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pisa · roma istituti editoriali e poligrafici internazionali mmvi BIBLIOLOGIA an international journal of bibliography, library science, history of typography and the book 1 · 2006

Stampa e potere: sondaggi cinquecenteschi

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1 · 2006

Direttore scientifico · Editor

Giorgio MontecchiE-mail: [email protected]

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Comitato scientifico · Scientific Board

James Clough · Politecnico di MilanoFrançois Dupuigrenet Desroussilles · enssib, Ecole Nationale Supérieure des Sciences de l’Information et des Bibliothèques, Lyon

Giorgio Montecchi · Università degli Studi di MilanoJames Mosley · University of Reading

Angela Nuovo · Università degli Studi di UdineFabrizio Serra · Accademia editoriale, Pisa · Roma

Adriaan van der Weel · Universiteit Leiden

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Redazione · Assistant to the Editor

Roberta Cesana · Università degli Studi di MilanoDipartimento di Scienze della Storia e della Documentazione storica,

Cattedra di Bibliografia e Biblioteconomia, Via Festa del Perdono 7, Università degli Studi di Milano,

i 20122 MilanoE-mail: [email protected]

Per la migliore riuscita delle pubblicazioni, si invitano gli autori ad attenersi, nel predisporre i materiali da consegnare alla Redazione ed alla casa editrice, alle norme specificate nel volume Fabrizio Serra, Regole editoriali, tipografi che & redazionali, Pisa · Roma, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, 2004 (ordini a: [email protected]). Il capitolo «Norme redazionali», estratto dal-le Regole, cit., è consultabile Online alla pagina «Pubblicare con noi» di

www.libraweb.net.

STAMPA E POTERE IN ITALIA :SONDAGGI CINQUECENTESCHI

Angela Nuovo

Il rapporto tra il primo mezzo di comunicazione di massa e le forme di potere politico ad esso contemporanee è uno degli ar-

gomenti più incessantemente indagati per tutto il corso della sto-ria del libro : rapporto cruciale, ricco di implicazioni, alla continua ricerca di un equilibrio dinamico quando non percorso da fasi di lacerante rottura. Se la censura libraria, in tutte le sue forme, rimane la specola principale per misurare la libertà che, di epoca in epoca, il potere concesse alla comunicazione stampata, e quanto dovette invece essere conquistato e infi nitamente negoziato, esiste di certo un’altra faccia della medaglia del fenomeno, ovvero l’osservazione degli accorgimenti che, per vari scopi, diff erenti amministrazioni e signorie posero in essere al fi ne di promuovere e talvolta stabilire la stampa nei loro territori.

In questo contributo l’attenzione è focalizzata su un aspetto spe-cifi co e molto determinato, ma non per questo meno rivelatore, degli accordi concreti grazie ai quali il mondo della stampa e i suoi protagonisti si misero in relazione durante il Cinquecento con gli esponenti delle varie amministrazione italiane, con i personaggi che eff ettivamente detenevano il potere politico, religioso e ammini-strativo.

Sempre presente sotto traccia, nelle varie forme di fi nanziamento diretto o indiretto (a seguito di dedica, per rapporto di patronage, mediante concessione di privilegi), la relazione tra il mondo del libro e il potere politico inizia inevitabilmente con la prima genera-zione di tipografi . Ma per giungere a una formalizzazione giuridica e addirittura contrattuale tra la fi gura dello stampatore e quella del Signore occorre attendere, in Italia, quasi un secolo, e superare quelle che grosso modo si possono considerare le prime due fasi storiche : la prima, quattrocentesca, della capillare introduzione (e quasi polve-rizzazione) dei torchi in una miriade di centri della nostra penisola, e la seconda, più duratura, della forte concentrazione in poche città, divenute ben presto una sola. Il dominio assoluto di Venezia, capitale

54 angela nuovodel libro, non è, per tutto il primo secolo di stampa, da mettersi minimamente in discussione e deve essere tenuto presente per il corretto intendimento delle vicende qui narrate.

Il fenomeno che vede una rinnovata diff usione della stampa nelle città italiane nel pieno Cinquecento è stato rilevato più volte. Come è giusto, esso è stato analizzato più dal punto di vista locale, delle singole storie cittadine, che nel quadro generale di un’economia li-braria italiana ; si è preferito quindi soff ermarsi sulla ricchezza delle diff erenze specifi che più che fornire una sintesi generale che rischiasse però di essere generica. 1 È vero che nel suddetto periodo si trova ad emergere, nei centri minori, una tipica istanza di produzione culturale autonoma, incarnata di frequente in accademie o piccoli circoli, o comunque legata a situazioni e ambizioni locali, che rivela un bisogno di espressione a stampa della propria attività. Ma dal punto di vista della storia del libro, è sintomo importante di ristrutturazione del mercato librario il sollecitare la committenza istituzionale (legata cioè alle varie amministrazioni, dalle stabili alle più occasionali) da parte di stampatori e librai che in precedenza avevano trovato suffi cien-temente remunerativo concentrarsi, da grandi mercanti, soprattutto nella capitale tipografi ca. Si veniva chiudendo, evidentemente, lo sbocco internazionale per i prodotti librari italiani, che perdevano quote di mercato. In queste circostanze, in tutte le epoche, i produt-tori fanno appello a chi detiene il potere per ottenere sovvenzioni, aiuti, fi nanziamenti, esenzioni fi scali : tali provvedimenti possono dare temporaneamente ossigeno ad alcuni settori, ma non hanno di regola la facoltà di mutare le condizioni generali del mercato.

La mobilità torna ad essere la caratteristica di stampatori che per-seguono consapevolmente posizioni protette, senza preoccuparsi del fatto che, così cambiando il loro status, una vera autonomia imprendi-toriale sarebbe stata compromessa, se non perduta del tutto. A partire dalle maggiori città italiane, quali Firenze e Roma, il fenomeno si

1 Felice eccezione è la trattazione del fenomeno a livello regionale, dei domini della Serenissima e del Principato trentino, attuata da Ennio Sandal, La tipografi a e il commercio dei libri nel dominio della Serenissima, in Cartai e stampatori in Veneto, a cura di Giovanni Luigi Fontana e Ennio Sandal, Brescia, Grafo, 2001, pp. 137-220. L’approccio è particolarmente rilevatore per l’estrema vicinanza della zona alla ca-pitale della tipografi a, e quindi il suo evidente ridursi, per lungo periodo, a puro mercato di sbocco ; tanto più determinante l’intervento delle amministrazioni locali per incoraggiare la ripresa della stampa nelle loro città.

55stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschidiff use con altrettanta capillarità della prima introduzione quattro-centesca, lambendo all’inizio del Seicento anche comunità minuscole, come quelle di Ceneda o Serravalle. 1

Contrariamente a quanto accadde nei settori della legislazione sui privilegi di stampa, o sulla costituzione dell’Arte dei Librai e degli Stampatori, Venezia non costituì aff atto un esempio o un preceden-te nell’emanazione di atti che ratifi cassero un rapporto organico tra stampatori e potere. Il privilegio « pro arte introducenda », rilasciato a Giovanni da Spira nel 1469, se avesse avuto durata, avrebbe certo impedito lo sviluppo della tipografi a locale : un risultato nefasto per lo sviluppo della tipografi a che si cercò poi sempre di evitare. Si può infatti aff ermare che la Serenissima sia l’unico Stato italiano a non proteggere nessuno stampatore a scapito degli altri, e invece a vigilare sempre sul fatto che tutti, purché attivi a Venezia, fossero equamente tutelati. Tale atteggiamento, evidentemente positivo per lo sviluppo del comparto produttivo, non venne però unanimemente percepito come equo, ma anzi duramente stigmatizzato. 2

Viceversa, nel mettersi al servizio di un potere, implicito in tante richieste di privilegio e di contratti, non si ravvisa percezione del danno che il relativo controllo avrebbe apportato all’iniziativa dello stampatore. Che la stampa possa essere al servizio di un potere e di un’amministrazione è un fatto che, come la censura libraria, viene dato per scontato e anzi auspicato da quegli stessi operatori che se ne sarebbero dovuti ritenere danneggiati.

Furono perciò altri Stati, e non la Serenissima, a porre le basi di una

1 Ove uno stampatore come Marco Claseri, che della proposta di mettersi al servi-zio delle comunità aveva fatto un mestiere, si fregiò nel 1600 del titolo di Stampatore Episcopale (Agostino Contò, Claseri, Marco, in dtei, Dizionario dei tipografi e degli editori italiani. Il Cinquecento, diretto da Marco Menato, Ennio Sandal, Giuseppina Zappella, 1, A-F, Milano, Editrice Bibliografi ca, 1998, pp. 296-297).

2 Paolo Manuzio, ad es., il 15 agosto 1561, dopo essersi trasferito a Roma, lamen-tava le imposizioni fi scali che Venezia aveva posto su un’impresa, come la propria, altamente meritoria dal punto di vista culturale, e così scriveva : « Non [è] piaciuto a questi Signori la mia partita. Ma dovevano trattarmi in modo che potessi vivere in Venezia con quei comodi che ad un par mio si convengono, e non tansarmi per la industria sola, come hanno fatto. Ch’è pur strana cosa che abbi voluto la mia patria tansarmi per quella industria per la quale gli altri principi mi chiamano con grandissimi premi. » (Paolo Manuzio, Lettere di Paolo Manuzio copiate sugli autografi esistenti nella Biblioteca Ambrosiana, Parigi, presso Giulio Renouard, 1834, lett. xxvi, pp. 57-63).

56 angela nuovolegislazione che stabilisse un diverso rapporto, più stretto e struttu-rato, tra potere e stampa. A Firenze, Cosimo I de’ Medici, ed è storia ben nota, fi ssò il primo esempio italiano di tale rapporto, che come tale fu considerato dai contemporanei. 1 Il 5 aprile 1547 veniva infatti stipulato in forma pubblica un contratto tra il Duca di Firenze (rap-presentato dal suo primo segretario, il giurista Lelio Torelli, che molto si era speso nella trattativa) e Lorenzo Torrentino, per la durata di dodici anni. 2 Secondo il contratto, Lorenzo Torrentino s’impegnava entro otto mesi ad aprire a Firenze una stamperia con due torchi, con ampia attrezzatura materiale (nove serie di caratteri, sei latine e tre greche) e il personale necessario, operai e correttori. Egli avrebbe osservato una sorta di deposito obbligatorio della prima copia (legata a proprie spese) al Duca. Torrentino veniva ingaggiato con una sala-rio di 100 scudi d’oro all’anno, per dodici anni : il salario annuale era destinato in parte all’affi tto della casa e bottega che Torrentino allestì in Via del Garbo a Firenze, in parte al pagamento dei dipendenti. Godeva del privilegio esclusivo di stampa nel dominio per la mede-sima durata ma era ammonito a non vendere a prezzi troppo elevati, perché in tal caso il prezzo dei libri sarebbe stato fi ssato d’uffi cio dal Duca. 3 Inoltre, sarebbe stato il Duca stesso, attraverso « suoi amici e confederati, e con li suoi ambasciatori » a procurare a Torrentino gli indispensabili privilegi presso gli altri Signori e Regnanti, senza i quali l’esclusiva avrebbe avuto eff etto nel solo dominio mediceo, quindi ben scarso.

Secondo il contratto, ogni opera avrebbe dovuto ottenere la pre-ventiva licenza di stampa del Duca. Tale clausola non riveste uno specifi co peso censorio, come talvolta si è detto, gravante su Tor-rentino in forza del particolare rapporto stabilito. Non solo essa si allinea alle procedure correnti in tutto il resto d’Italia, 4 ma resta anzi documentazione del fatto che a Firenze una severissima legislazione in materia fosse già emanata all’inizio del secolo. Infatti, il 6 settembre

1 Precedente è solo la nomina di Robert Estienne a Typographus Regius da parte di Francesco I a Parigi nel 1539.

2 Si legga il testo del contratto qui in Appendice.3 Legislazioni come quella spagnola, infatti, subordinavano la concessione del

privilegio alla fi ssazione del prezzo di vendita, per evitare posizioni di eccessivo vantaggio commerciale.

4 A cominciare Venezia, ove la licenza di stampa venne introdotta nel 1527 e più rigidamente stabilita nel 1542.

57stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschi1507, una deliberazione dei priori e dei gonfalonieri istituiva l’obbligo della licenza, da rilasciarsi da parte del primo Cancelliere, sotto pena di 25 fi orini d’oro, dieci tratti di fune e ben 25 anni di carcere ; legge confermata dalle autorità repubblicane il 17 giugno 1527. 1 Benché non sia noto se Cosimo I ribadisse o mutasse tale legislazione, è im-maginabile che sull’obbligo della licenza di stampa egli non derogasse minimamente. Ne è dimostrazione la severa condanna subita nel 1552 da Lodovico Domenichi (per altro, anche correttore delle stampe di Torrentino) a causa della pubblicazione della propria traduzione dei Nicodemiana di Calvino senza licenza e con falso luogo di Basilea : il carcere a vita, comminato non per la sua adesione alle idee ereticali, ma per la stampa e diff usione di quel testo senza preventiva licenza, a violazione della legislazione sulla stampa. 2

Per meglio avviare l’impresa di Lorenzo Torrentino, una serie di clausole del contratto accentuavano la tutela commerciale, impeden-do che libri ‘simili’ a quelli stampati da lui potessero essere importati nel Ducato : si prevedeva infatti l’immediata confi sca dei suddet-ti libri, anche se stampati « in Lione, nella Alemagna, in Venetia », nominando con ciò i maggior centri produttivi d’Europa. Ancora, si rendeva la posizione del Torrentino totalmente dominante nel commercio d’importazione, attraverso la proibizione fatta agli altri librai, sempre della durata di una dozzina di anni, di traffi co a Firenze di libri stampati in Francia e Germania (tranne i libri di legge che rimanevano liberi) salvo che « per passo », ovvero per essere inviati ad altre località. La riduzione delle gabelle sia per l’importazione che per l’esportazione e il permesso di « portare arme », come un patrizio, completavano un quadro di eccezionale protezione principesca per un’attività produttivo-commerciale di per sé non vitale per il ducato, come altre legate alla difesa o al sostentamento della popolazione, ma alla quale si attribuiva un signifi cato strategico. Grande il prestigio che da questo contratto il libraio (originario di Gemert, nel ducato di Brabante) dovette ricavare agli occhi dei suoi colleghi : altamente

1 Antonio Panella, La censura sulla stampa e una questione giurisdizionale fra Stato e Chiesa in Firenze alla fi ne del secolo xvi, « Archivio Storico Italiano », s. v, 43, 1909, pp. 140-151 : 141-142.

2 Al proposito della vicenda, si legga l’esaustiva trattazione di Enrico Garavelli, Lodovico Domenichi e i ‘Nicodemiana’ di Calvino. Storia di un libro perduto e ritrovato, Manziana (rm), Vecchiarelli, 2004. Domenichi in realtà, grazie ai molti personaggi che chiesero per lui la clemenza del Duca, restò in carcere solo sei mesi.

58 angela nuovovisibili erano infatti il diritto a fregiarsi del titolo di « Stampatore ducale » e la possibilità di usare dello stemma mediceo come mar-ca (un marchio ben diverso da quelli consueti degli stampatori). Si trattava di concessioni che in quanto tali non erano formalizzate nel contratto, ma che paiono una conquista immediata de facto del libraio olandese. 1

Il contratto consisteva in verità non in un semplice privilegio ma in un complesso di incentivi, costituiti da un salario, privilegi e monopoli commerciali, e riduzioni fi scali : il tutto mirava a off rire le migliori opportunità affi nché il ducato fosse di nuovo fornito di una stamperia di alto livello, come non avveniva ormai da lungo tempo. Un contratto « pro arte introducenda » o meglio re-« introducenda » che da solo dimostra quanto depresso forse questo settore produttivo e le sue prospettive in una terra pur culturalmente all’avanguardia come Firenze, e quanto accorto era stato l’insieme degli interventi posti in essere dalla Serenissima per proteggere e promuovere l’arte tipografi ca in laguna. Scopo di Cosimo I de’ Medici (e soprattutto di Lelio Torelli, che ne era il mandatario) era di certo quello di assicurarsi una stamperia di alto livello per la diff usione dei frutti culturali dell’Accademia Fiorentina nonché dei professori dell’ateneo pisano come l’umanista Francesco Robortello o il medico Giovanni Argenterio (Fig. 1) ; 2 ma principale e specifi ca preoccupazione era la pubblicazione del testo delle Pandette tratto da un antico manoscritto presso la Biblioteca Medicea, stampate in eff etti nel 1553 con una collezione internazionale di privilegi.

La produzione a stampa di Torrentino, circa 260 edizioni dal 1548 alla morte nel 1563, è certamente di notevole entità e qualità ed

1 È però da ricordare che non sempre Torrentino si qualifi ca « Ducalis Typo-graphus » (e affi ni) sui suoi libri, anzi tale menzione è alquanto irregolare ; anche l’uso dello stemma, per quanto assai comune, non è obbligato. Resta da accertare se tali variazioni sono da connettersi a particolari ragioni legate, ad es., alla natura dei testi pubblicati.

2 Sulla politica culturale di Cosimo I de’ Medici si rimanda a Michel Plaisance, L’Accademia e il suo principe. Cultura e politica a Firenze al tempo di Cosimo I e di Fran-cesco de’ Medici, Manziana (rm), Vecchiarelli, 2004. Ottimo è anche l’intervento di Antonio Ricci, Lorenzo Torrentino and the Cultural Programme of Cosimo I de’ Medici, in The Cultural Politics of Duke Cosimo I de’ Medici, ed. Konrad Eisenbichler, Aldershot, Ashgate Publishers, 2001, pp. 103-119. Sull’ambiente fi orentino di quegli anni si veda anche Massimo Firpo, Gli aff reschi di Pontormo a San Lorenzo. Eresia, politica e cultura nella Firenze di Cosimo I, Torino, Einaudi, 1997.

59stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschi

Fig. 1.

60 angela nuovoesemplifi ca in modo impressionante come un Signore potesse nella sua città far nascere dal nulla un’impresa editoriale con uno standard produttivo elevato anche al confronto delle maggiori case venezia-ne. È vero che, dopo picchi come quello del 1551, che aveva visto l’uscita di più di 40 edizioni, la produzione si ridusse a meno di venti (e talvolta meno di dieci) edizioni annue. Il calo, piuttosto preoc-cupante, va visto certamente in relazione alla situazione fi nanziaria dell’impresa : benché il complesso di privilegi e facilitazioni assicurate a Torrentino fosse notevole, i vantaggi da essi derivati rimanevano alquanto aleatori, mentre di sicuro il Duca non investiva alcun capita-le nella stamperia, 1 tanto che per fornirla adeguatamente di caratteri tipografi ci e attrezzature, Torrentino si indebitò così pesantemente da trascinarsi i debiti iniziali fi no alla conclusione della sua attività.

Tra i fi ni principali del contratto vi era di certo quello di rinvigorire il commercio librario locale, assicurando l’assortimento alle botteghe del territorio grazie al monopolio di importazione di Torrentino, obbligato ad elevati livelli quantitativi. Va sottolineato che l’impresa del Torrentino si rivelò inadempiente soprattutto nel settore del-l’importazione dei libri ove, in una posizione di quasi monopolio, avrebbe dovuto, secondo il contratto, fornire almeno 130 balle di libri all’anno. 2 Sembra anzi che l’importazione di libri, piuttosto che la produzione tipografi ca, fosse il settore cui Torrentino doveva la sua migliore fama e di conseguenza riscuoteva fi ducia e aspettative. Torrentino non era per nulla, prima del 1547, uno stampatore di fama ; anzi, non stampava aff atto. Egli era stato di fatto preferito a stampatori di comprovata esperienza, che si erano fatti avanti per lo stesso incarico, come Anton Francesco Doni 3 e Anto nio Bru-

1 Sul punto insiste giustamente Claudia Di Filippo Bareggi, Giunta, Doni, Torren-tino : tre tipografi e fi orentine fra repubblica e principato, « Nuova rivista storica », 58, 1974, pp. 318-348 : 334.

2 Per quantifi care in termini di assortimento e ampiezza tali 130 balle di libri da importare annualmente, possiamo ricordare che Giovanni Giolito, aprendo nel 1539 una bottega libraria a Pavia, la assortiva con 36 balle di libri. Si tratterebbe dunque dell’equivalente dell’assortimento completo di tre o quattro botteghe librarie, da rinnovarsi ogni anno, una quantità di libri probabilmente sovrastimata anche rispetto alle possibilità di assorbimento del mercato.

3 Il fi orentino Anton Francesco Doni, in fuga da Piacenza dove aveva appena preso il potere Pier Luigi Farnese, si trasferì a Firenze nei primi mesi del 1546 e ivi stampò diverse opere dell’Accademia Fiorentina, di cui era segretario. Pare certo che Cosimo I gli fece avere una sovvenzione di 200 ducati, ma che essa non divenne mai un rapporto duraturo (Berta Maracchi Biagiarelli, Il privilegio di stampatore ducale

61stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschicioli. 1 Di Torrentino doveva essere famosa la sua ben avviata bottega libraria bolognese, attiva dagli anni trenta, e condotta in associazione con il compatriota umanista Arnoldo Arlenio (detto Peraxylus), che era in grado di far giungere libri dalle principali località d’Oltralpe attraverso la Fiera di Francoforte. 2 Arlenio procacciava codici a Diego Hurtado de Mendoza, e faceva aff ari insieme a Torrentino : nel 1546 i due comperarono insieme 156 libri a Francoforte, approfi ttando probabilmente di una svendita (alcuni dei libri erano « guasti », altri erano « da lavare »). Torrentino da parte sua era in relazione con Oporin, Froben ed Episcopius per il tramite dell’umanista svizzero Joachim von Watt (Vadiano). 3 Dunque, le sue dimostrate capacità stavano nella sua ragguardevole rete di rapporti internazionali per il commercio dei libri universitari, rete che non fece che raff orzarsi dopo l’incarico mediceo. Illustre è il nome del suo procuratore e rappresentante nelle fi ere internazionali, Pietro Perna, nominato nel 1553, che ebbe tra gli altri l’incarico anche di vigilare affi nché nessuno violasse i privilegi internazionali ottenuti per la stampa delle Pan-dette. 4 Nell’incarico di procuratore di Torrentino, Perna succedeva

nella Firenze Medicea, « Archivio Storico Italiano », 123, 1965, pp. 304-370 : 308 ; Michel Plaisance, op. cit., p. 170). Su Doni, si veda Cecilia Ricottini Marsili-Libelli, Anton Francesco Doni scrittore e stampatore : bibliografi a delle opere e della critica e annali tipografi ci, Firenze, Sansoni Antiquariato, 1960.

1 È stato infatti aff ermato che l’esibizione di alte capacità tecniche nella stampa multilingue (latino, greco ebraico, con un progetto di stampare persino in arabo), nonché qualche dedica strategica, da Brucioli espletata nella sua attività di stam-patore a Venezia negli anni quaranta, debba essere anche considerata dimostrativa in quanto egli aspirava al titolo di Stampatore ducale a Firenze (Leandro Perini, Firenze e la Toscana, in La stampa in Italia nel Cinquecento. Atti del convegno Roma, 17-21 ottobre 1989, a cura di Marco Santoro, Roma, Bulzoni, 1992, vol. 1, pp. 429-460 : pp. 439-441 ; Edoardo Barbieri, Tre schede per Antonio Brucioli e alcuni suoi libri, « Aevum », 3, 2000, pp. 709-719 : 714). Evidentemente la ricerca di un personaggio cui affi dare tale incarico era in qualche modo risaputa.

2 Su di lui si consulti l’articolo di Paola Tentori in Dizionario Biografi co degli Italiani (dbi), iv, Roma, Istituto Treccani, 1962, pp. 213-214.

3 Notizie sul periodo bolognese di Torrentino in Frans Slits, Laurentius Torrenti-nus : drukker van Cosimo, hertog van Florence (± 1500-1563), Gemert, Heemkundekring ‘De Kommanderij Gemert’, 1995, pp. 29-44. Come è normale, si ricavano notizie di questi intensi traffi ci attraverso documentazione notarile scaturita da situazioni passibili di contestazione, come l’invio di merce rilevatasi danneggiata (vedi pp. 132-135).

4 Godefridus J. Hoogewerff, Laurentius Torrentinus (Laurens Leenaertsz van der Beke) : boekdrukker en uitgever van den hertog van Toscane, 1547-1563, « Het boek », 15,

62 angela nuovoal mercante fi ammingo Nicolas de Stoop (Niccolò Stopio), editore a sua volta a Venezia, scrittore e poeta, un imprenditore a tutto campo nel mondo del libro, ben addentro ai circuiti internazionali del commercio. 1 L’abilità ed effi cienza commerciale che certo non mancarono a Torrentino erano insomma un aspetto fondamentale nel contratto redatto con il Duca, tanto da essere l’unico impegno precisamente quantifi cato : 130 balle di libri all’anno ; quantità minori avrebbero fatto scattare multe e sanzioni, come di fatto avvenne.

Punti di forza e di debolezza del contratto, quali a posteriori po-tevano ormai chiaramente apparire, si ricavano dalla supplica che i Giunti di Firenze presentarono quando cercarono di subentrare agli eredi Torrentino alla morte di Lorenzo nel medesimo ruolo (1563). 2 Essi infatti avevano stranamente rifi utato (nella persona di Bernardo Giunta) la prima off erta del Duca che avrebbe volentieri affi dato a loro l’incarico di Torrentino, forse perché un contratto come quello che il brabantino fi rmava nel 1547 non era del tutto comprensibile, nelle sue conseguenze, al momento della stipula, ai grandi stampatori dell’epoca : ma essi ebbero poi tutto il tempo di comprendere, e probabilmente invidiare, le posizioni privilegiate. 3 Ma non tutti i privilegi concessi a Torrentino interessavano i Giunti : essi, ad es., non richiedono aff atto il privilegio generale di stampa nel ducato, 4 né le esclusive per l’importazione dei libri dalla Francia

1926, pp. 273-288 e 369-381 : 373-374. Si soff erma su questo rapporto Leandro Pe-rini, Editori e potere in Italia dalla fi ne del secolo xv all’Unità, in Storia d’Italia, Annali, 4, Intellettuali e potere, a cura di Corrado Vivanti, Torino, Einaudi, 1981, pp. 765-831 : 795, e Idem, La vita e i tempi di Pietro Perna, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002, p. 124.

1 G. J. Hoogewerff, op. cit., pp. 372-374. Notizie su di lui in Angela Nuovo, Gli Annali di Gabriel Giolito de’ Ferrari di Salvatore Bongi, « Bibliotheca », 2, 2004, pp. 125-136 : 132.

2 L’interessantissimo documento, corredato da informativa di Lelio Torelli, è pub-blicato in B. Maracchi Biagiarelli, op. cit., pp. 347-351.

3 Sui Giunti esiste ormai un’ampia bibliografi a, che tuttavia non giunge ad esau-rire l’analisi dei dati disponibili, né a proporre una visione complessiva di questa dinastia di mercanti ed editori di prima grandezza in Europa. Si segnalano qui solo due recenti contributi : Andrea Ottone, L’attività editoriale dei Giunti nella Venezia del Cinquecento, « Dimensioni e problemi della ricerca storica », 2, 2003, pp. 43-80 ; William Pettas, History and bibliography of the Giunti (Junta) printing family in Spain : 1526-1628, New Castel (de), Oak Knoll Press, 2004.

4 « Che altri che lui non potessi stampare in questo stato per anni 12 », come ri-cordano i Giunti nella supplica ed è del resto specifi cato nel contratto, qui leggibile

63stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschie Germania. Lo si comprende bene : tali privilegi erano stati concessi a Torrentino proprio per neutralizzare i Giunti, i quali potevano contare da decenni su una delle più formidabili reti internazionali di commercio dei libri. I privilegi richiesti dai Giunti erano invece solo due : l’esenzione totale dalle gabelle per i libri stampati, i fogli bianchi, e gli attrezzi di stampa, in entrata e in uscita ; il privilegio di stampa generale preventivo, quindi automatico una volta ottenuta la licenza, per tutte le opere eff ettivamente pubblicate nel domi-nio. Si deve dedurre che l’esclusiva di esercizio dell’arte era risultata inutile a Torrentino. Come l’esclusiva di importazione, essa era un risultato che i Giunti, almeno nella misura di una posizione larga-mente dominante, potevano raggiungere e raggiungevano di fatto, e che dipendeva da un complesso di fattori tra i quali il privilegio si era mostrato non determinante. Ben altro peso aveva l’esenzione dei dazi di esportazione per una produzione, come quella dei libri a stampa, ove secondo le aff ermazioni dei Giunti, su una tiratura di 1.000 copie, non più di 40 potevano essere smaltite nel Ducato. Il 95% di una tiratura, dunque, avrebbe dovuto essere esportata per poterla vendere, con conseguente esborso di dazi e gabelle. Vale la pena di sottolineare che nemmeno i Giunti facevano richiesta nel-la loro supplica di potersi fregiare del titolo di Stampatore ducale, aspetto che era assente anche nel contratto con Torrentino. Tra gli obblighi cui i Giunti si sottoponevano erano non solo il deposito della copia d’obbligo al duca, ma anche la stampa dei decreti, bandi

in appendice. Tuttavia non è chiaro, dalla documentazione, di quale tipo di privile-gio di stampa avesse goduto Lorenzo Torrentino. Secondo la lettera del contratto, parrebbe trattarsi di un privilegio industriale, ovvero dell’esclusiva di esercizio della stampa nel ducato mediceo, e in questo senso la intendono i Giunti, rinunciando, nella loro supplica, ad essa (B. Maracchi Biagiarelli, op. cit., p. 348). Di fatto però, durante il privilegio generale di stampatore ducale di Torrentino, i Giunti di Firenze continuarono a stampare, tra l’altro anche leggi e bandi dello Stato che parrebbero dovere essere esclusiva di Torrentino. Parrebbe quindi che in realtà Torrentino godesse di un privilegio generale preventivo, automaticamente concesso (dunque senza supplica, bastava la licenza di stampa) per ogni titolo pubblicato. Così lo in-tende chiaramente anche Lelio Torelli, nella sua lettera esplicativa del contratto « Nel terzo capitolo se li concede, che delle cose che stamperà non possano venire nello stato di Sua Excellentia altro che le sua, verbi gratia stamperà Vergilio, in questo Stato non si potrà vendere altri Vergilii che gli stampati da lui durante il tempo delli dodici anni » (pubblicato in Domenico Moreni, Annali della tipografi a di Lorenzo Torrentino impressore ducale. Edizione seconda, corretta e aumentata, Firenze, Daddi, 1819, p. xxiv).

64 angela nuovoe atti uffi ciali dell’amministrazione, gratuitamente fi no alla tiratura di cento copie, a pagamento oltre questa cifra.

Era la prima vota che a Firenze la ratifi ca di un rapporto uffi ciale con il potere passava anche attraverso la stampa del materiale che tale potere, come organo, emetteva ; in altre amministrazioni, come quella papale, tale fenomeno si era verifi cato assai prima. Qui eviden-temente i Giunti puntano a far entrare nell’accordo questo aspetto sotto forma di un servizio che lo stampatore rende allo stato ; motivo in più per chiedere facilitazioni, ma anche per consolidare un rap-porto tra il duca e la stamperia che non dipendesse solo dalla più o meno convinta volontà di esprimere una politica culturale. Ben altra continuità (l’esempio di Antonio Blado lo dimostrava assai bene) si off riva con la stampa di questo genere di materiale.

La supplica dei Giunti però non venne accolta, certamente per la non ricevibilità della richiesta dell’esenzione totale dalle gabelle. Più tardi, nel 1574 e poi nel 1577, lo stampatore Giorgio Marescotti, subentrato nella bottega Torrentino, presenterà supplica a Francesco I de’ Medici, ove sarà richiesto per la prima volta che « vostra Altezza si degni eleggerlo et deputarlo per stampatore ducale », asserendo che già Lorenzo Torrentino aveva ottenuto questo titolo (cosa che non è strettamente esatta). In questa occasione, l’amministrazione si dimo-strò molto prudente e non concesse il richiesto perché si giudicò non essere adeguato che simile titolo potesse accompagnarsi alla stampa di « cose minime », ma che potesse essere rilasciato solo nel caso in cui si decidesse di stabilire una stamperia « che potessi pareggiar Venetia, quella del Duca di Savoia, Bologna e simili ». 1 Certo, i tempi erano cambiati e di stampatori privilegiati era piena l’Italia, anzi l’Europa ; non si trattava di titoli che si potessero rilasciare con leggerezza, dato che ne andava del prestigio dello Stato.

Ma quanto all’aspetto della stampa dei materiali uffi ciali, l’utilità di contare su una stamperia a disposizione era fuori discussione. Giorgio Marescotti ricopriva di fatto tale incarico già da tempo ; nel 1585 si ritenne giusto ratifi care il rapporto con un privilegio di stampa della durata di sei mesi per ognuno di tali atti, bandi e provvisioni, in tal modo consentendo allo stampatore uno sbocco di lavoro e commercio stabile. Con il tempo si andava mettendo a fuoco che la stampa dei

1 B. Maracchi Biagiarelli, op. cit., p. 353 (informativa di Paolo Vinta, 15 aprile 1577).

65stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschibandi costituiva un introito sicuro, costante, rilevante per le imprese tipografi che, tale per cui, in tempi di crisi, solo le aziende che ne erano titolari potevano contare su una buona base di sopravvivenza. Consentire un privilegio per tale materiale attribuiva un vantaggio rilevantissimo sulla concorrenza. Anche l’amministrazione medicea se ne accorse e nel secolo xvii ne trasse le conseguenze, rovesciando la situazione e concedendo la stampa dei materiali uffi ciali in appalto, ovvero contro corresponsione di una determinata tassa annuale da parte del tipografo concessionario. 1

Molto diversa la situazione, politica culturale e religiosa, in cui nei primi anni sessanta maturò il contratto, che dovette aver grande risonanza, tra Paolo Manuzio e la Camera Apostolica. 2 Stipulato anch’esso per dodici anni di durata, prevedeva la fondazione di una nuova stamperia, il cui « sopraintendente e governatore » sarebbe sta-to Paolo. 3 A Paolo Manuzio, dipendente salariato, si destinava un sontuoso onorario di cinquecento scudi d’oro all’anno, assicurato anche in caso di mancato funzionamento della stamperia per cause di forza maggiore, più trecento scudi per le spese di trasferimento della sua famiglia da Venezia a Roma. La camera Apostolica inoltre si sobbarcava il fi nanziamento costante e corrente di tutte le spese di stamperia. Il salario annuale, quintuplicato rispetto a quanto ottenuto da Lorenzo Torrentino, era proporzionato all’aspettativa e alla fama che Paolo Manuzio poteva assicurare ; ma elemento di affi nità con la convenzione fi orentina di quattordici anni prima è la durata del contratto, dodici anni, un termine assai lungo che come è noto Paolo non riuscì, per varie ragioni, ad onorare. La casa per Paolo e la sua famiglia sarebbe stata off erta dal papa ; tutte le spese di installazione sarebbero state anticipate ; la restituzione di queste ultime sarebbe avvenuta con il ricavato dalla vendita dei libri. Il guadagno netto, detratte le spese, sarebbe stato diviso tra la Camera Apostolica e Paolo, il quale in tal modo veniva a rivestire il ruolo di dirigente d’azienda con compartecipazione agli utili. 4

1 B. Maracchi Biagarelli, op. cit., pp. 318-319.2 Al riguardo del quale, si veda la bellissima monografi a di Francesco Barberi,

Paolo Manuzio e la stamperia del Popolo Romano (1561-1570) : con documenti inediti, Roma, Gela, 1986.

3 Così defi nisce il proprio ruolo Paolo Manuzio in una lettera al fratello del 17 maggio 1561 (F. Barberi, op. cit., pp. 32-33).

4 Il contratto è pubblicato in Martin Lowry, Facing the Responsibility of Paulus

66 angela nuovoGrazie alla situazione di eccezionale conservazione della documen-

tazione che distingue le vicende della famiglia Manuzio dalla storia di tutti gli altri editori italiani, si può constatare come l’accordo tra l’amministrazione pontifi cia e Paolo giungesse al termine di una lunga serie di tentativi dello stampatore-umanista di sistemarsi nel cono di protezione di un signore potente. Spesso Paolo Manuzio si lamentava infatti che la Serenissima non gli consentiva di godere di quella po-sizione di prestigio e di quei privilegi che la storia della sua famiglia avrebbe dovuto (secondo lui) destinargli. Eppure la fama del suo nome e le sue personali competenze umanistiche gli facevano arrivare le più diverse richieste. Le numerose testimonianze al riguardo furono già rese note da Renouard : esse andavano dalla prestigiosa richiesta, ricevuta nel 1546, di diventare tutore del Delfi no di Francia (il futu-ro Francesco II) o di Alessandro Farnese, all’off erta di insegnamenti pubblici a Milano e Padova, alla proposta già formalizzata dal Senato di Bologna di trasferire in quella città la tipografi a aldina a vantaggio dell’Università con un sussidio di 1.400 lire all’anno per sei anni. Ma ben altrimenti allarmante poteva suonare, alle orecchie di quella gerarchia ecclesiastica romana già più volte sollecitata dai Manuzio perché si assumesse in carico la gloriosa impresa dell’ancora e delfi no, la proposta giunta nel 1556 dal conte palatino Ottheinrich (1502-1559, principe reggente di Pfalz-Neuburg, e più tardi principe elettore di Heidelberg) acciocché Paolo si trasferisse in Germania anche al fi ne di scrivere una nuova Historia ecclesiastica, off erta di cui Paolo informava subito il cardinale Rodolfo Pio di Carpi. 1 Se accettata, la proposta avrebbe potuto signifi care il passaggio in terra protestante anche del più celebre simbolo dell’editoria umanistica di parte cat-tolica. Nell’immediato, l’avventura dell’Accademia Veneziana della

Manutius, Los Angeles, ucla University Research Library Department of Special Collections, 1995, e qui in Appendice. In precedenza se ne conosceva il contenuto sostanziale grazie a una lettera autografa di Paolo al cardinal Borromeo, oggi pres-so Biblioteca Ambrosiana di Milano (pubblicata in Antoine Augustin Renouard, Annales de l’imprimerie des Alde, ou histoire des trois Manuce et de leurs éditions, Paris, J. Renouard, 1834, pp. 524-525) : le richieste dello stampatore veneziano furono tutte accettate e riprese nel contratto.

1 Documenti pubblicati (in parte ri-pubblicati) recentemente da H. George Fletcher, Paulus Manutius In Aedibus Populi Romani : the Campaign for Rome, in Aldus Manutius and Renaissance Culture. Essays in memory of Franklin D. Murphy, ed. by David Zeidberg, Firenze, Leo S. Olschki editore, 1998, pp. 287-321 : spec. 309-315. Discussione anche in M. Lowry, op. cit., pp. 72-75.

67stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschiFama, che lo vide professore di eloquenza e stampatore uffi ciale, trattenne Paolo a Venezia, ma quando essa ebbe a (ingloriosamente) concludersi, la questione della propria sistemazione fu nuovamente da lui posta a Roma con una serie di suppliche, riallacciandosi a un non mai dimenticato progetto di Aldo. Anche il padre infatti aveva cercato più volte di collocare la sua attività, della quale gli importava la continuità scientifi ca assai più di quella commerciale, sotto la pro-tezione di diverse amministrazioni, riponendo particolare speranza nel pontifi cato di Leone X. 1 Per il fi glio Paolo, alla metà del secolo, l’immagine dell’editore-imprenditore evidentemente era quasi quella di un ruolo di passaggio, non molto onorevole, nella sua famiglia, che avrebbe dovuto grazie alla fama delle stampe e della propria cultura, salire i gradi della nobiltà : di qui, tra le altre, la richiesta di un titolo di cavalierato per il proprio fi glio, Aldo Jr. assicurata dal papa, e sancita nel medesimo contratto di fondazione della tipografi a romana. Ma il punto essenziale di tutti gli sforzi di Paolo Manuzio, o almeno ciò che andava oltre la mera rivendicazione di una perso-nale aff ermazione, era la mira a un riconoscimento della rilevanza pubblica della propria funzione attraverso una istituzionalizzazione dell’impresa editoriale. Il riconoscimento dell’uomo di lettere aveva già un’ampia gamma di manifestazioni pubbliche e di remunerazioni ; per l’impresa editoriale, si trattava di sperimentare modi e formule congrue alla sensibilità dei tempi.

Uno dei primi esperimenti fu tentato intorno a un’ipotesi di istituzio-nalizzazione non dell’impresa editoriale, ma dell’ambiente culturale e scientifi co gravitante intorno ad essa : questa l’intuizione principale alla base della nascita (intorno al 1502) della Nuova Accademia, la Nea-cademia di Aldo. Benché non approdata al successo, la formula dovette ispirare altre imprese, culturalmente meno interessanti ma ben più focalizzate alla questione della statalizzazione dell’impresa editoriale, attraverso il suo riconoscimento di impresa di interesse pubblico. A Venezia, tale esperimento fu tentato in grande stile dall’Accademia della Fama (1557-1561) che puntava evidentemente a stabilirsi come istituzione culturale di sommo prestigio : Carlo Dionisotti ha giusta-mente sottolineato come nelle dediche (a principi, ministri, ambascia-

1 Ha raccontato bene questa storia Martin Lowry, Il mondo di Aldo Manuzio : aff ari e cultura nella Venezia del Rinascimento. Seconda edizione con un saggio dell’autore sugli studi aldini dal ’79 al ’99, Roma, Il Veltro, 2000, nel capitolo 5 Sogni accademici.

68 angela nuovotori e cardinali) gli Accademici « ambivano a istituire coi dedicatari una sorta di rapporto politico, quasi di un nuovo stato che chieda d’esser riconosciuto ». 1 L’esempio più prossimo era naturalmente quello del-l’Accademia Fiorentina, strumento e frutto della politica culturale di Cosimo I, e motivazione primaria alla base della fondazione della stamperia Torrentino a Firenze. La freddezza con cui si guardò, in-vece, all’Accademia Veneziana è di certo eloquente. 2 Eppure in una Supplica al Senato Veneto, l’Accademia si proponeva apertamente (tra i molti altri incarichi che intendeva assolvere) quale editore (nel doppio senso, scientifi co e tipografi co) della storia della città e del complesso delle leggi della Serenissima : diventando responsabile ed autore della memoria stampata della Repubblica, l’Accademia avrebbe formalizzato il suo rapporto con lo Stato, quasi inglobandosi in esso (Fig. 2). 3 Ma all’Accademia furono concessi solo i normali privilegi per la stampa delle opere inedite, né ci si entusiasmò troppo ai suoi esagerati programmi editoriali e alle sue fastose manifestazioni pub-bliche. 4 Nonostante le ingenti energie profuse, e i capitali di Federigo Badoer, il progetto di costituire una nuova istituzione culturale il cui apporto potesse essere immediatamente misurato nella produzione a stampa e che quindi, a causa di quest’ultima, ricevesse forme di sov-venzione ben più importanti del normale ma irregolare mecenatismo dei principi e patrizi, non ebbe fortuna.

Altri tentativi, di certo più maldestri e dilettantistici, l’avevano preceduta a Venezia : come la fondazione nel 1549 dell’Accademia

1 Carlo Dionisotti, Amadigi e Rinaldo a Venezia, in La ragione e l’arte. Torquato Tasso e la Repubblica Veneta, a cura di Giovanni Da Pozzo, Venezia, Il Cardo, 1995, pp. 13-25 : 19 ; Lina Bolzoni, La stanza della memoria. Modelli letterari e iconografi ci nell’età della stampa, Torino, Einaudi, 1995 (Le ambizioni statali dell’Accademia, pp. 16-21).

2 Sull’Accademia Veneziana della Fama, si consultino anche Paul Lawrence Rose, The Accademia Veneziana. Science and culture in Renaissance Venice, « Studi Veneziani », 11, 1969, pp. 191-242 ; Pietro Pagan, Sulla Accademia Venetiana o della Fama, « Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti », 132, 1973-1974, pp. 359-392 ; Lina Bolzoni, L’Accademia Veneziana : splendore e decadenza di una utopia enciclopedica, in Uni-versità, Accademie e Società scientifi che in Italia in Germania dal Cinquecento al Settecento, a cura di Laetitia Boehm e Ezio Raimondi, Bologna, Il Mulino, 1981, pp. 117-167 ; Alfredo Serrai, Storia della Bibliografi a, 2, Le Enciclopedie rinascimentali (ii). Bibliografi universali, a cura di Maria Cochetti, Roma, Bulzoni, 1991, pp. 598-614.

3 Il testo della Supplica è leggibile in A. Serrai, op. cit., pp. 601-604.4 Una delle quali fu, a detta di Carlo Sigonio, l’apertura di una libreria, avvenuta

« con gran fasto » : sappiamo che essa era allocata alle Mercerie (A. Renouard, op. cit., p. 436).

69stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschi

Fig. 2.

70 angela nuovoPellegrina, un’idea di Anton Francesco Doni reduce dalla Firenze ove si era da poco sistemato Lorenzo Torrentino, nella quale riuscì a coin-volgere lo stampatore Francesco Marcolini (Gabriele Giolito invece se ne tenne a distanza). L’Accademia Pellegrina, della quale non è nep-pure certa la reale esistenza né il numero e identità dei partecipanti, si propose come un’istituzione assai simile per statuto all’Accademia Fiorentina, ma come creazione ‘dal basso’, data l’evidente mancanza nella Serenissima di personaggi che potessero essere interessati alla creazione di simili istituti culturali. Nell’identifi cazione tipografi a-accademia essa professava il « totale asservimento » alla Repubblica di Venezia della quale richiedeva il sostegno ; l’autopromozione era eff ettuata tramite dediche e soprattutto lettere-circolari. 1

Insomma, la creazione di nuove accademie che avrebbero dimostra-to la loro grandezza in ambiziosi programmi tipografi ci era soprat-tutto il tentativo di creare stamperie di Stato, sull’esempio di Firenze, passibili di esprimere, di concerto o in dipendenza dalle autorità, un programma culturale ; molti stati, era evidente, erano disponibili a incentivare in vario modo l’attività tipografi ca nei loro domini ; gli uomini di lettere, dal canto loro, cercavano di ricreare quelle condi-zioni che, in altri contesti, avevano messo in moto la macchina dei privilegi, dei contratti, dei salari e dei fi nanziamenti.

Torniamo a Paolo Manuzio e al suo contratto con la Camera Apo-stolica. Vi erano grosse diff erenze rispetto al rapporto che si era costituito tra il duca di Firenze e Torrentino, unico solenne prece-dente di accordo sancito tra stampa e potere. Paolo non fi rmava un contratto in cui un signore poneva, grazie a una serie di incentivi e privilegi, l’impresa tipografi ca sotto la sua protezione, come era accaduto a Lorenzo Torrentino. Paolo Manuzio fi rmava un contratto di ben altro tenore : egli andava a dirigere una stamperia di proprietà della Camera Apostolica, e ad avviarla per dodici anni istruendo mano d’opera e installando macchinari e attrezzature. Tutte le spese rimanevano a carico della Camera Apostolica, e a Paolo era affi dato il precipuo obiettivo di produrre « libri ben corretti et mendati così della sacra scrittura come d’ogn’altra sorte, massime in questi tempi che

1 Giorgio Masi, Coreografi e doniane : l’Accademia Pellegrina, in Cinquecento capriccioso e irregolare. Eresie letterarie nell’Italia del classicismo : seminario di letteratura italiana, Vi-terbo, 6 febbraio 1998, a cura di Paolo Procaccioli e Angelo Romano, Manziana (rm), Vecchiarelli, 1999, pp. 45-85 : citato a p. 75.

71stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschile stampe si trovano in molti luoghi corrotte dagli eretici ». 1 Quanto riguardava il commercio librario e la tutela contro la concorrenza esulava dall’accordo con Paolo, che evidentemente non ne aveva fat-to richiesta, pensando a mettere a punto le migliori condizioni del proprio lavoro, non del funzionamento della Stamperia. Dall’altra parte, i cardinali Girolamo Seripando e Giovanni Morone, che più si occuparono della trattativa, avevano in animo di dare avvio alla nuova stamperia nell’esclusiva preoccupazione di produrre libri il cui testo fosse conforme ai principi della Chiesa, senza alcun interesse commerciale. Ciò è vero al punto che non si pensò a dotare la nuo-va impresa di esenzione dai dazi, dimenticanza assai pesante perché tutta l’attrezzatura, dai caratteri all’inchiostro, venne fatta arrivare da fuori, e persino la carta (di Fabriano) fu importata con pagamento di dazio. Solo nel 1566 Pio V concesse alla Stamperia l’esenzione totale dalle gabelle. 2 Le diffi coltà di quella che poi sarà chiamata la Stamperia del Popolo Romano, come è stato narrato da Francesco Barberi, saranno causate da una parte dalle incertezze sull’ente ero-gatore dei fi nanziamenti, che divenne ben presto, suo malgrado, il Comune di Roma, 3 e dall’altra dalla fondamentale incapacità di Paolo di identifi carsi in maniera convinta nel solo ruolo di imprenditore tipografi co, persuaso come egli era di potere e dover essere innanzi tutto uno studioso. 4 Egli non fu in grado di sfruttare adeguatamente il privilegio generale preventivo che, concesso alla Stamperia già da Paolo IV, 5 venne da Pio V confermato (Fig. 3), 6 e che naturalmente

1 Infatti, nel ruolo della Studio romano, al quale per questioni contabili era an-nesso Paolo Manuzio, egli era defi nito esclusivamente « praefectus pro libris sacris emendandis » (F. Barberi, op. cit., p. 48). 2 Ivi, p. 42.

3 Ed essendo il Comune di Roma non certo ansioso di accollarsene le spese, il Papa il 26 aprile 1564 decise di donare direttamente la stamperia a Paolo Manuzio, sperando con ciò di rendere la vita di tale impresa più facile e remunerativa (F. Barberi, op. cit., p. 53). In seguito, però, Paolo rinunciò a tale donazione in favore del Comune (il Popolo romano) e stipulò con esso un accordo il 1° luglio 1564. La dicitura « In aedibus Populi Romani », a partire dal 1563, si riferisce invece all’acquisto della casa in cui aveva sede l’impresa fatta dal Comune nel 1563 (F. Barberi, op. cit., p. 57). 4 Ivi, pp. 24-26.

5 Il privilegio viene pubblicato (irregolarmente) a partire all’edizione Divi Thomae Aquinatis doctoris angelici Ord. praedicatorum In librum B. Iob expositio, cum indice rerum memorabilium. Romae, apud Paulum Manutium, Aldi f., 1562 (F. Barberi, op. cit., p. 116 ; A. Renouard, op. cit., pp. 184-185).

6 F. Barberi, op. cit., p. 180. Tuttavia la vicenda dei privilegi papali della Stamperia e della loro effi cacia meriterebbe un approfondito studio.

72 angela nuovo

Fig. 3.

73stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschipresentava delle valenze che andavano ben oltre la mera territorialità dello Stato della Chiesa, 1 come si vide chiaramente nel caso della stampa con privilegio universale del breviario romano riformato. Paolo, incapace di condurre una stamperia industriale ai livelli dimo-strati da Plantin (divenuto sub-concessionario del privilegio grazie a contratti con Manuzio), 2 non riusciva a farsi carico con successo della produzione del Breviario e preferiva monetizzare immediatamente il privilegio universale per cinque anni concesso alla sua Stamperia da Pio V nel 1566 con varie sub-concessioni. 3 Imprenditori di ben altra iniziativa furono infatti coloro che negli anni successivi sfrutta-rono commercialmente i privilegi papali, piegandoli a diventare veri e propri monopoli grazie al carattere universale dell’approvazione pontifi cia, della sua esclusività e delle sue sanzioni.

Che le condizioni di lavoro di Torrentino (e probabilmente, anche di Paolo Manuzio) fossero ben note, nell’ambiente veneziano, si de-duce delle richieste di Gabriele Giolito al Duca d’Este, formalizzate nel 1560. In quel giro d’anni, infatti, anche a Ferrara si progettava di installare una stamperia di prestigio tramite attrazione di un tec-nico attivo in altra città. Evidentemente, l’attività dell’unico (allora) stampatore ferrarese, Francesco Rossi, 4 non bastava alle esigenze della comunità e della Corte, la quale certo ambiva, se non a esprimere una politica culturale, a promuovere una produzione a stampa di testi celebrativi ed encomiastici che tenessero vivo il prestigio della Casa

1 Angela Nuovo, Il commercio librario nell’Italia del Rinascimento. Nuova edizione ri-veduta e ampliata, Milano, Franco Angeli, 2003, pp. 201-207.

2 Christophe Plantin testimonia d’altra parte che Paolo non era tecnicamente in grado di dirigere una stamperia impegnata nella produzione di libri in rosso e nero (citato in F. Barberi, op. cit., p. 157). 3 Ivi, pp. 76-77.

4 Francesco Rossi, fi glio di Lorenzo Rossi, importante stampatore a Ferrara tra Quattro e Cinquecento. Pur godendo di un’esclusiva di fatto, basata sull’assenza di altri stampatori, Francesco Rossi inoltrava una supplica per ottenere un’esclusiva di stampa totale nelle tre lingue principali : volgare, latino e greco (Angela Nuovo, Il commercio librario a Ferrara tra xv e xvi secolo. La bottega di Domenico Sivieri, Firenze, Leo S. Olschki editore, 1998, pp. 83-86). È interessante notare come, non potendo, per via della continuità aziendale con il padre, poter invocare alcun sussidio « pro arte intro-ducenda », come quelli che molte amministrazioni ormai erano inclini a concedere, nella sua supplica Francesco sottolineava il merito della continuità del suo servizio alla città e nel contempo la necessità di un nuovo investimento in materiali tipografi ci (A. Nuovo, Il commercio librario a Ferrara, cit., p. 84). Non pare che la supplica venisse accolta : è dimostrato anzi, con la lettera di Faletti, che il duca mirava assai più in alto, e pensava a uno stampatore di statura europea per la sua città.

74 angela nuovod’Este a paragone delle altre dinastie signorili in Italia. Ci furono perciò dei tentativi da parte di Alfonso II d’Este, Duca di Ferrara, di far trasferire una grande stamperia nella propria città, tentativi che tuttavia non andarono a buon fi ne. Così scriveva l’ambasciatore ferrarese a Venezia, Girolamo Falletti, 1 nel 1560 :Circa lo stampatore per mandare costì, vado ritenuto assai, che non vorrei inviarle chi presto avesse a fallire, o in breve s’avesse a levarsene, ma sì bene chi avesse a perpetuare lungamente, et fosse anco con menor gravezza dell’Eccellenza Vostra fosse possibile. Perciocché il Giolito, & altri si sono off erti venire e levare una bella stamperia costà, ma con quelle condizioni che l’hanno levata in Firenze, avendo da quella Eccellenza trecento scudi l’anno, per Eccellenza Vostra istimerei dannosa. 2

Non era la prima volta che i Duchi di Ferrara cercavano di im-portare da Venezia prestigiosi stampatori. Ercole d’Este insieme al fratello, il cardinale Ippolito, aveva avanzato serie proposte a Paolo Manuzio almeno a due riprese, nel 1539 e negli anni cinquanta. 3 Ma l’accordo non si concluse né con Giolito, né con altri stampatori veneziani : eppure Giolito aveva senz’altro dalla sua il vantaggio di essere detentore, per lo meno dal 1553, di una fi liale commerciale a Ferrara. 4 È da sottolinearsi d’altra parte che, pur facendo espresso riferimento alle condizioni off erte a Torrentino a Firenze, Gabriele Giolito chiedeva in realtà un salario annuale triplicato. Soltanto più tardi, dal 1562 al 1565 lo stampatore Valente Panizza, certo non ce-lebre, assunse a Ferrara il titolo di stampatore ducale che, di per sé,

1 Girolamo Falletti (1518-1564), giureconsulto e ambasciatore per i duchi di Fer-rara a Venezia e presso Carlo V, era la persona adatta per trattare l’apertura di una tipografi a giolitina a Ferrara, essendo innanzi tutto membro di un’illustre famiglia di Trino ; ma egli era anche autore che aveva sperimentato sia i torchi ferraresi (con un’edizione per Francesco Rossi nel 1546), che quelli di Giolito (con Prima parte de le guerre di Alamagna di Girolamo Faleti..., In Vinegia, appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari e fratelli, 1552). Egli era insomma da considerarsi un letterato ben inserito nel mondo veneziano, un abile diplomatico (difese con successo, ad es., la questione della precedenza dell’ambasciatore di Ferrara su quello di Firenze nel 1561) e infi ne un grande esperto della stampa : sarà stato quindi presumibilmente il primo promotore dell’ampliamento degli aff ari del conterraneo Gabriele Giolito nella città di Ferrara. Su Falletti, vedi dbi, xliv, cit., pp. 469-473.

2 Lettera di Girolamo Falletti, ambasciatore di Ferrara a Venezia, ad Alfonso d’Este (23 novembre 1560), riportata da Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Venezia, Antonio Fortunato Stella, 1796, vol. 7, pt. i, p. 210 (notizia ripresa da Bongi, p. lvi). 3 A. Renouard, op. cit., p. 434.

4 A. Nuovo, Il commercio librario a Ferrara, cit., p. 117.

75stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschinon signifi ca nulla di preciso, non essendo nota la convenzione che gliene dava facoltà. Nativo di Mantova, Panizza rimase a Ferrara fi no al 1565, poi si spostò a Firenze, indi a Roma e infi ne fu stampatore pubblico a Perugia : 1 uno stampatore itinerante, dunque, in cerca di committenza, che a Ferrara poté fi rmare una modesta produzione, per la quale certo non lo soccorreva alcun fi nanziamento pubblico.

Concludendo, ritrovare Gabriele Giolito pronto a passare, per il Duca di Ferrara, al ruolo di Stampatore Ducale, dimostra lapida-riamente come l’industria editoriale, anche al livello del massimo successo, non si aff rancasse mai del tutto dal problema, e dalla ne-cessità, della committenza : anzi, è probabile che, in questo nuovo rapporto organico alle massime istituzioni statali e signorili, risolutivo dei rischi del mestiere, gli stampatori dell’epoca (a cominciare dalle massime dinastie : Manuzio, Giunti, Giolito) vedessero risiedere il vero futuro della loro professione.

Ma il fenomeno qui descritto, come è noto, non coinvolse solo i grandi stampatori, quei dotti e potenti editori la cui presenza era davvero in grado di dare lustro agli Stati, come quella dei grandi professori incrementava la fama delle Università. Fu presto chiaro che le esigenze amministrative e scolastiche di base degli Stati minori e, al limite, delle diverse città, erano tali da non poter essere soddisfatte tramite la mera importazione di libri stampati.

Prese quindi le mosse un movimento convergente, di domanda da parte delle comunità meno servite, e di off erta da parte di stam-patori disposti a trasferirsi, alla ricerca di incentivi di vario tipo che potevano culminare in situazioni di monopolio, sia pure ristrette per tipologia di materiali e limitazione territoriale. 2 Rimaneva però, di regola, dubbio che uno stampatore avrebbe trovato suffi ciente al suo sostentamento la produzione di questi materiali, considerato

1 Per l’esattezza, fu a Perugia stampatore pubblico, episcopale e del Collegio dei giureconsulti.

2 Off rendo un accurato ritratto delle vicende bolognesi, Bellettini – Pierangelo Bellettini, La stamperia camerale di Bologna. Alessandro e Vittorio Benacci (1587-1629), « La Bibliofi lia », 90, 1998, pp. 21-53 – ricorda che in quella città si tentò inutilmente di affi dare la stampa uffi ciale prima a Paolo Manuzio, poi ad Aldo Manuzio Jr., proponendo al primo 1.400 lire all’anno per sei anni, e al secondo 400 scudi annui, compresa però la lettura presso lo Studio. Alla fi ne, nell’impossibilità di far trasferire un illustre editorie, si ripiegò sui servizi (ben più limitati) del non illustre Alessandro Benacci.

76 angela nuovoche le spese di allestimento di un laboratorio tipografi co rimaneva-no elevate, fuori dalla portata di semplici artigiani senza capitali. Nonostante la scottante necessità, e addirittura urgenza, percepita in taluni ambienti, del riavvio dell’attività tipografi ca, le ammini-strazioni rimasero sempre assolutamente restie all’investimento di capitali nel settore. Lo strumento per ottenere la reintroduzione dei torchi, come di altre attività economiche, rimase quello del privilegio, combinato magari ad altre facilitazioni, secondo una casistica che si può raggruppare in tre tipologie.

La prima consiste in agevolazioni fi scali (ad es. riduzioni o esen-zioni di dazi e gabelle sull’importazione di carta e materie prime, e sul commercio del libro in generale), nonché aiuti fi nanziari di ridotta entità (copertura spese per l’affi tto locali, o per il pagamento degli operai) fi no a giungere, in verità raramente, all’erogazione di un salario per un certo numero di anni : dispositivi defi nibili oggi come incentivi all’allocazione di nuove attività economiche o allo sviluppo di quelle esistenti.

La seconda consiste invece nella concessione del privilegio di esclu-siva totale (ovvero l’esercizio della stampa da parte di un solo ope-ratore) o parziale (relativamente ad alcune tipologie di opere) : que-sta concessione, talvolta connessa a servizi gratuiti nei confronti del concedente (ad es. pubblicazione di atti pubblici), 1 si risolve in una posizione economica di totale o parziale monopolio e in uno ius prohi-bendi nei confronti di stampatori concorrenti. Tali monopoli potevano identifi carsi nei privilegi di esclusiva per la stampa di particolari ma-teriali (statuti, bandi, pubblicazioni di amministrazioni varie, laiche ed ecclesiastiche) che valevano anche quali garanzia di committenza stabile. 2 Essi potevano essere raff orzati da privilegi più ampiamente commerciali, come, ad es., la franchigia o riduzione di dazi sulle im-portazione (di carta, di libri) per operatori che costantemente, oltre che stampare, si occupavano di commercio librario.

Infi ne, la terza casistica, che è anche la più frequente, consiste in con-

1 Ma la pubblicazione degli atti pubblici, poteva come abbiamo visto, essere messa in connessione con un pagamento oppure, all’opposto, essere assegnata dopo un appalto.

2 Naturalmente, questo genere di pubblicazione poneva problematiche particolari, per le quali si veda Giorgio Montecchi, I primi statuti a stampa : le procedure tipografi che di un genere editoriale aperto, in La norma e la memoria. Studi per Augusto Vasina, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 2004, pp. 269-293.

77stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschicessioni di carattere misto che garantiscono la situazione di esclusiva (totale o parziale), subordinandola però a un consistente ampliamento dell’attività economica, quale l’impegno a usare un certo numero di torchi, un certo assortimento di caratteri, o la continuità nell’esercizio del mestiere per alcuni anni. Le esclusive vengono inoltre raff orzate da agevolazioni fi scali o da piccoli aiuti fi nanziari. In questi casi, più evi-dentemente si insisteva sulla presentazione, da parte del richiedente il privilegio, di saggi di stampa e mostre di caratteri, che talvolta si sono conservati fi no ai giorni nostri. 1 Va però sottolineato che le esenzioni fi scali totali, in entrata e in uscita, erano assai rare.

Nell’incoraggiamento della stampa locale mediante concessioni di privilegi su alcune tipologie di materiali, ovvero nelle concessioni di carattere misto, fi nivano per combinarsi due interessi, uno di carattere pubblico, all’incremento delle attività economiche ed occupazionali del territorio, e uno di carattere privato, perché, neutralizzata la concorrenza, all’operatore erano consentiti maggiori guadagni.

Tutto ciò era ben noto negli ambienti tipografi ci. Per tutto il pieno e tardo Cinquecento, numerosi stampatori presentarono, in modo ricorrente, suppliche fedeli a un usuale formulario, richiedendo alle varie amministrazioni « qualche abilità e privilegio come sono consue-ti avere tutti li stampatori » (così Luca Bonetti alla città di Siena, da tempo priva di una stamperia stabile, nel 1568). 2 In questa casistica, si possono ricordare indicativamente alcuni nomi : cominciando magari dall’illustre stampatore ebraico, Gershom Soncino, che per installarsi ricevette dal Consiglio generale della città dell’Aquila, fi n dal 1509, copertura delle spese di affi tto della casa ed esenzione dei dazi in entrata e uscita, cui però nulla di concreto conseguì. 3 Stampatori ‘privilegiati’ furono Antonio Bellone a Genova (dal 1533, con privi-legio esclusivo di stampa nella Repubblica, monopolio commerciale

1 Ad Antonio Bellone, prima di conferirgli il privilegio di esclusiva di stampa, unito a numerose immunità, a Genova (ove la stampa era scomparsa da più di cin-quant’anni) si chiedeva esplicitamente una qualità pari « de stampa Baxilee vel ex meliori stampa Italie » (Donatella Benazzi, Oriana Cartaregia, Antonio, Cristoforo e Marc’Antonio Bellone, dtei, cit., vol. 1, pp. 92-98 : 93).

2 Bonetti nella sua supplica continuava chiedendo gli si desse l’esclusiva di vendita sul territorio per la proprie pubblicazioni « nel modo e nella forma che l’Eccellenza Vostra ha concesso in Fiorenza alli Torrentini et ai Giunti » (Curzio Bastianoni, Luca Bonetti, dtei, cit., vol. 1, pp. 171-173 : 171).

3 Più consapevole infatti sembra la concessione rilasciata assai più tardi (1552) a Niccolò Bianchino del privilegio di stampa esclusiva, ma nemmeno questa ha lasciato

78 angela nuovodei libri scolastici e immunità fi scali ; l’obbligo era di stampare tutte le leggi ed atti del governo e del Banco di S. Giorgio), 1 Antonio Blado a Roma (stampatore camerale fi n dal 1535, probabilmente salaria-to), 2 Vincenzo Busdraghi a Lucca (dal 1549, come tipografo pubblico e tipografo del Vescovo, con sovvenzioni per la stampa di materiale scolastico), 3 Vincenzo Conti a Cremona (dal 1555, con franchigia per la carta, locazione gratuita dei locali, esclusiva anche commer-ciale delle proprie edizioni e salario annuale), 4 Alessandro Benacci a Bologna (stampatore camerale ed episcopale fi n dall’inizio degli anni sessanta, con esenzioni daziarie), 5 Giorgio Marescotti a Firenze (dal 1585 : stampa dei bandi). 6 L’elenco potrebbe essere assai più lungo, e ricordare pure personalità come quelle di Pietro Farri, e la sua accentuata mobilità nell’Italia Centrale, proprio all’inseguimento di ogni occasione di guadagno, per quanto limitata e stentata ; 7 o anche,

prova di essere stata realizzata. Tutte le notizie qui riportate sono reperibili in Filippo M. Giochi, Alessandro Mordenti, Annali della tipografi a in Ancona, 1512-1799, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1980.

1 D. Benazzi, O. Cartaregia, Antonio, Cristoforo e Marc’Antonio Bellone, cit., pp. 92-98.

2 Marco Menato, Antonio Blado, dtei, cit., 1, pp. 147-149, con bibliografi a. Man-dati di pagamento della Camera Apostolica a Blado sono conservati a far data dal 1530. Si veda anche la voce Blado, Antonio in dbi, x, cit., pp. 753-757, a fi rma di Francesco Barberi.

3 Su Busdraghi, si veda ultimamente Franco Longoni, Le prime edizioni di Vincenzo Busdraghi, « Libri e documenti », 1-3, 2003, pp. 1-12, con bibliografi a. Anche nel l’ac-cordo con questo tipografo, il governo cittadino poneva due condizioni già viste a Firenze : la supervisione sui prezzi e la preventiva licenza, anche del Vicario del Ve-scovo di Lucca se il testo era di carattere religioso. Come già detto, è erroneo defi nire questo un « contratto-capestro » in forza di tali clausole, per altro già sperimentate nella legislazione precedente. La licenza di stampa non poteva che essere contestuale a una concessione del genere, e comunque ribadita in mancanza di una legislazione locale sulla stampa (vedila, ad es., ribadita nell’analogo benefi cio concesso a Udine nel 1569, sempre di obbligatorietà della licenza dell’inquisitore e dell’amministrazio-ne stessa, citato in E. Sandal, La tipografi a e il commercio, cit., p. 184). Il controllo dei prezzi in regime di monopolio faceva parte delle facoltà di un’amministrazione e di certo veniva applicata a tutti i comparti produttivi.

4 Rita Barbisotti, Vincenzo Conti, dtei, cit., 1, pp. 329-336.5 P. Bellettini, op. cit. ; Daniela Simonini, Paolo Temeroli, Benacci, Alessandro,

dtei, cit., 1, pp. 98-104.6 B. Maracchi Biagiarelli, op. cit. ; Giampiero Guarducci, Annali di Marescotti tipo-

grafi editori di Firenze (1563-1613), Firenze, Leo S. Olschki editore, 2001, pp. xiii-xiv.7 Rosalia Bigliardi, Giuseppina Bovini Tombari, Pietro Farri, dtei, cit., 1, pp.

428-430.

79stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschiricordare il caso del letterato e stampatore Anton Francesco Doni che nel 1558 off riva alla città dell’Aquila non solo di impiantare un’impresa tipografi ca di livello non mediocre, ma anche di assu-mersi l’incarico di scrivere – in volgare – la storia della città. 1 Con il passare del tempo, l’esame di idoneità dei candidati tipografi di-venne sempre più scrupoloso e attento, e venne condotto soprattutto sulla base della qualità e ampiezza dell’attrezzatura tipografi ca : così Vincenzo Conti allegava un campionario tipografi co completo alla sua domanda di privilegio, 2 così Venturino Ruffi nelli, trasferitosi da Venezia a Mantova per divenirne lo stampatore ducale, si era impe-gnato a stampare addirittura con quattro torchi. 3 Ampliamenti nella tutela commerciale potevano altresì giungere a proteggere l’impresa dal punto di vista dello smercio, impedendo ad altri il commercio locale di materiali il cui mercato si voleva riservare allo stampatore protetto. Non occorre sottolineare come tali stampatori si trovaro-no in posizione tale da dominare nettamente il mercato locale nelle città in cui si trovarono a operare, realizzando guadagni suffi cienti a garantire la continuità tipografi ca nel tempo alle varie comunità.

Negli ambienti bene informati, certamente, i vari accordi fi n qui descritti fi nivano per esser noti. Lo dimostrano le stesse suppliche degli stampatori. Se a Venezia si faceva riferimento agli atti di Firenze (caso Giolito), a Treviso ci si riferiva alle decisioni di Torino, e così via. 4 In questo modo, si metteva a fuoco, lentamente, un complesso

1 Salvatore Bongi, Annali di Gabriel Giolito de’ Ferrari da Trino di Monferrato, Roma, presso i principali librai, 1890-1897, vol. 2, pp. 42-43.

2 Barbisotti, Vincenzo Conti, cit., p. 336. Di Conti è rimasta pure una notevole serie di suppliche a stampa su fogli volanti, per l’attribuzione delle varie esenzioni fi scali, della casa, e persino una supplica al Consiglio generale perché gli commissioni una nuova edizione degli statuti cittadini (1559). È dunque evidente che erano gli stessi stampatori privilegiati a proporre occasioni di committenza, a ‘smuovere le acque’ di comunità forse non troppo sensibili al tema della memoria stampata dei loro atti.

3 Benedetto Osanna, Information vera di quanto sin’hora è occorso fra Giacomo, e Tomaso Ruffi nelli, et Francesco Osanna intorno alla stampa, Mantova, Francesco Osanna, 1598. L’opuscolo, di grande interesse, dimostra tra l’altro che, vigendo un contenzioso tra Ruffi nelli e Osanna sui privilegi di stampatore ducale, Ruffi nelli iniziò a stampare senza anno e con nome falso di città. Si veda Dennis E. Rhodes, Giacomo Ruffi nelli, 1547-1589, « La Bibliofi lia », 59, 1957, pp. 23-34.

4 « Il Serenissimo Duca di Savogia […] non ha guardato di condurre con spese grandissime, con sallarii, essensioni, et altri privilegi, librari di lontano per comodità et utile et per ornamento della sua città » : così ricordava il libraio trevigiano Angelo

80 angela nuovodi norme e risoluzioni atte a venir richiamate come una sorta di legislazione italiana sulla stampa. È un corpus di privilegi e decisioni che attende oggi di venir ricostruito, pubblicato e analizzato, in grado di portare nuova luce sulle condizioni del mercato librario nell’Italia del Cinquecento.

Reghettini rivolgendosi nel 1571 agli amministratori della sua città (Agostino Contò, La stampa a Treviso nel secolo xvi. Appunti per un catalogo, « Atti e memorie dell’Ateneo di Treviso », 7, 1989-1990, p. 140.

Nelle more di stampa del presente articolo, è stato pubblicato il volume di Carlo Maria Simonetti, La Vita delle « Vite » vasariane. Profilo storico di due edizioni, Firenze, Leo S. Olschki editore, 2005, di cui non mi è stato possibile tenere conto.

81stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschi

APPENDICE 11. Firenze, 5 aprile 1547.

Magnifi cus et eximius dominus Lelius Taurellus de Fano, auditor ac maior secretarius Illustrissimi et Excellentissimi domini Domini Cosmi Medicis, ducis Florentie, interveniens in infrascripta omnia et singula fa-ciens ut mandatarius et pro jure et nomine prefate Sue Excellentie et omni meliori modo ex parte una, et

Magnifi cus et egregius mercator librorum dominus Laurentius Turren-tinus de Flandria, nunc habitator Bononie, suo nomine proprio et pro omni suo jure et interesse et omni meliori modo ex parte altera venerunt ad infrascriptam conventionem et pacta infrascripta stipulatione fi rmata ut infra vulgari sermone per capitula reperiuntur :

Il decto maestro Lorenzo Torrentino spontaneamente et per sua certa scientia et spontanea et libera voluntà et in ogni miglior modo si obliga et promette al decto magnifi co Signor messer Lelio presente et in decto nome ricivente et stipulante havere condocto et totalmente havere messo in ordine in questa città di Firenze intra mesi octo proximi futuri già cominciati a dì 3 di gennaio proximo passato l’arte et exercitio della stamperia con dui torcoli pienamente corredati et fi niti, et nove lettere cioè : sei latine et tre greche di quella sorte di che ne ha mostro et lasciato saggio in mano di decto magnifi co Signor messer Lelio, o meglio se meglio sarà possibile. Et così i correctori, stampatori et altri ministri, di sorte che tale exercitio sia condotto a perfectione, et così la persona sua con sua moglie, fi gli et fami-glia, et arnesi per exercitarsi in essa stampa et in tutta la sua appartenenza et quella bene et diligentemente reggere et ministrare et governare et fare governare ad uso di diligente et leale mercante et maestro.

Obligasi decto maestro Lorenzo d’ogni et qualunque libro et cosa che egli stamperà, tanto piccola quanto grande, la prima che uscirà de decta stampa farla legare et portarla susò in palazzo et presentarla a Sua Excellentia in mano al Signor Maiordomo senza prezzo alcuno.

Più si obliga decto maestro Lorenzo a tenere fornito abondatemente la città di Firenze et di Pisa et tutto lo Stato d’ogni et qualunque sorte di libri in ogni facultà. Purché egli non possi stampare cosa alcuna senza havere prima licentia di Sua Excellentia o suo mandato acciò si vegga sempre che quelle tali cosa sieno buone et aprovate et non in danno della fede né disonestà in modo alcuno. Dichiarando che quando decto maestro Lorenzo o suoi ministri volessimo vendere i suoi libri, stampe et cose troppo care,

1 Per comodità del lettore, si pubblica il testo dei contratti Torrentino e Manu-zio.

82 angela nuovodonde i popoli se ne dolessimo, in tale caso vi s’habbia a porre pregio per Sua Excellentia o per chi da quella ne sarà ordinato et commesso, che così si contentono.

Et il decto Magnifi co Signor Auditore in decto nome spontaneamente promette e si obliga al decto maestro Lorenzo, presente, ricevente et sti-pulante, che Sua Excellentia in decto nome da hora gli concede che possi fare decta stampa et stampare tutti i libri et qualsivogli altra cosa, et che nessun altro per conto nessuno senza licentia et consenso del decto maestro Lorenzo possi stampare per via recta né indirecta, o sotto alcuno quesito colore in luogo alcuno di decto Stato di Sua Excellentia durante il tempo et termine di anni dodici proximi futuri, già cominciato decto dì 3 di gennaio proximo passato.

Item promette decto Signor Auditore in decto nome che Sua Excellen-tia si contenterà nel tempo et termine di decti anni dodici non possino mai venire in questo Stato libri o cose per incetta, o mercantia stampata in altri luoghi fuori di esso Stato, simili a quelle che saranno stampate in decta stamperia prima da lui che da altri siano state stampate altrove. Et venendocene per qualsivogli modo per incetta che si trovassino qua, s’in-tendino essere perdute et acquistate al decto et per il decto stampatore, et co’ denari [di] quei tali che le havessino condotte a dichiaratione di Sua Excellentia o suoi Ministri, et vadano le condennationi dove parrà a quella o a decti suoi ministri. Et questo è previsto perciò che stampando qualche bella opera, come si farà, talvolta per malignità potrebbe essere subito ri-stampata in Lione, nella Alemagna, in Venetia, o in altri simili luoghi, et tolto le fatiche al decto maestro Lorenzo.

Più promette che sua Excellentia li potrà fare favori appresso de’ suoi amici et confederati, et con li suoi ambasciatori, a fi ne che decto maestro Lorenzo possi ottenere diversi privilegi, come si usa, di fare opera che decto Illustrissimo et Excellentissimo Signor Duca lo aiuterà et favorirà come suo buon servitore et ministro in questa parte.

Più si obliga et promette decto Signor Auditore in decto nome dare et pagare al decto maestro Lorenzo ogni anno scudi cento d’oro in oro durante il tempo di decto dodici anni ; et questo per conto della pigione de’ siti che gli bisogneranno et in trattenimento de’ correctori et altre spese extraor-dinarie ; in conto del quale stipendio et provisione decto maestro Lorenzo già l’ha ricevuto, et così confessa, scudi cinquecento d’oro simili in questo modo : scudi ducento e cinquanta contanti da messer Cornelio Malvasia in Bologna per lettera di Bartolomeo Gualtieri et più lettera di decto indiretta a Andrea Rinier a Lione per altrettanti scudi ducento e cinquanta ad eff ecto di spenderli tutti in parte delle masseritie oportune per la decta stamperia et il restante, che sono scudi settecento si convengono doversi pagare al decto maestro Lorenzo intra decti anni dodici, ogni anno la rata.

83stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschiItem per fare più bella l’impresa si convengono et così dichiarano che al

decto maestro Lorenzo da hora sia fatto gratia et privilegio che per tempo et termine di decti anni dodici, cominciati come di sopra et da fi nire come segue, non ci possono venire per altre mani che per le sue, per incetta o mercantia, libri stampati in Francia o nella Alemagna d’ogni sorte, salvo per passo et eccepto i libri di legge, che questi convengono possino essere portati da ognuno.

Item convegono che al decto maestro Lorenzo sia lecito di potere portare arme per se et dui de’ suoi da nominarsi da lui durante decto tempo, con questo che esso et gli altri di sopra debbano haverne la bulletta solita, et non la havendo et essendo trovato con l’arme caschino nelle pene consuete di che e come per le leggi et ordini si dispone.

Più convengono che decto maestro Lorenzo debbia essere et sia immune da tutte le gabelle per conto di sue masseritie per che più comodamente possi condurre qua decta stampa.

Item convengono che decto maestro Lorenzo possi et sia tenuto in cia-schuno anno delli decti anni dodici mettere nella decta città di Firenze balle 130 in libre 260 la balla con gabella di quella che per mare [fa] condurre per la massa di Firenze di lira una soldi 15 per balla, et di quella che metterà per terra lire dui soldi 10 per balla, comprendendovi anchora altre stampe di astrologia et cosmografi a con facultà di potere mandare a casa, bottega o magazzino ; et venendoli bene, trarre di decta città tutto o parte di dec-ti libri condotti, habbia la medesima habilità che di quelli che per lui si stamperanno in detta città, cioè soldi 5 per balla di tratta, intendendosi la balla di mezza somma come di sopra ; con questo inteso che se a capo di ciascuno anno si havrà messo la somma delle decte balle 130 ne habbia a pagare per la gabella di quello che mancasse la metà a ragione della messa per terra et per l’altra metà a ragione della messa per mare.

Et le predecte cose et ciascuna di esse hanno fatto et fanno le decte parti salvo il beneplacito et ratifi catione di Sua Excellentia da dovere succedere infra octo dì prossimi futuri da poi che quella sarà tornata nella sua città di Firenze et non altrimenti.

Que omnia… etc.

(Firenze, Archivio di Stato, Notarile, vol. G 299, cc. 272-275)

2. Roma, s.d. [2 maggio 1561]Desiderando la S.tà di N. S.re per honor et seruitio della S.ta sedia ap.ca et

à benefi cio, et util. pubca di condur’in Roma una stampa, dalla quale escano libri ben corretti et emendati così della sacra scrittura come d’ogn’altra sorte, massime in questi tempi che le stampe si truouano in molti luoghi corrotte dagli heretici, et hauendo desegnato di darne cura à m. Pauolo Manuzio al presente abitante in Venetia, de qui è che la R. Cam.a ap.lica, per ordine

84 angela nuovoespresso, et in nome di su s.tà da una banda, e il prefato m. Pauolo, et per lui il molto R. Mons. Antonio Vescouo di Caserta suo procur’ dall’altra banda, si conuengano nel modo che siegue, cio è/

Che la detta Cam.ra conduce il p.to m. Pauolo all’Impresa et gouerno della detta stampa per anni dodici pross.i da uenire cominciando il p.mo giorno di Maggio pross.o, con prouisione de scudi cinquecento d’oro l’anno, da essergli pagati di sei in sei mesi inanzi tratto, la qual s’intenda cominciar’à correr’al detto giorno primo di Maggio pross.°, per il pagamento della qale essa Cam.a gli debba dar un assegnamento buono suffi ciente et esigibile et far’ con eff etto che su’ s.tà tra un mese poi chè esso m. Pauolo sarà arriua-to in Roma à conto della medemà prouisione gli darà un Caualerato Pio, qual debba esser messo nella persona del fi gliuolo del p.to m. Pauolo del pn’te mese presente/

Item che la detta Cam.ra gli debba far’ pagare ad ogni beneplacito suo ò del detto Mons. Di Caserta suo proc’ore scudi trecento simili, quali habbino da essere per le spese del condur’ se et la Famiglia sua da Venetia à Roma/

Item che la detta Camera à sue spese gli debba tener’ pagata per tutto il detto tempo d’anni xii una casa competente alla detta stampa, et capace della sua fameglia et Ministri che per conto d’essa stampa si haueranno à tenere/

Item che il detto m. Pauolo debba hauer’ la cura generale di cio che apparterrà non solo alla stampa ma ancora alla uendita de libri [stampati qui da lui aggiunta di mano del Morone]/

Item che la detta Camera debba prouedere al detto m. Pauolo primamente delli danari da spendersi nel apparato generale della nuoua stampa per quanti torcoli piacerà à su s.tà secondo l’ordine ch’esso m. Pauolo giudicherà esser necess° et dippoi debba souenire di quanto giornalmente bisognerà nel corso dell’Impresa, come in carte et altre cose necessarie, salarii di lauoranti, di correttori, oltre la persona d’esso m. Pauolo et d’altri Ministri et bisogni, le quali cose tutte debbano esser’ elette et regolate per prudente et buon consiglio del detto m. Pauolo./

Item che se per guerra ò peste ò per qual si uoglia altro impensato inci-dente, che Dio non uoglia, eccetto che non fusse per defetto suo, la detta stampa si fermassi, non di meno debba sempre correre et pagarsi al detto m. Pauolo la detta prouisione sino alla fi ne delli detti anni dodici, ne sotto qual si uoglia reuocatione ò sospensione s’intenda essere compresa/

Et di rincontro il detto m. Pauolo si debba per il detto eff etto metter’ in uiaggio per Roma come prima gli sia prouisto delli detti scudi trecento per le spese d’esso Viaggio, et seruir li detti anni xii secondo la forma di questi cap.li/

Item che il detto m. Pauolo debba gouernar la detta impresa lealmente et con quella fede et diligenza che si richiede/

85stampa e potere in italia : sondaggi cinquecenteschiItem conuengano che la detta Cam.ra debba a sue spese tener’appresso

al detto m. Pauolo un cassiero per man del quale si habbia da sborsare il danaro per l’uniuersal bisogno della detta stampa, et nelle cui mano debba uenir tutto il ritratto delli libri che alla giornata si uenderanno, il qale di tutto debba tener conto diligentemente. Et perché la detta Impresa si possa seguir sanza tema d’alcuno disordine che potessi succedere per conto del danaro che ui sarà da spendere, si habbi da deputar’un bancho à altra persona suffi ciente, il quale debba senza replica ò dilazione pagare al detto cassiero di uolta in uolta quel denaro che per conto della detta impresa dal detto m. Pauolo sarà ordinato [per suo mandato aggiunta di mano del Morone] /

Item che tra la detta Camera et il p.to Pauolo ogni quattro mesi si debba saldar’ il conto et rimborsata che si sarà prima la detta Cam.a col danaro del ritratto de libri che si uenderanno, di tutta la spesa che si sarà fatta nella detta impresa eccetto la detta prouisione di scudi 500 l’anno et la pigione della casa, di tutto il soprauanzo, la metà sia della detta Camera et l’altra metà del pr.to m. Pauolo. /

Item promette la detta Camera che su s.tà confermerà il presente contrat-to per un suo motuproprio con le clausule necessarie tra quindeci giorni prossimi da uenire.1

S.mus D. N. mandauit ut fi eret contractusIo.s Car.lis MoronusGu. As. Card.lis Cam.s

(Los Angeles, University Research Library. Department of Special collec-tions, Ms. 170/668 ; pubblicato in Lowry 1995, pp. 78-80)

1 Il Motu proprio è pubblicato in F. Barberi, op. cit., pp. 166-167.

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SOMMARIO

Presentazione · Foreword 9

saggi

James Mosley, Garamond, Griff o and others : the price of celebrity 17Dennis E. Rhodes, Appunti su librai-editori italiani del Cinquecento poco conosciuti. 1. Antonio Orero 43Angela Nuovo, Stampa e potere in Italia: sondaggi cinquecenteschi 53James Clough, Iron handpresses made in Italy during the 19th century 87Jesús Sepúlveda, La princeps del Parnaso español y la edición de la obra poética de Quevedo 119Adriaan van der Weel, Peter Verhaar, Book trade archives to book trade networks 151

rassegna

Fabio Massimo Bertolo, Il mercato del libro di pregio, alcune ri- fl essioni 169Roberta Cesana, La memoria bibliografi ca : storia dell’editoria e archivi editoriali 175James Clough, Gutenberg did not print with moveable type 199

Abstracts 205