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Sui modi di costruire gli edifici rurali nell'alto milanese. Cassina Ida in un itinerario tra la manualistica tecnica e le corti coloniche di fine Ottocento

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Elaborazione grafica con inserimento di Cassina Ida nella carta di manovra del 1878.

Per chi osserva l’odierno complesso architettonico denomi-nato Cassina Anna non è difficile intuire la sua origine e lemotivazioni della sua edificazione. Anche ad uno sguardoveloce, infatti, è possibile riconoscere i tratti distintivi di ungrande caseggiato colonico, con la disposizione degli edifi-ci a corte aperta attorno ad un ampio cortile, resi uniformidal medesimo trattamento dei fronti, con fasce marcapianoe cornici in laterizio attorno alle aperture. Soffermandosi sualcuni dettagli, inoltre, sono manifesti anche altri caratteripeculiari di questa architettura, tra cui, in primis, gli stemmiducali dei Visconti, presenti sui timpani delle ali della strut-tura e sui pilastrini del cancello, il vasto porticato e la pre-senza della balconata utilizzata a sostituzione dei più usua-li ballatoi.Il manufatto, conserva infatti, quasi inalterati, quei caratteristrutturali ed esteriori, se non funzionali, del complessorurale fatto costruire dal duca Guido Visconti di Modronenell’ultimo decennio del XIX secolo e allora detto CassinaIda, dal nome della moglie, Ida Renzi.Scarse sono tuttavia le fonti, soprattutto documentarie earchivistiche di prima mano riferite a questa costruzione,cosicché, per contestualizzare l’edificazione del comples-so, comprenderne motivazioni, logiche costruttive e soprat-tutto originalità e ricorrenze, si è ritenuto necessario farericorso alla manualistica tecnica del XIX secolo riferita allacostruzione degli edifici rurali. Attraverso la sua analisi èpossibile tracciare, per quanto a grandi linee, un quadrosulle conoscenze dell’epoca e sulle figure professionalicompetenti in materia. L’utilizzo di questa fonte, ha per-messo di mettere in evidenza come durante l’Ottocento sisiano formate professionalità specifiche sul tema dellecostruzioni rurali alle quali ha corrisposto un incremento

della qualità e un migliore funzionamento delle stesse.Presupposto indispensabile per un’indagine sull’architettu-ra rurale lombarda ottocentesca, con particolare riferimen-to all’alto milanese e alla fine del secolo, risulta essere unaccenno alle relazioni tra il territorio e gli insediamenti agri-coli e ai relativi tipi di strutture agricole in essere. Scrivevaa tal proposito Lucio Gambi1:

[...] Di entrambe le cose – organizzazione e gestione – lacasa dei contadini è il risultato sul piano degli insediamen-ti. E perciò ogni modifica ed evoluzione dei rapporti e del-l’organizzazione (che naturalmente interferiscono tra loro)ha per conseguenza, in un arco periodale più o menolungo, una maturazione anche delle forme funzionali delleabitazioni contadine2.

Tra gli aspetti più importanti sottolineati dal geografo vi è illegame esistente tra gli edifici e le «necessità agrarie e abi-tative» che in essi si sarebbero dovute soddisfare. Ciòimplica di considerare il mero fatto costruttivo (la disposi-zione dell’edificio, la distribuzione e la dimensione dei loca-li, fino alle scelte tecniche e materiali) all’interno in una seriedi non scontati rapporti come quelli con i sistemi utilizzatiper condurre i fondi, con i tipi di contratti in essere tra il pro-prietario e i coloni, con i tipi di colture maggiormente diffusie, più in generale, con le risorse territoriali disponibili. A que-sto proposito ricordava Archimede Sacchi, qualificato pro-fessore presso il Politecnico di Milano del corso diArchitettura pratica3

L’importanza della coltura e del sistema agrario, la manieracolla quale ha effetto il congegno dell’azienda, richiedono

1) Lucio Gambi fu uno dei più grandi geografi del Novecento e, con Giuseppe Barbieri, curò il 29° volume della collana di studi sulle Dimore rura-li in Italia fondata da Renato Biasutti nel 1938. Lo scritto segna il passaggio tra una visione ‘ descrittiva’ che aveva fino ad allora caratterizzato lostudio del paesaggio agrario, del quale la casa rurale è parte integrante, ad una ‘ integrata’ dagli elementi storico-culturali che hanno influito sul suodisegno complessivo.2) LUCIO GAMBI, La casa contadina, in Storia d’ Italia. Atlante, VI, a cura di LUCIO GAMBI - GIULIO BOLLATI, Torino, Einaudi, 1976, p. 481.3) Sacchi, oltre ad essere titolare, tra il 1867 e per quasi un ventennio del corso di Architettura pratica, fu autore di un ponderoso manuale che svi-luppò con coerenza i temi del cantiere per le diverse tipologie abitative, volume che per lunghi anni funse da libro di testo per ingegneri e archi-tetti politecnici e i cui contenuti verranno ripresi più avanti in questo scritto. Si tratta di: ARCHIMEDE SACCHI, Le abitazioni, alberghi, case operaie, fab-briche rurali, case civili, palazzi e ville, Milano, Hoepli, 1874. Sopra il titolo è posta l’indicazione Architettura pratica, a testimonianza del filone cul-turale in cui si inserisce.

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Sui modi di costruire gli edifici rurali nell’ alto milanese. Cassina Ida, un itinerario tra la manualistica tecnica e le corti coloniche di fine Ottocentodi Monica Aresi

Architettura e territorio • CAPITOLO QUINTO

delle principali disposizioni e distribuzioni nei fabbricati,perché questi rispondano con convenienza a quei bisognicui sono destinati4.

E ancora, Francesco Lechi, più recentemente, a dare forzaad una continuità di opinione in merito all’argomento:

Le tipologie dei fabbricati, come e più di quelli urbani,dipendono dalla struttura dell’ambiente fisico in cui si for-mano, dalla tecnica produttiva delle aziende agrarie in cuisono inseriti, dalla dinamica politica e sociale, e quindi sonolegate alla storia e al territorio locali [...]5.

Un secondo tema affrontato da Gambi riguarda il lento, avolte lentissimo, cambiamento nelle forme dei luoghi dell’a-bitare e del lavoro rurale, da cui è risultata una spiccata per-manenza di soluzioni, quasi una sorta di loro immutabilitànel tempo. Questo fenomeno è legato in primo luogo ad unatteggiamento poco avvezzo all’innovazione da parte dellaclasse contadina, il quale ha fatto sì che prassi costruttive,seppur non sempre ottimali, si siano tramandate e consoli-date nei secoli. Un ruolo importante è stato giocato anchedalla carenza di una sistematizzazione ‘scientifica’ delleconoscenze e dei progressi in materia di costruzioni ruralifino alla seconda metà dell’Ottocento. E infine dall’assenzadi specifiche normative igieniche fino agli inizi delNovecento che più avanti genereranno modifiche ‘tecnolo-giche’ agli abitati rurali e dimensionali degli spazi.In relazione ai tipi agricoli lombardi, nelle opere geograficheed agronomiche della prima metà dell’Ottocento6, la regio-ne veniva divisa in tre zone assai differenti tra loro in basea precise caratteristiche morfologiche ed economiche:quella della montagna, quella della collina e della pianuraasciutta e quella della bassa pianura irrigua. Le tre areevenivano di fatto considerate entità autonome collocate adiversi livelli sulla strada del progresso agricolo ed eranodescritte come universi a sé stanti poiché ognuna di esse,apparentemente, non aveva nulla da spartire con le altrecontermini7. Da questa tripartizione discendevano ancheassetti aziendali-contrattuali-organizzativi nella conduzione

agricola: quello dei piccoli proprietari o affittuari delle zonemontane, collinari e della pianura asciutta e quello dellagrande conduzione agro-capitalistica della bassa pianurairrigua. Vi era dunque una marcata distinzione tra una con-duzione agricola ad alta intensità di capitale (quella dellapianura irrigua) ed una ad alta intensità di lavoro (quella del-l’agricoltura asciutta). La realtà era certamente più complessa. Innanzitutto, comeben illustra Cesare Saibene nel suo testo dedicato allacasa rurale nella pianura e nella collina lombarda8, tra lafascia dell’alta pianura asciutta e quella della bassa pianu-ra irrigua, vi era la zona dei fontanili, un’estesa area carat-terizzata dalla presenza di fertili terreni. Inoltre, il confinemeridionale della fascia dell’alta pianura asciutta si era spo-stato a nord grazie alla costruzione di canali irrigatori deri-vanti dai fiumi maggiori che andavano ad irrorare un buontratto del settore più meridionale di questa zona, portandoautomaticamente più a monte il limite del paesaggio dellavera alta pianura arida. Così che, scrive Saibene, «l’am-biente tipico della ‘pianura asciutta’ né è continuo, né appa-re con caratteristiche così peculiari da distinguersi in modoveramente netto sia da quello di collina come da quellodella bassa pianura»9.I tipi di coltivazione e conduzione tipici di queste zone eranodistinti. Basti in questa sede ricordare che nella bassa pia-nura, profondamente modificata nei secoli da notevoliopere di canalizzazione, la grande azienda, sorretta damassicci investimenti, incrementava l’allevamento bovino,la risicoltura e in misura minore la cerealicoltura, praticateattraverso la rotazione colturale e indirizzando le produzio-ne verso il mercato. Gli appezzamenti avevano dimensionidi circa 100 ettari e potevano essere accorpati a formare unfondo. Era in vigore qui la mezzadria, un contratto agrariod’associazione con il quale un proprietario di terreni e uncoltivatore (il mezzadro), si dividevano, normalmente ametà, i prodotti e gli utili di un’azienda agricola.Nell’alta Lombardia, la gelsibachicoltura aveva invecedeterminato, a partire della prima metà dell’Ottocento, unagrande trasformazione del paesaggio agrario: la maggioreproduzione era quella dei bozzoli, oltre al frumento, al gran-

La Cassina del Duca

4) ARCHIMEDE SACCHI, Le abitazioni, alberghi, case operaie. p. 108.5) FRANCESCO LECHI, Le radici delle cascine, in ROBERTA CORDANI, Le terre delle cascine a Milano e in Lombardia. Viaggio nella storia nell’ arte e nel paesag-gio, Milano, CELIP, 2009, p. 58.6) Tra le più note si ricordano: CARLO CATTANEO, Notizie naturali e civili su la Lombardia, Milano, coi tipi di Giuseppe Bernardoni di Giovanni, 1844e STEFANO JACINI, La proprietà fondiaria e le popolazioni agricole in Lombardia, Milano, per Borroni e Scotti, 1854.7) LUIGI FACCINI, La casa contadina, « Storia d’Italia. Atlante» , VI, a cura di Lucio Gambi e Giulio Bollati, Einaudi, Torino, 1976, p. 520-538.8) CESARE SAIBENE, La casa rurale nella pianura e nella collina lombarda, Firenze, Leo S. Olschki editore, 1955.9) Ivi, p. 151.

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turco, alla vite e al prato; poche le bestie. Qui si era verifi-cata una ‘contaminazione’ con il mondo industriale, in par-ticolare serico, che ebbe ricadute anche sulla formazione econformazione degli insediamenti; vigeva il contratto dicolonia, il quale prevedeva specifici rapporti tra la famigliacolonica e il proprietario in relazione alla coltivazione delterreno aratorio, all’affitto per la casa e il rustico e alla colti-vazione dei gelsi e l’allevamento dei bachi10.All’interno di questo quadro l’abitato di Bruzzano, dove lafamiglia Visconti di Modrone possedeva dal 1855 esteseproprietà11, si situava in un paesaggio fortemente antropiz-zato caratterizzato da colture quali mais e frumento maanche viti e soprattutto molti gelsi, tant’è che Stefano Jacinine ricorda l’aspetto «quasi di una selva»12. Per l’irrigazionesi poteva contare sulla presenza del Seveso e di alcuni fon-tanili e, a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento, anche delcanale Villoresi, opera che, tra il Ticino e l’Adda, segnava il

limite tra l’alta pianura e la fascia dei fontanili13.Con l’arrivo nella pianura arida dell’irrigazione si verificòuna rivoluzione agricola anche nella proprietà e soprattuttonella conduzione dei fondi. Ciò che avvenne nell’alto mila-nese con apertura del canale Villoresi era già accaduto, adesempio, in una larga fascia della pianura arida vercellesedopo l’apertura dei canali ottocenteschi, e in particolare delcanale Cavour, risalente al 1863. Dovunque per contro resi-stette o si dilatò la piccola proprietà fondiaria, o la piccolaconduzione a mezzadria o a colonia14.

Venendo agli abitati agricoli, costruzioni in grado di assol-vere contemporaneamente una molteplicità di funzioni e dirispondere nel modo più razionale possibile alle esigenzerurali derivanti dalle coltivazioni, nonché a quelle abitative,è utile riproporre uno schema pubblicato da Pecora nel1970 che rappresenta la distribuzione delle dimore a corte

Architettura e territorio - capitolo V

10) Per una trattazione più completa sull’argomento dei contratti colonici si veda il capitolo VI di Paola Signorino.11) Cfr. il capitolo I, dove sono spiegati i passaggi di proprietà . Il 1855 corrisponde alla morte di Caterina Visconti di Modrone, cugina di Uberto,padre di Guido.12) STEFANO JACINI, La proprietà fondiaria e le popolazioni agricole in Lombardia, p. 129.13) Il canale Villoresi venne realizzato dalla Società Italiana per Condotte d’Acqua a partire dal 1880. Tra l’amplia bibliografia sul canale Villoresi,cfr. EUGENIO VILLORESI - LUIGI MERAVIGLIA, Progetto di utilizzare le acque specialmente di piena defluenti dai Laghi di Lugano, Varese e Maggiore per l’ irri-gazione di una parte della provincia milanese mediante canali navigabili, Milano, Tip. P. Agnelli 1863; CESARE CIPOLLETTI, Il canale Violloresi, Milano,Hoepli, 1886 e CESARE CIPOLLETTI, Le forze idrauliche dell’ Alto Milanese, Roma, Tip. del Genio Civile, 1887.14) Per un approfondimento sull’argomento si veda ALDO PECORA, La « corte» padana, in GIUSEPPE BARBIERI - LUCIO GAMBI, La casa rurale in Italia,Firenze, Leo S. Olschki, 1970, p. 235.

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Cartina morfologica della pianura e collina lombarda con evidenziate le aree della bassa pianura irrigua argillosa, la zona dei fontanili e l’ alta pianura asciutta. (Da Cesare Saibene, La casa rurale nella pianura e nella collina lombarda, Leo S. Olschki editore, Firenze 1955, p. 5).

e il loro grado di diffusione nella pianura lombardo-piemon-tese. La principale e più evidente distinzione riportata èquella tra le corti monoaziendali di tipo capitalistico e le cortipluriaziendali di cui di seguito si accenneranno le maggioridifferenze.Le grandi cascine aziendali a conduzione capitalistica, tipi-che della pianura irrigua e sovente gestite in affittanza daabili imprenditori agricoli, erano caratterizzate dalla presen-za di una molteplicità di edifici quali l’abitazione padronale,quelle dei salariati, le stalle per i bovini, i fienili e tutti queglispazi necessari per le prime trasformazioni dei prodotti(caseificio, essiccatoio, pila per la brillatura del riso, officine,grandi porticati, ecc.). Planimetricamente questi insedia-menti tendevano ad organizzarsi attorno ad uno o più ampispazi, con funzioni diverse: le corti, generalmente chiuse,

vero cuore della cascina lombarda di pianura.L’alta pianura era invece contraddistinta dalla presenza diuna moltitudine di corti agricole15, spesso di piccole dimen-sioni, poste all’interno degli abitati o costituenti borghi essestesse e caratterizzate da spazi differenziati per ogni fami-glia colonica, dalla residenza alle stalle e fienili, ai rusticiminori e portici. Il cortile, elemento comune con le grandicascine, aveva qui scopi però prevalentemente di collega-mento più che una vera funzione agricola. La base econo-mica della piccola azienda era la policoltura che general-mente si esauriva nell’autoconsumo famigliare. Come spie-gano Giancarlo Consonni e Graziella Tonon:

La casa colonica, soprattutto nelle aree dove l’agricoltura èmeno prodiga di risorse alimentari, diviene [...] un centro

La Cassina del Duca

15) È bene specificare che non vi è uniformità nell’uso dei termini cascina, corte colonica e cassina. In questo scritto si intenderà con cascina la gran-de corte isolata della pianura irrigua mentre corte colonica/agricola e cassina (in particolare se relazionata a Ida) staranno ad indicare i complessi agri-coli dell’alta Lombardia, dove vigeva il contratto di colonia.

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Distribuzione delle dimore a corte e grado di diffusione nella pianura lombardo-piemontese. (Da Aldo Pecora, La “ corte” padana, in Giuseppe Barbieri, Lucio Gambi, La casa rurale in Italia, Leo S. Olschki, Firenze 1970)

strategico che consente alla famiglia rurale contempora-neamente di praticare una condizione di autoconsumoentro cui proteggere il processo riproduttivo delle renditeurbane e un avamposto da cui stabilire rapporti con il mer-cato del lavoro16.

Ciò che distingueva questi due ‘schemi’ non era tanto l’as-setto planimetrico o la conformazione, quanto la loro posi-zione nel territorio (isolata o aggregata in un borgo), i diver-si rapporti che legavano il responsabile del complesso coni lavoratori, la dimensione superficiale e la capacità volu-metrica dei fabbricati e la più o meno notevole complessitàe specializzazione delle operazioni agricole in essi svolte.Nel mezzo troviamo un universo di edifici, ‘cascine multifor-mi’ come le definiscono Vittorio Ingegnoli e LucianoRoncai17 per la presenza di notevoli variazioni, scambi eanomalie. Si può dunque rilevare un’irriconoscibilità di tipo-logie o modelli o forse una molteplicità di tipi, per cui si

potrebbe dire che ogni episodio costruttivo rappresenta uncaso unico dovendo rispondere alle specifiche esigenze diquel fondo, di quel proprietario, di quella estensione18.Ed in quelle nuove zone rese fertili dalla presenza di cana-li irrigatori, dove ci si sarebbe aspettati, in seguito alla modi-fica delle colture e dei modi di gestire i fondi, anche un cam-biamento nelle dimore, si doveva considerare (in accordo aquanto accennato in relazione alla lenta trasformazionedelle forme dell’abitare) che:

la modifica del paesaggio non è totale (e) per troppo tempoanche questa zona ha partecipato delle particolari condi-zioni del resto dell’alta pianura, sicché, soprattutto per quelche riguarda il problema delle dimore, le quali sono semprele ultime, cose si sa, a risentire delle modificazioni diambiente, mi è sembrato opportuno considerarla comeancora facente parte del suo ambiente originario19.

A fine Ottocento l’edificazione di nuovi complessi agricoli o,più frequentemente, l’ammodernamento di quelli esistenti,si verificò principalmente nei territori posti a Sud di Milano,mentre a nord, zona già interessata da un consistente svi-luppo urbanistico e industriale, non fu un fenomeno predo-minante. Tuttavia, l’insediamento di Bruzzano aveva man-tenuto una spiccata inclinazione rurale e continuava a man-tenerla grazie anche alla decisione del duca Guido di con-servare la destinazione agricola dei suoi possedimenti,costruendo qui, o facendo ristrutturare una serie di corticoloniche, di cui Cassina Ida risulta la principale. Tali corti,collocate a ridosso di borghi del Nord Milano (Bruzzano ePrecotto), e la conservazione a scopo rurale di grandi por-zioni di paesaggio, possono essere considerate il risultatotangibile del pensiero del Duca. Egli aspirava infatti all’otte-nimento di un equilibrio tra crescita industriale e sviluppoagricolo, ai suoi occhi tutt’altro che infruttuoso, anche inconsiderazione dei progressi che le scienze agrarie stava-no conoscendo in quel periodo e non da ultimo l’avanza-mento della costruzione del canale Villoresi che, proprionegli anni in cui veniva costruita Cassina Ida, si diramavanelle sue proprietà aumentandone la fertilità20.

Architettura e territorio - capitolo V

16) GIANCARLO CONSONNI - GRAZIELLA TONON, Alle origini della metropoli contemporanea, in Lombardia. Il territorio, l’ ambiente, il paesaggio, vol. IV,Milano, Electa, 1984, p. 95.17) Cascine del territorio di Milano, a cura di CARLO PEROGALLI, Milano, Ente provinciale del turismo, 1977, p. 34.18) Le due grandi classi rappresentate nello schema di Pecora vengono infatti suddivise in tante sottoclassi a seconda della disposizione e localizza-zione dei fabbricati e dei loro principi aggregativi e relazionate ai vari tipi di ordinamento colturale e strutture agrarie esistenti a dimostrazione del-l’assenza di un modello unico e ripetibile e dell’influenza di molteplici fattori a determinarne l’esito morfologico finale.19) CESARE SAIBENE, La casa rurale nella pianura, p. 152.20) Per le implicazioni sociali del rapporto industria-agricoltura, cfr. il capitolo II di Giuseppe Conti Calabrese.

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Fienile e rustico di Cassina Anna lato Ovest.

L’analisi della manualistica tecnica, necessaria per meglioinquadrare la costruzione di Cassina Ida nel suo contestoterritoriale e temporale, può prendere avvio ricordando chegià a partire dalla fine del Settecento e dai primi annidell’Ottocento, nei poli avanzati dell’editoria agronomica(Toscana, Veneto e Lombardia), erano stati pubblicati alcu-ni trattati aventi come oggetto le case rustiche, dei contadi-ni o argomenti di carattere più strettamente agronomico.Nei territori dell’Impero austroungarico tale attività era lega-ta, anche, ai rinnovamenti voluti dalla Società Patriottica,istituto culturale fondato a Milano nel 1776 dall’imperatriceMaria Teresa per «promuovere l’Agricoltura, le buone Arti,e le Manifatture», e che aveva sostenuto la pubblicazionedi volumi, raccolte di scritti, traduzioni di testi stranieri, ecc.Non si trattava in realtà di testi particolarmente innovativi21;

spesso infatti riprendevano la tradizione classica e umani-stica del De re rustica, con frequenti rimandi a Vitruvio e adAlberti e si rifacevano ai concetti classici di economia, utili-tà, convenienza. Il loro merito va piuttosto individuato nelruolo di stimolo e di trasmissione della conoscenza, e nel-l’aver avviato la divulgazione della prima trattatistica euro-pea, soprattutto inglese. L’ambito di diffusione di questiprimi trattati, tuttavia, doveva rimanere limitato agli ambien-ti colti e non certo patrimonio comune di chi nelle case rusti-che viveva e svolgeva le proprie attività, figure spesso coin-cidenti con i costruttori stessi e con un basso grado di inci-denza sulla funzionalità degli spazi dell’architettura rurale.Tra di esse si ricorda l’opera di Francesco Milizia, edita perla prima volta nel 178122, in cui, nelle poche pagine dedica-te alle Case rustiche, egli sembrava sminuire il valore del-

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21) Ad esempio: FERDINANDO MOROZZI, De le case de’ contadini. Trattato Architettonico, Firenze, Stamp. di S.A.R. per Gaet. Cambiagi, 1770; ScottoniGiovanni Francesco, Lettera a S. E. R. Mons. Vinciguerra co. di Gollalto e S. Salvatore, intorno la costruzione di una comoda casa rustica, « Giornale d’Italia» ,T. VH, p. 261-264, Venezia, 1771; IGNAZIO RONCONI FIORENTINO, La Coltivazione Italiana o sia Dizionario d’ Agricoltura, Napoli, StamperiaSimoniana, 1771 e ancora: THOMAS HALE, Gentiluomo Coltivatore o Corpo Compiuto d’ Agricoltura ad uso della Nazione Italiana, Venezia, Alvise Milocco,1769-1783 e FILIPPO RE, Elementi d’ agricoltura, Venezia, Stamperia Vitarelli, 1806. Sul tema della bachicoltura fondamentale il volume di VINCENZO

DANDOLO, Miglior governo dei bachi, ossia metodo d’ imitazione del Giornale Istruttivo e relative norme per mantenerli sani sino alla formazione del bozzolo,Milano, Pirotta, 1854, le opere di Agostino Bassi e di Angelo Domenico Berra. Per un approfondimento sulla trattatistica riguardante l’architettu-ra rurale tra 1770 e 1870, vd. ENNIO CONCINA, Architettura rurale nel trattati italiani tra 1770 e 1870, in Le macchine imperfette. Architettura, program-ma, istituzioni nel XIX secolo. Atti del Convegno (Venezia, ottobre 1977) a cura di PAOLO MORACHIELLO - GEORGES TEYSSOT, Roma, Officina, 1980, p.189-207.22) FRANCESCO MILIZIA, Principj di Architettura Civile, Finale, Nella stamperia di Jacopo de’ Rossi, 1781.

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Panorama di Bruzzano con il castello, Cassina Ida e la campagna retrostante quasi completamente coltivata a gelsi. Fine anni Venti. (Collezione Galdino Rossi)

l’architettura rurale riducendola a fatto formale, considera-zione ripresa più avanti da altri autori. L’intervento nellacasa rustica, inoltre, era ritenuto al di fuori dell’attività del-l’architetto il quale aveva un proprio ‘mercato’ di attività,soprattutto nel contesto veneto, nella villa.Il periodo napoleonico in Italia, in tema di botanica e agri-coltura, si era rivelato particolarmente ‘fertile’, segnato dalpropagarsi degli studi, dalle meritevoli attività degli OrtiBotanici e dal diffondersi di un «gusto» per «le scienze»,come «fondamento del vero sapere», capace di coesisterecon la poesia, la letteratura e l’erudizione, ovvero con lediscipline necessarie ad «abbellire e adornare lo spirito»23. Tra il 1834 e il 1845 venne pubblicato a Venezia il NuovoDizionario Universale e ragionato di Agricoltura...Coltivazionedegli Orti e dei Giardini... Igiene rustica, Architettura rurale diFrancesco Gera, proprietario terriero, medico ed agronomoformatosi presso le Università di Padova e Pavia, conimportanti ruoli a livello nazionale tra cui la presidenza dellasezione di agronomia e di tecnologia ai Congressi degliScienziati Italiani di Torino e Padova. Il suo testo può esse-re reputato lo strumento adeguato dello slancio in atto nellosviluppo capitalistico dell’area padana, con esiti cultural-mente autonomi nei confronti della letteratura scientificaestera. Si trattava di un volume importante, che indicava lavia degli interventi funzionali al miglioramento dell’agricoltu-ra ossia la costituzione di uno «spazio borghese del rura-le», considerazioni che sarebbero potute adattarsi, seppurqualche decennio più avanti, anche al contesto dell’altomilanese24. Alla voce Costruzioni rurali l’autore constatava ildisinteresse degli architetti per questo genere di costruzio-ni, fatto da cui dipendeva la mancanza di razionalità, conrilevanti conseguenze negative sul funzionamento dell’inte-ro sistema agricolo. Scriveva infatti:

Quest’arte (l’architettura rurale) dovrebbe essere la partepiù importante dell’architettura, perché in generale si

costruiscono più ville che palazzi. Sorprender quindi deve,che gli architetti non abbiano cercato di procurarsi megliole cognizioni necessarie a divenire abili anche in questaparte, come nelle altre costruzioni civili. Ma sia ch’essiabbaino ripugnanza per lo studio dei bisogni dell’agricoltu-ra, sia che stimato abbaino simili costruzioni come pocoopportune a far brillare i loro talenti, codesto genere d’ar-chitettura restò abbandonato alla pratica dei muratori dicampagna25.

E ancora, alla voce Abbellimento l’autore prendeva inesame i caratteri delle Commissioni all’Ornato ed esprime-va con chiarezza la sua linea programmatica: educare«anche la massa della popolazione al bello», aspetto deter-minante di quell’educazione popolare agraria esplicitamen-te indicata come «mezzo di addolcire i costumi, di calmarele passioni e di recare un rimedio ai tormentatori dellamoderna società»: strumento, dunque, atto alla prevenzio-ne della conflittualità sociale. L’affinità di tali considerazionicon il pensiero del duca Guido ed in particolare con la suasensibilità nei confronti della nobilitazione dell’attività lavo-rativa agricola, è tale da far pensare che egli avesse lettoqueste pagine e le avesse fatte proprie, trasferendole alprogettista o ai progettisti delle corti coloniche di sua pro-prietà, le quali, come si vedrà più avanti, presentavanocaratteri architettonici di indubbio interesse26.Nonostante queste pubblicazioni e una vasta produzioneeditoriale periodica, rivolta sia ad un pubblico non speciali-stico sia a un target più tecnico e di esperti27, le prassicostruttive faticavano a modificarsi. Inoltre, come emerso,nessuna professione si era occupata dell’architettura rura-le e gli architetti avevano stimato simili costruzioni come«poco opportune a far brillare i loro talenti».Un nuovo e più sostanziale impulso ad una sistematizza-zione delle conoscenze in questo campo avvenne, seppurindirettamente, con la nascita nel 1862, della Società

Architettura e territorio - capitolo V

23) Cfr. al proposito S.B. (SCIPIONE BREISLAK), Continuazione e fine del Prospetto de’ lavori fatti dagli Italiani nelle scienze naturali dopo il 1800, in« Biblioteca Italiana» , aprile 1816, p. 57-58. 24) Vd. considerazioni presenti nel cap. I e nel cap. VI.25) FRANCESCO GERA, Nuovo dizionario universale e ragionato di agricoltura, economia rurale, ... Venezia, coi tipi dell’Ed. Giuseppe Antonelli, 1838. VoceCostruzioni rurali, p. 926.26) Per un approfondimento del pensiero del Duca in relazione a queste tematiche cfr. cap. II, intorno a nota 99.27) Tra le opere non specialistiche (pubblicate sotto forma di strenne, manuali, ‘ catechismi agrari’, almanacchi dedicati anche alle sole donne chepraticavano la floricoltura) si ricorda il « Giornale di agricoltura» , che usciva a fascicoli mensili, arricchiti di tavole a colori per illustrare serre e giar-dini e il « Giardiniere ossia l’orticoltura teorico-pratica» , poi raccolto in volumi. Tra le opere scientifiche e le dissertazioni accademiche si ricordanoinvece il « Giornale agrario lombardo-veneto» (1834-1853) continuato negli « Annali d’agricoltura» (1854-1857) e il « Giornale dell’ingegnere,architetto ed agronomo» (1853-1867) poi confluito ne « Il Politecnico - Giornale dell’ingegnere architetto civile ed industriale» (1869-1927), tuttiediti a Milano. Confronta a questo proposito lo scritto PAOLA BARBARA CONTI, « Agricolturomania» in ROBERTA CORDANI, Le terre delle cascine a Milanoe in Lombardia, p. 40.

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Agraria Lombarda, organizzazione educativa ed informati-va per il mondo agricolo avente come scopo la promozionedell’incremento dell’agricoltura e delle arti ad essa attinentiattraverso attività a tutto campo che andavano dal rinnova-mento degli studi agrari, alla loro diffusione e a nuove atti-vità operative. La stessa Società,nel 1897, premiò con la medagliad’oro il duca Guido per la costruzio-ne delle sue corti coloniche (in par-ticolare quelle di Bruzzano e per lariforma di altri tenimenti, Cassago eCassino Scanasio), considerate, aragione, edifici pregevoli ed enco-miabili sia dal punto di vista costrut-tivo sia per essere l’esemplificazio-ne di una conciliazione tra mondoindustriale e agricolo28.Nel 1864 uscì a Udine Compendiodelle costruzioni rurali più usitate diAndrea Scala, la prima opera indi-rizzata alla sola tipologia rurale chel’autore dichiarava di destinare «agliagricoltori e costruttori di campa-gna» come «semplice guida che inmancanza d’architetto li diriga, sianel progettare le loro costruzioni, sianell’eseguirle»29. In realtà all’internodel testo egli fa più volte riferimentoall’opera dell’architetto come neces-saria, insieme a quella dell’agrono-mo, per costruire con perizia la fabbrica rurale e sopperirealla trascuratezza che spesso la caratterizza e che costitui-sce uno degli «ostacoli al progresso dell’agricoltura e delpaese». Si tratta di una narrazione didattica, avente unlegame con gli aspetti regionali in cui nasce, arricchita daparecchie tavole riferite sia all’impianto di insediamenti rura-li sia a particolari tecnici e costruttivi. Prevalentementededicato all’abitazione rurale, ai principi della buona dispo-sizione delle parti e alle «distribuzioni che meglio conven-gono ad ottenere simultaneamente la salubrità e comodità

dell’abitazione, l’economia del tempo e del lavoro, e la faci-le sorveglianza di ogni cosa», il testo comprende ancheun’esposizione dei materiali ed i modi di costruire, con diret-to nesso al noto Trattato teorico e pratico dell’arte di edifi-care di Jean Baptiste Rondelet. Per la prima volta viene

inoltre inserita una parte rivolta allaconservazione delle costruzioni e«a ciò che chiamasi manutenzione»con riferimento a quei mezzi checontribuiscono alla durata dei mate-riali, diminuendo l’azione distruttivadi alcune cause perenni o acciden-tali come la «dipintura e invernicia-tura» dei legnami e altri dispositivicontri gli incendi. Rispetto agli ele-menti di novità sopra accennati, neltesto sono ancora una volta fre-quenti gli accenni a elementi classi-co-umanistici e rimane escluso ognitentativo di ricerca tipologica. Il volu-me avrà comunque una certa fortu-na; verrà ripubblicato, ampliato, aMilano, nel 1872, e riedito nel 1878.Nel frattempo erano state fondatescuole e istituti che avrebbero for-mato i futuri professionisti dei setto-ri tecnici, fattore, a cui qui è solopossibile accennare, che determi-nerà una formalizzazione dellecompetenze, sia in senso ampio,

sia in materia di costruzioni rurali. Presso il Regio IstitutoTecnico di Milano (poi Politecnico) a partire dal 1863 erastata attivata la Scuola speciale degli Ingegneri civili, insie-me a quella degli Ingegneri meccanici, entrambe di duratatriennale e a cui si poteva accedere dopo aver frequentatodue anni di base presso un’università del Regno.Inizialmente vi erano i corsi di Agronomia ed EconomiaRurale e quello di Costruzioni Civili; si aggiunse poi quellodi Costruzioni rurali il cui titolare fu prima l’ingegner CarloPirovano e poi Carlo Formenti i quali fornivano contributi

La Cassina del Duca

28) Società Agraria di Lombardia. Visto l’ articolo 3 § VI dello Statuto organico di questa Società in data 25 Gennaio 1863. Questa Direzione Centrale nella suatornata del 28 Giugno 1897 ha aggiudicato il PREMIO di una Grande Medaglia d’ Oro - Concorso Legato Gloria 1896. Al Signor duca Guido Visconti diModrone - Senatore del Regno per l’ importanza dei tre grandiosi fabbricati colonici testé costrutti a Cassino Scanasio - bassa Lombardia, a Bruzzano dei due Borghied a Cassago, siccome inizio di riforme in altri tenimenti. In fede di che gliene rilascia il presente DIPLOMA. Milano, 14 agosto 1897. F.to Per la DirezioneCentrale il Presidente R.e Rusca. ARCHIVIO VISCONTI DI MODRONE (AVDM), Disegno n. 589. 29) ANDREA SCALA Compendio delle costruzioni rurali più usitate, Udine, Tipografia Trombetti-Mubero, 1864. Andrea Scala fu un ingegnere e archi-tetto civile che operò in Italia nella seconda metà dell’Ottocento, con realizzazioni importanti nel Veneto, in Friuli ma anche in Toscana, nell’am-bito della progettazione di ville, teatri e edifici religiosi.

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La stalla e il fuocolajo. (Da Andrea Scala, Compendio delle costruzioni rurali più usitate,

Tip. Trombetti-Mubero, Udine 1864, Tav. XVII-XVIII)

specifici sul tema degli insediamenti agricoli, sia secondoun’ottica legata ai principi di economicità e convenienza, siacon apporti tecnici legati ad aspetti costruttivi e pratici. Apartire dal 1865, inoltre, era stato avviato l’indirizzo diArchitettura Civile che dall’anno accademico 1867-68 pre-vedeva il corso di Architettura Pratica del professorArchimede Sacchi30.Nella Lombardia da poco liberata, inoltre, era nata, pressoLodi, la Corte Palasio, una grande scuola agraria che ebbecome professore e preside, tra il 1861 e il 1865, GaetanoCantoni, grande agronomo convinto della necessità dimaggiori cognizioni scientifiche e tecniche per il progressoagricolo, che qui poteva portare avanti ricerche sul campo.A questa subentrò, nel 1870 la Regia Scuola Superiore d’a-gricoltura di Milano, sempre diretta da Cantoni, nata dall’in-contro della volontà politica del comune, della provincia edel governo e determinata dall’esigenza di una organizza-zione scientifica e completa per l’istruzione agraria e ilmiglioramento agricolo.Esito degli insegnamenti sopra descritti furono alcuneopere nate per fini didattici e divulgativi, con l’obiettivo didare finalmente una ‘regolamentazione’ a questo campodell’architettura. Fondamentale risultato dell’attività formati-va politecnica, ad esempio, fu la stampa, nel 1874, di Leabitazioni. Alberghi, case operaie, fabbriche rurali, casecivili, palazzi e ville a opera di Archimede Sacchi31 opera checonsiste in una sintesi delle esperienze maturate sul temadelle costruzioni del primo Ottocento e che rimarrà comeriferimento fondamentale per più di un decennio successi-vo. All’interno dell’ampia trattazione una parte è dedicataalle case rustiche e al dipartimento rustico ossia a tutti que-gli spazi ritenuti fondamentali per lo svolgimento ottimale ditutte le funzioni agricole. Nonostante il suo aggiornamentorispetto al Milizia nei confronti dell’oggetto specifico d’inter-vento dell’architetto-ingegnere nel rurale, la posizione del-l’autore fu fortemente conservatrice se si pensa che scris-se: «sovente se non è impossibile, per lo meno inopportu-no discostarsi dalle disposizioni seguite e dalle costuman-

ze invalse da un pezzo in ogni luogo» nell’organizzazionespaziale dell’azienda agricola, «di usare ogni cautela innan-zi di introdurre nel progetto qualche modificazione, chefosse radicale per rispetto a quelle principalmente abitua-li»32. Atteggiamento, questo, condiviso da molti operatoriagricoli per i quali l’unica norma da seguire era il costume.Opinione che li portava ad affermare: «in ultima analisi l’in-dustria agricola (è) diretta soltanto dalle tradizioni e dalleconsuetudini»33.Al di là di queste note, è doveroso sottolineare il caratterescientifico della pubblicazione, la quale riferisce delle ultimerealizzazioni lombarde, secondo un esame di tipo dimen-sionale, contenente diversi elementi innovativi e riservandol’intervento dell’architettura alla distribuzione. Si affermavauna netta subordinazione gerarchica di ogni componente alluogo della responsabilità aziendale, che restava originelogica della realizzazione progettuale. Interessanti ledescrizioni delle molteplici parti del ‘dipartimento rustico’ossia i vari tipi di stalle e di portici, i fienili e le varie funzioniospitate nel cortile. Come esempio-modello per «indicarealcune importanti particolarità che devonsi conseguire colladisposizione generale dei grandi casamenti rurali propridella grande coltura in affitto»34, l’autore riporta quello delpodere di Mirasole, di proprietà dell’Ospedale Maggiore diMilano e progettato dagli ingegneri Giovanni De Notaris eGaetano Tarra; «uno dei migliori tipi esistenti» con riferi-mento alle aziende monoaziendali a conduzione capitalisti-ca, in merito al quale, tuttavia, egli suggerisce dei migliora-menti legati ad esempio alla migliore esposizione di certiambienti e alla distribuzione funzionale degli stessi.Nel 1876 si pubblicò a Milano Le costruzioni rurali. Trattatodi architettura pratica di Antonio Cantalupi, con lo scopo di:

far conoscere agli ingegneri, ai costruttori ed ai proprietari,le migliori fabbriche rurali che esistono nei diversi territoriisecondo le differenti coltivazioni, quanto di tracciare lenorme che si dovrebbero seguire nel caso di costruzioni odi adattamenti di simili edificii per ottenere delle fabbriche

Architettura e territorio - capitolo V

30) Effemeridi 1867-1868, in Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano (RITSM), Programma 1868-1869, Milano, RITSM, 1868, p. 25-26: in que-st’anno accademico il corso non ha ancora assunto la denominazione ufficiale di Architettura pratica ed è citato come « Scuola di disegno architetto-nico» . Cfr. ORNELLA SELVAFOLTA, Testi, manuali, disegni per l’ insegnamento dell’ Architettura pratica al Politecnico di Milano nella seconda metà dell’ Ottocento:il ruolo di Archimede Sacchi, in Dalla pecia all’ e-book. Libri per l’ università: stampa, editoria, circolazione e lettura. Atti del convegno internazionale di studi,Bologna, 21-25 ottobre 2008, Bologna, CLUEB, 2009, p. 513.31) Per un cenno alla sua figura vd. nota n. 3. 32) ARCHIMEDE SACCHI, Le abitazioni, alberghi, case operaie, p. 98.33) ENNIO CONCINA, Architettura rurale nel trattati italiani tra 1770 e 1870, p. 202, riportando l’affermazione del 1852 di Possenti, proprietario ter-riero.34) ARCHIMEDE SACCHI, Le abitazioni, alberghi, case operaie, p. 122.

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appropriate ai molti e svariati servizi dell’agricoltura35.

Cantalupi era Ingegnere delle Pubbliche Costruzioni diLombardia ed è ricordato come l’ingegnere pedagogo per ilsuo impegno, a partire dagli anni Cinquanta dell’Ottocento,nella cospicua redazione di pubblicazioni su argomentiscientifici e tecnici36. Mancava in realtà di una vera origina-lità di pensiero tant’é che nel suo lavoro riprese in più puntil’impostazione di Sacchi. Riportò comunque diversi esem-pi, principalmente lombardi e relativi alla zona irrigua, maanche esteri. Tra essi il podere di Poasco, podere irrigato-rio con le acque del Canale Vettabbia dell’ingegner Manzie il cascinale dell’Arzaga a Milano, nella zona Lorenteggio.All’interno dell’Enciclopedia agraria italiana (Torino 1871-1882), diretta da Gaetano Cantoni, già autore del Trattatocompleto di agricoltura compilato dietro le più recenticognizioni scientifiche e pratiche, Giuseppe Carpenè curòil capitolo sulle Costruzioni rurali37. L’intento della pubblica-zione era quello di dare risposta alla richiesta di un ‘soste-gno’ per l’agricoltura, i cui esigui margini di profitto non per-mettevano l’accumulazione di capitale, attraverso l’allarga-mento dell’azione divulgativa.Nel 1882 uscì la terza edizione, rivista e ampliata delTrattato di costruzione civile, rurale, stradale ed idraulica diFrancesco Nonnis-Marzano38, un’ampia opera in cui sonodedicate alcune pagine alle costruzioni rurali, con indica-zioni pratiche e dimensionali. Il volume dimostra un approc-cio diverso rispetto a quelli analizzati fino ad ora; prevalen-ti sono infatti i dati numerici e statistici, volti a sostenere ecoadiuvare i proprietari delle costruzioni rurali nella condu-zione delle attività. Approccio che è ancora più evidente ilun volume che Hoepli pubblicò nel 1891: Economia dei fab-bricati rurali, firmato da Vittorio Niccoli, ingegnere e profes-sore di economia rurale ed estimo alla Regia ScuolaSuperiore d’Agricoltura e al Regio Istituto Tecnico superio-re di Milano. Si tratta di un manualetto in cui lo scrittoreriprende dichiaratamente le indicazioni degli autori chesecondo lui «più completamente concretano l’architetturarurale» ossia Scala e Cantalupi e ha l’obiettivo di «riassu-mere, concretare e completare quanto di più importante, ai

sovraesposti argomenti si riferisce»39. Dati numerici, facil-mente comprensibili da tutti, per il dimensionamento deilocali e dei fabbricati rurali e il buon funzionamento dei fondisono tra i maggiori contenuti del testo. Non possono infine non essere menzionate due opere chepresentano un elevato contenuto tecnico, i cui temi saran-no ripresi più avanti nel capitolo. La prima è Particolari dicostruzioni murali e finimenti di fabbricati dei costruttoriMusso e Copperi di Torino40, un’opera originale, premiataall’Esposizione Generale Italiana di Torino del 1884 eall’Esposizione dei materiali da costruzione di Firenze del1887, rivolta esplicitamente ai costruttori, come si leggenella prefazione al testo, e corredata da tavole rappresen-tanti particolari di costruzioni murali, tra cui alcune specifi-camente dedicate agli edifici rurali. Le successive edizionivennero accresciute «di tutte le più moderne applicazioni

La Cassina del Duca

35) ANTONIO CANTALUPI, Le costruzioni rurali. Trattato di architettura pratica, Milano, Galli e Omodei Editori Libraj, 1876, p. 6.36) Per un profilo dettagliato dell’ingegner Cantalupi, vd. GIORGIO BIGATTI, La città operosa. Milano nell’ Ottocento, Milano, Franco Angeli, 2000, p.43-46.37) GIUSEPPE CARPENÈ , Costruzioni rurali, in Enciclopedia agraria italiana, a cura di GAETANO CANTONI, Torino, Unione Tipografico-editrice, 1880,vol. I, parte II, p. 1-157.38) FRANCESCO NONNIS-MARZANO,Trattato di costruzione civile, rurale, stradale ed idraulica, Torino, Augusto Federico Negro, 1882.39) VITTORIO NICCOLI, Economia dei fabbricati rurali, Milano, Ulrico Heopli, 1891, p. 5.40) GIUSEPPE MUSSO - GIUSEPPE COPPERI, Particolari di costruzioni murali e finimenti di fabbricati, Torino, G.B. Paravia, 1885-1887.

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Pianta del podere di Mirasole preso a modello da Archimede Sacchi per illustrare alcune particolarità nella disposizione dei grandi casamentirurali propri della grande coltura in affitto. Si noti la disposizione a cortechiusa, differente dalle case coloniche dell’ alto milanese caratterizzate spesso da corti aperte. (Da Archimede Sacchi, Le abitazioni, alberghi, case operaie, fabbriche rurali, case civili, palazzi e ville, Hoepli, Milano 1874)

dell’industria in rapporto all’edilizia eall’igiene». La seconda opera è unotra i manuali più conosciuti finedell’Ottocento; si tratta di La praticadel fabbricare dell’ingegner CarloFormenti41, la cui fama è arrivata ainostri giorni grazie alle ristampe chesi sono susseguite fino al 1933. Iltesto, in due volumi, è corredato daun volume di 64 tavole in cromolito-grafia, organizzate secondo le diver-se fasi costruttive dell’edificio e conl’introduzione di nuovi elementi di stu-dio relativi agli apparati impiantistici.L’avvio di una sistematizzazione delleconoscenze tramite i testi non ebbeperò, almeno a breve termine, i risul-tati sperati. I metodi empirici conti-nuavano infatti spesso a prevalerenelle scelte costruttive secondo unaripetitività di opzioni distributive e tec-niche considerate dimostrazione diefficacia e razionalità.

Vale a questo punto la pena di strin-gere il campo di indagine ai comples-si con caratteristiche analoghe aquelli di Cassina Ida, analizzando gliaspetti progettuali presi in considera-zione all’epoca per la costruzione diquesti edifici. Come accennato, la manualistica e pubblici-stica tecnica dell’epoca restituiscono un ampio spaccatoprevalentemente sulle grandi cascine aziendali a conduzio-ne capitalistica, caratteristiche della pianura irrigua, a causadella prevalente costruzione di nuovi complessi agricoli inquest’area rispetto alla pianura asciutta contraddistinta daun’urbanizzazione e industrializzazione più spinte e doveminori erano i casi di realizzazione di nuovi insediamentirurali. D’altro canto diverse caratteristiche, almeno di carat-tere generale, possono essere considerate analoghe tra ledue grandi famiglie di costruzioni e verranno assunte cometermine di paragone per ‘collocare’ Cassina Ida all’interno

del contesto costruttivo-architettonicodell’epoca.L’orientamento delle costruzioni e la‘corretta’ disposizione degli edificiall’interno del fondo in modo da otti-mizzare i tempi di lavoro erano certa-mente tra gli aspetti tenuti in maggiorconto. La porzione dedicata a caseg-giato, ad esempio, avrebbe dovutoessere collocata «più che sia possibi-le nel centro dell’esercizio»42. Si preci-sava inoltre che la località su cui edifi-care, spesso non legata ad una scel-ta dell’architetto, avrebbe dovutorispondere a criteri di salubrità, assen-za di umidità e preferibilmente preve-dere la presenza di un ruscello. Gliautori dei trattati e dei manuali sopraricordati concordano nell’orientare ilfabbricato destinato alle abitazioni indirezione est-ovest di modo daavere i fronti più lunghi rivolti a norde a sud e di fornire quest’ultimo di unporticato. Tra le realizzazioni coeve, ben docu-mentate su pubblicazioni periodichedi tipo specialistico e da cui è possibi-le trarre utili riferimenti per le indaginisu Cassina Ida, si ricorda il cascinalerealizzato tra il 1897 e il 1898 nel teni-

mento di Villamaggiore, in provincia di Milano su progettodell’ingegnere Carlo Robecchi. L’estensione del fondo era123 ettari, con predominio del prato. Come mostrano i det-tagliati elaborati grafici, l’orientamento del cascinale era leg-germente inclinato in direzione sud-ovest e la distribuzionedei vari corpi di fabbrica veniva stabilita «col criterio di con-ciliare i bisogni dell’azienda agricola, che richiede un como-do e rapido disbrigo dei lavorio ad essa attinenti sotto unacontinua e facile sorveglianza, colle esigenze dell’igiene edella previdenza pei casi d’incendio»43.Cassina Ida era collocata in una proprietà che secondo ladivisione del 1907 si estendeva per 410 ettari44; era posta

Architettura e territorio - capitolo V

41) CARLO FORMENTI, La pratica del fabbricare, Milano, Ulrico Hoepli, 1893-1895.42) ANTONIO CANTALUPI, Le costruzioni rurali. Trattato di architettura pratica, Milano, Galli e Omodei Editori Libraj, 1876, p. 12.43) CARLO ROBECCHI, Nuovo cascinale per la possessione Adelina di compendio del tenimento di Villamaggiore, Provincia di Milano di ragione del Signor BaroneDavide Leonino, « Il Politecnico - Giornale dell’ingegnere architetto civile ed industriale» , (28) 1898, p. 477.44) Vd. cap. II Conti Calabrese, nota 83, p. 19.

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Planimetria generale del tenimento di Villamaggiore. (Da Il Politecnico - Giornale dell’ ingegnere architetto

civile ed industriale, (28) 1898)

su un terreno salubre e la presenza di acqua era attestatadall’esistenza di un pozzo posto al centro della corte, rimos-so durante i lavori di restauro degli anni Ottanta delNovecento. Un esemplare analogo è oggi visibile aCascina Merlini, anch’essa proprietà del Duca, in localitàPrecotto e recentemente restaurata. Il complesso, costruitoin un’unica fase costruttiva, presentava un impianto a corteaperta sul lato esposto a nord e comprendeva cinque edifi-ci principali affacciati direttamente sull’ampia corte ed alcu-ni rustici. L’insediamento ospitava un lungo corpo in linea,l’edificio colonico, destinato ad abitazione, le stalle consovrapposti i fienili, i magazzini e i ricoveri per gli animali eper i macchinari. L’edificio principale, mosso da avancorpialle estremità e al centro, presentava un portico rivolto anord-ovest, orientamento opposto a quanto auspicato eforse dettato da condizioni preesistenti, come la presenzadell’antica strada a settentrione (l’attuale via S. Arnaldo) ela necessità di rivolgere il fronte principale verso di essa. Ilfatto di trovarsi all’interno di un tessuto urbano consolidato,caratteristica precipua delle corti coloniche dell’alto milane-se rispetto alle cascine della bassa pianura irrigua, comple-tamente isolate nella campagna, era stato determinanteper la scelta dell’orientamento di Cassina Ida che, è benesottolinearlo, per estensione occupava circa un quinto del-l’abitato di Bruzzano. La scelta, di fatto, fu quella di privile-giare un coerente inserimento ed integrazione urbanirispetto ad un congruo e funzionale orientamento con por-tici rivolti a sud e quindi meno esposti al freddo invernale.Nella manualistica notevole rilevanza veniva inoltre data

all’organizzazione della vigilanza ossia alla possibilità del‘fittaiuolo’ di vedere «senza essere osservato» in modo da«capitare inaspettato ai fianchi di coloro che fanno le mani-polazioni di maggior conto»45; la sua abitazione dovevadunque avere una collocazione strategica all’interno dell’in-sediamento. Anche a Cassina Ida sarebbe stato presenteun fittavolo, un uomo in cui il duca Guido riponeva grandefiducia e che aveva il compito di controllare il regolare svol-gimento delle attività dei lavoratori all’interno della cortecolonica. La collocazione e l’uguaglianza dei moduli abitati-vi, tuttavia, non permette, ad oggi, di conoscere dove eglisvolgesse la sua attività. È ipotizzabile che il fittabile abi-tasse fuori dalla corte, verosimilmente all’interno del ‘castel-lo’, edificio ancora oggi visibile, posto ad ovest del com-plesso colonico e che ai tempi del duca Guido ospitava unavilla patrizia con annesso parco. Tale figura aveva forse ilcompito di sorvegliare, oltre a Cassina Ida, anche la villa ela vicina corte cosiddetta ‘cantunada’, sempre di proprietàdei Visconti. Recenti testimonianze invece, riferite agli anniQuaranta - Cinquanta del Novecento, raccontano della pre-senza di un fittabile al piano terra dell’edificio abitativo dellacorte.Cassina Ida, d’altro canto, non si presentava come unimpenetrabile complesso a corte chiusa; era infatti delimi-tata solo da una cancellata verso la strada e non presenta-va alcun portone di chiusura verso l’esterno. Rispetto alrequisito della sicurezza si era in un certo senso privilegia-ta la maggiore visibilità del manufatto all’interno del borgo elo si era posto in relazione visiva e funzionale con esso.

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45) ANDREA SCALA, Compendio delle costruzioni rurali più usitate, p.126.

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Foto di uno dei lavatoi di Cassina Anna. Immagine antecedente la ristrutturazione degli anni ‘ 80.

1895. Distinta di pagamento dei lavori ristrutturazione della corte Bergamini a Precotto. (Da AVDM, Fondi e Case Precotto)

Luogo deputato al lavoro e all’abitare, Cassina Ida potevaessere vista dai passanti secondo una logica di completatrasparenza delle attività in essa svolte, arricchendo alcontempo, con la sua qualità ed imponenza, il paesaggiourbano. In merito alla distribuzione interna dei fabbricati edin particolare all’abitazione, spiega lo Scala, rendendo beneil senso di complessità di questi ambienti che:

Non di rado le case rustiche hanno soltanto un pianterrenoper alloggiare il capo di famiglia, la donna, i teneri fanciulli;gli individui maschi adulti dormono nelle stalle e sui fienili.Ma un serio ed onesto affittuajuolo esigerà a buon dirittomaggiori comodità. Egli abiterà bensì volentieri il pianterre-no siccome più indipendente e più opportuno per chi devetutto sorvegliare e dirigere; ma amerà che la sua famiglia, especialmente le figlie e i fanciulli dormano nel piano supe-riore al quale non si possa accedere senza passare sotto isuoi occhi. Apprezzerà poi grandemente una loggia o unportico che, mentre servirà di vestibolo alla sua casa, saràaccomodato alle donnesche occupazioni; e soprattuttofarà il massimo conto d’una spaziosa, asciutta e ben ripa-rata cucina, intorno al cui focolajo, ampio e ben costrutto,possa riscaldarsi tutta la sua famiglia, senza essere soffo-cata dal fumo. Diffatto la cucina è la parte più importantedella rustica abitazione; è la sala de’ famigliari convegni edella mensa comune; è di più la miglior bigattiera per leprime età dei bachi da seta. E non gli starà bene altresì diavere un buon granajo sotto il tetto per meglio custodirvi isuoi grani, e suoi legumi?46

Cassina Ida rispondeva appieno a questa descrizione: unlungo fabbricato abitativo, atto ad ospitare numerose fami-glie, ognuna indipendente dall’altra, sviluppato per tre pianifuori con piano terra porticato dove collocare provvisoria-mente i raccolti e svolgere le «donnesche occupazioni»,piano primo con balconata e piano sottotetto utilizzato forseanche qui come granaio. Particolare attenzione doveva essere presentata, qui comein altri complessi, alla dimensione dei locali, alla loroampiezza e altezza e alle condizioni di luce e d’igiene. Unanota merita il peso che in questo tipo di abitazioni aveva lacucina, sia come luogo di riunione, sia come luogo di lavo-ro. La grande importanza data in questa zona alla bachi-coltura, i cui proventi integravano quelli derivanti dai prodottiagricoli, andava a caratterizzare gli stessi ambienti di vita.Per l’allevamento dei bachi da seta, infatti, difficilmente esi-stevano locali appositi, considerato anche la stagionalitàdell’attività (la produzione dei bachi avveniva infatti tra pri-mavera ed estate o in estate-autunno), ma venivano utiliz-zate spesso le cucine dell’abitazione. Per assolvere al dop-pio uso, oltre ad essere di ragguardevoli dimensioni, esseandavano realizzate seguendo specifiche accortezze pro-gettuali come ad esempio un’esposizione nord-sud conpresenza di aperture su entrambi i lati per garantire unaventilazione ottimale, la presenza di un porticato che fun-gesse da riparo e di un camino47. E i locali di Bruzzano pre-sentavano tutte queste caratteristiche.Non si è a conoscenza dell’esatta funzione dei locali dell’e-

Architettura e territorio - capitolo V

46) Ivi, p. 32.47) Indicazioni tratte da ARCHIMEDE SACCHI, Le abitazioni, alberghi, case operaie, p. 104.

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Mappa catastale di “ Bruzzano Inferiore” . Al n° 286 Cassina Ida.(Da Archivio di Stato di Milano, Nuovo Catasto Terreni, 1897-1901)

Caseggiato colonico della Lombardia. (Da Antonio Cantalupi, Le costruzioni rurali. Trattato di architettura pratica, Gallie Omodei Editori Libraj, Milano 1876).

dificio abitativo all’epoca di costruzione di Cassina Idarispetto alla quale è possibile avanzare due ipotesi. Laprima, più vicina a quanto indicano i testi, fa riferimento allapresenza di un ampio locale al piano terreno (cucina), unagrande camera da letto al primo piano, con ingresso dallabalconata e raggiungibile da un vano scala posto al centrodelle due ali dell’edificio. Le scale proseguivano poi per unaltro piano dove aveva sede un’ulteriore camera da letto diproporzioni pressoché identiche a quella sottostante. Inquesto caso le famiglie ospitate sarebbero state circa 16.L’assenza di una scala interna connettente il piano terra alpiano primo, tuttavia, fa supporre che ogni piano potesseospitare ambienti autonomi e multifunzionali dove le fami-glie, in questo caso fino a 45 (numeri che potrebbero farpensare ad una conduzione simile a quella delle grandicascine della pianura irrigua), svolgevano tutte le attivitàquotidiane, tra cui anche quella della lavorazione dei bachida seta. Quest’ultima ipotesi fa ritenere che oltre alle fami-glie contadine, in numero altrimenti troppo elevato per lavo-rare presso il podere di Bruzzano, fossero presenti aCassina Ida nuclei i cui componenti erano occupati in atti-vità diverse da quelle rurali come quella edilizia48 e quellaoperaia (donne che lavoravano nelle filande) a conferma-re quella commistione tra mondo rurale e industriale auspi-cata e voluta dal duca Guido. Non risultavano presentiall’interno delle abitazioni vani adibiti a servizi igienici, cheerano invece ubicati in numero di quattro ai lati dell’edificioprincipale.Dal punto di vista della tecnologia costruttiva l’edificio abi-tativo era realizzato con struttura portante in muratura por-tante piena a quattro teste (spesse circa 50 cm) e solai convoltine in foglio di laterizio e travi in ferro. Le strutture dicopertura erano realizzate con capriate in legno, a formareun tetto a due falde con manto in coppi.Gli altri fabbricati colonici contenevano le stalle, i pagliai e ifienili. Essi potevano essere contigui rispetto all’abitazioneo disposti frontalmente ad essa, come nel caso di CassinaIda, divisi dall’edificio abitativo tramite il cortile. Nei manua-li si era disquisito molto sulla divisione e indipendenza omeno di stalle e fienili. Scala addiveniva che:

Col mettere le cascine (fienili) di sopra alle stalle si hanno gliinconvenienti che diventano pericolosi gli incendi e cheprincipalmente, per rendere meno faticosi i servizi, i

costruttori lombardi sono obbligati di assegnare alle stalleun’altezza così piccola, che i locali riescono malsani. Colmettere i fienili di sopra delle stalle, si tengono ordinaria-mente troppo in comunione le bestie delle diverse specie,per cui si impicciano uno coll’altro i differenti servizi, si faci-litano le propagazioni delle malattie tra le bestie. Se lecascine sono a terra, col dividerle in differenti porticatiintercalati tra le differenti stalle, si occupa, è vero, maggiorestensione di terreno, si aumentano ancora le spese dicostruzione, ma facilitandosi assai ogni sorta di servizi, perparecchi riguardi si ottengono delle ottime condizioni igie-niche, tanto nell’impianto generale, quanto nelle proporzio-ni particolari delle stalle49.

Nel descrivere invece in modo dettagliato i diversi stabilicostituenti il ‘dipartimento rustico’, Sacchi ne specificava ledimensioni minime, a seconda che si trattasse di stalle percavalli o bovini, ma soprattutto gli espedienti tecnico-costruttivi da perseguire per garantire il miglior svolgimentodelle funzioni e la massima durata nel tempo degli edificistessi. In merito ai solai delle stalle, ad esempio, dichiaravadi preferire un solaio con volta o uno di ferro e muraturarispetto a quello in legname, di cui si sarebbero dovutedipingere a olio i travi «almeno ogni secondo anno»50. Unsoffitto di voltini di mattoni forati, della larghezza di un metroe sostenuti da travi di ferro incastrate nei muri alle loroestremità senz’altro appoggio intermedio, era presenteanche nello stallone progettato da Robecchi. L’autore ripor-

La Cassina del Duca

48) Si veda a questo proposito, in particolare in relazione alla Società di muratori, il cap. VI di Paola Signorino.49) ANDREA SCALA, Compendio delle costruzioni rurali più visitate, p.125.50) ARCHIMEDE SACCHI, Le abitazioni, alberghi, case operaie, p. 241.

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Tavole rappresentante le impalcature da solaio in ferro utilizzate nella costruzione di Cassina Ida. (Da Carlo Formenti, La pratica del fabbricare, Ulrico Hoepli, Milano 1893-1895)

tava anche esempi di casi esteri per spiegare come sce-gliere la pendenza più adatta dei pavimenti per lo smalti-mento dei liquami e ricordava di assicurare un’adeguataventilazione, preferibilmente tramite sfiatatoi, ai suddettilocali. Altro dettaglio da curare nella costruzione di una stal-la era rappresentato dalle finestre, «le quali devono esseremolto ampie onde ottenere una grande areazione durantel’estate, e possedere serramenti solidi, e contemporanea-mente di facile maneggio»51; aperture che spesso si pre-sentavano sui fronti esterni contornate da laterizi, motivoricorrente nel periodo e ormai ‘tipizzato’ per questo generedi architettura. Per i fienili, invece, oltre alla ventilazione, dagarantire tramite muricci traforati, era importantissimo chela copertura del tetto fosse impermeabile per cui «potrebbeconvenire di porre sotto dei materiali della copertura, ossiadelle tegole, o delle ardesie, una specie di fodera di feltro»anziché «un impianto di pianelle, o mezzane», perché «lacopertura, senza riuscire più costosa, è molto meno pesan-te, per cui si può risparmiare qualche cosa nella armaturadi legname del tetto»52. Questi ed altri espedienti costruttivi si sarebbero verosimil-mente adottati anche a Cassina Ida dove i coloni avevanoa disposizione uno spazio nei fienili, uno sotto di essi da uti-lizzare come deposito attrezzi e una cosiddetta ‘stalletta’ubicata nei quattro corpi di fabbrica presenti nella corte adi-biti a ricovero animali. Animali, per lo più cavalli, buoi, oasini che, con gli attrezzi agricoli, servivano per la coltiva-zione dei campi assegnati in affitto insieme ad abitazione e

stalla al colono. Pochi gli spazi adibiti a portici in ragionedelle poche colture da essiccare e della loro funzione, solotemporanea, di ospitare i tavolati con i bachi.

Resta ancora da affrontare un argomento di notevole rile-vanza relativo alla costruzione degli abitati rurali di fineOttocento: quello dei loro aspetti igienici. Perché l’igiene,diceva Giuseppe Colombo nell’intervento di apertura dellaConferenza tenuta per incarico della Reale Società Italianad’Igiene il 3 aprile 189253, «è sinonimo di civiltà e le nazioniche la tengono in maggior culto sono anche le più avanza-te nel progresso, le più forti e quelle che godono di maggiorbenessere»54. A tale data il tema dell’igiene, e più in generale quello delcomfort, costituivano argomenti centrali nel dibattito cultu-rale e politico italiano, anche in relazione agli abitati rurali. Ilfenomeno dell’inurbamento ottocentesco, com’è noto,aveva accresciuto l’interesse per la materia e determinatola priorità nella ricerca di soluzioni pratiche, soprattutto inuna situazione come quella italiana che informazioni stati-stiche e indagini sociali dell’epoca dipingono come fati-scente e arretrata rispetto a quella europea. Nel panorama culturale ottocentesco ed in particolare neiterritori tedeschi, era maturata già da diversi decenni quel-la cultura igienico-sanitaria di origine positivista la qualemetteva in primo piano il fattore medico e sanitario nell’im-prontare e sostenere lo sviluppo di una località e che avreb-be dato vita ad una nuova disciplina: ‘l’ingegneria sanitaria’.Essa prevedeva la collaborazione scientifica tra la medici-na e tecnica con l’obiettivo di risanare e modernizzare lecittà e l’edilizia e di eliminare quelle condizioni ambientaliche erano la causa della diffusione delle malattie55.Tra gli aspetti più innovativi su cui gli esperti concentravanoi propri studi vi era ad esempio la trasformazione in para-metri e dati misurabili delle quantità di aria, acqua e luce daadottare nei luoghi di vita e lavoro, per tramutarli rispettiva-mente in: quantificazione di spazi aperti e chiusi, di caldo e

Architettura e territorio - capitolo V

51) CARLO ROBECCHI, Nuovo cascinale per la possessione Adelina, p. 481.52) ARCHIMEDE SACCHI, Le abitazioni, alberghi, case operaie, p. 274.53) Giuseppe Colombo, tra l’altro, aveva contribuito alla definizione del Piano Regolatore Beruto del 1889 ed era legato al duca Guido Visconti diModrone da una comune visione in relazione allo sviluppo della città , il quale non doveva essere disgiunto da quello del circondario agricolo in unarelazione sinergica. Cfr. anche cap. II Conti Calabrese, p. 18-19. 54) Condizioni e problemi d’ igiene delle città di Milano. Conferenza tenuta per incarico della Reale Società Italiana d’ Igiene il giorno 3 aprile 1892 dal dottorGiuseppe Colombo, Milano, E. Rechiedei e C. Editori, 1892, p. 6.55) La bibliografia su questi temi è molto vasta. Segnalo, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra igiene pubblica e sviluppo urbano, ilprimo capitolo di GUIDO ZUCCONI, La città contesa. Dagli ingegneri sanitari agli urbanisti (1885-1942), Milano, Jaca Book, 1989, in partic. alle p. 23-47. Si veda anche CARLA GIOVANNINI, Risanare le città. L’ utopia igienista di fine Ottocento, Milano, Franco Angeli, 1996 e, per lo spazio domestico,ORNELLA SELVAFOLTA, Comfort e progresso tecnico nella casa dell’ Ottocento: il nuovo progetto domestico, in Il mito del progresso e l’ evoluzione tecnologica, a cura diLORETTA MOZZINI - STEFANO SANTINI, Napoli, Liguori, 2003, p. 285-312.

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Muricci traforati per essicatoi e parapetti a trafori. (Da Giuseppe Musso, Giuseppe Copperi, Particolari di costruzioni murali e finimenti di fabbricati, G.B. Paravia, Torino 1885-1887).

freddo, di luminosità e di buio, di impianti di canalizzazionie condutture, ecc.In merito alle edificazioni rurali, già nel 1773 in GentiluomoColtivatore o Corpo Compiuto d’Agricoltura ad uso dellaNazione Italiana, si segnalava, come primo obiettivo daconseguire nell’edificazione rurale, quello della sanità del-l’abitazione e degli annessi56.Tuttavia, per lungo tempo, iltema dell’igiene nel settore rurale, ossia di una costruzioneche fosse, oltre che ben funzionante, anche salubre, erastato trascurato, determinando condizioni di vita spessomalsane.Solo a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento anche l’Italiainiziò a compiere un grande lavoro nel settore dell’igiene.Risale al 1888 la legge sulla tutela dell’igiene e della sanitàpubblica, il primo codice sanitario del Regno il cui estenso-re, Luigi Pagliani, grande igienista, fondò a Torino la primacattedra d’igiene. La legge prevedeva un sistema gerarchi-co di enti, dove il personale tecnico-sanitario occupavaruoli-chiave a differenti livelli. A livello comunale erano pre-viste le figure dell’ufficiale sanitario, del medico-capo e delveterinario comunale. Erano inoltre state introdotte le catte-dre di ‘Principi d’igiene applicati all’ingegneria’ e di ‘inge-gneria sanitaria’ tra gli insegnamenti del corso di studi iningegneria, anche alla Scuola di Applicazione per gli inge-gneri di Milano, e fondate alcune riviste: L’ingegneria sani-taria nel 1891 diretta dell’ingegnere Francesco Corradini eL’ingegnere igienista, 1900 di Giulio Bizzozero e LuigiPagliani, entrambe a Torino.La suddetta legge, insieme ai regolamenti del 1889 e del1901 e ad altre leggi, veniva tradotta e adottata alla com-plessa realtà milanese nel Nuovo Regolamento comunaled’igiene del 1898 (varato nel 1902) recante la firma di GuidoBordoni-Uffreduzzi57. Si trattava di un testo innovativo in cuiera riservata una notevole importanza agli aspetti più diffi-cili della vita sociale, soprattutto per le collettività numerosee affollate e quindi a maggiore rischio di problemi igienicosanitari anche gravi. Significativi gli articoli dedicati, per laprima volta in uno strumento di questo tipo, agli stabilimen-ti industriali.Nell’area milanese stava provvedendo a migliorare la situa-

zione dei fabbricati rurali il succitato Regolamento comuna-le d’igiene. Tra gli aspetti dedicati ai complessi agricoli figu-ravano una serie di disposizioni di carattere generale relati-ve alla scelta del terreno su cui costruire, al drenaggio delsottosuolo e a sistemi atti ad allontanare l’umidità come lacostruzione di vespai d’altezza non minore a metri 0,60 (art.64) e ad allontanare le acque meteoriche58. Vi erano poiindicazioni sui locali di abitazione, sulle loro condizioni diilluminazione (art. 57: ogni locale d’abitazione deve averealmeno una finestra che si apra direttamente all’esterno) edi aerazione (rapporto 1/10 con la superficie del pavimen-to) e di altezza dei locali (non minore di m. 4 per i piani ter-reni, di metri 3 per gli altri piani e di 2,80 media per i sotto-tetti). Altre prescrizioni, infine riguardavano le canne di esa-lazione, una per ogni focolaio (art. 120), il numero, la collo-cazione e le caratteristiche delle latrine (art. 121), lo scari-co delle acque domestiche, dei pozzi neri e la presenza del-l’acqua potabile.In merito agli edifici da destinare a stalle l’art. 125-126 delRegolamento milanese prevedeva una separazione di stal-le, ovili, porcili e pollai dalla casa di abitazione, stalle ampie,con altezza non minore di 3 metri, ben illuminare e ventila-te, anche con camini di ventilazione. Cubatura di almeno 14metri cubi per bestiame grosso e 7 per bestiame minuto,pavimento con materiale impermeabile, ecc.L’assimilazione di questi avanzamenti normativi, evidentenella manualistica tecnica del tempo59, fu nella pratica lentaancora a inizio Novecento; grave era infatti la situazione inmateria di igiene di abitati rurali. Vennero difatti emanatealcune leggi a firma del ministro Giolitti volte a garantire irequisiti minimi di abitabilità per le case dei contadini. Traesse la L. 25 febbraio 1904, n. 57, il Regolamento 19 luglio1906, n. 466 e la Circolare 27 agosto 1907 in cui si richia-mavano all’incirca le stesse disposizioni viste per il comunedi Milano, a sottolineare una certa uniformità di condizioninel contesto italiano. Non si hanno al momento informazioni relative a se e comeprogettisti e costruttori di Cassina Ida abbiano affrontato ilproblema dell’igiene. Certamente alcune disposizioni relati-ve alle dimensioni dei locali e alle condizioni di illuminazio-

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56) Gentiluomo Coltivatore o Corpo Compiuto d’ Agricoltura ad uso della Nazione Italiana, tomo VI, Venezia, 1773.57) Importante medico che aveva dedicato sapere ed energie, per oltre un trentennio, al risanamento igienico di Milano. Per un suo profilo vd. LUCIA

PERACCHI, L’ igiene applicata all’ ingegneria. Guido Bordoni-Uffreduzzi docente al R. Istituto Tecnico Superiore (1899-1932), Milano città delle scienze, p. 1-12.58) Nuovo Regolamento d’ igiene della città di Milano, « L’Ingegneria Sanitaria - Rivista Mensile Tecnico-Igienica Illustrata» (2) 1902, pp. 32-38 e (3)1902, p. 54-56.59) Si ricordano ad esempio le tavole pubblicate nei manuali di Giuseppe Musso e Giuseppe Copperi e di Carlo Formenti relative ai migliori meto-di, ad esempio, per convogliare acque piovane e di scarico.

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ne vennero osservate. Gli spazi abitativi però, sebbeneoggettivamente di dimensioni notevoli, erano spessosovraffollati, condizione che non aiutava a mantenerebuone condizioni igieniche. Non vennero nemmeno messiin pratica sistemi di drenaggio del sottosuolo e realizzativespai aerati al di sotto del piano terreno, mancanze a cuisi è supplito durante i lavori di ristrutturazione degli anniOttanta del secolo scorso. Significativa, a questo proposito,l’ordinanza emanata dal municipio di Affori nel 1904 relati-va alla chiusura del pozzo di Cassina Ida in seguito al veri-ficarsi di casi di infezioni gastrointestinali causati dall’acqualì prelevata60. Tali disattenzioni rispetto al tema della salu-brità rappresentano, per certi versi, il vero punto deboledella grandiosa costruzione voluta dal duca Guido Viscontidi Modrone che, avanzata dal punto di vista della commi-stione funzionale degli spazi e del modello abitativo propo-sto, obbligava i coloni a fare i conti con problemi igienico-pratici non risolti durante la sua costruzione.

Merita infine alcune riflessioni il tema delle espressioni stili-stiche utilizzate per le costruzioni rurali, ed in particolare perCassina Ida, e la presenza o meno di motivi decorativi. Tragli autori dei vari materiali consultati, se si escludeFrancesco Gera, si è constatata una certa uniformità dipensiero nel ritenere ornamenti e decorazioni orpelli nonnecessari a questo genere di edifici, i quali avrebbero dovu-to essere unicamente ben funzionanti per far coincidere ilprevalente principio dell’utilità con quello della bellezza. PerAndrea Scala, ad esempio, l‘eleganza e l’armonia deimanufatti rurali risultavano «anziché da inutili ornamenti, dauna buona disposizione, la quale d’altronde è regolata dadeterminati principii, che non si possono trasandare senzainconvenienti»61 mentre per Cantalupi «una fabbrica ruraleriesce bastamente decorata ogniqualvolta essa soddisfa atutte le convenienze del servizio ed è appropriata alla suadestinazione»62. A tali considerazioni egli aggiungeva che:

Architettura e territorio - capitolo V

60) Archivio Storico Civico di Milano, Atti del consiglio comunale di Affori e Uniti, anno 1904.61) ANDREA SCALA, Compendio delle costruzioni rurali più usitate, p. 11.62) ANTONIO CANTALUPI, Le costruzioni rurali. Trattato di architettura pratica, p.11.

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Diramazioni acqua e pozzi. (Da Giuseppe Musso, Giuseppe Copperi, Particolari di costruzioni murali e finimenti di fabbricati, G.B. Paravia, Torino 1885-1887)

La simmetria nelle fabbriche rurali non è, né può essere,che una decorazione ed un oggetto di lusso, la quale inmassima dovrebbe essere bandita dacché, come abbiamodetto altre volte, la più bella fabbrica rurale è quella chemeglio soddisfa ai bisogni del podere63.

A tali opinioni si aggiungono anche quelle dialcuni progettisti. L’ingegnere Antonio Leva,ad esempio, dichiarava, in merito alla costru-zione del nuovo cascinale Beccaria, di volerottenere un cascinale che fosse l’«espressio-ne di un unico concetto, regolare, semplice ecomodo, con fabbricati tra loro simmetrici edeuritmici presentanti un assieme architettoni-co di gradevole aspetto, senza lusso e senzadecorazioni per guisa che la spesa debbariuscire la minore possibile»64. A ancora, l’in-gegnere Robecchi, in merito al suo progettoper il nuovo cascinale di Villamaggiore del1897, scriveva che «la parte ornamentale èstata completamente esclusa in questo pro-getto, perché ciò non si addice alle costruzio-ni rurali, nelle quali deve predominare lasemplicità, ed un ben studiato ed armonicocollegamento dei suoi edificii, a norma dellaloro destinazione»65.Contraddicendo in parte queste considera-zioni, verso la fine del XIX secolo, attorno aMilano, erano sorte e stavano per esserecostruite fabbriche rurali con forme architet-toniche che rispecchiavano le correnti stilisti-che in auge nei contesti urbani. Superato ilricorso al neoclassicismo del primoOttocento, il riferimento di fine secolo andavacertamente all’eclettismo, nelle sue diverse aspirazioni.Molte costruzioni, anche rurali, dell’epoca mostravano lecaratteristiche proprie di uno stile neomedioevale, fruttodegli insegnamenti di Camillo Boito, professore al

Politecnico per più di 40 anni, dal 1865 al 1908, la cuiinfluenza culturale si estendeva alle più importanti questio-ni di architettura dell’Italia postunitaria;

fondamento della sua impostazione era la ricerca di unanuova forma di conciliazione tra forma e struttura attraver-

so la mediazione della storia, alla quale eraassegnato un compito culturale e operativoinsieme, capaci di far crescere l’erudizione ele conoscenze e, nello stesso tempo, di sti-molare l’invenzione e la progettualità.[...] Il periodo medioevale (era) considerato ilpiù ‘moderno’, perché affrancato dalleregole obbligate del classico e in grado diconiugare la libertà espressiva con la sin-cerità costruttiva, «la parte simbolica» con«la parte organica», «il decoro» con «l’eco-nomia»66.

Il neoromanico divenne dunque il linguaggiopiù adatto alle architetture di civile e mode-sto decoro, oltre che, in un’accezione piùricca, adatto alle ville; non a caso, EmilioSperoni aveva progettato nel 1895 ilPoliclinico Milanese, ed in particolare il padi-glione chirurgico Alfonso Litta, secondo icanoni espressivi neomedioevali, e lo stessoaveva fatto Luigi Broggi con l’edificio delleCucine Economiche a Milano. Proprio aBruzzano, inoltre, alcuni decenni prima, nel1862, l’architetto Emilio Alemagna avevaprogettato la casa comunale, un piccolo edi-ficio andato distrutto nei primi anni Sessantadel Novecento, con motivi decorativi ricor-

renti nel periodo, come ad esempio il sottogronda, visibileancora oggi in una delle corti coloniche di Precotto.Lo stesso Alemagna intrattenne stretti rapporti professiona-li con il duca Guido Visconti di Modrone che nel 1883 gli

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63) ANTONIO CANTALUPI, Le costruzioni rurali. Trattato di architettura pratica, p. 17.64) ANTONIO LEVA, L’ Ospitale di S. Matteo di Pavia ed il tenimento di Borgo S. Siro - Cenni sulle condizioni agricole, « Il Politecnico - Giornale dell’inge-gnere architetto civile ed industriale» (13), 1881, p. 139.65) CARLO ROBECCHI, Nuovo cascinale per la possessione Adelina, p. 478.66) ORNELLA SELVAFOLTA, Territorio, industria e architettura. La cultura del progetto al Politecnico nei primi decenni di attività, in 150 anni di cultura poli-tecnica da Milano a Lecco, a cura di ADELE CARLA BURATTI - ORNELLA SELVAFOLTA, Milano, Il Sole 24 ore, 2013, p. 107-108. Le espressioni tra virgo-lette sono tratte da CAMILLO BOITO, L’ architettura della nuova Italia, « Nuova Antologia» , vol. XIX, fasc. II (aprile 1872), p. 755-773. Sul ruolo e lafigura di Camillo Boito vd. GUIDO ZUCCONI, L’ invenzione del passato: Camillo Boito e l’ architettura neomedievale, 1855-1890, Venezia, Marsilio, 1997 ei molti contributi presenti in Camillo Boito: un protagonista dell’ Ottocento italiano, a cura di GUIDO ZUCCONI - TIZIANA SERENA, Venezia, Istituto vene-to di scienze, lettere ed arti, 2002.

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Particolare della corte ducale diCassago Brianza, 1895, in cuisono visibili elementi decorativiuguali a quelli di Cassina Ida.

affidò i lavori di ristrutturazione della villa Olmo, sul lago diComo e la costruzione di Villa Belvedere di Macherio67.Frequente, in questi edifici ed anche in quelli rurali, era ilricorso a elementi quali lesene, marcapiani, fregi, archi incotto a vista e contorni delle finestre in mattoni. A titolo diesempio si ricordano la Cascina Assunta di Padernod’Adda, fatta costruire nel 1882 dalla famiglia Gnecchi e laCascina Moscoro a Osnago, Milano.Non è dunque difficile pensare che l’ideatore di Cassina Idae della ristrutturazione delle corti di Precotto, (forse un pro-fessionista di una certa fama tra quelli citati sopra che hapredisposto un ‘modello’ a cui i costruttori veri e propri sisono poi adattati) e più in generale dei possedimenti del

Duca avesse guardato a questi riferimenti per realizzare uncomplesso di rilevante interesse, costruito seguendo atten-ti criteri di simmetria nella disposizione dei fabbricati e deirustici, e non privo di singolari accenti decorativi che, insie-me alle notevoli dimensioni ne sottolineavano il carattere dimoderno, imponente e signorile presidio colonico.Tra gli elementi di maggior pregio e singolarità di CassinaIda si ricordano: i pilastri del portico a sezione ottagonale,realizzati grazie all’utilizzo di laterizi appositamente formati,l’aggraziata composizione, materica e colorimetrica dellefacciate, formata da un basamento in ceppo, da parti adintonaco e da fasce marcapiano e sottogronda in cotto, isingolari contorni alle aperture, formate si dalla tipica corni-ce in laterizi, ma arricchiti da un elemento ricorrente nellearchitetture ‘firmate’ del periodo (il piccolo ‘sbuffo’ finale) e,infine, il cancello che all’epoca della costruzione era pre-sente nella parte centrale dell’ingresso, sull’attuale viaSant’Arnaldo, di notevole fattura, purtroppo smantellato acausa della II guerra Mondiale.La costruzione di Cassina Ida fu resa possibile da una con-comitanza di molteplici fattori ed esigenze di carattere eco-nomico e sociale ma soprattutto dalla convinzione di unuomo che, in periodo in cui le grandi proprietà terriere eranoin disfacimento e si prestavano ad essere suddivise in pos-sedimenti di dimensioni decisamente più ristrette, decise ditenere inalterati i propri beni.Tra i progetti del duca Guido Visconti di Modrone vi eraquello di mantenere una cintura agricola attorno al tessutourbano di una Milano in piena espansione residenziale e

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Foto della casa comunale di Bruzzano progettata dall’ architetto Emilio Alemagna. (Collezione Galdino Rossi)

Foto della Cascina Merlini di Precotto prima della ristrutturazione conclusa nel 2015. (Da Studio Architetto Pierluigi Bulgheroni)

67) Il Duca aveva da tempo riposto grande interesse ed attenzione rispetto ai linguaggi scelti per le sue architetture; non a caso venne nominatoPresidente del Comitato « arte nell’industria» che, con Luca Beltrami, doveva occuparsi di promuovere questo tema in occasione dell’EsposizioneInternazionale del Sempione del 1906. Vd. considerazioni Conti Calabrese, attorno a p. 40, cap. II.

industriale, progetto che si inseriva a pieno titolo in unanuova visione della città, resa manifesta dall’approvazionedel Piano Regolatore Beruto del 188968, e che trovò realiz-zazione nella proliferazione, a fine secolo, di nuovi edificirurali nei borghi attorno alla città tra cui Bruzzano, Precotto,Baggio, Vigentino, ecc.69, molti dei quali di sua proprietà.A questo suo già significativo apporto è da sommare ancheun contributo volto a un nobilitare concretamente l’attivitàagricola, dando un nuovo volto alle costruzioni rurali. Ciòavviene attraverso un interesse e una propensione delDuca verso i più aggiornati criteri stilistici in voga alla finedell’Ottocento, che egli ritenne doveroso utilizzare nellacostruzione e ristrutturazione delle sue corti coloniche, conl’intento di fornire un modello formale pressoché omogeneoe derivante da coevi riferimenti cittadini urbani. Nel 1901

egli venne nominato Presidente del Comitato arte nell’in-dustria in previsione dell’Esposizione Internazionale del1906; non è difficile pensare che l’incarico fosse associatoanche ai suoi interessi e pregevoli intenti in relazione all’e-dificazione dei suoi manufatti rurali.Queste considerazioni, insieme con le informazioni emersedall’analisi dell’architettura di Cassina Ida, tra cui i rapporticon la cultura che l’ha generata e il pensiero dei protagoni-sti che ne hanno preso parte, hanno consentito di metterein evidenza i singolari caratteri e le peculiarità del comples-so, aspetti che ne sanciscono a pieno titolo il suo valore dipatrimonio culturale.

La Cassina del Duca

68) Tra la molta bibliografia esistente su questo piano si veda La Milano del piano Beruto (1884-1889). Società, urbanistica e architettura nella secondametà dell’ 800, a cura di RENATO ROZZI, Milano, Guerini Associati, 1992 e GIUSEPPE CAMPOS VENUTI, Lo sviluppo di Milano dall’ Unità d’ Italia al secon-do dopoguerra, in Un secolo di urbanistica a Milano, Milano, Clup, 1986.69) Borghi che insieme ad altri, nel 1923 verranno assorbiti nella « grande Milano» . Con il Regio Decreto n. 1912 del 2 settembre 1923, si ufficia-lizzò infatti la nascita della « grande Milano» : i comuni di Affori, Baggio, Chiaravalle, Crescenzago, Gorla-Precotto, Greco, Lambrate, Musocco,Niguarda, Trenno, Vigentino, vennero aggregati alla metropoli.

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Cassina Ida in una foto storica in cui risulta ancora visibile la cancellata in ferro battuto rimossa durante la Seconda guerra mondiale. (Collezione Galdino Rossi)

Facciate Nord e Sud di Cassina Anna.(Foto Andrea Scuratti)

PRESENTAZIONI

Milano metropoli agricoladi Filippo Del Corno

Quando la biblioteca diventa editoredi Stefano Parise

INTRODUZIONE

Coltivare il progresso. Nobili industriali e borghesi innovatori nella campagna milanese

di Gianpiero Fumi

SEZIONE PROPRIETARI

CAPITOLO PRIMO

Le premesse di Cassina Ida. A una nobildonna genovese la guida dei Visconti di Modrone e i tenimenti di Bruzzanodi Giuseppe Conti Calabrese

CAPITOLO SECONDO

L’ultimo Duca di Milanodi Giuseppe Conti Calabrese

CAPITOLO TERZO

Nobiltà tra mondo rurale e società di massa:il caso di Giuseppe Visconti di Modronedi Giuseppe Conti Calabrese

CAPITOLO QUARTO

Francesco Andreoletti, un primato nella continuitàdi Elena Bertani

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SOMMARIO

SEZIONE ARCHITETTURA E TERRITORIO

INTRODUZIONE

Il luogo: l’antica Pieve di Bruzzanodi Giuseppe Conti Calabrese

CAPITOLO QUINTO

Sui modi di costruire gli edifici rurali nell’alto milanese.Cassina Ida, un itinerario tra la manualistica tecnica e le corti coloniche di fine Ottocentodi Monica Aresi

CAPITOLO SESTO

La vita sociale e agricola a Bruzzano all’epoca dei Visconti di Modronedi Paola Signorino

Il temp di Bigatt: quando la Cassina diventava un opificio biologicodi Paola Signorino

CAPITOLO SETTIMO

Il latte di Cassina Anna: “ sano, igienico e gustoso”di Elena Bertani

CAPITOLO OTTAVO

Cassina Anna e la sua campagna patrimonio del Comune di Milanodi Elena Bertani

Interventi

Cassina Anna dall’architettura rurale all’architettura urbana. I progetti degli anni ‘ 80 e il progetto per domanidi Alberto Caruso

Gli edifici rurali e le aree agricole del Comune di Milano per una città sostenibile e policentricadi Luca Re Sartò

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Finito di stampare per conto di Comune di Milano - Settore Biblioteche

nel mese di ottobre del MMXVda

Errebian S.p.A.

Errebian S.p.A.via Dell’informatica, 8

Santa Palomba - Pomezia (Roma)