsene al fine.La nuova che io scripsi ieri alle Signorie

vostre di Napoli et dell'essere e franzesi per passare el Garigliano non si è poi verificata. Vero è che non ci è anche suto nulla in contrario, et sendo ropte le strade fra el campo et qui, non ci viene lettere se non con difficultà. Et io per non mancare di quello posso, ho scripto per doppie ad Luca Savello che mi scriva alcuna volta delle cose di là. Intendesi le genti d'arme italiane che erano co' franzesi essersi in buona parte resolute: chi dice per parere loro stare con periculo, chi perché l'erano male tractate, chi per loro cattiva natura. Et io ne ho visto arrivare qui qualche 30 uomini d'arme di quelli ch'erono del duca Valentino, e quali avea mandati nel Reame in servitio del re, che si sono alloggiate per Roma, chi dice ad instanza del Collegio, chi dice che 'l duca ve le ha facte fermare lui con speranza di valersene, facto el papa.Io ho scripto et scriverrò ogni dì una lettera et le manderò ad Giovanni Pandolfini che le mandi, perché non avendo ordine da vostre Signorie non posso pigliare altri mezi; et se quelle volessino la nuova del pontefice in diligentia mi advisino et mi dieno commissione che io spenda; quanto che no, m'ingegnerò fare per le mani d'altri, ma raro si fa cosa buona così. Raccomandomi ad vostre Signorie. Bene valete.Siamo ad tre ore di nocte et avendo scripto el di sopra, è comparsa la vostra de' 26 significativa della perdita dello stato di Faenza per conto del duca; et essendo io ritornato allo mio alloggiamento, né si possendo ire securo di nocte, decti notitia del caso ad el cardinale di Volterra per una polizza et domattina ragionerò seco ad boca. Né io vi posso dire altro intorno ad questo, se non che per rimediare $817$ad quelli periculi che le Signorie vostre accennano non si vede qua ordine veruno, avendo e franzesi, da' quali si aspectava el rimedio, faccienda assai. Restaci solo se al duca riuscirà essere favorito dal pontefice nuovo, come e' crede, et se anche e castellani delle forteze aspecteranno che li possa soccorrere. Raccomandomi di nuovo alle Signorie vostre.

%1503 ott 31, LC$818$Magnifici Domini. Ad dì 30 d'octobre fu l'ultima mia et scripsi per le mani di questi Del Bene, et dixi inter cetera che opinione ci era del papa et come dovevono l'altro dì poi entrare in conclavi. Et crebbe tanto questa opinione che fussi San Piero ad Vincula che avanti si serrassi el conclavi si dava sopra di lui novanta per cento, perché s'intese dua nimici che lui aveva, ch'erano apti ad torgliene, essere placati; et questi erano Roano et questi cardinali spagnoli amici del duca, che si erano al tucto gittati in suo benifitio. Et dicesi la causa che Roano vi si è gittato, essere perché gli è stato messo

sospecto di Ascanio et li è suto monstro che non può fare papa che sia per torgli ogni credito quanto era el Vincula per essere stati sempre come nimici. Ma ad quelli cardinali spagnoli et al duca si può facilmente coniecturare quello che ve gli abbi inducti, perché l'uno ha bisogno d'essere risucitato et quelli altri di essere arricchiti. Ora se questa sarà suta la via, e' s'intenderà meglio alla giornata. Ma una volta costui lo arà saputo meglio persuadere che gli altri quando e' sia papa, come oramai si può dire certo; perché in questo punto che siamo ad ore viii di nocte, venente el primo dì di novembre, è tornato in questo mio alloggiamento uno servidore del Vincula che viene di Palazo et mi dice avere $819$auto dal conclavista di decto Sam Piero ad Vincula cinque polilze l'una dreto all'altra significative della unione de' cardinali ad farlo papa, nonobstante che etiam nel principio si risentissino da septe cardinali in favore di Santa Praxedia, tra ' quali era capo Ascanio; et dixemi che l'ultima polilza li commetteva ne spacciassi la nuova ad Savona et ad Sinigaglia, et che si era posto nome Iulio Secundo et che aveva spacciato e cavallari. Questa cosa et molte altre che succedono alla giornata meriterebbono d'essere spacciate ad posta, ma io non ne ho ordine da vostre Signorie, né sono, sanza ordine di quelle, per entrare in simili spese, et la nocte non patiscie che io mandi o vadia ad intendere se altri spaccia per costì, perché non si va securo, et costui che è venuto da Palazo è suto accompagnato da 20 armati. Aspecterò el dì chiaro, et trovando chi lievi la lettera la manderò, et con più certo adviso. Et per scusarmi di questo per sempre dico ad vostre Signorie che le vedranno che io scriverrò ogni dì una lettera; ma del mandarle me ne governerò come chi fa le cose ad posta d'altri. Bene valete.Rome, hora octava noctis inter ultimum diem octobris et primum novembris 1503.

%1503 nov 1, LCMagnifici Domini. Adviso col nome di Dio le Signorie vostre come questa mattina el cardinale di San Piero in Vincula è stato pronuntiato nuovo pontefice. Che Iddio lo facci utile pastore per la cristianità. Valete.Die prima novembris 1503. Romae.

%1503 nov 1b, LC$820$Magnifici Domini etc. Questa notte scripsi alle Signorie vostre et questa mattina di nuovo replicai la electione facta del nuovo pontefice nella persona del cardinale San Piero ad Vincula, el quale si chiama Iulio Secundo; et la lectera ho data ad Domenico Martelli, el quale crede spacciare. Et questa scrivo per mandarla per un'altra via, perché questi Del

Bene spacciorno stamani avanti dì una ora ed io non fu ad tempo ad dare loro la lectera. Questa creatione et pubblicatione è stata straordinaria perché hanno facto questo papa ad conclavi aperto, et subito convenuti insieme, che era circa mezanotte, lo mandorno fuora ad pubblicare, et in su tali pubblicationi si scripse: perché siamo ad 15 ore et non si è ancora factae le cirimonie ordinarie del pubblicarlo. Et chi considera bene questi favori che ha auti costui gli giudicherà miracolosi: perché tante parti quante sono nel Collegio, tucte hanno confidato in lui; perché el re di Spagna et quello di Francia hanno scripto al Collegio in suo favore; ulterius e baroni di factione contraria hannoli prestato favore, San Giorgio lo ha favorito, el duca Valentino lo ha favorito; tanto che li ha possuto tirare questa posta. Questi della natione vostra se ne sono rallegrati assai et ne sperano, et per loro conto particulare et per conto del pubblico; et ier mattina mi dixe uno uomo di gran conditione che se el Vincula riusciva papa, si posseva sperare qualche bene per la città et che ne aveva già promesso più che ordinariamente. Altro non mi occorre. Raccomandomi ad vostre Signorie, quae bene valeant.

%1503 nov 1c, LC$821$Magnifici Domini. Questa è la quarta lettera che io ho scripta alle Signorie vostre per la absumptione di Sampiero in Vincula ad el nuovo pontificato, chiamato Iulio Secundo. Né vi scriverrei la presente se non che parlando oggi, facte che furno le cerimonie, con el reverendissimo cardinale di Volterra, mi dice come fermato che gli ebbono questa notte la cosa del pontificato, egl'imborsorno tucte le forteze de la Chiesa, et ordinorno per sorte chi ne avessi la cura: et ad San Giorgio toccò Citerna, et al cardinale di Volterra toccò certe altre; et pare ad decto Volterra che se non si piglia qualche sesto, voi non arete rimedio a tenere decta Citerna. Et però lui vi consigliava, quando ad voi paressi che voi fussi contenti, che lui operassi tanto con San Giorgio che si facessi uno baracto, cioè che Volterra guardassi Citerna et dessi ad San Giorgio una de le sua, et ad questo modo giudicava che la cosa si comincerebbe ad dimesticare, et che di facto non se ne avessi ad rivedere el conto così ad punto, et m'impose io ve ne scrivessi et confortassivi ad renderne risposta subito.Io non ho che dire altro alle Signorie vostre circa le cose di qua, perché vi scripsi assai ad lungo questa mattina circa alla absuntione di questo pontefice. Una volta egli arà facciende assai ad observare le promesse ha facte, perché molte ve ne fia contradictorie; pure egli è papa et vedrassi presto che volta piglierà et ad chi egli arà promesso dadovero.

Grandi amici si vede ad ogni modo che lui ha auti nel Collegio, et di questo dicono costoro esserne cagione che lui è sempre suto buono amico, et però ora al bisogno egli ha trovato de' buoni amici. La natione vostra se ne è tucta rallegrata, perché di molti fiorentini ci sono che sono sua molto intrinsechi; et el reverendissimo cardinale di Volterra mi ha questo dì decto che crede che sia molti anni che cotesta città non possé tanto sperare da un papa quanto da questo, purché si sappia temporeggiarlo. Et molti de' vostri cittadini mi hanno pregato che io vi scriva come lo avere facto ad papa Pio $822$cinque oratori, faceva che ogniuno giudicava che cotesta città non fussi bene contenta della sua absumtione, et però con reverentia confortono le Signorie vostre ad ricorreggiere questa electione et farne sei, come ad Alexandro et Sixto.Del campo de' franzesi et degli spagnoli non si è mai poi inteso altro che quello vi scripsi, et non ci vengono gli advisi per essere el cammino ropto. Giampaulo et Bartolomeo d'Alviano debbono essere poco più là che dove gli alloggiorno la prima sera quando uscirno di qui; et circa la condotta non si è poi facto altro, né etiam quella lettera si scripse che questi di Giampaulo volieno trarre ad vostre Signorie per il pagamento di Giampaulo; et io fo buona coniectura da questo che Roano non ha più tanta paura quanto egli aveva quando e' lo condusse.Credesi che gli Orsini faranno fare cardinale l'arcivescovo vostro, et che l'arcivescovado capiterà nelle mani ad qualche prelato fiorentino: honne sentito nominare più che uno et però non lo scrivo. Raccomandomi alle Signorie vostre et credo che sarà ad proposito che quelle, con quanta più celerità possono, mi faccino mandare da' nostri Signori una lettera al nuovo pontefice per possermegli rappresentare innanzi cerimonialmente; et mandandomela me ne faccino mandare la copia acciò che io possa conformare le parole con lo scripto. Valete.

%1503 nov 4, LC$825$Magnifici Domini etc. L'ultime mie furno ad dì primo, nel quale dì scripsi quattro lettere alle Signorie vostre et le mandai per li Martelli et quelli del Bene, et però le stimo salve; dipoi non è innovato cosa di momento; tamen, venendo in costà Carlo Martelli in diligentia, non ho voluto che venga sanza questa mia lettera.Poi che fu creato questo nuovo pontefice, le cose di $826$questa città sono assai quiete, sendosene partite le gente orsine, le quali non s'intende però sieno passate Monte Rotondo dove andorno alloggiare la prima volta, et non sono anche molte in numero; et così sendosene partito di qui Giampaulo, che erano quelli che in facto sacheggiavono Roma. Et come io ho

scripto per altre mie alle Signorie vostre, questo pontefice è stato creato con uno favore grandissimo, perché da tre o 4 cardinali in fuora, che aspiravono loro al papato, tucti gli altri vi concorsono, et Roano lo ha favorito sanza mezo. Dicesi, come altra volta dixi, la cagione di questi favori essere stata che li ha promesso ciò che gli è suto domandato; et però si pensa che allo observare fia la difficultà. Al duca Valentino, del quale e' si è valuto più che di alcuno altro, si dice che li ha promesso reintegrarlo di tucto lo stato di Romagna, et li ha concesso Ostia per sua securtà, dove decto duca tiene el Mottino armato con dua legni. Truovasi el duca in palazo in uno luogo che si chiama le Stanze nuove, dove sta con forse 40 de suoi primi servidori: non si sa se si de' partire o stare. Chi dice che ne andrà alla volta di Genova, dove egli ha la maggior parte de' suoi danari, et di quivi se ne andrà in Lombardia et farà gente et verrà alla volta di Romagna, et pare che lo possa fare per restarli ancora in danari 200 mila ducati o più, che sono nelle mani, la maggior parte, in mercanti genovesi. Altri dicono che non è per partirsi di Roma, ma per aspectare la incoronatione del papa per essere facto da lui gonfaloniere di Sancta Chiesa, secondo le promesse, et con questa reputatione riavere lo stato suo. Altri credono, né sono de' manco prudenti, che avendo auto questo pontefice nella sua creatione bisogno del duca et factogli grandi promesse, gli conviene intractenerlo così et dubitano che se non piglia altro partito che di stare in Roma, che non ci rimanga; perché gli è noto el naturale odio che sua Sanctità li ha sempre portato et non può sì presto avere smenticato lo exilio nel quale è stato x anni. Et el duca si lascia traportare da quella sua animosa confidentia et crede che le parole d'altri sieno per essere più ferme che non sono sute le sue, et che la fede data de' parentadi debba tenere: perché dicono essere confermato el parentado tra Fabio Orsino et la sirochia di Borgia et così $827$la figliola del duca essersi maritata al Prefectino. Io non vi posso dire altro delle cose sue né determinarmi ad un fine certo: bisogna aspectare el tempo che è padre della verità.Io lascerò indreto el raccontare alle Signorie vostre l'altre paci facte et promesse ad baroni et ad cardinali, perché tucte sono state ad volontà di chi ha chiesto. Et Romolino ha auta la Segnatura di justitia et Borgia la Penitentieria, né si sa ancora se ne piglieranno la possessione. Et come di sopra è decto, pare che 'l papa sia necessitato temporeggiare ancora ogni uomo, ma non può stare molto che non si dichiari et che non dimostri di chi debba et vuole essere amico.Giampaulo Baglioni, come io coniecturai da principio, se ne viene in costà alla volta di Perugia con licentia di Roano et ricercherà

stanze da vostre Signorie in quello di Cortona per parte della sua compagnia, et Roano mi ha richiesto che io scriva ad vostre Signorie sieno contente servirnelo; et per ancora non si è ratificato alla condotta per non si essere possuto fare facciende con Roano. Et perché e possa essere pagato del resto di sua prestanza, scrive Roano una lettera alle Signorie vostre che lo paghino de' danari del re, et favvi fede che vadino ad quello conto; et la lectera è molto iustificata et soscripta di sua mano et segnata con el suo sigillo. Et quando le vostre Signorie facessino questo pagamento, parendo loro farlo cauto et che bene la condocta non andassi innanzi come potrebbe essere, e' verrebbe pure ad essere decto Giampaulo pagato per 6 mesi co' danari daltri et potrestivene servire voi, ancora che della condotta non ci siamo al tucto desperati.El campo de franzesi è tucto insieme in su el Garigliano et hanno preso certe torri che si tenevano per li spagnoli in su la banda di qua, et fanno tuctavolta un ponte; et benché e nimici sieno in su l'altra ripa, tamen con el favore della loro armata dicono che non può essere tenuto loro el passo et parlon molto gagliardi; et la lettera è de 30 del passato.E' ci sono certi oratori pisani che vennono per salutare l'altro pontefice, et monsignore reverendissimo di Volterra ha ordinato con el papa che andando loro ad parlarli, dica che lo ofitio suo è di pacificare Italia, et che, sendo stato Pisa con la sua ribellione cagione della guerra, $828$intende che con riunirla ad Firenze la sia cagione della pace, et così li ha promesso fare.Scrissivi per altra delle cose di Citerna et come e' pareva al cardinale di Volterra che voi consentissi che facessi opera con San Giorgio di averla da lui, acciò che si potessi velare in qualche modo la possessione che voi ne tenete; aspectone risposta.Credo che questo dì o domani al più lungo mi presenterò al papa, et del seguito ne darò notitia ad vostre Signorie, alle quali mi raccomando.

%1503 nov 6, LC$831$Magnifici Domini etc. Per Carlo Martegli scripsi alle Signorie vostre l'ultima mia de' quattro et non scripsi altrimenti per il procaccio, pensando quelle dicte venire salve. Et perché io scripsi per quelle circa la condocta di Giampaulo quanto occorreva, et come Roano aveva scripto una lettera alle Signorie vostre perché quelle pagassino el resto della prestanza, non dirò altro per questa intorno ad tale cosa, non essendo dipoi innovato altro; et qui si aspecterà di epsere chiamati et allora si risponderà secondo la commissione di vostre Signorie. Adcademi per questa significare ad vostre Signorie come ier mattina io mi presentai alli piedi del pontefice et in nome

di quelle mi rallegrai della sua promotione ad el pontificato, allegandone le ragioni et appresso offerendo tucto el potere di cotesta repubblica in suo onore et commodo. Sua Santità ebbe accepto ogni offerta et tucto quello se gli dixe monstrò essergli gratissimo, et dixe avere facto d'ogni tempo capitale di cotesta repubblica et che ora, essendogli cresciuta la autorità et il potere, è per dimostrare in ogni cosa di amarla, avendo maxime obbligo di questa sua dignità con reverendissimo cardinale di Volterra, che era suta grande cagione di questo suo onore; et così, usate queste parole cerimoniali, mi parti'.Comparsono dipoi le vostre lettere del secondo di questo, per le quali monstrate avere auta la nuova del nuovo pontefice et vi maravigliate non avere mia lettere. Credo che ne arete dipoi aute quattro, né io ci ò colpa non mi avendo quelli Del Bene facto intendere nulla quando spacciorno la nocte; et io ne li scuso perché mi dixono poi la mattina che credevono quelle lettere avevono di mio contenessino la nuova del papa; la cosa è qui et credo che per le mie dipoi le Signorie vostre ne resteranno assai satisfacte.Perché le vostre lectere de dua contenevono la ruina di Romagna et lo animo de' vinitiani et le cose in che termine si trovavono da quella banda, parse ad monsignore $832$di Volterra che io fussi subito con el papa et gli comunicassi quelli advisi, et così parve ad Roano che gli aveva intesi. Anda'ne da sua Beatitudine et lessigli la lettera; lui dixe credere che Dionisio di Naldo favorissi le cose del duca Valentino et non quelle de' vinitiani, et che 'l duca d'Urbino era per fare ad suo modo et non ad modo de' vinitiani; et che queste cose piglierebbono altra forma qualunque volta s'intenderà la sua creatione, et che le seguivono così per non si essere ancora intesa et che ne parlerebbe con Roano.Parti'mi da sua Santità et parlai ad monsignore Ascanio, ad San Giorgio et ad San Severino, ricordando loro che qui non si tractava della libertà di Toscana, ma della libertà della Chiesa et che 'l papa diventerebbe cappellano de' vinitiani ogni volta che diventassino maggiori di quello sono, et che a loro tocava el provedervi, che ne avevono ad essere eredi; che noi per la parte nostra lo ricordavamo ad tempo et offerravànci di quello poco che si può. Mostrorno questi cardinali di risentirsi et promessono fare ogni cosa. Parlai ancora con el duca et li comunicai questi advisi, parendo così a proposito per vedere meglio dove lui si ritrovava et che temere o sperare si poteva di lui; et in summa, udito lui la nuova del castellano d'Imola et lo assalto de' vinitiani intorno ad Faenza, si turbò sopra ad modo et cominciò ad dolersi cordialissimamente di vostre Signorie, dicendo che voi gli eri stati sempre inimici et che si ha da dolere di voi et non de' vinitiani, perché voi con cento uomini

possevi sicurarli quelli stati et non avete voluto farlo, et che s'ingegnerà che voi siate e primi ad pentirvene; et poiché Imola è persa, non vuole più mettere gente insieme né perdere el resto per riavere quello ha perso, et non vuole più essere uccellato da voi, ma che vuole mettere di sua mano quello tanto vi resta in mano de' vinitiani et crede presto vedere lo stato vostro rovinato, et lui è per ridersene; et che ' franzesi o e' perderanno nel Reame o gli aranno in modo che fare che non vi potranno aiutare: et qui si distese con parole piene di veleno et di passione.Ad me non mancava materia da risponderli, né anche mi sarebbe mancato parole; pure presi partito di andarlo addolcendo et più dextramente che io posse' mi spicai da lui, che mi parve mill'anni; et ritrovai monsignore di Volterra et Roano che erano ad tavola. Et perché e mi aspectavano $833$con la risposta, referi' loro a punto ogni cosa; alterossi Roano delle parole usate da lui et dixe: "Iddio non ha infino ad qui lasciato alcuno peccato impunito et non vuole lasciare anche questi di costui". Io scripsi alle Signorie vostre per la mia de' iiii dove decto duca si trovava et quello si andava coniecturando di lui; èssi visto dipoi che va raggranellando gente, et questi suoi ministri, co' quali io ho conoscienza, mi dicono che vuole passare in Romagna ad ogni modo con quanta gente potrà. Ora, essendo perduta la roca di Imola et essendo seguita questa sua alteratione, non so se mi muterà di proposito. Univolta circa ad lui non si può scrivere altro alle Signorie vostre; et circa le cose di Romagna, monsignore di Roano et questi altri cardinali che vegghiono le cose di Italia, sono dreto ad concludere luna delle dua cose, et questo è che decte terre di Romagna venghino et sieno rimesse o nelle mani del papa o del re: se riuscirà loro non so, ma credo ne faranno ogni cosa et ne tenteranno ogni via, né veggo che ci si disegni altri rimedii.Del campo de' franzesi et degli spagnoli non vi si può per ora dire altro che quello vi si dixe per quella de' iiii, non ci essendo innovato altre lettere. Stanno questi franzesi con speranza grande che gli abbino passato, et dicono che per essere el Garigliano stretto, tale che le artiglierie loro possono offendere l'altra ripa, et per essere signori del mare da potere mettere qualche legno su per il fiume carico d'artiglierie, che gli spagnoli non potranno presentarsi ad difendere lo scendere loro in su la ripa di là. Et fanno conto, riusciendo loro el passare, che riesca loro ogni altra cosa; et puossi credere questo, sendosi Consalvo ritirato sempre dreto alli ripari et mai non si mostrò ad campagna. Altro non posso scrivere alle Signorie vostre, et il fine mosterrà tucto. Danari una volta non manca ad costoro, che questi Del Bene mi dicono avere sempre de franzesi in casa nelle saca 50 mila

ducati et qui non corre altro che ducati. Valete.El papa s'incorona domenica ad 8 dì, cioè oggi ad 14 dì.

%1503 nov 7, LC$834$Magnifici Domini. Ieri scripsi ad vostre Signorie le alligate et questa mattina si spedì la posta di Ferrara sanza farmi intendere nulla et io non sono indovino. Di nuovo ricorderò ad questi mercatanti che faccino el debito loro et io non mancherò del mio. Poi che io ebbi ieri parlato con el duca et lasciatolo in quella alteratione che io scrivo alle Signorie vostre, lui mandò per il cardinale reverendissimo di Volterra et questo dì dipoi mandò per lui, et in queste dua volte che li ha parlato, et maxime questa ultima volta, gli ha decto, oltre ad molte doglianze ordinarie, che ha lettere de' 4 dì come el castellano d'Imola non era suto morto, ma sì preso, et come la forteza et la terra si teneva per lui et che 'l signore Octaviano s'era presentato ad Imola con molta gente et ne era suto ributtato. Dixe come Dionigi di Naldo era in suo favore et che venitiani non avevono gente da stimarla molto; et parse ad monsignore che in su tali advisi egli avessi preso un poco di speranza di potere recuperare questi stati. Duolsi de franzesi et d'ogni uomo et dal papa aspecta di essere facto capitano di sancta Chiesa et crede domattina che si fa congregatione essere dichiarato. Monsignore reverendissimo li mostrò che 'l disperarsi era inutile et che la desperatione torna ut plurimum sopra ad capo di chi si dispera. Adcrebbegli da l'altro canto la speranza et promissegli bene delle Signorie vostre. Ora bisogna aspettare di vedere quello che farà domani la congregatione et se al duca riuscirà avere questo bastone, et quando non li riesca, che disegni e' faccia: et di tucto saranno ragguagliate le Signorie vostre, et mi sarà grato intendere come in ogni evento io mi abbi ad maneggiare con decto duca et se si ha ad intractenere et come. Altro non ci è di nuovo. Raccomandomi ad vostre Signorie.

%1503 nov 10, LC$837$Magnifici Domini. L'ultime mie furno de' 6 et 7, le quali mandai per uno corrieri spacciato da questi di Bolognia, et le mandai sotto coverta di lettere de' Rucellai, et dixi per quelle in che termine si trovavono le cose del duca et come gli sperava essere declarato capitano di Sancta Chiesa nella prima congregatione. Fecesi dipoi congregatione ieri, dove non si ragionò, secondo ritraggo, alcuna cosa de casi sua, ma solo si pensò ad cose ecclesiastiche et ad ordini loro consueti in sul principio del nuovo pontefice. Ragionossi della guerra di Francia et Spagnia et della utilità che ne resulterebbe al cristianesimo

quando le cose loro si componessino; et vedesi questo pontefice essere volto ad comporli quando e' possa. Resta pertanto el duca così, et per i savi` si fa di lui cattiva coniectura, che alla fine e' non capiti male, ancora che questo pontefice sia sempre suto tenuto uomo di grande fede. Attendeva detto $838$duca ad rassettare gente d'arme et, secondo mi ha decto qualcuno de' suoi uomini, aveva mandato alcuno in Lombardia ad fare fanterie per potere, et con queste gente facte qui et con quelli fanti et con la reputatione d'essere gonfaloniere et capitano di Sancta Chiesa, andare ad el racquisto delle sue cose. Ora, non li sendo riuscito di essere suto facto gonfalonieri in questa prima congregatione, come lui sperava, non so se muterà ordine o s'egli starà più in su la opinione di essere facto in ogni modo. Sarebbemi bene gratissimo avere da vostre Signorie adviso come con detto duca io mi avessi ad governare: perchè el condurlo in costà, et assicurarlo perché e' venga, pare di qua ad proposito; non so se le Signorie vostre sono di tale opinione.Parlò monsignore di Volterra insieme con più altri cardinali alla Sanctità di nostro Signore delle cose di Romagna, et parli avere trovato in sua Sanctità una optima dispositione perché le non vadino in mano de' vinitiani; et dice che dopo molti termini et repliche sua Beatitudine dìxe: "Io sono stato sempre amico de' vinitiani et sarò ancora, quando e' non pretendino più là che lo onesto; ma quando e' voglino occupare quello della Chiesa, io sono per fare ultimum de potentia perché e' non riesca loro; et provocherò tucti e principi cristiani loro contro". Tale che detto monsignore reverendissimo ne sta con lo animo securo che, in quanto si apparterrà ad sua Sanctità, le cose non andranno più avanti.Di campo ci sono lettere de' 6 di questo et fanno intendere ad monsignore di Roano come, facto che e franzesi ebbono el ponte in su el Garigliano con lo aiuto delle artiglierie che li avevono in su la proda del fiume, et in su le barce, è passato con el nome di Dio una parte di loro; et li inimici si sono ritirati et hanno perduta certa artiglieria; et che vogliono fare dua altri ponti per avere bene quello passo per loro, tanto che la ripa del fiume di là et di qua è de' franzesi; et Sandricorte in su la ripa di là fece la prima guardia et la seconda el bagli di Can. Truovasi Consalvo discosto qualcun miglio, dove aveva facte certe tagliate, et mostrono e franzesi avere o ad azuffarsi et vincere o avere ad cacciarlo quanto e potrà fuggire. Hanno facto questi franzesi qui di tale nuova gran festa et pare loro avere vinto. Dio lasci seguire el meglio.Messer Bartolomeo d'Alviano et gli Orsini si truovono $839$ad Alagnia et dicesi che gli attendono ad fare le loro compagnie.Monsignore di Roano, in su questa nuova della

passata del Garigliano, ha ordinato che monsignore di Volterra scriva ad Giampaulo che subito con quelle genti ha si parta et ne vadi alla volta dell'Abruzi, et così ha ordinato faccino e Savelli; et che da l'altro canto scriva ad vostre Signorie che faccino che 'l resto della prestanza di Giampaulo sia in ordine, secondo che lui scripse ad vostre Signorie: perché non vorrebbe che cotesta cosa lo avessi ad fare sopradsedere.Egli è venuto qui uno mandato di messer Ambrogio da Landriano et mostra che per le spese grande del campo non è rimaso loro uno quattrino et, nonobstante che 'l tempo dell'altra paghetta non sia venuto, vorrebbe danari; èssegli dato buone parole et vostre Signorie risponderanno come ci abbiamo ad governare seco. Referisce costui el campo essere unitissimo et di grande animo et dua volte hanno presentato la battaglia ad li spagnoli et che mai hanno voluto appiccarla.Oltre alle altre provisioni che monsignore di Roano fa in su questa nuova, ha scripto ad quelli capitani che per bandi faccino intendere ad quelli signori del Reame che sono stati spagnoli, come si perdona loro quando e' si accostìno ancora alla parte franzese.Hanno costoro ancora adviso questa mattina come più terre dello Abruzi sono rivoltate, et tanto più desiderano che ' Savelli et Baglioni vadino ad quella volta, et di nuovo pregano che si scriva ad vostre Signorie che le ordinino in modo che per falta' di quello resto della prestanza Giampaulo non abbia ad soprastare, et quanto alla ratificatione che si de' fare, credo se la darà expeditione presto. Alla non occurrunt. Raccomandomi ad vostre Signorie.

%1503 nov 10b, LC$840$Magnifici Domini. Questa mattina scripsi alle Signorie vostre et le mandai sotto lettere del Reverendissimo cardinale di Volterra, le quali per adventura con seco porterà questo medesimo aportatore. Et scrivendo per quelle le nuove del Garigliano, non le replicherò altrimenti; et così parlandovi del duca non mi occorre che dirne, se non che mi pare intendere da questi suoi che si adsetta et ordina forte al partire per alla volta di Romagna, et per adventura farà la via di costà. Et questa sera, sendo in camera del cardinale vostro, venne un suo uomo ad dimandarli una lettera alle Signorie vostre in suo favore per possere passare di costà securo: staremo alla vista et secondo gli andamenti suoi ne advisereno.Comparsono oggi ad mezodì le lettere di vostre Signorie de' 3, 4 et 6, delle quali la più importante era quella de' 6 per contenere le cose in che termine si truovino da la parte di Romagna. Et subito mi transferì ad Palazo et trovai monsignore Reverendissimo di Volterra essere con el papa, et parendomi che la lettera decta fussi tucta comunicabile et da muovere,

la mandai ad decto cardinale per messer Francesco da Castel del Rio, uno de' primi uomini di questo papa; et così, passato alquanto di tempo, usci fuora el cardinale et dissemi tale adviso avere mosso assai el papa et che li expedirà ad ogni modo uno uomo alli vinitiani, et che voleva che io gli parlassi poi domattina in conformità di questo. Et così sendomi tornato allo alloggiamento circa 24 ore, giunse la staffetta vostra delli 8 contenente più el particulare di quelle cose di Faenza; et per l'ora tarda non si è possuto entrare al papa, né al cardinale è parso inculcarlo in uno dì tante volte d'una medesima cosa. Et domattina di grande ora sareno alli piedi di quello ad fare quanto le vostre Signorie commettono per la lettera, et vedreno di ritrarre la mente sua el più che si può; la quale, ad giudicare così discosto, si crede che sia che ' vinitiani se ne abstenghino quando o l'autorità sua o d'altri per lui basti ad farneli abstenere; ma quale di quelli signori che vi hanno parte o piè in quelle terre lui debbe favorire, non si crede che sia ancora resoluto, $841$ma ci sia drento confuso per quelle cagioni che altra volta ho decte, et per essere uomo che in questo principio penserà ad fare una bella festa in questa sua incoronatione sanza darsi molte brighe extraordinarie. Tamen non si mancherà di tastarlo per ogni verso, sì per destarlo contro ad li occupatori di quello d'altri, sì etiam per intenderlo meglio, acciò vostre Signorie possino meglio procedere nelle cose che occorrono. Raccomandomi ad vostre Signorie, quae bene valeant.

%1503 nov 10C, LCMagnifici Domini etc. Questo dì per dua altre mia ho scripto ad vostre Signorie come el duca di Romagna metteva in assetto gente per partirsi, et come egli aveva tracto lettere da el cardinale reverendissimo di Volterra et da Roano et dal papa in suo favore et diritte ad vostre Signorie. E parso ad decto duca che etiam io scriva la presente et facci intendere ad quelle come e' manda un suo uomo proprio costì per trarre un salvocondocto nella forma che per lo allegato exemplo vedranno le Signorie vostre. Io sono stato pregato raccomandi questa cosa alle vostre Signorie et che io le prieghi dieno ad tucto presto expeditione; et chi mi ha parlato per lui mostra el duca essere di buono animo, che quando le Signorie vostre al tucto non si abbandonino di trarre presto quelle terre di mano alli vinitiani et impedire e loro disegni, tanti danari mostra gli sia ancora restati. Bene valete.

%1503 nov 11, LC$842$Magnifici Domini. Iarsera per lultima mia

si dette notitia alle Signorie vostre della giunta della vostra staffetta de' dì 8 et la cagione si dixe perché si differiva ad questa mattina el comunicarla al papa; et avendola comunicata ad sua Sanctità, ancora che con difficultà si potesse discorregli ogni cosa per trovarsi sua Sanctità indisposta, ha mostro dispiacere de' modi tenuti per li vinitiani. Et se avessi di presente forze gagliarde forse la piglierebbe per altro verso; ma per ora disegna mandare uno ad Venetia: $843$né lo vuole deliberare solo né etiam con tucto el Collegio, ma con pochi cardinali di ciascuno ordine, parendoli pure tale deliberatione cosa grave per la consequentia si potrebbe tirare dietro. Sopra ad che, dice, arà deliberato per tucto domani, et per quanto gli pare ora, vuole mostrare di credere che loro si sieno mossi per odio o del duca o d'altri particulari, et non per occupare gli stati della Chiesa, e quali sua Sanctità, come directo signore, vuole avere in mano in ogni modo, potendo, per farne dipoi quello sarà iudicato a proposito secondo la iustitia; et se lo faranno, bene quidem, se non, è per venire ad tucti e rimedi forti et implorare tucti gli aiuti de' principi et non lasciare questa cosa così per niente. Dice ancora volere scrivere ad Ferrara et Bologna et ne parlerà qui con el cardinale da Esti et con el protonotario Bentivoglio. Et per uno rimedio pronto in su quello che se li era facto intendere per la lettera de' 6 dì, ha spacciato un fratello di messer Francesco da Castel del Rio et uno messer Baldassarre Biascia, e quali vadino ad trovare Dionisi di Naldo et con partiti quanti più grossi saprà chiedere, rivoltarlo alla devotione della Chiesa; così tentare quelli altri populi che, per levarsi da periculi imminenti et tòrre ogni uomo da partito, si mettino in mano di sua Sanctità. Et avendo nuove che la reputatione della sua electione ha salvato Fano, gli pare non avere facto poco et spera tanto più nel resto; et dixe che ' vinitiani vi avèno digià mandato gente et bandiere, benché dicessino volerli conservare per la Chiesa.Confortò oltr'a di questo assai vostre Signorie ad fare dal canto vostro el possibile per salvare decti stati in qualunque mani, o ad confortarli et operare venghino in mano sua, acciò ne possa disporre secundum Deum et iustitiam. Mostrossi ad sua Beatitudine quello che si era facto infino ad qui et quanto nettamente et francamente si era proceduto, ma che le conditioni della vostra città non pativono che voi potessi più et che bisognava che sua Sanctità fussi quella che obstassi etc. Non se ne trasse altra conclusione: attenderassi ad sollecitare che questo mandato vadia ad Vinetia et si vedrà parte che fructo arà facto chi è ito ad Dionisio di Naldo; né si lascia qui ad fare cosa alcuna per la quale si possa fare risentire sua Sanctità secondo la intentione delle Signorie vostre. Et monsignore

reverendissimo di Volterra paga senza alcuno respecto $844$molto bene el debito alla sua patria, né cessa di destare Roano et tucti gli altri cardinali che hanno credito con sua Sanctità, e quali et per loro interesse et per interesse della Chiesa ci si affaticano volentieri. Et Roano in particulare ci è caldissimo, ma non promette al presente né gente né altro aiuto, salvo che di lettere; et spera o nella victoria loro o nello accordo che possa seguire almeno con el re de' romani et l'arciduca, fare tornare le cose a' suoi termini et maxime questa.Le Signorie vostre veggono quello che hanno partorito gli advisi loro dati per quelle de' 6 et 8 et replicati poi ad dì 9 che ne ho ricevuto oggi copia. Et perché le Signorie vostre possin meglio discorrere come el papa si possa muovere o che aiuti contro a' disegni veneti si possa avere da lui, io riscriverrò alle Signorie vostre quello che per più mie et in più volte ho decto. Chi considera queste cose di Roma come le stanno, vede che ci si maneggia tucta la importanza delle cose che girono al presente: la prima et più importante è la cosa di Francia et Spagna; la seconda queste cose di Romagna; sonci poi queste factioni de' baroni et il duca Valentino. Tra tucti questi umori si truova il papa, el quale, ancora che sia suto facto con gran favore et gran reputatione, tamen, per essere stato ad sedere poco et non avere ancora né genti né danari et per essere obbligato in questa sua electione ad ciascuno, sendovi ciascuno voluntariamente concorso, non si può in verun modo accollare impresa veruna, anzi conviene di necessità che giocoli di mezo infino ad tanto che e tempi et la variatione delle cose lo sforzino ad declararsi, o che si sia in modo rassettato ad sedere che possa, secondo lo animo suo, aderire et fare imprese. Et che questo sia vero, e' se ne vede lo effecto: perché, cominciandosi dal maggiore capo, sua Sanctità è reputata franzese per affectione naturale, tamen si porta in modo con Spagna nelli intrattenimenti che la non si ha da dolere, né vi si getta ancora tanto che Francia debba adombrare; et e tempi fanno che ogniuno di loro lo scusa. Queste cose di Romagna da l'un canto e vinitiani le premono, da l'altro voi exclamate, et la ragione vuole che le quochino ad sua Sanctità per essere uomo animoso et che desidera la Chiesa accresca et non diminuisca ad suo tempo; tamen come e' se ne governa, le Signorie vostre lo intendono di sopra, et vedete che da l'un lato egli accepta la scusa a' vinitiani mostrando $845$di credere si sieno mossi per odio del duca et non per fare contro alla Chiesa; da l'altro mostra con voi male contenteza et vi provede come in facto e' può al presente. Circa le cose de' baroni, non ci si trovando e capi di scandolo, dura el papa poca fatica ad intractenerli, perché per la parte orsina ci è l'arcivescovo vostro et el

signore Iulio, et per la parte colonnese el cardinale et certi spicciolati che non importano.Restaci el Valentino, al quale si crede che sua Sanctità non voglia bene naturalmente; tamen lo intractiene per dua cagioni: l'una per servarli la fede della quale costoro lo fanno observantissimo et per lo obbligo ha seco, avendo ad riconosciere da lui buona parte del papato; l'altra per parerli anche, sendo sua Sanctità sanza forze, che questo duca possa più resistere a' vinitiani che altri; et per questa cagione e' lo sollecita al partire et li ha facti brevi ad vostre Signorie per passo et salvocondotto, et fa delli altri favori alle cose sua. Tucto questo discorso per altre mia si è accennato; parmi suto necessario declararlo più particularmente al presente perché, aggravandomi quelle che si ritraessi la mente del papa et quello che volessi o potessi fare et quello che volessi che voi facessi, le Signorie vostre lo possino intendere et non stieno ad altra speranza di qua; ma bisogna pensino da loro ad altri modo, o con favorire el duca o con altro partito quando e' ci sia. Et possono fare questo presupposto che 'l papa si abbi ad contentare in questo essere et al presente di tucti quelli fini che aranno le cose di Romagna, pure che le non eschino di mano della Chiesa o de' vicarii di quella.El duca mandò per me oggi et lo ho trovato altrimenti facto non lo trovai l'altra volta, come vi scripsi per le mia de' 6 et 7; et mi dixe molte cose che, riducendole in una, mostra volere fare punto qui et che non si pensi al passato, ma solo al bene comune et a fare che ' vinitiani non s'insignorischino di Romagna, et che 'l papa è per aiutarlo; et dixemi de' brevi tracti, et che bisognaria le Signorie vostre ci pensassino anche loro et li facessino qualche favore et di lui si promettessino ogni cosa. Risposi generalmente et mostrai che poteva confidare nelle Signorie vostre.Parlai dipoi a lungo con messer Alexandro di Francia, el quale mi dixe come forse questa notte futura spaccierebbono uno costì con el breve del papa et altre lettere $846$hanno facto scrivere dal cardinale et me ad vostre Signorie per conto del salvocondotto et che non dubitavono di obtenerlo. Dixe che 'l duca stava ambiguo come avessi ad condursi, né sapeva se si veniva per terra con le sue genti, che fieno circa ad 400 cavalli et altanti fanti, o se si mandava per terra le genti et lui per acqua se ne venissi ad Livorno, et dipoi si congiugnessi con le genti sua in sul dominio vostro; dove potrebbe parlare con qualche cittadino et fermare e casi suoi con voi; ma che non vorrebbe avere ad badare, et vorrebbe trovare e capituli facti discretamente, et non vorrebbe avere se non ad soscriverli. Desiderrebbe che si advisassi ad Livorno che fussi ricevuto, quando pigliassi quello cammino. Risposi che scriverrei ad vostre Signorie et li detti buona

speranza. Potranno le Signorie vostre pensare ad tucto et risolversi, et advisare et prepararsi ad come si vogliono governare seco. Dixemi messer Alexandro che 'l duca, per digestire et adbozare la compositione si avessi ad fare seco, arebbe mandato costì uno, ma non lo vorrebbe mandare di poca autorità, et di grande non lo pò mandare securo; ma come sarà in luogo da poterlo fare lo manderà.Presentoronsi al pontefice le lettere ci avete mandate; ringratiò et offerse etc. Delle nuove mi referisco ad quanto scripsi ieri. Valete.

%1503 nov 13, LC$847$Magnifici Domini etc. Ieri mandai alle Signorie per staffetta spacciata per le mani de' Pandolfini la lettera delli xi responsiva alla di vostre Signorie de' dì 8 venuta medesimamente per staffetta; et per quella vostre Signorie aranno inteso le deliberatione del papa circa le cose di Romagna et tucto quello che si può dire di sua Sanctità in questi tempi. Aranno ancora inteso e disegni del duca, el quale tuctavolta attende ad fare genti et a piè et a cavallo per seguire el cammino suo verso Romagna, et credo che in buona parte egli attende che resolutione abbi di costà; et noi qui seco non possiamo né trattare né praticare alcuna cosa, non sappiendo l'animo né la volontà di vostre Signorie in questa cosa: di che ne ho cerco più volte la opinione loro et non se ne avendo risposta ancora si rimane in aria. El papa una volta è seco, come altre volte si è discorso alle Signorie vostre, tenutovi da le promesse gli ha facte et dal desiderio ha che quelle terre non venghino in mano de' vinitiani. Et pare che sua Sanctità sia volta al tucto ad fare ogni cosa perché e vinitiani non se le inghiottischino; et questo dì credo che fia con 8 o dieci cardinali di quelli che stimono lo onore della Chiesa, per deliberare di mandare uno uomo ad Vinegia, come per la delli xi si dixe; et pare che sua Sanctità non si diffidi di non avere quelle terre, che ' vinitiani hanno prese, nel $848$le mani, et crede esserne al tucto compiaciuto. Et chi lo consiglia lo mette in su questo traino, che facci ogni opera per esserne possessore, mostrandoli che potrà poi deliberarne secondo che richiederà lo onesto etc.Ho conferito con monsignore reverendissimo di Volterra quanto vostre Signorie rispondono sopra le cose di Citerna. E tuctavia dreto ad San Giorgio per condurre la cosa; ma dove e' credeva possere fare un baratto con lui d'una delle sue, San Giorgio non ne vuole fare nulla, ma ne vuole 200 ducati, perché dice averneli trovati da altri. Non vorrebbe monsignore predecto che si avessi ad fare questa spesa, tamen non sa, volendo fermare la cosa, come la si possa fuggire, perché San Giorgio gli ha facto intendere che se non delibera fra oggi o

domani di volerla, che se ne andrà a' piè del papa ad farli intendere come Citerna, che tocca ad lui per sorte, è suta occupata da' fiorentini, et ne farà querela. Et però si va intractenendo, et piglierassi quello partito che monsignore giudicherà migliore pure che la cosa si addormenti, perché avendo ad riprendere altri in questi tempi, bisogna tòrre via l'occasione di potere essere ripreso da altri.Iarsera solennemente el pontefice prese la possessione del Castello et vi ha messo per nuovo castellano el vescovo di Sinigaglia, et el castellano vechio se ne è partito, et si dice con promesse di essere cardinale.Scripsi alle Signorie vostre per la mia de' x le nuove ci eran della passata che ' franzesi avevono facta in sul Garigliano; non ci è poi da loro altro adviso. Vero è che iarsera ad nocte ci fu lettere in certi colonnesi che sono qui come, avendo passato el Garigliano circa ad 4000 fanti franzesi, Consalvo, che si trovava con lo exercito qualcuno miglio discosto, non posseva avere impedito loro lo scendere per certe acque che erano ingrossate fra Consalvo et loro; ma essendo abbassate decte acque, Consalvo si caricò loro addosso et non avendo le fanterie franzese cavalli, furno ributtate da un certo bastione avevono facto, et, rotte, parte ne erano suti morti, et parte erano gittatisi nel fiume et annegati. Questa nuova è suta tracta fuora da questi colonnesi et siamo oggi ad 23 ore et non ci è innovato altro; et e franzesi non la credono, dicendo che le fanterie loro che erano passate, erano guardate da le artiglierie che e franzesi avevono in su la proda del fiume di qua, et in su el fiume in barce: tale che li spagnoli $849$non possevono appicarsi con loro. Bisogna che 'l tempo chiarisca questa posta, et quanto sintenderà tanto scriverrò ad vostre Signorie.Siamo ad ore una di nocte et della nuova sopradecta non ci è innovato altro, né in pro né in contro; et li cardinali non sono suti oggi con el papa per le cose di Romagna; credo vi saranno domattina.Mando questa per le mani di Piero del Bene, che mi dice che per adventura spaccierà uno questa notte. Valete. xiii novembris

%1503 nov 14, LC$851$Magnifici Domini. Ieri fu l'ultima mia, la quale mandai questa mattina per le mani di questi Del Bene et dixi quanto allora occorreva. Restami per la presente significare alle Signorie vostre come iarsera et questo giorno ancora sono stati insieme con il papa, Roano, duca, Volterra, questi cardinali spagnioli et el cardinale di Ferrara per concludere la partita del duca; et insomma si è concluso che ne vada per acqua in termine di dua o 3 dì ad Portoveneri o ad la Spetie et di quivi per la Carfagniana ne vadia ad Ferrara, et le sue genti, che fieno ut aiunt, 300

cavalli legieri et 100 uomini d'arme con 400 fanti, ne vadino per terra costà per Toscana alla volta di Romagnia et faccino capo ad Imola, la quale dice tenersi per lui, dove lui da Ferrara si trasferirà; et di quivi attenderà alla recuparatione dell'altre cose con le sua forze et con quelle iudica esserli date da voi, da Roano, dal duca di Ferrara et Giovanni Bentivoglio; et dicemi Volterra che nel ragionare insieme di tali aiuti, il papa lo serve di brevi et patenti quante ne vuole, sanza mettervi altro di suo. Roano gli ha promesso che ad minus Montison lo verrà ad servire con 50 lance; non si sa già se le li fieno attenute. Esti disse che credeva che suo padre' non li mancherebbe. Volterra dice che arebbe auto caro avere inteso lo animo et voglia di vostre Signorie in questo caso et che si maraviglia voi non abbiate mai scripto come si abbi ad procedere seco; et sendo forzato ad ragionare qualche cosa in nome delle Signorie vostre, dixe che una volta le Signorie vostre erano per fare ogni cosa perché quelle città non andassino in mano de' vinitiani, et quando elle giudicassino che, favorendo el duca, ella fussi la via, non dubitava punto che vostre Signorie non li prestassino ogni $852$aiuto; ma che egli era necessario, nel venire ad questi particulari, sapere che aiuti et che forze el duca aveva, per considerare se, adgiunto alle sue forze quelle delle Signorie vostre, le bastassino ad fare lo effecto disegnato; et che li era bene che 'l duca mandassi costì un suo ad farsi intendere et exporre tucte le predette cose. Quello che fa stare Volterra anbiguo sopra le cose del duca, oltre al non sapere la mente di vostre Signorie, è che lui medesimo non si resolve se fussi ad proposito avere il duca vicino et signiore di 3 o 4 di quelle città, perché se lo uomo se ne potessi promettere come di amico, et che altri non dubitassi che li avessi ad mancare altrui sotto, sarebbe el reintegrarlo di quelli stati cosa utilissima; ma, conosciuto la natura sua periculosa, dubita forte che voi non ve lo potessi mantenere et così ne succedessi quel medesimo inconveniente che se i vinitiani ne fussino signiore; vede preterea le Signorie vostre obbligate ad queli che sono entrati et queli populi essersi scoperti inimici del duca in modo che si può dubitare che favorendo il duca, i vinitiani non conseguissino più presto el desiderio loro. Queste cose tucte fanno stare Volterra anbigua et ad me è parso bene referire alle Signorie vostre questo discorso acciò che le Signorie vostre possino dipoi iudicare con la solita prudentia loro e meriti di questa cosa.Ad questo ragionamento et conclusione non era presente alcuno per Bolognia, ma il duca si prometteva da loro ogni aiuto. Et così, in su questa compositione, si partirno: cioè che il duca ne andassi ad la via detta et Esti ne andassi ad Ferrara per sollecitare, etc., et

che Roano scrivessi ad Montison per lo effecto decto di sopra et Volterra scrivessi ad vostre Signiorie et facessi intendere tucto. Restò la cosa così et secondo questo ordine il duca debbe partire presto. Non sa già Volterra se lo farà, per parerli avere trovato il duca vario, inresoluto et sospettoso et non stare fermo in alcuna conclusione: o che sia così per sua natura o che questi colpi di fortuna lo abbino stupefacto et lui, insolito ad assaggiarli, vi si aggiri drento.Trovandomi io dua sere fa in quelle stanze dove si posa el duca Valentino, vi vennono gli ambasciatori bolognesi, et fra loro era el protonotario de' Bentivogli. Et tucti entrorno al duca, dove stettono per spatio di più d'una ora; et pensando io che possessino avere facta qualche compositione insieme, andai oggi ad trovare el protonotario $853$de' Bentivogli sotto colore di visitatione. Et entrato dopo qualche ragionamento ne' casi del duca, mi dixe come erano iti ad trovarlo chiamati da lui, el quale aveva facto loro intendere che gli quiterebbe dello obbligo facto lo anno passato; et che giunti là et chiamato el notaio per stipulare el contracto, el duca chiedeva, al riscontro di tale annullatione di obbligo, certi aiuti particulari in questi suoi affari di Romagna; et non li volendo loro fare per non ne avere alcuna commissione, lui etiam non volle annullare quello obbligo, et la cosa rimase sospesa. Soggiunse el protonotario che 'l duca aveva preso la fallace perché doveva uscire liberale in tale annullatione et non volere più stare in sul tirato, perché ad ogni modo loro non sono per darliene mai un soldo. Dixemi ancora che avendo auto di tal cosa ragionamento con el cardinale di Euna, el cardinale gli aveva detto che 'l duca gli pareva uscito del cervello, perché non sapeva lui stesso quello si volessi fare, sì era adviluppato et inresoluto. Domandalo se gli erano per favorirlo in alcuna cosa: rispose che lo entrare e vinitiani in Romagna importava tanto che, quando favorire el duca fussi el rimedio ad obstare loro, che credeva suo padre et quel dominio essere per aiutarlo et fare ogni cosa. Né altro ritrassi da lui, né mi è parso fuora di proposito scrivere alle Signorie vostre questo ragionamento.Delle cose del campo s'intende che li spagnuoli assaltorno con tucte le forze loro quelli che erano passati el Garigliano, et infine e franzesi con el favore dell'artiglieria si difesono galiardamente et morì da ogni parte assai uomini; et sono rimasi e franzesi signori della ripa et di tucto el fiume, et attendono ad fare quelli dua ponti per passare tucti grossi et forti: che Iddio ne li favorisca. Altro non ci è da conto se non che domenica s'incorona el papa in Sam Piero et domenica ad 8 in Sancto Ianni et fassi la festa trionfale. Et nondimanco la peste ci rinforza et ci diventa una stanza molto trista, perché e tempi

et la straccurataggine et ogni cosa la augumenta. Raccomandomi ad Dio et alle Signorie vostre quae bene valeant.

%1503 nov 16, LC$859$Magnifici Domini. Scripsi ad dì 14 ad vostre Signorie la alligata, et per non ci essere suto dipoi alcuno spaccio non si è ancora mandata, né so etiam quando la potrò mandare per non ci avere ordine alcuno. Occorremi per questa fare intendere alle Signorie vostre come non prima che oggi sono stati insieme con el papa Napoli, Roano, Capaccio, Lisbona, Raona, San Giorgio, Volterra' et 3 o 4 altri cardinali de' più antichi et di quelli ad chi lo onore et libertà ecclesiastica è più ad quore; et hanno per lungo spatio consultato sopra le cose di Romagna et concluso di mandare uno ad Vinegia, et hanno deputato el vescovo di Tiboli, el quale partirà subito con commissione di fare opera che quella Signoria discedat ab armis et che la metta in mano del papa quanto ha preso. Deliberorno che si mandassi un altro in Romagna che fussi uomo bene qualificato, et si volgevono ad tòrre el vescovo di Raugia, ma, non se ne essendo bene resoluti, dettono, questa cura ad Volterra, el quale questa sera di nuovo è ito al papa, ma per essere lora tarda, non ho possuto aspectare d'intendere chi si aranno deliberato. La commissione sua sarà di fare, pro posse, sedare quelli tumulti et ingegnarsi di fermarli et ridurre le cose più ad benifitio della Chiesa si può. Vedesi in ogni cosa questo pontefice essere al tucto volto ad salvare quelli stati per la Chiesa, et non manca chi ve lo tenga su disposto. Et monsignore reverendissimo di Volterra non dorme in questo, come non fa in tucti e casi che riguardano al bene universale di cotesta città, et $860$non resta di essere continuamente alli piedi di nostro Signore per mantenerlo et disporlo più ad quello che per sé medesima sua Sanctità è inclinata. Sollecita ancora questi signori cardinali reverendissimi, mostra loro l'ambitione d'altri et li periculi della libertà loro, né manca di fare tucto quello che le Signorie vostre lo potessino ricercare o advertire. Di che mi è parso fare fede alle Signorie vostre, acciò che quelle intendino di che sorta et di quale autorità procuratore elle hanno in questa corte, et ne faccino quello capitale che meritano le virtù sua grandi et la affectione sua grandissima verso la patria sua.Non voglio mancare di significare alle Signorie vostre come intendo che 'l papa si è doluto cordialmente collo oratore vinitiano de' modi loro, dicendo che non arebbe mai creduto che li vinitiani avessino tanto poco a grado e piaceri che lui ha sempre facti ad quella patria, che cercassino disonorare et dismembrare la Chiesa in suo pontificatu; in che quando e' perseverassino, era per deporre ogni vinculo di

amicitia et ruinare ogni cosa prima che patire che la Chiesa si disonorassi et smembrassi et che convocherebbe tucto el mondo contro di loro. A che dice l'oratore veneto avere resposto umanissimamente etc. Ritraggo da monsignore de' Bentivogli, el quale dice averlo auto da lo oratore vinitiano, come e vinitiani hanno facto 8 ambasciadori per dare la obbidienza ad questo pontefice; et giudica che sia loro tracto per sapere che simili fummi et dimostrationi di onori sono mercantie da esserne tenuto qui conto et, da farne stima et da valersene con questo pontefice. Emi parso scriverlo acciò che se fussi vero vostre Signorie pensino di non essere superate, in cerimonie almeno; et quanto prima verranno gli 'mbasciadori vostri, tanto fieno più accepti et più profitto faranno, perché monsignore Reverendissimo di Volterra non può portare dua personae in modo che non dia carico ad una; et però è bene anticipare.Di campo ci è come al tucto e franzesi sono signori del Garigliano et non dubitono più di esserne cacciati; ma non sono iti ancora innanzi per certa illuvione di acqua che è suta di natura che la ha allagato parechi miglia di paese. Dicono che Consalvo si è ritirato tra Sessa et Capua.Giovampaulo scrive non potere cavalcare con le sue genti, per non avere ancora auti e danari di costì, et dice avervi mandato un suo uomo, di che Roano si è un poco $861$alterato; et ànno mutato proposito et lo vogliono mandare in campo et non più nello Abruzi, come avevono deliberato l'altro dì; credesi sia perché Bartolomeo di Alviano si debba essere coniuncto con li spagnoli et che per questo e franzesi si voglino anche loro dare questa reputatione di rinfrescare el campo di gente, ancora che Bartolomeo et gli altri Orsini, come si dice, non abbino condotto molte genti in là, perché tuctavia fanno gente; et ad Viterbo sento che ne è da 25 delli uomini d'arme di Bartolomeo detto che aspectono danari per ire avanti; et così da ogni parte le difese et l'offese vanno adagio.Del duca Valentino non si può dire altro alle Signorie vostre che io mi dica per la alligata; solo che per ancora ci sono le sue genti et la persona sua non è partita; et sta la cosa nel medesimo essere che 2 dì fa, perché si dice fra dua o 3 dì partirà, come si diceva allora; et per tutta Roma si dice che viene in costà per essere vostro capitano; et ogni dì esce fuora de' casi sua simili novelle. Raccomandomi alle Signorie vostre, quae bene valeant.Avevo lasciato indreto di dire alle Signorie vostre come l'ultime lettere che io ho da quelle sono delli 8 dì; et come la peste fa molto bene el debito suo et non perdona né ad case di cardinali né ad alcuno dove la torna bene; et con tucto quello non ci è chi ne faccia molto conto. Iterum valete.

%1503 nov 18, LC$863$Magnifici Domini. Non avendo possuto mandare prima le dua allegate de 14 et 16, verranno con questa, acciò che quelle intendino ordinariamente come le cose procedino $864$qua. Né sono per potervi promettere più solleciti advisi, non potendo obbligare questi mercanti ad fare se non quello che pare loro; et quando le mie lettere mi parrà che soprastieno, farò come al presente di pigliare partito ad mandarle con spesa.Ieri mattina di buona ora comparsono le vostre lettere de' 13 et 14; et prima, qualche 4 ore avanti, erano venute quelle de' dieci et xi; ad queste dua non accade risposta perché stavano ancora in quello tempo vostre Signorie sospese sopra la risposta della loro delli 8 dì, et alle altre dua ancora non molto occorre che dire, avendo vostre Signorie ricevuto la staffetta mia de' xii et visto diffusamente in che termine si truovino queste cose et quali aiuti voi possiate sperare: alla quale lettera io mi referisco di nuovo et di più ad quello che per le alligate si scrive. Parse nondimanco ad monsignore reverendissimo di Volterra che io fussi di nuovo a' piedi del papa et li leggessi gli advisi vostri per vedere quello che di nuovo sua Sanctità dicessi, et anche per dirli la opinione vostra delle cose del duca, et di tucto ritrarne lo animo suo. Fecesi opera che io li parlassi et non mi posse' condurre alli suoi piedi prima che ad 3 ore iarsera, et li lessi quelle parti della lettera che sono a proposito che sua Sanctità intendessi, et giugnendo ad quella parte dove dite che messer Octaviano da Campo Fregoso era venuto in campo con cavalli et fanti mandati dal duca d'Urbino, sua Sanctità si alterò et dixe: "Questo duca sarà qui fra dua dì, io lo metterò in Castello; "; dipoi stette ad udire el resto con grande attentione et inteso tucto, dixe che era obligato alle Signorie vostre che li ricordavono quello che fussi lo onore della Chiesa, et apresso operavono etc.; et che, quanto a lui, faceva et farebbe el possibile, come sapeva monsignore reverendissimo di Volterra, et che aveva mandato uno ad Vinegia ad fare intendere lo animo suo, et manderebbe un altro in Romagna et di buona qualità per confortare quelli signori et quelli populi et redurre ad devotione sua chi se ne fussi discostato. Io soggiunsi quello mi parve ad proposito et non ne ritrassi altro, et si vede che fa quello può, come per altra si è detto. Entrai poi ne casi del duca et dissi la cagione perché non li avete concesso el salvocondotto; disse che la andava bene così et che ne era d'accordo con voi et alzò el capo. Vedesi per questo quello di che si dubitava prima, che li $865$paressi mirarmi di levarsilo d'inanzi et vadane nondimanco in modo satisfacto di lui che non possa dolersi della observanza della fede et ancora, occorrendo di potersene valere nelle

cose di Romagna ad qualche suo proposito, non si chiudere al tucto la via di potere usarlo. Ma quello che voi o altra terza persona facci contro del duca, non se ne cura. Et raccolti tutti li andari del papa, come altra volta si è accennato ad vostre Signorie vedesi che li ha in disegnio che quelle terre gli venghino in mano, et fassi da vinitiani, mandando là etc. Et se questo non li riesce, tenterà di entrarvi per via d'un altro che le abbi in mano et forse crede che il duca, quando si vegga abbandonare da voi, li abbia ad concedere quello tanto li resta in mano; et crede, come li riesce avere alcuna di quelle terre, che l'altre abbino ad succedere facilmente. Questi si crede sieno e disegni suoi; et li governa come veggono vostre Signorie, et la resistenza che si fa per le Signorie vostre costà contro a' vinitiani conviene li sia gratissima.Le Signorie vostre vedranno per la alligata de' 14 la conclusione che si era facta fra el papa et el duca et quelli altri cardinali, il che tucto fu facto et concluso come se ne è poi visto la experienza per dare pasto et per spignierlo allo andarsene; che si vede el papa desidera che ne vadia.Avendo auto el duca lettere di costì che li significavono come vostre Signorie non li avèno concesso el salvocondotto, mandò ad chiamarmi in modo che, parlato che io ebbi al papa, mi transferi' da lui. Dolsesi sua Signoria che 'l salvocondotto gli fussi suto negato, dicendo che aveva inviato digià e suoi cavalli, stimando che fussino ricevuti in sul dominio di vostre Signorie, et voleva partire lui sotto speranza che 'l salvocondotto lo avessi ad trovare ad ogni modo et che non aspectava questo, et non vi sa intendere, avendo da l'un canto paura che quelle terre non vadino in mano de vinitiani, et dall'altro chiudendo la via ad li aiuti; et che per adventura potrebbe pigliare ancora partito che vostre Signorie ne sarebbono disfacte; et benché e' conosciessi lo accordarsi lui co' vinitiani essere periculoso, tamen che la forza ve lo indurrebbe et che trovava partiti grandi da loro, e quali volea pigliare et entrarvi in luogo che vi offenderà infino al quore. Io gli risposi che 'l salvocondotto non li era suto $866$negato, ma che gli era stato facto intendere che le vostre Signorie volevono sapere come avevono ad vivere con sua Signoria et saldare prima seco et terminare la amicitia, come si conviene fare ad dua che voglino vivere chiari et observare l'uno all'altro, et che vostre Signorie non erano use ad andare né temerariamente, né tumultuosamente in alcuna loro cosa, et non volèno cominciare ora; et per questo egli era bene che mandassi costà una persona pratica et informato della intentione sua, et che si credeva che vostre Signorie non mancherebbono di fare quello che fussi utilità loro et il bene delli amici loro. Rispose che era in sul partirsi et che aveva inviate le genti et

voleva montare in acqua et che arebbe desiderato, avanti la sua partita, essere chiaro di quello che posseva sperare da voi. Risposi che si scriverrebbe questa mattina ad vostre Signorie in diligentia et darebbesi notitia ad vostre Signorie come sua Signoria aveva inviate le genti et come e' mandava uno uomo, et che si pregherebbe le Signorie vostre dessino ricapito ad decte genti; intanto el suo uomo comparirebbe, parlerebbe con le Signorie vostre et che io non dubitavo punto che non si concludessi qualche cosa di buono; il che detto suo mandato gli posseva significare dovunque e' fussi. Rimase in qualche parte contento et replicò che se le Signorie vostre gli andavono claudicando sotto, di che sarebbe chiaro fra 4 o 5 dì, tanto che questo suo uomo andassi et scrivessi, dipoi si accorderebbe co' vinitiani et con el diavolo, et che se n'andrebbe in Pisa, et tucti e danari et le forze et amicitie che li restono, spenderebbe in farvi male. L'uomo che lui ha deliberato che venga è un messer Vanni, suo allevato, et doveva partire questa mattina, ma siamo ad ore 18 et non ho inteso di sua partita. Non so se si arà mutato di proposito. Doveva ancora el duca, secondo che li era rimaso ieri con Roano, partirsi questa mattina et andare alla volta della Spetia, secondo l'ordine primo et disegna menare seco in nave et in su e suoi legni 500 uomini fra suoi gentili uomini et fanti, et non s'intende ad questa ora che sia partito; non so se vorrà aspectare prima di assicurarsi in qualche parte di voi. Al duca si è risposto nel modo che vedete solo per darli un poco di speranza, acciò che non avessi ad soprastare et che il papa non vi avessi per questo ad forzare di dare el salvacondotto. Le Signorie vostre, venendo $867$lo uomo del duca, potranno trastullarlo et governarsene come parrà loro, considerando così quello che inporta el taliare la pratica come el concluderla. Le genti a cavallo lo sono venute in costà sotto Carlo Balioni et sono 100 uomini d'arme et 250 cavalli leggieri; faranno le Signorie vostre d'intendere di loro essere, et parendo a vostre Signorie operare che le si svaligino in qualche modo, lo potranno fare quando paia loro a proposito; et poi che si è inteso la mente di vostre Signorie, si procederà con il duca secondo la loro intentione et le Signorie vostre non mancheranno di scrivere se altro occorressi.Comunicornosi con Roano le lettere vostre et con altri cardinali, né si manca per monsignore reverendissimo di Volterra del possibile per destare et advertire ogni uomo come nella alligata de' 16 si narra, et tucto quello che non si condurrà di qua sarà colpa de' tempi et non perché e' non sia ricordato et sollecitato. Roano ancora, circa la securtà del duca, disse che voi facessi la comodità vostra et dell'altre cose mostrò dolersi et si strinse nelle spalle.

Questa mattina ricevemo dipoi le vostre de' xv, alle quali non occorre risposta altrimenti.Le cose di Citerna si vanno intractenendo per le cagioni che per la de' 13 si dixe; ingegnerassi dar loro presto expeditione et con più vantaggio si potrà.Di campo non ci è poi altro, né può essere stando questi tempi, perché, sendo allagato intorno al Garigliano, né li spagnoli possono fare empito contro a' franzesi, né e franzesi possono ire avanti.La incoronatione si è differita ad domani ad octo dì.Pagolo Rucellai mi fa intendere avere in arbitrio suo la tracta del sannitro et, volendo vostre Signorie per suo mezo più una cosa che un'altra, desidera li sia facto intendere.Siamo ad ore 21 et una ora et 1/2 fa comparse la vostra de' 15 per staffetta, significativa in quale extremo periculo le cose di Romagna sono reducte; et perché ieri si parlò a lungo con la Sanctità di nostro Signore et perché oggi monsignore di Volterra è suto seco, è parso differire ad domani conferire la lettera, per non infastidire sua Sanctità, giudicando maxime che la non avessi ad fare altro fructo, né che 'l papa possa fare altro che scrivere et mandare; et tucto ha facto et in Romagna credo manderà $868$el vescovo di Raugia che partirà subito. Raccomandomi ad vostre Signorie.

%1503 nov 19, LC$869$Magnifici Domini etc. Ieri scripsi alle Signorie vostre et la mandai per staffetta con dua altre mia de' 14 et 16: intenderanno per quelle vostre Signorie quanto è occorso circa le cose del duca, el quale questa notte si è partito et ito ad Ostia per imbarcarsi come el tempo lo servirà, el quale questa mattina si mostra buono et potrà servire ad lui et anche a' franzesi; e quali non per altro sono fermi in sul Garigliano che per la trista compagnia che hanno facto loro le acque, di modo che lo exercito loro et così quello delli spagnoli hanno lasciato guardato certi bastioni che li hanno alle frontiere l'uno dell'altro, et tucto el resto dello exercito si è diviso et alloggiato, ogniuno di loro, per casali et luoghi vicini per possere stare al coperto. Et se questo tempo s'indiriza, come pare abbi facto questa mattina, potrà ciascuno di quelli campi entrare nelle factioni sua et l'uno tentare d'ire avanti et l'altro ingegnarsi di resistere; come di tucto saranno advisate le Signorie vostre quando s'intenda.Ma per ritornare al duca Valentino, e' se ne è, col nome di Dio et con satisfactione di tucto questo paese, come di sopra si dice, andato ad Ostia, et dua dì fa o 3 inviò le sua genti per terra ad cotesta volta, che sono circa 700 cavalli, come lui dice. Et quando el tempo lo servirà, monterà in acqua con 400 o 500 persone per irne ad la volta della Spetie, secondo è

rimaso qua, et per andare poi ad quello cammino che nella mia de' 14 si dixe. E da dubitare che non sia adombrato in su e casi di vostre Signorie et che non si getti ad scaricare ad Pisa, come mi accennò l'ultima volta gli parlai, nel modo che io scripsi per la mia di ieri alle Signorie vostre; et quello che me ne fa dubitare è che quello uomo si rimase mandassi costì, non mi ha facto motto, secondo rimanemo insieme, perché aveva ad avere lettere et patenti per sua securtà; donde io dubito che pensi non avere ad travagliare più con voi. Vedrò di ritrarne el vero et di tucto vostre Signorie saranno advisate.Comparsono, come iarsera si dixe, le vostre de' 15 per staffetta et questo dì se ne è ricevute le copie tenute ad $870$dì 16, né si è possuto oggi, per diligentia si sia usata, essere al papa; non passerà domani ad nessun modo vi sareno et si farà quello ofitio che si conviene in benefitio della patria et etiam della Chiesa, tractandosi dello interesse suo. Lessesi la lettera ad Roano: vedesi che queste cose gli dolgono infino alla anima, tamen si ristringe nelle spalle et facilmente si excusa non ci avere per ora rimedio; accenna bene che o pace o victoria che nasca, delle quali ne spera una in ogni modo, di fare tornare le cose ne' sua termini, et promette alle cose vostre securtà d'ogni tempo; né si vede di potere da sua Signoria sperare altro. Et pare che conosca queste cose in modo per sé stesso che si offenda ad ricordarliene; et pure dua dì fa, da monsignore di Ciamonte governatore di Lombardia, gli fu mandata una lettera che l'oratore franzese che è ad Vinegia gli aveva scripta, la quale significava appunto lo animo de' vinitiani quale egli era et le preparationi facevono per Romagna, et li disegni loro dove andavono et ad che fine tendevono, dicendo non che altro che la 'ntentione loro era, occupata Romagna, assaltare le Signorie vostre sotto pretesto de' fiorini 180 mila debbono avere: et con questo assalto debilitare el re di forze et di reputatione, rispecto alle genti et danari delle quali voi lo servite, et parte domare la Toscana et accrescere lo 'mperio loro. Mandò Roano questa lettera ad monsignore di Volterra et mostrò gustarla et farne caso. Tamen non si concluse altro se non che bisognava aspectare el fine dell'armata loro, nella quale sperano ogni bene quando e tempi et l'acque non le impedischino lo ire avanti. Raccomandomi ad vostre Signorie, quae bene valeant.

%1503 nov 20, LC$871$Magnifici Domini. Io scriverrò brevemente quello che occorrerà poi che ad dì 18 si spacciò la staffetta ad vostre Signorie, riserbandomi ad altra mia ad scrivere più particularmente; et fo questo acciò che alla giunta di messer Ennio, mandato dal duca et apportatore di questa, vostre Signorie sappino

più appunto le cose di qua. El duca partì ier mattina di qui et ne andò ad Ostia, et s'imbarcherà con circa 400 o 500 persone, come si dixe, per alla volta della Spetie come si scripse per altra; et credo, sendo el tempo racconcio, si partirà questa notte da Ostia. Et tre dì fa mandò le sue genti per terra alla volta di Toscana, che sono, secondo lui, circa 700 cavalli; et essendosi imbarcato et avendo inviato per terra le sue genti sanza alcuna conclusione di vostre Signorie, per ordine nostro, per quelle cagioni che per la de' 18 vi si scripse, manda ad vostre Signorie messer Ennio, presente apportatore. El quale ha lettera del cardinale alle Signorie vostre per satisfarli et non per altro, perché il papa et Roano arebbe per male, non ch'altro, quando si dessi al duca el salvocondotto secondo el parlare che fanno et e cenni loro. Et tornando bene ad vostre Signorie seguire el disegno et animo de' predetti, lo posson fare sanza respecto; et quando el tempo vi avessi facto mutare sententia, la venuta di costui vi servirà benissimo della quale voi vi varrete secondo la solita prudentia vostra.Mostrossi questa mattina la lettera di vostre Signorie de' 15 et replicata de' 16 al papa: alterossi grandemente et dixe, recando in poche parole il tucto, che era nuovo nella sede et che non poteva governare questa cosa secondo lo animo suo, ma che farebbe quello potessi ora, et per lo advenire farebbe molto più: et che domattina faceva cavalcare el vescovo di Tiboli ad Vinegia et fra dua dì manderebbe el vescovo di Raugia in Romagna, el quale farebbe la via di costì con commissione di parlare alle Signorie vostre. Et benché sua Sanctità avessi deliberato aspectare risposta dal vescovo, voleva mandare ad Vinegia avanti procedessi più là; tamen, veduto la insolentia loro, era deliberata convocare gli oratori delle nationi et $872$farli risentire di questo et narrare loro el suo animo et querelarsi delle iniurie venete. Et in summa concluse non essere per perdonare ad alcuna cosa et che intanto le Signorie vostre seguissino nella difesa, ringratiandole di quello facevono. Rispose monsignore reverendissimo di Volterra secondo la solita prudentia sua et io soggiunsi quello mi parve; né altro se ne ritrasse. Attenderassi, come si è facto infin qui ad non mancare di ricordare ad lui et alli cardinali el bisogno come richiede el debito, et di continuo si terranno advisate vostre Signorie di quanto occorrerà.Questo dì entra in Roma el duca d'Urbino.Del campo de' franzesi non s'intende altro. Sperasi, se questi tempi si fermano, come hanno cominciati ieri et oggi, che seguiteranno nella factioni loro più facilmente. Valete.

%1503 nov 20, LCMagnifici Domini etc. Per la alligata di ieri

si scrive alle Signorie vostre quanto è occorso dopo l'ultime mia de' 18 et si dixe non essere ieri possuti essere alli piedi del papa ad comunicarli la staffetta di vostre Signorie de' 15 tenuta a 16. Fumoci questa mattina alla presentia del reverendissimo monsignore di Volterra et lessi la lettera ad sua Beatitudine; dipoi si soggiunse per il cardinale quanto era conveniente et io per ordine di sua Signoria dixi quanto era ad proposito. Sua Beatitudine mostrò avere dispiacere grande di queste cose et dixe che non era per restare ad fare alcuna cosa per onore della Chiesa et che aveva mandato uomini in Romagna et manderebbene di nuovo di maggiore autorità: perché aveva disegnato vi andassi el vescovo di Raugia, et ad Vinegia mandava el vescovo di Tiboli, e quali solleciterebbe alla partita. Et benché $873$avessi deliberato, avanti procedessi più là, aspectare risposta da Vinegia per ire più iustificato et essere più chiaro dello animo loro, tamen in su tali advisi voleva ire qualcosa più avanti et scrivere a principi et protextare qui alli loro ambasciadori et cominciare ad uscire di cirimonie con loro. Dipoi chiamò in testimonio di questo suo animo monsignore reverendissimo di Volterra che era presente et ad me impose che io confortassi vostre Signorie che per sua Sanctità non si resterebbe ad fare alcuna cosa per la libertà della Chiesa et securtà delli amici di quella et di chi volessi bene vivere; et che e' se gli avessi compassione se in su questi principii lui non si mostrava altrimenti vivo, perché gli era contro ad sua natura, forzato da la necessità, non avendo né genti né danari. Dixe che 'l duca d'Urbino sarebbe questa sera in Roma et che ordinerebbe che e vinitiani non si valessino né di lui né di suo nome, suo paese o gente etc. Replicossi quanto era conveniente, né se ne trasse altro; né etiam per ora in qualunque evento se ne può sperare altro; solo si può sperare in una cosa et questo è nella natura sua onorevole' et collerica, che l'uno lo accenderà, l'altro lo spingerà ad operare contro ad chi volessi disonorare la Chiesa in suo pontificatu et vedesi che ' vinitiani, conosciendola, pensono di addormentarlo et di satisfare ad questa sua natura per un'altra via, mostrandoli di volere essere suoi buoni figlioli et volere, nonché la Romagna, ma tucto el dominio loro lo ubbidisca; et vedete che hanno facto octo oratori alla ubbedienza, cosa a loro nuova né facta ad altro fine che ad questo; et vedesi che se ne fanno belli qua et empionsene la boca per tucta questa corte, mostrando prima la grande allegrezza se ne fece in Vinegia et la electione facta dipoi per onorarlo et che lo vogliono per padre, protectore et defensore, et faranno conto con questi modi di vedere se lo potessino addormentare et volgerlo a loro propositi; et non si vergogneranno di farsi in demostratione come servi di questo pontefice

per potere poi comandare ad tucti gli altri. Così si giudicono queste cose qui et io lo ho voluto dire alle vostre Signorie acciò, se ad quelle occorressi farci remedio, lo polsino fare; et penseranno se fia bene non essere vinto d'umiltà et di cerimonie, poiché di potenza et di fortuna non possete camminare loro appresso.Messer Agabito et messer Romolino, uomini già del $874$duca Valentino, ma rimasi qui per non partecipare della sua cattiva fortuna, mi hanno facto intendere come el duca, quando parti da Roma et ne andò ad Ostia, ordinò che ad Firenze venissi messer Ennio vescovo di... et suo uomo, per praticare et fermare qualche buono accordo con le Signorie vostre, secondo che li aveva ragionato meco ultimamente; et che volendo per securtà di detto messer Ennio lettere da me et patenti dal cardinale di Volterra, non mi avevono mai trovato ieri, et però mi pregorno che io fussi con monsignore reverendissimo et ordinassi dette lettere, le quali come avessi aute, lui partirebbe per costì. Fui con el cardinale, et parendoci a proposito che costui venissi per le ragioni dette nella mia de' xviii, el cardinale scripse una lettera alle Signorie vostre et li fece una patente di passo alli amici et subditi di vostre signorie; et io scripsi una lettera alle Signorie vostre contenente sotto brevità quello che nella alligata et in questa si contiene acciò che, giugnendo messer Ennio costì avanti ad queste, vostre Signorie intendessino dove si trovassino le cose di qua et ne potessi deliberare. Et come per quella vi si dixe et etiam per la altra de' diciotto, tucti e favori gli ha facti il papa, Roano et questi qua sono suti perché si vada con Dio quanto prima melio. Et però le Signorie vostre hanno el campo libero da pensare sanza alcuno rispecto quello che fa per loro; et di nuovo vi dico che se vostre Signorie giudicassino per qualche nuovo accidente essere bene el favorirlo etc., vi si possono volgere, ancora che 'l papa arà più caro se li dia la pinta`. Una volta le conditione sua sono queste: che si truova nella dispositione sopraddetta con costoro; et la persona sua è ad Ostia et aspecta tempo per ire alla Spetie, cavalcherà cinque legni et arà seco 500 persone, né si sa se si è ancora partito; partirà forse questa notte servendolo el tempo. Ha mandato le sue genti darme per terra ad cotesta volta, et da sanesi et Giampaulo non ha altra fede che si abbi da le Signorie vostre, tale che ciascuno qui si ride de' casi sua. Vedrassi dove il vento porterà lui et come le sue genti capiteranno, et così quello che deliberranno le Signorie vostre.El duca d'Urbino è entrato questa sera in Roma con gran triomfo et la famiglia del papa et tucte quelle de' cardinali gli sono ite incontro; dice per alcuno che sarà capitano di Sancta Chiesa. $875$Dello exercito de' franzesi non ho che scrivere ad vostre Signorie:

rapportomi alla alligata; et essendo questo di ancora buon tempo, si crede, quando e' duri così, che vadino avanti et che non possi essere loro impedita la via. Raccomandomi ad vostre Signorie, quae bene valeant.

%1503 nov 21, LC$877$Magnifici Domini etc. Per le alligate di ieri et avanti ieri vostre Signorie intenderanno quanto sia seguito dopo l'ultime mia de' 18 dì mandate ad vostre Signorie per staffetta et per le mani de' Pandolfini; il che repricai ieri brevemente per una scripsi et la detti ad messer Ennio, uomo del duca Valentino et mandato da lui ad vostre Signorie per la causa che per la de' 18 si dixe; la quale lettera mandai per sua mano acciò che arrivando costì prima che queste mia, vostre Signorie intendessino in che termine fussino le cose et potessi meglio deliberare sopra la venuta sua.Comparsono iarsera ad 21 ora le vostre de' 17, per le quali s'intendeva Faenza essere alla extrema untione; et per non mancare del debito, monsignore reverendissimo di Volterra mandò al pontefice le lectere, le quali, come referì el secretario di sua Sanctità, alterorno assai sua Beatitudine. Et come prima questa mattina si fece dì, el papa mandò per monsignore reverendissimo di Volterra, et dolendosi seco de' modi de vinitiani, lo domandò quali $878$remedii gli occorrevono. Rispose sua Signoria che a lui pareva, veggiendo ire questo malore avanti, che li rimedi disegnati da sua Sanctità non bastassino, et che bisognassi fussino più potenti et che si facessi subito cavalcare el legato della Marca et facessisi un altro legato in Romagna, cardinale et uomo buono et di riputatione, che stimassi lo onore della Chiesa, el quale avessi commissione di tenere in fede quelli che servissino alla Chiesa et ridurvi quelli che non servissino; facessi appresso chiamare li 'mbasciadori di tucte le nationi, fra ' quali ancora fussi quello di Vinegia, et alla sua presentia si querelassi delle iniurie facte alla Chiesa et ricercassi consiglio et aiuto; scrivessi oltr'a di questo brevi per tucto conformi alle parole avessi usate ad decti oratori; et li ricordò che papa Clemente aveva tratto loro di mano Ferrara, che era suta occupata da loro, et che papa Sixto, suo predecessore et padre, aveva convocata loro contro tucta Italia. Et nonobstante questi nuovi rimedi, li pareva da non lasciare indreto e vechi, et fare cavalcare Tiboli et Raugia per mantenere et fermare l'altre terre quando Faenza fussi spacciata. Parvono ad sua Sanctità e consigli di monsignore reverendissimo buoni et veri, tamen non si risolve ad usarli ancora, dicendo non gli parer tempo da irritare e vinitiani così presto, et che voleva seguire quel suo primo ordine di mandare Tiboli et Raugia, et vedere se ' venitiani d'acordo le ponessino in sua

mano; né pare che ne sia al tucto alieno da crederlo et che vi abbi ancora buona speranza, nonobstante avessi detto ieri volere chiamare li oratori et protestare; et aspetta di avere qùalche risposta da coloro che mandò ad Dionigio di Naldo, de' quali non si è ancora inteso cosa alcuna. Né monsignore di Volterra possé persuaderlo ad altro, et pare ad sua Signoria vedere el papa da l'un canto malcontento et d'animo di rimediare quando gli paia el tempo, da l'altro lo truova più respectivo et più freddo nelle provisioni che non si converrebbe, né possé per questo fare altra conclusione seco. Rimandò dipoi el papa circa ad ore 17 un'altra volta per monsignore predetto et gli disse come questa notte non aveva mai possuto dormire per queste cose di Faenza et di Romagna, et che aveva pensato se fussi bene ritentare el duca Valentino se voleva mettere in mano di sua Sanctità la roca di Furlì et le altre forteze o luoghi gli fussino rimasi in Romagna, con promissione di restituirliene, pensando che $879$fussi meglio vi fussi drento el duca che li vinitiani; et ricercò monsignore di Volterra detto se piglierebbe questa fatica di andare infino ad Ostia ad trovare il duca per concludere seco questo accordo. Acceptò monsignore reverendissimo di fare ogni cosa che paressi ad sua Sanctità, et el papa rimase di farliene intendere se si deliberassi ad questo: et li commisse che in quel mezo parlassi con Roano et vedessi dove lo trovassi volto et come disposto in queste cose. Questo disegno che 'l duca Valentino rimettessi in mano del papa quelle terre con obbligo di averle ad riavere fu praticato più dì sono et il duca ci conscendeva, ma il papa non volle acconsentirvi, dicendo non era per rompere fede ad persona, et non si contentando che vi fussi signore, non ci voleva attendere. Ora vi si è gittato, quando e non muti proposito, constretto da quelle necessità sapete, e et pensa che questo rimedio sia el più potente ci sia et el più scusabile ad lui co' vinitiani, non li parendo ancora a proposito scoprirsi inimico loro. Fu richiamato di nuovo monsignore reverendissimo di Volterra da sua Beatitudine in su la ora del desinare et lo tenne ad desinare seco et stette con sua Sanctità infino presso ad 24 ore; et referiscemi el prefato monsignore el papa avere mandato uno ad Ostia per vedere se 'l duca Valentino è partito, et, non essendo partito, lo facci fermare; et domattina di buona ora monsignore lo andrà ad trovare, et alla ritornata s'intenderà la conclusione arà facta; et quando e sia partito bisognerà non pensare più ad questo rimedio. Referiscemi ancora come e' sono stati in su la speditione del vescovo di Raugia, el quale viene governatore di Bologna et di tucta la Romagna con commessione di fare ogni cosa per recare ad ubbidienza della Chiesa quelle terre et trarle di mano a' vinitiani; ha ad fare capo

alle Signorie vostre et ringratiare quelle per parte del papa delle opere fatte infino ad qui et consigliarsi con loro se debbe fare capo o ad Faenza o ad Furlì o per che altra via entrare in Romagna; et usare e consigli vostri et valersi di ogni altra cosa di vostre Signorie. Partirà o domani o l'altro.Circa Citerna et li dugento ducati scripsi etc., le Signorie vostre vorrebbono intendere la cagione del pagamento et la utilità che ne seguirebbe. Rispondo la cagione del pagamento essere che queste roche sono divise fra e cardinali, et perché chi vi entra, se li ha ad tenere 20 $880$provigionati, ne tiene 10, si viene ad guadagnare el resto, perché è per 20 pagato da la Camera; trovono e cardinali chi le compera da loro et per questa cagione San Giorgio, trovando della roca di Citerna 200 ducati, non la vuole dare per meno, et credo bisognerà sborsagli ad volere ridurre ad fine la cosa. Ma quanto alla utilità che se ne cavi etc., pare necessario volendo farsi defensore de la Chiesa, non aparire raptore de le cose sua, né ci è il più atto modo che questo, perché se si contenta San Giorgio, sopirà la cosa per uno anno, fra el quale tempo si doverrà trovare qualche rimedio. Questo è il disegno facto qua, et se li andrà dreto, nonobstante che San Giorgio sia rinculato et non si lasci intendere, pure non si obmette l'observarlo et le Signorie vostre intanto ne risponderanno.Desiderano intendere oltr'a di questo le Signorie vostre come procedono le cose di qua et che iuditio et che coniectura se ne facci. Parevami infino ad qui avere scripto in modo che, recandosi vostre Signorie in mano le mie lettere, giudicavo vedessino una storia di tucte le cose di qua; et ridicendole brevemente: circa el papa, mi rimetto di nuovo ad quanto ne scripsi per la mia delli undici, parendomi che sua Santità sia legata in quelli medesimi obblighi et rispecti che allora si dixe; quanto al duca Valentino arete visto dipoi quello che si è scripto et quello che queste tre lettere dicono de' casi sua, sopra che vostre Signorie giudicheranno el fine suo et delle cose sua secondo la solita prudentia loro. Quanto ad Romagna non posso ancora dirvi altro che per queste et per l'altre ho scripto vi si dica, dove vostre Signorie veggono e modi del papa et di Roano et li termini de' vinitiani et in facto et in demostratione, et come la sorte fa che ' franzesi non si possono risentire et il papa conviene che mostri credere loro; tale che le Signorie vostre, stantibus terminis, non possono sperare che ' franzesi o papa adoperino contro ad vinitiani gente o danari, et hanno ad fare fondamento sopra ogni altra cosa che sopra e danari o gente d'altri. Quanto allo exercito delli spagnoli et de' franzesi: e franzesi si truovono avere guadagnato el Garigliano in modo che gli sta per loro, né gli spagnoli posserno

proibire loro lo scendere in su la ripa di là, né dipoi ne gli hanno possuti cacciare. Et chi dice le qualità delluno et dell'altro exercito, dice quello che per altre si è scripto et che comunemente $881$ogniuno confessa: cioè che li spagnoli, per essere inferiori di forze, non possono comparire ad giornata con loro, ma si ritraggono dreto ad passi et luoghi forti, come si è prima visto ad San Germano et ora al Garigliano, che, cacciati d'in su la ripa del fiume, si sono ritirati in drento forse un miglio, et quivi con nuove tagliate et bastione hanno facto di nuovo obstaculo a' franzesi; né e franzesi sono possuti ire più avanti per la malignità del tempo: perché, essendo quelli luoghi bassi et paludosi et piovendo tuctavia, sono stati constrecti, così li spagnoli come e franzesi, lasciare guardati quelli bastioni hanno ad le frontiere l'uno dell'altro, et il resto delli exerciti spezare et ridurre in casali et luoghi vicini, sendo difeso l'uno et l'altro da le acque et dal tempo, el quale, se ieri pareva racconcio, questo dì ha messo tanta acqua, et in forma che si dubita non duri un pezo. Patisce l'uno et l'altro campo di strame et vettuvaglie, ma patiscie più chi è in luogo più consumato come sono e franzesi, il che è per fare loro villania quando non possino ire innanzi; tamen la forza del danaio che è ne' franzesi è per fare loro un gran gioco, et per adverso per fare danno ad li spagnoli che ne mancono. Credesi Bartolomeo d'Alviano essere accozato con li spagnoli et non però con molta giente. Roano ad l'incontro ha mandato in campo e Savelli et gente di Giovan Giordano. Tengonsi mali serviti di Giampaulo per non avere cavalcato quando gliene comandorno et lo sollecitorno. Io non saprei, raccozato ogni cosa insieme, fare iudicio dello evento di costoro; possonne vostre Signorie fare coniectura quanto ogni altro. Dirò solo questo: che universalmente si dice, considerate tucte le predecte cose, che da lato de' franzesi è più danari et migliore gente, et da lato de' spagnoli è più governo et più fortuna. Raccomandomi ad vostre Signorie. $884$Postscripta. Nel parlare che si farà di revocare le nostre genti di qua potrai, faccendosene difficultà per trovarsi in facto etc., con la medesima dextreza introdurre che, non avendo necessità grande di Giovan Paulo, lo concedessino ad noi per servircene di qua; et vuolsi ancor questo tractarlo dextramente.

%1503 nov 22, LCMagnifici Domini etc. Questo dì ad 20 ore partì monsignore reverendissimo di Volterra per andare ad Ostia per lo effecto che per le alligate si dice; è ito seco el cardinale Romolino et non ci fieno prima che domandassera; et quello che aranno operato si farà intendere alle Signorie vostre. Et le presenti m'ingegnerò mandare con uno spaccio

che è per partire, il che quando non si possa, spaccierò una staffetta in ogni modo. Bene valete.

%1503 nov 22, LCMagnifici Domini. Io scrivo questi pochi versi alle Signorie vostre in mia raccomandatione, sappendo con quale confidentia io possa raccomandarmi ad quelle. Io ebbi al partire mio trentatrè ducati; spesine circa tredici per le poste, come ne mandai conto ad Nicolò Machiavegli collega vostro; ho speso in una mula 18 ducati, in una veste di velluto 18 ducati, in uno catelano undici, in uno gabbano dieci, che fanno 70 ducati; sono in su l'osteria con dua garzoni et la mula, ho speso ciascun dì dieci carlini et spendo. $885$Io ebbi da le Signorie vostre di salario quello che io chiesi, et chiesi quello che io credetti stessi bene, non sappiendo la carestia è qui; debbo pertanto ringratiare le Signorie vostre et dolermi di me; tamen, conosciuto meglio questa spesa, se ci fussi remedio io ne prego le Signorie vostre; pure, quando el salario non si possa accresciere, che almeno le poste mi sieno pagate come le furno sempre pagate ad ciascuno. Niccolò Machiavegli sa lo stato mio et sa se io posso sostenere un disordine così facto; et quando io potessi, li uomini si affaticono di questa età per ire innanzi et non per tornare indreto. Raccomandomi di nuovo ad vostre Signorie, quae felices valeant.

%1503 nov 23, LC$887$Magnifici Domini etc. Ieri mandai alle Signorie vostre per le mani di Giovanni Pandolfini et sanza spesa quattro lettere de' 19, 20, 21 et 22, et per l'ultima dixi della partita di monsignore reverendissimo di Volterra per ire ad Ostia ad quello effecto che per la de' 21 significai alle Signorie vostre. Comparsono dipoi questa notte passata le vostre de' 20 significative della perdita di Faenza; donde come prima fu giorno, questa mattina ne andai alla camera di messer Francesco di Castel del Rio, che è el primo uomo che sia appresso ad questo pontefice, et li lessi la lettera di vostre Signorie; lui mi dixe che queste cose di Romagna non possevono essere più ad quore ad sua Sanctità et per questo simil nuove non lo potevon più offendere. Et pure essendo necessario che le 'ntendessi, li pareva da pigliarne buona occasione, et mi si fece lasciare la lettera, la quale gli lasciai volontieri per parermi da ogni parte ad proposito che sua Sanctità la intendessi; et giudicando che fussi bene dare questa nuova ad quelli cardinali che si son mostri più favorevoli alla Chiesa in questo caso, parlai con Ascanio et Capaccio. Ascanio mi mostrò averne auto ancor lui nuove et mi dixe che era per fare ogni opera in benifitio della Chiesa

etc. Capaccio mi usò molte grate parole verso le Signorie vostre; vero è che dixe parerli che vostre Signorie avessin facto uno errore in queste cose di Romagna, et questo è avere favorito quelli signori che di nuovo sono entrati in quelle terre, perché o le dovéno starsi et non alterare quelli stati, o, volendoli alterare, farlo in nome della Chiesa et sotto el mantello di quella et non in nome d'altri; et così non arebbono dato occasione a' vinitiani di venire contro et pigliare le armi, e quali dixe che non si scusavono al papa con altre ragioni se non con queste, et mostravono non avere preso $888$l'armi contro alle terre della Chiesa per occuparle, ma per deviare che ' fiorentini, sotto colore di quelli nuovi signori, non le occupassino.Le Signorie vostre sanno che io avevo el campo largo ad iustificare questa cosa, sendomi trovato costà ad ogni ragionamento et movimento facto per voi, et tucto si narrò ad sua Signoria reverendissima. Mostrò rimanerne capace, tamen concluse che li era bene non avere dato ad li vinitiani tale occasione; pur, poiché la cosa era qui, dixe che bisognava pensare alli remedii et che per quanto si aspectava a lui, non era per lasciarne alcuno indreto et parevagli vedere quel medesimo animo nel papa, et narrommi e rimedi facti di mandare Tiboli et Raugia etc. Parlai ad Roano dipoi, el quale mi dixe che io facessi intendere el medesimo al papa et che per lui era per fare el possibile per securtà di vostre Signorie et libertà et onore della Chiesa. Mandò in quel mezo per me Castel del Rio, che avea mostro la lettera al papa; et mi dixe che sua Sanctità ha tanto dispiacere di queste cose quanto si potessi immaginare et che non era per lasciare indreto alcuna cosa, come sapeva monsignore reverendissimo di Volterra, el quale ad altro effecto non era cavalcato ad Ostia, et che alla sua ritornata si penserebbe etiam se ci fussi da fare nessuna altra provisione più viva, et tucto si farebbe. Io feci el debito mio con costui et così con quelli signori cardinali; tamen iudico manco necessario el mio ofitio in questo caso, quanto e mi pare che monsignore reverendissimo di Volterra, come più volte ho scripto alle vostre Signorie, non lasci né ad ricordare né ad operare cosa veruna che si convenga ad chi ama la sua patria et il bene universale. Et se e provedimenti et li rimedii non sono conformi alli ricordi suoi, né tali quali el bisogno ricerca et vostre Signorie desiderrebbono, se ne ha ad incolpare la malignità de' tempi et la cattiva sorta delli impotenti. Bisogna dunque aspectare la ritornata di decto monsignore et vedere quale conclusione s'è facta, et se in su questa nuova el papa o Roano penseranno ad uscire di passo.Siamo ad 24 ore et non essendo ancora tornato monsignore reverendissimo credo che differirà ad domani. Né voglio mancare di dire alle Signorie vostre quello che s'intende dire

publice, et io lo scrivo perché lo ho pure ritracto da uomo grave et che ne può intendere facilmente el vero; et questo è che, sendo venuto stamani di buona $889$ora un messo al papa mandato da quelli cardinali che andorno al duca, che li significava come el duca non voleva mettere le forteze in mano del papa, sua Sanctità, crucciata in su questo adviso, aveva mandato ad arrestare decto duca et farlo ritenere per suo prigione, et aveva scripto subito ad Perugia et ad Siena et dato commissione nell'uno et nell'altro luogo che quelle genti del duca che erano venute ad cotesta volta, fussino svaligiate. Non so se questa cosa fia vera; chiariremocene allo arrivare di monsignore reverendissimo et di tucto vostre Signorie saranno advisate. Quae bene valeant. Rome.

%1503 nov 24, LCMagnifici Domini etc. Per la alligata di ieri, responsiva alla di vostre Signorie de' venti, quelle intenderanno el seguito di quel dì. Comparsono poi questa mattina le vostre de' 21 con la copia de' capituli facti tra e faventini et li vinitiani; et avendo inteso in quello stante come monsignore reverendissimo di Volterra era tornato, mi transferi' da sua Signoria et li lessi le lettere et li capituli: et notato bene el contenuto di epse, prima, quanto al poscripto dove vostre Signorie mostrono avere presentito che ' vinitiani faccino queste imprese di Romagna con consentimento del papa, mi dixe averne più volte ragionato con Roano et dubitatone, veggiendo le sue tarde provisioni, tamen, parlandoli poi et veduto nel modo che se ne risente, non lo possono credere. Et così quanto allo adviso dato di quelli che sono iti ad Imola, dixe o che le Signorie vostre non erano sute advisate del vero, o chi era ito aveva ingannato el papa, perché chi andò non ebbe commissione di parlare per altri che per la Chiesa. Andrassi nondimeno dreto all'una et all'altra cosa, et ritraendone $890$cosa di momento ne fieno vostre Signorie advisate. Lessesi dipoi la lettera ad monsignore di Roano et mostrornosi loro e capituli; et essendo in camera sua a caso lo mbasciadore dello 'mperadore, el quale da parechi giorni in qua ha frequentato molto el venirvi, fu chiamato ad udire la lectera et li capituli. Risentissene assai Roano et lo ambasciadore detto, et l'uno et l'altro usorno parole gravi et velenosissime contro a' vinitiani, accennando che questa loro mossa potrebbe de facili essere la ruina loro. Et veramente e' si vede qua uno odio universale contra di loro, in modo che si può sperare, se la occasione venissi, che sarebbe loro facto dispiacere; perché ogni uomo grida loro addosso, et non solamente quelli che tengono stato per loro, ma tucti questi gentili uomini et signori di Lombardia subditi del re, che ce

ne è assai, gridano nelli orechi ad Roano, et se non si muove per ancora, nascie da quelli respecti che le Signorie vostre intendono: e quali, o per pace o tregua che nascessi o per migliorare altrimenti le conditioni loro, potrebbono cessare. Et fassi in summa questo iuditio, che la impresa che ' vinitiani hanno facta di Faenza, o la sarà una porta che aprirrà loro tucta Italia, o la fia la ruina loro.Discorse monsignore reverendissimo di Volterra, con quella prudentia et dextreza che suole in ogni cosa, e periculi che correva cotesta città et il disagio che la pativa per non avere le sue genti ad dipresso; et che posseva, conosciuta l'ambitione de' vinitiani, facilmente surgere cosa per la quale noi non solamente aremo bisogno delle genti nostre, ma di quelle del re per defenderci da questa ambitione de' vinitiani, e quali, mentre che pigliavono le cose della Chiesa, minacciavono quelle di vostre Signorie. Alterossi Roano in su tali parole terribilmente, giurando sopra Iddio et l'anima sua che se ' vinitiani facessino una tale disonestà, che 'l re lascerebbe tucte le sua imprese di qualunque importanza le fussino, per venirvi ad defendere, et che le Signorie vostre stessino di questo di buona voglia etc. Parve ad monsignore di Volterra di non andare più avanti con le parole, giudicando che per ora bastassi averliene detto el averlo advertito di quello potrebbe nascere.Transferimmi dipoi alli piedi di nostro Signore, dove era alla presentia monsignore reverendissimo di Volterra, et li lessi la lettera di vostre Signorie et li capituli, et $891$monsignore soggiunse quello gli parve ad proposito. Rispose sua Beatitudine quello che ha decto altre volte se li è parlato: che era al tucto disposto ad non sopportare che fussi facto questa iniuria alla Chiesa et che oltre allo avere mandato Tiboli et volere mandare Raugia per fare intendere in Romagna et ad Vinegia lo animo suo, et averne facto ritirare gli uomini del duca d'Urbino, et scripto et comandato a' Vitegli, aveva per torre via ogni ansa a vinitiani di questa impresa che dicevono venire contro al duca et alle Signorie vostre, scripto ad vostre Signorie che levassino le genti et comandatolo ancora alli vinitiani; et così aveva ordinato del duca quello sapeva Volterra. Et starebbe ad vedere quello dipoi e vinitiani facessino; et non desistendo, né restituendo, si accozerebbe con Francia et con lo imperadore et non penserebbe ad altro che alla distructione loro, et trovavaci tucti questi potenti dispostissimi. Et replicando monsignore reverendissimo di Volterra che ' venetiani dicevono volere tenere quelle terre et darne el medesimo censo che quelli signori, ad che credevono che sua Sanctità conscendessi facilmente, rispose che non la intendeva così lui, perché vi voleva uomini che ne potessi

disporre.Le Signorie vostre considerranno per le parole del papa et per li provedimenti che fa lo animo suo et quello che sia dipoi per succedere di quelle cose; et aranno auto el breve da sua Santità, che rimuoviate le vostre genti di quelle terre, perché così ha scripto ancora a' vinitiani per le ragioni soprascripte. Non si sa quello faranno e vinitiani alla auta del breve: potranno le Signorie vostre observarli et governarsi dal canto loro secondo la loro solita prudentia. Et per concludere alle Signorie vostre quale animo sia quello del papa, si vede, come altre volte si è detto, è di volere in mano sua et in suo arbitrio tucte quelle terre; et per questa cagione mandò quelli reverendissimi cardinali ad Ostia; donde ne è nato che non volendo il duca condescendere a darle, il papa lo ha fatto arrestare, come per la allegata si dice; et pare che sia di animo il papa di volere quelle terre, et assicurarsi della persona del duca: el quale duca sta ora ad posta del papa, perché è sopra le galee del re padroneggiate dal Mottino. Non si crede li facci altro male per ora, né si intende per certo che il papa abbi mandato ad svaligiare le genti che sono venute per terra, ma si crede che la natura $892$farà per se medesima, venendo in costà sanza salvacondotto di persona.El papa s'incorona domenica proxima, et per questo possono le Signorie vostre fare muovere gli oratori ad ogni loro posta. Et monsignore reverendissimo di Volterra ricorda che quanto prima tanto meglio, conosciuta la natura del papa, perché dice che sua Beatitudine mostra desiderarli, et non li darà noia che venghino innanzi ad quelli de' genovesi, et li spedirà prima, se prima verranno; et mi ha commesso monsignore detto che io conforti vostre Signorie ad sollecitarli perché sanza più incarico delle Signorie vostre se ne adquisterà grado grande.Del campo non si può dire altro che quello dicessi per la mia de' 21, perché questi tempi li sono contrariissimi; et se vanno procedendo così fieno forzati ad ritirarsi in qualche luogo ad le stanze et forse si potrebbono spiccare da le frontiere l'uno dall'altro con qualche accordo. Di che dà qualche speranza la trega facta in Perpignana per sei mesi, di che debbono essere appieno vostre Signorie advisate. Valete.

%1503 nov 25, LCMagnifici Domini. Perché le Signorie vostre non desiderino mia lettere et anche perché le intendino in quanti modi varii sieno passate queste cose del duca Valentino et dove le si truovino al presente, mando alle Signorie vostre le alligate in diligentia per le mani di Giovan Pandolfini, el quale, veduto quanto male servono le staffette, delibera mandare uno

proprio. Parte ad ore 22 et le Signorie vostre lo faranno rimborsare, secondo lo adviso di Giovanni; et avendo scripto, poi che io sono qui, ogni dì una lettera et al più lungo de dua dì l'uno, mi duole dopo molti disagi et periculi et extrema diligentia et expesa più grave che non sopporta né el salario che vostre Signorie mi danno, né la facultà mia, essere incolpato di tardità, in modo che non passerà mai tre dì, quando gli straordinari non mi servino, che io spaccierò uno ad posta alle Signorie vostre, ancora che la cattiva via et le poste strache faccino che altrui sia etiam da loro male servito. Altro non ci è che quello mi abbi scripto, et el papa s'incorona domattina, come dixi. Et mi raccomando alle Signorie vostre.

%1503 nov 26, LC$895$Magnifici Domini etc. Ieri per le mani di Giovan Pandolfini, che spacciò uno ad posta, mandai alle Signorie vostre tre mie lettere de' 23, 24 et 25, le quali contenevono quanto in quelli tre dì era seguito qua et quello s'intendeva in questo luogo delle cose che al presente travagliono, et vi dixi come il duca aveva facto oggimai tucti gli atti suoi et trovavasi ad posta del papa, el quale vuole ad ogni modo quelle forteze che tiene in mano, et adsicurarsi de la persona sua. Non si sa ancora bene se detto duca è ancora im su' legni ad Ostia o se li è fatto venire qua. Parlasene oggi variamente: vero è che mi ha detto uno che trovandosi iarsera a due ore in camera del papa, vennono dua da Ostia, et subito fu licentiato ogniuno di camera; et stando così nell'altra stanza li trapelò ad li orechi come costoro portavano che il duca era stato gittato $896$in Tevero come lui aveva ordinato. Io non lo approvo et non lo niego; credo bene che quando non sia, che sarà, et vedesi che questo papa comincia ad pagare e debiti suoi assai onorevolmente, et li cancella con la banbagia del calamaio; da tucti nondimeno gli sono benedette le mani et li fieno tanto più, quanto si andrà più avanti. Et poiché li è preso, o vivo o morto che sia, si può fare sanza pensare più al caso suo; tamen intendendone alcuna cosa più certa, vostre Signorie ne fieno advisate.Oggi si è incoronato col nome di Dio la Sanctità del nostro Signore papa Iulio et ha dato la benedictione ad tucto el populo molto divotamente, et tucta Roma è stata oggi in festa; et giovedì, piacendo ad Dio, andrà ad Sancto Ianni, et quando el tempo non lo servissi, si riserberà ad altro dì festivo che sia bel tempo. El vescovo di Raugia, che aveva ad venire in Romagna, ha voluto vedere questa incoronatione; non so se vorrà vedere quest'altra festa avanti che parta: adviseronne le Signorie vostre quando e' partirà, et, quanto al sollecitarlo, credino le Signorie vostre, come altre volte ho scripto, che non se

ne lascia ad fare nulla, et per chi sapete che ha più autorità di me.E' franzesi et gli spagnoli sono ne' medesimi termini che io dixi alle Signorie vostre per la mia de' 21 et se ne ha quella medesima speranza che allora dixi, perché, avendo continuato el male tempo, non possono avere facto altro; vero è che venne ieri uno di campo che era partito dua dì davanti et era mandato da quelli capitani franzesi ad fare intendere ad Roano che fra 8 dì volèno passare avanti ad ogni modo et fare un facto o guasto, se dovessino andare sotto acqua et nel fango ad gola; davono buona speranza di avere ad vincere et intendo che Roano ha dato loro la briglia in sul collo et raccomandatogli a Dio. Stareno ad vedere che seguirà et pregherreno Iddio che dia victoria ad chi rechi salute et pace alla cristianità et alla città vostra. Giudicasi che ' franzesi faccino questo impeto ad disavantaggio perché, sendo più deboli di fanterie et non si seccando el fango o per tramontane o altri venti che traessino, e cavalli, co' quali e' son più potenti, non si potranno maneggiare: et così la loro parte più galiarda fia impedita, et quella che è più galiarda delli spagnoli fia expedita. Tamen si debbe credere che tanti uomini da bene che vi sono per la parte di Francia stimino la vita et che l'intendino quello che si fanno.Comparsono questa mattina le copie delle vostre de' 20 $897$et 21 et questa sera ne ho ricevute dua de' 22 et 24. Farassi intendere ad Roano la paga facta ad Giampaulo et cosa se li comunicherà la lectera circa le cose di Romagna; et non si farà questo prima che domattina, ché per essere dì sacro questo d'oggi non è parso sturbarli con alcuna faccienda. Maravigliomi bene che a 24 dì vostre Signorie non avessino ricevute le mie de' 19, 20, 21 et 22, le quali ad dì 22 si mandorno per uno corrieri che era spacciato in Francia: credo che ad ogni modo e' sarà adrivato, et vostre Signorie per questa continuatione di lettere scripte da 16 dì ad questo giorno, vedranno che moti sieno quelli del papa et di Roano in su questi movimenti de' vinitiani. Et in effecto el papa crede possere trarre loro di mano quelle terre amicabilmente et Roano spera possere frenare in brevi la insolentia loro. Et per ora non si vede che costoro dua sieno per sborsarsi altro che monitioni et minacci o per lettera o ad boca, et quelli fieno di quella caldeza che veggono le Signorie vostre. Dixi alle Signorie vostre per la mia de' 24 come monsignore reverendissimo di Volterra mi dixe sopra el motivo di vostre Signorie, se il papa consentiva a' vinitiani le cose facte o no, averne più volte parlato insieme lui et Roano et concluso non possi essere, fondatosi sopra le parole ha usato quando se liene parla; et non lo avendo per uomo doppio, ma più tosto rotto et impetuoso, ne stanno di buona voglia. Hammi dipoi detto di nuovo detto monsignore di Volterra, come fra le altre volte Roano un dì

strinse il papa sopra ad questo capitolo, mostrando desiderare dintendere l'animo suo, per sapere come si avessi ad governare il re di Francia, et che il papa si era riscaldato et alterato, et con iuramenti gravissimi affermato essere contro ad sua voglia et che ogni uomo lo 'ntenderebbe, et voleva rimediarci, et con simile parole non si poté più ingegnare di mostrarsene malcontento. Credono questi cardinali in parte ad questa cosa et stannone in buona parte securi, nonobstante che sia qualcuno altro di buona qualità che dubiti che costui, per essere papa fra l'altre cose che li ha promesse, abbi promessa questa ad ' vinitiani etcetera. Raccomandomi ad le Signiorie vostre, que bene valeant.

%1503 nov 27, LC$898$Magnifici Domini etc. Ieri scripsi la alligata significativa di quanto era seguito quel giorno. Restami fare intendere ad vostre Signorie come si è comunicato al papa, per mezo di Castel del Rio, le vostre de' 24; et in summa non se ne ritrae altro che una ferma dispositione ad volere che le cose tornino ne' luoghi loro, et attende ad trarre di mano al duca quelle forteze che tiene, del quale duca io non verifico in tucto quanto per la alligata si scrive, solo che li è ad Ostia ad stanza del papa. Et mi è detto che iarsera tornò messer Gabbliello da Fano et messer Michele Romolino da Ostia, et avèno ferme le cose con detto duca, cioè che lui dessi le forteze in mano del papa d'accordo et che 'l papa gli dessi qualche ricompensa; et che el Romolino si gittò alli piedi di sua Sanctità piangendo et raccomandandolo; quello ne seguirà s'intenderà alla giornata. Una volta el papa crede, entrando in quelle forteze, possere poi meglio potere volgere il viso a vinitiani; et crede che quelli populi sieno più per aderirli qualunque volta veghino qualche bandiera della Chiesa ritta in su quelle terre.De' franzesi non si può dire altro che per l'alligata si dica, et questo tempo pare indirizato; non so se si durerà. Raccomandomi alle Signorie vostre:

%1503 nov 28, LC$900$Magnifici Domini. Ieri scripsi alle Signorie vostre, et avanti ieri; et l'una et l'altra mandai per le mani di Giovan Pandolfini et sanza costo. Restami significare ad vostre Signorie come questa notte andò tucta la guardia del papa ad Ostia per condurre qui el duca Valentino, secondo dicono alcuni, et secondo alcun altri non solamente per condurlo, ma per assicurarsene meglio, perché vennono iarsera advisi al papa come e' si era ritirato in su certi sua galeoni con le sue genti, et che se non vi si mandava forze, che se ne andrebbe. Donde nacque che fece cavalcare la

guardia, et questa mattina ad buona ora cavalcò Castel del Rio; et siamo ad 24 ore et non sono ancora tornati. Essi detto per Roma oggi che si era fuggito; pure questa sera si dice che lo hanno in mano. Comunque e' si sia, s'intenderà meglio domani, et una volta si vede che questo papa la fa seco ad ferri puliti. Et per adventura la lectera che io scripsi ad vostre Signorie ad dì 26 si potrà verificare il tucto; vedesi che i peccati sua lo hanno a poco a poco condotto alla penitenza: che Iddio lasci seguire el meglio.Raugia parti ieri et passerà di costì, come per altra si $901$dixe, et in fatto si governerà secondo li ordinerete, et la structione sua è suta fatta da Volterra; è bene suto advertito dal papa che si governi costì sì cautamente, che non dia sospecto a vinitiani di parere uomo vostro. Ho detto questo acciò che vostre Signorie possino procedere cautamente et prudentemente seco.Tornò ieri uno uomo di quelli che nel principio el papa aveva mandato in Romagna, et referisce la Chiesa avere in Imola et in Furli poca parte, perché dubitano non essere rimessi sotto Madonna, et che 'l duca è desiderato in Imola, et che 'l castellano di Furli è per tenersi forte et tenere fede al duca fino che sa che viva. E dispiaciuta questa relatione al Papa, tamen si rifida sopra questa andata di Raugia et ne aspecterà il fine.Del campo non vi ho che dire altro che quello vi se ne è scripto ultimamente.Giampaulo ci si aspecta fra 8 dì. Raccomandomi ad vostre Signorie, quae bene valeant.

%1503 nov 27, LCVolterra mi ha oggi conferito come essendo iarsera ad ragionare con Roano le cose che girono et ragionando di questo adcordo che va attorno fra questi tre re, Francia, Spagna, imperatore, mostrava Roano di desiderarlo assai per avere adfaticato questo anno el regnio et sperare con ogni poco di riposo possere entrare dipoi in ogni grossa inpresa. Et in modo ragionò efficacemente di questo che si può vedere che sia per calare ad questa pace etiam con suo disavvantaggio. Disse ancora come Roano mostrò che in su tale pace l'imperatore passerebbe in Italia ad ogni modo; et repricandoli Volterra come in simili accordi et passaggi che avessi ad fare l'imperatore bisogniava che il re di Francia avessi ad mente li amici et li salvassi, rispose $902$che questo si farebbe in ogni modo prima che l'altre cose, perché non volevano per nessuno conto lasciarsi smembrare la Toscana. Vero è che essendo l'imperatore povero, et volendo passare onorevolmente, bisognerebbe che voi concorressi ad servirlo di qualche danaio, che non sarieno molti, et che questo era necessario fare sanza manco. Lasciossi nel parlare Roano uscire di boca che ' predetti tre re in questo

accordo si dividerebbono Italia, affermando nondimeno che sotto l'onbra del re di Francia voi vi avessi ad salvare et esserne di melio. Né Volterra mancò in questo ragionamento de lo ofitio suo et in somma ritrasse quanto si dice di sopra, il che, se si concluderà, non fia prima che Roano si fia abboccato con lìimperatore in questo suo ritorno. Et è parso darne quella notizia costì che se ne ha qui, adciò che, nel passare che farà Roano, voi possiate metterli a dipresso qualche cittadino che aiuti le cose vostre et sappi circa che e' si abbi ad tentarlo.Dovete ancora intendere come lo 'mbasciadore dell'imperatore fu questa mattina con Volterra, et li disse come l'oratore veneziano lo era el dì davanti andato ad trovare et da parte de' suoi signiori si era ingieniato persuaderli quanto quella Signioria amava l'imperatore et quanto la desiderava che passassi in Italia, acciò che insieme con lei potessino rassettare l'Italia che va male. Et dua o tre volte saltò in su Romagnia, credendo che detto oratore dell'imperatore entrassi in tale ragionamento; ma non vi entrando, l'oratore veneziano pure calò. Et entrando ne' disordini d'Italia, mostrò come la Romagnia era suta sacheggiata parechi secoli ad cagione de li papi, che chi ne voleva fare signiore questo et chi quello. Onde quelli popoli strachi, per posarsi una volta, si erano gittati loro in braccio et loro li avevano ricevuti: ma che da ora alla Chiesa volevono rendere el debito censo et con tutti li altri signiori se ne volevano rimettere di iustitia. Disse el tedesco averli risposto a proposito; et lasciato el ragionare de' vinitiani da parte, ricominciò a dire che l'imperatore voleva passare infallanter et presto, et che lo animo suo era circa le cose di Pisa volere dua cose: la prima, darne la possessione ad chi più danari li ne dava; l'altra, di volerne in ogni modo un censo ogni anno come di terra sua et data in feudo ad altri. Repricossi sopra questo da Volterra quello che adcadeva et lo oratore si parti. Scrivesi ad vostre $903$Signiorie per le ragioni soprascripte et da parte, adciò che tale adviso non vadi in lato che se ne abbi vergogna.E' si è inteso per la vostra de' 25 che conmessione date di Citerna. Andrassi dreto con più rispiarmo si può, ma el cardinale di San Giorgio ci claldica sotto, tamen non si stacherà la pratica et vostre Signorie ne `ntenderanno el fine.

%1503 nov 29, LC$905$Magnifici Domini. Vostre Signorie per l'alligata intenderanno quello che ieri occorse. Comparve dipoi la vostra de' 25, e benché questo dì sia stato concistoro, nondimeno questa mattina di buon'ora si fece opera di comunicare gli avvisi che davano per

quelle al papa: e così se gli comunicò la lettera de' 24 contenente le preparazioni che si vedevano de' vinitiani per insignorirsi del resto di Romagna. E in somma sua Santità prese conforto sopra le cose di Francia e speranza di accordo fra quelli due re, che mostra qualche lettera dei 25; Si alterò acremente contro detti veneziani; talché se si può credere a parole, e a gesti e a segni, si deve credere che tali cose gli cuochino e sieno fatte senza suo consentimento. Non si vede nondimeno che disegni altro che quello si abbia ordinato sin qui, ma pare tutto risoluto ad aspettare che frutto facciano questi suoi mandati in Romagna e a Venezia. Né resta, perché non sia riscaldato; che in vero, oltre a monsignore reverendissimo di Volterra, che in questo caso cammina con animo e sollecitudine e senza nessun rispetto, ci son degli altri cardinali che non lasciano riposare sua Santità, e Roano è uno di quelli, il quale gli promette forze e ogni aiuto quando se ne voglia risentire nuovamente. E che questo proceda così, lo dimostra le parole che sua Santità questa mattina ha usate in concistoro avanti tutti i cardinali. Che venendo alla dichiarazione de' quattro cardinali, dichiarati di nuovo questo dì, disse sua Santità che una delle cagioni che lo muoveva a fare tali cardinali, era perché la Chiesa avesse più aiuti e sappiasi difendere da chi cercasse di occupargli il suo, e perché più facilmente si potesse trarre di mano a viniziani quelle terre che loro le avevano occupate, nonostante che credesse che volessero essere buoni figliuoli di Santa Chiesa e restituirle, come gli facevano intendere tutto il dì dal loro ambasciatore; e venne raddolcendo le parole: pure usò quelle prime contro di loro nel modo che sono scritte.La guardia tornò ad Ostia questo dì a 22 ore, e il duca Valentino si era condotto a quell'ora su un galeone a San $906$Paolo presso qui a dua miglia; e questa notte si crede sarà condotto qui in Roma. Quel che se ne fia poi, si intenderà alla giornata. Una volta le Signorie vostre non hanno a pensare per ora dove possa spelagare; e le fanterie che lui aveva condotte sono tornate in Roma alla sfilata, e i suoi gentiluomini che aveva menati seco, se ne dovranno ire alle case loro; e don Michele e le altre genti che vennero a cotesta volta, non la dovranno fare molto bene. Non ne so per ora altro. Vostre Signorie ne devono avere meglio avviso da Perugia o da quei luoghi circostanti. De' francesi e degli spagnuoli non s'intende altro; sono in quei medesimi luoghi, e tenuti da quelle medesime cagioni che altre volte si è scritto, né si sa che deliberazione piglieranno i francesi circa il voler ire avanti in ogni modo, come avevano fatto intender qua; e forse quelle considerazioni che si scrissero allora gli avevano trattenuti. Si dice una volta che l'uno e l'altro campo non potria star peggio, né in maggiore necessità; e questi tempi non si

addrizzano: e se era stato due dì buon tempo, questo giorno ha ristorato, che mai non è fatto se non pur piovere, e così quei poveri soldati hanno a combattere con l'acqua di terra e con quella di cielo.I nomi de' cardinali sono questi:L'arcivescovo di Narbona, nipote di Roano. Il vescovo di Lucca. Il vescovo di Mende, terra di Francia. Il vescovo di Sibilia.Raccomandomi a vostre Signorie, quae bene valeant.Erami scordato dire ad vostre Signorie come el papa non va domani ad San Giovanni per amore del tempo: si è differito ad domenica.

%1503 nov 30, LC$907$Magnifici Domini, per le alligate mia di ieri et l'altro, vostre Signorie intenderanno el seguito da le altre mia de' 26 et 27 in qua. Occorremi di nuovo fare intendere alle Signorie vostre come monsignore reverendissimo di Volterra mi ha questa mattina detto essere stato con el papa, et entrando sopra le cose di Romangna, sua Beatitudine dixe: "Questo oratore vinitiano fa un grande scramare delle parole che io dixi ieri in concestoro et se ne va dolendo con tutto el mondo". Ad che replicò monsignore che sua Santità doveva imparare da loro, che fanno caso delle parole et non vogliono che sia accennato verso di loro che fan di facti; et doveva sua Santità risentirsi tanto più de' facti che loro facevano contro alla Chiesa etc. Ad che rispondendo el papa se a lui occorreva altro di nuovo da fare, rispose monsignore: "Parmi che vostra Santità richiega el cardinale di Roano, avanti parta, che mandi qualche lancia in Parmigiano; et di più che lasci stare Giampaulo in Toscana per posserlo mandare a' confini di Romagna et servirsene, o in facto o in demostratione, secondo occorressi". Et credeva che ad Roano queste dua cose non fussino difficili, perché le gente hanno ad svernare et non li debbe dare noia più ad Parma che altrove; et Giampaulo non è necessario in campo perché il campo ha troppi cavalli, et per adventura, seguendo tregua, come si spera, doverrà ire alle stanze. Ricordògli ancora che soldassi presto quelli condottieri voleva soldare, oltre al duca d'Urbino che pare che voglia prendere alcuno di questi colonnesi. Ulterius gli narrò come questo anno passato si era, per mezo del re di Francia, tractato di fare unire insieme vostre Signorie, Siena, Bologna et Ferrara, et che papa Alexandro, per il suo appettito vasto di dominare, si era sempre mai opposto ad questa cosa, giudicando simili accordi farsi contro di lui: et che sarebbe bene che sua Santità riabsumessi questa pratica, et faccendoci drento opera sanza dubbio se ne vedrebbe buono fine et presto; mostrolli el bene che ne risulterebbe et quanta quiete et pace ne posseva nascere et quanta securtà ad quelli

stati et alla Chiesa et reputatione ad lui. $908$Referiscemi monsignore reverendissimo che sua Santità udì quietamente et allegramente ogni parte del suo ragionamento et dixe che voleva fare opera che Roano facessi quanto si dice di sopra et che farebbe le condotte el più presto potessi; et piacendogli assai quella unione, la tirerebbe innanzi pro viribus et, quanto ad lui, era per fare ogni cosa. Ragionorno dipoi del duca Valentino, et insumma si vede che 'l papa non lo tracta ancora come prigione per la vita, et lo ha facto andare ad Magliana dove è guardato, et è un luogo discosto qui 7 miglia. Et così lo va el papa agevolando et cerca avere e contrassegni da lui per via d'accordo, perché non s'intenda che lo abbi sforzato ad farli dare, acciò che quelli castellani, in su tale opinione che 'l duca fussi forzato, non facessino qualche sdrucito di dare quelle roche ad ogni altro che ad el papa. Et però vuole avere tali contrasegni sotto accordo come è detto, et girerà tale accordo sotto conditioni che 'l papa abbi queste forteze et che 'l duca dipoi se ne possa ire libero; la quale conditione vi sarà ad ogni modo. Et forse si ragionerà di qualche ricompensa, o vero si prometterà restitutione tra un tempo; quello che seguirà io non lo so, né anche si può bene giudicare, perché queste cose del duca, poi che io fui qui, hanno facto mille mutationi; vero è che le sono sempre ite alla ingiù.Comparsono oggi in su la ora del desinare le vostre de' 27, responsive alle mie mandate ad dì 25, contenenti la giunta di messer Ennio con le nuove d'Imola etc. Cercai subito di avere audienza da sua Santità et transferitomi alli suoi piedi gli exposi quanto advisavate. Replicò quello medesimo che altre volte, dello animo suo contro a' vinitiani; circa messer Ennio gli piacque intendere lo adviso et come era proceduta la cosa; soggiunse solo che le Signorie vostre avessin cura come le absentassino le loro genti; et io risposi che ad tucto le Signorie vostre pensavono et che le farebbono in modo che ' vinitiani non arebbono da loro cattivo exemplo et dall'altro lato s'ingegnerebbono iusta el possibile che inconvenienti non nascessi. Mostrò avere inteso le nuove di Tosignano, dolsesene assai et ringratiò vostre Signorie delle oferte.De' campi franzesi et spagnoli mi referisco ad quello che se ne è detto per me infino ad qui. Roano partirà di quest'altra septimana infallanter. Parlando io 3 o 4 dì fa con monsignore reverendissimo di Capaccio, mi dixe avere $909$impetrato un benefitio in Mugello et che era per mandare le bolle et sue lettere esecutoriali; richiesemi che io scrivessi ad vostre Signorie che le fussin contente expedirlo presto, mostrando non le avere mai richiesto di nulla et servitole in ogni caso come fiorentino. Risposigli convenientemente.

Monsignore reverendissimo di Volterra, come per molte mia si è detto, fa l'ofitio che si debbe fare verso la patria sua, ma desiderrebbe non potere errare et non vorrebbe che 'l troppo desiderio di operare bene lo 'ngannassi; et però gli sarà grato che voi, oltra al mostrare e disordini di Romagna, ricordiate quello sarebbe bene che 'l papa facessi, acciò che più animosamente sua Signoria possa entrare nelle cose et tractarle con più maturità. Raccomandomì a vostre Signorie, quae bene valeant.Mandonsi le presenti per staffetta et vostre Signorie faranno pagare l'usato ad Giovanni Pandolfini. Parte ad ore 4 di notte.

%1503 dic 1, LC$910$Magnifici Domini. Poi che iarsera ad quattro ore ebbi spacciato la staffetta con le mie de 28, 29 et 30 del passato, arrivò la lectera di vostre Signore de' 28 per staffetta, et questa mattina fui a' piedi della Santità del papa, dove era alla presentia monsignore reverendissimo di Volterra, et lessi la lectera di vostre Signorie. Sua Sanctità allo usato intese tucto con suo grandissimo dispiacere et di nuovo dixe che per lui non resterebbe et non si lascerebbe a fare nulla di quello fussi possibile per lo onore della Chiesa et securtà delli amici di quella, et che infino ad quella ora aveva facto la maggiore parte di quello che vostre Signorie ricercavono, che e brevi ad Vinegia aveva scripti et mandati, et che Raugia doveva ad questa ora essere ad Siena; ulterius, che non avendo forze, richiederebbe Roano che lo servissi di Giampaulo, et parte atenderebbe ad ordinarsi di qualche gente, et così andrebbe facciendo quello tanto potessi et con tale animo che nessuno potrà ragionevolmente desiderare più altro $911$da lui. Io dixi quello che mi occorse in questa cosa et monsignore reverendissimo fece l'ofitio secondo la consuetudine sua, et fa sempre, perché questa mattina, come molte altre volte, è rimaso ad desinare seco; né manca di non ricordare alla sua Sanctità et sollecitare quella quanto sia el bisogno per la securtà nostra et onore della Chiesa. Et pare ad el prefato monsignore vedere sua Sanctità in una angustia grande, perché da l'un lato desidera, da l'altro non si sente forze ad suo modo; et non dubita punto che se li è mantenuto così, che fia difficile che e' non abbi con el tempo ad mettere in periculo chi al presente disonora la Chiesa; et parli che vostre Signorie debbino sollecitare gli 'mbasciadori et che di quelle cose che non costono vostre Signorie ne debbino essere larghe et saperle allogare et donare secondo e tempi.Quando e' se li fece intendere, secondo lo adviso vostro, che Ramazotto era entrato nella roca d'Imola, dixe che questo era in suo favore, et che se li era vero, doveva essere

ordine del cardinale di San Giorgio et che si posseva intendere da lui se ne sapeva alcuna cosa. Altro non si trasse da sua Sanctità; et vostre Signorie potranno giudiciare et examinare sopra queste conclusioni et deliberationi quello sia da fare, perché, come mille volte si è detto, non si può sperare per ora di qua alcuno aiuto o di gente o di danari, se già Roano non conscendessi ad servire el papa di Giampaulo, che se ne farà ogni opera. Né pare che chi maneggia el papa dubiti punto che lui abbi conceduto questa impresa a' vinitiani, né si può credere che vadi doppio per non lo avere conosciuto per tale infino ad qui, ma più tosto per uomo ropto et sanza rispecti. E brevi sua Sanctità dice averli mandati duplicati a' vinitiani, et poiché ad vostre Signorie non ne è suto presentato alcuno, sarà facil cosa che si sia adbstenuto da mandarveli per le cagioni che lui medesimo acennò iarsera quando gli parlai, et come scripsi per la mia di ieri ad vostre Signorie.Sendo a' piedi della Sanctità del papa, vennono nuove come don Michele era stato preso et svaligiata la sua compagnia da Giampaulo Baglioni in su e confini fra ' vostri et di Perugia. Mostronne sua Sanctità piacere, parendogli che la cosa fussi successa secondo el desiderio suo. Rimase monsignore reverendissimo di Volterra con sua Sanctità et ne andò seco, come è detto, ad desinare ad Belvedere et tornò questa sera che erano circa 24 ore; et mi $912$referiscie come, dopo la partita mia dal papa, che 'l duca d'Urbino mandò una lettera ad sua Sanctità che Giampaulo Baglioni scriveva qui ad un suo uomo et li significava come li uomini di Castiglione et di Cortona, con lo aiuto delle sua genti, avèno svaligiato le genti di don Michele et che la persona sua insieme con Carlo Baglioni erano presi in Castiglioni Aretino in nelle mani de' rectori di vostre Signorie. Di che el papa prese tanto piacere quanto dire si potessi, parendoli avere per la presura di costui occasione di scoprire tucte le crudeltà di ruberie, omicidi, sacrilegi et altri infiniti mali che da undici anni in qua si sono facti ad Roma contro Iddio et li uomini; et dixe ad monsignore che credeva che le Signorie vostre, poi che le avevono facto tanto bene, che ' loro subditi erono concorsi ad svaligiarlo, farebbono anche questo secondo di darliene nelle mani. Et subito commisse che si scrivessi un breve ad le Signorie vostre per chiedere detto don Michele, el quale breve sarà con questa lettera. Monsignore reverendissimo liene dette ferma speranza, et conforta quanto e' può le Signorie vostre ad farliene un presente, come di uomo spogliatore della Chiesa et nimico di quella; et anche si mosterrà questo segno di amore che sarà stimato assai assai da lui, et ad le Signorie vostre non costa. Riferiscemi monsignore predetto averlo tucto questo giorno tenuto sopra e ragionamenti di Romagna et avere

conosciuto in lui un fermo desiderio et grande appetito di rimediarvi et volere fare condotte di gente d'arme et ogni altra cosa per potere mostrare e denti ad ognuno; et se le cose non vanno così al presente vive, nasce da quelle cagioni che si scripse per la mia delli undici del passato, che lo tengono implicato; et anche naturalmente s'implica un poco in sé medesimo, come per adventura non farebbe chi avessi più expedienti. Ma sopperirà ad questo lo animo suo grande et desideroso di onore che ha sempre auto.El vescovo di Raugia debbe essere ad questa ora comparso costà et da lui, secondo mi dice Volterra, sarà ad vostre Signorie presentato el breve, quando prima non vi fussi suto presentato; et di nuovo mi ha detto che ad Vinegia ha scripto dua volte.Del campo de' franzesi non ci è altro che io sappia. Raccomandomi ad vostre Signorie, quae bene valeant. $913$Erami scordato dire alle Signorie vostre come el duca Valentino è in palazo, dove fu condotto questa mattina et è stato messo in camera del tesoriere. Ancora fo intendendere ad vostre Signorie come el papa desidera che vostre Signorie mandino don Michele ben guardato infino ad Acqua Pendente, dove sua Sanctità arà ordinato chi lo riceva. Pare ad monsignore di Volterra, quando volessi fuggire questa spesa di mandarlo tanto in qua, lo facciate condurre ad Perugia, et farlo intendere qui subito, acciò che el papa possa fare provisione di mandare per lui là.

%1503 nov-dic (Lett. 82)Magnifice vir etc. Ho ricevuta la vostra de' 21anchora che io non intenda la soscriptione, ma parmiriconosciervi alla mano et alle parole; pure, quandom'ingannassi, el risponderne ad voi non sarà male allogatoné fuora di proposito. Voi mostrate el periculo che porta elresto di Romagna, sendo perduta Faenza; accennate che vibisogna pensare a' casi vostri, non si provedendo altrimentiper chi può, o doverebbe; dubitate che 'l Papa non ci siaconsentiente; sete in aria nello evento delle cose franzesi;ricordate che si ricordi et che si solleciti etc. Et benchétucte queste medesime cose mi sieno sute scripte dalpublico, et che si sia risposto sì largamente che voi in sulo scrivere facto vi potete consigliare, tamen per nonmanchare dello ofitio anchora con voi, havendomene invitato,vi replicherò el medesimo; et parlerò in vulgare, se iohavessi parlato con l'Ofitio in gramaticha, che non mel parehavere facto.Voi vorresti una volta che 'l Papa et Roano rimediassinoa' casi di Romagna con altro che con parole, giudicando chele non bastino a' facti che fanno et hanno facto eVinitiani, et ci havete facto sollecitare l'uno et l'altroin quello modo che voi sapete, di che ne son nate quelleresolutioni che vi si sono scripte, perché el Papa spera cheVinitiani habbino ad compiacerlo, et Roano crede o con paceo con tregua o con victoria essere a·ttempo adricorreggiere; et stanno ciascun di loro sì fixi in suqueste opinioni, che non vogliono porgere horechio ad nessunche ricordi loro alcuna cosa fuora di questo. Et perciò vi

si può fare questa conclusione: che di qua voi nonaspectiate né genti né danari, ma solo qualche breve olectera o ambasciata monitoria, le quali fieno anche più etmeno galiarde che saranno più o meno potenti e rispecti chedebba havere el Papa o Francia. E quali quanto e' possino odebbino essere, voi lo potete giudicare benissimo, guardandoItalia in viso, et pensare dipoi a' casi vostri, veduto etexaminato quello che si può fare per altri in securtàvostra, et inteso quello che si può sperare di qua; perché,quanto ad quello che si può sperare al presente, non si puòpiù replicarlo, ché io lo ho già decto. Soggiugnerò soloquesto: che se altri ricercha da Roano o le vostre genti, opotersi servire di Gianpaulo, bisogna mostrare di volerle, oper difendere lo Stato vostro (et di questo non se li puòragionare, ché si altera come un diavolo chiamando intestimonio Iddio et li huomini che è per mettersi l'armelui, quando alcuno vi torcessi un pelo), o per volereaiutare che Romagna non pericliti; et ad questo pensa esserea·ttempo, come è decto. Questo è in substanza quello che visi può scrivere delle cose di qua, né credo per chi vi ha adscrivere el vero vi si possa scrivere altro.

%1503 dic 2, LCMagnifici Domini. Ieri scripsi quanto occorreva, la quale lettera per adventura verrà insieme con questa. Per la presente fo intendere al vostre Signorie come questa mattina è stato ad monsignore di Volterra et ad me uno uomo d'arme del signore Luca Savello, mandato da lui ad posta ad sua reverendissima Signoria ad farli intendere come egli è impossibile che vivan più sanza danari et che vorrebbe essere provisto d'una paghetta, la quale non venendo presto, sarà constretto licentiare la compagnia et tornarsene ad casa; il che non vorrebbe avere ad fare per onore di vostre Signorie et suo. Hagli monsignore dato buone parole et promessogli che se ne scriverrebbe costì, et ad me ha commesso che io scriva al signore Luca et lo conforti, et così facci intendere alle Signorie vostre quanto segue, acciò possino rispondere et provedere.Partì costui 4 dì fa et referiscie come la maggior parte del campo è in sul Garigliano, dove è facto il ponte et il resto è all'intorno disteso fra 10 miglia. Referisce molti disordini et difficultà al passare. Dice ancora che in campo $914$si dice come Consalvo ha facto venire certe barche per terra et vuolle mettere in fiume per passare lui di qua, parendogli, per la venuta degli Orsini, essere superiore. Fu domandato quello che in su tale opinione disegnavono fare e franzesi: nol sapeva dire, né così in molte altre cose sapeva giustificare el parlare suo. Altro non ne posso né so scrivere; bisogna attenderne el fine, che Iddio lo mandi buono.San Giorgio non vuole che si tragga el breve ad connestabile che sia fiorentino né loro subbiecto, et però mandino un nome di connestabole quale giudichino ad proposito et quanto prima meglio, acciò che se ne possa trarre le mani; et non costerà meno di 200

ducati, perché vuole danari et non baratto. Raccomandomi ad vostre Signorie.

%1503 dic 2, LCMagnifici Domini. Poi che io scripsi la alligata, sendomi partito da palazo per trovare San Giorgio per le cagioni che vostre Signorie sanno, et essendo soprastato là assai, et anche per le sue occupationi non li avendo possuto parlare, et ritornando ad palazo, trovai che monsignore reverendissimo di Volterra era stato col papa sopra le cose del duca Valentino, et aveno auti e contrassegni delle forteze di Romagna da detto duca, et ordinato che questa sera o domattina ad buona ora messer Pietro d'Oviedo, come uomo del duca, et un altro uomo del papa, venghino con detti contrassegni ad cotesta volta per andarne in Romagna. Et perché monsignore reverendissimo nella mia $915$absentia ha scripto una lettera a' nostri excelsi Signori, la quale porteranno detti mandati, io mi rimetterò in tucto ad quella di quanto con el papa si sia tractato, et così quanto paia ad decto monsignore che vostre Signorie operino in questa cosa. Dirò solo questo di sua comissione, che costì non si lasci ad fare nulla perché al papa riesca di avere decte forteze, et con assicurare quelli castellani entrare loro mallevadori per il papa ad quello che si promettessi; mettervi etiam qualche danaio di suo; tenere modi di assicurare bene quelli populi et dar loro speranza che 'l papa si ha ad governare circa e signori ritornati come loro vorranno; et così operare ogni industria perché tale cosa succeda: perché se riuscissi che la roca di Furlì et di Cesana venissi in mano del papa, oltre al bene che ve ne risulterebbe per lo impedimento a' vinitiani, riconoscierebbe etiam el pontefice assai obbligo con voi.El duca Valentino è stato tracto di camera del tesoriere et truovasi in camera di Roano; et cerca di venirsene in costà con detto Roano, el quale, facto che fia la incoronatione ad San Ianni, se ne verrà ad cotesta volta.Roano lo ha ricevuto in camera male volentieri et peggio volentieri lo mena seco, ma circa il riceverlo, ne ha voluto satisfare al papa, ma quanto al menarlo seco, per adventura non ne saranno d'accordo; et poi se il papa vuole, avanti il duca parta, avere quelle forteze in mano, et essendo Roano in procinto di partire, non possono essere consegniate ad tenpo. Et però non si sa bene interpetrare che fine arà costui, ma molti lo coniecturano tristo. Partirà monsignore di Roano subito che sarà ito el papa ad San Ianni, che doverrà irvi o lunedì o martedì; verrà con lui quello che è qui oratore dello imperadore, et avanti ne vadia in Francia, si abbocherà con lo imperadore con speranza d'accordare quelli dua re insieme. Giudica monsignore reverendissimo di Volterra che sarebbe bene expedire subito uno uomo di

vostre Signorie di credito et pratica, che fussi seco et lo incontrassi da Siena in qua, per vedere se, nel passare da Siena, si potessi tractare qualche cosa con Pandolfo di buono. Parli ancora che sia necessario che vostre Signorie mandino uno seco, el quale sia presente in questo adbocamento con lo imperadore, per ricordare quello che sia lo utile di cotesta città et per ritrarre se si tractassi alcuna cosa contro ad quella et parte rimediarvi iusta posse, et parte advisare; vorrebbe essere $916$persona grata ad Roano, bene pratica et amorevole della città.Narrò monsignore reverendissimo ad Roano quello che questa mattina li aveva decto quello uomo del Savello, secondo che per la alligata si scrive. Dice che li alzò el capo et dixe che li era un matto, allegando avere lettere de' 29 del passato che dicieno che in molto maggiore miseria si trovavono i nimici che li franzesi, perché erano nell'acque alle cinghie, aveno meno coperte et più carestia per non avere da spendere, et che i franzesi erono del medesimo animo sono stati per infino qui d'andare innanzi se l'acque di cielo et di terra li lascieranno. Ho parlato poi questa sera ad uno vostro cittadino che ha parlato ad Salvalaglio da Pistoia, che dua dì fa venne di campo, et dice che è stato nel campo de' franzesi et delli spagnoli più d'un paio di volte da 3 septimane in qua per conto di riscattare certi prigioni, et le parole et relationi di detto Salvalaglio si accostono più ad quello che dice Roano che ad quello che dixe quello savellesco; el fine giudicherà tucto, al quale io mi rapporto.El marchese di Mantova partì ieri mattina di qui per a cotesta volta et è quartanario. Raccomandomi ad vostre Signorie. Quae bene valeant.Avendo scripto et volendo suggiellare la presente, giunse la staffecta di vostre Signorie contenente la presa di don Michele; et perché ieri mattina ci fu questa nuova et iarsera vi se ne scripse ad lungo et dissesi quello che al papa ne occorreva, come quelle intenderanno per un breve di sua Sanctità che si mandò con le lectere nostre, et avendomi detto Giovanni Pandolfini averle mandate questa notte passata securamente, non replicherò altro ad quelle. Et nonobstante che tale commissione fussi exequita, ho nondimanco mandate le lettere ad monsignore reverendissimo di Volterra ad palazo, ché, per essere tre ore di nocte, non si va pe' nostri pari molto securo per Roma. Raccomandomi iterum alle Signorie vostre.

%1503 dic 3, LC$918$Magnifici Domini etc. Scripsi ieri dua lettere ad le Signorie vostre le quali vi fieno portate da questo medesimo corrieri che si è indugiato ad partire questa sera et, secondo

intendo, ne verrà ad cotesta volta intorno ad 3 ore di nocte. Allegai per la ultima mia l'arrivata della staffetta vostra contenente la presura di don Michele; et essendo, come io dixi, stato al papa et digià avendone sua Sanctità scripto alle Signorie vostre, non occorreva fare altro in questa causa; pure si fece intendere tucto al papa et ne risultò el medesimo effecto che si dixe per la mia del primo: cioè che sua Sanctità ne mostrò piacere et dipoi lo chiese con grande instantia, et parli essere certo che non li abbi ad essere negato; et oggi, sorridendo, soggiunse che desiderava di parlarli per imparare qualche tracto da lui per sapere meglio governare la Chiesa. Dixi per la ultima mia di ieri come Piero d'Oviedo, insieme con quello mandato del papa, doveva partire questa mattina per venire ad cotesta volta con contrassegni delle forteze. Sappino vostre Signorie come e' non è ancora partito; la cagione è perché tractando el papa con el duca questa consegnatione della forteza per via amicabile, come altra volta si è scripto, el duca predetto sta in sul tirato et è in sul volere cautioni et guardarla nel sottile, né el papa lo vuole sforzare per ancora. Le cautioni che li addomanda è che Roano li prometta et soscriva di sua mano quanto el papa li dice volere fare, et in effecto entri come mallevadore al papa della fede sua, il che Roano infino ad qui recusa et non si crede che lo prometta in alcun modo né per alcun conto. Et così si è dibattuta questa cosa tucto dì d'oggi, et infine è oppinione che domattina, sanza altra promessione di Roano, messer Pietro sia per venire con contrassegni et così pare che questo duca ad poco ad poco sdruccioli nello avello.Sono stati oggi ad monsignore reverendissimo di Volterra certi giovani romani di questi che sono gentili uomini del duca et si sono doluti che, ricevendo e mercanti vostri buona compagnia in Roma, che e loro uomini et loro robe, che erano con don Michele, sieno state prese $919$et rubate; et così si dolevono et minacciavono. Rispose loro el cardinale per le rime: et dixe che ' vostri mercatanti venivono disarmati ad Roma et per fare loro utile, non per fare danno; et che se li erono suti svaligiati, era per le iniurie che li avéno per lo addreto facto ad quelli uomini et che di nuovo venivono sanza securtà o salvocondotto per farne dell'altre. Andornosene in efecto come e' vennono; tamen monsignore reverendissimo ricorda che li è bene nettare tucti e segni, et se fussi da fare come questi altri che sono suti sacheggiati dal duca, e quali hanno intimate le querele loro et procedono contro di lui via ordinaria, et già sono segnate le suplicationi; et tra questi sono el duca d'Urbino, che si richiama di 200 mila ducati, et San Giorgio di 50 mila per conto de' nepoti: il che quando voi facciate, potrete sempre iustificare questo nuovo

accidente con la demostratione de' danni ricevuti.La condotta di Giampaulo rimane sospesa per la parte vostra: et la cagione è che Roano, come altra volta dixi, si tiene non bene contento di lui per averli, poi che li dié licentia che li andassi ad Perugia, comandato molte cose che facci et lui non ne ha facto mai alcuna et per ancora non si è condotto qui con tucte le lettere scripte et danari pagati etc. Ha paura monsignore reverendissimo, se non si pensa di rimediare in qualche modo, che Roano et il re non abbino messo con tanti danari costui a cavallo, et che un altro se lo abbi ad godere; et perché non ci è altro rimedio se non che questa condotta si ratifichi con securtà vostra, pensa che questo si possa condurre qui quando Giampaulo con la sua compagnia arrivassi avanti che 'l cardinale partissi et parlassigli et mostrassisi ad ordine. Et pure, quando el cardinale partissi che Giampaulo non fussi arrivato, giudicherebbe che fussi bene ne facessi ogni opera voi di costà, perché avanti che li uscissi di Toscana la cosa avessi el pieno suo: perché quando la non sia conducta al fine, dubita che non ne advenga quanto si è decto.Valete.

%1503 dic 4, LC$920$Magnifici Domini. Più per seguire la usanza di scrivere alle Signorie vostre ogni dì che per necessità, scriverrò la presente et mi rimetterò ad tucto quello scripsi ieri et l'altro per tre mie lettere, le quali vennono in costà per un fante di Lione che fu spacciato questa notte. Solo dirò di nuovo ad quelle come questo dì è suto concestoro pubblico et sonsi pubblicati quelli cardinali che io scripsi ad vostre Signorie erano suti disegnati. Di nuovo ancora fo intendere ad quelle come in questi franzesi sono nuove per uno uomo apposta, el quale giunse dua ore fa, come gli spagnoli aveno condotte certe barche per terra et messele nel Garigliano: et disegnavono con quelle urtare el ponte facto da e franzesi et ancora affocarne qualcuna di decte barche per vedere d'incenderlo. Et, dato tale ordine, spinsono ad un tracto le barche per acqua et assaltorno per terra el bastione che ' franzesi guardano da lato di là del fiume, donde e franzesi gagliardamente riparorno all'uno et all'altro insulto, et hanno morti delli spagnoli circa 300, et prese et affondato le barche. Così è referita la cosa, et chi la dipigne è franzese.Domani si va ad Santo Ianni et ordinasi una bella festa, se 'l tempo non la guasta. Raccomandomi ad vostre Signorie. Siamo ad ore 18, et se altro accadrà oggi, sopperirei domani.

%1503 dic 6, LC$921$Magnifici Domini etc. Avanti ieri scripsi l'ultima mia alle Signorie vostre. Per questa mi occorre significarvi come, poi che io ebbi scripto la mia de' 4, partì Pietro dOviedo et lo uomo del papa con contrassegni etc. Doverrebbono, venendo per le poste, essere ad questa ora costì, et vostre Signorie aranno loro parlato di bocca. Così doverrebbe essere arrivato el vescovo di Raugia, et con lui arete parlato et dipoi ordinato et proveduto secondo $922$che la occasione et le qualità delli aiuti vi arà concesso. Qui non si è pensato poi ad altro che ad festeggiare, et tuctavolta si pensa; et ieri ne andò el papa ad San Ianni solennemente, donde non tornò prima che ad 4 ore di nocte. Et domenica proxima ne va ad San Paulo, et èssi comandato che ' tabernaculi, archi triumphali et templi facti per le strade non si lievino, perché vuole domenica essere veduto con la medesima pompa. Riceve' una vostra de' dua, et benché vi fussi su qualcosa di momento per la venuta del conte di Pitigliano in Romagna, non se ne è facto altro per le cagioni decte. Aspectasi dal papa et da tucta Roma don Michele con una grandissima festa, et desiderrebbono che ci fussi domenica per poterlo menare innanzi al triomfo; tamen e' se 'l torranno ogni volta et fia sempre el benvenuto.Del campo de' franzesi et spagnoli non s'intende altro. Sonsi cominciati ad parlare Roano et lo 'mbasciadore spagnolo. Dicesi che 'l papa ha mandato uno ad Consalvo per condurre una triegua fra loro; et se non nascie in questo mezo qualche sdrucito, se ne sta con buona speranza.Dixesi alle Signorie vostre per altra mia come, tenendosi monsignore di Roano male contento di Giampaulo, era da dubitare che non si fussi messo ad cavallo con li danari de' franzesi, et che un altro se lo godessi; né pareva che fussi altro rimedio ad questo sed non che Giampaulo si adboccassi con Roano o qui o per la via, et li mostrassi volerlo servire et essere ad ordine, et che dipoi voi costì vedessi dextramente di dare perfectione alla condocta: perché conducendosi si tirerebbe una posta molto a proposito. Ma se Giampaulo non li parla, non ci sarà rimedio alcuno, perché è diventato come uno aspido verso di lui et ha giurato infinite volte da soldato che se non li rende e suoi danari, quando e' non possa offenderlo lui, lo darà in preda ad qualunque vorrà adcordo seco, o italiano o oltramontano; et dice avere inteso che li avea promesso ad Bartolomeo d'Alviano di non andare mai nel Reame contro alli spagnoli, et vedutone poi qualche segno lo crede indubitatamente. Dal canto di qua, per rimediare ad questo inconveniente, si è scripto questa sera ad Giampaulo, et li ha scripto Volterra et io, ciascun di per sé, et parlatogli in vulgare et impostogli che cerchi di parlare ad Roano ad

cammino, se non $923$vuole rimanere vituperato, inimico de' franzesi et poco amico di vostre Signorie. Dassene questo adviso costì acciò vostre Signorie sappino dove si truova la cosa et possino pensarci et farci quella opera giudicheranno convenire al bene pubblico.Parte Roano, come è detto, o venerdì o sabato proximo et con lui viene lo 'mbasciadore dello imperadore; ègli suta confermata la sua legatione di Francia. Ricorda monsignore reverendissimo di Volterra che si facci incontrare ad dua o tre personaggi, di qua da Siena almeno una giornata, per possere ragionare con lui qualcosa in benifitio della città et maxime circa Moltepulciano et Pisa. Et così ricorda che si mandi uno seco che sia presente quando e' si abbocca con lo imperadore, il che giudica utile per ogni rispetto.El duca Valentino si sta così cerimonialmente in camera di Roano et ieri, rispetto alla festa, fu dato in guardia ad Castel del Rio che lo observassi; el quale lo menò ad desinare ad Belvedere et lo 'ntrattenne onestamente tucto dì. Credesi che come Roano parte, e' sarà messo in Castello ad buon fine. Raccomandomi alle Signorie vostre, quae faelices valeant et diu.

%1503 dic 6, LCLe Signorie vostre si ricorderanno quello scripsi in cifera ad dì 28 del passato. È stato nuovamente con Volterra lo 'mbasciadore dello imperadore et li ha detto: "Monsignore, voi non pensate ad quello che io vi ho detto qualche volta, né me ne date risposta alcuna; et pure sarebbe bene pensarvi et rispondermi. Io vi dico di nuovo $924$che lo 'mperadore passerà et che vuole trarre da Pisa dua commodità: danari presenti et censo in futuro, et daranne la possessione ad chi più danari gliene darà". Rispose el cardinale che non li poteva rispondere, ma che venendo lui costì con Roano, ne poteva parlare con voi et da voi averne risposta. Rimase patiente; et nel parlare dipoi di questo accordo dixe che fra un mese e' sarebbe ad ogni modo facto fra lo 'mperadore et Francia, et che una condizione fra l'altre vi sarebbe, che si salvassino gli amici l'uno dell'altro, excepto che in quelle cose dove alcuno di detti re avessino ragione, etiam che le fussino dello amico dell'altro. Dixe ancora che ' vinitiani cercavono di fare punto qui et che fussi loro lasciato quello hanno preso. Replicò Volterra che questo erono quelli modi che toglievono allo imperadore et ad Francia una bella occasione di farsi grandi in Italia et tenere securamente lo stato loro, adcrescendo forze a' potenti come erano e vinitiani et togliendo forze a' manco potenti come noi. Perché non posseva fare non lo dicessi, tamen quando el dire non bastassi, vedeva vostre Signorie volte ad essere prima d'accordo co' vinitiani, che un altro lo avessi

pensato; et penseranno anch'elleno solum a' casi proprii quando elle solum insospettischino d'essere smembrate o lacerate dagli altri. Parve ad Volterra che queste parole lo frenassino un poco et lo tenessino sopra di sé et ne lo rimandassino più umile. Passerà di costì con Roano et vostre Signorie aranno in questo mezo pensato di travagliare ,seco con utile della città; et però se ne scrive così....

%1503 dic 7, LC$925$Magnifici Domini. Ieri scripsi la alligata; per questa significo alle Signorie vostre come Roano parte domani ad ogni modo, et andrà adloggiare ad Bracciano doman da sera. È stato oggi vicitato da tucti e cardinali di questa corte et veramente egli è in buona gratia con ogni uomo per essere stato trovato più facile et più umano che non si sperava, essendo grande signore et franzese. El Valentino rimarrà qui, secondo mi è suto detto da parte, ancora che publice si dica che ne venga seco. Ricordasi di nuovo ad vostre Signorie el farlo incontrare, per le cagioni già dette.Parlai con Antonio Segni de' casi del Mottino; hannidetto questa sera che domani mi saprà dire qualche cosa.Ricordasi alle Signorie vostre di pensare ad questo svaligiamento di don Michele in modo che questi romani non $926$faccino come Paulo Orsino. Scripsesi el modo altra volta et di nuovo si ricorda. Valete.

%1503 dic 9, LC$928$Magnifici Domini etc. Iersera riceve' le vostre de 4 et 7, alle quali, non contenendo altro che la ricevuta di molte mie lettere infino ad quel dì, et la giunta di Raugia et di messer Petro d'Ovieda, et anche rimettendovi voi ad quello mi scriverrete per altra, non occorre risposta. Scriverrò la presente per servare la consuetudine dello scrivere et la manderò per il procaccio, non importando molto, perché della partita di Roano vi scripsi ad dì 6 et 7, et vennono le lectere per un fante di Lione spacciato da questi Del Bene in diligentia, le quali credo ad questa ora sieno giunte costì. Partì el cardinale di Roano ieri, come io dixi, ma non andò già ad Bracciano, né si discostò di qui dua miglia; questa sera alloggierà ad Bracciano et ne viene costì per andare dipoi in Lombardia. Non si ricorda quello che altre volte si è scripto, et d'incontrarlo et di mandare con lui verso Alamagna, existimando che digià $929$le Signorie vostre ne abbino facto deliberatione. El duca Valentino è rimaso in parte delle stanze che teneva in palazo decto Roano et questa notte fu guardato da uomini del papa.

Credesi, per non avere questa noia, che 'l papa lo metterà in Castello, ancora che si dica in vulgo di molte cose: cioè che 'l papa ha promesso al Roano lasciarlo, auto che lui arà quelle forteze; et che si dà al prefectino la sua figliola et per dota se li dà la Romagna etc.Le Signorie vostre mi commettono che io scriva loro quello che fanno e franzesi et li spagnoli et come si truovono et dove li stanno et quello che se ne dica et creda. Rispondo averne scripto ad dì 21 del passato largamente et che si truovono in quello medesimo essere l'uno campo et l'altro, et tanto in peggior grado quanto egli hanno più stentato. Et per replicarlo dico che ' franzesi, più settimane sono, gittorno un ponte in sul Garigliano et presono la ripa di là et vi feciono un bastione, et quello hanno tenuto et tengono; né sono altri franzesi di là dal Garigliano se non quelli tanti che guardano quello bastione, che non passono 200 fanti; tucto l'altro exercito franzese è di qua dal Garigliano et il quarto ne è presso ad quel ponte, gli altri tre quarti sono discosto 5, 6 et 10 miglia alle stanze. Li spagnoli si truovono di là dal Garigliano et hanno facto un fosso discosto un miglio ad quel bastione et in sul fosso dua bastioni, et li guardono, et appresso sta buona parte del loro exercito et il resto è disteso alle stanze. Sta così l'uno et l'altro campo, non si possono appiccare, né possono sforzare l'un l'altro, impediti da l'acque del fiume, da quelle che sono piovute et che piovono. Stanno in disagio grandissimo tucti ad dua. Credesi che chi la durerà, la vincerà; ora chi la durerà più non si può intendere perché qui se ne parla come in ogni altro luogo secondo le passioni et, non ch'altro, quelli che vengono di campo son varii nelle opinioni; bisogna riportarsene allo evento. Questo è vero, che li spagnuoli hanno ad questi dì tentato molte volte di rompere el ponte et di cacciarli da quel bastione, come io scripsi, et non è ancora loro riuscito. Così stanno le cose di costoro così le scripsi ad dì 21; non hanno mutato poi altro viso, né io saprei come altrimenti le dipignere alle Signorie vostre; et quando le variassino, ne adviserò; non variando, non saprei che mi dire, ad volerne dire el vero.Dìxi per altra mia alle Signorie vostre come avevo parlato $930$con Antonio Segni, secondo le commissioni di vostre Signorie; questo dì è stato ad me detto Antonio et dettomi avere parlato con el Mottino et ritracto da lui in summa questo: che la sua condotta co' franzesi fini el dì di sancto Andrea passato et che non si vuole più ricondurre con loro ad pregio veruno; dice bene che non ha potuto et non può avere licentia da loro et che è tuctavia dreto ad Sanseverino per averla. Dice che verrà volentieri ad servire vostre Signorie, ma che non ha fusta, et ha dua galee et che non ne

vorrebbe lasciare alcuna, ma servire con dette dua galee, et sarebbe contento ad 900 ducati di camera el mese; le sicurtà darà quelle che chiederanno vostre Signorie. Dice ancora che oltre alle dua galee, ha un suo fratello che ha tre brigantini, et con 300 fiorini el mese verrebbe domani ad servirvi con tucti ad tre. Le Signorie vostre considerranno ora quello che fa per loro et ne risponderanno. Raccomandomi ad quelle.

%1503 dic 12, LCMagnifici Domini. Scripsi ad dì 9 l'ultima mia et la mandai per il procaccio, la quale doverrà essere costì all'ora di questa, partendosi questa sera un corriere, come intendo. Et perché io dixi per quella della partita di Roano et di quanto avevo ritracto dello animo del Mottino, secondo mi riferisce Antonio Segni, mi rimetto ad quella. Comparse dipoi l'ultima vostra delli 8 dì; et si è conferito con Castel del Rio quanto scrivete di Raugia et de' dua mandati con contrassegni. Mostrò avere notitia di tucto et dixe che 'l papa non potrebbe tenersi più contento di vostre Signorie, et questo medesimo mi affermò San Giorgio al quale etiam conferi' gli advisi, tale che si vede che Raugia ha scripto bene al papa et facto fedele relatione $931$delle opere di vostre Signorie. Mostrò ancora l'uno et l'altro sapere delli oratori forlivesi che vengono, et alla giunta loro per monsignore reverendissimo et per me si farà quanto vostre Signorie commettono.Di don Michele non me ne sendo stato detto altro, non ho che dirne alle Signorie vostre: quando mi fussi mosso alcuna cosa ne adviserò. Ricordasi con reverentia rispondere al breve del papa, et così che si pigli questa cosa in modo che fermi più el pontefice nella benivolentia di cotesta città.Di Citerna intendo quanto scrivete, et monsignore dice che in simili terre non si manda sed non el castellano ad guardia et ad cura di epse, sì che le Signorie vostre si risolvino et mandino el nome del connestabole quando le voglino pigliare questo partito et ordinino etiam donde si abbi ad trarre el danaio.Quanto al dare le querele vostre contro il Valentino, bisogna che chi le dà, abbi el mandato di vostre Signorie ad fare questo: pertanto o le ordinino qui chi par loro o le lo dieno ad un di questi oratori che vengono, il che fia forse miglior partito.El duca Valentino si truova in quello luogo dove dixi si trovava nella mia de' 9 dì et si aspecta la resolutione che faccino quelli stati di Romagna; et de' franzesi non ho altro che scrivervi che per quella si dica, alla quale mi rimetto. Credesi, se questi tempi vanno innanzi, che potrebbono ad ogni modo tentare qualcosa quelli dua exerciti l'uno contro

all'altro.Le Signorie vostre mi commettono che io parta con Roano per ad cotesta volta et, quando fussi partito, ne venghi in diligentia per essere costì prima che sua Signoria. La lectera giunse ieri et Roano partì sabato, tale che conveniva venissi per staffetta, et questo mi era molto difficile ad fare sendo infecto d'una malattia comune che è in questa città, et queste sono tosse et catarri che intruonono ad altri el capo et il pecto, in modo che una agitatione violenta come la posta mi arebbe facto danno. Arei nondimeno, desideroso d'ubbidire, tentato la fortuna; ma monsignore reverendissimo di Volterra non mi ha concesso el partire, parendogli, avendo ad differire ancora gli 'mbasciadori un 20 dì, come voi accennate, che el rimanere qua sanza uno instrumento del quale lui si potessi valere per le cose pubbliche, fussi ad lui carico et dannoso $932$alla città. Né si è resoluto altrimenti, et io facilmente et credo che sarà con buona gratia delle Signorie vostre ho ceduto alla autorità di sua Signoria, constrecto da l'affectione che io veggo che porta alla città et da la fede che meritamente da ciascuno costì gli debbe essere prestata; tamen exequireno quanto sopra questo dal primo adviso delle Signorie vostre mi sarà ordinato. Bene valete.Erami scordato significare ad vostre Signorie come certi gentili uomini romani hanno dato le incluse note di robe perdute ad monsignore di Volterra, le quali si sono promesse mandare costì et raccomandare e casi loro. Vostre Signorie ne risponderanno quello parrà loro.

%1503 dic 14, LCMagnifici Domini. Partendo questo corriere ex arrupto, scriverrò in furia alle Signorie vostre quello occorre.Iarsera fu qui nuove in questi franzesi come le fanterie di Consalvo non potendo più sopportare e disagi in quali stavono et maxime per non avere danari, si levorno ex arrupto di campo dove erano, tale che Consalvo è stato constrecto ritirarsi in Sexa co' cavalli, dove è morbo grande; et nel ritirarsi ad Sexa lo feciono con tale tumulto che, presentendolo e franzesi, feciono passare el Garigliano circa 20 cavalli che andassino ad riconoscere questa cosa, et trovorno che 'l campo era levato et aveva lasciato tucte le cose grosse et di minor valuta. Assaltorno questi cavalli la coda et tolsono e carriaggi del signore Prospero. Così la dicano questi franzesi et ne hanno mostro lettere; credesi, quando la sia vera et il tempo serva, che ' franzesi potranno ire più avanti. Di quello seguirà, vostre Signorie ne fieno advisate. Occorremi poco altro che scrivere $933$alle Signorie vostre, il che si farà per la prima, non potendo questo corriere aspectare più. Valete.

%1503 dic 14, LCMagnifici Domini. Questo dì ho scripto ad vostre Signorie una breve lettera et mandata per uno corriere spacciato da questi franzesi, el quale non mi dette più tempo; tamen significai ad quelle quanto dicono questi franzesi avere da quelli loro del Garigliano: et questo è che, stentando la fanteria spagnola et non essendo pagata, ad un tracto si levò contro alla volontà di Consalvo, tale che lui ancora fu forzato ad levarsi co' cavalli et ritirarsi in Sessa, dove e' dicono che è moria grande. Dicono ancora che sentendo e franzesi quello romore, mandorno venti cavalli de' loro ad riconoscere la cosa et trovorno el campo levato come in fuga et che aveva lasciato molte cose grosse et maxime masseritie di cucina, et che quelli 20 cavalli guadagnorno certi carriaggi del signore Prospero Colonna. Altro poi non si è inteso; quando se ne intenda di nuovo ne ragguaglierò vostre Signorie. Ho inteso da Pagolo Rucellai, che è molto amico di questi Orsini, come non avendo auto ancora el quarterone, secondo le promesse, hanno protestato ad Consalvo di partirsi una volta. Da ogni parte risuona che vi sia penuria di danari.Ho scripto per altre mia alle Signorie vostre come el signore Luca Savello ha mandato qui un suo uomo ad raccomandarsi et ad significare che non possono più stare in tanto stento sanza danari. Le Signorie vostre non ne hanno risposto et costui si dispera et io non so che li dire. Oltr'a di questo venne ieri qui in persona messer Ambruogio da Landriano con una lettera di credenza del bagli ad el cardinale et ad sua Signoria, et ad me ha pianto le miserie $934$et stenti sua et della sua compagnia, et protextato che si sarebbono morti di fame se e franzesi non li avessino serviti di danari, ma che non li possendo più richiedere, saranno forzati levarsi con disonore di vostre Signorie; et non lo vorrebbe avere ad fare, avendo mantenuto la compagnia fin qui quanto ogni altro, che di 50 uomini d'arme dice averne ad cavallo 40 et 10 balestrieri. Vorrebbe almeno una paghetta et mezo et di più 100 ducati di suo servito vecchio. Io li ho promesso di scriverne et raccomandarlo come io fo. Prego le Signorie vostre ne rispondino perché ne aspecta risposta.Partì messer Ambruogio di campo 8 dì sono, et referisce gran disagi di strami, pane et abitatione, et che in campo vi è restato 900 buoni uomini d'arme et 6000 fanti, et che si diceva che li spagnoli rinforzavano di fanterie. Nondimanco gli pare che questa nuova che lui ha trovata qua, che li spagnoli sieno ritirati possa essere, perché afferma che non potevano pagare le vectovaglie et che parechi septimane eglino hanno forzati e comuni ad portarvene; ma per adventura non li potendo ora

più forzare, sono suti forzati ad ire ad trovare da vivere dove ne è. Referiscie tre cose avere tolto fin qui la victoria a' franzesi: la prima et principale et più importante, lo avere perso tanto tempo intorno alle mura di Roma, che fu quel tempo che sarebbe loro suto commodo ad ire avanti senza possere essere impediti da acque et da fiumi, perché Consalvo allora non sarebbe possuto rappresentarsi loro innanzi; la seconda, lo avere pochi cavalli alle artiglierie, tal che non possèno fare più che dua miglia el dì; la terza, la crudel vernata che è seguita et segue, affirmando che non hanno mai voluto tentare alcuna cosa che 'l maltempo non sia raddoppiato. Con tucto questo afferma che quando bene Consalvo non si fussi ritirato indreto, che non può disegnare di venirli ad offendere per essere loro in luogo forte et gente da aspectare di fare una giornata con ciascuno. Dimandatolo dello ire avanti, dice che con tucto che Consalvo sia ritirato, se 'l terreno non rassoda et se non provveggono, quando fussi rassodato el terreno, di bufoli o buoi o più cavalli da carra, che sarà loro impossibile condurre l'artiglieria. Referisce come el bagli di Can è malcontento di non essere pagato, et monsignore reverendissimo di Volterra ricorda che, parendo alle Signorie vostre d'alleggerirsi di tale spesa, che non si lasci passare el tempo. $935$Sono questo dì comparse le lettere di vostre Signorie de' x et xi diricte ad monsignore di Volterra, presupponendo che io fussi ad cammino. La cagione che io non sono partito lo scripsi per altra, che fu che ad el cardinale non parve a proposito la partita mia et non volse che io partissi. Intendesi per le vostre dette la cagione perché e' non ci è nuove di Pietro, né di messer Carlo, né del vescovo di Raugia. Tucto si farà intendere dove bisogna et così si significherà quanto dite di don Michele et delle nuove di Francia; che ogni cosa piacerà ad nostro Signore et maxime la nuova di don Michele, et vedrassi che si mandi per esso in quelli luoghi dove sarà più commodità di vostre Signorie, secondo lo scrivere di quelle. Raccomandomi infinite volte alle Signorie vostre quae bene valeant.Io non voglio obmettere di dire ad vostre Signorie come più dì sono fu preso un secretario che fu del cardinale di Sancto Agnolo per intendere la morte di decto cardinale. Et da dua dì in qua si dice che lui ha confessato averlo advelenato per ordine di papa Alexandro et che sarà arso pubblice, et che 'l cuoco et un suo credentiere si sono fuggiti. Comincionsi ad ritrovare di queste cose; et el duca Valentino è dove ho detto altra volta. Ricordasi alle Signorie vostre, se le vogliono procedere contro di lui, di mandare un mandato in chi pare ad quelle, con autorità di substituire procuratori etc.

%1503 dic 16, LC$937$Magnifici Domini. Ad dì 14 furno l'ultime mie; et la prima, che era breve lettera, mandai per un fante spacciato da questi franzesi et la seconda detti ad Giovanni Pandolfini, el quale mi dice averla mandata per le poste di Ferrara. Duolsi detto Giovanni non essere suto rimborsato delli spacci li ho facti fare et mi ha pregato lo ricordi ad vostre Signorie, et io lo fo constrecto da la necessità, perché, occorrendo cosa che avessi bisogno di subito adviso, rimarrei a piè quando e' non fussi satisfacto; et referiscemi esserli suto scripto da parte, che non ch'altro, e' ne ha ricevuto poco grado per avere servito, il che gli duole tanto più.Scripsi per la preallegata ultima mia quanto s'intendeva delli spagnoli et quello mi aveva detto messer Ambruogio del Landriano, el quale manda costì un suo uomo che porterà lettere del cardinale et mie in sua raccomendatione. Né per questa, circa ad messer Ambruogio, ho che dire altro se non che con desiderio attendo risposta di quello se li abbi ad fare intendere. Et quanto alli spagnoli si è verificata la nuova; et in questa fia un capitulo d'una lettera scripta ad Gaeta del tinore vostre Signorie vedranno. Stassi con expectatione di quello debba seguire, ancora che sia chi creda che questa cosa farà la pace più facile, quando e' non seguiti maggiori sdruciti; saranno vostre Signorie advisate di quello seguirà.Le ultime lettere di vostre Signorie delli xi diritte al cardinale, mi ha decto sua Signoria reverendissima averle comunicate al papa, et che resta sopra ad modo contento della concessione li è suta facta di don Michele; non si è già resoluto come o quando lo voglia fare venire. Crede el cardinale che se ne risolverà per tucto dì domani. El capitulo dello adviso de' 6 dì di Francia piacque ancora ad $938$sua Sanctità; dispiacquelli ben che cotesti sua fussino suti impediti da le nevi, rimase tamen patiente procedendo la cagione da chi è più gran maestro di lui, et così sta sospeso in su quello che della gita loro abbi ad nascere. Lo 'mbasciadore vinitiano è in sul placare el papa, et per ancora non ci ha trovato stiva. Corteggia continuamente San Giorgio et qui è chi dubita che non cerchi per suo mezo fare contento el papa che li acquiesca ad Faventia et ad Rimini, et prometta allincontro favorire e nipoti suoi per rimetterli in Furlì et in Imola. Credesi che 'l papa non ci sia per acconsentire. Né manca qui chi attende ad scoprire queste pratiche et attraversarle.Aspectasi l'ultima resolutione di Citerna et il mandato per le cose del Valentino. Raccomandomi alle Signorie vostre quae bene valeant.

%1503 dic 16, LCMagnifici Domini. Apportatore di questa sarà

uno uomo di messer Ambruogio da Landriano, el quale viene costì mandato da lui ad ricordare e suoi bisogni; et perché io ve ne scripsi a lungo per la mia de xiiii non mi distenderò altrimenti in questa cosa, referendomi ad quanto scripsi allora et ad quanto da questo presente mandato sarà exposto ad vostre Signorie. Alle quali io raccomando infinite volte messer Ambruogio, costui et me. Bene valete.

%1503 gen 22, LC$942$Magnifici Domini etc., giunsi questo giorno qui, circa a 22 ore, et sono stato con monsignore di Ciamont, et expostoli la cagione perché io sono mandato ad el re et perché io ho facto la via di qua, acciò che sua Signoria intendessi quello medesimo da me che aveva ad intendere el re, et potessi scrivere ad quella Maestà et raccomandarli gli amici et gli stati suoi proprii, mostrandogli e periculi che soprastavano et quali remedii ci erano. Dipoi gli exposi quanto ho in commissione: et m'ingegnai farli bene capacie bisognava che noi fussimo aiutati et che gli aiuti si vedessino in facto come etiam in facto si vedevano e periculi, perché, quando fussino vostre Signorie abbandonate, era necessario o aspectassino d'essere messa a saco et vedere l'ultima ruina della vostra città, o accordarsi con chi fussi per sforzarvi quando bene non vi accordassi. Parlai de' vinitiani iuxta l'ordine mi fu dato, parlai de' vicini di vostre Signorie et della confusione loro, et quanto era necessario ad el re mantenerseli et riguadagnare di quelli che si fussino perduti, et mi sforzai non lasciare $943$indreto di dirli alcuna cosa che mi paressi necessaria dire in questa materia non usciendo di commissione etc.Sua Signoria, circa e periculi vostri et li rimedii loro, rispose generalmente; et prima, che non credeva che Consalvo fussi per venire avanti; dipoi, che quando bene venissi, el re arebbe bene cura alli amici suoi et a' suoi stati et che non si dubitassi perché el re non era per mancare. Et soggiugnendo io che queste cose non bastavano ad chi aveva e nimici addosso, et narrandogli e riscontri si aveva che Consalvo fussi per seguitare la 'mpresa, dixe: "Quando Consalvo vedrà l'armata del re di mare essere raddoppiata et intenderà che in Lombardia sia una grossa banda di gente e' non verrà avanti in alcun modo". Dixigli che l'armata di mare et le genti di Lombardia non defendevano la Toscana; rispose che 'l papa sarebbe buono franzese et che Giampaulo era loro soldato et che ' sanesi starebbono forti. Replica'gli che il papa et li sanesi vorrebbono vedere gli aiuti del re in viso, non avendo forze per loro medesimi, et che gli era bene avere Giampaulo soldato, ma bisognava fermare la condotta. Et qui gli mostrai quanto era

necessario fermarla et non solum fare di averlo soldato, ma obbligarlo con lo stato, facciendogli capace el più che io posse' che non era città in coteste parti più a proposito per farvi testa et ritenere indreto e nimici che Perugia, raccozandovi un 4 o 5000 fanti et 400 o 500 uomini d'arme: sendo la città fortissima di sito da non potere, sendovi la gente sopraddetta, né mai essere sforzata né etiam lasciata indreto. Et li persuasi el più che io posse' che gli era bene mantenersela et così acquistare degli altri soldati italiani.Entramo dipoi in su queste amicitie che si doverrebbono fra questi spicciolati d'Italia con le Signorie vostre, ma che bisognava che la Maestà del re c'interponessi l'autorità sua; concluse di scriverne ad el re et così gli scriverrebbe dell'altre cose ragionate. Persuasilo ad mandare uno uomo proprio perché e venissi meco. Dixe che farebbe correre la posta et che io facessi diligentia per trovare el re, dal quale credeva che io arei tale risposta che le Signorie vostre starebbono bene secure; et nel partirmi da lui e' dixe forte in modo che chi era d'atomo poté udire: "Non dotté di rien". Erami scordato dire ad vostre Signorie che circa e vinitiani non mi dixe altro se non $944$che li farebbono attendere ad pescare et che de' svizeri erano securi.Io non ho ritracto altro da monsignore di Ciamont che il di sopra et mi sono ingegnato scrivere alle Signorie vostre quasi le formali parole. Parlai dipoi con uno amico di cotesta città, el quale riconobbe perché era in Corte in quello tempo mi vi trovavo ancora io, et tiratomi da parte mi dixe, mostrando dolersene, che faceva cattivo iuditio delle cose di questo re, perché sapeva che non posseva mettere mano ad più danari, aveva qui poche gente d'arme et, quelle, sparte in più luoghi; non ci aveva fanterie, vedeva che bisognava lungheza di tempo ad condurci l'una cosa et l'altra, non sentiva né vedeva farne ordine alcuno; et dà l'altra parte e nimici erano in sulla sella freschi in su la fortuna et in su la victoria, tale che non conosceva che rimedio avessino non solum gli amici del re, ma questo stato. Et tucto questo mi dixe dolendosi et come uomo che temessi et non desiderassi queste cose; chi sia costui lo scriverrò altra volta per securo modo, acciò che io non lo offendessi quando le lettere capitassino male.Altro delle cose di qua non posso scrivere alle Signorie vostre per non avere possuto intendere altro in sì breve tempo; partirò domani circa ad mezo dì per a Lione.Raccomandomi alle Signorie vostre.

%1503 gen 30, LCMagnifici Domini, io giunsi qui venerdì proxime passato circa 22 ore et così vengo ad avere observato le promesse ad vostre Signorie di esserci in 6 dì o prima, tractone el tempo

missi nello andare da Milano. Non ho che scrivere alle Signorie vostre delle actioni mia di qua, $945$perché confermo tucto quello ne ha scripto a lungo lo 'mbasciadore; aspectasi questa ratificatione della tregua, dopo la quale sarò expedito et porterò o una buona securtà mediante la pace o ordine da fare guerra. El quale se fia o no securo per le Signorie vostre io non lo so, ma so bene che d'altro non si sarà possuto fare capace costoro. Raccomandomi alle Signorie vostre. Que bene valeant.Quello che nel passare da Milano io scripsi che faceva tristo iuditio delle cose di quello stato pe' franzesi si chiama el conte Piccino da Noara; dovvene notitia adciò possiate meglio riposarvi sopra l'opinione sua, perché è conosciuto da qualunque, è stato oratore in Francia.

%1503 feb 25 LCMagnifici Domini etc., poi che venne la ratificazione della tregua di Spagna io sono stato continuamente in su le staffe per venirmene ad cotesta volta et alla magnificentia dello oratore parse che io non partissi prima che di qui fussi partito messer Francesco da Narni, mandato in costà per quelle cagioni che vostre Signorie aranno intese da decto oratore; et aveva facta deliberatione che io partissi seco. Dipoi examinando meglio la cosa, non volse partissi con lui, giudicando che lo andare io con quello li togliessi reputatione et facessi parere questa sua venuta una cosa mendicata dalle Signorie vostre. Truovomi ancora qui et per essere solo mi bisogna aspectare compagnia; et venerdì proximo partirò sanza manco, nel quale tempo lo ambasciadore partirà anch'egli per ire verso el re. Raccomandomi infinite volte alle Signorie vostre et $946$mi rimetto delle cose importanti ad tucto quello ne scrive et ne ha scripto l'oratore, perché è prudentissimo, sollecito et affectionato alla patria sua. Bene valete.

%1503 apr 11, LC$948$Magnifici Domini mei singularissimi etc. Giunto che io fui iarsera ad piè di Cortona et intendendo come Piero Bartolini era tornato da Giampagolo et trovavasi lassù et essendo ora da non possere essere di dì ad Castiglioni et avendo etiam commissione da vostre Signorie di parlare con Antonio, alloggiai seco; parlai con lui et da Piero intesi come era sequito el caso suo: di che lui mi dixe avere dato notitia appunto alle Signorie vostre. Questa mattina dipoi di buona ora fui con Giampaulo et innanzi et dopo el desinare parlai seco più che tre ore: nel quale tempo ebbi larga comodità di potere exequire la commissione delle Signorie vostre, la quale aveva tre capi: al primo, se voleva servire o no; l'altro, non volendo

servire, quali erano le cagioni, et se l'erono per migliorare conditioni, $949$o se l'avèno maggior fondamento; l'ultimo, che non si rompessi con seco per non li dare occasione etc. Per exequire tucte ad tre queste cose io entrai con lui nel modo che m'ordinorno le Signorie vostre per la loro instructione: monstrando che le vostre Signorie si dolevono di questi suoi impedimenti, maravigliavonsi non lo avere inteso prima, et che così ora quando l'avevono inteso li offerivano ogni cosa per la securtà dello stato suo. Lui ringratiò molto amorevolmente le vostre Signorie delle oferte; dixe non lo avere facto intendere prima per non esserne suto prima adcercato et che ora sapiendo e periculi che li soprastavano et le machinationi de' Colonnesi et degli altri suoi nimici et le pratiche che li avèno tenute infino drento in Perugia et che presto le scoprirrebbe non vedeva ad nessun modo possersi obligare ad altri sanza uno manifesto periculo di perdere lo stato, et che li era molto meglio ora aversi tagliato legno, che avere presi e vostri danari et dipoi in sul bello delle factioni aversi ad partire.Di questo ragionamento e' saltò nel modo che si procedé anno con lui et come mentre che li stette in campo et essendoli ogni dì scripto da' suoi che venissi, voi non li volesti dare licenza, onde che per non rompere con voi fecie che 'l signore Bartolomeo venissi ad Perugia; della venuta del quale voi entrasti in tale sospecto che lo ebbe ad mandare via et che non vuole questo anno avere ad fare così; ma che crede bene assectare in modo le cose sue questo anno et assicurarsi in tale forma che questo altro anno e' potrà servire le Signorie vostre, dicendo essere certo di avere ad essere più vostro servidore che mai.Et rispondendo io ad questi sua sospecti quelle risposte che ci sono, et iustificandogli le cose d'anno lui soggiunse che non posseva stare bene contento, né riposarsi sopra di voi, avendo voi tenuto pratica sempre, et etiam pochi giorni sono ristrectola, di condurre Fabbritio Colonna, et benché non si sia concluso, tamen si potria tanto battere la cosa che si concluderebbe et lui si verrebbe ad trovare, quando fussi costà, in mezo a' nimici suoi. Et qui si distese assai, detestando queste vostre condocte savelle et colonnese et biasimandovi che voi lasciavi e guelfi et che quando voi vi fussi attenuti ad loro et facto un corpo di lui, Bartolomeo et Vitelli, ci andava la cosa bene per loro et per voi; perché e Colonnesi rimanevono bassi, che sono inimici loro, et Pandolfo et ' luchesi stavono $950$a' termini, che sono nimici vostri; et Pisa cadeva per sé medesima. Et replicando io ad questa parte quello che si poteva et che era conveniente et stando lui forte che si faceva per cotesta città avere facto questo corpo di tucti decti Orsini, li uscì di bocca che voi non eri più a tempo ad farlo.

Dolsesi de' ribelli perugini che stanno ad Cortona. Dipoi soggiunse che quando e' fussi accusato della fede et bisognassi iustificarsi era parato ad farlo et che aveva mostri e capituli ad molti doctori perugini et tucti li dicevono non essere tenuto ad servire. Alla parte de' ribelli stanno ad Cortona, io li dixi che questa era una cagione, conosciuta la qualità di quelli che vi sono stati qualche volta, che sua Signoria non doveva allegarla, et per questo io mi vergognavo in suo servitio ad replicarvi ed ad ragionarne; ma quanto al potersi lui iustificare di non essere obbligato, avendomi lui dato occasione larga d'entrare in su e meriti della fede et quant'ella importava, io non ho conscienza d'avere lasciato indreto cosa alcuna che in tale caso se li potessi dire, pigliandola per questo verso, che io mostrai che le Signorie vostre di questa sua deliberatione non avevono auto tanto dispiacere per conto loro proprio quanto per conto suo; perché se voi rimanete ora allo scoperto ex improviso di 130 uomini d'arme, egli era tanti cavalli in Italia fuora della stalla, che voi non eri per rimanere ad piè in nessun modo, né per ritirarvi da alcuno vostro disegno; et così el male vostro era curabile presto, ma el suo non era già così: perché se voi non eri mai per dolervi della sua féde presupponendo che ' sospecti sien veri et che li bisogni stare ad casa, ciascuno che sa e meriti vostri verso di lui, sa la condotta come sta, sa e pagamenti come e' sono corsi, sa le commodità che li sono state facte, sa la condocta facta per il figliolo et ad sua richiesta, sa che tucta la prestanza li è suta portata ad casa, non lo excuserà mai, anzi lo adcuserà d'ingratitudine et d'infedeltà et sarà tenuto un cavallo che 'nciampa, che non truova persona che lo cavalchi, perché non facci fiacare el collo ad chi vi è su; et che queste cose non hanno ad essere giudicate da' doctori, ma da' signori, et che chi fa conto della coraza et vuolvisi onorare drento, non fa perdita veruna che li stimi tanto quanto quella della fede, et che mi pareva che ad questa volta e se la giucassi. Et perché li stava pure in sul potersi iustificare, io $951$li dixi che li omini debbono fare ogni cosa per non si avere mai ad iustificare, perché la iustificatione presuppone errore o opinione d'epso; et che si ebbe anno ancora ad iustificare per conto de' franzesi et che li tocava troppo spesso ad iustificarsi. Et così lo punsi per ritto et per il traverso, dicendoli molte cose come ad amico et da me; et benché più volte li vedessi cambiare el viso, mai fecie col parlare segno da potere sperare che mutassi opinione.Questo è in summa quanto nel parlare ordinato io posso referire alle Signorie vostre. Quello poi che confusamente et alla spezata si ragionò fu quasi nel medesimo effecto, perché lui stava fermo in su el volersi stare questo anno ad

casa et non servire persona et che fra pochi dì farebbe morire 4 persone in Perugia de' sua nimici et che non si pigliassi ombra se rassectassi genti insieme, che lo faceva per potere rispondere ad sua inimici et cacciarne alcuni di certe castella. Dixe che voi possevi fare questo anno sanza soldare genti d'arme perché non vi vedeva ad ordine da potere ire ad Pisa; et se pure ne soldavi, lasciassi stare Colonnesi et pigliassi el marchese di Mantua et dell'altre gente che non fussino di quella factione. Uscigli di bocca in questi ragionamenti così facti che questo anno si temporeggierebbe con quella provisione che di qualche luogo e' traessi. Né mancai in questi ragionamenti di dire quello che mi pareva conveniente alla natura loro: offersesi per iustificare le Signorie vostre che le non avèno da dubitare di lui, che se questo anno voi volessi fare la 'mpresa di Pisa che verrebbe con la persona sua con 40 o 50 de' suoi uomini et verrà come amico et non come obligato et sarà contento che le Signorie vostre lo adoperino per marraiolo.Le Signorie vostre possono per quello che è scripto infino qui conosciere come Giampaulo è deliberato al tucto non vi servire et quali cagioni n'assegni, le quali sono dette da lui et ad suo proposito. Quello che si ritrae da altri è questo: e' mi hanno parlato dua uomini sua soldati et vostri subditi, de' quali ve ne è uno più apto ad praticare che ad fare; diconmi tucti ad dua che questa è una intelligentia al certo con Pandolfo, luchesi et casa orsina et sua factione; non sanno se c'interviene altri, ma san bene che si pratica assai cose, perché ogni nocte ad Giampaulo viene qualcuno o cavallaro o che lo somiglia; messer Goro da Pistoia fa un gran dimenarsi et che ora è $952$fuora, non sanno già dove; domenica Giampaulo s'accozò con Pandolfo verso Chiusi et sott'ombra di caccia; e disegni loro sono tòrvi Pisa al certo et farvi peggio se potranno; el fine loro è ridurvi ad essere una medesima cosa che loro, adciò che chi è in su l'arme si pasca et gli altri s'assicurino; hannovi facto dondolare da Giampaulo perché abbiate meno tempo ad provedervi, né si sarebbe ancora scoperto se voi non mandavi la prestanza; ma sentendo che l'aveva ad venire, volse anticipare et scripse quella lettera ad messer Vincentio; volse in cambio della lettera mandare ser Valerio et lui non volse venire dicendo che non voleva venire costì perché voi lo 'mpicassi portandovi quella nuova. Hannogli, chi lo induce ad questo, facto pigliare questa via di dire di non volere servire per volersi stare ad casa, perché lui et loro sanno che voi vi avete ad risentire di questa iniuria et ad fare qualche cosa contro di lui, et o col soldare colonnesi o con altri remedi per guardarvi da lui, darli occasione di scoprirsi iustificatamente contro ad cotesta città; et però lui vi consiglia molto amorevolmente o ad

star sanza gente d'arme o ad non soldare colonnesi. Diconmi costoro che mi hanno dato questo ragguaglio che, se voi non li date occasione, che non sarà per scoprirsi, ma adcommoderà delle sua genti sotto Bartolomeo et sotto altri che li verrà bene. Dicono etiam che li ha confortati e sua soldati ad stare di buona voglia, che se non tocherà danari da' fiorentini, ne arà da li altri; et lui me lo accennò nel parlare come dico di sopra; item che sua opinione è che voi non vi possiate armare et se pure voi vi armassi di colonnesi, hanno in disegno tagliare loro la via del passare in Toscana et non ce gli lasciare condurre in nessun modo. Referisconmi costoro che Giampaolo è stato da dua mesi come in estasi et mai ha riso una volta di voglia, et io ho riscontro questo perché, parlando seco et dicendogli che pensassi bene al partito che pigliava et che pesava più che non pesava Perugia, mi rispose: "Credimi che io ci ho pensato et che io mi sono segnato più di sei volte et pregato Iddio che me la mandi buona".Io lascierò ora fare iuditio alle Signorie vostre di tucte questo cose. Et perché le Signorie vostre mi dixono ad boca che io avessi l'ochio ad non rompere ragionandomi lui et mostrandomi con efficacissime parole quanto lui era servidore di cotesta città et che la lo conoscierebbe $953$più l'uno dì che l'altro, et da ora se la pigliassi ombra di questa sua deliberatione, manderebbe costì el suo figliolo per statico io lo domandai perché non aveva ratificato alla condotta sua. Lui dixe allora presto et sanza pensarvi che, quando le vostre Signorie lo volessino, che ve lo darebbe molto volentieri. Io risposi che di questo non ne avevo commissione alcuna et che vostre Signorie non me ne avèno ragionato alcuna cosa, ma che posseva farlo loro intendere per vedere l'animo loro; donde lui subito fe' mandare un fante ad Perugia ad ser Valerio che venissi ad lui, et ha decto volerlo subito mandare alle Signorie vostre con questa commissione, né ad me è parso fuora di proposito entrare in questa pratica. In summa nel partirmi da lui e' mi dixe che io facessi intendere alle Signorie vostre che questo anno ad nessun prezo et per nessun conto voleva servire le Signorie vostre; et che se voi andavate ad campo ad Pisa, verrebbe come amico con 40 e 50 persone et che io le accertassi che non era per offenderle, né per essere con chi l'offendessi et che la necessità di stare ad casa li faceva pigliare questo partito et non altro; et che vi darebbe questo suo figliolo, volendolo. Et perché vostre Signorie veghino se se gli può credere, mi sono disteso in tucti quelli particulari che si scrivono di sopra, per li quali le Signorie vostre giudicheranno tucto con la loro solita prudentia; né mi sono curato essere lungo fuora della natura mia, perché questo articulo mi pare di tanta importanza che io non penso possere errare avendo facto loro intendere

quanto io abbi udito. Et veduto che gente d'arme abbi et dove, io ho ritracto che de' vechi liene manca intorno ad 20, ma che in pochi giorni ha soldato 28 uomini d'arme del Prefecto et del duca d'Urbino. Hagli alle stanze per tucto lo stato suo; in quello di Cortona ha solamente tre uomini d'arme. Dice pubblice volere avere insieme fra un mese 100 uomini d'arme et 100 cavalli leggieri.Io non mi son fermo ad Castiglione parendomi avere ritracto quello che io debbo di quelle cose; dipoi sendo là non possevo scrivere la metà delle cose ho scripte; ulterius da un dì in là sarei suto tenuto spia, et statovi con poca gratia et poca reputatione di vostre Signorie; et però ho preso per partito venirmene, pensando sia minore errore lo averci ad ritornare che lo starci. Starommi questa sera ad Cortona; domani parlerò al capitano d'Arezo et $954$l'altro sarò costì, piacciendo ad Dio. Raccomandomi alle Signorie vostre.Io ho dato dua ducati ad Carlo cavallaro che partì di qui ad ore 23 et mi ha promesso essere costì avanti che le Signorie vostre ne vadino ad casa; quanto che no, renderà indreto e dua ducati.

%1503 lug 17, LC$956$Magnifici domini mei etc. Parlai ad Pandolfo questa mattina alla levata sua, perché arrivai qui avanti lo aprir delle porte; et exponendogli la commissione avevo da le Signorie vostre, non mi lasciò fornire el ragionamento, ma dixe: "Io ti voglio dir come questo facto sta. Avendo el signore Renzo da Ceri predato in su questo stato 500 capi di bestie grosse, mandai Cornelio Galanti ad Bartolomeo d'Alviano ad dolermi del caso, con ordine che quando e' trovassi la cosa dura, e' se ne andassi infino ad Roma ad dolersene con la Sanctità del papa. Cornelio andò, et credo che fra questi signori cittadini, di chi era el bestiame, et el signore Renzo nascerà qualche compositione. Scripsemi Cornelio, fuor di questo, che Bartolomeo li aveva facto intendere come non posseva tener più e suo soldati in munitione, et che voleva ad ogni modo levarsi giovedì proximo, che viene ad essere questa mattina, et andar ad dirictura di Campiglia per pigliarsi alloggiamenti et travagliarsi secondo che la fortuna li ordinassi. Maraviglia'mi di questa cosa et dispiacquemi; et subito messi ad cavallo uno che lo venissi ad significare al gonfalonieri; et riscripsi volando ad Cornelio che fussi con el signore Bartolomeo di nuovo et per mia parte lo sbigottissi al tucto da entrare in simil impresa, perché, sanza fondamento, ella era pazia expressa, et fondamento non ci vedevo che fussi securo; et di più li dicessi che d'in su el dominio nostro lui arà quelle cose che si togliessi, et non altro. Et perché di questa sua lettera ne arebbe risposta oggi in ogni modo, et però

sarebbe bene l'aspectassi avanti che io scrivessi; et che per ora non mi posseva dire altro, salvo che quello avea mandato ad dire costì; et che era per farlo, iusta le forze sue et della sua città; et che manderebbe per me, venuta che fussi detta risposta. Né io mi curai, poiché poco dipoi io li dovevo riparlare, entrarli in molti particulari.Mandò per me dopo desinare, intorno ad 17 ore, et secondo che intendo, aveva auto ad desinar seco 5 o 6 cittadini de' primi et facto con loro un poco di praticuza sopra questa mia venuta, e quali eran seco quando giunsi $957$ad casa sua. Et postomi ad seder fra loro, mi dixe Pandolfo avere auto risposta da Cornelio et che li significava aver con un lungo discorso dissuaso l'Alviano per sua parte al venire innanzi, et infine non aver profictato cosa alcuna; et che questa mattina doveva levarsi delli alloggiamenti donde era et andare col campo al mulin di Vetrella, et dipoi domani andare nella selva di San Giovanni fra Montefiasconi et Viterbo, dove dovea tocar danari, né sapeva già quanti né da chi; et che diceva aver fondamento grande di danari et di fanti et d'artiglierie, et che noi ci dovavamo indovinar da chi; et dipoi lo chiarì che bisognava fussi Consalvo, et che lo servissi de' fanti di Piombino et dell'artiglierie son là; et che sarebbe anche facil cosa che ' fanti spagnoli erano ad Gaeta, che si diceva si avessin a 'mbarcare per Sicilia, se ne andassino in Piombino per coniungersi seco. Pare ad Pandolfo per questo adviso essere chiaro che li abbi ad cavalcare, et per questo da el canto suo ha digià facti quelli rimedi può, et che ha scripto ad Cornelio che non torni, ma seguiti el campo et di punto in punto advisi e suoi movimenti. Ha scripto ad Giampaulo Balioni che subito cavalchi con tucte le sue genti et passi le Chiane et ne vada in Maremma; et consiglia voi, che voi mandiate tucte le vostre genti in Maremma ad Campiglia. Soggiunse che, benché lui et tucti quelli cittadini sieno d'animo fare ogni cosa per obviarlo, tamen non sanno né come potere né come vedere che vi sia drento la total securtà loro, portando pericolo di tirarsi una guerra addosso et non avendo fermi bene e piè con voi; et che a lui parrebbe che si concludessi prima lo adcordo, et quando per lo addreto non fussi stata intesa la mente sua, dice che questo stato sarà contento adcordarsi in questo modo: prorogare per altri cinque anni quella tregua si fe' nel '98 come la sta, et se vi fussi drento qualche capitulo che ora non facessi al proposito, o fussi litigioso, si potre' levar via, et solo adgiugnervi che e sanesi fussin obligati per tucti questi cinque anni, finché si riavessi Pisa, servire continuamente cotesta città di 50 uomini d'arme; et se già si ragionò di 100, hanno pensato che 50 uomini darme ad voi non porta, et loro, avendo poi ad stare ad casa armati, enterrebbono in spesa

insopportabile, et che questo dar le genti d'arme loro vi ha ad servire più per un segno che per altro; inoltre che, riavendosi Pisa per le sue Signorie infra detti cinque anni, $958$Moltepulciano rimanga libero a sanesi, et che questo capitulo di Montepulciano si faccia ad senno del Savio de' sanesi et quello di Pisa et de' 50 uomini d'arme si faccia ad senno del vostro. Et non si riavendo Pisa fra detti cinque anni, non s'intendino cedute le ragioni di Montepulciano, anzi si ritornino ne' termini erano avanti si capitulassi; pur nondimanco duri la lega per virtù della disdetta infino ad tanto che la si disdica. Et perché io risposi ad questo che io non avevo commissione di ragionare di questa materia, ma possevo bene scriverne, pure, avendo ad dirne l'opinione mia che io non vedevo come tale adcordo rimediassi ad quello di che si aveva sospecto, andando assai tempo in simil pratiche, et essendo Bartolomeo ad cavallo , rispose che non si aveva ad fare se non dua capituli et che si farebbono in quattro dì, et intanto si poteva non perder tempo, ma sollecitar voi le vostre genti per ad Campiglia, et lui le sua per Maremma; et che si poteva ancora tentare delli altri expedienti, e quali sarebbono unico rimedio ad reprimerlo: il che sarebbe torli e Vitelli che hanno 60 uomini d'arme; et qui giurò che se se gli toglieva e Vitegli, voleva essere impiccato se veniva innanzi; et oltre a' Vitegli se li torrebbe degli altri condoctieri. Et se la fussi qualche spesa alle Signorie vostre, che la sare' bene allogata perché e' sarebbe bene per questa via assicurarsi per sempre, nonché per ora, da Bartolomeo, uomo da esser temuto da qualunque ha stato, sendo lui armato et sanza stato, et essendo di natura fiero et sanza rispetti, et l'Italia trovandosi piena di ladri et usi a viver di quel d'altri, e quali tucti per predare concorreranno seco.Io non mancai di ricordarli che quanto più conosceva queste cose, più era tenuto ad rimediarvi et non aspectare che altri facessi ogni cosa, et che doveva quelli remedi, ch' eran pronti et che lui avea ricordati, farli; et che non era bene aspectare sempre che altri facessi; et ricordali che ci avanzava genti, et non ci mancava favori, e quali tucti erano in benifitio d'altri, quando altri li voglia ricevere et voglia intendere el bisogno del bene comune; quando che no et la Toscana abbi ad travagliar di nuovo, noi sapavamo che de' medesimi disordini alcun ne muore ed alcun ne campa, ma e' toca ad morir sempre a' corpi più deboli. Riprese qui le parole et con un lungo ragionamento volse iustificare el passato, et concluse che io scrivessi, et $959$che aveva caro mi fermassi qui per un dì o per dua, per aver risposta di quello ad che voi vi risolvevi, et per possermi significare di bocca e progressi dello Alviano; ma mi pregò advertissi le Signorie vostre ad non lo allegare dove fussi per pubblicarsi, et dolsesi

essere stato allegato di quel che mandò ad dire, per il che vostre Signorie mi mandorno qui. Non voglio mancar di dire alle Signorie vostre come sua Magnificentia mi dixe che, per anticipare, aveva digià ordinato scrivere a' Vitelli et tentagli di rimuoversi da l'Alviano. Dixe ancora che credeva tenere ad bada 6 o 8 dì detto signore Bartolomeo, sotto coverta di volerli mandare danari; ma questo non farebbe se prima non fussi convenuto con voi. Et soggiunse che non si dubitassi che, adcordandosi questi dua stati, non mancheria lor modi ad tenerlo, et che si ricordava averlo tenuto nel '98, quando lui era co' vinitiani.Quello che io ho ritracto da la bocca di Pandolfo è tucto quello ho scripto fin qui. Arei possuto scrivere molte risposte li feci, che per non infastidir le Signorie vostre le ho pretermesse; neanche so giudicare se se gli ha ad credere o no, perché di qua io non ho veduto segno, perché io possa meglio far coniectura che le Signorie vostre. Solo ho ad dire questo a vostre Signorie, adciò che le non ci pensino più ad questa parte, et questo è che non teme punto al presente di Bartolomeo d'Alviano; et quando e' dicessi 'l vero di quel che dice, non sarebbe timor presente che liene facessi fare, ma ad tempo.È stato ad me un sanese che dice esser così grande amico della città vostra et mi ha detto che voi non vi fidiate di cosa che costui vi prometta o dica; et che sa certo che ' vinitiani ci spendono et sono in questa matassa, et che pochi dì sono tornò Guido Belanti da Vinegia, dove era ito più septimane sono con messer Petruccio, el quale è rimasto là; et essendo tornato questo Guido in ceste, sendosi guasto una gamba per la via, che correva le poste, giunto che fu, Pandolfo l'andò a vicitare, et subito, vicitato lo ebbe, spacciò Cornelio Galanti all'Alviano ad sollecitar venissi innanzi; et che li ha mandati li uomini digià a' confini del sanese per recever le sua genti et alloggiarle, et che 'l disegno suo è fare rovinare chi siede costì, parendogli uomo da non si voler ristringer con seco in particularità et che ci convengon questi altri facilmente per averci ciascun el suo interesse, et crede ci sia drento grande $960$intridura; et che mi adviserà di molte cose mentre ci starò. E costui uomo di assa' buona presenza et par di cervello, ma mostra essere tanto passionato contro ad chi governa qui, che questo gli toglie fede; tamen quello mi ha decto, io lo ho scripto, et così scriverrò, dicendomi più cosa alcuna, et vostre Signorie ne faranno tale masseritia che non ci capitassi male.Parte la presente staffetta ad ore 22. Le Signorie vostre saranno contente farne rimborsare del costo Francesco del Nero. Valete.

%1503 lug 18, LCMagnifici Domini etc. Ieri scripsi ad lungo alle Signorie vostre et la mandai per staffetta, che dové arrivare iarsera ad dua ore di nocte; della quale domani al più lungo attendo risposta, per possermene ritornare. Questa mattina, sendo in Duomo, mi si adcostò un ser Pagolo di Pietro di Pagolo, suto già costì fuoriuscito di qua, et mi narrò nel primo parlare li oblighi grandi che lui aveva con cotesta città per esserli quella più volte stata scudo nelle sua adversità et avere trovato in cotesti cittadini grande amore et benivolenza verso di lui, et fra molti mi allegò messer Francesco Gualterotti. Dixemi prima che delle cose di stato non mi voleva ragionare per non possermi dire lo animo suo come e' desiderrebbe, ma che in particulare mi si offeriva; pur, entrandoli io sotto, dopo molti ragionamenti, venimo ad ragionar delle cose che al presente corrono, et mi affermò Bartolommeo d'Alviano esser mosso et esser per venire ad Campiglia, et che con lui concorrerebbe Consalvo con fanti, et forse più che quelli che erano ad Piombino, et e vinitiani con danari; et questo stato in questo caso si lascerà sforzare solum, sanza darli gente $961$o altro aiuto evidente. Ma dimandandogli io quello volea fare ad Campiglia, dixe pigliar quello luogo, rallargare e pisani' et governarsi poi secondo el successo; ma che si ricordava che altra volta egli era venuto infino in su le porte, et per adventura verrebbe ad tentare questo medesimo al presente, et lascerà stare Campiglia. Et subito dipoi sobgiunse che si maravigliava bene che cotesta città non avessi voluto assicurare costui che governa qui et fare adcordo seco delle cose di Montepulciano, come molte volte sera ragionato, et che li pareva che voi vendessi in tale accordo ad costoro el sol di luglio; perché, quando voi fussi signori di Pisa, egli arebbe ad stare ad discretione vostra, nonché Montepulciano, Siena et tucto el resto di Toscana. Replica'gli che se non s'era facto adcordo, ne eran cagione loro, perché in Firenze era suto sempre dispositione di non si discostare da le cose ragionevoli, ma che al presente mi pareva che le cose fussino in termine da non ragionar d'accordo, quando Pandolfo fussi convenuto con Bartolommeo et con chi li aderiscie; rispose subito che io non dicessi così, perché giudicava che voi fussi a tempo benissimo ad accordare seco, ma non bisognerebbe perderci tempo, et che le conventioni facte con costoro sono in diete et ad parole, et che ad Pandolfo dare' poca noia gabbare e vinitiani, etiam che si fussino sborsati el danaio, et adcennò che ' danari loro si pagassin per le mani sua. Et così non si curerebbe gabbare Consalvo, perché tucti ad dua costoro son mossi da lui, el quale si ha dato tanta fede con questi potenti che credono et confidono assai nel cervel suo; et

che credeva che Pandolfo si gittassi più volentieri allo adcordo vostro, per non veder però el fine affacto di questi movimenti, et dubitare che, come altra volta, non li tornassino sopra la testa; et per questo li sare' più secura la via vostra.Risposigli che li era difficile ad credere che questi movimenti fussin grandi et Pandolfo li potessi ad suo posta fermare, et per questo io credevo o che Pandolfo non facessi questo accordo o, faccendolo, queste preparationi fussin per far paura et non male; et che noi eravamo in termine da non temere li assalti galiardi, nonché e deboli. Et qui li narrai dove noi ci trovavamo con le forze et con li amici. Rispose che quanto voi eri più securi tanto era più contento, et che non sapeva dirmi altro, se 'l movimento serà grande o piccolo; ma che sapeva bene, o $962$grande o piccol che fussi, che li stava ad Pandolfo el resolverlo, perché li eran tucti fondati in sul cervel suo. Et qui si distese in su le sua qualità, ritornando in sul credito grande che lui si aveva adquistato per tutto, et che teneva el piè sempre in mille staffe, et tenevalo in modo da poternelo trarre ad sua posta. Et così si parti da me, concludendo che 'l fare questo accordo seco li pareva che fussi un gran partito per voi.Come io, magnifici Signori, scripsi ieri quello ragionamento avevo auto con quello altro amico, così vi ho voluto scriver quello ho auto con costui. Et tucti ad dua nel principio del parlare si mostrorno male contenti di chi reggie; ma come voi vedete, le conclusioni furno differenti. Non scripsi el nome di quello di ieri per non li fare danno. Ho scripto quello di costui, parendomi che questo ragionamento l'importassi meno, et adciò che le Signorie vostre, conoscendo l'uomo, ne possin fare miglior iuditio. Altro non ho che scrivervi, salvo che mi era scordato significare per la di ieri alle Signorie vostre che, ragionando ier mattina con Pandolfo et dicendo lui ch'era per fare quello che poteva per resistere ad Bartolomeo, et respondendo io che lo credevo, avendo visto che li aveva mandato ad Firenze ad fare fanti, rispose che e fanti facti ad Firenze non eran per questo conto, ma che un suo bargello, creato nuovamente, aveva facto 30 fanti: il che io ho poi riscontro essere vero.Poi che io ebbi iarsera scripto, Pandolfo mi fe' intendere come un Bastiano cortonese, suto suo barbieri lungo tempo, sendo ito ad Cortona pochi dì sono per maritare una sua sorella, è suto sostenuto da quel capitano per dubitatione che non tramassi qualche cosa di stato. Crede che se ne sia ritrovato el vero, et desiderrebbe liene fussi facto un presente et per suo amore relaxato, et che io per sua parte ne dovessi pregare le Signorie vostre. Et io così fo et mi raccomando ad vostre Signorie, que bene valeant.

%1503 lug 19, LC$964$Magnifici Domini etc. Ieri scripsi l'alligata ad vostre Signorie, adciò quelle potessino di quello ragionamento trarre quella utilità se ne può trarre; et così scriverrò ad quelle sempre ciò che io vedrò et intenderò di qua. E comparsa poi questa mattina la staffetta di vostre Signorie responsiva alla mia. Fui con Pandolfo subito, dixigli la risposta mi aven facta le Signorie vostre; lui, sopra la tregua over lega da farsi, dixe che le cose difficili si voléno lasciare stare et che molte volte la prudentia degli uomini non bastava ad obviarsi a' cieli, e quali per adventura voglion che si colorischino e loro disegni, come hanno facto fin qui. Quanto a' Vitegli et ad li altri, dixe che quello era un disegno et pensiero suo nel pensare quali remedii ci fussino più prompti ad reprimere Bartolomeo d'Alviano, et non posseva dire le conditioni di questa condotta, se non intendeva loro; et per questo scripse loro per tentarli et che oggi ne arebbe risposta et farebbemelo intendere; et che credeva averli, quando non fussin fermi di nuovo con Alviano: il che dixe non sapere. Li altri, dixe non aver tentati per paura che Bartolomeo non lo scoprissi, et che ci va ad rilento in irritarlo, sanza aver fermo con voi, perché non vorrebbe in nessun modo farsi un nimico et non si guadagnare uno amico; et che per certo, sendo lui uscito liberamente ad dirvi quello sia l'animo suo circa la tregua, et condesceso ad cose ragionevoli, non doverrebbe essere costì tanta difficultà, volendola fare; ma non la volendo, ogni cosa sarà difficile; et che se si ragiona $965$ora 50 uomini d'arme, nascie che Montepulciano non si concede libero, come si ragionava doversi concedere, quando si consentiva ad 100 uomini d'arme. Et qui si distese assai, monstrando che in su questo adcordo si avessi ad edificare ogni remedio opportuno per la quiete di Toscana, et che sarebbe molto più satisfacto che vostre Signorie dicessino di non lo voler fare in nessun modo, et che si pensassi, per il bene comune, che non si accendessi nuovo fuoco, che tenendo la cosa in ponte ad questo modo. Et perché nel rispondere che io facevo ad tucto questo suo ragionamento, io insistevo nella brevità del tempo, come io li avevo decto prima et come vostre Signorie nella loro lettera scrivono, mi rispose che questa conclusione si farebbe in ore, non che in dì, et per adventura Bartolomeo potrebbe stare qualche giorno dove è, perché ha scripto una lettera ad Giampaulo che vorrebbe adboccarsi seco ad Graffignano et che Giampaulo debbe essere ad cammino per transferirsi là; et che per adventura e danari che voleva dare alle sua genti in questa selva, non debbono essere arrivati; pure, dixe, per non lo avere addosso allo improviso, aveva mandati e podestà nelle loro podesterie a'

confini nelle Maremme per fare tirare le ricolte alle terre et fare ordinare farine, ma che crede più tosto abbia un poco ad soprastare, et così si viene ad avere tempo un mondo. Dixe non sapere quello che Bartolomeo si volessi da Giampaulo.Io non replicherò alle Signorie vostre quello che io li dissi in su questo ragionamento per non le tediare. Ma di nuovo replicherò le conclusioni di costui: quali sono, che faccendo questo adcordo seco, voi vi assicurate con quelli expedienti che insieme potrete pigliare, uno de' quali è smembrare Bartolomeo; non lo facciendo questo adcordo, dice non poter travagliarsi in modo che facci offesa evidente ad Bartolomeo, ma che è per advertirvi et per fare tucto quello buon può. Examinino ora le Signorie vostre, per tucto quello che io ho scripto, quale fantasia sia quella di costui, che per vederlo in viso non si guadagna nulla o poco. E dice che non sa che fondamento s'abbi questa impresa, ma che la lo potrebbe aver grande; giura che Bartolomeo non si servirà delle genti né de' subditi di questo stato; dice che non crede che Giampaulo lo serva de' suo fanti, né sa se e Vitelli se lo serviranno delle fanterie loro, ma che se lo servissino, lo saperrebbe; dice che tiene $966$uno ad presso Bartolomeo d'Alviano per intender li andamenti sua et poterveli significare, et che ha scripto ad Roma per intendere el fondamento della cosa, et ve lo farà intendere. Ritraggo che in su la morte d'Ascanio lui stette adnebbiato un pezo, et che ora è tucto ristiarato et pieno di speranza.Qui non si vede grandi travagliamenti. Messer Antonio da Venafro, che è el quore suo et è el caffo delli altri uomini, con el quale io parlai ieri tucto dì, non batte altro se non che questo adcordo si dovessi fare per rimedio comune, monstrando che qualunque fondamento li avessi, si potrebbe dissolvere. Et uno de' primi remedii che lui adduceva era che si disarmassi Bartolomeo, ma che prima si facessi l'accordo. Pertanto le vostre Signorie prudentissime, come ho decto, considerranno tucto et ne faranno buon iuditio.Pandolfo mi ha ricerco più volte se la prestanza del marchese era data: sempre li ho risposto, quando mi parti, che la si expediva. Et questa mattina mi dixe che ritraeva di verso Lombardia, che questa condocta non andrebbe innanzi, veggendo che si stava ad casa et non avea auti danari. Risposigli quel medesimo, ma fui per dirli aver nuove da vostre Signorie la avevi pagata, ma si aveva ad tener segreta per posser vincere una impositione di danari, in su la opinione che la si avessi ad dare; non lo dixi per non sapere se sera a proposito; sarò a tempo, quando le Signorie vostre voglino.Se non fussi che io so che le Signorie vostre stanno con desiderio di avere mie lettere, io aspecterei ad spacciare questa sera, per possere scrivere quello che di nuovo avessi

Pandolfo di campo; ma per non le lasciare sospese, le spaccio, che siamo ad ore 17, et le Signorie vostre faranno rimborsare Francesco del Nero di 15 carlini.Quello Bastiano da Cortona, barbiere di Pandolfo, che io raccomando alle Signorie vostre per la alligata, è tornato qui, et per adventura si debbe essere fuggito. Dixemi Pandolfo che dubitava che non fussi proceduto contro le cose sua; pregommi che io pregassi vostre Signorie ad farvi rimedio, offerendosi farlo comparire dovunque le Signorie vostre vorranno: et io ne le gravo per sua parte et pregole me ne rispondino da poterliene mostrare. Raccomandomi alle Signorie vostre.Die xviiii iulii MDV hora 17. $967$Erami scordato dire alle Signorie vostre che Pandolfo mi ha mille volte pregato che io advertisca le Signorie vostre sieno contente non lo allegare nelli advisi vi dà di Bartolomeo d'Alviano, perché sarà forzato ritirarsene; et così che si tenghino secrete le cose tracta con quelle.

%1503 lug 20, LCMagnifici Domini etc. Per la staffetta di ieri le Signorie vostre aranno inteso quello scadeva et come, circa e Vitegli, che è quello rimedio che Pandolfo propone per optimo et al tucto necessario ad volersi liberare etc., lui dixe avermi parlato per opinione sua et che non sapeva la voglia loro, et che bisognava adspectare la risposta di quella lettera aveva scripta loro in su la giunta mia qui, per la quale li aveva tastati generalmente se si partirebbono da Alviano. Iarsera dipoi, ad dua ore di nocte, venne ad me el cancellieri della Balla et mi dixe Pandolfo avere auto lettere in quel punto da Cornelio et da e Vitegli; et benché non vi fussi cosa da non la poter differire ad stamani, tamen per satisfare ad le promesse mi ha facte di advisarmi ad ogni ora di quello intende di campo, mi significava essere advisato come ad dì 18, secondo l'ordine, el campo era giunto nella selva, et che Bartolomeo disegnava andare infino ad Alviano, et che el voler lui venire avanti era cosa ferma et stabilita da non la posser revocare in alcun modo, et che aspectavono certi danari ad levarsi, et però non sapeva el quando. Dixe, oltra di questo, quanto ad Gianliso et Vitello Vitegli, che loro erono per fare quanto voleva la sua Magnificenza: bene era vero che ne volevono scrivere ad messer Iulio loro zio et all'altro loro fratello che era ad Castello, perché non usono fare cosa l'uno sanza el consenso dell'altro. Dixe aver $968$etiam da Roma che lo abbate d'Alviano era ito verso Napoli, et prima avea parlato al papa. Et così si parti da me detto cancellieri con ordine che io fussi la mattina seco. Sono stato dipoi questa mattina con Pandolfo, el quale mi replicò el medesimo che iarsera mi aveva mandato ad dire pel secretario, et di più

mi dixe che 'l campo si leverebbe martedì proximo et ne verrebbe in qua ad piccole giornate, tanto che credeva che in tre giornate enterrebbe in sul Sanese; et che Bartolomeo li avea mandato ad dire che, giunto fussi in sul suo dominio, metterebbe bandi che nessun toccassi cosa alcuna, purché per li suoi danari potessi avere della roba, et che pensassi se voleva passassi come amico o nimico. Circa e Vitegli, dice aver risposta generale, perché scripse loro generalmente se fussin per lasciar Bartolomeo quando li volessi lui, et che non avea mentovato fiorentini né altri; et benché la rimettessino in lui, non sapiendo bene la voglia loro, non sapeva che si dire; pure, perché io potessi scrivere qualche cosa in particulare, credeva che sarieno contenti alla condocta di 60 uomini d'arme, che loro hanno con el signore Bartolomeo, et che per uno anno con el soldo et provisione consueta per adventura basteria loro, et che farebbe che questo stato concorrerebbe al terzo della spesa. Mosse poi una dubitatione, che non sapeva come questi Vitegli si maneggierebbon volentieri in sul dominio vostro; pure credeva che questa parte si risolverebbe et che si potrebbe nella condocta ordinare che, avendovene voi ad servire in impresa nostra particulare, che voi non potessi forzarli ad venire ad servirvi, ma vi bastassi solum avere 40 uomini d'arme con un altro capo, che sarebbe quella parte che voi pagheresti. Dipoi sobgiunse che questa condocta non posseva farsi sanza fare prima l'accordo per le cagioni già dectemi: perché non si vuole inimicar Bartolomeo et non si avere facti amici voi etc.Io li dixi che le Signorie vostre saranno satisfacte di lui delli advisi del male, ma dei rimedi non così: perché se 'l male è propinquo, come mille volte aveva decto, et se li era per poter nuocere col tempo a lui et ad voi, come lui monstrava dubitare, bisognava che lui et voi, sanza stare in sul tirato, vi obviassino; et se 'l rimedio era smembrare e Vitelli, farlo, et entrare per più corta via che non s'era facto, et non la pigliar per un verso come si piglierebbe $969$quando di gennaio si ragionassi d'una condocta per ad maggio, et che mi pareva che la fortuna li avessi messa innanzi una occasione da riguadagnarsi costì tucti quelli che si aveva perduti per li modi passati; et se li operassi, per quelli mezi che potessi, che ' Vitelli partissino et che si vedessi un tal segno dello animo suo, non mancherebbe né adcordo né condocta ad comune, né cosa che lui desiderassi che fussi onesta. Ad che lui rispose che si sarebbe un tracto, faccendo così, inimicato costui, et voi li potresti poi mancare, et che non è per questo per fare altro, ma che non crede che 'l tempo manchi, quando voi vogliate: perché e' crede che Bartolomeo non parta così come e' dice, sendo ito l'abate ad Napoli, dove crede che sia ito per questi danari che vuole dare. Soggiunse

ad questo che dubita che '1 papa non solleciti Bartolommeo ad passare, adciò che ' franzesi abbino ad passare in Toscana, et che si cominci ad disordinare qualche cosa, et che ha paura che costui non diventi un dì un altro Alexandro. Dixigli che li era tanto più necessario cominciare ad por piè in su queste faville, et sempre che io li ho parlato l'ho advertito ad voler considerare bene quello che si può tirar dreto questo movimento, et come vostre Signorie sono per pigliare ogni partito et por giù tucti e rispecti per salvarsi et vendicarsi etiam con chi cercherà di affliggerle. Ma poco giova, perché io credo che sia deliberato di quello abbi ad fare: et però se si potessi scoprire questo malore in qualche modo, sarebbe bene.Questi advisi che io ho di Bartolomeo, come veggon le Signorie vostre, io l'intendo da Pandolfo, et sempre che me li comunica, mi scongiura che io advisi che costà e' non sia allegato. Et così mi ricorda che la pratica de' Vitelli ancora non si pubblichi, et rimase di scrivere loro di nuovo oggi, et andare un passo più là con loro, et intanto da voi potrebbe venire qualche risposta da farvi su fondamento. Et per tornare alli advisi di Bartolomeo che io ho di qua, dico che io non credo che le Signorie vostre vi faccin su più fondamento si bisogni et che le debbono cercare trarli d'altronde.Così possono avere dal Borgo et da Cortona, se ad Castello o ad Perugia s'ordina fanti, et così se Giampaulo passa le Chiane con le sua genti; perché Pandolfo dice che può arrivare ad ogni ora, tamen non si sente che venga. Et questa mattina mi dixe Pandolfo che Giampaulo non $970$andrebbe ad trovare Bartolomeo ad Graffignano, come mi aveva decto ieri, perché vi aveva mandato ser Pepo, el quale lo andrà ad trovare ad Alviano, dove dicono Bartolomeo essere ito.Non voglio mancare di replicare ad le vostre Signorie che Pandolfo mille volte mi ha affermato che rimanendo Alviano sanza e Vitegli, è necessitato resolversi et che non si può più muovere un passo. Le ragioni che ne allega sono che la è grossa banda di gente questa de' Vitelli, et mancandogli, li sarebbon contro, et levandosi in un subito, sbigottirieno el campo in modo che ne seguirebbe lo effecto decto. Faccino ora di tucto iuditio le Signorie vostre, alle quali mi raccomando.Faccino le Signorie vostre rimborsare Francesco del Nero per la presente staffecta di 15 carlini.

%1503 lug 21, LC$971$Magnifici Domini etc. Io sono stato di nuovo con Pandolfo, poi che comparse questa mattina la vostra di ieri, data ad 16 ore, et con seco mi distesi in quanto mi parve $972$ad

proposito secondo el contenuto della lettera di vostre Signorie. Durò sua Magnificentia poca fatica ad rispondere, avendo ad mente molto bene quello che mi aveva risposto alla prima delle vostre lettere, faccendomi di nuovo fede che ogni movimento li dispiace et che per segno di questo dove ha possuto rimediare lo ha facto, advertendone voi et dissuadendo l'Alviano; et di più, per toccarne fondo et per intender meglio e termini di questa cosa, dixe averne scripto ad Roma al suo uomo et commissogli sia con el cardinale Sancta Croce, et intenda se Bartolomeo fa questa impresa con ordine di Spagna: perché quando la faccia con ordine di quelli re è per governarsi in uno modo; quando sanza, è per governarsi in un altro; et che di questa commissione ne aveva auto risposta questa mattina, per la quale li era significato che Sancta Croce aveva decto non ne saper nulla, ma credere di no, cioè che Bartolommeo non abbia el consenso di Spagna; ma che per chiarirsene, scriverrebbe ad Consalvo, et la risposta li significherebbe; ma che credeva che Consalvo al tucto comanderebbe ad detto Bartolomeo che si abstenessi. Et così monstrò Pandolfo et dixe che aveva facto tucti e rimedi che solo per lui si potevan fare et per via d'ingegno et di pratiche; ma se si aveva ad scoprirsi et metter mano alla forza, bisognava avessi la compagnia delle Signorie vostre, la quale non posseva essere fidata sanza intelligentia; et però mi aveva detto sempre che bisognava fare lo adcordo et dipoi provedere ad li rimedi più forti, et che non era già vero che lui avessi in questo caso la briglia et li sproni, perché li sproni non ci ebbe mai et la briglia tira quanto e' può. Et perché dubita non potere tanto, chiede lo aiuto delle Signorie vostre, ma lo vuole in modo che fia sano ad ciascuno et non ad una parte. Io m'ingegno replicarvi ad punto le parole sua adciò vostre Signorie possino meglio coniecturare l'animo suo, et dipoi farne iuditio et deliberarsi secondo el bisogno della città. Non scrivo le repliche per non tor tempo alle Signorie vostre, ma per me non si lascia ad dire nulla che lo ingegno et la pratica delle cose mi subministri; tamen poco giovono le repliche con seco, sendo uomo che ha e fini suoi ordinati et bene resoluto di quello che desidera condurre. Et perché nel risponderli io li dixi che non sapevo come Consalvo si potessi comandare ad Bartolomeo che non cavalcassi, sendo spirata la condotta a 20 di questo, rispose che $973$questo nome uscito fuori che la condotta di Bartolomeo con li spagnoli durassi tucto dì 20 di luglio, era uscito da lui, perché parlandoli Bartolomeo l'ultima volta che si trovò con seco di volersi condurre con ' franzesi et con voi per la pratica che aveva mossa el Rucellaio, dixe Bartolomeo che posseva da e 20 dì di luglio in là fare ad suo modo; onde per quelle parole coniecturò dovessi fornire la condocta, ma che ha poi inteso che

la condocta dura tucto octobre proximo: et che questo è più verisimile, perché la cominciò d'octobre et le si soglion fare per anni; ma per adventura vi potrebbe essere qualche capitulo che li dà licentia di potersi adconciare avanti dua o 3 mesi con altri.Dixemi ancora Pandolfo avere da Roma come el papa sollecita Bartolomeo ad levarsi d' in su quello della Chiesa, et che per paura che non andassi ad trovare et svaligiare le sua genti, che sono ad Orti, vi mandò fanti et altri cavalli avea in Roma. Dixi ancora ad Pandolfo che non sendo Consalvo d'accordo con Bartolomeo, non si doverre' servire de' fanti di Piombino, né di quelli che vi venissino; rispose che io dicevo el vero, ma che cercava di aver fanti d'altronde, et che per questo aveva Bartolomeo ricerco di parlare ad Giampaulo per richiederlo di fanti, et che Giampaulo era ito ad trovarlo, come mi dixe prima, et non vi avea mandato ser Pepo, come mi aveva decto poi; ma che non credeva che Giampaulo lo servissi, et lui era per sconfortarlo, et che aveva ordinato ad Cornelio intervenissi nel loro ragionamento per posserlo intendere; et intendendolo, me ne adviserebbe. Ad me parve, dopo un lungo ragionamento auto seco, et disputa facta di queste cose adciò che vedessi che altri conoscieva li adgiramenti, o naturali o accidentali che fussino, dirgli che queste pratiche mi facéno in modo confuso che io dubitavo non dare la volta avanti me ne ritornassi; perché ora s'intendeva che Bartolomeo veniva innanzi con fanti et danari di Spagna; ora che mancava dell'uno et dell'altro, et che Consalvo li comanderebbe che fermassi; ora si sentiva che fra dua o tre dì e' voleva passare, il che monstrava che li avessi fermi tucti li aiuti che bisognassino; ora s'intendeva che limosinava fanti di Giampaulo; ora s'intendeva che '1 papa faceva fondamento sopra di lui; ora si sentiva che ne temeva; ora s'udiva che lui era in una medesima intelligentia seco et con lo stato di Siena; ora sintendeva che sua soldati predavono e ciptadini sanesi: pertanto $974$ io desideravo che sua Magnificentia mi rilevassi questa ragione.Rispose Pandolfo: "Io ti dirò come dixe el re Federigo ad uno mio mandato in uno simile quesito; et questo fu che io mi governassi dì per dì, et giudicassi le cose ora per ora, volendo meno errare; perché questi tempi sono superiori ad e cervelli nostri. Sobiunse che decti tempi erano etiam favoriti da la natura dello Alviano, che era uomo da dare in un tracto speranza et paura alli suoi vicini, mentre che sarà così armato. Dixigli in su questo l'ordine vostro di Mantova et Milano, adciò che li altri si potessino etiam meno apporre.De' Vitelli non si ragionò altrimenti, non avendo lui auto risposta della lettera scripse ieri, dove si allargava un poco più con la

materia; né etiam avendomi vostre Signorie possuto ancora rispondere ad quanto ieri io ne scripsi ad quelle. Né di campo dello Alviano s'intende poi altro. Raccomandomi alle Signorie vostre.Raccomandommi Pandolfo di nuovo quel suo cortonese, et si offera farlo comparire costì, quando di lui fussi facta ad vostre Signorie alcuna sinistra informatione.

%1503 lug 13, LC$975$Magnifici Domini etc. L'ultima staffetta delle Signorie vostre de' dì 21 comparse el medesimo giorno ad ore 22. Et veduto quello vostre Signorie scrivevono circa alla pratica mossa da messer Michele de' Ricci, mi transferi' da $976$Pandolfo et, secondo mi parse a proposito, satisfeci alla commissione di vostre Signorie. Ad che Pandolfo rispose che con messer Michele di questo particulare non aveva ragionato, et poi che ne ha parlato, lo arò facto come quello che desidera che questo accordo si concluda, et saragli parso per adventura el modo questo. Et domandandoli quello liene occorressi, rispose che liene bisognava parlare con e suoi cittadini, et avendone ad dire l'opinione sua così ex arrupto, non ci vedeva alcuna securtà dal canto loro. Et benché noi disputassimo un pezo sopra questa materia, et che mi paressi essere certo dello animo suo, et che io sapessi che lui et li suoi cittadini idem sunt, nondimanco non mi parse da scrivere subito ad vostre Signorie, pensando potessi pure essere che rimasticando lui la cosa, ci potessi in qualche parte aderire. Né ieri posse' etiam scrivere altro alle Signorie vostre, non avendo altra risposta da lui; el quale, per essere stato occupato con li altri ciptadini in una festa solemne che fanno della ritornata de' Nove, si excusò con quella et differì la risposta ad questa mattina. Pertanto stamani, ad ora conveniente mi transferi' in Duomo et trovato Pandolfo con 4 di questi suoi primi et adcostatomi ad loro, quello, dopo non molte parole, mi dixe che mi lascerebbe con messer Antonio da Venafro, dal quale sarei raggualiato della opinione loro. El quale messer Antonio, rimasti soli lui et io, mi dixe che in questo partito proposto da messer Michele non si vedeva alcuna securità dal canto de' sanesi, perché ci conoscevono drento dua periculi: l'uno, se il re per qualunque causa non lodassi o non potessi lodare; l'altra, se nel lodare e' lo adgiudicassi alle Signorie vostre. Et benché qua si creda che le Signorie vostre farebbono questa remessione con animo che '1 re, ritornata Pisa dal canto loro, ci avessi ad adgiudicare Montepulciano, tamen non resta però che non potessi essere una delle due cose dette, et che qui non se ne abbi ad dubitare. Et però, se non si trovassi modo ad cancellare questa dubitatione, che non si adconsentirebbe;

né lui ci sapeva trovare modi, se non ad farla come si era ragionato prima: perché, se si cerchassi che 'l re da parte facessi qualche apto da assicurare questo stato, se ne andrebbe la cosa in lungheza, et qui ci è carestia di tempo ad voler fare le provisioni conveniente per opporsi ad chi cerca alterare la Toscana. Et così lui mi discorse questa cosa con molte più parole et molto $977$più a lungo che io non scrivo, né io mancai di parlare in questa materia quello mi pareva a proposito in iustificatione delle Signorie vostre. Et lui con quella più efficacia possé, non lasciò indreto alcuna cosa che mi potessi fare capace Pandolfo desiderare questo adcordo, et come lo fa con buono animo, così essere per observarlo con migliore, et che ci vede tanto el vostro, che li sta admirato, né può sapere, conoscendovi savi, donde si possi procedere tanta difficultà ad risolversi. Io non posse' fare, essendo lui entrato tanto adrento in questo ragionamento, che io non li mostrassi che 'l difecto era più d'altri che di vostre Signorie, et di coloro che voleno più parti nelle cose non tocava loro; et che non faceva difficile questo adcordo lo aversi ad smembrare di Montepulciano, dove si perdeva d'onore et d'utile, quanto per avere e modi observati qua generato una diffidenza in buona parte delli uomini, per la quale e' non si crede che, etiam cedendo Montepulciano, ne risultassi alcuno proficto; perché pensono altri li voglia ridurre al voto suo con iniurie et con la maza. Questo lo faceva credere, oltra molte cose passate che io non volevo repetere nuovamente, l'accordo de' luchesi guasto, et la condotta di Giampaulo ropta, et ora la venuta di Bartolomeo d'Alviano, con la quale eri pregati et minacciati; et che lui sapeva che 'l principio delle inimicitie era la iniuria, et el principio della amicitia e benefitii; et che li errava chi si vuole fare amico un altro et cominciasi dalla iniuria: et per questo io avevo detto ad Pandolfo, ad lui et ad molti altri cittadini più volte, che ad voler concludere facilmente questo adcordo, bisognava cancellare questa diffidenza ci era nata, et che ad cancellarla bisognava ci si affaticassi più chi ci aveva più colpa; et che l'ofitio di qua era mostrarsi prompto et unito, sanza voler intendere altro, ad fare resistenza ad Bartolomeo, et con questo pegno di benifitio ne seguitava l'amicitia facilmente et indubitatamente si cancellava ogni diffidenza. Altrimenti, non ci essendo tempo ad fare questa amicitia, mi pareva vedere tornare le cose in una confusione da fare paura ad ogni uomo; et che io avevo veduti molti da poco tempo in qua ridere l'estate et piangere el verno; et che io avevo detto altre volte, et di nuovo ero sempre per ricordarlo loro, che ' corpi più deboli soglion più temere e disordini, et farne peggio. Messer Antonio fecie sempre buono el caso suo, et non li mancò né parole $978$né

ragioni in mostrarmi che questa città, non avendo adcordo con voi, non posseva desiderare ragionevolmente né volere alcuno bene di cotesta: et questa cagione fe' guastar l'accordo de' luchesi, fe' romper la condotta ad Giampaulo, et ora fa che la non rimedia ad questo male, perché se non le diventate scudo voi, la non può pigliar la spada contro ad quest'altro; ma faccisi l'accordo, et diventerete patroni di Toscana. Et di nuovo si distese nell'utile grande che ve ne risultava, dicendomi piú volte: "Nicolò, credimi, che chi lo biasima dice molte cagioni, ma non dice tucte quelle che li ha in seno". Io lo ribatte' sempre el piú che io posse', tamen non se ne trasse altro.Di campo dello Alviano, mi dixe Pandolfo non avere alcuno adviso et presumme, non li avendo scripto Cornelio, che il campo non si levassi ier mattina come li aveva scripto. Promettemi farmelo intendere quando lo 'ntenderà et questo starà ad lui, et d'altronde non lo posso sapere. Valete.Parte questa staffetta ad ore 17: faccino le Signorie vostre rimborsare Francesco del Nero di xv carlini.

%1504 giu (Lett. 87)Magnifico generali commissario in Romandiola JoanniRodulfo patrono suo. Castrocaro

Magnifice vir. Io mi riserberò a scrivervi, quando cisarà cosa di momento, e che il publico non ve ne advisi. Quiè nuova come a' 25 del passato Bartolomeo d'Alviano partìda Napoli con 250 huomini d'arme et 3 mila fanti, e neviene alla volta di Roma per scendere in Toscana etassaltare Firenze: e dice che è ordine di Consalvo, permutare questo stato e condurre Toscana a divotione diSpagna. Giudicasi che Sanesi e Luchesi concorrino a questacosa, e ci mettino de' loro danari; e se ne vede segni danon dubitarne.Giudicasi questa cosa variamente. Chi crede sianospaventachi, e chi crede che sia vero. Tuttavolta la tienela Città sospesa, e non si delibera a fare la impresa diPisa, come la farebbe, se non fussi questo rispetto. Maquando bene Bartolomeo venissi qua, e qui si tenessi el capofermo, non sono genti da far male, massime se e' verrà inLombardia gente franzese per tutto questo mese, come scriveNicolò Valori.L'impresa di Librafratta riuscì prospera, e AntonioGiacomini promette la vittoria certa quando si vadiainnanzi. Credo vi addormenterete, o per temer troppo o pernon poter più. Valete. Florentie, die prima Junii 1504.vester Niccolò Machiavegli cancel.

%1505 lug 24, LC Magnifici Domini, etc. Per l'ultima mia, data ieri ad ore 17, scrissi alle Signorie vostre la risposta mi era suta fatta prima da Pandolfo, dipoi da messere Antonio da Venafro in suo nome, sopra l'articolo mosso da messer Michele Ricci, secondo mi scrivevano le Signorie vostre

per la loro de' 21; ed aranno, mediante quella lettera, giudicato facilmente che bisogna lasciare stare questa pratica d'accordarsi, $979$o pigliarla in quel modo scrissi per la mia prima lettera alle Signorie vostre. Iarsera, che erano circa ad ventiquattro ore, Pandolfo mi fece chiamare e mi conferí avere aute lettere da Roma de' ventidue dí, e di campo ancora del medesimo giorno: lessemi la lettera di Roma scritta in cifra, ma diciferata sopra i righi dei versi, come si usa. Scrivevagli l'uomo che e' tiene là, e lo avvisava come il cardinale Santa Croce aveva auto risposta da Napoli di quello aveva ricerco Consalvo, se Bartolommeo faceva questi movimenti con sua saputa o no: e dice averli risposto essere contro alla voglia sua, e che per uomo espedito di nuovo ha comandare ad Bartolommeo che non alteri le cose di Toscana né di Pisa, e che il medesimo avviso aveva auto il cardinale de' Medici dall'uomo che tiene presso ad Consalvo. Della lettera di campo, Pandolfo solo mi lesse quella parte che riguarda i Vitelli, li quali dicono avere auto risposta da messer Giulio e da Giovanni loro fratello, e che sono contentissimi che faccino la voglia di Pandolfo; e, dall'altro canto, si offerono ancora loro ad fare quanto parrà ad detto Pandolfo, e mostrano con termini vivissimi e parole grandi non avere altro desiderio che fare cosa li piaccia. Dissemi inoltre contenere detta lettera come el campo non si era partito dalla selva, secondo li aveva scritto ultimamente, ma doversi partire questa mattina, e andarne a Capo di Monte, pure al cammino della Maremma, e che Giampaulo si era abboccato con Bartolommeo, dal quale era stato richiesto di favori, e quali da detto Giampaulo non gli erano suti né promessi né negati.Ringraziai Pandolfo delli avvisi, e quanto a' Vitelli, la lasciai passare, perché non avendo risposta da vostre Signorie di quanto ultimamente ne scrissi, mi parve di fare cosí, maxime non me ne avendo egli ancora detto altro che letta la lettera. Dissigli non mi piace questo modo del procedere di Giampaulo, e che li era piú ad proposito li negassi assolutamente, e che bisognava che li facesse ogni opera che da detto Giampaulo glie ne negasse, e che io credeva li sarebbe facile, avendo Gianpaulo fede in lui, et essendo suo soldato. Rispose avere ordinatoli che nel ritorno che farà verso Perugia, o si accosti tanto in qua che lo possa ire ad trovare, o che venga insino qui, perché vuole fare questo offizio di bocca. Domandalo quello credeva di Bartolommeo, e se credeva che passassi, veduta la volontà di Consalvo essere contraria, essendo l'avviso di $980$Roma vero; rispose che non sapeva iudicare, e che la ragione gli dettava che non passassi, non volendo Consalvo, essendo egli suo soldato insino ad ottobre; e che di questo non si era ancora chiarito, ma

che assai liene pareva essere chiaro, quando fussi vero che l'abate d'Alviano fussi ito ad Napoli per danari, come gli era suto scritto; pure nondimeno, etiam che la ragione voglia di no, potrebbe la desperazione muoverlo: e per questo confortava le Signorie vostre ad non mancare delle provvisioni. E benché quelli che si muovono per disperati, de' quattro i tre capitino male, tamen sarebbe bene che questa disperazione egli non l'usasse, perché non si può muovere una cosa che non se ne muova mille, e gli eventi sono varii. E di nuovo si distese che alle Signorie vostre stava porre il piede su questi primi incendi e possevono diventare padroni di Toscana riunendola: la quale unione ragunerebbe tante forze insieme che la si difenderebbe da ciascuno, e da qualunque sarebbe prezzata: e che se voi avevi gli Orsini sospetti, potevi smembrare dalla fazione loro e Vitelli ed e Baglioni, li quali facilmente si smembrerebbono, perché più sicuri starebbono sotto lo scudo dei collegati di Toscana, che sotto la defensione d'Orsini, e che egli vedeva tanta facilità nel fare questa cosa e tanta sicurtà, che e' credeva non per altro non si facesse se non perché Iddio voleva vedere la rovina di questa provincia. Dissemi nel discorso del parlare che in un altro modo si poteva ribattere Bartolommeo, e questo era con farlo sospetto a' sani, e che ce ne sarebbe mille de modi da farlo. Né volse venire in questo ad altri particulari, ma intorno al soprascritto effetto disse molte cose, e io ne risposi molte; le quali scrivendosi, senza frutto tedierebbono le Signorie vostre.Io manderò questa lettera alla posta, che la mandi per il primo che va. Spaccerei una staffetta, ma mi resta solo da poterne spacciare uno scudo, e sono debito in sull'osteria. Prego le Signorie vostre che mi dieno licenza, il che mi sarà più grato, o che mi provvegghino; alle quali mi raccomando.

%1505 ago (Lett. 99) Magnifico viro Antonio Thebalduccio, generalicommissario in castris, patrono suo. In campo.

Magnifice vir. Tenete secreto quello che io vi scrivo.La praticha ha deliberato questa mattina di dare el bastonead messer Hercole, ma vogliono differire un dì o dua adsignificarlo, per vedere come gl'ànno ad satisfare ad MarchoAntonio, dubitando che non facci el diavolo. Sarebbe benefare dua cose: l'una, che 'l signore Iacopo et messerAnnibale mandassino qui ad fare intendere come la gloriadella ropta non è tucta sua, perché lui ha mandato più dì faad chiedere et bandire la sua valentia; l'altra, che voiscrivessi ad qualche amico qui d'altorità, et li mostrassiche Marcantonio non è per dividere el campo, né è per essereseguitato dal signor Luca, né dal signore Iacopo, come e'credono; perché tale credenza ha facto più tarda ladeliberatione in favore di messer Hercole. Insomma, lahonestà del signore Iacopo et di messer Annibale ha factoinsolente troppo quel terzo et li ha dato troppa

reputatione. Voi vi potete rimediare. Et stracciate questalettera. Die XXVII augusti 1505.Servitor Nicholò Machiavegli, secretarius.

%1505 set (Lett. 100)Magn.co generali commissario Antonio Tebalduccio padronsuo. Sue mani. In Cascina.

Magnifice vir. Io vi prego per l'amore di Dio che voisiate contento stare così tucto questo mese, come vicomandano i Dieci; e dovvi la fede mia che voi non vistarete più una hora, perché Piero Bartolini si expediràsubito; e di questo io ve ne impegno la fede; e di nuovo vipriego non partiate per questo poco di tempo sanza licenza,per non dare adpicco ad questi traditori di questi invidiche ei sono molti: e non vorrei havessino causa di latraredi nuovo; e sono pochi dì et lo haver simile patientia fache in una republica li buoni che valgono sganono ciaschuno.Raccomandomi ad voi. Die 23 septembris 1505.Vester Nicolò Machiavegli.

%1506 giu (Lett. 107) Magnifico viro Johanni de Rodulfis generali commissariocontra Pisanos patrono et benefactori precipuo.

Signor Commissario. Se io non vi ho scripto nuove per loaddreto, questa et quelle che dopo questa vi scriverrò viristorino.E' ci è lettere di Francia de' dì 15 infino addì 30del passato: contengono come lo imperadore et l'Unghero sonod'accordo et che lo imperadore non attende ad altro che adexpedirsi per venire in Italia; et tucto el suo exercito lodesidera, che sono IX mila pedoni e 4 mila cavalli; etcome lui ha mandato ad Trento buona parte delle artiglierievuole condurre seco; et di più ordina mandare ad Consalvo4 mila huomini di piè.L'arciduca è d'accordo con el re di Ragona, perché sonoconvenuti in Galitia insieme, et fra loro si vede unionegrandissima: il che è contro alla expectatione de' Franzesi,che se ne mostrono male contenti.El re d'Inghilterra è d'accordo con lo arciduca, perchéin questa sua gita in Spagna lo ha servito di danari et didumila fanti.E' baroni del reame di Napoli che sono in Spagnia, cioèquelli baroni fuoriusciti, che credevono secondo leconventioni fra Francia et Spagna rihavere li stati, non lirihavendo, hanno mandato uno loro huomo ad el re di Franciaper nuovi favori. Et el duca Valentino, prigione in Spagna,ha anch'egli mandato in Francia per favori; et el re hamandato là un suo oratore, con commissione favorischa lui etquelli altri.El papa cercha di soldare Svizeri, et chiede gented'arme ad Francia, et dice voler fare la 'mpresa di Bolognaet Perugia: e Franzesi, quando e' soldi pochi Svizeri, etquando e' vogli lasciare stare Bologna, li promettono favoreper Perugia, perché vorrebbono vendicarsi anche con PandolfoPetrucci; ma quando e' voglia soldare assai Svizeri, sono eFranzesi per impedirlo iusta posse, perché credono che lasia altra cosa che Bologna et Perugia, et dubitono che nonvogli costoro per favorire lo imperadore.El re di Francia ha mandato, o egli è per mandare, unoambasciadore a' Svizeri, chiamato el giudice maggiore di

Provenza, con commissione che di quivi vada ad Vinegia etdipoi in Ungheria, per tenere fermi e Svizeri ad nonpigliare danari sed non da el re, et ad tenere fermi eVinitiani in loro favore et ad sturbare la pace delloUnghero et dello imperadore.E1 tornato in corte el baglì di Digiuno, dove ha assaifavore, et si dice per sapere lui bene le cose tedesche.Manda M.re D'Argentone con 4 gentili huomini alliconfini della Magna per trarre di sotto allo imperadorecerte leghe todesche, le quali non servino né di huomini nédi danari lo 'mperadore.Non observa el re di Francia le conventioni alloimperadore dello accordo passato che fecie Roano; perché unoambasciadore che, più tempo è, venne in corte a·ddomandaredanari et gente secondo l'obbligho, non li ha dato né l'unoné l'altro, ma lo ha licentiato, et decto che manderà suaoratori allo imperio ad farli intendere, etc.Ha el re di Francia data la sua figliola per donna adM.re d'Angolemme, et facto giurare ad tucti e signori delregno fedeltà ad decto Angolemme, dopo la morte sua sanzafiglioli maschi. Hali dato in dota el contado di Bles, et100 mila ducati; et la reina li ha dato 100 mila ducati,et il ducato di Brectagna, morendo sanza figlioli maschi.In fra e Vinitiani et il re non è seguito altro accordonuovo, ma buon viso si fanno, et stanno in su el vechio.Ha dato el re di Francia commissione ad M.re diCisteron, che è suto oratore del papa et torna in Italia,che viciti Ferrara, Mantua, Bologna et Firenze, e promettaloro per parte sua maria et montes, et tengali bene dispostiseco in questa passata dello imperio, quando pure passassi.Questi advisi non bastono, se io non vi scrivo elcomento che vi fanno sù questi cittadini, et de' più savi;et benché voi savio potessi comentarli come loro, so che visarà grato el loro discorso.Stando fermi questi advisi, e' pare loro da credere piùpresto ch'el re de' Romani passi in Italia che altrimenti,et discorrólla così. Quando e' si vuole giudicare se uno haad fare una cosa, e' bisogna vedere prima se e' ne havoglia; dipoi che favori lui habbia, et che disfavori, adfarla. Se lo imperadore ha voglia o no di passare in Italia,tucte le ragioni voglion di sì. La prima è el desiderio cheragionevolmente debbe havere di coronarsi per honore suo etper prorogare quella degnità nel figliolo. L'altra è pervalersi delle iniurie ricevute dalli Italiani etriacquistare lo honore che lui nella venuta in Toscanaperse. Credesi dunque che ne habbi voglia. Hora, ad vederechi lo possa ritenere o favorire, bisogna considerare chilui ha in casa et intorno. Quelli di casa non s'intendonobene qua; pure si crede che sia più potente che per ilpassato, havendo domo el conte Palatino, et essendosi giàtassate le terre et li signori in quello debbono provederloper il passare suo in Italia. Quelli che lui ha d'intornosono Arciduca, Francia, Inghilterra. Quelli che sono inItalia, dove e' vuole venire, sono papa, Vinitiani, Spagna,Fiorentini, et altri spicciolati.Sendo veri quelli advisi, si vede che sono d'accordoarciduca, Spagna et Inghilterra; et, essendo d'accordoinsieme, conviene che convenghino con lo imperadore, sendol'Arciduca suo figliolo, et tractandosi una cosa comune adtucti ad dua. El papa, anchora che pratichi con Francia dihavere sua gente, si vede che lui è più vòlto alle cosedello imperio, et la ragione lo vuole; perché la fortuna diFrancia è stracha, maxime in Italia per le cose seguite, etquesta dello 'mperadore fia nuova; et questo pontefice debbe

disegnare fare quello con lui che Alexandro fecie conFrancia. Delli spicciolati d'Italia, adcordati li altri, nonbisogna ragionare. Restaci solo, delle potentie maggiori,malcontenti di questa sua passata, Franzesi et Vinitiani, equali insieme potreno opporsi, ma ogni uno di loro vi andràrespectivo, né si fideranno l'uno dell'altro. Et considerasiche possono obstare allo imperadore con forza o con arte, etcredesi che non mancheranno di usare ogni arte et industriaper sturbarla, come si vede fare ad Francia, secondo liadvisi hauti; ma non si crede che questa arte basti, et chehavendosi ad venire alla forza non lo voglin fare, perchénon si crede ch'el re di Francia contro alla vogliad'Inghilterra, Arciduca et Spagna si metta ad fare guerraallo imperadore; né si crede che Vinitiani, havendosi adfare la guerra in su el loro, ve la voglino, perchédubiterebbono sempre che Franzesi in su el bello non lilasciassino. Sì che per questo si crede che, non giovandoloro el tenerlo con la industria, penseranno di lasciarlovenire, et ogni uno di guardare bene le cose sue; et se pureharanno ad appiccarsi seco, farlo, passato che fia, comefeciono el Duca di Milano et Vinitiani ad el re Carlo.Lo imperadore, dall'altra parte, sarà contento ad esserelasciato entrare sanza contesa, perché e' si farà più perlui fare la guerra poi, che prima. La cagione è che dua coselo fanno venire in Italia; el volere la corona, et ilvendicarsi delle iniurie. Se e' facessi la guerra avanti chefussi coronato, et lui la perdessi, mai poi potrebbe speraredella corona. Ma facciendo la guerra coronato che fia, etiamche la perdessi, non li potrebbe essere tolta la corona etritorneriene sempre con mancho vergogna. Né a·llui fa moltoel fare la guerra o dalla banda di là o di qua, havendo elpapa amicho, et tucti li altri, che colla autorità sua sihavessi tirati dreto.Io so che io v'ò tolto el capo: perdonatemi; et sono a'comandi vostri; et se voi ne volete più di queste bibbie,advisate. XII Junii MDVI.Niccolò Machiavegli Secret.

%1506 gen 2, LC$981$Magnifici Domini, etc.Io non ho scritto prima alle Signorie vostre, perché volevo scrivere ad quelle qualcosa più là che io farò. Questa podesteria del Borgo è divisa prima nella terra del Borgo e sette sua popoli che chiamano Opere; dipoi in tre pivieri: San Giovanni, Santa Felicita e San Cresci; appresso ad questi è la Lega di Tagliaferro, che ha sotto di sé San Piero ad Sieve e molti popoli all'intorno. In fino ad iarsera io fornii di cappare li uomini delle sette Opere del Borgo, e del pivieri di San Giovanni: che ne ho cappati di buoni uomini qualche 140, de' quali e tre quarti non si possono desiderare migliori. Sono oggi alle mani con San Cresci e Santa Felicita, ancora che sia venti ore e non sieno comparsi: credo nondimeno che verranno. Domani spedirò la Lega di Tagliaferro; fra tre dì poi credo spedire la podesteria di Vicchio per essere meno uomini e più insieme: sarò costì secondo questo disegno mercoledì, e allora si ordinerà mandarci l'armi e fare la prima mostra. Saranno in questa bandiera del Borgo 180 uomini incirca, e uomini

buoni; quella di Vicchio non passerà 100 di molti. Vengono questi giovani ad iscriversi assai volentieri: quel che li fa stare all'erta è chi teme l'estimo e chi qualche altro inganno; e come si fieno certificati della cosa, molti che si fuggono, correranno. Piace questa cosa $982$ad tutti questi cittadini che io ci ho trovati, e tutti la favoriscono per riuscire; e io lo credo più che mai, se ci si usa quella diligenzia che vuole una impresa di riformare una provincia. Raccomandomi alle Signorie vostre e ad queste tramontane che m'insegnono andare appiè. Bene valete.

%1506 feb 5, LC$983$Perché le Signorie vostre intendino dove io mi trovo con la opera, né si maraviglino di non avere avviso da me, sappino come io arrivai qui in Ponte a Sieve ieri fece otto dì, e per essere questa potesteria grande e scompigliata e male fornita di messi, non posse' avere scritto questi uomini prima che domenica prossima. Dipoi lunedì mi transferii ad Decomano, dove avevo ordinato per avanzare $984$tempo che fussino li uomini di quella potesteria: ma non mi riuscì, perché non vi trovai se non quelli della lega di Decomano, e di quelli della lega di San Godenzo non ve ne era venuto veruno; onde che il martedì mi trasferii ad San Godenzo, dove per la grazia di Dio vennono buona parte delli uomini di quella lega, tanto che nell'una e nell'altra lega, cioè in tutta la potesteria di Decomano, ho scritti 200 uomini, e quali fo conto ridurre da 150 indrieto; e mi è suta una fatica grandissima ad condurli, per dua cagioni: la prima, per la loro consueta e antica inobbedienza, l'altra per la inimicizia quale è fra quelli da Petrognano e campani, che hanno divisa quella montagna. Della parte de' campani si sono scritti quelli che io ho voluti scrivere; di quelli da Petrognano e Castagnate, che sono una medesima cosa contro a' campani, non se ne volle scrivere veruno; tranne comparse innanzi ad me circa quaranta con el figlio d'Andreasso che è loro capo, e dopo un lungo consigliarsi insieme, quel figliuolo d'Andreasso mi disse che quelli suoi si risolvevono ad non volere andare in alcuno luogo dove non potessino ire e loro capi, e che si trovassi modo che loro capi fussino securi, e ognuno farebbe ad gara ad venire. Hanno questi loro capi, con detto figliuolo d'Andreasso, bando del capo e pare loro buona via ad farsi ribandire quando e' si faccino desiderare. Io risposi loro quello che mi parve, che fu insomma come le vostre Signorie non volevano forzare persona ad entrare sotto queste bandiere, ma ne volevano essere pregate, sendo cosa che tornava sì commoda a quelli che saranno scritti. Partironsi sanza altra conclusione, e io ebbi più tosto caro che altrimenti che la cosa andassi così, perché

questa bandiera sarà tutta d'uno colore che sendosi quelli scritti, sarebbe suta divisa.Tornai dipoi ieri qua, e attendo ad ordinare di fare la prima mostra di questa potesteria domenica prossima: e benché io abbia scritto di questa potesteria trecentotrenta uomini, fo conto ridurli a dugento o meno. Fatto che io arò domenica qua, me ne andrò ad Decomano e fra tre o quattro dì poi arò espedito là e tornerommene. Non se può qui dare l'armi ad l'una potesteria e l'altra insieme per essere distanti l'una dall'altra assai; né ho possuto fare queste cose con più brevità: e chi crede altrimenti, lo pruovi e vedrà che cosa è avere ad raccozzare insieme uomini $985$contadini e di questa sorte. Raccomandomi ad vostre Signorie. Bene valete.

%1506 mar 3, LC$986$Arrivai qui in Poppi sabato sera e domenica scrissi gli uomini di questa potesteria, e ieri quelli di Pratovecchio, e oggi quelli di Castel San Niccolò, e domani scriverò quelli di Bibbiena, e avrò fornito questo vicariato: e accozzerò sotto un connestabile San Niccolò e Poppi, e sotto l'altro, Bibbiena e Pratovecchio. Gitteranno queste quattro potesterie circa settecento uomini cappati. Non posso fare più altro se i connestabili non vengono e l'armi non mi sono mandate. Scrivo a Francesco,Quaratesi per l'armi che io voglio, e le vostre Signorie prego sollecitino i connestabili; ed in mentre che l'armi con i connestabili penano a venire, io scriverò la potesteria di Chiusi e quella di Castel Focognano, le quali si potranno armare e istruire sotto un connestabile. Pertanto vostre Signorie delibereranno se le vogliono armare queste due potesterie, e volendo, me ne avviseranno, e troveranno un altro connestabile; e sarà buono, quando paia a quelle, o Dietaiuti da Prato, o Martinuzzo Còrso. Prego le Signorie vostre me ne rispondino, e commettino a Francesco che mi mandi l'armi che io gli domando; e alle Signorie vostre mi raccomando.

%1506 mar 5, LC$987$Io scrissi a' dì 3 alle Signorie vostre e dissi a quelle come oltre alle quattro potesterie di questo vicariato, io scriverei oggi Castel Focognano e domani Chiusi; e che aspetterei risposta da voi se volevi che queste dua potesterie si armassino, e volendo, richiesi mi mandassi un connestabile di più, oltre alli due disegnati. Sono stato dipoi questo dì a Castel Focognano, ed ho mutato proposito, perché trovo quella potesteria avere due deschi, cioè Castel Focognano e Subbiano, et essere l'uno e l'altro membro sì grande che trarrò 150 uomini; e ho fatto conto congiungere Castel Focognano con Poppi e Castel $988$San

Niccolò, e Subbiano con Bibbiena e Prato Vecchio, e che questi dua connestabili mi servino: per tanto non mi manderete più connestabili. Ma saranno contente vostre Signorie sollecitare il Quarantesi a mandarmi l'armi che io gli chieggo, perché io non ci fo più nulla se l'armi non vengono e perdo tempo. Chiusi per ora rimarrà addietro e si potrà congiungere con altri luoghi del vicariato di Anghiari, o lasciarlo sopra di sé, perché è una grandissima potesteria, e da lasciare passare le nevi a maneggiarla.Raccomandomi alle Signorie vostre.

%1506 ago 28, LC$991$Ieri arrivai ad Nepi, dove quel dì medesimo el papa era giunto con la corte, e il dì d'avanti si era partito da Roma, e non parlai iarsera ad sua Santità, per essere remota dalle faccende; presentamegli questa mattina dopo desinare e innanzi si levassi da tavola, e' mi dette udienza alla presenzia di monsignore reverendissimo di Volterra e di Pavia, e di messer Gabbriello che venne costì; e perché le Signorie vostre possino vedere di ogni tempo quello che io dissi e che mi fu risposto, sendo pure la cosa d'importanza, io referirò ad verbum le mie e le sue parole, che furono queste:Beatissime Pater. La Santità vostra sa quanto quelli $992$miei eccelsi Signori sieno d'ogni tempo suti devoti di questa sacrosanta Sede, e come non si sono curati, né mai dubitorno mettersi ad mille periculi per mantenere e accrescere la dignità sua. Questa devozione antica è raddoppiata al presente, rispetto alla persona di vostra Santità, per averla etiam quando era in minoribus conosciuta padre e protettore delle cose loro: conviene per questo che desiderino lo augumento della potenzia e dignità sua, perché etiam accrescerà la speranza loro di conseguire da lei quello che sia la salute di quella patria, né potrebbono più laudare questa impresa, che per suo mandato ha fatto loro intendere, chiamandola santa e buona e degna veramente della santità e bontà di vostra Beatitudine. E ben vero che molte circumstanzie e considerazioni comuni e proprie d'importanza li hanno fatti stare sospesi e essere tardi a deliberarsi, perché e' sentono che il re Ferrando viene ad Napoli, e pure potrebbe questa sua venuta, rispetto a chi non se ne contentassi, fare qualche movimento. Sentono che lo imperadore è con li eserciti suoi a' confini de' viniziani, e quelli signori avere volte le loro genti d'arme nel Frivoli, e dua provveditori di autorità; questo dissi, perché intesi ieri da uomo degno di fede questa nuova per vera; la quale sua venuta, quando si tiri avanti, è di gran momento e può turbare assai le cose d'Italia, e merita di essere considerata. Quanto alle cose proprie, quelli mia Signori hanno la guerra di Pisa, la quale è

di quel medesimo o di maggior peso fussi mai, per avere preso e pisani continuamente,più animo. Oltra di questo, hanno casso quest'anno circa 200 uomini d'arme, e hannosene riserbati quelli soli che sieno per la difesa loro; non hanno ancora capo che sia per governare quelle genti, quanto Marcantonio. Sentono che i viniziani sono male contenti di questa impresa, e che l'oratore loro ad Roma ne aveva fatto fede. Considerono un'altra cosa quelli mia Signori, e di questo mi perdoni vostra Beatitudine: che non pare loro che le cose della Chiesa si maneggino in conformità di quelle dei principi, perché si vede uno uscire delle terre della Chiesa per uno uscio ed entrare per l'altro: come hanno fatto ora e Morattini in Furlì, che ne hanno cacciati quelli vi stavano per vostra Santità. Non si vede oltra di questo muovere cosa veruna di verso Francia, che toglie fede ad quello di che publice si promette la vostra Santità. Nondimanco, non ostante queste considerazioni, $993$che sono della importanza che vostra Beatitudine conosce, quelli mia Signori non sono per mancare di aiutare ancora loro condurre questa santa opera, e si sono resoluti compiacerla volentieri, qualunque volta si vegghino in essere quelli aiuti che la fece intendere loro per il suo mandato. E perché io non credo possere meglio esprimere la volontà dei miei Signori, né più enudare la verità che leggere ad vostra Beatitudine la commissione mi hanno data, io la leggerò a quella. E me la trassi di petto e lessila de verbo ad verbum.Udì sua Beatitudine me prima, e poi la istruzione attentamente e lietamente: dipoi replicò, dopo qualche parola grata, parergli, considerato bene ciocché aveva udito, che vostre Signorie temessino di tre cose: l'una che gli aiuti di Francia non fussino; l'altra, che sua Santità la governassi fredda; la terza, che non si accordassi con messer Giovanni e lasciassilo stare in Bologna, ovvero, cacciandolo, non ve lo lasciassi poi ritornare. Alla prima, disse, io non ti saprei mostrare la volontà del re se non con la mano del re proprio, e a me basta la soscrizione sua, senza ricercarne altro contratto: e chiamò monsignore d'Aix, per lo addreto di Cisteron, e gli fece trarre fuora la commissione con la quale tornò di Francia. Mostrommi la soscrizione di mano del re; lessemi dua capituli lui proprio che trattavono delle cose di Bologna: il primo confortava il papa alla impresa di Bologna e offerivali 400 infino in 500 lance con monsignore d'Allegri o il marchese di Mantova, o tutti a dua insieme e ad sua posta; nel secondo diceva che non importava a questo e capitoli aveva con messer Giovanni, perché si era obbligato salvarlo nelli stati sua, non in quelli della Chiesa, e confortava il papa ad fare presto presto: che così era scritto; e lo avvertiva ad fare ogni cosa per non ingelosire e viniziani di Faenza. Lessemi dipoi dua

lettere del re e soscritte di mano del re, l'una data di maggio, che Cisteron portò seco, l'altra data di questo mese, e diritta al Gran Mastro a Milano; al quale comandava movessi le dette lance, qualunque volta o monsignore dAix o altri per parte del papa Tiene commettessi. Letti e capituli e le lettere, disse che non sapeva che altro si potessi mostrare della voglia del re, e che questo doverrebbe bastare a vostre Signorie. Quanto alla freddezza sua, disse che era ad cammino, e andando in persona, non credeva possere governare la cosa $994$più calda. Quanto alla terza, disse che non era per lasciare in verun modo messer Giovanni in Bologna, perché lui sarebbe pazzo ad starvi come privato cittadino, e altrimenti non ve lo vuole; e quando e se ne vadia, è per assettare le cose in modo che ad suo tempo e non vi ritornerà. Quello che poi un altro papa si abbi ad fare, disse che non lo sa. Concluse che li piaceva che io lo seguitassi e che ringraziava vostre Signorie di quello avéno promesso insino qui, e che era certo non mancherieno del resto, veggendo la fede del re, di che avevon dubbio, e che mi farebbe intendere qualche cosa infra pochi dì.Quello si replicassi, per non tediare vostre Signorie, si lascerà. Non voglio però omettere che, nello spiccare e ragionamenti, e parlò nell'orecchio a monsignore di Volterra e Pavia, poi si volse a me e disse: Io ho detto che desidero fare uno gran benefizio a quelli tuoi Signori, ma non lo voglio promettere ora, perché non lo potrei fare, ma, quando potrò, io lo prometterò e farò in ogni modo. E in su questo mi levai dai piè di Sua Santità, e ritiratomi da parte insieme con monsignore d'Aix che era venuto quivi per le cagioni già dette, mi disse detto Aix, che tutte le difficultà che lui aveva aute in Francia, nel fare che il re consentissi, erano nate che il re non credeva che facessi da dovero; ma vedutolo ora mosso, raddoppierà lo animo al re di servirlo. Replicagli che ad Firenze aveva dato ammirazione essere venuto pochi dì fa uno uomo da Milano, mandato dal Gran Mastro a messer Giovanni ad confortarlo, e prometterli che il re non gli mancherebbe, etc. Risposemi che io non me ne maravigliassi, perché o el Gran Mastro lo aveva mandato motu proprio, per fare bene ad qualcheduno all'usanza franzese, o se lo aveva mandato de consensu del re, era per vedere le cose di Roma non sortire effetto, né darsi principio ad cosa veruna; e che se ne maravigliava tanto meno, perché sendo in Corte davanti al re, che già erano fatti e capituli, el re altamente in sua presenza disse all'uomo di Bologna che stessino di buona voglia e non dubitassino, perché il papa lo richiedeva solo di Perugia, e quando lo richiedessi d'altro, non lo servirebbe.Sendo dipoi circa ore 22 dreto al papa, che andava veggendo questa fortezza come cosa rara, vedutomi da parte, mi chiamò, e di nuovo mi

replicò quel medesimo che mi aveva replicato questa mattina alla mia risposta, e che $995$aveva resoluto e risposto benissimo ad tutte quelle cose che potevono tenere sospese vostre Signorie: e riandò de verbo ad verbum le parole mi aveva detto la mattina. E replicandogli io, secondo le parole della istruzione, che le vostre genti non sarebbono l'ultime, disse che si aveva ad valere di tre sorti di genti: sue, di Francia e vostre; e che di suo aveva 400 uomini d'arme ben pagati, e che se gli avvierebbe innanzi, e che aspettava di più cento stradiotti da Napoli, ai quali aveva mandati danari, e che arebbe le genti di Giampaulo o sotto lui o altri, come gli paressi, e dei fanti aveva piena la scarsella: sicché quando e' fussi con queste genti insieme, le vostre potevano venire a loro posta, non volendo essere l'ultime; e che io scrivessi tutto questo ad vostre Signorie, e quel che gli occorressi, mi farebbe intendere alla giornata. Soggiunse che non aspettava e non voleva favori viniziani, e che lo scoppio loro era, e non nasceva da altro, se non che e volevono essere capi loro col favorirlo; ma lui non ha voluto, per non conceder loro quello che tengono della Chiesa con tanto suo carico e preiudizio vostro; e che quando e non facessi mai altro che tenere forte questa cessione di non la fare, doverrebbe far correre vostre Signorie sanza rispetto ad convenir seco; e tanto più, non si avendo ad presumere che si abbi ad fermare quivi, succedendogli bene e principii. Io stetti sempre largo, né per questa prima giornata posso dire altro ad vostre Signorie: presummo bene per questo ultimo ragionamento, che non passeranno molti dì che vi ricercherà che le genti vostre cavalchino, non ostante che quelle del re non fussino mosse; delle quali lui accenna volere valersene in caso di necessità e non altrimenti, per la gravezza loro, e per non si fare nimico quello paese che a lui pare avere benivolo.Qui è Ramazzotto suo soldato, e promette ad sua Santità i due terzi di quella montagna in suo favore.Con questo pontefice vanno continuamente 6 o 7 cardinali, di quelli, che o per consiglio o per altro li sono più grati: li altri si distendono al largo per queste terre circostanti, e all'entrata di Viterbo tutti e cardinali fieno seco.El cammino suo, per quello s'intende, fia questo: starà qui domani, dipoi andrà ad Orvieto, dipoi al Piegaio, e poi ad Perugia. Potrebbe soprastare quivi poco o assai, né sintende bene la mente sua come si voglia assettare quella terra, né come voglia governarsi con Giampaulo. Dicesi $996$gli verrà incontro, e forse avanti parta da Viterbo. Andrà dipoi da Perugia ad Urbino, e quivi vuole soldare 4000 fanti. Dicesi, e da uomini d'autorità, che avanti sia ad Cesena gli verrà

incontro il duca di Ferrara e il marchese di Mantova. Né per questa mi occorre altro, che raccomandarmi a vostre Signorie: quae felices valeant.Postscripta. Erami scordato dire alle Signorie vostre come el papa medesimamente in concistorio disse che il re Ferrando, re d'Aragona e Napoli, aveva fatto intendere più tempo fa al suo oratore che non partissi da Roma, perché voleva lo andassi ad trovare come era in qualcuno di quelli porti propinqui; e che dipoi li aveva scritto che venissi di Corte ad trovare sua Santità, e così era venuto; e aveva commissione da quel re, ad posta del papa, di andare ad Bologna ad fare intendere ad messer Giovanni e al reggimento che, se non credevono ad Santa Chiesa, lo aspettassino nimico e loro acerrino perseguitatore, e era parato venire in persona ad tale effetto; et e converso, che se pigliavano assetto con el papa, voleva essere mediatore e conservatore di tale accordo, e promettere che né la persona di messer Giovanni, né i figliuoli, né i loro beni patrimoniali, saranno molestati in alcuna parte. Iterum valete.

%1506 ago 30, LCDa Civita Castellana, a' dì 28, scrissi alle Signorie vostre, la quale fia alligata ad questa; né la ho mandata prima $997$per non la mandare ad caso, sendo lettera che pure importa, e venendo diciferata, che non ne portai meco. Bisognami questa sera, ad volere che la venga, mandarla per staffetta, e parte ad due ore di notte, e mi ha promesso essere costì domani ad ventiquattro ore. Ho pagato per detta staffetta carlini ottanta: prego vostre Signorie ne rimborsino Biagio cancelliere.El papa ha fatto oggi l'entrata qui in Viterbo pontificalmente, e così seguirà suo cammino.Da Napoli s'intende che quelli neapolitani si preparano ad ricevere el re onorevolissimamente, e che Consalvo si prepara ad girgli incontro e onorarlo.Intendesi che viniziani fanno in Romagna mille fanti, chi dice per el Frivoli, e chi per tenere ferma Faenza, che nel passare el papa, lei non pazzeggiassi. Raccomandomi alle Signorie vostre.

%1506 ago 31, LCIeri scrissi ad vostre Signorie, e mandai con quelle per staffetta una mia de' 28, per la quale detti notizie a lungo dei ragionamenti ebbi con el papa in questo mio arrivare qui; di poi sua Santità non mi ha fatto intendere altro, e io non la ho cerca; né di nuovo io ho che scriverne altro, salvo che l'oratore viniziano ha escusato con la Santità sua questi fanti che quella Signoria fa in Romagna, dicendo aver così per consuetudine di armarsi, qualunque volta i loro vicini si armano.

La nuova dello imperatore, di che io scrissi a vostre Signorie, che li era venuto ai confini del Frivoli, fu tratta fuori da questi viniziani. E perché ci è lettere da Ferrara che dicono come e' non è vero, si crede, quando e' non sia, che l'ambasciadore la traessi fuori per ordine de' suoi signori, per tenere in sulle briglie el papa, e con questa nuova in su e principii di questa impresa raffreddarlo.Qui è venuto oggi in poste uno uomo del marchese di $998$Mantova: non si è bene ritratto ancora la cagione della sua venuta, se non che si dice come quel marchese manda ad scusarsi con el papa di non poter venire ad trovarlo come li aveva promesso; il che, quando sia vero, fa credere ad qualcuno che per avventura el re di Francia si ridica; qualcun altro crede che la sia mera leggerezza e volubilità di quello marchese: intendendone meglio el vero, lo scriverò.Ho visitato monsignore di Ghime, oratore qui per il re di Francia; e fattogli, come servidore di vostre Signorie, quelle parole mi occorsono. Rispose alla proposta convenientemente, e nel discorso del parlare mi affermò quella Maestà avere offerto al papa monsignore d'Allegri con cinquecento lance qualunque volta le voleva, e che le stavono ad sua posta.De' meriti di questa impresa io non posso dirne altro che quello che io ho scritto, cioè che el papa cavalca in persona, e va innanzi con le giornate disegnate, e al cammino ho detto; non solda ancora i fanti e non ha in disegno altra gente che quella dissi ad vostre Signorie; e le sua quattrocento lance, computato due balestrieri per lancia, sono sotto el duca d'Urbino e governate da Giovanni da Gonzaga; dugento sotto el Prefetto e, governate da messer Ambrogio da Landriano, cento: queste sono insieme a' confini di Perugia. Giovan da Sassatello ne ha poi settantacinque; queste sono in Romagna, ma li è comandato li venghino al davanti; ha qui seco in guardia cinquanta balestrieri ad cavallo, che sono venticinque uomini d'arme, e forniscono el numero dei quattrocento. Queste sono le forze presenti e sue proprie. Ha dipoi le genti di Giampagolo, e aspetta quelli stradiotti del Reame. Altro ordine per questa impresa non si sente, né di fanterie, né di cosa che se le richiegga. Dicesi che solderà ad Urbino, come già ho scritto, e darà ordine all'altre cose.E' sono qui e fuoriusciti di Furlì, molto male contenti, e par loro essere mandati da Erode ad Pilato, e non veggono di sortire altro effetto: sperano tuttavolta in questa sua gita. Raccomandomi ad vostre Signorie.

%1506 set 1, LC$999$Per l'alligata intenderanno vostre Signorie quanto infino ad ieri occorse; et inter coetera avvisai vostre Signorie come el

marchese di Mantova per suo uomo aveva fatto intendere al papa non potere incontrarlo, per avere così comandamento da el re, cioè che non partissi etc.: il che si è poi verificato; e di più che il marchese ha mandato un uomo ad Milano ad Ciamonte per la licenza, con ordine, che non la possendo avere, si trasferisca in Francia; e benché questa sia giudicata leggerezza da molti, nondimanco ha dato dispiacere al papa, e lo fa pensare di andare ad questa impresa con maggior fondamento e più ordinato che prima; e ha spedito messer Antonio de Montibus, auditore di Camera, e lo manda ad Bologna ad fare intendere ad quel reggimento come el papa si vuole trasferire là, e che ordinino di riceverlo, e così ordinino le stanze per el contado di Bologna per cinquecento lance franzese; e ha ordinato che detto messer Antonio dipoi ne vadia ad Milano per levare queste genti; e il papa non passerà Perugia, o al più lungo Urbino, se non intende che le genti franzese sieno mosse, e però starà qui più qualche giorno che non aveva in animo e non partirà domani, secondo el primo disegno.Quello che lo fa mutare dal primo proposito di non adoperare, come io scrissi, le gente franzese se non in caso di necessità, è lo accidente del marchese soprascritto, e di più volere con la mossa di queste genti fare stare addreto e viniziani, e quali soldano e vorrebbono con spaventarlo che facessi con loro questa impresa, e lasciassi stare Francia, pure che lui cedessi loro Faenza e Rimino; l'altra cagione è che vuole assicurarsi de' franzesi e vuole farli intingere, e però da ieri in qua si è rivolto ad entrare per questa via: attende bene con quanta industria e' può ad assicurare e viniziani, ma questo non basta loro e vorrebbono essere quieti, e per questo attendono per ogni verso ad attraversarli el cammino e a difficultarli questa impresa. Attenderò quello seguirà e vostre Signorie ne fieno avvisate. $1000$Messer Antonio nel trasferirsi ad Bologna farà la via per il dominio di vostre Signorie, o per la città, o d'altronde. Parendo ad quelle fargli parlare per intender meglio il particulare delle cose, si ricorda con reverenza alle Signorie vostre; alle quali mi raccomando.

%1506 set 2, LCIeri scrissi ad vostre Signorie, e mandai la lettera insieme con una d'avanti ieri, sotto lettera di monsignore di Volterra, per uno corriere che andava in Francia. Scrissi della deliberazione fatta di mandare l'auditore di Camera ad Bologna e di quivi ad Milano per le genti. Ha dipoi deliberato el papa che lo auditore si fermi ad Bologna, $1001$e mandare monsignore d'Aix, per lo addietro di Cisteron, ad Milano, ad muovere le genti; sperando che costui possa più facilmente farlo, per aver lui trattato le cose con el re. Andrà in diligenzia

e partirà domattina, e questo dì doveva partire lo auditore, ma siamo ad sera e non è ancora partito. Vedreno domani che seguirà, e daronne avviso a vostre Signorie: né si maraviglino delle variazioni, perché in questi maneggi se ne è fatte e farassene assai, e chi conosce el papa, dice che non si può fermare una cosa in uno luogo, per trovarvela l'altro dì. Temporeggerà el pontefice, come io dissi, fra qui e Urbino, infino che la risposta venga da Milano; e non si crede che cominci prima ad soldare né fare altra spesa, se non ha questa risposta e non vede quelle genti mosse; e chi è qui per messer Giovanni si conforta assai, veggendo la cosa andare in lunga, e afferma avere promesse da el re certe che non gli maculerà la protezione. Lo imbasciadore viniziano attende dall'un canto ad sbigottire el papa con la venuta dello imperadore, dall'altra parte li promette le cose di Bologna al certo, quando lui voglia cedere loro Faenza o Rimini: di che el papa per ancora si fa beffe, né vi ha posto l'orecchio. Dubitasi bene che quando e franzesi gli mancassino sotto, che potrebbe per avventura gittarsi; e de' franzesi non si dubiterebbe, vedute le convenzioni ferme ne portò seco d'Aix; ma questa disdetta di Mantova fa stare gli animi sospesi. Altro non s'intende. Raccomandomi alle Signorie vostre.Postscripta. El papa per avventura domattina se ne anderà con la corte fra Monte Fiasconi e Orvieto, cioè la persona sua ad Monte Fiasconi con parte della corte, e il restante della corte ad Orvieto: mettolo in forse, per errare meno.

%1506 set 3, LC$1002$Magnifici Domini etc. Ieri scrissi alle Signorie vostre, e' sarà alligata ad questa; e questo giorno parte monsignor d'Aix per ad Milano, al quale ho parlato avanti el partire suo, offerendoli che mi avvertissi se io avevo ad fare intendere cosa alcuna ad vostre Signorie in questa sua partita. Risposemi che non li occorreva altro, salvo che io scrivessi ad vostre Signorie come lui andava in poste ad Milano, mandato dal papa ad levare quelle genti d'arme, di che, secondo la convenzione, quel re debbe servire el pontefice, e passerebbe di costi e, avendo tempo, viciterebbe i nostri eccelsi Signori. El pontefice, come per altra ho detto, non si crede farà altro infino alla risposta sua, e si temporeggerà con la corte, dove meglio gli verrà comodo.Iarsera arrivorno qui oratori perugini ad questo pontefice, intra e quali è messer Vincenzo suto costì giudice di Ruota e potestà; non gli ho ancora parlato, né so quello che si portino; puossi solo stimare che voglino fermare el caso di Gianpagolo: il che, se riuscirà loro o no, si vedrà alla giornata, e del seguito ne darò avviso ad vostre Signorie, alle quali mi raccomando; quae bene valeant.

%1506 set 5, LCDe' dua e tre del presente scrissi ad vostre Signorie quello occorreva, e mandai le lettere per monsignor d'Aix, $1003$che in diligenzia ne andava ad Milano per la cagione che allora si disse. Partì el papa iermattina da Viterbo, e ieri alloggiò ad Monte Fiasconi, e questo dì è venuto qui in Orvieto, dove starà per avventura tanto che le cose di Perugia sieno assettate. Dipoi fra Perugia e Urbino aspetterà risposta da Aix, in sulla quale lui ha ad fondare l'impresa sua, e ire innanzi o tornarsi ad Roma, se già e non si volgessi ad altri aiuti, il che però non si crede. L'assetto di Perugia, ovvero Giampagolo, col papa si pratica tuttavia, e vennono qui quelli oratori, intra e quali è messer Vincenzio, e avanti ieri ad Viterbo ebbono udienza dal papa. La proposta loro fu congratulatoria di questa sua vicitazione, e confortatoria ad venire ad vedere quella sua città: e appresso offersono e raccomandarono lei e li uomini di quella. Dicesi che, post multa, el papa disse che voleva la possessione di quelle fortezze che ha in mano Giampagolo, e quella delle torri delle porte di Perugia, e che li oratori tiene concederno per parte de' loro signori liberamente. Essi dipoi atteso ad maneggiare questo accordo secretamente, e ad questo effetto si dice che sono venuti qui oggi el duca d'Urbino e il legato di Perugia, che arrivorno in sul vespro. Doverassi vedere fra dua dì che sesto piglierà, né si può bene giudicare di che sorte abbi ad essere tale convenzione, perché il papa infino ad oggi è stato di volontà che Giampagolo se ne vadia, o che si stia privato e sanza genti d'arme. Potrebbe per avventura mutarsi di opinione, parte per necessità e parte per persuasione dei fautori di Giampaulo, che ne ha buon numero in questa corte: ad la necessità lo induce trovarsi Giampaulo armato di gente ad cavallo e ad piè, il che fa il mandarnelo difficile; e mostra questa, difficultà al papa, facilmente se gli persuade che li è tempo piuttosto ad volersi valere di Giampaulo per l'impresa di Bologna che ad cercare di cacciarlo di casa; e non gli riuscendo, l'impedissi quella impresa: e che non li mancherà modo, assettata Bologna, racconciare poi Perugia, e che per ora egli è bene fare una impresa, e non dua, perché l'una potria guastare l'altra; tanto che per queste ragioni e' si crede che Giampaulo facilmente potrà fuggire per ora questa fortuna, e ad lui basterà avanzare tempo.Staremo vigilanti per intenderne el vero appunto; e di tutto si darà notizia ad vostre Signorie, ancora che per essere fuora di strada, io non sappi come mi mandare le lettere $1004$; e io infine ad qui non ho ancora aute vostre, e stimo abbino corso ad Roma.Dell'imperadore non si dice altro, e da Napoli

ci è che vi aspettano el re Ferrando d'ora in ora, e che Consalvo mostra d'esserne più contento degli altri. Raccomandomi a vostre Signorie.

%1506 set 6, LCSiamo addì sei, e per quella de' cinque alligata ad questa vostre Signorie intenderanno dove si trovavono queste $1005$cose, e in particulari el caso di Giampaulo, e quello che se ne credeva. Intendesi dipoi questo dì come el duca e il legato, che vennono ieri, tirano le cose a quel segno che si sperava, cioè ad termine di salvare Giampaulo, e hanno ridotto el papa ad essere contento di valersi di lui e delle sue genti in questa espedizione di Bologna, non però che lo tolga per suo conduttiere, né che gli dia altrimenti condotta, ma gli darà una suvvenzione onesta ad lui e ad sue genti per questa impresa; e verrà qui personalmente ad onorare el papa, e potrebbe arrivare ad ogni ora, quando le soprascritte convenzioni stieno ferme; e si crede che el papa non si muterà per avere d'intorno chi gli tiene le mani addosso, e non lo lascia variare in quelle cose che tornono loro a proposito. Dicono che Giampaulo si trova cento cinquanta cavalli leggeri e cento uomini d'arme cose bene in ordine.Credesi, veduto le cose di Giampaulo come le procedono, che quando le vadino con lo ordine che di sopra si dice, che quelle di messer Giovanni andranno ancora al medesimo cammino, e che questa composizione fatta per fare più facile l'impresa di messer Giovanni, farà più facile lo accordo suo; e quelli che sono aiutatori di Giampaulo, saranno aiutatori di messer Giovanni, perché non ne spereranno minore utilità; e messer Giovanni sa che non li hanno a fare meno utile e condottieri di questa corte che quelli di Bologna. Offere messer Giovanni di mandare quattro de' suoi figliuoli al papa, né si dubita, se si dispone ad venire lui, che la cosa non si rimpiastri subito, né qui mancherà chi lo assicuri. So che la è presunzione fare iudizio delle cose e massime di quelle che variano ad ogni ora; nondimeno non mi parrà mai errare ad scrivere alle Signorie vostre che opinione abbino i savi delle cose di qua, acciocché quelle con la solita prudenzia ne possino fare sempre migliore iudizio.Da Napoli non s'intende altro.Sonci questa mattina lettere da Vinegia de' 31 del passato, scritte da Lascari ad alcuno di questi reverendissimi, per le quali avvisa come ad Vinegia erano arrivati quattro oratori dello imperadore, che vennono armati infino alla marina e chiedevano ad quella Signoria passo e vettovaglia per l'esercito del suo signore e per la passata sua ad Roma; e avvisa come lo esercito di quello re si trovi alli loro confini, ma che la persona del re è discosto

circa $1006$sei giornate. Doverranno vostre Signorie per la via di Ferrara intenderne più la verità.Partirà el papa di questa settimana una volta: el dì appunto io non lo so, e farà uno o dua alloggiamenti infra Perugia e qui; e ad Perugia si doverà poi posare qualche dì per avere risposta da Aix, da Milano, e da messer Antonio de Montibus, da Bologna. Raccomandomi alle Signorie vostre, quae bene valeant.Ex Orvieto, die 6 septembris 1506.Erami scordato significare alle Signorie vostre, come lo oratore bolognese mi disse questa mattina che lo oratore veneto non cessava di offerire al papa che i suoi Signori li darebbono senz'altri aiuti Bologna, e messer Giovanni nelle mani, e farebbono questa impresa sopra di loro, quando el papa ceda Faenza e Rimini. Non si sa, quando questo fussi vero, come e' possino dall'un canto voler fare una impresa, e dall'altro aver lo imperatore a' confini.

%1506 set 8, LC$1007$Io scrissi l'ultime mie alle Signorie vostre addì sei e addì cinque, e le mandai iermattina per uno proprio apposta le mandassi alle Signorie vostre. Scrissi ad lungo, e perché io le reputo salve, non le replicherò altrimenti; né al presente ho che scrivere, se non che partendo Piero Del Bene per costà, mi è parso non mancare di darli mia lettere.Giampaulo non è ancora venuto, ma si aspetta oggi in ogni modo, e questa mattina li sono iti incontro molti de' suoi. Perché una volta lui si è partito da Perugia per venire qui, vedremo quello partorirà questa sua venuta, e le Signorie vostre lo intenderanno.Le cose sono qui ne' medesimi termini, e se ne ha quella medesima opinione se ne aveva quando scrissi l'ultima mia: e però non ne dirò altro.El papa parte dimani, e ne va ad Castel della Pieve per ridursi poi ad Perugia, se accidente nuovo nol fa rimutare.Siamo ad ore venti, e in questo punto è arrivato Giampaulo Baglioni con circa cinquanta cavalli. Valete.

%1506 set 9, LC$1008$Io scrissi ieri l'alligata alle Signorie vostre e credetti mandarla per Piero del Bene, el quale dipoi non la portò per essersi partito in tempo che io ero ito allo alloggiamento di Pavia. Manderolla con questa, ancora non importi molto.Giampaulo Baglioni arrivò ieri circa venti ore ad Orvieto, come per la alligata scrivo: transferissi subito a' piedi di nostro Signore, e cerimonialmente li parlò. Questa mattina dipoi si è partito el papa da Orvieto e venuto qui ad Castel della Pieve; e Giampagolo con la sua comitiva e il duca d'Urbino se ne è andato

ad Perugia per la diritta. El papa domattina parte di qui e ne va ad Castiglion del Lago, e avanti vadia ad Perugia si andrà forse trastullando su per il lago due o tre giorni, e qua verso domenica potrebbe fare l'entrata in Perugia.La composizione con Giampagolo si dice essere questa: che Giampagolo li dia tutte le fortezze dello stato di Perugia e le porte della città: il che è già fatto; che Giampagolo metta uno o dua sua figliuoli in mano del duca d'Urbino per statichi; che li osserverà le convenzioni con el papa e sarà buono figliuolo di Santa Chiesa; che el papa metta alla guardia della piazza di Perugia 500 fanti, e ad ogni porta della città di Perugia 50, o quelli più che vuole; che Giampagolo sia tenuto servirlo nella impresa di Bologna con tutte le sue genti d'arme, e il papa gli debba dare certa suvvenzione per levare dette genti: la quantità non si sa appunto. Attenderassi al presente ad mettere ad effetto tutto, e avanti el papa parta da Perugia ogni cosa doverrà avere auto el termine suo. Con el papa sono qualche perugino fuoruscito, infra e quali ci è uno figliuolo di Grifonetto Baglioni, e uno figliuolo di Pompeio delli Oddi. Carlo Baglioni non ci è: e' disegnano tutti questi entrare in Perugia con el papa, né lui per questo accordo li ha licenziati.Qui sono oggi nuove che il marchese di Mantova viene ad trovare la Santità del papa, e che ad questa ora e' $1009$potrebbe essere partito: e questo ci è per cosa certa. Questa novella del marchese ha fatto che qui si è mutata opinione circa l'impresa di Bologna e credesi che ad messer Giovanni sarà più difficile lo accordo, sendo al papa la impresa più facile, perché si presuppone che franzesi tenghino el fermo al papa, ancora che da Aix non ci sia lettere: e fassene coniettura, perché avendo fatto qui intendere el marchese, come già scrissi, che aveva mandato uno uomo ad Ciamonte per la licenza di poter servire el papa, con ordine che, non l'avendo, ne andassi in Francia ad el re, e avendo ora fatto intendere che viene, conviene, per la brevità del tempo che è da quella deliberazione ad questa, che la licenza venga da Milano e non di Francia, e così che si venga ad stare in sulla composizione vecchia che ne portò qua Aix: e sanza dubbio, quando Francia non gli manchi sotto, la impresa di Bologna andrà sanza rimedio alcuno, né chi desidera aggirarlo con li accordi, lo potrà fare. Bisogna stare ora ad vedere quello che el tempo porti, e consigliarsi con quello.Io non voglio omettere di scrivere a vostre Signorie come nel cammino questa mattina, sendo ad canto ad Pavia, mi chiamò e mi disse: Segretario, messer Filiberto mi ha scritto come passando da Firenze, alcuni cittadini gli hanno detto che 'l papa s'inganna ad credere essere servito d'un solo cavallo in queste cose di Bologna, e che per nulla quella città lo

consentirebbe. Io gli risposi che non credevo che tali cose gli fussino sute dette se non da uomini oziosi e che non intendevono e meriti delle cose, perché quella città è usa ad andare innanzi e non ad tornare indreto, e se 'l papa non tornerà indreto lui da' suoi ordini e da quello si ha promesso, quella città non mancherà uno iota di quello li ho detto. Rispose credermi, e che non lo aveva voluto dire al papa per non lo irritare né sdegnare. Bene valete.Ex Castel della Pìeve, die 9 septembris 1506.Servus, Niccolò Machiavegli, secretarius apud Papam.Postscripta. El papa starà venerdì e sabato ad Castiglione del Lago, e domenica ne andrà ad Perugia: potrebbe per avventura stare più in su questo lago, e in su questi vostri confini; dònne avviso, acciò se vi paressi $1000$presentare sua Santità o di vino o di qualche cosa scelta che dà cotesto paese, vostre Signorie ne sieno avvertite, perché io so gli sarebbe gratissimo.

%1506 set 12, LC$1012$De' dì 8 e 9 da Castel della Pieve, e mandate per la via di Cortona, furno l'ultime mie. Venne addì 10 el papa ad Castiglione del Lago, e benché lui avessi detto volervi stare tutto dì d'oggi, se ne venne ieri ad Passignano, castello in sul lago, e oggi siamo qui ad Corciano, castello propinquo cinque miglia ad Perugia, e domani farà l'entrata in Perugia pontificalmente. Ho ricevuto dipoi le loro de' 7 e 9, e parendomi li avvisi della de' 9 da comunicarli al papa, mi trasferrii da sua Santità e liene feci intendere. Dissemi che aveva anche lui el medesimo del re di Aragona, ma che non credeva già che Consalvo li andassi incontra, ma più presto che fuggissi; e così disse non credere quelli dello imperadore, perché sapeva di certo che non era in attitudine ad passare; ma che tutto era trovato de' viniziani al loro proposito. Quanto ad quello che le Signorie vostre scrivono per la de 7, che si avvertisca sua Santità etc., si fa intendere ad quelle come ogni dì li è ricordato: ma se Francia farà seco ad mal gioco, e se questa passata dello imperatore non fia vera e presta, potria $1013$essere facil cosa che non ci fussi rimedio e che lui posponessi el danno della Chiesa e il periculo d'altri alla sua propria vergogna, la quale li sarìa grande se si ritornassi ad Roma sanza avere tentato alcuna cosa, per che lui usci fuori. E chi conosce la natura sua ne dubita, come le Signorie vostre, ma non vi vede remedio, se non si faccia quello che è giudicato pernizioso lasciare fare ad altri.Dubitasi per assai prudenti, come già scrissi, che queste cose dello imperatore non sieno ingrassate da' viniziani in Francia e qui, sì per guastare e disegni al papa, tenendolo in su

la briglia e intorbidandogli l'acqua di Francia, sì per vedere se potessino tirare il re ad qualche nuovo accordo, per il quale si guadagnassino in Italia e fuori, se non altro, tanta reputazione che facessi più facile qualche disegno loro; e il papa proprio è di questa opinione, perché mi disse, quando li comunicavo quelle lettere: questi viniziani fanno passare questo imperatore a loro posta; ma tutto fia resoluto, se il marchese di Mantova verrà, e se il re andrà di buone gambe, come se ne aveva qualche speranza, quando scrissi l'ultima mia alle Signorie vostre: di che non ci è poi altro.Scrissi per altra ad vostre Signorie come con tutte le resoluzioni fatte con Giampaulo el papa menava seco e suoi fuoriusciti, da Carlo Baglioni e Girolamo della Penna in fuori. Iarsera ad Passignano, dove eravamo alloggiati, el papa li ebbe ad sé e disse loro come per buono rispetto lui non voleva che entrassino in Perugia seco, ma che li lascerebbe qui, e manderia per loro, stato che fussi in Perugia dua o tre dì; e che stessino di buona voglia, che 'l caso loro passeria bene, perché e voleva al tutto abbassare Gianpaulo e fare che potessino stare securi in Perugia, e per questo aveva ordinato di avere le forteze e mettere guardia in Perugia ad suo modo, e che e figliuoli di Giampaulo stessino ad Urbino; e voleva trarre le genti d'arme di Giampaulo d'in sulle terre di Perugia e menarle seco; ma non voleva che Giampaulo le comandassi, ma che la persona sua stessi appresso al duca. E che non li voleva per le cose vecchie tòrre la vita ad nessuno modo, ma, se peccassi venialmente, liene appiccherebbe.Dolgonsi questi fuoriusciti di non avere ad entrare in Perugia con el papa, e veggono che questo è tratto' di chi cerca di salvare Giampaulo; el quale non potendo in un tratto fare ritirare el pontefice dall'impresa, lo viene $1014$ritirando con questi modi ad poco ad poco: e credono che al papa debba essere stato fatto uno spaventacchio di scandolo, e dubitono questi fuoriusciti che chi ha condotto el papa ad non li lasciare ire seco, non lo conduca a non li lasciare entrar poi, e che non sia persuaso ad volere che li stieno qualche anno fuori; e loro, tutto el fondamento facevono di aversi ad fermare ad Perugia, era la presenza loro con el papa, per possere ricordare loro proprii e casi loro. Dà loro briga una altra cosa, quale è vedere tutte queste cose in mano del duca d'Urbino, per tenere lui li statichi e la persona di Gianpaulo secondo che 'l papa disse loro: e pare loro che queste cose sieno in mano della parte; e sopra tutto dubitono che la guardia, che si ha ad mettere in Perugia, non sieno fanti del duca; e sono per fare ogni cosa per dissuaderlo al papa e confortarlo ad tór fanti o delle vostre Valdichiane o di altri luoghi confidenti; sicché le Signorie vostre pensino,

quando fossino richieste di lasciare soldare fanti in Valdichiana in conestaboli della Chiesa, quello vogliono si facci.Come costoro mi hanno parlato, così mi ha parlato messer Vincenzio e altri uomini di Giampaulo, e quali sto ad udire tutti e vo largo, e dico a ognuno che si ha ragione. Questo fo per non intender bene quello che tornassi bene allo stato di vostre Signorie, né sapere la mente di quelle.El legato di Perugia, che da Orvieto andò con Gianpaulo ad Perugia, si dice verrà oggi qui per trattare con el papa questo caso de' fuoriusciti e altre cose pertinenti ad quella città. Valete.

%1506 set 13, LCIeri scrissi alle Signorie vostre, la quale sarà con questa. Questo dì poi el papa è venuto solennemente qui in Perugia $1015$, e ha lasciato e suoi fuoriusciti, dove per lalligata si scrive, e con quella speranza che io avviso per quella.Monsignor di Nerbona non prima che ieri si abboccò con el papa, perché venne di qui ad trovarlo ad Corciano, dove era alloggiato. Non s'intese quello li disse per allora, ma si vidde che non piacque al papa. Dipoi questo dì si è ritratto come lui per parte del re lo sconfortava da la 'mpresa di Bologna, allegandogli questa passata dello imperatore, e mostrava per aver quel re lo stato di Milano tenero e sospetto, non era ad verun modo per sfornirlo per servire lui. E el papa alterato assai di questa cosa, e nondimeno ha deliberato da sé fare questa impresa, quando ogni altra li manchi; e ha spedito oggi Ramazzotto e datogli danari perché e' facci i fanti, e scrittoli brevi ad vostre Signorie e ad Ferrara, richiedendo ciascuno li lassi, come conestabole suo, trar fanti dal suo dominio e per li suoi danari; e dice che vuole, avanti sia passato Urbino, avere insieme sei in ottomila fanti, e volere con questi irne alla volta di Bologna. El marchese di Mantova si crede che per avventura potria questa sera essere ad Urbino, e dicesi che lo servirà con la persona. Queste cose hanno quella variazione che veggono le Signorie vostre, e chi ha ad scrivere dì per dì conviene le seguiti, e debbe meritare d'essere scusato.Delle cose di Gianpaulo io mi rimetto alla alligata. Aggiungerò solo questo che, trovandosi el papa qui con questi reverendissimi, benché le genti della Chiesa sieno alloggiate intorno ad queste porti, e quelle di Gianpaulo un poco più discosto, nondimeno el papa e il collegio sta ad discrezione di Giampaulo e non di loro, e se non farà male ad chi è venuto per torgli lo stato, sarà per sua buona natura e umanità. Che termine si abbi ad avere questa cosa, io non lo so: doverrassi vedere fra 6 o 8 dì che 'l papa

starà qui. Una volta Gianpaulo dice avere conosciuto dua vie ad salvare lo stato suo: l'una con la forza, l'altra con la umiltà e con el fidarsi delli amici che lo consigliano e che non ha voluto pigliare la prima, ma volgersi alla seconda; e per questo si è rimesso tutto nel duca dUrbino, e detto duca lo fece venire ad Orvieto al papa e li fa fare tutte quest'altre cose che occorrono. E' fanti per la piazza e per le porti, secondo che io avvisai, avevono ad essere in Perugia avanti che 'l papa ci entrassi: el papa è entrato, e non ci sono: e questa cura fu data al duca di Urbino, $1016$pure si dice che fra dua dì ci saranno. Altro non mi occorre.

%1506 set 14, LCIeri scrissi ad vostre Signorie, e mandai la lettera con un'altra mia de' xii per uomo apposta ad Cortona, e quel capitano le arà mandate alle Signorie vostre.Scrissi, inter caetera, come Ramazzotto era spedito dal papa per ire ad fare fanti, e credevo che fussi partito infino ieri. Trovandolo dipoi questa mattina ad Corte, mi disse che sarebbe espedito oggi e partirebbe domattina, e se mi verrà ad trovare, come mi promisse, li darò carico di portare la presente ad vostre Signorie. Ha ordine di fare mille fanti almeno e, potendo, infino in 1500.Come ieri scrissi ad vostre Signorie, questo papa, non ostante la ambasciata di Nerbona, è più caldo in sulla impresa di Bologna che mai, né pare che si sia però disperato di Francia, e sta sospeso in sul primo avviso da Aix. E benché di là venissino resoluzioni contrarie, è per ire innanzi e, se li spedirà oggi Ramazzotto, sarà assai evidente segno. Pare ad ognuno questa sua impresa animosa, mancandogli Francia e volendo ire innanzi, e ognuno sta sospeso con lo animo di quello abbi ad essere. Dubitano molti, come scrissi per altra mia, che non si getti poi a' viniziani per ultima desperazione. Non di manco, da l'altra parte non si risolvono come e viniziani possino scoprirsi ad questa impresa, non si scoprendo el re, e dicono: o el re non può aiutare el papa, o non vuole. Se non vuole, non è ragionevole che quel grado che non vuole avere con el pontefice, e voglia che viniziani lo abbino, e che, mal contento el papa di lui, s'incorni con e $1017$viniziani. Se non può, e la cagione ne sia lo 'mperadore, questo medesimo respetto doverrebbono anche aver e viniziani, e quella medesima cagione che tiene addreto el re, de' tener loro. Molti altri dicono ch'e franzesi non la filano così sottile, e quello che non vorranno fare loro, non si cureranno che altri lo faccia, e che li stimano e giudicono le cose in uno altro modo. Vedrassi con el tempo, che è padre del vero, quello che seguirà: e a me non pare errare, oltre alli avvisi delle cose di qua, scrivervi

quello vi si ragiona sopra da questi cortigiani e uomini pratichi e savi.De' fuoriusciti perugini non s'intende si sia fatta altra resoluzione, e Gianpaulo dice che gli rimettino a loro posta, ma se saranno tagliati ad pezi, che se ne scusa.Parmi, secondo retraggo, che quella suvvenzione che si disegnava dare ad Gianpaulo, cominci ad ragionarsi diventi condotta, ma non vorrebbe el papa passare cento uomini d'arme, e lui non vorrebbe scendere da quelli che ha, che sono più che 150: assetterassi ad ogni modo in qualche forma buona, e di questo stieno di buona voglia le Signorie vostre, perché le cose di Gianpaulo con el papa vengono sempre, per quel si vede, migliorando.Non si ragiona ancora quando el papa partirà di qui: stimasi partirà intorno ad domenica propinqua. Valete.

%1506 set 15, LCIo scrissi ieri ad vostre Signorie, e la lettera mandai per la posta di Ferrara, sotto lettera di monsignore di Volterra: reputo che le sieno venute salve e però non le replicherò.Comparse dipoi iersera la vostra lettera de' dì undici, e subito mi trasferii dal papa e lessigli quelli avvisi. $1018$Mostrò sapere la morte del re di Pollonia, ma non credette già quella del figliuolo del re d'Ungheria. Affermò, quando fussi vera, che lo 'mperadore non potrìa passare: ma ad ogni modo disse che non passerebbe.Comunicai, oltre di questo, el capitulo ad monsignore di Pavia, che risponde alla lettera che li aveva scritto messer Filiberto: mostrò averlo caro, e di nuovo mi disse che non ne aveva parlato con altri che con monsignore di Volterra, e meco; e io ne lo ringraziai di nuovo per parte di vostre Signorie.Questa mattina sono cominciati ad comparire fanti del ducato d'Urbino, che sono quelli che per avventura aranno ad rimanere qui, secondo la composizione fatta.E fuoriusciti non sono ancora venuti, né di loro s'intende altro.Dicesi che 'l papa parte posdomani per la volta d'Urbino e farà una prima posata ad Agobio o forse alla Fratta': e io credo questa sua partita, perché avendo acconce queste cose in buona forma, non ci ha più che fare.Dell'impresa di Bologna si dice quello medesimo: che 'l papa ci è su caldo, e Ramazzotto è espedito di tutto e parte questa mattina; e io manderò la presente per uno che viene ad posta in costà.Parlando questa mattina con l'uomo di messer Giovanni, mi disse come el papa cominciava a prestare orecchi a' viniziani e come saria facil cosa che si appuntassi con loro per fare questa sua impresa. Mostrò lui averla per buona nuova, perché non poteva credere che 'l re di Francia non aiuti messer Giovanni, quando e

viniziani se li scuoprino contro con el papa, e che permetta che altri faccia quello che non ha voluto far lui.Da monsignore d'Aix non ci è altre nuove che io sappi.Parlai ieri ad lungo con messer Ercole Bentivogli, quale è venuto qua con el duca d'Urbino. Sta confuso in su queste cose del papa, e mi disse che al papa non posseva riuscire el cacciare messer Giovanni se non in uno modo: e questo era el tenerlo in su la spesa, come sarebbe se se ne andassi ad Imola, e fra Imola e quelli luoghi ad l'intorno distendessi sei o settecento uomini d'arme, e cinque o seimila fanti, e corressilo questa vernata, dipoi a tempo nuovo facessi campo grosso e minacciassilo del guasto; né crede che ad una cosa ad questo modo messer Giovanni reggessi, perché non crede che volessi spendere, $1019$sanza essere certo della sua salute, quel poco di mobile che lui ha, e trovarsi dipoi fuora di casa e povero; né dubita punto che non pigliassi partito; e parlando io di questo ritratto con alcuno di questi signori, mi disse che il disegno del papa non è altro che questo. Raccomandomi alle Signorie vostre.

%1506 set 16, LCQuesta mattina scrissi alle Signorie vostre quello che occorreva, e la lettera mandai per il Zitolo, che tornava costì in diligenza; e partendo al presente un altro, non voglio omettere fare alle Signorie vostre un verso di quanto si è inteso poi.E fuoriusciti in Perugia sono questa mattina tornati, e sono e fuoriusciti vecchi, e quelli fuoriusciti nuovi, che sono Carlo Baglioni e quelli che feciono con lui quello omicidio, restono di fuori. Credesi, quando el papa dessi tale ordine che ci potessino stare, che sarebbe assai danno ad Gianpaulo perché e' si priva di assai possessione che lui ha ad restituire loro, e dipoi ci hanno pure delli amici vecchi, e li animi de' cittadini che solevano ragguardare uno, si cominciono ad distrarre, ma veduto i fautori di Giampaulo e la reputazione sua, piuttosto cresciuta che mancata per questa novità, si crede più presto che ci saranno tagliati a pezi, se loro non saranno savi a pigliare partito da loro.El papa questa mattina in concistoro ha pubblicato quanto sieno presti gli aiuti di Francia in questa sua impresa, e quali non sono però d'altra qualità che io mi abbi scritto per la mia di stamani; e di più disse, che ' viniziani li hanno fatto intendere che, sendo cessate le cose $1020$dello imperadore e mancati in gran parte quelli sospetti avevono di là, che non che fussino contenti di questa impresa, gli offerivano quelli aiuti che lui proprio disegnassi. Altro non ho che scrivere alle Signorie vostre, se non raccomandarmi,

etc.Chi dice che el papa partirà lunedì e chi venerdì. El marchese non è ancora giunto, e siamo ad venti ore.

%1506 set 19, LC$1021$Addì 16 furno l'ultime mie: non ho poi scritto per avere auto incomodità di chi porti, e non ci essere stato cosa da espedire uno proprio. $1022$El marchese di Mantova giunse qui ad dì 17, e fu incontrato da tutta la Corte. Fu ieri con el pontefice a lungo: non si ritrae che ragionamenti si avessino. Parlai con questi sua co' quali ho qualche dimestichezza e, domandandogli quello che il marchese diceva di questa impresa, mi dissono che al marchese, per essere uomo di guerra, li piaceva la guerra, ma non già quella che fussi propinqua ad casa sua o contro ai suoi amici, e mi accennorno che per lui si farebbe ogni cosa, perché accordo seguissi. Aspettasi 6 oratori bolognesi, che possono arrivare ad ogni ora, e alla venuta loro si vedrà se lo accordo fia per appiccarsi: e io di quello saprò ne avviserò le Signorie vostre. Vicitai el marchese per parte di vostre Signorie, ringraziò quelle, e offerissi, etc.Come per altra scrissi ad vostre Signorie, e fuoriusciti di qui, da Carlo Baglioni in fuora e quelli dell'ultimo omicidio, vennono qui, e si è atteso continuamente ad comporre questa cosa loro con Gianpaulo. Sonci difficultà di chi sodi per ciascun di loro. Giampaulo dice che li soderà per sé e per la casa sua, ma che non li può sicurare per uno strano, né per tutta la terra: e questo non basta a' fuoriusciti. Dall'altra parte detti fuoriusciti non trovano chi sodi per loro, perché nessuno si vuole scoprire contro ad Gianpaulo; e Gianpaulo ha usata una astuzia in questo caso: che lui ha richiesto tutti li amici dei fuoriusciti che sodino per lui, acciocché, promettendoli, e' non possino sodare, né essere forzati che sodino per li altri. E stato ragionamento di restituire a' fuoriusciti le loro possessioni, e che li stessino fuori del Perugino, veduta questa difficultà dei sodamenti. Non so come se lo assetteranno. So bene che Giampaulo e li amici suoi faranno ogni cosa perché non ne sia nulla, e ad Giampaulo dà briga nel ritorno di costoro assai cose, ma soprattutto la restituzione de' beni, che sono ad entrata per 4 mila di questi fiorini.Essendo io andato avanti ieri all'incontro del marchese di Mantova, el papa mi fe' domandare ad casa da dua sua palafrenieri. Tornato fui, mi feci vedere ad Corte, e poi ieri vi stetti tutto el dì, e non mi fu detto cosa alcuna. Credo volessi richiedere che le vostre genti movessino: dipoi li sarà parso da differire.La opinione che lo mperadore passi, al tutto è spenta in questa Corte e dicono fondarla in su lettere fresche da Vinegia, che mostrono quelle

cose essere resolute. $1023$El papa si dice partirà di qui o lunedì o martedì prossimo per alla via già detta. Raccomandomi ad vostre Signorie.In Perugia, die 19 septembris 1506.Erami scordato dire alle Signorie vostre, come quelli cento stradiotti, che el papa mi disse già che aspettava da Napoli, sono comparsi, e sono bella gente e bene ad cavallo.Servitor, Niccolò Machiavegli, segretario.Postscripta. Siamo a dì 20 e s'intende el papa avere mutata opimone, e non manderà più San Piero in Vincula in Romagna, e forse non vi manderà le genti; e se pure ve le manderà innanzi ad lui, manderà con quelle o el vescovo dei Pazzi, o un simile prelato.Da Vinegia s'intende, nonostante quello scrissi ieri, el re di Francia alla scoperta volersi mostrare con viniziani, quando pure lo 'mperadore volessi passare, e avere risposto alli oratori dello imperadore che venga disarmato; e perché e' domandavano 16 mila ducati per l'obbligo feciono seco quando venne ad Livorno, risposono che non erano 16 mila, ma circa 4 o 5 mila, e che glie ne manderieno ad bell'agio: e così detti oratori se ne sono iti ad rotta.El papa partirà martedì, e ne andrà alla Fratta, e il vescovo dei Pazzi va in Romagna.

%1506 set 19, LCQuesta mattina scrissi alle Signorie vostre quello che occorreva, e mandai la lettera al capitano di Cortona per uno che tornava in là.Sonci poi nuove come e fuoriusciti di Furlì hanno cerco di rientrare in Furlì, e come e si condussono fino alle $1024$mura, e sendo scoperti e ritirandosi, gridorno "Marco, Marco", e che aveno con loro gente ad piè e ad cavallo, tratte di sul dominio dei viniziani. Questa nuova le Signorie vostre la debbono avere costi più certa e più ordinata; e qui ha fatto risentire el papa, e ha deliberato mandare tutte le sue genti ad quella volta, parendoli ad proposito ancora per la impresa di Bologna e non ne avendo più di bisogno di averle appresso per infino in quello luogo; e anticipando dette genti el cammino, pensa che le daranno, parte reputazione alla sua impresa, e parte terranno ferme le cose di Furlì. E perché con le forze sia chi possa comporre e ordinare quella terra, manda con dette genti el cardinale San Piero in Vincula, legato di Romagna, e intendo che manda seco el vescovo dei Pazzi.Questo dì si fa la mostra delle genti d'arme e partirà el cardinale lunedì, se non parte domattina, e il papa potrebbe soprassedere qui qualche dì più, parendogli poterlo fare sanza perdere tempo, avendo inviato le genti d'arme. Di quello seguirà ne avviserò le Signorie vostre, alle quali mi raccomando.Ex Perugia, 19 septembris 15o6.

Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1506 set 21, LCA' dì 19 scrissi ad vostre Signorie e mandai le lettere per via di Cortona; scrissi dipoi del medesimo dì, tenuta a' 20: la lettera détti ad Andrea Carnesecchi, che tornava in costà. Siamo ad dì 21 di mattina, e questo dì el papa, desinato arà, se non si pente, ne va alla Fratta dreto al viaggio suo; e attende, circa le genti franzesi, la resoluzione di Francia. Scrissi alle Signorie vostre come nello accordare e assettare questa terra, e le cose intra e fuoriusciti e Giampaulo, era intra le altre una difficultà dei $1025$sodamenti e sicurtà della pace, che si aveno ad dare hinc inde. Sonsi poi dati, e questa mattina, dopo una messa solenne, presente el papa, si fece questa pace: e riaranno le loro possessioni detti fuoriusciti, che sono di valuta ad entrata, come già dissi, per 4 mila di questi fiorini. Gianpaulo, ne viene con el papa, e le sua genti con le altre.Scrissi che si era deliberato di mandare San Piero in Vincula ad Furlì con le genti innanzi, per essere ribollite quelle cose, e che con lui andava el vescovo dei Pazzi. Mutossi poi questa deliberazione e deliberossi che vi andassi el vescovo solo, e per avventura così seguirà, ancora che non sia partito; né di queste cose del papa posso scrivere altro a vostre Signorie, le quali non si maraviglino quando stessino dua o tre dì sanza mie lettere, perché e' sarà segno, quando io non scriverrò, che non ci fia cosa degna d'avviso.Le cose dello imperadore per la via di Vinegia raffreddano, e per altra via riscaldano, come mostrano li avvisi mi danno le Signorie vostre per questa loro dei 19; e pochi dì sono d'altronde erano tali avvisi freddi, e da Vinegia caldi. Donde questa mutazione si venga, o quello che sia la verità, non si sa interpretare.Da Napoli, né del re Ferrando non ci è nuova alcuna. Raccomandomi ad vostre Signorie.

%1506 set 23, LC$1026$Ad dì 21 da Perugia scrissi alle vostre Signorie e mandai la lettera per Giuliano Lapi. Partì questo papa el dì medesimo da Perugia e ne andò alla Fratta; ieri giunse qui in Agobio, oggi ne va ad Santiano, dieci miglia di qui; domani ne andrà ad uno castello, che io non so el nome, dieci miglia più là, e l'altro dì ad Urbino: né so quanto vi si starà. Partirà di quivi e andranne ad Cesena, e piglierà la via dei monti per non passare da Rimino; ingegnerassi assettare le cose di Cesena, e di quivi si trasferirà ad Furlì, dove per avventura faranno alto tutte le sue genti, le quali sono ite con Gianpaulo e con li altri capitani per la Marca ad quella volta; e il

vescovo de Pazzi partì iermattina da Perugia e ne andò per la ritta alla via di Furlì, per intrattenere quelle cose fino alla giunta del papa. Penserà in Furlì ad rassettare quella terra, e parte si risolverà nell'impresa di Bologna, perché a quella ora vi doverranno essere arrivati li oratori bolognesi: e la risposta di Francia, se le genti hanno ad passare Parma, doverà anche essere arrivata, e quivi si doverrà vedere, se non prima, se li ha ad essere o pace o guerra. Per tutta la Corte si giudica che si verrà ad qualche accordo; tamen il tutto sta in sulle genti franzesi, ancora, come più volte ho scritto, $1027$ch'el papa abbi detto che sanza e franzesi vuole in ogni modo fare la impresa sua.Quanto el papa si starà ad Urbino e quante giornate e' metterà infino ad Furlì, io non lo so; ma le Signorie vostre ne possono fare el medesimo iudizio che si può qua. Né altro ho che dire ad quelle, per non ci essere nuove di alcuna sorte. Raccomandomi ad vostre Signorie.In Augubio, ad dì 23 settembre 1506.Servus, Niccolò Machiavegli.

%1506 set 25, LC$1028$Da Agobio scrissi addì 23 ad vostre Signorie, e dissi l'ordine che questo papa doveva tenere per transferirsi ad Furlì; e così ha fatto infino ad ora, perché, questo giorno ad 22 ore ha fatto la entrata sua qui in Urbino, dove si dice che li starà infino ad lunedì, dipoi seguirà suo viaggio. Scrissi come essendo composte le cose di Perugia in quel modo avevo avvisato per molte mie, che restava solo pensare ad Bologna, e come questa impresa stava sospesa in sulla venuta degli ambasciadori bolognesi, e in sulla risposta di Francia circa le genti, se le debbono passare Parma o no; e che alla venuta delle predette cose, si vedrebbe se li avesse ad essere pace o guerra. Non ho che scrivere altro per questa, non essendo di Francia venuto altro, né gli oratori ancora giunti. Solo posso raffermare questo alle Signorie vostre, che questo papa ci è su più caldo che mai, e che li ha detto da dua dì in qua, parlando in secretis di questa sua 'mpresa, che aveva, partendosi da Roma, mostro ad tutto el mondo el buono animo suo di volere $1029$ridurre le terre all'ubbidienza della Chiesa e purgarle da' tiranni, e per quanto stava in lui, era per dimostrarlo di nuovo; ma se chi li aveva promesso gli aiuti li mancassi, darà, etc. Chi conosce bene questo umore, crede che quando e' si abbi ad precipitare, che questo sia el meno pericoloso precipizio che ci si abbi ad usar dentro. E fassi questa resoluzione, che bisogni (tanto in là è el papa con la voglia e con la demostrazione) che o la li riesca secondo el primo intento suo, o che si precipiti dove li verrà ben fatto, o che s'inganni sotto qualche onesto accordo, se non in esistenza, in

apparenza. Questo accordo che paia onesto, pare difficile ad trovare. Che li riesca secondo el primo suo desiderio, rispetto a' franzesi, non si crede; del precipizio si dubita assai. Raccomandomi alle Signorie vostre, quae bene valeant.Scrissi per altra mia, che le genti del papa e Giampaulo con le sua andavano per la Marca alla volta di Furlì: e così è seguito. Non s'intende già che la persona di Giampaolo sia partito da Perugia per ancora.I fanti del duca d'Urbino, che erano venuti in Perugia per restare secondo la convenzione alla guardia delle porti e della piazza di Perugia, non vi sono rimasti, ma se ne sono iti con le genti alla via della Marca.Il marchese di Mantova segue continuamente el papa con cento balestrieri ad cavallo, che menò seco da Mantova. Iterum valete.

%1506 set 26, LCIeri scrissi alle Signorie vostre, che sarà alligata ad questa. Restami significare ad quelle come messere Antonio $1030$de Montibus è tornato da Bologna e referisce quella città essere per fare ogni demostrazione d'essere bene disposta verso Santa Chiesa, quando el papa non li vogli alterare e capituli, ma quando gli vogli alterare, essere per difendersi; e fa detto messer Antonio molte gagliarde le provvisioni di messer Giovanni. Intendesi nondimanco che dette provvisioni sono piuttosto da farsi inimici che amici, per costringere li uomini ad armarsi del loro proprio, e fare molte altre cose simili, da acquistarsi piuttosto nimici che amici.Parlai questa mattina con chi è qui per messer Giovanni, e domandandolo delli oratori se venivano, disse che li erano mossi per venire, ma che avendo fatto messer Antonio de Montibus certo protesto, dubitorno, venendo, di non venire securi, e per questo aveno scritto che questo papa dessi loro salvocondotto; che 'l papa lo aveva voluto dare ad parole e non in scritto, e aveva per questo, fidandosi delle parole del papa, scritto che venissero ad ogni modo: e credeva che fussino in cammino.Ieri furno qui in Corte lettere di Francia, per le quali el papa si mostrò molto allegro, dando opinione a chi lo udiva, che arebbe le genti franzese in ogni modo, e aveva una listra in mano del disegno delle genti e capitani dovieno venire. Non l'ha comunicata altrimenti, e però non se ne scrive altrimenti el particulare.Dicesi che 'l papa partirà martedì, e ne andrà alla volta di Cesena. Raccomandomi alle Signorie vostre.

%1506 set 27, LC$1031$Scrissi ieri alle Signorie vostre, e con quella mandai una de' 25, e tutte dette lettere mandai per la via del Borgo. Per questa non mi

occorre dire altro, ma venendo costi el presente corrieri, che per avventura vi sarà prima che le soprascritte lettere, non ho voluto lasciarlo partire sanza mia lettere.Riceve' iarsera, poi ebbi spacciato per al Borgo, le vostre lettere de' 22 e 24 cogli avvisi di Francia e d'altronde; userò detti avvisi come giudicherò ad proposito, nonostante che questo papa di Francia debbe avere aute le medesime cose, perché ebbe lettere avanti ieri e sta in speranza grande delle genti, nonostante che la resoluzione non sia venuta, secondo si ritrae. Delli oratori bolognesi e della cagione della tardità loro al venire, scrissi per altra.El papa parte di qui martedì, e ne va ad Santa Fiore, castello di cento case, in modo che io credo che la metà di questa Corte o più ne andrà alla volta di Cesena per attenderlo là: e io sarò forse uno di quelli, non possendo seguitarlo per queste castelluzza, e non potendo in dua giorni, che metterà ad ire ad Cesena, occorrere' cose di $1032$momento. Né per questa ho che dire altro alle Signorie vostre, se non che ad questo papa cresce ogni dì la ostinazione di andare innanzi e di mettere ad effetto questa impresa. Valete.

%1506 set 28a, LCIeri scrissi l'ultima ad vostre Signorie, e scrissi quelle poche cose che occorrevono dire dalle bande di qua, che furno in più parte narrare el viaggio di questo papa, e come partiva domattina per la via di Cesena: e così farà, se non si muta, e farà di qui ad Cesena tre giornate, e non andrà più per la via di Montefiore, ma se ne andrà domani ad Macerata, e così seguirà suo cammino di castello in castello fino ad Cesena, dove potrà per avventura stare qualche dì e fare qualche conclusione dell'impresa sua; e ad quella ora doverrà avere auto la resoluzione di Francia. Stettono iermattina in conclavi per grande spazio di tempo il duca d'Urbino, lo 'mbasciadore veneto e monsignore di Pavia: non si è ritratto quello si ragionassino, ma si crede ch'e ragionamenti loro fussino sopra questa impresa e sopra la securtà che chieggono e viniziani al papa per mezzo del re di Francia, che Sua Santità prometta non li offendere: che debbe essere quel medesimo che vostre Signorie ritraggono di Francia, dove quel re conforta el papa a satisfare a' viniziani in qualche parte, come vostre Signorie avvisorno per la penultima loro de' 24. Intendesi che 'l papa è contento prometterlo loro ad parole, e così promette che durante la vita sua mai darà loro briga alcuna: ma non pare che basti a' viniziani, e desiderano farne obbligo autentico, e così si viene ad travagliare questa cosa; e quanto el papa va più innanzi, più si $1033$obbliga alla impresa, e costoro, cioè e viniziani e il re,

lo aspettano a qualche stretta per farlo calare alle voglie loro; e se 'l re terrà el fermo a' viniziani, potrebbe riuscire loro; ma mi è stato accennato da qualcuno che intende queste pratiche, che il re di Francia crede con tali modi fare calare el papa: ma el papa farà calare lui in ogni modo, tali sproni li metterà a' fianchi, se questa resoluzione delle genti non viene a proposito suo. Che sproni si abbino ad essere questi, io non li so. Vostre Signorie ne potranno fare iudizio loro.Per le ultime di vostre Signorie de' 24 e 26 si è inteso lo accordo infra Consalvo e il re di Napoli el quale ci era per altra via: tamen li avvisi tutti comunicai al papa, e quali li furno grati, e ringrazionne vostre Signorie, confortandomi, quando avevo nulla di costi, a farliene intendere, perché prestava fede assai ad quello che vostre Signorie scrivono.Ho sentito ragionare di questo accordo fra Consalvo e il re: e maravigliasi ciascuno che Consalvo se ne fidi, e quanto quel re è stato più liberale verso di lui, tanto più ne insospettisce la brigata, pensando che 'l re abbi fatto per assicurarlo e per poterne meglio disporre sotto questa sicurtà. Diconne ancora molte altre ragioni, le quali ometterò, per non importare questa materia molto allo stato di vostre Signorie e per essere difficile ad giudicare le cose di questa natura e d'ogni altra che si riposa nello arbitrio e volontà degli uomini. Raccomandomi alle vostre Signorie.

%1506 set 28b, LCQuesto medesimo giorno ho scritto ad vostre Signorie e le lettere mandai per il Sansovino scultore, che ve $1034$veniva costà in buona diligenzia. È successo dipoi che el papa, fattomi domandare, disse alla presenza di monsignore reverendissimo di Volterra che non si era per altra cagione partito da Roma, né per altro conto era entrato in tanti disagi, che per purgare le terre della Chiesa da' tiranni e per renderle quiete e sicure da li nimici di fuori e da quelli di dentro, e solo per questa cagione si era fermo a Perugia, e partendosene dipoi, trattone Giampaulo e menatolo seco: e però desiderava sommamente che altri non perturbassi quello che lui aveva lasciato quieto, donde gli dispiaceva intendere che Troiolo Savello, per essere a' confini di Perugia, tenessi modi che li perugini avessino ad dubitare che ad istanza di Carlo Balioni o simili non facessi qualche insulto. Pertanto pregava vostre Signorie, per quella affezione che le hanno sempre portata alla Chiesa e alla persona sua, vi provedessino in modo che alcuno suddito della Chiesa non fussi da uomini vostri, ad instanzia di alcuno, molestato. Risposesi ad sua Santità convenientemente, monstrandole che non era necessario scriverne, ma che, per satisfarle, si farebbe.

Soggiunse ancora sua Beatitudine che per la successione che il Prefetto suo nipote dovrà fare in questo stato d'Urbino, stimava detto stato, suo, non ostante che fussi del duca; e per questo era forzato ad desiderare che vostre Signorie rimediassino ad certe gabelle di mercanzie, e massime di coiame, che tornano in grande preiudizio di detto stato; e che 'l duca potria vendicarsi con modi simili, accennando che poteria accrescere le gabelle anco lui alle mercatanzie che passono per il suo; nondimanco non lo aveva voluto fare se prima non ve lo faceva intendere, come aveva fatto altre volte, non ostante che non fussi profittato, né partoritone altro che buone parole. E benché e rispetti di questo stato e li meriti di chi ne era suto signore, dovessino muovere vostre Signorie, tamen sua Beatitudine voleva ricercarne vostre Signorie per avere ancora lei questo obbligo con quelle, desiderando che 'l Prefetto sia sempre coniunto e benivolo loro. Vostre Signorie saranno contente dell'una e della altra cosa risponderne come alla prudenzia loro occorrerà.Questo pontefice, per resolversi più presto delle cose di Francia, ha mandato questo dì ad Milano monsignor Carlo Monchier suo cubiculario. E per onorare el re di $1035$Spagna, ha mandato monsignor Gabbriello Merino ad Roma, con ordine che monti ad Ostia sopra le sue galee e lo incontri prima che lui può. Parte questo papa domattina alla via di Cesena, come scrissi per la mia di stamani.

%1506 set (Lett. 116)Ghiribizi scripti in Perugia al Soderino.

Una vostra lettera mi si presentò in pappafico; pure,dopo dieci parole la riconobbi. Et veramente io credo lafrequentia di Piombino per conoscervi; et delli impedimentivostri et di Filippo son certo, perché io so che l'uno èoffeso da el poco lume et l'altro da el troppo. Gennaio nonmi dà noia, pure che febraio mi regha fra le mani. Dolgomidel sospecto di Filippo, et suspeso ne attendo el fine. Fula vostra lettera breve, et io, rileggiendo, la feci lungha.Fummi grata, perché mi dètte occasione ad fare quello che iodubitavo di fare, et che voi mi ricordate che io non faccia;et solo questa parte ho riconosciuta in lei sanza proposito.Di che io mi maraviglierei, se la mia sorte non mi havessimostre tante cose et sì varie, che io sono constrecto admaravigliarmi poco o confessare non havere gustate néleggiendo né pratichando le actioni delli huomini et e modidel procedere loro. Conoscho voi et la bussola dellanavigatione vostra; et, quando potessi essere dannata, chenon può, io non la dannerei, veggiendo ad che porti vi habbiguidato et di che speranza vi possa nutrire (onde io credo,non con lo spechio vostro, dove non si vede se nonprudentia, ma per quello de' più, che si habbi nelle cose advedere el fine et non el mezo), et vedendosi con variigoverni conseguire una medesima cosa et diversamenteoperando havere uno medesimo fine; et quello che manchava adquesta opinione, le actioni di questo pontefice et lieffecti loro vi hanno adgiunto. Hannibale et Scipione, oltre

alla disciplina militare, che nell'uno et nell'altroexcelleva equalmente, l'uno con la crudeltà, perfidia,inreligione mantenne e suoi exerciti uniti in Italia, etfecesi admirare da' popoli, che, per seguirlo, siribellavano da e Romani; l'altro, con la pietà, fedeltà etreligione, in Spagna hebbe da quelli popoli el medesimoséguito; et l'uno et l'altro hebbe infinite victorie. Ma,perché non si usa allegare e Romani, Lorenzo de' Medicidisarmò el popolo, per tenere Firenze; messer GiovanniBentivogli, per tener Bologna, lo armò; e Vitelli inCastello et questo duca d'Urbino nello stato suo disfecionole forteze, per tenere quelli stati; el conte Francesco inMilano et molti altri le edificorno nelli stati loro, perassicurarsene. Tito imperadore, quel dì che non benificavauno, credeva perdere lo stato; qualchun altro, locrederrebbe perdere el dì che facessi piacere ad qualchuno.A molti, misurando et ponderando ogni cosa, rieschono edisegni suoi. Questo papa, che non ha né stadera né canna incasa, ad caso conséguita, et disarmato, quello che conl'ordine et con l'armi difficilmente li doveva riuscire.Sonsi veduti o veggonsi tucti e soprascripti, et infinitialtri che in simili materia si potrebbono allegare,adquistare regni o domarli o cascarne secondo li accidenti;et alle volte quello modo del procedere che, adquistando,era laudato, perdendo, è vituperato; et alle volte, dopo unalunga prosperità, perdendo, non se ne incolpa cosa alcunapropria, ma se ne accusa el cielo et la dispositione de'fati. Ma, donde nascha che le diverse operationi qualchevolta equalmente giovino o equalmente nuochino, io non loso, ma desiderrei bene saperlo; pure, per intenderel'opinione vostra, io userò presuntione ad dirvi la mia. Iocredo che, come la Natura ha facto ad l'huomo diverso volto,così li habbi facto diverso ingegno et diversa fantasia. Daquesto nascie che ciascuno secondo lo ingegno et fantasiasua si governa. Et perché da l'altro canto e tempi sonovarii et li ordini delle cose sono diversi, ad coluisuccedono ad votum e suoi desiderii, et quello è felice cheriscontra el modo del procedere suo con el tempo, et quello,per opposito, è infelice che si diversifica con le sueactioni da el tempo et da l'ordine delle cose. Donde puòmolto bene essere che dua, diversamente operando, habbinouno medesimo fine, perché ciascuno di loro può conformarsicon el riscontro suo, perché e' sono tanti ordini di cosequanti sono provincie et stati. Ma, perché e tempi et lecose universalmente et particularmente si mutano spesso, etli huomini non mutono le loro fantasie né e loro modi diprocedere, adcade che uno ha un tempo buona fortuna et unotempo trista. Et veramente, chi fussi tanto savio checonoscessi e tempi et l'ordine delle cose et adcomodassisiad quelle, harebbe sempre buona fortuna o e' si guarderebbesempre da la trista, et verrebbe ad essere vero che 'l saviocomandassi alle stelle et a' fati. Ma, perché di questi savinon si truova, havendo li huomini prima la vista corta, etnon potendo poi comandare alla natura loro, ne segue che laFortuna varia et comanda ad li huomini, et tiègli sotto elgiogo suo. Et, per verificare questa opinione, voglio che mibastino li exempli soprascripti, sopra e quali io la hofondata, et così desidero che l'uno sostengha l'altro. Giovaad dare reputatione ad uno dominatore nuovo la crudeltà,perfidia et inreligione in quella provincia dove lahumanità, fede et religione è lungo tempo abbundata, nonaltrimenti che si giovi la humanità, fede et religione dovela crudeltà, perfidia et inreligione è regnata un pezo;perché, come le cose amare perturbano el gusto, et le dolci

lo stuchano, così li huomini infastidiscono del bene, et delmale si dolgono. Queste cagioni, in fra le altre, apersonoItalia ad Annibale et Spagna ad Scipione, et così ognunoriscontrò el tempo et le cose secondo l'ordine del procederesuo. Né in quel medesimo tempo harebbe facto tanto profictoin Italia uno simile ad Scipione né uno simile ad Annibalein Spagna, quanto l'uno et l'altro fece nella provincia sua.

%1506 ott 1, LCDa Urbino addì 28 scrissi dua lettere ad vostre Signorie, che l'ultima sarà alligata ad questa. Partì l'altro dì poi el papa, secondo lordine dato, e ne andò a Macerata, e io con li sette ottavi della Corte me n'andai a San Marino, donde partii iermattina, e iersera ad 22 ore arrivai qui in $1036$Cesena; e il papa iarsera alloggiò ad San Marino e questa sera alloggia ad Sant'Arcangiolo, e domandassera fa la sua entrata qui.Io trovai iarsera qui li sei ambasciadori bolognesi che vanno di nuovo al papa, e che si sono tanto aspettati in Corte, e quali partivono per incontrare el papa, e ne andorno iarsera ad Sant'Arcangiolo ad alloggiare, dove el papa debbe venire questo dì, e dove trovorno lo 'mbasciadore vecchio bolognese e il segretario di messer Giovanni, che dovevano attenderli. Non furno detti oratori prima scavalcati e alloggiati in quello luogo, che sopraggiunse loro uno cavallaro mandato da messer Giovanni Bentivogli, che significava loro come il padre di messer Giovanni Gozzadini, datario del papa e bolognese, era suto stato ammazzato in Bologna da certi suoi nimici particolari, e lo significava loro, acciocché, auto rispetto alla persona del figliuolo e del grado che teneva appresso al papa, pensassino di salvarsi; d'onde che, udita detti oratori vecchi e nuovi tal nuova, si levorno solo con le loro cavalcature, e lasciato ogni altra loro cosa, se ne andorno alla via di Rimini; ma conosciuta gli uomini di Sant'Arcangiolo questa loro fuga, dettono loro la caccia, e presonne tre, un oratore nuovo, e li dua vecchi, e li cinque scapporno, e sono ad Rimini; li tre sono in rocca ad Sant'Arcangiolo, e le robe che loro avevono qui e là sono state sequestrate. Dicesi che 'l papa ha mandato ad chiamare detti oratori che venghino sicuri, cioè quelli che sono ad Rimini; nondimeno né quelli tre sono fuori di rocca, né le loro robe sono sute licenziate. Doverrà questo principio tristo partorire delle altre simili cose.Addì 28 venne in Urbino uno messer Agostino Semenza cremonese, fratello di quello Paolo Semenza, che fu già costi, secretario del duca di Milano, e dicono che lui è secretario dello imperadore et è mandato al presente ad questo papa, e ha molte lettere di credenza a' cardinali e ad altri. Fa costui la venuta dello imperadore certa: non so particulare quello che dirà, perché non li ho parlato; ingegnerommi

parlarli, e del ritratto ne avviserò vostre Signorie. Sento che lui dice che lo 'mperadore manda due oratori al papa, el cardinale di Brissina e Ciasmiro, marchese di Brandiburgo, e quali hanno solo in commissione di significarli la sua venuta e non li domandare altro. $1037$Né io ho che scrivere altro a vostre Signorie, salvo che raccomandarmi a quelle, quae felices valeant.

%1506 ott 3, LC$1038$Addì primo di questo scrissi alle Signorie vostre e mandai la lettera per la via di Castrocaro, e con quella una de' 28 del passato. Comparsono dipoi iersera una di vostre Signorie, pure del primo del presente, che allegava una de' 29, la quale non è mai comparsa. Conteneva la resoluzione fatta in Francia delle genti che 'l papa domanda, e come quello re è contento servirnelo; la quale nuova era già venuta qui e aveva messo tanto animo in corpo ad questo pontefice, che parendoli avere vinta Bologna, comincia ad pensare ad qualche altra maggiore cosa. Dicono costoro tale resoluzione essersi fatta in Francia molto onorevole per il papa e avere quel re publice sbattuto lo oratore bolognese e quello di Vinegia, che suplicava per Bologna. Non voglio di questo scrivere el particulare alle Signorie vostre, perché se le son vere, lo oratore vostro ve lo arà fatto intendere; se le sono false, non è necessario scriverle.Scrissi per l'ultima mia della morte del padre del Datario in Bologna e li tumulti che tal cosa aveva partorito qui, e come li oratori bolognesi si erano fuggiti da Santo Arcangiolo e iti ad Rimini, e come il papa li aveva mandati ad chiamare che venissino securamente, e così seguì: perché detti oratori arrivorno qui ieri avanti che 'l papa facessi la sua entrata, e giunto che fu el papa al suo alloggiamento, furno intromessi, e solum li baciarono e piedi sanza parlare altro. Questa mattina di poi entrorno ad Sua Santità e con una lunga orazione mostrorno $1039$l'osservanzia e servitù del popolo bolognese verso della Chiesa; allegorno e capituli fatti con più papi e da questo confermati, e mostrorno in ultimo el politico vivere di quella città, e con quanta religione e osservanzia di legge. Rispose el papa che se quel popolo era divoto verso la Chiesa, che faceva el debito suo, perché gli era obbligo, e perché la Chiesa era così buon signore, come lui buon servo, si moveva ad essere in persona ad liberarlo da' tiranni, e circa e capituli, non curava né quello avevon fatto li altri papi, né quello aveva fatto lui; perché li altri papi e lui non avevon possuto fare altro, e la necessità e non la volontà li aveva fatti confermare; ma venuto el tempo che può ricorreggerli, li parrebbe, quando non lo facessi, non ne potere fare alcuna scusa

appresso Dio, e per questo si era mosso; e il fine suo era fare che Bologna vivessi bene, come e' dicono, e per questo volersi in persona trasferire in quella città; e se quello modo di vivere che la tiene li piacessi, lo confermerebbe; se non gli piacessi, lo muterebbe: e per poter farlo con le armi, quando li altri modi non bastassino, si era preparate forze di qualità da fare tremare Italia non che Bologna. Restorno detti oratori confusi e sanza replicare molte parole si partirno.Domani si farà di nuovo qui la mostra delle genti d'arme, le quali sono alloggiate verso Santo Arcangiolo, e parmi vedere dare ordine di fare fanterie; e secondo s'intende, martedì prossimo el papa se ne andrà a Furlì, dove è desiderato: perché s'intende quella terra, non ostante che l'abbi el papa propinquo, stare continuamente in su l'armi, come da Pier Francesco Tosinghi vostre Signorie possono essere avvisate.Questo pontefice poi ebbe la resoluzione di Francia, e prima, ha messo ad entrata el signor Marcantonio e li cento uomini d'arme che domandò alle Signorie vostre, e ha usato dire che non le chiede ancora per satisfare alle Signorie vostre, che lo gravorno che le differissi el più che potessi, e etiam per qualche altro buon rispetto, ma che desidera bene che le stieno in ordine per muoversi subito quando le volessi: e io per me aspetto che ad ogni ora mi chiami e mi commetta che io scriva ad vostre Signorie che muovino dette gente. Raccomandorni alle Signorie vostre, nnae bene valeant. $1040$Magnifici Signori, egli è più dì che io fui in gran necessità di danari; non li ho domandati, perché io credevo ogni dì avermene ad tornare; ma veggendo la cosa andare in lungo, suplico alle Signorie vostre sieno contente per loro umanità provedermi: e di nuovo ad quelle mi raccomando.

%1506 ott 4, LC$1041$Ieri scrissi a vostre Signorie, e le lettere mandai per le mani del commissario di Romagna; non è poi innovato cosa alcuna, e io non scriverrei se non fussi per comodità di chi porta.Stassi in nella medesima opinione che il papa partirà per Furlì martedì, non ostante che ad ognuno che segue questa Corte dispiaccia per la incomodità dello alloggiamento che sarà quello rispetto ad questo; e molti di questi cardinali li sono stati intorno per farlo mutare di proposito, cioè di fare stare qui la Corte e la persona sua, e 'l resto delle genti mandi avanti, e distribuisca tutto el suo esercito infra Frullì e Imola; tamen non ci è suto ancora rimedio, perché li parrebbe torre riputazione ad questa impresa quando si fermassi sì discosto. Farassi domani consistorio, dopo el quale s'intenderà forse

qualche deliberazione circa detta impresa, cioè el modo come ci si ha ad procedere drento, e di quello si ritrarrà vostre Signorie saranno avvisate.La mostra delle genti d'arme non si è fatta oggi, come ieri dissi. Dicono che la si farà domani, e questo dì è venuto Gianpaulo Baglioni qui, e domani ci si aspetta el duca di Urbino, e per l'ordinario ci è el marchese di Mantova, che va sempre con le giornate del papa.E venuto qui uno uomo di Ramazotto ad significare al papa come lui è in ordine con e fanti, e chiede el resto della paga. Altri fanti non si vede per ancora ci si facci, e qualche capo che ci era venuto in su questa speranza, comincia a disperarsene, e si dubita che non voglia gli bastino questi duemila italiani, e dall'altro canto facci $1042$fondamento in su e tremila svizeri, che franzesi vogliono con loro, e s'intende come ha rimesso a Milano infino in 30 mila ducati per conto di detti svizeri, che sono e danari per tre paghe; che così costumono volere avanti si lievino, come sanno benissimo le Signorie vostre.El legato di Perugia scrive continuamente al papa come continuamente quella terra va di bene in meglio e che l'universale non potrebbe più stare contento, né più ringraziare Iddio e la Sua Santità che ha preso sesto ad trarli di servitù, e che ognuno prega Iddio per Sua Beatitudine. Scrive ancora avere fatto rifiutare l'ofizio a e Dieci dell'arbitrio, e non ne ha lasciati fare delli altri: e così ha spento uno magistrato, sotto el quale si manteneva la tirannide, e mostra esserli suta gran fatica ad condurre questa cosa, e come condotta li ha dato gran reputazione, in modo che, secondo lui, ogni dì la Chiesa viene ad mettere in quella città qualche barba, e di quelle d'altri se ne secca ogni dì qualcuna. Sono cose da lasciarle approvare al tempo. Raccomandomi alle Signorie vostre, quae felices valeant.Ex Cesena, un octobris MDVI.Servus, Niccolò Machiavegli, secretarius apud Papam.

%1506 ott 5, LCIeri scrissi alle Signorie vostre e inter caetera dissi come el papa doveva partire domani di qui per ad Furlì; il che non farà, secondo si ritrae, ma differirallo ad postdomani. La cagione è per fermare un poco meglio le cose di questa terra e fare fare una pace ad questi cesenati; dove si vede difficultà nel farla, e più nel mantenerla, per essere seguito infra loro morte, ruberie, arsioni di case, e ogni altra cosa inimica; pure con tali paci el papa viene rimpiastrando le cose, e credesi che succedendogli la $1043$espedizione di Bologna, potrà poi più consolidarle quando lo voglia fare.

La mostra delle genti d'arme si è fatta: che passano seicento uomini d'arme, computati due cavalli leggeri per uno uomo d'arme; mostrò e mille fanti del duca d'Urbino e seicento altri fanti, che lui ha fatti fare a Nanni Morattini da Furlì, e di più trecento svizeri della sua guardia. E fanti di Ramazotto non si sono ancora visti, e lui, che è venuto qua in persona, dice che ne ha ordinati bene quattromila quando el papa li voglia, e molto si loda delle Signorie vostre che li hanno fatto abilità di potere avere etiam de' loro scritti. Non voglio omettere di dire a vostre Signorie che se quelle vedessino questi fanti del duca d'Urbino e quelli di Nanni, vostre Signorie non si vergognerebbono di quelli delle ordinanze loro, né li stimerebbono poco.Fecesi questa mattina concistoro, e delle cose di stato non vi si ragionò altro, se non che si concluse di procedere contra Bologna con le censure, oltre alle forze e all'armi che si sono preparate; e parmi intendere che messer Giovanni cominci a piegarsi in qualche cosa e che si abbassi da quella sua tanta gagliardia, che si prometteva a questi dì.Intendesi che ' franzesi ne vengono ad giornate e che viene Ciamonte, ed ha seicento lance, tre mila fanti e ventiquattro pezzi di artiglierie.Questo dì dopo la mostra el signor marchese di Mantova e il duca d'Urbino sono stati ristretti con el papa più che tre ore: credesi abbino ragionato della 'mpresa; el particulare non si sa, ma per chi ha parlato con el marchese s'intende che mette innanzi mille difficultà. Raccomandomi ad vostre Signorie; quae bene valeant.

%1506 ott 1, LC$1044$Ieri scrissi alle Signorie vostre, e inter caetera dissi della partita del papa, che doveva essere domattina; pare che abbi dipoi mutato sentenzia, e domattina sarà consistorio, né si vede altra cagione d'esaminare el modo delle censure contra Bononienses.In questo punto, che siamo circa le ventidue ore, lo oratore del re di Castiglia ha significato al papa come quella Maestà è morta in Burgos di quella febbre che in Italia si chiama mazzucco; e perché questa morte potria causare o la ritornata del re Ferrando in Spagna o altri moti, ne scrivo subito per via di Castrocaro alle Signorie vostre, dubitando che d'altronde vostre Signorie possino averne così presto notizia.El papa oggi ha fermo Ramazzotto con settecencinquanta fanti, e Nanni Morattini con trecento, e ha dato ordine d'averne fino in cinque o sei mila ad sua posta, e mille sono li feltreschi, come ho più volte scritto ad vostre Signorie, e li franzesi ne merranno seco da quattro in cinquemila.Questi bolognesi hanno mosso qualche pratica, e chieggono si mandi dua cardinali ad vedere e

reformare; ma Nostro Signore sta nella sua opinione.Dicesi partiremo domani dopo desinare. Pare difficile, ma postdomani doverremo partire in ogni modo per ad Furlì. Valete.

%1506 ott 9, LC$1045$Addì 6 scrissi alle Signorie vostre e significai ad quelle, inter caetera, la morte del re di Castiglia, la qual nuova è suta interpretata qui ad proposito del papa, perché si crede il re di Francia, in su el quale el papa fa el fondamento suo, sarà più libero ad potere favorire la Chiesa e assicurare Italia da chi disegnava mangiarsela. Bisogna ora $1046$che Iddio presti vita ad l'uno e l'altro, e potrebbesi infra poco tempo colorire ogni cosa. Dio lasci seguire el meglio.Nell'ultimo consistoro, che si fece addì 7 ad Cesena, si ordinorno gl'interdetti contro a' bolognesi e il reggimento di quella terra; e il papa è dipoi venuto qui oggi, e ha fatto l'entrata sua in questa terra solennemente; e se prima egli era caldo ad questa impresa, adesso è caldissimo, e ha mandato ad Roma el vescovo di Concordia con uno altro prelato, per buona somma di danari, per non avere a fidarsi delle lettere del cambio.Le genti d'arme tutte dalla banda di qua sono ite ad Imola, e quivi aspetteranno el papa, el quale si crede partirà di qui o lune o martedì al più lungo.Intendesi le genti franzesi venire tutta volta innanzi, e si crede ad questa ora sieno nel Modanese, né s'intende che ' bolognesi sieno venuti ad altri particulari che io mi scrivessi per l'ultima mia.Dua dì sono, che gli uomini di Castel Bolognese, castel di Bologna infra Faenza e Imola, mandorno ambasciadori a darsi al papa, e sonvi alloggiate le genti d'arme del papa nel passare per Imola. Raccomandomi ad le Signorie vostre.

%1506 ott 10, LC$1047$Ieri scrissi ad vostre Signorie, e dètti notizia, infra le altre cose, della giunta qui del papa. Questa mattina si è fatto consistorio e si sono letti alla presenzia del Collegio certa bozza di capituli che aveno ordinati questi oratori bolognesi: infra e quali era che, volendo venire la persona del papa ad Bologna, non potessi entrare in quella città se non con la guardia sua da piè ordinaria, che sono circa 250 o 300 svizeri, e dovessi difinirsi el tempo che lui vi voleva stare. Eravi simili ad questi delli altri, che contenevono simili effetti poco onorevoli per il papa, in modo che tutto el Collegio se ne sdegnò, e subito si ordinò una bolla contra messer Giovanni e sua seguaci, molto più forte di quella che si era ordinata nell'altro

consistorio, fatto addì 7 ad Cesena, dove è declarato messer Giovanni e suoi seguaci rebelli di Santa Chiesa: son date le loro robe e facultà in preda ad qualunque; son concessi li uomini prigioni ad chi li prendessi; data indulgenzia plenaria ad chi fa loro contro e ad chi li ammazza; e concluse: e fatte tali deliberazioni, fu chiamato uno messere Iacopo secretario di messer Giovanni, el quale è stato con l'oratore vecchio in Corte continuamente, poi che io fui qui con el papa, e dettoli dal papa, presente el Collegio, come e suoi tristi portamenti in nella sua commissione aveno meritato punizione grande, avendo lui con ogni industria inanimito messer Giovanni e quello popolo ad stare ostinato e contumace ad Santa Chiesa, e che se non fussi che non voleva mutare $1048$natura, né maculare e privilegii d'una persona publica, lo farebbe el più tristo uomo fussi al mondo; ma per seguire l'ordine suo, gli voleva solo comandare che subito sgomberassi le terre della Chiesa e si guardassi di non li capitare più nelle mani. Chiese el secretario di replicare, e non li fu concesso: e così se ne andò subito verso Bologna.Finito el consistorio, el papa, volendo da el palazzo de' Priori, dove è alloggiato, andare ad desinare in rocca, usci fuora di camera innanzi alli cardinali e trovata la sala piena, dove erano li oratori bolognesi, si accostò loro e, udente mille persone, biasimò la tirannide di messer Giovanni e loro che non si vergognavano ad essere venuti ad defenderla, e disse parole in tale sentenzia animose e piene di veleno.Hanno fatto questa mattina in consistorio el marchese di Mantova luogotenente di Santa Chiesa in questa espedizione di Bologna.El cardinale da Esti alloggiò iarsera ad Luco, e ne verrà qui domani con gran comitiva ad onorare el papa.El duca di Ferrara, secondo si ritrae da questi sua, verrà ad vicitare el papa ad Imola. Raccomandomi alle Signorie vostre.Stassi nella opinione che el papa parta lunedì prossimo per ad Imola, e perché e' non vuole passare da Faenza, non si sa se piglierà la via ritta di verso la marina, o la manca di verso e poggi.

%1506 ott 12, LC$1049$Addì 10 scrissi alle Signorie vostre quanto occorreva. Questa mattina dopo segnatura el papa mi fé chiamare e mi disse: Io credo che quelli tuoi Signori, veggendo quanto io sia innanzi con questa impresa contro ad messer Giovanni Bentivogli, e avendoli io ricerchi già tanto tempo fa di Marcantonio e delle sua genti d'arme, e avendo loro Signorie offertomele nel modo sai, si maraviglino assai che io non li ricercavo che le inviassino; sappi e così potrai loro scrivere, che io ho differito per

satisfare ad plenum al desiderio loro, secondo che tu per loro parte mi parlasti; e ho voluto farlo in tempo che sappino e vegghino la impresa certa e li aiuti certi, secondo che io mi promettevo; perché e franzesi vengono, e in quel numero che io gli ho richiesti, o più, e io li ho satisfatti di danari e d'ogni altra cosa hanno domandata; e oltre a' mia quattrocento uomini d'arme, io ho le genti di Giampaulo, che sono centocinquanta uomini darme, ho cento stradiotti, che io dissi di aspettare del Reame, e tu li debbi avere visti. E venuto ad trovarmi il marchese di Mantova con cento cavalli leggieri, e di nuovo ha mandati per altrettanti; verrà ad trovarmi ad Imola el duca di Ferrara con più di cento uomini d'arme, e tutti li altri che lui ha, staranno $1050$ad mia posta; ho sborsati e danari per le fanterie che vengono coi franzesi, e per quelle ch'io voglio di qua meco; e in ultimo, perché ognuno intenda ch'io non voglio patti con messer Giovanni, ho pubblicatogli come una cruciata addosso. Ora se quelli tuoi Signori non vogliono essere gli ultimi, come mi promissono, bisogna che li studino dette loro genti, e per questo io desidero che tu spacci loro subito uno ad posta e per mia parte significhi loro el desiderio mio, e che sieno contenti inviare alla volta d'Imola il signor Marcantonio Colonna con li cento uomini d'arme della sua condotta: e dirai loro, che come e' veggono, io potrei fare senza queste genti, ma che io le desidero, non per l'utile che io sia per trarne, né per molto onore, ma per avere giusta cagione di beneficarli e favorirli ne' maggiori desiderii loro, quando la occasione venissi, la quale sarà sempre quando la Chiesa sia in quella reputazione che io spero condurla. Risposi ad Sua Santità come subito io farei intendere tutto alle Signorie vostre e con più diligenzia si poteva, e domandandomi Sua Beatitudine quanto io credevo che le genti dette penassino ad condursi ad Imola, risposi che questo messo non poteva esser costì prima che tra dua dì, e dua altri dì si consumerebbe ad farlo intendere ad Cascina, e 7 dì almeno metterebbono le genti da Cascina ad Imola: parvongli troppi dì, e di nuovo mi sollecitò ad scrivere subito e che quando ne avevo la risposta, liene facessi intendere.El cardinale da Esti arrivò iarsera qui, e il duca si aspetta ad Imola, come mi ha detto el papa. El marchese di Mantova è al davanti con tutte le genti per alla via d'Imola. El papa ne va ad quella volta o domani o l'altro: iermattina si spedì in consistorio un breve, mediante el quale el papa concede ad el re di Francia di disporre de' benefizi del ducato di Milano nel modo che lo ebbe già el conte Francesco: e questa è l'ultima domanda ha fatto el re al papa in queste occorrenze. Dicesi che ' bolognesi hanno abbandonato Castel San Piero e fanno conto tenere dua castelletta, che sono più propinque alla città. Poi che messer

Iacopo, cancellieri di messer Giovanni, fu dal papa licenziato in consistorio, come io scrissi, li oratori feciono intendere al papa come erano suti revocati e domandavano licenzia: a' quali rispose el Beatissimo padre che non la dava né negava loro, ma li consigliava bene non andassino ad Bologna, perché sarieno tagliati ad pezzi, per $1051$le triste relazioni ha fatte di loro messer Iacopo cancellieri di messer Giovanni. Intesono li oratori che non si aveno ad partire, e così sono rimasti; e il papa ha commesso ad el vescovo de' Pazzi, che è qui governatore, che li vegghi così destramente e non ne li lasci andare. Raccomandomi a vostre Signorie.

%1506 ott 13, LCIeri scrissi alle Signorie vostre e significai loro quanto el papa ne aveva ricerco circa le genti d'arme che desidera vostre Signorie mandino, secondo la prima domanda $1052$sua: e avendo le altre cose ad ordine, mette le vostre ad entrata. Ebbi dipoi l'ultima di vostre Signorie degli undici, e benché per quella mi dicessino come mi mandavano un pacchetto di lettere per Francia, sappino che detto pacchetto non è comparso: in modo che io non lo posso né mandare in Francia, né rimandare costi, come vostre Signorie mi commettono. Desiderono ancora quelle intendere dove si trovino le genti franzese, non ne avendo nuova di costà; qui si dice che ne è più che li dua terzi ad Parma, e che laltre vengono con Ciamonte, el quale ad partirsi aspettava che fussi espedito quel breve, di che per altra detti notizia ad vostre Signorie.Qui fu iarsera nuova di campo come el marchese aveva preso Castel San Piero e svaligiato cinquanta cavalli leggeri di messer Giovanni. Quello si facci in Bologna non si può più intendere per essere rotta la guerra, e non venire più avvisi di là. Prima s'intendeva che le provisioni di messer Giovanni erano fredde, e che non spendeva come era necessario ad volersi defendere da uno impeto di questa natura.Non è partito el papa questa mattina, come aveva disegnato, per averlo preso un poco di gotta in uno ginocchio, tale che li è stato tutta mattina nel letto: ed è suo male vecchio e non pericoloso. Domattina dicono farà consistorio e starà qui domani per conto di queste parti: di poi ne andrà ad Imola. Raccomandomi alle Signorie vostre.

%1506 ott 14, LCIeri scrissi alle Signorie vostre quanto occorreva. È stato questa mattina consistorio ed il papa comunicò ai cardinali come Castel San Piero e Castel Guelfo era preso, e svaligiato quaranta cavalli degli inimici; e benché messer $1053$Giovanni mostrassi volersi

tenere dalla banda di qua in Butriano, e dalla banda di là in Castel Franco, credevono che subito che le genti sua si appressassino, l'uno e l'altro non si terrebbe. Riferì ancora come per un fante a bocca, che usciva da Bologna, gli era stato fatto intendere come messer Giovanni aveva licenziata tutta la fanteria forestiera e si voleva difendere col popolo. Pare difficile a crederlo, non se ne sapendo altrimenti il fondamento, e forse che non è la verità. Circa il partire suo, disse che starebbe oggi e domani qui, e poi si consiglierebbe in modo che si crede non sia per partirsi se non intende i franzesi essere più propinqui a Bologna: de quali non s'intende altro che quello dica per l'alligata. Raccomandomi alle Signorie vostre.Scrivendo, mi è comparsa la vostra de' 12, e con quella il pacchetto che va in Francia. Vedrò di mandarlo o rimandarlo.Postscripta. Ho inteso questa notte essere venute lettere da monsignor d'Aix, date a' dì 11, e scrive al papa come Ciamonte è contento mandare 500 lance a Parma, con ordine non partino di quivi senza nuova commissione. Questo avviso io non l'ho ancora riscontro; ingegnerommi per la prima dirne meglio il particulare.

%1506 ott 16, LC$1054$La Santità del papa dopo lunga consulta che via avessi ad tenere per transferirsi da Furlì ad Imola, sanza obbligarsi a' viniziani (e veggendo che, se li andava verso la marina in sulla man ritta, si rinchiudeva intra fiumi e Faenza, e se li andava in su la manca lungo e monti, entrava tra Berzighella e Faenza; e parendogli questi cammini poco securi), ha deliberato non fare ne l'uno né l'altro, ma pigliare più de' monti e andare sempre in su el dominio vostro, e domattina desinare in Castrocaro, domandassera albergare in Modigliana, l'altro dì fra Marradi e Palazzuolo, e l'altro dì ad Tosignano, Castel della Chiesa, e l'altro giorno ad Imola. Sopraggiunsono in su questa deliberazione le lettere di vostre Signorie de' 14, contenenti l'ordine dato al signor Marcantonio di cavalcare. Lessi subito la lettera al papa, el quale, udita la ebbe, tutto allegro chiamò el Datario e messer Carlo degli Ingrati e disse loro: Io voglio che voi udiate che amici ha messer Giovanni, e chi da' vicini è stimato più, o la Chiesa o lui; e oltre ad questi dua chiamò tutti e circostanti, che era ad tavola, e volle che li udissino la lettera, e dipoi parlò molto onorevolmente e amorevolmente delle Signorie vostre. Io dissi a sua Santità che poi che quella aveva $1055$deliberato fare la via del dominio fiorentino, io montavo allora ad cavallo per fare quelle tante provisioni che si potevano in luoghi poveri e scarsi d'alloggiamenti, e che bisognava facessi conto

d'essere in campo o in luoghi più sinistri. Dolsimi che questa cosa non si era saputa sei dì prima, acciocché le Signorie vostre avessino possuto prima pensare di onorarlo, ma che non li mancherebbe uno amore intenso, che tutte le terre di vostre Signorie li dimostreranno, perché così sapevono essere la volontà di quelle. Rispose Sua Beatitudine che non li dava briga alcuna cosa, e che si terrebbe in ogni evento satisfatto: e così mi partii, e siamo ad 20 ore e sono qui in Castrocaro, e ne vo questa sera ad Modigliana, ut parem viam Domino. Raccomandomi alle Signorie vostre.

%1506 ott 19, LC$1057$Poi che io scrissi alle Signorie vostre della deliberazione del papa di andarne ad Imola per il dominio vostro, è seguito che sua Santità ha appunto osservato el cammino che io avvisai, e siamo addì 19, e ad ore quindici siamo giunti qui ad Palazuolo, dove farà colazione, e questa sera alloggerà a Tosignano sua terra. Arrivò iarsera ad Marradi uno mandato di vostre Signorie, che veniva di Mugello con sei barili di vino in barili, e due in fiaschi, e una soma di pere; presentossene al papa con quel più onesto modo si possé, secondo la qualità del presente, ancora che sua Santità tutto accettassi volentieri e ringraziassi.Questa mattina parve a Piero Francesco Tosinghi generale commissario non venire più innanzi, e prese licenza dal papa. Non potrei riferire ad vostre Signorie quanto amorevolmente li parlassi e con quanta dimostrazione di affezione verso le Signorie vostre, e lo tenne abbracciato una mezza ora, presente tutta la Corte. E particulari di quello parlassi non li riferirò ad vostre Signorie altrimenti, perché io so che ad vostre Signorie Pier $1058$Francesco ne arà scritto ad lungo. Credesi per ognuno, che se Bologna li riesce, non perderà punto di tempo in tentare maggiore cosa, e giudicasi che o questa volta Italia si assicurerà da chi ha disegnato inghiottirsela o non mai più. Raccomandomi ad vostre Signorie.

%1506 ott 21, LCDa Palazuolo scrissi l'ultima mia alle Signorie vostre; ieri dipoi giunse qui el papa e, come io dissi per altra, del viaggio fatto per il dominio di vostre Signorie si tiene satisfattissimo, perché invero in ogni luogo avanzò pane e vino, carne d'ogni sorte e biada. In su lo arrivare suo qui, venne ad lui uno che veniva del campo de' franzesi e referiva come ad quella ora dovevono essere ad Modona, e erano ottocentodieci lancie e cinquemila fanti, duemila svizzeri, e il resto fra guasconi e altri spicciolati. Dissesi come messer Giovanni per mezzo di Ciamonte domandava accordo, e che 'l marchese di Mantova etiam vi si

intrometteva; e questa mattina venne el marchese di campo e per buono spazio stette solo con el papa. Uscì poi el papa fuora di camera e disse ad forse venti cardinali che lo aspettavono come messer Giovanni faceva chiedere patti che erano molto più onesti di quelli capituli che lui aveva mandati ad Furlì: nondimanco e patti avevono ad essere o che s'uscissi di Bologna con el suo mobile, e lo immobile li sarebbe conservato; o che venissi ad rimettersi liberamente in lui sanza veruna condizione; e che non era per volere altri patti seco. E chi discorre queste cose crede che quando messer Giovanni sia desperato di potersi defendere con la forza, che si getterà lui e e figliuoli in grembo ad el papa sotto la fede di $1059$Ciamonte o di un simil personaggio, e spera con lo esemplo di Gianpaulo Balioni di poter personalmente fare qualche accordo, mediante el quale e' resti in Bologna e non perda l'ansa da potere con la occasione ritornare nel primo suo luogo.Sendo questa mattina ad palazo e parlando con li oratori bolognesi che sono ancora qui, dolsonsi onestamente di queste genti che le vostre Signorie mandano: a' quali io risposi così ridendo che messer Giovanni e li altri vicini vostri vi aveno insegnato alle spese vostre andarne con la piena e che si potevono dolere non de' modi vostri, ma di quelli che voi avevi imparati da loro.Domandando Bernardo da Bibbiena messer Carlo Ingrati, pure questa mattina, come le cose andavano, rispose messer Carlo: Bene, a dispetto di chi non vuole. Ad el quale rispondendo Bernardo: Oh siamo noi di quelli che non voliamo?, messer Carlo turbato nel viso disse: Io non ne so nulla; e volsegli le rene.Raccomandomi ad le Signorie vostre, quae bene valeant.

%1506 ott 22, LCIeri scrissi a vostre Signorie quello occorreva; questa mattina s'intende come e franzesi debbono essere per tutto domani all'intorno di Castel Franco in sul Bolognese, e qui si aspetta per tutto domani monsignore d'Allegri, che viene a parlare con el papa, per ragionare con sua Santità e con questi capi delle genti italiane, del modo del procedere in questa impresa. E ragionando questa mattina el papa di questa venuta di monsignore d'Allegri, mostrò avere desiderio che ci fussi, quando lui venissi, uno $1060$vostro oratore, perché desiderava che, avendosi ad ragionare del bene d'Italia, e' v'intervenissi: sicché e' fia ad proposito che messer Francesco sia mosso questo dì, come qui si è detto.E soldati del papa, che sono da questa banda, scorsono ieri fino presso ad Bologna e feciono certa preda di bestiame e furno per avere alla tratta certi cavalli bolognesi che uscirno loro addosso, ma non li ebbono, ché non vennono

tanto innanzi. Dicesi che messer Giovanni ha saccheggiate certe regole di frati che volevon cominciare ad ubbidire la bolla della maladizione.Li alloggiamenti per il duca di Ferrara sono presi, e ci è venuto molti sua arnesi: dicesi che lui ancora verrà di corto.Lo oratore viniziano seguitò el papa fino ad Cesena, dove rimase; né ad Furlì, né qui si è ancora veduto. Raccomandomi alle Signorie vostre.

%1506 ott 25, LC$1061$Addì 22 fu l'ultima mia alle Signorie vostre; per questa mi occorre significare ad quelle come stanotte è venuto uno corrieri di Lombardia, chiamato Quattrino, e referisce l'antiguardo de' franzesi averlo lasciato ad Modona e il restante dell'esercito con monsignore di Ciamonte ad Parma. Credesi che per tutta questa settimana, nella quale si entra domani, e' saranno all'intorno di Bologna.Questa notte da le genti del papa è suto preso un bolognese chiamato Carlo dei Bianchi, figliuolo d'uno dei Dieci. Andava costui in commissione in certi castelletti che sono rimasti ad e bolognesi, e hanno ad intendere le Signorie vostre che le genti italiane del papa si trovono in Castel San Piero e in ville all'intorno, e a loro si è arreso tutti quelli luoghi dove infino a qui si sono rappresentati.Hammi referito una persona assai degna di fede avere parlato ad uno prete, che dua dì sono partì da Bologna, el quale li ha detto come messer Giovanni ha publicato la bolla della maledizione e dipoi fatto intendere ad tutti e religiosi che lo stare e lo andarsene è ad loro posta, e che dimolti se ne partivono. Referisce ancora come e' si faceva bastioni e terrati e altri ripari alli luoghi più deboli, e che dava ordine di soldare 3000 fanti, e che vi si aspettava Tarlatino, Rinieri della Sassetta e messer Piero Gambacorti. Dònne avviso alle Signorie vostre non come di cose vere, ma come di cose che si dichino e possino essere.Monsignore d'Allegri non è ancora venuto: aspettacisi domani lui e il duca di Ferrara.Per lettere fresche da Vinegia s'intende come, intesa che si fu la nuova della morte dello Arciduca nel campo dello imperadore, che subito quel suo esercito si resolvé tutto, e che le cose sue ne vengono per questa cagione ad essere andate in fumo.Ieri da Benedetto Pepi mi fu scritto dei 23 dì da Pietramala, e mi significava come el signor Marcantonio Colonna e sua genti sarebbono l'altro dì ad Piancaldoli, e che $1062$io li facessi intendere quello avessi ad fare. Feci subito intendere el tutto ad el papa, e el papa subito mandò un commissario e un suo mazieri ad Piancaldoli per levarlo e condurlo in campo da l'altre genti, e questa sera vi si debbe

trovare.Messer Francesco Pepi mi scrisse che sarebbe qui infino ieri, e che io li facessi trovare alloggiamento. Essi durato fatica ad trovarlo; pure con l'autorità del papa e con dare disagio ad altri, infino venerdì se ne fermò uno comodo e ragionevole, e sta ad stanzia sua; ma siamo ad domenica e di lui non s'intende altro. Dònne avviso alle Signorie vostre, acciò quelle lo sollecitino quando non fussi partito, perché uno oratore ci è desiderato per le cagioni che altra volta scrissi a vostre Signorie.Raccomandomi alle Signorie vostre, quae bene valeant.

%1506 ott 26, LCIarsera, poi ebbi scritta la alligata, venne el cavallaro della Magnificenzia dello ambasciadore e significommi trovarsi quella sera al Tosignano, e m'impose che, quando el luogo lo escusassi, io facessi che l'entrata sua fusse sanza cerimonie, perché desiderava fuggire quel disagio, sendo indisposto, e che io lo avvisassi di quanto avevo fatto. Andai ad Pavia, e fecili intendere come lo oratore era propinquo: subito lui chiamò el maestro delle cerimonie per ordinare che le famiglie dei cardinali e altri lo incontrassino secondo la consuetudine. Allora io li feci intendere che, quando el luogo scusassi, sendo l'oratore indisposto, che lui desiderava fuggire questo disagio. E così con satisfazione d'ognuno, per essere e cardinali con poca famiglia, e le cose andare ad uso di campo e non con $1063$l'ordine di Roma, la Magnificenzia dello ambasciadore è giunto questa mattina qui, e la Santità di nostro Signore li ha dato l'ora della audienza per domattina ad quindici ore.Di nuovo ci è che il reggimento di Bologna ha scritto una lettera ad questi suoi oratori, data ieri, e manda inclusa con essa la copia della disfida che monsignore di Ciamonte in nome del re ha fatto ad quella città; dove lui fa intendere, se fra dua dì e' non hanno ubbidito alla Santità del papa e a tutti e suoi comandamenti, che li arà per inimici e pretenderà che sia rotto ogni obbligo di protezione che lui abbi con lo stato e persona di messer Giovanni e di quella città. Impongono ad detti loro oratori che sieno a' piedi del papa e li raccomandino quella città e li significhino come e' sono parati ad fare tutti e loro comandamenti, e lo preghino che sia contento salvare la roba e la persona di messer Giovanni e dei figliuoli. Alli quali el papa ha risposto che non è per dir loro altro se non che li ubbidischino alla bolla: e in su questa sentenzia sta fermo. Intendesi ancora per uomo ad posta come e franzesi debbono essere oggi all'intorno di Castel Franco.La Magnificenzia dello ambasciadore, come di sopra si dice, domattina parlerà alla Santità del papa e scriverrà giornalmente quello

occorrerà delle cose di qua; e io con buona grazia delle Signorie vostre, o domani o l'altro, me ne ritornerò, piacendo ad Dio.El duca di Ferrara è venuto questo dì, non è già venuto monsignore d'Allegri come si diceva, né ho inteso la cagione della sua tardità. Raccomandomi alle Signorie vostre, quae bene valeant.

%1507 ago 10, LC$1064$Sono arrivato questa sera in Siena e ricercando dello essere di questo legato, trovo per più riscontri come sua Signoria questa sera si trova ad Acquapendente e domani verrà alla Paglia; l'altro potria venire ad Buonconvento; venerdì poi sarebbe qui, quando seguissi questo ordine, dove non si sa quanto debbe stare, e se li starà tutto dì domenica per vedere questa festa o se li si partirà prima, bisognerà intenderlo arrivato che fia, e vostre Signorie lo sapranno subito. Ora, quanto alle genti che lui ha, e che ordine tenghino costoro ad onorarlo, io ho parlato ad questi osti e ad simili brigate, ad chi si suole capitare ad casa in simili imprese. Referiscono come questa comunità ha deputato sei uomini ad onorarlo e che si terrà questo ordine: la persona del legato, con quaranta o cinquanta cavalli della sua famiglia più stretta, alloggerà o in casa Pandolfo o nel vescovado, ad chi si farà le spese onorevolmente; e li altri sua cavalli fieno tutti messi all'osteria, e di già è stato fatto intendere ad li osti che stieno proveduti. Non sanno già se la comunità li pagherà o lascerà pagare loro, perché non è stato loro detto altro; ma considerato el capitale che fanno di questo legato, desiderando che favorisca le cose loro nella Magna, credono questi osti che la comunità pagherà lei, ma non ne sanno altro. $1065$Come e' si governino per il dominio, costoro non lo sanno, e io non lo posso scrivere. Sarò domani dove lui e, informatomi bene del tutto, vi spaccerò una staffetta, e potrò dire alle Signorie vostre quanti cavalli abbi: perché chi dice cento e non più; chi dice più di dugento; ma quelli, ad chi pare da prestare più fede, si aderiscono al minore numero. In somma, come io ho detto di sopra, le Signorie vostre sapranno, avanti che sia quaranta ore, che cavalli abbi, come costoro si portino seco, e quando sia per essere in sul vostro. Non sono già per domandare listra a el suo maestro di casa, perché non vorrei, quando e' mi paressi essere accertato di pochi, in sulla listra mi riuscissino assai, e quelle me ne sapessino el male grado, trovandosi obligate: e però io lascerò questo partito intero alle Signorie vostre.Questo dì si è ragunata la Balia in furia, per certe nuove venute da Lucignano, come quello castello aveva tutto dì tenute serrate le porte per paura di quegli vostri di Valdichiana.

Aspettasi, secondo ritraggo per l'universale di questa città, lo 'mperadore con una gran festa, e è desiderato da tutti. Dònne notizia alle Signorie vostre, perché in simili accidenti le voluntà de' populi sogliono essere disforme a e capi loro. Valete.

%1507 ago 12, LCGiunto che io fui in Siena avanti ieri scrissi alle Signorie vostre quello aveva ritratto del legato, e come qui si disegnava di onorarlo. Non replicherò altrimenti quanto scrissi, perché spero le lettere salve. El legato, come io scrissi alle Signorie vostre, alloggiò iarsera in Paglia, e io $1066$di qui me ne andai ad San Chirico, né mi condussi in Paglia, perché pensai più facilmente vedere el traino suo in sul posarsi, che in sul levarsi. Albergai iarsera ad San Chirico, luogo per il quale le genti del cardinale dovieno passare, volendo ire ad Buonconvento, secondo el primo disegno delle giornate, o fermarsi quivi; ma el cardinale mutò ordine, e dalla Paglia la persona sua con alquanti cavalli ne è andata ad Pienza, dove quelli Piccolomini lo hanno intrattenuto, e il resto di sua corte venne ad San Chirico: d'onde io, che desideravo intendere appunto el numero dei cavalli ha seco e veggendo questa divisione, mandai ad giorno el mio cavallaro ad Pienza per numerare e cavalli andavono col cardinale, e io rimasi a San Chirico per tener conto del resto. In summa el cavallaro tornò, e mi riferì aver numerato 39 cavalli, e stettevi quattro ore poi che la corte fu posata. Ad San Chirico ne venne 57 cavalli, e circa x o meno, ne erano passati per ad Siena; tanto che, ad farla grassa, e' non aggiugne a i 10 cavalli: ed io stetti a San Chirico fino ad 22 ore per vedere che fussi bene sgocciolato ogni cosa, e se non ne viene da Roma dei nuovi, e' non ne ha più; e quelli suoi camerieri e maestri di casa dicono che gli ha 150 cavalli, e fanno per far numero più onorevole. Ha, oltra ad di questo, 32 muli da carriaggio, e quali ho numerati, ed i suoi dicono che li ha quaranta muli; sicché più di 40 non sono eglino, ma piuttosto meno, come ho detto. Ha circa 50 ad piè fra staffieri e famigli suoi e di quelli suoi cortigiani, che paiono la maggior parte di loro usciti delle Stinche. E questo è quanto ho possuto ritrarre del vero di sua famiglia: e parendomi in questa parte aver fatto l'uffizio mio, ad 22 ore montai in poste, e da San Chirico sono venuto qui in Siena per potere avvisare le Signorie vostre dell'onore li è fatto e quando e' parta di qui.El cardinale, per trovarsi questa sera discosto qui 23 miglia, non verrà domani in Siena, ma s'indugerà ad entrare sabato. Hanno ordinato costoro riceverlo con le cerimonie da legato, e alloggeranno la persona sua nel vescovado; e tutti e suoi gentiluomini, che debbono essere

circa 50, distribuiranno per case di cittadini, secondo che parrà a e sei deputati. La ciurma tutta ne andrà all'osterie, e fieno pagate loro, non ostante che ad li osti non sia ancora stato detto cosa alcuna; ad che mostra che o e' metteranno poca gente all'osteria, o di poca qualità. Per il $1067$dominio el cardinale si è fatto le spese da sé, eccetto la persona sua, e quelli che andorono ad Pienza, a e quali quelli Piccolomini feciono le spese. Ma alla Paglia e ad San Chirico, per quelli che vi andorno, si fece le spese el cardinale da sé medesimo, e domani farà el medesimo, se di già el cardinale non fussi appartato in qualche luogo con pochi: il che io non so. Starà qui in Siena tutto dì domenica ad vedere questa loro festa; lunedì se ne verrà ad Poggibonsi, al più corto, ma al più lungo vi sarà martedì: e se io fussi resoluto del partir suo di qui appunto, io arei portato questi avvisi di bocca alle Signorie vostre; ma non sappiendo, soprassederò qui, tanto che io ne possa avvisare del certo; e se alle Signorie vostre occorrerà commettermi cosa alcuna, lo potranno fare. Posso bene, come ho detto, fare di nuovo questa conclusione, che le Signorie vostre lo possono aspettare ad Poggibonsi lunedì ad el più corto, e martedì al più lungo. Raccomandomi ad vostre Signorie, quae bene valeant.Io ho differito el mandare questa staffetta ad questa mattina, che siamo addì xiii, per vedere se io possevo mandarla sanza spesa; ma non trovando, deliberai spacciarla. Parte ad ore xi; hammi promesso esser costì ad ore xvii.

%1507 ago 14, LCScrissi addì 12 alle Signorie vostre, e la mandai iermattina in diligenza e apposta. Dissi per quella come el legato entrerebbe oggi qui, e che per il dominio e' si aveva fatto le spese da sé, e che li aveva 110 cavalli, o meno, e infra e 30 e li 40 muli da carriaggio e 40 appiè in circa; e come lo alloggiavano nel vescovado, la persona sua e 40 $1068$o 50 de' suoi cavalli, e il restante nelle osterie, e che si farebbe loro le spese; e che del partire io non sapevo se lunedì o martedì. E dipoi entrato questo dì el legato ed è suto alloggiato come io dissi. Vero è che dove io dissi li farebbono le spese, li hanno fatto uno presente in nome della Signoria, tutto di cose da mangiare, secondo che si usa fare alli ambasciadori, ma copioso; tale che dicono avere speso più di cento ducati; né s'impacciono d'altro, ma lasciono trescare ad loro. Partirà detto legato di qui lunedì mattina, e ne verrà ad Poggibonsi, e martedì dipoi ne verrà ad San Casciano, che così lui proprio ha detto voler fare; e mercoledì ne verrà costi ad Firenze. Questo lui lo ha detto ad tavola, e io ne ho più riscontri, sicché io lo credo; e parendomi non ci avere più faccenda, mi partirò domattina di qui e per la ritta, passo passo, me ne

verrò: e se alle Signorie vostre occorrerà commettermi cosa alcuna di nuovo che io faccia per il cammino, potranno farmelo intendere.Mentre che io sono stato in questa terra e fra questi spagnuoli, ho inteso qualche cosa, le quali giudico non possino nuocere quando vostre Signorie le intendino ancora loro. Ho inteso, come circa uno mese fa venne due lettere dallo 'mperatore di un tenore medesimo: una alla Balia, l'altra ad Pandolfo; le quali contenevano la venuta sua, la fede che lui aveva in questa città, e dipoi li ammoniva che non dessino delli oblighi fatti più danari ad Francia, mostrando che quelli oblighi avessino fatti contro di lui, non tenevano. In quella di Pandolfo era, oltre ad questo effetto, molti particulari in sua esaltazione, la quale lui comunicò alla Balia e ad più arroti, e se ne onorò assai. Ritraggo come questa passata dello 'mperadore li dispiace assai, come colui che sta bene e non vede più guadagno ne' travagli; e parlando con un amico disse: Se questo imperadore passa, e non ne farà bene persona, se non e pisani. La quale passata e' non crede, e si fonda in su e svizzeri e in su e viniziani, e quali crede non li tenghino el fermo. Nondimanco e' si va preparando, prima di far credere qui che lo 'mperadore li sia amico, per tòrre favori a mali contenti; secundo, di fare con effetto che sia, benché infino ad iermattina e' non avessi ancora auto lettere dal mandato suo allo 'mperadore. Dico così, perché questa mattina intesi essercene venute iarsera, e se io ne potrò ritrarre nulla, ve lo scriverrò. $1069$Parlando con questi del legato e con uomini di qualche cervello, ritraggo che la commissione sua è di fare ogni opera, innanzi ad ogni cosa, che lo 'mperadore non passi; e per levarli via la necessità del venire per la corona, ha dato autorità ad detto legato, insieme con un altro cardinale tedesco, del quale non mi ricorda el nome, di coronarlo là; ma quando lo vegga volto ad passare in ogni modo, lo persuada ad passare disarmato, e li prometta l'amicizia di Francia con quelle securtà che lui stesso domanderà. E quando questo anche non li riesca, e che lo vegga volto al passare e passare gagliardo, vegga con diligenza d'intendere le provisioni sua, se le sono da superare gli ostaculi che li ha, e avvisi; e dall'altra parte, intrattenga lo 'mperadore con buone opinioni di sua Santità verso quella Maestà. Scrivo queste cose alle Signorie vostre non per vere, ma come intese da uomini di qualche gravità, massime sappiendo che non può nuocere che vostre Signorie le intendino, come in principio dissi.Scrivendo, è venuto qui nell'osteria el fratello del cardinale Ceserino con quindici cavalli, che da Roma va per sue faccende ad Bologna. Starà qui domani, e di poi ne verrà in costà con el cardinale; e così sempre questo suo fiume ingrossa.Raccomandomi alle Signorie vostre, quae bene

valeant.

%1507 dic 25, LC$1070$Magnifici et excelsi Domini, Domini mei singularissimi.Scrissi da Gabella a' dì 22 alle Signorie vostre, e siamo a' dì 25 e sono a Ginevra; e domattina parto per Costanza, che ci sono sette giornate, come mi ha detto Piero da Fossan che travaglia mercanzie co' fiorentini, e con chi mi sono consigliato del cammino, e da lui preso guida e tutto. Raccomandomi alle Signorie vostre.

%1507 gen 17, LCIo giunsi qui addì 11, ritenuto tanto tempo dopo el partire di costì dalla lunghezza del viaggio, dalla malignità delle vie e dalla qualità del tempo in quale siamo, e di più per avere ad combattere con e cavalli stracchi e trovarmi allo stretto del danaio. Tamen da Gabella, dove io lasciai $1071$le poste, ad qui, non potevo in ogni altro tempo e modo guadagnare più di tre dì, per esserci meglio di seicento miglia. Scrissi da Gabella e da Ginevra per dar notizia di mio essere, le quali lettere se fiano comparse, aranno tenute meno sospese le Signorie vostre e arrivato qui, trovai Francesco in buono grado e ottima estimazione in questa Corte; al quale esposi ad bocca la deliberazione delle Signorie vostre. E perché da lui vostre Signorie saranno ad pieno avvisate di quello che qui si è fatto dopo la mia giunta, non ne dirò alcuna cosa; ma solo mi rimetto ad quello che da lui ne fia scritto: solo significherò ad quelle per questa mia tutto quello che nel cammino da Ginevra ad qui ho udito e veduto che mi paia degno della notizia vostra, acciò possino vostre Signorie meglio conietturare le cose di qua. E cominciando dalle cose udite, che da Ginevra ad Gostanza io ho fatto quattro alloggiamenti sulle terre de' svizeri, e avendo ricerco in questo transito, con quella diligenza ho possuta, di loro essere e qualità, e come ciascuno di questi dua re possa sperare, ho inteso, per relazione massime di uno da Filiborgo, uomo discreto, stato capo di loro bandiere e uso nelle cose d'Italia, come el corpo principale de' svizzeri sono xii comunanze collegate insieme, le quali chiamano cantoni, i nomi delle quali sono Filiborg, Berna, Surich, Lucerna, Bala, Solor, Uri, Indrival, Tona, Glaris, Svizer, Safusa. Costoro sono in modo collegati insieme che quello che nelle loro diete è deliberato, è sempre osservato da tutti, né alcuno cantone vi si opporrebbe. E per questo si abusano coloro che dicono che quattro cantoni ne sono con Francia e otto con lo imperadore, perché questo non può essere, se già nelle loro diete e' non lo deliberassino. E quando lo deliberassino

sarebbe male servito l'uno re e peggio l'altro. Ma quello che semina tale opinione è che el re ha tenuto da otto mesi in qua e tiene dua suaoratori, Rochalberti e Pier Luis, appresso di loro e per avere da quelli avvisi presti, tiene le poste da Gabella infino ad loro dovunque vanno; e quali oratori hanno in questo atteso ad circuire tutti e cantoni, e hanno con danari in pubblico e in privato avvelenato tutto quello paese; e con questo ha tenuto e ritiene indreto tutte le deliberazione fussino per fare in favore dello imperadore, e infino ad quel dì che io passai, non si era dopo molte diete deliberato alcuna cosa. Ben è vero che ne avevono ad fare una $1072$el dì di Befana ad Lucerna, dove erano iti e dua oratori franzesi, né si sa qui ancora quello che detta dieta abbi parturito; ma quello che io allego da Filiborg, mi disse che el re di Francia aveva troppi danari ad deliberarli contro, e quando el re de' Romani abbi danari anche lui, non possono negarli e1 servirlo, ma s'ingegneranno servirlo e non essere contro ad Francia. E così ognuno giudica, che quando allo imperadore non manchi danari, non li possa mancare svizeri, perché dubiterebbono, non lo servendo pagandoli, non si fare inimico lo Imperio, volendo essere contra alle deliberazioni di tutta Lamagna; e questa è la cagione che li tiene di non essere con Francia. Ma le difficultà che fanno con el re dei Romani sono che non vorrieno essere contro ad Francia, ma servirlo altrove; e lo imperadore dall'altro canto vorrebbe, o che si stessino di mezo o pigliarne pochi e farne ad suo modo. Loro di mezo non vogliono stare, vogliono essere assai, e non vorrieno combattere con franzesi se non ne dessino causa; e queste difficultà hanno fatte far loro assai diete e poche conclusioni: e credesi che questa ultima dieta arà parturito uno berlingozzo come le altre. Oltre ad questi dodici cantoni, ci sono dua altre qualità di svizeri, la Lega Grigia e li vallesi, tutti e dua confinono con la Italia e pochi dì avanti io passassi da Filiborg, era passato uno oratore dello imperadore che andava alli vallesi per disporli contro ad Francia e in suo favore. Queste dua parti non sono collegate in modo con e dodici cantoni che non possino deliberarsi contro alla deliberazione di quelli: intendonsi bene insieme tutti per la difesa della libertà loro; sicché a chi mancherà dell'una sorte, potrà avere dell'altra. Fanno e dodici cantoni, per difendere el paese, di uomini buoni, quattromila uomini l'uno cantone per l'altro, per mandar fuora da e mille in millecinquecento per cantone, e questo nasce perché quando e' si hanno ad difendere, bisogna che pigli l'armi chi vogliono e magistrati; e quando e' vanno ad militare per altri, va chi vuoi ire, e in un caso sono forzati dalle leggi, nell'altro tirati dal prezzo. Riscontrai ad Safusa dua genovesi, che se ne tornavano in Italia per la

via che io venivo, e domandandogli dello imperadore e della sua impresa, mi dissono: Egli è ad questa ora partito da Agusta per verso Italia, e non crediamo lo truovi prima che ad Trento. Dissonmi che le comunità pagavano ad el re centocinquantamila fiorini, $1073$oltre alle genti, e che aveva fatto co' Fucheri uno partito di centomila fiorini, e dato loro certe miniere di assegnamento; e che co' svizeri sarebbe d'accordo, perché li adoperrebbe altrove che contro ad Francia.Arrivai dipoi ad Gostanza, dove stetti uno mezzo dì per intendere qualche cosa: parlai con dua milanesi in duomo, parlai con Arrigo compositore, che ha donna costì, e parlai con un oratore del duca di Savoia, detto monsignor Divirì, con el quale stetti ad lungo, perché lo andai ad vicitare, e cenai poi seco. Da li primi ritrassi cose generali e gagliardissime; ma monsignor Divirì, andandolo io stuzzicando circa la impresa e li ordini sua, mi disse formalmente questo: Tu vuoi sapere in dua ora quello che io in molti mesi non ho possuto intendere; e la cagione è questa, perché e' bisogna o risapere le conclusioni delle resoluzioni, o vedere li effetti de li apparati: la prima è difficile, perché questa nazione è secretissima, e lo 'mperadore esercita questo suo secreto in ogni qualità di cosa, perché se e' muta alloggiamento, e' non manda innanzi el cuciniero se non un'ora, camminato ha un pezzo, perché e' non s'intenda dove e' vadia. Quanto alli apparati, la provincia è grande: vengono di diversi luoghi; possonsi ridurre in luoghi larghi: bisognerebbe avere una spia in ogni luogo ad intenderne el vero. Io per me, per errar meno, non ti posso dire altro, se non che Cesare fa tre teste, l'una ad Trento per la via di Verona, l'altra ad Bizanzon per la via di Borgogna, l'altra ad Carabassa per la via del Frivoli; e che qui in Gostanza concorse, secondo e termini posti nella dieta, molta gente, la quale fu subito spartita per questi luoghi; e ti fo fede di questo, che questo moto è grande e conviene che partorisca grande effetto, o di pace o di guerra, che infra questi dua re naschi. Questo è quanto ritrassi in Gostanza, e da costui, uomo di sessant'anni e tenuto assai prudente.Giunto qui, non ho inteso di nuovo altro se non che ad Trento o in vel circa, si debbono trovare qualche quattromila fanti e mille cavalli utili; e quanto al danaio, non si ritrae abbia altr'ordine che centoventimila fiorini li promise lo Imperio, oltre alle genti nella dieta di Gostanza, e di più quelli danari li sono stati rimessi da quelli che gli avevono ad mandar gente, che in quello scambio li mandono danari; che si dice, se doveva avere tre dallo Imperio, egli ha dua, e il resto danari; e di più quel partito ha fatto co' $1074$Fucheri, e così certi altri partiti che fa con e mercanti, dando loro terre in pegno: di che non si sa appunto l'ordine, né che somma

se ne possa fare. D'Italia che danari e' si cavi non s'intende, e li viniziani attendono ad farsi onore di grandi preparazioni, e hanno fatto venir qua voci di avere da mettere insieme bene quindicimila cavalli.Ha fatto questo re, poi che fu qui, una dieta di tutte le comunanze di questo contado di Tirolo, e le ha richieste di aiuto ad questa impresa. Ritrassi hanno per concluso di servirlo di cinquemila fanti pagati da loro per un certo tempo, e quali fanti, quando la deliberazione vadi innanzi, sono come se fussino ad Trento. Venne qui sabato nuove come mille cavalli che il re di Buemia li manda pagati, sono già in qua cinque giornate. Con tutto questo el tempo passa: dove è un acquisto, è una perdita, perché dall'un canto ne viene l'estate, dallaltro le paghe de' soldati, che lo Imperio debbe pagare, secondo la dieta, si consumono. Questo è quanto io ho udito, ma quello che io ho visto è che da Ginevra ad Meninga io per tante miglia di paese non trovai mai né uno fante né uno cavallo. Vero è che intorno a Gostanza, per certe ville discosto alla strada, io sentii certi tamburacci, e chi mi disse che li erano racimoli di fanterie che erano restate quivi, e chi che li erano paesani che festeggiavono. A Meninga trovai che vi cominciavono ad arrivare le genti del duca di Wertinberg, che dicono erano quattrocento cavalli; el quale voleva fermar quivi le genti e lui venire in Corte, per intendere dal re dove dovessi ire. Trovai dipoi da Ispruch ad qui, per tutto el cammino, circa cento cavalli di gente d'arme. Venerdì passato si fece qui una mostra di centoventi fanti che mandano certe comunità. El re è qui, né si sa quando partirà. Dicesi che poi che Roano fu qua, e non si appressò mai tanto ad la Italia: credesi andrà ad Trento presto, dreto alla impresa sua.Altro non mi occorre, se non raccomandarmi alle Signorie vostre e pregarle mi avvisino quello che ho ad fare, perché avendo esposto ad Francesco la intenzione loro, non mi ci resta faccenda: e però sieno contente darmi licenza. Valete.E quando per alcuna cagione vostre Signorie volessino mi fermassi qualche dì, il che io non credo. o mi $1075$mandino danari, o scrivino a Francesco me ne dia sopra di loro: benché Francesco infino ad qui non mi abbi mai negato cosa veruna, ma sopra di me.

%1507 gen 27, LCL'ultima mia fu per Simone cavallaro da Memingh a' dì sedici del passato: dipoi ho dato una volta, seguendo quando il re, e quando il cardinale, di miglia 500, tanto che a' dì 9 di questo giunsi qui a Bolgiano, dove era el re, e dipoi dua giorni, cioè a' dì 11, arrivò Niccolò el quale era venuto per via di Savoia e de' svizeri, e per sospetto non essere cerco in

Lombardia, dove fu esaminato tritamente aveva stracciato le lettere; ma mi disse ad bocca la commissione vostra, della quale lo effetto fu questo: che voi eri contenti offerissi allo imperadore infino alla somma di cinquantamila ducati, cominciando a trenta, e così seguendo infino a cinquanta, ingegnandosi migliorare la città, e questi dire di pagare in tre paghe almeno: la prima quando era con lo esercito in una città posta tutta in Italia, la seconda in Toscana, la terza poi tre mesi ovvero a Roma, come meglio si potessi. Quello che all'incontro volevi da questo re, era la restituzione delle cose vostre e la conservazione del presente stato e dominio vostro, e quando la restituzione non si potesse avere, si lasciassi adrieto; ma volevi si domandassi, per mostrare allo imperadore che non stimavi poco cinquantamila ducati, ma dell'altre cose non volevi si levassi cosa alcuna, ma che si ampliassi in modo nel capitolare con parole e termini che voi fussi una volta sicuri non avere a pagare più somma di questa, né a lui per alcuna causa diretta o indiretta, né ad alcuno de suoi principi o soldati, né ad alcun altro per lui; e così che voi non abbiate a essere alterati da lui, né da nessuno de' suoi che venissino con lui $1076$in Italia o che di poi lo seguissino; e che lo effetto sia che il vostro presente stato rimanga intatto e illeso, e che voi esercitiate la iurisdizione e possediate tutte le vostre città, castella, terre, ville, e luoghi come al presente esercitate e possedete, e che non vi sia diminuita dignità, autorità o preeminenza né da lui, né da alcuno de' suoi. E molte altre parole mi disse circa questo effetto.Io cercai subito avere audienza dal re, e la notte seguente dopo lo arrivare di Niccolò, fui da lui, al quale esposi con più breve parole mi fu possibile la intenzione vostra: e in principio offersi trentamila ducati in tre paghe, e che lui promettessi la restituzione e conservazione, come mi aveva riferito Niccolò, ma sendomi riposto allora da Collauro in sua presenzia, che questo era offerire qualcosa meno che quello si era offerto nel 1502, e domandare più, e che della restituzione non bisognava ragionare; e veduto che la pratica si rompeva, e che se non si levava la restituzione e si cresceva la somma, non mi sarebbe più suto prestato gli orecchi, mi parve da lasciarmi ire a quarantamila e di fare la prima paga più gagliarda, acciocché, tirato el re da questo utile più propinquo, di che lui fa stima, ci conscendessi, e così vostre Signorie venissino ad risparmiare diecimila ducati: e però dissi che io sapevo la buona volontà di vostre Signorie, e per questo io ardirei in vostro nome promettere ducati quarantamila, da pagarne sedicimila quando fussi nella prima terra che fussi tutta in Italia, e l'altra somma in dua paghe dipoi, come nel fermare questo obbligo saremo d'accordo; e benché le cose di Pisa vi

premessino, e che le ragioni vi avevi fussino buone e da essere favorite da ognuno, nientedimeno, per mostrare a sua Maestà che per vostre Signorie non restava di fare dimostrazione di buoni figliuoli verso di lei, vostre Signorie sarebbono contente non ne parlare, ma solo volere la conservazione e securtà. El re udì quello dissi molto gratamente, e parvemi conoscere che lui era volto a fare questa composizione, per quanto potessi iudicare da segni esteriori, e al medesimo Collauro mi fece rispondere che a lui era piaciuto quello aveva offerto e che il dì seguente mi risponderebbe; e innanzi mi partissi, el re chiamò Piggello da parte, e lo dimandò chi era questo segretario venuto e per che via; e gli disse gli pareva che e fiorentini facessino buono principio. $1077$Questa audienza ebbi mercoledì notte a' dì 12 e la risposta dovevo avere a' 13, e sono stato prorogato di dì in dì, e ancora non l'ho avuta: e per questo ho determinato scrivervi, acciocché voi non stiate sospesi della commissione data a Niccolò. La causa d'onde sia venuta questa dilazione, non so se fussi per non essere in Corte el Lango, che rimase in Augusta ad provedere danari, ma ci si aspetta presto, non ostante che mi sia suto detto che al re questa offerta è piaciuta, ma quello lo fa stare sospeso è che dubita queste sieno parole, e che voi siate per fuggirli sotto e non fare conclusione; e quando pure questa conclusione si facessi, lui vorrebbe in questa prima paga ducati ventimila; e ancora mi è suto detto che messer Paulo de Litestan e il Serentano, dua uomini de' primi, come altra volta vi ho scritto, hanno fatto differire questa risposta per esserne di meglio, e che li era necessario farseli amici. Io non avendo di questo commissione né ordine, non l'ho possuto fare se non con parole, e queste ho usate calde, ma non so se saranno loro bastate: e l'ho voluto scrivere acciò ne intendiate quanto io, e possiate, non essendo concluso prima, deliberarne e rispondere.Veggono vostre Signorie come s'è proceduto in questa commissione; e come el re non ha fatto risposta, e quello che io ho ritratto esserne la causa; in modo che, considerato come fui udito gratamente e quello disse a Piggello, credo in buona parte mi sia suto riferito il vero. Restami, secondo la commissione vostra, ad potere ancora offerire ducati cinquantamila, ma non credo che in più danari consista la differenzia, ma sibbene in questa prima paga, la quale lui vorrà crescere quanto potrà; e io, in qualunque risposta mi sia fatta, non sono per salire ad cinquantamila, né per promettere in questa prima paga ventimila, sanza che voi ne respondiate; perché io stimo che le cose di qua mi daranno tempo d'aspettare questa risposta; ma quando vedessi il contrario, e le cose venissino in quella caldezza che potrieno in un momento venire, mi lascerei andare

all'una cosa e all'altra: e perché commettete che si prometta pagare questa prima paga quando lo imperadore fia con lo esercito nella prima città posta tutta in Italia, ho ricerco destramente dove sia Trento, e da' paesani mi è suto detto il confino intra Italia e Alamagna essere più qua che Trento uno miglio; e ne dò avviso acciò intendiate bene tutto, ancora che dalla offerta fatta nel $1078$modo commettesti, non credo vi possiate ritirare sanza cavillazione o grande sua indignazione.Delle cose di qua vi posso poco dire altro che quello vi abbi scritto altra volta. El re è condotto qui presso ad Trento a sette leghe, e qui ha fatto una dieta delli uomini del paese suo proprio, perché lo accomodino in questa impresa di qualche somma di danari; e benché non lo abbino ancora concluso, pure è da credere che provederanno ad uomini e danari. Qui dove ora siamo non è molta gente, ma di qui ad Trento ne sono distribuite per tutte queste ville, e dicesi essere infino in mille cavalli e fanti quattromila incirca: ma infra pochi dì verranno in ogni modo circa cavalli millecinquecento che sono indreto, e fanti assai; benché de' fanti è qui in luogo da poterne fare, se arà danari, in uno tratto quella somma vorrà.E svizzeri è opinione, come più volte ho scritto, che se questa Maestà dà loro danari, ne arà la maggior parte; ma lui vorrebbe stessino di mezo, e loro non vogliono promettere questo, perché dicono non potere stare sanza soldo: e in effetto si risolverà a dare loro danari, se ne arà.De' danari, sono in quella opinione sono suto sempre, che costui con difficultà ne provegga, e per questo si potrà gittare a fare un accordo con Francia o con e viniziani; ma in ogni modo che facci accordo, vorrà venire in Italia: e se per via nissuna potrà adunare tanti danari, che ne fa ogni opera, da potere muoversi sanza accordo o aiuto d'Italia, lo farà molto volentieri. E principi e altre città dello Imperio, benché fussi voce nella dieta ordinassino le genti pagate per altri sei mesi. E viniziani pare che attendino ad provvedere e loro confini; nientedimeno lasciano andare lettere e ogni altra cosa, che passa sanza alcun impedimento: e arète inteso che ad quelli fanti erano scesi in Mantuano, nel ritornare indreto tolsano le armi; nientedimeno poi le rimandorno loro dreto.El parentado infra el figliuolo dell'arciduca e quello d'Inghilterra si dice essere fatto, e tiensi da ciascuno per fermo.Altro non mi occorre per questa, se non raccomandarmi a vostre Signorie, quae feliciter valeant.

%1508 gen 24, LC$1081$Scrissi addì 17 alle Signorie vostre e mandai la lettera per Raffaello Rucellai, el

quale veniva costì con assai diligenzia, e detti avviso dello arrivare di Niccolò, e come avevo esposto la commissione sua ad el re, e come per li gesti sua non mi pareva li fussi dispiaciuta. E' mi aveva detto rispondermi l'altro dì, cioè addì xiii, e come ancora non mi aveva risposto, e la cagione che io credevo ne fussi; delle quali lettere mando copia con la presente: né per altra cagione mi riserbai el Diavolaccio, se non per avere chi espedire qualunque volta mi fussi fatta la risposta. Sono stato dipoi tenuto in fino ad questo giorno di dì in dì, ed io non la ho sollecitata, in modo che paressi che voi la desiderassi troppo, né anche in modo discostatomene, che paressi voi avessi caro la dismenticassi; tandem con el nome di Dio questa mattina fui chiamato e in presenza dello imperatore, dove era il Lango ed il $1082$Serentano, mi disse detto Lango, come lo imperatore aveva inteso l'offerta li avevo fatto in nome vostro, e avendola bene esaminata, li pare, volendo voi la conservazione e securtà dello Stato e dominio vostro, che questi danari sieno pochi, considerato la qualità di cotesta città e le altre circustanzie; pertanto non era contento né l'accettava; e avendo pensato di fare domanda che da voi non dovessi essere fuggita, chiedeva che voi li prestassi ora ducati venticinquemila, e quali voleva che di presente li fussino pagati, e che lo imperatore in sul pagamento di detti danari farebbe una lettera diretta a voi, soscritta da lui e co' suoi sigilli e segni consueti, per la quale si ubrigherebbe alla conservazione e securtà dello stato e dominio vostro; la quale lettera lui non voleva darvi ora, ma la vuole mettere in mano de' Fucheri, al fine che di sotto si dirà; e inoltre che voi, fatto il pagamento di detti ducati venticinquemila, mandiate li oratori eletti solennemente a incontrarlo quando sentiate sia giunto in sul Po, con mandato a concludere seco; e quando arà dipoi concluso con loro, e Fucheri siano ubrigati consegnare a voi le soprascritte lettere; e non concludendo, le debbino rendere allo imperatore: ed ancora lui si obrigherà di restituirvi, intra annum detti venticinquemila ducati in caso che la conclusione con gli oratori non si facci; ma quando detta composizione si facci, vuole che detti venticinquemila ducati vadino a conto di detta composizione, secondo che allora si converrà. Mostrò el Lango con molte parole la onestà di questa petizione, e che se voi volete essere stimati dallo imperatore, dovevi darli questa arra della affezione vostra, e che lui da ora vi dà quest'altra, sotto fede di re, di trattarvi amichevolmente.Risposi, secondo la qualità del tempo e delle persone dove era, brevemente, che questa offerta avevi fatta, era sopra le forze vostre, ma avevi voluto monstrarli di non volere degenerare da' vostri antecessori in

riconoscerlo per padre e protettore vostro; ma considerando questa risposta, non vedevo perché la avessi a essere accettata da voi vedendo il pagamento de' danari certo e la sicurtà incerta; tamen che lo oficio mio era scriverne, e per potere intenderla più appunto, sarei il dì, dopo desinare, con il Lango: e questo feci per dire a lui più apertamente quello mi pareva di questa cosa, non potendo farlo quivi per non tediare il re. Disse il Lango, nello esporre questa $1083$risposta, che era presente il re, che era bene per più vie mandare questo avviso, e che io ne dèssi a lui una copia, che la manderebbe; e perché andando il re verso Trento quelle strade si potrieno rompere dai veneziani, io scrivessi che mandassi le vostre lettere responsive a Bologna ad uno suo uomo chiamato il dottore Rabelar, el quale arà commodità in ogni gran moto mandarle sicure: né mancherete per questo di mandare vostri uomini proprii. Io darò la copia al Lango, dove fia scritto semplicemente questo partito, lasciando addietro le altre circustanzie.Partito dal re, fui poco poi a lungo con el Lango e dissigli largamente che io ero certo voi non potere accettare questo partito, perché dove si parla che voi paghiate, e dall'altro canto non vi sia ricompensa, si parla di cosa che codesto populo non consentirebbe mai; e perché el Lango disse che il re li aveva di nuovo commesso mi facessi fede che tratterebbe graziosamente le Signorie vostre, risposi crederlo, e così lo crederebbe ogni altro uomo che particularmente avessi a trattare seco, ma che una republica e un populo si governava altrimenti che uno privato, perché costì universalmente si crederria perdere e danari e non si fare amico il re; e voi e lui sapevi come si prestino e danari a' re e come si rendano. Pertanto era assai meglio, per avanzare tempo, che il re accettassi questa offerta, che era conveniente e sopra le forze vostre; e quando pure al re paressi altrimenti, dicessi quello volessi, e la cosa si facessi di un pezo. El Lango rispose generalmente, et infine si ridusse a richiedermi quello che voi faresti, volendo fare la cosa a un tratto: al che io risposi, che s'era detto, e che aveva a dire lui, e questo feci per vedere se possevo in modo alcuno scuoprire che animo fussi quello del re di volere da voi. Infine non si fece altra conclusione se non che scrivessi la risposta avuta e nel modo soprascritto, ed in questo mezo lui penserebbe qualcosa, e che io pensassi, e riparleremoci. Avevami il Lango fatto prima accertare che arebbe caro non essere solo a tenere a dipresso le cose vostre, e nell'ultimo del parlare me ne fece fede, mostrandomi avere bisogno d'aiuto: il che è quello scrissi per altra, del Serentano e messer Paulo. Voi penserete sopra questo capo, e ne delibererete.A me non parve da venire all'offerta de cinquantamila, perché vedevo che se si saliva

questo scaglione senza frutto, è che si faceva men grata una seconda offerta, la $1084$quale voi deliberassi fare per via delli oratori; e pensando la causa per la quale l'imperatore vuole stare in su questi termini di accettare, e non vuole venire a alcuna convenzione, non posso immaginare se non quella che già più tempo fa scrissi, che, secondo la conclusione della dieta, e non possa ubrigarsi a potentato alcuno in Italia; e però avendo da l'un canto bisogno di danari, dall'altro non possendo per ora assicurare alcuno, piglia questa via: e così s'è voluto governare con Ferrara, e non gli è per ancora riuscito, e così sè governato con Siena; perché a riscontro de' danari pagati, non ha tratto Pandolfo che buone parole. E veramente se questo non fussi, considerato come ricevé la offerta vostra, o lui l'aria accettata, o aria chiesto cosa da non si discostare molto. E necessario pertanto che voi, nel deliberarsi, mettiate in considerazione questo capo del prestare, perché quando s'indirizzassino a credere alle parole, doverria bastare minore somma che ducati venticinquemila; e quando non vogliono, pensino come pare loro da governarsi, e scrivino. Né crederrei fussi se non a proposito mandare senza intermissione di tempo li oratori, perché, come di sopra si dice, il re lo ricordò, e non saria male venissino più in qua che lui non disse; e ancora il Lango oggi mi disse che voi eri voluti essere troppo prudenti e mai non avevi voluto credere la passata dello imperatore, e che se l'avessi creduta, li oratori eletti arebbono cerco di venire; e ancora che a tutto rispondessi, pure col mandarli potria essere che la cosa divenissi più facile, che altrimenti non credo si muti di proposito: perché potria essere che la dieta non li avessi legato le mani, o che lui non volessi fermare la composizione, perché avessi animo di domandare una somma, che ora voi recuseresti; ma quando avessi cominciato a sborsare, e lui si trovassi vincitore, non vi saresti fatti pregare.Le cose della impresa sono più calde che le non erono quando a' dì 17 vi scrissi, perché ogni dì capita qui fanti e gente d'arme per ad Trento, e per altre vie ve ne può andare che non si veggono. Qui tre dì fa si fece una mostra di 300 fanti e di più circa di 40 scoppiettieri; da dì 19 di questo a dì 22 si sono inviate circa trenta carra di artiglierie, infra grossa e minuta, al cammino che per la Lega Grigia riesce in val di Voltolina, ancora che per detto cammino possa ritorcerle verso Trento: e s'intende che li è convenuto con detta Lega Grigia che lo servino di mille $1085$ottocento fanti, pure co' suoi danari, e in detta Lega si sono mandati bandi che nessuno pigli danari da Francia. Ieri giunsono cento cavalli mandati d'Auspurgh e Olmo, e questo dì si aspettano settanta cavalli di Norimbergh. Fecesi ancora ieri mostra di circa 600 fanti, e

andò bandi che chi era sanza partito e volessi danari, liene sarebbe dati. Passano ciascuno dì ad tre ad quattro per volta uomini d'armi, e così passa assai munizione d'armi e vettoaglie. E' viniziani hanno condotto tutte le gente d'armi e fanti avieno nel Veronese di qua de le Chiuse intorno ad Roveré, in modo che la cosa non può stare molto così, e puossi facilmente, come per altra scrissi, in un subito vedere qualche moto inaspettato; e se questo fuoco si appicca e non si sia fatto altro, le Signorie vostre veggono con che difficultà si potrà avere avvisi da quelle ed io avvisarle; e le parole del Lango, presente el re, me ne ferno questa mattina fede: il che mostra che non ha intelligenzia con viniziani, e per avventura, o e' non la vuole o e' non la spera, non ostante che più dì fa il generale de' Fra' bianchi sia ito ad Vinegia, e non si sa se il re l'ha mandato proprio motu, o e viniziani lo hanno ricerco, o se lui si è offerto per gratuirsi e viniziani, avendo detto frate l'entrate sua in su el dominio loro. Vedrò di ritrarne qualche cosa e ne avviserò vostre Signorie.Quando el re partirà non si sa, né credo che lo sappi altri che lui, e però io non lo posso scrivere alle Signorie vostre; e così non si può sapere quando questa guerra comincierà, né d'onde appunto; credesi bene che al più lungo non possa passare tutto febbraio. Ho ritratto come questo re, non avendo el duca di Ferrara concluso seco cosa alcuna, voleva licenziare il suo oratore, ma ne fu sconsigliato da questi suoi, e però è ancora qui. Valete.Ho dato al Diavolaccio per le spese, fiorini tre di Reno, e lien'ho dati pochi, perché sono sanza danari: le vostre Signorie faccino costì el dovere. Viene in su una cavalla che Niccolò condusse qua, la quale sta, secondo mi ha detto, ad vostre Signorie in ducati dieci d'oro.Vostre Signorie se ne governino seco come pare loro: e rimborsino Pagolo mio fratello di detti tre fiorini. $1086$Postscripta. Ho a ricordare a vostre Signorie, che questo re mi pare in modo indurato in sua opinione, e ancora li pare essere tanto gagliardo che, sanza danari di presente, non credo si truovi con lui accordo, e più faranno ventimila ducati contanti che cinquanta se gniene prometta a tempo.

%1508 gen 25, LCL'ultima mia fu addì xvii del presente, la quale si mandò per Raffaello Rucellai, che disse essere costì in dì sette, e io non volli spacciare el Diavolaccio, per riserbarlo ad darvi avviso più certo. Per questa mi occorre scrivervi come questa lettera non contiene nulla, ma scriversi acciocché le vere si salvino trovando questa quanto...Delle nuove di qua non ho che scrivere altro alle Signorie vostre, avendovi scritto per l'ultima quello che ci era: solo ho da farvi

intendere di nuovo come continuamente viene qua uomini d'arme, ad dua, ad 4, ad 6, e così fanti, e tutti s'inviano alla volta di Trento; di modo che in quello luogo potria essere molta più gente che altri non stima.Ora quando el re abbi ad partire di qui e, partendo, se li andrà ad Trento e, andandovi, se moverà per Italia, io non lo so, né credo che altri che il re lo sappia. E però io non lo posso significare ad le Signorie vostre. Vedesi bene che le cose sono in termine che non si può differirle molto più, e quando e' passi febbraio che le non mutino viso, doverrebbe o non passare marzo o resolversi. Raccomandomi ad le Signorie vostre.

%1508 gen 31, LC$1090$Dopo l'ultima mia è comparso Baccino con le ultime delle Signorie vostre, e per quelle ho inteso quanto avvisate. E successo di poi...Oggi si è detto come el dì di Santa Maria Candellaia debbano venire in Trento due oratori viniziani per abboccarsi con questa Maestà, la quale debbe el dì medesimo essere in tale luogo: chi dice che vengono per seguire e ragionamenti dello accordo cominciati dal generale, e quando e' non abbino effetto, se ne serviranno in tenere a bada questa Maestà; chi dice che vengono per vedere oculata fide li apparati sua; e chi dice una favola e chi un'altra. Raccomandomi alle Signorie vostre; e perché el re ha comandato che nessuno lo seguiti sanza suo ordine, non so per questo quando io mi partirò di qui. Valete.

%1508 feb 1, LCDopo la venuta di Niccolò ho scritto alle Signorie vostre quattro lettere, benché ve ne sia state tre quasi di un $1091$medesimo tinore: la prima fu de' 17 del presente per Raffaello Rucellai, la quale conteneva, come avevo esposto al re la commissione di vostre Signorie, e come lui udì volentieri, e dissemi di rispondere il dì seguente; ma aveva prorogato dipoi la risposta di giorno in giorno da dì 13 infino a quel dì, né sapevo la causa, perché non era restato non avessi destramente sollecitato. E così in essa era qualche avviso in che termine erano le cose di qua: della quale lettera ne mandai copia per il Diavolaccio, el quale spacciai addì 25 con lettere de' 24, che contenevano la risposta auta dipoi dal re, che era in effetto come lui non voleva accettare l'offerta di quarantamila ducati, ma voleva di presente in presto ducati venticinquemila, e darvi la conservazione, ma non la dare in vostre mani, ma la voleva depositare in mano dei Fucheri, con ordine che quando fussi in sul Po, voi rimandassi li oratori, e convenissi con lui in tutto; e se rimanessi d'accordo, e Fucheri vi doverrebbono dare la lettera della conservazione, e li

ducati venticinquemila metterebbono ad conto di quanto era allora convenuto; ma in caso non fussi d'accordo, voleva restituire detti danari infra annum, ed avere lui la conservazione dai Fucheri. Scrissi ancora la risposta avevo fatta, e quanto sopra questo caso avevo parlato a lungo: ed in effetto non ne avevo potuto trarre altro. Scrissi ancora come le cose di questa Maestà erano riscaldate forte, ma perché stimo quella lettera salva, non replicherò ad lungo ogni cosa: solo toccherò e capi, per rispetto. Dipoi, pure a' dì 25, ne mandai una copia per le mani del re, perché così mi ordinò. E mi disse che portando pericolo per l'avvenire le risposte vostre, potendosi romper le strade, che io vi scrivessi, mandassi le lettere a Bologna al dottor Rabelar uomo dello imperadore, che aveva comodità mandarle, né mancassi però mandarle per vostri cavallari. Scrissi in quella che avevo ritratto da uomo grande in questa Corte, che crederrebbe condurre l'imperatore ad darvi la conservazione, quando voi li pagassi di presente ducati ventimila, e d'altri ventimila li dessi promessa certa pagarli infra quattro mesi; ma questo non è uomo che stia sempre appresso l'imperatore, tale che si potria ingannare. Così ancora scrissi che il Lango aveva detto a Piggello che a meno di centomila non s'intrometterebbe. Quella medesima copia mandai per via di Ferrara a dì 26, acciocché in ogni modo ne venissi una ad giugnere; $1092$aggiugnendo a quella, che la causa perché io credevo che l'imperatore stessi in sul tirato più che prima, mi persuadevo era perché il Lango era tornato d'Augusta ed aveva fatto partiti di buona somma di danari. Ancora, perché intendevo i dodici Cantoni erano risoluti stare neutrali, in modo lui veniva in loro aver poco a spendere, o nulla. Dipoi addì 28 di questo comparse Baccino corriere di vostre Signorie con lettere de' 19 e per esse dite avermi mandato el Mancino insino a' dì 23 del passato, el quale non è mai comparso. Stimo in tanto tempo debba esser capitato male: ed avete ad intender questo che, da Niccolò in fuora, l'ultima lettera o imbasciata che avevo auta da vostre Signorie era stata per Simone, la qual lettera era de' 24 di novembre. Ad la presente di Baccino non accade risposta, perché mi pare suto mandato da vostre Signorie più perché io abbia per chi rescrivere, che altrimenti.Del tumulto di Bologna ne era stata qui qualche voce, ma si era dipoi inteso esser niente.Per la di vostre Signorie mi pare intendere che le cose di qua, secondo si ritraeva da Roma e da Mantova, parevano raffredde: ma al mio giudizio non furono mai tanto calde. Scrissivi da Augusta per via di Roma la causa perché e fanti iti in Mantovano erano tornati, e come e viniziani al ritorno li avevono disarmati, e dipoi rendute le armi. Scrissi ancora della dieta che il re doveva tener qui, la quale non

è dieta generale della Magna, ma era solo delli uomini del contado di Tirolo, per trarre da loro danari: la quale dieta ha infine concluso darli ora mille fanti pagati per tre mesi e dipoi, appiccata che fia la guerra e avendo bisogno di supplemento, mandarliene cinquemila e diecimila ritenere in ordine per guardare el paese. Qui ogni dì comparisce cavalli e fanti, e poi che io son qui, debbono esser passati secento cavalli, o meglio, e quelli del duca di Bertinbergh, che sono quattrocento, sono poco addreto. Sono ancora passati, mentre sono stato qui, meglio di duemila fanti: ma el paese è sì grande, che non si può vedere né intender molto; e in un subito potria uscire fuora uno esercito ragunato ben grande, che non sarebbe parso prima possibile. Una volta la cosa è condotta molto innanzi, e il re è venuto insino qui, e questa mattina si è partito per ire a certi castelli qui vicini, e si crede che intra otto giorni andrà ad Trento, dove arà fanti, cavalli e artiglieria. Quello abbi ad seguire poi, $1093$ciascuno lo può pensare, e di necessità conviene che seguiti una delle tre cose: o che sia vituperato e perda il credito infino in Austria; o che egli assalti l'Italia; o che facci pace assai onorevole per lui. La vergogna e non la vorrà in verun modo, e però è da credere, non trovando accordo ad suo modo, che venghi ad la guerra, e presto presto. Come questo re stia con e viniziani, io non lo saprei giudicare. Il generale da Landriano tornò a' dì 28 da Venezia, dove stette tre giorni. Quello si abbia portato, non so, e ne ho domandato il cardinale, il quale mi ha detto non lo sapere, e che il generale è bene stato da lui, ma non gli ha detto niente; né io ho avuto questo per buon segno, e massime intendendo per la vostra che da Roma le cose raffreddano. Dubito che l'imperadore, vedendo non poter trarre danari dal papa, de' quali ha pure bisogno, si getti allo accordo di costoro; nondimeno non ho nulla di certo. Potria essere, avanti questa si serri, intenda qualcosa più là.Oggi mi è suto detto, come è tornato uno araldo da Verona, el quale questa Maestà mandò là ad fare intendere della passata sua, e come voleva pigliare alloggiamenti per venticinquemila persone. Riferisce esserli suto risposto da' e Provveditori che se li aveva commissione di pigliare li alloggiamenti per gente disarmata, che li pigliassi; quanto che no, li lasciassi stare, e facessi intendere ad questa Maestà, che se voleva passare come passò il padre, sarebbe ricevuto e onorato; quando altrimenti, non erano per riceverlo.Se il papa ha dato danari a costoro o no, io non lo so né ho ritratto; e benché da questi primi di Corte mi sia detto di sì, non l'ho creduto, ed ho stimato lo abbiano fatto per fare andare voi, etc. Ho bene inteso che certi danari d'uficii faceva di nuovo, li aveva fatti depositare in su i Fucheri: che potrebbe essere

avesse fatto pensiero servissino a questo effetto; ma vostre Signorie hanno ad Roma il modo da intenderlo, che non si può qui. Con il re di Aragona non intendo questa Maestà abbi fatto di nuovo convenzione. Con Inghilterra intendesti, come qua si dice, il parentado essere fermo. D'Italia non so abbi avuto danari, se non da Siena, che benché non lo sapessi certo, ne ho visto tali segni che lo credo. Gente, secondo ritraggo, ha in tre parte: nel Frivoli ha gente del paese; in Borgogna ha molti signori e buono esercito; ma a questa $1094$via di Trento, secondo mi pare vedere, arà il meglio della gente. Potria per via di Voltolina fare qualche moto, perché la Lega Grigia e li vallesi che sono fuora dei dodici Cantoni, lo servono di tremila fanti, pagandoli lui.Sopra e casi nostri non ho che dire altro, perché bisogna aspetti la risposta da voi: e, come ho sempre scritto, l'imperadore vi ha disegnati alti, né credo si possa abbassare, se già e danari presenti non lo facessino calare. Sonmi sforzato scoprire la intenzione dello imperadore, dandoci la conservazione, ed il Lango sempre ha fuggito, dicendo: offerite voi; ed ha soggiunto: Quando io bene chiedessi, voi non avete mandato; e che era conveniente vostre Signorie mandassino el mandato ad potere concludere. Penseranno bene a tutto, e così al mandare li oratori, massime mentre intendono libero il passo, che quanto più in qua verranno, tanto più è da credere potranno giovare alla città. E per dirvi quello ne intendo, senza danari da pagare contanti, e senza eccezione, non credo vi dia la conservazione, perché mi pare faccia più stima di dieci contanti, che di venti ad tempo.Della lettera suta presentata al vostro commissario ad Càscina dai pisani, e non ricevuta da esso, qui non me n'è stato parlato; né prima mi era suto detto niente da sua Maestà, né da altri per lui circa e casi de' genovesi. Era bene qui uno genovese che si dolse meco che vostre Signorie avevono fatto ritenere uno de' loro a San Pietro ad Sieve, e non sapeva la causa; e mi disse avere tratto lettere da el re in quel modo mi scrivono vostre Signorie avere ritratto, e che questa Maestà ne farebbe dire a me qualche cosa: il che non è poi seguito, che lo arèi significato ad le Signorie vostre, come ho fatto le altre cose che per suo ordine mi sono sute dette.L'oratore di Ferrara, intendo che l'imperadore per ultimo li fece questa conclusione: Se il duca vuole darmi danari in Alamagna, ragionisi della investitura nella Magna; se vuole indugiare a darmeli in Italia, indugiamo a ragionare della investitura in Italia; e così sta la cosa sospesa.

%1508 feb 8, LCL'ultime mia furno addì primo del presente, le

quali si mandorno per Baccino cavallaro, e per quelle, ad cautela, repricai in sustanza quanto avevo scritto da 24 del passato infino a quel dì, circa la risposta mi aveva fatta el re, e quanto avevo ritratto da parte dello animo suo. Non lo replicherò più, giudicandolo non necessario, ma attendone bene con desiderio risposta. Arrivò dipoi Coriolano, corriere, con una lettera di vostre Signorie, che, per averla tenuta nelle scarpe, non s'intendeva punto; di che presi manco dispiacere, perché non essendo allo spaccio suo di costì comparso Raffaello Rucellai con le mia de' 17 di gennaio, m'indovinai quelle essere copia d'altre vostre. Dopo lui arrivò dua dì sono el cavallaro con le de' 29 del passato, responsive alle mia de' 17; e avendo bene lette e esaminate quelle, mi dispiace dua cose: l'una, che vi paia che io sia ito troppo innanzi con le offerte, per avventura mossi dal parere loro le cose di qua fredde; l'altra, che voi mi diate commissione che io vadia molto più innanzi, quando io vegga le cose riscaldare, in modo che lo imperadore sia per passare in ogni modo presto; perché nel primo caso, mi pare essere ito rattenuto, secondo la commissione; né dubitino vostre Signorie che sanza vostra commissione, quando in su quella offerta si fussi venuto ad conclusione, o la non si sarebbe conclusa, o circa el luogo del pagamento, si sarebbe posto in una città d'Italia subietta ad altri; e così e capituli pertinenti ad voi si sarebbono rimessi ad senno del Savio vostro: e dell'una cosa e dell'altra ne avamo ragionato Niccolò ed io. Nel secondo caso, dove voi mi allargate la commissione con le condizioni sanno le vostre Signorie, mi pare tali condizioni sieno gravi, non dico solo al più savio e resoluto cittadino che abbi cotesta città, ma ad uno senato intiero che fussi qua, e vedessi dì per dì le cose come io, e come le si possano vedere qui. E benché in fino ad l'ultima mia lettera abbi scritto in modo che di queste cose vostre Signorie ne possono essere iudici come $1096$me, non di meno le discorrerò un poco più larghe, acciò vediate come le si possono apprestare, e quanta ventura bisogna che abbi uno ad apporsi.Io voglio lasciare indrieto li altri, ritenendoli la giunta mia in questi paesi, e in quanti modi e quante volte le cose abbino dato e tolto speranza; ma solo replicherò dalla venuta dello imperadore a Bolzano in fino ad ora. Venne questo re intorno a' dì 16 del passato ad Bolzano, la quale venuta, dove la doveva riscaldare le opinione, piuttosto le raffreddò, veggendolo cominciare ad fare quivi una dieta de' sua sudditi e andare limosinando danari, e sapendo che non era molta gente ad Trento; in modo che da l'un canto, veggendolo venuto innanzi tanto che non poteva tornare adrieto, se non con perdita di reputazione della impresa, dall'altro non veggendoli gente da potere andare innanzi, qualunque era qui,

era intepitido: e di qui nacque che io vi scrissi, per la mia de' 17, che io credevo ci sarebbe tempo ad aspettare la vostra risposta. Soggiunsi nondimanco che le cose potevono sorgere ad uno tratto insperate, mosso dalla larghezza del paese e da' segreti governi di costui. Viddesi poi, da' venti dì del passato in fino ad ieri, le cose riscaldare forte, veggendo soldare fanterie di nuovo e continuamente venirne; veggendo inviare artiglierie, e in gran numero, e cavalli ogni dì venire; e benché e fanti, che si vedono passare da Bolzano, non aggiugnessino ad tremila e li cavalli non passassino mille, e che, per quello si sapeva qui in Trento e all'intorno, non fussi più gente che quella vi si scrisse altra volta, nondimanco si teneva certo che per altra via venissino fanteria e cavalli ad proporzione di quelle si vedevano, in modo che li più freddi non dubitavano più della impresa sua: e questo fu causa che per tutte le mia, da dì 24 del passato a dì primo del presente, io vi scrissi la impresa ire avanti, e che li assalterebbe la Italia in ogni modo, se già e' non volessi restare vituperato, o se non aveva accordo assai onorevole. Dipoi el re parti da Bolsano e stette per questi luoghi da Bolsano ad qui infino ad giovedì passato: nel quale dì, circa ventitre ore, entrò in Trento. L'altro dì poi si fece qui una processione solenne, dove andò la persona sua con li araldi imperiali innanzi e con la spada nuda, e giunto in chiesa, el Lango parlò al popolo, dove significò questa impresa d'Italia, etc. Tutto detto dì venerdì stettono le guardie alle porte, e lasciavano entrare ognuno, $1097$ma non uscire persona. Lavoravasi per tutti li uomini che in questa terra seppeno menare l'ascia, certe travi da ripari e gabbioni al modo loro. Fecesi fare pane in tanta quantità da pascere quattro giorni diecimila persone. Passorno giù per lo Adice più foderi carichi d'ogni qualità di munizioni. Furno comandate la sera tutte le genti d'armi, che la notte al suono della tromba fussino ad cavallo; e così la notte, circa nove ore, con uno silenzio mirabile cavalcorno; e 'l marchese di Brandiborgo con circa cinquecento cavalli e duemila fanti andò alla volta di Roveré, e el re con circa millecinquecento cavalli e quattromila fanti andò alla via che riesce ad Vicenza. Dicevasi, e la ragione pareva lo richiedessi, che in uno medesimo dì era dato ordine, oltra a questi dua assalti, che le genti ragunate nel Frivoli movessino, per accozarsi poi con lo imperadore e con le genti sua, quando la occasione e li successi delle cose lo sopportassino. Era ancora ordinato, secondo si diceva, che li tremila fanti della Lega Grigia e delli vallesi facessino nel medesimo dì mossa verso al Valvoltolina: e così con questi ordini, parte visti e parte uditi, si stava con speranza grande del successo della cosa.

Tornò el sabato sera el marchese con li sua cavalli qui e si disse che lui s'era presentato ad Roveré e circuito la terra, e chiesto d'alloggiare drento, e che chi vi era, aveva chiesto ad risponderli tempo sei dì, e lui non liene aveva dati se non tre: e così se n'era tornato con li cavalli, e le fanterie aveva lasciate ad la Petra, luogo ad dua miglia presso ad Roveré. Lo imperadore, dall'altra parte, andò ad pigliare uno monte, chiamato la montagna di Siago, le radici della quale si distendono insino presso ad Vicenza ad dodici miglia, dov'è fra el piano e el monte un castello de' viniziani, detto Marostico, che fa dumil'uomini; el quale espugnato, può dare ricapito ad uno buono esercito, e oziosamente si può assaltare Vicenza. In su la cima di questa montagna sono certi comuni, pure de' viniziani, che, per essere sette, si chiamano e Sette Comuni, vezeggiati da loro, sendo il luogo importante: e eransi fortificati con certe tagliate. Ha lo imperadore in summa presi detti Comuni e pianate le tagliate, in modo che vi possono ire le artiglierie, e ve nè già ito qualche pezzo: e ieri mattina si disse che li aveva preso quel Marostico; donde s'aspettava che Vicenza tumultuassi per avere l'imperadore seco un messere Lionardo vicentino, uomo di $1098$credito, e per essere malecontento de' viniziani, stato fuori uno pezo. In sul bello di queste speranze, iarsera, circa 21 ora, s'intese l'imperadore essere passato rasente questa terra e andato alloggiare ad San Michele, discosto ad qui dieci miglia, in sul cammino di Bolsano, in modo che ognuno è raffreddo e sta sospeso: e chi comenta questo suo assalto in uno modo, e chi in uno altro. Dubita qualcuno ch'e viniziani non gnene abbiano fatto fare, promettendoli con questa scusa essere sua amici, per osservarlo, o per torli la reputazione e uccellarlo. Chi crede che la sia stata sua facilità per suggestione di qualche opinione di moto che sia riuscito vano, e chi non manca punto della opinione pristina, credendo tutti li ordini soprascritti, dicendo che se torna indrieto, sarà che vogli fare qualche provedimento, el quale, non ostante lo possi commettere, lo vuole fare in persona, come è suo costume: e così rimane questa cosa infino ad questo dì.Ora io vorrei domandare il più savio uomo del mondo, che avessi la commissione che le Signorie vostre mi danno, quello farebbe; e confesso ingenue, se questa lettera fussi giunta tre dì fa, che, non che io avessi promesso el pagamento ad Trento, io lo arei promesso ad Spruch, e quando io lo avessi fatto e le cose intepidissino o differissino, vorrei sapere quello se ne fussi detto costi: ma sanza intenderlo, io me lo indovino. Non dico questo perché mi manchi l'animo né fede ad eseguire la commissione di vostre Signorie, ma per mostrare la graveza di questa commissione, dove nessuno uomo, se non fussi profeta, non si potrebbe

aporre, se non per ventura; perché a discorrerla particularmente, per quello che si vede dì per dì, non si può conoscerne altro che per la notizia soprascritta si vegga e discorrerla in universali, quel medesimo; ed io so che volendo vedere secondo la ragione se uno ha ad vincere una impresa o no, bisogna considerare la moltitudine e qualità di soldati che li ha, come li può tenere insieme, e che governi sieno e sua, e dipoi estimare le forze del nimico. Che l'imperadore abbi assai soldati e buoni, nessuno ne dubita; ma come li possa tenere insieme, qui sta el dubbio: perché non li tenendo lui se non per forza di danari, e avendone da un canto scarsità per sé stesso, quando non ne sia provveduto da altri (che non si può sapere) dallaltro sendone troppo liberale, si aggiugne difficultà ad difficultà; e benché $1099$essere liberale sia virtù nei principi, tamen e' non basta satisfare ad mille uomini, quando altri ha bisogno di ventimila, e la liberalità non giova dove la non aggiugne. Quanto al governo suo, ne è detto parte, e non si può negare che non sia uomo sollecito, espertissimo nell'arme, di gran fatica e di grande esperienza, e ha più credito lui che cento anni fa alcuno suo antecessore: ma è tanto buono e umano signore che viene ad essere troppo facile e credulo; d'onde ne nasce che qualcuno dubita di questa mossa nel modo soprascritto: tale ché, considerato tutto, ci è che sperare e che temere negli eventi sua. Ma quello che fa sperare di lui più sono dua condizioni che sono in Italia, le quali hanno fatto onore infino ad qui ad qualunque l'ha assaltata: che sono, essere tutta esposta alle ribellioni e mutazioni, e avere triste armi; d'onde n'è nato e miracolosi acquisti e le miracolose perdite. E benché vi sieno e franzesi che abbino buone armi, tamen non avendo con loro e svizeri, con chi sono consueti vincere, e tremando loro el terreno sotto, è da dubitarne. E così considerando le cose in genere, fanno medesimamente starmi sospeso ad pigliare una tale deliberazione, perché ad volere che la commissione vostra abbi luogo, bisogna che lui assalti e che vinca.Io mi trovo qui, né si sa se il re partirà oggi o domani da San Michele, e sono sospeso come mi abbi ad governare, perché da lui avevo ordine non mi partire da Bolgiano; ma avendo la vostra lettera e intendendo il re avere già mosso, mi partii subito per venire ad offerire questo partito, dubitando non essere ad tempo: ma nel cammino, trovando tornava indrieto, mi sono raffreddo, e non intendendo cosa che mi abbi ad far mutare, mi risolverò ad aspettare la risposta vostra, e quando pure facci questa seconda offerta, la farò promettendo el primo pagamento in una città che sia in Italia sottoposta ad altri, se già, come s'è detto, non innovassi altro: perché, ancoraché le cose sieno procedute così, potrebbono domani ripigliare maggiore forza, e come dopo e mille

fanti mandati in Mantovano è seguito questo effetto più gagliardo di quello, così presto potria nascere cosa più gagliarda di questa: né credo, come per altra scrissi, che ventimila ducati per la prima paga, e cinquantamila per la maggior somma sia per farlo cedere, sendo sempre stato in sullo accattare; ma forse per ventura cederebbe se el $1100$pagamento fussi presente come sarìa questo di Trento; ma bisognerebbe averne le lettere in seno: il che, come si è più volte scritto, sarebbe possibile forse farlo calare più che alcun'altra cosa; ad che io abbi ad pigliare partito, Bendo necessitato pigliarlo da conietture che in uno evento dubbio abbino specie di certitudine, mi gitterò alla parte che io crederrò meno pericolosa. E in questi maneggi io credo sia meglio, quando si abbi ad errare, credere la passata e errare, che non la credere ed errare; perché nel primo errore credo vi possa essere qualche remedio, nell'altro ne vedo o nessuno o periculoso; ma chi volessi comporre più ad vantaggio, bisogneria si arrischiasse più: ad che la vostra commissione è contraria. Ho voluto scrivere per questa lettera come le cose si possono conietturare e come l'animo mio sia di procedere, acciocché voi mi possiate regolare, quando non vi paressi tale mio procedere buono; e quando non mi regoliate altrimenti, non vi maravigliate poi quando pure lo evento delle cose non fussi conforme alla mia deliberazione.Ricevei la lettera di cambio e la commissione me ne date: userolla, potendomene valere ad benefizio della città, secondo iudicherò necessario; ma el valersene sarà difficile, perché di qui ad Augusta sono miglia trecento e, quanto al pagare di qua danari, massime gran somma, non ci veggo ordine, infino non si esce dalla Magna, che per via de' Fucheri, e a questo credo bisogni v'indiriziate, cioè di fare che e Fucheri di Roma li faccino pagare qua a loro quella somma disegnassi; e benché di sopra dici che per la distanza del luogo sarà difficile ad valersene, nondimeno, quando fussi gran somma e il re se ne avesse ad valere lui, non li mancherebbe modi con essi}.Al Machiavello, in mentre arò danari per me, non ne mancherà ancora ad lui; né giudico, per cosa del mondo, fussi bene lo richiamassi; ma prego vostre Signorie, che sieno contente ci stia tanto che le cose sieno composte; lo stare suo è necessario; nondimeno, quando accadessi cosa che importassi il venir suo e il cammino non sia molto pericoloso, son certo che lui non ricuserà ogni fatica e pericolo per amore della città. Valete.

%1508 feb 1423, LC$1101$El di sopra è copia di una mandata da Trento de' dì 8 per l'Ortolano corriere. Il dì medesimo l'imperadore, avendo inteso che io ero venuto a Trento, perché aveva avuto lettere,

mandò per me, che era appresso a Trento a duo leghe, e il Lango mi domandò per sua parte se avevo da dire niente, avendo avuto uno corriere. Io avendo bene esaminata la lettera vostra, non volli fare altra offerta, perché promettere e cinquantamila e la prima paga in Italia in terra non sua, vedevo offerire cosa da non essere accettata; e promettere la prima paga a Trento, non mi parve, per vedere le cose della impresa piuttosto allargare che restrignere. E perché vostre Signorie intendino, io scrissi per la de' 17 avere inteso Trento essere in Italia, e che, promettendo la prima paga in una terrai tutta in Italia, poteva l'imperadore cavillare e addomandarli a Trento, e però volli che vostre Signorie lo considerassino, e lo dissi da me, non perché dall'imperadore o da Altri me ne fussi accennato cosa alcuna. Ora vostre Signorie comettono che, non potendo fare altro, veggendo le cose avanti, prometta questa prima paga a Trento, e io, veggendo allargarsi le cose, non lo volli fare, ma escusai quella andata il meglio che mi occorse. Non so già come restassi satisfatto. Ordinommi per parte dell'imperadore ritornassi a Bolgiano, dove duo dì poi venne l'imperadore: e ha ordinato al cardinale e a me e a tutti gli altri oratori andiamo a stare a Marano, loco distante a qui tre leghe; e la causa dice, perché questo luogo resti vacuo per le genti d'arme ci hanno a venire.L'imperadore è partito oggi di qui, chi dice per andare a Spruch, chi a Brunec verso Frigoli, per muovere da quella banda. Io, come vi scrissi, di che è di sopra la copia, mi trovo confuso per la de' 29 ultima vostra, e non vorrei in veruno modo questo peso sopra le spalle, di qualità da spaventare ogni uomo di qualunche qualità: e chi dicessi, tu se' in sul fatto e puoi vedere ecc., rispondo che io in questo caso non ne posso intendere altro che vostre Signorie, $1102$perché tutto quello ho udito e veduto, l'ho scritto a vostre Signorie, e però voi ve ne potete bene resolvere come vi paia più utile per la città. Per altra intendesti in che termine erono le cose: ora non è innovato altro se non che sempre va qualche gente d'arme verso Trento; nonostante che quelle che andorno verso e confini e verso Roveré, sieno tutte ritirate intorno a Trento. Dicesi ancora verso Frigoli, del paese proprio dell'imperadore, essere assai gente: né a questo re, per quello appare, manca altro che danari, e quali nondimeno sarebbe possibile provvedessi presto e secretamente, in modo non si potria intendere; perché nella Magna è più d'una comunità sì ricca che potrebbe provedere a molti più danari che non ha bisogno; potrebbeli ancora avere dal papa, dai viniziani o dal Cristianissimo o altri con chi si accordassi, e tutti in modi segreti: talché queste cose non si possono appostare.Io non volli promettere questo pagamento a

Trento, non vedendo le cose tanto chiare, quanto mi scrivete veggavanti lo prometta. Dall'altro canto, non vorrei, ora che io me ne vo a Marano e discostomi dalla Corte assai, che costui facessi un progresso grande e io non fussi poi a tempo a fare questa offerta, e voi poi mi biasimassi, dicendomi essere causa della ruina della città per non avere offerto quello potevo; nondimeno mi risolverò a seguire quello che mi parrà importi la ragione, e ciocché accadrà non potrà essere iustamente imputato a me. Vorrei vostre Signorie mi rispondessino presto, non venendo massime risposta a quella portò el Diavolaccio, e mi dessino ordine resoluto come ho a governarmi; e acciò vostre Signorie sappino in che modo si possi concludere con costui e ottenere la conservazione, penso bisogni vostre Signorie descendino a uno de' duo modi. Il primo è, volendo far le cose più securamente, che vostre Signorie si lascino andare ad uno centomila ducati o più, e distribuire e pagamenti il meglio si potessi, e promettere in questo caso la prima paga quando fussi in Italia, in una terra non sua; e lui forse calerebbe, mosso dalla grandezza della somma. Il secondo è promettere minore somma, ma il pagamento presente sanza eccezione: e a questo per ventura basterebbe quaranta o cinquantamila ducati in due paghe; ma bisogna farlo innanzi che passi e vinca, ad volere che ceda, perché poi non si sarebbe ad tempo, e, facendolo innanzi, si potrebbe altri non apporre; e limperadore per $1103$avventura cederebbe a questa somma, mosso da l'utile presente: e in qualunque di questi dua modi, si avessi dallo imperadore la conservazione e fermassisi seco lo accordo, potrebbono vostre Signorie venire ad una terza cosa, che sarebbe, secondo le sua domande fino a qui: e questo è prestarli uno dieci o quindicimila ducati per cattare benivolenza seco; dipoi, vincendo, stare alla discrezione sua e sperare bene per questa Corte sia usata, come spera Pandolì o Petrucci.Tutte queste opinioni non sono per certeza alcuna che io ne abbi, ma per conietture: di che io mi potrei ingannare, e benché per le mie passate lettere vostre Signorie possono avere inteso questo medesimo, tamen per la presente ho voluto ristrignermi a quei particulari, acciocché quelle possino esaminarli di nuovo e darmi commissione come mi ho a governare. Né lo scrivo perché a me paia sia da deliberarne o non deliberarne alcuno, ma perché intendiate tutto, e non lo imputino vostre Signorie a presunzione, ma piglino tutto con quella fede che io le servo e mi affatico. E priego di nuovo vostre Signorie mi dieno commissione certa, perché delle cose di qua io non ne posso intendere altro che quello vi scrivo, e se io solo ci fussi confuso, ne accuserei me; ma veggo, dal più savio al più imprudente, essere ne' medesimi termini, e se stando in Corte, le cose si potevano iudicare male, avendo a stare

ora discosto, si potranno iudicare peggio. E benché per la lettera de' 29 mi diate commissione che io offerisca il pagamento a Trento, veggo, quando pure bisognassi, di non potere usare questa commissione, perché io non la userei se non in nel modo mi è data, e l'imperadore potrebbe andare, per entrare in Italia, o per il Frivoli o per la Val Voltolina o per via di Borgogna, in modo che, facendo questa offerta di Trento, crederrebbe essere dileggiato. E però vostre Signorie non si fidino punto di questa commissione datami, ma mi dieno nuova commissione e più presta possono e certa, sanza mettervi condizione alcuna: il che potranno fare, avendo inteso per tutte le mia come si trovino le cose di qua e sappiendo quanto io.Dolgomi bene che, sendo serrati e passi, come io intendo, li avvisi vostri non potranno venire con quella presteza ricercherebbe la necessità presente: ma prego vostre Signorie per tante vie spaccino, e a piè e a cavallo, che qualcuno ne arrivi. Io arei mandato Niccolò drieto alla $1104$Corte, come l'altro dì, sendo qui, lo mandai a Trento; ma a costoro dispiacerebbe, né si possono disubbidire: e forse né lui né io staremo poi ne la Magna, e però mi bisogna ubidire a' costumi del paese: e questo dì parto per Marano. Né voglio mancare di dire a vostre Signorie che parlando con alcuni di questi primi, e quali, volendo fare parere buona la qualità di questa mossa, hanno detto che non passerà uno mese che si vedrà l'imperadore avere fatto questo passo con massima prudenzia e con suo gran vantaggio, alcuni altri, ma non de' primi, dicono lo 'mperadore avere mosso così per mostrare a lo Imperio che li bisogna maggiori provisioni a questa impresa e che per suo onore lo Imperio fia per provvederlo. Alcuni altri, che discorrono el fine di questa sua cosa, dicono o che durerà fatica a riuscirli o che sarà forzato, se già il papa non sborsa, ad accordarsi con il Cristianissimo o co' viniziani; e che lui, per avere questa scusa con lo Imperio d'accordarsi con uno de' dua, ha fatto questa mossa; alcuni ne allegano le cagioni allegate nella soprascritta copia. Ora quale si sia vera, vostre Signorie sono prudentissime e le esamineranno e ne faranno migliore iudizio che altri e penseranno se fia bene trovarsi seco allo scoperto in qualunque modo gli riesca trarsi questa voglia del passare: perché sarebbe facile cosa che il Cristianissimo li lasciassi a discrezione ciascuno, tenendosi forse male satisfatto di ciascuno. E questo e le altre cose dette di sopra, vostre Signorie sapientissime possono meglio per loro sapienzia esaminare che alcuno altro, e poi deliberare e commettere. Raccomandomi etc.Non voglio omettere di ricordare a vostre Signorie con reverenzia che avendosi a concludere cosa alcuna, costoro desiderrebbono

ci fussi el mandato.Quando io credevo che Simone fussi passato Bologna, lui arrivò iersera qui, e dice essere tornato indrieto, perché alla Pietra non era suto lasciato passare da' todeschi; perché questa Maestà ha messo diligentissime guardie che nessuno possa passare in Italia sanza lettere sua; il che ha ordinato perché nessuno possa referire di bocca de' sua preparamenti; e io, non sapendo questo ordine allo spaccio del cavallaro, non pote' fare di avere questa licenza; però lo rimando ora indrieto e mi ingegnerò abbi ordine $1105$di potere passare. E tutto quello si scrive in questa, è quanto è seguito fino ai 14 del presente.Siamo oggi a dì 19, ed in questi 5 dì non posso dire altro di nuovo, massime sendo qui a Marano fuora di strada, dove non si intende né vede cosa alcuna; pure per chi viene da Bolgiano e Trento, intendo che continuamente passa per Trento fanti e cavalli, e che in questi cinque dì da Bolgiano sono passati più di tremila fanti e vi se ne aspetta continuamente; e di qui ancora ne sono passati circa cinquecento. Dicesi che a Landech, luogo discosto a qui dua giornate, ne sono circa tremila, e hanno ad venire a questa volta: in modo che si vede piuttosto riscaldare la cosa che altrimenti. Limperadore si trova ancora a Brissina", né si sa quello si farà, se verrà con questo o se pure si ritirerà nel Frivoli. Dall'altro canto, io mi trovo qui in quella confusione che io ho scritto, la quale è quella medesima in quale si trova qualunque è qua; perché io arei desiderato che questo avviso fussi volato per avere avuto più presta risposta, acciocché, avendo di costì resoluzione certa, potessi certamente eseguire quanto mimponevi; il che non è seguito, e che più mi dà dispiacere, intendo il Diavolaccio, che doveva venire colla risposta delle mie de' 24, è stato svaligiato e è ritornato indrieto: sicché si aggiunge a difficultà, incomodo. E benché sanza altre vostre lettere mi resti da offerire cinquantamila ducati in tutto, e ventimila da pagare a Trento, come per altra scrissi, non veggo modo da potermi risolvere scrivendomi voi che io non li offerisca se io non veggo la passata certa: e però io scrissi che voi non vi fondassi in su questa commissione, ma mi scrivessi resoluto; e così replico per questa; e io, dallaltro canto, anderò in questo tanto osservando le cose, per aspettare, se possibile fia, o la risposta di quella de' 24 o di quella de' dì 8 o di questa, ma veggo restringere sì le cose che, se questa impresa avessi quello moto furioso che sogliono avere questi moti oltra montani, non si sarebbe a tempo. Né anche so se questa offerta fussi per essere accettata, e se in questo caso ancora fussi dannoso averla offerta. In somma, dal canto di qua, con la commissione auta io non spero cosa alcuna, e però desiderrei, avanti che io facessi più alcuno passo, avere innanzi

risposta di quella de' 24 almeno, se non dell'altre; quanto che no, io mi governerò come Dio $1106$mi spirerà e come io crederò che sia il bene della città: e crederrò essermi iustificato sempre nel cospetto di Dio e degli uomini.Questo dì 23 di febbraio si è ottenuta, e non prima, come speravo, la licenza da messer Paulo, e domani parte di qui: non so ora se potrà passare Roveré, e per non mancare di diligenza, dua dì fa mandai un'altra mia alla ventura per le mani di due birboni che venivano in Italia, e scrissi brevemente li avvisi di qua, e sollecitai la risposta di quella del Diavolaccio, e ricordai, e di nuovo ricordo, come sanza nuova commissione io non posso eseguire quella mi mandasti del dì 29 per Simone, etiam quando mi paressi tempo da farlo, perché volendo voi offerisca a Trento e andando limperadore nel Frivoli, li parrebbe essere uccellato. Dipoi disegnando l'imperadore, come si vede per e cenni, valersi da voi, per la conservazione, di gran somma di danari, questa non è da essere accettata se già non si sentissi debole; e in questo caso non vi sarebbe drento el vostro; e iudicare s'elli è debole o gagliardo non si può, per le ragioni dette in questa. Potrebbe bene forse calare ad una tale somma, quando di una parte se ne avessi le lettere in seno e l'altra si promettessi al certo, come anche si è scritto: che non ostante che fussi al disopra, nondimeno, trovandosi scarso del danaio, potrebbe, veggendo el danaio presente e subito, calare. E per ogni rispetto di nuovo dico che mi bisogna nuova commissione, e sì bene esaminata in tutte le parte e in tutti li accidenti, che uno avviso basti perché sendo serrate le vie, non si può multiplicare in avvisi.L'imperadore è stato infino a dua dì fa a Brissina, dua giornate di qua da Trento, dipoi se ne è ito a Brunec in sul cammino del Frivoli; di qui da Marano, dove siamo, è passato, poi ci fummo', mille fanti. Dicesi ne debba venire di qui ancora tremila che vanno verso Trento, e dicesi ne debbe a Trento raunarsi diecimila fanti e quattromila cavalli, e si ha opinione che limperadore con gran gente assalterà per il Frivoli. Quanta gente vi sia o dove o come vi si raguni, tanto lo posso io sapere, quanto vostre Signorie le cose di Napoli, quando non vi avessino chi le avvisassi. Però non bisogna pensare di potere iudicare bene le cose di qua, ma solo bisogna raccomandarsi $1107$a Dio in ogni deliberazione. E quello che più mi sbigottisce è esser qui in isola perduta, né potermi partire sanza licenzia, né mandare altri}. Raccomandomi a vostre Signorie.Postscripta. E' si è ordinato a Simone, come è a Bologna, monti in poste, acciò sia costi più presto; e però li ho dati ducati cinque d'oro, quali vostre Signorie faranno pagare costi a

Paulo mio fratello.

%1508 mar 7, LC$1109$Se io credessi che Simone fussi arrivato, che partì con mia lettere de' 24, 14 e 19 di febbraio, non piglierei briga di rispondervi alcuna cosa, ma dubitandone, riscriverrò succintamente quanto è occorso di qua per tutto el mese passato fino ad oggi, e di più quello che per le conietture $1110$si intendono, si possi iudicare de li eventi di questa impresa, e appresso dove si trovino le cose vostre con l'imperadore, e' si può conietturare abbino a battere, secondo il modo del procedere suo. Non replicherò le scritte prima a' dì 24, 25 e 26 di gennaio e a dì primo del passato, perché le reputo salve, ancora non ne ebbi risposta; credo ancora sia arrivata salva quella de' dì 8 di febbraio mandata per l'Ortolano, dove mostravo la difficultà dello appostare le cose di qua, e come l'imperadore a' dì 5 del passato aveva fatto assaltare Roveré dal marchese di Brandiborgo con circa duemila persone, e che la sera medesima si era ritirato ad Trento; e come l'imperadore in persona il medesimo dì era ito a pigliare li comuni in sul monte Asiago, che risponde a Vicenza, con cinquemila persone in circa; e benché si credeva che questa mossa dovessi essere gagliarda con le corrispondenzie se le disegnavono, e come a' dì 7 si era ritirato verso Bolgiano con ammirazione di ciascuno. Andonne dipoi a Brissina, luogo distante dua giornate da Trento verso Spruch, di quivi ne andò a Brunec, di quivi in sul cammino del Frivoli, dove con circa seimila persone de' battaglioni del paese all'intorno, ha scorso per certe valle drento al dominio viniziano più di quaranta miglia; e allegate sono venute le lettere de' dì 26 di febbraio ad Brunech, che contengono queste formali parole: L'imperadore ha preso la valle di Codauro, per la quale si va a Vinegia per el Trevigiano, e si ha lasciato drieto el castello di Bustauro, che per lo adreto era della Chiesa di Aquileia; ancora ha preso il castello di San Martino e alcuni altri luoghi finitimi, e il castello della Pieve, dove era uno gentile uomo in guardia che alla giunta de' nimici fuggì. Ancora ha preso una valle detta Comoligon, dove erano in guardia li conti Savorniani. Poi ha comandato che lo esercito vada innanzi verso il Trevisano ec. , e altro non si è ritratto dei progressi sua di certo. Intesi ieri bene per uomini a bocca come oggi, che siamo a' dì primo di marzo, l'imperadore doveva essere a Sterzine, per essere infra due dì ad Spruch, e si crede che vadi per provvedere danari e impegnare certe gioie, ec. Di verso Trento non si è dipoi innovato altro poi partì l'imperadore di là, salvo che sono passati di qui e da Bolgiano per a quella volta circa duemila fanti e dugento cavalli. L'impresa

pertanto si trova fino a qui, e maneggiata nel modo veggono le Signorie vostre; e a $1111$indovinarne il fine, non è qua uomo che si arrischi, perché non s'intende bene se l'imperadore è per avere favore alcuno d'Italia. Solo qui s'intende che i viniziani hanno difficultà di danari e che li stanno in paura; e perché questo re ha mandato dua dì fa, né si sa dove, uno pre' Luca suo consigliere, che era l'anno passato oratore a Napoli. Si crede sia ito a Vinegia richiesto da loro per appiccare pratiche, e dubitasi che costui, trovando accordo o con loro o con Francia, non vi si getti; nonostante che il cardinale abbi avuto a dire che Francia sta da un tempo in qua in sul tirato. Il papa come la facci con costui non si intende, ma si crede sia insalvatichito seco, perché il cardinale si è doluto che, dalla partita da Meninghe in qua, l'imperadore non li ha mai conferito cosa alcuna, e allora, irato seco, disse che mosterrebbe a tutto il mondo che sapeva fare la guerra sanza il papa e sanza re. In somma nessuno è qui che ardisca fare iudizio, perché e' pare a ciascuno da l'un canto che costui difficilmente sanza l'aiuto del papa possa fare progresso contro a' viniziani e Francia, massime avendo cominciato a ferirli con una guerra lenta, dove lui ha dato loro animo e tempo a resistere e provedersi; da altro canto, la potenza della Magna è grande e può, volendo lei, in uno momento risuscitare una impresa morta, non che fare più gagliarda questa che è viva. E dicesi ora per ognuno che ha ad indovinare, che l'imperadore non ha fatto ad altra fine queste mosse, se non per fare condescendere lo Imperio a nuove provisione; perché nella dieta si concluse un provedimento per sei mesi e si dette autorità a cinque principi consentirlo all'imperadore per altri sei, quando e primi non bastassino; e l'imperadore, per mostrare che non basta, ha fatto questo assalto. El cardinale ebbe ieri uno cavallaro da Roma, e subito scrisse a lungo, e mandollo in Corte, e domandato da uno di autorità, quid novi? rispose avere molte buone cose e che le saprebbe con il tempo: né altro se ne è possuto trarre. Come l'imperatore stia con e potenti fuori d'Italia, posso dire quello ho ritratto, avendone avuto occasione, perché siamo qui tutti in ozio. Dall'oratore d'Aragona, cioè, che costui non la ha intesa bene ad non fermare con el suo re, perché quello re era contento solo di assicurarsi del governo di Castiglia; dipoi dopo la sua morte, morendo sanza eredi, lasciar al nipote tutti e suoi stati; il che costui non ha voluto fare, e lo oratore dice $1112$che non se ne è inteso, perché il suo re lo arebbe aiutato nella guerra o nella pace. Ulterius, lo oratore d'Inghilterra ha auto a dire, poi che fu qui, che benché sia seguito quel parentado con il figliuolo dello arciduca, che non è fatto nulla, se il suo re non ha madonna Margherita, e che costui gli pare lo

meni in lunga, mostrandoli non volere; e pare che li accenni, non si facciendo questo, si guasterà quello altro, e che il suo re non è per fare quelle dimostrazioni farebbe, avendo madonna Margherita. Oltre a questo, e dodici cantoni debbono essere ne' termini ho scritto altre volte, perché è un pezo che di loro non si è ragionato. Iudichino ora vostre Signorie, perché qui non è uomo che si ardisca a farlo, e quelle possono farlo per intendere le provvisioni che fa Francia alla guerra, come egli è volto alla pace, e così il papa: il che non si può intendere qua. E per questa cagione ho scritto e così scrivo che vostre Signorie sieno contente volere darmi commissione certa, e piglino questo partito loro.Circa le cose vostre qua, le sono in quello medesimo termine che si scrisse per quella portò il Diavolaccio, e se ne aspetta risposta; e credo sia necessario, secondo e cenni si sono visti qua, volendo la conservazione e fermare con costui una volta, venire a uno de' dua partiti. Il primo è andare a centomila ducati o più, e promettere il primo pagamento nella prima città in Italia che non fussi sua: e starebbesi più al sicuro; l'altro modo, è obbligarsi a pagarli quaranta o cinquantamila ducati, e darliele la metà ora, e averne le lettere in seno in sulla offerta, e l'altra metà prometterliene fra tre o quattro mesi, sanza eccezione veruna: perché al primo lo farebbe per avventura cedere la somma grande, al secondo l'utile presente e il bisogno: e questo è più pericoloso, e bisogna arrischiarsi. Possono le vostre Signorie fare una terza cosa, che sarebbe secondo la chiesta sua, che è prestarli una somma di danari sanza altra conservazione, per starne poi alla grazia e discrezione sua; e a questo, dove ne domanda venticinque, doverrebbe bastare diecimila in quindicimila. Per una di queste tre vie credo bisogni entrare a vostre Signorie, volendo fare conclusione, non perché ne sappi cosa alcuna, ma per conietture; di che io mi potrei facilmente ingannare. Né m'imputino questo vostre Signorie a prosunzione, perché io tutto scrivo, acciò vostre Signorie possino meglio deliberarsi, intendendo meglio le cose di qua. Io non ho $1100$offerto la paga de' ventimila a Trento, perché, quando altro rispetto non mi tenessi, mi terrebbe, non essendo certi se non ventimila ducati; e disegnando lui valersi di gran somma da voi, non sarebbe per accettarla, se non fussi debilissimo, e in questo caso non vi sarebbe drento il bisogno di vostre Signorie. Oltre a questo, avendo ad offerire il pagamento a Trento, e lui non vi sendo, e disegnando per avventura non vi andare, ma entrare personalmente per altra via, crederrebbe, facendoli questa offerta, essere uccellato. E però di nuovo dico che mi bisogna nuova commissione, e sia bene esaminata in tutti li accidenti e tutte le parti che uno avviso basti; perché sendo serrate le vie, non

si può moltiplicare in avvisi, e il tempo se ne va, e uno mese potrebbe importare ora assai, sendo costui necessitato cavarsi questa voglia presto, o con accordo o con guerra altrimenti fatta, o rimanere la derisione del mondo.Tutta questa lettera è poco altro che in sostanza quello che io ho scritto per Simone, da qualche avviso in fuora. Ingegnerommi mandarla se io potrò, e, oltre alli altri dispiaceri, questi dua mi ammazzano: lo essere discosto dalla Corte e non potere né mandare, né ricevere lettere da vostre Signorie. E sto assai ammirato che quelle non abbino risposto alle mia mandate per il Diavolaccio, ancora che io abbi inteso che al ritorno suo fussi svaligiato, nondimeno, sendoci venuto da Siena e da Roma messi, non so donde si venga questo non avere lettere. E poi che l'imperadore ha mosso guerra a' viniziani, come si vede, e avendo vostre Signorie sempre detto che loro sono quelli che vogliono occupare la libertà d'Italia, stimerà che voi li abbiate voluto dare parole, poi che vi vede differire la risposta; e però di nuovo replico, che bisogna mandare una lettera col mandato in ogni modo, e modo resoluto di quello che abbi a fare; e se fate pensiero darli danari qua, mandatene le lettere di cambio; e per altra si scrisse che per via de' Fucheri di Roma lo potresti fare. E non pensino vostre Signorie che la commissione de' 29 di gennaio possa fare effetto alcuno, perché, come ho detto, non l'userei se non a Trento, e quando vedessi bene la cosa come chiara, e lui allora non la piglierebbe, massime non vi essendo danari presenti; e benché si offerissino, offerendoli a Trento come presenti, tamen non vi sarebbono in fatto, perché bisognerebbe mandare le lettere in qua e in $1113$là con uno mese di dilazione. E però non è da fare in su questo fondamento alcuno.Siamo a' dì 7 di marzo, e l'imperadore si trova in Spruch, e tre dì fà il legato ebbe avviso di Corte come quelli deputati dallo Imperio erano contentissimi prorogare le provisioni per altri sei mesi, donde l'imperadore era più allegro che mai e attendeva a spedire le lettere a questo proposito, né s'intende dipoi altro di lui, e stimasi che verrà qui fra sei o otto dì per essere poi dove li verrà bene. Le genti che erano a Trento, che sono circa novemila persone fra a piè e a cavallo, a' dua dì di questo andorno a campo a Castello Barco, luogo rincontro a Roveré di là dall'Adige, ed è in sulla ritta ad andare di qui in Italia, e Rovereto è in sulla manca; preselo a discrezione in tre giorni che aspettorno le artiglierie, e li uomini sono ancora prigioni, che vi era in guardia quaranta fanti. Non s'intende poi el campo sia mosso; chi dice che andrà a Castel Brettonico, che è pure in su detta mano, e chi a Roveré, dove si dice è in guardia mille cinquecento spagnuoli; né altro s'intende da quella banda, né si è poi inteso altro dello esercito è verso el Trivisano, né

da altra banda s'intende cosa alcuna, salvo che poi entrò questo mese, sono partiti da Trento verso Roveré ottanta carra di artiglierie e due carra cariche di catene per fare e ponti. Delle pratiche di costui non s'intende altro, salvo che io ho inteso da dua dì in qua come e cantoni servono Francia di duemila cinquecento svizeri, e chi me lo disse, mi disse che il Lango non liele seppe negare, ma che li disse che ne arebbe anche lui. Di questo vostre Signorie, per via di Lombardia, ne possono avere più vero avviso, e così di ogni altra cosa che costui trattassi con Francia o con il papa, e però possono di tutto meglio iudicare che chi è qui, etc..In Marmo, a' dì sette di marzo MDVII.Servitor, Francesco Vettori oratore.

%1508 mar 22, LC$1115$Lo alligato a questa, come veggono vostre Signorie, è quanto era occorso da dì 24 di febbraio fino a dì 7 del presente, e benché in esse sia alcuna cosa che per al presente si possi o tacere o ristringere, tamen lo mando come è scritto, acciò vostre Signorie intendino di passo in passo come le cose si sono intese qui, e farne migliore iudicio, e parte conoscere el variare di esse, e avere compassione di chi sia necessitato iudicarle.Io avevo scritto la alligata a' dì sette da mattina, perché credetti mandarla per uno romano, che poi non la volse portare; dipoi il dì medesimo, circa 22 ore, il capitano di Tirolo fece intendere ad tutti li oratori come desiderava parlarci in casa l'oratore di Ragona per parte dell'imperadore; dove convenuti, presentò una lettera di credenza dell'imperadore, dipoi disse come avendo detto imperadore inteso che li svizeri erono declaratisi contro allo Imperio in favore di Francia, e di già mandatoli seimila fanti, aveva disposto fare loro guerra, e per questo, volendo conferire con el legato e con noi alcune cose, desiderava che noi e el legato per la via di Brissina ci conferissimo a Spruch. Risposesi come noi eravamo per ubbidire, ma che saremo con el legato, e ne deliberremo. Fummo dipoi con detto legato, el quale era disperato di questa gita e tutto confuso, e in somma ci pregò fussimo contenti differire la partita a lunedì allora prossimo, e che manderebbe un suo al re ad significarli quando insieme con noi partirebbe e a fare la scusa nostra: e lui credo lo facessi per vedere se poteva far sanza andarvi. Governamoci con el consiglio suo, e quello lunedì, che fummo a' dì 13, partimo da Marano, e in quello mezo s'intese lo esercito dello imperadore di verso Roveré non aveva fatto alcuno processo, ma fermosi intorno alla Petra; e tanto meno quello altro che era verso Trevigiano, perché circa 1300 di quelli fanti sotto uno capitano temerario furono condotti alla maza da guide del paese, sotto speranza di

preda, e ridotti in certa valle, dove di sopra erano feriti $1116$con e sassi e d'intorno circundati da' paesani e cavalli e fanti viniziani circa seimila, in modo che di tanti non ne campò trecento, i quali in ultimo si arresono; li altri, difendendosi, furono tutti morti. La quale cosa ha irritata tutta la Magna contro ad Italia, e massime contro a' viniziani, e quel pre' Luca, che io scrissi esser ito a Vinegia, è tornato, e dicesi essere suto licenziato in sulla nuova di detta vittoria. Lo imperadore di questa perdita non s'intende aver detto altro se non che li stette loro bene morire, poi che li andorno dove e' non dovevono; e perché quello esercito non disordinassi più, vi mandò subito el duca di Bronsuic, reputato nelle armi. Al legato fu scritto avanti el partire nostro da Marano come lo imperadore era partito da Spruch per essere in Svevia e far quivi della lega di Svevia una dieta e incitare quella lega contro a' svizeri, e che in Spruch da el coadiutore di Brissina' li sarebbe detto la mente dell'imperadore. E così insieme con il legato arrivammo qui eri, e da detto coadiutore non fu fatto intender cosa alcuna al legato, ma li disse non avere ordine alcuno. Intendemo per il cammino, per lettere scritte al legato, non dall'imperadore, ma da uno fuoriuscito lombardo, come e' non era vero che i svizeri fussino contro all'imperadore, ma che parecchi migliaia sanza ordine delle comunità erano iti a servir Francia; donde le comunità avevono presi li oratori franzesi si trovavono quivi e fatto intendere a Francia che, se non rimandava e loro uomini, e' non libererebbono e detti oratori; e scriveva di più che li Grigioni avevano tagliato la testa a certi che per Francia davano danari a' loro uomini nei loro paesi, e che l'imperadore farebbe questa dieta in Svevia non per disporli contro a' svizeri, ma contro a' viniziani, acciocché oltre a li aiuti ordinari che danno con l'Imperio, lo aiutino ancora straordinariamente. Quale ora di questi dua avvisi si sieno veri, vostre Signorie ne faranno iudizio. Questa mattina el legato ha auto lettere da messere Mariano auditore di Ruota, che da Marano e' mandò all'imperadore, e lo avvisa come l'imperadore è a Cospair, e ha ordinato fare una dieta ad Olmo, una delle prime città di Svevia, discosto di qui quattro giornate, la quale debbe cominciare domenica prossima; dove converranno li oratori di detta lega, oratori di svizeri e molti di questi principi, e presertim quelli che nella dieta di Gostanza furno deputati per prorogare la provisione per altri sei mesi; $1117$e che l'imperadore desiderrebbe che lui e li altri oratori andassino là, quando non li fussi grave. Non si è ancora deliberato detto legato e doverrà pigliare partito per tutto oggi come innanzi al serrare di questa vi scriverrò. Intendesi, come è detto di sopra, che questa iniuria ricevuta da' viniziani ha irritato

tutta la Magna, e che ciascuno sarà più pronto a deliberare e mandare aiuti, e che per questo l'uno e l'altro esercito dell'imperadore ingrossa assai. E noi nel camino da Bolgiano ad qui abbiamo riscontro qualche cento uomini d'arme e seicento fanti e carra assai di lance e biada, e altre vettovaglie e munizioni da guerra. Né per infino a questo dì delle cose di qua vi posso dare altro avviso. E infino ad questo dì 19 vostre Signorie ne intendono appunto quello che io.Baccino corriere comparse detto dì 7 ad ore dua di notte, e presentommi una di vostre Signorie, breve, de' 19 del passato, la quale non risponde altro ad quella portò ad vostre Signorie il Diavolaccio, ma si rimette in tutto alla commissione della loro de' 29 di gennaio; aggiugnendo di più che si possa promettere per la prima paga infino a venticinquemila, rimettendo in me pure tale iudizio; nondimeno soggiungono che lo faccia quando io creda il passar suo a quindici soldi per lira. Io non posso credere altro di questo caso che se ne vogliono vostre Signorie, e porterò questo peso il meglio che potrò. E perché vostre Signorie dicono lo facci quando creda che passi, io rispondo che credo, a ventidue soldi per lira, che tenterà di passare di nuovo e con maggior forza non ha tentato fino a qui, ma mi resta ora vedere se debba vincere: perché o che non tentassi di passare, o che tentassi e non li riuscissi, a vostre Signorie, sendosi scoperte, sarebbe quello medesimo. E questo iudizio, se lui ha ad vincere o no, lo posso fare con tanta più difficultà, quanto meno intendo le forze de' viniziani e li apparati di Francia: di che vostre Signorie per tutte le loro lettere non me ne hanno scritto cosa alcuna. E avendolo ad stimare discosto, mi conviene quelle de' viniziani sole iudicare gagliarde, perché io veggo che di dua eserciti dell'imperadore, dove in ciascuno d'essi sono meglio di sei in settemila persone, l'uno essere battuto e l'altro esser tenuto indrieto; sicché se quattordicimila persone di costui hanno auto vergogna con i viniziani soli, quale esercito li ho io a dare, dove presupponga vinca l'uno e l'altro insieme? Pure quando io sapessi quel che $1118$fa il Milanese e che apparati vi sono, se Francia si sta o li sovviene, che gente abbino i viniziani e come possino stare in su questa spesa, item se i viniziani e Francia sono per coniungere li eserciti insieme, e questa difesa, potrebbe più animosamente risolvermi, e con paura d'errare meno: tamen mi raccomanderò a Dio, e vostre Signorie stimeranno quello farò sia fatto a buono fine, stimando così essere il meglio. Potrebbe ancora, come per altra ho scritto, sanza vedersi altri maggiori apparati, surgere subito una pace, che qui non se ne fussi inteso prima nulla. E da dua dì in qua intendo l'imperadore, per lo sdegno ha preso con i viniziani, essere inclinato a Francia; la qual

pace è favorita dal legato e da Ragona, e di già s'intende el legato, per commissione di qua, averne scritto in Francia, e che per la parte di Francia una delle grandi difficultà sono, è che Francia non sa con che coscienzia si possa lasciare e viniziani, e che per poterlo fare con qualche colore, ha detto il legato come Francia fa uno concilio ad Lione, dove vuole imporre loro che, se lui sarà servito straordinariamente di seicentomila ducati, potrà non tanto difendere Milano, ma battere tutta la Magna con onore e augumento della corona; quanto che non, sarà forzato fare pace e abbandonare i viniziani. E perché si crede quelli principi vorranno piuttosto la pace con danno d'altri che la guerra con la spesa loro e speranza di guadagni, parrà a Francia quodammodo essere forzata lasciare i viniziani al grido. Se questo è vero o favola, vostre Signorie lo intenderanno per via di Lione: io ve lo ho scritto, come lo ho inteso, e in secreto. Chi fa iudizio di queste cose crede che costui si abbi più tosto a trarre questa voglia di venire a Roma con lo accordo di Francia che con la guerra, e vostre Signorie, ritraendone cosa alcuna più certa, penseranno come sia in tal caso da governarsi. E di nuovo dico che di tale cosa non credo posserne intendere nulla di certo, se non dopo al fatto. E per tornare all'offerta che vostre Signorie mi commettono facci etc., replicherò quelle difficultà ci veggo, come per l'alligata si dice, che sono: averliele ad offrire a Trento, dove lui per avventura non vuole più tornare, ma venire d'altronde; non avere il pagamento subito di questa prima paga, per non avere le lettere in mano, né il mandato da concludere, e il restante non essere certo: di modo che, come ho detto, iudico questa offerta essere tutta a suo vantaggio e $1119$non punto a vostro; perché se si sentirà gagliardo, avendo sopra di voi animo grande, non la accetterà; se si sentirà debole, la accetterà con vostro danno. E se si aspetta di vederlo gagliardo, non si sarà a tempo: e prima iudicare non si può. Farassi ora questa dieta, con la deliberazione della quale io mi consiglierò, e con le altre cose che giornalmente si udiranno e vedranno. E se il cardinale andrà a questa dieta, manderò seco Niccolò, perché a me è venuto uno accidente d'una doglia in un braccio sì grande che io non posso stare ad cavallo: però prego vostre Signorie mi dieno licenza che io me ne possa tornare a mia posta, acciocché se il male avessi bisogno di più lunga curazione, che io lo possa fare. Né però resterà che potendo io fra qualche dì cavalcare, che io non vadia in Corte. A Niccolò ho commesso che vadia, e osservi quelle pratiche e mi avvisi acciò possi commettere a lui quello abbi ad fare, e tenere, per quella via potrò, avvisate vostre Signorie. Intendesi lo imperadore in questa dieta vorrà fare tre cose: fermare una volta con li svizeri

se potrà fare; che l'Imperio gli proroghi questi altri sei mesi, che non fia per avventura stato vero che tale prorogazione sia fatta; e di più vedere di tirare la lega di Svevia ad qualche cosa più là che l'ordinario: il che s'intenderà meglio alla giornata, secondo però che s'intendono le cose di qua.Tenuta fino a questo dì 22, perché volevo vedere che resoluzione faceva el cardinale circa l'andare in Corte, el quale scrisse al re per vedere se poteva fuggire questa briga. E non essendo ancora venuta la risposta, non mi è parso da differire più lo spaccio di Baccino, al quale ho dato undici ducati d'oro, dieci per questo suo ritorno, e uno per averlo mandato da Marano ad qui per intendere da Giovanni Rustichi dello essere del re. E li ho dato questi danari, perché mi pare li abbi meglio guadagnati che altro mandato vostro, perché da uno mese e mezzo in qua, d'Italia non ci è venuto se non lui. Vostre Signorie ne rimborseranno Pagolo mio fratello.(Di nuovo ci è che il conte palatino è morto e ha lasciato quattro figliuoli. Dissemi iarsera el legato come tre cantoni di svizeri avevano preso dall'imperatore, per caparra di ottomila fanti, ottomila ducati, e che in questa dieta e' vedranno di fare in ogni modo che li altri cantoni ritirino quelli loro fanti sono iti ad servire Francia. Se questi avvvisi $1120$de' svizeri, massime ad me, paiono confusi, e' parranno ancora a vostre Signorie; perché io non so come tre cantoni possino mandare fuori ottomila fanti, né so come tre cantoni abbino a volere una cosa e li altri un'altra; né anche so come seimila uomini si possino levare senza licenza delle comunità, che dette comunità non lo abbino inteso in tempo da potervi riparare. Allegovi da chi, acciò vostre Signorie li possino meglio esaminare. Io sto poi bene per grazia di Dio. Due dì fa passò di qui il marchese di Brandiborgo per essere a questa nuova dieta, che era capitano dell'esercito di verso Roveré, e quivi ha lasciato Casimiro suo figliuolo in suo luogo. Né altro mi occorre.A vostre Signorie mi raccomando, quae feliciter valeant.

%1508 mar 28, LCVi si scrisse a' dì 22 per Baccino largamente di molti avvisi e, intra gli altri, della partita da Marano per a Spruch, per ordine dell'imperatore, per il moto si diceva gli svizeri facevano in favore di Francia e come avanti arrivassimo a Spruch l'imperatore era ito in Svevia a fare una dieta per inanimare quella lega contro ai svizeri; dipoi si disse contro a' viniziani, perché gli svizeri s'erano ritirati a favorire l'imperatore; e molte altre cose scrittevi allora, e questo dì largamente replicate per doppie, delle quali vi ha portato una quel tedesco, spacciato da voi ultimamente con lettere dei 4 del presente. Questa si

scrive abbreviata con un'altra copia di questa, le quali si mandano per le mani di messer Paolo Litestan, che così ne richiese: e questo messer Paolo è uno de' tre primi appresso l'imperatore. Mandò lui per me a Spruch, e venni a trovarlo qui a Bolsano; il quale mi disse che, sendo l'imperadore $1121$occupato in questa dieta e avendo commesso che dovessi appuntare con voi, e volendo satisfare all'imperatore e fare piacere a voi, perché sapeva che voi eri ora in termine che temevi l'imperatore, il re di Francia e i viniziani, perché per voi medesimi non potevi da alcuno di costoro difendervi, e non avendo miglior modo che convenire coll'imperatore, il quale se farà guerra vi potrà difendere con le armi, e se farà pace, vi potrà difendere con accordo: e in su questo domandò quello si era chiesto all'imperatore in sulla offerta fatta ultimamente, e rispostogli secondo la domanda, disse: Io credo che sia bene che l'imperatore vi dia questa conservazione e che voi all'incontro gli paghiate sessantamila ducati in tre pagamenti, il primo di presente e dopo la conclusione fatta; il secondo in Italia e dopo due mesi dal dì del primo pagamento; il terzo pure in Italia e dopo due mesi dal dì del secondo pagamento; e che questa gli pareva domanda conveniente, alla quale il re doverria cedere e voi; e che ne scriverebbe al re, e io ve ne scrivessi. Risposesi che questa domanda aveva tre condizioni gravi: la prima, di essere troppa somma; la seconda, i pagamenti troppo spessi; la terza, questo pagamento subito nullo habito respectu loci per quelle cause che altre volte si erano dette. Lui non rispose ad altro se non che io scrivessi per tre o quattro vie, e che mi aiuterebbe a mandare le lettere, pagando. E istando io pure in su' pagamenti troppo spessi e in sulle altre parti, non si poté mutarlo in altro, se non che fece che l'ultimo pagamento si facessi in un mese più là. Domandò, per potere scrivere all'imperatore più particolarmente, un poco di nota di quello che io volevo, acciocché meglio c'intendessimo: e così si rimase di scrivere. E in questa vi si manda brevemente la domanda fatta da lui e da me, nella quale si è aggiunto, oltre alla istruzione datami, che nel far pace con alcuno potentato debba procurare la salute vostra.Scontrai, venendo qui, il messo tedesco con la vostra dei 4 di marzo, e intesi quanto voi mi allargavi la commissione: e benché la petizione di costui sia forse meno grave che la maggiore vostra commissione, tamen, sendo disforme nei pagamenti, e non avendo potuto tirarlo al segno, non potevo fermarla. Esamineranno pertanto vostre Signorie tutto, e risponderanno resoluto; perché come le cose si trovino di presente, lo intenderanno come io: e $1122$sappino in somma che verso Roveredo non è meno d'ottomila persone, né più di diecimila, intra i quali sono duemila cavalli. Verso Trevigi non sono meno di quattromila persone,

né più di sei. Che altra gente debba venire, non lo so certo. Si è detto più tempo che debba venire buona somma di cavalli d'Austria, e duemila fanti boemi, né per ancora si sono visti. Dei svizeri gli avvisi sono confusi: chi dice che quelli sono iti a Milano a servire il re, tornano addietro, e chi no.Quel che si farà la dieta in Svevia non si può sapere, la quale doveva cominciare domenica passata; dicesi bene esser fatta per tre cause: la prima per stabilire coi svizeri, dei quali vi era di già venuti ambasciatori di tre cantoni; la seconda per prorogare in tutto la provisione dell'Imperio per altri sei mesi; terzo, perché la lega di Svevia concorra per straordinario a questa guerra. Quello si faranno gli svizeri non credo si possa intendere. La prorogazione dell'Imperio si crede non vi sarà difficultà; del sovvenimento di Svevia, già l'ottenne contro ai svizeri per otto mesi che durò l'ultima guerra, perché tennono sempre settemila persone in campo. Quello che si faranno ora, e se aranno più rispetto ai viniziani che ai svizeri, rispetto alle mercanzie loro, non si sa, e dopo la conclusione fia difficile poterne intendere il vero.È morto come si scrisse, il Palatino, e ancora il duca Alberto di Baviera: il che si giudica più presto a favore di questa impresa che altrimenti. Questo è quanto alla guerra. Quanto alla pace, ella è favorita, massime con il Cristianissimo, dal re di Spagna e Inghilterra, e forse dal papa, e il legato ha detto averne di già scritto al re di Francia; ed è venuto di Lombardia, e forse di Francia pochi dì sono, un Niccolò Frigio, mandato dal cardinale per ordine dello imperatore a questo effetto, e si è inteso quello porta. Con i viniziani potria ancora essere appiccata qualche pratica, perché un prete Luca è ito a questi dì attorno qualche volta.Come gli altri d'Italia stieno con costui, si intende che il papa fino a qui non ha dato che buone parole, né pare sia per dargli, se non vede un poco più progresso. Ferrara ancora non ha dato niente, ed è gran tempo non rispose mai al suo oratore; e stimo, perché ha danari assai, vorrà più presto che l'accordo abbi a fare coll'imperatore costì più, ma farlo in tempo che vegga le cose tanto innanzi che $1123$non abbi a dubitare del Cristianissimo o viniziani. Intendo di buon luogo che Mantova si scoprirà in favore di costui qualunque volta lo possa fare con sua sicurtà. I lucchesi non ci hanno mai mandato, per quello si sia inteso. I sanesi solo gli hanno dato danari, e ora corre certo altro pagamento. Possono adunque le Signorie vostre recarsi innanzi tutte queste considerazioni di pace e di guerra, e deliberarsi, sapendo le provisioni di Francia e de' viniziani, di che io sono al buio; e dalla venuta di Niccolò in qua, non ne ho inteso cosa alcuna, né per vostre lettere, né per altra

via. E potendo sapere vostre Signorie se è vero che gli svizeri siano venuti in Lombardia a' servizi del re e poi tornatisi indietro, come si dice qui; in che consiste, quanto alla guerra, il vincere di costui; penseranno ancora come facilmente o no il Cristianissimo o i viniziani sieno per inclinare alla pace, e con che mala condizione combattano con costui, avendo sempre a pensare di difendersi, a spendere un tesoro, e non pensare di offenderlo per le condizioni del paese e aderenze sue; in modo che, quando le cose dello imperatore fussino bene al basso, si potrebbe credere che fussi per avere da loro pace onorevole: e esaminato tutto, risponderanno quello si abbi a fare o stando le cose in questi termini, o megliorando o peggiorando, e sieno contente distinguere se io mi ho a governare in un medesimo modo intendendo farsi una pace, come vedendolo forte in sulla guerra, o se mi ho a governare in un caso in un modo, e nell'altro in un altro; e quando sieno volti a fermare accordo, sieno contente non mancare di questa diligenza di mandarmi i capitoli distesi, massime quelli che fanno per loro, e li possono mandare in cifra, e virgolare sotto tutte quelle parole che loro vogliono per cosa del mondo non si mutino. Possono ancora mandare il mandato in cifra, mandando un bianco sottoscritto dal notaio ne fussi rogato, nel qual bianco si scriverà qua dipoi il diciferato. Pensino ancora alla espedizione del danaro sùbito, senza il quale non si potrebbe concludere alcuna cosa, e un dì di dilazione guasterebbe il mercato; e potrebbesi facilmente per questa via celare con il contratto questo pagamento presente, come le Signorie vostre commettono per la ultima loro. Né a costoro qua piace altra via che quella de' Fucheri, cioè che questi Fucheri, in quel modo parrà a voi, abbino commissione di pagare. Ancora sieno contente, nel rispondere $1124$a questa, avvisarmi dove la conclusione non vi paressi da saldare, con che risposta si abbi a intrattenere l'imperatore e guadagnare tempo, perché non si potendo celare qui la venuta di un vostro messo, e bisognandomi dire qualche cosa, vorrei avere ordine da voi; e così sien contente avvisarmi quello s'intende in Italia per la causa di sopra nominata. Notino vostre Signorie in questa domanda di messer Paulo che lui l'ha fatta, secondo dice, non per parte dello imperatore, ma solo disse aver commissione di trattare, ma non di comporre: il che nasce forse che pensano, avendo tempo, governarsi a loro vantaggio, e vostre Signorie ancora vengono ad essere nel medesimo termine.

%1508 apr 16, LC$1128$A' dì 22 di marzo scrissi a vostre Signorie per Baccino a lungo tutto quello era occorso da' dì 24 febbraio fino a quel dì, che in parte si replicò ai dì 29 di marzo per

Icozio tedesco, che portò lettere vostre de' 4 di marzo, e si significò la domanda fatta da messer Paulo; e del medesimo tenore si mandò tre altre lettere per la via di Vinegia, di Mantova e Trieste. Comparse dipoi a dì primo di questo uno spacciato dalla Mirandola da Simone con la copia della vostra de' 4 e col mandato: di che vostre Signorie hanno ad essere obbligate assai a quel Simone, il quale in verità vi ha servito bene. A detto mandato non si dette lettera, perché andò in Corte, donde non è ancora tornato, e ancora che la mia del 29 del passato si sia mandata per quattro vie, tamen vi se ne manda copia a cautela.Ieri arrivò Piero Bergo con vostre lettere de' 17 del passato, per le quali desiderate intendere due cose principali: dove l'imperatore si trovi con l'ordine della guerra e con che pratica d'accordo: di che, avendo avuto la mia, doverete restare assai satisfatti, e quando non l'avessi avuta, lo vedrete in buona parte per l'allegata copia. E per venire agli avvisi di quello è seguito qui, dico che circa a dì primo, l'esercito che è al Caliano verso Roveredo, assaltò tremila fanti dei viniziani, che erano alla guardia d'un monte detto Brettonico, sotto Iacopo Corso, Dionigi di Naldo e Vitello Vitelli loro capi, dove si erano fortificati assai; tamen si fuggirono subito alla giunta de' tedeschi, arsono molte case, che erano in su detto monte, e arrivarono a' loro ripari, e la sera medesima si ritirarono agli alloggiamenti. Fatto questo, venne volontà al vescovo $1129$di Trento di fare l'impresa di Riva, castello de' viniziani posto in sul lago di Garda, e vi andò a campo in prima con forse duemila suoi comandati, e tanto fece che questi consiglieri consentirono di mandarvi artiglierie e la metà del campo del Caliano. Stettonvi circa cinque dì, e quando ordinavano di piantare le artiglierie, duemila grigioni, che erano in detto campo, cominciarono a dire che era loro suto promesso [...] quattro e mezzo il mese e che non ne avevano avuti se non quattro, e portarsi molto male circa la vettovaglia; in modo che il campo fu costretto levarsi con poco onore: parte ne è ritornato al Caliano e parte ne è qui nella terra, e dei grigioni ne sono rimasi circa cinquecento e gli altri se ne sono tornati a casa. Resta questo campo molto dimagrato, in modo che ora credo ci sieno poco più che settemila persone.Dopo la partita del campo da Riva, i viniziani hanno arso certe ville a loro vicine, e andando a' dì 13 di questo per assaltare e ardere certe ville di un conte di Agresto, ed essendo ben tremila, uscirono contro a loro dugento uomini del paese e gli feciono fuggire, e ne presono e ammazzarono più che cento, in modo che i viniziani riceverono gran vergogna. Dicesi ancora (ma questo per essere in luogo molto distante di qui non si può affermare per vero) che il duca di Brunsvic nella valle di Cadoro

verso il Trevigiano ha morto circa a trecento uomini de' viniziani, ed oltre a questo, che essendo ita molta gente de' viniziani per assaltar Fiume, terra dell'imperatore in sulla marina, sono stati ributtati dagli uomini del paese e da certi cavalli si trovano là, che ne è stati morti più che mille. In somma i maneggi della guerra si trovano in questo stato e con quelle forze che in questa e nella alligata copia si dicono. Quanto alle pratiche, la dieta non è ancora finita, e l'imperatore si trova ad Olma, né potendo ancora sapere quello si concluderà, non se ne può dir altro che si dica per l'allegata; e perché le cose de' svizeri importano molto in questa impresa, molto meglio ne potete intendere se si mantengono in Lombardia ai servizi del Cristianissimo o se si partono; e perché costoro dicono che le comunità ne sono malcontente e che se non partono prima che in sul fatto, almeno interverrà al Cristianissimo come intervenne al duca di Milano, che lo abbandonarono. Bisogna rapportarsene al fine, perché costoro ancora dicono, come già scrissi, che tre cantoni ne danno loro $1130$ottomila: sicché facilmente potrebbe essere svizeri e di qua e di là, e l'uno e l'altro ne facesse male.Quanto alla lega che vostre Signorie dicono, non se ne è inteso qui cosa alcuna, ma bene di nuovo dico alle Signorie vostre che Inghilterra, Aragona e il legato sollecitano la pace col Cristianissimo: a che l'imperatore non è molto volto, ma pare sia volto più presto ad accordarsi con viniziani, e mandò loro prè Luca intorno alle calende di marzo, il quale tornò circa a' dì 12 detto, e arrivato all'imperatore, fu rimandato da lui a Trento con ordine soprastessi quivi fino gli mandassi a dire altro: e circa 6 dì fa detto prè Luca tornò a Venezia, né si sa quello si tratti, ma nel partirsi mi disse che fra 20 dì si sentirebbe qualche gran cosa: e credesi per qualcuno che se i viniziani vorranno con costui accordo, che l'avranno; e quando tale accordo seguissi, non si sa come quelli principi che desiderano l'accordo col Cristianissimo restassino contenti, e se per questo l'imperatore venissi a rimanere più debole dopo tale accordo, che prima: il che forse ha tenuto addietro i viniziani fino ad ora: a che vostre Signorie pensino. Né si può, circa le pratiche intendere altro se questa dieta non finisce; e anche poi bisognerà, a intenderne il vero, vedere qualche principio di effetto. Dicesi che il duca di Bronsvic, e fratello di quello che è verso il Trevigiano, viene qui con mille cavalli; e questo tedesco che mi portò le vostre de' 17, dice averne trovati per il cammino circa dugento: e tutte le cose si magnificano assai con opinione e con speranze. Quello che si vegga poi è questo che ho scritto e scrivo a vostre Signorie, né di tale opinione si può mancarne, perché in fatto la Magna può assai, e non ha se non a volere, e da un'ora a

un'altra può volere e fare: il che fa che nessuno può risolversi' che non abbia ad essere. Dall'altro canto si vede che gli è un pezzo che la non ha voluto; e questo fa che altri non può risolversi al tutto che l'abbia a volere: pure si vede che la ci metterebbe ora più dell'onor suo che mai, tanto che Iddio sa il fine.Io sono qui per ordine di messer Paolo: ingegnerommi fra pochi dì se potrò, andare verso la Corte e vostre Signorie sieno contente rispondere presto a questa petizione di messer Paolo, e credino che queste cose non si possono bilanciare appunto: e senza risposta di vostre Signorie qui non si può fare altro. E di nuovo ricordo a quelle $1131$che senza ordine del danaro pronto e in fatto, non si concluderà mai qui cosa alcuna.Luca da Monte Varchi, stato vostro connestabile, è venuto qui dal campo de' viniziani, e riferisce avere tristissime fanterie, e se costoro si conducono alla campagna, che le faranno trista prova: il che si è visto che sempre ne sono scapitati, quando si sono condotti al riscontro l'uno dell'altro.Oggi si è detto, e la nuova è uscita da questi del consiglio, che Genova è rivoltata e ha rinchiusi i francesi nelle fortezze: il che se fussi vero, darebbe la vittoria a costui con meno fatica assai, e forse la vostra repubblica lo troverebbe mutato di animo da quello propose messer Paolo. Ne debbono vostre Signorie sapere il vero appunto. Valete.

%1508 mag 30, LCL'ultima mia fu a' dì 16 aprile mandata per Piero di Giovanni tedesco, per la quale vi avvisavo quello era successo da' dì 29 di marzo fino a quel dì, sicché non replicherò altrimenti per essere cose di non molto momento.E successo, dipoi che è partito il campo dei tedeschi da Riva, come allora si scrisse, le fanterie quasi tutte si risolverno, e i cavalli che erano allora circa milledugento, che non sono stati mai più, ancora che si sia scritto di più, se ne vennero qui dentro. I viniziani pertanto, la mattina di Pasqua, tentorno di pigliare la Pietra, luogo distante a qui sei miglia, e credettero occuparla d'assalto, e forse vi avevano intelligenza; ma costoro con cavalli e con circa duemila cinquecento fanti erano rimasti loro, la soccorsono e i viniziani si ritrassono. Attesero dipoi costoro a risoldare fanti, avendo di già circa a' dieci di questo $1132$raccozzatine circa seimila. I viniziani assaltarono la rocca di Cresta, che è un passo importante, e andando costoro per soccorrerla, non furono a tempo, che il signore del luogo l'aveva già data. I tedeschi alloggiorono il loro campo a Caliano, che è un borgo propinquo alla Pietra detta, una balestrata, ed erano sei o settemila fanti e

circa mille cavalli; perché le genti del duca di Bertinberg al principio di questo mese se ne andarono a casa loro, che erano dugento cavalli utili. I viniziani, desiderosi di aver la Pietra, vi vennono a campo e posonsi con l'esercito discosto a quella qualche quarto di miglio, e piantarono sedici bocche di artiglieria, ed erano circa quattromila cavalli utili e più di sedicimila fanti. La Pietra detta è una rocca posta nelle radici di una montagna in sulla mano dritta a chi viene da Roveredo a qui. Da detta rocca si parte un muro lungo qualche una balestrata, assai forte, che va infino all'Adige, e nel mezzo di detto muro è una porta per dar la via a chi passa. E difficile e pericoloso campeggiare Trento senza guadagnare questo passo; e però i viniziani vi vennero con ogni loro sforzo. Era dall'uno all'altro di questi eserciti un miglio, e ciascuno di loro aveva da fronte la rocca e quel muro, da una mano l'Adige, dall'altra i monti e dalle spalle li ridotti propri; e per essere i tedeschi signori della Pietra e del muro, i viniziani erano in luogo che non potevano fuggire la giornata, quando i tedeschi l'avessino voluta fare; né li tenne altro, se non il poco numero di cavalli che avevano, che la fanteria non stimavano. Trassono i viniziani di molti colpi di artiglieria; vi morirono assai uomini e finalmente i tedeschi avendo assaltata la guardia dell'artiglieria e rottala, e toltine loro due pezzi e l'altra impedita, presero partito i viniziani di levare il campo, e si ritirarono a Roveredo, dove ancora sono fino a questo dì 20 di maggio. Le fanterie de' tedeschi, subito e dopo la partita de' viniziani, cominciarono a risolversi e chi viene di là riferisce non essere al Caliano tremila fanti, e de' cavalli, oltre a quelli di Bertinbergh, che se ne sono iti a casa, quelli di Sassonia, di Norimberga, d'Olma e molti signorotti, chi con otto e chi con dieci cavalli: tale che questo dì ci si trovano seicento cavalli manco.Le cose della guerra di qua sono procedute così, ma dalla parte del Friuli vostre Signorie avranno inteso a quest'ora come i viniziani hanno tolto all'imperatore Gorizia, $1133$Portonon, Triesti e, per dire in una parola, ciocché gli aveva nel Friuli; perché questo re non vi ha mai avuto gente da poter comparire avanti l'inimico, perché e' non vi ha mai avuto quattrocento cavalli e quattro o cinquemila fanti mandati di Austria e Carintia, luoghi quivi vicini, quali per non aver danari stanno due dì, e poi se ne vanno. Questa guerra tutta si trova oggi in questo stato, e maneggiata con queste forze.Quanto alle pratiche, e prima circa la dieta di Svevia, l'imperatore ragunò in Olma i capi la terza e la quarta domenica di quaresima: propose il bisogno suo, che fu quanto già si scrisse, d'onde quelli capi rimasero farlo intendere ai loro e tornare con la risoluzione

l'ottava di Pasqua. E venuta l'ottava, non si sa quello sia seguito, né qui si sa dove sia l'imperadore: chi dice in Colonia a creare nuovo vescovo, perché l'altro morì come si dice, il che non ho certo; chi dice in Maganza, per comporre differenze nate tra quell'arcivescovo e il langravio d'Assia per conto di confini; chi dice in Gheldria per comporre le cose di Ghelleri; chi dice che gli è ito a Calès ad accozzarsi col re d'Inghilterra per conto del parentado di madama Margherita, e accattar danari da quel re sopra gioie.Io venni qui poi che messer Paulo mi aveva fatto la richiesta che sapete, e ci venni per ordine suo. Mi sono da poi, vedendo che la risposta tardava a venire, voluto partire o mandar Niccolò, e non mi ha lasciato; né per questo ho mancato di diligenza per intender le cose di là, perché più dì sono mandai Baccino, e prima avevo mandato un altro dove si trova il cardinale, a un mio amico che mi scriveva tutto quello arei inteso io ad esser là: e aspettone la risposta d'ora in ora, e venendo a tempo ne avviserò. Né mi pare nondimanco, avendo avuto a stare o là o qua, avere avuto meno ventura a esser qui che là, perché delle cose sostanziali certe io non me ne ho avuto a rapportare ad alcuno, avendole viste, e essendo di là non arei di questo inteso il vero e, di quelle, mille bugie: assai mi pare avere inteso dalla resoluzione della dieta, quando io veggo le gente dell'Imperio tutte partirsi, come si dice di sopra, finiti i loro sei mesi: che mostrano negazione degli altri sei mesi, che è una di quelle cose che io stimavo più facile e che non è ancora fatta; e di più vedere tutta questa guerra da questa parte rimanere, ed essere restata in $1134$sulle spalle al contado di Tirolo: dai cavalli infuori, tutte le altre gente sono state provvedute da' loro luoghi. E perché il Friuli non ha avuti vicini tanto amorevoli, né si ricchi, sono rimasi indifesi e dicono che l'Austria non ha mai voluto mandarvi un uomo. Sono le cose state fino a questo dì in questa debolezza: e chi o per troppa voglia o per poca fede credessi altrimenti, ci venga o mandi, e se chi verrà sarà savio e buono, mi riprenderà che io abbia scritto troppo gagliardo.Dieci dì fa si ragunorono i capi del Tirolo per vedere di prorogare per tre altri mesi la provvisione dei diecimila fanti per la difesa di questo paese, nel modo diliberorno di gennaio passato, quando vi era l'imperatore, e sono ancora insieme. Venne ancora dieci dì fa qui un mandato degli svizeri a questi consiglieri per danari, dicendo che era presto con otto o diecimila svizeri dovunque l'imperatore li volessi: il quale fu mandato a Bolgiano a quella dieta, dicendo che quivi si ordinerebbe il pagamento, e detta dieta è stata richiesta che oltre ai diecimila fanti, paghino questi svizeri per tre mesi. Dicesi che ella è

per fare ogni cosa, e che questo contado può farlo; e che si aspetta a fare risoluzione, se questa tregua coi viniziani va innanzi. Ed avete ad intendere che quattro dì fa fu qui un segretario viniziano a questi consiglieri, donde iermattina l'altra parti di qui il segretario e il vescovo, e ne andorno verso Riva per abboccarsi con un provveditore viniziano per trattare questa tregua, ed iersera fu qui avviso come i viniziani la chieggono per cinque anni, e costoro la vorrebbono per quattro mesi. Hanno i viniziani preso tempo a rispondere fino a giovedì prossimo e se, avanti io mandi questa, si intende altro, lo scriverò.Comparse a dì ultimo del passato per le mani di messer Paolo la vostra de' 15 di detto, e conteneva l'avviso della ricevuta della mia dei 29 di marzo. Scusai con messer Paolo la cagione di non avere da voi deliberato: vidi gli dispiacque. Arrivò dipoi Baccino a' dì 6 del presente con la vostra de' 12 del passato, alla quale non accade altra risposta per non contenere altro che avvisi; di che ringrazio le Signorie vostre. Vennero dipoi ier l'altro l'Ortolano e Giovanni della Spada, amendui insieme con le vostre dei 19 di aprile, tenute a' 26, e con il mandato, il quale avevo ricevuto prima per uno spacciato dalla Mirandola da Simone. Lessi quello mi scrivevi a lungo in risposta della $1135$proposta fattami da messer Paolo, e vedendo come vostre Signorie vogliono che io concluda, non potendo altrimenti migliorare, quasi in quel modo fui ricerco, quando giudichi che gli abbia a passare contro alla volontà di uno di loro, non mi pare, avendone a dare giudizio io, da farlo, fondatomi non in sulla opinione mia, ma in su quella di vostre Signorie; perché a' dì 29 di marzo con la richiesta di messer Paolo, avvisai loro molto largamente e particolarmente in che termine si trovavano le cose di qua, e credo se fosse a voi parso che le si trovassino in termine da concludere, voi me lo avresti. commesso, e se a voi non parve allora che l'erano in miglior essere, a me non pare ora, che le mi paiono peggiorate, e so che alle Signorie vostre, dandone io di sopra avviso particolare, parrà quel medesimo, né mi pare che il contado di Tirolo, sopra chi si posa fino a questi dì questa guerra, sia sufficente, contro alla voglia di Francia e viniziani, condurre costui in Italia; né mi pare che si abbia a credere che la Magna mandi aiuti nuovi, quando gli toglie questi che ci sono. E se mi fussi detto, la Magna è potente, e da un'ora a un'altra può far gran cose, rispondo che questa potenza della Magna, vostre Signorie la sanno come me, e se voi avessi voluto starvene a questo, voi ne aresti commesso che io facessi; ma volendo che io mi rapporti a quello che si fa e non a quello che si potrebbe, fare altra risoluzione. Ma, quanto al passare nimico di tutti a dua, dico che a essere appunto inimico

di uno, bisogna che facci pace con l'altro; e a far questa pace bisogna pratiche, e ci anderà tempo; e quando e' non ci andassi, io non posso fermare il pié in su questo, se la non è fatta: e questi ragionamenti di questa tregua non mi fanno così presto sperare di pace co' viniziani, perché le ferite che ha avuto l'imperatore da loro non dovrebbero saldare così presto, né a' viniziani mancherà subito quelli rispetti che gli hanno avuto per l'addietro, di non si aderire a costui Francia, vedendolo sbattuto. Starà anche egli più in sul tirato, e doverassi inten dere con il tempo: di che per ora non se ne intende cosa alcuna.Circa la pace con tutti dua, io ci penso meno, perché vostre Signorie dicono che in questa pare che si abbi tempo, e a me pare vostre Signorie dichino prudentemente. Parrai bene, sia detto con reverenza, che nella pace di uno abbi ad essere quasi nelle medesime considerazioni quanto $1136$al venire costui potente, che in quella di tutti due: perché se la Magna volessi fare il debito suo, e' non gli bisognerebbe pace con persone; però facendolo con uno, conviene che la non facci questo suo debito e che costui per debolezza si appoggi; e se la Magna con tanti nemici, dove avrebbe più onore e più grado, gli manca, gli mancherà tanto più quando l'imperatore si sia appoggiato a un forestiere, perché il sospetto gli crescerà, vedendolo diventare potente per le mani di un terzo, e a lei è poco avere a provvedere qualcosa più o meno; in modo che chi de' dua si accorderà seco, avrà a pigliare questo carico di levarlo e porlo, e voi avrete per avventura maggiore bisogno d'altri che di lui.Pertanto io mi starò così aspettando tempo, e essendo messer Paolo a Bolgiano, se non vien fra 4 o 6 dì, andrò a ritrovarlo, né so come mi fare a non rompere, perché, sia detto con reverenza, vostre Signorie hanno filato questa tela sì sottile che gli è impossibile tesserla: perché l'imperatore è sempre per avere bisogno e qualche volta necessità, e se voi non lo cogliete nella necessità, egli è per volere da voi più che non vuole ora; e quando egli è in questa necessità, non si vede la passata sua a quindici soldi per lira, come sta la commissione vostra: e pure potrebbe essere che da un canto e' fussi preparato, e poco dipoi diventassi gagliardo, e queste preparazioni, per le ragioni ho dette altre volte, non si possono vedere molto innanzi. E di qui nacque che io scrissi già che altri non si può deliberare che non passi a forza di ciascuno, perché la Magna può, e non ha se non a volere; e per contrario non si può deliberare che passi, perché la non ha mai voluto, né si vede fino a questo dì che la voglia; né si può credere che il contado del Tirolo possa lui solo, come ho detto, fare tante cose: e però io parlerò con reverenza, che sarebbe necessario voltarsi in uno de' duoi partiti e saldare

questa piaga con costui in quel modo chiede o in quel meglio si potessi, sperando che vi abbi forse a venire ad ogni modo se vive, se non questo anno, quest'altro o, se non solo, accompagnato; o veramente aspettare che sia in Italia, sperando che avendo avere sempre mai in ogni sua fortuna bisogno, di essere sempre a tempo e non si curare di spendere allora un poco più; e così vedere dove è manco pericolo e quivi entrare, e una volta fermare l'animo col nome di Dio, perché volendo queste cose grandi $1137$misurarle con le seste, gli uomini s'ingannano. E se io parlo quello non è l'uffizio mio, nasce da avere un peso addosso grave ad ogni qualità d'uomo; e se quando io parlai a messer Paolo, che fé la richiesta, nel qual tempo qui erano circa ottomila fanti e milledugento cavalli, gli avessi offerto i danari contanti, come potevo, e lui gli avessi accettati, a quest'ora eri necessitati averli pagati, e vedendo le cose di qua non succedere prospere, anzi per il contrario, a vostre Signorie parrebbe strano. Così ancora se con quell'esercito costoro si fussino appiccati, come hanno avuto comodità, e avessino rotto gli avversari, cresceva loro tanto l'animo che, dove vi domandavano sessantamila, non sarian stati contenti a molti più: e allora sarei stato incolpato della rovina della città, non già da vostre Signorie, ma dall'universale, con mio pericolo e senza mia colpa. E però di nuovo dico che, ancora che le cose si vegghino raffredde e l'esercito come resoluto, nondimeno le si potrieno rifare gagliarde: potriensi rifare mediocri, e appiccarsi e vincere, e tutto venire in modo che altri non lo potessi regolare, e non si essere a tempo; e tanto più non vedendo vostre Signorie modo da potere mandare lettere di cambio, che i danari sieno qui e possinsi subito offerire, e, per dire quel modo nel quale siamo, è una dilazione di venti dì, e a costoro non basta che due di, non ché venti, che li facciano mutare. E tenete per certo, come di sopra dico, che se ne andrà a termini da potersi valere de' vostri danari, lui avrà animo avere espedito gran parte della vittoria contro a Italia.Hanno ancora a intendere vostre Signorie che ora avendo a rispondere senza conclusione, sarà facil cosa si rompa, e che vostre Signorie non vogliono dare che parole: e quando si facessi questa impressione, lo stare mio qua è tutto superfluo, che non che altro, non lascerebbero scrivere: e sapendo che io ho avuto il mandato, che tutte le lettere vengono ora, capitano tutte in loro mano, non se gli potrà persuadere che io non abbi avuto commissione secondo la sua domanda e non vogli concludere: e dubito non mi mandi a stare in qualche luogo strano fuori di mano, acciò non possa intendere, e non mi lasci ancora scrivere. E però vostre Signorie quando ci mandano, si sforzino trovare uomini tedeschi o che ci sieno pratichi, perché possino condurre le lettere più segrete e più

facili, e questi sono venuti, dubito non sieno lasciati tornare. $1138$Vostre Signorie dicono che io non ho scritto delle offerte di quarantamila ducati, e sedicimila per la prima paga: è vero che io non l'ho scritto, nondimeno vostre Signorie hanno a intendere che quando messer Paolo mi fece la richiesta, mi domandò se avevo mai avuto risposta della domanda fattami dall'imperatore di venticinquemila ducati in presto, e non potendo io negare di non avere avuto lettere, e essendo le cose in termine da non volere esasperarle, gli dissi che vostre Signorie non erano per prestare danari, ma che anderesti bene fino a cinquantamila, e venti per la prima paga, quando l'imperatore fusse in una città d'Italia posseduta al presente da altri. E questo secondo la commissione vostra, mi parve poterlo fare molto convenientemente, e non lo scrissi, perché la petizione sua fu tanto maggiore rispetto alla paga molto presente, e gli altri troppo spessi; che della minore non mi parve fussi bisogno parlare. Scrivo ora, perché vostre Signorie intendino tutto. A Niccolò è venuto un accidente che potrebbe riuscire importante, e questi medici non sanno se tale cosa nasce da pietra o da altri umori grossi che lo faccino orinare con gran difficultà. Sarebbesene venuto a curare di costà, se le vie fussino aperte. Raccomandomi a vostre Signorie.

%1508 giu 7-8, LCSiamo a' dì sette di giugno: di nuovo ci è che i viniziani hanno occupato Fiume, il che non si è però verificato in tutto; sono qui rimasi trecento cavalli, perché tutti quelli delle comunità e di altri sono iti a casa, finiti i sei mesi; e pure questa mattina se ne andarono venti cavalli di Brandiburgo. Ci sono rimasi circa duemila fanti. La tregua $1139$non è ancora conclusa, e non è spiccato il ragionamento, ma è differito il tempo della risoluzione da giovedi passato a domenica prossima. Baccino, né l'altro mio mandato non sono mai tornati di Corte; di che io mi maraviglio. Arrivò ieri qui prè Luca, che viene dalla Corte e stette qui una sera, e ne è ito a trovare ad Arco quelli che praticano la tregua: dice avere lasciato l'imperatore a Colonia, e che di quivi ha fatto guerra a Ghelderi e che avea assediato Croci, e come quel duca gli avea mandato il foglio bianco. Dice che l'imperatore, sdegnato contro ai principi, non si volle trovare alla dieta e che vi mandò il Lango, e come i principi non vogliono in alcun modo sopportare questo oltraggio, e che lo mandarono a pregare voglia tornare in qua, che gli davano quanta gente vorrà, e che lui fa vista di non se ne curare per farne venire loro più voglia, e come gli sa male che i viniziani non gli hanno preso Trento, perché la Magna avessi più causa di risentirsi. Disse bene non avere lasciato gente indietro, ma che in uno

stante le si farebbono, e che andava ad Arco per vedere che questa tregua si concludessi per tre o quattro mesi, e quando la si concludessi, si farebbe in quel tempo tal provvisione che tremerebbe tutta Italia, e quando non si concludessi, verrebbe in qua con tutta la Magna.Messer Paulo non è venuto qui e io non sono ito a Bolgiano, perché volevo avanti gli parlassi, vedere il fine di questa pratica di questa tregua, il quale io aspetterò per avere più scusa a differire questa conclusione; e parmi anche più guadagno nel tacere, quando io non abbia a rispondere cosa che gli piaccia.Ieri arrivò qui Piero con la vostra dei 17 del passato, la quale, per essere in cartapecora, e da lui messa in un pane, e per questo prima inumidita, e poi secca, non si potette spiccare se non in pezzi, e non ho potuto leggere se non il quarto, e quello interrotto. Parmi per quel poco ho potuto avere ritratto, che voi di nuovo rimettete in me il giudicare le cose di qua, e come voi intendete che queste genti si partano per scambiarsi, e che ne verrà delle altre, e che voi dubitate per qualche riscontro d'accordo tra l'imperatore e i viniziani, e qualche avviso del papa: di che non ho potuto averne parola intesa. E per cominciare dall'accordo co' viniziani, qui non se ne intende altro, né io saprei dirne altro che quello scrivo di sopra. Circa le genti che si partono per tornare dell'altre, $1140$prè Luca riferisce non avere lasciato gente indietro, ed è tanto che cominciò a partirsene, che qualche scambio dovrebbe essere giunto. E credo che possa essere ogni cosa e che la Magna possa mandare gente e danari, ma mi pare un tristo segno a vedere partire la gente insino quando il campo era alla Pietra e si aspettava ogni dì qui. Ora quando si ha a trattare di tregua o d'accordo, quale si sarebbe avuto più onorevole sendoci assai gente che non ci essendo, ce ne rimase poche; e l'essere partite in questo tempo, mostra poco amore e meno reverenza verso l'imperatore.Circa il giudicare io questa cosa, per molte mia vi ho detto la difficoltà del farlo e l'ho replicato per il soprascritto. E di nuovo dico che queste cose non si possono misurare a braccia piccole; e, come dico di sopra, io sarei ito o avrei mandato Niccolò in Corte, se fussi stato lasciato: ma quando fussi ito, avrei veduto meno che non ho veduto qua, e quando fussi ito là, e Niccolò qua, per essere di qui alla corte 6000 miglia, avrei penato un mese ad aver di qui un avviso, in modo che le cose da un avviso ad un altro avrieno potuto fare mille variazioni; tanto che, come dico di sopra, non mi pare avere avuto mala sorte ad essere qui, perché uno che ha a pigliare un simile partito, non si può fondare se non in su quello che vede. E io non son per fare altrimenti, perché così mi pare porti la ragione. E se mi funse detto bene da uomini

degni di fede che nella dieta fatta ad Olma si fussi ferma conclusione di fare l'impresa con centomila persone, non sono per crederlo se non veggo gli effetti; perché ho veduto ciascuno esser rimaso ingannato in sulla deliberazione fatta l'anno passato a Costanza, che fu in tanta opinione e con tanta solennità deliberata, e non se ne sono mai viste quattromila persone insieme; perché tutte le altre che si sono ragunate in Codauro e qui, sono state provvedute da' paesi circostanti; e ho veduto quelle poche che l'Imperio ci avea, andarsene ne' maggiori bisogni dell'imperatore, e veggo questi modi presenti esser simili agli effetti passati. Però di nuovo dirò a vostre Signorie che io non misurerò queste cose se non con l'occhio, e con quello che io vedrò, mi consiglierò; perché avendosi a giudicare in arcata, sta meglio a vostre Signorie che a me. Dirò bene che quando le si vedranno gagliarde, voi non sarete a tempo a concludere a questo prezzo, né con queste $1141$ condizioni; perché potete considerare, che ora vedendosi l'imperatore con l'acqua alla gola, è disceso a questo partito, e per voglia ne avea, ha mandato le lettere a sue spese; e prima quando gli pareva esser gagliardo, voleva cattar da voi le diecine delle migliaia e non si obbligare a niente. E però quando fussi gagliardo o quando gli paressi essere, tornerebbe nella medesima opinione; la quale, quanto fussi alta, lo mostrò la domanda del cardinale bressinense, e dipoi quanto più è venuto debole, sempre è ito calando. E per questo dissi che sarà necessario, senza tritarla altrimenti, fermarsi in uno dei due partiti che nella preallegata discorro, l'originale della quale si mandò otto dì sono per Giovanni della Spada, che tornò per la medesima via che venne.Io ho soprattenuto questa lettera più un dì, per vedere se della pratica della tregua si faceva risoluzione alcuna. E ieri fu qui nuova come l'era conclusa tra l'imperatore da una parte e i viniziani e Francia dall'altra per tre anni, intra gli aderenti ad invicem dell'una parte e dell'altra in Italia solamente, i quali si debbono nominare fra tre mesi; e hanno fatto gli aderenti solamente in Italia per escluderne il duca di Ghelderi. Il bando andò ieri nel campo dei tedeschi, e disse fra l'imperatore e viniziani e loro aderenti, e senza nominar Francia, o mettervi tempo. Dicono che domenica prossima si bandirà qui e a Verona. Una volta la tregua è fatta, de' particolari io mi potrei ingannare: con il tempo si intenderà più appunto e ne darò notizia alle Signorie vostre, le quali avranno ora tempo a deliberarsi più comodamente potranno, sendo aperti i passi, o mandare i loro oratori, e pigliare quelli partiti parrà loro. Niccolò fra due o tre dì ne verrà a codesta volta per venire a curarsi, e io non l'ho potuto tenere. Io me ne andrò verso il re,

aspettando licenza da vostre Signorie, la quale io domando di grazia per essere mal disposto, e la stanza mia al tutto inutile alle Signorie vostre, perché volendo appuntare con costi, vostre Signorie lo possono fare con gli oratori disegnati più onorevolmente e con maggiore satisfazione della cosa; e non volendo appuntare, quanto più si sta qua e più parole si dà, più si perde; e non potendo stare in Corte se non a posta d'altri, e' non possono vostre Signorie fondarsi in sulle nuove avessino di qua. Sicché, ragguagliato il tutto, la stanza mia è superflua, e però mi raccomando alle Signorie vostre. Io ho dato $1142$all'apportatore sei ducati di oro e sedici crazie il che ho fatto perché possa terre cavalli e venire subito, e gli ho detto che gli saranno costi messi a conto, secondo che servirà.

%1508 giu 14, LCFrancesco Vettori scrisse a' dì 8 di questo a vostre Signorie da Trento e mandò la lettera per Pietro di Giovanni tedesco, che promesse essere costì infino ieri; e vi dette avviso della tregua fatta e di molte altre cose seguite avanti per infino a tal dì; di che, a cautela di tutto, dette copia all'Ortolano portatore presente, il quale io spaccio questo di di qui, acciò vostre Signorie intendino prima quello che Francesco mi aveva commesso riferissi di bocca, non possendo venire presto, ritenuto dalla mala disposizione. Io partii da Trento sabato passato a' dì 10 e andando io la sera davanti a parlare al Serentano per avere una lettera di passo, mi disse che lo ambasciatore lo andassi la mattina a trovare. Fummo seco, come e' disse: il quale disse a Francesco che la tregua era fatta e che a nominare gli aderenti ci era tempo tre mesi e se vostre Signorie volevano essere nominate dall'imperatore. Rispose Francesco che non poteva dire cosa alcuna per parte di vostre Signorie, ma che l'avviserebbe e glie ne farebbe intendere, e credeva, quanto per sua opinione, che a vostre Signorie sarebbono grati tutti gli onori che dall'imperatore fussino loro fatti. Replicò il Serentano che ne scrivessi presto e dessine risposta, perché intendeva come e pisani, nell'assalto avevi loro fatto, erano ricorsi a Francia per aiuto, e non giudicava fussi bene che e franzesi vi cominciassino a mandare gente. Raccomandomi a vostre Signorie. $1143$Quello si è ritratto poi della tregua è questo: che nominatamente infra l'imperatore e li viniziani s'intenda fatta tregua per tre anni, e infra gli aderenti e confederati delle altre parti, e de' confederati e aderenti de' primi nominati, da nominarsi infra tre mesi; che chi possiede, possegga e possa nelle cose possedute edificare; che si possa negoziare sicuramente; che s'intendino comprese in detta tregua tutte

le terre imperiali e aderenti all'Imperio. La quale tregua s'intenda solo per le cose d'Italia e per gli aderenti d'Italia, e non altrove. Bene valete.Nominossi subito in sul contratto per l'imperatore il papa e il re d'Aragona; e per li viniziani, il re di Francia e il re d'Aragona.Servus, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1509 feb 19, LC$1155$Mandovi le alligate, quali con la solita diligenza manderete subito a Firenze, e altro non ho a dire alla Magnificenza vostra, se non che noi siamo qui alle mulina di $1156$Quosa, per vedere se nuovo barchereccio venissi per entrare, per impedirlo, come si è fatto all'altro. Ricordo solo a quella mandarci ogni dì del pane, come ha fatto fino a qui, perché ci riposiamo sulle spalle: né altro per questa mi occorre, salvo ricordarmi a voi. Iddio vi guardi.

%1509 mar 7, LC$1172$Lunedì matina, da Paolo da Parrano e dugento fanti infuora, che rimasero alla guardia del campo, ci trasferimo con tutto il resto delle genti alla Figuretta e subito cominciamo a fare il fondo all'Osole con tre navicelli, che la notte il signor Francesco con circa 100 fanti aveva tolto ai pisani insino di sotto le porte. Arrivò dipoi a mezzodì Antonio da Certaldo, e per essere tardi e per avere ancora i pali e altre sue preparazioni alla marina, non potemmo il dì fare opera alcuna intorno alla palafitta, e però la differimmo a iermattina, nel qual tempo ritornammo là con le medesime genti; e per tutto dì di ieri col nome di Dio facemmo la palafitta ed il fondo sotto la Figuretta, verso foce di Fiume morto un miglio. Abbiamo fatto tre ordini di pali, quindici per ordine, fasciati di listre di ferro, perché i pisani non li possino sciorre né tagliare, e le listre vengono tutte sotto l'acqua, in modo che noi non crediamo che a guastarle e' si mettano, non si possendo stare con un grande loro agio; potrebbono bene tragettare il barchereccio per terra; il che gli terrebbe a bada in modo che, l'uomo sapendolo, potrà più facilmente prevenirli. Il fondo sta in modo che il signor Iacopo con otto cavalli passò benissimo due volte di là in qua, e ogni volta che si abbia a passare, e le genti portino con loro cinquanta fascine, passerebbe l'esercito di Serse. Potranno guastare con tagliare, ma bisognerà loro tempo, il quale non possono avere molto sicuro con due eserciti addosso: vedremo ora come se ne governeranno.Per questi monti non si è riscontrata cosa alcuna: non si manca, né si mancherà di diligenza per riscontrarlo. Né ricordo più Giovan Battista, perché mi persuado che sia a

cammino, e in verità la sua venuta è necessaria. Quanto a' fanti, le compagnie sono bellissime, e quanto allo stare loro volentieri, di quella di Antonio e di Morgante io non ne ho avuto al mondo una briga. Questa di Pescia solo, il che credo nasca per essere presso a casa, spesso qualcuno di loro mi chiede licenza per andare fino a casa. L'ho data a pochi, e quelli pochi sono tornati il dì che hanno $1173$promesso. Gli ridussi di 500 a 300 fanti, i quali si possono tenere così ancora due paghe, che pochi fieno necessitati a partirsi da due paghe in la: bisognerà ridurli a ottanta o cento, perché e' ne viene il tempo dei bigatti, e non ci potrieno stare. Direi che a quel tempo si licenziassino tutti, ma e' si farebbe torto al conestabile, che è uomo dabbene, e a loro, a non volere che a questa impresa di Pisa, donde loro sperano qualche merito, non si trovasse lui e sue bandiere. Potrassi a quel tempo torre chi vorrà rimanere, e loro non si avranno a dolere di essere forzati o licenziati; ma quando la si potessi tener tutta, saria molto bene, perché è una bella e buona compagnia. Della paga di questi fanti ne sono consumati otto dì, e agli undici dì di questi l'avranno guadagnata, che sarà domenica che viene; sicché lunedì bisogna dare loro danari. Prego vostre Signorie operino che ci sieno, per le ragioni scrissi per altra, e di questo ne le prego e riprego.Un Bastiano di ser Iacopo Orlandi, caporale della bandiera di Pescia, al fine della sua paga chiese licenza, dicendo sentirsi male. Déttesegli, perché si aveva a scemare dugento fanti. Lui se ne andò a Pescia e levò di quivi dieci o dodici uomini, e se ne è ito a servire i viniziani contro i bandi e proibizioni vostre; e intesi che per lui non mancò di sollevare tutta la compagnia, e tentò quattro o sei capi, promettendo loro quattro ducati qui, e altri quattro a Faenza. Ne dò avviso a vostre Signorie, perché se le ne faranno dimostrazioni con ritenerlo prigione e fare altre cose possono, terranno fermi e obbedienti questi loro uomini; quando che no, ognuno si farà beffe, e andranno in scompiglio.Messer Bandino rendé le bestie più dì sono.A Tommaso Baldovini, come già scrissi a vostre Signorie, rimasero pagati i primi fanti di Pescia con circa 300 ducati, dei quali se ne sono perduti 183. Si sono pagate ogni dì le paglie, che montano più di quaranta ducati; si sono pagati i marraiuoli di Pistoia, dai primi tre dì in fuora; si sono comprati picconi e zappe; si sono fatti fare i ferri per ferrare i pali; si sono dati più di dieci ducati a quelli scoppiettieri feriti, i quali si spesero per farli medicare e condurre; si è perduto qualche cosa del pane comprato a Lucca, in modo che non ci è più danari, e abbiamo anche a vivere noi. Sicché è necessario vostre Signorie provvegghino detto Tommaso almeno di dugento ducati, perché, oltre agli straordinari che

ogni dì accadono, $1174$ci è debito ciascun dì quattro ducati d'oro, tre nella paglia de' soldati, e uno in venti marraiuoli ci siamo riserbati, dei cento che vennero da Pistoia.È stato oggi da me messer Agostino Bernardi cittadino lucchese, mandato a me da quelli Signori a farmi intendere come avendo vostre Signorie scritto loro una lettera un poco soprammano, fondativi in su gli avvisi mia, voleano farmi intendere che erano per fare ogni opportuna provvisione per l'avvenire che i pisani non fussino provveduti, e se e' non l'avevano fatto infino a qui, nasceva perché si fondavano che vostre Signorie ci provvedessino loro, e facessino per tutto guardare in modo che i pisani non potessino andare e venire; e che io fussi contento scrivere per l'avvenire in modo che la pace avesse a mantenersi e non a risolversi. Risposi che due ragioni avevano a vostre Signorie fatto fare accordo con loro: la prima, per facilitare l'acquisto di Pisa; la seconda, per vivere sicuri ed in pace con li loro vicini; e se dopo l'accordo fatto bisognava che vostre Signorie sole pensassino che i pisani non si valessero del dominio di Lucca, quella prima cagione dell'accordo era levata via, e che si poteva fare senza farlo, bastandoci massime una corazza all'una briga e l'altra; e però vostre Signorie non fiano per restare sodisfatte se loro non ci ponevano mano daddovero: il che era non li ricevere nella loro città, gastigare chi nel contado li ricevessi o li sovvenissi o vendessi loro; il che non potevamo fare noi, né ci era altro rimedio, perché i rimedi nostri, non dubitando i sudditi loro, mediante l'accordo fatto, delle nostre genti e, dall'altro canto, non dubitando di loro Signorie, non li gastigando, erano incerti e senza profitto, avendo tante miglia di paese; e però bisognava mandassino fuora loro commissari per questi confini, cacciassino via i pisani, gastigassino chi li ricevesse; il che facendo, vostre Signorie ne resterebbono soddisfatte, e chi è qua scriverebbe bene; perché dello scrivere bene o male, loro ne avieno a essere il primo motore. Promesse che e' farebbero mirabilia e che pel passato ne era stato cagione di qualche inconveniente alcuno loro offiziale, che era indiscreto e tristo, e che agli uomini si possono dare gli ufizi, ma non la bontà e discrezione, e che per rimediarvi hanno fatto commissari; e pregommi, quando intendevo cosa alcuna, fussi contento scriverlo prima a' suoi Signori che a voi, per levar via le male impressioni e per $1175$dar causa di farvi rimedi più presto e senza odio. Promessi farlo e andossene. Raccomandomi a vostre Signorie; quae bene valeant.Ex Castris apud Quosi, die 7 martii 1508.Servus, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1509 mar 15, LC$1182$Io parti' di campo lunedì e ieri ad 20

ore arrivai in Piombino, e dopo lo arrivare mio mezza ora andai dal signore e fecigli intendere quanto da vostre Signorie mi era suto commesso per la loro istruzione. Lui mi rispose avere tenuto più tempo fa pratica con li pisani per accordarli con vostre Signorie, desideroso della quiete di Toscana, e in particulare del bene delle Signorie vostre, alle quali dice essere servitore. E per restringere questa pratica aveva confortati e pisani per Giovancòla suo uomo ad mandar qua loro oratori che si aboccassino con mandati di vostre Signorie per venire ad qualche buono assetto. Aveva bene detto loro che venissino con autorità di ragionare del dominio, perché sanza questo, sapeva che non bisognava entrare in alcuno ragionamento. Confortò poi vostre Signorie ad far loro salvocondotto, mandare qua loro uomini; e che il salvocondotto lo avevi fatto, ma per sì breve tempo e con termini sì suspesi da fare più tosto resolvere, che concludere le pratiche. Dipoi non essendo venuto l'uomo vostro e spirando el salvocondotto, e desideroso che la pratica non si rompessi, aveva di nuovo ricerco la prorogazione del salvocondotto e che l'uomo venissi; la qual prorogàzione avevi fatta per sì poco tempo che li era impossibile fare conclusione: ed in questo suo parlare mostrò più tosto che vostre Signorie avessino diffidato di lui che altrimenti. E concluse infine che, se loro avevono mandato o no, non lo sapeva, perché loro non li avevano voluto dire altro, se non che avevono grande autorità di trattare e consertare (che questo vocabolo disse che usavano) con vostre Signorie del dominio di Pisa e d'ogni altra cosa occorressi infra loro e vostre Signorie; e che mai li avevono voluto dire quello si avessino ad trattare, né venire ad alcuno particolare: e questo affermò con ogni giuramento, soggiugnendo che s'era per questo adirato con loro, e quasi, non che altro, che licenziatogli. Ed in ultimo volle persuadermi che li era bene udirli, e che nell'udirli non si perdeva né tempo, né altro. $1183$Io li risposi che, volendo esequire appunto le commissioni di vostre Signorie, avevo ad rimontare ad cavallo e tornarmene, e arèlo fatto, se non che nella commissione di vostre Signorie era che io vedessi d'intendere quel che costoro domandono più particularmente che si può, quando io giudicassi che ci fussi fondamento: ed a me non pareva, dicendo el signore di non sapere nulla, né potere intendere el particulare, né potere vedere se ci era fondamento s'io non li udivo; giudicando massime quel che il signore aveva detto, esser vero che nell'udirli non si dessi loro né animo, né tempo. Domandò el salvocondotto infino a' 20 dì e che si togliessi loro un appicco di querelarsi per tutto el mondo e con loro populo, che una sì solenne loro ambasceria non fussi da uno mandato di vostre Signorie

voluta essere udita, e di questo farsi belli del male animo vostro contro di loro, che è quella parte sola con che tengono ora viva Pisa.Avendo io dunque consentito di parlare loro, mostrando farlo solo per satisfare a quel signore, e' vennono: e prima con uno lungo proemio si dolsono che li era suto promesso loro che verrebbe ad Piombino dua o tre vostri cittadini per trattare con loro e che li era venuto uno secretario, che anche non veniva da Firenze. E venendo ad lo effetto, dissono che quello popolo pisano era contento fare tutto quello volevono vostre Signorie per pace e unione loro, purché fussino securi della vita, della roba e dell'onore loro; e che era vero che ad questo effetto non avevono altro mandato; e quando e' lo avessino mille volte, per esser questa una cosa tanto importante, non sarieno per concludere cosa alcuna sanza nuovo consenso dei loro superiori.Io risposi alla prima parte quello che mi parve; alla seconda, mi volsi al signore e dissi non rispondevo nulla, perché loro avevono detto nonnulla; e se volevono che io rispondessi qualche cosa, dicessino qualcosa. Risposono, avere detto assai, chiedendo sicurtà della vita, dell'onore e della roba loro. Risposi che li avevono ad dire che sicurtà, se volevono che io rispondessi, e se la securtà fussi ragionevole e onorevole, e' non se ne mancherebbe, perché vostre Signorie volevano da loro ubbidienza, né si curavano di loro vita, né di loro roba, né di loro onore. E stando in questo dibattito di questa securtà loro, uscimo ad questo particulare, e avendo pensato e modi di questa $1184$securtà, non ce ne trovavono alcuno, se non questo, che vostre Signorie li lasciassino riserrati drento alle mura di Pisa, e pigliassino tutto el resto per loro, che sarebbe ben grande dono possedere con giusto titulo quello che mai per lo addietro avete posseduto.Allora io mi volsi al signore, e dissi: Ora è chiara la Signoria vostra che costoro hanno dileggiato e dileggiono quella: perché io credo che se vi avessino detto questo prima, o se voi lo avessi creduto, voi non aresti voluto pigliare tale carico, né intromettervi in una cosa che avessi questa riuscita. Pure poi che la cosa è qui, acciocché per sempre la Signoria vostra e quel popolo di Pisa intendino lo animo nostro, e che voi e loro sappino come questa pratica si abbi ad maneggiare, io vi dico che quando voi non sete d'animo di metterci Pisa in mano, libera con tutto el dominio e iurisdizione, come era avanti la ribellione, che voi non pigliate questo affanno di venire qui né altrove per trattare accordo, né anche diate questa briga a questo signore, né ad altri. E così, quanto alla securtà della vita, roba e onore vostro, quando voi non siate d'animo di volerne stare alla fede dei nostri Signori, voi medesimamente non pigliate briga

di affaticare persona per composizione alcuna, perché la fede dei mia Signori non ha infino ad qui avuto mai bisogno di alcuno mallevadore; e pure quando la ne avessi di bisogno, alcuno mallevadore ci basta. Ma la più ferma e la più vera sicurtà vostra ha ad essere fondata in sulla liberalità vostra, che voi liberamente vegnate ad mettervi in grembo dei miei Signori. E qui mi distesi con quante parole più efficaci seppi da muoverli. Volsimi poi ad quelli contadini, e dissi che m'incresceva della loro semplicità, perché giuocavano un giuoco dove e' non poténo vincere, perché come e pisani avessin vinto la gara loro, e' non li vorrebbono per compagni, ma per servi, e tornerebbono ad arare; dall'altro canto, se Pisa sarà sforzata, di che ad ogni ora e' possono dubitare, e' perderanno la roba e la vita e ogni cosa. A questo, messer Federigo dal Vivaio cominciò a gridare che io volevo dividerli e che questi non erano termini convenienti. Quelli contadini non dissono mai cosa alcuna, e mi parve che gustassino quelle parole e massime questo bene nel parlare che si fece fra noi, che dicendo io che non volevono pace e che li arebbono più guerra che non vorrebbono, Giovanni da Vico con parole alte ed efficaci disse dua volte: $1185$Noi vogliano la pace, noi vogliano la pace, imbasciadare. E il signore parlò loro sopramano e alterato, dicendo che lo avevano uccellato etc. E così io mi partii, dicendo al Signore che mi volevo partire poi la mattina subito, e che se non si fussi fatto notte in quelli ragionamenti, mi sarei partito la sera.Rimase el signore con loro, dove stette per spazio di dua ore, e circa tre ore di notte mi mandò a dire che mi voleva parlare la mattina avanti partissi. Mandò questa mattina a due ore di giorno per me e mi disse che aveva dopo la partita mia lavato loro el capo da dovero, in modo che dissono, penserebbono questa notte se ci era modo veruno a questa loro securtà, e che farebbono per avventura qualche buona conclusione, e che questa mattina li erano venuti ad dire che avevono pensato qualche modo che credevono che piacerebbe a vostre Signorie e anche doverrebbe piacere ad el popolo loro, ma non erano per dirlo, se non lo conferissino prima in Pisa, e per questo se ne andrebbono in Pisa, o tutti o la metà, come parrebbe ad lui, per tornare con una risoluzione ferma; e che lui li aveva consigliati ad andare parte, perché li pareva a proposito che il filo non si rompessi, pure che li consiglierebbe di quello che paressi a me. Risposigli che ero di contraria opinione, e che a me pareva ne andassino tutti, perché per avventura vostre Signorie non vorrebbono prorogare più el salvocondotto e, non lo prorogando, sarebbe cagione di maggiore rottura che andando tutti; ma vadino là, disponghino quel popolo a quello che io dissi loro ieri, faccinsi fare el mandato, mandinlo a sua Signoria con la

conclusione fatta per loro, e allora non si mancherà di credere loro e di fare qualche bene. Lui stava pure in sulla sua opinione, come quello che li era entrata una gelosia grande addosso che vostre Signorie non si contentino che questa pratica si maneggi qui; in tanto che lui mi disse: Vedi, sganna quelli Signori che questa pratica o la non si concluderà, o la si ha ad concludere qui, e veggo bene perché tu consigli che ne vadino tutti, per spiccarla di qui. Io m'ingegnai quanto io seppi di sgannarlo e partiimi da lui risoluto che ne li mandassi tutti. Tornato ad lo alloggiamento, quando io fui per montare ad cavallo, venne a me messer Giovancola e disse come avendo fatto quel signore intendere ad quelli pisani era bene partissino tutti, che loro non se ne sono accordati, e vogliono almeno che $1186$ne rimanga dua, cioè messer Federigo da Vivaio e Filippo di Pucciarello. Io gli dissi allora: Or vedete voi che miei Signori si sono apposti: prima ché dileggiavono questo signore, poi ché vogliono ad loro proposito tener viva questa pratica in Pisa; ed io solo per scoprirli affatto, consigliai el signore ne li mandassi tutti. Rispose che el signore n'era male contento e che aveva protestato loro che non aspettassino da voi altro salvocondotto, né che lui lo ricercassi; ad che loro aveno risposto piglierebbono quel partito potrebbono. E con questo mi sono partito, e questa sera mi starò all'Allumiera, e domenica o lunedì sarò costì da vostre Signorie. E perché quelle intendano tutto el seguito con presteza, vi ho scritto la presente; e mi ha promesso el cavallaro essere costì sabato ad ora di desinare, e vi sendo, vostre Signorie li faranno pagare uno fiorino, che così li ho promesso.Circa el rassegnare quelli che erano con li oratori, io non ho saputo, per il tempo breve, come farlo. Honne ragionato con Rubertisto; lui mi ha detto che ci sono tutti; e e mia garzoni, che insieme con loro aspettavono fuora della audienza, dissono, erano una catena di 16 o più. Raccomandomi ad vostre Signorie.Plumbini, die xv martii MDVIII.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1509 apr 16, LC$1192$Io risponderò prima ad una di vostre Signorie dei xii, per la quale vostre Signorie desiderano intendere da me che fanti sieno campo per campo, e chi della Ordinanza, o fanti o altro, mi pare da cambiare, e di tutto avvisi; ad che dico come, poi parti' di costì, io non sono possuto ancora essere nel campo di San Piero in Grado, e però di quello io non posso ragionare, ma di questi altri dua campi vi dirò come si truovono.Nel campo di val di Serchio, dove è commissario Antonio, sono questi fanti: el Prete da Citerna, con fanti 250 di Fivizzano;

Giovannagnolo da Monterchi con quelli di Castiglione del Terzieri, fanti 150; Giannesino da Serezana, con e fanti di Casentino, 130, perché di 150 ne è perduti venti nel tradimento di Alfonso; Morgante dal Borgo con quelli di val di Cecina, fanti 100; Autonio da $1193$Castello con quelli di Firenzuola, fanti 100; questi fanno el numero di 730. Sonvi poi Giannone da Libbrafatta e Giannetto da Carda con 60 fanti; el signor Francesco e Giuliano del Caccia con 100, e Bernardino da Carrara guarda la forteza, taleché, levato Bernardino, ad Antonio resta in masserizia 890 fanti. Aveva detto Antonio, Dietaiuti con Ioo di Valdinievole, che veniva ad fornire el numero de' 1000, ma parendo ad Niccolò Capponi stare qui troppo solo, li chiese in presto uno conestabile, tanto che di costì si provvedessi, e mandogli Dietaiuti, el quale si truova qui, e credo che Niccolò li rimanderà piuttosto uno di quelli connestaboli, che di nuovo dicono viene qui, che li rimandi lui; perché sa bene el paese e sano ancora la sua compagnia, ché non lo sanno ancora questi che di nuovo sono venuti, ma lo sanno bene quelli che ha Antonio, per essere stati già dua mesi ad questa scuola: ed in vero la fanteria che ha Antonio è così bella fanteria come io credo sia oggi in Italia. Trovasi qui, oltre ad Dietaiuti, ché non ci è anco ben fermo, la bandiera d'Anghiari sanza capo, la quale dice non vuole partire di qui, e, dall'altro canto, Alamanno non vuole mandare el Cerchio qua: vedremo di assettarla el meglio si potrà, venuti fieno ad Càscina quelli fanti, che intendo mandate di nuovo per conto di questo campo: è questa bandiera d'Anghiari circa 110 uomini. Sonci e fanti della Pieve, circa 180; sonci e fanti di Bibbiena, fanti 186; appresso ci sono quelli del Ponte ad Sieve sotto Agnolone, fanti 112; sonci 80 scoppiettieri, che aggiungono alla somma, sanza quelli di Dietaiuti, di fanti 668 d'ordinanza: e fanti pratichi sono, Carlo da Cremona con 100, Daccio e Gattamelata con 60, Morello con 40, el figliuolo di Saniccia Corso con 40, che aggiugne alla somma in tutto di 908, sanza Dietaiuti: taleché, se le mandono qui 200 fanti, como io intendo, ci verrà ad essere più di millecento fanti sanza Dietaiuti, e rimandando ad Antonio Dietaiuti o un altro simile, ne ara Antonio e suoi mille. El modo ad fare che questi fanti d'ordinanza non diminuischino, è, ogni volta che per malattia o per altra cagione e' sono manco uno, otto o dieci per cento, ordinare al conestabole che mandi el suo cancellieri ne' paesi dell'ordinanza sua, e con la industria e con la autorità sua e vostra e dei rettori, ne rimeni in qua el numero che manca; appresso ordinare che e commissarii non dieno licenza se non ad quelli che sono ammalati; $1194$e chi si fugge o disubbidisce sia gastigato qui, costì, e ad casa, dove si può; e tenendo questi modi le compagnie staranno intere e salde, e sanza

altro vostro fastidio. Né io per me so quelle mi avessi ad licenziare o richiamare in cambio ad questo, se non in luogo di necessità, e ne' modi detti; e m'ingegnerò, mandando vostre Signorie e danari ad tempi, non abbino briga.Vostre Signorie mi scrivono un'altra loro de' 14, per la quale mi dicono, se io sono fermo in Càscina, ordinassi che sempre nella forteza si trovassi 8 o 10 buoni uomini con uno capo, e da mangiare per xv dì almeno, e che vi facessi ridurre tutte le palle e piombo si truova in munizione; la quale lettera trovò Francesco Serragli ad Càscina, e lui la lesse, e mandommela ieri qui, ed essendo qui e non a Càscina, vostre Signorie pensino come la possevo eseguire; lessila ad Niccolò Capponi, el quale mi disse ne risponderebbe ad vostre Signorie. Pare per quelle lettere vostre Signorie disegnino mi fermi in Càscina il che non è punto ad proposito, perché quivi può stare ogni uomo d'ogni qualità, e se io vi stessi, non sarò buono né per le fanterie, né per nulla. So che la stanza sarebbe meno pericolosa e meno faticosa, ma se io non volessi né periculo né fatica, io non sarei uscito di Firenze; sicché lascinmi vostre Signorie stare infra questi campi e travagliare fra questi commissarii delle cose che corrono, dove io potrò esser buono ad qualche cosa, perché io non sarei quivi buono ad nulla, e morrèvi disperato. E però di nuovo le prego disegnino sopra qualche altro, quando el Serraglio non voglia starvi, il quale è molto a proposito.Io ricordo la paga di Pagolantonio e de' suoi fanti sono alla guardia di Càscina e della Verruca.Io arò domani fornito di pagare tutte le fanterie d'ordinanza di questo campo, che al presente si truovano qui, e manderonne subito el conto. Altro non ho che dire alle Signorie vostre, perché delle cose di qua di più importanza le magnificenze di questi signori commissarii ve ne aranno scritto, ai quali io mi rapporto; nondimanco, come prima arò agio, non mancherò di farvene un lungo discorso. Valete.In campo ad Mezzana, die 16 aprilis MDVIIII.Servus, Niccolò Machiavegli, secretario.

%1509 apr 21, LC$1197$Io parti' tre dì sono di campo da Mezana e ne andai in campo di Val di Serchio con Arcangiolo da Castiglione, el quale serve nel campo d'Antonio in cambio di Dietaiuti: sicché vostre Signorie leveranno Dietaiuti d'in su la listra del campo d'Antonio e lo metteranno su' quella del campo di Niccolò, ed Arcangiolo metteranno in su' la listra del campo di Antonio. Viene pertanto ad essere el campo d'Antonio assettato e ad quello di Niccolò manca, secondo il desiderio suo, che il Cerchio vada con questi compagni ha qui ad servirlo, e

tengasi con el resto della sua compagnia d'Anghiari; e venendo qui questa mattina con e cento fanti di Valdichiana e conferito con el signor commissario circa e fanti di qui, mi rispose non poter fare di manco in questo luogo che di 750 fanti d'ordinanza; e però non vedeva come si poteva mandare el Cerchio ad Mezana, cum sit che con el Cerchio non passava detto numero, o di pochi, perché Agnolo da Citerna con gli aggiunti ne ha 189, Sarra 45, ed il resto a Livorno, Cerchio 94, capitano Piero 70, Bastiano grasso 80, Bastiano magro 300, e quali fanno la somma di 778; e cavandone el Cerchio, che ne ha 94, verrebbono ad essere meno di secento; e ragionando come si avessi ad assettare questa cosa, che 'l Cerchio potessi mandarsi ad Niccolò e che queste compagnie non stessino spezate e che si guardassi Livorno, pare ad sua Signoria che lo infrascritto modo sia assai ad proposito: cioè, ridurre qui tutta la compagnia di Sarra, che saranno 80 fanti, e ad Livorno mandarvi 40 fanti della compagnia di Bastiano grasso, e li altri licenziare, perché ne sono molti che se ne vogliono ire ad casa; e aggiugnere ad Sarra 70 fanti, el quale manderà in Mugello uno suo capitano di bandiera a levarli, e così verrà $1198$ad avere Sarra 150 fanti; aggiugnere ancora al capitano Piero infino in cento scoppiettieri, che ne ha 70, e così lui manderà el suo cancellieri a levarli; Agnolo da Citerna ci resti co' suoi 189; Bastiano magro co' suoi 300; e il Cerchio si manderà allora ad Niccolò Capponi, e qui verrà ad essere di fanti di ordinanza, sanza el Cerchio, venuti che fieno e 70 nuovi di Sarra, e li 30 del capitano Piero, 739 fanti. E se vostre Signorie alla giunta del mandato di Sarra e del capitano Piero, li spediranno presto, si spedirà presto questa cosa e fermerannosi le fanterie di questi campi e poserassi l'animo; e ad quest'altra paga licenzierà el commissario li 40 fanti di Bastiano grasso, e 40 ne manderà ad Livorno; e così questa compagnia sanza capo starà meglio là, e quest'altre saranno unite co' connestaboli loro. Altro modo per ora non mi pare trovare da potere satisfare a questi commissarii, e però Alamanno dirizzerà questi mandati al Magistrato vostro con sue lettere, e vostre Signorie saranno contente espedirli presto.Io starò qui dua dì, dipoi tornerò nel campo d'Antonio, poi me ne andrò nel campo di Niccolò per esservi quando si darà loro quest'altra paga; la quale, come io lasciai in ricordo ad Niccolò, bisogna che vi sia per tutto dì 27 del presente, perché tutte quelle compagnie hanno ad essere pagate da' 28 ad e 30 dì del presente. Io manderò, come prima potrò, che sarà avanti quattro giorni, el conto della paga che io pagai, perché non l'ho fatto prima per non avere auto tempo. Raccomandomi ad vostre Signorie.Servitor, Niccolò Machiavelli, secretarius.

%1509 mag 18, LC$1202$Io giunsi iarsera qua' e parlai con la Magnificenzia del capitano circa la provisione del pane; lui mi fece parlare con e deputati da questi priori sopra la canova, e con uno Betto Baroni, ad chi detti deputati la ànno allogata. Dissonmi detti deputati avere dato ad Betto 30 ducati per $1203$questo mese, e lui si è obligato provedere el campo ad suo guadagno e perdita, e non sanno donde si possa essere nato questo disordine, dicendo Betto avere fatto suo debito, e che lui che era presente disse essere convenuto con Antonio' di mandare in campo da 630 e 640 staia di pane ogni dì, et che lo ha mandato, ma che 'l mancamento nasce da quelli di Valdinievole, di chi el commissario si è fidato; e da ora se el commissario vuole, servirà el campo ogni dì di cento staia, che tanto ne logora, ad prezo e peso conveniente sua bisognia che 'l commissario ordini o che pane non vi venga d'altronde, o venendovene non si venda se il suo non è venduto, perché non vorrebbe averlo ad gittare via. Io per me credo che se di qua non andrà in campo più che 30 o 40 staia di pane el dì, e che del resto si fidi in su la Valdinievole, che spesso el campo verrà ad qualche stretta, perché io ho provato come fanno quelli comuni che oggi mandono e domani no. E invero non possono fare altro, non avendo el grano in casa sua, avendosi ad provedere di qua, e credo che Antonio non abbi permesso ad costoro el provedere ad tutto, parendogli forse el pane scarso; ad che questi deputati mi hanno promesso reparare, constituendo ad questo loro canoviere termine di peso conveniente. Un'altra cosa ancora ci è: che 'l maestro del campo dal pane della canova non ha nulla, e dall'altro sei quattrini della soma; donde lui ha sempre persuaso ad Antonio che si provegga per via di Pescia più tosto che per via di Pistoia. Io sono domani dove Antonio e parleronne seco. E questo ho scritto ad le Signorie vostre acciò vegghino che questa comunità ha fatto e fa el debito suo, e se disordine nasce, donde viene. Dicemi questo canoviere avere iarsera auto nuove dal suo rispondente come in campo era abbundanzia. Ma questi ordini non ben fermi fanno oggi abbundanzia e domani carestia. Raccomandomi ad vostre Signorie. Quae bene valeant.

%1509 nov 17, LC$1221$Giovedì addì xv arrivai qui ad salvamento, e il dì medesimo era arrivato Piggello Portinari e con lui messer $1222$Antimaco, che fu già segretario di questo marchese e dipoi cacciato da lui e divenuto faccendieri dello imperadore; el quale messer Antimaco aveva lettere imperiali di commissione li pagassi e danari, e così ieri dopo desinare li annoverai novemila ducati, e ho appresso di

me la lettera dello imperadore e una quietanza di sua mano; e di tutto anche si è tratto rogo per mano del medesimo notaio che rogò l'altro pagamento. Venne con messer Antimaco uno giovane veronese, per avere e mille ducati dovevo pagare, secondo la commissione di vostre Signorie; e per non avere mandato alcuno, né lettera alcuna del principale, se non la fede di messer Antimaco, non liene volli pagare, e li dissi tornassi per il mandato e liene pagherei. Rimase di così fare e che tornerebbe oggi; e io lo attenderò qui, e poi, aute tutte queste quietanze di questi pagamenti, le manderò per uno di questi cavallari ad vostre Signorie, come mi commettono; e se io avessi fatti ieri tutti e pagamenti, e avessivi possuto mandare le quietanze, vi spaccerei con la presente, e con le alligate di Francesco Pandolfini, che Giovanni Borromei per suo ordine vi manda in diligenza, uno di questi cavallari, e ne sarei ito questa mattina con messer Antimaco e con Piggello alla volta dello imperadore; ma per non avere fatti detti pagamenti e per non avere commissione di farli altrove che qui, sono rimaso; e subito fatto avrò tutto, vi manderò le scritture e me n'andrò ad trovare lo 'mperadore. El qual messer Antimaco mi disse, addì xii averlo lasciato ad Roveré, e che di quivi doveva partire per ad Bassano, luogo discosto ad Verona qualche 25 miglia verso el Frivoli, e che Sua Maestà con uno grosso esercito voleva attendere ad battere e viniziani da quella parte, e da quest'altra si aveva ad fare la impresa di Lignago, e che lui doveva con parte di questi danari fermarsi qui qualche giorno per ordinare cose necessarie ad tale impresa; e come lo 'mperadore si era di nuovo ristretto' con el re di Francia e li mandava una solenne e onorevole imbasceria; e così discorrendo, mi parlò delle cose dello imperadore, secondo la consuetudine loro molto magnificante. Occorse poi intorno ad ventidue ore, mentre e danari si annoveravano, che giunse uno cavallaro mandato dal vescovo di Trento, che come sapete è governatore in Verona, con lettere ad messer Antimaco; le quali lette, lui e Piggello mi si accostorno e dissonmi avere avviso come iermattina Vicenza si era $1223$ribellata, e che viniziani vi erono drento, e per questo avere commissione d'andare come prima potevono ad Verona con questi danari. Altri particulari non mi dissono, ma uscito fui da fare detti pagamenti, intesi la nuova esser già per tutta la terra e il modo riferirsi variamente. Chi dice che tutte le genti che v'erano sono state svaligiate e che il Fracassa e il marchese di Brandiburgo' è rimaso prigione; chi che 'l popolo, levatosi in arme, ne li mandò tutti d'accordo senza fare loro offesa alcuna: e così non ne ho possuto ritrarre la verità. Credo che Francesco Pandolfini per questa che lui manda in diligenzia, ve ne potrà forse dare più vero ragguaglio. Dubitasi per molti che Verona non

facci il simile, e se la non lo farà, credo sia per rispetto de' franzesi che le sono propinqui, e per avere in corpo forteze di assai buona qualità, quando sieno munite.Altro per ora delle cose di qua non ho che scrivere ad le Signorie vostre, ma quando mi troverò in luoghi più atti ad intendere, ne potrò dare più certa notizia. Io andai iermattina per parlare alla marchesana, e trovai che avanti desinare, per levarsi lei tardi, la non dà audienza ad alcuno. Dopo desinare poi non posse' farlo, occupato in questi pagamenti, che mi tennero infino ad notte: vedrò oggi ad ogni modo di parlarle. Raccomandomi alle Signorie vostre, quae bene valeant.Ex Mantua, die xvii novembris MDVIIII.Non mando con la presente uno di questi cavallari, perché uno voglio che porti in costà le quietanze, un altro ne voglio meco in ogni modo, andando in là.Servus, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1509 nov 18, LCFIN QUIIo credetti posser fare oggi el pagamento de' mille ducati, e dipoi mandarvi tutte le quietanze e contratti $1224$dell'uno e dell'altro pagamento; ma sendo venuto questa sera el suo uomo, portò un contratto in modo acconcio che questo nostro notaio disse che non vi si posseva fare su pagamento né rogo alcuno; di modo che lui ha auto ad rimandarlo ad Verona ad racconciarlo, onde veduto questa cosa differire, mi è parso spacciare Ardingo con le quietanze del pagamento de' novemila ducati, fatto ad messer Antimaco, nel modo che per la alligata mia di ieri si scrive; e con questa sarà la lettera dello imperadore, che commette si paghino e danari ad messer Antimaco, e la quietanza di mano di messer Antimaco, e el contratto che fa fede di tale pagamento, rogato per il medesimo notaio rogò el pagamento feciono li ambasciadori. Non volle, ancora che io ne facessi istanza grande, detto messer Antimaco dire in sulla sua quietanza che questo fussi per il secondo pagamento, perché diceva che non aveva notizia del primo, e ad altri non ne prestava fede; ma volle dire, per il pagamento dovuto ad la Maestà Cesarea del mese di novembre. In sul contratto è ben detto e replicato più volte: per il secondo termine e pagamento. Io aspetterò qui ad postomani per pagare al veronese questi mille ducati; dipoi volendo menare meco el Zerino mi partirò per ad Verona, quando altro non nasca, e lascerò qui ad Luigi Guicciardini le quietanze e contratto di detto pagamento con ordine le porti costì seco ad vostre Signorie.Io ho parlato questo dì alla marchesana, e in nome di vostre Signorie la ringraziai dello onore fatto ad li oratori vostri e vi aggiunsi tutte quelle cose giudicai ad proposito in offerirle, ec. Risposemi umanissimamente,

ringraziando mille volte le vostre Signorie e, entrandole poi ne' casi di Vicenza, mi disse non avere ancora e particulari ad suo modo, ma s'intendeva che i soldati e gente dello imperadore ne erano state mandate' senza altra offesa; né anche per altra via si è inteso altro. Di Verona s'intende come el vescovo di Trento ha messo in quelle forteze circa millecinquecento spagnuoli, e che vi si segnavono le case per alloggiarvi gente franzese. Non si sa quello seguirà, perché da l'un canto si crede che veronesi abbino una gran voglia di somigliare e vicentini; da l'altro pare ragionevole che le forteze e e franzesi vicini li abbino ad ritenere: pure e popoli qualche volta si vogliono cavare una voglia, sanza pensare quello che ne abbi poi ad risultare. E tanto più lo potrieno fare volentieri, quando lo 'mperadore $1225$fussi ad Trento, come s'intende; e di quivi si dice che li anderà ad fare una dieta ad Bolgiano. Non lo scrivo per cosa certa, ma per detta da chi viene da Verona, o come essa cosa possibile.Giovanni Borromei credette trovare ieri uno che portassi le lettere di Francesco Pandolfini, secondo che Francesco li commetteva: ma non trovando, li è parso che Ardingo faccia con la diligenza quello che arebbe fatto uno con uno solo cavallo, e però li ha dato, perché sia costì in due dì e mezzo, ducati quattro. Vostre Signorie ne faccino di tanti rimborsare Lionardo Nasi, e di più rimborsino ancora detto Lionardo d'uno fiorino d'oro e tre quarti, pagato al notaio che ha rogato lo strumento vi si manda. Raccomandomi ad le Signorie vostre, quae bene valeant.Ex Mantua, die xvni novembris MDVIm.Paghino ancora vostre Signorie ad Lionardo Nasi uno mezo ducato, pagò Giovanni Borromei al messo portò le lettere di Francesco Pandolfini, perché così li ordinò Francesco.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1509 nov 20, LCIermattina si parti di qui Ardingo cavallaro con mia lettere de' 17 e 18, e per quelle dissi quanto mi occorreva, e mandai tutte le fedi del pagamento de' novemila ducati. Questa scrivo ad vostre Signorie perché, spacciando Giovanni Borromei una staffetta per commissione di Francesco Pandolfini non ho voluto venga senza uno mio verso; perché altro di nuovo non ho che scrivere, fuora di quello scrissi per altre. Aspetto venghi oggi da Verona quello veronese per ricevere quelli mille ducati, e fatto tale pagamento, cavalcherò in là, per essere in luogo dove io possa $1226$meglio intendere le cose, e con più verità farne certe le Signorie vostre, perché questo è uno luogo dove nascono, anzi piovono le bugie, e la Corte ne è più piena che le piazze. E pure questa mattina si è detto e affermato per tutto che lo 'mperadore è entrato in Padova, quando e viniziani ne

uscirono per ire ad Vicenza, e si afferma per tutti e luoghi di questa terra. Io, come ho detto, pagati questi danari, me n'andrò ad Verona o dove potrò più propinquo ad lo 'mperadore, se i cammini fieno in modo fatti che si passi per alcuno. Altro non v'ho che dire, se non raccomandarmi ad vostre Signorie.In Mantova, die xx novembris MDVIII.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1509 nov 22, LCIeri partii da Mantova e giunsi qui, e non ierlaltro feci el pagamento delli mille ducati e la quietanza, e la fede della procura e il rogo lasciai ad Luigi Guicciardini con ordine lo portassi lui quando tornava costì ad vostre Signorie, se già da quelle non li fussi ordinato altrimenti. Lo 'mperadore si trova ad Avi, luogo di qua da Rovereto poche miglia, e si dice aver comandato nel contado di Tiro10 uno uomo per casa per venirne oltre con essi al soccorso di questa città, e ci si aspetta la sua Maestà di dì in dì: per questo non sono ito più avanti, ed anche per non essere el cammino securo; e pure oggi di qui ad le Chiuse sono stati presi da' viniziani dieci cavalli che andavono ad trovare el prefato imperadore: pertanto io fo conto di aspettarlo qui, dove dovrebbe riposarsi ragionevolmente tutta questa guerra.Le cose di questa città si truovono in questo essere. E' gentili uomini, parendo loro forse essere in colpa, non sono marcheschi; e populari e la infima plebe è tutta viniziana: pure con tutto questo, el dì che viniziani ripresono $1227$Vicenza si vide assai buon segno, perché appunto in su la nuova della perdita di Vicenza si appiccò una zuffa in piazza intra certi spagnuoli, in modo che tutta la terra si messe in arme e usci qualche voce fuora che viniziani erano dentro; nondimeno non fu alcuno che uscissi delle case sue e che facessi alcuna trista demostrazione. Sono in questa città 4 luoghi chiusi che si guardono e di qualità che, forniti bene, vorrebbono assai tempo ad espugnarli dove sono in guardia fanterie tedesche, e infra tutte non aggiungono ad mille. Sonci poi tremilacinquecento altri fanti infra spagnuoli e italiani: ècci circa mille o mille dugento cavalli. E avete ad intendere come tutte le fanterie e cavalli tedeschi, da una piccola cosa in fuora, che sono qui con el vescovo, tutti se ne sono iti via; sonci rimasti circa dugento cavalli borgognoni, e quelli italiani che lui aveva soldati. Sonci qualche quattrocento cavalli franzesi, venuti in su la perdita di Vicenza, mandati dal Gran Mastro, e questo dì ci è venuto, mandato ancora da lui, con circa centocinquanta cavalli, un conte Giovan Francesco da Bergamo. Truovonsi e viniziani ad San Martino con loro campo discosto ad qui cinque miglia, e con loro artiglierie, che

dicono hanno qualche cinquemila fanti pagati e un numero grandissimo di villani arrabbiati, e tutta la loro cavalleria; ed hanno scorso questo dì tutta questa campagna e rotte quante strade ci è, in modo che io ebbi una gran ventura ad venire ieri e non oggi. Credesi che viniziani abbino ad fare ogni cosa per avere questa terra e vanno uccellando ad l'intorno per tastare el popolo' e vedere se surgessi tumulto alcuno che li mettesse drento; quando e' vegghino che questo non giovi, credesi ne verranno con le artiglierie, perché giudicheranno non avere ad combattere se non con li soldati ci sono, perché se 'l popolo non si mosterrà amico, non si mosterrà anche nimico, e se questa festa ha ad essere, la non dovrà passare domenica, perché e' non bisogna perdino tempo, e se non pigliano questo luogo, la presa di Vicenza gioverà loro poco, perché questa ad un tratto chiude el passo a' franzesi e a' tedeschi, il che non fa Vicenza. Dipoi dicono costoro che l'è in modo debole, che la riperderanno con quella medesima facilità che la ripresano.Questi della terra che non vorrebbono mutarsi e e tedeschi hanno ogni loro speranza ne' franzesi, e non $1228$ragionano più cosa alcuna dei provvedimenti della Magna, ma dicono che 'l Gran Mastro viene qui in persona e che li ha fatto muovere messer Jan Iacopo con tutte le genti d'arme che el re ha in Lombardia, e che li hanno fatto quattromila venturieri, e fanno scendere diecimila svizeri, e con tutto questo esercito fieno qui subito per riavere Vicenza e rituffare l'esercito de' viniziani in fino nel Golfo. Se questi provedimenti sono veri, vostre Signorie da Francesco Pandolfini ne possono avere lo intero. Qui mi è suto detto che 'l Gran Mastro ha mandato qui queste poche genti per dare questa speranza di soccorso ad costoro, e che, da l'altro canto, ha spacciato uno ad el re che debbe essere tornato in nove giorni, per intendere come Sua Maestà vuole che se ne governi, né si sa come el re se la intenderà, e se vorrà piuttosto aspettare di ripigliare le cose per sé che difendere quelle d'altrió. Pure nondimanco questo passo importa troppo e sta bene in mano ad ognuno, da chi sia per farli guerra in fuora.Io parlai con il vescovo questa mattina, dicendogli la cagione della mia venuta e come io mi fermerei qui ec. Viddemi molto volentieri e laudò assai le Signorie vostre dell'osservanza della fede per il pagamento fatto, ec. E da canto mi è stato detto, e da più di un uomo di conto, come questi novemila ducati sono cagione che Verona è oggi dello imperadore, e che sempre ne faranno fede; sicché tenghinne memoria vostre Signorie per posserlo ricordare a' tempi quando altro succedessi, perché così è egli vero come e' mi è suto detto e come io lo scrivo.Non mando il Zerino, perché non mi pare ancora tempo da rimanere solo con Marcone. E ben vero

che io spendo più che uno ducato el dì, che mi è suto ordinato di salario; tamen come sono stato per il passato, così sarò sempre contento ad tutto quello che vorranno le vostre Signorie; ad le quali mi raccomando.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius et mandatarius.

%1509 nov 24, LC$1229$Avanti ieri, che fummo a' dì xxii scrissi ad le vostre Signorie quanto avevo ritratto delle cose di qua, e la lettera mandai ad Giovanni Borromei ad Mantova, ma avendo deliberato questa mattina rimandare costì il Zerino cavallaro, li ho ordinato facci motto' ad Mantova ad Giovanni e la porti con questa, e perché io la stimo salva, non la replicherò altrimenti.El campo de' viniziani, quale era, come per quella dissi, ad San Martino, discosto ad qui cinque miglia, si ritirò ieri verso Vicenza: dicono costoro averlo fatto, poiché non $1230$viddono qui farsi movimento alcuno e non esser venuti avanti per rispetto de' franzesi; e benché, come per l'ultima mia dissi, non ce ne fussi venuti molti, tamen non hanno voluto venire ad alcuno cimento, dove e' sieno, per non irritare el re e farli pigliare gagliardamente la 'mpresa contro di loro. Quello che abbi ad essere ora qui, non è veruno che si ardisca ad congitturarlo. E ben vero, che si sa che il re di Francia ha una gran voglia di questa città e che questi cittadini e gentiliuomini hanno gran desiderio che l'abbi; e che lo 'mperadore non pare sia per ora sufficiente né ad difenderla, né ad guardarla; e che così non può stare, perché dopo poco tempo ci si morrà di fame, e bisognerà che Francia la sovvenga, oltre ad di forze, ancora da vivere. Come e' se l'abbino ora questi re ad pigliare, bisognerà rapportarsene ad li effetti, e pratica qui non s'intende che ci sia. Possono vostre Signorie da Francesco Pandolfini averne più lume. Lo 'mperadore si truova ad Avi, come per l'altra dissi, discosto ad Roveré poco, e si dice che attende ad fare gente per venirne in qua; e se questo accidente di Vicenza non veniva, dicono che e' sarebbe ora ad Spruch. Potrebbe per avventura, sendosi ritirati e viniziani, fornire questo suo viaggio ad qualche buono proposito che altri non sa, benché qui si aspetti la sua Maestà con dette genti d'ora in ora. Io, se da vostre Signorie non mi è commesso altro, non partirò di qui, perché dove lui è, non ha voluti né oratori, né altri seco; ma l'oratore di Francia e quello di Aragona, che andorono seco, li ha mandati ad Trento, dove ora sono: e io credo, che ad intendere questi travagli, sia meglio lo stare qui che ad Trento. Una cosa mi farebbe andare là, che è se io credessi trarre quelli privilegi che in su la capitolazione e' promisse, e quali non si sono ancora auti; ma

non me ne avendo vostre Signorie al partire mio detto alcuna cosa, né in scritto né altrimenti, non so se io mi facessi bene o male domandarli. Altro non mi occorre, se non raccomandarmi ad vostre Signorie, quae bene valeant.Ex Verona, die 24 novembris MDVIIII.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.Messer Piggello ricorda ad vostre Signorie el servito suo, e la sua faccenda di Roma, etc.

%1509 nov 26, LC$1231$Poi che io arrivai qui, ho scritto dua volte ad le Signorie vostre a' ventidue e ventiquattro, le quali arà presentate ad quelle el Zerino. Né è occorso altro di momento, se non che si vede tuttavia ingrossare questo luogo di gente. E ieri vennono mille guasconi da Peschiera, e oggi sono arrivati dugento uomini d'arme, pure franzesi; e a Peschiera si dice è assai gente ad piè e ad cavallo, le quali debbono venir qua infra dua dì con el Gran Mastro; al quale tempo ci si aspetta anche l'imperadore; dopo la venuta de' quali si dice che passeranno avanti ad purgare e peccati di Vicenza. Ed è questa gita aspettata con desiderio da e soldati per la speranza della preda e per la debolezza del luogo, dove sperano con poca fatica e meno pericolo fare grandissimo guadagno. Né s'intende che viniziani la fortifichino, né che faccino alcuno estraordinario provedimento, ma stannosi con le loro genti ad l'intorno di quella città in certe castelletta, e costoro attendono ad rubare el paese e saccheggiarlo, e vedesi e sentesi cose miserabili senza esemplo, di modo che nelli animi di questi contadini è entrato uno desiderio di morire, e vendicarsi, che sono diventati più ostinati e arrabbiati contro a' nimici de' viniziani che non erano e giudei contro a' romani, e tutto dì occorre che uno di loro preso si lascia ammazzare per non negare el nome viniziano. E pure iersera ne fu uno innanzi ad questo vescovo che disse che era marchesco e marchesco voleva morire, e non voleva vivere altrimenti; in modo che el vescovo lo fece appiccare; né promessa di camparlo, né d'altro bene lo possé trarre di questa opinione; dimodoché, considerato tutto, è impossibile che questi re tenghino questi paesi con questi paesani vivi. Se presa Vicenza costoro sono per fare altro o con che convenzioni, e il re di Francia venga sì gagliardo ad questa impresa, io non lo so. Rimettomene ad quello che ne arà scritto Francesco Pandolfini, el quale, per essere più antiquo qua e appresso ad uomini più liberali, ne deve aver ritratto qualche particulare. El $1232$vescovo di Gursa, come io intendo, non è con lo 'mperadore, ma è ito più addrento nella Magna ad procacciare danari. Raccomandomi ad vostre Signorie quae bene valeant.Ex Verona, die 26 novembris MDVIIII.Mando questa ad Giovanni Borromei ad Mantova,

che la mandi con le prime spaccia.Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1509 nov 29, LCAddì 26 fu l'ultima mia, la quale mandai ad Giovanni Borromei ad Mantova con ordine la mandassi con le prime sue, e così farò di questa. Poi che io scrissi la sopraddetta, è venuto qui circa dugento uomini d'arme, mandati pure da Ciamonte, tra franzesi e italiani, intra e quali è venuto Tarlatino con la sua compagnia. Stassi qui ora in aspettazione che si facci questo campo grosso, e dovevano infino ieri accozarsi ad Ossplengo lo 'mperadore con el Gran Mastro, né per ancora s'intende vi sieno convenuti. Né pare che sia rimasto dal Gran Mastro, per essere stato ad Peschiera infino tre dì fa. Doverranno, quando e' si accozino insieme, fermare come e in che modo questa guerra si abbi ad maneggiare, e io non ho lasciato addrieto cosa alcuna, per intendere se Francia chiede o è per avere ricompensa dallo 'mperadore per fare questa guerra, o veramente se la farà sanza altra ricompensa, parendogli assai guadagno tenere el nemico discosto ad li suoi confini e levare occasione a' populi poco fedeli di ribellarsi; e non ho per ancora possuto intenderlo ad mio modo, perché io non credo che chi è qui lo sappi; e con chi io ne ho ragionato di costoro, sta in su l'onorevole, dicendo che Massimiliano non darebbe ad Francia un merlo di quello stato li tocca, e che ad Francia debbe bastare $1233$che lo stato dello 'mperadore sia scudo al suo e tocchi ad lui lo essere calpesto, e che Francia è forzata ad pigliare questa difesa perché e' difende le cose sua e con più vantaggio e con più securtà, tenendo el nimico discosto, che aspettando di averlo a' confini: e pare ad costoro questo partito ad Francia necessario. Resta ora, come lui la intenderà. Io non posso dire altro ad le Signorie vostre, se non che così non può stare questo paese, e quanto più questi principi merranno queste guerre lente, tanto più crescerà la voglia a' paesani di ritornare a' primi padroni, perché costoro sono drento ad la città consumati da chi alloggia loro in casa e di fuora rubati e morti; e viniziani conosciuto questo, si governano al contrario, e li fanno drento e fuora riguardare, sopra quello che è credibile, da una moltitudine armata, in modo che se questi re stanno ad bada l'uno dell'altro e non fanno questa guerra grossa e corta, e' potrebbe nascere cosa che queste terre tornerieno più presto che le non si partirno.Lo 'mperadore infino dua dì fa si trovava dove scrissi per l'ultima ad vostre Signorie. Qui venne ieri il Fracassa, el quale si dice sarà fatto dallo 'mperadore capitano delle sue genti italiane in cambio del signore Gostantino, el quale dicono se ne torna ad Roma per avere auto parole con monsignor della Palissa, di qualità

che detto Palissa li ha mandato lettera di disfida; sicché per non si avere ad travagliare con franzesi, e' se ne torna ad Roma e non lascia qua di lui molta buona opinione.E' viniziani sono con le loro genti seminati dalle dodici miglia in là, e corrono e loro stradiotti spesso infino qui ad due miglia. E pure ieri tolsono ad costoro più di cento cavalli da saccomanno, in modo che questo dì sono iti con scorta di più che cinquecento cavalli. Trovonsi qui circa quattromilacinquecento fanti, e duemilacinquecento cavalli, che ce ne debbe essere dumila per conto di Francia. Aspettasi domani quattromila fanti tedeschi e lo 'mperadore, dopo sarà abboccato con el Gran Mastro. Altro non ho di nuovo che raccomandarmi ad le Signorie vostre, quae bene valeant.Ex Verona, die 29 novembris MDVIIII.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1509 nov (Lett. 168)Spectabili viro Luigi Guicciardini come fratellocarissimo in Mantova. Data in casa Giovanni Borromei.

Carissimo Luigi. Io ho hauto hoggi la vostra de' 26che mi ha dato più dispiacere, che se io havessi perduto elpiato, intendendo a Iacopo essere ritornata un poco difebbre: pure, la prudentia vostra, la diligentia di Marcho,la virtù de' medici, la patienza et bontà di Jacopo mi fastare di buona voglia, et credere che voi la caccierete comeuna puttanaccia miccia, porca, sfacciata che la è; et per laprima vostra aspecto intendere ne siate iti, ad dispectosuo, tucti allegri ad la volta di Firenze.Io sono qui in isola secha come voi, perché qui si sanulla di nulla; et pure per parere vivo, vo ghiribizandointemerate che io scrivo a' Dieci, et mandovi la lorolettera disuggiellata; la quale, letta ad tucti, la daretead Giovanni, la mandi per la prima staffecta che 'lPandolfino scrive, o come ad lui parrà. Et me liraccomanderai, dicendogli che io mi sto qui con el suoStefano, et attendo ad godere. Sarei ito ad la corte, ma elLango non vi è, ad chi ho la lettera di credenza; et ad lo'mperadore non ho lettere, sì che io potrei essere preso perspia: dipoi ogni dì si è detto che viene qui, et tuctiquesti mammaluchi che seguitono la corte sono qui.Ho caro habbiate mandate quelle fedi ad Firenze, di chemeritate una grande commendatione ad presso Dio et lihuomini del mondo. Se voi scrivete ad messer Francescovostro, ditegli che mi raccomandi ad la combriccola. Sonovostro, vostrissimo; et quanto al comporre, io pensotuctavia ciò. Addio. Addì 29 di Novembre 1509. VeronaeUti frater Niccolò Machiavegli secretarius apud Cesarem.

%1509 dic (Lett. 170)Spectabili viro Luigi Guicciardini in Mantova tanquamfrati carissimo.

Affogaggine, Luigi; et guarda quanto la Fortuna in unamedesima faccienda dà ad li huomini diversi fini. Voi,fottuto che voi havesti colei, vi è venuta voglia dirifotterla et ne volete un'altra presa; ma io, stato fui qua

parechi dì, accecando per carestia di matrimonio, trovai unavechia che m'imbucatava le camicie, che sta in una casa cheè più di meza sotterra, né vi si vede lume se non perl'uscio. Et, passando io un dì di quivi, la mi riconobbe et,factomi una gran festa, mi disse che io fussi contentoandare un poco in casa, che mi voleva mostrare certe camiciebelle, se io le volevo comperare. Onde io, nuovo cazo, me locredetti, et, giunto là, vidi al barlume una donna con unosciugatoio tra in sul capo et in sul viso, che faceva elvergognoso, et stava rimessa in uno canto. Questa vechiaribalda mi prese per mano et, menatomi ad colei, dixe: -Questa è la camicia che io vi voglio vendere, ma voglio laproviate prima et poi la pagherete. - Io, come peritoso cheio sono, mi sbigotti' tucto; pure, rimasto solo con colei etal buio (perché la vechia si uscì sùbito di casa et serròl'uscio), per abbreviare, la fotte' un colpo; et benché iole trovassi le coscie vize et la fica umida et che leputissi un poco el fiato, nondimeno, tanta era la disperatafoia che io havevo, che la n'andò. Et facto che io l'hebbi,venendomi pure voglia di vedere questa mercatantia, tolsi untizone di fuoco d'un focolare che v'era et accesi unalucerna che vi era sopra; né prima el lume fu apreso, che 'llume fu per cascarmi di mano. Omé! fu' per cadere in terramorto, tanta era bructa quella femina. E' se la vedeva primaun ciuffo di capelli fra bianchi et neri, cioè canuticci, etbenché l'avessi el cocuzolo del capo calvo, per la cuicalvitie ad lo scoperto si vedeva passeggiare qualchepidochio, nondimeno e pochi capelli et rari le aggiugnevonocon le barbe loro infino in su le ciglia; et nel mezo dellatesta piccola et grinzosa haveva una margine di fuoco, chela pareva bollata ad la colonna di Mercato; in ogni punctadelle ciglia di verso li ochi haveva un mazetto di pelipieni di lendini; li ochi haveva uno basso et uno alto, etuno era maggiore che l'altro, piene le lagrimatoie di cispaet e nipitelli dipillicciati; il naso li era conficto sottola testa arricciato in su, et l'una delle nari tagliata,piene di mocci; la bocca somigliava quella di Lorenzo de'Medici, ma era torta da uno lato et da quello n'usciva unpoco di bava, ché, per non havere denti, non poteva ritenerela sciliva; nel labbro di sopra haveva la barba lunghetta,ma rara; el mento haveva lungo aguzato et torto un poco insu, dal quale pendeva un poco di pelle che le adgiugnevainfino ad la facella della gola. Stando adtonito ad mirarequesto mostro, tucto smarrito, di che lei accortasi volledire: - Che havete voi messere? -; ma non lo dixe perché erascilinguata; et come prima aperse la bocca, n'uscì un fiatosì puzolente, che trovandosi offesi da questa peste dueporte di dua sdegnosissimi sensi, li ochi et il naso, e'm'andò tale sdegno ad lo stomaco per non potere sopportaretale offesa, tucto si commosse et commosso operò sì, che iole rece' addosso. Et così, pagata di quella moneta che lameritava, mi parti'. Et per quel cielo che io darò, io noncredo, mentre starò in Lombardia, mi torni la foia; et peròvoi ringratiate Iddio della speranza havete di rihaveretanto dilecto, et io lo ringratio che ho perduto el timoredi havere mai più tanto dispiacere.Io credo che mi avanzerà di questa gita qualche danaio,et vorre' pure, giunto ad Firenze, fare qualche trafficuzo.Ho disegnato fare un pollaiolo; bisognami trovare unomaruffino che me lo governi. Intendo che Piero di Martino ècosì sufficiente; vorrei intendessi da lui se ci ha el capo,et rispondetemi; perché, quando e' non voglia, io miprocaccierò d'uno altro.De le nuove di qua ve ne satisfarà Giovanni. Salutate

Jacopo et raccomandatemi ad lui, et non sdimenticate Marco.In Verona, die VIII Decembris 1509.

Aspecto la risposta di Gualtieri ad la mia cantafavola.Niccolò Machiavegli.

%1509 dic 1, LC$1235$Addì 29 del passato scrissi alle Signorie vostre, e mandale ad Mantova ad Giovanni Borromei. Ieri scrissi ancora ad le Signorie vostre brevemente, la quale mandai per uno corrieri del papa che veniva costì, e per quella detti avviso della venuta dell'uomo dello imperadore con el signore Gostantino. La presente vi mando per messer Francesco da Santa Fiore, cancellieri di Pandolfo Petrucci, che se ne ritorna in costà; e per quella mi occorre di nuovo scrivervi, come questo abboccamento, che doveva fare el Gran Mastro con lo 'mperadore, non si è fatto. Nondimeno ancora ieri si trovava el Gran Mastro ad Peschiera, e lo 'mperadore partì da Arco per essere ad Trento, che pare cattiva via ad venire in qua. Sono venuti qui oggi circa ad tremila fanti tedeschi: dicesi sono di quelli che erano ad Vicenza; altra gente non si vede venga, e per chi viene da Spruch ritraggo non se ne trovare per la via, né dirsi là che ne avessi ad venire. Ieri questo vescovo luogotenente, desiderando alleggerire questa città ad preghiera de' cittadini di quella, e parendoli ci fussi tanta gente potessino uscire in campagna e alloggiare in qualcuno di questi castelli ad l'intorno, dove e' tenessino el nimico più stretto, e questa città più larga, richiese e franzesi, ci sono, dovessino farlo; ad che risposono, non essere per partirsi di qui per ire avanti sanza commessione del Gran Mastro, e ad sorte in questo medesimo tempo venne nuove che lo 'mperadore aveva richiesto per mezo del signor Lodovico da Gonzaga, che li aveva mandato ad Ciamonte, del medesimo, e che Ciamonte li aveva fatta la medesima risposta, cioè che sanza nuova commissione del re, non era per far passare Verona ad le sue genti: di modo che qui si cominciò ad sparlare assai de' franzesi per questi imperiali, dicendo che lo 'mperadore si acorderebbe con e viniziani e li caccerebbe d'Italia; in maniera che tutta la passata notte le genti di Francia sono state ad cavallo armate per la terra, e alcuni di questi gentiliuomini dubitarono forte che questa mattina e' non se ne tornassino $1236$ad Peschiera, e l'altro dì ci entrassino e viniziani. Pure oggi, d'onde e' si nasca io nol so, la cosa pare rimpiastrata, e questi capitani franzesi sono stati ad uno lungo consiglio con el vescovo, né si sa ancora quello si abbino consigliato: pure si vede, così al discosto, che questi sono due re che l'uno può fare la guerra e non vuol farla, l'altro la vorre' fare e non può; e quello che può, la va ad suo proposito dondolando. Ma Dio

voglia che si apponga, perché, se considerassi quello importa la innata desperazione di questi paesani, li parrebbe mille anni di tòrre loro dinanzi ad li occhi quello esercito, in che li sperano, né penserebbe ad alcuna altra cosa; ma se mantengono con questi modi a' paesani la desperazione e a' viniziani la vita, credesi, come ho detto altra volta, che in una ora possa nascere cosa che farà pentire e re e papi e ciascuno di non avere fatto suo debito ne' debiti tempi. Questa comunità ha mandato questa mattina dua oratori ad lo 'mperadore, a mostrare loro dove e' si truovono e dove e' temono di trovarsi: aspetterassi la tornata loro, la quale sarà di momento, quando non si vedessi altro che quello si vede ora. Ragionasi che si debbe fare una dieta a Chenpte, di là da Spruch tre giornate, e per avventura si crede che lo 'mperadore vi si vorrà trovare in persona.E viniziani pigliono qui ad l'intorno quante castella vogliono, e sentesi che li hanno fatto danno, e fanno nel Ferrarese; di che persuadendomi io dobbiate aver nuove da Ferrara, non scriverò altrimenti. E pure oggi si è detto che viniziani aveno condutte certe galere per il Po e che 'l duca di Ferrara aveva affondate loro dreto certe barche in modo che le venivono ad essere come prese, e che si aspettavano genti franzese per possere porre loro le mani addosso.Se lo imperadore si fermerà ad Trento, io andrò forse infino là, se prima vostre Signorie non mi rivocano, di che le prego assai, perché seco non può ire persona, e per stare discosto, io posso stare costì come qui; massime essendo qui a' confini Francesco Pandolfini, che d'ogni cosa può tenere benissimo ragguagliate le Signorie vostre, travagliando con uomini ec. Valete.Ex Verona, die prima decembris MDVIIII.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1509 dic 2, LC$1237$Ieri scrissi ad vostre Signorie e mandai le lettere per messer Francesco da Santa Fiore, cancellieri di Pandolfo Petrucci, che se ne tornava in costà. Arete inteso per quelle come el dì davanti qui si era assai sparlato de' franzesi, perché richiesti di andare avanti, non aveno voluto farlo e erono stati quasi che in levata tutto il dì, e come el giorno dipoi la cosa pareva con loro rimpiastrata. Ho inteso questo dì che la cagione di tale alterazione era che 'l Gran Mastro voleva da costoro la possessione di Valleggio, che è uno castello in sul Mincio, el quale castello e Peschiera sono signori di quello fiume. E per avere questo passo, e franzesi per loro giudicandolo, come in fatto è, assai ad proposito, hanno voluto in su questa occasione vedere se se ne possono insignorire; e s'intende come la cosa è per acconcia. Ma quello che e franzesi promettino,

avendo questo castello, io non lo so certo, perché ne ho inteso variamente. Chi dice che promettono guardare questa città per lo imperadore finoché egli sia ad ordine ad potere procedere più avanti; chi dice che promettono di servire Cesare con cinquemila svizeri e ottocento lance per questa impresa di Vicenza; né so quale opinione si sia vera; tanto è che li è fatto o per fatto' uno simile accordo infra loro: vedreno ora quello seguirà. Né io ho altro da dire ad vostre Signorie, perché dello imperadore non s'intende altro che quello per altra scrissi ad quelle, ad le quali mi raccomando umilmente. Valete.Ex Verona, die II decembris MDVIIII.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1509 dic 7, LC$1238$De' dì due fu l'ultima mia, la quale mandai per le mani di Giovanni Borromei, per cui mando ancora la presente. Scrissi ad vostre Signorie per quella come s'intendeva che franzesi volevono el castello di Villeggio nelle mani, avendo ad servire lo 'mperadore, ec. E seguito poi che lo imperadore mandò al castello di Valleggio lettere, per le quali consegnassi quel castello al re di Francia, il che lui non volle fare; donde e franzesi di nuovo si volevono partire, tale che veduto questo vescovo questa necessità, ha mandato questa mattina con tali lettere mandate a chi tiene quel luogo, commettendoli lo consegni a' franzesi, e ad la tornata sua vedreno quello arà fatto.Tornorno ieri quelli dua oratori che io dissi che di questa terra erano andati ad lo 'mperadore, e quali hanno ripieno di buona speranza questa città, faccendo intendere per parte di quella Maestà stieno di buona voglia, perché presto sarà qui con uno validissimo esercito, con el quale crede potere in brevissimi dì ultimare questa guerra; di che ciascuno ne sta contentissimo e in espettazione grande. Riferiscono che lo lasciarono infra San Michele e Bolgiano, di là da Trento qualche diciotto miglia, ancora che si dica questo dì come e' si truova a Bolgiano e che li attende con gran diligenza ad fare tutto quello che può.Qui si truovano circa 8000 fanti fra tedeschi e altri, e circa 2500 cavalli. Sonsi divisi infino in ventimila persone fra contadini e altri foresti: che fa questa terra 45000 anime. Volendosi ogni dì 1500 mannali di grano e altante brente di vino, e' ci è da vivere circa per dua mesi: male sono atti questi dalla terra a fare provedimento, e lo imperadore non può fare tante cose.E viniziani attendono da la parte di qua ad scorrere e consumare el paese, e costoro badono per ora ad guardare bene questa città. El Gran Mastro ad questi dì se ne ritornò ad Brescia; ora dicono è ritornato ad Peschiera, credesi

per la cagione soprascritta. Altro non mi occorre, se non raccomandarmi ad le Signorie vostre. $1239$Intendesi come e viniziani, in tutti questi luoghi de' quali si rinsignoriscono, fanno dipignere un San Marco che, in scambio di libro, ha una spada in mano, d'onde pare che si seno avveduti ad loro spese che ad tenere li stati non bastono li studj e e libri. Valete.Erami scordato significare ad vostre Signorie, come addì 4, circa ad 20 ore, certi spagnuoli volendo, in uno borgo di questa città detto San Zeno, sforzare una casa, e quelli di casa defendendosi, uno di detto borgo corse in uno campanile e suonò ad martello, in modo che tutta la città fu in arme e fu pericolosa cosa, perché si penò un pezo ad intendere la cagione del tumulto; pure, conosciuto, si fermò e fu subito preso e impiccato quello che suonò ad martello. Messonsi in su tale romore e tedeschi ad piè insieme, e allora si possé vedere che gente vi era di loro, e annoverai diciotto bandiere, che sono per bandiera intorno ad 300 fanti, e quali fanti nel ritornarsene ad casa dopo el tumulto fermo, furno alloggiati nella contrada di Santo Stefano drento ad la terra, sotto la rocca di San Piero, che prima erano alloggiati di fuori e aveno consumati quelli alloggiamenti. Insumma e' si sta in questa città in gran sospetto, e massime de' contadini; e ogni dì si fa bandi che ad una ora determinata si presentino al vescovo. Valete iterum.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1509 dic 9, LC$1241$Ieri scrissi ad vostre Signorie l'ultima mia, la quale sarà con questa. Non è ancora tornato el mandato andò per consegnare Valleggio a' franzesi, e però io non posso significare ad le Signorie vostre come la cosa sia seguita. È ben vero che qui per tutto si dice fia consegnata. La ragione vorrebbe non si stessi molto ad ire innanzi, volendo far bene ad questa città, utile ad le genti sue e male a' nimici: perché qui è gente assai, e tuttavia ne viene; e pure iarsera arrivorno parecchi centinaia di fanti guasconi, che venivono da Peschiera, e li spagnuoli ci sono, hanno auto danari da e franzesi; sicché ad queste gente non manca ad ire innanzi se non chi le comandi; il che bisogna sia, come ho detto, presto, perché s'intende che viniziani fanno certa tagliata, la quale se la fusse lasciata loro fare, dicono questi periti del paese che sarebbe difficile, mentre durassi el verno, potere andare ad molestarli verso Vicenza. Debbe ancora el duca di Ferrara avere bisogno che viniziani sieno stretti di qua, acciò non possino sì oziosamente assaltarlo, come hanno fatto ne' dì passati, di che si è parlato qui ciascuno dì variamente; ma perché io so vostre Signorie ne sono avvisate dallo 'mbasciadore

del duca appunto, non ne dirò altro.Questa sera ho parlato con uno che viene da Buggiano, che partì di là avanti ieri, e mi ha detto avere lasciato in quello luogo lo 'mperadore, el quale si diceva che partiva per andare verso Spruch, e ad Trento sono rimasti quelli forestieri che sogliono seguire la Corte, con ordine non partino, ma lo attendino qui, infino che da lui non è significato loro altro.Credo, se Ciamonte viene in qua, verrà seco Francesco Pandolfini, el quale delle cose di qua potrà tenere avvisate vostre Signorie, onde la stanza mia qui sarà al tutto inutile, e l'ire dreto ad lo 'mperadore ancora verso Spruch, quando bene quello non se ne curasse, sarebbe anche sanza profitto delle Signorie vostre. Ma si vede che non vuol seco alcuno che l'osservi; e quanto a' pagamenti che si $1242$hanno ad fare, lo 'mperadore se ne debbe essere valuto in tutto, onde chi li ha avere, verrà fino costì ad trovare vostre Signorie; sicché da ogni parte la stanza mia è superflua; e però aspetto per da prima intendere quello abbi ad fare, e con desiderio, perché poi parti' di costì non ho mai auto di costà alcuno avviso. Raccomandomi ad vostre Signorie, quae bene valeant.

%1509 dic 12, LCScrissi ad le Signorie vostre, oltre alle tre, addì 2, 7 e 8, quali per non essere ancora state mandate da Giovanni Borromei, saranno con queste. Tornò addì 9 da Vaileggio el mandato del vescovo, e referisce avere consegnato quel luogo a' franzesi con promessa di restituirlo ad ogni richiesta dello imperadore; e ha fatto due inventarii delle artiglierie e munizioni vi erano, che uno ne ha lasciato a' franzesi e un altro ne ha portato seco. Sono ora sollecitati e franzesi ad cavalcare, e loro rispondono che aspettono fanterie o certi provedimenti hanno fatto per possere condurre le artiglierie. Ho inteso ancora di buono luogo come, per lasciarsi addietro con più sicurtà quella città, vogliono essere signori d'una di quelle forteze, e che 'l vescovo consegnerà loro la cittadella. E perché vostre Signorie, sentendo per lo avvenire parlare di Verona, intendino meglio el tutto, sappino che Verona ha assai similitudine con Firenze, perché le mura sue pigliono alquanto di costa, e el fiume dell'Adige, che esce dei monti della Magna, come e' giunge al largo, non si distende per il piano, ma torce in su la man manca rasente e monti, e divide Verona in modo che alquanto di piano con tutta la costa è da l'Adige in là verso la Magna, e tutto el restante della città di verso Mantova, è dall'Adige in qua; e uscito detto fiume di Verona di poco, e' lascia e monti, $1243$e s'indiriza al largo per la campagna. Ha Verona in sul monte, come dire ad la porta ad San Giorgio, una rocca detta San

Piero; dipoi più su alto, discosto ad quella due balestrate, in su la cima del poggio, ne ha un'altra detta San Felice: queste sono guardate da tedeschi e, perdute queste, Verona arebbe pochi remedii; ma sono assai forti più per il sito che per muraglia. Dalla parte di qua dall'Adige verso Mantova, che viene ad essere piana, come ho detto, sono dua forteze, una di verso Peschiera, che si chiama la Rocca Vecchia, e l'altra posta verso Vicenza, che è detta la Cittadella, discosto l'una da l'altra tre balestrate; e da l'una ad l'altra, da la parte di fuora, è el muro della città che fa uno mezo tondo. Oltra di questo da la parte di drento è uno muro diritto, che va da la Rocca Vecchia ad la Cittadella, messo in mezo da dua fossi grandissimi, e in fra questi dua muri e in fra l'una e l'altra forteza, sono più case, che tutte, con tutto questo spazio, è chiamato el Borgo di San Zeno. In questo Borgo sono alloggiati parte de' franzesi, né essendo contenti ad questo, hanno voluto ancora la Cittadella dove erano alloggiati li spagnuoli: sicché vostre Signorie per questo veggono di che parte di Verona detti franzesi sono signori. E gentiliuomini sono di quello animo che altra volta scrissi ad vostre Signorie, e parendo loro stare male, e dubitando di peggio, veggendo queste volontà esser mutabili, e veggendo e viniziani farsi vivi, e el paese loro partigiano, attendono con sollecitudine ad votare Verona delle loro robe, donne e figliuoli, e conduconle in Mantova; pure stanno ad speranza che Ciamonte venga; el quale, come ho detto di sopra, si dice che attende fanterie e artiglierie, e dipoi verrà subito.Scrissi ad le Signorie vostre, come avevo, lo 'mperadore essere partito da Buggiano per ad Spruch; dipoi ci è nuova certa come e' va ad Augusta ad fare una dieta per essere ad ordine ad tempo nuovo ad fare suo debito; e in su questo avviso tutti questi che seguono la Corte, che erono ad Verona, stativi per essere ambigui' dove lo avessino ad trovare o quello avessino ad fare, si sono partiti per ad quella volta; d'onde io, veduto questo, mi è parso venire infino qui, dove arrivai ieri, e spedire uno ad posta ad le Signorie vostre: e per farlo sanza costo di quelle, ho tolto Marcone mio tavolaccino, acciò che per lui mi avvisino quello vogliono che io facci, perché da li $1244$antecessori di vostre Signorie mi fu detto ad bocca che, andandosene lo 'mperadore nella Magna, io me ne tornassi costì: tamen con tutto questo ne voglino intendere la deliberazione di quelle. Pregole bene sieno contente darmi licenza, perché l'andare in Augusta per intendere la deliberazione della dieta, non è molto necessario, perché questa non è per fare altro che si abbino fatto le altre; dipoi ad lui non è grato, come ad li altri principi, avere appresso uomini d'altre potenze; e però quelli che li ha, o e' gli li licenzia, o e' gli confina in uno luogo, dove

e' comanda non partino sanza sua commissione, e vedesi che li ha lasciato tutti quelli aveva seco ad Trento, con ordine non partino di quivi. Quanto ad stare in questo paese per intendere queste cose, non è anche bisogno, perché Francesco Pandolfini, avendo ad governarsi quelle per le mani di Ciamonte, sempre ve ne avviserà prima e meglio che alcuno altro: pertanto di nuovo le prego mi dieno licenza, e mai non mancherà, quando lo 'mperadore torni in qua, o per altra cagione, farmi ricavalcare di nuovo. Pure, quando vostre Signorie deliberassino altrimenti, mi mandino con Marcone tavolaccino, apportatore presente, Ardingo cavallaro, perché mi bisogna uno che sappi el paese, e acciò che io abbia uno da potere spedire, fatta che fussi la resoluzione di detta dieta, che prima non potrete aspettare né avere mie lettere, se già vostre Signorie non volessino spendere in mandare in su e in giù cavallari, come facevono al tempo di Francesco Vettori. E, così mi mandino tanti danari che io possa dare le spese, almeno dua o tre mesi, ad tre cavalli che noi saremo, e anche da potere barattare o cambiare uno cavallo, quando mi mancassi, perché in quelli luoghi non si truova chi serva altrui d'uno soldo. Di nuovo mi raccomando ad vostre Signorie e le prego mi rispondino, e rimandino Marcone subito. Erami scordato dire come de' cinquanta ducati che io ebbi costì, mi resta solo otto ducati, che sono tanti quanti danari io ho. Valete.In Mantova, a' dì xii dicembre MDVIIII.Servitor, N. Machiavegli, secretarius.

%1509 dic 16, LC$1245$Per Marcone mio tavolaccino scrissi addì 12 ad vostre Signorie, e qui ne attendo risposta. E tornato questo dì el $1246$Zerino da Brescia e s'intende el Gran Mastro partirà mercoledì prossimo per ad Milano: il che è tutto contrario ad quello si stimava quando partii da Verona, e pare che queste cose non sieno spinte con quella gagliardia sarebbe necessario, non vi sendo né lo 'mperadore, né lui; perché io non so come, sanza uno di costoro, e' si usciranno in campagna, né so, non uscendo, come e' si potranno stare in Verona molti dì, perché le troppe genti vi si morranno di fame, le poche vi portano mille pericoli, sicché la stanza quivi non è molto secura, se si ha ad temere di quelle cose che le Signorie vostre per le loro delli 8 e de' 9 mostrono essere bene temere: tamen io sono per stare in ogni luogo e ne aspetto risposta di quello abbi ad fare da vostre Signorie. E ad la giunta del Zerino, Marcone non doverrebbe essere partito, e potranno per questo di nuovo deliberare come voglino mi governi; ad le quali mi raccomando.Ex Mantua, die 16 decembris, 1509.Servitor, Nicolò Machiavegli, secretarius.

%1510 lug 7, LC$1251$Oggi sono arrivato qui, dove ho trovato dua lettere di vostre Signorie, una de' 26, l'altra dei 29 del passato, le quali contengono più avvisi delle cose di costà, e quali ad lo arrivare mio di Corte comunicherò e userò in quello modo ne commettono le Signorie vostre; secondo però che infra sei o otto dì penò ad esservi, le cose aranno più o meno variato: e quando sarò là, darò particulare avviso ad quelle di tutto quello ritrarrò delle cose vanno attorno. Ho inteso poi fu' qui, come dua dì fa è partito di questa terra el vescovo di Tiboli, oratore del papa, per ad la Corte, dove li è suto commesso dal papa vadia con quanta diligenza può per notificare ad el re la cagione dello avere sostenuto monsignore d'Aus. E mi ha detto uno che lo scontrò per il cammino, come andava male volentieri in Corte, parendogli non avere ad trattare cose molto piacevoli, e ritrasse da lui che 'l re di Spagna aveva una grossa armata in Sicilia, carica di diecimila uomini da guerra o più, la quale stava quivi per servirsene bisognando, o per lui o per li amici, nelle cose d'Italia. Se questo è vero o no, vostre Signorie lo possono intendere con più certeza d'altronde, né cosa veruna me lo farebbe credere, se io vedessi el papa meno gagliardo contro ad la voglia di costoro; ma bisognando questa sua gagliardia sia fondata altrove che in sulla Santità sua, è necessario che simili preparamenti sieno o sieno per essere.Oltre al tenere bene avvisate le Signorie vostre di quello che ad la giornata si ritrarrà in Corte, io non ho altra faccenda qua che importi, salvo quella dove si avessi ad trattare di questi donativi che si promissono in questo ultimo accordo si fece con el re, come possono sapere vostre Signorie; e per questa cagione massime io stetti ad lungo in cammino con Alessandro Nasi per intendere dove si trovono le cose e vedere come io me ne avessi ad governare. Da lui fu' ragguagliato del tutto; e perché da quello vostre Signorie aranno inteso el particulare, io non lo replicherò altrimenti; dirò solo brevemente la sustanza, $1252$che è che lui per ordine costì dell'offizio promisse ad Rubertet si pagherebbe la rata loro ad lui e a di Ciamonte in questa fiera prossima di agosto; e come lui sta ad questa fede, che così si osservi. Dissemi di più che non credeva si potessino risparmiare per la città quelli diecimila ducati che sono rimessi qui per conto di Roano, e quali non si sono pagati per lo accidente seguito, per le cagioni che da lui arete inteso; ma che ci vede solo uno modo ad potere o salvargli, o differire almeno el pagamento qualche tempo, el quale è che detti diecimila ducati si distribuissino subito a' dua prenominati per conto della porzione loro: il che farebbe,

prima, che si satisfarebbono di quello hanno ad avere, dipoi si leverebbe loro dinanzi ad gli occhi quello logoro che li farà, mentre ci fieno, sempre stare volti qua: onde ne nascerebbe, o e' non se ne parlerebbe più, o e' sarebbe con assai comodità di vostre Signorie. E necessario vostre Signorie mi scrivino come mi abbi di questa cosa ad governare, quando me ne sia in qualche modo ragionato. Partirò fra dua giorni per la Corte, d'onde più particularmente scriverrò di quelle occorrenze a vostre Signorie, quae bene valeant.Servus, Niccolò Machiavegli secretarius florentinus.

%1510 lug 18, LC$1256$Arrivai qui iersera e per essere l'ora tarda non feci intendere la venuta mia altrimenti. Questa mattina dipoi mi presentai ad Rubertet e li dissi la cagione della mia venuta qui, e generalmente li usai tutte quelle cerimonie sono convenienti ad uno amico della vostra città. Lui mostrò avere cara la mia venuta, dicendomi come io ero venuto ad tempo, perché questa Maestà voleva mandare uno apposta costì per intenderé la mente di vostre Signorie verso di lui, mostrando come sua Maestà aveva preso qualche alterazione della lasciata di Marcantonio e della partita dell'oratore, sanza essercene uno altro in su questi affari: e però bisognava cancellare questa sospizione con e buoni effetti, e che io intenderei dal re la mente sua, la quale bisognava che per fante proprio io facessi intendere ad vostre Signorie. Risposi ad sua Signoria quello si conveniva ad simile proposta, iustificando le Signorie vostre, ec.: e per mostrarli che delli affari di Marcantonio vostre Signorie erano infino ad dì 26 del passato incerte, li lessi la lettera mi scrivesti in quel dì, e con la verità mi fu facile escusare tutto. Dissigli del passo li avevi dato per ad Bologna e le cagioni ve lo feciono fare; ad che lui mi replicò subito che non voleva ire ad Bologna, ma ad Genova, $1257$di che io mostrai non avere notizia alcuna, ancorché per la vostra de' dì 10 del presente io n'abbi inteso el tutto: perché se li intendessino che vostre Signorie fussino state sospese nel negare questo passo ad Marcantonio o ad genti del papa per ad Genova, parrebbe loro assai avere scoperto l'animo vostro: però ho giudicato più ad proposito s'intenda qui la proposta e la risposta ad uno tratto, la quale credo, in qualunque modo vostre Signorie la faccino, vi farà assai più facile el rispondere ad quello che di sotto si dirà.Fui dipoi davanti la Maestà del re, e con quelle più affettuose e accomodate parole seppi, datogli la lettera di credenza, esposi la cagione della mia venuta e dettegli notizia dell'oratore fatto e che sarebbe tantosto qui, auto riguardo ad la qualità dell'uomo, del

cammino e della stagione. Soggiunsi dipoi che sua Maestà volesse considerare le cose piccole e fatte ordinariamente, come le erano in fatto, e non altrimenti, e che una partita d'uno oratore, una licenza data ad Marcantonio, non meritava che si avessi ad pensare di mormorare di vostre Signorie, perché l'opere loro passate non meritavono simili sospizioni. Sua Maestà mi ricevé molto gratamente e mi disse che era certo della fede vostra e affezione verso di lui, perché da lui voi avevi auto di molto bene e di molto profitto, ma che li era venuto ora tempo da esserne più certo: e mi disse: Secretario, io non ho nimicizia né con el papa, né con alcuno; ma perché ogni dì nasce delle amicizie e inimicizie nuove, io voglio ch'e tuoi Signori, sanza dimorare punto, si dichiarino di quello e di quanto vogliono fare in mio favore, quando egli occorressi che il papa o alcuno altro molestassi o volesse molestare li stati miei che io tengo in Italia, e manda uno apposta subito, perché io ne abbia risposta presto e me lo faccino intendere o ad bocca o per lettere, come pare loro, perché io voglio sapere chi è mio amico o mio inimico; e scrivi loro ad rincontro che io per salvare lo stato loro offero tutte le forze di questo regno e venire con la propria persona. E di nuovo mi commisse che io facessi intendere subito questo ad vostre Signorie e ne domandassi risposta subito, e che io ne andassi con Rubertet ad fare questo spaccio. Io risposi ad sua Maestà come io non avevo che dire altro in riposta di quello aveva esposto, se non che io scriverrei con quella diligenza mi commetteva; credevo bene potere dire questo, che vostre $1258$Signorie non erano mai per mancare de' capituli avete con sua Maestà, e per fare tutte quell'altre cose che fussino ragionevoli e possibili: replicò che liene pareva essere certo, ma che ne voleva ancora particulare certezza. Dissi a sua Maestà della tornata di Tommaso ad Vinegia e delle cagioni: di che non mi parve tenessi molto conto.Andai dipoi con Rubertet insino al suo alloggiamento e stetti seco un pezzo; lui mi replicò el medesimo circa lo scrivere costì, e rimanemo li portassi la lettera e lui la manderebbe per le poste del re ad Lione, e che io commettessi la fussi mandata per fante proprio: e così ho scritto ad Bartolommeo Panciatichi faccia, e vostre Signorie lo rimborseranno di quello lui scriverrà avere speso. Ritoccòmi Rubertet questo caso dello oratore e di Marcantonio, e benché lui fussi certo che fussi vero quanto avevo esposto, nondimanco disse che voi ci avevi molti nimici e subito quando trovavono cosa da calunniarvi, lo facevano, e che li era bene in questi tempi non dare queste cagioni di dire male, e però era necessario che qui s'intendessi per il primo avviso detto oratore essere partito e che voi vi governassi in modo con Marcantonio che ancora si vedessi che non è di consentimento

vostro che si sia acconcio con el papa e che li si stia in su quello di Lucca o vadi altrove. Entrò dipoi sulle cose di Genova e disse i favori che i lucchesi avevano fatto a certi fuoriusciti, e quanto avevano essi aiutato, perché si facessi novità in Genova: e il re era d'animo di pagarli, e che li era bene pensare ad questo, perché in simili travagli si guadagnava. Dissemi che subito che le cose si vedessino riscaldare da dubitarne, el re verrebbe in Italia così presto come si sia per fare un altro privato, se fussi del mezo verno, e con chi gli sarà stato nemico non farà accordo veruno, se non con la spada; e però erano questi tempi da sapersi resolvere, massime avendo veduto tante volte esperienza della prontezza del re ad la guerra, della forza di questo regno, de' sua prosperi successi e del buono animo suo verso cotesta città e cotesto stato; e che chi non voleva ingannarsi per troppa passione, vede manifestamente che ad questo regno e ad le 'mprese sua non può nuocere cosa alcuna che la morte del re, della quale non si può temere per ora ragionevolmente. Sicché di nuovo ti dico che tu scriva ad quelli tuoi Signori che questi sono tempi da guadagnare grado assai con profitto assai. $1259$Trovasi qui una grande ambasceria del re d'Inghilterra che va ad Roma; non ne ho ritratto la cagione, ma Rubertet mi disse, e così ritraggo da altri, come egli hanno fatto una esposizione generale al re, dove erano presenti e primi signori del regno e li oratori che sono qui; e nel parlare loro mostrorno con parole efficacissime la unione grande che è infra quel re e questo, venendo infino ad questi termini, che il loro re stimava questo re e lo accettava per padre. E così forniti tutti questi ragionamenti, mi partii da lui.Le vostre Signorie desiderrebbono intendere, secondo che per la loro de' 29 mi scrivono, in su che fonda el papa questi suoi rigogli contro ad costoro. Qui, secondo che io ho possuto ritrarre per quel poco tempo ci sono stato, non se ne sa cosa veruna di certo, e però costoro dubitano di ogni cosa e di ognuno, e per chiarirsi di voi, vedete quello fanno: doverranno ancora, el più presto potranno, volere scuoprire li altri. Ritraggo bene da uno amico, che parla nondimanco per coniettura, che el più certo favore in su che 'l papa si fondi ora è questo; e suoi danari e e svizzeri; e dipoi con l'autorità sua si crede tirare dreto Spagna e lo imperadore: e da Spagna debbe avere buone promesse, perché si vide nell'impresa di Bologna che si parti da Roma sanza avere fermo con franzesi e con altri cosa alcuna certa; dipoi con l'audacia e autorità sua se li tirò dreto.Una volta la rottura tra il papa e questo re si crede si possa dire certa, vedendo tanto scoperto el papa nelle cose di Genova, e considerato quello si mormorava qua, ec. Quanto

a' svizeri, io ne so questo certo: che 'l papa infino ad otto dì fa ha mandato loro trentaseimila ducati per averne seimila, e voleva che si levassino; ma e svizeri, presono quelli danari e ora dicono che non si vogliono levare se non hanno tre paghe; che bisogna ancora diciottomila ducati; e a' dì undici di questo ne fu spacciato uno corriere da Ginevra ad Roma ad chiedere detti diciottomila ducati. E' quali svizeri iudica qualcuno che 'l papa li avessi disegnati per voltare lo stato di Genova, ma non si sa come el duca di Savoia sia per concedere loro el passo. E così nessuno si risolve ad iudicare dove queste cose si debbino o possino capitare: bisogna riportarsene ad li effetti che ad la giornata si vedranno. Aveva el re ordinato di revocare li oratori suoi da Roma; dipoi ha soprattenuta la commissione. $1260$Ricordinsi le Signorie vostre di fare qualche risoluzione di quello scrissi da Lione. Oggi onestamente ha detto portare per voi, e avere portato pondus diei et aestus, etc.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1510 lug 21, LC.Addì 18 scrissi ad vostre Signorie, e mandàla per le mani di Rubertet ad Lione ad Bartolommeo Panciatichi, con ordine la mandassi costì per fante ad posta: credo sia arrivata salva, e qui se ne aspetta risposta con desiderio. Andai ieri ad vicitare monsignore di Parigi, uno di quelli che oggi si truovono ad governare, e li parlai cerimonialmente, secondo si conveniva e ad l'uomo e al tempo. E costui d'ingegno riposato e tenuto savio, e veramente e' non possé parlare più discretamente delle Signorie vostre e delle cose che al presente si veggono surgere; e discorse quanto il papa errava ad volere senza cagione alcuna, per fare male ad altri, mettere in periculo sé e tutta Italia, e che se questa guerra andava innanzi, è un pezo che non fu mai vista la maggiore né la più ostinata; perché il re, quanti più benefizi ha fatto al papa, e quanto più ha desiderato l'amicizia sua, tanto più li sarà crudele inimico, e perseguiterallo nello stato e nella persona, e crederà essere scusato e con tutto el mondo e con Dio. Discese poi in su e casi vostri dicendo che, quanto a Dio e ad li uomini, voi non potevi essere se non buoni franzesi, né el re credeva altrimenti, perché voi vedrete apparecchiate tante arme in Italia per difesa delle cose sua e suoi amici, che voi non ne arete da temere; e quando il papa fussi nimico, non vi ha ad ritenere questo, perché el re non dubitò fare contro al papa per salvarvi lo stato d'Arezo, et costrigniere il figliuolo ad andare colla correggia al collo a $1261$trovarlo in Asti: sicché voi li avete ora ad render l'opera e scoprirsi ad buona ora, acciocché il benefizio sia più grato, il che potria tornare in benefizio vostro: e accennò di queste cose di Lucca.

Io gli risposi quanto mi parve conveniente, e partito da lui andai a vicitare il cancelliere. Costui è uomo più caldo e tutto collera e me ne dette una grande rimesta, e dello oratore che s'era partito e di Marcantonio, dicendo che questi erano atti di mala natura e da fare sospettare ciascuno; e benché facessi una gran calca di parole per non mi stare ad udire, tamen avanti partissi da lui lo lasciai assai quieto. Venne a questi particulari nel suo parlare: che vostre Signorie, sendo buone amiche di Francia, dovevono, quando il papa vi comunicava cosa alcuna contro ad Francia, farlo intendere qua, e dall'altro canto mostrare al papa che vostre Signorie non erono in effetto per comunicare seco: e che di questo voi non avevi fatto cosa alcuna. Risposi ad questo che ad la partita mia costì non era uomo di cotesta città che pensasse che fra sua Maestà e il papa dovessi nascere disunione, e che per questo non era suto necessario usare alcuno de' detti termini; e dopo la partita mia, io non sapeva quello che il papa si avesse detto o fatto con le Signorie vostre, ma quel tanto che dei casi di Marcantonio quelle avevono inteso, tanto se ne era fatto intendere al re, e così se altro ci fussi suto di momento, altro arebbono scritto. E mi partii da lui lasciandolo, come ho detto, assai quieto.Restami ad vicitare monsignore d'Amiens e monsignore di Bucciaglia, due altri de' primi del consiglio: perché con difficultà si trovano ad li loro alloggiamenti, perché in su questi moti stanno sempre insieme e non si possono avere alla spartita. Ho ben parlato loro ad tutti insieme quando arrivai, e poi al cospetto del re. Vicitai l'oratore di Spagna, da parte del quale io ho ad fare mille offerte alle Signorie vostre, perché così dice avere commissione dal suo re. Vicitai li oratori dello imperadore, che ce ne è due, uno stanziale, l'altro pochi dì sono ci è venuto in poste, secondo ho inteso, perché le genti di questo re non si partissero dall'offese dei veneziani. Questo è quello che da costoro, fuora delle ceremonie, ritrassi: di che loro mi attestorno con mille testificazioni, la Cesarea maestà e questo re non potere essere più uniti, e che quella Maestà non è mai per disunirsi con questa. Ora se li è vero, lo $1262$scoprirà el tempo. Fui dipoi con l'oratore del papa, che è un signore veramente dabbene, e molto prudente e pratico nelle cose di stato. Trovalo tutto male contento di questi moti, e tutto maravigliato come questa cosa sia così ad uno tratto venuta al ferro, e pare, se mi ha detto el vero, molto più sospeso de' fondamenti e ordini del papa, che affermandomi non ne sapere cosa alcuna. Dissemi bene, quando e' pensava che guerra poteva essere questa e in che modo assaltata e difesa, se ne raccapricciava tutto, e in ultimo si dole de li errori che si erano fatti in Francia e in Italia, de' quali e poveri populi e e minori principati sarieno e

primi ad patirne, e che da lui non era rimasto di mettere ogni pace, ma non la stimava più, né altro ritrassi da lui. Né in fatto de' fondamenti del papa non si sa veruna cosa certa per costoro, e come io dissi per altra non sapendo nulla, temono di ognuno e di ogni cosa. Hanno nuove come in codesti nostri mari sono state scoperte ventidue galee veniziane: non sanno come le possino essere passate in qua sanza consentimento di Spagna. Hanno nuove questo dì da Ciamonte che 'l marchese di Mantova è libero e ne va ad Roma ad trovare el papa, e Rubertet ne dette questa mattina l'avviso all'oratore suo qui. Intendono e fuoriusciti genovesi essere presso ad Genova ad poche miglia; e questa mattina Rubertet mi disse con non molta buona cera che Marcantonio ne era ito ad quella volta; d'onde s'intende che gli hanno fatta deliberazione, se non la mutano, di resolvere el campo hanno contro a' viniziani e lasciare con le genti dello imperadore cinquecento lance, per non partire dall'obbligo hanno seco, e trecento lance mandono ad Ferrara con alquanti fanti, e tutte l'altro genti d'armi e fanterie mandano nel Parmigiano per servirsene nelle cose di Genova, o verso Toscana, quando quelle fussino assicurate.Altro non ho inteso infino a questo dì, perché quello si parla del papa vostre Signorie se lo possono imaginare, perché torli l'obbedienza, farli uno concilio addosso, ruinarlo nello stato temporale e spirituale è la minore ruina di che e' lo minaccino. El cancelliere mi mandò a chiamare questa mattina e mi fece una gran querela da parte di Rubertet che vostre Signorie non li facevono el dovere, e che e danari erano ad Lione ec., e che vostre Signorie avevono solo questo amico, e questo si cercava perdere; e così mi disse molte altre parole piene di querimonia: $1263$risposigli di questa cosa non sapere cosa alcuna, ma che sapevo vostre Signorie delle promesse non erano per mancare. Altro non mi occorre che raccomandarmi alle Signorie vostre. Quae bene valeant.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1510 lug 22, LC$1264$La mia prima lettera scritta ad le Signorie vostre dopo lo arrivare mio qui in Corte fu addì 18, la quale, per essere importantissima, mandai per le mani di Rubertet ad Lione ad Bartolommeo Panciatichi, che così mi ordinò el $1265$re, con ordine che detto Bartolommeo ve la mandassi ad posta; e benché io sia certo che la sia venuta salva, nondimanco per ogni respetto e per abbundare in cautela, io ne mando incluso in questa un poco di sunto, el quale non mandai per quella scrissi ieri ad lungo ad vostre Signorie, perché la posta non soprassedé tanto che io potessi averlo scritto, tanto che io mi

riserbai ad mandarlo con questa. Né per altro scrivo la presente: perché avendo per la mia di ieri, mandata ad Lione per le poste regie, narrate tutte le occorrenzie di qua, non mi resta per la presente dire altro, salvo che questa mattina, dopo una messa solenne, questa Maestà pubblicamente in presenzia delli oratori inghilesi ha iurato, e con iuramento ratificato quelli capituli che infra sua Maestà e el re d'Inghilterra nei mesi passati furono stipulati, e da el re d'Inghilterra solennemente iurati. Dicesi che detti oratori non vengono più ad Roma, come per la prima vi scrissi, ma che se ne tornono in Inghilterra, non ostante che lo oratore del papa mi abbi ditto questa mattina che non fu vero, come si disse, che li avessino ad andare ad Roma, ma che li erano venuti solum ad questo effetto.Poi che ebbi scritto el di sopra, fui con Rubertet, el quale mi empié di querele delle Signorie vostre: dicendomi che il re iarsera non possé più dolersi di quelle, che in tanti moti contra di lui, quelle non lo abbino mai avvisato di cosa alcuna, né fattogliene intender nulla; e sa che le sanno meglio ogni cosa che altri in Italia, di modo che tale salvatichezza non viene da altro che da non aver purgato lo stomaco verso di lui; e adiunse Rubertet ad questo molte altre parole gravi, le quali non riferisco per non infastidire vostre Signorie.Escusai e purgai queste opinioni meglio che io seppi: nondimanco, come sa chi è stato qua, e' chiuggono li orecchi ad ogni cosa. Però, magnifici Signori, se quelli' desiderono non si perdere costoro, è necessario mostrare loro volere essere loro amico, e quando voi non potessi fare altro, almeno non mancare di questo, di spesseggiare con le lettere e con li avvisi non perdonando ad le volte ad lo spaccio d'un corriere, e tenerli avvisati delle cose di costà, per dare adito ad chi è qua di potersi fare vedere, e credito a vostre Signorie di tenere conto di loro.Questa ferita che ha voluto fare el papa ad costoro è di qualità e tanto estimata da questo re che io credo se ne $1266$possa fare questo iudizio certo: o che se ne vendicherà con sua gran satisfazione e onore, o che perderà ciò che li ha in Italia; e passerà presto e monti con duplicato impeto degli altri anni, e ciascuno crede che potrà fare molto più che non minaccia, quando Inghilterra e lo imperadore stieno saldi: di che non si vede el contrario.Intendesi che costoro hanno fatto provisione per le cose di Genova di diecimila fanti, oltre ad le gente d'arme che mandono ad quella volta; le quali gente fieno vostre vicine. Pertanto vostre Signorie pensino con la loro solita prudenzia ad risolversi presto, acciocché la loro resoluzione sia tanto più accetta. Raccomandomi ad vostre Signorie.Servus, Niccolò Machiavegli, secretarius in Bles, etc.

%1510 lug 25, LC.Ieri per le mani di Francesco Pandolfini riceve' dua di vostre Signorie de' dodici del presente, come più largamente scriverò con più agio alle Signorie vostre. Fo solo questi versi, partendo uno ad posta per Milano, per allegare dette lettere, e la mando sotto una lettera di Francesco Pandolfini. Ho scritto ad lungo ad vostre Signorie poi fui qui, addì 18, addì 21 e a' dì 22, le quali desidero sieno venute salve. Hanno auto costoro questa mattina buone nuove da Genova, e sono tutti lieti. Valete.

%1510 lug 26, LC$1267$Queste lettere del dì xxi del presente, che mi hanno mandato vostre Signorie per le mani di Francesco Pandolfini, per essere piene di buoni avvisi, consigli e deliberazioni hanno sì al tutto assicurato costoro che vostre Signorie voglino tenere la loro amicizia. E per venire a' particulari, subito che io ebbi iarsera dette lettere, me ne andai da Rubertet e fattogli intendere tutto, si rallegrò assai, dicendo: E' mi pare ch'e tuoi Signori faccino ora tutto quello che il re desiderava facessino: è però bene che il re intenda tutto. E così questa mattina di buona ora, sendo iarsera troppo tardi, fui con il re, e particularmente li narrai e lessi tutto il contenuto delle lettere di vostre Signorie, e quando venni a narrare quelle aderenzie di che il re si promette, e cominciando da' sanesi, e' mi disse: Costoro non hanno eglino non so che piazza di vostro? e replicandogli io di sì, mi rispose: Se Dio mi darà vita e' non la terranno più, né la loro città ancora: sicché scrivilo a' tuoi Signori, che ne stieno di buona voglia. Venni poi ad ragionare del marchese di Mantua: donde il re mi disse che li era libero, ma che penserebbe bene dove li entrassi. Quanto a l'imperadore, disse che ne stava bene sicuro, e circa e svizeri disse: Per mia fé, io sto in dubbio s'io li lascio passare o no, perché io non so che sia meglio, o che il papa sia disarmato, o che li abbi un'arme indosso che l'offenda. E qui discorse la natura de' svizeri e che a lui, con tanti danari e con tante forze, era suto difficilissimo il maneggiarli: e concluse infine che lo tratterebbono come il duca Lodovico, ma che avea fatto provisione di ritenergli. Ringraziò poi vostre Signorie de la risposta disegnavi fare al papa quanto al passo delle genti per Genova, e che ad riguardo de' travagli in che fussi per mettervi, che ordinerebbe che tutte le genti ha da cotesta banda venissino ad ogni vostra requisizione che vi facessi di bisogno; e quanto a le provisioni di Genova mi disse: Genova è assicurata, perché io ebbi lettere iarsera esservi entrati tremila fanti, e il figliolo di messer Gian Luigi dal

$1268$Fiesco con ottocento uomini, e con altanti un nipote del cardinale del Finale, e che fuoriusciti con le genti aveno condotte là se ne ritiravano, e che le sua galee con altri legni genovesi erano iti ad la volta delle galee viniziane, e che non le aspetterieno. Sicché sua Maestà fa Genova salva e tutta questa Corte ne è stata oggi in festa. Dissemi che viniziani non potevono farsi per questo accidente innanzi, né riguadagnare cosa d'importanza, perché vi rimaneva tante genti fra sue, dello imperadore e Spagna che erano sufficiente non solum ad tenere e viniziani, ma ad combattergli. Venendo ad ragionare del re di Spagna, mi disse che la sua armata se ne era ita e che non aveva datoli cagione di inimicizia, né lo credeva, perché la reputazione che li dava l'amicizia sua e non altro lo tiene in Castiglia; e in quanto a vostre Signorie co' ricordi loro, e' mi disse che io fussi con el cancelliere e con Rubertet e ne facessi loro un poco di nota.Fui dipoi con loro, e quali presero nota: il mandare 200 lance a Serezana e così retrarre Serezana di mano di San Giorgio e di quello Raffaellino mandato ad Savona: e così mi è parso che il re e tutti questi sua consiglieri abbino fatto e sieno per fare buono capitale degli avvisi e ricordi vostri: però vostre Signorie sieno contente, iudicando sia bene in trattenere costoro, usare in simili avvisi buona diligenzia. Altro non si è ritratto dal re, né da questi suoi in su questi avvisi vostri; né ci è altro di nuovo delle cose di Genova, se non quello me ne disse sua Maestà. Scritto infino qui addì 25.Siamo addì 26, e questa mattina s'intende esserci nuove da Genova, quali confermano quelle che ci erano ieri, e aggiungono di più, che in uno consiglio de' genovesi, dove si raguna trecento cittadini, si propose se si doveva spendere dei danari di San Giorgio per difendere Genova per la Maestà del re, e che messo el partito non vi fu se non otto fave discordante. Parlavane questa mattina el re publice con lo oratore d'Inghilterra, e publice ancora disse che fiorentini non volleno dare passo alle genti del papa per ad Genova, e che li erono sua grandi e buoni amici. Anche intendo le deliberazioni vostre per loro quanto più onorevolmente hanno possuto.Io sono stato con questo oratore di Mantova per vedere come lui commentava questa liberazione del suo $1269$padrone. Lui mi disse che convenia tale liberazione nascessi da speranza el papa avessi di valersene in questi maneggi, o da promesse che 'l marchese conveniva li avessi fatte; e dicendogli io che quando fussi questo ultimo, conveniva al marchese o rompere le promesse vecchie aveva fatte ad el re quando prese l'ordine, o rompere queste nuove avessi fatte al papa, risposemi che le promesse che si fanno in prigione non si hanno ad osservare, e che mai quel signore farebbe contro ad questa

Maestà; e se pure per uscire di prigione fusse forzato con la persona operarsi contro ad quella, che mai con lo stato lo diservirebbe, e sempre sarà quello stato ad sua divozione.Io so, come per altre mie ho detto, che vostre Signorie desiderrebbono intendere ad che cammino vadia Spagna e lo imperadore, e io desiderrei poterne dare ad quelle qualche certo avviso, ma ci veggo male il modo, perché non è ragionevole che quelli ne scrivino a costoro che sono qui el disegno loro, tale che questi oratori loro ne vengono ad restare al buio, né si può parlare qui di tale cosa se non per coniettura: la quale coniettura potendosi fare meglio per vostre Signorie, non sono già per fare io di qua; dirò solo quanto ad Inghilterra, che domenica passata, come per altra scrissi, si giurò qui solennemente la pace intra questa Maestà e quella per li oratori d'Inghilterra, e per questa Maestà, presente li oratori e tutta la Corte; e questa Maestà, quando io li dissi che 'l papa si prometteva anche d'Inghilterra, se ne rise, e disse: Tu hai tu medesimo udito el iuramento della pace ec.Dispiace ad chiunque è qui questo movimento del papa, parendo ad ciascuno che cerchi di ruinare la cristianità e fornire di consumare l'Italia; ma poi che non li è riuscito questo caso di Genova, si spera, quando e' non voglia persistere in questa caparbità, né dare el moto a tanto male, che le cose potrebbono fermarsi, e tanto più se e mezzani fussino buoni; perché, non ostante che la iniuria sia grande che il papa abbi voluta fare ad questa Corona, nondimanco non sendo riuscita, e dall'altro canto sendo pericoloso el volersene vendicare, perché nessuna più onesta azione si può avere contro a un principe che voler difendere la Chiesa, d'onde ne risulterebbe che volendole questa Maestà fare contro apertamente, ha da dubitare di tirarsi tutto el mondo addosso; dimodoché si crede che si lascerebbe facilmente consigliare, né e sali di $1270$Ferrara doverrebbono guastarla. Resta ora che 'l papa voglia: el quale doverrebbe essere, per questa impresa di Genova non li riuscita, divenuto più umile, vedutogli mancato questo principio sotto e conosciuto più difficultà in questa cosa che non si prometteva; e se fussi divenuto più pauroso, non doverrebbe mancare modi da assicurarlo, quando, come si è detto, e mezzani fussino buoni. E però da personaggio buono e d'autorità io sono stato pregato di pregare le Signorie vostre che non si voglino diffidare di condurre questa cosa, e voglino con l'autorità loro fare intendere al papa tutte quelle cose che saviamente se li possono dire; perché di qua questo tale non diffiderebbe che non si trovassi buono riscontro. Io ho voluto scrivere questa ultima parte ad le Signorie vostre, perché mi pare non uscire dello ofizio mio scrivendo ciò che io intendo e odo in questa Corte. Valete.

Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1510 lug 29-30, LC.$1275$Scrissi l'ultima mia addì 26 in risposta della dua di vostre Signorie de' xii del presente, e detti avviso per quella di tutto quello era occorso infino ad quel dì, e in specie come questa Maestà era per dette lettere restata assai satisfatta di vostre Signorie. Riceve' iarsera dipoi una di quelle de' xvi, e benché li avvisi fussino vecchi, nondimeno per mostrare ad questa Maestà, vostre Signorie non mancavano giornalmente dello ofizio loro, mi presentai questa mattina davanti ad quella e le conferii tutto, e tutto le satisfece e mostrò d'essere avvisata dal Gran Mastro, come le Signorie vostre aveno usato buona diligenza in tenerlo avvisato di ogni occorrenza. Dissemi sua Maestà avere nuove da Ciamonte come le sue genti hanno espugnato Monselice tanto onorevolmente del mondo, perché, preso la terra, la quale pigliorno di assalto, con el medesimo impeto presono la rocca, dove disse aveno morti seicento uomini o meglio, che uno solo non vi era campato. E in su questo ridendo disse: Io fui tenuto anno un malo uomo, quando nella giornata dove io ero si ammazzò tanti uomini; adesso monsignore di Ciamonte sarà tenuto quel medesimo. Dissemi che vi era capo uno da Berzighella e che non sapeva el nome e che, nel combattere, quelli di Monselice gridavano tutti: Iulio, Iulio, e raccontò questa nuova con piacere mirabile. Di Genova disse non avere cosa alcuna, e che una volta faceva quelle cose ferme e posate per sua Maestà; e perché Bartolommeo Panciatichi mi scrive da Lione come in Lombardia si aprono tutte le lettere, e che aprono quelle di vostre Signorie, io li dissi di questo, massime perché queste ultime vostre mi furono presentate aperte, e lo pregai fussi contenta sua Maestà $1276$ordinare ad quelli deputati ad tale ofizio che non aprissino le lettere appartenenti ad vostre Signorie. Sua Maestà mi disse che lo farebbe e che io lo dicessi da sua parte ad Rubertet, e che tale ordine si era dato generale avanti che io arrivassi, e che dopo lo arrivare mio non si era accorto di provvedervi per conto delle Signorie vostre. Parlàne poi ad Rubertet, el quale mi disse che per le prime poste ne scriverrebbe ad sufficienza.Questo oratore di Ferrara mi ha detto questa mattina come le genti del papa, oltre ad lo avere preso quelli dua castelli, di che scrivono vostre Signorie per le loro de' 16, sono ite ad campo ad un altro castello, e perché non si ricordò del nome, io non lo scrivo: dove nello arrivare, le genti che erano ad guardia di detto castello, uscirno fuora e presono ventitre uomini di arme di quelli del papa: di che dice che 'l re ha auto così gran piacere. Domandalo che gente aveva el papa

insieme ad quella impresa; non me lo seppe dire e dolsesi del suo padrone che lo avvisava male. Dissemi bene che faceva istanza che questo re lo soccorressi con fanterie, e che il re niene aveva dato buona speranza. Vedrassi quello seguirà.Intendesi, come per altra dissi, come el marchese di Mantova si trova ad Bologna, e questo suo oratore comincia ad dubitare che questa sua liberazione non li facci, quanto allo stato, peggiorare le sue condizioni. Stassi ad vedere el procedere suo, dopo el quale se ne potrà fare migliore iudizio.Scrivendo, che siamo circa ventitre ore, è arrivato di nuovo uno oratore del duca di Bertimbergh, signore tedesco, con circa dodici cavalli, el quale è stato incontrato e onorato da costoro.Per quello che si partì o per quello sia venuto, come s'intenderà, ne darò notizia alle Signorie vostre, quae bene valeant.Li oratori inghilesi dua dì fa; onorati e donati assai, se ne partirono per tornare in Inghilterra.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretario.Siamo a' dì trenta, e questa mattina ci è nuove come le gente che per via di terra andorno ad mutare lo stato di $1277$Genova, avendo la caccia dreto, se ne sono imbarcate una parte in sull'armata de' viniziani, dove hanno messo sei cavalli per galea e li capi loro, e che forse cento cavalli si erano stretti insieme per vedere se potevano salvarsi. Non sono costoro fuora di speranza capitare male l'armata viniziana.Sonci ancora nuove come el marchese di Mantova ha mandato ad chiedere el suo figliuolo per metterlo nelle mani del papa: onde questa Maestà lo ha fatto intendere qui al suo oratore, perché li operi el contrario con la marchesana, e detto oratore non crede che la marchesana sia per concederlo, né crede che anche in secreto el marchese sia contento che si dia.La cagione della venuta dello oratore di Bertimbergh è che veduto questa Maestà el procedere de' svizeri, e come 'l papa si promette di loro, per dare loro che pensare e acciò non possino ozioso servirlo, ha preso partito di dare loro molestia, ovvero di minacciarli per via di questo duca, el quale è loro inimico naturale e questo dì è stato detto oratore quasi tutto el giorno drento nel consiglio ad praticare con loro come abbi ad procedere in questa materia.Ha ancora questa Maestà mandato verso detti svizeri el capitano di questi svizeri che sono deputati ad la guardia del suo corpo, per tentare dall'altra parte di riguadagnarseli o tutti o in parte: e così vedrà, sia con il dolce o con l'aspro, se potrà deviarli dal papa.Niccolò Machiavelli, ut supra.

%1510 lug 7, LC$1278$Sanno vostre Signorie che io scrissi ad quelle più dì sono, come non sendo al papa riuscito el voltare Genova, e avendo questa Maestà dall'un canto auto paura e non male, e dall'altro el papa trovandosi scoperto inimico di questo re e sanza averli dato alcuno travaglio d'importanza, $1279$ma piuttosto ringagliarditolo, per essersi sua Maestà quodammodo assicurato più di Genova, e così essendo ad sua Santità mancati degli altri favori che si prometteva, pareva ad quelli che sono in questa Corte prudenti e buoni, che si potessi sperare l'accordo, quando si trovassi mezano di fede che per bene di tutta cristianità e massime d'Italia, ci si intromettessi: perché facilmente si può mostrare ad questo re dove e' si mette, quando e' voglia fare guerra col papa, e che danni ne li potrebbono risultare, dove sarebbe lo spendio certo e il fine della guerra dubiosissimo; e così al papa con la medesima facilità si può persuadere che mali questa guerra non solamente potria recare ad la persona sua ed lo stato temporale della Chiesa, ma etiam ad tutta cristianità e stato spirituale. Standosi dunque le cose così, ed avendo spesso questi ragionamenti con uno uomo qui di grande autorità, al quale dolgono infino all'anima questi movimenti, Rubertet mandò una sera per Giovanni Girolami, el quale fa qui certe faccende in questa Corte come sa Alessandro Nasi, e ragionatoli prima di alcune sue occorrenze particulari, li saltò in su questi garbugli che si apparecchiano, dolendosi forte seco di tali movimenti, mostrandoli che l'erano cose che aveno ad dispiacere a chi vincessi come ad chi avessi perduto; e d'uno ragionamento in uno altro, concluse che credeva che il papa troverrebbe di qua riscontro, quando e' volessi quietare, e lo doverrebbe fare, se Iddio per ruina del mondo non lo ha fatto ostinato; ma che ci vedeva male el modo ad condur la cosa, se un terzo non ci si intrometteva, perché el re non vorrebbe mai cominciare ad piegarsi, e lui per avventura è per fare el simile. E però avendo pensato che modi ci potessino essere, ci vedeva solum le Signorie vostre, perché gli altri principi sarieno per guastare, faccendo per loro tale inimicizia; ed accennando ad Giovanni che per una simil cosa e' sarebbe bene che venissi infino costì in persona: ad che Giovanni rispose prudentemente, non negando el venire, né obbligandosi ad farlo. Giovanni dall'un canto si offerse, dall'altro mostrò che si vorrebbe fare la cosa in modo per il che le Signorie vostre avessino a vedere dove l'entravano, e che le fossero certe della mente del re, acciò potessero essere sicure di non uccellare né loro né altri; il che, quando fosse, credeva ci s'interporrebbero volentieri, sapendo quanto da vostre Signorie era amata la

$1280$concordia dell'uno e dell'altro di questi principi e temuta la discordia, dalla quale non potevano guadagnare altro che inimicizie e danni. Né per la sera ci concluse altro, ma rimasono di essere altra volta insieme.Conferitomi da Giovanni questo, e parendomi bene non lo staccare, ma veder di tirarlo innanzi quanto si poteva, si conferì tutto con quello di autorità che di sopra si dice; al quale parendo queste parole aute con Rubertet molto buone ed a proposito di chi desidera el bene, deliberò di andare ad trovare el re; e così fatto, mostrò ad sua Maestà e periculi dove li entrava e le barerìe che gli erano state fatte sotto per condurre el papa e lui ad questi termini; mostrandoli prima el sospetto che Spagna avea della unione loro, quando dua mesi fa l'accordo si disse essere fatto infra loro, subito Spagna temendo non si fussi fatto ad suo danno, mandò un'armata in Sicilia sotto nome di altra impresa; dipoi come i dibattiti di Ferrara si scopersono, chi era qua per Spagna persuadeva sua Maestà ad non abbandonare Ferrara, e chi era ad Roma mostrava al papa come quella non faceva bene ad difendere detto duca; tanto che gli hanno condotta la cosa dove egli hanno voluto; e però sua Maestà pensassi dove ella entrava e se 'l papa gli aveva fatta questa iniuria, la non era riuscita ed era bene piuttosto sdimenticarla che darli cagione che pensassi ad farliene un'altra che riuscissi; aggiugnendo ad tutte queste cose molte altre ragioni che io non narro per non essere tedioso. Stette el re ad udire pazientemente; dipoi rispose: Io confesso tutto questo esser vero, ma che volete che io faccia? El papa mi ha battuto, e io non sono per dichinarmi mai; sono per sopportare tutto, fuori che perdere dello onore e dello stato mio. Ma io vi prometto bene che se il papa farà verso di me dimostrazione di amore quanto è uno nero d'ugna, io ne farò uno braccio; ma altrimenti non sono per procedere.Parve ad questo tale avere scoperto assai dello animo suo, e partito da lui, stette con Rubertet più di un'ora: ed allargatisi insieme del modo del procedere in questa materia e dei ragionamenti auti con Giovanni Girolami, giudicorno fussi bene che venissi costì ad persuadere le vostre Signorie di volere pigliare questo assunto, di essere mezi infra el papa e il re, e che bisognava quelle lo facessino come da loro, mandando apposta uno o dua oratori ad Roma solamente per questo effetto; la quale deliberazione $1281$sendomi fatta intendere, io dissi che ad volere vostre Signorie pigliassino questo partito più volentieri, bisognava che io potessi scrivere loro questa impresa piacere ad el re, e sua Maestà esser contenta la piglino, e se il re non me lo voleva dire, mi fussi almeno detta per parte sua da' suoi consiglieri. E rimasti così, Rubertet fece intendere ad la Maestà del re ogni cosa, e del mandare costì Giovanni e

dell'intromettervi in tale maneggio e del modo del farmelo intendere; al quale piacque tutto, e questa mattina, Bendo ito el re ad desinare, monsignore della Tramoia, el quale da 15 dì in qua interviene in ogni consulta sempre insieme con Rubertet ed il cancelliere, mi chiamorno e dissonmi, dopo qualche parola mordente contro al papa, che non ostante questo, andando Giovanni Girolami ad Firenze, mi facevono intendere per parte del re come sua Maestà era contenta ed arà piacere che vostre Signorie s'intromettino fra el papa e lui, e per questo effetto mandassino ad Roma oratori e governassinsene come paressi loro.Trovasi pertanto la cosa qui, e Giovanni apportatore di questa ne viene costà in poste: el quale di bocca referirà ad vostre Signorie tutto quanto io scrivo, e più quelli particulari che voi desiderassi intendere in questa materia; e perché vostre Signorie sappino dove la cosa debbe battere in satisfazione di costoro, Rubertet ha detto, il che conviene sia tutto con conscienza del re, che quando il papa venissi ad rimettere le differenze di Ferrara de jure, che sarebbe contento, né li darebbe briga in chi le si rimettessino. Ma non bisogna già venire ad questi individui, se prima el papa non si vede con le cose generali ridutto in termine da sperare che lo faccia; il che sarebbe quando e' fermassi le pratiche co' svizeri e astenissisi di sollecitare gli altri principi, e che ad bocca dessi agli oratori vostri di volere esser padre del re, volendo lui essere suo buono figliuolo, e liene scrivessi un breve; perché in su questo el re si disporrebbe ad mandare uno ad Roma e appiccate le prime pratiche, non si dubita le non sortissino infine buono effetto.Ora le Signorie vostre sono prudentissime ed esamineranno quello scrivo e quello referirà loro Giovanni, e piglierannoci su buono partito: ma tutto bisogna con celerità. Io non ho fuggito queste pratiche, giudicando che ad la città vostra non potessi venire el più pauroso infortunio che la inimicizia di questi dua principi, per quelle ragioni che infino e ciechi e sordi veggono e intendono: e tutti $1282$quelli modi che ci sono da pigliare per condurre lo accordo, ho iudicato buoni; né veggo, diventandone vostre Signorie mezane, che le ne possino altro che guadagnare; perché o e' riuscirà o no; riuscendo ne seguita quella pace che noi speriamo e vogliamo, e fuggesi quelli periculi che la guerra ci potrebbe arrecare ad casa; e tanto più ci fia la satisfazione vostra, quanto voi ci arete più parte, facendovi obbligati el re e el papa, per li quali non si fa meno che per voi. Quando ella non riesca, questa Maestà vi resta obbligato, avendo voi fatto quello che gli ha consentito e datogli più iusta cagione di fondare le querele sua contro al papa nel cospetto di tutto el mondo; né el papa potrà dolersi di voi, avendo

persuaso la pace, quando e' non la voglia, e voi li facciate contro nella guerra. Tutte queste ragioni mi hanno fatto implicare volentieri in questi maneggi. Quando vostre Signorie lo approvino, io l'arò caro; quanto che no, mi escuseranno, perché, secondo questo modo qua non potevo giudicare la cosa altrimenti.Questa Maestà è in su le provisioni e preparazioni sua gagliardissime, le quali sono: avere ordinato un concilio de' prelati di tutto el regno ad Orliens per ad mezzo settembre; aversi fatto amico el duca di Bertimberg per avere fanti tedeschi, e perché e svizeri abbino respetti ad muoversi; avere mandato dall'altra parte el capitano della guardia a' svizeri per vedere se potessi riguadagnarne o tutti o parte; ha comandato ad tutti e suoi capi de' fanti che faccino le listre per levarsi in uno subito; ha comandato banda e retrobanda per la guardia del regno, e per supplimento de' cavalli quando bisognassi; ha ordinato ai suoi generali nuovi modi di danari per supplire ad la futura guerra, sanza toccare e suoi cofani. Vien qui monsignore di Gursa, primo uomo dello imperadore, pel quale lui vuole mandare ad dire ad lo imperadore che facci d'essere ad febbraio ad ordine con quella tanta gente, o poca o assai si sia, che può, perché lo vuole accompagnare in persona ad Roma ad coronarlo imperadore con 30 mila fanti e 2500 lance, e ha giurato sopra la sua anima che vuole fare dua cose, o perdere el regno, cioè coronare lo imperadore e fare un papa ad suo modo.El re di Spagna ha scritto ad costoro una lettera tutta favorevole per questo re, dolendosi della impresa fatta per il papa per Genova, e li offera dodici sua galee armate per operarle contro ad qualunque vuole o ad chi e' vuole: e $1283$sono dette lettere, sanza risparmio veruno del papa, in favore di questa Maestà.Ha questa Maestà ordinato di fare una armata di mare per a tempo nuovo, conforme ad lo esercito di terra. Ora chi sedassi tanti moti e con la sua prudenza ne fussi medico, considerino vostre Signorie quanto meriterebbe appresso Dio e gli uomini.Queste cose di tanta importanza mi hanno presso che fatto sdimenticare uno oratore lucchese, venuto in questa Corte da dua dì in qua, del quale non vi dico altro per non v'infastidire. Giovanni Girolami che ne è informato, ve ne ragguaglierà ad pieno.In Bles, die 3 augusti 1510.Niccolò Machiavelli.Postscripta. Diedi a Giovanni Girolami una istruzione ad parte, dove nominai lo ambasciadore del papa e dissi come per suo ordine si era proceduto in questa materia così, e che confortava ad entrare con el papa destramente per voltarlo ad questo proposito, perché la guerra che fa ad questo re ha duoi fondamenti: l'uno è il sospetto, l'altro è

l'iniuria per conto di queste cose di Ferrara; e che bisogna, quanto al sospetto, farsi suo compagno, ma mostrarli che bisogna pigliare modo savio ad assecurarsi, perché l'armi sue e nostre non bastano, e di quelle d'altri non ci possiamo fidare; e dirli quello che ha scritto Spagna qua sanza riservo veruno del papa, in favore di Francia, e quello che 'l duca di Savoia ha fatto in mandare qua. Ma si potrebbe ben fare che li altri ne promettessino per quello che il re promettessi; il che sarebbe el modo più sicuro che ci fussi sanza avere a disfare el mondo. Valete.

%1510 ago 9, LC$1287$Dopo la partita di Giovanni Girolami con uno pieno avviso delle cose di qua, e con quello ordine che le Signorie vostre aranno visto con la mia lettera circa el vedere se ci fussi via alcuna di accordo infra el re e el papa, ho ricevuto avanti ieri due loro de' 26 del passato: e perché la Maestà del re è ito ad piacere discosto di qui tre leghe, parlai a Rubertet e dissili il contenuto delle lettere vostre $1288$e inter caetera come quei soldati partiti da Genova si erono rifuggiti ad Camaiore, terra de' lucchesi; al che lui mi rispose come da Genova avevono lettere contrarie, che dicevono che quelli cavalli di Marcantonio si erano rifuggiti in quello di Pisa ed erano suti svaligiati da' paesani; ma che vostre Signorie aveno fatto loro restituire ogni cosa, el che sapeva essere dispiaciuto ad el re, perché pare con simili modi che voi non andiate interamente con loro. Risposigli che la mia lettera diceva il contrario, e che non era ragionevole, possendo loro rifuggirsi in su quello di Lucca sicuramente, che si fussino rifuggiti in su quello delle Signorie vostre: però sarà bene vostre Signorie avvisino questa cosa come la è proceduta. Parvemi ad proposito di andare a trovare ieri dipoi el re, e così fui da sua Maestà, e dissili quello scrivevono vostre Signorie, che alla sua lettera, per averla voi ricevuta il dì scrivesti, voi non avevi ancora fatta risposta, ma che avendola fatta con fatti, con la dimostrazione buona, si aveva da credere che la saria ancora buona con le lettere. Sua Maestà disse crederlo, e subito mi saltò in su la medesima cosa che mi aveva detto Rubertet, delle gente svaligiate e restituite: al quale io feci quella medesima risposta. Soggiunse dipoi, e disse: El gran mastro ha fatto intendere per mia parte ad quelli tuoi Signori che tenghino le loro genti da per sé, perché io me ne possa servire quando mi accaggia, e così dico a te facci loro intendere el medesimo, perché nelle cose che corrono, io non penso meno al loro profitto che al mio; e subito mi licenziai da lui, perché l'essere stato sua Maestà a cavallo fino a 10 ore non mi dette più spazio a parlarli.Magnifici Signori miei, io mi partii di qui

iermattina con Rubertet, quando andai a trovare el re e ragionai seco queste tre leghe di cammino che ci sono, dove noi parlammo di tutte le cose d'Italia e di tutto quello che a discosto si poteva ragionare delle presenti occorrenzie; dico al discosto, perché particularmente de' disegni hanno circa all'offendere el papa, non me ne communicò veruno, come coloro che non si fidano in tutto e non si fideranno mai delle Signorie vostre, se non le veggono scoperte con le armi in mano insieme con loro; perché la natura di costoro è ordinariamente piena di sospetti, e tanto sospettano di voi, quanto che vi hanno per più savi e per uomini che desiderate meno arrisicare le cose vostre. Di $1289$qui è nato che vi feciono la richiesta che per la mia de' 18 vi scrissi, e che ora vi fanno quella intendete; e credino le Signore vostre, come le credono il Vangelo, che se fra el papa e questa Maestà sarà guerra, quelle non potranno fare senza dichiararsi in favore d'una parte, posposto tutti e rispetti che si avesse ad l'altra; di che vi fa fede la presente domanda; e perché, sendo voi necessitati ad fare quanto di sopra si dice, la città vostra corre qualche periculo, iudica chi vi ama che sia partito savio non voler correrlo sanza contrappeso di guadagno. Voi non ragionate cosa veruna di Lucca; ora è 'l tempo ad pensare ad qualcosa: e pure oggi andando ad intrattenerlo, lui mi risaltò in su e medesimi ragionamenti, e di più mi disse se il ducato di Urbino ci stava bene. Io, come sempre ho fatto in tali ragionamenti, volsi largo e non mi lasciai intendere, perché non sono per entrare dove io non sappi l'animo delle Signorie vostre; ma veggo bene che questo accresce loro sospetto, e tanto più pensono di stringervi ad declararvi per loro. Né credo che l'osservanza appunto de' capituli basti, che e' vorranno più là; perché se e capituli ragionano solo di difesa, e' vi vorranno oprare all'offesa, per farvi più obbligati ad loro: sicché si crede che voi abbiate ad fare questa declarazione ad ogni modo, andando innanzi la guerra, o diventare loro nimici. Né vi persuadiate che ad questo vi abbino rispetti, né credino non potere fare senza voi; perché la superbia e la potenzia loro non li tira sì bassi, e se li stanno un'ora fermi in su qualche rispetto, e' lo sdimenticono subito: però si iudica per chi vi ama qua, che sia necessario le Signorie vostre, senza aspettare ch'e tempi venghino loro addosso e che la necessità li stringa, ponghino alle mani tutte le presenti occorrenzie, e discorrino e camminino dove le possino battere, e in ogni evento di quelle ci faccino drento resoluzione; e quando le iudichino avere ad essere necessitate scuoprirsi in tutto in favore di questo re, sarà bene che al tempo conveniente elle pensino al profitto loro, acciò dove si ragiona che le possino perdere amici e stato, si abbi anco ad ragionare de' guadagni, perché

se voi iudicate essere bene arrisicare la fortuna con Francia, la cosa è in termini che di buona parte di Toscana voi ne disponessi come vi paressi: e condurrebbesi a impresa d'altri con un censo annuale di un tempo conveniente. E perché l'occasione $1290$ha poca vita, conviene vi risolviate presto, e perché io non basto ad cominciare e ragionamenti di sì grave faccenda, bisognerebbe che allo ambasciadore per el cammino ne facessi dare commissione, e sollecitarlo perché sappi quello ha a ragionare di queste pratiche, acciocché non giunga qua al buio, senza saperne lo animo vostro, e che li possa dire sì o no presto, perché le non aspettano tempo.E per chiarirvi meglio la mente nelle cose di qua, costoro hanno volto l'animo ad dua cose: l'una è la pace con el papa, quando el papa voglia cominciare a dichinarsi, di che Rubertet me ne ha fatto di nuovo fede; l'altra è, quando la pace non segua, guadagnarsi in tutto lo imperadore, non ci veggendo per loro medesimi altro modo. Quanto alla pace, io la crederei, quando costoro che dicono desiderarla non la guastassino: perché ad voler ridurre un papa dove volevono, bisognava temporeggiare li soccorsi di Ferrara e non ragionare di mutar lo stato di Bologna per non fare insospettire e incrudelire el pontefice; il che allo spaccio di Giovanni promissino di fare. Ma eglino non vi stanno su e così mancano loro fra mano simili disegni. Quanto allo imperadore, e' sono per farli più o meno grassi e partiti, secondo che più o meno iudicheranno averne di bisogno. E el re ha usato dire ad uomo che non dice le bugie: L'imperadore mi ha più volte ricerco di dividermi seco la Italia; io non l'ho mai volsuto consentire, ma el papa ad questa volta mi necessita ad farlo. E però le Signorie vostre corrono in questa guerra fra el papa ed el re duoi pericoli: l'uno, se chi vi sarà amico perdessi; l'altro, se Francia si accordassi con lo imperadore con danno vostro; sicché sarebbe bene che lo imbasciadore vostro ci fosse innanzi al Gurgensis. E quelli italiani che sono qua, che hanno che perdere, iudicano, ad voler fuggire questi periculi, bisogni prima fare ogni cosa per vedere se el papa si potessi accordare seco, e quando questo non si possa fare, mostrare ad el re come ad tenere ad freno un papa non bisogna tanti imperadori, né fare tanti romori, perché li altri che per lo addreto li hanno fatto guerra, o e' l'hanno ingannato, come fece Filippo Bello, o e' l'hanno fatto rinchiudere in Castello Sant'Angiolo da' suoi baroni, li quali non sono sì spenti, che non si potessi trovar modo ad raccenderli; e con Rubertet, nell'andare ch'io feci iermattina seco, non ragionai d'altro, mostrandoli tutti $1291$e modelli che ci erono drento, e dicendoli, oltra di questo, che faccendo guerra ad el papa apertamente, essi non potevono vincere se non con loro pericolo: perché se e' la faranno

soli, gl'intendevano quello che la si tirava dreto; se la faranno accompagnati, converrà che partischino l'Italia con uno compagno, con el quale li aranno poi ad fare una guerra di nuovo, molto più pericolosa che quella che gli avessino fatta con el papa. Egli mi consenti tutto, né sarebbe da desperarsi di non imprimere loro questi modegli nel capo, quando fussi qui più di uno italiano di autorità che ci si affaticassi; né io ne ho fatto per altro questo discorso alle Signorie vostre, se non perché voi pensiate ad tutto quello che si narra qui, trovandovi cosa ad proposito per la città. Vostre Signorie ne istruischino bene e presto lo imbasciadore, acciocché ei li possa con l'autorità sua e vostra entrare in quelli meriti che vostre Signorie giudicheranno ad proposito per loro libertà. Valete.Servitor, Niccolò Machiavelli, secretarius.

%1510 ago 12, LC$1293$Io riceve' ieri la risposta della mia de' 18, e questa mattina sono venuto qui ad Saiburg, dove si trova el re, per comunicarla; e così ho fatto... come per altra scriverrò più ad lungo e con più agio a vostre Signorie, perché la presente scrivo in sul ginocchio, partendo la posta, e la mando per la via di Ferrara. Parlato ebbi ad el re, comparsono le vostre de' tre dì del presente, e mi duole assai del tristo servizio che è stato fatto delle mie lettere in Lombardia; e dieci dì sono o più, dissi al re e Rubertet che vi provvedessino, e mi promissono farlo. Sommene doluto con Rubertet: maravigliasene, e mi ha promesso riscriverne caldamente. E perché veggiate di mie lettere, quali possono essere ite male, io scrissi a' dì 18, 21, 22, 26, 29, e addì tre per Giovanni Girolami e addì VIII: né per me è mancato di non fare el debito mio. Rubertet, parlato ebbi al re, mi disse per parte di sua Maestà, come $1294$quella arà caro assai che vostre Signorie faccino qualche aiuto secreto al duca di Ferrara, come sarebbe prestarli denari in su cose secure; e quando nol volessi fare in pubblico, lo facessi fare ad qualche privato vostro cittadino. E di questo me ne scrisse assai. Risposi che ne scriverrei, allegando che difficultà ci poteva essere, come per altra mia più largamente scriverrò. Raccomandomi ad vostre Signorie. Quae bene valeant.

%1510 ago 13, LCCome io scrissi ieri ad le Signorie vostre brevemente, la quale si mandò per le mani dello oratore di Mantova, io fui con el re e con Rubertet ad lungo, dopo la ricevuta de la vostra de' 28, responsiva alla mia de' 18, e feci loro bene intendere il contenuto di quella; di che si satisfeciono assai, e el re mi disse: Tu sarai con el cancelliere Rubertet

e questi miei, che ti diranno quello che io desidero. Non fui prima uscito da lui che comparse la vostra de' 3, che mi avvisava del mal servizio che era fatto delle vostre lettere e mia in Lombardia. Ritornai ad Rubertet, dandogli quelli avvisi sono in quella e dolendomi, ec. Mostra'gli ancora el periculo avieno corso e mercanti nostri per avere inteso el papa solamente la domanda aveva fatta el re ad lo arrivare mio. Del primo mostrò maravigliarsi, e disse vi provedrebbe di nuovo; del secondo disse che non sapeva donde el papa lo avessi potuto intendere, e che ricorderebbe ad el re ci avessi buona avvertenza.Questo dì el re è tornato qui in Bles, ed appresso desinare el cancelliere con gli altri cinque del consiglio mi feciono chiamare, ed il cancelliere, dopo un grande esordio de' meriti di Francia verso Firenze, cominciando in $1295$fino da Carlo Magno e venendo al re Luigi presente, mi disse come el re intendeva che el papa, mosso da uno diabolico spirito che li è entrato addosso, vuole di nuovo tentare l'impresa di Genova, e che per questo e' potrebbe essere che monsignore di Ciamonte avessi avere bisogno de le vostre genti per difendere lo stato suo, e che per questo desiderava le stessino ad ordine, acciocché qualunque volta da Ciamonte le fussino richieste, le fussino pronte: e perché gl'intendeva che voi avevi ad quelle frontiere parecchi migliaia di fanti ordinati, che voi ancora li teneste presti, acciocché quelle dimostrazioni vi obbligassino per sempre el re e la casa di Francia. Io replicai a tutti loro quello che vostre Signorie mi scrissono per la loro de' 28, in risposta de la mia de' 18, e messi loro innanzi che dovessino considerare che vostre Signorie erano cinte dal papa e come, per uno semplice sospetto, lui era stato per fare saccheggiare li mercanti nostri, e che ogni poco vostre Signorie si mostrino, e' lo farà; e conosciuto la sua collera, e' lascerà stare ogni altra guerra e verrà ad combattere quelle; che però dove e' potessino fare sanza mescolarci in guerra, averci qualche rispetto, e che de' fanti vostri voi ad quelle frontiere non ve ne avevi molti, ma che quelli tanti vi bisognava pagare quando voi li levate, e che nuova spesa, avendo voi le altre che sanno, era insopportabile alla città. Replicorno ad tutte queste cose quasi tutti in uno tratto che questo sarebbe uno reprimere uno assalto per pochi giorni, e che vostre Signorie pensassino che el re pensava al bene ed utile vostro, come che voi proprio, e che el re faceva tali preparazioni, che farebbe in Italia coelum novum et terram novam in detrimento delli nimici ed esaltazione delli amici; però che io andassi ad scrivere, e dessi la lettera ad Rubertet: che così promisi fare.Scrissi ad vostre Signorie addì 9, e discorsi molte cose delle cose di qua, e se sarò ad tempo, ne manderò, con questa, copia, perché

veggo le cose vanno ad quello cammino dissi, cioè che costoro sanza rimedio alcuno vi vogliono intricare in questa guerra, e però è da pensare tanto più a quanto scrissi allora, e pensare di potere guadagnare dove si ragiona di potere perdere.Lo imperadore mandò uno araldo nel campo della Chiesa ad protestare al duca d'Urbino e gli altri che non $1296$offendessi Ferrara, di che quelli capitani si feciono beffe, e secondo che s'intende di là, le cose del papa prosperano, che si dice ha preso Cutignuola e batte Lucob. Monsignore di Gursa non è ancora giunto, ma ci si aspetta ogni dì.Io vi ho scritto addì 18, 21, 22, 26, 30, 3, 9, 12; vegghino ora vostre Signorie quelle che sono rimaste fra via.Costoro sono dreto ad quello cammino scrissi per la mia de' 3, e si vede che non sono per rifiutare lo accordo, e dall'altro canto fanno gran preparazioni ad la guerra, come si scrisse. Valete.Circa e cavalli restituiti a Marcantonio, non se ne ragiona più, ed io me ne sono stato cheto.Mando con questa la copia della mia de' 9, come vedrete alligata, o vero inclusa in questa.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1510 ago 18, LCScrissi l'ultima mia ad le Signorie vostre addì 13 e, reputandola salva, non la replicherò altrimenti. Ieri comparsono le vostre de' 7 con la copia di Roma, e quelle de' 4 portava il Zerino. Mi scrive Bartolommeo Panciatichi che le rimasono in Lombardia, né è restato che io ne abbi fatto molti dì sono molta diligenza con el re e con questi suoi consiglieri; e lui mi dice ha commesso le sieno lasciate passare, e loro che lo hanno scritto; e così ciascuno fa le maraviglie, ed io non posso fare altro che ricordarlo.Subito dopo la ricevuta della preallegata vostra de' 7, mi trasferii dalla Maestà del re e li comunicai tutti quelli avvisi, e quali per essere assai e da essere grati, furno uditi da sua Maestà con piacere grandissimo: e parendomi, massime per la conclusione che fa quello oratore, $1297$che 'l papa trovando accordi ecc., che fussino assai al proposito di quello si scrisse per la mia de' 3 dì, confortai el re ad volere usare questa sbattuta del papa con la solita prudenza sua, e servirsene più presto ad fare una buona pace, riconoscendo sua Santità, che ad pensare di batterlo con una guerra, della quale non si vedessi il fine; e che pensasse come tali moti non fanno per cristiani, né per chi ha adempiti tutti i desideri suoi, come ha sua Maestà. Ad che quella replicò con tanta efficacia, quanta io non potrei scrivere, affermando con iuramento che come da lui non è venuto il fare guerra al papa, così da lui non mancherà che si

facci pace. Entrò dipoi con dimolte parole in dolersi dei portamenti del papa, dicendo che, dopo la rotta data a' viniziani, mai lo aveva possuto dimesticare, e come l'animo suo era volto ad la pace, così non mancava le provisioni della guerra; ed aveva di nuovo inviato alla volta d'Italia 300 lance, che erono di Borgogna, e 3000 uomini di piè perché non voleva solamente potere difendere sé e li amici sua, ma offendere e nimici. Commendò vostre Signorie e assai ringraziò degli avvisi, mostrandomi che arà piacere di essere per loro via giornalmente avvisato. E partito da sua Maestà, mi parve ad proposito, sendo el consiglio ragunato, di andare là, e feci ad la presenza di tutti el medesimo ofizio avevo fatto con el re, né potrei referire con quanto piacere e' fussino ascoltati da tutti loro, e tutti dissono questo ofizio che fanno vostre Signorie essere di vero e buono amico.Di nuovo io non ho da dire altro a vostre Signorie se non che questo oratore di Ferrara mi ha detto che 'l Gran Mastro ha auta libera commissione di difendere Ferrara, totis viribus, e da qualche dì in qua lo veggo stare di buona voglia.Qui è venuto secretamente uno uomo mandato dal marchese di Mantova: dopo la venuta del quale, costoro stanno di quel marchese di buona voglia, e si crede gli arà voluto anch'egli servirsi di questa occasione come el re di Spagna.El re disse questa mattina publice, Gianpagolo Baglioni essere stato morto di uno arcobuso: di che vostre Signorie debbono sapere meglio el vero appunto.Dopo la venuta di tali avvisi, quello amico, di chi vi scrissi le lettere de' 3 dì, è pieno di speranza che questo $1298$accordo abbia ad seguire, quando vostre Signorie ci s'intromettano vivamente, massime perché ha lettere da Roma che li danno el medesimo appicco, e lui e Rubertet aspettano con desiderio intendere che risoluzione abbino fatto vostre Signorie in su la arrivata del Girolamo, e ieri questo tale parlò lungamente con el re: disseli quello che aveva da Roma, confortollo ad quello medesimo aveva parlato io, e ne trasse la medesima risposta; e mostrogli di più come quelli medesimi che avevano ridotti il papa e lui con l'arme in mano, faceno ora ogni cosa perché e' non la rimettessi drento, mostrando qui ad sua Maestà come e' li è impossibile che 'l papa acquiesca mai, ed al papa come e' non può mai più fidarsi di questo re: e pare ad alcuno di loro avere, mentre che questa questione dura, lo stato suo sicuro, e alcuno altro pensa di guadagnarne; saggiugnendo che sapeva che monsignor di Gursa veniva qua col conto fatto, che se trovava qui meglio, aderirsi; quanto che non, ritornare da quelli che li avevano fatto migliore promessa. Sono alla Maestà del re queste ragioni più che capaci e tutte le acconsente, ma si riduce in

fine a dire: Che volete voi che io facci? io non vuo' che 'l papa mi batta. E vedesi per questi e per altri riscontri il re condursi male volentieri a questa guerra; tamen quando la forza ve lo conduca, egli è per fare la più onorevole guerra che ancora si sia vista in Italia; e il disegno suo è temporeggiare questa vernata, e fermar bene il piè con imperadore ed Inghilterra, e quali come avrà guadagnati, non stima cosa alcuna Spagna; e, dice a chi lo vuole udire, che lo tiene re in Castiglia, e per guadagnarsi i dua prenominati, e' non perdonerà a cosa alcuna. Ordina in questo mezo questo concilio gallico: e qui sono già arrivati assai prelati, e attendono a ordinarsi per la giornata deputata ad Orliens, dove si leverà la obbedienza al papa; e quando l'imperatore e Inghilterra ci concorrino, creeranno un nuovo papa, e a tempo nuovo scenderà con tanta gente in Italia che la sua non fia guerra, ma fia uno viaggio infino ad Roma. Questo e il disegno suo, quando la pace non segua, e quelli due principi gli regghino fra mano; che Iddio lasci seguire quello che sia el meglio, e cavi di corpo al papa quello spirito diabolico che costoro dicono gli è entrato addosso, acciocché non facci calpestare voi e sotterrare sé: che in vero, se vostre Signorie fussino poste altrove, sarebbe da desiderarlo, acciocché $1299$ancora ad cotesti preti toccassi di questo mondo qualche boccone amaro.Io prego quanto posso vostre Signorie, se le non vogliono che io abbi ad vendere e cavalli e tornarmene ad piè, che ordinino ad Bartolommeo Panciatichi mi serva di cinquanta ducati, perché io sono stato sempre qui con tre bestie, e ad la tornata mia io darò conto delle spese, e quelle ne delibereranno secondo la loro solita umanità. Valete.Ex Bles die xvui augusti 1510.Servitor, Niccolò Machiavelli segretario fiorentino.

%1510 ago 24, LC$1304$A' dì 18 del presente fu l'ultima mia, e avvisai vostre Signorie lungamente delle occorrenzie di qua, rispondendo ancora ad quelle, che vostre Signorie mi aveno scritte infino ad quel di. Arrivorno dipoi dua vostre de' dieci e undici, e perché il re si trovava malato di una tossa, che ha assaltato tutto questo paese, io conferi' ad Rubertet quelli tanti avvisi, che al iudizio mio vi erano comunicabili, e anche liene detti nota, acciò li potessi mostrare ad el re.Ancora che vostre Signorie abbino da Roma el papa essere quasi che disperato de' svizeri, nondimeno si vede che costoro ne stanno con una gelosia e sospetto grande, e tanto più che, secondo io ritraggo, e' dicono che possono fare certa via su per alpi continuamente, la quale non $1305$si può vietare loro né tenere che non

passino nel Savonese; e portando quelli da vivere seco, come è loro costume, li fanno passati sopra Genova, e venuti per Riviera di Levante in quello di Lucca, sanza possere combatterli; di quivi poi confessono non si potere tenere loro el passo, non vadino in Bolognese ad coniungersi colle genti del papa. Io non so el paese, e potrei pigliare qualche fallacia. Pare a qualcuno un lungo cammino e difficile, tamen, quomodocumque sit, la verità è questa, che ne stanno in un sospetto grande, e ardirei dire questo, che quando e' fussino loro favorevoli, egli stimerebbono poco tutti questi altri potenti.Sono stati ancora in qualche gelosia dello imperadore, perché questo monsignore di Gursa non s'intendeva che venissi; nondimeno ieri ci fu nuove come egli era partito addì 13 di questo, di qualità che sono ritornati nella medesima confidenza e stannone di buono animo. Ma quando lo imperadore pigliassi altra volta, che Dio guardi, bisognerebbe fare ragionamento diverso da quello si è fatto in fino ad qui, né si potrebbe pensare che costoro facessino altro che guardare casa loro, perché sanza fanterie tedesche, de le quali sarebbero privi, non si riguadagnando e svizeri, non presuporrebbono muovere uno passo; ma si crede bene per ciascuno che lo imperadore arà ad stare forte in la sua amicizia per e patti grandi che il re di Francia sarà per farli; et però ci si corre per vostre Signorie pericolo in più modi: sì che sollecitate lo 'mbasciadore, el quale desidererei ci fussi avanti ad Gurza.Scrissi ad le Signorie vostre questo oratore di Ferrara era bene contento per le provisioni ordinate da questo re in benefizio del suo duca; hollo trovato dipoi in contrario animo, e si duole che costoro ordinano oggi una cosa e domani la revocano: e parmi che dubiti che in fine quel suo duca non capiti male, dolendosi che li paia costoro abbino troppo volto l'animo ad tempo nuovo, pensando con la venuta del re, e con uno esercito grossissimo rimediare ad tutto, sanza stimare che in questo mezo possa capitare male alcuno amico loro.Ritraggo di buono luogo el marchese di Mantova avere promesso favorire el papa con la persona e con lo stato, acquistata che sua Santità arà Ferrara, e in questo meno starsi neutrale. $1306$Altro non mi occorre, se non raccomandarmi di nuovo a vostre Signorie, e pregarle ordinino a Bartolommeo Panciatichi quelli cinquanta scudi, che io me ne possa valere, come per la de' 18 scrissi, acciò possa, oltre al tornarmene, curarmi ancora, perché io ancora sono stato malamente ritrovato da questa tossa, la quale mi ha lasciato una disposizione di stomaco sì trista, che non mi piace cosa alcuna, e per arroto a Parigi è una moria sì grande che ve ne muore più di mille el dì. Dio sia quello che non ci abbandoni. Valete.Ex Bles, die 24 augusti 1510.

Servitor Niccolò Machiavelli, secretarius.Tra el re e questi consiglieri si è ragionato più dì sono di mandare uno costì ad fare in nome del re residenza appresso vostre Signorie, e perché venissi più presto, disegnavono commettere ad Ciamonte lo mandassi; non so se lo hanno fatto, perché è cinque dì non parlai ad nessuno, standomi in casa ritenuto dalla tossa. Iterum valete.

%1510 ago 27, LC$1312$L'ultime che io ho da vostre Signorie furno de dì xi del presente. Aranno dipoi quelle aùto più mie de' tre, 9, 12, 13, 18 e 24 di questo, per le quali, quando sieno arrivate salve, aranno inteso il procedere di costoro nelle cose di qua.Ieri ci fu nuova, Modona essere perduta, d'onde costoro sono stati ieri e oggi in consiglio sopra questa materia: non so che deliberazione si abbino fatta. Ho visto bene questo dì l'oratore di Ferrara che li andava ad trovare, che stava di mala voglia, el quale mi replicò quello che io scrissi per l'ultima mia avermi detto, come costoro li aveno assai volte promesso gagliardi aiuti e fattone la diliberazione, e poi revocatili, come quelli che credono el duca possa aiutarsi da sé; e, da altra parte, sono in su questi grandi loro fatti, né pensono ad quello che in mezo può qua occorrere: e chi si ha el male, si ha el danno.Rubertet, come per altra dissi, è stato ammalato di questa tossa, e andandolo io dua dì fa ad vedere, trovandomi solo seco, nel ragionare con lui di molte cose, li dissi, parendomi così ad proposito di vostre Signorie, che se questa guerra infra papa e Francia giva a innanzi, che bisognava questa Maestà avessi uno grande respetto, per il $1313$bene suo e vostro, nel pigliare forma di valersi di vostre Signorie; perché quando tali ragionamenti si facevono, bisognava recarsi innanzi e discorrere quello che voi potete, dove voi sete posti e che profitto voi possiate fare ad Francia; e che la prima considerazione si aveva ad avere era che voi eri poveri, e per la lunga guerra atIta, e per le spese fatte; di che ancora voi non ne siete fuori; non si poteva ragionare di voi come di gente potente e fresca in tale spendere. Appresso si aveva ad considerare el luogo dove voi eri posti, che eri circundati dal papa e da' sua amici, al quale con ogni suo piccolo spendio era facile da molte parti darvi briga, con periculo e spendio grandissimo vostro; e che questo poco di moto dell'armata de' viniziani vi aveva fatto mettere in Pisa parecchi centinaia e centinaia di fanti, il che non era passato sanza spesa grande vostra: donde era necessario, considerato bene questo, che 'l re pensassi quando vi richiedeva di favori contro al papa, che fussino di sorte che facessono ad sua Maestà bene e non male; perché quando e'

non fussino per farli molto profitto e, da l'altro canto, fussino per suscitare addosso ad vostre Signorie una nuova guerra, per la quale fussi non solamente necessario che 'l re rimandassi ad le vostre Signorie li aiuti dati, ma etiam vi aggiugnessi delle sua genti, e dove sua Maestà ha ora ad provvedere ad Ferrara, ad Genova, nel Frivoli ed in Savoia, egli avessi anche ad provvedere in Toscana, tali favori sarebbono molto più dannosi ad sua Maestà che utili; per la qual cosa io lo pregava che ci facessi avere buona avvertenza e pensassinsi le cose saviamente perché chi voleva prudentemente iudicare, aveva ad tenere per fermo questo: che se questa guerra con el papa andava innanzi, e fiorentini farebbono uno grande aiuto al re, quando e' si difendessino per loro medesimi con quella industria potranno e non abbino bisogno degli aiuti di sua Maestà; considerato dove sono e con che facilità e da quante parti el papa li può battere. Pertanto se si ragionava in consiglio, e si vuole che fiorentini faccino e dichino, lo pregavo che tali domande e disegni sopra di loro fussino bene pensati e bene masticati, perché quando e' saranno bene pensati, io non dubitavo punto che tutto fussi prudentemente determinato; e che gli stava più ad sua Signoria che ad li altri el farlo, per intendersi meglio delle cose d'Italia che non faccino li altri. Parvemi che gli avesse piacere di questo $1314$ragionamento, e mostrò notarlo: ed io nondimeno non mi spicco da quella opinione che io vi scrissi con altra, che sieno per volervi in ogni modo mescolare in questa guerra ad la scoperta, quando la vadi innanzi; tamen non mancherò di parlare le medesime cose ad questi altri, faccendolo sempre in modo che non credino si dica questo per non osservare e capituli; ma dove le ragioni si toccono con mano, come si fa qui, non ci doverrebbono potere essere simili sospetti.El re partirà di qui sabato o lunedì, se non si muta, per ire ad Torsi, dove si debbe fare quello concilio che si doveva fare ad Orliens, ed è dreto ad questo suo disegno per a tempo nuovo el quale, come per più altre si è detto, si colorirà gagliardamente quando Inghilterra e lo 'mperadore stieno seco; ma quando costoro li mancassino sotto e e svizeri si mantenessino con el papa, e' si volgerà solum ad guardare li stati sua: né si crede potessi disegnare altro fino non ne avessi matassato' qualcuno di loro, ed ogni altro che avessi bisogno di loro, arebben pazienza.Sono costoro in buona opinione della venuta di Gursa, e poi si disse che doveva partire addì 13, non se ne è inteso altro, e questi oratori imperiali non mostrono di avere dubbio veruno di discordia infra lo 'mperadore e questo re, e hanno aùto a dire che fra pochi dì el papa arà tale cane ad la coda e penserà ad altro che ad fare guerra ad Ferrara: e dicono che viene per il Frivoli a' danni de' viniziani 3000 buemi di

piè e duemila cavalli tedeschi. Se fia vero, si doverrà intendere meglio con el tempo.Scritto sin qui, ho parlato ad lo oratore di Ferrara, quale dice come s'è diliberato che Ciamonte subito mandi ad Parma 300 lance e 2000 fanti, e quali li si debbino coniugare con 1400 fanti, che 'l duca ha ad Reggio; ed el disegno loro è, se lo esercito del papa va ad assaltare la Mirandola, andare ad ripigliare Modona; ma quando si stia in Modona, che queste genti da una parte, e le altre genti che sono con monsignore di Ciattiglione dall'altra, assaltino dette genti del papa in Modona; né fa dubbio che, non si mutando questa commissione e non s'ingrossando el papa, che l'esercito di detto papa non sia per ritirarle, voglia egli o no. Qui si è questo dì bandito per parte del re, e così ha commesso si facci per tutto il suo reame, che nessuno ardisca mandare ad Roma per alcuna $1315$causa benefiziale o altra cagione sotto pena di corpo e beni, ed in tutto ha levato l'ubbidienza al papa. Costoro sanno come el papa va dicendo che ha con questo re la pace nella scarsella, e tanto più si sdegnano. Fovvi di questo fede, che potrebbe per ora dire el vero; ma se riesce loro fermare el piede con lo 'mperadore, e' ne rimarrà ingannato. Sicché chi li dicesse questo, li dirà la verità: e se sua Maestà non usa questa occasione ad benefizio suo, e' se ne potrebbe facilmente pentire, perché ad volere che gli svolga l'imperadore da costoro, li bisogna, iudicandosi ragionevolmente, avere più che dare e che promettere di costoro, li quali, come per altra mia si è detto, non sono per perdonare ad nessuna qualità di condizioni che lo 'mperadore voglia; perché ogni altra ferita, ogni altra iniuria parrà loro più onesta e più sopportabile che quella del papa. E questo re, né dormendo né vegghiando, sogna altro che il torto li pare ricevere da sua Santità, né ha animo altro che la vendetta; e questo mi è stato detto di nuovo da uno di grande autorità, che lo imperadore non va ad altro cammino, se non ad tirare questo re alla divisione d'Italia.Altro non ci è di nuovo. Raccomandomi alle Signorie vostre.Servitor, Niccolò Machiavelli, secretario.

%1510 ago 30-31, LC$1320$A' dì 27 fu l'ultima mia, per la quale scrissi quanto mi occorreva. Comparsono ieri dopo desinare le vostre de' 17, con la copia della lettera al Pandolfino, e conferii ad Rubertet quanto avevi deliberato circa la venuta di Giovanni Girolami, perché con el re non ne parlerei, non me ne avendo lui mai voluto parlare, né con altri occorre parlarne. Al quale Rubertet piacque la diliberazione, tamen disse dubitava che, quando el papa volessi, non fossi più ad tempo; nondimanco che 'l praticare non posseva nuocere, facendosi con

onore del re. Dissemi che le genti del papa erano ite ad la Mirandola, donde erano state levate dalle loro genti con una gran rabbuffata. Dissemi che de la Magna era venuto uno uomo ad posta, e portava, inter caetera, la partita certa di Gursa addì 13; non approvò che V. S. per scusa del non mandare le genti, allegassino le pratiche di Roma, perché questa Maestà non vorrebbe che si sognassi ché venissi da lui attentare la pace, e per questo non me ne volle parlare, né volle che nessuno de' sua scrivessi; e disegnossi che tutto trattassi come da voi. Ora l'averlo fatto intendere ad Ciamonte era male, e ne stette di malavoglia. Piacqueli che io aveva taciuto oggi in consiglio, come appresso si dirà). Questi ragionamenti ebbi io seco iarsera ad una ora di notte, seguite furno tutte le cose infrascritte. Subito che ebbi le vostre lettere, e inteso el contenuto di quella ad el Pandolfino circa la resoluzione vostra, circa le genti domandate da Ciamonte, io andai per parlare ad el re, il che non mi riuscì per essere sua Maestà ancora chiocciccia della tossa, e in quel tempo anche si trovava rinchiuso con la reina; onde io, per non perdere tempo, mi trasferii ad casa el Cancelliere, dove era ragunato il consiglio e intromesso da loro, dissi ad $1321$quelli come avanti che vostre Signorie avessino le mia lettere, che per commissione loro io scrissi addì 3, dove la Maestà del re ricercava che vostre Signorie tenessino all'ordine le genti per muoverle a ogni richiesta del Gran Mastro, volendo el papa ritentare le cose di Genova, detto Gran Mastro aveva mandato ad vostre Signorie uno uomo espresso ad ricercarle che subito mandassino dette genti in Lombardia per servirsene ne' bisogni del re; dondeché voi, sopra ogni altra cosa desiderosi di osservare e capituli, avevi sanza differire voluto dare ordine ad quello fussi di bisogno per levarle, ma perché occorreva qualche tempo in espedirle, vi pareva in questo mezo, per el bene del re e vostro, mostrare ad el re ed ad Ciamonte la importanza di questa diliberazione, acciocché tutti quelli mali che ne risultassino, si vedessi che vostre Signorie li preveggono; e però fanno loro intendere, che la Maestà del re ha ad considerare come ha per nimico el papa, dalle forze del quale le Signorie vostre sono intorno intorno circundate; e 'l volere ora che vostre Signorie mandino le genti fuora di casa, non è altro che volere lasciarvi disarmati in mezo de' nimici vostri, da' quali possiate in uno subito essere oppressi e che n'abbi ad risultare di necessità uno de' dua mali: o la oppressione vostra, o che quamprimum el re sia forzato, non solamente rimandare ad vostre Signorie subito le vostre genti, ma aggiugnerne delle sua: e che ad sua Maestà, oltre alla spesa che ella ha di difendere Ferrara, servire all'imperadore, ovviare a' e svizeri e guardare Genova, se li aggiunga ancora l'avere ad

difendere con sua spesa grande Toscana e Firenze, o perdersela. Onde le Signorie vostre li pregavono fussino contenti vedere dall'un canto l'utile che caveranno de le vostre genti fuora di casa vostra, che fie nullo; e dall'altro, il danno che è per recare ad le cose del re e periculo ad le vostre Signorie, che fia grande; né credevo che in quello consiglio si fussi mai pensato la più dannosa diliberazione, e quella che da ogni parte era inutile e pericolosa: sì che vostre Signorie lo avevono voluto ricordare acciò di nuovo potessino pensarci su, avendo tempo ad poterlo fare; né dubitavono non avessino ad conoscere questa verità, e iudicare che, con el tenere questa gente d'arme in Toscana, arebbono' al papa maggiore freno in bocca che averle altrove; e come io avevo detto loro ne' dì passati, così raffermavo loro che, se questa guerra con el papa andava $1322$innanzi, el re si varrebbe assai di vostre Signorie, quando e' non avessi briga di difenderle, considerato il sito dove séte e quanto sono debili e stanchi. Parvemi di stare tutto in sulla spesa e perìculi loro e vostri, sanza entrare in altro, perché se allegavo cosa che dependessi da loro, o e' se ne sarebbero adirati, o e' se ne sarebbono risi; perché, come sa el Girolamo, Rubertet solo et chi lui sa' hanno dato principio ad quello che lui portò, perché li altri, da La Tramoia in fuori, che ci è venuto volentieri, ci sono suti tirati da costoro, ed el re si è fatto intendere ad la sfuggiasca, sì che bisogna trattare tale pratica discretamente e non l'andare pubblicando per tutto il mondo. Stettono ad udirmi tutti attentamente e, finito ebbi di parlare, dissono che io avevo detto prudentemente e che sarebbono questa mattina con el re, e credevono darmi risposta che mi satisfarebbe, perché conoscevono che era necessario salvare, e non mettere ad periculo le Signorie vostre.Questa mattina dipoi dopo la messa, andandosi el re ad spasso per el giardino, io mi accostai ad sua Maestà e li dissi tutto quello avevo ieri detto al consiglio, e più quanto mi parve ad proposito in corroborazione di quelle ragioni. Risposemi sua Maestà che penserebbe ad tutto e poi mi farebbe rispondere. Parlai dipoi con tutti quelli del consiglio ad la spartita, sollecitandogli ad trarre detta risposta el più presto possevono, mostrando quello che la dilazione importava. Dissonmi fussi oggi al consiglio, dove dopo desinare mi trasferii, e stato là gran pezzo, fui messo drento, dove el Gran Cancelliere mi disse come quelli signori avevono udito quanto per parte di vostre Signorie avevo loro esposto, e parendo loro che le ragioni allegate fussino buone, conosciuto la qualità del papa e dove è posto lo stato vostro, accettavono el buono animo di vostre Signorie non altrimenti che se voi avessi mandato dette genti; e che avevono concluso fussi bene le rimanessino in Toscana: volevono

bene che vostre Signorie le tenessino preste, e così tenessino a ordine quelle fanterie hanno in Lunigiana, acciocché, volendo el papa molestare Genova, le potessino in un tratto spignerle in là, per favorire la parte del re; e che non mi davono questo per risposta, ma solum per diliberazione fatta infra loro, e che domattina sarebbono con el re e me ne risponderieno resolutamente. Parsemi da non disputare altrimenti $1323$questa loro risposta, perché dall'un canto el soccorrere Genova per voi non credo si possa negare, dall'altro e' domandono una cosa che per ora non si vede abbi ad bisognare; perché se l'armata di Francia sta superiore ad quella del papa, e e svizeri non passino, io non so quello che 'l papa possa fare ad Genova. E così mi partii da loro per attendere domattina la totale risposta, la quale doverrà essere questa medesima, se le lettere che sopragiugnessino di Ciamonte non la intorbidano con qualche sua sinistra interpretazione: e per me non è mancato di fare ogni cosa per trarla oggi ad fine, ma io non ho possuto più. Scritto fino qui addì trenta.Siamo addì trentuno, e questa mattina avanti la messa, uscendo da el re, monsignore di Parigi e monsignore lo tesoriere Rubertet e faccendomi io loro incontro, mi disse Rubertet, come 'l re aveva conferma la diliberazione del consiglio in quel modo che ieri el Gran Cancelliere mi aveva parlato, cioè che le genti vostre rimanghino in Toscana, ma che voi le teniate ad ordine, e così teniate ad ordine quelli fanti avete in Lunigiana, da potere in uno subito soccorrere le cose di Genova, qualunque volta per qualche accidente el bisogno lo ricercassi.Dua dì fa si bandi qui che nessuno, alla pena di corpi e beni, vadi o mandi ad Roma per causa alcuna pertinente al papa o ad la Camera apostolica. Ritraggo da un amico come l'armata franzese ha commessione di pigliare, potendo, e saccheggiare Piombino; il che, se è vero, la festa ad questa ora potrebbe essere fatta.El re parte lunedì prossimo per ad Torsi per essere presente a quel concilio ordinato. Valete.Ricordo con riverenza ad vostre Signorie mi provvegghino, come per altra scrissi, di quelli cinquanta scudi per via del Panciatico.Servitor, Niccolò Machiavegli, secretarius.

%1510 set 10, LC$1324$L'ultima mia fu de' dì 30 e 31 del passato, le quali mandai duplicate, l'una per la via di Bartolommeo Panciatichi ad Lione, l'altra per le poste regie ad Francesco Pandolfini. Contenevono in sentenzia come, dopo molte disposte, si era ottenuto da questa Maestà che le vostre genti si rimanessino in Toscana, ma che voi le tenessi ad ordine, e così tenessi presti quei fanti di Lunigiana per possere suvvenire ad le cose di Genova, quando

bisognassi. Comparse iarsera el Girolamo, e mi presentò lettere de' 22 di vostre Signorie, e di bocca mi disse quanto vostre Signorie mi aveno scritto addì 17 circa la pratica di Roma e circa le genti. E quanto ad le genti, avendo trovata la cosa spedita, non occorre dirne altro, e quanto alla pratica di Roma, riferii a Rubertet quanto io di già per li avvisi vostri li avevo riferito, e lui li ha fatto quella medesima risposta: che si aspetti quello che segue. Questa mattina poi io parlai con la Maestà del re e dissigli le genti si faceno ad Perugia e Siena, e lo ingrossare dell'armata del papa e come sua Santità veniva con lo acquisto di Modona ad cignere tanto più el dominio vostro, e che ogni dì vi minacciava; e che vostre Signorie liene faceno intendere per avere consiglio da sua Maestà, e aiuto quando bisognassi. Lui mi rispose che io vi scrivessi che voi vi aiutassi francamente in ogni cosa che occorressi, e che non era per mancarvi, come aveva detto altre volte. Dissemi che aveva insino ad oggi ad suo soldo quindicimila fanti e che aveva ad suvvenire ad molti luoghi, ma che tutto in uno colpo si assetterebbe, e che io parlassi con Rubertet e li dicessi mi mostrassi quello che faceva scrivere ad Ciamonte. Parlai poi con Rubertet, el quale mi mostrò come il re scriveva ad Ciamonte queste formali parole: el governatore di Genova ci fa intendere come el papa vuole mutare lo stato di Firenze; pertanto, come per altra vi dicemo, non voliamo che voi li richieggiate lor genti, perché voliamo se ne servino, e scriverrai loro che si acconcino in ogni cosa che accadesse francamente, e che voi non $1325$sete per mancare loro dove bisognassi. Io non mancai con Rubertet di fare l'ofizio debito, in ricordare che bisogna a' tempi debiti fare di fatti, e che ora era necessario si ì acessino vivi con questo papa, altrimenti la non andava bene; e che se Ferrara si perdessi e si perderebbe dell'altre cose in vergogna del re e danno degli amici sua. Risposemi che conoscevono che al papa bisognava dare una mazata daddovero, e in su questa parola ridendo, mi dette della mano in sulla spalla, quasi dicessi: e fia presto. Altro non ne posse' ritrarre. Piacque ancora ad lui che si facessi passare l'Appennino ad dugento delle loro lance, ma disse come bisognava rassettarle prima insieme e vedere quello faceno e svizeri.Le Signorie vostre vorrebbono intendere che disegno sia quello del re: le mie lettere passate l'hanno assai bene detto. Sua Maestà è tutta volta, ad tempo nuovo, e attende con praticare l'imperadore, e le altre provvisioni, ad tale maneggio. Vorrebbe in questo mezo temporeggiare e spendere el meno potessi, e queste spese ad minuto lo fanno stare male contento. Questa cagione, insieme con el credere che 'l duca potessi fare da sé, hanno fatto seguire il disordine di Modona, e queste medesime cagioni potrieno fare seguire degli

altri disordini in danno di questo e di quello terzo, perché egli spera con la venuta sua in uno tratto rassettare tutte le cose sconce: e ciò che gli spende prima, li pare gittare via. E vero che poteva mandare più dugento lance ad Ferrara, che lo potevono salvare, e non era più spesa. Questo non si è fatto per difetto non suo, ma di chi maneggia qua e in Lombardia le faccende sue ad minuto; e Dio voglia che el tempo non scuopra ad danno del re e d'altri, quello importi essere morto el Legato, perché, vivente lui, Ferrara non pativa mai tanto, perché el re, non essendo uso minutamente ad governare queste cose, le straccura, e questi che le governono ora non pigliono per loro medesimi autorità veruna, non che di fare, ma di ricordare che si faccia: e così, mentre che el medico non vi pensa e il servigiale' lo straccura, el malato si muore. E parlando io oggi con Rubertet, venne un dipintore che portò la immagine del Legato morto, in sulla quale dopo un sospiro disse: O padrone mio, se tu fussi vivo, noi saremmo con el nostro esercito ad Roma: le quali parole mi confermorono più in quello che di sopra vi scrivo. $1326$Scritto fin qui, ad Rubertet è parso che Giovan Girolami referisca ad la Maestà del re personalmente quanto vostre Signorie hanno fatto circa la pratica di Roma, dopo la sua venuta; e così ha fatto, e al re ha sotisfatto assai tutto quello è stato ordinato costì, dimodoché, poiché 'l re ci si è in questa pratica più scoperto che prima, si potrà e qui e ad Roma trattarla più liberamente. Dio voglia che ad Roma si dia principio ad qualche cosa di buono, avanti che di qua si muti opinione e animo.Di nuovo non ho che dire a vostre Signorie che raffermare tutto quello ho scritto per lo addreto; e quanto a' svizeri, costoro praticono tuttavia di accordarli, e ritraggo assai di buono luogo come dicono averne già fermi otto cantoni, ed il segno sarà li abbino accordati, quando le genti del re con el Gran Mastro si partiranno da' confini loro, ed in mentre vi staranno, sarà segno che costoro saranno ne' medesimi sospetti; e quando le si partiranno, vostre Signorie dal Pandulfino ne potranno avere più presta e più vera notizia.Le provvisioni per Ferrara si dissono per altra, né per questa si replicheranno, e non debbe esser vero si perdessi, come si disse costì, perché qui non ce ne è nuove, né pare se ne dubiti.Domani partirà il re per ad Torsi dove si fa el concilio, e Dio lasci seguire el meglio. Valete.In Bles, die 2 septembris 1510.Servitor, Niccolò Machiavelli, secretarius.

%1510 set 5, LC$1330$Addì due di questo fu l'ultima mia, per la quale, infra le altre cose, vi replicai come

addì 31 del passato vi aveva scritto el re avere diliberato che le vostre genti si rimanessino in Toscana ad guardia delle cose vostre, e come di più se li era persuaso, secondo la commissione vostra, facessi passare l'Appennino ad dugento lance per sovvenire ad le cose di Toscana, quando ne avessino di $1331$bisogno; il che è volto ad fare in ogni modo, ogni volta che tutte o parte delle sue genti siano disobbligate da' svizeri. Vi scrissi molti altri particulari delle cose di qua, di che mi rimetto a detta lettera. Comparsono dipoi ieri le vostre de' 24 e 25, con la copia di quelle de' 22; alle quali non occorre altra risposta, che quella si sia scritto per le preallegate mia. È ben vero che essendo in esse qualche avviso d'importanzia, e non ci essendo el re, perché si era partito poi ad Torsi, me ne andai ad Rubertet e li conferii tutto: di che lui ne ringraziò vostre Signorie, ancora che mostrassi di essere avvisato del medesimo per altra via. Di nuovo li ricordai come gli era necessario che el re tenesse più ad dipresso le cose delli amici suoi d'Italia, che non s'era fatto per el passato. A che egli mi rispose come per l'addietro, che 'l re ora non spendeva ad altro fine che ad questo, e trovavasi in su e campi più di sedicimila fanti, e che questi svizeri, o per accordo o per necessità, saranno in brieve sforzati ad lasciare la Chiesa; il che farà el re più disobbligato e che potrà provvedere ad tutto e che infino ad qui non si era fatto poco ad tenerli, poiché nel tenerli consiste la debolezza del papa e la securtà delli amici del re.Cominciò poi ad ragionare del papa, dicendo che la era una mocciconeria pensare che 'l papa facesse guerra ad el re, e che non passerebbe uno mese che vedrebbe dove si troverrà, e che monsignore di Gursa è in Borgogna che ne viene; e se el re vive un anno, si vedrà cose maggiori si sieno mai viste. Magnifici signori, delle cose di qua, e sopra questi ragionamenti io non posso dire altro che quello abbi detto e scritto per el passato, cioè se lo 'mperadore e Inghilterra li tengono il fermo, e el re viva, aspettatelo ad marzo ad Firenze. E bisognerà bene che l'uno e l'altro di questi duoi re gli chiegga cose grandi ad volere che non le consenta; e perché questo re è volto tutto ad questo disegno di tempo nuovo, ne risulta che Ferrara patisce e potrebbe patire qualcun altro, perché ad sua Maestà duole questa spesa e parli gittar via ciò che ora li spende. E perché le Signorie vostre con la loro de' 22 dicono che l'uomo si faccia vivo e ricordi, dico alle Signorie vostre che, per questo, non è restato ch'io mi sono fatto tanto vivo, che forse è stato troppo; e in sull'avviso della perdita di Modona io andai in Consiglio, dolsimi di questo disordine, mostrai e periculi che portava Ferrara, la $1332$necessità del provedervi, e conclusi loro che, se Ferrara si

perdeva, e' perderebbono la Toscana e qualunque fosse loro amico da Ferrara in là. E così qua non si è mancato di tutto quello abbi giudicato bene fare; ma di ogni tardezza è cagione quanto io ho scritto di sopra e quanto io scrissi colla mia de' 2. Ritraggo da uno amico, come el re insieme con el suo Consiglio, ragionando di queste cose d'Italia e di questa impresa nuova, conclusono tutti d'accordo che e' fussi necessario, ad volere meno briga e più sicurtà d'Italia, fare grandi le Signorie vostre e potenti, e da più di uno luogo mi risuona questa medesima cosa nel capo: dimodoché quando egli venga, come di sopra si dice e come si crede, e le Signorie vostre si sieno mantenute nell'essere presente, se quelle aranno da dubitare di stropiccio e spesa, potranno anco sperare di molto bene quando chi sia qua maneggi queste cose con prudenza, come e per fare la magnificenza dello oratore che viene: è se in questo modo si correrà qualche pericolo, quelle per la loro prudenza sanno che non si maneggiò mai cose grandi senza pericolo. Io aspetto lunedì o martedì prossimo' l'oratore a Torsi, e ragguaglierollo delle cose di qua, in due giorni, e me ne tornerò con buona grazia delle Signorie vostre.Nel partire el re di qui, è stato fatto intendere allo oratore del papa che non venga ad Torsi, ma che stia qui o vadia dove vuole: donde questo oratore è diliberato andarsene ad Avignone: il che fa un gran disturbo alla pratica di Roma, perché lui l'ha condotta sin qui, e sanza esso io ho paura che non si possa fare cosa di buono. Non voglio mancare di dire ad le Signorie vostre come alcuno qua difficulta el passare del re in Italia per queste tre cagioni: prima, che l'universale di Francia non si lascerà gravare di spesa straordinaria; secondo, che l'universalità de' gentiliuomini non vorrà venire più in Italia, dove di loro, negli altri passaggi, chi ci ha lasciato la roba e chi la vita; terzo, che la reina e questi primi principi non si contenteranno che lasci el regno ed arrischi la persona sua ad periculo. A questo si replica che queste medesime cose si sono dette dieci anni fa, ed egli sempre ha passato e ripassato quando li è parso: perché quando il volere sta in uno, li altri poi ne vogliono quello che esso. Valete.Die 5 septembris 1510. $1333$El re starà quattro o cinque dì ad arrivare ad Torsi, perché va ad piacere cacciando per questi villaggi: al quale tempo l'oratore sarà arrivato; e non potendo io in questo mezo né intendere cosa alcuna di nuovo, né fare faccende colla Corte, sarà per avventura questa l'ultima lettera che vostre Signorie aranno da me per le presenti occorrenzie, perché, venuto lo oratore, io mi rimetterò ad tutto quello da sua magnificenza vi sarà scritto. Iterum valete.Piaccia ad vostre Signorie, quando ad quest'ora

non abbiano fatto, di ordinare al Panciatico mi dia cinquanta scudi, acciò possa tornarmene, e pagarne trenta ad Niccolò Alamanni, che lui mi ha prestati.Servitor, Niccolò Machiavelli, secretarius.

%1510 set 10, LC$1335$Comparsono ieri le di vostre Signorie de' 26 a me, e de' 27 del passato a l'ambasciadore, del quale non avendo nuove mi parse leggerla; e quanto alle cagioni che di nuovo dicono vostre Signorie del non mandare le genti vostre in Lombardia, non occorre che sua magnificenzia ci facci dentro altra opera, né di questa materia parli più, non ne sendo parlato ad lui, perché tutto si risolvé addì ultimo del passato, e deliberossi che le genti vostre stessino in Toscana; ed inoltre sono d'animo di fare passare lo Appennino ad dugento loro lance, come vostre Signorie ricordano, quando o e svizeri non li tenghino più ad bada, o egli abbino tante gente in Italia che possino fare l'una $1336$cosa e l'altra; il che doverrebbono potere fare, arrivate che fussino le trecento lance che mandono di nuovo, e di più cento pensionarii del re, che sono per più di centocinquanta lance. Ed io ho sollecitato forte questo passare di queste lance, e così ricorderò all'oratore facci; perché se le mandono, ci fia dentro quella comodità che vostre Signorie scrivono; se non le mandono, si torrà loro animo a richiedervi di nuovo delle vostre, quando e' vegghino che voi continovamente ricerchiate delle loro: e così se ne farà in ogni modo bene.Scrissi dopo la mia de' 31 addì 2 e g del presente, dando avviso delle cose di qua: dipoi non ci è innovato altro. E questi oratori imperiali sono ogni dì col re e intrattengonsi forte, e monsignore di Gursa si aspetta, e qui si ordina di continovo el concilio, e secondo ho ritratto, egli hanno fermi molti capituli, intra quali intendo sono questi: se al papa è lecito muovere guerra ad uno principe cristiano inaudito' e non citato; se al papa è lecito muovere guerra al Cristianissimo etiam citato; se un papa, che ha comprato el papato e venduto e benefizii, si debba reputare papa; se un papa, del quale si provi infiniti obbrobrii, si debba reputare papa. E queste e molte altre simili conclusioni si hanno ad disputare in detto concilio, e dipoi eseguiranno quanto credono sia bene in disonore del papa e comodo loro. Le altre parti delle lettere di vostre Signorie, circa ad quando costoro ragionassino di nuova confederazione e vi ponessino innanzi nuovi guadagni, Ruberto intenderà tutto; dipoi se ne governerà secondo le commissioni vostre e prudenza sua.Di Ferrara non ci è innovato da più dì in qua cosa che abbi tolto speranza ad costoro di non la difendere.De' svizeri, ancoraché e' li abbino preso quel

passo, pare che costoro si confidino ad guadagnarli o tenerli.Siamo a 20 ore, ed è arrivato un mandato di Ruberto, che mi significa come sua magnificenza sarà questa sera qui. Raccomandomi a vostre Signorie. Quae bene valeant.Ex Torsi, die 10 septembris 1510.Servitor, Niccolò Machiavelli, secretarius.

%1511 set 13, LC$1345$Ieri a vespro arrivai qui, dove si trovano Santa Croce, San Malò, Cosenza e San Severino. Santa Croce è alloggiato fuora della fortezza, gli altri tre nella fortezza. Parvemi di parlare prima a Santa Croce che agli altri, sì per essere lui come capo, sì per giudicarlo in qualche parte più affezionato alle Signorie vostre delli altri. Fui con lui a lungo ragionamento di questa materia del concilio; e infine a lui parve che io ne andassi seco in castello a parlare con gli altri. Et essendo mossi, vennono Cosenza e San Severino a trovare lui, dimodoché ritirati tutti a tre insieme, stettono per spazio di tre ore o più, e spacciarono in detto tempo uomini e lettere; e dopo detto tempo mi chiamorno, e alla presenza di tutti a tre dissi quel medesimo avevo detto a Santa Croce. Fecionmi passare di fuora, e dopo una lunga consulta si uscirno di casa, e $1346$a me dissono li seguitassi in rocca. Et andatine da San Malò, che era nel letto impedito da certa gotta, stati alquanto insieme, mi richiamorno, dove di nuovo mi feciono replicare quello avevo detto prima. La somma del parlare mio fu in significare loro la indegnazione del papa verso le Signorie vostre quanto la era suta grande, poiché intese questo atto fatto a Pisa; el periculo che i nostri mercanti avieno portato e portavono; e minacci che lui aveva fatti d'offendervi con l'arme temporali e spirituali, e che per questo vostre Signorie mi aveno commesso andassi in diligenza a Milano a trovare el viceré, perché lui intendessi l'animo del papa, li apparati suoi e periculi vostri, e pensassi a' remedii; e mi avevi commesso, se nel cammino io trovassi le reverendissime Signorie loro, parlassi a quelle e facessi loro intendere il medesimo. E perché voi ci vedevi dua danni uno presente e in fatto e uno futuro, el presente e in fatto era el sacco de' vostri mercanti e lo interdetto della vostra città, il futuro era la guerra: e per rimediare al presente periculo, voi pregavi loro reverendissime Signorie fussino contente non passare più innanzi verso Firenze, per dare spazio a' mercanti nostri di poter rassettare le cose loro; e che questo le lo potevono fare senza sturbo del concilio, non si veggendo ancora parate quelle cose che si converrebbono, né essere ad ordine con l'armi spirituali né temporali. E qui dissi, circa el disordine dell'uno e dell'altro, quello che si poteva dire, e di nuovo li ripregai per parte delle

Signorie vostre fussino contenti soprassedere l'andare avanti, possendosi fàre commodamente sanza sturbare e disegni loro: e per persuaderli a questo, non lasciai indietro cosa che in questa materia si potessi dire. Dissi ancora gli apparati del papa, quali egli erano, e quanto si prometteva di Spagna.Parlato che io ebbi loro l'ultima volta, che fu alla presenza di San Malò, dopo un'altra lunga consulta mi richiamarono e San Severino mi rispose in nome degli altri. La summa del parlare suo fu in iustificare la impresa loro, e quanto gli aveva esser grata a tutti i cristiani e a Dio, e quanto se ne doveva gloriare chi ne partecipava più; e che vostre Signorie, sei mesi fa, quando al concilio si pubblicò per a Pisa, dovevono prepararsi a tutto quello che ne posseva nascere, e avendo auto tanto tempo, non sapevono quello vi profittassi questa dilazione. $1347$Poi si distese in mostrare, che dell'armi non avevi a temere, perché la Maestà del re di Francia non ebbe mai tante copie in Italia, quante ora, e qui magnificò la cosa quanto possé; e in summa concluse che verso Firenze non verrebbono a nessun modo, ma che se ne anderebbono per il cammino di Pontremoli ritti a Pisa, e che per l'ordinario ci anderebbe dieci o dodici dì di tempo avanti partissino, perché aspettavano e prelati di Francia, che sarebbono qui infra detto tempo et in numero più di quaranta, e arebbono seco e dottori e predicatori da poter levare l'interditti, e che sarebbe iudicato eretico chi si opponessi loro.Allegommi che nel 1409, dopo tre anni che vostre Signorie aveno auto Pisa, voi ricevesti a Pisa uno concilio contro a un papa santo, e cominciato da cardinali; e facestilo sanza paura, non ostante che la causa non fussi sì giusta, né e favori che voi avevi allora fussino sì gagliardi, avendo un re di Francia dal suo. E in su questo il cardinale di Santa Croce riprese le parole, affermando quanto aveva detto San Severino, e dicendo che per amore a Cristo e per bene della Chiesa sua, vostre Signorie dovevano volentieri pigliare questo peso; e che il Concilio di Basilea lo cominciò un abate, e loro sarebbono tanti cardinali e tanti prelati che sarieno per condurre altre opere che questa, e verrebbono in modo, che leverebbono l'interditti e metterieno in tanta confusione el papa che penserebbe ad altro che a scomuniche o a guerra. Io replicai a quelle parti che mi parve necessario el replicare per persuaderli a non passare più avanti, né se ne trasse altra conclusione che quella abbi ditta di sopra, cioè che per l'ordinario soprassederebbono x o xii dì, tanto che questi prelati franzesi ci fussino, et che non verrebbono di costì, ma ne andrebbono da Pontremoli in Pisa.Quando io parlai a solo con Santa Croce, ritrassi del parlare suo che sarebbono venuti già in Pisa, se gli avessino vedute le Signorie

vostre venire a questa cosa di miglior gambe; ma vedutole in tanta suspensione, erano stati suspesi ancora loro. Credo, quando così sia, che questa mia esposizione li farà stare ancora più sospesi, per non parere loro essere securi costà, e farà forse uno effetto che io non so come e' si sia a proposito: perché gli hanno sempre desiderato di avere con loro lancie franzese, e ora lo desiderranno tanto più; e intendo questa mattina come li $1348$spacciono uno al viceré a Milano a sollecitarlo e pregarlo voglia con 300 lancie venire in persona, per essere con loro in compagnia quando andranno a Pisa. Io sarò questa sera a Milano, e vedrò con Francesco quello sia da operare per ovviare a questo. Disse ancora Santa Croce, nel repricare che fecie alla presenza degli altri cardinali come egli era necessario fare a Pisa ancora due o tre sessioni: di poi che per accomodare e compiacere quelli Signori si leverebbono e transferirebbonlo altrove.Ritrassi iarsera come San Severino questa mattina doveva partire per ire nella Magna a trovare l'imperatore. La cagione era per persuaderlo a mandare e sua prelati a Pisa con promissione che, cominciato che fussi qui, si transferirebbe dove a sua Maestà piacessi; l'altra cagione era per trattare con seco un parentado di dargli una damigella franzese per moglie; l'altra era per riavere certe castella poste in Veronese, che furono già di suo padre. Siamo a dua ore di giorno, e detto San Severino parte per a detto cammino. Raccomandomi a vostre Signorie.Servitor, Niccolò Machiavelli, secretario.

%1511 set 15, LCIo scrissi ad le Signorie vostre dal Borgo a San Donnino sabato, e particolarmente le avvisai dei ragionamenti auti con quelli cardinali. Lasciai la lettera ad Giovan Girolamo, che mi promisse mandarla per le poste del re: credo sia comparsa, e però non la repricherò altrimenti. Fui poi qui, et esposi la commissione mia ad questo Signore: de' particulari della quale e della risposta me ne rapporto ad quanto sarete avvisati da Francesco Pandolfini, con l'ordine del quale si è proceduto in tutto e per tutto: e però ad sua Magnificenzia me ne rimetto. Siamo ad 22 $1349$ore, et in questo punto parto per alla volta di corte, per eseguire el restante della commissione delle vostre Signorie, alle quali mi raccomando.

%1511 set 24, LC$1356$Io arrivai qui lunedì mattina passato di buon'ora; né arrivai prima, perché fra el Borgo ad San Donnino e Milano badai tre giorni. Sono stato ai piè di questa Maestà insieme con la magnificenzia dell'ambasciatore, e si è fatto

tutto quello che particularmente da lui vi è suto scritto: al quale in ogni cosa io mi rimetto. Starò qui tanto quanto $1357$ parrà a sua magnificenzia, che sarà tanto quanto lui giudicherà a proposito rispetto alla causa della mia venuta, che non potranno passare sei o otto dì. Dipoi me ne ritornerò con buona licenza sua e grazia delle Signorie vostre, alle quali sempre mi raccomando.Servitor, Niccolo Machiavelli, secretario.

%1511 nov 6, LC$1367$Per lettere dei signori commissarii avrete inteso infino a quest'ora come le cose procedino qui. Per la presente mi occorre significare a quelle come io andai questa mattina a vicitare il cardinale di Santa Croce, col quale ebbi uno lungo ragionamento, e fu tutto fondato per la parte mia in mostrargli le difficultà che arrecava seco questo luogo e questi tempi; le quali difficultà crescerebbono sempre, $1368$quanto più ci stessino e più numero di gente ci venissi; e per questo vostre Signorie se ne scusavono, ec. Lui a questa parte disse che, ancorché non ci fosse molta abbondanza, tamen era carestia sopportabile, e che non si dolevano, e che sapevano bene che qui non erano i palazzi che a Milano, né il vivere che è in Francia. Pure quando, o per loro cagione, o per cagione di vostre Signorie, fosse bene mutar luogo, che si potrebbe fare. Io gli dissi che di questa parte ne parlerei come da me, e che io credevo che levandosi di qui, sarebbe un partito savio, perché, prima e' si leverebbero da queste angustie di questo alloggiamento; la seconda e' farebbero il papa, nel discostargli il concilio da casa, più freddo, e meno pronto ad opporsegli e con l'arme e con altro; la terza, facendolo o in terra di Francia o in terra della Magna, e' troveriano i popoli più atti ad obbedirli che non sono per fare i popoli di Toscana, perché con più facilità sforzerà l'imperatore e il re i popoli loro che non faranno vostre Signorie, il che quelle non sono per fare in verun modo. E parendomi questa buona occasione, lo confortai ad esser contento non consentire che vostre Signorie fussino richieste di quello che elle non potevono né dovevono fare, e che io credevo che più reputazione desse a questo concilio uno che venisse loro dietro volontario, che venti forzati; e gli andai persuadendo questa parte il più che io seppi e nel fine gli tornai al proposito circa il levarsi di qua, monstrandogli, come da me, che la sarebbe cosa utile e partito savio, e da fare migliori effetti.Lui rispose a questo che ne parlerebbe con gli altri, e che bisognava scriverne in Francia e all'imperatore; e perché io gli ricordai che a San Donnino mi aveva lui e quelli altri cardinali detto che dopo due o tre sessioni si partirebbono per altrove, lui mi disse essere

così el vero, e che penserebbono quello dovessino fare. E quanto al richiedere vostre Signorie di cose non convenienti, disse, che ci avrebbero rispetto, e di fatto soggiunse: non saranno contenti quei Signori che noi priviamo quelli preti che non ci obbedissero e non ci favoriranno in questo? Risposi che non sapevo che favori vostre Signorie si potessino far loro, ma quanto al privarli, che quelle non ne avevano che fare, e tra loro se la trattassino. Sua Signoria non si distese più là, ma mi pare che gli abbino a uscire addosso alle Signorie vostre presto con qualche $1369$domanda nuova, di quella sorte che sono contro l'animo loro.Io ho conferito tutto con questi signori commissarii, e loro ci hanno considerato drento quelle cose di che particolarmente danno notizia alle Signorie vostre; alle quali io mi raccomando. Valete.

%1511 dic 5, LC$1372$Io ho dato la presta a 100 uomini di nuovo per militare a cavallo, e gli ho tratti sotto le medesime tre bandiere, cioè Valdarno, Valdichiana e Casentino; e trovo quelli duegento fanti di prima essere benissimo in ordine, e questi nuovi fieno in ordine per tutto questo mese: dopo il qual tempo vostre Signorie potranno valersi di questi trecento cavalli in quei luoghi vorranno. Parto questo dì per essere per Valdibagno ed eseguire l'ordine dei Nove. Raccomandomi alle Signorie vostre. Quae bene valeant.Servitor, Niccolò Machiavelli, secretarius.

%1511? (SPA) $016a$ Io vi voglio advertire circha questaopinione di coloro che dicono come e'sarebbe bene scoprire e difecti di PieroSoderini per torli reputatione nelpopulo, et che voi guardiate bene in visoquesti tali, et consideriate quello cheli muove; et vedrete come e' non glimuove el fare bene ad questo stato, ma sìbene dare reputatione a.lloro proprii:prima, perché a me non pare che cosaalcuna, di che si truovi in colpa PieroSoderini, possa dare reputatione adquesto stato apresso al popolo, perché diquelle medesime cose, di che potessiessere incolpato Piero, sempre questostato ne sarà o incolpato o sospecto.Pertanto, nel ritrovare e difecti diPiero, non si faccendo reputatione adquesto stato, si fa reputatione solamentead quelli cittadini che li hanno volutomale et che in Firenze apertamentel'urtavano; perché, dove hora e' si diceche detti cittadini volevono male a Pieroper tòrre al popolo lo stato, quandoPiero fussi scoperto tristo, si direbbe:- Vedi che dicevono el vero! Egli erono

pure buoni cittadini, et volevono male aPiero, perché lo meritava; et se le cosesono poi successe così, egli è contro adlor voglia. Pertanto questo stato,scoprendo Piero Soderini, torrebbereputatione ad lui, et non la darebbe adsé, ma ad quelli cittadini che gli eranonimici et che ne dicevono male, etfarebbegli venire più in gratia delpopolo: il che non è punto ad propositodi questo stato, perché questo stato habisogno di trovare modo che sieno odiati,non ben voluti, dal populo, acciò ch'egli$016b$ habbino con tanta più necessità ad stareuniti con lo stato, et ad quel bene et adquel male che starà lui.Et se voi ricercherete bene chi sonoquesti che fanno questa calca, voiconoscerete essere vero quello che io vidico, perché pare loro havere adquistatouno odio grande con lo universale, sendostati nimici di Piero, se non si truovache sia un tristo et che lo meriti. Etvorrebbono purgare questo odio per fareel facto loro, non quello de' Medici,perché la causa della mala contenteza tral'universale et e Medici non ne è cagionené Piero né la sua ruina, ma sì benel'ordine mutato. Però di nuovo dico chetrovare e difecti di Piero non dàreputatione ad lo stato de' Medici, ma adparticulari cittadini; et questo stato neperderebbe questo, che torrebbereputatione ad uno che è di fuora, che nogli può fare male, et darebbela ad chi èin casa, che ogni dì lo può offendere etfarli uno rimbocco addosso di tuctoquesto universale.Di nuovo dico, per ristrignere questaconclusione meglio, che questo stato nonha per nimico Piero Soderini, ma sì benel'ordine vechio; et però bisognerebbe, adgiovare ad questo stato, dire male diquello ordine non di Piero; ma alcunicittadini, et in spetie questi cheputtaneggiono infra el popolo et eMedici, hanno bene per nimico Piero, etvorrebbollo scoprire tristo, per levarsiquello carico che gli hanno con el popolodi haverlo inimicato: il che, se fa perloro, non fa pe' Medici, né per chi vuolestare con loro al bene et al male.Anchora voglio chiarire questa cosa inuno altro modo. Alcuni cittadini che cisono, si tirono sotto a' Medici, perchégli hanno paura di dua cose: l'una, dinon essere presi da' Medici,discostandosi da loro; l'altra, che sel'ordine vechio risurgessi con PieroSoderini, di non essere cacciati daFirenze da lui. Scoprire addunque PieroSoderini un tristo et farlo venire inodio ad lo universale non fa altro sednon che quelli cittadini manchino della

paura di Piero, et sperino succedere nelloco suo, qualunque $017a$ volta l'ordine vechiorisurga, et habbino per questo mancobisogno di adherirsi a' Medici, etpossino più sperare, declinando e Medici.Il che quanto sia contrario al bene de'Medici, ognuno lo può vedere, perché eMedici non possono stare ad Firenze,resurgendo l'ordine vechio o con Piero osanza Piero che risurga; ma alcunicittadini, quando e' risurga con PieroSoderini, non ci possono stare, ma quandoe' risurga sanza Piero, si possono. Etperò e' vorrebbono tòrre la riputationead Piero, per recare securtà ad loroproprii, non a' Medici: il che non fapunto pe' Medici, anzi è in tucto et pertucto cosa dannosissima etpericulosissima per la casa et statoloro, perché cava per questo mezo unfreno di bocca ad molti, che piùsecuramente et con meno rispecti lapossino mordere.

%1512 mag 7, LCIo arrivai iarsera qui, come da Poggibonsi scrissi a vostre Signorie dover fare, e trovai lettere di vostre Signorie, $1373$per le quali mi significavi mi manderesti domani e danari: il che è necessario sia, acciocché la cittadella non rimanga sola. Io sono stato questa mattina con questi connestaboli di cittadella insieme col capitano e, dopo molte dispute, abbiamo fermi delle compagnie loro vecchie qualche 80 fanti, che sono tutti uomini stati in queste guerre di Pisa assai tempo, e fidati e di buona qualità; e per supplemento ho mandato a Pescia per 40 uomini, e per levarli ho mandato loro quaranta ducati de' danari ho meco de' cavalli, e saranno qui domani da sera, e postdomani credo avere riordinato ogni cosa. Parrà forse a vostre Signorie che io ci abbia lasciato troppi de' vecchi; nondimeno io giudico essere suto necessario fare così: prima, perché e' pareva inumano licenziare quelli uomini che vi avieno servito assai; dipoi, questi connestaboli esclamavano di non poter né fare né dire sanza, questo verno, della loro compagnia vecchia. Ed io credo che quando e' si dà in guardia un luogo d'importanza come questo ad alcuno, e' si debba tenerlo contento il più si può, e appresso dargli meno scusa in ogni evento che si può. Basti alle Signorie vostre che fra vecchi e nuovi si ordinerà per tanti uomini una buona guardia, e da non potere essere fraudato, perché io ordinerò che sempre si paghi in sulla lista vecchia e che ne sia riscontro costì, e che non si cavi, né rimetta sanza commissione delle Signorie vostre: alle quali mi raccomando.E al numero disegnato i danari ordinati basteranno, e piuttosto ne avanzerà.

Servitor, Niccolò Machiavelli, secretarius.

%1512 mag 29, LC$1375$Per la di vostre Signorie di ieri intendo di nuovo quello che è desiderio di vostre Signorie circa la guardia della cittadella nuova di Pisa e delle porte, e per quello mi ragionorno le Signorie vostre ad bocca, desiderando essere ad ordine in parte quando la commissione di vostre Signorie venissi, ho fermi 50 uomini in questo vicariato di Sa' Miniato, e 50 in quello di Pescia, i quali fieno di buona qualità e contenti a quelli soldi di 45 dì; ma bisogna che il camarlingo di Pisa li paghi e che non abbino aspettare i danari di costì, perché i quarantacinque diventerebbono cinquanta, e un giorno quella cittadella rimarrebbe sola: sicché bisogna pensar bene a questa parte e provvederla.Io mi trovo qui a Fucecchio e oggi ho spedito tutto quello avevo da fare in questo vicariato e domattina mi sarei trasferito in Pisa ad eseguire le commissioni vostre, se vostre Signorie mi avessero mandato e danari da pagare questi nuovi fanti e nuovo ordine. Ma non me gli avendo mandati, io anderei in Pisa a far male e non bene, perché non mi bisognerebbe dir nulla infino che il danaro non venisse, e perderei questo tempo, e comunicando questa cosa e non avendo ad ordine chi mettere in cambio, farei lasciare quelle guardie sole. Pertanto io me ne anderò $1376$domani a Pescia e starò quattro dì in quello vicariato, e le Signorie vostre mi manderanno e danari da levare questi fanti e pagar quelli, e io anderò ad seguire l'ordine datomi. Ma perché vostre Signorie mi ragionorno a bocca che di quelli trenta vecchi che vi hanno a rimanere, quando ve ne fussi alcuno che meritasse meno che Daccio e Giannetto, e più che fanti ordinarii, che io dessi loro lire trenta, e non me ne dicendo questa loro lettera cosa alcuna, non so se le hanno mutato proposito, e però le prego me ne replichino l'opinione loro. Altro non mi occorre, se non che raccomandarmi alle vostre Signorie.

%1512 giu 5, LCIo arrivai a Siena, secondo che mi ordinarono vostre Signorie, e non ebbi prima audienza dalla Balia che venerdì mattina, alla quale si espose quanto mi fu da vostre Signorie commesso, donde partitomi andai a parlare a Borghese, e da tutti mi fu risposto gratamente, facendo segni di avere avuto molto accette queste dimostrazioni che le Signorie vostre avevano fatte verso di loro, e Borghese in particolare mi disse che le Signorie vostre facessero conto di aversi a valere di quello Stato non altrimenti che di una delle loro città, e voleva in tutto seguitare la fortuna

di codesta repubblica, ringraziando infinitamente vostre Signorie della dimostrazione fatta versa di lui. Il cardinale, secondo ritrassi, non sarà prima in Siena che mercoledì prossimo, e non mi sendo ragionato, a me parve di non soprastare più per fare quelle altre cose che da vostre Signorie mi sono state ordinate.Lo Stato di Siena è assai pacifico, solo lo sturba questa morte che ne' dì passati seguì del bargello in su gli occhi di Borghese, perché gli ucciditori sono di quello tutti $1377$parenti e amici suoi; e non la vendicando, pare che si dia loro troppa autorità, e vendicandola, par cosa da far troppa alterazione. Ho parlato con qualcuno de' primi, che dicono quello Stato, quando abbia vostre Signorie amiche, non potere essere alterato, ed essendo sicuri di questo, stanno di buona voglia: da' quali mi fu anche detto che desidererebbero che le Signorie vostre scrivessino a' rettori vicini allo Stato loro che, intendendo che si facessi ragunate o per loro fuorusciti o per altri, lo proibissero e ne avvisassero le Signorie vostre: ed io promessi di farlo intendere a quelle, alle quali mi raccomando.Io sono qui in Poggibonsi e domandassera sarò in Pisa. Valete.

%1512 giu 10, LCAvanti ieri comparse Domenico cavallaro coi danari per pagare queste guardie di cittadella e porte. Ieri poi si pagarono tutte nel modo che particolarmente riferirò a bocca a vostre Signorie, che sarò costì fra sei o otto dì, avendo ad eseguire quanto dagli spettabili Nove ho in commissione circa l'ordinanza de' cavalli. Raccomandomi vostre Signorie. Quae bene valeant.

%1512 ago 22, LC$1383$Questa mattina a ore 14 in circa scrissi ad vostre Signorie tutto quello s'intendeva dalle bande di qua. Arrivò $1384$dipoi Lamberto Cambi, el quale ho ragguagliato di tutti e progressi e disegni miei, e scrivendo lui ad lungo a vostre Signorie, non mi occorre delle cose di qua repricare altro.Ho ricevuto per le mani di Ceccotto cavallaro 1500 ducati, secondo mi scrive el Quaratese, perché non li ho conti. Pagherannosi domattina ad questi fanti, dando loro un terzo di paga per ciascuno, e fatto arò questo pagamento, me ne verrò da vostre Signorie per servire costì ad qualche altra cosa. Valete.

%1512 set-ott (Lett. 195)Ill.ma D.na, poiché V.ra S.ria vuole, illustrissimamadonna, intendere queste nostre novità di Toscana, seguitene' proximi giorni, io liene narrerò volentieri, sì per

satisfarle, sì per havere e successi di quelle honorati liamici di V.S. Ill.ma et patroni miei; le quali dua cagionicancellano tucti li altri dispiaceri hauti, come nelloordine della materia, V.S. intenderà.Concluso che fu nella dieta di Mantova di rimettere eMedici in Firenze, et partito el viceré per tornarsene adModona, si dubitò in Firenze assai che 'l campo spagnolo nonvenissi in Toscana: nondimancho, non ce ne essendo altracerteza, per havere governate nella dieta le cosesecretamente, et non potendo, credere molti che 'l papavolessi che l'exercito spagnolo turbassi quella provincia,intendendosi maxime per lettere di Roma non essere intra liSpagnoli et il papa una gran confidenza, stémo con lo animosospeso sanza fare altra preparatione, infino ad tanto cheda Bologna venne la certeza del tucto. Et essendo già legente inimiche propinque ad li confini nostri ad unagiornata, turbossi in uno tracto di questo subito assalto,et quasi insperato, tucta la città; et consultato quello chefussi da fare, si deliberò con quanta più presteza sipotessi, non possendo essere a·ttempo ad guardare e passide' monti, mandare in Firenzuola, castello in su' confinitra Firenze et Bologna, 2000 fanti, acciò che li Spagnoliper non si lasciare adrieto così grossa banda, si volgessinoalla expugnatione di quello luogo, et dessino tempo a noid'ingrossare di gente et potere con più forze obstare alliassalti loro; le quali gente si pensò di non le mettere incampagna, per non le giudicare potente ad resistere alliinimici, ma fare con quelle testa ad Prato, castello grossoet posto nel piano nelle radice de' monti che scendono dalMugiello, et propinquo ad Firenze ad dieci miglia,giudicando quello luogo essere capace dello exercito loro etpotervi stare securo, et, per essere propinquo ad Firenze,potere ogni volta soccorrerlo, quando li Spagnoli fussinoiti ad quella volta. Facta questa deliberatione, si mossonotucte le forze per ridurle ne' luoghi disegnati; ma elviceré, la intentione del quale era non combattere le terre,ma venire ad Firenze per mutare lo stato, sperando con laparte posserlo fare facilmente, si lasciò indretoFirenzuola, et passato l'Apennino scese ad Barberino diMugiello, castello propinquo ad Firenze ad diciotto miglia,dove sanza contasto tucte le castella di quella provincia,sendo adbandonate d'ogni presidio, riceverno e mandamentisuoi, et provedevono el campo di vectovaglie secondo le lorofacultà. Sendosi intanto ad Firenze condocto buona parte digente, et ragunati e condoctieri delle gente d'arme etconsigliatosi con loro la difesa contro ad questo assalto,consigliorno non essere da fare testa ad Prato, ma adFirenze, perché non giudicavono possere, rinchiudendosi inquello castello, resistere a l'inimico, del quale, nonsapiendo anchora le forze certe, possevano credere chevenendo tanto animosamente in questa provincia, le fussinotali che ad quelle el loro exercito non potessi resistere;et però stimavono el ridursi ad Firenze più securo, dove conlo aiuto del popolo erano sufficienti ad defendere quellacittà, et potere con questo ordine tentare di tenere Prato,lasciandovi uno presidio di tremila persone. Piacque questadeliberatione, et in spetie al gonfaloniere, giudicandosipiù securo et più forte contro ad la parte, quanto più forzehavessi drento appresso di sé. Et trovandosi le cose inquesti termini mandò el viceré ad Firenze suoi ambasciadori,e quali exposono alla Signoria, come non venivono in questaprovincia inimici, né volevono alterare la libertà dellacittà, né lo stato di quella, ma solo si volevono adsicuraredi lei che si lasciasse le parti franzesi et adherissesi ad

la lega; la quale non giudicava possere stare secura diquesta città, né di quanto se li promettessi, stando PieroSoderini gonfaloniere, havendolo conosciuto partigiano de'Franzesi, et però voleva che deponessi quel grado, et che 'lpopulo di Firenze ne facessi uno altro come li paressi. Adche rispose el gonfalonieri che non era venuto ad quel segnoné con inganno né con forza, ma che vi era stato messo dalpopolo; et però se tucti e re del mondo raccozati insieme licomandassino lo deponessi, che mai lo deporrebbe; ma sequesto popolo volessi, che lui se ne partissi, lo farebbecosì volentieri come volentieri lo prese, quando sanza suaambitione li fu concesso. Et per tentare l'animo dellouniversale, come prima fu partito lo 'mbasciadore, ragunòtucto el consiglio et notificò loro la proposta facta, etofersesi quando al popolo così piacesse, et che essigiudicassino che della partita sua ne havessi ad nascere lapace, era per andarsene ad casa. La quale cosa unitamente daciascuno li fu denegata, offerendosi da tucti di mettereinfino alla vita per la difesa sua.Seguì in questo mezo che 'l campo spagnolo s'erapresentato ad Prato, et datovi uno grande assalto; et non lopotendo expugnare, cominciò sua Ex.tia ad tractare delloaccordo con lo oratore fiorentino, et lo mandò ad Firenzecon uno suo, offerendo d'essere contento ad certa somma didanari; et de' Medici si rimettessi la causa nella CattolicaMaestà, che potessi pregare et non forzare e Fiorentini adriceverli. Arrivati con questa proposta li oratori, etreferito le cose delli Spagnoli debole, allegando che simorieno di fame, e che Prato era per tenersi, messe tantaconfidenza nel gonfaloniere et nella moltitudine, con laquale lui si governava, che benché quella pace fussiconsigliata da' savi, tamen el gonfaloniere l'andòdilatando, tanto che l'altro giorno poi venne la nuovaessere perso Prato, et come li Spagnuoli, rotto alquanto dimuro, cominciorno ad sforzare chi difendeva et adsbigottirgli, in tanto che dopo non molto di resistenzatucti fuggirno, et li Spagnoli, occupata la terra, lasaccheggiorno, et ammazorno li huomini di quella conmiserabile spettacolo di calamità. Né ad V.S. ne referirò iparticolari per non li dare questa molestia d'animo; diròsolo che vi morirno meglio che quattromila huomini, et lialtri rimasono presi et con diversi modi costretti ariscattarsi; né perdonarono a vergini rinchiuse ne' luoghisacri, i quali si riempierono tutti di stupri et disacrilegi.Questa novella diede gran perturbatione alla città, nondi manco il gonfaloniere non si sbigottì, confidatosi in sucerte sue vane oppenioni. Et pensava di tenere Firenze etaccordare gli Spagnuoli con ogni somma di danari, pure chesi escludessero i Medici. Ma andata questa commessione, ettornato per risposta come egli era necessario ricevere iMedici o aspettare la guerra, cominciò ciascuno a temere delsacco, per la viltà che si era veduta in Prato ne' soldatinostri; il qual timore cominciò ad essere accresciuto datutta la nobiltà, che desideravano mutare lo stato, in tantoche il lunedì sera addì 30 d'agosto a dua hore di notte,fu dato commessione alli oratori nostri di appuntare con ilviceré ad ogni modo. Et crebbe tanto il timore di ciascuno,che il palazzo et le guardie consuete che si facieno dallihuomini di quello stato, le abbandonarono, et rimaste nudedi guardia, fu costretta la Signoria a relassare molticittadini, i quali, sendo giudicati sospetti et amici a'Medici, erano suti ad buona guardia più giorno in palazzoritenuti; i quali, insieme con molti altri cittadini de' più

nobili di questa città, che desideravono rihavere lareputatione loro, presono animo; tanto, che il martedìmattina venneno armati a palazzo, et occupati tutti i luoghiper sforzare il gonfaloniere a partire, furno da qualchecittadino persuasi a non fare alcuna violenzia, ma alasciarlo partire d'accordo. E così il gonfaloniereaccompagnato da loro medeximi se ne tornò a casa, et lanotte venente con buona compagnia, di consentimento de'signori, si condusse a Siena.A questi magn.ci Medici, udite le cose successe, nonparve di venire in Firenze, se prima non havieno composte lecose della città con il viceré, con il quale doppo qualchedifficultà feciono l'accordo; et entrati in Firenze sonostati ricevuti da tutto questo popolo con grandissimohonore.Essendosi in quel tanto in Firenze fatto certo nuovoordine di governo, nel quale non parendo al viceré che vifosse la sicurtà della casa de' Medici né della lega,significò a questi signori, essere necessario ridurre questostato nel modo era vivente il mag.co Lorenzo. Disideravanoli cittadini nobili satisfare a questo, ma temeano non viconcorresse la moltitudine; et stando in questa disputa comesi havessono a trattare queste cose, entrò il legato inFirenze, et con sua signoria vennono assai soldati, etmaxime italiani; et havendo questi signori ragunato inpalazzo addì 16 del presente più cittadini, et con loroera il mag.co Giuliano, et ragionando della riforma delgoverno, si levò a caso certo romore in piazza, per il qualeRamazzotto con li suoi soldati et altri presono il palazzo,gridando "palle palle". Et sùbito tutta la città fu inarme, et per ogni parte della città risonava quel nome;tanto che i signori furono constretti chiamare il popolo aconcione, quale noi chiamiamo parlamento, dove fu promulgatauna legge, per la quale furono questi magnifici Medicireintegrati in tutti li honori et gradi de' loro antenati.Et questa città resta quietissima, et spera non vivere menohonorata con l'aiuto loro che si vivesse ne' tempi passati,quando la felicissima memoria del magnifico Lorenzo loropadre governava.Havete adunque, ill.ma madonna, il particolare successode' casi nostri, nel quale non ho voluto inserire quellecose che la potessero offendere come miserabili et poconecessarie: nell'altre mi sono allargato quanto lastrettezza di una lettera richiede. Se io harò satisfatto aquella ne sarò contentissimo; quanto che no, priego V. S.Ill.ma mi habbia per scusato. Quae diu et felix valeat.

%1513 mar (Lett. 196)Magnifico viro Francisco Victorio oratori florentinodignissimo apud Summum Potificem. Rome.

Magnifice vir. Come da Pagolo Vettori harete inteso, iosono uscito di prigione con la letitia universale di questacittà, non obstante che per l'opera di Pagolo et vostra iosperassi il medesimo; di che vi ringrazio. Né vi replicheròla lunga historia di questa mia disgrazia; ma vi dirò soloche la sorte ha fatto ogni cosa per farmi questa ingiuria:pure, grazia di Iddio, ella è passata. Spero non incorrerepiù, sì perché sarò più cauto, sì perché i tempi saranno piùliberali, et non tanto sospettosi.Voi sapete in che grado si truova messer Totto nostro.Io lo raccomando a voi et a Pagolo generalmente. Desiderasolo, lui et io, questo particulare: di essere posto in tra

i familiari del papa, et scritto nel suo rotolo, et havernela patente; di che vi preghiamo.Tenetemi, se è possibile, in memoria di N. S., che, sepossibile fosse, mi cominciasse a adoperare, o lui o suoi, aqualche cosa, perché io crederrei fare honore a voi et utilea me. Die 13 Marzii 1512.Vostro Niccolò Machiavelli, in Firenze.

%1513 mar (Lett. 198)Magnifico viro Francisco Victorio oratori florentinoapud Summum Pontificem. Rome.

Magnifico oratore. La vostra lettera tanto amorevole miha fatto sdimenticare tutti gli affanni passati; et, benchéio fussi più che certo dell'amore che mi portate, questalettera mi è suta gratissima. Ringraziovi quanto posso, etpriego Iddio che con vostro utile et bene mi dia facultà dipotervene essere grato, perché io posso dire che tuttoquello che mi avanza di vita riconoscerlo dal magnificoGiuliano et da Pagolo vostro. Et quanto al volgere il visoalla Fortuna, voglio che habbiate di questi miei affanniquesto piacere, che gli ho portati tanto francamente, che iostesso me ne voglio bene, et parmi essere da più che noncredetti; et se parrà a questi patroni nostri non milasciare in terra, io l'harò caro, et crederrò portarmi inmodo che gli haranno ancora loro cagione di haverlo perbene; quando e' non paia, io mi viverò come io ci venni, chenacqui povero, et imparai prima a stentare che a godere. Etse vi fermerete costà, mi verrò a passar tempo con voi,quando me ne consigliate. Et per non essere più lungo, miraccomando a voi et a Pagolo, al quale non scrivo, per nonsapere che me gli dire altro.Io communicai il capitolo di Filippo a certi amicicomuni, quali si rallegrorno che fosse giunto costì asalvamento. Dolsonsi bene della poca estimazione o conto chetenne messer Giovanni Cavalcanti; et, pensando donde questocaso potesse nascere, hanno trovato che il Brancaccino dissea messer Giovanni, che Filippo haveva in commessione dalfratello di raccomandare alla Santità del papa Giovanni diser Antonio, et per questo non lo volle ammettere; etbiasimorno molto Giuliano che havesse messo questo scandolo,quando non fosse vero; et se gli era vero, biasimornoFilippo che pigliasse certe cure disperate: sì cheavvertitelo che un'altra volta sia più cauto. Et dite aFilippo che Niccolò degli Agli lo tronbetta per tuttoFirenze, et non so donde si nasca; ma, sanza rispetto etsanza perdonare a nulla, gli dà carico in modo, che nonn-èhuomo che non se ne maravigli. Sì che avvertite Filippo che,se sa le cagioni di questa inimicitia, la medichi in qualchemodo; et pure hieri mi trovò, et haveva una listra in mano,dove erano notate tutte le cicale da Firenze, et mi disseche le andava soldando che dicessino male di Filippo, pervendicarsi. Io ve ne ho voluto avvisare, acciò che ne loavvertiate, et mi raccomandiate a lui.Tutta la conpagnia si raccomanda a voi, cominciandosi daTomaso del Bene, et andando insino a Donato nostro; et ognidì siamo in casa qualche fanciulla per rihavere le forze, etpure hieri stemo a vedere passare la processione in casa laSandra di Pero; et così andiamo temporeggiando in su questeuniversali felicità, godendoci questo resto della vita, cheme la pare sognare. Valete. In Firenze, addì 18 di Marzo1512.Niccolò Machiavelli.

%1513 apr (Lett. 200) Magnifico oratori apud Summum Pontificem FranciscoVictorio. Romae.

Magnifice domine oratorEt io che del colore mi fui accortoDissi: Come verrò se tu paventi,Che suoli al mio dubbiare essere conforto?Questa vostra lettera mi ha più sbigottito che lafune, et duolmi di ogni oppinione che voi habbiate che mialteri, non per mio conto, che mi sono acconcio a nondesiderare più cosa alcuna con passione, ma per vostro.Priegovi che voi imitiate gli altri, che con inprontitudineet astutia, più che con ingegno et prudenza, si fanno luogo;et quanto a quella novella di Totto, la mi dispiace, se ladispiace a voi. Per altro io non ci penso, et se non si puòrotolare, voltolisi; et per sempre vi dico, che di tutte lecose vi richiedessi mai, che voi non ne pigliate brigaalcuna, perché io, non le havendo, non ne piglierò passionealcuna.Se vi è venuto a noia il discorrere le cose, per vederemolte volte succedere e casi fuora de' discorsi et concettiche si fanno, havete ragione, perché il simile è intervenutoa me. Pure, se io vi potessi parlare, non potre' fare che ionon vi empiessi il capo di castellucci, perché la Fortuna hafatto che, non sapendo ragionare né dell'arte della seta etdell'arte della lana, né de' guadagni né delle perdite, e'mi conviene ragionare dello stato, et mi bisogna o botarmidi stare cheto, o ragionare di questo. Se io potessi sbucaredel dominio, io verrei pure anch'io sino costì a domandarese il papa è in casa; ma fra tante grazie, la mia per miastraccurataggine restò in terra. Aspetterò il settembre.Io intendo che il cardinale de' Soderini fa un grandimenarsi col pontefice. Vorrei che mi consigliassi, se viparessi che fosse a proposito gli scrivessi una lettera, chemi raccomandassi a sua Santità; o se fosse meglio che voifacessi a bocca questo offitio per mia parte con ilcardinale; o vero se fosse da non fare né l'una né l'altracosa, di che mi darete un poco di risposta.Quanto al cavallo, voi mi fate ridere ad ricordarmelo,perché me lo havete a pagare quando me ne ricorderò, et nonaltrimenti. Il nostro arcivescovo a questa hora debba esseremorto; che Iddio habbi l'anima sua et di tutti e sua.Valete.In Firenze, addì 9 di Aprile 1513.Niccolò Machiavelli, quondam segretario.

%1513 apr (Lett. 202)Magnifico viro Francisco Victorio oratori florentino apudSummum Pontificem, patrono et benefactori suo. Rome.

Magnifico oratore. Sabato passato vi scrissi, et, benchéio non habbia che dirvi né che scrivervi, non ho voluto chepassi questo sabato che io non vi scriva.La brigata, che voi sapete quale è, pare una cosasmarrita, perché non ci è colombaia che ci ritenga, et tuttii capi di essa hanno hauto un bollore. Tomaso è diventatostrano, zotico, fastidioso, misero, di modo che vi parràalla tornata vostra trovare uno altro huomo; et vi vogliodire quel che mi è intervenuto. E' comperò della settimanapassata sette libre di vitella, et mandolla a casa Marione.

Dipoi, per parerli havere speso troppo, et volendo trovarechi concorresse alla spesa, andava limosinando chi viandasse a desinare seco. Pertanto, mosso da compassione, viandai con dua altri, i quali gli accattai ancora io.Desinamo, et venendo al fare del conto toccò 14 soldi peruno. Io non ne havevo allato se non dieci: restò havere dame 4 soldi; et ogni dì me li richiede, et pure hiersera nefece quistione meco in sul Ponte Vecchio. Non so se vi parràche gl'habbia il torto; ma questa è una favola all'altracosa che fa.A Girolamo del Guanto morì la moglie, et stette 3 o4 dì come un barbio intronato: dipoi è rinvizzolito, etrivuol tòrre donna, et ogni sera siamo in sul panchino de'Capponi a ragionare di questo sponsalitio. El conte Orlandoè guasto di nuovo d'un garzone raugieo et non se ne puòhaver copia. Donato ha aperto un'altra bottega del cornodove faccino le colombe, et va tutto dì dalla vecchia allanuova et sta come una cosa balorda, et hora se ne va conVincenzio, hora con Piero, hora con quello suo garzone, horcon quell'altro; nondimento io non ho mai veduto che siaadirato col Riccio. Non so già donde questo nasca; alcunocrede che sia più a suo proposito, alcun altro che la sorte;io per me non ne saprei cavare construtto. Philippo diBastiano è tornato in Firenze, e duolsi del Brancaccinoterribilmente, ma in genere, et per ancora non è venuto adalcuno particulare: venendovi, ve ne aviserò, acciò possiateadvertirloPerò se alcuna volta io rido o canto,Follo perché io non ho se non questa unaVia ha sfogare il mio acerbo pianto.Se gli è vero che Jacopo Salviati et Matteo Strozzihabbino hauto licentia, voi rimarrete costì persona publica;et poiché Jacopo non vi rimane, di questi che vengono io nonveggo chi vi possa rimanere, et mandarne voi; di modo che iomi presuppongo che voi starete costì quanto vorrete. LaMagnificenzia di Giuliano verrà costì, et troverretela voltanaturalmente a farmi piacere; el cardinale di Volterraquello medesimo; di modo che io non posso credere, cheessendo maneggiato il caso mio con qualche destrezza, chenon mi riesca essere adoperato a qualche cosa, se non perconto di Firenze, almeno per conto di Roma et delpontificato; nel qual caso io doverrei essere meno sospetto;et come io sappia che voi siate fermo costì, et a voi paia,ché altrimenti non sono per muovermi, et potendo senzaincorrere qua in pregiuditii, io me ne verrei costì; néposso credere, se la S.tà di Nostro Sig.re cominciasse aadoperarmi, che io non facessi bene a me, et utile et honorea tutti li amici mia.Io non vi scrivo questo, perché io desideri troppo lecose, né perché io voglia che voi pigliate per mio amore néun carico, né uno disagio, né uno spendio, né una passionedi cosa alcuna; ma perché voi sappiate l'animo mio, et,potendomi giovare, sappiate che tutto il bene mio ha adessere sempre vostro et della casa vostra, dalla quale ioriconosco tutto quello che mi è restato. A dì 16 d'aprile1513.Niccolò Machiavelli in Firenze.

%1513 apr (Lett. 204)Magnifice orator mihi plurimum honorande etc. Voivorresti sapere per questa vostra lettera de' 21, quelloio creda habbi mosso Spagna ad fare questa tregua conFrancia, non vi parendo che ci sia drento el suo da nessun

verso, in modo che, giudicando da l'un canto el Re savio, dal'altro parendovi habbi fatto errore, sete forzato adcredere che ci sia sotto qualche cosa grande, che voi perhora, né altri non intende. Et veramente el vostro discorsonon potrebbe essere né più trito né più prudente; né credoin questa materia si possa dire altro. Pure, per parere vivoe per ubbidirvi, dirò quello mi occorre. A me pare, chequesta dubitatione vostra, pro maiori parte sia fondata insu la prudenza di Spagna. Ad che io rispondo, non poterenegare che quel re non sia savio; non di manco ad me è egliparso più astuto et fortunato che savio. Io non vogliorepetere l'altre sua cose, ma verrò ad questa impresaultimamente facta contro ad Francia in Italia, avanti cheInghilterra fussi scoperto, nella quale impresa ad me parseet pare, non obstante che l'habbi hauto el fine contrario,che mettessi sanza necessità ad periculo tucti li statisuoi, il che fu sempre partito temerario in ogni huomo. Dicosanza necessità, perché lui haveva visto pe' segni delloanno dinanzi, dopo tante iniurie che 'l papa haveva facte adFrancia, di assaltarli li amici, voluto farli ribellareGenova, et così dopo tante provocationi, che lui propriohaveva facte ad Francia, di mandare le genti sue con quelledella Chiesa a' danni de' sua raccomandati; nondimanco sendoFrancia victorioso, havendo fugato el papa, spogliatolo ditucti e suoi eserciti, possendo cacciarlo di Roma, et Spagnada Napoli, non lo havere voluto fare; ma havere voltol'animo ad lo accordo, donde Spagna non poteva temere diFrancia; né viene ad essere savia la ragione si allegassiper lui, che lo facessi per assicurarsi del Regno, veggiendoFrancia non ci havere volto l'animo, per essere stracco epieno di rispecti, e quali era per haverli sempre, perchésempre el papa non doveva volere che Napoli ritornassi adFrancia, et sempre Francia doveva havere rispecto al papa ettimore della unione dell'altre potenze: il che sempre eraper tenerlo indreto.Et chi dicessi Spagna dubitava che, non si unendo luicon el papa ad fare guerra ad Francia, el papa non si unissiper sdegno con Francia ad fare guerra ad lui, sendo el papahuom rotto et indiavolato come era, et però fu constrectopigliare simil partito, risponderei che Francia sempre sarebbe più presto convenutoin quelli tempi con Spagna che con el papa, quando havessipossuto convenire o con l'uno o con l'altro, sì perché lavictoria era più certa, e non ci si haveva a menare armi, sìperché allhora Francia si teneva sommamente iniuriato dalpapa e non da Spagna, et per valersi di quella iniuria etsatisfare alla Chiesa del Concilio, sempre harebbeabbandonato el papa; di modo che ad me pare, che in quellitempi Spagna potessi essere o mediatore d'una ferma pace, ocompositore d'uno accordo securo per lui. Nondimanco, e'lasciò indreto tucti questi partiti, et prese la guerra, perla quale poteva temere che con una giornata ne andassinotucti li stati suoi, come e' temé quando e' la perdé adRavenna, che subito dopo la nuova della rotta ordinò dimandare Consalvo ad Napoli, ch'era come per lui perduto quelRegno, et lo stato di Castiglia li tremava sotto; né dovevamai credere che Svizzeri lo vendicassino et assicurassino,et li rendessino la reputatione persa, come advenne; talché,se voi considerrete tucti e maneggi di quelle cose, vedretein Spagna astutia et buona fortuna più tosto che sapere oprudenza; et come e' si vede in uno grande simile errore, e'si può presumere che ne facci mille. Né crederrò mai chesotto questo partito hora da lui preso ci possa essere altroche quello che si vede, perché io non beo paesi, né voglio

in queste cose mi muova veruna autorità sanza ragione.Pertanto concludo, che possa havere errato, quando sienoveri e discorsi vostri, et intesala male et conclusalapeggio.Ma lasciamo questa parte et facciamolo prudente, etdiscorriamo questo partito come d'uno savio. Parmi che advolere fare tale presupposto et rectamente ritrovare laverità della cosa, bisogni sapere se questa tregua è sutafacta dopo la morte del pontefice et absuntione del nuovo, oprima, perché forse si farebbe qualche differenza. Ma poiche io non lo so, presupporrò, che la sia facta prima. Se iovi domandassi addunque quello che voi vorresti che Spagnahavessi facto, trovandosi ne' termini si trovava, mirisponderesti quello che mi scrivete: cioè che lui havessiin tucto facto pace con Francia, restituitogli la Lombardia,per obligarselo et per torli cagione di condurre armi inItalia, et per tale via assicurarsene. Ad che io rispondo,che, ad discorrere questa cosa bene, si ha ad notare, cheSpagna fecie quella impresa contro ad Francia per lasperanza haveva di batterlo, facciendo nel papa, inInghilterra et nello imperadore più fondamento che non hapoi in facto veduto da farvi, perché dal papa e' presupposetrarre danari assai; credette che lo 'mperadore facessi unaoffesa gagliarda verso Borgogna, et che Inghilterra, sendogiovane et danaroso, et ragionevolmente cupido di gloria,qualunque volta e' fussi imbarcato, havessi ad venirepotentissimo, talmente che Francia, et in Italia et ad casa,havessi ad pigliare le conditioni da lui, delle quali cosenon gliene è riuscita veruna, perché dal papa ha tractodanari nel principio et a stento, et in questo ultimo nonsolum non li dava danari, ma ogni dì cercava di farlorovinare, et teneva praticha contro di lui; da lo 'mperadorenon è uscito altro che le gite di Monsignore di Gursa etsparlamenti et sdegni; da Inghilterra, gente deboleincompatibile con le sua. Di modo che, se non fussi loadquisto di Navarra, che fu facto innanzi che Francia fussiin campagna, e' rimaneva l'uno et l'altro di quelli exercitivituperato, ancora che non ne habbino riportato se nonvergogna, perché l'uno non è uscito mai dalle machie diFonterabi, l'altro si ritirò in Pampalona, et con fatica ladifese; di modo che, trovandosi Spagna stracco in mezo diquesta confusione d'amici, da' quali non che potessi speraremeglio, anzi temere ogni dì peggio, perché tucti tenevonoogni dì strecte pratiche d'accordo con Francia, et veggiendoda l'altra parte Francia reggiere alla spesa, per accordatoco' Vinitiani, et sperare ne' Svizeri, ha iudicato siameglio prevenire con el Re, in quel modo ha possuto, chestare in tanta incertitudine et confusione, et in una spesaad lui insopportabile, perché io ho inteso di buono luogo,che chi è in Spagna scrive quivi non essere danari né ordineda haverne, et che l'exercito suo era solum di comandati, e'quali anche cominciavono ad non lo ubbidire. Et credo chedisegno suo sia suto con questa tregua o fare conoscere a'collegati l'errore loro, et fargli più pronti alla guerra,havendo promessa la ratificazione, ecc., o levarsi la guerrada casa et da tanta spesa et periculo perché se ad temponuovo Pampalona havessi spuntato, e' perdeva la Castiglia inogni modo. Et quanto alle cose d'Italia, potrebbe Spagna,forse più che il ragionevole, fondare in su le sue genti; manon credo già che facci fondamento né in su Svizeri, né insul papa, né in su lo 'mperadore più che si bisogni, et chepensi che qua el mangiare insegni bere ad lui et ad li altriItaliani. Et credo che non habbi facto più strecto accordocon Francia di darli el ducato etc., sì per non lo havere

trovato seco, sì etiam per non lo havere iudicato utilepartito per lui: per che io dubito che Francia non lohavessi facto, per non si fidare né di lui né delle suearmi, perché harebbe creduto che Spagna no 'l facessi peraccordarsi seco, ma per guastarli li accordi con gli altri.Quanto ad Spagna, io non ci veggo nella pace per lui,per hora, alcuna utilità, perché Francia diventava in Italiain ogni modo potente, in qualunque modo e' s'entrassi inLombardia. Et se per adquistarla li fussino bastate l'armispagnole, ad tenerla li bisognava mandarci le sua, etgrossamente, le quali potevano dare e medesimi sospecti adli Italiani et ad Spagna, che daranno quelle che venissinoad adquistarla per forza; et della fede et degli oblighi nonsi tiene hoggi conto, talché Spagna per questa ragione nonci vedeva securtà, et da l'altra parte ci vedeva questaperdita, perché o e' faceva questa pace con Francia, con elconsenso de' confederati, o no: volendola fare con elconsenso, e' la giudicava impossibile per non si potereadcordare papa et Francia et Vinitiani et imperadore.Havendola dunque ad fare contro al consenso loro, ci vedevaper lui una perdita manifesta, perché si sarebbe adcostatoad uno Re, faccendolo potente, che ogni volta ne havessioccasione, si sarebbe più ricordato delle iniurie vechie,che de' benifitii nuovi, et inritatosi contro tucti epotenti Italiani et fuora, perché, essendo stato lui solo elprovocatore di tucti contro ad Francia, et havendogli poilasciati, sarebbe suta troppa grande iniuria. Donde diquesta pace facta come voi vorresti, e' vedeva surgere lagrandeza del Re di Francia certa, lo sdegno de' confederaticontro di lui certo, et la fede di Francia dubia, in su laquale sola bisognava si riposassi, perché havendo factoFrancia potente et li altri sdegnosi, li bisognava stareseco, et li huomini savi non si rimettono mai, se non pernecessità, ad discretione d'altri. Donde io concludo, chegli habbi facto più securo partito fare tregua, perché conepsa e' dimostra a' collegati l'errore lor; fa che non sipossono dolere, dando loro tempo ad ratificarla; levasi laguerra di casa; mette in disputa et in garbuglio di nuovo lecose di Italia, dove e' vede che è materia ancora da disfareet osso da rodere. Et, come io dixi di sopra, spera che 'lmangiare insegni bere ad ogniuno et ha ad credere che alpapa, ad lo 'mperadore et a' Svizeri non piaccia la grandezade' Vinitiani et Francia in Italia, et se non fieno bastantiad tenerli che non occupi la Lombardia, iudica che sienobastanti seco ad tenerli che non passino più oltre, et credeche 'l papa per questo se gli habbi ad gittare in grembo,perché e' può presummere che 'l papa non possa convenire co'Vinitiani, né con suoi adherenti rispecto alle cose diRomagna. Et così con questa tregua e' vede la victoria diFrancia dubia, non si ha ad fidare di lui, et non ha dadubitare della alienatione de' confederati perché o lo'mperadore et Inghilterra la ratificheranno, o no: se laratificano, e' penseranno come questa tregua habbi adgiovare ad tucti, se non la ratificano, e' doverrebbonodiventare più prompti ad la guerra, et con altre forze chel'anno passato assaltare Francia, et in ogniuno di questicasi Spagna ci ha lo intento suo. Dico di nuovo, addunque,el fine di Spagna essere stato questo: o costringere lo'mperadore et Inghilterra ad fare guerra dadovero, o con lareputatione loro, con altri mezi che con l'armi, posar lecose ad suo vantaggio; et in ogni altro partito vedevapericulo, o seguitando la guerra o faccendo la pace, et peròprese una via di mezo, di che ne potessi nascere guerra opace.

Se voi havete notato e consigli et progressi di questocattolico Re, voi vi maraviglierete meno di questa tregua.Questo Re, come voi sapete, da poca et debole fortuna èvenuto a questa grandeza, et ha hauto sempre ad combatterecon stati nuovi et subditi dubii, et uno dei modi con che listati nuovi si tengono, et li animi dubii o si fermano o sitengono sospesi et inresoluti, è dare di sé grandeexpectatione, tenendo sempre li huomini sollevati con loanimo nel considerare che fine habbino ad havere e partitiet le 'mprese nuove. Questa necessità questo Re la haconosciuta et usatala bene; di qui sono nati li assaltid'Affrica, la divisione del Reame, et tucte queste altreintraprese varie, et sanza vederne el fine, perché el finesuo non è tanto quello od questo, o quella victoria, quantoè darsi reputatione ne' populi, et tenerli sospesi collamultiplicità delle faccende. Et però lui fu sempre animosodatore di principii, a' quali e' dà poi quel fine che limette innanzi la sorte, o che la necessità l'insegna: etinsino ad qui e' non si è possuto dolere né della sorte nédello animo. Provo questa mia opinione con la divisionefecie con Francia del Regno di Napoli, della quale dovevacredere certo ne havessi ad nascere guerra intra lui etFrancia, sanza saperne el fine ad mille miglia, né potevacredere haverlo ad rompere in Puglia, in Calavria et alGarigliano. Ma a·llui bastò cominciare, per darsi quellareputatione, sperando o con fortuna o con arte andareavanti, et sempre, mentre viverà, ne andrà di travaglio intravaglio, sanza considerarne altrimenti el fine.Tucte le sopra dette cose io le ho discorsepresupponendo la vita di Iulio; ma quando egli havessiinteso la morte dell'uno et la vita dell'altro, credoharebbe facto quello medesimo, perché se in Iulio e' nonpoteva confidare, per essere instabile, rotto, furioso etmisero, in questo e' non può sperare extraordinariamente,per essere savio. Et se Spagna ha prudenza, non lo ha admuovere l'interessi contracti in minoribus, perché alloraegli ubbidiva, hora comanda; giuocava quel d'altri, oragiuoca el suo; faceva per lui la guerra, hor fa la pace; etdebba credere Spagna, che la Santità di N. S. non vogliamescolare inter Christianos né sua danari né sua armi, nisicoactus, et credo che ognuno harà rispecto ad sforzarlo.Io so che questa lettera vi ha ad parere uno pesciepastinaca, né del sapore vi credevi. Scusimi lo essere ioalieno con l'animo da tucte queste pratiche, come ne fa fedelo essermi riducto in villa, et discosto da ogni visohumano, et per non sapere le cose che vanno adtorno, in modoche io ho ad discorrere al buio, et ho fondato tucto in suli advisi mi date voi. Però vi prego, mi habbiate perscusato; et raccomandatemi costà ad ognuno, e in spetie adPagolo vostro, quando non sia ancora partito.Florentie, die 29 aprilis 1513.Compater N. M.

%1513 giu (Lett. 205) Magnifico oratori Francisco Victorio apud SummumPontificem.

Magnifico oratore. Io vi scrissi più settimane fa inrisposta di un discorso vostro circa la tregua fatta intraFrancia et Spagna. Non ho dipoi hauto vostre lettere, né iove ne ho scritte, perché intendendo come voi eri pertornare, aspettavo di parlarvi a bocca. Ma intendendo horacome il ritornar vostro è raffreddo et che voi siate per

avventura per stare qualche dì costà, mi è parso darivicitarvi con questa lettera, et ragionarvi con quellatutte quelle cose che io vi ragionerei se voi foste qua. Etbenché a me convenga scagliare, per essere discosto da'segreti et dalle faccende, tamen non credo possa nuocerealcuna oppenione che io habbi delle cose, né a me, dicendolaa voi, né a voi, udendola da me.Voi havete veduto che successo ha hauto per hora laimpresa che Francia ha fatta in Italia, quale è sutacontraria a tutto quello si credeva, overo si temeva per lipiù; et puossi questo evento connumerare in tra le altrefelicità grandi, che ha havute la Santità del papa et quellamagnifica casa. Et perché io credo che l'uffizio di unprudente sia in ogni tempo pensare quello li potesse nuocereet prevedere le cose discosto, et il bene favorire, et almale opporsi a buon'hora, mi sono messo nella persona delpapa, et ho esaminato tritamente quello di che io potreitemere adesso, et che rimedii ci farei, i quali viscriverrò, rimettendomi a quel discorso di coloro, che lopossono fare meglio di me, per intendere le cose piùappunto.A me parrebbe, se io fussi il pontefice, stare tuttofondato in su la fortuna, insino a tanto che non si fossefatto uno accordo, per il quale le armi si havessino aposare o in tutto o in maggior parte. Né mi parrebbe esseresicuro delli Spagnuoli, quando in Italia loro havessino menorispetti che non hanno hora; né securo de' Svizzeri, quandonon havessino havere rispetto a Francia o a Spagna; né dialcuno altro, che fosse prepotente in Italia. Così, peradverso, non temerei di Francia, quando si stesse di la da'monti, o quando e' ritornasse in Lombardia d'accordo meco.Et pensando al presente alle cose dove le si truovono, iodubiterei così di un nuovo accordo, come di una nuovaguerra. Quanto alla guerra che mi facesse ritornare inquelli sospetti, ne' quali si era pochi dì sono, non ci èper hora altro dubbio, se non se Francia havesse una granvittoria con li Inghilesi. Quanto allo accordo, sarebbequando Francia accordasse con Inghilterra o con Spagna sanzame. Et pensando io come l'accordo di Inghilterra sia facileo no, et così quello di Spagna, giudico, se quello diInghilterra fosse difficile, questo di Spagna esserepossibile et ragionevole; et se non ci si ha l'occhio; temoassai che insperato e' non giunga altrui addosso, comegiunse la triegua infra loro. Le ragioni che mi muovono sonqueste. Io credetti sempre et credo che a Spagna piacesse etpiaccia vedere il re di Francia fuora di Italia, ma quandocon l'armi sue, et con la reputatione sua propria elli lopotesse cacciare; né credetti mai, né credo che quellavittoria, che anno i Svizzeri hebbono con Francia, lisapesse al tutto di buono. Questa mia oppenione è fondata insul ragionevole, per rimanere il papa et i Svizzeri inItalia troppo potenti, et in su qualche ritratto, donde ioho inteso che Spagna si dolse anco del papa, parendoli chegli havesse data a' Svizzeri troppa autorità; et tra leragioni che gli feciono fare triegua con Francia, credo chefosse questa. Hora se quella vittoria prima gli dispiacque,questa seconda che hanno havuta i Svizzeri credo li piacciameno, perché e' vede sé essere in Italia solo, vedeci eSvizzeri con riputazion grande, vedeci un papa giovane,ricco et ragionevolmente desideroso di gloria, et di nonfare meno pruova di sé che habbino fatta e suoi antecessori,vedelo con fratelli et nipoti senza stato. Debbe pertantoragionevolmente temere di lui, che, accostandosi conSvizzeri e' non li sia tolto il suo; né ci si può vedere

molti ostacoli, quando il papa lo volesse fare. Et lui nonci può provvedere più securamente, che fare accordo conFrancia, dove facilmente si guadagnerebbe Navarra, etdarebbe a Francia uno stato difficile a tenere per lavicinità de' Svizzeri; et alli Svizzeri torrebbe l'adito dipotere passare facilmente in Italia; et al papa quellacommodità di potersi valere di loro; il quale accordo,trovandosi Francia ne' termini si truova, doverrebbe essere,non che rifiutato, ma cerco da lui.Pertanto, se io fussi il pontefice, et giudicando chequesto potesse intervenire, io vorrei o sturbarlo, o essernecapo; et pare a me che le cose si truovino in termine chefacilmente si potesse concludere una pace tra Francia eSpagna, papa et Viniziani. Io non ci metto né e Svizzeri, nélo Imperadore, né Inghilterra, perché io giudico cheInghilterra sia per lasciarsi governare da Spagna; né veggocome lo Imperadore possa essere d'accordo con i Viniziani ocome Francia si possa convenire con li Svizzeri; et però iolascio costoro, et piglio quelli dove l'accordo resta piùsopportabile. Et parrebbemi che tale accordo facesse assaiper tutti a quattro costoro; perché a' Viniziani doverrebbebastare godere Verona, Vicenza, Padova et Trevigi; al re diFrancia la Lombardia; al papa il suo; a Spagna il reame. Eta condurre questo si farebbe solum ingiuria ad un duca diMilano posticcio, et a' Svizzeri e allo Imperadore, i qualisi lascerebbono addosso a Francia, et lui, per guardarsi daloro, harebbe sempre a tenere la corazza indosso, il chefarebbe che tutti gli altri sarebbono sicuri di lui, et glialtri guarderebbono l'un l'altro. Pertanto io veggo inquesto accordo securtà grande et facilità, perché infra lorosarebbe una comune paura de' Tedeschi, che sarebbe lamastrice loro che gli terrebbe appiccati insieme, né sarebbefra loro cagioni di querele, se non ne' Viniziani, cheharebbono patienzia.Ma, pigliandola per altra via, io non ci veggo securtàveruna, perché io sono d'oppinione, et non me ne credoingannare, che, poi che il re di Francia sarà morto, e'penserà alla impresa di Lombardia, et questo sarà semprecagione di tenere l'armi fuora; senza che io credo cheSpagna la calerà a questi altri in ogni modo; et se la primavettoria de' Svizzeri li fece fare triegua, questa secondali farà far pace, né stimo pratiche che tenga, né cose chedica, né promesse che faccia; la quale pace, quando lafacesse, sarebbe pericolosissima, faccendola senzaparticipazione d'altri. Valete, Florentie, die 20 Junii1513.Niccolò Machiavelli.

%1513 giu (Lett. 206) Domino Giovanni di Francesco Vernacci. InCostantinopoli.

Carissimo Giovanni. Io ho ricevute più tue lettere, etultimamente una di aprile passato, per le quali et perl'altre ti duoli di non havere mie lettere; a che tirispondo, che io ho havuto dopo la tua partita tante brighe,che non è maraviglia che io non ti habbia scritto, anzi èpiuttosto miracolo che io sia vivo, perché mi è suto toltol'uffitio, et sono stato per perdere la vita, la quale Iddioet la innocentia mia mi ha salvata; tutti gli altri mali, etdi prigione et d'altro ho sopportato: pure io sto, con lagratia di Iddio, bene, et mi vengo vivendo come io posso, etcosì mi ingegnerò di fare, sino che i cieli non si mostrino

più benigni.Tu mi hai scripto più volte ch'io vegga d'acconciare legravezze del tuo podere; ad che ti dico come e' bisogna chetu ci sia, et non si passa tempo di cosa che si habbi adfare, perché sempre sarai ad tempo. La Marietta et tucti noisiamo sani, et tu attenderai ad stare sano acciò possaprevalerti in qualche cosa. Lorenzo Machiavegli si duole dite, et dice che tu non gli scrivi chiaro, perché della metàde' panni che ti restono in mano, tu di' che li hai vendutialla posta et creduti ad non so chi, et non gli scrivi epregi, et colui a chi tu scrivi haverli creduti, dice chenon è buona detta; per tanto, io ti prego che tu scriva lecose chiare: et adbonda più tosto nello scrivere troppo chenel poco, ad ciò che ad ragione e' non si possa dolere dite.Saluta el consolo da mia parte et digli come io hebbi lasua lettera, et ch'io sono vivo et sano. Et non ho altro dibuono. Christo ti guardi. Addì 26 di giugno 1513.Niccolò Machiavegli in Firenze.

%1513 ago (Lett. 209) Domino Giovanni di Francesco Vernacci. In Levante.

Carissimo Giovanni. Io ti scrissi circa un mese fa, etdixiti quanto mi occorreva, et in particulari la cagioneperché non ti havevo scripto per lo addreto. Credo la haraihauta, però non repricherò altrimenti.Ho dipoi hauta una littera tua de' dì 26 di maggio,alla quale non mi occorre che dirti altro, se non che noisiamo tuti sani: et la Marietta fecie una bambina, la qualesi morì in capo di 3 dì. Et la Marietta sta bene.Io ti scripsi per altra come Lorenzo Machiavegli non siteneva satisfacto di te, et in particulare delli advisi,perché diceva lo havevi advisato di rado et suspeso, da noncavare delle tue lettere nessuna cosa certa. Confortoti pertanto ad scrivere ad quelli con chi tu hai ad fare, in modochiaro, che, quando eglino hanno una tua lettera, e' paialoro essere costì, in modo scriva loro particularmente lecose. Et quanto al mandarti altro, mi ha detto che se nonsbriga cotesta faccienda in tucto et se ne reduce al netto,che non vuole intraprendere altro.Egli è venuto costà uno Neri del Benino, cognato diGiovanni Machiavegli, al quale Giovanni ha dato panni; etperò non ci è ordine che facessi con altri. Et Filippo livuole vendere in su la mostra.Attendi ad stare sano, et bada alle facciende, ché soche se tu starai sano, et farai tuo debito, che non ti è permancare cosa alcuna. Io sto bene del corpo, ma di tuctel'altre cose male. Et non mi resta altra speranza che Idioche mi aiuti, et in fino ad qui non mi ha abandonato adfatto.Raccomandami alla memoria del consolo Juliano Lapi millevolte, e digli che io sono vivo. Et non mi resta altro.Christo ti guardi.Addì 4 d'agosto 1513Niccolò Machiavegli in Firenze.

%1513 ago (Lett. 211) Magnifico oratori apud Summum Pontificem FranciscoVictorio patrono suo.

Signore ambasciadore. Voi non volete che questo povero

re di Francia rihabbi la Lombardia, et io vorrei. Dubito che'l vostro non volere, et il mio volere non habbino unomedesimo fondamento d'una naturale affectione o passione,che facci a voi dire no et a me sì. Voi adhonestate ilvostro no col mostrare esserci più difficultà nel condurrela pace, quando il re habbi a tornare in Lombardia; io homostro, per adhonestare il mio sì, non essere così laverità, et dipoi che la pace presa per quel verso che iodico, sarà più secura et più ferma.Et venendo di nuovo a' particulari, per rispondere aquesta lettera vostra de' cinque, dico come io sono con voi,che ad Inghilterra harà sempre a parere strano essere venutoin Francia con tanto apparato, et haversi a ritirare: e'conviene pertanto che questo ritiramento sia fondato in suqualche necessità. Io giudicavo che la fussi assai necessitàquella a che lo potessi costrignere Spagna et il papa, etgiudicavo et giudico, che trovando Inghilterra da l'un cantola impresa difficile, da l'altro veggendo la volontà dicostoro, che fusse facil cosa disporlo; et se ne restassimalcontento, mi pareva a·pproposito, perché tanto più venivao verrebbe a restare debole el re di Francia, el quale,essendo in tra gl'Inghilesi e' Svizeri inimici o sospetti,non potrebbe pensare ad occupare quel d'altri, anzi harebbea pensare che altri havessi a mantenerli el suo; et il re diSpagna harebbe in questo caso la intentione sua fornita,perché io credo che oltre all'assicurarsi de' suoi stati,egli habbi pensato, come l'armi sue possino restare il gallod'Italia; e in questo modo resterebbono; perché, nonpossendo Francia rispetto a' sospetti d'Inghilterra et lainimicitia de' Tedeschi, mandare grossa gente in Lombardia,li converrebbe adoperare l'armi spagnole in ogni modo. Néveggo perché e Svizeri soli sieno quelli che possinocostringere l'Inghilesi a cedere, perché io non credevo néche possino, né che voglino servire Francia se non comestipendiarii, perché, sendo poveri et non confinando conInghilterra, conviene a Francia pagarli et di molto fructo;perché e' può soldare lanzichinet, et trarne quella medesimautilità; et Inghilterra ne ha havere la medesima paura. Etse voi mi dicessi che Inghilterra può fare che Svizeriassaltino Francia in Borgogna, rispondo che questo è un modoche offende Francia; et a volere che Inghilterra cali,bisogna trovare un modo che offenda Inghilterra. Né vogliogià che Spagna et il papa muovino l'armi cóntroli, ma voglioche l'abbandonino da l'un canto, da l'altro li mostrino chela cagione perché si faceva guerra a Francia era perrispetto alla Chiesa, et hora, che si è per desistere daoffenderla, che non sono per offendere lui; et crederrei altutto che senza medicina più gagliarda e' fussi perritirarsi, havendo massime trovato, come io ho detto piùvolte, et trovando la 'mpresa di Francia dubbia; et haInghilterra a pensare, che se viene a giornata et perdela,che potrebbe essere che ne potrebbe così perdere el regnocome Francia. E se voi mi dicessi: E' manderà danarigrossamente a' Tedeschi et farà assaltare Francia daun'altra banda, rispondo a questo con la oppinione che èstata sempre, che vorrà, et per superbia et per gloria,spendere e sua danari nelle sua genti: et dipoi quelli chemandassi a lo imperadore sarebbano gittati via, et e Svizerine vorrebbono troppi. Credo ancora che la confidenza in fraSpagna et Francia possa nascere facilmente, perché perSpagna non fa distruggere el re di Francia per questa via;et Francia ne ha veduto un saggio, che nel mezo de' suamaggiori pericoli egli è cessato dall'armi; et tanto più neconfiderebbe Francia, quando per opera sua si vedessi

restituito in Lombardia, et e benefitii nuovi sogliono faresdimenticare le iniurie vecchie. Da l'altra parte, nonharebbe da temere Spagna d'un re vecchio, stracco,infermiccio, posto tra gl'Inghilesi e' Tedeschi, l'unsospetto et l'altro nimico; né harebbe bisogno che solol'autorità del papa lo difendessi, perché li basterebbetenere nutrita quella nimicitia. Pertanto io non veggo,volendo condurre questa pace per quel verso che io viscrissi, maggiori difficultà che per quel verso che scrivetevoi; anzi se vantaggio ci è, io veggo vantaggio nella mia.Da l'altro canto, io non veggo nella parte vostra alcunasicurtà, ma nella parte mia se ne vede qualcuna, di quelleperò che si possono trovare in questi tempi.Chi vuol vedere se una pace è o duratura o secura, debbeintra l'altre cose examinare chi restono per quellamalcontenti e da quella mala contentezza loro quello che nepossa nascere. Considerando pertanto la pace vostra, veggorimanere in quella malcontenti Inghilterra, Francia etimperadore, perché ciascuno non ha di questi adempiuto ilfine suo. Nella mia rimane malcontento Inghilterra, Svizzeri etimperadore per le medesime cagioni. Le male contentezzedella vostra possono causare facilmente la rovina d'Italiaet di Spagna; perché, subito che questa pace è fatta, nonostante che Francia l'habbi approvata, et Inghilterra nonl'habbi ributtata, l'uno et l'altro di questi duaremuteranno fine et fantasia; e dove Francia desideravatornare in Italia, et quell'altro domare Francia, sivolgeranno alla vendetta contro a Italia et contro a Spagna;et la ragione vuole che faccino un secondo accordo fra loro,dove e' non haranno veruna dificultà in cosa che voglinofare, quando Francia si voglia scoprire, perché l'imperadorecol favore d'Inghilterra e di Francia salta l'altro dì inCastiglia, passa in Italia a sua posta, facci ripassareFrancia; et così in un sùbito questi tre insieme possonoturbare et rovinare ogni cosa. Né·ll'armi spagnuole etsvizere, né i danari del papa sono bastanti a tenere questapiena, perché quelli tre harebbono troppi danari et troppearmi. Et è ragionevole che Spagna vegga questi pericoli, etche gli voglia evitare in ogni modo; perché Francia inquesta pace non ha cagione veruna d'amarlo, et occasionegrande d'offenderlo; la quale occasione Francia non sarebbeper lasciarla in alcun modo. Et però, se Spagna ha puntod'occhio di provedere le cose discosto, non è perconsentirla, né per praticarla tanto, che la verrebbe adessere una pace, che susciterebbe una guerra maggiore et piùpericolosa. Ma, facendosi una pace come io vi scrissi, doverimanessino malcontenti Inghilterra, imperadore et Svizzeri,non potreno questi malcontenti, o uniti o di per sé, confacilità offendere li altri collegati, perché Francia, et diqua et di la da' monti, resterebbe come una sbarra, etfarebbe, con il favore degl'altri, tale oppositione, che'collegati resterebbano sicuri, né quell'altri simetterebbono a fare alcuna impresa, veggendovi difficultà;et non rimarebbe cosa alcuna per la quale e collegatihavessino a dubitare l'uno dell'altro, per havere, come iovi ho scritto più volte, ciascuno di loro la intentione suafornita, et l'inimici sì potenti et sì pericolosi, che literrebbono incatenati insieme.Vedesi nella pace vostra un altro pericolo gravissimoper la Italia, el quale è che, ogni volta che si lascerà inMilano un duca debole, la Lombardia non fia di quel duca, made' Svizeri. Et quando mille volte quelli tre malcontentidella vostra pace non si muovessino, mi pare che questa

vicinanza de' Svizzeri inporti troppo et meriti d'essermeglio considerata, che la non si considera. Né credo, comevoi dite, che non sieno per muoversi, perché li harebbonorispecto a Francia, perché gl'harebbono el resto d'Italiacontro, et perché basti loro dare una rastrellata e andarevia; prima, perché Francia, come di sopra dissi, haràdesiderio di vendicarsi, et havendo ricevuto iniuria datutta Italia, harà caro di vederla ruinare, et più tostosotto il mantello darà loro danari, et adcenderà questofuoco, che altrimenti. Quanto alla unione delli altriItaliani, voi mi fate ridere: prima, perché non ci fia maiunione veruna a fare ben veruno; et se pure e' fussino unitie capi, e' non sono per bastare, sì per non ci essere armiche vagliono un quattrino, dagli Spagnuoli in fuora, etquelli per essere pochi non possono essere bastanti;secondo, per non essere le code unite co' capi; né primamoverà cotesta generatione un passo per qualche accidenteche nasca, che si farà a gara a diventare loro.Quanto al bastar loro dare una rastrellata et andar via,vi dico che voi non vi riposiate né confortiate altri che siriposi in su simile oppinioni, et vi prego che voiconsideriate le cose degl'huomini come l'esser creduto et lepotentie del mondo, et maxime della repubblica, come lecreschino; et vedrete come agl'huomini prima basta poteredifendere sé medesimo et non esser dominato da altri; daquesto si sale poi a offendere altri et a volere dominarealtri. A' Svizeri bastò prima difendersi da' Duchid'Austria, la quale difesa li cominciò a fare stimare incasa loro; dipoi bastò loro difendersi dal duca Carlo, ilche dette nome fuora di casa loro; dipoi è bastato loropigliare li stipendii da altri, per mantenere la iuventùloro in su la guerra, et honorarsi. Questo ha dato loro piùnome, hagli fatti più audaci per haver considerato etconosciuto più provincie et più huomini; et ancora ha missoloro nell'animo uno spirito ambitioso et una volontà divolere militare per loro. Et Pellegrino Lorini mi disse giàche quando si vennono con Beumonte a Pisa, spesso havienoragionamento seco della virtù della militia loro, et chel'era simile a quella de' Romani, et quale era la cagioneche non potessino fare un dì come e Romani; vantavansid'haver dato a Francia tutte le victorie haveva haute fino aquel dì, et che non sapevano perché e' non potessino ungiorno combattere per loro proprii. Hora è venuta questaoccasione, et loro l'hanno presa; et sono entrati inLombardia sotto nome di rimettervi questo duca, et in fattoson duca loro. Alla prima occasione e' se ne insignorisconoin tutto, spegnendo la stirpa ducale et tutta la nobiltà diquello stato; alla seconda scorreranno tutta Italia perloro, faccendo el medesimo effetto. Pertanto io concludo,che non sia per bastar loro dare una rastrellata, ettornarsene, anzi si ha da temere maravigliosamente di loro.Io so che a questa mia opinione è contrario uno naturaledifetto degl'huomini: prima, di voler vivere dì per dì;l'altra di non credere che possa essere quel che non èstato; l'altra, far sempremai conto d'uno ad un modo. Perquesto non fia nessuno che consigli, che si pensi di cavaree Svizeri di Lonbardia, per rimettervi Francia, perché nonvorranno correre e presenti pericoli che si correrebbe atentarlo, né crederranno e futuri mali, né penseranno dipotersi fidare di Francia. Compar mio, questo fiume tedeschoè sì grosso, che gl'ha bisogno d'un argine grosso a tenerlo.Quando Francia non fussi mai stato in Italia, et che voi nonfussi freschi in su la insolentia, sazievolare et tagliafranzese, le quali son quelle che vi sturbano questa

deliberatione, voi saresti già corsi in Francia a pregarloche venissi in Lombardia; perché e remedii a questa pienabisogna farli hora, avanti che si abbarbino in questo stato,et che comincino a gustare la dolcezza del dominare. Et sevi si appiccano, tutta Italia è spazzata, perché tutti emalcontenti li favoriranno et faranno scala alla lorograndezza, et alla ruina d'altri; et ho paura di loro soli,et non di loro et dello imperadore, come vi ha scritto elCasa, ancora che sarebbe facil cosa che s'unissino, perchécosì come l'imperadore è stato contento che corrino laLombardia et diventino signori di Milano, che non parevaragionevole in verun modo, per le medesime ragioni che voimi scrivete, così non obstante quelle, potrieno lorocontentarsi che lui facessi in Italia qualche progresso.Signore ambasciadore, io vi scrivo più per satisfarvi,che perché io sappia quello che io mi dica; et però vi pregoche per la prima vostra voi mi advisiate come stia questomondo, et quel che si pratichi et quel che si speri et quelche si tema, se voi volete che in queste materie gravi iopossa tenervi el fermo, altrimenti vi beccherete untestamento d'asino, o qualcuna di quelle cose simili alBiancaccino. Raccomandomi a voi. Addì X d'agosto. 1513.Niccolò Machiavelli in villa.

%1513 ago (Lett. 213) Magnifico oratori florentino Francisco Vectori apudSummum Pontificem.

Magnifico oratore. Perché io so quanto voi amate Donatonostro del Corno, et anche lui lo sa, ci siamo risolutiinsieme con sicurtà darvi un poco di briga, per vedere seper il mezzo del signor Juliano si potesse satisfarli inquesta imborsatione che si ha a fare dello squittinio. Voisapete con quanto favore Donato fu habilitato dal dettosignor Juliano ad quello li bisognava ad potere ire adpartito, il che fu quodammodo con ammiratione di ciascuno;il che conviene nascessi da grande affectione che Juliano liporta, o da gran merito; e circa questo merito io ne soqualcosa, il quale è suto di sorte, che si può con piùsicurtà et per voi et per ciascuno ricordare la causa diDonato a sua S.ria. Et perché e' non si è fatto nulla, senon si ordina che sia imborsato et poi veduto, ci pare perhora, sendo li accoppiatori in su lo imborsare, di ricercareche Donato sia imborsato. Et però Donato scrive l'alligataad sua S.ria et ricordali semplicemente il senso suo,rimettendosi a voi a bocca: sì che noi vi preghiamo siatecontento dare a sua S.ria di vostra mano l'alligata letera,et dipoi ricercarli che scriva et commetta ad uno o duaaccoppiatori, che imborsino Donato a' primi. Io diceva duaad ciò che s'intendessi più ferma la sua volontà; ma inqualunque modo li scriva, conviene che la lettera siaespressa comandatoria ch'e' voglia così, perché sapete genteschizzinosa che ci è: et se la non è calda noi ce n'anderemoin repliche, et Donato rimarrebbe in vergogna et danno. Etperché Donato confida in M. Francesco Pepi, potrete ordinareche uno de' dua a chi la scrive sia messer Francesco: et lalettera manderete a Donato, ad ciò che lui la usi a più suovantaggio.Se io non sapessi quanto voi siete ofizioso etaffectionato con gli amici, io durerei fatica in pregarvi;et così farebbe Donato. Bastivi che lui dice riconoscere inmaggior parte questo benefitio da voi. Sono a li vostricomandi. Addì 25 d'Agosto 1513.

Vostro Nicolò Machiavegli in Firenze.

%1513 ago (Lett. 214) Magnifico viro Francisco Victorio oratori Romae apud SummumPontificem.

Signore ambasciadore. Questa vostra lettera de' 20 miha sbigottito, perché l'ordine di essa, la moltitudine delleragioni, et tutte le altre sue qualità mi hanno in modoimplicato, che io restai nel principio smarrito et confuso;et se io non mi fossi nel rileggerla un poco rassicurato, iodavo cartaccia, et rispondevovi a qualche altra cosa. Ma nelpraticarla mi è intervenuto come alla volpe, quando la veddeil leone, che la prima volta fu per morire di paura, laseconda si fermò a guardarlo drieto ad un cespuglio, laterza gli favellò; et così io, rassicuratomi nel praticarla,vi risponderò.Et quanto allo stato delle cose del mondo io ne traggoquesta conclusione: che noi siamo governati da così fattiprincipi, che hanno, o per natura o per accidente, questequalità: noi habbiamo un papa savio, et per questo grave etrispettivo; uno imperadore instabile et vario; un re diFrancia sdegnoso et pauroso; un re di Spagna taccagno etavaro; un re di Inghilterra ricco, feroce et cupido digloria; e Svizzeri, bestiali, vittoriosi et insolenti; noialtri di Italia poveri, ambitiosi et vili; gli altri re, ionon li conosco. In modo che, considerato queste qualità conle cose che di presente corrono, io credo al frate chediceva "Pax, pax, et non erit pax", et cedovi che ognipace è difficile, così la vostra come la mia. Et se voivolete che nella mia sia più difficultà, io sono contento;ma io voglio che voi ascoltiate patientemente dove io dubitoche voi vi inganniate, et dove e' mi pare essere certo chevoi vi inganniate. Dove io dubito è prima, che voi facciatequesto re di Francia nonnulla troppo presto, et questo re diInghilterra una gran cosa. A me non pare ragionevole cheFrancia non habbia più che diecimila fanti, perché del paesesuo, quando non habbia Tedeschi, ne può fare assai, et senon sono pratichi come i Tedeschi, sono pratichi come gliInghilesi. Quello che me lo fa credere è che io veggo questore di Inghilterra con tanta furia, con tanto exercito, contanta voglia di sbarbicolarlo (come dicono i Sanesi) nonhavere ancora preso Tarroana, un castello come Empoli, insul primo assalto, et ne' tempi che le genti procedono contanta furia questo solo a me basta a non temere tantoInghilterra, et non stimare sì poco Francia. Et penso io chequesto procedere lento di Francia sia electione et nonpaura, perché gli spera, non pigliando Inghilterra piede inquello stato, et venendone il verno, che sia forzato o atornarsi nell'isola, o a stare in Francia con pericolo.Sento che quelli luoghi sono paludosi et senza uno arboro,di modo che debbono di già patire assai: et però credevo ioche non fosse tanta fatica al papa et a Spagna disporreInghilterra. Appresso, non havere voluto Francia renunziareal Concilio mi fa stare in quella oppinione di sopra detta,perché, se fosse tanto afflitto, egli harebbe bisogno diognuno, et vorrebbe star bene con ognuno.Delli danari che Inghilterra ha mandato a' Svizzeri, iolo credo, ma per le mani dello imperadore io me nemaraviglio, perché io crederrei che gli havessi volutispendere ne' sua, et non ne' Svizzeri. Et non possoassettarmi nel capo come questo imperadore sia sì pococonsiderato, o il resto della Magna sì straccurato, che

possino patire che li Svizzeri venghino in tantareputatione. Et quando io veggo che gli è in fatto, iotriemo a giudicare una cosa, perché questo interviene controad ogni giuditio che potesse fare uno huomo. Non so ancocome possa essere che i Svizzeri habbino potuto havere ilcastello di Milano et non lo voluto, perché a me pare che,havendo quello, egli havessino la intentione loro fornita;et che dovesse più tosto fare quello, che andare a pigliarela Borgogna per lo imperadore. Dove io credo che voi viinganniate al tutto, e ne' casi de' Svizzeri, circa iltemerne più o meno. Perché io giudico che se ne habbia atemere eccessivamente; et il Casa sa, et molti amici mia,con i quali soglio ragionare di queste cose, sanno, come iostimavo poco e Vinitiani, etiam nella maggior grandezzaloro, perché a me pareva sempre molto maggior miracolo cheeglino havessino acquistato quello imperio et che lotenessino, che se lo perdessino. Ma la rovina loro fu troppohonorevole, perché quello che fece un re di Francia harebbefatto un duca Valentino, o qualunque capitano existimato,che fosse surto in Italia, et havesse comandato a 15 milapersone. Quel che mi moveva era il modo del proceder lorosenza capitani o soldati proprii. Hora quelle ragioni, chenon mi facieno temere di loro, mi fa temere de' Svizzeri. Néso quello si dica Aristotile delle republiche divulse; ma iopenso bene quello che ragionevolmente potrebbe essere,quello che è, et quello che è stato; et mi ricorda havereletto che i Lucumoni tennono tutta l'Italia insino all'Alpe,et insino che ne furono cacciati di Lombardia da' Galli. Segli Etoli et gli Achei non ferno progresso, nacque più da'tempi che da loro, perché gli hebbono sempre addosso un redi Macedonia potentissimo che non gli lasciò uscire delnidio, et, doppo lui, e Romani; sì che e' fu più la forzad'altri, che l'ordine loro, che non li lasciò ampliare. Ore' non vogliono fare sudditi, perché non vi veggono dentroil loro: dicono così hora, perché non ve lo veggono hora;ma, come io vi dissi per l'altra, le cose procedonogradatim, et spesso gli huomini si inducono per necessità afare quello che non era loro animo di fare, et il costumedelle populationi è ire adagio. Considerato dove la cosa sitruova, eglino hanno già in Italia tributarii un ducato diMilano et un papa; questi tributi e' gli hanno messi adentrata, et non ne vorranno mancare, et quando e' vengatempi che uno ne manchi, la reputeranno ribellione, et sienodi fatto in su le picche, et vincendo la gara, penserannod'assicurarsene, et, per far questo, metteranno più qualchebriglia a chi gli haranno domo, et così a·ppoco a·ppoco vientrerrà tutto.Né vi fidate punto di quelle armi che voi dite che inItalia potrebbono pure un dì fare qualche frutto, perchéquesto è impossibile: prima, rispetto a loro, che sarebbonopiù capi et disuniti, né si vede che si potesse dare lorocapo che gli tenesse uniti; secondo, rispetto a' Svizzeri.Et havete a intendere questo, che gli migliori exerciti chesieno, sono quelli delle populationi armate, né a loro puòobstare se non exerciti simili a loro. Ricordatevi delliexerciti nominati; troverrete Romani, Lacedemonii,Atheniesi, Etoli, Achei, sciami d'oltramontani, ettroverrete coloro che hanno fatto gran fatti, havere armatile popolationi loro, come Nino gli Assirii, Ciro i Persi,Alessandro i Macedoni. In exemplis ritruovo solo Annibale etPirro, che con exerciti collettitii feciono gran cose. Ilche naccque dalla eccessiva virtù de' capi, et era di tantareputatione, che metteva in quelli exerciti misti quelmedeximo spirito et ordine che si truova nelle popolationi.

Et se voi considerate le perdite di Francia et le vittoriesue, voi vedrete lui havere vinto mentre ha havuto aconbattere con Italiani et Spagnuoli, che sono statiexerciti simili a' suoi; ma hora che li ha a combattere conle popolationi armate, come sono li Svizzeri et liInghilesi, ha perduto et porta pericolo di non perdere più.Et questa rovina di Francia per li huomini intendenti sempresi è vista, giudicandola da non havere lui fanti proprii, ethavere disarmati i suoi popoli: il che fu contro ad ogniattione et ogni instituto di chi è stato tenuto prudente etgrande. Ma questo non è stato defetto de' reali passati, madel re Luigi, et da lui in qua. Sì che non vi fondate in suarmi italiane, che non sieno o semplice come le loro, o che,miste, faccino un corpo come il loro.Et quanto alle divisioni o disunioni che voi dite, nonpensate che le faccino effetto, in mentre che le loro leggisi osserveranno, che sono per osservarle un pezzo; perchéquivi non può essere, né surgere capi che habbino coda, etli capi senza coda si spengono presto et fanno poco effetto.Et quelli che gli hanno morti, sarà stato qualcuno che inmagistrato, o altrimenti harà voluto per modi estraordinariifavorire le parti franzesi, che sieno suti scoperti etmorti, ché non sono là di altro momento nello stato che qua,quando si impicca parecchi per ladro. Io non credo già chefaccino uno imperio come e Romani, ma io credo bene chepossino diventare arbitri di Italia per la propinquità etper li disordini et cattive conditioni nostre; et perchéquesto mi spaventa, io ci vorrei rimediare, et se Francianon basta, io non ci veggo altro rimedio et vogliocominciare hora a piangere con voi la rovina et servitùnostra, la quale, se non sarà né hoggi né domane, sarà a'nostri dì; et l'Italia harà questo obbligo con papa Giulioet con quelli che non ci rimediono, se hora ci si puòrimediare. Valete. Addì 26 d'Agosto 1513, in Firenze.Niccolò Machiavelli.

%1513 dic (Lett. 216)Magnifico oratori florentino Francischo Vectori apudSummum Pontificem, patrono et benefactori suo. Romae

Magnifico ambasciatore. "Tarde non furon mai gratiedivine". Dico questo, perché mi pareva haver perduta no, masmarrita la gratia vostra, sendo stato voi assai tempo senzascrivermi, et ero dubbio donde potessi nascere la cagione.Et di tucte quelle che mi venivono nella mente tenevo pococonto, salvo che di quella quando io dubitavo non vi havessiritirato da scrivermi, perché vi fussi suto scripto che ionon fussi buono massaio delle vostre lettere; et io sapevoche, da Filippo et Pagolo in fuora, altri per mio conto nonl'haveva viste. Honne rihauto per l'ultima vostra de' 23del passato, dove io resto contentissimo vedere quantoordinatamente et quietamente voi exercitate cotesto offiziopublico; et io vi conforto a seguire così, perché chi lasciae sua commodi per li commodi d'altri, so perde e sua, et diquelli non li è saputo grado. Et poiché la Fortuna vuol fareogni cosa, ella si vuole lasciarla fare, stare quieto et nonle dare briga, et aspettar tempo che la lasci fare qualchecosa agl'huomini; et allhora starà bene a voi durare piùfatica, veghiare più le cose, et a me partirmi di villa etdire: eccomi. Non posso pertanto, volendovi rendere parigratie, dirvi in questa mia lettera altro che qual sia lavita mia, et se voi giudichate che sia a barattarla con lavostra, io sarò contento mutarla.

Io mi sto in villa, et poi che seguirno quelli mieiultimi casi, non sono stato, ad accozarli tutti, 20 dì aFirenze. Ho infino a qui uccellato a' tordi di mia mano.Levavomi innanzi dì, inpaniavo, andavone oltre con un fasciodi gabbie addosso, che parevo el Geta quando e' tornava dalporto con e libri d'Amphitrione; pigliavo el meno dua, elpiù sei tordi. Et così stetti tutto settembre; dipoi questobadalucco, ancora che dispettoso et strano, è mancato conmio dispiacere; et qual la vita mia vi dirò. Io mi lievo lamattina con el sole et vommene in un mio boscho che io fotagliare, dove sto dua hore a rivedere l'opere del giornopassato, et a passar tempo con quegli tagliatori, che hannosempre qualche sciagura alle mane o fra loro o co' vicini.Et circa questo bosco io vi harei a dire mille belle coseche mi sono intervenute, et con Frosino da Panzano et conaltri che voleano di queste legne. Et Fruosino in spetiemandò per certe cataste senza dirmi nulla, et al pagamentomi voleva rattenere 10 lire, che dice haveva havere da mequattro anni sono, che mi vinse a cricca in casa AntonioGuicciardini. Io cominciai a fare el diavolo; volevoaccusare el vetturale, che vi era ito per esse, per ladro;tandem Giovanni Macchiavelli vi entrò di mezzo, et ci posed'accordo. Batista Guicciardini, Filippo Ginori, Tommaso delBene et certi altri cittadini, quando quella tramontanasoffiava, ognuno me ne prese una catasta. Io promessi atutti; et manda'ne una a Tommaso, la quale tornò inFirenze per metà, perché a rizzarla vi era lui, la moglie,le fante, e figliuoli, che paréno el Gabburra quando elgiovedì con quelli suoi garzoni bastona un bue. Di modo che,veduto in chi era guadagno, ho detto agl'altri che io non hopiù legne; et tutti ne hanno fatto capo grosso, et in spetieBatista, che connumera questa tra l'altre sciagure di Prato.Partitomi del bosco, io me ne vo a una fonte, et diquivi in un mio uccellare. Ho un libro sotto, o Dante oPetrarca, o un di questi poeti minori, come Tibullo, Ovvidioet simili: leggo quelle loro amorose passioni et quelli loroamori, ricordomi de' mia, godomi un pezzo in questopensiero. Transferiscomi poi in su la strada nell'hosteria,parlo con quelli che passono, dimando delle nuove de' paesiloro, intendo varie cose, et noto varii gusti et diversefantasie d'huomini. Vienne in questo mentre l'hora deldesinare, dove con la mia brigata mi mangio di quelli cibiche questa povera villa et paululo patrimonio comporta.Mangiato che ho, ritorno nell'hosteria: quivi è l'hoste, perl'ordinario, un beccaio, un mugniaio, dua fornaciai. Conquesti io m'ingaglioffo per tutto dì giuocando a criccha, atriche-tach, et poi dove nascono mille contese et infinitidispetti di parole iniuriose, et il più delle volte sicombatte un quattrino et siamo sentiti nondimanco gridare daSan Casciano. Così rinvolto entra questi pidocchi traggo elcervello di muffa, et sfogo questa malignità di questa miasorta, sendo contento mi calpesti per questa via, per vederese la se ne vergognassi.Venuta la sera, mi ritorno in casa, et entro nel mioscrittoio; et in su l'uscio mi spoglio quella vestecotidiana, piena di fango et di loto, et mi metto pannireali et curiali; et rivestito condecentemente entro nelleantique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevutoamorevolmente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, etche io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare conloro, et domandarli della ragione delle loro actioni; etquelli per loro humanità mi rispondono; et non sento per 4hore di tempo alcuna noia, sdimenticho ogni affanno, nontemo la povertà, non mi sbigottiscie la morte: tucto mi

transferisco in loro. E perché Dante dice che non fa scienzasanza lo ritenere lo havere inteso, io ho notato quello diche per la loro conversatione ho fatto capitale, et compostouno opusculo De principatibus, dove io mi profondo quantoio posso nelle cogitationi di questo subbietto, disputandoche cosa è principato, di quale spetie sono, come e' siacquistono, come e' si mantengono, perché e' si perdono. Etse vi piacque mai alcuno mio ghiribizo, questo non vidoverrebbe dispiacere; et a un principe, et maxime a unprincipe nuovo, doverrebbe essere accetto; però io loindrizzo alla Magnificenza di Giuliano. Philippo Casavecchial'ha visto; vi potrà ragguagliare in parte et della cosa insé, et de' ragionamenti ho hauto seco, anchor che tuttavoltaio l'ingrasso et ripulisco. Voi vorresti, magnifico ambasciadore, che io lasciassiquesta vita et venissi a godere con voi la vostra. Io lofarò in ogni modo, ma quello che mi tenta hora è certe miafaccende che fra 6 settimane l'harò fatte. Quello che mifa stare dubbio è che sono costì quelli Soderini, e quali iosarei forzato, venendo costì, vicitarli et parlar loro.Dubiterei che alla tornata mia io non credessi scavalcare acasa, et scavalcassi nel Bargiello, perché, ancora chequesto stato habbi grandissimi fondamenti et gran securtà,tamen egli è nuovo, et per questo sospectoso, né ci mancade' saccenti, che, per parere come Pagolo Bertini,metterebbono altri a scotto, et lascierebbono el pensiero ame. Pregovi mi solviate questa paura, et poi verrò infra eltempo detto a trovarvi a ogni modo.Io ho ragionato con Filippo di questo mio opusculo, segli era ben darlo o non lo dare; et, sendo ben darlo, se gliera bene che io lo portassi, o che io ve lo mandassi. El nonlo dare mi faceva dubitare che da Giuliano e' non fussi, nonch'altro, letto, et che questo Ardinghelli si facessi honoredi questa ultima mia faticha. El darlo mi faceva lanecessità che mi caccia, perché io mi logoro, et lungo temponon posso star così che io non diventi per povertàcontennendo, appresso al desiderio harei che questi signoriMedici mi cominciassino adoperare, se dovessino cominciare afarmi voltolare un sasso; perché, se poi io non me gliguadagnassi, io mi dorrei di me; et per questa cosa, quandola fussi letta, si vedrebbe che quindici anni che io sonostato a studio all'arte dello stato, non gl'ho né dormiti négiuocati, et doverrebbe ciascheduno haver caro servirsid'uno che alle spese d'altri fussi pieno di experienzia. Etdella fede mia non si doverrebbe dubitare, perché, havendosempre observato la fede, io non debbo imparare hora aromperla; et chi è stato fedele et buono 43 anni, che ioho, non debbe potere mutare natura; et della fede et dellabontà mia ne è testimonio la povertà mia. Desiderereiadunque che voi ancora mi scrivessi quello che sopra questamateria vi paia, et a voi mi raccomando. Sis felix.Die X Decembris 1513Niccolò Machiavelli in Firenze.

%1513 dic (Lett. 217)Magnifico oratori Francisco Victori ReipubliceFlorentine apud Summum Pontificem.

Magnifico oratore. Io vi scrissi 8 o 10 dì sono, etrisposi alla vostra de' 23 del passato, et dissivi, circaal venir mio costà, quello che mi teneva sospeso. Attendo laoppinione vostra et dipoi seguirò quello che da voi saròconsigliato.

La presente vi scrivo per conto di Donato nostro delCorno. Voi sapete e casi sua come stanno, et la lettera chenel principio trasse dalla M.tia di Giuliano ad el magnificoLorenzo. Morì dipoi M. Francesco Pepi, che haveva presa incollo questa causa, onde restò Donato quasi che privo disperanza. Pur, per non si abbandonare, noi andamo, Donato etio, a trovare Jacopo Gianfigliazzi, el quale ci ha promessogagliardamente di non lasciare a fare cosa alcuna: et puredua dì fa, con la lettera che voi gli scrivete, di questamateria li riparlamo, et lui ci promesse meglio che prima,et ci concluse che per di qui a mezzo gennaio non ci sipenserebbe, per haversi a fare l'altre imborsationi prima.Et domandandogli noi se li pareva che si traessi di nuovolettere da Giuliano, disse che non sarebbe se non bene, mache si voleva indugiarla all'ultimo per haverla in sulfatto, perché, havendosi hora, la sarebbe al tempo vecchia,et bisognerebbe rifarsi da capo. Pertanto e' bisognerà faredi havere al tempo questa lettera; et, quando voi nonhavessi tratto quella di che voi scrivesti ultimamente aDonato, la potrete lasciar passare. Quando fussi tratta,bisognerà pensare poi in sul fatto che si havessi a fare.A noi pare, fondati in sulla sapienza di quella che sitrasse in prima, che una lettera, senza che ci sia chiricordi, sia un favore morto. Però noi giudicavamonecessario che si operassi costì, quando fussi possibile,che ser Niccolò Michelozzi havessi questa commissione daGiuliano qui, lo ricordassi a Lorenzo, o per lettera cheJuliano li scrivessi o per lettera che e' gli scrivessiPiero Ardinghelli in nome di Juljano; perché ogni scusa chehavessi ser Niccolò, se li farebbe ricordare ne' debititempi questa materia. Et perché noi pensiamo che a PieroArdinghelli fussi facile condurre questa cosa, vi facciamointendere che voi ce lo affatichiate dietro, con prometterliche ne sarà di meglio quello che voi giudicherete bisogniofferirli; et Donato ve ne farà honore. Et a questo nonmancherà modo, perché lui sa come la M.tia di Giuliano hafatto a favorire maestro Manente, et qualchuno altro cheGiuliano vuole che sieno serviti; et così bisogna che efavori di Donato naschino: et se Piero vorrà, credo si possahaver tutto. Pertanto a noi pare, che si usi questa medicinadi Piero, et che tutti e favori, che hanno a venire venghinodalli 8 a' 15 di gennaio perch' è Piero in sul fatto perle cagioni dette. Et perché voi sappiate ogni cosa etveggiate se Donato merita di essere messo nel numero delliaffetionati servitori della Ill.ma Casa de' Medici, sappiateche circa uno dì poi che furno tornati in Firenze, Donatoportò alla M.tia di Giuliano cinquecento ducati (se li eraprestato gratis, et senza esserne richiesto) de' quali ne èancora creditore. Questo non vi si dice perché voi lodiciate ad alcuno, ma perché, sapendolo, voi pigliate questaimpresa con più animo.Donato et io non facciamo forza di affaticharvi etriaffaticarvi in questa cosa, perché, sapendo quanto siateofficioso amico, crediamo, richiedendovi, farvi piacere, etperò lui ad un tratto vi si raccomanda et scusa, quando purebisognassi, et ciò che vi si scrive vi si dirà per nostraopinione, ma sempre si approveranno tutti e modi, che da voisaranno presi come più prudenti.Quelli quattro versi, che voi scrivete del Riccio nelprincipio della lettera di Donato, noi li dicemmo a mente aGiovanni Machiavelli: et in cambio del Machiavello et delPera vi adnestamo Giovanni Machiavelli. Lui ne ha fatto uncapo come una cesta; et dice che non sa dove voi havetetrovato chi tocchi, et che ve ne vuole scrivere in ogni

modo; et per un tratto Philippo et io ne havemo un piaceregrande. E' si trova in questa nostra città, calamità ditutti i ciurmatori del mondo, un frate di S. Francesco, cheè mezzo romito, el quale, per haver più credito nelpredicare, fa professione di profeta; et hier mattina inSanta Croce, dove lui predica, dixe multa magna etmirabilia: che avanti che passassi molto tempo, in modo chechi ha 90 anni lo potrà vedere, sarà un papa iniusto,creato contro ad un papa iusto, et harà seco falsi profeti,et farà cardinali, et dividerà la Chiesia; item, che il redi Francia si haveva adnichilare, et uno della casa di Raonaad predominare Italia. La città nostra haveva a ire a fuocoet a·ssacco, le chiese sarebbono abbandonate et ruinate, ipreti dispersi, et tre anni si haveva a stare senza divinooffitio. Moria sarebbe et fame grandissima; nella città nonhaveva a rimanere 10 huomini, nelle ville non harebbe arimanere dua. Era stato 18 anni un diavolo in uno corpohumano, et detto messa. Che bene dua milioni di diavolierano scatenati per essere ministri della sopradetta cosa,et che egli entravano in di molti corpi che morivano, et nonlasciavano putrefare quel corpo, acciò che falsi propheti etreligiosi potessono fare resuscitare morti, et esserecreduti. Queste cose mi sbigottirono hieri in modo, che iohaveva andare questa mattina a starmi con la Riccia, et nonvi andai; ma io non so già, se io havessi hauto a starmi conil Riccio, se io havessi guardato a quello. La predica ionon la udi', perché io non uso simili pratiche, ma la hosentita recitare così da tutto Firenze. Raccomandomi a voi,il quale saluterete il Casa da mia parte, et ditegli, che senon tiene altri modi che si habbia tenuti qui, ch' e'perderà il credito con cotesti garzoni, come e' l'ha perdutocon questi. Valete. Addì 19 di Dicembre 1513.Niccolò Machiavelli in Firenze.

%1514 gen (Lett. 219) Magnifico oratori florentino Francisco Victoriobenefactori suo observandissimo.

Magnifico oratore. Egli è per certo gran cosa aconsiderare quanto gli huomini sieno ciechi nelle cose dovee' peccono, et quanto e' sieno acerrimi persecutori de'vizii che non hanno. Io vi potrei addurre in exemplis cosegreche, latine, hebraiche, caldee, et andarmene sino ne'paesi del Sophi et del Prete Janni, et addurreve'li, seli exempli domestichi et freschi non bastassino. Io credoche ser Sano sarebbe possuto venirvi in casa dall'ungiubbileo all'altro, et che mai Filippo harebbe pensato chevi desse carico alcuno; anzi gli sarebbe parso che voidipigneste ad usar seco, et che la fosse proprio praticaconforme ad uno ambasciadore, il quale, essendo obbligato adinfinite contenenze, è necessario habbia de' diporti etdelli spassi; et questo di ser Sano gli sarebbe parso chequadrasse appunto, et con ciascuno harebbe laudato laprudenza vostra, et commendatovi insino al cielo di taleelectione. Dall'altro canto, io credo che se tutto ilbordello di Valenza vi fosse corso per casa, non sarebbestato mai possibile che il Brancaccio ve ne havesse ripreso,anzi vi harebbe di questo più commendato che se vi havessesentito innanzi al papa orare meglio che Demosthene.Et se voi havessi voluto vedere la ripruova di questaragione, vi bisognava, senza che loro havessino saputo delliammonimenti l'uno dell'altro, che voi havessi fatto vista dicredere loro, et volere observare i loro precepti. Et

serrato l'uscio alle puttane, et cacciato via ser Sano, etritiratovi al grave, et stato sopra di voi cogitativo, e'non sarebbono a verun modo passati quattro dì, che Filippoharebbe cominciato a dire: Che è di ser Sano? Che vuol direche non ci capita più? Egli è male che non ci venga; a mepare egli uno huomo dabbene: io non so quel che questebrigate si cicalano, et parmi che egli habbia molto bene itermini di questa corte, et che sia una utile bazzicatura.Voi doverreste, ambasciadore, mandare per lui. Il Brancaccionon vi dico se si sarebbe doluto et maravigliato dellaabsenzia delle dame, et se non ve lo havessi detto, mentreche egli havessi tenuto vòlto il culo al fuoco, come harebbefatto Filippo, e' ve lo harebbe detto in camera da voi alui. Et per chiarirvi meglio, bisognava che in tal vostradisposizione austera io fussi capitato costì, che tocco etattendo a femmine: subito avvedutomi della cosa, io hareidetto: Ambasciadore, voi ammalerete; e' non mi pare che voipigliate spasso alcuno; qui non ci è garzoni, qui non sonofemmine; che casa di cazzo è questa?Magnifico oratore, e' non ci è se non pazzi; et pochi cisono che conoschino questo mondo, et che sappino che chivuol fare a modo d'altri non fa mai nulla, perché non sitruova huomo che sia di un medeximo parere. Cotestoro nonsanno che chi è tenuto savio il dì, non sarà mai tenutopazzo la notte; et che chi è stimato huomo da bene, et chevaglia, ciò che e' fa per allargare l'animo et vivere lieto,gli arreca honore et non carico, et in cambio di esserechiamato buggerone o puttaniere, si dice che è universale,alla mano et buon compagno. Non sanno anche che dà del suo,et non piglia di quel d'altri, et che fa come il mostomentre bolle, che dà del sapore suo a' vasi che sanno dimuffa, et non piglia della muffa de' vasi.Pertanto, signore oratore, non habbiate paura dellamuffa di ser Sano, né de' fracidumi di mona Smeria, etseguite gli instituti vostri, et lasciate dire ilBrancaccio, che non si avvede che egli è come un di quelliforasiepi, che è il primo a schiamazzare et gridare, et poi,come giugne la civetta, è il primo preso. Et Filippo nostroè come uno avvoltoio, che quando non è carogne in paese,vola cento miglia per trovarne una; et come egli ha piena lagorga, si sta su un pino et ridesi delle aquile, astori,falconi et simili, che per pascersi di cibi delicati simuoiono la metà dell'anno di fame. Sì che, magnificooratore, lasciate schiamazzare l'uno, et l'altro empiersi ilgozzo, et voi attendete alle faccende vostre a vostro modo.In Firenze, addì 5 di gennaio 1513.Niccolò Machiavelli.

%1514 feb (Lett. 221) Magnifico oratori florentino Francisco Victorio apudSummum Pontificem benefactori suo.

Magnifico oratore. Io tornai hieri di villa et Pagolovostro mi dette una vostra lettera de' 23 del passato, cherispondeva ad una mia di non so quando, della quale io presigran piacere, veggendo che la Fortuna vi è suta tantoamorevole, che l'ha saputo sì ben fare, che Filippo et ilBrancaccio siano diventati con voi una anima in due corpi,overo due anime in un corpo, per non errare. Et quando iopenso dal principio al fine di questa loro et vostrahistoria, che in verità, se io non havessi perduto le miebazzicature, io l'harei inserta in fra le memorie dellemoderne cose, et mi pare che la sia così degna di recitarla

ad un principe, come cosa che io habbia udita questo anno.E' mi pare vedere il Brancaccio raccolto in su una seggiolaa seder basso per considerar meglio il viso della Gostanza,et con parole et con cenni, et con atti et con risi, etdimenamento di bocca et di occhi et di spurghi, tuttostillarsi, tutto consumarsi, et tutto pendere dalle parole,dallo anhelito, dallo sguardo, et dallo odore, et da' soavimodi et donnesche accoglienze della Gostanza.Volsimi da man dextra, et viddi il Casache a quel garzone era più presso al segno,in gote un poco, et con la zucca rasa.Io lo veggo gestire, et hora recarsi in su un fiancoet hora in su l'altro; veggolo qualche volta scuotere ilcapo in su le mozze et vergognose risposte del giovane;veggolo, parlando seco, hora fare l'uffizio del padre, horadel preceptore, hora dello innamorato; et quel poverogiovinetto stare ambiguo del fine a che lui lo vogliacondurre: et hora dubita dell'honore suo, hora confida nellagravità dell'huomo, hora ha in reverenzia la venusta etmatura presenzia sua. Veggo voi, signor oratore, essere allemani con quella vedova et quel suo fratello et havere unoocchio a quel garzone, il ritto però, et l'altro a quellafanciulla, et uno orecchio alle parole della vedova etl'altro al Casa et al Brancaccio; veggovi risponderegeneralmente loro, et all'ultime parole, come Eccho; etinfine tagliare e ragionamenti, et correre al fuoco concerti passolini presti et lunghi un dito, un poco chinato insu le reni. Veggo, alla giunta vostra, Filippo, ilBrancaccio, il garzone, la fanciulla rizzarsi; et voi dite:- Sedete, state saldi, non vi movete, seguite i vostriragionamenti - et doppo molte cerimonie, un poco domesticheet grassette, riporsi ognuno a sedere, et entrare in qualcheragionamento piacevole. Ma sopratutto mi pare vedereFilippo, quando Piero del Bene giunse; et se io sapessidipignere, vel manderei dipinto, perché certi atti suoifamiliari, certe guardature a traverso, certe posaturesdegnose non si possono scrivere. Veggovi a tavola, veggogestire il pane, i bicchieri, la tavola et i trespoli, etognuno menare, o vero stillare letizia, et in finetraboccare tutti in un diluvio d'allegrezze. Veggo infineGiove incathenato innanzi al carro, veggo voi innamorato; etperché quando il fuoco si appicca nelle legne verdi egli èpiù potente, così la fiamma essere in voi maggiore, perchéha trovato maggiore resistenza. Qui mi sarebbe lecitoesclamare come quel terenziano: "O coelum, o terram, omaria Neptunni". Veggovi combattere in fra voi, et quia nonbene conveniunt, nec in una sede morantur maiestas et amor,vorresti hora diventare cigno per farle in grembo uno huovo,hora diventare oro perché la vi se ne portasse seco nellatasca, hora uno animale, hora uno altro, pure che voi non vispicasse da lei.Et perché voi vi sbigottite in su lo exemplo mio,ricordandovi quello mi hanno fatto le freccie d'Amore, iosono forzato a dirvi come io mi sono governato seco. Ineffetto io l'ho lasciato fare et seguitolo per valli,boschi, balze et campagne, et ho trovato che mi ha fatto piùvezzi che se io lo havessi straziato. Levate dunque i basti,cavategli il freno, chiudete gli occhi, et dite: Fa' tu, oAmore, guidami tu, conducimi tu: se io capiterò bene, fianole laude tue; se male, fia tuo il biasimo: io sono tuoservo: non puoi guadagnare più nulla con straziarmi, anziperdi, straziando le cose tue. Et con tali et simili parole,da fare trapanare un muro, potrete farlo pietoso. Sì che,padron mio, vivete lieto: non vi sbigottite, mostrate il

viso alla fortuna, et seguite quelle cose che le volte de'cieli, le condizioni de' tempi et degli huomini vi recanoinnanzi, et non dubitate che voi romperete ogni laccio etsupererete ogni difficultà. Et se voi gli volesse fare unaserenata, io mi offero a venire costì con qualche beltrovato per farla innamorare.Questo è quanto mi occorre per risposta della vostra. Diqua non ci è che dirvi, se non prophezie et annunzii dimalanni: che Iddio, se dicono le bugie, gli facci annullare;se dicono il vero, gli converta in bene. Io quando sono inFirenze mi sto fra la bottega di Donato del Corno et laRiccia, et parmi a tutti a due essere venuto a noia, etl'uno mi chiama impaccia-bottega, et l'altra impaccia-casa.Pure con l'uno et con l'altro mi vaglio come huomo diconsiglio, et per insino a qui mi è tanto giovato questareputazione, che Donato mi ha lasciato pigliare un caldo alsuo focone, et l'altra mi si lascia qualche volta baciarepure alla sfuggiasca. Credo che questo favore mi dureràpoco, perché io ho dato all'uno et all'altro certi consigli,et non mi sono mai apposto, in modo che pure hoggi la Ricciami disse in un certo ragionamento che la faceva vista dihavere con la sua fante: - Questi savi, questi savi, io nonso dove si stanno a casa; a me pare che ognuno pigli le coseal contrario.Oratore magnifico, vedete dove diavolo io mi truovo.Vorreimi pure mantenere costoro; et per me non ci horimedio: se a voi, o a Filippo, o al Brancaccio neoccorresse alcuno, mi sarebbe grato me lo scrivessi. Valete.Addì 4 di Febbraio 1513.Niccolò Machiavelli in Firenze.

%1514 feb (Lett. 223) Magnifico oratori florentino Francisco Vettorio apud S.Pontificem suo observandissimo. Rome.

Magnifico oratore. Io hebbi una vostra letteradell'altra settimana, et sono indugiatomi ad hora a farvirisposta, perché io desideravo intendere meglio il vero diuna novella che io vi scriverrò qui dappiè: poi risponderòalle parti della vostra convenientemente. Egli è accadutouna cosa gentile, o vero, a chiamarla per il suo dirittonome, una metamorfosi ridicola, et degna di esser notatanelle antiche carte. Et perché io non voglio che persona sipossa dolere di me, ve la narrerò sotto parabole ascose.Giuliano Brancacci, verbigrazia, vago di andare allamacchia, una sera in fra l'altre ne' passati giorni, sonatal'Ave Maria della sera, veggendo il tempo tinto, trarrevento, et piovegginare un poco (tutti segni da credere cheogni uccello aspetti), tornato a casa, si cacciò in piedi unpaio di scarpette grosse, cinsesi un carnaiuolo, tolse unfrugnuolo, una campanella al braccio, et una buona ramata.Passò il ponte alla Carraia, et per la via del Canto de'Mozzi ne venne a Santa Trinita, et entrato in Borgo SantoAppostolo, andò un pezzo serpeggiando per quei chiasci chelo mettono in mezzo; et non trovando uccelli che loaspettassino, si volse dal vostro battiloro, et sotto laParte Guelfa attraversò Mercato, et per Calimala Francescasi ridusse sotto il Tetto de' Pisani; dove guardandotritamente tutti quei ripostigli, trovò un tordellino, ilquale con la ramata, con il lume, et con la campanella fufermo da lui, et con arte fu condotto da lui nel fondo delburrone sotto la spelonca, dove alloggiava il Panzano, etquello intrattenendo et trovatogli la vena larga et più

volte baciatogliene, gli risquittì dua penne della coda etinfine, secondo che gli più dicono, se lo messe nelcarnaiuolo di drieto.Ma perché il temporale mi sforza a sbucare di sottocoverta, et le parabole non bastano, et questa metaphora piùnon mi serve, volle intendere il Brancaccio chi costuifosse, il quale gli disse, verbigrazia, essere Michele,nipote di Consiglio Costi. Disse allhora il Brancaccio: -Sia col buono anno, tu sei figliuolo di uno huomo dabbene,et se tu sarai savio, tu hai trovata la ventura tua. Sappiche io sono Filippo da Casavecchia, et fo bottega nel tallato; et perché io non ho danari meco, o tu vieni, o tumandi domattina a bottega, et io ti satisfarò. - Venuta lamattina, Michele, che era più presto cattivo che dappoco,mandò un zana a Filippo con una poliza richiedendoli ildebito, et ricordandoli l'obbligo; al quale Filippo fece untristo viso, dicendo: - Chi è costui, o che vuole? io non hoche fare seco; digli che venga a me. - Donde che, ritornatoil zana a Michele, et narratogli la cosa, non si sbigottì diniente il fanciullo, ma animosamente andato a trovareFilippo, gli rimproverò i benefici ricevuti, et li concluseche se lui non haveva rispetto ad ingannarlo, egli nonharebbe rispetto a vituperarlo; tale che parendo a Filippoessere impacciato, lo tirò drento in bottega, et li disse: -Michele, tu sei stato ingannato; io sono un huomo moltocostumato, et non attendo a queste tristizie; sì che egli èmeglio pensare come e' si habbi a ritrovare questo inganno,et che chi ha ricevuto piacere da te, ti ristori, cheentrare per questa via, et senza tuo utile vituperare me.Però farai a mio modo; andra'tene a casa, et tornadomani a me, et io ti dirò quello a che harò pensato. -Partissi il fanciullo tutto confuso; pure, havendo aritornare, restò paziente. Et rimasto Filippo solo, eraangustiato dalla novità della cosa, et scarso di partiti,fluctuava come il mare di Pisa quando una libecciata glisoffia nel forame. Perché e' diceva: Se io mi sto cheto, etcontento Michele con un fiorino, io divento una suavignuola, fommi suo debitore, confesso il peccato, et diinnocente divento reo: se io niego senza trovare il verodella cosa, io ho a stare al paragone di un fanciullo, hommia giustificare seco, ho a giustificare gli altri; tutti itorti fieno i mia. Se io cerco di trovarne il vero, io ne hoa dare carico a qualcuno, potrei non mi apporre, farò questainimicizia, et con tutto questo non sarò giustificato.Et stando in questa ansietà, per manco tristo partitoprese l'ultimo; et fugli in tanto favorevole la fortuna, chela prima mira che pose, la pose al vero brocco, et pensò cheil Brancaccio gli havesse fatto questa villania, pensandoche egli era macchiaiuolo, et che altre volte gli havevafatto delle natte quando lo botò a' Servi. Et andò in suquesto a trovare Alberto Lotti, verbigrazia, et narratoli ilcaso, et dectoli l'oppenione sua, et pregatolo havesse a séMichele, che era suo parente, vedesse se poteva riscontrarequesta cosa. Giudicò Alberto, come pratico et intendente,che Filippo havesse buono occhio, et promessoli la sua operafrancamente, mandò per Michele, et abburattatolo un pezzo,li venne a questa conclusione: - Darebbet'egli il cuore, setu sentissi favellare costui che ha detto di essere Filippo,di riconoscerlo alla boce? - A che il fanciullo replicato disì, lo menò seco in Santo Hilario, dove e' sapeva ilBrancaccio si riparava, et facendogli spalle, havendo vedutoil Brancaccio che si sedeva fra un monte di brigate a dirnovelle, fece che il fanciullo se gli accostò tanto, chel'udì parlare; et girandosegli intorno, veggendolo il

Brancaccio, tutto cambiato se li levò dinanzi; donde aciascuno la cosa parse chiara, di modo che Filippo è rimasotutto scarico, et il Brancaccio vituperato. Et in Firenze inquesto carnasciale non si è detto altro, se non: - Se' tu ilBrancaccio, o se' il Casa? -; "et fuit in toto notissimafabula coelo". Io credo che habbiate hauto per altre maniquesto avviso, pure io ve l'ho voluto dire più particulare,perché mi pare così mio obbligo.Alla vostra io non ho che dirvi, se non che seguitiatel'amore totis habenis, et quel piacere che voi piglieretehoggi, voi non lo harete a pigliare domani; et se la cosasta come voi me l'havete scritta, io ho più invidia a voiche al re di Inghilterra. Priegovi seguitiate la vostrastella, et non ne lasciate andare un iota per cosa delmondo, perché io credo, credetti, et crederrò sempre che siavero quello che dice il Boccaccio: che gli è meglio fare etpentirsi, che non fare et pentirsi. Addì 25 di Febbraio1513.Niccolò Machiavelli in Firenze.

%1514 feb-mar (Lett. 224) Io non voglio lasciare indreto di darvi notizia del mododel procedere del magnifico Lorenzo, che è suto infino adqui di qualità, che gli ha ripieno di buona speranza tuctaquesta città; et pare che ciascuno cominci ad riconoscere inlui la felice memoria del suo avolo. Perché sua M.tia èsollecita alle facciende, liberale et grato nella audienza,tardo et grave nelle risposte. El modo del suo conversare èdi sorte, che si parte dagli altri tanto, che non vi siriconosce drento superbia; né si mescola in modo, che pertroppa familiarità generi poca reputatione. Con e giovanisuoi equali tiene tale stilo, che non gli aliena da sé, néanche dà loro animo di fare alcuna giovinile insolentia.Fassi in summa et amare et reverire, più tosto che temere;il che quanto è più difficile ad observare, tanto è piùlaudabile in lui.L'ordine della sua casa è così ordinato, che anchora visi veggha assai magnificenza et liberalità, nondimeno non siparte da la vita civile; talmente che in tucti e progressisuoi extrinseci et intrinseci non vi si vede cosa cheoffenda, o che sia reprensibile; di che ciascuno pare neresti contentissimo. Et benché io sappia che da moltiintenderete questo medesimo, mi è parso di scrivervelo,perché col testimone mio ne prendiate quel piacere che neprendiamo tucti noi altri, e quali continuamentel'observiamo, et possiate, quando ne habbiate occasione,farne fede per mia parte alla santità di Nostro Signore.

%1514 apr (Lett. 225) Magnifico oratori Francisco Victorio etc.

Sarà egli però, doppo mille anni, cosa reprehensibileche io vi scriva altro che favole? Credo di no; et però a mepare, posposto ogni rispetto irragionevole, da pregarvi chevoi mi sviluppiate una matassa che io ho nella testa.Io veggo il re di Spagna, il quale, poi che egli entròin Italia, è stato sempre il primo motore di tutte leconfusioni cristiane, posto in mezzo, al presente, di moltedifficoltà. Parmi prima che non faccia per lui che Italiastia con questo viso, et che non possa comportare in essatanta potenza et della Chiesa et de' Svizzeri, parendolihavere più timore dello stato di Napoli hora, che quando ci

erano i Francesi, perché tra Milano et Napoli era allhora ilpapa il quale non doveva lasciare insignorire del reame iFrancesi, per non rimanere in mezzo; ma hora infra il papa,Svizzeri et lui non ci è mezzo veruno. Parmi ancora chestando le cose di là da' monti in guerra non faccia per lui,perché non sempre può riuscire la guerra tavolata, comel'anno passato. Et sarebbe necessario a lungo andare, che ilre di Francia o vincesse o perdesse; nell'uno et nell'altrodi questo non v'è la securtà di Spagna; et quando nonnascesse una terza cosa, che si straccassino, potrienovoltarsi tutti a' danni della cagione del loro male, perchéè da credere ch'e suoi tranelli sieno conosciuti, et che glihabbino cominciato a generare fastidio et odio nelli animidelli amici et de' nemici.Concludo adunque, le cose nell'essere presente nonfaccendo per lui, conviene s'ingegni variarle. A volerevariare quelle d'Italia con sua maggiore securtà, convieneche cavi li Svizzeri di Milano, et non vi metta Francia. Inquesto egli ha due difficultà, l'una come sanza Francia egline possa cavare li Svizzeri, l'altra chi egli v' habbia amettere. Perché considerato il primo caso, io non credo cheFrancia convenga mai di venire con tutte le sue forze inLombardia, se non a rimanere padrone; et quando i pattifussero, o pure che vi venisse, o per darlo al secondofigliuolo del re Filippo, come suo genero, o ad altri, nonso, trovandosi più potente di forze, se non fosse sempre unbabbione, come se lo osservasse, né so come Spagna si possafidare di questa promessa. Che Svizzeri se ne possino cavaresenza Francia, io credo che ciascuno dirà di no, perché,considerato chi e' sono, dove e' sono, quanti e' sono, etanimo che gli hanno preso, giudicherà senza le forze di quelre che sia impossibile trarnegli. La seconda difficultà deldarlo, alla Chiesa non credo lo dia, a' Veneziani tantomeno, per sé proprio non può pigliarlo. Potrebbelo dare,come si dice, al nipote che è più ragionevole; tamen non viè veruna sicurtà sua, perché viene per hora a darloall'imperadore; et, come l'imperadore si vedesse governatoredi Milano, li verrebbe subito voglia di diventare imperadored'Italia, et comincierebbesi da Napoli, dove e Tedeschihebbono prima ragione che gli Spagnuoli.Dipoi ci veggo, quando si pigli per l'arciduca controalla voglia de' Svizzeri, difficultà nel tenerlo, et massimesenza l'armi di Francia, perché se Svizzeri non potrannosostenere la piena quando la verrà la lasceranno passare, etsubito che la sia passata, vi rientrerranno; perché sannoche se un duca non vi tiene sempre ventimila fanti etseimila cavalli almeno, non vi starà mai sicuro da loro; eta tener questi, Spagna et l'imperadore non bastano. Di quinasce che Svizzeri, non obstante le pratiche che sentonotenersi che si habbia a dare quel ducato all'arciduca,stanno duri contro a Francia; et di queste pratiche nonmostrano curarsi, perché gli stimano che altri che Francianon possa tenere quel ducato contro alla loro voglia, etperò si oppongono a Francia, et delli altri si fanno beffe.Vorrei pertanto, signore oratore, che voi in prima mirispondessi, se questi mia presupposti vi paiono veri, etquando vi paino, voi me gli risolviate, et se voi vorreteintendere la resoluzione mia, ve ne scriverrò a lungo moltovolentieri.Sono offiziali di Monte il magnifico Lorenzo, LorenzoStrozzi, Lorenzo Pitti, Ruberto de' Ricci et Mattio Cini.Non hanno fatto uffiziali di vendite, resta la conposizionea loro, et io ho a capitare loro alle mani con nove fiorinidi decima, et quattro et mezzo d'arbitrio, che me ne va

l'anno in 40 fiorini et ne ho 90 d'entrata o meno. Io miarrabatto qua il meglio che posso. Se a voi paresse discrivere una lettera ad alcuno di questi ufiziali, et fareloro fede della mia impossibilità, me ne rimetto a voi. Almagnifico non bisogna scrivere, perché non vi si raguna;basta a uno o dua di quelli altri. Addì 16 di Aprile1514.Niccolò Machiavegli in Firenze.

%1514 apr (Lett. 226) Domino Giovanni di Francesco Vernacci. In Pera.

Carissimo Giovanni. Io ho dua tue lettere in questoultimo, per le quali mi commecti vegga di ritrarre quellidanari della monaca dal Monte, ad che, come prima si potrà,attenderò; perché se non passa l'ottava di Pasqua, non possoattendere, per non si potere andare a munisteri.Attenderovvi poi, et del seguito te ne darò notitia.Io vedrò con Lorenzo et con altri, se io ti potròindirizzare faccienda alcuna; et potendosi, lo intenderai.Egli è uno artefice ricchissimo, che ha una suafigliuola un pocho zoppa, ma bella per altro, buona etd'assai; et secondo li altri artefici è di buone genti,perché ha li ufitii. Io ho pensato che quando e' ti dessedumila fiorini contanti di suggello, et promectessetiaprirti una bottega d'arte di lana et farviti compagno etgovernatore, per adventura sarebbe el bisogno tuo,pigliandola per moglie, perché io crederei che ti avanzassi1500 fiorini, et che con quelli e con lo aiuto del suocerotu potessi farti honore et bene. Io ne ho ragionato così allargo, et mi è parso scrivertene ad ciò che tu ci pensi, etper il primo me ne advisi, et parendoti me ne diacommissione. Christo ti guardi. In Firenze, addì 20d'Aprile 1514.Niccolò Machiavegli.Potrebbesi fare che tu stessi due o tre anni ad menarla,se tu volessi stare qualche tempo di costà.

%1514 giu (Lett. 228) Magnifico oratori florentino Francisco Victorio apudSummum Pontificem. Rome.

Magnifico oratore. Io ricevei due vostre lettere essendoin villa, dove con la mia brigata mi truovo, che me le mandòDonato da parte del Brancaccio. Feci a quelle quellarisposta mi parve conveniente, et circa a' miei casiprivati, et circa lo amore vostro et le altre cose. Mavenendo dua dì sono in Firenze, io le sdimenticai, di modoche, parendomi fatica a riscriverle, ve le manderò un'altravolta. Et per hora vi scriverrò questa, acciò che sappiateche le vostre sono arrivate salve; et brevemente vi diròcome io non sono venuto costì, tenuto da quelle cagioni chevoi hora mi chiarite, le quali mi intendevo prima per mestesso.Starommi dunque così tra' miei pidocchi, senza trovarehuomo che della servitù mia si ricordi, o che creda che iopossa essere buono a nulla. Ma egli è impossibile che iopossa stare molto così, perché io mi logoro, et veggo,quando Iddio non mi si mostri più favorevole, che io sarò undì forzato ad uscirmi di casa, et pormi per ripetitore ocancelliere di un connestabole, quando io non possa altro, oficcarmi in qualche terra deserta ad insegnare leggere a'

fanciulli, et lasciare qua la mia brigata, che facci contoche io sia morto; la quale farà molto meglio senza me,perché io le sono di spesa, sendo avvezzo a spendere, et nonpotendo fare senza spendere. Io non vi scrivo questo, perchéio voglia che voi pigliate per me o disagio o briga, ma soloper sfogarmene, et per non vi scrivere più di questamateria, come odiosa quanto ella può.De amore vestro, io vi ricordo che quelli sono straziatidallo Amore, che quando e' vola loro in grembo, lo voglionoo tarpare o legare. A costoro, perché egli è fanciullo etinstabile, e' cava gli occhi, le fegate et il cuore. Maquelli che quando e' viene godano seco et lo vezzeggiano, etquando e' se ne va lo lasciano ire, et quando e' torna loaccettono volentieri, et sempre sono da lui honorati etcarezzati, et sotto il suo imperio trionfano. Pertanto,compare mio, non vogliate regolare uno che vola, né tarparechi rimette per una penna mille; et goderete. Addì X diGiugno 1514.Niccolò Machiavelli in Firenze.

%1514 ago (Lett. 230) A Francesco Vettori in Roma.

Voi, compare, mi havete con più avvisi dello amor vostrodi Roma tenuto tutto festivo, et mi havete levato dalloanimo infinite molestie, con leggere et pensare a' piaceriet alli sdegni vostri, perché l'uno non sta bene senzal'altro. Et veramente la Fortuna mi ha condotto in luogo,che io ve ne potrei rendere iusto ricompenso; perché,standomi in villa, io ho riscontro in una creatura tantogentile, tanto delicata, tanto nobile, et per natura et peraccidente, che io non potrei né tanto laudarla, né tantoamarla, che la non meritasse più. Harei, come voi a me, adire i principii di questo amore, con che reti mi prese,dove le tese, di che qualità furno; et vedresti che lefurono reti d'oro, tese tra fiori, tessute da Venere, tantosoavi et gentili, che benché un cuor villano le havessepotute rompere, nondimeno io non volli, et un pezzo mi vigodei dentro, tanto che le fila tenere sono diventate dure,et incavicchiate con nodi irresolubili. Et non crediate cheAmore a pigliarmi habbia usato modi ordinarii, perché,conoscendo non li sarebbono bastati, tenne vieextraordinarie, dalle quali io non seppi, et non volsiguardarmi. Bastivi che, già vicino a cinquanta anni néquesti soli mi offendono, né le vie aspre mi straccano, néle obscurità delle notti mi sbigottiscano. Ogni cosa mi parepiano, et a ogni appetito, etiam diverso et contrario aquello che doverrebbe essere il mio, mi accomodo. Et benchémi paia essere entrato in gran travaglio, tamen io ci sentodentro tanta dolcezza, sì per quello che quello aspetto raroet suave mi arreca, sì eziam per havere posto da parte lamemoria di tutti e mia affanni, che per cosa del mondo,possendomi liberare, non vorrei. Ho lasciato dunque ipensieri delle cose grandi et gravi; non mi diletta piùleggere le cose antiche, né ragionare delle moderne; tuttesi sono converse in ragionamenti dolci; di che ringrazioVenere et tutta Cipri. Pertanto se vi occorre da scriverecosa alcuna della dama, scrivetelo, et dell'altre coseragionerete con quelli che le stimono più, et le intendonomeglio, perché io non ci ho mai trovato se non danno, et inqueste sempre bene et piacere. Valete. Ex Florentia, die IIIAugusti 1514.Vostro Niccolò Machiavegli.

%1514 dic (Lett. 233) A Francesco Vettori oratore a Roma. Niccolò Machiavelliaddì 10 di dicembre 1514 more florentino.

Voi mi domandate qual partito potesse pigliare laSantità di Nostro Signore, volendo mantenere la Chiesa nellareputatione che l'ha trovata, quando Francia con l'adherenzadi Inghilterra et Venitiani volesse in ogni modo recuperarelo stato di Milano, et dall'altro canto e Svizzeri, Spagnaet imperatore fossero uniti a difenderlo. Questa è ineffetto la più inportante domanda vostra: perché tuttel'altre dependono da questa, et di necessità è, declararlevolendo, declarare questa bene. Io non credo sia stato ventianni fa il più grave articolo di questo, né so cosa dellepassate sì difficile ad intendere, sì dubbia ad iudicare, etsì pericolosa a risolvere et seguire: pure, sendo forzato davoi, io entrerrò in questa materia, disputandola fedelmentealmeno, se non suffitientemente.Quando un principe vuole conoscere quale fortuna debbinohavere dua che conbattino insieme, conviene prima misuri leforze et la virtù dell'uno et dell'altro. Le forze, inquesta parte di Francia et di Inghilterra, sono quellepreparationi che si dicono fanno quelli re per questoaccquisto, come è assaltare i Svizzeri in Borgogna conventimila persone, assaltare Milano con maggior numero, etcon vie maggiore numero assaltare la Navarra per tumultuareet variare gli stati di Spagna, fare una grossa armata inmare et assaltare Genova o il regno, o dove altrove vengaloro bene. Et queste preparationi che io dico, sonopossibili a questi duoi re, et a volere vincere necessarie;et però io le presuppongo vere. Et benché e' sia nell'ultimoquesito vostro, et si potesse pensare che Inghilterra sispiccasse da Francia, dispiacendogli la sua grandezza inItalia, io voglio questa parte disputarla hora, perchéquando si spiccasse Inghilterra da lui, sarebbe fornita ogniquistione. Io credo che la cagione perché Inghilterra siimpiastrasse con Francia, fosse per vendicarsi contro aSpagna delle ingiurie fatteli nella guerra di Francia; elquale sdegno è suto ragionevole, né veggo cosa che cosìpresto possa cancellare questo, et spegnere l'amore dellaaffinità contracta intra quelli duoi re, né mi muovel'antica inimicitia delli Inglesi et Franzesi, che muovemolti, perché i popoli vogliono quello che i re, et non i requello che i popoli. Quanto a darli briga la potenza diFrancia in Italia, converrebbe questo dovesse nascere, o perinvidia o per timore: la invidia potrebbe essere quando ancoInghilterra non havesse dove honorarse, et havesse darimanere otioso; ma potendo anco egli farsi glorioso inSpagna, la cagione della invidia cessa. Quanto al timore,havete ad intendere che molte volte si accquista stato, etnon forze, et se considererete bene, vedrete come al re diFrancia nello accquistare terre in Italia, quanto adInghilterra, è uno accquistare stato et non forze; perchécon tanto exercito potrà egli assaltare quella isola senzastati in Italia, quanto con essi; et quanto alle diversioniper havere Milano, ne ha Francia a temere più, havendo unostato infido, et non sendo spenti li Svizzeri da muoverlicon danari contro di lui, i quali trovandosi offesi daquello, gli sarebbono inimici daddovero, et non come l'altravolta. Et perché e' potrebbe anco essere che, accquistandoFrancia Milano, Inghilterra mutasse lo stato di Castiglia,potrebbe Inghilterra con lo accquisto suo offendere più

Francia, che Francia con lo accquisto di Milano lui, per leragioni dette. Pertanto io non veggo perché Inghilterra inquesto primo impeto della guerra si habbi a spiccare daFrancia, et però affermo quelle unioni et preparationi diforze di sopra scritte essere necessarie et possibili.Restaci e Venitiani, che sono di quello momento alle cose diquesti duoi re che sono le forze di Milano a quella altrabanda, le quali giudico poche et deboli, et da poter essereritenute dalla metà delle genti che si truovano inLombardia. Considerando hora e difensori di Milano, veggo iSvizzeri atti a mettere duoi exerciti insieme da potereconbattere con quelli franzesi che venissero in Borgogna, etcon quelli che venissero inverso Italia, perché se in questocaso si uniscono tutti i Svizzeri, et che siano con liCantoni i Grigioni et Vallesi, possono mettere insieme piùche ventimila huomini per banda. Quanto allo imperadore,perché io non so quello si facesse mai, io non vogliodiscorrere quello che hora e' potesse fare. Ma raccozzatoSpagna, imperadore, Milano et Genova, non credo possinopassare quindicimila persone da guerra, non ci potendoSpagna sumministrare nuove forze, aspettando la guerra incasa. Quanto al mare, se non manca loro danari, credo chefra i Genovesi et Spagna potranno fare armata datemporeggiare in qualche parte con quella degli avversarii.Credo pertanto che queste sieno le forze dell'uno etdell'altro.Volendo al presente vedere donde la vittoria potessependere, dico che quelli re, per essere danarosi, possonotenere lungo tempo gli exerciti insieme; quelli altri, peressere poveri, non possono; di modo che, considerato l'armi,l'ordine et il danaio dell'uno et dell'altro, credo che sipossa dire che se si viene subito a giornata, la vittoriastarà dalla parte di Italia; se si temporeggia la guerra,che la se n' andrà di là. Dicesi, et pare ragionevole, che,conosciuta e Svizzeri questa difficultà, et per venire agiornata presto, voglino scontrare gli eserciti franzesi insu' monti di Savoia, acciò che quelli o, volendo passare,sieno forzati ad azzuffarsi o, non s'azzuffando, tornareindrieto, per la strettezza del sito et penuria divettovaglie. Se questo può riuscire loro, bisognerebbe, agiudicarlo, essere perito del paese et della guerra;nondimanco dirò questo: che mai nelle cose antiche hotrovato essere riuscito ad alcuno tenere i passi, ma ho benvisti molti havere lasciati i passi et aspettato i nimicisuoi ne' luoghi larghi, giudicando potere meglio difendersi,et con meno disordine esperimentare la fortuna della guerra.Et benché ci fosse qualche ragione da mostrare donde questoviene, le voglio lassare indrieto per non essere necessarioa questo proposito discorrerle. Considerato adunque tutto,veggo per questa banda di qua solo una speranza: venire agiornata presto, la quale anco potrebbono perdere. Per laparte di Francia veggo etiam potere vincere la giornata, etconducendo la guerra in lungo, non la potere perdere; etveggo per la parte di qua, intra gli altri, nel maneggiodella guerra duoi pericoli manifesti, l'uno che i Franzesicon l'armata loro, o per forza o d'accordo non entrino nelGenovese o nel Toscano, dove subito che fossero, tutto ilpaese di Lombardia sarebbe per loro, et di molti altri chevivono, chi paurosi et chi mal contenti, correrebbero lorosotto, di qualità che i Franzesi, trovando da esserericevuti, potrebbono dondolare, et straccare i Svizzeri aloro piacere. L'altro pericolo è che quelli Cantoni che sonoa' confini di Borgogna, a' quali toccherà tutto il pondodella guerra che si farà da quella parte, se la veggono

durare troppo, non forzino gli altri a fare accordo conFrancia. Di questo mi fa dubitare assai lo exemplo di Carloduca di Borgogna, il quale gli havea, da quella parteguerreggiando et scorrendo, in modo stracchi, che glimandarono il foglio bianco, et harebbegli spacciati intutto, se non si fosse ad un tratto obbligato alla giornata.Et perché alcuno spera o teme che i Svizzeri per poca fedepotrebbero voltarsi et accordarsi con il re et dare in predaquesti altri, di questo io non ne dubito, perché e'combattono hora per l'anbitione loro, et se non è hora unadelle soprascritte necessità che gli sforzi, credo chesaranno nella guerra fedeli.Se adunque la Santità del papa è forzata a pigliarepartito, et pigli questa banda di qua, io veggo la victoriadubbia per le ragioni dette di sopra, et perché l'accessionesua non gli assicura in tutto, perché, se la togliecommodità et reputatione a' Franzesi, la non dà a quellialtri forze che bastino a potere tenere i Franzesi; perchéhavendo il re grossa armata in mare, et li Venitiani potendoanco loro armare qualche cosa, harebbe tanto che guardare,et di sopra et di sotto, il papa le sue marine, che le suegenti et le vostre qui a fatica basterebbero. Può beneessere che sua Santità fugga un pericolo prexente, quandoloro se ne volessero assicurare, et truova ancora unapresente utilità, potendo al prexente honorare i suoi. SeSua Santità piglia la volta di Francia, quando e' si facciain modo cauto che si possa senza pericolo aspettarlo, iogiudico la vittoria certa, perché, potendo mettere per lavia dell'armata in Toscana grossa gente insieme con la sua,farebbe in un subito tanto tumulto in Lombardia con le gentiche i Venitiani vi havessero; ne seguiterebbe che gliSvizzeri et Spagnuoli non potrieno sostenere dua diversiexerciti da diversi lati, né difendersi dalla rebellione de'populi che sarebbe subitanea, in modo che io non veggo chisi potesse per questo tòrre la vittoria al re.Desiderate, oltre di questo, intendere di chi fosse menograve al papa l'amicitia o di Francia o de' Svizzeri, quandol'uno et l'altro vincesse con l'amicitia sua. Rispondo cheio credo che da' vincitori Svizzeri et loro collegati etamici sarebbe al papa osservata la fede promessa per hora,et gli stati dati: ma, dall'altro canto, harebbe asopportare i fastidii del vincitore; et perché io nonriconoscerei vincitore se non i Svizzeri, harebbe asopportare le ingiurie loro, le quali sarebbono subito didue sorte: l'una è per torli danari et l'altra amici, perchéquelli danari che i Svizzeri dicono di non volere horafaccendo la guerra, crediate che gli vorranno in ogni modo,finita che la fia, et comincerannosi da questa taglia, laquale fia grave, et per parere honesta, et per paura di nongli irritare nel principio della caldezza della vittorialoro, non sarà loro negata. Credo, anzi sono certo, che ilDuca di Ferrara, Lucchesi et simili, correranno a farsi lororaccomandati. Come e' ne hanno preso uno, actum erit delibertate Italiae, perché ogni giorno sotto mille coloritaglieggeranno et prederanno, et varieranno stati, et quelloche giudicheranno non potere fare hora, aspetteranno iltempo a farlo. Né si fidi alcuno che non pensino a questo,perché gli è necessario che ci pensino, et quando e' non vipensassero, ve gli farà pensare l'ordine delle cose; che èche l'uno accquisto, l'una victoria dà sete dell'altra. Nési maravigli veruno che non habbino preso Milanoapparentemente, et non habbino proceduto più oltre chepotevano, perché il modo del governo loro, come egli èdisforme in casa agli altri, così è disforme fuori, et ha

per riscontro tutte le historie antiche; perché, se insino aqui e' si hanno fatto compagni, per lo avvenire e' sifaranno raccomandati et censuarii, non si curando dicomandarli né di maneggiarli particularmente, ma solo bastache gli stieno per loro nelle guerre, et che paghino lorol'annuale pensione; le quali cose e' si manterranno con lareputatione dell'armi di casa, et con il gastigare chideviasse da questo. Per questa via, et presto, se tengonoquesta spugna, daranno le leggi a voi, al papa et aqualunque altro principe italiano; et quando voi vedete chepigliano una protectione, sciatis quod prope est aestas. Etse voi dicessi: - A cotesto fia rimedio, perché noi ciuniremo contro di loro, - vi dico che questo sarebbe unsecondo errore et secondo inganno, perché l'unione di assaicapi contro ad uno è difficile a farla, et poi, fatto chel'è, difficile a tenerla.Dovvi per exemplo Francia, contro al quale haveacongiurato ognuno, tamen subito Spagna fece triegua, et iVinitiani gli diventarono amici, i Svizzeri l'assalironotiepidamente, lo imperadore non si rividde mai, et infinoInghilterra si congiunse con lui; perché se quello, contro achi è congiurato, è di tanta virtù, che non ne vadia subitoin fumo, come feciono e Venitiani, troverrà sempre in molteoppinioni rimedio, come ha trovato Francia, et come si vedeaharebbero trovato i Venitiani se potevano sostenere dua mesiquella guerra. Ma la debolezza loro non potette aspettare ladisunione de' collegati, il che non interverrebbe a'Svizzeri, i quali sempre troverranno, o con Francia o con loimperadore o con Spagna o con li potenti di Italia, modo, oda non li lasciare unire tutti, o pure, unendosi, adisgiungerli. Io so che di questa oppinione molti se nefaranno beffe, et io ne dubito tanto, et tanto la credo,che, se a' Svizzeri riesce il tenere questa piena, et noiviviamo ancora insieme sei anni, spero ricordarvelo.Volendo voi dunque sapere da me quello che il papa puòtemere de' Svizzeri vincendo, et essendo loro amico,concludo che può dubitare delle subite taglie, et in brievetempo della servitù sua et di tutta Italia, sine speredemptionis, sendo republica, et armata senza esemplo dialcuno altro principe o potentato. Ma se sua Santità fosseamico di Francia, et vincesse, credo gli osserverebbemedeximamente le conventioni, quando le fossono convenienti,et non di sorte che la troppa voglia havesse fatto chiederetroppo al papa, et concedere troppo al re; credo che nontaglieggierebbe la Chiesa, ma voi, et doverrebbe havereriguardo a lei rispetto alla conpagnia di Inghilterra, et a'Svizzeri, che non rimarrebbano morti tutti, et a Spagna,che, quando bene e' fosse cacciato da Napoli, restando vivo,sarebbe di qualche consideratione. Però parrebbe ragionevoleche volesse dal suo la Chiesa reputata et amica, et così liVenitiani. In somma, in ogni evento di queste vittorie,veggo la Chiesa havere a stare a discretione d'altri, etperò io giudico sia meglio stare a discretione di quelli chesieno più ragionevoli, et che per altri tempi havesseconosciuti, et non di quelli che, per non gli conoscerebene, io non sapessi ancora quello che si volessero.Se quella banda da chi la Santità di nostro Signore siadherisse, perdesse, io temerei di ridurmi in ogni extremanecessità, et di fuga, et di exilio, et di ogni cosa di chepuò temere un papa; et però quando uno è forzato a pigliareuno de' duoi partiti, debbe, intra l'altre cose, consideraredove la trista fortuna di qualunque di quelli ti puòridurre, et sempre debbe pigliare quella parte, quandol'altre cose fossero pari, che habbi il fine suo, quando

fosse tristo, meno acerbo. Senza dubbio meno acerba sarebbela perdita con Francia amica, che con gli altri amici;perché, se sua Santità ha Francia amica, et perda, e' lerimane lo stato di Francia, che può tenere un ponteficehonorato, resta con una fortuna, che per la potenza di quelregno può risurgere in mille modi, resta in casa sua, etdove molti papi hanno tenuta la loro sede. Se egli è conquelli altri et perda, e' conviene vadia o in Svizzerìa amorirsi di fame, o nella Magna ad essere deriso, o in Spagnaad essere expilato, tale che non è comparatione dal male chesi tira drieto la cattiva fortuna dell'uno a quellodell'altro.Lo stare neutrale non credo che fosse mai ad alcunoutile, quando egli habbia queste conditioni: che sia menopotente di qualunque di quelli che conbattono, et che eglihabbia gli stati mescolati con gli stati di chi conbatte; ethavete ad intendere prima, che non è cosa più necessaria adun principe che governarse in modo con li sudditi, et congli amici et vicini, che non diventi o odioso, o contemnendo, et se pure egli ha alasciare uno di questi duoi, non stimi l'odio, ma guardisidal disprezzo. Papa Giulio non si curò mai di essere odiato,pure che fosse temuto et reverito; et con quello suo timoremesse sottosopra il mondo, et condusse la Chiesa dove la è.Et io vi dico che chi sta neutrale conviene che sia odiatoda chi perde, et disprezzato da chi vince; et come di uno sicomincia a non tenere conto, et stimato inutile amico, etnon formidabile inimico, si può temere che gli sia fattaogni ingiuria, et disegnato sopra di lui ogni rovina; némancano mai al vincitore le iustificationi, perché, havendoli suoi stati mescolati, è forzato ricevere ne' porti horaquesto et hora quello, riceverli in casa, sovvenirli dialloggiamento, di vettovaglia: et sempre ognuno penserà diessere ingannato, et occorreranno infinite cose checauseranno infinite querele; et quando bene nel maneggiarela guerra non ne nascesse alcuna, che è inpossibile, nenasce doppo la vittoria, perché li minori potenti, et chehanno paura di te, subito corrono sotto il vincitore, etdànno a quello occasione di offenderti. Et chi dicesse: -Egli è il vero, e' ci potrebbe essere tolto questo, etmantenutoci quello, - rispondo che gli è meglio perdere ognicosa virtuosamente, che parte vituperosamente, né si puòperdere la parte che il tutto non triemi. Chi considerapertanto gli stati tutti della Santità di Nostro Signore, etdove sieno, et quali sieno i minori potenti che ci siincludino et chi sieno quelli che combattono, giudicherà SuaSantità essere di quelli che a nessuno modo possa tenerequesta neutralità, et che l'habbi, pigliando simil partito,a rimanere inimica di chi vince et di chi perde, et cheognuno desideri fare male: l'uno per vendetta et l'altro perguadagno.Voi mi domandate ancora se, quando il papa si accordassecon gli Svizzeri, imperadore et Spagna, e' facesse perSpagna et imperadore ingannarlo et adherirsi a Francia. Iocredo che l'accordo infra Spagna et Francia sia inpossibile,et che non si possa fare senza consentimento di Inghilterra;et che Inghilterra non possa farlo se non contro a Francia,et per questo Francia non possa ragionarne, perché, essendoquel re giovane et in su la boria della guerra, non ha dovevoltarse con l'armi, se non o in Francia o in Spagna: etcome la pace di Francia metterà guerra in Spagna, così lapace di Spagna metterebbe guerra in Francia. Però il re diFrancia, per non si perdere Inghilterra, per non tirareaddosso a sé quella guerra et per havere mille cagioni di

odiare Spagna, non è per porgere gli orecchi alla pace, che,se Francia o volesse o potesse farla, la sarebbe fatta,tanti partiti a danno d'altri gli debbe havere messi innanziquel re, in modo che, quanto si appartenesse a Spagna, iocredo che il papa potrebbe ragionevolmente dubitare di ognicosa; ma, quanto si appartenesse a Francia, ne possa staresicuro. Et quanto allo imperadore, per essere vario etinstabile, si può temere di ogni mutatione, o faccia o nonfaccia per lui, come quello che sempre in queste variationiè vissuto et nutrito. Se Vinitiani si adherissino a questaparte di qua, sarebbe di gran momento, non tanto per contodell'accessione delle loro forze, quanto per rimanere questabanda più schietta inimica di Francia, a che adherendosiancora il papa, troverrebbero li Franzesi, et nello scendereet nello appiccarsi in Italia, infinite difficultà. Ma ionon credo che i Venetiani piglino questo partito, perché iocredo che gli habbino hauti migliori patti da Francia, chenon harebbono da questi altri, et havendo seguito unafortuna franzese, quando era presso che spenta, non pareragionevole l'habbino hora ad abbandonare che la è perresurgere, ma temo che non dieno parole, come sogliono aloro proposito.Concludo adunque, per venire al fine di questo discorso,che, essendo più riscontri di vittoria dalla parte franzese,che da questi altri, et potendo il papa con l'accessione suadare la victoria a Francia certa, et non a questi altri;che, sendo meno formidabile et più sopportabile Franciaamico et vincitore, che questi altri; et essendo meno durala perdita con Francia amico, che con questi altri; che, nonpotendo sicuramente stare neutrale; che la Santità di NostroSignore debbe o adherirsi a Francia, o vero adherirsi aquesti altri, quando vi si adherissono ancora li Venitiani,et non altrimenti.

%1514 dic (Lett. 235) Magnifico oratori florentino Francisco Victorio apudSummum Pontificem. Romae.

Magnifico oratore. Poiché voi mi havete messo in zurlo,se io vi straccherò con lo scrivere, dite: Habbimi il danno,ché gli scrissi. Io dubito che non vi paressi nella rispostache io feci a' quesiti vostri, che io passassi troppoasciutto quella parte della neutralità; et così quella doveio haveva a disputare quello dovessi temere dal vincitore,quando quella parte a chi e' si adherisse perdesse; perchénell'una et nell'altra pareva da considerare molte cose.Però io mi sono rimesso a riscrivervi sopra quella medeximamateria. Et, quanto alla neutralità, il quale partito mipare sentire approvare da molti, a me non può piacere,perché io non ho memoria, né in quelle cose che ho vedute,né in quelle che ho lette, che fosse mai buono, anzi èsempre suto pernitiosissimo, perché si perde al certo; etbenché le ragioni voi le intendiate meglio di me, pure io vele voglio ricordare.Voi sapete che l'offizio principale di ogni principe èguardarsi dallo essere odiato o disprezzato, fugere ineffetto contemptum et odium: qualunque volta e' fa questobene, conviene che ogni cosa proceda bene. Et questa partebisogna osservarla così nelli amici come ne' sudditi; etqualunque volta un principe non fugit saltem contenptum,egli è spacciato. A me pare che lo stare neutrale intra dueche combattono, non sia altro che cercare di essere odiatoet disprezzato, perché sempre uno di quelli vi fia che li

parrà che tu sia, per li beneficii ricevuti da lui, o perantica amicizia tenuta seco, obbligato a seguire la fortunasua, et quando tu non te li adherisci, concepe odio controdi te. Quello altro ti disprezza, perché ti scuopre timidoet poco risoluto, et subito pigli nome di essere inutileamico et non formidabile inimico; di modo che qualunquevince ti offende senza rispetto. Et Tito Livio in due parolenella bocca di Tito Flamminio dà questa sentenzia, quandodisse alli Achei, che erano persuasi da Antioco a stareneutrali: "Nichil magis alienum rebus vestris est; sinegratia, sine dignitate premium victoris eritis". E1necessario, ancora, che, nel maneggiarsi la guerra infraquelli due, naschino infinite cagioni d'odio contro di te;perché il più delle volte il terzo è posto in lato, che puòin molti modi disfavorire et favorire hor l'uno hor l'altro.Et sempre in poco tempo, dal dì che la guerra, è appiccata,tu se' condotto in termine, che quella declarazione che tunon hai voluto fare apertamente et con grazia, tu seicostretto a farla segretamente, et senza grado, et quando tunon la faccia, si crede per qualunque di loro che tul'habbia fatta. Et quando la fortuna fosse tanto prospera infavore del neutrale, che, maneggiandosi la guerra, nonnascesse mai cagioni giuste di odio con alcuno di loro,conviene che naschino poi, finita la guerra, perché tuttigli offesi da quello che è suto terzo, et tutti i paurosi dilui ricorrendo sotto al vincitore, gli danno cagione di odioet di scandolo seco. Et chi replicasse che il papa, per lareverenzia della persona et per l'autorità della Chiesa, èin un altro grado, et harà sempre refugio a salvarsi,risponderei che tal replica merita qualche consideratione,et che vi si può fare su qualche fondamento: nondimanco e'non è da fidarsene, anzi credo che, a volersi consigliarebene, non sia da pensarvi, perché simile speranza nonfacesse pigliare tristo partito; perché tutte le cose chesono state io credo che possano essere; et io so che si sonovisti de' pontefici fuggire, exiliare, perseguitare, etextrema pati, come e signori temporali, et ne' tempi che laChiesa nello spirituale haveva più riverenza che non hahoggi. Se la Santità dunque di Nostro Signore penserà dovesieno posti li stati suoi, chi sono coloro che combattinoinsieme, chi sieno quelli che possono rifuggire sotto alvincitore, io credo che sua Santità non potrà puntoriposarsi in su lo stare neutrale, et che la penserà che perlei si faccia più adherirsi in ogni modo; sì che, quantoalla neutralità, a dichiararla più largamente che l'altravolta, io non vi ho da dire altro. Et quanto a quello chepotesse temere da chi vincesse et superasse quella parte conchi e' si accostasse, non ne dirò altro, perché di sopra èdetto tutto.Io credo che vi parrà per la mia lettera che io viscrissi, che io habbia penduto da Francia, et che chi laleggesse potrebbe dubitare che l'affectione non mi portassein qualche parte; il che mi dispiacerebbe, perché io miingegnai sempre di tenere il giudizio saldo, maxime inqueste cose, et non lo lasciare corrompere da una vana gara,come fanno molti altri: et perché, se io ho alquanto pendutoda Francia, e' non mi pare essere ingannato, io voglio dinuovo discorrervi in brievi parole quello che mi muove, chesarà quasi uno epilogo di quello che io vi scrissi. Quandodue potenti contendono insieme, a volere giudicare chi debbevincere, conviene, oltre al misurare le forze dell'uno etdell'altro, vedere in quanti modi può tornare la vittoriaall'uno et in quanti all'altro. A me non pare che per laparte di qua ci sia se non venire a giornata subito, et per

la parte di Francia ci siano tutti li altri maneggi, comelargamente vi scrissi. Questa è la prima cagione che mi facredere più a Francia che a costoro. Appresso, se io mi ho adichiarare amico dell'uno de' dua, et io vegga che,accostandomi ad uno, io gli dia la vettoria certa, etaccostandomi con l'altro, gliene dia dubbia, credo che saràsempre da pigliare la certa, posposto ogni obbligo, ogniinteresso, ogni paura, et ogni altra cosa che midispiacesse. Et io credo che, accostandosi il papa aFrancia, non ci saraa disputa; accostandosi a questi altri,ce ne sarebbe assai per quelle ragioni che allhora scrissi.Oltre di questo, tutti gli huomini savii, quando possono nongiucare tutto il loro, lo fanno volentieri; et, pensando alpeggio che ne può riuscire, considerano nel male dove èmanco male; et perché le cose della fortuna sono tuttedubbie, si accostano volentieri a quella fortuna che,faccendo il peggio che la sa, habbia il fine suo menoacerbo. Ha la Santità di Nostro Signore due case, l'una inItalia l'altra in Francia. Se la s'accosta con Francia la negiuoca una, se con questi altri la le giuoca tutte a dua. Sela è nimica a Francia et quello vinca, è constretta aseguire la fortuna di questi altri, et ire in Svizzerìa amorirsi di fame, o nella Magna a vivere disperato, o inSpagna ad essere espilato et rivenduto. Se si acosta conFrancia et perda, rimangli Francia, resta in casa sua, etcon un regno a sua divotione che è un papato, et con unprincipe che, o per accordo o per guerra, può in mille modiresurgere. Valete. Et mille volte a voi mi raccomando. DieXX Decembris MDXIIII.Niccolò Machiavegli in Firenze.

%1514 dic (Lett. 236) Magnifico viro Francisco Victorio etc.

Magnifice orator. Poi che io hebbi scritto l'alligata,ricevei la vostra de' 15, circa alla quale risponderò soloalla parte pertinente a Donato, al quale io lessi ilcapitolo, et subito si riempié di tanta speranza che lacamicia non gli tocca le anche. Perché lui è deliberato, cheper ottenere questa grazia non si faccia risparmi di cosaalcuna, fece rifare la lettera a' Beni, per la quale fra seimesi futuri vi sarà pagato a vostra posta cento ducati. Etmi ha detto che, oltre a questi, quando bisogni degli altri,che non si risparmi cosa alcuna, né si riguardi a nulla. Lelettere fieno incluse in questa; varretevene a' tempi et peril consueto di tali lettere. Circa il risparmiarli o no,Donato non voleva che io ve ne scrivessi cosa alcuna: pureio, come da me, ve lo ricordo, massime che mi pare chel'opera dell'amico non bisogni più in alcuna parte, perchénon occorrendo più havere a scrivere in questa materia, mipareva che non potesse né nuocere né giovare. Pure Donatonon vuole che si pensi a questo, né che si guardi a nulla,purché gli esca una volta di plebeo.Io vi ringrazio di nuovo di tutte l'opere et di tutti ipensieri che voi havete hauti per mio amore. Non ve neprometto ricompenso, perché non credo mai più potere farbene né a me né ad altri. Et se la fortuna havesse volutoche i Medici, o in cosa di Firenze o di fuora, o in coseloro particolari o pubbliche, mi havessino una voltacomandato, io sarei contento. Pure io non mi diffido ancoraaffatto. Et quando questo fussi, et io non mi sapessimantenere, io mi dorrei di me; ma quello che ha ad essere,fia. Et conosco ogni dì, che gli è vero quello che voi dite,

che scrive il Pontano: et quando la fortuna ci vuolecacciare, la ci mette innanzi o presente utilità o presentetimore, o l'uno et l'altro insieme; le quali due cose credoche sieno le maggiori nimiche habbia quell'opinione chenelle mie lettere io ho difesa. Valete. Die 20 Decembris1514.Niccolò Machiavelli, in Firenze.

%1515 gen (Lett. 239) Francisco Victorio oratori. Rome.

Havea tentato il giovinetto Arcieregià molte volte vulnerarmi il pettocon le saette sue, che del dispettoet del danno d'altrui prende piacere;et benché fosson quelle acute et fiere,ch'uno adamante non hare' lor retto,non di manco trovâr sì forte obbiecto,che stimo poco tutto il lor potere.Onde che quel di sdegno et furor carco,per dimostrare la sua alta excellenza,mutò pharetra, mutò strale, et arco;et trassene uno con tanta violenza,ch'anchora delle ferite mi rammarco,et confesso et conosco sua potenza.

Io non saprei rispondere all'ultima vostra lettera dellafoia con altre parole che mi paressino più a proposito, checon questo sonetto, per il quale vedrete quanta industriahabbia usato quello ladroncello dello Amore per incatenarmi.Et sono, quelle che mi ha messo, sì forte catene, che iosono al tutto disperato della libertà né posso pensare viacome io habbia a scatenarmi; et quando pure la sorte o altroaggiramento humano mi aprisse qualche cammino ad uscirmene,et per avventura non vorrei entrarvi, tanto mi paiono hordolci, hor leggieri, hor gravi quelle catene, et fanno unmescolo di sorte, che io giudico non potere vivere contentosenza quella qualità di vita. Et perché io so quanto talipensieri vi dilettino et conoscere simili ordini di vita, iomi dolgo che voi non siate presente per ridere, hora de' miapianti, hora delle mia risa; et tutto quello piacere cheharesti voi, se ne porta Donato nostro, il quale insieme conla amica, della quale altra volta vi ragionai, sono unicimiei porti et miei refugii ad il mio legno già rimaso per lacontinova tempesta senza timone et senza vele. Et manco didua sere sono mi avvenne che io potevo dire, come Phebo aDafne:Nimfa, precor, Petreia, mane: non insequor hostis,nimfa, mane; sic agna lupum, sic cerva leonem,sic aquilam fugiunt penna trepidante columbe,hostes queque suos.Et quemadmodum Phebo hec carmina parum profuere, sicmichi eadem verba apud fugientem nichil momenti, nulliusquevaloris fuerunt. Chi vedesse le nostre lettere, honorandocompare, et vedesse le diversità di quelle, simaraviglierebbe assai, perché gli parrebbe hora che noifussimo huomini gravi, tutti vòlti a cose grandi, et che ne'petti nostri non potesse cascare alcuno pensiere che nonhavesse in sé honestà et grandezza. Però dipoi, voltandocarta, gli parrebbe quelli noi medesimi essere leggieri,inconstanti, lascivi, vòlti a cose vane. Questo modo diproccedere, se a qualcuno pare sia vituperoso, a me parelaudabile, perché noi imitiamo la natura, che è varia; et

chi imita quella non può essere ripreso. Et benché questavarietà noi la solessimo fare in più lettere, io la vogliofare questa volta in una, come vedrete, se leggerete l'altrafaccia. Spurgatevi.Pagolo vostro è suto qui con il Magnifico, et intraqualche ragionamento ha havuto meco delle speranze sue, miha detto come sua Signoria gli ha promesso farlo governatoredi una di quelle terre, delle quali prende hora la signoria.Et havendo io inteso, non da Pagolo, ma da una commune voce,che egli diventa signore di Parma, Piacenza, Modana etReggio, mi pare che questa signoria fosse bella et forte, etda poterla in ogni evento tenere, quando nel principio lafosse governata bene. Et a volerla governare bene, bisognaintendere bene la qualità del subbiecto. Questi stati nuovi,occupati da un signore nuovo, hanno, volendosi mantenere,infinite difficultà. Et se si truova difficultà in mantenerequelli che sono consueti ad essere tutti un corpo, come,verbigrazia, sarebbe il ducato di Ferrara, assai piùdifficultà si truova a mantenere quelli che sono di nuovocomposti di diverse membra, come sarebbe questo del signoreGiuliano, perché una parte di esso è membro di Milano,un'altra di Ferrara. Debbe pertanto chi ne diventa principepensare di farne un medesimo corpo, et avvezzarli ariconoscere uno il più presto può. Il che si può fare in duemodi: o con il fermarvisi personalmente, o con preporvi unsuo luogotenente che comandi a tutti, acciò che quellisudditi, eziam di diverse terre, et distratti in varieoppenioni, comincino a riguardare un solo, et conoscerlo perprincipe. Et quando sua Signoria, volendo stare per ancora aRoma, vi preponesse uno che conoscesse bene la natura dellecose et le condizioni de' luoghi, farebbe un gran fondamentoa questo suo stato nuovo. Ma se e' mette in ogni terra ilsuo capo, et sua Signoria non vi stia, si starà semprequello stato disunito, senza sua riputazione, et senzapotere portare al principe riverenza o timore. Il ducaValentino, l'opere del quale io imiterei sempre quando iofossi principe nuovo, conosciuta questa necessità, fecemesser Rimirro presidente in Romagna; la quale deliberazionefece quelli popoli uniti, timorosi dell'autorità sua,affectionati alla sua potenza, confidenti di quella; ettutto lo amore gli portavono, che era grande, considerata lanovità sua, naccque da questa deliberazione. Io credo chequesta cosa si potesse facilmente persuadere, perché è vera;et quando e' toccasse a Pagolo vostro, sarebbe questo ungrado da farsi conoscere non solo al signore Magnifico, ma atutta Italia; et con utile et honore di sua Signoria,potrebbe dare riputazione a sé, a voi et alla casa sua. Ione parlai seco; piaccqueli, et penserà d'aiutarsene. Mi èparso scriverne a voi, acciò sappiate i ragionamenti nostri,et possiate, dove bisognasse, lastricare la via a questacosa.Et nel cadere el superbo ghiottone,e' non dimenticò però Macone.Donato nostro vi si ricorda. Addì 31 di Gennaio1514.Niccolò Machiavegli in Firenze.

%1515 ago (Lett. 240) Domino Giovanni di Francesco Vernacci in Pera.

Carissimo Giovanni. Se io non ti ho scritto per loaddietro, non voglio che tu ne accusi né me, né altri, masolamente i tempi, i quali sono stati et sono di sorte che

mi hanno fatto sdimenticare di me medeximo. Non resta peròper questo, che in fatto io mi sia sdimenticato di te,perché sempre ti harò in luogo di figliuolo, et me et lecose mie fieno sempre a' tuoi piaceri. Attendi a stare sano,et fare bene, perché dal ben tuo non può nascere se non benea qualunque ti vuol bene. Addì XVIII d'Agosto 1515.Niccolò Machiavelli in Firenze.

%1515 nov (Lett. 241) Domino Giovanni di Francesco Vernacci in Pera.

Carissimo Giovanni. Io ti ho scritto da 4 mesi in qua2 volte, et duolmi che tu non le habbi haute, perché pensoche tu creda che io non ti scriva per essermi sdimenticatodi te. Il che non è punto vero, perché la fortuna non mi halasciato altro che i parenti et gli amici, et io ne focapitale, et maxime di quelli che più mi attengono, come seitu, dal quale io spero, quando la fortuna ti inviasse aqualche faccenda honorevole, che tu renderesti il cambio a'miei figliuoli de' portamenti miei verso di te. Di Firenze,addì 19 di Novembre 1515.Niccolò Machiavelli in Firenze.

%1516 feb (Lett. 242) Domino Giovanni di Francesco Vernacci in Pera.

Carissimo Giovanni. Tu non mi scrivi mai di non haverehaute mia lettere, che tu non mi dia d'un coltello; perchéda uno anno in qua io ti ho scripto sei volte, et datolettere alla Marietta che le mandi ad Alberto. Lei dicehaverle mandate: tu di' non le havere haute, di che io hodispiacere: donde che l'ultima ti scripsi dua mesi sono, tela mandai per Bartolomeo Federichi, che mi disse haverladata ad uno che veniva costà.Io ho inteso per più tua e tuoi travagli: ringratioIdio, che li hanno posato in modo che tu rimani vivo, et nondoverrai anchora rimanere in trista opinione. Et se la mortedi coloro ti ha tolto qualche adviamento, lo esserti portatobene te lo doverrà rendere; sì che non perdere l'animo etsta' di buona voglia.Quanto ad me, io sono diventato inutile ad me, a'parenti et alli amici, perché ha voluto così la mia dolorosasorte. Et non ho, o, a dire meglio, non mi è rimaso altro dibuono sed non la sanità ad me et ad tucti e mia. Votemporeggiando per essere ad tempo a potere pigliare labuona fortuna, quando la venissi, et, quando la non venga,havere patienza. Et qualunque mi sia, sempre ti harò inquello luogo che io ti ho hauto infino ad qui. Sono tuo.Christo ti guardi. A dì 15 di Febbraio 1515.Niccolò Machiavegli in Firenze.

%1516 ott (Lett. 243) Magnifico viro Paolo Vectorio triremium pontificarumcapitaneo dignissimo.

Magnifice vir. Siamo arrivati qui in Livorno questo dìad hore 16: il che vi facciamo intendere per Antonioservitore di vostra S.ria acciò sappiate di nostro essere,et se avanti lo arrivare nostro qui vi occorressi cosaalcuna che noi facessimo, ce lo possiate significare. Dellegalee del pascià non si intende cosa alcuna. Vincentio

vostro l'habbiamo condotto qui, con due terzane; et benchéli sia uscito una libbra di sanguine dal naso, non di menole febbri non cessano: se poco allegeriscano, credo sarebbebene metterlo in un paro di ceste, mentre che la notte èmeno gagliarda, et condurlo costì. Sì che havendo adifferire il venirci, advisate quello ne parrà a vostraS.ria alla quale tutti ci raccomandiamo caldamente. A' dì Xdi Ottobre 1516.Niccolò Maclavegli in Livorno.

%1517 giu (Lett. 244) Domino Giovanni di Francesco Vernacci. In Pera.

Carissimo Giovanni. Come altra volta t'ho scripto, ionon voglio che tu ti maravigli se io non ti scrivo, o se iosono stato pigro ad risponderti, perché questo non nasceperché io ti habbia sdimenticato et che io non ti stimi comeio soglio, perché io ti stimo più; perché degli huomini sifa stima quanto e' vagliono, et havendo tu facto pruovad'huomo dabene et di valente, conviene che io ti ami più cheio non solevo, et habbine, non che altro, vanagloria,havendoti io allevato, et essendo la casa mia principio diquello bene che tu hai et che tu se' per havere. Ma sendomiio riducto a stare in villa per le adversità che io ho hauteet ho, sto qualche volta uno mese che io non mi ricordo dime; sì che se io strachuro el risponderti, non è maraviglia.Io ho haute tucte le tua lettere et piacemi intendereche tu habbi facto et facci bene, né potrei haverne maggiorepiacere. Et quando tu sarai expedito et che tu torni, lacasa mia sarà senpre al tuo piacere, come è stata per ilpassato, anchora che povera et sgratiata.Bernardo et Lodovico si fanno huomini, et spero darealla tornata tua ricapito ad qualche uno di loro per tuomezo.La Marietta et tucta la brigata sta bene. Et vorrebbe laMarietta le portassi alla tua tornata una peza diciambellotto tané, et agora da dommasco, grosse et sottile.Et dice che l'ànno ad rilucere, ché quelle che tu mandastialtra volta non furno buone. Cristo ti guardi. A dì 8 diGiugno 1517.Niccolò Machiavegli in villa.

%1517 dic (Lett. 246) Spectabili viro Lodovico Alamanno maiori honorando.Romae.

Honorando Lodovico mio. Io so che non bisogna che ioduri molta faticha a mostrarvi quanto io ami Donato delCorno, et quanto io desideri fare cosa che li sia grata. Perquesto so che non vi maraviglierete, se io v'affaticherò persuo amore, il che farò tanto più sanza rispecto quanto iocredo con voi posserlo fare, et quanto anchora la causa èiusta, et quodammodo pia.Donato detto, dopo la tornata de' signori Medici inFirenze circha un mese, mosso parte da la servitù haveva conel signore Iuliano, parte da la sua buona natura, sanzaessere richiesto portò al signore Iuliano cinquecento ducatid'oro, et li dixe che se ne servissi, et liene restituissiquando ne havessi commodità. Sono dipoi passati cinque anni,et, con tanta fortuna di decti signori, non ne è sutorimborsato; et trovandosi lui al presente in qualchebisogno, et intendendo anchora come ne' proximi dì simili

creditori sono stati rimborsati de' loro crediti, ha presoanimo di domandarli, et ne ha scripto a Domenico Boninsegni,et mandatogli la copia della cedula si truova di mano diGiuliano. Ma perché in uno huomo simile a Domenico, per lamoltitudine delle occupationi, simili commissione soglionomorire sanza havere da canto particulare favore, che letenga vive, mi è parso pigliare animo a scrivervene, etpregarvi non vi paia fatica di parlarne con Domenico, etinsieme examinare del modo come simili danari si potessinofare vivi. Né v'increscha per mio amore mettere questafaccienda intra le altre vostre, perché, oltre allo esserepietosa et giusta, la non vi sarà inutile, et vi prego me nerispondiate un verso.Io ho letto ad questi dì Orlando Furioso delloAriosto, et veramente el poema è bello tucto, et in di moltiluoghi è mirabile. Se si truova costì, raccomandatemi adlui, et ditegli che io mi dolgo solo che, havendo ricordatotanti poeti, che m'habbi lasciato indreto come un cazo, etch'egli ha facto ad me quello in sul suo Orlando, che ionon farò a lui in sul mio Asino.So che vi trovate costì tucto el giorno insieme conRev.do de' Salviati, Philippo Nerli, Cosimo Rucellai,Christofano Carnesechi, et qualche volta, Antonio Francescodelli Albizi, et adtendete ad fare buona cera, et viricordate poco di noi qui, poveri sgratiati, morti di gieloet di sonno. Pur, per parere vivi ci troviano qualche voltaZanobi Buondelmonti, Amerigo Morelli, Batista della Palla etio, et ragioniano di quella gita di Fiandra con tantaefficacia, che ci pare essere in cammino, in modo che de'piaceri vi habbiano ad havere, li habbiano già consumatimezi; et per posserla fare più ordinatamente, disegnàno difarne un model piccolo, et andare in questo berlingaccioinfino ad Vinegia, ma stiàno in dubio se noi anticipiano etgiriano di costì, o se pure vi aspettiano ad la tornata, etandianne poi per la ritta. Vorrei pertanto vi restringessicon Cosimo, et ci scrivessi che fussi meglio fare. Sono a'piaceri vostri. Christo vi guardi.Raccomandatemi ad messer Piero Ardinghegli, che m'erosdimenticato dirvelo. Iterum valete omnes. Die 17Decembris 1517.E. V. amicitiae humanitatisque.Servitor Niccolò Machiavelli.

%1518 gen (Lett. 247) Domino Giovanni di Francesco Vernacci in Pera.

Carissimo Giovanni. Io mi maraviglio che tu mi dica perl'ultima tua non havere hauto mie lettere; perché 4 mesisono ti scripsi et ti feci scrivere ad Lodovico et Bernardoche ti chiesono non so che favole; et dectonsi le lettere adAlberto Canigiani.Come io ti dixi per quella, se l'havessi hauta, tu nonti hai da maravigliare se io ti ho scripto di rado, perchépoi tu ti partisti, io ho havuto infiniti travagli, et diqualità che mi hanno condotto in termine che io posso farepoco bene ad altri, et mancho ad me. Pur non di meno, comeper quella ti dixi, la casa et ciò che mi resta è al tuopiacere, perché, fuori de' miei figliuoli, io non ho huomoche io stimi quanto te.Io credo che le cose tue sieno migliorate assai inquesta stanza che tu hai facta costì; et quando le sitrovassino nel termine ho inteso, io ti consiglierei adpigliare donna, et ad pigliare una per la quale tu

adcresceresti el parentado meco: et è bella et ha buonadota, et è da bene. Perhò vorrei che, havendo ad soprastarecostì, o tu mi scrivessi o tu me lo facessi dire ad AlbertoCanigiani, che opinione è la tua; et havendo animo da torne,mi alluminassi in qualche modo dello essere tuo.Noi siano sani et raccomandianci tucti ad te. Christo tiguardi. A dì 5 di Gennaio 1517.Niccolò Machiavegli in Firenze.

%1518 gen (Lett. 248) Domino Giovanni di Francesco Vernacci in Pera.

Carissimo Giovanni. Forse 20 dì fa ti scripsi dualettere d'uno medesimo tenore, et le detti a dua persone adciò ne havessi almeno una: dipoi ho la tua tenuta a dì 4di novembre. Et duolmi infino ad l'anima che tu non habbihaute mie lettere, perché sei mesi sono ti scripsi et fecitiscrivere una lettera per ciaschuno ad questi fanciulli; etad ciò che tu ne possa havere qualcuna, farò anche una copiadi questa.Come per più mia ti ho detto, la sorte, poi che tupartisti, mi ha facto el peggio ha possuto; dimodoché iosono ridotto in termine da potere fare poco bene ad me, etmeno ad altri. Et se io sono straccurato nel risponderti, iosono diventato così innell'altre cose: pure, come io mi sia,et io et la casa siamo ad tuo piacere, come sono statosempre.Gran mercé d'il caviale. Et la Marietta dice che allatornata tua li porti una pezza di giambellotto tané.Per altra ti scripsi, che quando le cose tue fussinmigliorate, innel modo che io intendo et che io mi persuado,io ti conforterei ad pigliare donna; et quando ti volgessi ad quello, ci è alpresente qualche cosa per le mani che tu non potresti faremeglio; sì che io harei caro che sopra questa parte mirispondessi qualche cosa.Noi stiamo tucti sani, et io son tuo. Addì 25 diGennaio 1517.Tuo Niccolò Machiavegli in Firenze.

%1520 apr (Lett. 250) Domino Giovanni di Francesco Vernacci in Pera.

Al nome di Dio. Adì 15 d'Aprile 1520.Carissimo etc. Poi che io ti scrissi della morted'Alberto Chanigiani, io non ho tuo lettere, et anchora ionon t'ho ischritto, perché credevo che tu tornassi ognora,ma vegiendo che tu non se' tornato, io mi sono mosso aschriverti questi pochi versi per pagare el mio debito versodi te, vegiendo come qua le tuo cose rovinano. Tu sai comePiero Venturi si richiamò di te, donde che tu fusti forzatoa rimettere quagiù e suo resti, talmente che te ne resultaun danno di 60 fiorini, sechondo che mi dice PieroChorsali. Oltr'a di questo si vuole richiamar di te GiovanLuigi Arigetti, Giorgio Bartoli et molti altri; i qualitutti ti aranno la sentenza contro, per non c'essere chipossa né chi sappia risponder loro. Io per me non ci sonobuono, perché ti farei danno e no utile, rispetto allechonditione ch'i' mi trovo. Gli tuoi zii et i tuo chugini dipadre non ànno voluto parlare, non ch'altro, a uno de' Sei;degli amici non ci ài alchuno che possa pigliare questabriga; in modo che se tu non torni, tu perderai di qua la

roba e l'onore. Piero Chorsali se n'è ischusato mecho, et midice avertelo iscritto. Per tanto, Giovanni mio, pensa moltobene qual è o più o quanto; perché se tu istai anchora unoanno di chostà, tu perderai di qua ogni chosa, et resteraiin preda di questi che t'ànno chommesso. I' te lo ischrivoper fare mie debito, et perché tu non possa dire che non tisie stato ischritto. Cristho ti guardi.Tuo Nicholò Machiavegli in Firenze.

%1520 set-nov (Lett. 255)Honorato cognato Francisco del Nero.

Spectabilis vir. La substanza della condocta sia questa.Sia condocto per anni ecc. con salario ogni anno ecc.con obligo che debba et sia tenuto scrivere gli annali overo le historie delle cose facte da lo stato et città diFirenze, da quello tempo gli parrà più conveniente, et inquella lingua o latina o toscana che a lui parrà.Nic. Machiavelli.

%1521 feb (Lett. 257) Carissimo Giovanni, io sono un poco pigro a rispondere ale tue lettere, perché tu mi scrivi ogni volta: io partiròfra uno mese. Hora, veggendo che tu non torni, io tiscriverrò quello che accade. Io hebbi le tue lettere con laprocura. Et volendo permutare il monte, acciò che tu nehavessi le paghe intere, io non potetti, perché la procurache tu mi mandasti, ad questo facto del monte non serviva.Pertanto io ti mando una forma di procura come la debbestare; fa di farla. Et io allora farò la permuta del montesecondo che tu mi scrivi.Delle cose di mona Vaggia, quel che io so che ti tochi,è questo: 266 fiorini di 7 per cento larghi 63 fioriniet 1/3. Che sono depositati in Badia ad tua stanza. Equali io vi ho lasciati stare, sperando che tu torni; quandotu non torni, io gli leverò et ne comperrò 7 per cento:restasi havere certi danari da i Tempi, et ad questi giornise ne riscosse 36 ducati, che se ne paghò 32 ad certefanti che per lascio di mona Vaggia gli havevono ad havere.Questi altri che si riscoteranno, si farà equale della partetua. Sonvi anchora parechie masserizie, et la parte tua è inmano degli executori del testamento. Io m'ingegno tenerecontento Piero Venturi, che pigli l'entrata del podere,anchora che brami che voglia essere pagato; et la entrata diquesto anno io gli ho consegnata tucta da le vinciglie infuora.Le 75 libbre del caviale vennono, pagai per quellolire 9 soldi 7; distribuissi come scrivesti.Noi siamo tucti sani et ti aspectiamo; torna, per tuafé, il più presto che tu pòi. Christo ti guardi. A dì 15di febbraio 1520.Niccolò Machiavegli in Firenze.

%1521 mag (Lett. 261) Magnifico Domino Francisco de Guicciardinis J. V.doctori Mutinae Regiique gubernatori dignissimo suo plurimumhonorando.

Magnifice vir, major observandissime. Io ero in sulcesso quando arrivò il vostro messo, et appunto pensavo allestravaganze di questo mondo, et tutto ero volto a figurarmi

un predicatore a mio modo per a Firenze, et fosse tale qualepiacesse a me, perché in questo voglio essere caparbio comenelle altre oppinioni mie. Et perché io non mancai mai aquella repubblica, dove io ho possuto giovarle, che io nonl'habbi fatto, se non con le opere, con le parole, se noncon le parole, con i cenni, io non intendo mancarle anco inquesto. Vero è che io so che io sono contrario, come inmolte altre cose, all'oppinione di quelli cittadini: eglinovorrieno un predicatore che insegnasse loro la via delParadiso, et io vorrei trovarne uno che insegnassi loro lavia di andare a casa il diavolo; vorrebbono appresso chefosse huomo prudente, intero, reale, et io ne vorrei trovareuno più pazzo che il Ponzo, più versuto che fra Girolamo,più ippocrito che frate Alberto, perché mi parrebbe unabella cosa, et degna della bontà di questi tempi, che tuttoquello che noi habbiamo sperimentato in molti frati, siesperimentasse in uno; perché io credo che questo sarebbe ilvero modo ad andare in Paradiso: inparare la via delloInferno per fuggirla. Vedendo, oltre di questo, quantocredito ha un tristo che sotto il mantello della religionesi nasconda, si può fare sua coniectura facilmente, quantone harebbe un buono che andasse in verità et non insimulatione, pestando i fanghi di S. Francesco. Parendomiadunque la mia fantasia buona, io ho disegnato di tòrre ilRovaio, et penso, che se somiglia i fratelli et le sorelle,che ne sarà il caso. Harò caro che, scrivendomi altra volta,me ne diciate la oppinione vostra.Io sto qui ozioso, perché io non posso esequire lacommessione mia insino che non si fanno il generale et idiffinitori, et vo rigrumando in che modo io potessi mettereinfra loro tanto scandolo che facessino, o qui o in altriluoghi, alle zoccolate; et se io non perdo il cervello credoche mi habbia a riuscire; et credo che il consiglio etl'aiuto di vostra signoria gioverebbe assai. Pertanto, sevoi venissi insin qua sotto nome di andarvi a spasso, nonsarebbe male, o almanco scrivendo mi dessi qualche colpo damaestro; perché se voi ogni dì una volta mi manderete unfante a posta per questo conto, come voi havete fatto hoggi,voi farete più beni: l'uno, che voi mi alluminerete diqualche cosa a proposito; l'altro, che voi mi farete piùstimare da questi di casa, veggendo spesseggiare gli avvisi.Et sovvi dire che alla venuta di questo balestriere con lalettera et con uno inchino sino in terra, et con il dire cheera stato mandato a posta et in fretta, ognuno si rizzò contante riverenze et tanti romori, che gli andò sottosopraogni cosa, et fui domandato da parecchi delle nuove; et io,perché la riputatione crescesse, dissi che lo imperadore siaspettava a Trento, et che li Svizzeri haveano indette nuovediete, et che il re di Francia voleva andare ad abboccarsicon quel re, ma che questi suoi consiglieri ne losconsigliano; in modo che tutti stavano a bocca aperta etcon la berretta in mano; et mentre che io scrivo ne ho uncerchio d'intorno, et veggendomi scrivere a lungo simaravigliano, et guàrdommi per spiritato, et io, per farlimaravigliare più, sto alle volte fermo su la penna, etgonfio, et allhotta egli sbavigliano; che se sapessino quelche io vi scrivo, se ne maraviglierebbono più. VostraSignoria sa che questi frati dicono, che quando uno èconfermato in grazia, il diavolo non ha più potentia ditentarlo. Così io non ho paura che questi frati miappicchino lo ippocrito, perché io credo essere assai benconfermato.Quanto alle bugie de' Carpigiani io ne vorrò misura contutti loro, perché è un pezzo che io mi dottorai di qualità

che io non vorrei Francesco Martelli per ragazzo; perché, daun tempo in qua, io non dico mai quello che io credo, nécredo mai quel che io dico, et se pure e' mi vien dettoqualche volta il vero, io lo nascondo fra tante bugie, che èdifficile a ritrovarlo.A quel governatore io non parlai, perché, havendotrovato alloggiamento, mi pareva il parlarli superfluo. Beneè vero che stamani in chiesa io lo vagheggiai un pezzo,mentre che lui stava a guardare certe dipinture. Parvemi ilcaso suo bene foggiato, et da credere che rispondesse iltutto alla parte, et che fosse quello che paresse, et che latelda non farneticasse, in modo che se io havevo allato lavostra lettera, io facevo un bel tratto a pigliarne unasecchiata. Pure non è rotto nulla, et aspetto domani da voiqualche consiglio sopra questi mia casi et che voi mandiateun di codesti balestrieri, ma che corra et arrivi qua tuttosudato, acciò che la brigata strabilii; et, così faccendo,mi farete honore, et anche parte cotesti balestrieri farannoun poco di esercizio, che per i cavalli in questi mezzitempi è molto sano. Io vi scriverrei ancora qualche altracosa, se io volessi affaticare la fantasia, ma io la voglioriserbare a domani più fresca che io posso. Raccomandomialla Signoria Vostra, quae semper ut vult valeat. In Carpi,addì 17 di Maggio 1521.Vester obs.mus Niccolò Machiavelli oratore a' Fra'Minori.

%1521 mag (Lett. 264) Magnifico Domino Francisco de Guicciardinis etc.Mutinae.

Io vi so dire che il fumo ne è ito sino al cielo, perchétra la ambascia dello apportatore et il fascio grande dellelettere, e' non è huomo in questa casa et in questavicinanza che non spiriti; et per non parere ingrato amesser Gismondo, li mostrai que' capitoli de' Svizzeri etdel re. Parvegli cosa grande: dissili della malattia diCesare, et delli stati che voleva comperare in Francia, inmodo che gli sbavigliava. Ma io credo, con tutto questo, chedubiti di non essere fatto fare, perché gli sta sopra di sé,né vede perché si habbia a scrivere sì lunghe bibbie inquesti deserti di Arabia, et dove non è se non frati; nécredo parerli quell'huomo raro che voi gli havete scritto,perché io mi sto qui in casa, o io dormo o io leggo o io misto cheto; tale che io credo che si avvegga che voi vogliatela baia di me et di lui. Pure e' va tastando, et io glirispondo poche parole et mal conposte, et fondomi suldiluvio che debbe venire, o sul Turco che debbe passare, etse fosse bene fare la Crociata in questi tempi, et similinovelle da pancaccie, tanto che io credo gli paia mille annidi parlarvi a bocca per chiarirsi meglio, o per farequistione con voi, che gli havete messo questa grascia perle mani, ché gli inpaccio la casa, et tengolo inpegnato qua;pure io credo che si confidi assai che il giuoco habbia adurare poco, et però segue in far buona cera et fare i pastigolfi, et io pappo per 6 cani et 3 lupi, et dico quandoio desino: - Stamani guadagno io dua giulii; - et quando ioceno: - Stasera io ne guadagno quattro. - Pure, nondimeno,io sono obbligato a voi et a lui, et se viene mai a Firenzeio lo ristorerò, et voi in questo mezzo gli farete leparole.Questo traditore del Rovaio si fa sospignere, et vagavillando, et dice che dubita di non potere venire, perché

non sa poi che modi potersi tenere a predicare, et ha pauradi non andare in galea come papa Angelico; et dice che nongli è poi fatto honore a Firenze delle cose, et che fece unalegge, quando vi predicò l'altra volta, che le puttanedovessino andare per Firenze con il velo giallo, et che halettere della sirocchia che le vanno come pare loro e che lemenono la coda più che mai; et molto si dolse di questacosa. Pure io l'andai racconsolando, dicendo che non se nemaravigliasse, ché gli era usanza delle città grandi nonstar ferme molto in un proposito, et di fare hoggi una cosaet domani disfarla; et gli allegai Roma et Athene, tale chesi racconsolò tutto, et hammi quasi promesso: per altraintenderete il seguito.Questa mattina questi frati hanno fatto il ministrogenerale, che è il Soncino, quello che era prima huomo,secondo frate, humano et dabbene. Questa sera debbo essereinnanzi alle loro paternità, et per tutto domani credoessere spedito, che mi pare ogni hora mille, et mi starò undì con vostra Signoria, quae vivat et regnet in seculaseculorum. Addì 18 di Maggio 1521.Nicolaus Maclavellus orator pro Republica Florentina adFratres Minores.

%1521 mag (Lett. 265)Magnifico d. Francisco de Guicciardinis etc.

Cazzus! E' bisogna andar lesto con costui, perché egli ètrincato come il trentamila diavoli. E' mi pare che si siaavveduto che volete la baia, perché, quando il messo venne,e' disse: - Togli, ci debbe essere qualche gran cosa; imessi spesseggiano; - poi, letta la vostra lettera disse: -Io credo che il governatore strazi me et voi. - Io feciAlbanese messere, et dissi, come io lasciai certa pratica aFirenze di cosa che apparteneva a voi et a me, et vi havevopregato che me ne tenessi avvisato quando di laggiù neintendevi cosa alcuna, et che questa era la massima cagionedello scrivere; in modo che il culo mi fa lappe lappe, chéio ho paura tuttavia che non pigli una granata et rimandimialla hosteria; sì che io vi priego che domani voi facciateferia, acciò che questo scherzo non diventi cattività, pureil bene che io ho havuto non mi sia tratto di corpo: pastigagliardi, letti gloriosi, et simili cose, dove io mi sonogià tre dì rinfantocciato.Questa mattina ho dato principio alla causa delladivisione; oggi ho a essere alle mani, domani crederròspedirla.Quanto al predicatore, io non ne credo havere honore,perché costui nicchia. Il padre ministro dice che gli èinpromesso ad altri, in modo che io credo tornarmene convergogna; et sammene male assai, ché io non so come micapitare innanzi a Francesco Vettori et a Filippo Strozzi,che me ne scrissono in particulare, pregandomi che iofacessi ogni cosa, perché in questa quaresima e' potessinopascersi di qualche cibo spirituale che facessi loro pro. Etdiranno bene che io gli servo di ogni cosa ad uno modo,perché questo verno passato, trovandomi con loro un sabatosera in villa di Giovan Francesco Ridolfi, mi dettono curadi trovare il prete per la messa per la mattina poi. Bensapete che la cosa andò in modo che quel benedetto pretegiunse che gli havevano desinato, in modo che gli andòsottosopra ciò che vi era, et seppommene il malgrado. Horase in questa altra commissione io rinbolto sopra la feccia,pensate che viso di spiritato e' mi faranno. Pure, io fo

conto che voi scriviate loro dua versi, et mi scusiate diquesto caso al meglio saprete.Circa alle Storie et la repubblica de' zoccoli, io noncredo di questa venuta havere perduto nulla, perché io hointeso molte constitutioni et ordini loro che hanno delbuono, in modo che io me ne credo valere a qualcheproposito, maxime nelle comparationi, perché dove io habbiaa ragionare del silentio, io potrò dire: - Gli stavano piùcheti che i frati quando mangiono; - et così si potrà per meaddurre molte altre cose in mezzo, che mi ha insegnatoquesto poco della esperienza. Addì 19 di Maggio 1521.Vostro Nicolò Machiavelli.

%1521 mag 21, LC$1400$Questi padri non avendo dato capo ad il loro capitolo prima che sabato, non si potette prima per me exeguire le mie commissioni. Creorono sabato in loro ministro generale il Soncino, quello che era prima vicario generale. Domenica poi creorono 12 assessori, che così questa volta gli chiamano, perché i frati oltramontani non hanno voluto che secondo lo antico costume degli italiani si creino i diffinitori, con auctorità di fermare et diffinire le occorrentie della religione, ma in quel cambio si deputino i detti assessori; i quali co' il ministro generale abbino l'autorità di udire solamente et praticare le cose, et poi così udite et praticate referirle al capitolo, al quale è riservato l'autorità del terminarle.Presenta'mi pertanto iermattina davanti al ministro et agli assessori italiani, detti loro le lettere, exposi la mia commissione in quelli modi et con quelle parole pensai fusseno megliori ad persuadere quello effetto che si desiderava, né lasciai indietro alcuno termine di quegli che al partire mio mi furono da vostra Signoria reverendissima ad bocca commessi, et di poi qui da fra Larione ricordati. Il che facto che io ebbi, quegli padri, dopo un lungo consultare fra loro, mi chiamorono et ricordaronmi prima gli obblighi grandi che gli avieno con cotesta republica, et appresso con la illustrissima Casa vostra, et ultimo con la persona di vostra reverendissima Signoria et che vorrebbono sognando, non che operando, fare cosa grata ad tucti; et che sapevano ancora che i moti di quelli Signori et i desideri di vostra Signoria reverendissima erano buoni et da giuste et ragionevoli cagioni mossi; ma che la cosa era in sé di tanta importantia, quanto mai fossa cosa che eglino hanno avuta ad tractare 200 anni sono. Pertanto era necessario che tucto facessero con buono examine e consiglio et parere delli altri padri del capitulo, non avendo l'autorità, et che s'ingegnerebbono fare qualche conclusione, avanti che il capitulo si resolvessi, che piacesse alle loro Signorie et ad vostra Signoria reverendissima. $1401$Ma per essere la cosa ardua et difficile et non si potere resolvere così presto, per certificare quelli

Signori et la Signoria vostra reverendissima del loro buono animo, et perché io non stessi qui più giorni invano, scriverebbon ad quelli Signori et ad vostra reverendissima Signoria quello medesimo che ad me aveno exposto; con le quali risposte io mi potevo partire. Et così in tutto il parlare che fero mostrorono da l'uno canto il desiderio che gli avieno di servire chi gli pregava, et da l'altro l'importanzia et difficultà della cosa, allegandone quelle ragioni che altre volte può vostra reverendissima Signoria avere intese.Io non mancai di replicare loro, et con quelle più calde parole potetti confortargli di lasciare da parte le difficultadi, et liberamente venire allo effecto, dicendo particularmente che non erane mandato da quelli Signori per disputare questa materia, perché da loro Signorie era stata bene disputata et examinata, ma per far loro intendere il desiderio loro e pregarli della satisfaczione, la quale non poteva seguire se effectualmente non si obtenevano le cose domandate; et come io cognoscevo dua cose che in questa risposta avevano a dispiacere ad quelli Signori: l'una, la lunghezza della resoluzione; l'altra, il volere praticare questa cosa et rimetterla al capitulo: perché e' sanno molto bene, che quando i pochi non vogliono fare una cosa o vogliono difficultarla, la rimettono nella moltitudine. Et perché e' ci avieno pensato, aveno proveduto in modo che loro reverenzie non solamente tucti insieme, ma il ministro generale solo avesse auctorità dal pontefice di potere fare tale separazione, sanza averla ad mettere in capitulo, et in su questo presentai loro l'uno et l'altro breve, che così mi aveva ordinato facessi fra Larione, pensando che dovessino, come feciono, rispondermi.Loro paternità lessono i brevi, et dipoi mi replicorono che gli era impossibile che potessino sanza loro perpetuo carico et infamia fare tal divisione, sanza conferirla al capitulo, et che ancora i brevi lo imponevano loro, dicendo: "habito prius maturo examine, et super hoc onerando conscientias vestras etc."; ma che si stessi di buona voglia, che vedrebbono ad ogni modo di satisfarne; et così dopo molte parole da ogni parte fatte non se ne trasse altra conclusione.Io avevo, prima che io parlassi a tucti, parlato ad quello da Potentia, et presentatoli la lettera di vostra $1402$reverendissima Signoria, et strettolo forte per parte di quella ad volere essere favorevole ad questa cosa, accennandogli dextramente che la sapienza degli uomini era saper donare quello che non si poteva né tenere né vendere. Non si potette per quello dimostrare maggiore caldezza in volere favorire la cosa, et che era stiavo di vostra Signoria reverendissima, et i cenni gli erano comandamenti etc. Parlai poi con tucti gli altri ad uno ad uno, usando termini più vivi e più pugnenti non avevo facto ad tucti insieme,

come mi fu da vostra Signoria reverendissima ricordato. Tucti mi mostravono la dificultà ad condurla, et il disordine, condotta che la fusse, ma tucti in fine si resolvevono che la Signoria vostra saria satisfacta. Et io credo, per i termini usati da alcuni di loro, che commecteranno la cosa nel ministro generale, il quale con 3 o 4 di questi altri padri, venga in Toscana a disputare e diffinire la cosa costà; il che quando segua, non dubita fra Larione, che non ci sia la satisfatione della cosa.Sendosi pertanto exeguito per me quanto per vostra Signoria reverendissima si è inteso, et avute le lettere dalle loro paternità, parve a fra Larione che io montasse a cavallo et vedessi di usare diligentia di essere costì mercoledì sera, in tempo che i signori Otto di Pratica potessino scrivere qua un'altra lettera, et giugnessi in tempo che il capitolo non fussi ancora resoluto; il quale si risolverà per tucto sabato o domenica prossimo. La quale lettere gli pareva dovesse contenere come e' non restavano punto satisfacti di questa lunghezza del resolversi, et concludessi in brevi et buone parole come ogni altra resoluzione, da quella che effettualmente facesse tale divisione in fuora, non era per satisfare loro: con la quale commissione et ordine sendo questa sera arrivato qui in Modona, ho provato che il cavalcare in pressa non mi riesce per qualche mia indisposizione. Et stanco mi ricordai dovere per ordine di vostra Signoria reverendissima soprassedere qua uno o due giorni; pertanto pensai di scrivere et dare alla Signoria vostra reverendissima notitia del tutto, il che giudicai facessi il medesimo effetto che venire; et tanto più quanto e' sarà con più celerità et più ad tempo, volendosi rescrivere in qua avanti alla resoluzione del capitulo. Messer Gismondo de' Sali, uomo del signor Alberto, ha fatto in favore della cosa una grande opera; di che io ne ho voluto fare fede alla Signoria vostra reverendissima, $1403$perché con le opere et con le parole mostra essere uno grandissimo servitore di quella; alla quale mi raccomando.Servitor, Niccolò Machiavelli.

%1521 dic (Lett. 267)Mag.co viro Domino Francisco Vectori Gonfaloniere degiustizia dignissimo.

Signor gonfaloniere. Parigino, presente aportatore è mioamico grande et dice quando V. S. si stava a casa che gli fufacto certo partito adosso perché rinuntiasse ad uno piato.Vorrebbe se fusse possibile liberarsene et è ricorso a meperché io ve lo raccomandi: il che io fo con tutto il quore.Intenderete da lui i meriti della causa, et parendovi cosaragionevole, vi prego la aiutiate. Raccomandandomi sempre advoi, con il quale io ho tanti oblighi che Dio il voglia cheio possa un dì pagarli con vostra salute et commodo. Valete. A dì 26 di dicembre 1521.Obligatissimus Niccolò Machiavegli, in villa.

%1522 ott (Lett. 270)Spectabili viro Francisco del Nero, cognato honorando.In Firenze.

Spectabilis Vir, maior honorande. Voi intenderete daGratia quanto bruttamente uno famiglio di Raffaello Girolamihabbia fedito uno suo fratello: Raffaello non vi era, che soche gli dispiacerà il caso. Io non ci dexidero altro, sednon che si posi qui et che questi miei possino attendere adlavorare. Il modo mi parrebbe che Raffaello per sua humanitàchiamassi ad sé uno di questi miei et gli dessi 4 buoneparole mostrando che il caso gli dispiaccia; dipoi facciache quel suo famiglio stia 8 o 10 mesi che non capitilassù. Pregovi, trovando Raffaello, ne parliate seco, etGrazia consigliate di quello che vi pare che faccia. Ioverrò costì o domani o l'altro: vorrei pure arrecare trentatordi et dubito che non mi riesca. Sono sempre a' comandivostri. Die XIIII octobris 1522.Niccolò Machiavegli in villa.

%1522 (SPA)$020b$ Minuta di provvisione per la Riformadello Stato di Firenze l'anno 1522.Considerando i nostri Magnifici etExcelsi Signori come niuna legge et niunoordine è più laudabile apresso ad gliuomini, o più accepto apresso a Dio chequello mediante il quale si ordina unavera, unita et sancta republica, nellaquale liberamente si consigli,prudentemente si deliberi, et fedelmentesi exequisca; dove gli uomini neldeliberare delle cose sieno necessitatilasciare i commodi privati, et solo albene universale rivolgersi; dove leamicitie de' tristi et le nimicitie de'buoni non habbino luogo; dove gliappetiti d'una falsa gloria si spenghino,et quelli de' veri et gloriosi honori siaccendino; dove gli odii, le inimicitie,i dispareri, le sette, da le quali dipoinasce morti, exilii, afflictione dibuoni, exaltationi di tristi non habbinochi le nutrisca, ma sieno in tutto da leleggi perseguitate et spente; dove sipossa ne' pubblici consigli intenderequello che l'huomo vuole, et quello chesi intende, liberamente parlare etconsiglare; et havendo pensato da l'altraparte, quante sette, quante divisioni,habbino per lo adrietro, et per tucti itempi, perturbata, divisa et guasta lacittà di Firenze; desiderosi di vedere,s'egli è possibile, trovare modo per ilquale, con sodisfactione del popolo etsecurtà di qualunque buono et honestocittadino, la republica di Firenze siadministri et governi, ad che essendo conogni instanzia confortati et spinti da ilReverendissimo Monsignore, signore Julio

cardinale de' Medici Illustrissimo, et dail prodentissimo et amorevole consiglosuo consiglati et aiutati, invocato ilnome dello omnipotente Iddio et della suagloriosa madre sempre vergine, et disancto Giovanni Baptista, et di qualunquealtro advocato et protectore della cittàdi Firenze, acciò che quello che, perbene e pacifico vivere di quella sicomincia, habbi mezo et fine felicissimo,providono e ordinorono:$021a$ Che per virtù della presenteprovisione s'intenda essere, et ineffetto sia restituita al Consiglo, perlo addrietro chiamato il Consiglomaggiore, ogni et qualunque preheminenza,ordine et autorità quanta mai in alcunotempo havesse più ampla, da il mese diagosto dello anno 1512 indretro; et peril cancellieri delle Tratte, subito dopola finale conclusione di questa, siordinino le borse et ogn'altra cosa chesia necessario ordinare, perché dettoConsiglo possa exequire quelle cose diche egli ha autorità, distribuendo glihonori, et creando i magistrati, ufici etconsigli in quello modo et forma che perlo adietro, nel cmpo predetto, solevacreare et distribuire. Et perché dettoConsiglo possa operare ne' sopradettieffecti, si provede che subito, dopo lafinale conclusione di questa, gli operaidel Palagio sieno obligati et debbinorestituire la sala antica dove dettoConsiglo si ragunava, acciò che hora vi sipossa ragunare ne' pristini et antichiordini suoi: et quegli danari che a.ffarequesto bisognassino, sia obligato ilCamarlingo del Monte pagarli a' dettioperai, precedendo nondimanco prima lostantiamento degli uficiali del Monte. Etperché la sperienza per lo adretro hadimostro, come il numero di mille, condisagio de' cittadini si ragunava, perfacilitare il ragunarlo, dove prima nonpotevono essere meno di mille cittadini,si provede che bastino 800, et inoltredipoi tutti quegli che di più viverranno, pure che sieno habili a dettoConsiglo, secondo che per gli ordinidella città si dispone, et netti dispechio; et debbasi ragunare dettoConsiglo in quegli dì, in quelli tempi,et a quel suono che, secondo lo anticocostume, si ragunava.Considerando ancora, che si è perexperienza cognosciuto, come quando lacittà è stata negli antichi ordini suoi,et in quegli che più al vivere libero siconfanno, uno Gonfaloniere di giustiziaper duoi mesi è inutile, et uno ad vita èpericoloso; per fuggire l'uno et l'altrodi questi inconvenienti si provede che iGonfalonieri di giustizia, i quali per lo

advenire si debbano $021b$ diputare, sielegghino et diputino per tre anni, dacominciare il tempo del primoGonfaloniere a dì primo di maggio proximefuturo, et da finire di tempo in tempoogni tre anni, come segue. Et laelectione di questo primo et proximoGonfaloniere si faccia in questo modo:che per gli Excelsi Signori, quattro dìalmeno avanti a calendimaggio proximo,nominino almeno tre cittadini di età dianni 45 forniti, habili al Consiglo, etnetti di spechio, non obstante alcunodivieto: i quali così nominati, sidebbino prima leggiere tutti in dettoConsiglo, et dipoi andare a partito aduno ad uno in detto Consiglo, secondo laetà, et quale di loro harà più fave nere,vinto il partito per la metà delle favenere et una più, quello sia deputatoGonfaloniere. Et quando alcuno non nevincesse il partito la prima volta,debbino andare a partito un'altra volta,et quello che harà più fave nere, nonobstante qualunque numero, quello sia ilGonfaloniere; et occorrendo che fussinoduoi concorrenti, tante volte vadino apartito che l'uno avanzi l'altro. Ilquale Gonfalonieri, così eletto, habbiaquelle preheminenze, salarii et autorità,che per la leggie che si fece quando loanno 1512 fu fatto GonfalonieriGiovanbatista Ridolfi, si dispone. Etvenuto il fine de' tre anni, 15 giornialmeno avanti alla fine di essi, sidebba, per quegli Signori che allorasederanno, ragunare il Consiglo maggiore,havendolo prima bandito tre giorniinnanzi: dove possino ragunarsi tutti icittadini fiorentini habili al Consiglo,non obstante lo spechio: et debbasi dellaborsa di detto Consiglo trarre centoelectionarii, ciascuno de' quali nominiuno cittadino fiorentino per l'artemaggiore, di età di 45 anni forniti,non obstante lo spechio, et dipoi debbinoin detto Consiglo andare tutti a partito,ad uno ad uno; et tucti quegli chevinceranno il partito per la metà dellefave nere et una più, debbino di nuovoandare a partito in detto Consiglo, etquello che harà più fave nere, nonobstante qualunque numero, rimanghaeletto Gonfaloniere per detto tempo ditre anni, et con le sopra dette $022a$conditioni; et così ogni tre anni per loadvenire di tempo in tempo si observi. Etquando nella ultima elettione vi fusseroconcorrenti, tante volte vadino a partitoche l'uno avanzi l'altro; et se glioccorressi che alcuno Gonfalonierimorisse avanti il fine del suo uficio, sifaccia il successore per il resto deltempo, in quel modo che di sopra si

dispone.Intendasi, dopo la finale conclusionedi questa, annullato il Consiglo delPopolo et del Comune et del Cento, che alpresente veghiano; et perché la città nonmanchi di uno Consiglo di mezo, cheprovveggha a quelle cose alle quali ilConsiglo grande non può provedere, siprovede che il Consiglo de' 70, il qualeal presente veghia, insieme con gliarroti a quello nuovamente facti, rimanganel suo presente essere: et si chiami perlo advenire il Consiglo del Cento, ethabbi tucta quella autorità, insieme coni Signori et i Collegi, che haveva per loadietro il Consiglo degli 80; et di piùche in esso si habbino a deliberare, etper finale conclusione ottenere tutte leimpositioni de' danari che per i tempiper lo advenire si faranno; et bastino adragunarsi 60 almeno di detti consigleri,oltre a i detti Signori et Collegi; etper i dua terzi de' ragunati si debbaqualunque deliberatione che gli sia postadavanti ottenere. Questo nondimenointeso, che la deputatione degli huominiche habbino a porre alcuna graveza,balzello, o accatto, o a fare alcunagratia, gravo et sgravo, si aspetti etapartenga al Consiglo maggiore, in quellomodo che per la leggie sopra ciò allorafatta, sarà ordinato. Appartengasi ancoraa detto Consiglo del Cento, ragunato nelmodo sopradetto, deliberare, et perfinale conclusione vincere ciascuno annola riforma del Monte. Mancando alcuni didetti consigleri del Cento, o per morte oper altra cagione, si deputi lo scambioin questo modo, che si faccia una borsa,dove si imborsino tucti gli huomini didetto Consiglo del Cento et per ogniunoche si havessi ad rifare, si tragga didetta borsa X electionari, i qualidebbino nominare ciascuno [...] andare apartito nel Consiglo maggiore: $022b$ equello che arà più fave nere, vinto ilpartito per la metà delle fave nere e unapiù, quello rimanga di detto Consiglo, etcosì sempre per lo advenire si observi.Se gli occorressi, per quale si voglaaccidente, che per il Consiglo grande nonsì vincesse o consiglo o uficio omagistrato, si provvede che i nominati indetto Consiglo, uficio o magistrato nonvinto, vadino l'altra tornata dipoi, indetto Consiglo grande, a.ppartito, otutti o parte, secondo che mancasse, perfornire il numero di quello magistratoche sì havesse a fare; et per ogni huomoche si havesse ad eleggiere, se neimborsino duoi, delle più fave nere, nonobstante qualunque numero di fave sihavessino; et dipoi si tragghino, etquello o quegli tratti si intendino

eletti o eletto in detti o in dettomagistrato.Debbino trovarsi presenti alleimborsationi et squittini che in dettoConsiglo maggiore di tempo in tempo sifaranno, quegli Signori, Collegi etministri di palagio, che secondo loantico ordine di detto Consiglo sidispone.Che dopo la finale conclusione diquesta, s'intendino et sieno rinnovatetutte quelle leggi et ordini, i qualicontro al parlamento per lo adietro sonostati ordinati; ]e quali et i quali intutto et per tutto si debbino observare.Desiderando ancora i Magnifici Signoriche questo pacifico et popolare vivereche si ordina sia a benificio de'cittadini ad quiete della città, et asalute comune di ciascuno, per dare frenoa quegli scandoli che in questo principiopotrebbono nascere, et potere provedere aquelle cose che alla perfettione d'unopacifico stato mancassino, le quali sanzala experienza non si possono né vedere nécognoscere, per conforto et consiglo dimolti savi, buoni et amorevoli cittadini,si provede che subito, dopo la finaleconclusione di questa, i presenti nostriExcelsi Signori debbino deputare XlIcittadini, habili al Consiglo, netti dispechio, di età di 45 anni forniti, Xper la maggiore e duoi per le minoriarti, i quali si chiamino Riformatori; etinsieme con il Reverendissimo S. SignoreJulio cardinale $023a$ de' MediciIllustrissimo et otto di loro, d'accordohabbino tanta autorità quanta ha tutto ilpopolo di Firenze, di riformare etriordinare tutto quello che giudicassinoper bene et quiete della città, che fussenecessario riformare et ordinare; etpossino fare leggi, ordini, statuti, iquali vaglino et tenghino et habbinoquella potestà et valore, che se fussinoda tutto il popolo di Firenze fatti etordinati. Et perché ciascuno veggha chequesta autorita così riserbata, è tutta abenificio della libertà et quieto et verovivere libero di una republica, sidelibera in prima:Che fatta la deputatione di dettiXII cittadini, s'intenda et siaannullata la Balia che al presentevegghia, et diventi di nessuno valore etautorità. Oltr'a di questo, non duridetta autorità data a detti Riformatori,come di sopra, et a detto MonsignoreReverendissimo de' Medici, più che unoanno, da cominciare a dì primo di maggioproxime futuro, et da finire come segue:dopo al quale anno, rimanghino dettiXII cittadini et detto MonsignoreReverendissimo sanza alcuna autorità, né

possino ad sé medesimi prorogarla, né adaltri, per alcuna via retta o indiretta,darla.Non possino detti Riformatoridiminuire il numero del Consiglomaggiore, né torgli alcuna distributioneo elettione di ufici, consigli etmagistrati; ma tutte le deputationi diconsigli, ufici et magistrati siaspettino a detto Consiglo maggiore,salvo quello che di sotto si dirà.Non possino ancora detti Riformatorinominatamente dare autorità ad alcunocittadino, né deputarlo in alcunomagistrato, ma di tutte le deputationiche de' cittadini si havessino ad fare,di ufici consigli et magistrati, creatidi nuovo o riformati da loro, se neaspetti et appartenga la deputatione etelettione a detto Consiglo maggiore, inquel modo che da loro sarà ordinato. Ma perché innel principio di questogoverno, come di sopra si disse, alcunoscandoloso non possa havere occasione dipotere, per sua privata passione, farealcuno scandolo, et acciò che chi fussedi maligno animo, o per desiderio di$023b$ vendetta, o per altra scandolosacagione, habbi qualche freno che loritenga, tanto che questo nuovo governohabbi presa qualche autorità, et glihuomini in esso si sieno rassicurati, siprovede che i Riformatori predetti,insieme con il Reverendissimo Monsignore,habbino autorità di potere eleggieretutte quelle Signorie che sederanno dacalendimaggio proxime advenire adl'ultimo dì di ottobre del presente annoproximo advenire, che sono in tutto treSignorie; et passato detto tempo, siaspetti la deputatione et electione de'Signori che dipoi per i tempi sederanno,in tutto et per tucto, al Consiglomaggiore.Provedesi ancora per le medesimecagioni, che la electione degli Otto diguardia et balia del popolo di Firenze,che sederanno in magistrato per tuttodicembre proxime futuro del presenteanno, si appartenga a detti Riformatori;dopo al quale tempo, la elettione didetti Otto si aspetti et ricaggia a dettoConsiglo maggiore in tutto et per tutto.Ancora si provede per le medesimecagioni che la electione da farsisolamente de' prossimi futuriGonfalonieri delle compagnie del popolo,et de' proxime futuri XII Buonihuomini, si appartenga a dettiRiformatori; dopo i quali la electionede' successori et di tucti gli altri cheper gli tempi si elegieranno, siappartenga et ricaggia al Consiglomaggiore in tutto et per tutto. Possino

detti Riformatori et MonsignoreReverendissimo riformare le cancelleriede' Signori et degli Octo di pratica, overo Dieci di guerra, in quel modo chea.lloro parrà, et deputare in quellecancellieri secondo che a.lloro parrà; iquali cancellieri debbino ciascuno anno,quelli de' Signori havere la rafferma dai Signori, et quelli de' Dieci o veroOcto di pratica, da detti o dettomagistrato.

%1523 ago (Lett. 273)Honorando cognato, quegli bechafichi che noi ci havavamoad godere hiersera se voi venivi, poiché voi non venisti, iove gli mando, che voi ve gli godiate stamani. Et portavegliLodovico, el quale, in queste nuove faccende, io viraccomando. Christo vi guardi da dovero. A dì 31 d'agosto1523.Niccolò Machiavegli in villa.

%1523 set (Lett. 274)Magnifico viro et cognato honorando Francisco del Nero.In Firenze.

Honorando cognato. Patientia delle brighe che io vi do:le chiese sono scomunicate come per la inclusa vedrete, etper cagione dello studio, pregovi mi mandiate per il Bolognala liberatione, il quale vi mando a posta, altrimenti iofarò rimurare quel cammino. Et raccomanderovvi a' polli.Vostro sono. A dì 26 di Septembre 1523.Niccolò Machiavegli in villa.

%1524 ago (Lett. 276)A messer Francesco Guicciardini, commessario in Romagna.

[...] Ho atteso et attendo in villa a scrivere lahistoria, et pagherei dieci soldi, non voglio dir più, chevoi fosse in lato che io vi potessi mostrare dove io sono,perché, havendo a venire a certi particulari, harei bisognodi intendere da voi se offendo troppo o con lo esaltare ocon lo abbassare le cose; pure io mi verrò consigliando, etingegnerommi di fare in modo che, dicendo il vero, nessunosi possa dolere. Addì 30 di Agosto 1524.Niccolò Machiavelli.

%1525 ago (Lett. 283)Magnifico D. Francisco de Guicciardinis etc.

Signor Presidente. Io ho differito lo scrivervi ad oggi,perché io non ho potuto prima che oggi andare a vedere lapossessione di Colombaja: sì che vostra S.ria mi harà diquesto indugio per iscusato.Rem omnem a Finochieto ordiar. Et vi ho a dire la primacosa questo: che tre miglia intorno non si vede cosa chepiaccia: l'Arabia Petreja non è fatta altrimenti. La casanon si può chiamare cattiva, ma io non la chiamerò maibuona, perché la è sanza quelle commodità che si ricercono;le stanze sono piccole, le finestre sono alte: un fondo ditorre non è fatto altrimenti. Ha innanzi un pratello

abbozzato; tutte l'uscite ne vanno in profondo, da una infuora che ha di piano forse 100 braccia; et con tuttoquesto è sotterrata intra monti talmente, che la più lungaveduta non passa un mezzo miglio. I poderi, quello cherendono vostra S.ria lo sa, ma eglino portano pericolo dinon rendere ogni anno meno; perché eglino hanno molte terreche l'acqua le dilava talmente, che se non vi si usa unagran diligenzia a ritenere il terreno con fosse, in pocotempo e' non vi sarà se non l'ossa; et questa vuole ilsignore, et voi state troppo discosto. Io sento che iBartolini hanno fatto incetta di quello paese, et che mancaloro casa da hoste: quando voi; potessi appiccarlo loroaddosso, io ve ne conforterei, perché un bene loro sta, vidovrebbe cavare di danno. Quando costoro non vi venghinosotto, o volendolo tenere o volendolo vendere, io viconforterei a spendervi 100 ducati; co' quali voiforniresti il pratello, circuiresti di vigna quasi tutto ilpoggio che regge la casa, et faresti otto o dieci fosse inquelli campi che sono fra la casa vostra et quella del primovostro podere, i quali campi si chiamano la Chiusa: nellequali fosse io porrei frutti vernerecci et fichi; farei unafonte ad una bella acqua che è nel mezzo di quelli campi apiè d'una pancata, che è quanto di bello vi è. Questoacconcime vi servirà all'una delle due cose: la prima, chese voi lo vorrete vendere, chi lo verrà a vedere, vedequalche cosa che gli piaccia, et forse gli verrà voglia diragionar del mercato; perché mantenendolo così, et iBartolini non lo comperino, io non credo lo vendiate mai senon a chi non lo venissi a vedere, come facesti voi. Quandovoi lo vogliate tenere, detti acconcimi vi serviranno aricorvi più vini, che sono buoni; et a non vi morire didolore quando voi andrete a vederlo. Hoc de Finochietosatis.Di Colombaja, io vi confermo per quanto si può vederecon l'occhio tutto quello che Iacopo vi ha scritto et cheGirolamo vi ha detto. Il podere siede bene, ha le strade eti fossi intorno la valla, et volta fra mezzodì et levante: iterreni appariscono buoni, perché tutti i frutti vecchi etgiovani hanno vigore assai et vita addosso: ha tutte lecomodità di chiesa, di beccajo, di strada, di posta, che puòhavere una villa propinqua a Firenze: ha de' frutti assaibene, et nondimeno vi è spazio da duplicargli. La casa è inquesto modo fatta. Voi entrate in una corte la quale è perogni verso circa 20 braccia; ha nella fronte, dirimpettoall'uscio, una loggia col palco di sopra, et è lunga quantolo spazio della corte, et larga circa 14 braccia. Haquesta loggia in su la mano ritta a chi guarda verso quella,una camera con una anticamera, et in su la mano manca unasala, con camera et anticamera: tutte queste stanze con laloggia sono abitabili, et non dishonorevoli: ha in su questacorte cucina, stalla, tinaja, et un altro cortile per polliet per nettare la casa. Ha sotto due volte da vinovantaggiate; ha di sopra molte stanze, delle quali ve nesono tre, che con 10 ducati si rassetterebbono daalloggiarvi huomini dabbene; i tetti non sono né cattivi nébuoni; in somma, io vi concludo questo: che con la spesa di150 ducati voi abitereste comodamente, allegramente et nonpunto dishonorevolmente. Questi 150 ducati bisognerebbespendergli in rifare uscia, lastricare corti, rifaremuricciola, rimettere una trave, rassettare una scala,rifare una gronda del tetto, racconciare et ravvistare unacucina, et simili pateracchie che darebbono vista etallegrezza alla casa; et così con questa spesa potrestiabitare tanto, che vi venissi bene d'entrare in uno mare

magno.Quanto all'entrate, io non le ho ancora riscontre a miomodo, per non ci essere uno a chi io desidero parlare. Peraltra ne darò a vostra S.ria avviso particolare.Questa mattina io ricevetti la vostra, per la quale miavvisavi in quanta grazia io ero con la Maliscotta: di cheio mi glorio più che di cosa che io habbia in questo mondo.Fiemi caro di esserle tenuto raccomandato.Delle cose de' re, delli imperadori et de' papi, io nonho che scrivervi: forse che per altra ne harò, etscriveròvvi.Prego V. S. diciate a madonna V., come io ho fatto lesalutazioni a tutti i suoi et le sue, et in particulare adAverardo; i quali tutti si raccomandano a V. S. et a lei. Etio a V. S. infinitissime volte mi raccomando et offero. Addì3 d'Agosto 1525.Vostro Niccolò Machiavegli in Firenze.

%1525 ago (Lett. 287)Niccolò Machiavelli a messer Francesco Guicciardini,presidente della Romagna per il Pontefice.

Signor Presidente. Hieri ebbi la vostra de' dodici, etper risposta vi dirò come Capponi tornò, et questa cura didomandarlo ha voluta Jacopo vostro; ma, come voi dite, iocredo che si sarà inteso assai. Puossi far loro in ogni modoun'offerta, acciò che si vegga che voi lo volete, quando e'non si discostino dallo honesto; et non pare a Girolamo et ame che si possa offerire manco di 3000 ducati; pure diquesto voi gliene darete quella commessione che vi parrà.Mi piace che Messer Nicia vi piaccia, et se la fareterecitare in questo carnovale, noi verreno ad aiutarvi.Ringraziandovi delle raccomandationi fatte, et vi priego dinuovo.Questi proveditori delle cose di Levante disegnono dimandarmi a Vinezia per la recuperatione di certi danariperduti. Se io debbo andare, partirò tra quattro dì, et neltornare verrò di costì per starmi una sera con V.S., et perrivedere gli amici.Mandovi 25 pillole fatte da 4 dì in qua in nomevostro, et la ricetta fia sottoscritta qui da piè. Io vidico che me elle hanno risuscitato. Cominciate a pigliarneuna doppo cena: se la vi muove, non ne pigliate più, se lanon vi muove, dua o tre, o al più cinque; ma io non ne presimai più che due, et della settimana una volta, o quando iomi sento grave o lo stomaco o la testa.Io dua dì sono, parlai di quella faccenda con lo amico,et gli dissi, che se io entravo troppo adentro nelle cosesue di inportanza, che me ne havesse per scusato, poiché luiera quello che me ne haveva dato animo, et breviter glidomandai che animo era il suo circa al dare donna alfigliuolo. Egli mi rispose, dopo qualche cerimonia, che glipareva che la cosa fosse venuta in lato, che questi giovanisi recavano a vergogna non havere una dote strasordinaria,et non credeva che fosse in suo potere ridurre il figlioloall'ordinario. Dipoi, stando così un poco sopra di sé,disse: - Io mi crederrei apporre per che conto tu mi parli,perché io so dove tu sei stato, et questo ragionamento mi èstato mosso per altra via. - A che io risposi che non sapevose si indovinava bene o no, ma che la verità era che tra voiet me non era mai stato questo ragionamento, il che con ogniefficace parola gli mostrai, et se io movevo, io movevo dame, et per il bene che io volevo a lui et a me; et qui

abbassai la visiera et di lui et di voi, et delle conditionivostre, delle qualità de' tempi presenti et de' futuri, etdissi tante cose che lo feci stare tutto sospeso. Per che inultimo egli concluse, che se il Magnifico si volgesse atòrre per donna una fiorentina, e' sarebbe mal consigliato,se non la cavasse di casa vostra, tanto che io non vedevocome voi, da un suo pari che habbia cervello, havessi daessere barattato a qualunque altro cittadino per due otremila ducati più, non obstante che la sorte potrebbe fareche, non havendo voi figlioli maschi et la vostra donnahavere fermo di farne, che la dote tornerebbe più grassa chequella di colui che prendesse, donde egli non potessecavarne altro che la dote. Et perché noi andavamo in suquesto ragionamento a' Servi, io mi fermai su la porta, etgli dissi: - Io vi voglio dire questa ultima parola in luogomemorabile, acciò che voi ve ne ricordiate: Iddio voglia chevoi non ve ne habbiate a pentire, et il figliolo vostro nonhabbia haverne poco obbligo con voi; - tanto che disse: - Alnome di Idio, questa è la prima volta che noi ne habbiamoragionato; noi ci abbiamo a parlare ogni dì. - A che iodissi, che non ero mai più per dirgliene nulla, perché mibastava havere pagato il debito mio. Io ho vòlto questalancia in questo modo, né si è potuto celare quello che ioero certo che si haveva a scoprire. Sono bene hora peraspettare lui et non mancare di ogni occasione, et conragionamenti generali et particulari battere a questo segno.Ma torniamo alla ricetta delle pillole.

Recipe.Aloè patico Dram. 1,1/2.Carman deos Dram. 1,-.Zafferano Dram.-1/2.Mirra eletta Dram.-1/2.Brettonica Dram.-1/2.Pinpinella Dram.-1/2.Bolo Armenico Dram.-1/2.

Niccolò Machiavelli in Firenze. Addì 17 Augusti1525.

%1525 ott (Lett. 290)Niccolò Machiavelli a messer Francesco Guicciardini.

Signor Presidente. Per essere io andato, sùbito che ioarrivai, in villa, et havere trovato Bernardo mio malato condua terzane, io non vi ho scritto. Ma tornando stamani divilla per parlare al medico, trovai una di vostra Signoriade' 13, per la quale io veggo in quanta angustia di animovi ha condotto la simplicità di Messer Nicia et laignoranzia di cotestoro. Et benché io creda che i dubbiisieno molti, pure, poiché voi vi risolvete a non volere laesplanatione se non di due, io mi ingegnerò di satisfarvi."Fare a' sassi pe' forni" non vuol dire altro che fare unacosa da pazzi, et però disse quel mio, che se tutti fossimocome messer Nicia, noi faremo a' sassi pe' forni, cioè noifaremo tutti cose da pazzi; et questo basti quanto al primodubbio.Quanto alla botta et allo erpice, questo ha inverobisogno di maggior consideratione. Et veramente io hoscartabellato, come fra Timotheo, di molti libri perritrovare il fondamento di questo erpice et infine hotrovato nel Burchiello un testo che fa molto per me, doveegli in un suo sonetto dice

Temendo che lo inperio non passassesi mandò inbasciatore un paiol d'accia,le molle et la paletta hebbono la caccia,che se ne trovò meno quattro matassema l'erpice di Fiesole vi trasse...Questo sonetto mi par molto misterioso, et credo, chilo considererà bene, che vadia stuzzicando i tempi nostri.E1cci solo questa differenzia: che, se si mandò allhora unpaiolo di accia, si è convertita quella accia in maccheroni,tanto che mi pare che tutti li tempi tornino, et che noisiamo sempre quelli medesimi. Lo erpice è un lavorio dilegno quadro che ha certi denti et adoperonlo i nostricontadini, quando e' vogliono ridurre le terre a seme, perpianarle. Il Burchiello allega l'erpice di Fiesole per ilpiù antico che sia in Toscana, perché li Fiesolani, secondoche dice Tito Livio nella seconda deca, furono i primi chetrovarono questo instrumento. Et pianando un giorno uncontadino la terra, una botta, che non era usa a vedere sìgran lavorio, mentre che ella si maravigliava et baloccavaper vedere quello che era, la fu sopraggiunta dallo erpice,che le grattò in modo le schiene, che la vi si pose la zampapiù di due volte, in modo che, nel passare che fece l'erpiceaddossole, sentendosi la botta stropicciar forte, gli disse- Senza tornata; - la quale voce dette luogo al proverbioche dice, quando si vuole che uno non torni: "Come disse labotta all'erpice". Questo è quanto io ho trovato di buono,et se V.S. ne avesse dubitatione veruna, avvisi.Mentre che voi sollecitate costì, et noi qui nondormiamo; perché Lodovico Alamanni et io cenamo a questesere con la Barbera et ragionamo della commedia, in modo chelei si offerse con li suoi cantori a venire a fare il coroin fra gli atti; et io mi offersi a fare le canzonette aproposito delli atti, et Lodovico si offerse a darli costìalloggiamento, in casa i Buosi, a lei et a' cantori suoi; sìche vedete se noi attendiamo a menare, perché questa festa habbia tuttii suoi compimenti. Raccomandomi.Niccolò Machiavelli.

%1525 ott (Lett. 291)Niccolò Machiavelli a messer Francesco Guicciardini.

Signor Presidente. Io non mi ricordo mai di V. Sig. (cheme ne ricordo ad ogni hora) che io non pensi in che modo sipotesse fare che voi ottenessi il desiderio vostro di quellacosa che io so che intra le altre più vi prieme; et in fra imolti ghiribizzi che mi sono venuti per l'animo, ne è statouno il quale io ho deliberato di scrivervi, non perconsigliarvi, ma per aprirvi uno uscio, per il quale meglioche ogn'altro saprete camminare. Filippo Strozzi si truovacarico di figlioli et di figliole, et come e' cerca a'figlioli di fare honore, così gli pare conveniente dihonorare le figliole, et penso anche egli, sì come tutti isavii pensono, che la prima havesse a mostrare la via allealtre. Tentò, in fra gli altri giovani, di darla a unfigliolo di Giuliano Capponi con 4000 fiorini di dote;dove egli non trovò riscontro, perché a Giuliano non parvedi farlo; onde che Filippo disperatosi di potere da sémedesimo far cosa buona, se già egli non andava con la dotein lato che egli non vi si potesse dipoi mantenere, ricorseal papa per favori et aiuti, et per suo indirizzo mosse lapratica con Lorenzo Ridolfi, et la concluse con fiorini8000 di dote, che quattromila ne paga il papa, et

quattromila egli. Pagolo Vettori, volendo fare un parentadohonorevole, né gli bastando la vista a potere dare tantadote che bastasse, ricorse ancora egli al papa, et quello,per contentare Pagolo, vi misse con la autorità 2000ducati del suo.Presidente mio, se voi fosse il primo che havesse arompere questo diaccio per caminare per questo verso, iosarei uno di quelli che per avventura andrei adagio aconsigliarvi che voi ci entrassi; ma, havendo la via innanzifattavi da due huomini, che per qualità, per meriti et perqualunque altra humana consideratione non vi sono superiori,io sempre consiglierò che voi animosamente et senza alcunorispetto facciate quello che hanno fatto eglino. Filippo haguadagnato con i papi centocinquantamila ducati, et non hadubitato di richiedere il papa che lo sovvenga in quellanecessità, molto meno havete a dubitar voi che non haveteguadagnato ventimila. Pagolo è stato sovvenuto infinitevolte et per infinite vie, non di ufficii ma di danariproprii, et dipoi, senza rispetto, ha richiesto il papa losovvenga in quello suo bisogno; molto meno rispetto dovetehavere voi a farlo, che non con carico, ma con honore etutile del papa siate stato aiutato. Io non voglio ricordarviné Palla Rucellai, né Bartolomeo Valori, né moltissimialtri, che dalla scarsella del papa sono stati ne' lorobisogni aiutati, i quali esempli voglio che vi faccinoaudace al dimandare, et confidente ad ottenere le domande.Pertanto, se io fossi nel grado vostro, io scriverrei unalettera al vostro agente a Roma, che la leggesse al papa, oio la scriverrei al papa, et fareila presentare dalloagente, et a lui segretamente ne manderei copia, et gliinporrei vedessi di trarre di quella la risposta. Vorrei chela lettera contenesse come voi vi siete affaticato diecianni per accquistare honore et utile, et che vi pare assaibene in l'una et l'altra cosa havere a tal desideriosatisfatto, ancora che con disagi et pericoli vostrigrandissimi, di che voi ne ringraziate Iddio prima, et dipoila felice memoria di papa Lione, et la sua Santità, da iquali voi il tutto ricognoscete. Vero è che voi sapetebenissimo che se gli huomini fanno dieci cose honorevoli, etdipoi mancono in una, maxime quando quella una è di qualcheinportanza, quella ha forza di annullare tutte le altre; etperciò, parendovi in molte cose havere adempiuto le parti diuno huomo dabbene, vorresti non mancare in alcuna; et fattoun simil preambulo, io gli mostrerrei quale è lo statovostro, et come vi trovate senza figlioli maschi, ma con 4femmine, et come vi pare tempo di maritarne una; la quale,quando voi non maritiate in modo che questo partitocorresponda alle altre inprese vostre, vi parrà non haveremai operato cosa alcuna di bene. Et mostrato dipoi che aquesto vostro desiderio non si oppone altro che i cattivimodi et le perverse usanze de' presenti tempi, sendo la cosaridotta in termine, che quanto un giovane è più nobile etpiù ricco, posposte tutte le altre considerationi, maggiordota vuole; anzi, quando non la habbino grande et fuori diogni misura, se lo reputano a vergogna; tanto che voi nonsapete in che modo vi vincere questa difficultà, perché,quando voi dessi tremila fiorini, sarebbe insino a dove voipotessi aggiugnere, et sarebbe tanto che quattro figliuolese ne portebbono dodicimila, che è tutto l'utile fatto ne'pericoli et affanni vostri: né potendo ire più alto, voicognoscete questa essere una mezza dote di quelle chevogliono costoro; donde che, per unico rimedio, voi havetepreso animo di fare quello che i maggiori amici suoi, intrai quali voi vi reputate, hanno fatto, cioè di ricorrere per

favore et aiuto alla sua Santità, non potendo credere chequello che gli ha fatto ad altri e' nieghi a voi. Et qui gliscoprirrei qual giovane voi havessi in disegno et come voisapete che la dote et non altro vi guasta; et perciòconviene che sua S.tà vinca questa difficultà; et quistrignerlo et gravarlo con quelle più eficaci parole che voisaprete trovare, per mostrarli quanto voi stimiate la cosa;et credo certo che se la è trattata a Roma in quel modo sipuò, che vi sia per riuscire. Pertanto non mancate a voimedesimo, et se il tempo et la stagione lo comportasse, viconforterei a mandarci a questo effetto Girolamo vostro,perché il tutto consiste in domandare audacemente, etmostrare mala contentezza non ottenendo; et i prìncipifacilmente si piegano a far nuovi piaceri a quelli a chieglino hanno fatto de' vecchi, anzi temono tanto,disdicendo, di non si perdere i benefitii passati, chesempre corrono a fare de' nuovi, quando e' sono domandati inquel modo che io vorrei che voi domandassi questo. Voi sieteprudente, etc.Il Morone ne andò preso, et il ducato di Milano èspacciato; et come costui ha aspettato il cappello, tuttigli altri prìncipi l'aspetteranno, né ci è più rimedio. Sicdatum desuper.Veggio d' Alagna tornar lo fiordalisoet nel vicario suo, etc.Nosti versus, cetera per te ipsum lege. Facciamo una voltaun lieto carnesciale, et ordinate alla Barbera unoalloggiamento tra quelli frati, che, se non inpazzano, ionon ne voglio danaio, et raccomandatemi alla Maliscotta, etavvisate a che porto è la commedia, et quando disegnatefarla.Io hebbi quello augmento insino in cento ducati per laHistoria. Comincio hora a scrivere di nuovo, et mi sfogoaccusando i principi, che hanno fatto tutti ogni cosa percondurci qui. Valete.Niccolò Machiavelli historico, comico et tragico.

%1525 dic (Lett. 292)Niccolò Machiavelli a messer Francesco Guicciardini.

Signor Presidente. Io ho differito a rispondereall'ultima vostra sino a questo dì, sì perché e' non mipareva che gli inportassi molto, sì per non essere statomolto in Firenze. Hora, havendoci veduto il vostro maestrodi stalla, et parendomi poter mandarle sicure, non ho volutodifferire più. Io non posso negare che i rispetti havete,quali vi tengono dubbio, se gli è bene tentare quellafaccenda o no per quel verso, non siano buoni, et saviamentediscorsi; nondimeno io vi dirò una mia oppinione, la quale èche si erri così ad essere troppo savio, come ad essere unvia là vie loro; anzi lo essere così fatto molte volte èmeglio. Se Filippo et Pagolo havessino hauto questirispetti, e' non facevono cosa che volessino, et se Pagolonon ha più figliole che dieno ordine alle altre, ne haFilippo, il quale non vi ha pensato, pure che gli acconci laprima a suo modo; et non so se si è vero quello che voidite, che voi metteresti la prima in Paradiso per metterel'altre in Inferno; poiché questo fatto non vi farebbe conle altre in peggior conditione, che voi siate hora contutte; anzi in migliore, perché gli altri generi, oltre adhavere voi, harebbono un cognato honorevole, et potrestitrovare de' meno avari et più honorevoli: pure, quando nongli trovassi, lo havere per le altre di quella sorte che si

troverebbono hora per questa non è per mancarvi. Infine, iotenterei il papa in ogni modo, et se io non venissi a mezzaspada il primo tratto, io glie ne parlerei largo modo,dire'gli generalmente il desiderio mio, pregherre'lome ne aiutasse, vedrei dove lo trovassi, andrei innanzi etmi ritirerei indietro, secondo che procedesse. Io vi ricordoil consiglio che dètte quel Romeo al duca di Provenza, chehaveva 4 figliole femmine, et lo confortò a maritare laprima honorevolmente, dicendoli che quella darebbe regola etordine alle altre, tanto che lui la maritò al re di Francia,et detteli mezza la Provenza per dote. Questo fece che eglimaritò con poca dote le altre a tre altri re; onde Dantedice:Quattro figlie hebbe, et ciascuna reginadella qual cosa al tutto fu cagioneRomeo, persona umile et peregrina.Io ho caro intendere le quistione di quelli frati, lequali io non voglio decidere qui, ma in sul fatto, et noisareno per andare con chi meglio ci farà. Ma io vi so bendire che, se la fama gli sconpiglia, la presenza gliaccapiglia.Delle cose del mondo io non ho che dirvi, essendosiciascuno raffreddo per la morte del duca di Pescara, perchéinnanzi alla sua morte si ragionava di nuovi ristringimentiet di simil' cose; ma morto che fu, pare che altri si sia unpoco rassicurato, et parendoli haver tempo, si dà tempo alnimico. Et concludo infine che dalla banda di qua non si siaper far mai cosa honorevole o gagliarda da campare o moriregiustificato, tanta paura veggo in questi cittadini, ettanto mal vòlti a fare alcuna oppositione a chi sia peringhiottirne, né ce ne veggo uno discrepante, in modo chechi ha a fare consigliandosi con loro, non farà altro chequello si è fatto sino a qui. Addì 19 di Dicembre 1525.Niccolò Machiavelli in Firenze.

%1526 gen (Lett. 294)A messer Francesco Guicciardini ecc.

Signor Presidente. Io credetti havere a cominciarequesta mia lettera, in risposta all'ultima di VostraSignoria, in allegrezza, et io la ho a cominciare in dolore,havendo voi havuto un nipote tanto da ciascuno desiderato,et essendosi poco appresso morta la madre; colpo veramentenon aspettato né da lei, né da Girolamo meritato. Nondimeno,poiché Iddio ha voluto così, conviene che così sia, et nonci sendo rimedio, bisogna ricordarsene il manco che si può.Quanto alla lettera di V. S., io mi comincerò dove voi,per vivere in tante turbulentie allegro. Io vi ho a direquesto: che io verrò in ogni modo; né mi può inpedire altroche una malattia, che Iddio ne guardi, et verrò passatoquesto mese, et a quel tempo che voi mi scriverrete. Quantoalla Barbera et a' cantori, quando altro rispetto non vitenga, io credo poterla menare a quindici soldi per lira.Dico così perché l'ha certi innamorati, che potrebbonoinpedire; pure, usando diligentia, potrebbono quietarsi. Etche lei et io habbiamo pensato a venire, vi se ne fa questafede: che noi habbiamo fatto cinque canzone nuove aproposito della commedia, et si sono musicate per cantarletra gli atti; delle quali io vi mando alligate con questa leparole, acciò che V. S. possa considerarle; la musica, o noitutti o io solo ve la portereno. Bisognerà bene, quando leihavesse a venire, mandare qui un garzone de' vostri con 2o 3 bestie; et questo è quanto alla comedia.

Io sono stato sempre di oppinione, che se lo inperadoredisegna diventare dominus rerum, che non sia mai perlasciare il re, perché, tenendolo, egli tiene infermi tuttigli avversarii suoi, che gli danno, per questa ragione, etdaranno quanto tempo egli vorrà ad ordinarsi, perché e'tiene hora Francia et hora il papa in speranza d'accordo, néstacca le pratiche, né le conclude; et come egli vede che liItaliani sono per unirsi con Francia, e' ristrigne conFrancia i ragionamenti, tanto che Francia non conclude, etegli guadagna, come si vede che egli ha con questebagattelle già guadagnato Milano, et fu per guadagnareFerrara, che gli riusciva se gli andava là; il che seseguiva, del tutto era spacciata la Italia. Et perdonimmiquesti nostri fratelli spagnuoli: eglino hanno errato questotratto, che quando il duca passò per la Lonbardia che egliandava in là, e' dovevano ritenerlo, et farlo andare inSpagna per mare; et non si fidare che vi andasse da sé,perché potevano credere che potessino nascere molti casi,come sono nati, per i quali egli non andrebbe.Si intendeva da 4 dì indietro ristringimenti di Italiaet di Francia, et credevonsi, perché, essendo morto ilPescara, stando male Antonio da Leva, essendo tornato ilduca di Ferrara, tenendosi ancora i castelli di Milano et diCremona, non sendo obligati i Viniziani, essendo ciascunochiaro della anbitione dello inperadore, pareva che sihavesse a desiderare per ciascuno di assicurarsene, et chela occasione fosse assai buona; ma in su questo sono venutenuove che lo inperadore et Francia hanno accordato, et cheFrancia dà la Borgogna, et piglia per moglie la sorelladello inperatore, et lasciali quattrocentomila ducati chel'ha di dote, et dotala lui in altanti, et che dà perstatichi o i due figlioli minori o il Delfino, et che glicede tutte le ragioni di Napoli, di Milano, etc. Questoaccordo così fatto è da molti creduto, et da molti no, perle ragioni sopradette, anzi credo che lo habbia ristrettoper inpedire quelli ristringimenti sopradetti, et dipoi locavillerà et romperallo. Stareno hora a vedere quello cheseguirà.Intendo quanto voi mi dite della faccenda vostra, etcome vi pare havere tempo a pensare, per non essere i tempiatti; a che io replicherò due parole con quella sicurtà chemi comanda l'amore et reverenza che io vi porto. Sempre,mentre che io ho di ricordo, o e' si fece guerra, o e' se neragionò; hora se ne ragiona, di qui a un poco si farà, etquando la sarà finita, se ne ragionerà di nuovo, tanto chemai sarà tempo a pensare a nulla; et a me pare che questitempi faccino più per la faccenda vostra, che i quieti,perché, se il papa disegna di travagliare, o e' teme diesser travagliato, egli ha a pensare di havere bisogno, etgrande, di voi, et in consequenza ha da desiderare dicontentarvi. Addì 3 di Gennaio 1525.Niccolò Machiavelli in Firenze.

%1526 mar (Lett. 296)A messer Francesco Guicciardini.

Magnifico et honorando messer Francesco. Io ho tantopenato a scrivervi, che la S. V. è prevenuta. La cagione delpenar mio è stata perché, parendomi che fosse fatta la pace,io credevo che voi fosse presto di ritorno in Romagna, etriserbavomi a parlarvi a bocca, benché io havessi pieno ilcapo di ghiribizzi, de' quali ne sfogai, cinque o sei dìsono, parte con Filippo Strozzi; perché, scrivendoli per

altro, e' mi venne entrato nel ballo, et disputai treconclusioni: l'una, che, non obstante l'accordo, il re nonsarebbe libero; l'altra, che, se il re fosse libero,osserverebbe lo accordo; la terza, che non lo osserverebbe.Non dissi già quale di queste tre io mi credessi, ma beneconclusi che in qualunque di esse la Italia haveva d'havereguerra, et a questa guerra non detti rimedio alcuno. Hora,veduto per la vostra lettera il desiderio vostro, ragioneròcon voi quello che io tacetti con lui, et tanto piùvolentieri, havendomene voi ricerco.Se voi mi domandasse di quelle tre cose quella che iocredo, io non mi posso spiccare da quella mia fissaoppinione che io ho sempre havuta, che il re non habbia aessere libero, perché ognuno conosce che, quando il refacesse quello che potrebbe fare, e' si taglierebbono tuttele vie allo inperadore di potere andare a quel grado che siha disegnato. Né ci veggo né cagione né ragione che basti,che lo habbia mosso a lasciarlo; et, secondo me, e' convieneche lo lasci, o perché il suo consiglio sia stato corrotto,di che i Franzesi sono maestri, o perché vedesse questoristringimento certo tra gli Italiani et il regno, né gliparesse havere tempo né modo a poterlo guastare senza lalasciata del re, et che credesse, lasciandolo, che eglihavesse ad osservare i capitoli; et il re debbe essere inquesta parte stato largo promettitore; et dimostro per ogniverso le cagioni delli odii che gli ha con gli Italiani, etaltre ragioni che poteva allegare per assicurarlo dellaosservanza. Nondimeno tutte le ragioni che si potessinoallegare, non guariscono lo imperadore dello sciocco, quandovoglia essere savio il re; ma io non credo voglia esseresavio. La prima ragione è che sino a qui io ho veduto chetutti i cattivi partiti che piglia lo inperadore non glinuocono, et tutti i buoni che ha preso il re non gligiovano. Sarà, come è detto, cattivo partito quello delloinperadore lasciare il re, sarà buono quel del re apromettere ogni cosa per essere libero; nondimeno, perché ilre l'osserverà, il partito del re diventerà cattivo etquello dello inperadore buono. Le cagioni che lo faràosservare, io lo ho scritto a Filippo; che sono: bisognarlilasciare li figlioli in prigione, quando non osservi;convenirli affaticare il regno, che è affaticato, convenirliaffaticare i baroni a mandarli in Italia; bisognarli tornaresubito ne' travagli, i quali, per li exempli passati, lohanno a spaventare. Et perché ha egli a fare queste cose peraiutare la Chiesa et i Vinitiani, che lo hanno aiutatorovinare? Et io vi scrissi, et di nuovo scrivo, che grandisono gli sdegni che il re debbe havere con gli Spagnuoli, mache non hanno ad essere molto minori quelli che puote haverecon gli Italiani. So bene che ci è dire questo, et direbbesiil vero, che, se per questo odio egli lascia rovinarel'Italia, potrebbe dipoi perdere il suo regno; ma il fattosta che la intenda egli così, perché, libero che sia, e'sarà in mezzo di due difficultà: l'una, di torsi la Borgognaet perdere la Italia, et restare a discretione delloinperatore; et l'altra, per fuggir questo, diventare comeparricida et fedifrago, nelle difficultà soprascritte peraiutare huomini infedeli et instabili, che per ogni leggier'cosa, vinto che gli havesse, lo farebbono riperdere. Sì cheio mi accosto a questa oppinione, o che il re non sialibero, o che, se sarà libero, egli osserverà; perché lospaventacchio di perdere il regno, perduta che sia l'Italia,havendo, come voi dite, il cervello franzese, non è permuoverlo in quel modo che muoverebbe un altro. L'altra, cheegli non crederrà, che la ne vadia in fumo, et forse

crederrà poterla aiutare poi che l'harà purgato qualche suopeccato, et egli non habbia rihauto i figlioli etrinsanguinatosi. Et se tra loro fossono patti di divisionedi preda, tanto più il re osserverebbe i patti, ma tanto piùlo inperadore sarebbe pazzo a rimettere in Italia chi nehavesse cavato, perché ne cacciassi poi lui. Io vi dicoquello che io credo che sia, ma io non vi dico già che peril re e' fosse più savio partito, perché doverrebbe metteredi nuovo a pericolo sé, i figlioli et il regno per abbassaresì odiosa, paurosa et pericolosa potenzia. Et i rimedii checi sono mi paiono questi: vedere che il re, subito che gli èuscito, habbi appresso uno, che con la autorità etpersuasioni sue, et di chi lo manda, gli faccia sdimenticarele cose passate, et pensare alle nuove; mostrigli ilconcorso della Italia; mostrigli il partito vinto, quandovoglia essere quel re libero, che doverrebbe desiderare diessere. Credo che le persuasioni et i prieghi potrienogiovare, ma io credo che molto più gioverebbono i fatti.Io stimo, che in qualunque modo le cose procedino, chegli habbia ad essere guerra, et presto, in Italia; perciò e'bisogna alli Italiani vedere di havere Francia con loro, etquando non la possino havere, pensare come e' si voglinogovernare. A me pare che in questo caso ci sieno un de' duoipartiti: o lo starsi a discretione di chi viene, et farseliincontro con danari, et riconperarsi; o sì veramentearmarsi, et con le armi aiutarsi il meglio che si può. Ioper me non credo che il riconperarsi, et ch'e danaribastino, perché se bastassino, io direi: fermiamoci qui, etnon pensiamo ad altro; ma e' non basteranno, perché o iosono al tutto cieco, o vi torrà prima i danari et poi lavita, in modo che sarà una spezie di vendetta fare che citruovi poveri et consumati, quando e' non riuscisse ad altriil difendersi. Pertanto io giudico che non sia da differirelo armarsi, né che sia da aspettare la resolutione diFrancia, perché lo inperadore ha le sue teste delle suegenti, halle alle poste, può muovere la guerra a posta suaquando egli vuole; a noi conviene fare una testa, o coloratao aperta, altrimenti noi ci levereno una mattina tuttismarriti. Loderei fare una testa sotto colore. Io dico unacosa che vi parrà pazza; metterò un disegno innanzi che viparrà o temerario o ridicolo; nondimeno questi tempirichieggono deliberationi audaci, inusitate et strane. Voisapete et sallo ciascuno che sa ragionare di questo mondo,come i popoli sono varii et sciocchi; nondimeno, così fatticome sono, dicono molte volte che si fa quello che sidoverrebbe fare. Pochi dì fa si diceva per Firenze che ilsignor Giovanni de' Medici rizzava una bandiera di venturaper far guerra dove gli venisse meglio. Questa voce mi destòl'animo a pensare che il popolo dicesse quello che sidoverrebbe fare. Ciascuno credo che creda che fra gliItaliani non ci sia capo, a chi li soldati vadino piùvolentieri dietro, né di chi gli Spagnuoli più dubitino, etstimino più: ciascuno tiene ancora il signor Giovanniaudace, inpetuoso, di gran concetti, pigliatore di gran'partiti; puossi adunque, ingrossandolo segretamente, farglirizzare questa bandiera, mettendoli sotto quanti cavalli etquanti fanti si potesse più. Crederranno gli Spagnuoliquesto essere fatto ad arte, et per adventura dubiterannocosì del re, come del papa, sendo Giovanni soldato del re;et quando questo si facesse, ben presto farebbe aggirare ilcervello agli Spagnuoli, et variare i disegni loro, chehanno pensato forse rovinare la Toscana et la Chiesa senzaobstacolo. Potrebbe far mutare oppinione al re, et volgersia lasciare lo accordo et pigliare la guerra, veggendo di

havere a convenire con genti vive, et che, oltre allepersuasioni, gli mostrano i fatti. Et se questo rimedio nonci è, havendo a far guerra, non so qual ci sia; né a meoccorre altro; et legatevi al dito questo: che il re se nonè mosso con forze, con autorità, et con cose vive, osserveràlo accordo, et lasceravvi nelle péste, perché essendo venutoin Italia più volte, et voi havendoli o fatto contro, ostati a vedere, non vorrà che anco questa volta gliintervenga il medesimo.La Barbera si truova costì: dove voi gli possiate farpiacere, io ve la raccomando, perché la mi dà molto più dapensare che lo inperadore. Addì 15 di Marzo 1525.Niccolò Machiavelli.

%1526 apr A messer Francesco Guicciardini.

Magnifico et maggior mio honorando. Io ho ricevutoquesto dì, circa a hore 22, la vostra del primo delpresente, et per non ci essere Ruberto Acciaioli, che ne èito a Monte Gufoni, io mi transferii sùbito dal Cardinale,et gli dissi quale era la intentione di Nostro Signore circale cose trattate da Pietro Navarra, et come sua Santitàvoleva che si trahesse da lui tale et sì gagliardo disegno,che desse cuore ad un popolo fatto a questo modo, et tantoche potesse sperare di difendersi da ogni grave et furiosoassalto. Sua S.ria rev.ma disse che di nuovo lo harebbe a séquesta sera, et che lo pregherrebbe et graverrebbe conquelli modi più efficaci potesse a fare tale effetto.Nondimeno, ragionando noi insieme de' disegni dati, ci pare,che volendo stare in sul circuito vecchio, che non si possamigliorare, né si possa anco non stare in su tal circuito,perché, a non vi volere stare, conviene o crescere Firenzenel modo che sa la Santità di Nostro Signore, o levare viail quartiere di Sancto Spirito et ridurre la città tutta inpiano. Il primo modo lo fa debole la gran guardia che vibisognerebbe, dove il popolo del Cairo sarebbe poco; ilsecondo modo è parte debole et parte impio. Debole sarebbe,quando voi lasciassi le case di quel quartiere in piè,perché lasceresti una città al nimico più potente di voi, etche si varrebbe del contado più di voi, tanto che glistraccherebbe prima voi, che voi straccassi lui: l'altromodo di rovinarlo, quanto sia difficile et strano, ciascunolo intende. Pertanto bisogna affortificarlo come egli è, inqual modo io non vi voglio ancora scrivere, sì perché eglinon è bene fermo, sì ancora per non entrare innanzi a' mieimaggiori. Bastivi questo: che delle mura di decto quartieredel di là d'Arno, parte se ne taglia, parte se ne spigne infuori, parte se ne tira in dentro; et parmi, et così pare alsignor Vitello venuto a questo effetto, che questo luogoresti fortissimo, et più forte che il piano; et così dice etafferma il conte Pietro, affermando con giuramento chequesta città, acconcia in tal modo, diventa la più forteterra di Italia. Noi habbiamo a essere insieme domattina perrivedere tutto et maxime il disegno maggiore; dipoi siristrigneranno questi deputati, et esamineranno ciò che si èordinato, et tutto si metterà in scritto et in disegno, etmanderassi costì alla S.tà di Nostro Signore, et sono dioppinione gli satisfarà, et maxime quello del poggio, dovesono fatti i provedimenti strasordinarii. Quel del piano nonsi parte dall'ordinario, ma perché simili siti ognuno gli safare forti, inporta meno. Il conte Pietro starà qui domaniet l'altro, et ci sforzereno di trarli del capo se altro vi

sarà; et io ho atteso ad udire, perché non mi intervenissecome a quel Greco con Annibale. Ringraziovi, etc. Addì 4di Aprile 1526.Niccolò Machiavelli.

%1526 mag (Lett. 299)A messer Francesco Guicciardini.

Io non vi ho scritto poi che partii di costì, perché hoil capo sì pieno di baluardi, che non vi è potuto entrarealtra cosa. E1ssi condotta la legge per l'ordinario in quelmodo et con quello ordine che costì per nostro Signore sidivisò. Aspettasi a pubblicare il magistrato, et a gire piùinnanzi con la inpresa, che di costì venga lo scambio aChimenti Sciarpelloni, il quale dicono che, per essereindisposto, non può attendere a simil' cose. Converrà ancorafare lo scambio di Antonio da Filicaia, al quale avantihieri cadde la gocciolla, et sta male. Maravigliasi ilCardinale non havere hauto risposta di Chimenti, et sicomincia a dubitare di qualche ingambatura: pure non sicrede, sendo la cosa tanto innanzi.Io ho inteso i romori di Lonbardia, et conoscesi da ogniparte la facilità che sarebbe trarre quelli ribaldi di quelpaese. Questa occasione per l'amor di Iddio non si perda, etricordatevi che la fortuna, i cattivi nostri consigli, etpeggiori ministri harieno condotto non il re, ma il papa inprigione: hannonelo tratto i cattivi consigli di altri et lamedesima fortuna. Provvedete, per l'amor di Iddio, hora inmodo che la S. S.tà ne' medesimi pericoli non ritorni, diche voi non sarete mai sicuri, sino a tanto che gliSpagnuoli non siano in modo tratti di Lonbardia, che non vipossino tornare. Mi pare vedere lo imperadore, veggendosimancare sotto il re, fare gran proferte al papa, le qualidoverrieno trovare gli orecchi vostri turati, quando viricordiate de' mali sopportati, et delle minacce che per loaddietro vi sono state fatte, et ricordatevi che il duca diSessa andava dicendo, quod pontifex sero Caesarem ceperattimere. Hora Iddio ha ricondotto le cose in termine, che ilpapa è a tempo a tenerlo, quando questo tempo non si lasciperdere. Voi sapete quante occasioni si sono perdute: nonperdete questa né confidate più nello starvi, rimettendovialla Fortuna et al tempo, perché con il tempo non vengonosempre quelle medesime cose, né la Fortuna è sempre quellamedesima. Io direi più oltre, se io parlassi con huomo chenon intendesse i segreti o non conoscesse il mondo. Liberatediuturna cura Italiam, extirpate has immanes belluas, quaehominis, preter faciem et vocem, nichil habent.Qui si è pensato, andando la fortificazione innanzi, cheio facci l'offizio del proveditore et del cancelliere, et mifaccia aiutare da un mio figliolo, et Daniello de' Riccitenga i danari et tutte le scritture. Addì 17 di Maggio1526.Niccolò Machiavelli.

%1526 giu (Lett. 301)A messer Francesco Guicciardini.

Magnifico signor Presidente. Io non vi ho scritto piùgiorni sono della muraglia: hora ve ne dirò quanto occorre.Qui si vede come il papa è tornato in su la oppinione de' monti, mosso dallaoppinione di Giuliano del Bene, il quale nella sua lettera

dice che nello abbracciare tutti quelli poggi è più fortezzaet meno spesa. Quanto alla fortezza, niuna città assaigrande è mai forte, perché la grandezza sbigottisce chi laguarda, et puovvi nascere molti disordini, che nelle commodenon fa così. Della minore spesa, questa è una chiacchera,perché egli fa molti presupposti che non sono veri. Primaegli dice che tutti quelli monti si possano sgrottare daquella parte che è dalla casa del Bonciano a quella diMatteo Bartoli in fuora, che sono, secondo lui, millebraccia, ma le sono 1600, dove solo bisogna murare tuttele altre. Dice si possono ridurre le grotte ad uso di mura,et sopra esse fare un riparo alto 4 et grosso 8 braccia.Questo non è vero, perché vi sono infiniti luoghi che, perhavere il piano, non si possono sgrottare; l'altro, tuttoquello che si sgrottasse, non starebbe per se medesimo etfranerebbe, di modo che bisognerebbe sostenerlo con un muro;dipoi li ripari intorno costerebbono un mondo, et sarebbonoa questa città vituperosi, et in brevissimi anni siharebbono a rifare; sì che la spesa sarebbe grande etcontinova, et poco honorevole. Dice che il Comune sivarrebbe di ottantamila ducati di miglioramenti dipossessione, il che è una favola, né egli sa quello che sidice, né donde questi miglioramenti si havessino a trarre;tanto che a ciascuno pare di non ci pensare. Nondimeno sifarà fare il modello che il papa ha chiesto, et se limanderà. Insino a che non si dà assegnamento particulare aquesta impresa, è necessario spendere de' danari che cisono, et però nella legge fatta si dispone che ildepositario de' Signori paghi de' danari si truova in manodel Commune per qualunque conto, tutti quelli che da iSignori insieme con gli offiziali gli saranno stanziati.Nondimeno Francesco del Nero farà difficultà in pagarli, seda N.S. non gli è fatto scrivere che gli paghi. L'officio neha scritto allo imbasciatore: priegovi aiutiate la cosa, cheil papa glie ne scriva. Addì 2 di Giugno 1526.Niccolò Machiavelli.

%1526 giu (Lett. 302)A Messer Francesco Guicciardini.

Io non ho hauto commodità di parlare prima che sabatopassato a L. S., ma essendo con lui, et ragionando seco dipiù cose, mi entrò sul suo figliolo, tanto che io hebbioccasione di dolermi seco dello havere egli tenuto pococonto della pratica che già gli havevo mossa, et che io erocerto, come già gli fuggì un parentado ricco, che hora gliene fuggirebbe uno honorevolissimo et non povero, né sapevo,se desiderava dargli una fiorentina, dove si potesse altrovecapitare. Egli liberamente mi confessò che io dicevo ilvero, et che voi lo havevi fatto tentare, et che a lui nonpotrebbe più piacere, et che gli piaceva tanto, che se benela cosa non si faccesse hora, che havendone voi quattro,credeva potere essere a tempo ad una. La ragione deldifferire era, che la donna stava meglio che la non soleva,che il garzone haveva preso migliori indirizzi, usando conhuomini litterati et studiando assiduamente; le quali duacose per mancarne altra volta, lo faceva pensare adacconpagnarlo. La terza era una sua figliola, qualedesiderava maritare prima; ma che la cosa nondimeno glipiaceva tanto, che haveva già più volte ragionato con ilgarzone di voi, et presa la occasione dallo essere stato inRomagna duoi giorni con Jacopo vostro, quando tornòdall'Oreto, et che gli mostrava la grandezza di quel grado,

et con quanta dignità voi l'havevi tenuto, et il nome chevoi havevi, et che haveva posto in cielo le qualità vostre;et che questo haveva fatto per facilitare la cosa, quando sene havesse a ragionare, perché dubitava che non havesse ilcapo a gran dote; et parlò, circa a queste cose, in modo cheio non harei desiderato più. Io non mancai di mostrarli chequelli rispetti erano vani, perché la fanciulla era di etàche la si poteva tenere così quattro o cinque anni, et chequesto gli aiuterebbe maritare la figliola, perché chi vuoledote strasordinarie le ha a dare, et conbatte'lo unpezzo, tanto che, se egli non fosse uno huomo un pocolegato, io ci harei dentro una grande speranza. Addì 2 diGiugno 1526.Niccolò Machiavelli.

%1526 giu (Lett. 303)A Messer Francesco Guicciardini.

Ancor che io sappia che da Luigi vostro vi sia statoscritto la oppinion sua circa il mettere dentro il colle diSamminiato, perché mi par caso inportantissimo, io nonvoglio mancare di scrivervene un motto. La più nocivaimpresa che faccia una republica è farsi in corpo una cosaforte, o che sùbito si possa fare forte. Se voi vi arrecateinnanzi il modello che si lasciò costì, voi vedrete che,abbracciato Samminiato et fatto lassù quel baluardo, che unafortezza è fatta, perché dalla porta a San Miniato a quelladi San Niccolò è sì poco spatio, che cento huomini in ungiorno, sgrottando, lo possano mettere in fortezza, diqualità che, se mai per alcuno disordine un potente venissea Firenze, come il re di Francia nel 1494, voi diventateservi senza rimedio alcuno, perché, trovando il luogoaperto, voi non potete tenere che non vi entri; et potendosiserrare facilmente, voi non potete tenere che non lo serri.Consideratela bene et, con quella destrezza potete,obviatela, et consigliate quella tagliata, la quale è forteet non pericolosa, perché, se quella di Samminiato sicomincia, io dubito non dispiaccia troppo.Vi ho scritto queste 3 lettere appartate, perché lepossiate usare tutte come vi vien bene. Addì 2 di Giugno1526.Niccolò Machiavelli.

%1526 lug(Lett. 304)[...] anchora avanti all'uscio del proveditore i suoicarriaggi carichi; entrarno al Duca su da lui, detto inbrievi parole come ad non volere essere rotti era necessariolevarsi, et veggiendo questa rovina certa, non eranecessario consigliarla altrimenti. Non si potette farealtro in quel caso che dolersi del disordine et acordarsi adubidire ad quella necessità. Levossi il campo la mattinaavanti giorno, più presto con segni di paura che altrimenti,perché il Duca comandò ad chi guidava le artiglierie cheandassi verso Lodi et non si fermassi se da lui non havevanuova commisione; mandò il proveditore il suo carretieri aLodi con gli arienti et suoi miglioramenti; rimase unopadiglione del loro campo a' nimici; un loro connestabile,non sentendo ch'el campo dilogiava, rimase solo, in modo chefu ad un bel presso di non rimanere preda. Tucto loantiguardo, così di fanti come di cavagli, si filò per piùche per metà et più che di trotto n'andò a Marignano, donde,veggiendo il luoghotenente questo disordine, domandò alcun

furieri dove si ordinava lo alloggiamento, i qualirisposono: A Marignano. Di che lui si maravigliò, essendosirimasi la sera di alloggiare a San Martino. Et tennonsisopra la strada, et col Duca et col proveditore fece ogniopera perché si seguisse l'ordine dato, né possé fare alcunfructo. Et così ci conducemmo qui a Marignano, dove siamoancora. Et veramente, se e nimici havessino conosciuto ildisordine della sera et quello della mattina, sanza alcundubio ci facevono dispiacere et si portava pericolo che nondiventassino in un punto signori di Italia.Sono stati dipoi in consulta, questi signori; dove ilDuca aferma con queste fanterie non si rincorare fare operabuona, et se bene questa prima banda di Svizeri, che debbeessere circa 5 mila, venisse, non farebbe alcuna impresadove si potesse venir a giornata. Stiamoci dunque cosìaspectando che le genti, che hanno a venir di Francia et diSvezerìa, venghino; et havendo considerato alla variationedella opinione del Duca, si iudica come naturalmente,secondo i suo primi discorsi, e' non confidava nelle suogenti et non si voleva mettere ad alcun ristio; ma laimportunità di chi lo spignieva innanzi, che erano tucti esua maggiori, lo feciono pigliare quel partito, sperandoancora, forse rispecto al castello nimico et a quello malecontento perché nascere' fra i nimici disordine a benefitionostro. Et questa fu forse la cagione che la mattina e'corse sì presto, et piantò le artiglierie, et appiccò quellascaramuccia, giudicando che, quanto più animo si monstrava,più e nimici havessino a spaventare et o a·ppartirsi o a nonci asalire. Ma, condocti alla sera et non havendo factoalcun fructo, tornò nella natura sua et nella sua primadiffidentia. Di qui nacque la sùbita et inconsulta levata etla gran ritirata di Marignano, non volendo più che l'animotroppo d'altri nocessi a' rispecti suoi. Siamo pertanto quidove voi vedete; et io giudico e' si ha a fare tanto che e'non segua disordine infra che gli adiuti che hanno ad venirevenghino et le genti che si hanno a muovere et nel Regno etfuora di Italia si muovino: ché non è possibile che questaguerra non si vincha, perché, se gli adiuti venghono a noiprima di Francia che non venghino a' nimici d'Austria,questa guerra sarà finita in duo giorni; ma quando e'venghino in un tracto et i nostri et i loro, et noi con unoalloggiamento forte gli tenghiamo ristretti, in poco tempo,quando non manchino i danari a noi, conviene che manchinoa·lloro, et patendo carestia d'ogni cosa, come patirannohavendo il paese inimico, è necessario che in poco tempo eThedeschi si risolvino et la victoria ci caggia in mano. Mabisogna non voler vincier troppo presto, acciò non ciintervenghi come a quelli mercatanti animosi che, per volerearricchire in uno anno, impoveriscono in 6 mesi.Altro non ho che dire, se già io non volessicontristarvi narrando le miserie di questo paese, il che nonvoglio fare per non turbare il lieto animo vostro, et de'nostri amici; et però farò fine, pregandovi che a GiovanniSerristori et ad gli altri mi raccomandiate, leggiendo loroquesta lettera senza darne copia o altrimenti publicarla. Etquesta sia per risposta ad una havuta da voi in grammatica,la quale fu lecta dal luoghotenente et assai commendata, etè diventato tucto vostro, perché gli pare che così le vostrequalità meritino. Vale iterum, et me, ut facis, ama.Die XIII Julii 1526.Niccolò Machiavegli. In campo.

%1526 set 11, LC

$1407$Questo dì ad 22 ore arrivai qui in campo et scavalcai alla stanza del proveditore et ad quello presentai la lettera di vostra Signoria. Appresso, dopo qualche cerimonia, gli dissi come, premendo assai la lungheza di questa impresa alla Santità di nostro Signore et per consequente alla Signoria vostra, et desiderando vostra Signoria per sattisfare più a nostro Signore intendere a punto quello che se ne poteva intendere di vero, né potendo venir qua, avevi mandato me ad sua Signoria, pregandola fusse contenta volere interamente scoprirmi lo animo suo, cioè ad che termine la impresa era, quello che ne credeva così egli come 1'Excellentia del duca et tutti questi altri capitani, et quando se ne sperassi bene, fra che tempo se ne sperava, perché, quando il tempo della speranza dello acquisto fusse breve, si potrebbe ragionare in un modo, quando fusse lungo, si ragionerebbe in uno altro; et strettamente lo pregai non facessi riserbo d'alcuna cosa, non altrimenti che se vostra Signoria fusse qua, perché poteva farlo, et qui lo strinsi con più efficaci parole seppi.Sua Signoria mi raccolse amorevolmente et mi disse che vedeva per le lettere credentiali come mi poteva parlare $1408$liberamente et così farebbe et in quel modo proprio che al punto della morte farebbe al suo confessore. Et qui si cominciò dalla lunga insino al principio della venuta sua qui et come trovò che questi signori avevano avuto una sbattuta per la morte del signor Julio Manfroni, et in fatto non ci erano 3 mila fanti et i capi pieni di confusione pure avevan disegnato di fare due batterie et dare la battaglia da tre lati. Et benché nel tirare avanti la cosa egli vedesse le batterie vane, per battere la muraglia troppo altamente et per essere impedite da fossi, pure deliberò di dare la battaglia per non lasciare alcuna cosa intentata, non obstante che ancora di verso il castello fossero due trincee et tre bastioni quasi et per assalto insuperabili. Et perché e' non c'era de' capi che stessino a questi assalti se non duoi, cioè il signor Malatesta et messer Piero da Longhena, egli s'offerse di stare nel terzo luogo et fare l'ufizio del soldato et del proveditore; et per non lasciare ancora indietro cosa alcuna, promise premio ad questi capitani se alcuno di loro tenessi una bandiera una meza ora in su la batteria, il che fece per vedere se poteva divertire con quello spaventacchio tanti spagnuoli dalle trincee del castello che si potessi sforzare chi rimaneva a guardalle. Et de' suoi soldati molti s'erono offerti a gittarsi in quelle trincee nel mezo delli inimici. Dieronsi adunque con questi ordine questi assalti et i nostri presono la prima trincea et molti ne salirono in su la sponda dell'altra. Et sarebbesi forse fatto qualche bene, se non che da le batterie si spiccorno più di vii cento fanti et vennono a soccorrer quelli che le difendevono in modo

che, veduto che sendosi gittati da basso si sarebbe ito a manifesta perdita, rivocò i suoi, i quali erano alle mani con i nimici con le piche et con le alabarde. Restata così la cosa, si giudicò che questa via corta delli assalti et della artiglieria fusse difficillima et perciò fusse da pigliare la via lunga delle zappe. Et in su questi pensieri comparse il duca d'Urbino et approvò in tutto questo secondo modo et riempie di certa speranza ciascuno. Domandò il duca, per una sua listra della quale disse aveva mandata copia alla Signoria vostra, ii mila marraiuoli et molte artiglierie et munizioni, delle quali cose dice aver fatto provisione, excetto che de' marraiuoli: non ne ha più che 1200; non di meno gli sollecita perché sieno n mila. Et si è fatto trincee in tra il castello et i ripari et fuori, che vengono a trovare li due $1409$cavalieri che mettono in mezo i detti ripari; et sono le cose in termine che a passar dentro non si ha ad fare altro che una forza di marraiuoli; di poi si potrà da quelli tre lati dare la battaglia come ad piano. Et sopra questo il duca gli ha detto come gli bisognano tredicimila fanti, perché x mila ne terranno occupati gli tre luoghi dove si darà l'assalto et tremila ne vuole per dare l'assalto ad una batteria che vuole fare di nuovo per tenere i nimici in più parti occupati; et avendo questi, ne promette certa et indubitata victoria. De' fanti dice trovarsene qui circa ad xi mila et che, per questi ii mila che mancano, ne ha scritto a Vinegia et di dì in dì aspetta la provisione de' danari per soldargli, et che ha commodità, avuti i danari, d'avere i fanti, et che non crede che si peni ad essere ad ordine 5 o 6 dì, et avuti i fanti, si comincerà a fare questa forza et, da che la si comincerà ad quattro giorni, o Cremona sarà nostra o noi ne saremo disperati. Ma che la sia nostra, lo promette il capitano, lo affermono tutti questi capi et lo credono et sperano tutti i soldati et qualunque è qui, insino a i putti.Dissemi apresso che aveva avuto lettere da la Sua Illustrissima Signoria, dolendosi della lunghezza della impresa et che fusse con il duca et lo pregasse che, se vedesse la impresa o lunga o dura da non sperarne, che si consigliasse se fusse da prendere altro partito et non si consumare qui. Di che dice che il duca prese affanno assai, mostrandola vinta et dicendo che se ne partirebbe quando quella Signoria gliene comandasse expressamente, altrimenti no, perché, partendosi di qui con questa vergogna, si taglierebbon le gambe a tutte l'altre imprese, né saprebbe come di Milano o di Genova si avessero a cavare gli spagnuoli, quando non si cavassino di Cremona: dove abbiamo il castello, non abbiamo ad combattere se non con ripari, et quelli si sono mezi tolti loro et non vi sono restati 1500 difensori, perché più di mille sono fra feriti, morti et malati. Sì che io potevo avere inteso

dove le cose si trovavano, quello che ne sperava il duca et ciascuno, et quanto si doveva fare, affermandomi non si essere fatto riserbo alcuno.Io, prima ringraziatolo per parte di vostra Signoria d'avermi tanto allungo informato d'ogni cosa, gli dissi: Per quanto io ho raccolto dal parlare di vostra Signoria, voi dite che insomma che in capo di x giorni si potrà vedere $1410$il fine di questa impresa. I quali x credevo si potessino dire venti, perché i danari non sono venuti; venuti i danari, s'hanno a soldare i fanti, né credo che possino bastare sei dì ad fare questo, perché tutti i tempi ingannano et maxime quelli della guerra; pertanto in questo caso io gli avevo ad dire, perché così è la mente di nostro Signore, che si consideri quello che importa questo tempo all'altra impresa nostra, perché già l'armata tutta della lega era sopra Genova et che questa armata senza forze per terra non è per fare frutto alcuno: le genti che ha seco il marchese di Saluzo, quando e' volessi andarvi ché si crede che non vi voglia ire solo non basterebbono, per essere poche et forse non buone genti. Conviene dunque, non volendo fare quella impresa debilmente, mandarvi altre forze; forze non ci sono, se non quelle che sono intorno a Milano et che son qui, perché soldare di nuovo sarebbe cosa lunga o forse impossibile. Conviene adunque o differire la impresa di Genova o farla debilmente, o abbandonare Milano o abbandonare Cremona, perché le genti che sono d'intorno a Milano non sono tante che se ne possa levare parte et l'altre restare sicure. Se l'impresa si fa debilmente, è una cosa perniziosissima. Et che sia vero, io credevo che i nostri exempli ci abbino insegnato che i deboli assalti danno animo al nemico et fannolo obstinato in modo che i gagliardi poi non bastono, ché, avendo assaltato Milano prima et poi Cremona debilmente, non abbiamo avuta né l'una né l'altra; il simile si farebbe di Genova, perché e' si ha avere speranza nel popolo, più che in niuna altra cosa, che voglia aderirsi a quelli che vengono per trarli di servitù: se lo assalto è debole, il popolo non si moverà et comincerà ad imparare nella difficultà ad ubbidire, gli spagnuoli che vi sono dentro che ve ne sono assai, per esservi iti quelli d'Alexandria si assicureranno veggendo il popolo stare saldo, sì che, quando bene di poi vi si andasse con maggiori forze, le non gioverebbono, et converrebbe che la fusse tutta forza, la quale, nel pigliare le terre grosse, il più delle volte non basta. Pertanto tale impresa conviene o farla gagliarda o lasciarla stare. Debbesi dunque ringagliardire o con abbandonare Milano o Cremona. Se si abbandona Milano, ci è una vergogna et due pericoli. La vergogna è lasciare Milano et torsi quella reputazione che si è mantenuta insino a qui. E pericoli sono che quelli di Milano o non

venghino a $1411$rompere la testa ad quelli che fussino rimasi a Cremona o la maggior parte di loro n'andassino in Genova, il che farebbe l'impresa perduta. Se si abbandona Cremona, non ci è altro che quella vergogna, ma niuno pericolo, perché si lascia una impresa incerta et d'uno acquisto dubio et che non è al tutto la vita della impresa, et vassi ad uno acquisto più certo et che al tutto è la victoria nostra, la quale victoria non si può avere se si differisce pure sei giorni ad andarvi. Et qui gli dissi della vernata che ci viene addosso, della spesa insopportabile, delli aiuti che vengono di Spagna et di tutte l'altre cose che vostra Signoria mi dette per ricordo, mostrandogli per questo come ditta impresa non si poteva lasciare così, differendo il tentarla, perché la vernata era in fatto dove non poteva stare lungo tempo rispetto a' temporali tristi che vengono, et però bisognava risolversi et pigliare il meno male per bene; et come il papa restava di mala voglia et che la mente sua era che Genova si tentasse, quando bene si avessi a lasciare ogni altra cosa. Et qui lo strinsi ad volere fare capace il duca di questa deliberatione et che io gli parlerei quando volessi, ma con quelli rispetti che era necessario.Sua Signoria mi stette a udire attentamente et parvongli le ragioni allegate vere; purè disse che questi x giorni vedrebbe che bastassino ad chiarirsi et che voleva che io parlassi al duca domattina in quel modo acomodato che io pensavo che fusse bene, ma che non credeva che mai e' si volgesse a partirsi, almeno se prima egli non avessi tentati questi suoi ordini. Et cosi rimanemo domattina d'essere seco. Et doman da sera per le poste io ragguaglierò vostra Signoria di tutto. Et parte domani andrò veggendo queste cose et di tutto vi ragguaglierò. Christo vi guardi. Le lettere di Capino m'hanno dato animo a scrivervi questa intemerata.

%1526 ott (Lett. 313) Charissimo Bartolomeo. La cagione perché il Papa mossequesta guerra prima che il Re di Francia havesse mandate lesua genti in Italia, et mosso in Hispagna secondo l'obligho,o prima che tucti e Svizeri fussino arrivati, fu la speranzache si prese sopra il popolo di Milano, et il credere che6 milia Svizeri, e quali erano stati mossi da i Vinitianiet da·llui ne' primi tumulti di Milano, fussino sì prestiche si congnungessino ad un tempo, quando si congiussono iVinitiani collo exercito suo; et apresso, credendo che legenti del Re, se le non erano così preste, fussino almeno intempo da potere aiutare vincere la impresa. Ad questesperanze si adgiunse la necessità, che il Castello monstravahaver di essere soccorso. Queste cose tucte adunque fecionoaccelerare il Papa, et con tale speranza che si credevaquesta guerra dovere finire in XV giorni; la quale speranzafu accresciuta da la presa di Lodi. Congiunsonsi dunquequesti exerciti de' Vinitiani et del Papa; et de' presupostidi sopra, duoi importantissimi mancorno, perché i Svizeri

non vennono, et il popolo di Milano non fu di momentoalcuno. Tale che, presentatoci a Milano, il popolo non simosse, et non havendo i Svizeri non havemmo animo a starvi,et ci riducemmo a Marignano. Né prima si tornò a Milano chefunno venuti 5 mila Svizeri: la venuta de' quali comeprima la serebbe stata utile, fu dannosa; perché ci dettonoanimo a tornare a Milano per soccorrere il Castello, et nonsi soccorse; et c'impegnamo a stare qui, perché essendostata la prima ritirata vergognosa, niuno consigliava laseconda. Il che fece che la impresa di Cremona si fece conparte delle fanterie et non con tucte, come si sarebbe factase noi alla perdita del Castello ci fussimo trovati aMarignano. Fecesi adunque per queste ragioni, et anche persperarla facile, la impresa di Cremona debilmente; il che fucontro ad una mia regola che dice, che non è partito savioaristiare tucta la fortuna et non tucte le forze. Credettonocostoro, mediante la forteza, che 4 mila personebastassero a vincerla. Il quale assalto, per essere debole,fece Cremona più difficile, perché costoro non combatterno,ma insegnorno i luoghi deboli; di che quelli di drento nongli perderono ma gli affortificorno. Fermorno, oltre a diquesto, gli animi alla difesa; talmente che, anchora che viandassi poi il Duca d'Urbino et che vi fussi 14 milapersone intorno, non bastavano; ché, se vi fussi ito primacon tucto lo exercito, havendo potuto fare in un tempo piùbatterie, di necessità si pigliava in 6 giorni, et eraforse vinta questa impresa, perché ci saremo trovati insulla reputatione dello acquisto, con uno exercitogrossissimo. Perché vennono 13 mila Svizeri, tale che oMilano o Genova, o forse tucti a dua si arrapavano, néhavevono i nimici rimedio, né i disordini di Roma venivono;né gli aiuti, che non sono ancora venuti, erano a tempo. Etnoi habbiamo atteso 50 dì a vagheggiare Milano; et loacquisto di Cremona si è condotto tardo, quando ogni cosa ciè rovinato adosso. Habbiamo noi dunque di qua perduta questaguerra due volte: l'una, quando andammo a Milano et non vistemmo; l'altra quando mandammo, et non andammo, a Cremona.Del primo fu cagione la timidità del Duca; del secondo laboria di tucti noi, perché, parendoci havere havuto vergognadella prima ritirata, niuno si ardiva a consigliare laseconda; et il Duca seppe fare male contro alla voglia ditucti, et contro alla voglia di tucti non seppe fare bene.Questi sono stati gli errori, che ci hanno tolta lavittoria; tolta, dico, per non havere vinto prima; perchénoi haremmo differita, et non perduto la impresa, se idisordini nostri non sopragiugnevono; i quali sono statianche duoi: il primo è il Papa non havere facti danari ne'tempi che potea con riputatione fargli, et in quegli modiche hanno facti gli altri Papi. L'altro, stare in modo inRoma che ne sia potuto ire preso come un binbo, la qualecosa ha fatto in modo aviluppare questa matassa che non lariducerebbe Christo. Perché il Papa ha ritirato di campo legenti, et messer Francesco è in campo ancora, et hoggi videbbe essere arrivato il Duca d'Urbino. Sono rimasi piùcondottieri, di più opinioni, ma tucti ambitiosi etinsopportabili; et manchandovi chi sappia temperare i lorohumori et tenergli uniti, la fia una zolfa di cani. Di chene nascie una straccurataggine di faccende grandissima, etgià il signore Giovanni non vi vuole stare; et credo chehoggi si partirà. I quali disordini tucti erono correttidalla sollecitudine et diligentia di messer Francesco.Oltr'a di questo, se danari prima et da Roma venivono, horamancheranno in tucto; in modo che io veggo poco ordine a'casi nostri, et se Dio non ci adiuta di verso mezodì, come

gli ha facto di verso tramontana, ci sono pochi rimedii;perché, come gli ha impedito a costoro gli adiuti dellaMagna con la ruina d'Ungheria, così bisognerebbe impedissiquegli di Hispagna con la ruina della armata; onde noiharemmo bisogno che Junone andasse a preghare Eolo per noi,et promettessigli la Contessa et quante dame ha Firenze,perché dessi la scapula a' venti in favor nostro. Et sanzadubio, se il Turcho non fussi, io credo che gli Hispagnuolisarebbono venuti a fare l'Ognissanti con epso noi.Io, veduto perduto il Castello, et considerato comequelli Hispagnuoli si erano acculati in tre o in quattro diqueste ciptà et assicuratisi de' popoli, giudichai questaguerra dovere essere lungha et, per la lungheza sua,pericolosa. Perché io so con che dificultà si pigliono leterre, quando vi è dentro chi le voglia difendere; et comeuna provincia si piglia in un dì, et una terra difesa vuoldi mesi et anni a pigliarla, come ci monstrono moltehistorie antiche, et delle moderne Rodi et Ungheria. Dondeche io scripsi a Francesco Vettori, che io credevo chequesta impresa non si potesse tollerare, se non a fare cheil Re di Francia la pigliassi per sua dandogli questo stato;o per diversione, cioè lasciare in questi stati guardatequeste frontiere, che questi Hispagnuoli non potesseno fareprogressi, et con tucte le forze asalire il Regno, il qualecredevo si potessi prima pigliare, che una di queste terrequa. Perché quivi non erano né difensori obstinati, népopuli battuti da [...] quale l'huomo voleva. Oltre a diquesto, la guerra nutriva contesa; perché gli adiuti che siharebbono havuti dalle terri, harebbono havuti glistipendii; et la grasseza del paese non stracco gli harebbefacti più lunghi. Et il papa sanza nuova spesa viveva sicuroin Roma, et si sarebbe veduto quale lo Imperadore havessistimato più, o la Lombardia o il Regno. Et se questo non sifaceva, vedevo perduto la guerra; perché la lungheza eracerta, et nella lungheza e pericoli si potevono dire certi,o per mancamenti di danari, o per altri accidenti comequelli che sono nati. Et parevami un partito stranoconsumarsi in campagna, et che il nimico godessi nellaterra, et che, venuti poi gli aiuti, trovatici strachi, cirovinassi come l'Anmiraglio et il Re.

%1526 nov (Lett. 315)A messer Francesco Guicciardini.

Sig. Luogotenente. Di Modana si scrisse a V. S. unalettera più atta a trattenere Filciaffo, che a farequalsivoglia altra cosa; per questa si ha a scrivere ilseguìto dipoi. Et cominciandomi da Modana, come io giunsi,Filippo mi si fe' incontro et mi disse: - E1 egli peròpossibile che io non habbi fatto mai cosa che bene stia? -Io gli risposi così ridendo: - Signor governatore, non ve nemaravigliate, ché non è difetto vostro, ma di questo anno,che non ci è persona che habbia fatto ben veruno, né cosaper il verso. Lo inperadore non si può essere portatopeggio, non havendo mandato in tanto tempo aiuto alcuno aquesti suoi, et lo poteva fare facilmente; gli Spagnuolihanno potuto qualche volta farci di gran natte, et non lohanno saputo fare; noi habbiamo potuto vincere, et nonhabbiamo saputo; il papa ha creduto più ad una inpennata diinchiostro che a mille fanti che gli bastavano a guardarlo;solo i Sanesi si sono portati bene, et non è maraviglia sein un tempo pazzo i pazzi pruovon bene; di modo, signorgovernatore mio, che sarebbe più cattivo segno l'haver fatto

qualche buona pruova, che havendola fatta cattiva. - Horpoiché così è - disse Filippo - io me ne voglio tòrre diaffanno, et ne resto molto contento. - Et così si finì ilprimo atto della commedia. Venne poco dipoi il conte Guido,et come mi vidde, disse: - E1 più adirato il Luogotenente? -risposi di no, perché non haveva più presso chi era cagioneche si adirasse; et per non dire tutti li particulari, siragionò un poco di questa vostra benedetta stizza; et eglidisse, che andrebbe prima in exilio in Egitto, che condursiin esercito dove voi fussi. Qui io dissi quello che siconveniva, et particularmente si disputò de' mali et de'beni che haveva fatto la presenza vostra, tale chefacilmente ognuno cedette, che l'haveva fatto più bene chemale. Stetti in Modena duoi giorni, et praticai con unprofeta che disse con testimonii haver predetto la fuga delpapa et la vanità della inpresa, et di nuovo dice non esserepassati tutti li cattivi tempi, ne' quali il papa et noipatireno assai. Venimo alla fine in Firenze, et de imaggior' carichi che io vi habbia sentito dare, è lo haverecon lettere, scritte qui al cardinale, mostra la facilitàdella impresa et la vittoria certa; dove io detto ho chequesto non è possibile, perché io credo havere veduto tuttele lettere inportanti, che V.S. ha scritto dove eranooppinioni tutte contrarie ad una certa victoria. Addì 5 diNovembre 1526.Niccolò Machiavelli.

%1526 dic 2, LC$1413$Io arrivai qui oggi a grand'ora, e subito fui alla Signoria del luogotenente, e presentategli le lettere delle Signorie vostre, gli narrai particularmente la cagione della venuta mia. Sua Signoria mi disse: io per satisfazione di quelli Signori ti dirò prima dove si trovino le nostre genti e quelle dei nemici; dipoi quello che de' nemici si possa temere e degli amici sperare; e ultimo loco, quanto mi occorra circa la pace che si avesse a praticare. I lanzichenét ieri erano a Quistello, luogo nel Mantovano di qua da Lecchia; oggi sono passati il fiume, e iti verso Rezuolo' e $1414$Gonzaga, che mostra piglino il cammino verso Milano per congiungersi con gli spagnuoli. Sono questi tedeschi in numero di quindici o sedicimila, secondo che per più vie si ritrae, ancora che da un mio da Mantova mi sia scritto che non passano dieci mila. Gli spagnuoli di Milano sono ancora in quella città, ma fanno segni volersene uscire, perché hanno concluso con i milanesi di aver trentamila fiorini, e partirannosi; il che è conforme al cammino che fanno i lanzichinét. Il duca d'Urbino con tutte quelle genti aveva condotte seco, per essere alla coda de' tedeschi, si trova in Mantovano, né fa disegno muoversi, ancora che da me ne sia stato molte volte sollecitato: vero è che manda un suo capo in Piacenza con mille fanti, che vi saranno domani. Il marchese di Saluzzo si trova a Vaure, luogo in Bergamasco discosto da Milano quattordici e da Bergamo sedici miglia, e ha seco tutte le sue genti, e di più trecento uomini d'arme de' viniziani, e circa mille

fanti. Le fanterie del signore Giovanni in numero circa tremila, fieno postdomani a Parma. Ci sono, oltre a questi, circa a quattromila fanti, tanto che, computato ogni cosa, la lega ha in questa provincia meglio che ventimila fanti; e quando egli non mancassino i danari al papa e si riducessino insieme, si potrebbe per avventura vivere sicuro; ma quando manchino le provisioni di sua Santità, gli altri fieno freddi e si può temere assai. E sanza dubbio, tenendo queste genti insieme e ben pagate, i nemici, o stando qua o passando innanzi, non potrieno fare grandi effetti, senza i quali non si potrebbono, rispetto a' danari, mantenere. Ma stando così divisi e non intendendo l'uno l'altro, né confidando l'uno dell'altro, si può sperare poco bene.I nemici, secondo l'opinione mia, poi che fanno segni di volersi congiugnere, ci daranno qualche dì tempo alla pace o alla guerra; e congiunti che sieno, non è ragionevole si stieno a perder tempo, e assalteranno o le terre de' viniziani o quelle della Chiesa o e' verranno in Toscana: nei primi duoi casi ci sarà tempo a pensare a' casi vostri, nell'altro io non vi posso promettere al certo altro aiuto che quelli sei o settemila fanti che ci ha qui la Chiesa: perché de' viniziani, conosciuto il naturale loro, non si può altri in simili casi promettere cosa alcuna. De' franzesi, non so se seguitassino piuttosto il consiglio de' viniziani che quello che sovvenisse al bisogno vostro: e $1415$però io non voglio farne altro iudizio che rimettermene dipoi a quello che sarà. Sicché scrivi a quelli Signori quanto io ti ho detto, e come io non manco di fare ogni opera che questi eserciti si riunischino, e sollecitare e Vinegia e Roma a non si abbandonare e a fare quanto di sopra si dice.Circa al praticare qua pace, mi disse il signore luogotenente: a me pare cosa vana e di niun profitto, perché il pensare di corrompere i tedeschi o d'accordarsi con quelli non riuscirebbe, sendo loro e gli spagnuoli un corpo medesimo; conviene dunque che questa pace si tratti con quelli che ne hanno autorità dall'imperatore, il quale non crede sia Borbone o altri di questi capi qua, ma sibbene il viceré [o] don Ugo, i quali sono di costà, perché s'intende che il viceré con parte dell'armata è sbarcato a San Stefano, porto dei sanesi, sicché di costà si possono meglio queste pratiche muovere, e crede che di già il papa le abbia mosse e potrieno fare qualche buono effetto. In somma si vede che questi moti di qua ci danno tempo a potere pensare a' rimedii, o colla pace o con altro: e così puoi fare intendere a quelli Signori.Questo è in sostanza quanto io ho potuto ritrarre dal signore luogotenente, e mi è parso darvene avviso per la presente staffetta, acciò intendino vostre Signorie il tutto: e io mi fermerò qui ancora due giorni per vedere se accidente alcuno nascesse, e potermene tornare

meglio informato delle cose di qua. Raccomandomi a vostre Signorie. Quae bene valeant.Aranno vostre Signorie inteso la morte del signor Giovanni, il quale è morto con dispiacere di ciascuno.Servitor, Niccolò Machiavelli, in Modona.

%1526 dic 3, LC$1416$Iarsera détti notizia alle Signorie vostre di quanto avevo ritratto dal luogotenente circa le cose di qua, né dipoi ho che dirvi altro di momento che replicarvi brevemente il medesimo: cioè che venendo i nemici a cotesta volta, voi vi potrete valere delle genti che ci ha la Chiesa, che sono circa settemila fanti, e ancora non bene di tutte, per averne a lasciare alcuna parte qua; e forse vi varrete delle genti franzesi, delle quali il luogotenente dubita forte, ma di quelle de' viniziani glie ne pare essere chiaro che le vorranno rimanere a casa loro. Circa i capi da servirvi, o ora o colle genti, hanno vostre Signorie ad intendere che qui non ci sono d'importanza se non tre capi, ne' quali si potesse cosa alcuna confidare: i quali sono il conte Guido, e Pagolo Luciasco, capo delle genti di Mantova, e Guido Vainil; di questi ne potete avere uno a posta di vostre Signorie.De' lanzechinét questa sera ci sono nuove da più bande, come sono alloggiati tra Guastalla e Berselli, via da potere ire a Piacenza e a Parma; e benché di questo non ci sia certo messo, nondimeno ci è per tante vie, che se gli presta fede.Degli spagnuoli di Milano non s'intende altri moti che quelli vi si scrissono iarsera.Il duca di Ferrara non muove ancora alcuna cosa; vero è che ci sono duoi segni, per i quali si può giudicare che si abbi a turbare questo paese: i quali sono che più mesi sono si fece una triegua tra questi uomini di questa terra e quelli di Carpi, che il paese dell'uno e dell'altro non si corresse, la quale sendo spirata, quelli di Carpi non hanno voluta rinnovare; l'altro è che il duca aveva le poste che correvano da Ferrara a Reggio in questo luogo; egli le ha levate e messe per via che le corrono sempre su per il suo.Il luogotenente veggendo come la guerra si discosta di qua e va verso Parma e Piacenza, questo giorno a ore 22 montò a cavallo e col conte Guido e Guido Vaini ne è ito $1417$verso Parma. Pertanto io mi partirò domattina di qui e verronne a cotesta volta pure a giornate, per non prendere affanno senza bisogno: non avendo altro che dire a vostre Signorie che quello vi ho scritto; perché, quanto alla pace e ad ogni qualità d'accordo che si avesse a trattare di qua, pare al luogotenente impresa al tutto vana e di danno, e non di profitto alcuno. Raccomandomi a vostre Signorie. Quae bene valeant.

%1525/26 Favola (Belfagor)Leggesi nelle antiche memorie delle fiorentine cose come già s'intese per relatione di alcuno sanctissimo huomo, la cui vita apresso qualunque in quelli tempi viveva era celebrata, che standosi abstracto nelle sue orationi vide mediante quelle come, andando infinite anime de quelli miseri mortali che nella disgratia di Dio morivano all'inferno, tutte o la maggior parte si dolevono non per altro che per havere preso mogle essersi a tanta infelicità condotte, donde che Minos et Radamanto, insieme con gli altri infernali giudici, ne havevano maravigla grandissima. Et non potendo credere queste calunnie, che costoro al sexo femmineo davano, essere vere, et cresciendo ogni giorno le querele, et havendo di tutto facto a Plutone conveniente rapporto, fu deliberato per lui di havere sopra questo caso con tutti gl'infernali principi maturo examine, et piglarne dipoi quel partito che fussi giudicato miglore per scoprire questa fallacia o conoscerne in tutto la verità. Chiamatogli adunque a concilio, parlò Plutone in questa sentenza: - Anchora che io, dilettissimi miei, per celeste dispositione et fatale sorte al tutto inrevocabile possegga questo regno, et che per questo io non possa essere obligato ad alcuno iudicio o celeste o mondano, nondimeno, perché gli è maggiore prudenza di quelli che possono più, sottomettersi più alle leggi et più stimare l'altrui iuditio, ho deliberato essere consiglato da voi come, in uno caso, il quale potrebbe seguire con qualche infamia del nostro imperio, io mi debba governare. Perché, dicendo tucte l'anime degli huomini che vengono nel nostro regno, esserne stato cagione la mogle, et parendoci questo impossibile, dubitiamo che, dando iuditio sopra questa relatione, ne possiamo essere calunniati come troppo creduli, et non ne dando come manco severi et poco amatori della iustitia. Et perché l'uno peccato è da huomini leggieri et l'altro da ingiusti, et volendo fuggire quegli carichi che da l'uno et l'altro potrebbono dependere, et non trovandone il modo, vi habbiamo chiamati, acciò che consiglandone ci aiutiate; et siate cagione che questo regno, come per lo passato è vivuto sanza infamia, così per lo advenire viva -. Parve a ciascheduno di quegli principi il caso importantissimo et di molta consideratione; et concludendo tutti come egli era necessario scoprirne la verità, erano discrepanti del modo: perché a chi pareva che si mandassi uno a chi più nel mondo, che sotto forma di huomo conoscessi personalmente questo vero; a molti altri occorreva potersi fare sanza tanto disagio, costringendo varie anime con varii tormenti a scoprirlo. Pure, la maggior parte consiglando che si mandassi, s'indirizorno a questa opinione. Et non si trovando alcuno, che voluntariamente prehendessi questa impresa, deliberorno che la sorte fussi quella che lo dichiarassi: la quale cadde sopra Belfagor arcidiavolo, ma per lo adietro, avanti che cadessi di cielo, arcangielo. Il quale, anchora che male volentieri piglassi questo carico, nondimeno, constretto da lo imperio di Plutone, si dispose a seguire quanto nel concilio si era determinato, et si obligò a quelle conditioni che infra loro solennemente erano state decisliberate. Le quali erano che subito a colui che fussi a questa commissione deputato fussino consegnati centomila ducati, con i quali doveva venire nel mondo, et sotto forma di huomo prehender mogle et con quella vivere Xci anni, et dipoi, fingendo di morire, tornarsene, et per experienza fare fede a i suoi superiori quali sieno i carichi et le incommodità del matrimonio. Dichiarossi ancora che durante

detto tempo ei fussi sottoposto a tucti quegli disagi et mali che sono sottoposti gli huomini, et che si tira drietro la povertà, le carcere, la malattia et ogni altro infortunio nel quale gli huomini incorrono, excepto se con inganno o astutia se ne liberassi. Presa adunque Belfagor la conditione et i danari, ne venne nel mondo; et ordinato di sua masnade cavagli et compagni, entrò honoratissimamente in Firenze; la quale città innanzi a tutte l'altre elesse per suo domicilio, come quella che gli pareva più atta a sopportare chi con arte usurarie exercitassi i suoi danari et quel si fussi o di poca religione o di altre simili malitie che concepé. Et, fattosi chiamare Roderigo di Castigla, prese una casa a ficto nel Borgo d'Ognisanti; et perché non si potessino rinvenire le sue conditioni, dixe essersi da piccolo partito di Spagna et itone in Soria et havere in Aleppe guadagnato tutte le sue facultà; donde s'era poi partito per venire in Italia a prehendere donna in luoghi più humani et alla vita civile et allo animo suo più conformi. Era Roderigo bellissimo huomo et monstrava una età di trenta anni; et havendo in pochi giorni dimostro di quante richeze abundassi et dando exempli di sé di essere humano et liberale, molti nobili cittadini, che havevano assai figlole et pochi danari, se gli offerivano. Intra le quali tutte Roderigo scielse una bellissima fanciulla chiamata Onesta, figluola di Amerigo Donati, il quale ne haveva tre altre insieme con tre figluoli maschi tutti huomini, et quelle erano quasi che da marito; et benché fussi d'una nobilissima famigla et di lui fussi in Firenze tenuto buono conto, nondimanco era, rispetto alla brigata havea et alla nobilità, poverissimo. Fecie Roderigo magnifiche et splendidissime noze, né lasciò indietro alcuna di quelle cose che in simili feste si desiderano. Et essendo, per la legge che gli era stata data nello uscire d'inferno, sottoposto a tutte le passioni humane, subito cominciò a piglare piacere degli honori et delle pompe del mondo, et havere caro di essere laudato intra gli huomini, il che gli arrecava spesa non piccola. Oltr’a di questo, non fu dimorato molto con la sua mona Onesta, che se ne innamorò fuori di misura, né poteva vivere qualunque volta la vedeva stare trista et havere alcuno dispiacere. Haveva mona Onesta portato in casa di Roderigo, insieme con la nobilità et con la belleza, tanta superbia che non ne hebbe mai tanta Lucifero. Et Roderigo, che haveva provata l'una et l'altra, giudicava quella della mogle superiore; ma diventò di lunga maggiore, come prima quella si accorse dello amore che il marito le portava; et parendole poterlo da ogne parte signoreggiare, sanza alcuna piatà o rispetto lo comandava, né dubitava, quando da lui alcuna cosa gli era negata, con parole villane et iniuriose morderlo: il che era a Roderigo cagione di inestimabile noia. Pur nondimeno il suocero, i frategli, il parentado, l'obligo del matrimonio et sopratutto il grande amore le portava gli faceva havere patienza. Io voglo lasciare ire le grande spese che per contentarla faceva in vestirla di nuove usanze et contentarla di nuove fogge, che continuamente la nostra città per sua naturale consuetudine varia; che fu necessitato, volendo stare in pace con lei, aiutare al suocero maritare l'altre sue figluole: dove spese grossa somma di danari. Dopo questo, volendo havere bene con quella, gli convenne mandare uno de' frategli in levante con panni, un altro in ponemte con drappi, all'altro aprire uno battiloro in Firenze: nelle quali cose dispensò la maggiore parte delle sue fortune. Oltre a di questo ne' tempi de' carnasciali et de’ san Giovanni, quando tucta la città per antica consuetudine festeggia, et che molti cittadini nobili et richi con splendidissimi conviti si

honorono, per non essere mona Onesta all'altre donne inferiore, voleva che il suo Roderigo con simili feste tutti gli altri con simili feste superassi. Le quali cose tutte erano da lui per le sopradette cagioni sopportate; né gli sarebbono, anchora che gravissime, parute gravi a farle, se da questo ne fussi nata la quiete della casa sua et s'egli havessi potuto pacificamente aspettare i tempi della sua rovina. Ma gl'interveniva l'opposito, perché con le insopportabili spese, la insolente natura di lei \infinite incommodità/ gli arrecava; et non erano in casa sua né servi né serventi che, nonché molto tempo, ma brevissimi giorni la potessino sopportare; donde ne nascevano a Roderigo disagi gravissimi per non potere tenere servo fidato che havessi amore alle cose sua; et, non che altri, quegli diavoli, i quali in persona di famigli haveva condotti seco, più tosto elessono di tornarsene in inferno ad stare nel fuoco che vivere nel mondo sotto lo imperio di quella. Standosi adunque Roderigo in questa tumultuosa et inquieta vita, et havendo per le disordinate spese già consumato quanto mobile si haveva riserbato, cominciò a vivere sopra la speranza de' ritracti, che di ponente et di levante aspettava; et havendo anchora buono credito, per non mancare di suo grado, prese ad cambio. Et girandogli già molti marchi adosso, fu presto notato da quegli che in simile exercizio in Mercato si travaglano. Et essendo di già il caso suo tenero, vennero in un subito di Levante et di Ponente nuove come l'uno de' frategli di mona Onesta s'aveva giucato tutto il mobile di Roderigo, et che l'altro, tornando sopra una nave carica di sue mercatantie sanza essersi altrimenti assicurato, era insieme con quelle annegato. Né fu prima publicata questa cosa che i creditori di Roderigo si ristrinsono insieme; et giudicando che fussi spacciato, né possendo ancora scoprirsi per non essere venuto il tempo de' pagamenti loro, conclusono che fussi bene observarlo così dextramente, acciò che dal detto al facto di nascoso non se ne fuggissi. Roderigo, da l'altra parte, non veggiendo al caso suo rimedio, et sapiendo a quanto la leggie infernale lo costringeva, pensò di fuggirsi in ogni modo. Et montato una mattina a cavallo, abitando propinquo alla Porta al Prato, per quella se ne uscì; né prima fu veduta la partita sua, che il romore si levò fra i creditori, i quali ricorsi a i magistrati, non solamente con i cursori, ma popularmente si missono a seguirlo. Non era Roderigo, quando se gli lievò drieto il romore, dilungato da la città uno miglo; in modo che, vedendosi a male partito, deliberò, per fuggire più secreto, uscire di strada et atraverso per gli campi cercare sua fortuna. Ma sendo a fare questo impedito da le assai fosse che atraversano il paese, né potendo per questo ire a cavallo, si misse a fuggire a piè; et lasciata la cavalcatura in su la strada, attraversando di campo in campo, coperto da le vigne e da' canneti di che quel paese abonda, arrivò sopra Peretola a casa Gianmatteo del Bricha, lavoratore di Giovanni del Bene, et a sorte trovò Gianmatteo che arrecava a casa da rodere a i buoi, et se gli raccomandò promettendogli, che se lo salvava dalle mani de' suoi nimici, i quali per farlo morire in prigione lo seguitavano, che lo farebbe ricco et gliene darebbe innanzi alla sua partita tale saggio che gli crederrebbe; et quando questo non facessi, era contento che esso proprio lo ponessi in mano a i suoi aversarii. Era Gianmatteo, anchora che contadino, huomo animoso, et giudicando non potere perdere a piglare partito di salvarlo, liene promisse; et cacciatolo in uno monte di letame, quale haveva davanti a la sua casa, lo ricoperse con cannuccie et altre mondigle che per ardere haveva ragunate. Non era

Roderigo apena fornito di nascondersi, che i suoi perseguitatori sopradgiunsono. Et per spaventi che facessino a Gianmatteo, non trassono mai da lui che lo havessi visto, talché passati più innanzi, havendolo invano quel dì et quell'altro cercho, strachi se ne tornorno a Firenze. Gianmatteo adunque, cessato il romore et tractolo del loco dove era, lo richiese della fede data. Al quale Roderigo dixe: - Fratello mio, io ho con teco un grande obligo et lo voglo in ogni modo sodisfare; et perché tu creda che io possa farlo, ti dirò chi io sono. - Et quivi gli narrò di suo essere et delle leggi prese havute allo uscire d'inferno et della mogle tolta; et di più gli disse il modo con il quale lo voleva arichire, che in summa sarebbe questo: che, come ei sentiva che alcuna donna fussi spiritata, credessi lui essere quello che le fussi adosso; né mai se n'uscirebbe, s'egli non venissi a trarnelo; donde harebbe occasione di farsi a suo modo pagare da i parenti di quella. Et rimasi in questa conclusione, sparì via. Né passorno molti giorni che si sparse per tucto Firenze come una figluola di messer Ambruogio Amidei, la quale haveva maritata a Bonaiuto Tebalducci, era indemoniata. Né mancorno i parenti di farvi tutti quegli remedii, che in simili accidenti si fanno, ponendole in capo la testa di san Zanobi et il mantello di san Giovanni Gualberto. Le quali cose tutte da Roderigo erano uccellate. Et per chiarire ciascuno come il male della fanciulla era uno spirito et non altra fantastica imaginatione, parlava in latino et disputava delle cose di philosophia et scopriva i peccati di molti, intra i quali scoperse quelli d'uno frate che che si haveva tenuta una femmina vestita ad uso di fraticino più di quattro anni nella sua cella: le quali cose facevano maraviglare ciascuno. Viveva pertanto messer Ambruogio malcontento; et havendo invano provati tutti i remedi, haveva perduta ogni speranza di guarirla, quando Gianmatteo venne a trovarlo et gli promisse la salute de la sua figluola, quando gli vogla donare 500 fiorini per comperare uno podere a Peretola. Acceptò messer Ambruogio il partito: donde Gianmatteo, fatte dire prima certe messe et facte sua cerimonie per abbellire la cosa, si accostò a gli orechi della fanciulla et dixe: - Roderigo, io sono venuto a trovarti perché tu mi observi la promessa. - Al quale Roderigo rispose: - Io sono contento. Ma questo non basta a farti ricco. Et però, partito che io sarò di qui, enterrò nella figluola di Carlo, re di Napoli, né mai n'uscirò sanza te. Fara'ti alhora fare una mancia a tuo modo, né poi mi darai più briga.- Et detto questo s'uscì da dosso a colei con piacere et admiratione di tucta Firenze. Non passò dipoi molto tempo, che per tutta Firenze Italia si sparse l'accidente venuto a la figluola del re Carlo. Né vi si trovando rimedio, havuta il re notitia di Gianmatteo, mandò a Firenze per lui. Il quale, arrivato a Napoli, dopo qualche finta cerimonia la guarì. Ma Roderigo, prima che partissi, dixe: - Tu vedi, Gianmatteo, io ti ho observato le promesse di haverti arrichito. Et però, sendo disobligo, io non [ti] sono più tenuto di cosa alcuna. Pertanto sarai contento non mi capitare più innanzi, perché, dove io ti ho facto bene, ti farei per lo advenire male. - Tornato adunque ad Firenze Gianmatteo richissimo, perché haveva havuto da il re meglo che cinquantamila ducati, pensava di godersi quelle richeze pacificamente, non credendo però che Roderigo pensassi di offenderlo. Ma questo suo pensiero fu subito turbato da una nuova che venne, come una figluola di Lodovico septimo, re di Francia, era spiritata. La quale nuova alterò tutta la mente di Gianmatteo, pensando a l'auctorità di quel re et a le parole che gli haveva Roderigo dette. Non trovando adunque

quel re a la sua figluola rimedio, et intendendo la virtù di Gianmatteo, mandò prima a richiederlo semplicemente per uno suo cursore. Ma allegando quello certe indispositioni, fu forzato quel re a richiederne la Signoria. La quale forzò Gianmatteo a ubbidire. Andato pertanto costui tutto sconsolato a Parigi, mostrò prima a il re come egli era certa cosa che per lo adrietro haveva guarita qualche indemoniata, ma che non era per questo che gli sapessi o potessi guarire tutti, perché se ne trovavano di sì perfida natura che non temavano né minaccie né incanti né alcuna religione. Ma con tutto questo, era per fare suo debito et, non gli riuscendo, ne domandava scusa et perdono. Al quale il re turbato dixe che se non lo guariva, che lo appenderebbe. Sentì per questo Gianmatteo dolore grande; pure, facto buono quore, fecie venire la indemoniata; et, acostatosi all'orechio di quella, humilmente si raccomandò a Roderigo, ricordandogli il benificio factogli et di quanta ingratitudine sarebbe exemplo se lo abbandonassi in tanta necessità. Al quale Roderigo dixe: - Do! villan traditore, sì che tu hai ardire di venirmi innanzi? Credi tu poterti vantare d'essere arichito per le mia mani? Io voglo mostrare a te et a ciascuno come io so dare et torre ogni cosa a mia posta. Et innanzi che tu ti parta di qui, io ti farò impiccare in ogni modo. - Donde che Gianmatteo, non veggiendo per allora rimedio, pensò di tentare la sua fortuna per un'altra via. Et facto andare via la spiritata, dixe al re: - Sire, come io vi ho detto, e' sono dimolti spiriti che sono sì maligni che con loro non si ha alcuno buono partito, et questo è uno di quegli. Pertanto io voglo fare una ultima sperienza: la quale se gioverà, la vostra Maestà et io hareno la intentione nostra; quando non giovi, io sarò nelle tua forze et harai di me quella compassione che merita la innocentia mia. Farai pertanto fare in su la piaza di Nostra Dama un palco grande et capace di tucti i tuoi baroni et di tutto il crero di questa città; farai parare il palco di drappi di seta et d'oro; fabbricherai nel mezo di quello uno altare; et voglo che domenica mattina proxima tu con il crlero, insieme con tutti i tuoi principi et baroni, con la reale pompa, con splendidi et richi abiglamenti conveniate sopra quello, dove celebrata prima una solenne messa, farai venire la indemoniata. Voglo, oltr’a di questo, che da l'uno canto de la piaza sieno insieme venti persone almeno che habbino trombe, corni, tamburi, cornamuse, cembanelle, cemboli et d'ogni altra qualità romori; i quali, quando io alzerò uno cappello, dieno in quegli strumenti et sonando ne venghino verso il palco: le quali cose, insieme con certi altri segreti rimedii, credo che faranno partire questo spirito. - Fu subito da il re ordinato tucto; et, venuta la domenica mattina et ripieno il palco di personaggi et la piaza di populo, celebrata la messa, venne la spiritata conducta in sul palco per le mani di dua vescovi et molti signori. Quando Roderigo vide tanto popolo insieme et tanto apparato, rimase quasi che stupido, et fra sé dixe: - Che cosa ha pensato di fare questo poltrone di questo villano? Crede egli sbigottirmi con questa pompa? non sa egli che io sono uso a vedere le pompe del cielo et le furie dello inferno? Io lo gastigherò in ogni modo. - Et, accostandosegli Gianmatteo et pregandolo che dovessi uscire, gli dixe: - O, tu hai facto il bel pensiero! che credi tu fare con questi tuoi apparati? Credi tu fuggire per questo la potenza mia et l'ira del re? Villano ribaldo, io ti farò impiccare in ogni modo. - Et così ripregandolo quello, et quell'altro dicendogli villania, non parve a Gianmatteo di perdere più tempo. Et factogli il cenno con il cappello, tucti quegli che erano a romoreggiare diputati dettono in

quegli suoni, et con romori che andavono al cielo ne vennono verso il palco. Al quale romore alzò Roderigo gli orechi et, non sappiendo che cosa fussi et stando forte maraviglato, tucto stupido domandò Gianmatteo che cosa quella fussi. Al quale Gianmatteo tutto turbato dixe: - Oimè, Roderigo mio! quella è moglata che ti viene a ritrovare. - Fu cosa maraviglosa a pensare quanta alteratione di mente recassi a Roderigo sentire ricordare il nome della mogle. La quale fu tanta che, non pensando s'egli era possibile o ragionevole se la fussi dessa, sanza replicare altro, tucto spaventato, se ne fuggì lasciando la fanciulla libera, et volse più tosto tornarsene in inferno a rendere ragione delle sua actioni, che di nuovo con tanti fastidii, dispetti et periculi sottoporsi al giogo matrimoniale. Et così Belfagor, tornato in inferno, fece fede de' mali che conduceva in una casa la mogle. Et Gianmatteo, che ne seppe più che il diavolo, se ne ritornò tucto lieto a casa. Finis.

%Andria (II red.), 1525-26I,1SIMO Portate voi altri drento queste cose,spacciatevi! Tu, Sosia, facti in qua: io tivoglo parlare uno poco.SOSIA Fa' conto d'havermi parlato; tu vuoiche queste cose s'acconcino bene.SIMO Io voglo pure altro.SOSIA Che cosa so io fare, dove io ti possaservire meglo che in questo?SIMO Io non ho bisogno di cotesto per farequello che io voglo, ma di quella fede etdi quello segreto che io ho conosciutosempre essere in te.SOSIA Io aspecto d'intendere quello che tuvuoi.SIMO Tu sai, poi che io ti comperai dapiccolo, con quanta clemenza et giustitiaio mi sono governato teco, et di stiavo ioti feci liberto, perché tu mi serviviliberalmente, et per questo io ti pagai diquella moneta che io potetti.SOSIA Io me ne ricordo.SIMO Io non mi pento di quello che io hofacto.SOSIA Io ho gran piacere, se io ho facto et focosa che ti piaccia. et ringratioti che tumostri di conoscerlo: ma questo bene mi èmolesto, che mi pare che ricordandolohora, sia quasi un rimproverarlo ad unoche non se ne ricordi. Che non di' tu inuna parola quello che tu vuoi?SIMO Così farò. Et innanzi ad ogni cosa iot'ho a dire questo: queste noze non sono,come tu credi, da dovero.SOSIA Perché le fingi adunque?SIMO Tu intenderai da principio ogni cosa,et a questo modo conoscerai la vita delmio figluolo, la deliberatione mia etquello che io vogla che tu facci in questacosa. Poi che 'l mio figluolo uscì difanciullo et che ei comincio a vivere più asuo modo (impero che chi harebbe primapotuto conoscere la natura sua, mentre

che la età, la paura, il maestro, lotenevono a freno?SOSIA Così è.)...SIMO... di quelle cose che fanno la maggiorparte de' giovanetti, di volgiere l'animo aqualche piacere, come è nutrire cavagli,cani, andare allo Studio, non ne seguivapiù una che un'altra, ma in tutte sitravaglava mediocremente; di che io mirallegravo.SOSIA Tu havevi ragione, perché io pensonella vita nostra essere utilissimo nonseguire alcuna cosa troppo.SIMO Così era la sua vita: sopportarefacilmente ognuno; andare a' versi adcoloro con chi ei conversava; non esseretraverso; non si stimare più che gli altri;et chi fa così, facilmente sanza invidia, siacquista laude et amici.SOSIA Ei si governava saviamente, perché inquesto tempo chi sa ire a' versi aquistaamici, et chi dice il vero, acquista odio.SIMO In questo mezo una certa femmina, giovane et bella, si partì da Andro per lapovertà et per la negligenza de' parenti,et venne ad habitare in questa vicinanza.SOSIA Io temo che questa Andria non ciarrechi qualche male.SIMO Costei in prima viveva onestamente,guadagnandosi il vivere col filare et con iltexere; ma poi che venne hora uno, horaun altro amante promettendole danari,come egli è naturale di tutte le personesdrucciolare facilmente da la fatica al'otio, l'acceptò lo invito et a sorte, comeaccade, coloro che alhora l'amavano,cominciorno a menarvi il mio figluolo;onde io continuamente dicevo mecomedesimo: - Veramente egli è statosviato! egli ha hauto la sua! - Et qualchevolta, la mattina, io appostavo i loro servi,che andavano et venivono, etdomandavogli: - Odi qua, per tua fé: a chitoccò hiarsera Chrisyde? - perché così sichiamava quella donna.SOSIA Io intendo.SIMO Dicievano: - Phedria, o Clinia,oNicerato - perché questi tre l'amavanoinsieme. - Dimmi: Pamphilo che fece? -Che? Pagò la parte sua et cenò. - Di che iomi rallegravo. Dipoi, anchora l'altro dì ione domandavo, et non trovavo cosaalcuna che apartenessi a Pamphilo. Etveramente mi pareva un grande et radoexemplo di continenza, perché chi usa conhuomini di simil natura, et non sicorrompe, puoi pensare ch'egli ha fermoil suo modo del vivere. Questo mi piaceva,et ciaschuno per una bocca mi diceva ognibene, et lodava la mia buona fortuna, chehavevo così facto figluolo. Che bisognanopiù parole? Cremete, spinto da questabuona fama, venne spontaneamente atrovarmi, et offerì dare al mio figluolo

una unica sua figluola con una gran dote.Piacquemi, promissigli, et questo dì èdeputato a le noze.SOSIA Che mancha, dunque, perché le nonsono vere?SIMO Tu lo intenderai. Quasi in quegli dì chequeste cose seguirono, questa Crisidevicina si morì.SOSIA Ho! io l'ho caro! Tu m'hai tutto ralegrato: io havevo paura di questaCrisyde.SIMO Quivi il mio figluolo, insieme conquegli che amavono Crisyde, era ad ognihora: ordinava il mortoro, malinconoso etqualche volta lacrimava. Questo anche mipiacque, et dicevo così meco medesimo: -Costui per un poco di consuetudinesopporta nella morte di costei tantodispiacere: che farebb'egli se l'havessiamata? che farebb'egli, s'io morissi io? -Et pensavo queste cose essere inditiod'una humana et mansueta natura.Perché ti ritardo io con molte parole? Ioandai anchora io per suo amore a questomortoro, non pensando per anchora alcunmale.SOSIA Che domin sarà questo?SIMO Tu il saprai. Il corpo fu portato fuora,noi gli andamo dietro: in questo mezo, trale donne ch'erano quivi presenti, io veggouna fanciulletta d'una forma...SOSIA Buona, per adventura!SIMO... et d'un volto, o Sosia, in modomodesto et in modo gratioso, che non sipotrebbe dire più, la quale mi pareva chesi dolessi più che l'altre. Et perché la erapiù che l'altre di forma bella et liberale,m'accostai a quelle che le erano intorno,et domandai chi la fussi. Risposono esseresorella di Crisyde. Di facto, io mi senti'raviluppare l'animo: ha! ha! questo equello! di qui nascevono quelle lacrime!questa e quella misericordia!SOSIA Quanto temo io, dove tu habbi acapitare!SIMO Intanto il mortoro andava oltre: noi loseguitavamo et arrivamo al sepolcro; la fumessa nel fuoco; piangevasi. In questotanto, questa sua sorella che io dico, siaccostò alle fiamme assaiimprudentemente et con periculo. AllottaPamphilo, quasi morto, manifestando ilcelato et dissimulato amore, corse etabbracciò nel mezo questa fanciulla,dicendo: - O Glicerio mia, che fai tu?perché vai tu a morire? - Alhora quella,acciò che si potessi vedere il loroconsueto amore, se gli lasciò ire adosso,piangendo molto familiarmente.SOSIA Che di'tu? SIMO Io mi diparti' di quivi adirato et malecontentone mi pareva assai giusta cagionedi dirgli villania, perché ei direbbe: -Padre mio, che ho io facto? che ho io

meritato? o dove ho peccato? Io hoprohibito che una non si gietti nel fuocoet la ho conservata: la cagione è honesta!SOSIA Tu pensi bene, perché, se tu di'villania a chi ha conservata la vita aduno, che farai tu a chi gli facessi danno etmale?SIMO L'altro dì poi venne a me Cremetegridando havere udito una cosa moltotrista, che Pamphilo haveva tolto permogle questa forestiera; io dicevo che nonera vero; quello affermava ch' egl'eravero. In summa io mi parti' da lui al tuttoalieno da il darci la sua figluola.SOSIA Alhora non riprehendesti tu il tuofigluolo?SIMO Né anchora questa cagione è assaipotente a riprehenderlo.SOSIA Perché? dimmelo!SIMO Tu medesimo, o padre, hai postofine a queste cose: e' si appressa il tempoche io harò a vivere a modo d'altri;lasciami in questo mezo vivere a miomodo!SOSIA Quale luogo ci è rimaso adunque perriprenderlo?SIMO Se per amor di costei ei non volessimenare donna, questa è la prima colpache debbe essere correpta. Et hora ioattendo che, mediante queste falze noze,nasca una vera cagione di riprehenderlo,quando ei neghi di menarla. Et parte quelribaldo di Davo consumerà, s'egli ha factodisegno alcuno, hora che gl'inganninuocono poco: il quale so che si sforza conle mani et co' piè fare ogni male, più perfare iniuria a me, che per giovare al miofigluolo.SOSIA Per che cagione?SIMO Domandine tu? Egli è huomo di cattivamente et di cattivo animo, il qualeveramente, se io me n'adveggo... Ma chebisognano tante parole? Facciamo ditrovare in Pamphilo quel ch'io desidero,che per lui non manchi. Resterà Cremete,il quale dipoi harò a placare, et sperofarlo: hora l'ufitio tuo è simulare benequeste noze et sbigottire Davo etobservare quel che faccia il mio figluoloet quali consigli sieno i loro.SOSIA E' basta, io harò cura ad ogni cosa.Andiamone hora drento.SIMO Va' innanzi; io ne verrò.I,2SIMO Sanza dubbio il mio figluolo non vorràmogle, in modo ho sentito temere Davo,poi ch'egli intese di queste noze... Ma egliesce fuora.DAVO Io mi maraviglavo bene che la cosaprocedessi così, et sempre ho dubitato delfine che havessi havere questa humanitàdel mio patrone; il quale, poi ch'egliintese che Cremete non voleva daremogle al suo figluolo, non ha detto ad

alcuno una parola et non ha mostrod'haverlo per male.SIMO Ei lo mosterrà hora, et, come io penso,non sanza tuo gran danno.DAVO Egli ha voluto che noi, credendociquesto, ci stessimo con una falsaallegreza, sperando, sendo da noi rimossala paura, di poterci come negligentigiugnere al sonno, et che noi nonhavessimo spatio a disturbare questenoze. Guarda che astutia!SIMO Che dice questo manigoldo?DAVO Egli è il padrone, et non lo havevoveduto.SIMO O Davo!DAVO O! Hu! Che cosa è?SIMO Vieni a me!DAVO Che vuole questo zugo?SIMO Che di' tu?DAVO Per che cagione?SIMO Domandine tu? Dicesi egli che 'l miofigluolo vageggia?DAVO Il popolo non ha altro pensicro checotesto.SIMO Tiegli tu il sacco o no?DAVO Che! Io cotesto?SIMO Ma domandare hora di queste cosenon sta bene ad uno buono padre, perchém'importa poco quello ch'egli ha facto innanzi a questo tempo. Et io,mentre ch 'l tempo lo pativa, ne sonostato contento, ch'egli habbi sfogatol'animo suo. Hora, per lo advenire, sirichiede altra vita et altri costumi: però iovoglo, et, se lecito è, io ti priego, o Davo,che ci ritorni qualche volta nella via.DAVO Io non so che cosa si sia questa.SIMO Se tu ne domandi, io tel dirò: tucticoloro che sono innamorati hanno permale che sia dato loro mogle.DAVO Così dicono.SIMO Alhora, se alcuno pigla a quella cosaper suo maestro uno tristo, rivolge il piùdelle volte l'animo infermo alla parte piùcattiva.DAVO Per mia fé, io non ti intendo.SIMO No, he?DAVO Io son Davo, non propheta.SIMO Quelle cose, adunque, che mi restono adirti, tu vuoi che io te le dica a lettere dispetiali?DAVO Veramente sì.SIMO Se io sento che tu ordini hoggi alcunoinganno in queste noze, perché le non sifaccino, o che tu vogla mostrare in questacosa quanto tu sia astuto, io ti manderòcarico a morte di mazate a zappare tuctodì in uno campo: con questi pacti, che, seio te ne cavo, che io habbia a zappare perte! &A Ha'mi&I tu inteso o non anchora?DAVO Anzi ti ho inteso appunto, in modohai parlato la cosa aperta et sanza alcunacircunlocutione.SIMO Io sono per sopportarti ogni altro

inganno più facilmente che questo.DAVO Dammi, io ti priego, buone parole.SIMO Tu mi uccelli? Tu non mi inganni dinulla; ma io ti dico che tu non facci cosaalcuna inconsideratamente et che tu nondica anche, poi: - E' non mi fu predetto! -Habbiti cura.I,3DAVOVeramente, Davo, qui non bisogna esserepigro né da poco, secondo che mi parehavere inteso per il parlare di questovechio circha le noze: le quali, se conastutia non ci si provede, ruineranno meo il padrone; né so bene che mi fare, se ioaiuto Pamphilo o se io ubbidisco alvechio. Se io abbandono quello, io temodella sua vita; se io lo aiuto, io temo leminaccie di costui: et è difficileingannarlo, perché sa ogni cosa circha ilsuo amore et me observa perché io non cifacci alcuno inganno. S'egli se ne advede,io sono morto; et, se gli verrà bene, e'troverrà una cagione per la quale, a tortoo a ragione, mi manderà a zappare. Aquesti mali questo anchora mi si agiugne,che questa Andria o amica o mogle che lasi sia, è gravida di Pamphilo; et è cosamaraviglosa udire la loro audacia; ethanno preso partito, da pazi o dainnamorati, di nutrire ciò che ne nascerà,et fingono intra loro un certo inganno, checostei è cittadina ateniese, et come fu giàun certo vechio mercatante che ruppeapresso a l'isola d'Andro et quivi morì;dipoi il padre di Crisyde si prese costeiributtata dal mare, piccola et sanza padre.Favole! Et a me, per mia fé, non pareverisimile: ma a.lloro piace questotrovato. Ma ecco Misyde ch'esce di casa;io me ne voglo andare in mercato acciòche il padre non lo giunga sopra questacosa improvisto.I,4MISIDE Io ti ho intesa, Archile: tu vuoi che ti siamenata Lesbia. Veramente ella è unadonna paza et obliàca et non è sufficientea levare il fanciullo d'una che non habbimai partorito; nondimeno io la merrò.Ponete mente la importunità di questavechia! solo perché le si inobliacanoinsieme. O Idio! io ti priego che voi diatefacultà a costei di partorire, et a quellavechia di fare errore altrove et non inquesta. Ma perché veggo io Pamphilomezo morto? Io non so quel che sia; io loaspettero per sapere donde nasca ch'egliè così turbato. I,5PAMPHILO E' questo cosa humana? E' questoofitio d'un padre?MISIDE Che cosa è questa?PAMPHILO Per la fede di Dio et degli huomini,questa che è, se la non è iniuria? Egli ha

deliberato da se stesso di darmi hoggimogle: non era egli necessario che io losapessi innanzi? Non era egli di bisognoche me lo havessi comunicato prima?MISIDE Misera a me! che parole odo io?PAMPHILO Cremete, il quale haveva denegato didarmi la sua figluola, perché s'è eglimutato? Perché vede mutato me? Conquanta obstinatione s'affatica costui persveglermi da Glicerio! Per la fede di Dio,se questo adviene, io morrò in ogni modo.E' egli huomo alcuno che sia tantosgratiato et infelice quanto io? E' eglipossibile che io per alcuna via non possafuggire il parentado di Cremete in tantimodi schernito et vilipeso? Et non migiova cosa alcuna! Ecco che io sonorifiutato et poi ricercho, il che non puònascere da altro, sed non che nutrisconoqualche mostro, il quale perché nonpossono gittare adosso ad altri, si volgonoa me.MISIDE Questo parlare mi fa per la pauramorire.PAMPHILO Che dirò io hora di mio padre? Ha!doveva egli fare tanta gran cosa con tantanegligentia che, passandomi egli horapresso in mercato, mi dixe: - Tu hai hoggia menar mogle: aparechiati, vanne a casa.- Et proprio parve che e' mi dicessi: -Tira via, vanne ratto, et impiccati! - Iorimasi stupefacto. Pensi tu che io potessirispondere una parola o fare qualchescusa almeno inepta o falsa? Ioammutolai. Che, se io l'havessi saputoprima... che harei facto? Se alcuno me nedomandassi, harei facto qualche cosa pernon fare questo. Ma hora che debbo iofare? Tanti pensieri m'impediscono ettraggono l'animo mio in diverse parti:l'amore, la misericordia, il pensare aqueste noze, la reverenza di mio padre, ilquale humanamente mi ha infino a quiconceduto che io viva a.mmio modo... Hoio hora a contrappormegli? Heimè! che iosono incerto di quello habbi a fare!MISIDE Miser'a me! che io non so dove questaincertitudine habbi a condurre costui! Mahora è necessariissimo o che io riconciliicostui con quella o che io parli di leiqualche cosa che lo punga: et mentre chel'animo è dubio, si dura poca fatica a farloinclinare da questa o da quella parte.PAMPHILO Chi parla qui? Dio ti salvi, Miside!MISIDE Dio ti salvi, Pamphilo!PAMPHILO Che si fa?MISIDE Domandine tu? La muore di dolore; etper questo è hoggi misera, che la sa comein questo dì sono ordinate le noze, et peròteme che tu non la abbandoni.PAMPHILO Heimè! sono io per fare cotesto?Sopporterò io che la sia ingannata permio conto? che mi ha confidato l'animo etla vita sua? La quale io prenderei

volentieri per mia donna? Sopporterò ioche la sua buona educatione, costretta dala povertà, si rimuti? Non lo farò mai.MISIDE Io non ne dubiterei, s'egli stessi solo ate; ma io temo che tu non possa resisterealla forza che ti farà tuo padre.PAMPHILO Stimimi tu però sì da poco, sì ingrato,sì inhumano, sì fero, che la consuetudine,lo amore, la vergogna non mi commuovaet non mi amunisca ad observarle la fede?MISIDE Io so questo solo, che la merita che tuti ricordi di lei.PAMPHILO Che io me ne ricordi? O MisideMiside, ancora mi sono scritte nello animole parole che Crisyde mi dixe di Glicerio!Ella era quasi che morta, che la michiamò, io me le accostai, voi ve neandasti, et noi rimanemo soli. Ellacominciò a dire: - O Pamphilo mio, tuvedi la belleza et la età di costei; né ti ènascoso quanto queste dua cose sienocontrarie et alla honesta et a conservarele cose sua. Pertanto io ti priego perquesta mano dextra, per la tua buonanatura et per la tua fede et per la solitudine in la quale rimane costei, chetu non la scacci da te et non l'abandoni.Se io t'ho amato come fratello; se costei tiha stimato sempre sopra tutte le cose; sela ti ha obedito in ogni cosa; io ti do acostei marito, amico, tutore, padre, tuttiquesti nostri beni io commetto in te et ala tua fede gli raccomando. - Et alhora mimesse intro le mani lei, et di subito morì:io la presi et manterrolla.MISIDE Io lo credo certamente.PAMPHILO Ma tu perché ti parti da lei?MISIDE Io vo a chiamare la levatrice.PAMPHILO Va' ratta... Odi una parola: guarda dinon ragionare di noze, che al male tu nonagiugnessi questo.MISIDE Io ti ho inteso.II,1CARINO Che di' tu, Birria? maritasi hoggi coleia Pamphilo?BIRRIA Così è.CARINO Che ne sai tu?BIRRIA Davo, poco fa, me lo ha detto inmercato.CARINO O misero a me! Come l'animo è stato,innanzi a questo tempo, implicato nellasperanza et nel timore, così, poi che mi èmancata la speranza, stracco ne' pensieri,è diventato stupido.BIRRIA Io ti priego, o Carino, quando e' non sipuò quello che tu vuoi, che tu voglaquello che tu puoi.CARINO Io non voglo altro che Philomena.BIRRIA Ha! quanto sarebbe meglo dare operache questo amore ti si rimovessi da loanimo, che parlare cose per le quali ti siraccenda più la vogla.CARINO Facilmente, quando uno è sano,consigla bene chi è infermo: se tu fussi

nel grado mio, tu la intenderestialtrimenti.BIRRIA Fa' come ti pare.CARINO Ma io veggo Pamphilo; io voglo provare ogni cosa prima che io muoia.BIRRIA Che vuole fare costui?CARINO Io lo pregherrò, io lo suplicherò, io glinarrerò il mio amore: io credo che ioimpetrerrò ch'egli starà qualche dì a farele noze; in questo mezo spero che qualchecosa fia.BIRRIA Cotesto qualche cosa è nonnulla.CARINO Che ne pare egli a te, Birria? Vo io atrovarlo?BIRRIA Perché no? Se tu non impetri alcunacosa, che almeno pensi havere uno che siaparato a farlo becco, se la mena.CARINO Tira via in mala hora con questa tuasospitione, scelerato!PAMPHILO Io veggo Carino. Dio ti salvi!CARINO O Pamphilo, Dio ti aiuti! Io vengo a tedomandando salute, aiuto et consiglo.PAMPHILO Per mia fe che io non ho ne prudenzada consiglarti né facultà da aiutarti. Mache vuoi tu?CARINO Tu meni hoggi donna?PAMPHILO E' lo dicono.CARINO Pamphilo, se tu fai questo, e' saràl'ultimo dì che tu mi vedrai.PAMPHILO Perché cotesto?CARINO Heimè! che io mi vergogno a dirlo.De! diglene tu, io te ne priego, Birria.BIRRIA Io glene dirò.PAMPHILO Che cosa è?BIRRIA Costui ama la tua sposa.PAMPHILO Costui non è della opinione mia. Madimmi: hai tu hauto a fare con lei altro,Carino?CARINO Ha! Pamphilo, niente.PAMPHILO Qanto l'harei io caro!CARINO Io ti priego, la prima cosa, perl'amicitia et amore nostro, che tu non lameni.PAMPHILO Io ne farò ogni cosa.CARINO Ma se questo non si può et se questenoze ti sono pure a quore...PAMPHILO A quore?CARINO... almeno indugia qualche dì, tanto cheio ne vada in qualche luogo per non levedere.PAMPHILO Ascoltami un poco: io non credo,Carino, che sia ofitio d'uno huomo dabene volere essere ringratiato d'una cosache altri non meriti: io desidero più difuggire queste noze che tu di farle.CARINO Tu m'hai risucitato.PAMPHILO Hora, se tu et qui Birria potete alcunacosa, fatela, fingete, trovate, concludete,acciò che la ti sia data; et io farò ogniopera perché la mi sia tolta.PAMPHILO Io veggo appunto Davo, nel consiglodel quale io mi confido.CARINO Et anche tu, per mia fé, non mi rechimai innanzi cose, se non quelle che non

bisogna saperle. Vatti con Dio, in malahora!BIRRIA Molto volentieri.II,2DAVO O Idio, che buone novelleporto io! Ma dove troverrò io Pamphiloper liberarlo da quella paura nella qualehora si truova et riempiergli l'animod'alegreza?CARINO Egli è allegro, né so perché.PAMPHILO Niente è; ei non sa anchora il miomale.DAVO Che animo credo io che sia il suo,s'egli ha udito di havere a menar mogle?CARINO Odi tu quello che dice?DAVO Di fatto mi correrebbe dietro tuctofuora di sé. Ma dove ne cercherò io odove andrò?CARINO Che non parli?DAVO Io so dove io voglo ire.PAMPHILO Davo, se' tu qui? Férmati!DAVO Chi è che mi chiama? O Pamphilo, io ticercavo! o Carino! voi sete apuntoinsieme: io vi volevo tutti a dua.PAMPHILO O Davo, io sono morto!DAVO Che? De! stammi più tosto ad udire.PAMPHILO Io sono spacciato.DAVO Io so di quello che tu hai paura.CARINO La mia vita, per mia fé, è in dubio.DAVO Et anche tu so quello vuoi.PAMPHILO Io ho a menar mogle.DAVO Io me lo so. PAMPHILO Hoggi.DAVO Tu mi togli la testa; perché io so chetu hai paura di haverla a menare, et tuch'e' non la meni.CARINO Tu sai la cosa.PAMPHILO Cotesto è proprio.Et in questo non è alcun periculo:guardami in viso.PAMPHILO Io ti priego che, il più presto puoi, miliberi da questa paura.DAVO Ecco che io ti libero: Cremete non te lavuole dare.PAMPHILO Che ne sai tu?DAVO Sòllo. Tuo padre, poco fa, mi prese etmi dixe che ti voleva dare donna hoggi, etmolte altre cose che non è hora tempo adirle. Di facto, io corsi in mercato perdirtelo, et, non ti trovando quivi, men'andai in uno luogo alto et guardaiatorno; né ti vidi. Ma a caso trovai Birriadi costui; &A domanda'lo&I di te, risposemi nonti havere veduto: il che mi fu molesto, etpensai quello che fare dovevo. In questomezo, ritornandomi io a casa, mi nacquedella cosa in sé qualche sospitione, perchéio vidi comperate poche cose, et essostare maninconoso; et subito dixi fra me:- Queste noze non mi riscontrono. -PAMPHILO A che fine di' tu cotesto?DAVO Io me n'andai subito a casa Cremete,et trovai davanti a l'uscio una solitudinegrande, di che io mi rallegrai.

CARINO Tu di' bene.PAMPHILO Séguita.DAVO Io mi fermai quivi, et non vidi maientrare né uscire persona; io entraidrento, riguardai: quivi non era alcunoaparato né alcuno tumulto.PAMPHILO Cotesto è uno gran segno.DAVO Queste cose non riscontrono con lenoze.PAMPHILO Non pare a me.DAVO Di' tu che non ti pare? La cosa è certa.Oltre a di questo, io trovai uno servo diCremete, che haveva comperato certeherbe et uno grosso di pesciolini per lacena del vechio.CARINO Io sono hoggi contento, mediantel'opera tua.DAVO Io non dico già così io.CARINO Perché? Non è egli certo che nonglene vuol dare? DAVO Uccellaccio! Come se fussi necessario,non la dando a costui, che la dia a te!E'bisogna che tu ti affatichi, che tu vadiaa pregare gl'amici del vechio et che tunon ti stia.CARINO Tu mi amunisci bene: io andrò,benché, per mia fé, questa speranzam'habbi ingannato spesso. A Dio!I,3PAMPHILO Che vuole adunque mio padre?Perché finge?DAVO Io tel dirò: se egli t'incolpassi horache Cremete non te la vuole dare egli siadirerebbe teco a torto, non havendoprima inteso che animo sia il tuo circa lenoze. Ma se tu negassi, tucta la colpa saràtua: et allhora andrà sottosopra ogni cosa.PAMPHILO Io sono per sopportare ogni male.DAVO O Pamphilo egli è tuo padre et èdifficile opporsegli. Dipoi, questa donna èsola: e' troverrà dal detto al fatto qualchecagione per la quale e'la farà mandar via.PAMPHILO Che la mandi via?DAVO Presto.PAMPHILO Dimmi adunque quello che tu vuoiche io faccia.DAVO Di' di volerla menare.PAMPHILO Heimè!DAVOChe cosa è?PAMPHILO Che io lo dica.DAVO Perché no?PAMPHILO Io non lo farò mai!DAVO Non lo negare.PAMPHILO Non mi dare ad intender questo.DAVO Vedi di questo quello che ne nascerà.PAMPHILO Che io lasci quella et pigli questa!DAVO E' non è così, perché tuo padre dirà inquesto modo: - Io voglo che tu meni hoggidonna. - Tu risponderai: - Io sonocontento. - Dimmi quale cagione harà eglid'adirarsi teco! Et tucti i suoi certi consigligli torneranno sanza periculo incerti:perché, questo è sanza dubio, cheCremete non ti vuole dare la figliuola: né

tu per questa cagione ti rimuterai di nonfare quel che tu fai acciò che quello nonmuti la sua opinione. Di' a tuo padre divolerla, acciò che, volendosi adirare teco,ragionevolmente non possa. Et facilmentesi confuta quello che tu temi, perchénessuno darà mai mogle a cotesti costumi:ei la darà più tosto ad uno povero. Etfarai ancora tuo padre negligente a dartimogle, quando ei vegga che tu sia paratoa piglarla et a bell'agio cercheràd'un'altra: in questo mezo qualchosanascerà di bene.PAMPHILO Credi tu che la cosa proceda così?DAVO Sanza dubio alcuno.PAMPHILO Vedi dove tu mi metti.DAVO De! sta' cheto.PAMPHILO Io lo dirò: ei bisogna guardarsi chenon sappia che io habbi uno fanciullo dilei, perché io ho promesso d'alevarlo.DAVO O audacia temeraria!PAMPHILO La volle che io gli dessi la fede, chesapeva che io ero per observarliene.DAVO E' vi si harà advertenza. Ma ecco tuopadre: guarda che non ti veggamaninconoso.PAMPHILO Io lo farò.II,4SIMO Io ritorno a vedere quel che fanno oche partiti piglano.DAVO Costui non dubita che Pamphilo neghidi menarla, et ne viene pensativo diqualche luogo solitario, et spera haveretrovata la cagione di farti ingiuria;pertanto fa' di stare in cervello.PAMPHILO Pure che io possa, Davo.DAVO Credimi questo, Pamphilo, che nonfarà una parola sola, se tu di' di menarla.II,5BIRRIA Il padrone mi ha imposto, che lasciataogni altra cosa, vadi observando Pamphilo, per intendere quello che fa diqueste noze; per questo io l'ho seguitato,et veggo ch'egli è con Davo: io ho untracto a fare questa faccendaSIMO E' sono qua l'uno et l'altro.DAVO Habbi l'ochio!SIMO O Pamphilo!DAVO Vòltati ad lui quasi che alloimproviso.PAMPHILO O padre!DAVO Bene.SIMO Io voglo che tu meni hoggi donna,come io ti ho detto.BIRRIA Io temo hora del caso nostro, secondoche costui risponde.PAMPHILO Né in questo né in altro mai sono permancare in alcuna cosa.BIRRIA Heimè!DAVO Egli è ammutolato.BIRRIA Che ha egli detto?SIMO Tu fai quello debbi quando io impetroamorevolmente da te quel che io voglo.DAVO Ho io detto il vero?

BIRRIA Il padrone, secondo che io intendo,farà sanza mogle.SIMO Vattene hora in casa, acciò che,quando bisogna, che tu sia presto.PAMPHILO Io vo.BIRRIA E' egli possibile che innegli huomininon sia fede alcuna? Vero è quelproverbio che dice che ognuno vuolemeglo a sé che ad altri. Io ho vedutaquella fanciulla et, se bene mi ricordo, èbella, per la quale cosa io voglo men malea Pamphilo, s'egli ha più tosto volutoabracciare lei che il mio padrone. Io gleneandrò a dire, acciò che per questa malanovella mi dia qualche male.II,6DAVO Costui crede hora che io gliporti qualche inganno et per questacagione sia rimaso qui. SIMO Che dice Davo?DAVO Niente veramente.SIMO Niente, he?DAVO Niente, per mia fé!SIMO Veramente io aspettavo qualche cosa.DAVO Io mi adveggo che questo gli èintervenuto fuori d'ogni sua opinione. Egliè rimaso preso.SIMO E' egli possibile che tu mi dica il vero?DA, Niente è più facile.SIMO Queste noze sono a costui puntomoleste per la consuetudine che lui hacon questa forestiera?DAVO Niente, per Dio; et, se fia, sarà unopensiero che durerà dua o tre dì, tu sai?perch'egli ha preso questa cosa per ilverso.SIMO Io lo lodo.DAVO Mentre che gli fu lecito et mentre chela età lo patì, egli amò; et alhora lo feciedi nascosto, perché quella cosa non glidessi carico, come debbe fare uno giovaneda bene; hora ch'egli è tempo di menarmogle, egli ha diritto l'animo alla mogle.SIMO E' mi parve pure alquantomaninconoso.DAVO Non è per questa cagione; ma ei tiaccusa bene in qualche cosa.SIMO Che cosa è?DAVO Niente.SIMO Che domine è?DAVO Una cosa da giovani.SIMO Horsù, dimmi: che cosa è?DAVO Dice che tu usi troppa miseria inqueste noze.SIMO Io?DAVO Tu. Dice che a.ffatica hai speso dieciducati: e' non pare che tu dia mogle aduno tuo figluolo. Ei non sa chi si menarede' sua compagni a cena. Et, a dire il vero,che tu te ne governi così miseramente, ionon ti lodo.SIMO Sta' cheto.DAVO Io l' ho aizato.SIMO Io provedrò che tutto andrà bene. Che

cosa è questa? Che ha voluto dire questoribaldo? Et se ci è male alcuno, heimé, chequesto tristo ne è guida. III,1MISIDE Per mia fé, Lesbia, che la cosa vacome tu hai detto: e'non si truova quasimai veruno huomo che sia fedele ad unadonna.SIMO Questa fantesca è da Andro: che diceella?DAVO Così è.MISIDE Ma questo Pamphilo...SIMO Che dice ella?MISIDE...l'ha dato la fede...SIMO Heimé!DAVO Dio volessi che o costui diventassisordo o colei mutola!MISIDE... perché gli ha comandato che quelche la farà s'allievi.SIMO O Giove, che odo io? La cosa èspacciata, se costei dice il vero!LESBIA Tu mi narri una buona natura digiovane.MISIDE Ottima; ma vienmi dreto, ad ciò chetu sia a.ttempo, se l'havessi bisogno di te.LESBIA Io vengo.DAVO Che remedio troverrò io hora adquesto male?SIMO Che cosa è questa? è egli sì pazo ched'una forestiera... già io so... ha! sciocho! iome ne sono adveduto!DAVO Di che dice costui essersi aveduto?SIMO Questo è il primo inganno che costuimi fa: ei fanno vista che colei partoriscaper sbigottire Cremete.GL. O Giunone, aiutami, io mi tiraccomando!SIMO Bembè, sì presto? Cosa da ridere. Poiche la mi ha veduto stare innanziall'uscio, ella sollecita. O Davo, tu non haibene compartiti questi tempi!DAVO Io?SIMO Tu ti ricordi del tuo discepolo.DAVO Io non so quello che tu di'.SIMO Come mi uccellerebbe costui, se questenoze fussino vere et havessimi trovatoimpreparato! Ma hora ogni cosa si fa conpericulo suo: io sono al sicuro.III,2LESBIA Infino a qui. o Archile, in costei siveggono tutti buoni segni. Fa' lavarequeste cose, dipoi gli date bere quanto viordinai et non più punto che io vi dixi. Etio di qui ad un poco darò volta di qua. Permia fé, che gli è nato a Pamphilo unogentil figluolo! Dio lo facci sano sendo eglidi sì buona natura che si vergogni diabbandonare questa fanciulla.SIMO Et chi non crederrebbe che ticonoscessi, che anchor questo fussiordinato da te?DAVO Che cosa è?SIMO Perché non ordinava ella in casaquello che era di bisogno alla donna di

parto? Ma, poi che la è uscita fuora, lagrida della via a quegli che sono drento! ODavo, tieni tu sì poco conto di me o paiotiio atto ad essere ingannato sìapertamente? Fa' le cose almeno in modoche paia che tu habbia paura di mequando io lo risapessi!DAVO Veramente costui s'inganna da sé,non lo inganno io.SIMO Non te lo ho io detto? Non ti ho iominacciato che tu non lo faccia? Chegiova? Credi tu ch'io ti creda che costeihabbi partorito di Pamphilo?DAVO Io so dove ei s'inganna et so quelch'io ho a fare.SIMO Perché non rispondi?DAVO Che vuoi tu credere? Come se non tifussi stato ridetto ogni cosa.SIMO A me?DAVO He! ho! &A Ha'ti&I tu inteso da te chequesta è una fintione?SIMO Io sono uccellato!DAVO E' ti è stato ridetto: come ti sarebbeentrato questo sospetto?SIMO Perch'io ti conoscevo.DAVO Quasi che tu dica che questo è factoper mio consiglo.SIMO Io ne sono certo. DAVO O Simone, tu non conosci bene chi iosono.SIMO Io non ti conosco?DAVO Ma come io ti comincio a parlare, tucredi che io t'inganni...SIMO Bugie.DAVO... in modo che io non ho più ardired'aprire la bocca.SIMO Io so una volta questo, che qui non hapartorito persona.DAVO Tu la intendi; ma di qui a poco questofanciullo ti sarà portato innanzi all'uscio;io te ne advertisco, acciò che tu lo sappiaet che tu non dica poi che sia facto perconsiglo di Davo, perché io vorrei che sirimovessi da te questa opinione che tuhai di me.SIMO Donde sai tu questo?DAVO Io l'ho udito et credolo.SIMO Molte cose concorrono per le quali iofo questa coniectura: in prima, costeidisse essere gravida di Pamphilo, et nonfu vero; hora poi che la vede aparechiarsile noze, ella mando per la levatrice, chevenissi ad lei et portassi seco unofanciullo.DAVO Se non accadeva che tu vedessi ilfanciullo, queste noze di Pamphilo non sisarebbono sturbate.SIMO Che di' tu? Quando tu intendesti che sihaveva ad pigiare questo partito, perchénon me lo dicesti tu?DAVO Chi l'ha rimosso da lei, se non io?Perché, non sa ognuno quantograndemente colui l'amava? Hora egli èbene che tolga mogle: però mi darai

questa faccenda et tu nondimeno séguitadi fare le noze. Et io ci ho buona speranza,mediante la gratia di Dio.SIMO Vanne in casa, et quivi mi aspetta etordina quello che fa bisogno. Costui nonmi ha al tutto costretto a credergli, et nonso s'egli è vero ciò che mi dice: ma lostimo poco, perché questa è laimportanza, che 'l mio figluolo me lo hapromesso. Hora io troverrò Cremete et lopregherrò che glene dia: se io lo impetro,che voglo io altro, se non che hoggi sifaccino queste noze? Perché, a quello che'l mio figluolo mi ha promesso, e' non èdubio ch'io lo potrò forzare, quando einon volessi. Et apunto a tempo ecco Cremete. III,3SIMO A! quel Cremete!CHREMETE O! io ti cercavo.SIMO Et io te.CHREMETE Io ti desideravo perché molti mihanno trovato et detto havere inteso dapiù persone come hoggi io do la miafiglola al tuo figluolo: io vengo per saperese tu o loro impazano.SIMO Odi un poco et saprai per quel che io tivoglo et quello che tu cerchi.CHREMETE Di' ciò che tu vuoi.SIMO Per Dio io ti prego, o Cremete, et per lanostra amicitia, la quale, cominciata dapiccoli, insieme con la età crebbe; per launica tua figluola et mio figluolo, la salutedel quale è nella tua potestà; che tu miaiuti in questa cosa et che quelle noze,che si dovevono fare, si faccino.CHREMETE Ha! non mi pregare, come se tibisogni prieghi quando tu vogli da mealcun piacere. Credi tu che io sia d'altrafacta che io mi sia stato per lo adietro,quando io te la davo? S'egli è bene perl'una parte et per l'altra, facciamole; mase di questa cosa a l'uno et l'altro di noine nascessi più male che commodo, io tipriego che tu habbi riguardo al comunebene, come se quella fussi tua, et io padredi Pamphilo.SIMO Io non voglo altrimenti, et così cercoche si facci, o Cremete; né te nerichiederei, se la cosa non fussi intermine da farlo.CHREMETE Che è nato?SIMO Clicerio et Pamphilo sono adiratiinsieme.CHREMETE Intendo.SIMO Et di qualità che io credo che non sene habbi a fare pace.CHREMETE Favole!SIMO Certo la cosa è così.CHREMETE E'fia come io ti dirò, che l'ire degliamanti sono una reintegratione d'amore.SIMO De! io ti priego che noi avantianotempo in dargli mogle mentre che ci èdato questo tempo, mentre che la sualibidine è ristucca da le iniurie, innanzi

che le scelerateze loro et le lacrime piened'inganno riduchino l'animo infermo admisericordia; perché spero, come e' fialegato da la consuetudine et dalmatrimonio, facilmente si libererà datanti mali.CHREMETE E' pare a te così, ma io credo a chenon potrà lungamente patire me né lei.SIMO Che ne sai tu, se tu non ne faiexperienza?CHREMETE Farne experienza in una sua figluola,è pazia.SIMO In fine tucto il male che ne puòrisultare è questo: se non si corregge, cheDio guardi!, che si facci il divortio; ma, sesi corregge, guarda quanti beni: in primatu restituirai ad uno tuo amico unofigluolo, tu harai uno genero fermo et latua figluola marito.CHREMETE Che biso[g]na altro? Se tu ti se'persuaso che questo sia utile, io non vogloche per me si guasti alcuno tuo commodo.SIMO Io ti ho meritamente sempre amatoassai.CHREMETE Ma dimmi SIMO Che?CHREMETE Onde sai tu ch'egli è infra loroinimicitia?SIMO Davo me lo ha detto, che è il primoloro consiglere; et egli mi persuade che iofaccia queste noze il più presto posso.Credi tu che lo facessi, se non sapessi che'l mio figluolo volessi? Io voglo che tustessi oda le sua parole proprie. Olà,chiamate qua Davo! Ma eccolo che vienefuora.III,4DAVO, SIMO, CHREMETE.DAVO Io venivo a trovarti.SIMO Che cosa è?DAVO Perché non mandate per la sposa? E'si fa sera.SIMO Odi tu quel che dice? Per lo adietro ioho dubitato assai, o Davo, che tu nonfacessi quel medesimo che suole fare lamaggiore parte de' servi, d'ingannarmiper cagione del mio figluolo. DAVO Che io facessi cotesto?SIMO Io lo credetti, et in modo ne hebbipaura, che io vi ho tenuto segreto quelloche hora vi dirò.DAVO Che cosa è?SIMO Tu lo saprai, perché io comincioprestarti fede.DAVO Quanto tu hai penato ad conoscere chiio sono!SIMO Queste noze non erano da dovero...DAVO Perché no?SIMO Ma io le finsi per tentarvi.DAVO Che di' tu?SIMO Così sta la cosa.DAVO Vedi tu! mai me ne harei saputoavedere. U! Ha!, che consiglo astuto!SIMO Odi questo: poi che io ti feci entrare in

casa, io riscontrai a tempo costui.DAVO Heimé! noi siam morti.SIMO Di' a costui quello che tu dicesti a me.DAVO Che odo io?SIMO Io l'ho pregato che ci dia la suafigluola et con fatica l'ho ottenuto.DAVO Io son morto.SIMO Hem? che hai tu detto?DAVO Ho detto ch'egli è molto bene facto.SIMO Hora per costui non resta.CHREMETE Io me n'andrò ad casa et dirò che sipreparino; et, se bisognerà cosa alcuna, lofarò intendere a costui.SIMO Hora io ti prego, Davo, perché tu solomi hai facte queste noze...DAVO Io veramente solo.SIMO... sforzati di correggiere questo miofigluolo.DAVO Io lo farò sanza dubio alcuno.SIMO Tu puoi hora, mentre ch'egli è adirato.DAVO Sta' di buona vogla.SIMO Dimmi, dove è egli hora?DAVO Io mi maraviglo se non è in casa.SIMO Io l'andrò a trovare et dirò a lui quelmedesimo che io ho detto a te.DAVO Io sono diventato pichino. Che cosaterrà che io non sia per la più cortamandato a zappare? Io non ho speranzache i prieghi mi vaglino: io ho mandatosottosopra ogni cosa; io ho ingannato ilpadrone et ho facto che hoggi queste nozesi faranno, vogla Pamphilo o no. O astutia!Che se io mi fussi stato da parte, non nesarebbe risultato male alcuno. Ma ecco, iolo veggo. Io sono spacciato! Dio volessiche fussi qui qualche balza dove io afiaccacollo mi potessi gittare!III,5PAMPHILO Dove è quello scelerato che mi hamorto?DAVO Io sto male.PAMPHILO Ma io confesso essermi questointervenuto ragionevolmente, quando iosono sì pazo et sì da poco che io commettoe casi mia in sì disutile servo! Io ne portole pene giustamente; ma io ne lo pagheròin ogni modo.DAVO Se io fuggo hora questo male, io soche poi tu non me ne pagherai.PAMPHILO Che dirò io hora a mio padre?Negherogli io quello che io gli hopromesso? Con che confidenza ardirò io difarlo? Io non so io stesso quello che mifare di me medesimo.DAVO Né anch'io di me; ma io penso di diredi havere trovato qualche bel tracto, perdifferire questo male.PAMPHILO Ohè!DAVO E' mi ha veduto.PAMPHILO Olà, huom da bene, che fai? Vedi tucome tu m'hai aviluppato co' tuoi consigli?DAVO Io ti svilupperò.PAMPHILO &A Sviluppera'mi?&I DAVO Sì veramente, Pamphilo!

PAMPHILO Come hora?DAVO Spero pure di fare meglo.PAMPHILO Vuoi tu che io ti creda, impichato, chetu rassetti una cosa aviluppata etperduta? O! di chi mi sono io fidato ched'uno stato tranquillo m'hai rovesciatoadosso queste noze. Ma non ti dixi io chem'interverrebbe questo?DAVO Sì, dicesti. PAMPHILO Che ti si verrebbe egli?DAVO Le forche! Ma lasciami un poco pocoritornare in me: io penserò a qualchosa.PAMPHILO Heimé! perché non ho io spatio apiglare di te quel suplitio che io vorrei?Perché questo tempo richiede che iopensi a' casi mia et non a vendicarmi.IV,1CARINO E' ella cosa degna di memoria ocredibile che sia tanta pazia nata inalcuno che si rallegri del male d'altri etdegli incommodi d'altri cerchi i commodisuoi? Ah! non è questo vero? Et quellasorte d'huomini è pessima, che sivergognano negare una cosa quando sonorichiesti; poi, quando ne viene il tempo,forzati da la necessità, si squoprono ettemono. Et pure la cosa gli sforza anegare, et alhora usano parole sfacciate: -Chi se' tu? Che hai tu a fare meco? Perchéti ho io a dare le mia cose? Odi tu: io hoad volere meglo a me! - Et se tu glidomandi dove è la fede, e' non sivergognono di niente; et prima, quandonon bisognava, si vergognorno. Ma chefarò io? Androllo io a trovare per dolermiseco di questa ingiuria? Io gli diròvillania. Et se un mi dicessi: - Tu nonfarai nulla! - io gli darò pure questamolestia et sfogherò l'animo mio.PAMPHILO Carino, io ho rovinatoimprudentemente te et me, se Dio non ciprovede.CARINO Così, imprudentemente? Egli hatrovata la scusa! Tu m'hai observata lafede!PAMPHILO O perché?CARINO Credimi tu anchora ingannare conqueste tua parole?PAMPHILO Che cosa ècotesta?CARINO Poi che io dixi d'amarla, ella ti èpiaciuta. De! misero a me, che io homisurato l'animo tuo con l'animo mio!PAMPHILO Tu t'inganni. CARINO Questa tua allegreza non ti sarebbeparuta intera, se tu non mi havessinutrito et lattato d'una falsa speranza:habbitela.PAMPHILO Che io l'habbia? Tu non sai in quantimali io sia rinvolto et in quanti pensieriquesto mio manigoldo m'habbi messo coni suoi consigli.CARINO Maraviglitene tu? Egli ha imparatoda te.

PAMPHILO Tu non diresti cotesto, se tuconoscessi me et lo amore mio.CARINO Io so che tu disputasti assai con tuopadre: et per questo ti accusa, che non tiha potuto hoggi disporre a menarla.PAMPHILO Anzi, vedi come tu sai i mali mia!Queste noze non si facevano, et non eraalcuno che mi volessi dare mogle.CARINO Io so che tu se' stato forzato da testesso.PAMPHILO Sta' un poco saldo: tu non lo saianchora.CARINO Io so che tu l'hai a menare.PAMPHILO Perché mi ammazi tu? Intendiquesto: costui non cessò mai dipersuadere, di pregarmi, che io dicessi amio padre di essere contento di menarla,tanto che mi condusse a dirlo.CARINO Chi fu cotesto huomo?PAMPHILO Davo.CARINO Davo?PAMPHILO Davo manda sozopra ogni cosa.CARINO Per che cagione?PAMPHILO Io non lo so, se non che io so bene cheDio è adirato meco, poi che io feci a suomodo.CARINO E' ita così la cosa, Davo?DAVO Sì, è.CARINO Che di' tu, scelerato? Idio ti dia quelfine che tu meriti! Dimmi un poco: se tuttii suoi nimici gli havessino voluto daremogle, harebbongli loro dato altroconsiglo?DAVO Io sono stracco, ma non lasso.CARINO Io lo so.DAVO E' non ci è riuscito per questa via,enterreno per una altra: se già tu nonpensi che, poi che la prima non riuscì,questo male non si possa guarire.PAMPHILO Anzi, credo che, ogni poco che tu cipensi, che d'un paio di noze tu me nefarai dua. DAVO O Pamphilo, io sono obligato in tuoservitio sforzarmi con le mani et co' piè,dì et nocte, et mettermi ad periculo dellavita per giovarti. E' s'appartiene poi a teperdonarmi, se nasce alcuna cosa fuora disperanza, et s'egli occorre cosa pocoprospera, perché io harò facto il megloche io ho saputo; o veramente tu ti truoviuno altro che ti serva meglo, et lasciaandare me.PAMPHILO Io lo desidero; ma rimettimi nel luogodove tu mi traesti.DAVO Io lo farò.PAMPHILO Ei bisogna hora.DAVO Hem! Ma sta' saldo, io sento l'uscio diGlicerio.PAMPHILO E' non importa a te.DAVO Io vo pensando.PAMPHILO Hem? hor ci pensi?DAVO Io l' ho già trovato.IV,2MISIDE Come io l'harò trovato, io procurerò

per te et ne merrò meco il tuo Pamphilo;ma tu, anima mia, non ti voler macerare.PAMPHILO O Miside!MISIDE Che è? O Pamphilo, io t'ho trovatoappunto.PAMPHILO Che cosa è?MISIDE La mia padrona mi ha comandato cheio ti prieghi che, se tu l'ami, che tu lavadia a vedere.PAMPHILO U! Ha! ch'io son morto. Questo malerinnuova. Tieni tu con la tua opera cosìsospeso me et lei? La manda per me,perché la sente che si fanno le noze.CARINO Da le quali facilmente tu ti sarestipotuto abstenere, se costui se ne fussiabstenuto.DAVO Se costui non è per sé medesimoadirato, aizalo!MISIDE Per mia fé, cotesta è la cagione; etperò è ella maninconosa.PAMPHILO Io ti giuro, o Miside, per tutti gl'Iddei,che io non la abandonerò mai, non se iocredessi che tutti gli huomini mi avessinoa diventare nimici. Io me la ho cerca, lami è tocca; i costumi s'affanno: morirpossa qualunque vuole che noi cisepariamo! Costei non mi fia tolta sed nonda la morte.MISIDE Io risucito.PAMPHILO L'oraculo d'Apolline non è più veroche questo. Se si potrà fare che mio padrecreda che non sia mancato per me chequeste noze si faccino, io l'harò caro;quanto che no, io farò le cose allaabandonata et vorrò ch'egli intenda chemanchi da me. Chi ti paio io?CARINO Infelice come me.DAVO Io cerco d'un partito.CARINO Tu se' valente huomo.PAMPHILO Io so quel che tu cerchi.DAVO Io te lo darò facto in ogni modo.PAMPHILO E'bisogna hora.DAVO Io so già quello che io ho a fare.CARINO Che cosa è?DAVO Io l'ho trovato per costui, non per te,acciò che tu non ti inganni.CARINO E' mi basta.PAMPHILO Dimmi quello che tu farai.DAVO Io ho paura che questo dì non mibasti a farlo, non che mi avanzi tempo adirlo. Orsù, andatevi con Dio: voi mi date noia.PAMPHILO Io andrò a vedere costei.DAVO Ma tu dove n'andrai?CARINO Vuoi tu ch'io ti dica il vero?.DAVO Tu mi cominci una historia da capo.CARINO Quel che sarà di me?DAVO Eh! o! imprudente! Non ti basta egliche, s'io differisco queste noze uno dì, cheio lo do a te?CARINO Nondimeno...DAVO Che sarà?CARINO Ch'io la meni.DAVO Uccellaccio!CARINO Se tu puoi fare nulla, fa' di venire qui.

DAVO Che vuoi tu ch'io venga? Io non honulla...CARINO Pure, se tu havessi qualche cosa...DAVO Orsù, io verrò!CARINO...Io sarò in casa.DAVO Tu, Miside, aspettami un poco quitanto che io peni a uscire di casa.MISIDE Perché? DAVO Così bisogna fare.MISIDE Fa' presto!DAVO Io sarò qui hora.IV,3MISIDE Veramente e' non ci è boccone delnetto. O Idii! io vi chiamo in testimonioche io mi pensavo che questo Pamphilofussi alla padrona mia un sommo bene,sendo amico, amante et huom parato atutte le sua vogle: ma ella, misera, quantodolore pigla per suo amore! In modo cheio ci veggo dentro più male che bene. MaDavo esce fuora. Oimé! che cosa è questa?dove porti tu il fanciullo?DAVO O Miside, hora bisogna che la tuaastutia et audacia sia prompta.MISIDE Che vuoi tu fare?DAVO Pigla questo fanciullo, presto, etpôllo innanzi all'uscio nostro.MISIDE In terra?DAVO Raccogli pagla et vincigle della via, etmettiglene sotto.MISIDE Perché non fai tu questo da te?DAVO Per potere giurare al padrone di nonlo havere posto.MISIDE Intendo; ma dimmi: come se' tudiventato sì religioso?DAVO Muoviti presto, acciò che tu intendadipoi quel ch'io voglo fare. O Giove!MISIDE Che cosa è?DAVO Ecco il padre della sposa: io voglolasciare il primo partito.MISIDE Io non so che tu ti di'.DAVO Io fingerò di venire qua da mandritta: fa' d'andare secondando il parlaremio dovunque bisognerà.MISIDE Io non intendo cosa che tu ti dica; maio starò qui, acciò, se bisognassi l'operamia, io non disturbi alcuno vostrocommodo.IV,4CHREMETE Io ritorno per comandare chemandino per lei poi che io ho ordinatotutte le cose che bisognano per le noze...Ma questo che è? Per mia fé, ch'egli è unfanciullo! O donna, ha'lo tu posto qui?MISIDE Ove è ito colui?CHREMETE Tu non mi rispondi?MISIDE Hei, misera a me! che non è in alcunluogo! Ei mi ha lasciata qui sola et esseneito.DAVO O Dii, io vi chiamo in testimonio: cheromore è egli in mercato! Quanta gente vipiatisce! Et anche la ricolta è cara. Io nonso altro che mi dire.MISIDE Perché mi hai tu lasciata qui così sola?

DAVO Hem? che favola è questa? O Miside,che fanciullo è questo? Chi l'ha recato qui?MISIDE Se' tu impazato? Di che mi domanditu?DAVO Chi ne ho io a dimandare, che non civeggo altri?CHREMETE Io mi maraviglo che fanciullo siaquesto.DAVO Tu m'hai a rispondere ad quel ch'io tidomando. Tirati in su la man ritta.MISIDE Tu impazi: non ce lo portasti tu?DAVO Guarda di non mi dire una parolafuora di quello che io ti domando.MISIDE Tu bestemmi.DAVO Di chi è egli? Di', ch'ognuno oda.MISIDE De' vostri.DAVO Ha! ha! io non mi maraviglo se unameretrice non ha vergogna.CHREMETE Questa fantesca è da Andro, come mipare.DAVO Paiamovi noi però huomini da esserecosì uccellati?CHREMETE Io sono venuto a tempo.DAVO Presto, leva questo fanciullo di qui!Sta'salda; guarda di non ti partire di qui!MISIDE Gl'Idii ti sprofondino, in modo mispaventi!DAVO Dico io a te o no?MISIDE Che vuoi?DAVO Domandimene tu ancora? Dimmi: chiè cotesto bambino?MISIDE Nol sai tu? DAVO Lascia ire quel ch'io so: rispondi aquello che io ti domando.MISIDE E' de' vostri.DAVO Di chi nostri?MISIDE Di Pamphilo.DAVO Come di Pamphilo?MISIDE O perché no?CHREMETE Io ho sempre ragionevolmentefuggite queste noze.DAVO O scelerateza notabile!MISIDE Perché gridi tu?DAVO Non vidi io che vi fu hieri recato incasa?MISIDE O audacia d'huomo!DAVO Non vidi io una donna con unoinvolgime sotto?MISIDE Io ringratio Dio che, quando ellapartorì, v'intervennono molte donne dabene.DAVO Non so io per che cagione si è factoquesto? - Se Cremete vedrà il fanciulloinnanzi all'uscio, non gli darà la figluola!-Tanto più gliene dara egli!CHREMETE Non farà, per Dio!DAVO Se tu non lievi via cotesto fanciullo, iorinvolgerò te et lui nel fango.MISIDE Per Dio, che tu se' obliaco!DAVO L'una bugia nasce da l'altra. Io sentogià susurrare che costei è cittadinaatheniese...CHREMETE Heimé!DAVO... et che, forzato da le leggi, la

tôrrà per donna.MISIDE A! U! per tua fé, non è ella cittadina?CHREMETE Io sono stato per incappare in unomale da farsi beffe di me.DAVO Chi parla qui? O Cremete, tu vieni atempo. Odi!CHREMETE Io ho udito ogni cosa.DAVO Hai udito ogni cosa?CHREMETE Io ho udito certamente il tutto daprincipio.DAVO Hai udito, per tua fé? Ve' chescelerateza! Egli è necessario mandarecostei al bargello! Questo è quello. Noncredi di uccellare Davo!MISIDE O miser'a me! O vechio mio, io non hodetto bugia alcuna.CHREMETE Io so ogni cosa. Ma Simone è drento?DAVO E'. MISIDE Non mi toccare, ribaldo! io dirò benea Glicerio ogni cosa.DAVO O pazerella! tu non sai quello che si èfacto.MISIDE Che vuoi tu che io sappia?DAVO Costui è il suocero et in altro modonon si poteva fare che sapessi quello chenoi volavamo.MISIDE Tu me lo dovevi dire innanzi.DAVO Credi tu che vi sia differenza, oparlare da quore, secondo che ti detta lanatura, o parlare con arte?IV,5CRITO, MISINE, DAVO.CRI. E' si dice che Crisyde habitava in suquesta piaza, la quale ha voluto più tostoarichire qui inhonestamente, che viverepovera honestamente nella sua patria.Per la sua morte i suoi beni ricaggiono ame... Ma io veggo chi io ne potròdomandare. Dio vi salvi!MISIDE Chi veggo io? E' questo Crito,consobrino di Crisyde? Egli è esso.CRI. O Miside, Dio ti salvi!MISIDE Et Crito sia salvo!CRI. Così Crisyde, he?MISIDE Ella ci ha veramente rovinate.CRI. Voi che fate? In che modo state qui?Fate voi bene?MISIDE Oimé! Noi? Come dixe colui: - Come sipuò - poiché, come si vorrebbe, nonpossiamo.CRI Glicerio che fa? Ha ella anchoratrovato qui i suoi parenti?Ml. Dio il volessi!CRI. O! non ancora? Io ci sono venuto inmale punto, che, per mia fé, se io lohavessi saputo, io non ci harei mai messoun piede. Costei è stata tenuta, sempremai tenuta sorella di Crisyde, et possiedele cose sua; hora, sendo io forestiero,quanto mi sia utile muovere una lite, miammuniscono gli exempli degli altri.Credo anchora che costei harà qualcheamico et difensore, perché la si partì di lagrandicella, che griderranno che io sia

uno spione et che io vogla con bugieacquistare questa heredità; oltra diquesto non mi è lecito spogliarla.MISIDE Tu se' uno huom da bene, Crito, etritieni il tuo costume antico.CRI. Menami a lei, che io la voglo vedere,polché io sono qui.MISIDE Volentieri.DAVO Io andrò drieto a costoro, perch'ionon voglo che in questo tempo il vechiomi vegga.V,1CHREMETE Tu hai, o Simone, assai conosciutal'amicitia mia verso di te; io ho corsi assaipericuli: fa' fine di pregarmi. Mentre cheio pensavo di compiacerti, io sono statoper affogare questa mia figluola.SIMO Anzi, hora ti priego io et suplico, oChremete, che appruovi coi facti questobenefitio cominciato con le parole.CHREMETE Guarda quanto tu sia, per questo tuodesiderio, ingiusto! Et pure che tu facciaquello desideri, non observi alcunotermine di benignità né pensi quello chetu prieghi: che se tu lo pensassi, tucesseresti di agravarmi con questeingiurie.SIMO Con quali?CHREMETE Ha! domandine tu? Non mi hai tuforzato che io dia per donna una miafigluola ad uno giovane occupato nelloamore d'altri et alieno al tucto dal tôrremogle? Et hai voluto con lo affanno etdolore della mia figluola medicare il tuofigluolo. Io volli, quando egli era bene;hora non è bene; habbi patienza. Costorodicono che colei è cittadina atheniese etne ha hauto uno figluolo: lascia stare noi.SIMO Io ti priego, per lo amore di Dio, che tunon creda a costoro: tutte queste cosesono finte et trovate per amore di questenoze. Come fia tolta la cagione per chefanno queste cose, e' non ci fia piùscandolo alcuno. CHREMETE Tu erri: io vidi una fantesca et Davo,che si dicevano villania.SIMO Io lo so.CHREMETE Et da dovero, perché nessuno sapevache io fussi presente.SIMO Io lo credo; et è un pezo che Davo midixe che volevono fare questo, et hoggi telo volli dire, et &A dimentica'melo&I .V,2DAVO Hora voglo io stare con l'animoriposato...CHREMETE Ecco Davo a te.SIMO Onde esce egli?DAVO ... parte per mia cagione, parte percagione di questo forestiero.SIMO Che ribalderia è questa?DAVO Io non vidi mai huomo venuto più atempo di questo.SIMO Chi loda questo scelerato?DAVO Ogni cosa è a buon porto.

SIMO Tardo io di parlargli?DAVO Egli è il padrone: che farò io?SIMO Dio ti salvi, huom da bene!DAVO O Simone, o Chremete nostro, ognicosa è ad ordine.SIMO Tu hai facto bene.DAVO Manda per lei a tua posta.SIMO Bene veramente! e' ci mancavaquesto! Ma rispondimi: che faccendahavevi tu quivi?DAVO Io?SIMO Sì.DAVO Di' tu a me?SIMO A te dich'io.DAVO Io vi entrai hora...SIMO Come s'io domandassi quanto è ch'e'vi entrò!DAVO... col tuo figluolo.SIMO Ho! Pamphilo è dentro?DAVO Io sono in su la fune.SIMO Ho! non dicesti tu ch'egli havienoquistione insieme?DAVO Et hanno.SIVO Come è egli così in casa? CHREMETE Che pensi tu che faccino? E' siazuffano.DAVO Anzi, voglo, o Cremete, che tu intendada me una cosa indegna: egli è venutohora uno certo vechio, che pare huomcauto et è di buona presenza, con unovolto grave da prestargli fede.SIMO Che di' tu di nuovo?DAVO Niente veramente, se non quello cheio ho sentito dire da lui: che costei ècittadina atheniese.SIMO O! Dromo! Dromo!DAVO Che cosa è?SIMO Dromo!DAVO Odi un poco.SIMO Se tu mi di' più una parola... Dromo!DAVO Odi, io te ne priego.DROMO Che vuoi?SIMO Porta costui di peso in casa.DROMO Chi?SIMO Davo.DROMO Perché?SIMO Perché mi piace: portalo via!DAVO Che ho io facto?SIMO Portalo via!DAVO Se tu truovi che io ti abbia dette lebugie, ammazami.SIMO Io non ti odo. Io ti farò diventaredextro.DAVO Egli è pure vero.SIMO Tu lo legherai et &A guardera'lo.&I Odi qua,mettigli un paio di ferri: fallo hora et, seio vivo, io ti mosterrò, Davo, innanzi chesia sera, quello che importa, ad teingannare il padrone, et a colui Il padre. CHREMETE Ha! non essere sì crudele.SIMO O Chremete, non ti incresce egli di meper la ribalderia di costui, che ho tantodispiacere per questo figluolo? Orsù,Pamphilo! Esci, Pamphilo! Di che ti

vergogni tu?V,3PAMPHILO Chi mi vuole? Oimé! egli è mio padre.SIMO Che di' tu, ribaldo?CHREMETE Digli come sta la cosa, sanza villania.SIMO E' non se gli può dire cosa che nonmeriti. Dimmi un poco: Glicerio ècittadina?PAMPHILO Così dicono.SIMO O gran confidenza! Forze che pensaquel che risponde? Forse che si vergognadi quel ch'egli ha facto? Guardalo inviso, e' non vi si vede alcuno segno divergogna. E' egli possibile che sia di sìcorrotto animo, che vogla costei fuoradelle leggi et del costume de' cittadini,con tanto obbrobrio?PAMPHILO Misero a me!SIMO Tu te ne se' aveduto hora? Cotestaparola dovevi tu dire già quando tuinducesti l'animo tuo a fare in qualunquemodo quello che ti aggradava: pure allafine ti è venuto detto quello che tu se'.Ma perché mi macero et perché mi crucioio? Perché afliggo io la mia vechiaia perla pazia di costui? Voglo io portare lepene de' peccati suoi? Habbisela,tengasela, viva con quella!PAMPHILO O padre mio!SIMO Che padre! Come che tu habbi bisognodi padre, che hai trovato, a dispetto di tuopadre, casa, mogle, figluoli et chi dicech'ella è cittadina atheniese. Habbi nomeVinciguerra.PAMPHILO Possoti io dire dua parole, padre?SIMO Che mi dirai tu?CHREMETE Lascialo dire.SIMO Io lo lascio: dica!PAMPHILO Io confesso che io amo costei et s'egliè male, io confesso fare male, et mi tigetto, o padre, nelle braccia; impommiche carico tu vuoi: se tu vuoi che io menimogle et lasci costei, io lo sopporterò ilmeglo che io potrò. Solo ti priego diquesto, che tu non creda che io ci habbifacto venire questo vechio, et sia contentoch'io mi iustifichi et che io lo meni quialla tua presenza.SIMO Che tu lo meni?PAMPHILO Sia contento, padre.CHREMETE Ei domanda il giusto: contentalo.PAMPHILO Compiacimi di questo.SIMO Io sono contento, pure che io non mitruovi ingannato da costui.CHREMETE Per uno gran peccato ogni poco disuplicio basta ad uno padre.V,4CRITO Non mi pregare; una di questecagioni basta a farmi fare ciò che tu vuoi:tu, il vero et il bene che voglo a Glicerio.CHREMETE Io veggo Critone Andrio? Certo egli èdesso.CRITO Dio ti salvi, Cremete!CHREMETE Che fai tu così hoggi, fuora di tua

consuetudine, in Athene?CRITO Io ci sono a caso. Ma è questoSimone?CHREMETE Questo è.SIMO Domandi tu me? Dimmi un poco: di' tuche Glicerio è cittadina?CRITO Neghilo tu?SIMO Se' tu così qua venuto preparato?CRITO Perché?SIMO Domandine tu? Credi tu fare questecose sanza esserne gastigato? Vieni tu quiad ingannare i giovanetti imprudenti etbene allevati et andare con promessepascendo l'animo loro?CRITO Se' tu in te?SIMO Et vai raccozando insieme amori dimeretrici et noze?PAMPHILO Heimé! io ho paura che questoforestiero non si pisci sotto.CHREMETE Se tu conoscessi costui, o Simone, tunon penseresti cotesto; costui è unobuono huomo.SIMO Sia buono a suo modo: debbeseglicredere ch'egli è appunto venuto hogginel dì delle noze et non è venuto primamai?PAMPHILO Se io non havessi paura di mio padre,io gl'insegnerei la risposta.SIMO Spione!CRITO Heimé!CHREMETE Così è fatto costui, Crito; lascia ire.CRITO Sia facto come e' vuole: seguita didirmi ciò che vuole, egli udirà ciò che nonvuole; io non prezo et non curo cotestecose, imperò che si può intendere sequelle cose che io ho dette sono false overe, perché uno atheniese, per loadrieto, havendo rotto la sua nave,rimase con una sua figloletta in casa ilpadre di Crisyde, povero et mendico.SIMO Egli ha ordito una favola da capo.CHREMETE Lascialo dire.CRITO Impediscemi egli così?CHREMETE Seguita.CRITO Colui che lo ricevette era mioparente; quivi io udi' dire da lui come egliera cittadino atheniese; et quivi si morì.CHREMETE Come haveva egli nome?CRITO Ch' io ti dica il nome sì presto?Phania.CHREMETE O! Hu!CRITO Veramente io credo ch'egli havessinome Phania: ma io so questo certo, ch'e'si faceva chiamare Ramnusio.CHREMETE O Giove!CRITO Queste medesime cose, o Cremete,sono state udite da molti altri in Andro.CHREMETE Dio vogla che sia quello che io credo!Dimmi un poco: diceva egli che quellafanciulla fussi sua?CRITO No.CHREMETE Di chi dunque?CRITO Figluola del fratello.CHREMETE Certo, ella è mia.

CRITO Che di' tu?SIMO Che di' tu?PAMPHILO Riza gli orechi, Pamphilo!SIMO Che credi tu?CHREMETE Quel Fania fu mio fratello.SIMO Io lo conobbi et sòllo.CHREMETE Costui, fuggendo la guerra mi vennein Asia drieto, et dubitando di lasciarequi la mia figluola, la menò seco; dipoinon ne ho mai inteso nulla, sed non hora.PAMPHILO L'animo mio è sì alterato che io nonsono in me per la speranza, per il timore,per la allegreza, veggendo uno bene sìrepentino.SIMO Io mi rallegro in molti modi chequesta tua si sia ritrovata.PAMPHILO Io lo credo, padre. SIMO Ma e' mi resta uno scrupolo che mi fastare di mala vogla.PAMPHILO Tu meriti di essere odiato con questatua religione.CRITO Tu cerchi cinque piè al montone!CHREMETE Che cosa è?SIMO Il nome non mi riscontra.CRITO Veramente da piccola la si chiamòaltrimenti.CHREMETE Come, Crito? Ricorditene tu?CRITO Io ne cerco.PAMPHILO Patirò io che la smemorataggine dicostui mi nuoca, potendo io per memedesimo giovarmi? O Cremete, checerchi tu? La si chiamava Passibula.CRITO La è epsa!CHREMETE La è quella!PAMPHILO Io glene ho sentito dire mille volte.SIMO Io credo che tu, o Cremete, creda chenoi siamo tutti allegri.CHREMETE Così mi aiuti Idio, come io lo credo.PAMPHILO Che manca, o padre?SIMO Già questa cosa mi ha facto ritornarenella tua gratia.PAMPHILO O piacevole padre! Cremete vuole chela sia mia mogle, come la è!CHREMETE Tu di' bene, se già tuo padre nonvuole altro.PAMPHILO Certamente.SIMO Cotesto.CHREMETE La dota di Pamphilo voglo che siadieci talenti.PAMPHILO Io l'accepto.CHREMETE Io vo a trovare la figluola. O Critomio, vieni meco, perché io non credo chela mi riconosca.SIMO Perché non la fai tu venire qua?PAMPHILO Tu di' bene: io commetterò a Davoquesta faccenda.SIMO Ei non può.PAMPHILO Perché non può?SIMO Egli ha uno male di più importanza.PAMPHILO Che cosa ha?SIMO Egli è legato.PAMPHILO O padre, ei non è legato a ragione.SIMO Io volli così.PAMPHILO Io ti priego che tu faccia che sia

sciolto.SIMO Che si sciolga! PAMPHILO Fa'presto!SIMO Io vo in casa.PAMPHILO O allegro et felice questo dì!V,5CARINO Io torno a vedere quel che faPamphilo... Ma eccolo!PAMPHILO Alcuno forse penserà che io pensi chequesto non sia vero, ma e' mi pare pureche sia vero. Però credo io che la vitadegli Iddei sia sempiterna perché ipiaceri loro non sono mai loro tolti:perché io sarei, sanza dubio, immortale,se cosa alcuna non sturbassi questa miaallegreza. Ma chi vorrei sopra ogni altroriscontrare per narrargli questo?CARINO Che allegreza è questa di costui?PAMPHILO Io veggo Davo, non è alcuno che iodesideri vedere più di lui perché io so chesolo costui si ha a rallegrare da doverodella allegreza mia.V,6DAVO Pamphilo dove è?PAMPHILO O Davo!DAVO Chi è?PAMPHILO Io sono.DAVO O Pamphilo!PAMPHILO Ha! tu non sai quello mi è accaduto.DAVO Veramente no: ma io so bene quelloche è acaduto a me. PAMPHILO Io lo so anch'io.DAVO Egli è usanza degli huomini che tuhabbi prima saputo il male mio che io iltuo bene.PAMPHILO La mia Glicerio ha ritrovato suopadre.DAVO O! la va bene.CARINO Hem?PAMPHILO Il padre è grande amico nostro.DAVO Chi?PAMPHILO Cremete.DAVO Di' tu il vero?PAMPHILO Né ci è più dificultà di haverla io perdonna.CARINO Sogna costui quelle cose ch'egli havegghiando volute?PAMPHILO Ma del fanciullo, o Davo?DAVO Ha! sta' saldo: tu se' solo amato dagl'Idii.CARINO Io sono franco, se costui dice il vero.Io gli voglo parlare.PAMPHILO Chi è questo? O Carino! Tu ci se'arrivato a tempo.CARINO O! la va bene.PAMPHILO O! hai tu udito?CARINO Ogni cosa. Hor fa' di ricordarti di mein queste tua prosperità. Cremete è horatutto tuo, et so che farà quello che tuvorrai.PAMPHILO Io lo so; et perché sarebbe troppoaspettare ch'egli uscissi fuora, seguitami,perch'egli è in casa con Glicerio. Tu, Davo,vanne in casa et subito manda qua chi lameni via. Perché stai? perché non vai?

DAVO O voi, non aspectate che costoroeschino fuora. Drento si sposerà et drentosi farà ogni altra cosa che manchassi.Andate, al nome di Dio, et godete!

%1527 feb 7, LC$1419$Non prima che questa mattina sono potuto arrivare qui, rispetto agli impedimenti che ne danno i nemici. Sono stato a lungo con il signor luogotenente, e trovai che sua Signoria per sé medesima aveva praticata con questi signori, e massime col duca di Urbino, la celerità del passare con tutto questo esercito in Toscana, quando i nimici pigliassino quel cammino; e mi disse che il duca d'Urbino ci si mostra caldissimo, ma ci era solo differenza del modo e ordine del farlo: perché sua Signoria vuole che il marchese di Saluzzo sia il primo coll'antiguardo ad entrare in Toscana, e il luogotenente voleva che fusse sua Signoria, giudicando che questo modo avesse più del securo. Volle pertanto che io parlassi questa sera al duca, e così alla sua presenza feci: dove, con quante migliori parole seppi, mostrai la necessità di questi aiuti gagliardi e presti, venendo in costà i nemici, e quanta fede aveva cotesta città nella virtù e affezione sua verso di lei, né mancai di dirgli tutte quelle cose che io seppi e che dal luogotenente mi erano state ricordate. Ma egli stette fermo in sul proposito suo; nondimeno si rimase di essere domani insieme, e con la penna in mano divisare tutto, pensando quello che si abbia a fare in qualunque moto; però non verrò per questa ad altri particulari, ma mi riserberò a quello che domani si concluderà: e di tutto ne aranno vostre Signorie avviso particulare.Questo dì non ci sono avvisi da Piacenza; però non vi si può dire altro, se non che i nemici sono ne' medesimi $1420$luoghi, né s'intende faccino altro che provvisioni di vettovaglie, le quali non conducono in luogo che si possa credere le partino per Toscana più che per altrove. Usa il luogotenente ogni diligenza per intendere qui gli andamenti loro, e di quanto si ritrarrà, ne saranno vostre Signorie avvisate. Quae bene valeant.

%1527 feb 9, LCIarsera scrissi alle Signorie vostre quanto occorreva. Questo dì ci sono nuove, come una parte de' lanzichinet si sono levati da Pontenuro e iti ad accostarsi con gli spagnuoli, né s'intende bene questi loro moti così fatti ad che fine se gli faccino: e chi dice vogliono fare l'impresa di Lodi, chi di Cremona. Scrive ancora il conte Guido, che è a Piacenza, come ieri venendo cavalli dei nemici a correre verso la terra, egli mandò loro incontro Paolo Luzzasco e il conte Claudio Rangoni i quali gli urtorno di qualità che

presero il capitano Zuccaro, Scalengo e Giugno, tre capitani di assai importanza, e furno per pigliare il principe d'Orange; e di più li hanno preso ottanta cavalli e cento fanti; e così i nostri ogni dì pigliono più animo addosso ai nemici, e quelli ogni dì pare che più si confondino; nondimeno è impossibile che gli stieno molto tempo così, e che questo loro umore non faccia capo in qualche parte: e se sarà di qua, come ora si crede per i più, sareno liberi dai nostri sospetti; quando venghino in costà, si osserverà quell'ordine che iarsera si scrisse alle Signorie vostre, e piuttosto in qualche parte migliorato.Crediamo che il conte Guido intenderà da questi prigioni qualche disegno loro, e la ragione di questa tardanza e varietà che fanno, e massime lo potrà intendere da quello Scalengo, perché dicono essere uomo accettissimo $1421$al viceré e che sa di molti suoi secreti. Se detto conte ne gli vorrà trarre, si potrebbe avere qualche certezza delle cose loro; e intendendole, le intenderanno vostre Signorie, alle quali mi raccomando. Quae bene valeant.

%1527 feb 11, LCIeri non scrissi alle Signorie vostre per non avere da dire cosa di momento, sperando potere questo giorno dire qualche cosa di certo; persuadendomi che da quelli capitani prigioni il conte Guido ritraesse qualche particulare. Ma non avendo scritto alcuna cosa, si pensa che non abbia potuto farlo. Sentesi delle cose loro varii andamenti. Io vi scrissi come i lanzichinét ch'erano in Milano, erano usciti per congiugnersi con questi che sono fuora; oggi s'intende come non sono ancora usciti, ma debbono uscire. Intendesi come gli hanno fatto segretamente provvisione di scale e di zappe: che chi interpreta che vogliono fare un furto, e chi che voglino prepararsi a potere con le zappe pigliare quelle terre che con l'artiglierie non potessino offendere, come fece il duca di Urbino a Cremona. Questa mattina s'intese come dieci bandiere degli spagnuoli, che erano di qua dal Po, lo avevano ripassato in là: non s'intendeva la cagione. Questa sera s'intende come gli hanno fornito Pizzichettone di vettovaglia, e di quelli spagnuoli si sono serviti per scorta; e così si sente ad ogni ora varii loro aggiramenti, dei quali alcuni s'interpetrono per venire in Toscana, alcuni altri per fare impresa di qua. E quelli che in queste cose hanno migliore iudizio, si sanno meno risolvere. Nondimeno ciascuno crede questo, che se credessino potere espugnare una di queste $1422$terre, che comincerebbono di qua, perché bisogno grande ne hanno: onde non cominciando di qua, nasce che non credono riesca loro. E pare dura cosa credere che chi presuppone che non gli riesca pigliare, verbigrazia Piacenza, si possa persuadere di pigliare la Toscana, dove si

entra, si sta, si combatte con tanta difficultà. Quello che debbino adunque fare lo sa Iddio, perché per avventura non lo sanno ancora loro: che se lo sapessino, e' lo arebbono messo ad effetto, tanto tempo è che potettero essere insieme; e credesi che si possa poco tenere, se già i disordini nostri non gli aiutano; e tutti i periti della guerra che sono qui, giudicano che si abbi a vincere, quando o i cattivi consigli o il mancamento dei danari non facci perdere, perché forze ci sono tante che bastano a sostenere la guerra, e a quelli duoi difetti si può rimediare; al primo, consigliandosi bene; all'altro, che la Santità di nostro signore non si abbandoni.Io non sono ancora partito, perché desideravo vedere che via pigliava quest'acqua, acciocché pigliandola in costà, io potessi tornare resoluto in tutto dell'ordine e qualità dei rimedii. Pertanto starò così ancora tre o quattro giorni, e dipoi con buona grazia di vostre Signorie tornerò in ogni modo: alle quali mi raccomando. Valete.

%1527 feb 12, LCPoi che io scrissi ieri a vostre Signorie, sono occorse cose di pochissimo momento; pure mi pare da scriverle, acciò vostre Signorie intendino tutto quello s'intende di qua. Questi signori franzesi, e così il duca di Urbino deliberorono di fare questa notte passata una cavalcata per mostrare ai nemici che noi eravamo vivi, e parte per $1423$vedere il paese; e così questa notte cavalcorono e arrivati i franzesi in sul far del giorno a Carpineto, vi trovorono alloggiato Cammino della Staffa, capo di cavalli leggieri, e gli tolsono circa sessanta cavalli; corsono dipoi verso i nemici e qui tutto il giorno gli hanno tenuti in arme. Avevono i nemici, tre giorni sono, preso Bussé, un castello lontano di qui circa 20 miglia; vero è che la rocca si guardava ancora per la Chiesa. Mandovvi il duca questa notte fanti, i quali entrorno per la rocca, e hanno preso un Folco mantovano e la sua compagnia di circa dugento fanti fra presa e morta, e recuperato detto castello. Monsignore di Borbone venne ieri nel campo dei tedeschi: credesi per consultare quello debbino fare. Non ci è avviso sia ancora partito e non si sa quello abbino concluso: vero è che il conte Guido scrive che il marchese del Guasto gli ha mandato a dire che stia securo che non andranno a Piacenza: tanto è che noi siamo incerti quanto il primo dì di quello debbino fare. Pare bene impossibile che fra tre o quattro dì non risolvino, e secondo la resoluzione loro qua si delibererà; e se il duca di Urbino si dispone a fare suo debito, che si disporrà se vostre Signorie vorranno, si crede che i nemici, venendo innanzi, profitteranno poco. Raccomandomi alle Signorie vostre. Quae bene valeant.

%1527 feb 14, LCIeri non scrissi a vostre Signorie per non avere che dire. Questo giorno ancora non ci è innovato altro: nondimeno, per mantenere l'usanza mentre sono qua, mi pare da scrivere duoi versi e dire a quelle come dell'esercito imperiale non ci è che gli abbi fatto ancora moto $1424$alcuno, non ostante che il conte Guido, per una sua lettera comparsa questa mattina scriva detto esercito doversi stamani levare per venire innanzi; il che si crede non sia stato vero, perché se '1 fusse, a quest'ora che siamo a due di notte, ce ne doverrebbe essere avviso. Ma se non è levato, si crede che non possa stare molto a levarsi, e per tutto risuona che si debba levare di corto e venire innanzi. E veramente in Lombardia non si pensa che possa fare alcuno acquisto di quelle terre che si designano guardare, e pare una disposizione grande in questi popoli a difendersi, avendo con prontezza fatte le separazioni e preparazioni necessarie; a che mi pare che si aggiugnerà in loro la ostinazione, di che ne dà causa l'esempio di Milano e delle altre città, che non ostante che le si sieno date loro, e che quelli le abbino ricevute in fede, nondimeno le hanno dipoi prima taglieggiate e poi saccheggiate. Il che ha messo tanto spavento negli uomini che vogliono prima morire che venire a simili frangenti, e quando venghino in Toscana e trovino in quelli popoli le medesime disposizioni, non solamente avranno le medesime difficultà, ma maggiori rispetto al non potere quel paese nutrire le guerre, come questo; e ogni poco d'impedimento che gli abbino che gli tenga a bada, potria essere cagione della loro resoluzione; di che ne hanno fatto fede certi spagnuoli stati presi a Lodi da messer Lodovico, i quali gli hanno detto come il loro esercito è potente e di qualità, che quello della lega sarebbe male consigliato ad andare a combatterlo, ma che quelli loro capi sono in tanta confusione, non sapendo che impresa farsi che possa loro certamente riuscire, e in tanta povertà, che se le nostre genti gli temporeggiano, è impossibile che vinchino questa impresa. Starassi per tanto di qua alla vista e de' moti suoi se ne darà avviso giorno per giorno alle Signorie vostre, e dell'ordine che per noi si darà per temporeggiarlo e per seguirlo; e la maggior parte di questo giuoco se ne potrà fare, sarà governarsi in modo che questo duca abbi cagione di affaticarsi volentieri, consigliando bene, e eseguendo meglio: altrimenti se ne potrebbe ricevere disonore e danno. So che la Signoria del luogotenente ne ha scritto a Roma e costì, e io non ho voluto mancare di ricordarlo: e come per altre ho detto, come io vedrò costoro mossi e che t'intenda a che cammino vadino, me ne verrò con quelle $1425$resoluzioni e ordini per la difesa

di costà che di qui si potranno avere migliori. Raccomandomi a vostre Signorie. Quae bene valeant.

%1527 feb 16, LCIeri scrissi alle Signorie vostre quanto occorreva: per questa si fa intendere come al Borgo a San Donnino son venute oggi le genti del conte di Caiazzo con la persona sua; l'altro esercito è stato fermo, ma si crede moverà o domani o l'altro, e si dice per certo non si fermeranno né a Piacenza né a Parma, ma che o voglino campeggiare Modona, o venire alla volta di Bologna per spignersi in Toscana o in Romagna. Di qua si terrà in questo loro moto quell'ordine che pochi giorni fa si scrisse alle Signorie vostre: cioè che buona parte di queste forze siano prima in Romagna o in Toscana, di lui; le altre venghino dietro: tra le quali sarà il duca d'Urbino, che infino a qui non si è potuto persuaderlo ad essere esso nello antiguardo; ma quello che dispiace più è che questo dì si è partito di qui e itone a Casalmaggiore infermo di febbre e di gotta: la quale cosa ne ha dato dispiacere assai, perché, come per altra vi scrissi, ciascuno giudica che questa impresa non si possa perdere se non o per mancamento di consiglio o di danari. Altro consiglio né migliore ci è che quello di questo duca, e mancandone, vostre Signorie possono pensare quanto dispiaccia a chi desidera che le cose procedino felicemente per la lega. Ma quello che è peggio, è che detto duca si è partito peggio disposto dello animo che del corpo: e, quanto al corpo, conviene pregare Iddio che lo guarisca; quanto all'animo, bisogna pregarne le Signorie vostre: così giudica chi è qua, e se chi è costà fusse qua, $1426$giudicherebbe il medesimo, né crederebbe che le vittorie avute a Roma bastassino a vincere in Lombardia. Sarete tempo per tempo ragguagliati del seguito, e di quello che fanno i nemici, e di quello facciamo noi, e di quello bisogna fare alle Signorie vostre. Quae bene valeant.Niccolò Machiavegli.Postscripta. Il signor luogotenente mi ha detto che io scriva a vostre Signorie come la paga di questi fanti viene ai 23 del presente, e ricorda si provegga da poterli pagare, perché quando tale pagamento manchi, non ci sarà più disputa di alcuna cosa, perché si rovinerà senza rimedio: e però mi ha detto che io lo scriva e ricordi alle Signorie vostre. Quae iterum bene valeant.

%1527 feb 18, LCE' si è scritto tante volte e sì variamente di questo esercito imperiale che io mi vergogno a scrivere più; nondimeno sendo necessitato a scrivere, conviene scriverne quello che se ne intende, e dipoi rapportarsene a quello che

segue.Avanti ieri si scrisse come d'ora in ora era per levarsi: siamo a' 18 dì e non si intende ancora abbia fatto altro movimento; vero è che oggi ci sono lettere del conte Guido, de' 16 dì, che dice come quel dì gli imperiali avevano atteso a fare rassegne e che a' lanzichenét avevano mandato venticinquemila fiorini per dare duoi fiorini per ciascuno; e come lunedì o martedì, che sarebbe o domani o l'altro, dovrebbono muovere: né dice più a che cammino, ma dice bene essere ad ordine per venire loro appresso dove bisognerà, per essere prima di loro a Modana, quando tenghino questo cammino; e al primo alloggiamento loro si doverà vedere qual cammino prendino, cioè o verso $1427$Bologna o verso Pontremoli: e di tutto ne saranno vostre Signorie avvisate, così del cammino, come delle difese per le cose di Toscana, quando vi s'indirizzassino; e quanto a fare uno alloggiamento addosso tutto il campo della lega insieme e tentare la giornata con loro, non ci si vede ordine, né se ne può sperare molto.Trovavasi, come si scrisse alle Signorie vostre, il conte di Caiazzo al Borgo a San Donnino con mille fanti italiani e cento cavalli leggieri; ha tenuto pratica seco il signore luogotenente di farlo passare di qua a' servizi del papa, e infine la concluse ieri; e domani codeste genti così a piè come a cavallo, passeranno di qua: cosa che ha dato e darà reputazione a noi, e torralla a' nemici, perché ciascuno pensa che sendo detto conte prudente, se vedesse le cose degl'imperiali in quello ordine e favori, si stima che non avrebbe preso tale partito. Raccomandomi a vostre Signorie. Quae bene valeant.

%1527 mar 4, LCSe le vostre Signorie non fussino state tenute ragguagliate ogni giorno di ogni cosa di queste occorrenze da il signore luogotenente per lettere ad il reverendissimo legato, quelle si potrebbono maravigliare di non avere avute più giorni sono mie lettere, e ragionevolmente di negligenza accusarmi: ma io ho giudicato superfluo dire quelle medesime cose che da detto signore luogotenente erano dette e scritte, né me ne sono venuto, ancora che i nemici sieno passati innanzi, perché al luogotenente è parso che prima che io parta, si vegga al certo quale impresa disegnino. E veramente innanzi che partissino e poi che partirono, non si è stato con poco sospetto che venghino in Toscana, perché s'intendeva esserne sollecitati dal duca $1428$di Ferrara, e che ancora loro ne avevano voglia, come quelli che stimavano il paese più esposto ad essere predato che alcun altro, non essendo cotesti uomini usi a vedere simili nemici in viso. Credettesi questa opinione infino a ieri, perché si credeva, volendo venire in Toscana,

che dovessino fare o la via di Pontremoli o per la Carfagnana: perché tutte a due queste vie li conducevono in sul Lucchese, dove potevono sperare di avere da vivere per qualche dì, e a condursi quivi, potevano, o dal paese loro devoto, o da Ferrara essere provveduti, e passati che fussino, tentare le cose di Toscana, e riuscendo, seguitare la vittoria, e non riuscendo, passare in quel di Siena. Ma poi che sono condotti da Modona in qua, non si dubita più per alcuno prudente che venghino in Toscana, perché ci restano quattro vie: il Sasso, la Diritta, la Valdilamona e passare l'Alpi di Crespino, o per Valdimontone, e passare l'Alpi di San Benedetto: delle quali vie nessuna ne possono fare sicuramente, perché, oltre alla difficultà che gli arebbono nel passare l'Alpi, ciascuna di queste vie gli conduce nel Mugello, dove si morrebbono di fame in duoi giorni, se non pigliassino o Pistoia o Prato; e perché non possono sperare di pigliarle, non possono tenere queste vie. Restavi un'altra via ad condursi in Toscana, la quale è sopra Cesena, entrare nella Marecchia e venire al Borgo a San Sepolcro. Questa via è facile, ma a condursi a Cesena è a queste genti difficile, per essersi le terre di Romagna affortificate, e i paesi vòti di vettovaglia: pure quando e' pigliassino alcuna di queste vie, si è ordinato essere in Toscana prima di loro, in quelli modi che dal signore luogotenente al reverendissimo legato è stato scritto; e il duca di Urbino ancora sarà loro alle spalle; del quale oggi ci è nuova come egli è guarito e con tutte le genti venete ha passato il Po.Quando sia dunque vero che queste genti abbino queste difficultà a venire innanzi, ne seguirà che la necessità gli sforzerà a fare una impresa a loro propinqua, la quale e' possono fare comodamente, e ottenuta, apra loro la via all'acquistare tutte le altre. E ieri ci era opinione facessino l'impresa di Ravenna, e per questa cagione vi si sono mandati oggi seicento fanti. Oggi si comincia a dubitare non faccino questa di Bologna. Quella di Ravenna la farebbe loro fare l'essere terra male riparata; questa per essere piena di popolo, e credere che non sia tutto d'accordo $1429$a sostenere un assedio. Vedrassi presto quello che debbe essere: e quando ci venghino, si giucherà la posta più importante di questo giuoco intorno a queste mura: di che credo si possa stare sicuramente, perché ci saranno diecimila fanti, la terra bene munita e il popolo unito e bene disposto a difendersi. Raccomandomi alle Signorie vostre. Quae bene valeant.Servitor Niccolò Machiavegli, in Bologna.Postscripta. Ieri scrissi il di sopra alle Signorie vostre, e la lettera rimase in terra per disordine di chi fece il mazzo; e gl'inimici oggi non si sono mossi, né son venuti a Castel San Giovanni, come si aspettava; nondimanco siamo in qualche

diversità di opinione da quella di ieri, perché se ieri ci pareva essere certi che non venissino in Toscana, ma facessino questa impresa, oggi ne siamo sospesi per avvisi avuti che l'animo loro è venire in Toscana, ma fare prima ogni dimostrazione di venire qui, acciocché avendo volte qui tutte le forze e disarmati voi, possino essere costì prima che noi e in un tratto soffocarvi. Per questo il luogotenente vi scrive che voi non mandiate fanti in Romagna, e ha ordinato che i fanti del signore Giovanni, se sono in luogo da ciò, venghino a cotesta volta: e forse a Logliano con la persona sua si condurrà buona somma di fanti, per potere, quando venghino qui a campo, tornarci, o venendo in costà esserci prima di loro. Ho detto che questo partito si piglierà forse, perché le ragioni che nella lettera di ieri si allegano, perché non debbino venire in Toscana, se prima eglino non espugnano Bologna, sono potenti; di qualità che noi siamo ancora, non ostante gli avvisi soprascritti, nella medesima opinione: ma quello che ci dà briga all'animo è che un certo Betto dei nostri, che è stato oggi in campo de' nimici, riferisce che Borbone gli ha detto che facci intendere qui che, se i bolognesi vorranno dare loro passo e vettovaglie e essere buoni imperiali, che non vorranno altro da loro e tratterannoli come amici; ma se non faranno questo, aspettino il campo alle mura. Tanto che ci pare di momento, entrando i nemici per questa via: perché il popolo è grande e, potendo fuggire con sì grassi pasti tanti pericoli, dubitiamo $1430$che non vi si gettassino; però è necessario tenere qui assai forze per tenere fermo il popolo e potergli mostrare l'inganno e la facilità del difenderlo. E a volere fare questo, non si può mandare gente a Logliano, se prima Bologna non è rimasta libera: e così quello che rimedia costì, disordina qui, e quello che rimedia qui, disordina costì. Tutta volta si pensa di potere provedere a tutto, perché non mandando i vostri fanti in Romagna, ve ne trovate cinquemila, e tremila fieno quelli del signor Giovanni, i quali in ogni modo si spigneranno a cotesta volta; e il resto del campo, eccetto che quelli che sono col duca d'Urbino, sarà qui; e si starà a vedere quello che faranno i nemici, i quali conviene che venghino o per la via del Sasso o per la Diritta; e noi siamo per venire subito per quella che non entrano loro, e saremo in ogni modo costì prima di loro, venendo senza artiglierie, e loro con esse. Questi sono tutti i ragionamenti che si sono avuti oggi: piglierassi di questi quello partito che si giudicherà migliore: di che più appieno e più distintamente il signore luogotenente ne scrive al reverendissimo legato. Iterum valete, die quinta, etc.

%1527 mar 12, LC

Se io non ricevevo questa di vostre Signorie dei 10 dì del presente, io mi persuadevo o che le lettere che io ho scritte alle Signorie vostre fussino capitate male, o che l'avessino al tutto giudicate superflue, come in verità erano: e se io non me ne sono venuto, è parso al signor luogotenente che io soprastia tanto che questi imperiali sieno passati in lato che si vegga non venghino in Toscana: e volgendosi a codesto cammino, possa essere ministro di alcuna di quella cose che si avessino a fare, secondo la commissione ebbi al partire mio dalle Signorie vostre, e mentre ci sono stato ho fatto qualche faccenda, secondo che da sua Signoria mi è stata commessa. Queste sono $1431$pertanto le cagioni, e perché io non ho scritto continuamente, e perché io non son tornato. Ma ora, più per obbedire alle Signorie vostre che perché sia necessario, dico che gl'imperiali si trovano a San Giovanni, discosto a qui dieci miglia, dove sono stati più giorni, né hanno fatto mai moto alcuno; anzi, sendo tentati da' nostri più volte e invitati a scaramucciare, mai non si sono mossi. Hanno atteso i loro capi a praticare con Ferrara, e infine questa mattina si ritrae per via assai certa che gli hanno fatta questa conclusione: che il duca gli provvegga di seimila sacca fra pane e farina, di dugento cavalli da tirare artiglieria, di ventimila libbre di polvere grossa e di cinquemila fine; e ridutte queste cose insieme, se ne debbono venire in Toscana per la più corta.Quanto all'esercito della lega, qui si trovano dodici mila fanti, seicento ne sono a Ravenna, quattromila ne sono a Pianoro, quasi tutti della banda del signore Giovanni, e il conte Guido ne ha in Modona tremila. La maggior parte delle genti veneziane sono con il signor Malatesta Baglioni tra il Reggiano e il Parmigiano; il duca di Urbino con il restante è di là dal Po, se da duoi dì in qua non lo ha passato. Sta questo esercito della lega così diviso alle poste, perché all'esercito nemico non riesca alcuno disegno di quello potessi fare e pensassi stando così, essere prima di lui in Romagna e in Toscana e potere difendere o questa terra o Modona, quando vi si voltasse. E benché per l'addietro ci sieno state varie opinioni di quello voglia fare, nondimeno questo ultimo avviso che di sopra si è detto, ci fa dubitare assai di Toscana; perché ce lo fa credere la moltitudine de' viveri che preparano, di che si ha riscontro per più vie: oltre a questo, non si vede fare alcuno movimento a quelli popoli sottoposti a Ferrara, donde andando in Romagna arebbe a passare, perché la ragione vorrebbe gli facesse sgombrare in parte. Appresso il marchese del Guasto ha mandato oggi a domandare salvocondotto per potere con la sua famiglia, sendo malato, andare nel regno per la Romagna: né pare ragionevole che volesse passare per un paese che dietro se gli avessi a levare il

romore dallo esercito suo che lo assalisse. Dall'altra parte la più pressa via è quella del Sasso, la quale è giudicata da' pratichi del paese difficilissima, e così si vede la giudica il signor Federigo da Bozzolo, per una lettera scrive al luogotenente; e credo sappino molto bene $1432$che di qua e di costà si è rotta e riparata e fatta più difficile. Venire per l'Alpi di Crespino o di S. Benedetto, ci pare al tutto fuora di ragione: tale che si dubita qui assai che non tornino addietro e per la Garfagnana scendino in quello di Lucca; la quale via, tra le difficili, è la più facile, e passati che fussino, troverebbono chi gli provederebbe, non chi gli combatterebbe. La via per la Marecchia, e passare al Borgo a San Sepolcro, donde pare che ci sia qualche dubitazione, è facile più che questa della Garfagnana; ma ella è tanto più scomoda che qui non si crede; perché torna loro meglio tornare addietro tre giornate per passare presto in quel di Lucca, dove fieno ricevuti, che avere a ire sei o otto giornate per le terre inimiche, e poi arrivare dove fussino combattuti. Ècci una altra via, la quale è venuta in considerazione da duoi giorni in qua, della quale non si dubita poco: che comincia sotto Bologna quattro miglia verso Imola, su per lo Idice e capita al Cavrenno o a Pietramala, e di quivi allo Stale e a Barberino: la quale via fece il Valentino quando nell'uno venne a trovarvi. Questa via è giudicata assai più umana che quella del Sasso.Trovasi qui uno mandato dagli uomini di Firenzuola per intendere delle provisioni, quando i nostri andassino a quella volta: con il quale il signore luogotenente ha ragionato di questo cammino, e ritrae da quello il medesimo; vero è che dice che presso a quattro miglia allo Stale è un luogo detto Covigliano, dove è un cattivo passo, e puossi ancora fare più cattivo, e poco più là qualch'un miglio ne è un altro detto Castro, che è di natura difficile e puossi fare più difficile: onde che il signore luogotenente lo manda a Firenzuola a fare questo effetto; e vostre Signorie potranno fare riconoscere quella via e fare il medesimo. Credesi che avanti che i nemici abbino tutte le loro provvisioni insieme, che ci andrà qualche di, pure qui si sta alla vista, e per l'illustrissimo legato e per il signor luogotenente non si mancherà di alcuna vigilanza per vedere i moti loro e per potere in ogni cosa prevenirli. Questo è ciò che mi occorre scrivere alle Signorie vostre, alle quali umilmente mi raccomando.Servitor, Nicolò Machiavegli, in Bologna.

%1527 mar 18, LC$1433$Ieri scrissi ad lungo a vostre Signorie, e dissi a quelle come il tempo sinistro aveva impediti i nimici a levarsi; il qual tempo cominciò il sabato notte e infino ad ora, che

siamo a 24 ore, è sempre o piovuto o nevicato; tale che la neve è alta uno braccio in ogni parte di questa città, e tuttavia nevica. E così quello impedimento, che noi non potavamo o non sapavamo dare agli inimici, lo ha dato e dà Iddio. Né di quelli si è potuto avere nuova alcuna: perché i trombetti nostri non sono potuti passare per l'acque, né quelli de' loro sono potuti venire qua; ma pensiamo che gli stieno male; e se Iddio ci avesse voluto bene affatto, egli arebbe differito questo tempo quando fussino passati il Sasso, e entrati intra quelli monti, e per avventura questo tempo ve gli arebbe giunti, se partivano quando vollono, ma quella mutinazione che feciono le loro fanterie, che parve allora dannosa, gli fece soprassedere, e gli ha campati di questo male. Nondimeno crediamo stieno male, perché sono in luogo basso e che già era paludoso, ma per industria cultivato e abitato. Qui si è cerco di accrescere loro il male addosso, faccendo rompere l'argine della Samoggia e voltare loro quell'acqua addosso; iersera si mandò uomini a tale effetto; ma passati che furono duoi o tre miglia non poterono ire più avanti, e tornati, riferirono ogni cosa essere acqua: con tutto questo non si è mancato di diligenzia per ritentare questa cosa, e si è scritto agli uomini di Castelfranco, e per altre vie si sono mandati uomini con promesse grandi: vedreno quello seguirà. Della malattia di Giorgio Fransisberg non si è poi inteso altro per le cagioni sopraddette; ma se la fortuna arà mutato opinione, egli morrà in ogni modo, e sarebbe un gran principio della salute nostra e rovina loro.Ancora dico a vostre Signorie, che se questa rovina giugneva i nimici sanza grossa provisione di viveri, e' rovinavano; ma la provisione grossa che eglino avieno fatta per Toscana gli salverà: che se eglino avessino avuto a provedersi dì per dì, non era possibile vivessino, e se al duca $1434$di Ferrara tornasse un poco di cervello in capo, e questo tempo durasse ancora due giorni, egli potrebbe, sedendo e dormendo, ultimare questa guerra: però sarebbe da fare ogni cosa perché lo facesse.Io vi scrissi iarsera che volendo che questo disagio de' nimici ci giovasse, era necessario spendere bene questo tempo che il caso ci dava, perché se tornato il buon tempo noi ci troviamo ne' termine d'ora, e questa dilazione, che aranno fatta i nimici al passare in Toscana, ci arà fatto danno e non utile: e a volere che noi siamo più ordinati, sta a' viniziani che paghino i fanti e faccino unire tutto il loro esercito con questo; altrimenti le cose non andranno bene, perché ognuno giudica che passando questi imperiali in Toscana, quando bene non alterassino il paese vostro e solo passino in quel di Siena, non si potrebbe mai più sperare di vincere questa guerra, se non col vincere una giornata, tanto che la si

potrebbe perdere facilmente.Il signor luogotenente ricevé questa mattina lettere da Vinegia, dal nunzio e dall'oratore, le quali non potevano essere più piene di buone provisioni, né di maggiori speranze: perché dicevano oltre alle altre cose, il duca affermare questa impresa essere vinta, e che farebbe ad ogni modo rovinare l'esercito nimico: e vedendo il signor luogotenente quanto le lettere sieno disforme ai fatti, ha scritto loro una lettera di duoi fogli, per la quale ha replicati tutti i loro passati errori e quanto dipoi le loro azioni qui sieno disforme alle parole dicono a Vinegia, e ha mostro loro appunto quello bisogna che faccino a volere dire il vero, e delle provisioni loro e della speranza ne dà il duca della vittoria. Non si sa che frutto si farà la lettera; pure si avrà questa soddisfazione di averlo ricordato; e si mostra che altri non ne va preso alle grida, né che le buone parole bastano a saziarci. Vostre Signorie, ancora loro, come iarsera scrissi, gl'importunino e non gli lascino riposare, tanto, o che in effetto il loro esercito si contenti e si unisca, o e' sieno forzati a dire di non lo volere fare. Valete.Servitor, Niccolò Machiavelli, in Bologna.

%1527 mar 23, LC$1435$Poi che ci venne la nuova della tregua fatta, ovvero promessa, io non ho scritto a vostre Signorie, perché volevo vedere come di qua la era accettata. Il Fieramosca scrisse ieri di campo che, per non essere il marchese del Guasto quivi, ma ito a Ferrara, non si era potuto risolvere la cosa altrimenti, ma che aveva trovato monsignore di Borbone molto bene disposto, e sollecitava che ci fussino quelli danari che si avevono, secondo la promessa, infino ieri ad annoverare, che sono quarantamila ducati. Oggi ha di nuovo scritto quello che vostre Signorie potranno vedere per la copia che il signore luogotenente manda al reverendissimo legato, che in summa mostra la cosa procedere ordinatamente, ma sollecita che ci sia tutta la somma de' sessantamila, acciocché quelli che hanno poca voglia d'accordo, non abbino uncino dove appiccarsi. Pertanto, magnifici Signori, se voi aveste mai pensiero di potere salvare la patria vostra e farle fuggire quelli pericoli che ora tanto grandi e tanto importanti le soprastanno, fate questo ultimo conato di questa provisione, acciocché o e' ne seguiti questa tregua e fuggasi questi presenti mali per dare tempo, o, a dir meglio, allungare la rovina; o, quando pure la tregua non avesse effetto, averli da potere fare la guerra, o, a dir meglio, sostenerla: perché nell'un modo o nell'altro non furno mai danari più necessari, né più utili, perché nell'un modo o nell'altro ci daranno tempo, e se fu mai vero quel proverbio che "chi ha tempo ha vita", in questo caso è

verissimo. Raccomandomi a vostre Signorie. Quae bene valeant.

%1527 mar 24, LC$1436$Ieri scrissi a vostre Signorie quanto era occorso dopo la partita di qui del Fieramosca. Dipoi non ci è da lui avviso alcuno, nonostante che da ieri in qua si sia con duoi cavallari sollecitato. Credesi che sia perché lui trovi qualche difficultà in quelli capi tedeschi, e quali debba essere necessario fare contenti, e debbe avere a durarvi fatica più se ci fusse il capitano Giorgio. Il quale ne è ito malato a Ferrara e in modo che per un tempo, quando non muoia, non è da temere né da sperare di lui. Lo stare più così dispiace assai al luogotenente per molte cagioni, massime perché gli pare che ad ogni ora le gente franzese e le venete vi abbandonino: dove, perché non lo faccino, ha usato industria grande e detto al marchese che non dubiti, che sempre se ne anderà salvo: e ha promesso personalmente accompagnarlo tanto che per ancora non mostra di volere muovere, se prima non si vede la resoluzione della tregua. Medesimamente ci sono lettere da un messer Rinaldo Calimberto, che il luogotenente tiene appresso il duca di Urbino, come quel duca dice ancora lui di non muovere le sue genti senza intendere prima la detta resoluzione, e manterrassi questa loro disposizione più che si potrà: né si doverrebbe avere a differire molto, perché non possibile che domani o l'altro non se ne tocchi fondo. Essi ragionato qua per molti se questi imperiali sieno per accettare questa tregua: dubitano alcuni, veggendo detta resoluzione differirsi, e di più come fanno spianate, come se volessino venire verso questa terra; hanno di nuovo comandato carra e marraioli; ma quel che dà più briga è che forse tremila spagnoli ieri si presentorno a Castelfranco, e per un trombetto domandorno la terra, et essendo risposto loro con gli archibusi, si ritrororono e dettono una ordinata battaglia a San Cesario, e non lo potendo espugnare, arsono i borghi e predorno all'intorno quanto bestiame poterono: le quali cose fanno dubitare più di guerra che di pace; pure alcuni dicono questo essere usanza farsi tra la guerra e la tregua; nondimeno presto $1437$si doverrà essere chiaro, di che saranno vostre Signorie avvisate particularmente. Valete.

%1527 mar 27, LCDuoi dì sono non ho scritto alle Signorie vostre, perché sono stato a Pianoro a rivedere quelli fanti. Sono tornato oggi qui e ho trovato le cose essere ne' medesimi termini le lasciai, perché da il Fieramosca non si ha ancora resoluzione, nonostante che il signor luogotenente gli abbia scritto ogni dì, e con

quella prudenza che in simili casi si ricerca, sollecitatolo a risolversi. I tempi sono stati e sono tristi, di modo che se gli spagnuoli non hanno corso il paese questi duoi dì, sono stati ritenuti da quelli. Intendonsi nondimeno deliberazioni di guerra, perché si ritrae da quelli luoghi, donde per lo addietro si sono ritratti gli altri avvisi, come essi sono rimossi dal volere più venire in Toscana per il Sasso e per quest'altra via a questo luogo commode, perché sono sbigottiti da' luoghi e dai tempi, ma se ne vogliono ire per la Romagna e poi entrare in Toscana per la Marecchia. Pensono in questo cammino occupare qualche terra delle più importanti, e per poterlo fare più al securo, pensono che riesca loro di prevenire a queste genti della Chiesa in questo modo: vogliono fare il primo loro alloggiamento al Ponte a Reno, con il quale vengono ancora a tenerci fermi e sospesi, potendo da quel luogo fare diversi cammini e diverse imprese; dipoi dividere l'esercito, e una parte ne resti quivi, mostrando volere assaltare questa città, un'altra parte giri sotto Bologna e si metta in mezo tra Bologna e Imola. Credono poter fare questo al sicuro, parendo loro in ogni parte essere più forti di noi, e potere ancora al sicuro $1438$ricongiugnersi insieme, e così verrebbono ad essere innanzi a queste genti e trovare quelle città improviste; e una che ne espugnassino, penserebbono che l'altre facessino la voglia loro. Parmi che noi siamo a quel medesimo siamo stati sempre, poi che noi fummo qui, che oggi si è inteso una loro deliberazione, e appresso se ne intende un'altra contraria a quella: e però è da credere questa come l'altre che si sono dette e scritte per il passato, né si è ancora da diffidarsi che la tregua non segua. Pure è necessario venire presto al termine, o dentro o fuori, per molte cagioni, e massime per poter qui facilmente rimpiastrare i viniziani e fermare l'animo a queste genti franzese, acciocché noi non ci troviamo soli nella guerra; perché così come seguendo la tregua la sarebbe la salute, così differendo e non seguendo, sarebbe la rovina. Né credo sia alcuno che non conosca questo medesimo. Ma i cieli quando vogliono colorire i disegni loro, conducono gli uomini in termine che non possono pigliare alcun partito sicuro. Altro non ho che dire, se non raccomandarmi alle Signorie vostre. Quae feliciores sint. Valete.

%1527 mar 29, LCAvanti ieri scrissi a vostre Signorie. Dipoi è occorso quanto alla tregua, che tornò iarsera di campo degli spagnuoli messer Giovanni del Vantaggio, che andò là col Fieramosca, e riferì dispareri e confusioni tra i capitani e i fanti; perché i fanti non volevono la tregua, e i capitani, massime quelli principali, la volevono; e che era venutosene, parte perché

stava là malvolentieri, parte per riferire in quale termine si trovavano le cose. Stanotte dipoi, a ora cinque, venne avviso come questa mattina si levavano e che venivano al Ponte a Reno per fare quella divisione, $1439$della quale detti per l'ultima mia notizia a vostre Signorie. Questa mattina dipoi non si sono levati altrimenti, ma s'intende che si leveranno domattina e che vogliono tornare addietro, e per la Garfagnana entrare in Toscana, per le ragioni che di già scrissi di queste cose a vostre Signorie, tanto che si ha incertezza grande di quello abbino a fare. Oggi dipoi a mezzodì è venuto un trombetto mandato da Borbone con lettere allo illustrissimo legato, e per quelle gli fa intendere quanto egli ha desiderato la pace, e la fatica che gli ha durata per fare contenti quelli soldati a questa tregua, e che in effetto non ha potuto farli contenti, mostrando che bisogna più danari: né dice il numero. E perciò prega la sua Signoria non si maravigli se domattina il campo si muove, che è per non poter fare altro; e consiglia che sia bene fare intendere tutto a Roma, acciocché il viceré e il papa con nuove convenzioni possino contentare quelle genti, dicendo che il simile farà egli. Onde, magnifici Signori miei, pare ad ognuno qui la tregua sia spacciata e che si abbia a pensare alla guerra, tanto che Iddio ne aiuti in modo che diventino più umili; perché pare che in questi nuovi accordi si trattano, ci conviene spendere questi danari in questi fanti, e dipoi volendo che costoro accettassino una tregua, converrebbe avere almanco oltre a questo pagamento dei fanti, almeno centomila fiorini nella scarsella. E perché questo non può essere, egli è pazzia perdere tempo in un mercato, dove abbia dipoi a non si potere concludere per difetto di danari. Sicché pensino vostre Signorie alla guerra, riguadagnino i viniziani, gli assicurino in modo che le loro genti, che hanno passato il Po, tornino agli aiuti nostri, e pensino che così come questa tregua, avendo l'effetto, era la salute nostra, così non si concludendo e tenendosi sospesi, è la rovina.

%1527 mar 30, LC$1440$I nemici non si sono mossi, secondo che per quella di ieri scrissi che dovevano fare: credesi ne sieno state cagione nuove acque e nuove nevi che tutta questa notte passata sono venute. Non si sa pertanto se muoveranno domani, ma si sa questo, che gli stanno quivi con una grandissima difficultà, e tanta che pare impossibile che vi stieno; e quello che gli dovrebbe più spaventare è che non possono mutare alloggiamento che migliorino. E sanza dubbio, se queste difficultà s'accrescessino in qualche modo dalla parte nostra, che rovinerebbono; ma la trista nostra sorte fa che noi ci troviamo in termine da non poter far

cosa buona. Per il che il luogotenente vive in angustie grandi, e riordina e rimedia a tutte quelle cose che può, e Dio voglia che possa fare tanto che basti. Da il Fieramosca e della tregua non s'intende altro, e però circa a questa parte non ho che dirvi altro. Credesi bene per ciascheduno che sia necessario volgersi tutto alla guerra, poiché per la perfidia d'altri e' non è riuscita quella pace che era tanto utile e tanto salutifera. Ma non bisogna differire a risolversi punto, ma farlo subito, e mostrare a ciascuno che non si ha più a pensare a pace, e usarci dentro tali termini, che i viniziani e il re non abbino mai più a dubitare di accordi contro alla voglia loro: e quando questo si faccia, e che riesca subito il riguadagnarsi i viniziani, e in modo che venissino gagliardi agli aiuti nostri, questo impedimento che il temporale dà ai nemici sarà utile, perché ci potrebbe dare tanto tempo che noi uniti saremmo sufficienti a tenerli: perché veggono vostre Signorie che oggi fa quindici dì era il dì destinato al passare, e non hanno potuto farlo: sicché si potrebbe facilmente sperare che altri quindici dì queste medesime cagioni gli tenessino, se non quivi dove sono, almeno di qua dall'Alpe; ma conviene, come ho detto, spendere questo tempo bene, altrimenti la rovina si differisce e fia tanto maggiore, quanto i corpi per la lunga infermità fieno $1441$meno atti che non erano un tempo fa a sopportarla. Valete.

%1527 apr 2, LCTre dì sono che io non ho scritto alle Signorie vostre, perché subito che gli nimici mossono da San Giovanni, il signor luogotenente mi mandò qui per ordinare gli alloggiamenti delle genti che dovevono venire. E le Signorie vostre aranno inteso per sue lettere come detti nimici alloggiorno al Ponte ad Reno davanti ieri, e ieri non si mossono, e il signor presidente' con il marchese di Saluzzo e il conte di Caiazzo e tutte l'altre genti se ne vennero qui, e in Bologna sono rimase le fanterie del signor Giovanni e quelle che ordinariamente vi erano. Oggi non s'intende per ancora che i nimici sieno mossi: credesi o che non abbino mosso, o che gli abbino fatto poco cammino, tanto che in duoi alloggiamenti e' non ci arriveranno. Qui, come s'intende la venuta loro, si lascerà millecinquecento fanti, e il conte di Caiazzo con la sua fanteria si è mandato a Ravenna, e così si andrà secondando e provedendo, tanto che non riesca loro di prendere alcun luogo importante: il che se non riesce, conviene che rovinino, o che paia loro l'accordo fatto, buono; il quale, poiché la fortuna nostra cattiva ha voluto che non segua, bisogna più evitarlo con il mantenere la guerra, che con il mostrare di desiderarlo; perché si è scoperto l'animo loro tristo verso di Italia, e massime verso cotesta città, la

quale si hanno promessa in preda, e infino che non ne sono sgannati, non cederanno mai a' partiti ragionevoli, se già l'autorità del viceré con qualche modo, che io non so quale si possa $1442$essere, non gli muovesse; perché si crede che lui, il Fieramosca e il marchese del Guasto vadino di buone gambe, sendo egli venuto a Roma e il Fieramosca avendo fatto, secondo che gli ha scritto, l'impossibile. E del marchese ci è questo riscontro, che avendo domandato un salvacondotto per andarsene a Napoli per la Romagna, e non essendo ancora partito, lo ha mandato a domandare di nuovo, pregando gli sia fatto per Firenze e per Roma, che vuole parlare al papa e ragionare con lui di queste cose: dolendosi forte della malignità di quelli che perturbano detta pace.Tutte queste cose sono buone, e sono per aiutare a fare radveder dette genti, quando la guerra non si abbandoni; altrimenti non si può prudentemente sperare di avere da loro accordo sopportabile, perché quale accordo volete voi sperare da quelli nimici che, essendo fra voi e loro ancora l'Alpi e avendo le vostre genti in piè, vi domandano centomila fiorini fra tre dì e centocinquantamila fra dieci dì? Quando e' fieno costì, la prima domanda che faranno, sarà tutto il mobile vostro, perché senza dubbio, e così non fussi egli, vengono innanzi tirati solo dalla speranza della preda vostra, e non ci sono altri rimedi a fuggire questi mali che sgannarli; e quando e' si abbia a fare questo, è pure meglio sgannarli con queste Alpi che con coteste mura, e tutte quelle forze che si hanno, adoprarle qua, per tenerli di qua; dove se si tengono non molto tempo, conviene che si resolvino; perché ci sono avvisi di luoghi certi che, se non riesce loro per tutto questo mese occupare luoghi grossi, che non riuscirà loro, se altri non si abbandona, di necessità conviene che caschino: né vi mancherà mai, quando il difendervi di qua dalle Alpi non vi riesca, la forza che voi arete di qua condurla di costà. E mi ricorda nella guerra di Pisa, che stanchi i pisani per la lunghezza di quella, cominciorno a ragionare fra loro di accordarsi con voi: il che presentendo Pandolfo Petrucci, mandò messer Antonio da Venafro a confortarli al contrario. Parlò messer Antonio loro publicamente, e dopo molte cose disse che eglino avieno passato un mare pieno di tempesta, e ora volevono affogare in una pozzanghera. Non dico questo perché io pensi che cotesta città sia per abbandonarsi, ma per darvi certa speranza di salute, quando e' si voglia piuttosto spendere dieci fiorini per liberarvi securamente, che quaranta che vi legassino e distruggessino. $1443$ Raccomandomi alle Signorie vostre. Quae bene valeant.

%1527 apr 8, LCPer altre mie aranno vostre Signorie inteso quanto è occorso; per la presente si fa

intendere, come li nimici non partirono ieri dallo alloggiamento dove erano venuti fra Imola e Faenza, dove erano venuti il dì d'avanti, talché si dubitò assai che non volessimo voltare alla via di Toscana. Mandorono loro trombetto a Faenza a domandare per parte di Borbone tre cose: l'una è che dessino passo sicuro rasente la terra; l'altra, vettovaglie per li loro danari; la terza, che ricevessino dentro li loro infermi per curarli. Furono negate loro tutte a tre, e benché quel popolo sia stato un poco spiacevole nello obbedire a ricevere guardia di soldati, nondimeno l'ha poi ricevuta e si è mostro animoso a volersi difendere. Questa mattina dipoi detto campo de' nemici venne infino propinquo a Faenza ad un tiro di falconetto, dipoi si volse in su la mano manca e ha preso il cammino da basso verso Ravenna, in modo che noi siamo sicuri per ora non passino in Toscana. Siamo ancora quasi che sicuri che non sono per prendere alcuna di queste terre di Romagna, perché, così come si è provvisto Faenza, Imola e Forlì, così si provvederà Ravenna, Cesena e Rimini, e quelle che non si fussino ad ora a provvedere per via di terra, si provvederanno per via di mare, talmente che se ne può stare sicuro, se qualche straordinario accidente non nasce.Il conte Guido a quest'ora, con le genti si trovava a Modana e con le fanterie del signor Giovanni, che si lasciorno a Bologna, debbe essere arrivato a Imola. Noi siamo $1444$qui in Furlì con gli svizeri e genti franzesi, e si combatte con assai difficultà. Questi capi, come si spiccano dal luogotenente, eseguiscono o tardi o male le cose ordinate. Questi soldati sono insopportabili: questi popoli ne sono in modo impauriti che con difficultà li ricevono. I soldati dei confederati vanno a rilento per dubitare di questa tregua, e la fama della venuta del viceré gli avrebbe al tutto alienati, se il luogotenente non l'avesse posta loro in modo che si persuadono che non abbia a fare effetto alcuno. Intendevasi ancora che il duca d'Urbino sollecitava di venire a questa volta, ma si dubita che non raffreddi, come sente la tregua per la venuta del viceré ribollire. Pure nondimeno, andando i nemici verso casa sua, lo doverrieno fare più sollecito. Tanto è che le comodità che noi abbiamo di essere signori delle terre, di avere il paese aperto, di avere avuti i danari, di avere assai soldati e pratichi, tutte ci sono tolte dall'essere in più parti e poco confidenti l'uno dell'altro. Dall'altra parte, l'incomodità che hanno i nemici di avere il paese chiuso, di morirsi di fame, di non aver danari, tutte sono vinte da essere loro uniti e insieme, e sopra ogni opinione umana ostinatissimi: la quale loro ostinazione se sarà vinta dalla venuta di questo viceré, sarà una buona e felicissima novella. Valete.Avevo lasciato indietro scrivere a vostre Signorie come gli nimici entrorono ieri in

Berzighella, che era vuota di uomini e di robe, e quella arsono, e la rocca ebbono a patti, e non gli osservorono. Iterum valete.Servitor, Niccolò Machiavegli, in Furlì.

%1527 apr 11, LC$1445$Avanti ieri scrissi alle Signorie vostre. Ieri non si mossono i nimici e presono a patti Russi e Cutignuola, dove aranno trovato qualche vettovaglia da potersi un poco pascere, e sono ancora in lato che in uno alloggiamento potrieno campeggiare, qualunque l'una di queste tre terre, cioè Furlì, Faenza e Imola. Sono dodici ore, e non sono ancora mossi, né si sa quello che oggi si faranno. Aspettasi con desiderio questo accordo, del quale a chi è qua pare che ce ne sia un grandissimo bisogno. Raccomandomi alle Signorie vostre. Quae bene valeant.

%1527 apr 11, LCAvanti ieri scrissi brevemente alle Signorie vostre quanto occorreva; poi non ho che scrivere altro, salvo che i nemici hanno passato questo giorno il fiume di Lamone e ne vanno al basso verso la Marca, e faranno poco cammino all'usitato, né si crede campeggino altrimenti terre, mentre sono in Romagna, perché noi siamo a tempo a fornirle di guardia, ma non si crede già essere a tempo a fornire quelle della Marca; perché questo modo del procedere non è buono, quando non si può ire sempre innanzi con tanta gente che si possa lasciarne continuamente in quelli lati che si lasciono indrieto con trarne seco di quelle che ci avanza; perché logoro che altri è, e che per guardare le terre dinanzi ci bisogni levare di quelle lasciate indietro, $1446$o altri, non è a tempo a farlo, o e' ne nasce disordini e inconvenienti atti a farti rovinare.Qui si cominciò per gli ordini dati dal duca d'Urbino a seminare questo esercito a Parma, e lo siamo venuto logorando infino qui a Furlì, dove non ci era rimasa gente da poterne lasciare e andare con il resto innanzi a Cesena e a Rimini, perché si era mandato il conte di Caiazzo a Ravenna e i svizeri che ci erano rimasi non si possono dividere, perché non si vogliono partire l'uno dall'altro; che se si fussino potuti partire, una parte se ne lasciava qui, e con il resto si andava a Cesena; ma non potendo fare questo, ci è stato necessario cominciare a servirci delle genti lasciate indietro. E perché le terre lasciate indietro non si possono sfornire, se il nemico non si è discostato in modo che non possa tornare ad quelle, prima che il soccorso non vi possa tornare anche egli, conviene stare in sugli avvisi e fare le cose molto appunto a volere che di dietro o dinanzi non nasca disordine; e perché tali avvisi non si possono avere appunto, è impossibile che tale disordine

non nasca. Di qui sono nate queste variazioni delle commissioni di volere, ora che i fanti di Toscana venghino, or che non venghino; di qui nacque il votare Imola fuora di tempo, e i sospetti che si ebbono di quella città e pro consequenti di Bologna. Da questo nascerà che sarà impossibile per questa via e con questi imbarazzamenti difendere la Marca, a che si aggiugnerà che quelle terre sono più deboli che queste. Questo modo di procedere ha mostro e mostrerà più di mano in mano quanto quel modo che ricordò costì Piétro Navarra era migliore, e che fu scritto qua, ma non accettato dal duca: che disse che, se si faceva una testa a Piacenza di tutto il campo, i nemici non potevano venire né in Toscana, né in qua, perché bastava in tutte queste terre avere messo tante genti che parassino le porte, non le potendo quelli campeggiare con un esercito dietro che gli affamasse. Tanto è che la cosa è qui, e se si ha a fare guerra, e questo esercito della lega non si unisce, ogni cosa andrà in rovina, se già qualcuna di quelle necessità che qualche volta si sono sperate, non fa che i nemici si risolvino; ma questa ostinazione che si vede hanno, ne toglie ogni opinione che possa essere. Sono adunque le cose in termine che bisogna o rifabbricare la guerra o conchiudere la pace, la quale, poi che altri è sì male accompagnato, non è da fuggire quando si trovi $1447$sopportabile; perché seguitando la guerra, se questo campo non si riunisce, se non si soddisfa a' capi, se i veneziani e il re non diventano migliori compagni, se il papa non fa di essere più danaroso, si porta pericoli evidentissimi d'una strabocchevole rovina. Valete.

%1527 apr 13, LCI nimici, secondo che infino a quest'ora, che sono quindici, si intende, si lievono e passono il Montone, e tengono pure sotto strada verso Ravenna e Cesena. Ieri stettono fermi, e di loro ordine e disegno di procedere se ne è parlato variamente, e se ne sono avuti vari contrassegni, i quali tutti scriverò alle Signorie vostre, non come certi, ma come intesi in quel medesimo modo che si possono intendere gli andamenti loro, e di gente che non sia ancora quella resoluta di quello si voglia fare; perché un fine e uno desiderio si vede che eglino hanno, cioè di venire a cercare della loro ventura in Toscana. Ma donde e come e quando se lo voglino fare, non si sieno infino a qui saputi o potuti risolvere. Avevasi da oggi indietro opinione che, avanti vi venissino, volessino pigliare di qua un nidio che facessi loro scala al passare; accresceva questa opinione un romore e fama universale che gli aspettavano dieci cannoni da Ferrara per campeggiare una di queste terre; e benché in maggior parte si credesse che questa voce quelli capitani avessino mandata fuori per dare

cagione ad il loro soprastare, il quale facevono o per le pratiche della tregua, o per aspettare altre loro provvisioni alla guerra, nondimeno si pensava anche che potesse essere vero, risonando la fama di detti cannoni da tante parti, e si dubitava, quando avessi ad essere, o di questa terra per esservi in maggior parte svizeri, che sono genti che mal $1448$volentieri si rinchiuggono; o per credere loro presto affamarla, perché altre cagioni non ce li poteva tirare. Dubitavasi di Faenza, stimando che potessino avere avuto notizia delle pazzie di quel popolo, che non ha voluto molto presidio, e quel poco che egli ha, tratta in modo che gli è ad ognora per partirsi. Dubitavasi di Ravenna, per essere quella città grande, e non vi sendo più che duemila fanti per ora, ancora che quando il caso fussi venuto, vi se ne sarebbe potuti mandare degli altri.Tutte queste dubitazioni soprascritte sono cancellate questa mattina da un nuovo avviso avuto da uomini venuti ora di campo, e di buona discrezione, i quali riferiscono come i quattro cannoni che eglino avevano con loro, gli hanno mandati a Luco, e che sentirono dire al duca di Borbone, ragionando con altri capitani, che volevono, sanza pensare ad altro, passare in Toscana, e che verranno o per la Marecchia o per un'altra via poco distante da quella, che capita medesimamente al Borgo a San Sepolcro. Farassi forza d'intendere se gli è vero che i detti quattro cannoni sieno a Luco: che quando fussi la cosa sarebbe come chiara. Che venghino costà, fallo in parte credere la necessità che eglino hanno di fare qualche cosa, e non potere parere loro di potere in Romagna fare progresso, e anche intendere che sono sollecitati ad ogni ora dai sanesi, i quali promettono loro, secondo che per una loro lettera intercetta si è veduto, da vivere per un anno se vengono a questo cammino. Queste genti nostre sono in lato tutte che, restando loro aperte tante vie, saranno in Toscana prima di loro, e se vostre Signorie avranno ordinato che i luoghi di Valditevere e di Valdichiana importanti sieno muniti, e gli altri si votino, e' non faranno nello entrare in sul vostro maggiori progressi che si abbino fatti qua, non avendo massime artiglierie grosse con loro; tanto che si può dire infino che non arrivino in sul Sanese, che non potranno fare effetto alcuno, e darannoci tanto tempo che quelle frontiere saranno con le genti di qua tutte munite. E' si dice che bisogna che gli uomini faccino della necessità virtù, ma se si aggiugne a virtù necessità, conviene che la virtù cresca assai e diventi insuperabile. Le Signorie vostre e cotesta città con la sua virtù sola ha difeso fino a qui e salvo la Lombardia e la Romagna; è impossibile che ora, aggiugnendosi alla virtù necessità, la non salvi se stessa. $1449$Siamo a dua ore di notte, e gli nimici sono alloggiati in sul

fiume del Montone, pure sotto strada, e gli avvisi da ogni parte moltiplicano che vengono alla volta di Toscana, e che gli hanno mandate le artiglierie grosse a Luco. Fa conto il luogotenente di vedere che faccino un altro alloggiamento: e chiaritosi affatto del cammino loro, si comincerà ad inviare il conte Guido, che ora si trova in Imola con parte di queste genti, a cotesta volta, e dietro verremo tutti in tempo che si sarà costì prima di loro. E perché questo è un male preveduto, le vostre Signorie non ne possono pigliare altro spavento, perché di qua non si è mai pensato di poterli tenere che non vi venissino quando vi volessino venire, ma solo che vi venghino con manco comodità e con manco reputazione si può; il che si è fatto, perché non avendo occupata in questa provincia terra alcuna, non hanno qui luoghi che faccino loro scala a condurvisi, e così non hanno quella reputazione con loro che arebbono, se gli avessino fatto qualche onorevole espugnazione: tanto che restono per ancora simili a quelle compagnie che, già centocinquanta anni sono, andavano sanza pigliare terre, taglieggiando o guastando i paesi. Né si dubita che cotesto paese abbia ad essere meno atto a resistere che si sia stato questo; né che i favori che trarranno da Siena abbino ad offendere più la Toscana, che si abbino offesi questi paesi i favori che eglino hanno tratti da Ferrara. Il duca d'Urbino, come le vostre Signorie aranno inteso, ha mandato duemila fanti verso il paese suo, e ci è nata qualche gelosia che non permetta a quelli suoi che provegghino questi imperiali di viveri: il che se fusse, farebbe a questi il passare più facile. Bisogna rapportarsene alla giornata, e vostre Signorie penseranno se fusse da farsi provvisione alcuna costì per mezzo dello oratore veneto. Raccomandomi alle Signorie vostre. Quae bene valeant.

%1527 apr (Lett. 318) Al mio caro figliuolo Guido di Niccolò Machiavegli. InFirenze.

Ghuido figliuolo mio carissimo. Io ho havuto una tualettera, la quale mi è stata gratissima, maxime perché tu miscrivi che sei guarito bene, che non potrei havere havutomaggiore nuova; che se Iddio ti presta vita, et a me, iocredo farti uno huomo da bene, quando tu vuogli fare partedel debito tuo; perché, oltre alle grandi amicitie che ioho, io ho fatto nuova amicitia con il cardinale Cibo ettanta grande, che io stesso me ne maraviglio, la quale titornerà a proposito; ma bisogna che tu impari, et poiché tunon hai più scusa del male, dura fatica in imparare lelettere et la musica, ché vedi quanto honore fa a me un pocodi virtù che io ho; sì che, figliuolo mio, se tu vuoi darecontento a me, et fare bene et honore a te, studia, fa bene,impara, ché se tu ti aiuterai, ciascuno ti aiuterà.El mulettino, poiché gli è impazato, si vuole trattarloal contrario degli altri pazi: perché gl'altri pazi silegano, et io voglio che tu lo sciolga. Dara'lo ad

Vangelo, et dirai che lo meni in Montepugliano, et dipoi glicavi la briglia et il capestro, et lascilo andare dove e'vuole ad guadagnarsi il vivere et ad cavarsi la pazia. Ilpaese è largo, la bestia è piccola, non può fare maleveruno; et così sanza haverne briga, si vedrà quello chevuol fare, et sarai a·ttempo ogni volta che rinsavisca aripigliallo. Degl'altri cavalli fatene quello che vi haordinato Lodovico, il quale ringratio Iddio che sia guarito,et che gli habbi venduto, et so che gli harà fatto bene,havendo rimessi danari, ma mi maraviglio et dolgo che nonhabbia scritto.Saluta mona Marietta, et dille che io sono stato qui perpartirmi di dì in dì, et così sto; et non hebbi mai tantavoglia di essere ad Firenze, quanto hora; ma io non possoaltrimenti. Solo dirai che, per cosa che la senta, stia dibuona voglia, ché io sarò costì prima che venga travaglioalcuno. Bacia la Baccina, Piero et Totto, se vi è, il qualeharei havuto caro intendere se gli è guarito degli ochi.Vivete lieti, et spendete meno che voi potete. Et ricorda aBernardo che attenda a fare bene, al quale da 15 dì in quaho scritto due lettere et non ne ho risposta. Christo viguardi tutti. Die II Aprilis 1527.Niccolò Machiavelli in Imola.

%1527 apr (Lett. 319) Al molto mio magnifico Francesco Vettori. In Firenze.

Honorando Francesco mio. Poi che la triegua fu fatta aRoma, et che si vidde come la non era voluta da questiimperiali osservare, messer Francesco scrisse a Roma comeegli era necessario pigliare uno de' tre partiti; oritornare alla guerra con tali termini, che tutto il mondointendesse che mai più si haveva a ragionare di pace, acciòche Francia, Viniziani et ognuno, senza rispetto o sospetto,facesse suo debito, dove mostrò essere ancora molti rimedii,volendo maxime il papa aiutarsi; o vero, quando questo nonpiacesse, pigliare il secondo, che sarebbe al tuttocontrario a questo primo, di tirare drieto a questa pace conogni diligenzia, et mettere il capo in grembo a questoviceré, et lasciarsi per questa via governare alla Fortuna;o veramente, stracco nell'uno di questi partiti, et invilitonell'altro, pigliare un terzo partito, quale non importa, etnon accade dire hora. Ha questo dì messer Francesco rispostada Roma, come il papa è volto a pigliare quel secondopartito, di gittarsi tutto in grembo al viceré et alla pace;il quale se riuscirà, sarà per hora la salute nostra; quandonon riesca, ci farà in tutto abbandonare da ognuno. Se gli èper riuscire o no, voi lo potete giudicare come noi; ma solovi dico questo: che messer Francesco ha fatto in ogni eventoquesta deliberazione, di aiutare le cose di Romagna, mentreche vede a 16 soldi per lira che le si possino difendere;ma, come le vedrà indefensibili, senza rispetto alcunoabbandonarle; et con quelle forze italiane che si troverrà,et con quelli danari che gli saranno rimasi, venirne acotesta volta per salvare in qualunque modo Firenze et lostato suo. Et state di buona voglia, che si difenderà inogni modo.Questo esercito imperiale è gagliardo et grande;nondimeno, se non riscontra chi si abbandoni, e' nonpiglierebbe un forno. Ma è ben pericolo che per fiacchezzanon cominci una terra a girarli sotto, et come cominci una,tutte le altre vadino in fumo; il che è nel numero di quellecose che fanno pericolosa la difesa di questa provincia.

Nondimanco, quando la si perdesse, voi, se non viabbandonate, vi potrete salvare; et difendendo Pisa,Pistoia, Prato et Firenze, harete con loro uno accordo, chese sarà grave, non fia al tutto mortale. Et perché quelladeliberazione del papa è per ancora segreta rispetto aquesti collegati, et per ogni altro rispetto, vi priego noncommunichiate questa lettera. Valete. Addì 5 d'Aprile1527.Niccolò Machiavelli in Furlì.

%1527 apr (Lett. 320)Al mio honorando et magnifico Francesco Vettori. InFirenze.

Magnifice vir. Lo accordo è stato consigliato sempre diqua per quelle medexime cagioni che voi costì lo havetesempre consigliato; perché, veduto i portamenti di Franciaet de' Viniziani, veduto il poco ordine che era nelle gentinostre, veduto come al papa era mancato ogni speranza dipotere sostenere la guerra del regno, veduta la potenzia etobstinazione de' nimici, si giudicava la guerra perduta,come voi medesimo, quando io mi partii di costì, lagiudicavi. Questo ha fatto che si è sempre consigliato loaccordo, ma si intendeva uno accordo che fosse fermo, et nondubbio et intrigato come questo, che sia fatto a Roma, etnon observato in Lombardia; et che ci siano pochi danari, etquelli pochi bisogni o serbarli per un simile accordo tuttodubbio et restare disarmato; o, per restare armato, pagarli,et rimanere senza essi per lo accordo. Et così dove sipensava che uno accordo netto fosse salutifero, unointrigato è al tutto pernizioso, et la rovina nostra.Di costì si è hora scritto come lo accordo è quasifermo; et perché la prima paga è sessantamila ducati, si fafondamento per la maggior parte in su' danari che sono qui.Qui sono tredicimila ducati contanti, et settemila incredito con i Viniziani. Se i nimici vengono innanzi pervenire in Toscana, bisogna spenderli in mantenere questegenti, a volere mantenere questa povera città, sì che, sevoi vi fondate in su l'accordo, conviene si fondi in su unoaccordo, che fermi queste armi et queste spese. Altrimenti,se si mantiene uno accordo intrigato, che faccia si habbia aprovvedere allo accordo et alla guerra, e' non si provvedràné all'uno né all'altro, et ne risulterà male a noi et benea' nimici nostri, i quali attendono, caminando verso di noi,alla guerra, et lasciano voi avvilupparvi fra la guerra etgli accordi. Sono vostro. Addì 14 d'Aprile 1527.Vostro Niccolò Machiavelli in Furlì.

%1527 apr (Lett. 321)Al molto magnifico Francesco Vettori suo honorando. InFirenze.

Magnifico etc. Monsignor della Motta è stato questo dìin campo degli imperiali con la conclusione dello accordofatta costì, che se Borbone lo vuole, egli ha a fermare loesercito: se lo muove, è segno che non lo vuole; in modo chedomani ha ad essere giudice delle cose nostre. Pertanto quisi è deliberato, se domane egli muove, di pensare allaguerra affatto, senza havere un pelo che pensi più allapace; se non muove, pensare alla pace, et lasciare tutti ipensieri della guerra. Con questa tramontana conviene chevoi ancora navichiate, et resolvendosi alla guerra, tagliare

tutte le pratiche della pace, et in modo che i collegativenghino innanzi senza rispetto alcuno, perché qui nonbisogna più claudicare, ma farla alla impazzata: et spessola disperazione truova de' rimedii che la electione non hasaputi trovare. Costoro vengono costà senza artiglierie, inun paese difficile, in modo che, se noi quella poca vita checi resta racozziamo con le forze della Lega che sono inpunto, o eglino si partiranno di cotesta provincia convergogna, o e' si ridurranno a termini ragionevoli. Io amomesser Francesco Guicciardini, amo la patria mia piùdell'anima; et vi dico questo per quella esperienza che mihanno data sessanta anni, che io non credo che mai sitravagliassino i più difficili articuli che questi, dove lapace è necessaria, et la guerra non si puote abbandonare, ethavere alle mani un principe, che con fatica può supplire oalla pace sola o alla guerra sola. Raccomandomi a voi. Addì16 d'Aprile 1527.Niccolò Machiavelli in Furlì.

%1527 apr (Lett. 323)Al molto magnifico Francesco Vettori mio honorando. InFirenze.

Honorando Francesco. E' si sono condotte queste gentifranzese qui a Berzighella miracolosamente: et così sarà unmiracolo se il duca di Urbino verrà a Pianoro domani, comepare che il Legato di Bologna scriva quivi et qui siaspetterà, come io credo, di sapere quello che ha fatto lui.Et, per lo amor di Iddio, poiché questo accordo non si puòhavere, se non si può havere, tagliate subito la pratica, etin modo, con lettere et con dimostrationi, che questicollegati ci aiutino; perché, come l'accordo, quando fosseobservato, sarebbe al tutto la certezza della salute nostra,così, tractarlo senza farlo, sarebbe la certezza dellarovina. Et che lo accordo fosse necessario, si vedrà se nonsi fa; et se il conte Guido dice altrimenti, egli è uncazzo. Et solo voglio disputare con lui questo: domandatelo,se si potevono tenere che non venissino in Toscana; vi diràdi no, se dirà come egli ha sempre detto per lo addietro; etcosì il duca d'Urbino. Quando e' sia vero che non sipotessino tenere, domandatelo come e' se ne potevono cavaresenza fare giornata, et come cotesta città era atta areggere duoi eserciti addosso, di qualità che lo esercitoamico sia più insopportabile che il nimico. Se vi risolvequesto, dite che gli habbia ragione. Ma chi gode nellaguerra, come fanno questi soldati, sarebbono pazzi selodassino la pace. Ma Iddio farà che gli haranno a fare piùguerra che noi non vorremo. Addì 18 d'Aprile 1527.Niccolò Machiavelli in Berzighella.