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Questo contributo 1 rappresenta la sintesi di alcuni lavori indivi- duali, frutto di una reciproca collaborazione, nata dalla consapevolez- za che l’ambito di studio prescelto necessita dell’apporto di troppe discipline per poter essere affrontato singolarmente. Fino a pochi decenni fa non si era soliti lavorare in équipe per una ricerca di questo tipo, perché era diffusa l’idea che la ceramica grezza, usata prevalentemente per cucinare e conservare i cibi, fosse poco utile a fornire ampi quadri di sintesi e a ricostruire l’economia di un territo- rio. D’altra parte, la schedatura di questo vasellame richiede un note- vole dispendio di tempo e di energie, dal momento che negli scavi di età romana rappresenta una delle classi quantitativamente più rilevan- ti: “non va dimenticato che la ceramica grezza costituisce mediamente il 50-70% dei rinvenimenti ceramici di scavo di età romana, in tutta l’Italia e nelle province occidentali” 2 . 149 PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG NEI TERRITORI DI AQUILEIA, TERGESTE, FORUM IULII, IULIUM CARNICUM E IULIA CONCORDIA A cura di Patrizia Donat e Paola Maggi Testi di Tiziana Cividini, Patrizia Donat, Christof Flügel, Paola Maggi, Fulvia Mainardis, Gabriella Petrucci 1 Si ringraziano i funzionari della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia (Franca Maselli Scotti,Andrea Pessina, Paola Ventura, Serena Vitri), Maurizio Buora dei Civici Musei di Udine, Anne-Marie Adam dell’Université Marc-Bloch di Strasburgo, Beatrice Z ˇ bona Trkman del Goris ˇki muzej e Miha Mlinar del Tolminski mu- zej, che ci hanno permesso di studiare e pubblicare materiale inedito, fornendoci anche pre- ziosi consigli e segnalazioni; inoltre, un sentito ringraziamento va ai colleghi ed amici di seguito elencati, che hanno agevolato le nostre ricerche in tutti i modi, aiutandoci con infor- mazioni e consigli e permettendoci di accedere a materiali ancora inediti: Angela Borzacco- ni, Giovanna Cassani, Alessandro Duiz, Grazia Facchinetti, Federica Fontana, Annalisa Gio- vannini, Luciana Mandruzzato, Andrea Marensi, Brunella Portulano, Dorotea Riccobono, Eleni Schindler-Kaudelka, Tullia Spanghero, Cristiano Tiussi, Michael Unterwurzacher. 2 Contributo 1997, p. 9. Le percentuali crescono ancora di più quando sono oggetto di studio insediamenti rurali o montani; un ottimo esempio per questi casi costi- tuiscono l’insediamento di Monte Sorantri di Raveo (abitato: 75%; fosse rituali: Tr. 14, 99%; Tr. 11, 43%) e le necropoli rurali di Basaldella e Pozzuolo del Friuli (le urne cine- rarie recuperate sono quasi esclusivamente contenitori in ceramica grezza) trattati nel pre- sente lavoro.

Produzione, funzione e commercializzazione dei Vasi Auerberg nei territori di Iulium Carnicum, Forum Iulii, Aquileia, Tergeste e Iulia Concordia

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Questo contributo 1 rappresenta la sintesi di alcuni lavori indivi-duali, frutto di una reciproca collaborazione, nata dalla consapevolez-za che l’ambito di studio prescelto necessita dell’apporto di troppediscipline per poter essere affrontato singolarmente.

Fino a pochi decenni fa non si era soliti lavorare in équipe per unaricerca di questo tipo, perché era diffusa l’idea che la ceramica grezza,usata prevalentemente per cucinare e conservare i cibi, fosse poco utilea fornire ampi quadri di sintesi e a ricostruire l’economia di un territo-rio. D’altra parte, la schedatura di questo vasellame richiede un note-vole dispendio di tempo e di energie, dal momento che negli scavi dietà romana rappresenta una delle classi quantitativamente più rilevan-ti: “non va dimenticato che la ceramica grezza costituisce mediamenteil 50-70% dei rinvenimenti ceramici di scavo di età romana, in tuttal’Italia e nelle province occidentali” 2.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONEDEI VASI AUERBERGNEI TERRITORI DI AQUILEIA, TERGESTE, FORUMIULII, IULIUM CARNICUM E IULIA CONCORDIA

A cura di Patrizia Donat e Paola Maggi

Testi di Tiziana Cividini, Patrizia Donat, Christof Flügel, PaolaMaggi, Fulvia Mainardis, Gabriella Petrucci

1 Si ringraziano i funzionari della Soprintendenza per i Beni Archeologici delFriuli Venezia Giulia (Franca Maselli Scotti, Andrea Pessina, Paola Ventura, Serena Vitri),Maurizio Buora dei Civici Musei di Udine, Anne-MarieAdam dell’Université Marc-Blochdi Strasburgo, Beatrice Zbona Trkman del Goriski muzej e Miha Mlinar del Tolminski mu-zej, che ci hanno permesso di studiare e pubblicare materiale inedito, fornendoci anche pre-ziosi consigli e segnalazioni; inoltre, un sentito ringraziamento va ai colleghi ed amici diseguito elencati, che hanno agevolato le nostre ricerche in tutti i modi, aiutandoci con infor-mazioni e consigli e permettendoci di accedere a materiali ancora inediti: Angela Borzacco-ni, Giovanna Cassani, Alessandro Duiz, Grazia Facchinetti, Federica Fontana, Annalisa Gio-vannini, Luciana Mandruzzato, Andrea Marensi, Brunella Portulano, Dorotea Riccobono,Eleni Schindler-Kaudelka, Tullia Spanghero, Cristiano Tiussi, Michael Unterwurzacher.

2 Contributo 1997, p. 9. Le percentuali crescono ancora di più quando sonooggetto di studio insediamenti rurali o montani; un ottimo esempio per questi casi costi-tuiscono l’insediamento di Monte Sorantri di Raveo (abitato: 75%; fosse rituali: Tr. 14,99%; Tr. 11, 43%) e le necropoli rurali di Basaldella e Pozzuolo del Friuli (le urne cine-rarie recuperate sono quasi esclusivamente contenitori in ceramica grezza) trattati nel pre-sente lavoro.

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

Negli ultimi tempi alla classe è stata riservata maggiore attenzio-ne, poiché si è capito che essa, pur essendo per lo più di fabbricazionelocale o regionale, può dare diverse informazioni sulla materia primautilizzata, sulle tecniche produttive e sui modi di lavorazione e di cot-tura 3. Appare, inoltre, sempre più evidente che alcune produzioni diceramiche grezze e comuni, destinate soprattutto alla cottura degli ali-menti, hanno avuto una circolazione ad ampio raggio 4. In gran parteinesplorate sono le potenzialità delle ceramiche comuni in ambito cul-turale e socio-economico 5. L’aumento dell’interesse nei riguardi dellaceramica grezza nell’area alpina compresa tra Baviera meridionale eSlovenia occidentale e, soprattutto, in Italia nord-orientale (Veneto,Friuli Venezia Giulia) sta recentemente evidenziando un utilizzo dellaclasse, ancora poco documentato, nel trasporto a medio raggio di mercie generi alimentari 6.

Una stretta collaborazione tra studiosi austriaci, tedeschi 7 e ita-liani 8 si è resa, dunque, necessaria nello studio di questa ceramica dif-fusa tra la Baviera, la Slovenia occidentale e l’Italia nord-orientale. Inostri contributi sono stati concepiti unitariamente e sono finalizzatiall’analisi di alcune delle principali problematiche che i vasi Auerberg

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3 Ceramiche in Lombardia 1998, pp. 133-229; Contributo 1997; OLCESE 2003, p.9; ZABEHLICKY-SCHEFFENEGGER 2004.

4 OLCESE 2003, p. 9; BATS 1988; FABBRI, GUALTIERI, GUIDUCCI 2004.5 La scelta di alcune forme rispecchia abitudini alimentari e culturali: BATS 1988;

Ceramiche in Lombardia 1998, pp. 133-138; POLETTI ECCLESIA 1999; OLCESE 2003, p. 9;MARENSI 2004; cfr. il contributo di Giovanna Cassani, Silvia Cipriano, Patrizia Donat eRenata Merlatti in questo volume.

6 Per l’età della romanizzazione si fa riferimento ad una forma standardizzata dicontenitore, la cosiddetta olla Sevegliano 4, diffusa in produzioni e varianti diverse dallaLombardia orientale al Friuli, all’interno delle quali è stato riconosciuto un gruppo pata-vino bollato. Fino a poco tempo fa si riteneva che quest’ultima fosse diffusa solamenteattorno a Padova, ora invece alcuni ritrovamenti ad Aquileia indicano l’esistenza di scam-bi a carattere regionale. Il fatto che si tratti di ceramica di qualità mediocre per poter esse-re usata per la cottura e che non siano mai state trovate tracce di esposizione al fuoco fapensare che la bollatura vada riferita piuttosto al contenuto che al contenitore: Vasi bolla-ti 2000; CIPRIANO, MAZZOCCHIN 2003, pp. 456-457; MAZZOCCHIN 2004, pp. 141-142;GIOVANNINI 2005, pp. 530-534; Si ricorda che è stato anche proposto che la forma potesseessere stata usata per l’attività metallurgica: Vasi bollati 2000, p. 75. Nella piena età roma-na la funzione di contenitore da trasporto interessa in primo luogo la ceramica Auerberg,oltre ad altre forme a cui si farà riferimento nella trattazione.

7 SCHINDLER KAUDELKA, ZABEHLICKY-SCHEFFENEGGER 1995; FLÜGEL, SCHINDLER-KAUDELKA 1995; FLÜGEL 1999.

8 Quadrivium 1999; DONAT 2001, pp. 381-382; Fornaci 2006; La fauna 2006;DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006; Pratiche cultuali 2007.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

hanno posto nell’ultimo decennio. L’attuale lavoro, che prende spuntodall’iniziativa di Christoph Flügel e Eleni Schindler-Kaudelka prima,e poi, per il Friuli Venezia Giulia, di Maurizio Buora e della scrivente,non sarebbe stato possibile senza il sostegno di Ursula Baumer, ErikFlügel, Wolfgang Häusler, Michael Joachimski, Joachim Koller,Gerwulf Schneider, Ursula Wagner, che hanno effettuato le analisiarcheometriche.

Nel loro contributo pubblicato in questa sede Eleni Schindler-Kaudelka e Susanne Zabehlicky-Scheffenegger trattano la ceramicaAuerberg dal punto di vista della storia degli studi, della definizione,della morfologia, della tecnologia, della diffusione, del suo possibilesviluppo da forme preromane, della datazione e delle analisi archeo-metriche. Tale inquadramento viene preso a riferimento nel presentearticolo, che mira ad approfondire l’analisi della distribuzione dellevarie produzioni di vasi Auerberg nei territori di Aquileia, Tergeste,Forum Iulii, Iulium Carnicum e Iulia Concordia, per cercare di trarreinformazioni sugli scambi economici tra l’area alpina nord-orientale ele regioni pianeggianti e costiere e di formulare nuove ipotesi sulle sedie sulle attività produttive.

(P. D.)

1. I PRINCIPALI GRUPPI D’IMPASTO DELLA CERAMICAAUERBERG9

Le analisi archeometriche hanno permesso di suddividere i cam-pioni di ceramica Auerberg in tre gruppi distinti 10.

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9 La ceramica Auerberg rinvenuta in Rezia e nel Norico è stata più volte oggettodi ampi contributi, ai quali qui si rimanda (Rezia: Römische Keramik 1997; FLÜGEL 1999,pp. 77-107; FLÜGEL, SCHNEIDER 2001; Roman Coarse Ware 2004; Norico: cfr. il contribu-to di Eleni Schindler-Kaudelka, Susanne Zabehlicky-Scheffenegger in questo volume).Nell’imposibilità di sottoporre ad analisi archeometriche tutta la ceramica presa in consi-derazione, i frammenti non analizzati sono stati da noi attribuiti alle singole produzionisulla base dell’osservazione macroscopica.

10 La suddivisione in gruppi si basa sui risultati delle indagini archeometriche svol-te su ceramica Auerberg dalla Rezia (Auerberg, Augsburg, Kempten, Lorenzberg,Innsbruck), dal Norico (Linz, Gurina, Aguntum, Magdalensberg), dalla Pannonia(Poetovio-Ptuj) e dal Nord Italia (BZ: Gudon/Gufidaun; UD: Invillino, Verzegnis, Zuglio,Basaldella, Pavia di Udine, Lovaria di Pradamano, Codroipo, Rivignano, Aquileia; VE:Portogruaro, Altino). Per gli inclusi sono state utilizzate le analisi a sezione sottile e l’a-nalisi degli isotopi, mentre per la definizione della matrice i campioni sono stati sottopo-sti all’attivazione neutronica, alla spettroscopia di Mössbauer, a prove di ricottura e a

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

Gruppo 1. Ceramica Auerberg cosiddetta “nera”, prodotta preva-lentemente nella prima metà del I secolo d.C., generalmente a mano,con l’orlo rifinito al tornio, e caratterizzata dall’aggiunta di inclusi dimarmo proveniente da Vipiteno/Sterzing o da Gummmern, pressoSpittal an der Drau (Carinzia, Austria; in età romana territorio diTeurnia) 11. La superficie di colore nero, grassa al tatto, è un altro ele-mento distintivo; le analisi gascromatografiche hanno permesso diverificare che si tratta di grasso di montone 12. La ceramica Auerberg

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difrattometria RX: Römische Keramik 1997; FLÜGEL 1999, pp. 95-107; Quadrivium 1999,in part. tab. 1-2; Roman Coarse Ware 2004; DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006, pp. 209-212e 229-230 (Anhang).

11 È molto difficile distinguere i marmi alpini orientali di Vipiteno/Sterzing e diGummern solamente attraverso l’uso delle analisi degli isotopi. Per ottenere dei risultaticerti bisogna utilizzare anche analisi geochimiche ed analisi delle dimensioni degli inclu-si: Provenance Study 2005. Ad Aguntum e nel suo territorio, confinante a sud con il baci-no amministrativo di Iulium Carnicum, dove verosimilmente si può ipotizzare ci fosse unaproduzione di ceramica Auerberg “nera”, tutti i monumenti in pietra sono stati realizzaticon marmo di Gummern, una delle più importanti cave delle Alpi orientali: ProvenanteStudy 2005, pp. 268-273, figg. 6-10; DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006, pp. 209-210, nt. 5.

12 Roman Coarse Ware 2004.

Fig. 1. Diagramma degli isotopi della ceramica Auerberg analizzata in Friuli conindicazione dei gruppi di riferimento riconosciuti.

2.b

1.b

3.c

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

“nera” è stata suddivisa in tre sottogruppi, sulla base di analisi ad atti-vazione neutronica (NAA) della matrice:- Gruppo 1.a. Ceramica rinvenuta sull’Auerberg (Baviera).- Gruppo 1.b. (figg. 1-2) Ceramica dalla Rezia (Kempten, Lorenzberg,

Augsburg, e pochi esemplari da Auerberg), dal Norico (Aguntum eGurina) e dal Nord Italia (Gudon/Gufidaun, Invillino, Verzegnis, Raveo,Zuglio, Lovaria, Pavia di Udine, Codroipo, Rivignano, Aquileia). Sullabase di confronti con campioni di terreno prelevati a Abfaltersbach (23km a ovest di Aguntum), e di frequenti ritrovamenti di ceramicaAuerberg “nera” nella stessa zona 13, si ipotizza l’esistenza di una pro-duzione del gruppo in quest’area 14.

- Gruppo 1.c. Ceramica da Sebatum/San Lorenzo di Sebato/SanktLorenzen in Val Pusteria.

Gruppo 2. Produzioni locali di ceramica Auerberg con aggiuntadi marmo diverso da quello del gruppo 1; la superficie del vaso, gene-ralmente lavorato a mano, non è grassa al tatto.- Gruppo 2.a. Ceramica dal Norico meridionale (Magdalensberg 15, Teur-

nia, Linz) inquadrabile nella prima metà del I secolo d.C.; è realizzatacon marmo locale.

- Gruppo 2.b. (fig. 3) Ceramica dal territorio di Aquileia e Cividale, fab-bricata a mano con marmo la cui provenienza non è nota 16. In questointervento si cercherà di proporne le possibili aree di produzione, sullabase della diffusione.

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13 Con bibliografia precedente: DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006, pp. 210-211 e 229-230 (Anhang), nt. 8.

14 Le cave d’argilla dell’area sono state sfruttate anche nel Medioevo e nell’etàmoderna per fabbricare ceramica: HÖCK 2005; DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006, p. 210.

15 Cfr. il contributo di Eleni Schindler-Kaudelka, Susanne Zabehlicky-Scheffeneggerin questo volume.

16 Quadrivium 1999, pp. 133-136, Aquileia (21/350 AQ-01), Pavia (UD 21/190),Lovaria (UD 21/191), e 138, gruppo 2.a.

Figg. 2-4. Sezioni sottili di campioni di ceramica Auerberg. 2. dal Monte Sorantridi Raveo (gruppo 1.b); 3. da Aquileia (gruppo 2.b); 4. dalla fornace di Flambruz-zo (gruppo 3.c).

2 3 4

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Gruppo 3. Ceramica a matrice sabbiosa, priva dell’aggiunta dimarmo, fabbricata al tornio durante tutto il I secolo d.C. Anche peressa si può proporre in via preliminare una suddivisione in sottogrup-pi, corrispondenti a diverse produzioni. Tale suddivisione è frutto inparte delle analisi archeometriche ed in parte della ricerca archeologi-ca; in particolare i sottogruppi del gruppo 3.c.3 sono stati individuatisulla scorta di dati archeologici ed epigrafici.- Gruppo 3.a. Ceramica prodotta sull’Auerberg 17.- Gruppo 3.b. Ceramica dal Magdalensberg 18.- Gruppo 3.c. Ceramica dal territorio del Friuli Venezia Giulia, a sua

volta distinguibile nelle seguenti produzioni in base non solo ai datiarcheometrici, ma anche ai bolli e ai rinvenimenti in contesti fornacali 19

(fig. 1):- Gruppo 3.c.1. Ceramica prodotta nel sito del Locavaz.- Gruppo 3.c.2. Ceramica prodotta nella fornace di Flambruzzo (fig. 4).- Gruppo 3.c.3. Produzioni bollate dal Medio Friuli e dal Cividalese.- Gruppo 3.d. Ceramica dal Veneto 20.

Nell’ambito territoriale qui preso in esame si è riconosciuta fino-ra la presenza dei gruppi 1.b, 2.b e 3.c.

(P. D., Ch. F.)

2. I GRUPPI ATTESTATI IN AMBITO REGIONALE: FORMA, FUNZIONE E IMPASTO

2.1 Ceramica del gruppo 1.b

2.1.1. Il ritrovamento del Monte Sorantri di Raveo

Le conoscenze su questo gruppo ceramico si sono accresciutenegli ultimi anni grazie a numerosi dati scaturiti da scavi condotti ininsediamenti d’altura. Per il nostro studio risultano fondamentali iritrovamenti fatti a Làgole di Calalzo nel Cadore 21, sul Colle Santino

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17 FLÜGEL 1999, p. 79.18 Cfr. il contributo di Eleni Schindler-Kaudelka, Susanne Zabehlicky-Scheffenegger

in questo volume.19 Cfr. infra, pp. 173-178 per i bolli e pp. 165-173, per le fornaci.20 Quadrivium 1999, pp. 134-136. Per ora non è possibile stabilire con sicurezza se

le produzioni individuate in Veneto, ad Altino e a Portogruaro siano da considerarsi loca-li o d’importazione friulana.

21 FOGOLARI, GAMBACURTA 2001.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

di Invillino 22 e sul Colle Mazéit di Verzegnis 23, nell’alta valle delTagliamento, e soprattutto sul Monte Sorantri di Raveo, nella valle delDegano (figg. 5-6).

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22 BIERBRAUER 1987.23 VANNACCI LUNAZZI 2002; VANNACCI LUNAZZI 2003; VANNACCI LUNAZZI 2004.

Fig. 5. Carta di distribuzione dei gruppi d’impasto individuati.

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Sul Sorantri la Soprintendenza per i Beni Archeologici del FriuliVenezia Giulia ha condotto tra il 1998 ed il 2004 una serie di campa-gne di scavo nell’ambito del progetto “I Celti in Friuli: archeologia,

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Fig. 6. Carta dei contesti di rinvenimento della ceramica Auerberg del FriuliVenezia Giulia.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

storia e territorio” 24. In età romana sulla sommità del monte venneeretto un insediamento, circondato da una cinta muraria alla quale siaddossavano le case. È stata indagata un’unità abitativa costituita daalmeno quattro vani, articolati su due livelli e probabilmente divisi traloro da uno spazio aperto, la cui costruzione risale alla fine del I seco-lo a.C. 25. L’edificio subì presto un disastroso crollo; alla distruzioneseguirono delle ristrutturazioni e un probabile utilizzo non abitativo,provato dalla grande quantità di resti di fauna con tracce di macella-zione, rinvenuti in associazione con ceramica grezza, in alcuni dei vanimessi in luce. La formazione degli strati più antichi potrebbe essereavvenuta già in epoca giulio-claudia, sebbene l’attività sembri essereperdurata fino all’inizio del II secolo d.C., portando a supporre che lafabbricazione del gruppo 1.b sia continuata ben dopo la metà del Isecolo d.C.

(P. D.)

2.1.2. I dati archeozoologici

Il complesso faunistico recuperato nel corso delle indagini svoltesul Monte Sorantri presenta alcune caratteristiche particolari che sonostate già oggetto di trattazione 26. Su un totale di circa 1500 reperti osseiportati alla luce in tutta l’area indagata, 713 resti (pari al 47,5%) si rife-riscono ai livelli di riutilizzo dei due vani defunzionalizzati a seguito diun evento distruttivo, ai quali si è precedentemente accennato.L’insieme è formato quasi esclusivamente da resti di mammiferi dome-stici, tra i quali si osserva sempre la netta ed assoluta prevalenza deicaprovini (90% circa dei reperti determinati) sulle altre specie (bue emaiale). Di rilievo il fatto che gli ovini siano prevalenti (63% dei restideterminabili) sulla capra. Questo notevole accumulo intenzionale diossa di caprovini è formato in gran parte (tra il 50 e il 60% dei restiossei) da mandibole, mascelle, crani e denti isolati, che possono essereinterpretati come elementi di scarto della prima macellazione; il rap-porto quantitativo tra gli altri segmenti anatomici dello scheletro post-

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24 Monte Sorantri 2002; Monte Sorantri 2003; VITRI 2004; VITRI 2005.25 Nei livelli di fondazione non è stata recuperata ceramica Auerberg; i primi esem-

plari relativi alla forma vengono dagli strati più bassi di crollo e vanno dunque inquadratitra la tarda età augustea e l’età giulio claudia. Lo studio dei materiali è stato effettuato daPatrizia Donat.

26 DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006; La fauna 2006; un breve accenno anche nel con-tributo di Gabriella Petrucci in questo volume.

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craniale presenti nell’accumulo fa supporre che tutte le operazioni ditrattamento delle carcasse avvenissero nei pressi dell’area destinata allosmaltimento dei residui di tali attività, e che pertanto gli scarichi esa-minati siano costituiti dai resti della macellazione primaria (abbatti-mento, depezzamento grossolano, eliminazione scarti), da quelli delladisarticolazione e della scarnificazione, dai resti delle attività di prepa-razione delle porzioni carnee e del loro consumo. Le indicazioni in talsenso provengono dall’osservazione delle numerose tracce di macella-zione riscontrate sui reperti, che suggeriscono le successive tappe della“catena operativa” mediante le quali si procedeva durante la lavorazio-ne delle carcasse animali: sono attestate tracce di sgozzamento (striesottili trasversali sulla faccia ventrale di un atlante di pecora), spella-mento (strie sui metapodiali), eviscerazione (strie trasversali sullecostole), separazione in due mezzene (tagli longitudinali lungo i corpivertebrali), disarticolazione (tagli e strie sulle mandibole, a livello delleepifisi delle principali ossa lunghe, in qualche caso a carico delle arti-colazioni prossimali delle prime falangi e sui bacini). Fendenti in suc-cessione portati su alcune ossa indicano l’attività di raschiamento dellacarne a crudo. Tagli netti trasversali praticati alla base di alcune cavic-chie ossee di capra per separarle dal cranio suggeriscono il probabileuso della guaina cornea come materiale lavorabile.

Le caratteristiche di eruzione ed usura dei resti dentari hanno con-sentito di valutare il numero minimo di individui distribuiti nelle varieclassi di età: il 24% circa risulta essere stato abbattuto tra i 2 e i 3 anni,mentre il 40% tra i 3 e i 4 anni. Si nota dunque una netta preferenzanella macellazione per animali subadulti e appena adulti; esemplarimolto giovani sono praticamente assenti, mentre quelli più maturi sonoscarsamente rappresentati. Una simile distribuzione degli individui pro-babilmente riflette uno sfruttamento di pecore e capre mirato principal-mente al consumo della carne, oltre che all’ottenimento di prodottisecondari o di lana, per i quali conviene lasciare vivere gli animali piùa lungo 27. La riproduzione doveva essere assicurata mantenendo in vitaalmeno fino agli otto anni una piccola percentuale di femmine.

In base alle evidenze morfometriche, si segnala una certa omoge-neità dimensionale all’interno di questa popolazione, caratterizzata da

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27 La scelta mirata rivolta a pecore di età ben definita potrebbe anche far pensare adun uso di questi animali come vittime di sacrifici, ma la presenza di numerose tracce dimacellazione sui resti ad indicare attività di spellamento e scarnificazione sembra piutto-sto identificare l’accumulo come conseguente azione di preparazione di porzioni alimen-tari. Purtroppo i dati per discriminare i maschi dalle femmine sono pochi, e non consento-no di valutare una maggior incidenza di un sesso rispetto all’altro.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

animali di grossa taglia confrontabili con le forme tipiche di età roma-na, ad esempio quelle di Aquileia 28. Le ossa sono robuste, la mediadelle altezze al garrese calcolate su alcuni elementi è di cm 73 circa.

Appare dunque evidente che la scelta di abbattere pecore e capredi una ben determinata età ed il trattamento delle loro carcasse secon-do le modalità sopra descritte possono essere messi in relazione con lanecessità di ottenere qualche prodotto in particolare (la carne e altrielementi di origine organica anche non ad esclusivo valore alimenta-re), e quindi con una specializzazione nell’ambito dell’allevamentoovicaprino condotto nei pressi del sito tra la fine del I e l’inizio del IIsecolo d.C.

(G. P.)

2.1.3. La funzione come contenitori per il trasporto di conserve dicarne o di sego

Il ritrovamento del Monte Sorantri porta dunque ad ipotizzare cheun’importante attività dell’insediamento fosse l’allevamento deicaprovini e lo sfruttamento dei prodotti da esso derivati 29. Negli stessilivelli, assieme ai resti di macellazione, è stato rinvenuto anche uningente quantitativo di vasi Auerberg “neri” 30 (tav. 2, n. 5; fig. 14; tav.

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28 RIEDEL 1994.29 In Italia settentrionale le modalità di macellazione degli animali e di trattamento

delle porzioni carnee, destinate alla vendita e al consumo, sono ampiamente testimoniateda tutti i tipi di fonti. Sull’argomento per il territorio di Aquileia cfr. i contributi di MonicaChiabà e di Gabriella Petrucci in questo volume. Si citano ancora per l’epigrafia della XRegio, ed in particolare per Iulia Concordia: ZIMMER 1982, pp. 104-105, n. 14; CHIOFFI

1999, pp. 80-85. Per la media età imperiale esistono nelle province nordoccidentali diver-si esempi documentati dalle indagini archeologiche della lavorazione della carne. AdAugusta Raurica/Augst (Svizzera) sono stati individuati dei banchi di macellazione. Lacarne spesso veniva affumicata, secondo un procedimento usato già in epoca La Tène.Nella stessa città e in altri siti della Svizzera, nella Francia dell’Est e nella Germaniasudoccidentale è documentata anche l’affumicatura della carne sulla base di fonti scritte edel ritrovamento di forni e di resti di ossa: BERGER 1998, pp. 145-148, fig. 133; Stadt derKelten 2002, pp. 38-39, fig. 9; BERKE 1995, p. 358; VOLLMER 1985, n. 175. Per ulterioriconfronti: DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006, pp. 214-215, ntt. 28-29.

30 All’interno del gruppo sono stati riconosciuti vasi molto piccoli, delle dimensio-ni di un bicchiere (tav. 3, n. 10), vasi di medie dimensioni e vasi di grandi dimensioni (tav.2, n. 5; fig. 14), che arrivano a più di 40 cm di diametro. La decorazione è quella tradi-zionale della ceramica Auerberg a fasce di linee, incise a pettine: DONAT, FLÜGEL,PETRUCCI 2006, pp. 215-218, Abb. 6.

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3, n. 10) e di altre forme in ceramica grezza 31, tutte con rivestimentodi grasso. Poiché la presenza di quest’ultimo esclude un utilizzo per lacottura 32, bisogna pensare che si trattasse piuttosto di contenitori.

Il fortunato ritrovamento del Monte Sorantri ci permette di avan-zare nuove proposte sull’impiego dei vasi Auerberg appartenenti algruppo 1.b 33. In precedenza si era sempre pensato che il grasso venis-se usato per impregnare la superficie ceramica in modo da ridurne laporosità 34. Per quanto riguarda il prodotto conservato e/o trasportatonei nostri vasi, Maurizio Buora, rifacendosi alle fonti antiche, avevaproposto una marmellata di mele, i famosi mala Matiana 35. Le analisigascromatografiche hanno dimostrato che il rivestimento era costitui-to da grasso di montone mettendo, dunque, in dubbio quest’ipotesi.Un’ulteriore possibilità porterebbe a pensare che l’impregnatura venis-se usata per proteggere i vasi dal freddo dell’inverno in montagna 36.Le numerose olle Auerberg ritrovate sul Magdalensberg, posto più omeno alla stessa altitudine del Monte Sorantri, non recano, però, alcu-na traccia di grasso. Sulla base di queste considerazioni e del ritrova-mento del Monte Sorantri riteniamo di poter proporre, come ipotesiplausibile, che nei contenitori venissero conservati e commercializzaticarne di caprovini essiccata, affumicata o immersa nel grasso 37, oppu-re sego da utilizzare per l’illuminazione 38. Il grasso avrebbe impre-

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31 DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006, pp. 218-221, Abb. 7.32 Il rivestimento sarebbe, infatti, scomparso; inoltre sui vasi del gruppo 1.b non

sono mai presenti tracce di esposizione al fuoco.33 La fauna 2006; DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006, a cui si rimanda anche per un

inquadramento tipologico.34 FLÜGEL, SCHNEIDER 2001, p. 88.35 Quadrivium 1999, pp. 139-143.36 La fauna 2006, p. 329.37 In Slovenia fino al XX secolo la carne salata veniva conservata nel grasso all’in-

terno di botti. In Svizzera e nel Magreb tuttora si usa essiccare la carne dei caprovini; iltipo di macellazione e le caratteristiche della fauna trovano stringente confronto con i ritro-vamenti del Monte Sorantri: SIDI MAAMAR 1994. Particolarmente interessante per un pos-sibile precedente nella Pedemontana friulana, appare anche il fatto che, in una casa gra-naio dell’abitato protostorico di Montereale Valcellina (PN, V secolo a.C.), uno dei doliicollocati nel magazzino seminterrato conteneva, secondo recenti indagini archeometriche,grasso animale: VITRI 2006, p. 187.

38 Non dappertutto nell’impero romano sono state usate le lucerne per l’illumina-zione. In area alpina s’impiegavano anche fiaccole di legno e candele. Le analisi archeo-metriche hanno permesso di rilevare che il combustibile era costituito da sego su unalucerna protoimperiale del tipo Tiegellampe dal Magdalensberg (FARKA 1977, pp. 87-90)e su tre lucerne rinvenute a nord delle Alpi (ROTTLÄNDER 1992, pp. 222-225). AVindolandia, nell’Inghilterra settentrionale, su una tavoletta iscritta, è menzionato il rifor-nimento di 15 sextarii (1 sextarius = 547,2 ml) di grasso di maiale (axungia): BOWMAN

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

gnato l’intero vaso, considerata anche la porosità dell’impasto. Ladistribuzione della ceramica Auerberg “nera” dall’Italia nord-orientalealla Rezia meridionale fa pensare ad una commercializzazione piutto-sto ampia dei prodotti (grasso, carne, sego) in essa conservati 39.

Se si allarga l’indagine ad altri siti d’altura posti tra la via ClaudiaAugusta e la strada che collegava Aquileia con Aguntum, passando peril territorio di Iulium Carnicum, è possibile rilevare in diversi di que-sti l’associazione tra i contenitori Auerberg “neri” e i resti archeozoo-logici dell’allevamento di caprovini (fig. 5).

Solo pochi chilometri a sud-ovest di Raveo, sul Colle Santino diInvillino 40 e sul Colle Mazéit di Verzegnis 41 l’allevamento dei piccoliruminanti pare essere stato un’attività molto importante. È comunquepossibile riconoscere una diversificazione tra il Monte Sorantri e ilColle Santino da un lato e il Colle Mazéit dall’altro; mentre, infatti, aRaveo e ad Invillino lo sfruttamento dei caprovini sembra essere statouna delle principali fonti di sostentamento, a Verzegnis venivano alle-vate anche altre specie, come i bovini ed i suini; inoltre, in quest’ulti-ma località, la ceramica grezza recuperata mostra una maggiore varietàdi forme, indice di contatti commerciali a più ampio raggio 42. Pure ilsantuario alpino di Làgole di Calalzo, nella valle del Piave 43, ha resti-tuito per l’epoca romana quasi solamente ossa di caprovini 44; il ritro-

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1983, pp. 30-33, nt. 5. Candele di sego e fiaccole ricoperte di sego sono menzionate anchedagli autori classici: COL., 2, 21, 3; AMM. MARC., 18, 6, 5.

39 Per conservare e trasportare carne (di tordo) sembrano essere state usate anche le“Halterner Kochtöpfe”: MITTAG 1999, p. 245.

40 Qui, nei livelli primoimperiali, è stato recuperato un ingente quantitativo di cera-mica Auerberg “nera”, che sulla base delle analisi ad attivazione neutronica della matricee degli isotopi del marmo è stato possibile attribuire allo stesso gruppo cui appartengonoi frammenti di Raveo. Già Volker Bierbrauer, che ha pubblicato l’insediamento, era rima-sto colpito dal cospicuo quantitativo di ossa di caprovini venuto alla luce nel corso delleindagini, tanto da ipotizzare che una delle più importanti attività economiche del luogofosse proprio il pascolo d’altura dei piccoli ruminanti: BIERBRAUER 1987, pp. 225-226,291-292; DONAT, FLÒÜGEL, PETRUCCI 1996, p. 223.

41 Anche su quest’altura, nei livelli altoimperiali dell’insediamento fortificato, sonovenuti alla luce numerosi frammenti di ceramica Auerberg “nera”, appartenente secondole analisi archeometriche allo stesso gruppo dei vasi del Monte Sorantri, e ossa di capro-vini: VANNACCI LUNAZZI 2004; DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006, p. 224. I dati archeozoo-logici sono in corso di studio da parte di Gabriella Petrucci.

42 DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006, p. 224.43 Il santuario, attivo sia in età venetica che in età romana, era legato al culto delle

acque: FOGOLARI, GAMBACURTA 2001.44 Il fatto che gli animali venissero macellati verso il terzo/quarto anno d’età fa pen-

sare al fatto che essi fossero allevati per ottenerne sia la carne che la lana; da notare la

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vamento è stato messo in relazione dagli editori del sito con i riti sacri-ficali dell’area sacra. Sebbene il materiale sia frutto di vecchi scavi,anche a Làgole è documentata l’associazione tra ossa di caprovini eceramica Auerberg; purtroppo non è stato possibile appurare se si trat-ti del gruppo 1.b 45.

Il territorio alpino e prealpino è particolarmente idoneo all’alle-vamento; i pascoli d’alta montagna invitano, inoltre, da sempre all’al-levamento di malga 46. La notevole stazza che i resti dei piccoli rumi-nanti recuperati sul Monte Sorantri, sul Colle Santino e a Làgolemostrano all’esame archeozoologico, ci fa capire come già in epocaromana il bestiame traesse vantaggio dalla fertilità dei luoghi. In tuttiquesti siti, infatti, il ritrovamento di ossa di capre, ed in particolarepecore, è sempre stato molto ingente. Un’ulteriore testimonianza del-l’importanza che il pascolo di malga rivestiva per l’economia del ter-ritorio di Iulium Carnicum sono le quattro iscrizioni del Monte Civetta,che in età romana segnavano il confine amministrativo tra IuliumCarnicum e Bellunum. Le iscrizioni sono state scolpite nella roccia adun’altitudine posta tra i 1700 ed i 2100 m allo scopo di regolamentareil pascolo di alta montagna 47.

L’insediamento sul Monte Sorantri potrebbe essere interpretatocome un centro di riferimento per i pastori, che nella stagione estivaportavano le greggi ai pascoli d’altura. Qui essi potevano acquistare irifornimenti necessari, qui venivano macellati gli animali, qui lavoratied inscatolati la carne o il grasso 48. Sul Colle Santino Fulvia Mainardisha ipotizzato l’esistenza di un mercato del bestiame, legato agli spo-stamenti delle greggi 49. È verosimile, comunque, che tutti i siti consi-derati, sebbene con funzioni diverse, siano da mettere in relazione conattività economiche afferenti alla transumanza 50.

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stringente somiglianza con i dati archeozoologici da Raveo: DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI2006, p. 224.

45 FOGOLARI, GAMBACURTA 2001, pp. 307-308, 508-601, 604-605; DONAT, FLÜGEL,PETRUCCI 2006, p. 224.

46 Sull’allevamento in età romana nel territorio alpino: GLEIRSCHER 2004-05; Lafauna 2006, pp. 225-227, nt. 77; Königsreichalm 2007, pp. 62-64.

47 BUCHI 1992; BONETTO 1999a, p. 96.48 Nel territorio di Iulium Carnicum non sono note fornaci ceramiche ed al momen-

to non vi sono indizi che permettano di ipotizzare una produzione di Auerberg “nere” neisiti considerati, compreso il Monte Sorantri di Raveo. I contenitori, qui rinvenuti, assiemeagli scarti di macellazione sono quindi da mettere in relazione con le attività d’inscatola-mento.

49 MAINARDIS 2004.50 Sulla transumanza in età romana nelle Alpi orientali cfr. BONETTO 1999b e il con-

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

D’inverno le greggi venivano portate a valle. A Zuglio, già versola metà del I secolo a.C., una dedica attesta l’esistenza di un tempiodedicato ad Ercole, il dio protettore delle greggi 51, mentre un’iscri-zione del tempo di Alessandro Severo ricorda il rifacimento delmacellum 52, per il quale, però, non si conosce il periodo iniziale dicostruzione 53. Non è possibile pensare che le greggi venissero ospi-tate per tutto l’inverno nella stretta valle del Bût; è più probabile cheesse fossero condotte abitualmente più a sud, lungo la stradaAquileia-Aguntum, fino ai pascoli dei magredi e forse fino alla bassapianura 54. Nella carta di distribuzione dei contenitori Auerbergappartenenti al gruppo 1.b (fig. 5) colpisce la loro alta frequenzalungo questa direttrice fino alla linea delle risorgive e, ancor di più,salta all’occhio l’altissima concentrazione di tutte le produzioniAuerberg nel Medio Friuli, dove è testimoniata la fabbricazione diquesti vasi, senza impregnatura di grasso 55. L’importanza della tran-sumanza lungo questo percorso potrebbe probabilmente essere atte-stata 56 fin dalla metà del II secolo a.C. da una notissima epigrafeaquileiese che menziona un forum pequarium 57 e dagli altrettantofamosi sacelli di Cisis, presso Strassoldo 58, e di Sevegliano 59, en-trambi strutturati dal punto di vista architettonico seguendo modellicentro-italici tardorepubblicani e inquadrabili ancora nel II secoloa.C. Proprio da Sevegliano proviene un bollitore per il latte, datato

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tributo dello stesso Jacopo Bonetto in questo volume; sul tema in generale: DONAT,FLÜGEL, PETRUCCI 2006, p. 226, nt. 84.

51 CIL V, 1830, 1831; MAINARDIS 1994, p. 99. Sulla transumanza: MODUGNO 2000;DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006, p. 226, nt. 83.

52 CIL V, 1837; MAINARDIS 1994, pp. 100-101.53 Di entrambi gli edifici fino ad oggi non è nota la collocazione: MAINARDIS 1994,

pp. 100-101; Iulium Carnicum 2007, p. 47.54 BONETTO 1999a, pp. 97-98.55 Cfr. infra, pp. 168-173.56 L’integrazione tra ambiti geografici ed ecologici diversi ma complementari (marit-

timo, pascoli di pianura, montano) nel territorio di Aquileia sarebbe, secondo Isabella Mo-dugno, un fattore favorevole allo sviluppo della transumanza: MODUGNO 1999, pp. 56-59.

57 LLRP, 487a. La localizzazione del mercato è oggetto di un’annosa discussionescientifica, non ancora conclusa. Una delle ipotesi più plausibili è proprio che esso avessesede nella zona nord della città e fosse collegato con la media pianura friulana e con ilcomparto montano attraverso un percorso diretto, lungo il quale veniva praticato l’alleva-mento transumante: VERZÁR-BASS 1987, pp. 265-266; BONETTO 1999a, p. 99; TIUSSI 2004,pp. 258-273. Sull’importanza di Aquileia come emporio per il bestiame proveniente dal-l’entroterra nordorientale si ricorda il famosissimo passo di Strabone (V, 1, 8).

58 STRAZZULLA 1987, pp. 134-136.59 BUORA 2000b, pp. 20-37.

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tra la metà del II e l’inizio del I secolo a.C, che testimonierebbe ilpassaggio delle greggi ovine 60.

(P. D., Ch. F., G. P).

2.2 Ceramica del gruppo 2.b

2.2.1 Produzioni dai territori di Forum Iulii e/o Aquileia

Grazie alle analisi degli isotopi fatte su olle Auerberg provenien-ti da Pavia di Udine, da Lovaria e da Aquileia 61, è stata riconosciutaun’ulteriore produzione con dimagrante di marmo 62. L’impasto di taleproduzione, di colore grigio scuro e di consistenza dura e compatta, fapresupporre una cottura a temperature elevate, mentre la superficie nonè contraddistinta da tracce di grasso 63. Finora tutti gli esemplari indi-viduati risultano lavorati a mano. La decorazione, incisa a pettine, puòessere sia quella tradizionale a fasci di linee, sia a doppia serie di lineeche si incrociano sulla spalla e sul fondo (tav. 2, n. 1), sia a semplicilinee verticali su tutta la superficie del corpo (tav. 3, n. 1).

Alcune olle con queste caratteristiche sono state recuperate adAquileia, nel suburbio nord-occidentale (località Santo Stefano), dovela rilettura di vecchi scavi ottocenteschi ha evidenziato l’esistenza diuna banchina portuale e di un complesso, identificato come magazzi-no, su un corso d’acqua minore 64. In un’indagine del 1996 sotto lasuperficie pavimentale pertinente probabilmente all’edificio, sonostate messe in luce due opere di bonifica realizzate con anfore, inqua-drabili in età augustea 65. Gli interstizi fra le anfore furono riempiti conframmenti di ceramica di vario tipo, fra cui alcuni riferibili a vasiAuerberg 66.

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60 Il pezzo trova confronto con un esemplare recuperato nel Sannio, lungo impor-tanti percorsi della transumanza. Da ultimo: TIUSSI 2004, pp. 272-273, fig. 6 .

61 L’olla si conserva al Civico Museo di Storia ed Arte di Trieste; il suo impastocontiene un quantitativo di marmo inferiore rispetto agli altri.

62 Quadrivium 1999, pp. 133-136, Aquileia (21/350 AQ-01), Pavia (UD21/190),Lovaria (UD21/191), e p. 138, gruppo 2.a.

63 Per una verifica definitiva circa la presenza o assenza di grasso sarebbero oppor-tune analisi gascromatografiche.

64 MAGGI, ORIOLO 1999, p. 113.65 TIUSSI 1997; TIUSSI 2004, pp. 289-292, figg. 14-16.66 Segnalazione di Franca Maselli Scotti.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

Diversi esemplari, riconducibili a questo gruppo, provengonodagli scavi recentemente condotti a Cividale (Corte Romana). Le atte-stazioni si riferiscono qui a strati di riporto funzionali ad un livella-mento areale, che risultano formati prevalentemente da materiale cera-mico e anforario rapportabile a un contesto primario di età augustea 67.

Dalla necropoli di Carpeneto (Pozzuolo del Friuli) proviene un’ur-na con marchio RVFI 68, che pare databile ad età tiberiano-neroniana inbase al contesto (tav. 2, n. 1) 69. L’urna reca sul fondo esterno tracce diaffumicatura, che porterebbero a pensare ad una possibile esposizioneal fuoco. Nel Medio Friuli questo tipo d’impasto si ritrova anche in unesemplare dalla necropoli di Basaldella (tav. 3, n. 1) 70 e in diversi vasidal territorio di San Vito al Tagliamento 71.

Un frammento appartenente a questo gruppo proviene anche daZuglio, dai riporti di terreno realizzati per la creazione del foro, datataad età augustea.

Allo stato attuale delle conoscenze si può ipotizzare che la fab-bricazione del gruppo 2.b avvenisse, a partire per lo meno dall’etàaugustea, nella media pianura friulana o nel Cividalese.

(P. D.)

2.3 Ceramica del gruppo 3.c

Nel territorio considerato è possibile giungere alla definizione dispecifici contesti produttivi solo nel caso della ceramica Auerberg per-tinente al gruppo 3.c.

2.3.1. La produzione delle fornaci del Locavaz (gruppo 3.c.1)

L’unico impianto riconosciuto fino ad oggi con sicurezza è quel-lo cosiddetto del Locavaz, ubicato nel settore sud-orientale dell’agro di

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67 BORZACCONI 2005, p. 119; MAGGI, TIUSSI 2005; va sottolineato che i dati qui rife-riti sono frutto di un esame preliminare, effettuato sul materiale scavato fino all’iniziodella primavera 2004.

68 Cfr. infra, p. 176.69 Del corredo faceva parte una coppetta a pareti sottili datata da M. Buora a que-

sto periodo: BUORA 1984, c. 20, fig. 6.70 Basaldella: Tomba 51, da cui provengono anche una fibula Aucissa firmata e una

coppa in vetro soffiato tipo Isings 17, databili alla prima metà del I secolo d.C., oltre a unfondo in pareti sottili e dei chiodi: DE CECCO 2002-03, pp. 140-141.

71 Gheno (scarico di ceramica?): 3 frammenti; Morsano (villa rustica): 9 frammen-ti: VENTURA, DONAT 2003.

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Aquileia. Si tratta di un complesso di fornaci collocato sulla riva di unbreve corso d’acqua (Locavaz), che sfocia nel Timavo (fig. 5, D) 72.Come sottolineato da Franca Maselli Scotti 73, la zona, ricca d’acqua edi argilla, con un entroterra boscoso, e vicina sia all’approdo maritti-mo del Timavo sia alla via Aquileia-Tergeste, era ideale per l’impian-to di figlinae.

In questo impianto si fabbricavano, oltre ad anfore Lamboglia 2 74,varie forme di ceramica comune, quali olle, dolii, coperchi e vasi cati-no 75; nel gruppo delle olle sono state riconosciute quattro diverseforme, tre delle quali riconducibili alla ceramica Auerberg 76, ed una arecipienti legati, dal punto di vista morfologico, alla cultura venetica,e databili all’ultimo periodo della romanizzazione 77.

Le analisi archeometriche condotte da Alessandra Failla han-no dimostrato che le ceramiche sono abbastanza depurate, con inclu-si di natura silicata eterogenea, di probabile provenienza locale, rea-lizzate con sabbia alluvionale di facile reperimento 78. Tra i vasi iden-tificati come Auerberg spiccano alcuni 79 (tav. 3, n. 5) che trovanoconfronto con esempi tardorepubblicani/protoaugustei dal Magda-lensberg, definiti da E. Schindler-Kaudelka e S. Zabehlicky-Scheffenegger come olle senza aggiunta di grafite, per ricordarne lavicinanza alle forme in Graphittonkeramik tipica della cultura LaTène 80. Nel territorio oggetto della ricerca queste prime forme sono

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72 F. Maselli Scotti ipotizza una relazione del complesso con una costruzione a trevani, di cui uno mosaicato, rinvenuta a monte di una delle fornaci. Queste avrebbero dun-que fatto parte di una villa con fundus: MASELLI SCOTTI 1987, pp. 439 e 443.

73 MASELLI SCOTTI 1987, pp. 436-439, fig. 2; Ceramiche grezze 1997, p. 129.74 MASELLI SCOTTI 1987, p. 441; sulla produzione di Lamboglia 2 in queste forna-

ci e sulle analisi archeometriche relative: BRUNO 1995, pp. 87-88.75 MASELLI SCOTTI 1987, p. 441, figg. 4, 5, 6.76 MASELLI SCOTTI 1987, pp. 441-443, fig. 5.77 MASELLI SCOTTI 1987, pp. 441-443, fig. 6, n. 5; Ceramiche grezze 1997, fig. 3,

n. 4; la forma è molto comune nell’età della romanizzazione nel Veneto orientale e inFriuli, tanto da poter essere considerata uno dei fossili guida per questo periodo. Essa reca,in alcuni casi, dei marchi anepigrafi a rilievo sul fondo esterno, e sembrerebbe subire un’e-voluzione nel corso del I secolo d.C. Il frammento del Locavaz trova confronti con gliesemplari di età cesariano/augustea, attestati, ad esempio, a San Vito al Tagliamento. Perla bibliografia completa si rimanda a GAMBACURTA 2007, pp. 46-47, figg. 26-27 e a un con-tributo di P. Donat in corso di stampa nella nuova edizione degli scavi di Castelraimondoa cura di S. Santoro Bianchi. Sull’evoluzione morfologica ed i marchi: VENTURA, DONAT

2003, cc. 407-408, fig. 6.78 Ceramiche grezze 1997, pp. 133-134, fig. 3, tab. 1.79 MASELLI SCOTTI 1987, fig. 5, nn. 3-4; Ceramiche grezze 1997, fig. 3, n. 2.80 FLÜGEL, SCHINDLER-KAUDELKA 1995, c. 71, tav. 1, n. 1; vedi anche il contribuito di

Eleni Schindler-Kaudelka e Susanne Zabehlicky-Scheffenegger in questo volume, fig. 2, 2.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

finora documentate solo a Sevegliano 81 e ad Aquileia 82. Le altre olleAuerberg pubblicate, sembrerebbero invece rientrare nelle formefabbricate a partire dall’età augustea (tav. 3, n. 6) 83.

La datazione della ceramica grezza realizzata nelle fornaci delLocavaz concorda con l’attribuzione del contesto ancora al I secoloa.C. 84 proposta da F. Maselli Scotti, e dimostra l’esistenza di una fab-bricazione nell’agro aquileiese di olle senza aggiunta di grafite e divasi Auerberg; questi ultimi già nel momento in cui ha origine laforma 85. Particolarmente importante appare poi il fatto che nel territo-rio di Aquileia sul finire della romanizzazione, quando alcuni tipi siesauriscono per lasciare il posto ad altri, venissero fabbricate nellastessa fornace e con lo stesso tipo d’impasto forme legate alla culturavenetica, che di lì a poco sarebbero scomparse, assieme ai contenitoriAuerberg, di tradizione La Tène, destinati a diventare uno dei duemodelli ceramici più diffusi nel territorio, e ai dolii e coperchi, riferi-bili dal punto di vista morfologico alla cultura romana 86. Allo statoattuale della ricerca, purtroppo non è possibile stabilire quale sia statala commercializzazione dei vasi del Locavaz, perché la campionaturaarcheometrica è ancora scarsa. Se si considerano le carte di distribu-zione della forma (figg. 5-6), stupisce tuttavia la scarsità delle presen-ze nell’area prossima alla fornace, sia nella zona di competenza ammi-nistrativa aquileiese 87 che in quella tergestina. Le stesse città diAquileia e Tergeste, infine, non sembrerebbero aver dimostrato parti-colare apprezzamento per la ceramica Auerberg e/o per i prodotti inessa conservati 88.

(P. D.)

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81 Informazione fornita da Giovanna Cassani; si rimanda al catalogo in corso distampa.

82 Olla senza grasso: Roma sul Danubio 2002, p. 185, n. Ic.2.83 MASELLI SCOTTI 1987, fig. 5, nn. 1-2; Ceramiche grezze 1997, fig. 3, nn. 1-2.84 Le olle senza impasto di grafite si daterebbero, secondo Ch. Flügel e

E. Schindler-Kaudelka, ancora in età cesariana: FLÜGEL, SCHINDLER-KAUDELKA 1995, c.71.

85 Già in precedenza era stato posto l’accento sull’importanza di una produzione diceramica Auerberg in età protoaugustea: FLÜGEL, SCHINDLER-KAUDELKA 1995, c. 71.

86 Ceramiche grezze 1997, p. 133.87 Ad esempio nella villa rustica di Ronchi (GO), nei contesti protoimperiali e di

I secolo d.C., sono stati recuperati solo due frammenti di olle Auerberg, uno d’impasto1.b, l’altro d’impasto 3.c: MANDRUZZATO c.s., olla tipo 3 e tav. XII, rispettivamente nn.2 e 3.

88 Cfr. infra, pp. 188-189.

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2.3.2. La possibile produzione delle fornaci di Flambruzzo (gruppo3.c.2)

Recentemente è stato propo-sto che la ceramica Auerbergvenisse fabbricata anche nelle for-naci di Flambruzzo (località IlBosco) 89, sulla riva destra dellaroggia Cusana e non lontano dalfiume Stella, l’antico Anaxum cita-to da Plinio il Vecchio 90 comefiume navigabile. Il complesso sitrova all’interno di un’area riccad’argilla, caratterizzata da continuidossi e avvallamenti riferibili alleattività di estrazione 91. Nell’im-pianto, destinato alla produzionedi laterizi e di ceramica comunetra la metà del I secolo a.C. e lafine del I secolo d.C., è possibileche assieme ai vasi Auerberg (tav.3, nn. 7-9) si fabbricassero anchedei contenitori con orlo svasatodecorati interamente a pettine (forma Cassani 1991, I-III), che spessosi ritrovano associati alla ceramica qui studiata (fig. 7; tav. 4, n. 6) 92.

(T. C., P. D., P. M.)

2.3.3 Le produzioni bollate del Medio Friuli e del Cividalese (gruppo3.c.3)

Nell’ambito delle produzioni locali del Medio Friuli e delCividalese si possono collocare quattro diversi fabbricanti certi, docu-mentati dai bolli L.M (cat. n. 2; tav. 4, n. 5), P.B.V (cat. n. 1; tav. 4, nn.1-3, fig. 10), Q.VAL (cat. n. 6; tav. 1, nn. 1-3) e TAPVRI (cat. n. 5; tav.

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89 Fornaci 2006, pp. 29-31.90 PLIN., Nat. hist., 3, 18, 125-126.91 Da ultimo: Flambruzzo 2006; Flambruzzo 2007.92 Da ultimo: Fornaci 2006, pp. 30-31; per l’associazione dei vasi Auerberg con la

forma Cassani 1991, I-III: cfr. infra.

Fig. 7. Olla forma Cassani 1991, I-IIIdalla necropoli di Basaldella.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

2, n. 2) 93. L’area di attestazione coincide con una fascia, piuttostoristretta, compresa tra San Vito al Tagliamento e Cividale (fig. 9).Grazie ad alcuni ritrovamenti effettuati nelle “necropoli rurali” 94 diBasaldella 95, Pozzuolo del Friuli 96 e di Udine 97 e all’analisi epigrafi-ca, è stato possibile collocare l’attività di questi ceramisti in un perio-do di circa quarant’anni, che va dall’età augustea a tutta l’età giulio-claudia.

Tali produzioni, pur essendo riferibili a più vasai, hanno dellecaratteristiche morfologiche comuni, che trovano in parte confrontonel primo gruppo tipologico individuato da E. Schindler-Kaudelka e S.Zabehlicky-Scheffenegger 98. Presentano frequentemente, sull’interocorpo, una “decorazione” a leggere e sottili linee parallele, molto rego-lari, tracciate orizzontalmente, che sembra da considerarsi una pecu-liarità del gruppo 3.c mediofriulano (tav. 1, n. 2; tav. 3, nn. 2 e 4; tav.4, n. 4 99). Più che di un motivo decorativo vero e proprio, si tratta pre-sumibilmente di un elemento attinente alla tecnica di fabbricazione. Le

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93 Cfr. infra, pp. 173-186, con bibliografia.94 Per la definizione: BUORA 1996, pp. 118-120. Le necropoli sono costituite pre-

valentemente da tombe ad incinerazione, realizzate in semplici buche, con il fondo e lepareti talvolta preparati con ciottoli, coperte da mezze anfore capovolte, da embrici, e inun caso da un’olla Auerberg, secondo uno schema molto comune per il Medio Friuli in etàgiulio-claudia: ZUCCOLO 1982, p. 70; Pozzuolo 1983-84, p. 204; DE CECCO 2002-03, pp.8-10.

95 La necropoli di Basaldella di Campoformido è stata scavata in loc. San Daniele(sita poco a nord di Pozzuolo del Friuli) tra il 1984 ed il 1987 dalla Soprintendenza per iB.A.A.A.A.S. del Friuli Venezia Giulia e poi dall’École Française de Rome, sotto la dire-zione di A.-M. Adam: DE CECCO 2002, con bibliografia precedente. Nel sito, datato alpieno I secolo d.C., con una prevalenza di sepolture inquadrabili entro la prima metà delsecolo, sono state rinvenute 83 tombe, di cui 78 ad incinerazione e 5 ad inumazione:DE CECCO 2002-03, pp. 8, 118. L’area funeraria è in corso di pubblicazione da parte diun’équipe di studiose, coordinata da A.-M. Adam, di cui fanno parte anche alcune dellescriventi.

96 La necropoli di “Braida dell’Istituto” a Pozzuolo del Friuli è stata scavata neglianni Ottanta per iniziativa della Soprintendenza per i B.A.A.A.A.S. del Friuli VeneziaGiulia, dell’Università di Trieste e dell’École Française de Rome. Vi sono state individua-te circa 20 tombe romane, datate tra l’ultimo terzo del I secolo a.C. e l’età giulio-claudia,ed una sessantina di tombe protostoriche: Pozzuolo 1983-84.

97 Necropoli a est di Porta Pracchiuso: il ritrovamento è stato fatto nel XVIII seco-lo nei pressi dell’attuale piazzale Oberdan; i reperti si conservano presso i Civici Musei diUdine. Sono state rinvenute almeno due sepolture ad incinerazione, i cui cinerari eranocostituiti da olle Auerberg: BUORA 1984, cc. 14-19; BUORA, ROMAGNOLI 1996.

98 Cfr. il contributo di Eleni Schindler-Kaudelka e Susanne Zabehlicky-Scheffenegger in questo volume, fig. 1, 1.

99 In associazione con una semplice linea a zig-zag incisa.

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sue tracce sono infatti troppo lievi per poter avere uno scopo princi-palmente ornamentale, e sembrerebbero piuttosto dovute ad uno stru-mento o a un panno che il ceramista teneva in mano, per aiutarsi nellamodellazione del vaso sul tornio veloce. Ricorre pure la totale assenzadi decorazione (tav. 4, nn. 1-2), mentre le tipiche fasce verticali di lineeincise a pettine si riscontrano raramente su queste produzioni (tav. 2, n.2). La lavorazione è sempre al tornio veloce.

Si è potuta riconoscere una fabbricazione in “batteria”, dai bic-chieri (ø orlo 8 cm; h 8/10 cm) 100 alle olle di medie (ø orlo 12 cm; h14/16 cm) e grandi dimensioni (ø orlo 18/24 cm; h 22 cm) (tav. 1, nn.1-3; tav. 3, nn. 1-4; fig. 8) 101.

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100 La forma di alcuni bicchieri (tav. 3, nn. 3-4), oltre a richiamare analoghe formelocali in pareti sottili (Atlante tipo 1/70 - Schindler-Kaudelka 95), si avvicina a forme rife-ribili alla cultura romana, tanto da far pensare alla commistione di più elementi culturali.Si fa riferimento ad esempio al confronto istituibile con un’olla documentata, forse anco-ra nel II secolo a.C., a Sevegliano (BUORA 2000b, p. 27, b). Essa a sua volta potrebbe esse-re un’importazione diretta dall’area laziale, come dimostrano stringenti confronti con unatipologia urbana, l’olla con orlo a mandorla, databile dal II secolo a.C. all’età augustea:OLCESE 2003, tipo 3, pp. 80-82 e 119, tav. VIII, nn. 1-2.

101 Fornaci 2006, p. 31.

Fig. 8. Diversi formati di vasi Auerberg dalla necropoli di Basaldella.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

Le urne con marchio P.B.V dalla necropoli di Pracchiuso a Udinerecano sul fondo delle tracce di affumicatura, segno che erano stateimpiegate come pentole da fuoco prima di essere usate come cinerari.Questa funzione della ceramica Auerberg, classificabile entro il grup-po d’impasto 3, è stata dimostrata anche per le olle recuperate sulMagdalensberg 102.

Passando ad analizzare le singole produzioni, si possono faredelle considerazioni di qualche rilievo solamente per il marchioP.B.V; per gli altri bolli, infatti, non si conservano sufficienti formeintere 103 oppure gli esemplari integri non mostrano tra di loro alcu-na analogia formale 104. Le due olle bollate P.B.V provenienti dal-la necropoli di Pracchiuso 105 e quella dalla necropoli di Santa Luciadi Tolmino 106 presentano la stessa morfologia; si tratta di olle di gran-di dimensioni, dello stesso formato, caratterizzate da un orlo inclina-to verso l’interno e da un forte restringimento in prossimità del fondoa tacco (tav. 4, nn. 1-2; fig. 10) 107. La medesima forma ricorre solonella zona circostante Udine in diversi esemplari dalle necropolidi Pozzuolo 108 e di Basaldella 109, relativi ad urne di dimensionigrandi e medie, prive di marchio e mai decorate. Per quel che ri-guarda la datazione, terminus post quem per le olle con marchio

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102 Cfr. il contributo di Eleni Schindler-Kaudelka, Susanne Zabehlicky-Scheffeneggerin questo volume.

103 Come già dimostrato nel contributo di Eleni Schindler-Kaudelka, SusanneZabehlicky-Scheffenegger in questo volume, l’analisi della morfologia degli orli, da sola,non porta a risultati soddisfacenti.

104 Ad esempio nel caso delle olle bollate Q.VAL (tav. 1, nn. 1-3).105 Le sepolture sono state datate da M. Buora tra l’età di Caligola e quella di

Claudio: BUORA 1984, cc. 14-19, figg. 4-5, 8, nn. 1-2.106 Cfr. infra, p. 177.107 Lo stesso profilo del corpo ricorre anche nel primo gruppo tipologico individua-

to sul Magdalensberg: cfr. il contributo di Eleni Schindler-Kaudelka, Susanne Zabehlicky-Scheffenegger in questo volume, fig. 1, 1. Si fa riferimento ad esempio al confronto isti-tuibile con un’olla dell’età della romanizzazione attestata, forse ancora nel II secolo a.C.,a Sevegliano (BUORA 2000b, p. 27, b), che a sua volta potrebbe essere un’importazionediretta dall’area laziale, come dimostrano stringenti confronti con una tipologia urbana,databile dal II secolo a.C. ad età augustea: OLCESE 2003, pp. 80-82, 119, tav. VIII, tipo 3,nn. 1-2.

108 Tomba 18, urna di grandi dimensioni inv. n. 115568; tomba 30, urna di ridottedimensioni inv. n. 115584.

109 Tomba 81, inv. n. 227420; all’interno dell’urna, sul fondo è stato trovato un assedi Tiberio, datato tra il 22-23 d.C. ed il 30 d.C. La moneta, ben conservata, non dovrebbeaver circolato a lungo prima di venire deposta. La datazione delle monete della necropolisi deve a G. Facchinetti.

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P.B.V sono due monete recuperate all’interno delle urne, rispettiva-mente dell’età Caligola e di Claudio. Le due sepolture, dunque, comesottolineato da M. Buora, risalirebbero a un’epoca prossima fra

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Fig. 9. Carta di distribuzione dei bolli attestati sui vasi Auerberg.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

loro 110. La produzione bollata P.B.V. è verosimilmente attribuibile alterritorio di Cividale 111, dove però sono attestate anche altre produ-zioni locali 112.

(P. D.)

2.3.4 I bolli sui vasi Auerberg: sintesi aggiornata e nuove proposteinterpretative

Nell’ambito dello studio dei contenitori Auerberg, specifica atten-zione meritano gli aspetti epigrafici 113: in questa sede si intendeapprofondire l’aspetto della produzione di tale ceramica tramite l’ana-lisi dei bolli documentati, presentando un aggiornamento rispetto alquadro delineato da M. Buora una ventina di anni orsono 114.

Allo stato attuale delle conoscenze si contano, nel territorio delFriuli e della Valle dell’Isonzo (fig. 9), quattordici attestazioni sicu-re di marchi con indicazioni onomastiche (cfr. Catalogo) e con alcu-ne caratteristiche che si ripetono costanti. In primo luogo, i bolli sonotutti collocati sulla fascia esterna dell’orlo del vaso, posizione senzadubbio dettata da motivi di ordine pratico: insieme al fondo, infatti,il bordo costituiva la parte meno fragile del contenitore. Inoltre, sonosempre impressi a lettere incavate, con orientamento diritto rispettoall’osservatore, nella maggior parte dei casi in assenza di cartiglio 115.È altresì comune l’uso di abbreviazioni, di legature e di segni diacri-tici.

Un primo gruppo comprende i bolli L.M (cat. n. 2; tav. 4, n. 5),rappresentato da un’unica attestazione, e Q.VAL (cat. n. 6; tav. 1), notoin tre esemplari. Se per il primo l’abbreviazione alle sole iniziali non

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110 M. Buora ha anche potuto ricostruire parte del corredo, costituito da un piatto euna coppetta in terra sigillata italica, una coppetta in pareti sottili ed un’olpe in ceramicacomune depurata, tipiche offerte fatte nelle tombe delle necropoli rurali del Medio Friuliin età giulio-claudia: BUORA 1984, cc. 14-17.

111 Cfr. infra, p. 178.112 Cfr. infra, p. 189.113 Rivolgiamo un sentito ringraziamento al prof. Claudio Zaccaria per i preziosi

consigli elargiti. Va rilevato che la presenza di bolli riguarda per la maggior parte conteni-tori Auerbeg appartenenti al gruppo 3.c.3; di qui la scelta di inserire questo specifico con-tributo nel capitolo dedicato a tale gruppo.

114 BUORA 1984.115 La presenza di un cartiglio rettangolare sembra attestata in due esemplari perti-

nenti al bollo P.B.V (cat. n. 1, c-d).

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consente di proporre alcuno scioglimento, per il secondo è verosimileun’identificazione del nomen con Valerius, considerata la sua maggio-re diffusione rispetto ad altri gentilizi che potrebbero essere abbreviatinello stesso modo 116.

Le caratteristiche paleografiche, insieme alla formula onomasticacomposta dai soli duo nomina, suggeriscono per entrambi i bolli unadatazione tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. 117. Asupporto di tale collocazione cronologica vengono le informazionidesumibili dai contesti archeologici di rinvenimento relativi alla necro-poli di Pozzuolo del Friuli: la tomba 19, che conteneva due olle con-traddistinte dai due diversi marchi 118, ha infatti restituito una monetaconiata nel 10-12 d.C. 119. Nella tomba 32 era presente, in associazionecon un vaso bollato Q.VAL, un’olletta in ceramica depurata 120 morfo-logicamente affine ad un esemplare della necropoli di San Servoloattribuito al periodo compreso tra l’ultimo trentennio del I secolo a.C.e la metà del I secolo d.C. 121. Non si dispone invece di alcun elemen-to utile ad una puntuale datazione per l’esemplare con medesima indi-cazione onomastica rinvenuto nel sepolcreto di Basaldella, il cui recu-pero è avvenuto fuori contesto 122.

Nel caso dei marchi Q.VAL, non è possibile stabilire se sia statoutilizzato lo stesso punzone, poiché da un lato non si è potuto proce-dere ad un esame autoptico di una delle olle di Pozzuolo, dall’altro lapressione del punzone, negli esemplari studiati, è stata esercitata inmodo disomogeneo, fatto che ha determinato una riproduzione soloparziale delle lettere.

La concentrazione dei bolli pertinenti a questo primo gruppo in unsettore ben circoscritto del Friuli centrale (fig. 9) porta a ritenerne pro-

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116 Il nomen Valerius è ben documentato nel corpus epigrafico aquileiese, in più casianche in associazione con il praenomen Q(uintus) (InscrAq, nn. 617, 667, 1589). Deglialtri possibili gentilizi (cfr. SOLIN, SALOMIES 1994, p. 197), risulta attestato ad Aquileiaanche Val(l)ius (InscrAq, nn. 622, 667, 844).

117 Per confronto si veda la datazione dei bolli laterizi composti da praenomen +nomen in GOMEZEL 1996, pp. 35-36, tab. 1 e p. 75.

118 Per il rapporto funzionale delle due olle all’interno del contesto tombale cfr.infra, p. 196, nt. 226.

119 Pozzuolo 1983-84, pp. 204-209 (in part. p. 209). Va segnalata la presenza nellastessa tomba di un vasetto antropoprosopo, pertinente ad una tipologia attestata a partiredall’epoca tardo-repubblicana, anche se maggiormente diffusa tra l’età tiberiana e il perio-do claudio-neroniano: SENA CHIESA 1985, p. 413; TASSINARI 1998, p. 42.

120 Pozzuolo 1983-84, p. 209 e fig. 35, 8.121 CASARI 2002, p. 115, n. 48.122 Per un inquadramento generale del sito cfr. supra, p. 169, nt. 95.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

babile la produzione in un’area non lontana da Pozzuolo, dove nonmancano indizi dell’esistenza di fornaci attive in età romana 123.

Più vasto risulta l’ambito di distribuzione dei quattro vasi bollatiTAPVRI (cat. n. 5, tav. 2, n. 2), esteso – come già detto – tra San Vitoal Tagliamento e Udine; in questo caso, riprendendo un’ipotesi già for-mulata da M. Buora 124, la zona di origine va verosimilmente localiz-zata presso la sponda destra del Tagliamento, in corrispondenza di unaddensamento delle evidenze 125 (fig. 9)

La scritta reca in genitivo il nomen Tapurius 126, di non larga dif-fusione, che sembrerebbe riconducibile ad un’origine celtica. Tale gen-tilizio, non altrimenti documentato in ambito regionale, compare infat-ti in un’epigrafe funeraria di probabile provenienza norica 127 e in alcu-ne iscrizioni di area celtofona 128.

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123 A testimonianza di un’attività produttiva nella zona vanno ricordate le segnala-zioni di impianti nelle vicinanze della Chiesa di Santa Caterina a Campoformido e pressola Chiesetta della SS. Trinità tra Mortegliano e Pozzuolo. Per il primo sito si vedaTAGLIAFERRI 1986, II, pp. 190-191; BUORA 1987, p. 46, n. 38. Per il secondo: TAGLIAFERRI1986, II, pp. 248-249; CIVIDINI, MAGGI 1999, pp. 41-42.

124 BUORA 1984, c. 13; CIVIDINI 1988, c. 315; BUORA 2003, p. 121.125 Lungo il medio corso del fiume erano ubicati almeno due impianti produttivi:

uno probabilmente annesso alla villa del Gorgaz a San Vito al Tagliamento, da cui provie-ne un vaso con questo bollo (BUORA 1985, pp. 74 e 84; BUORA 1987, p. 40, n. 16;VENTURA, DONAT 2003, cc. 409-410), l’altro nel sito di San Giovanni di Casarsa dellaDelizia: BUORA 1987, p. 40, nn.17-18. Si veda la carta delle fornaci romane della regioneelaborata da Tiziana Cividini in VENTURA 2004, p. 218, fig. 1, nn. 13 e 14/15.

126 Per l’uso di limitare la firma alla sola indicazione del gentilizio in genitivo paral-leli si possono istituire, nell’ambito della documentazione bollata su ceramica grezza, coni marchi attestati ad Aquileia su olle di altra tipologia (forma “Sevegliano 4”): GIOVANNINI

2005, p. 533 (bolli Cassi e Coeli).127 CIL III, 5702 = 11828: per l’iscrizione, ora perduta, è indicata una provenienza

dallo sconosciuto sito di Olistein, da identificare secondo il Mommsen con Arnoldstein; acausa dell’incerto luogo di rinvenimento, l’epigrafe non è censita in ILLRPRON, nei cuiindici colpisce tuttavia la presenza di diversi nomina o cognomina (Tappius, Tapponius,Taparu, Tappo), che potrebbero ricondursi ad una radice comune a Tapurius.

128 CIL XIII, 2552 = ILAin 110 (in Gallia Lugdunense); «AE», 2001, 1152 (inLusitania: Tapurus). L’attestazione del nomen Tapurius in bolli laterizi nell’area prenesti-na (CIL XIV, 4091, 6) ha indotto lo Schulze a pensare ad un’origine etrusca (SCHULZE1991, p. 95; cfr. anche BUORA 1984, cc. 22-23), per la quale però non vi sono ulteriori indi-zi. Al gentilizio sono stati inoltre riferiti alcuni marchi su terra sigillata italica e norditali-ca, che recano l’indicazione C.TAP (CVArr2, nn. 2033, 2034 e 2036; VIEGAS 2003, pp. 64e 88). Va rimarcato che il bollo TAPVRI censito in CVArr2, n. 2035 è stato erroneamenteattribuito alla terra sigillata, mentre in realtà si tratta proprio di uno dei marchi suAuerberg qui presi in esame; la fonte bibliografica richiamata (CIL V, 8115, 119), infatti,si riferisce all’esemplare conservato ai Civici Musei di Udine e verosimilmente rinvenutopresso il ponte del Cormor (cat. n. 2, a).

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Nei quattro esemplari noti, di cui due conservati solo parzialmen-te 129, si osservano indubbie analogie grafiche. Se i due marchi daTurrida e quello da Udine appaiono ottenuti con il medesimo punzone,nel caso del bollo dalla villa del Gorgaz sono riscontrabili delle picco-le differenze – T con piccolo apice nel tratto superiore e V e I con asteassottigliate verso l’alto –, che non si esclude possano essere sempli-cemente imputabili all’uso di un punzone stanco, piuttosto che di untimbro diverso. Va sottolineato che a bolli fra loro molto simili noncorrisponde una morfologia omogenea dei vasi su cui sono impressi.

Per un inquadramento cronologico indizi utili si possono trarresolo dalla paleografia, ed in particolare dalla P con occhiello aperto,che suggerisce una datazione entro la metà del I secolo d.C.

Potrebbero riferirsi ad uno stesso produttore, caratterizzato dal-l’idionimo Rufus, due marchi, di cui uno impresso due volte su un’ol-la dalla necropoli di Carpeneto di Pozzuolo (cat. n. 3; tav. 2, n. 1), l’al-tro, finora inedito 130, rinvenuto a Codroipo (cat. n. 4; tav. 2, n. 3). Ilriferimento ad un unico personaggio è però reso incerto non solo dallagrande diffusione del cognomen Rufus 131, ma anche dalle diverse pos-sibilità di lettura del secondo bollo RVFI.O. Se infatti, come sembradeducibile dall’esame autoptico, è presente prima della O un segno diinterpunzione, la scritta risulta composta dall’indicazione onomasticain genitivo (al pari del bollo di Carpeneto) seguita dalla sigla O comeabbreviazione di officina, secondo un uso ben documentato nell’epi-grafia su instrumentum, soprattutto sul vasellame da mensa. Diver-samente, il marchio riporterebbe l’idionimo Rufio 132 e sarebbe dunqueattribuibile ad un’officina diversa. Tuttavia, quest’ultima pare un’ipo-tesi meno attendibile, in considerazione di due ulteriori elementi valu-tativi: in primo luogo, fra i due bolli sussistono strette analogie dalpunto di vista grafico, evidenti soprattutto nel tipo di legatura 133;secondariamente, entrambi sono apposti su olle connotate da una tec-nica di lavorazione distintiva – modellatura a mano con rifinitura al

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129 Dei bolli provenienti dalla villa di Turrida di Sedegliano restano rispettivamentesolo le due lettere iniziali e le due finali: CIVIDINI 1988, cc. 315-316, fig. 1, nn. 3-4.

130 Segnalazione di M. Buora.131 KAJANTO 1982, p. 229, ricorda oltre 1500 attestazioni; cfr. inoltre SOLIN,

SALOMIES 1994, p. 394.132 KAJANTO 1982, pp. 164 e 229; SOLIN, SALOMIES 1994, p. 393.133 A tale proposito, si può notare che il nesso che caratterizza i due marchi risulta

molto simile a quello utilizzato nei bolli laterizi AB IVL ET RVFI AB e P ABVDI RVFISICVLEIANI, pertinenti alla gens Abudia e ben attestati nel Medio Friuli. Tra i siti di rin-venimento si ricorda la fornace di Flambruzzo: MAGGI 1998, pp. 122 e 188-189.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

tornio limitatamente alla fascia interna del bordo –, che risulta atte-stata solo in questi due casi nell’ambito dei vasi Auerberg bollati 134.

I due marchi costituirebbero allora una sorta di “anello di con-giunzione” tra la produzione con inclusi di marmo e uso del grasso(gruppo 1.b) 135, a cui è pertinente il bollo di Codroipo, e quella friula-na parimenti con inclusi marmorei ma con superficie generalmentepriva di grasso (gruppo 2.b), alla quale si riferisce l’esemplare diCarpeneto, databile ad età tiberiano-neroniana in base al contesto 136.La presenza della sigla O – se intesa come o(fficina) – nell’unico mar-chio documentato su contenitori Auerberg “neri” sarebbe un possibilesegno del passaggio ad una produzione organizzata e specializzata, ingrado di garantire una distribuzione più capillare dei vasi.

Un ultimo nucleo comprendequattro marchi con indicazione deitria nomina P.B.V (cat. n. 1; tav. 4,nn. 1-3). Rispetto ai due bolli dellanecropoli di Borgo Pracchiuso aUdine presentati da M. Buora 137, ilnovero delle attestazioni si èampliato grazie alla recente acqui-sizione di un esemplare nelloscavo di Corte Romana a Cividaledel Friuli 138 e alla segnalazione diun contenitore così bollato dallanecropoli di Santa Lucia diTolmino - Most na Soci 139 (fig.10). L’abbreviazione del nome delproduttore alle sole iniziali, sepa-rate da punti circolari 140, non con-

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134 Cfr. supra, p. 153.135 Per la suddivisione in gruppi cfr. supra, pp. 151-154.136 BUORA 1984, c. 20.137 BUORA 1984, cc. 14-19.138 Sul contesto: BORZACCONI 2005.139 Si tratta di un’olla conservata al Tolminski muzej, che proviene dagli scavi del

Goriski muzej condotti nei primi anni Ottanta da B. Zbona Trkman e D. Svoljsak nellanecropoli romana (cd. necropoli II) ubicata sulla riva destra del fiume Idrijca.Segnalazione di B. Zbona Trkman e di M. Mlinar, che hanno fornito la documentazionefotografica e che ringraziamo per la loro disponibilità.

140 L’esame diretto delle scritte ha permesso di verificare che, come negli altri bolli,anche nell’esemplare di Borgo Pracchiuso inv. n. 1012 entrambi i segni diacritici sono diforma circolare, a differenza di quanto riportato da BUORA 1984, c. 18.

Fig. 10. Vaso Auerberg con bolloP.B.V da S. Lucia di Tolmino/Most naSoci (foto M. Mlinar).

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

sente alcuna considerazione di carattere onomastico. Il confronto fra levarie testimonianze, pertinenti tutte a marchi conservati in modo com-pleto, permette di riconoscere due punzoni diversi: uno applicato suivasi di Cividale e Santa Lucia, dove le scritte presentano caratteri sot-tili con occhielli larghi e segni diacritici profondamente impressi (cat.n. 1, a-b); l’altro impiegato sulle olle di Borgo Pracchiuso, dove i segnidiacritici sono meno marcati e si nota un accenno di cartiglio nellaparte superiore dei bolli 141 (cat. n. 1, c-d).

Sulla scorta del quadro di diffusione che deriva dal complessodelle attestazioni (fig. 9), si è portati a collocare la sede di fabbrica-zione delle olle P.B.V, contraddistinte dallo stesso profilo dell’orlo edel corpo 142, a Forum Iulii o nell’ambito del suo territorio 143.

Rimane infine dubbia l’attribuzione alla produzione Auerberg delbollo a lettere incise P.RAMAR (cat. n. 7), attestato su “un’urna cine-raria ritrovata fuori di Porta Pracchiuso” alla fine del XVIII secolo 144.Di esso abbiamo notizia solo grazie a un manoscritto di GirolamoAsquini, che include questa testimonianza in un elenco riferibile a“vasi di cotto”, comprendente anche bolli su terra sigillata e anfore 145.Per tale scritta, il cui contesto di rinvenimento potrebbe coincidere conquello in cui sono stati ritrovati i vasi bollati P.B.V, Silvio Panciera haproposto l’identificazione con una formula onomastica composta daitria nomina P. R( ) Amar(antus) 146, con un cognomen che ricorre inun’iscrizione lapidaria di Aquileia 147.

Un gruppo di scritte a parte comprende alcuni segni grafici rea-lizzati prima della cottura e apposti, come i bolli, sulla fascia esternadell’orlo: si tratta di due “marchi” – rispettivamente a forma di X e disvastica (cat. nn. 8-9; tav. 4, n. 4; fig. 8) – presenti su uno stesso con-tenitore, rinvenuto nella tomba 1 del sepolcreto di Basaldella 148, che

178

141 In un caso è ben evidente come tale caratteristica non sia imputabile alla morfo-logia dell’orlo, il cui margine superiore presenta una leggera solcatura: questa infatti noncoincide con la linea del “cartiglio”, ma corre al di sopra di esso.

142 Cfr. supra, p. 171.143 Per la diffusa presenza di impianti fornacali nell’agro forogiuliese: BUORA 1987,

pp. 47-49; MAGGI, ZBONA TRKMAN 2007, p. 66.144 Il vaso risulta già da tempo irreperibile.145 Biblioteca Bartoliniana di Udine, man. 159, c. 240; la notizia, ripresa da M.

Buora (BUORA 1984, cc. 19-20), è inclusa in una lettera indirizzata adAnnibale degli AbatiOlivieri Giordani, che contiene una “raccolta delle figuline del Friuli”.

146 PANCIERA 1970, p. 166, XXVIII.147 InscrAq, 790. Il cognomen è anche attestato in un graffito su ceramica da Asolo:

PAIS 1884, 1080, 67. La stessa abbreviazioneAMAR compare in bolli su terra sigillata ita-lica di probabile origine pisana (CVArr2, n. 83).

148 Tra i contrassegni non si cita qui il segno a forma di X menzionato da M. Buora

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

risulta databile ai decenni centrali del I secolo d.C. per il ritrovamentodi un asse di Claudio. Tali contrassegni paiono legati alla fase dellafabbricazione dei vasi, all’interno di una produzione articolata e carat-terizzata da una certa organizzazione interna del lavoro 149.

Il quadro d’insieme delle attestazioni bollate su olle Auerberg evi-denzia innanzitutto una distribuzione limitata, allo stato attuale delleconoscenze, alla fascia della media pianura friulana, con una circola-zione – e talora anche una produzione – che interessava gli agri diAquileia, Iulia Concordia e Forum Iulii (fig. 9). I contesti di prove-nienza determinabili corrispondono perlopiù a grandi ville rustiche(Turrida e Gorgaz) o a necropoli (Pozzuolo, Basaldella e PortaPracchiuso).

L’onomastica sembra testimoniare un coinvolgimento nell’attivitàproduttiva solo di ingenui o liberti. Tutti i marchi compaiono su conte-nitori fatti al tornio di produzione locale (gruppo 3.c.3.), ad eccezionedei casi relativi a Rufus, che si riferiscono a contenitori lavorati amano, rispettivamente del gruppo 2.b e 1.b.

La bollatura dei vasi Auerberg non è certamente da considerar-si una prassi estemporanea: l’uso di punzoni curati, le caratteristi-che ricorrenti nei vari bolli, il numero dei produttori e la quantitàstessa delle attestazioni riflettono un fenomeno particolare nell’am-bito della ceramica comune grezza. Il ripetersi di determinati bolli supiù esemplari, con l’utilizzo di medesimi punzoni, e la standardizza-zione della posizione del bollo sembrano indicare una produzioneseriale.

Tra l’altro, il fenomeno trova riscontro anche nella produzione delNorico meridionale: si è orientati, infatti, a considerare come veri epropri marchi le due firme PRIM attestate rispettivamente sulMagdalensberg 150 e ad Aguntum (fig. 11).A questa conclusione porta-no sia il ripetersi di uno stesso nome su olle diverse, sia la posizionedelle scritte, identica a quella degli altri bolli su Auerberg, sia le forti

179

(BUORA 1984, c. 18) come presente, accanto al bollo P.B.V, sull’olla inv. n. 1012 di PortaPracchiuso; infatti, un accurato esame del pezzo non ha evidenziato alcuna traccia di talecontrassegno.

149 Nell’ambito della ceramica grezza, un confronto diretto è costituito da analoghicontrassegni su vasi Auerberg dal Magdalensberg (cfr. il contributo di Eleni Schindler-Kaudelka, Susanne Zabehlicky-Scheffenegger in questo volume, fig. 4); simile è anche ilcaso dei segni tracciati su coppe a treppiedi e sui coperchi ad esse pertinenti, forme tipi-che del Norico: ZABEHLICKY-SCHEFFENEGGER 1997.

150 Cfr. il contributo di Eleni Schindler-Kaudelka, Susanne Zabehlicky-Scheffeneggerin questo volume, fig. 10, 6. E. Schindler-Kaudelka, che si ringrazia, ha fornito la docu-mentazione fotografica.

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

analogie grafiche riscontrabili nei due esemplari, oltre al fatto che icaratteri sono senza dubbio impressi prima della cottura 151.

Nel panorama della ceramica comune grezza dell’Italia setten-trionale, l’unico caso paragonabile a quello dei vasi Auerberg bollati ècostituito dal gruppo di marchi presenti sulle olle con orlo arrotondatoe corpo ovoidale (cosiddetto tipo Sevegliano 4), datate tra la metà delII secolo a.C. e il I secolo d.C. e prodotte con tutta probabilità in ambi-to patavino 152. Tale gruppo, che conta ad oggi una quarantina di testi-monianze, diffuse tra il Veneto Orientale 153 e il Friuli 154, è riferibile aun fenomeno senza dubbio di maggiore portata per incidenza numeri-ca e raggio di circolazione, ma tuttavia confrontabile per sistematicitàe standardizzazione.

180

151 Si osservano infatti un’evidente regolarità delle lettere e una larghezza del solcocostante, che potrebbero derivare solo dall’utilizzo di un punzone.

152 Si tratta di vasi con orlo arrotondato, corpo ovoidale e cordone plastico nel puntodi massima espansione della parete, che presentano, costantemente presso il fondo e spes-so in posizione rovesciata, bolli a lettere rilevate entro cartiglio. Per la produzione bolla-ta: MAZZOCCHIN, AGOSTINI 1997. Per altri dati cfr. supra, p. 150, nt. 6.

153 Ritrovamenti sono noti a Padova in grandi quantità (Scavo urbano 1996-1997,pp. 55-56, n. 49 e pp. 60-61; MAZZOCCHIN, AGOSTINI 1997; AGOSTINI 1999; AGOSTINI,MARINETTI 2002; CIPRIANO, MAZZOCCHIN 2003, pp. 456-457; CIPRIANO 2005), a Musile diPiave (D’ISEP 2005-06, pp. 80-82) e a Colatore Meolo (bollo inedito cortesemente segna-lato da Laura D’Isep per concessione di Luigi Fozzati).

154 Un nucleo di attestazioni proviene da scavi ottocenteschi nella necropoli di SantoStefano ad Aquileia (GIOVANNINI 2005, pp. 532-535, figg. 8-9); un singolo esemplare èstato poi rinvenuto nel sepolcreto di Sclaunicco di Lestizza (BUORA 1989, p. 102, n. 13,fig. 13A-B; CIVIDINI 2000, p. 126).

Fig. 11. Bolli PRIM su ceramica Auerberg dal Norico: a) Magdalensberg; b)Aguntum (foto E. Schindler-Kaudelka).

a b

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

Altri riscontri relativi a docu-mentazione bollata su forme inceramica grezza appaiono menosignificativi, sia per il loro numerolimitato che per la circoscritta areadi distribuzione 155. Per la nostraregione è indicativo il caso di unesemplare, finora inedito e privodi confronti, con bollo entro carti-glio rettangolare T.TE.[- - -] a let-tere a rilievo separate da punti cir-colari (fig. 12); il pezzo, prove-niente dallo scavo di CorteRomana a Cividale del Friuli,risulta difficilmente inquadrabiledal punto di vista morfologico peril suo notevole spessore e il profi-lo piano, che farebbero pensare adun grande coperchio decorato conmotivo a onda 156. La sua datazionead età augustea 157 risulta in lineacon quella dei primi bolli su vasiAuerberg, il che induce a collocare in tale periodo l’avvio in Friulidella pratica di applicare bolli sulla ceramica grezza 158.

Passando a considerare la possibile funzione della bollatura suivasi Auerberg 159, la questione è resa problematica dalla limitata casi-

181

155 Si fa riferimento ai casi di Roma e Suburbio (PAPI 1994), di Brescia (BEZZI

MARTINI 1987) e di Poetovio in Pannonia (BÓNIS 1962, p. 30, tav. 9, nn. 1-3). Nel caso del-l’esemplare di Emona generalmente ricordato nella bibliografia come bollo su grezza (adesempio MAZZOCCHIN, AGOSTINI 1997, p. 137), va invece esclusa una simile identificazio-ne, trattandosi di un graffito tracciato sulla spalla dell’olla: PLESNICAR-GEC 1972, tomba615, 12, tav. 141.

156 In considerazione della superficie piana e del notevole rilievo delle lettere e delcartiglio, imputabile ad un’impressione “in negativo”, non si può nemmeno escludere chesi tratti di una sorta di “prova tecnica” fatta su un pezzo di scarto. Si coglie l’occasione diringraziare Serena Vitri e Angela Borzacconi per aver acconsentito alla pubblicazione delframmento.

157 Per il contesto di provenienza (US 538/618) e altri materiali in esso presenti:MAGGI, TIUSSI 2005; inoltre BORZACCONI 2005, in part. pp. 118-119.

158 Tale pratica sembra dunque più tarda rispetto al Veneto, dove la bollatura è benattestata in epoca repubblicana.

159 Per un’analisi più generale delle problematiche relative alla bollatura delle varieclassi di instrumentum domesticum di età romana si rimanda a Inscribed Economy 1993.

Fig. 12. Bollo T.TE.[- - -] su ceramicagrezza da Cividale (Corte Romana).

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

stica, oltre che dalla conoscenza ancora troppo parziale del sistemaproduttivo.

Un dato che si deve tenere presente riguarda la percentuale degliesemplari con marchio decisamente bassa rispetto al complesso delletestimonianze note, anche se si prende in esame la sola produzionemediofriulana. Sebbene non si disponga ancora di valori precisi 160,pare evidente che solo su pochi vasi veniva apposto il bollo e checomunque tali vasi dovevano essere destinati ad una commercializza-zione e non ad un semplice utilizzo domestico o prettamente locale.Tale commercializzazione interessava in alcuni casi areali piuttostoampi: lo esemplifica la distribuzione sia dei bolli TAPVRI sia di quel-li P.B.V.

Circa le finalità dell’operazione di punzonatura dei vasi, si posso-no richiamare le due ipotesi avanzate per la produzione patavina di ollesopra ricordata: il marchio sarebbe servito come garanzia della qualitàtecnologico-funzionale del contenitore oppure della qualità/quantità diun eventuale contenuto 161. Altre proposte nel caso della ceramica grez-za fanno riferimento a un utilizzo della bollatura limitato ai vasi desti-nati a contenere le ceneri dei defunti 162.

Per i vasi Auerberg un’interpretazione plausibile potrebbe esse-re quella del marchio legato al contenuto, partendo dalla tesi secon-do cui questo vasellame fosse servito per il trasporto di alimenti, inparticolare delle mele cotogne 163 o della carne conservata nel gras-so 164. Tuttavia, in quest’ottica, desta perplessità la posizione delbollo, apposto sistematicamente sull’orlo: la scritta infatti non dove-va risultare visibile, in quanto verosimilmente coperta da un panno oda una copertura in pelle assicurati con un legaccio fissato sulla/escanalatura/e sotto il bordo. Va inoltre notato che i vasi rivestiti di

182

160 Va rilevata la difficoltà di un computo esatto delle testimonianze a causa dellamancanza di opere di sintesi a livello regionale e anche della scarsa attenzione fino a nonmolto tempo fa riservata alla classe della ceramica grezza, rispetto ad altre categorie dimateriali.

161 MAZZOCCHIN, AGOSTINI 1997, p. 137; AGOSTINI 1999, p. 447.162 Ad esempio PAPI 1994, pp. 284-285. L’ipotesi appare inverosimile, dal momen-

to che l’indicazione del defunto sarebbe avvenuta attraverso scritte estemporanee, come igraffiti, e non seriali. D’altra parte, l’impiego delle olle Auerberg come urne cinerarie è daconsiderarsi secondario: cfr. infra, pp. 196-196. Indicativo è anche il ritrovamento, nellanecropoli di Pozzuolo, di un’olla con marchio Q.VAL usata come copertura di un’urnaAuerberg, contenente una deposizione femminile e caratterizzata da un bollo differente(L.M.).

163 Ipotesi sostenuta da BUORA 2003, p. 120.164 Cfr. supra, pp. 160-161.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

grasso (gruppo 1.b), e dunque destinati a contenere la carne, di normanon erano bollati 165 e che, per contro, quelli su cui più spesso ricor-rono i marchi (gruppo 3.c.3) erano probabilmente utilizzati comepentole 166.

Alla luce di queste considerazioni, non si può escludere che la fun-zione del bollo fosse connessa non tanto con la fase di immissione delprodotto “contenitore” sul mercato, quanto con i processi produttivi.Sulla base dei dati disponibili, si può pensare che i contesti in cui veni-va fabbricata la ceramica Auerberg corrispondessero a impianti artico-lati, spesso annessi a ville, al cui interno si producevano anche laterizie altre classi di materiali 167. I marchi, anche per una sorta di imitazionenei confronti di altre tipologie di prodotti, potrebbero essere stati allorafunzionali ad un controllo interno dell’attività dell’officina.

Solo l’acquisizione di nuovi elementi tramite lo scavo esaustivodi un complesso produttivo e l’esame completo dei materiali inediticonservati presso i depositi museali della regione, unitamente alla pro-secuzione delle analisi archeometriche, potrà consentire di verificarequeste ipotesi interpretative, contribuendo a definire i complessi rap-porti tra produzione e distribuzione della ceramica.

CATALOGO DEI BOLLI SU CERAMICAAUERBERG

1. P.B.V

183

165 Come già detto, l’unica attestazione è costituita dal bollo RVFI.O.166 Cfr. il contributo di Eleni Schindler-Kaudelka, Susanne Zabehlicky-Scheffenegger

in questo volume.Alcune delle olle bollate recano segni di contatto con il fuoco: cfr. supra,p. 171.

167 Si pensi al caso delle fornaci di Flambruzzo e del Locavaz: cfr. supra, pp. 165-168. Per i ritrovamenti nelle ville: cfr. infra, pp. 190-192.

a

b

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

Scioglimento: P(ubli) B( ) V( )Punti diacritici: punti circolariNessi: /Lettere: alte e sottili, prive di apicature, con occhielli non chiusiDimensioni: lungh. 3,3; h lett. 1,5Impasto vaso: gruppo 3.c.3Attestazioni: 4Siti di rinvenimento: a) Santa Lucia di Tolmino/Most na Soci (necropoli); b)

Cividale - Corte Romana (centro urbano); c-d) Udine - Borgo Pracchiu-so (necropoli)

Termini cronologici: età claudiaBibliografia: BUORA 1984, cc. 14-15 e 25-26, fig. 8, 1-2.

2. L.M

Scioglimento: L(uci ?) M( )Punti diacritici: punto circolareNessi: /Lettere: sottili, prive di apicatureDimensioni: lungh. 1,6; h lett. 1 cmImpasto vaso: gruppo 3.c.3Attestazioni: 1Siti di rinvenimento: Pozzuolo del Friuli (necropoli, tom-

ba 19)Termini cronologici: post 10-12 d.C.Bibliografia: BUORA 1984, cc. 19 e 26, fig. 8, 6; Pozzuolo

1983-84, p. 209 e fig. 35, 8.

184

d

c

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

3. RVFI

Scioglimento: RufiPunti diacritici: /Nessi: RVFLettere: sottili e basse, prive di apicatureDimensioni: lungh. 1,7; h lett. 0,8 cmImpasto vaso: gruppo 2.bAttestazioni: 1Siti di rinvenimento: Pozzuolo del Friuli -

Carpeneto (necropoli)Termini cronologici: età tiberiano-neronianaBibliografia: SOMEDA DE MARCO 1951-54,

pp. 14-15; ZACCARIA 1981, p. 112; BUORA 1984, cc. 20-21, fig. 6.

4. RVFI.O

Scioglimento: Rufi o(fficina?)Punti diacritici: punto triangolare con vertice a

sinistraNessi: RVFLettere: grosse e basse, prive di apicatureDimensioni: lungh. 3,1; h lett. 0,7-1,2 cmImpasto vaso: gruppo 1.bAttestazioni: 1Siti di rinvenimento: CodroipoTermini cronologici: /Bibliografia: inedito

5. TAPVRI

185

a b

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

Scioglimento: TapuriPunti diacritici: /Nessi: APLettere: grosse e apicate; P e R con occhiello apertoDimensioni: lungh. 4,3/4,4; h lett. 1,2/1,4 cmImpasto vaso: gruppo 3.c.3Attestazioni: 4Siti di rinvenimento: a) Udine - zona del Cormor (contesto non det.); b) San

Vito - Gorgaz (villa rustica); c-d) Sedegliano - Turrida (villa rustica)Termini cronologici: /Bibliografia: CIL V, 8115, 119; CVArr2 n. 2035; BUORA 1980, p. 50; BUORA

1984, cc. 22-23; 25-26, fig. 8, 3-4; CIVIDINI 1988; CIVIDINI 1997, pp.47-49, Tav. 5a, CCg 1-2, fig. 8; VENTURA, DONAT 2003, cc. 409-410,fig. 4, 14.

6. Q.VAL

Scioglimento: Q(uinti ?) Val(erii ?)Punti diacritici: punto circolareNessi: VALettere: prive di apicatureDimensioni: lungh. 3,1/3,2; h lett. 1,2/1,4 cmImpasto vaso: gruppo 3.c.3Attestazioni: 3Siti di rinvenimento: a) Campoformido - Basaldella (necropoli, erratico); b-

c) Pozzuolo del Friuli (necropoli, tombe 19 e 32)Termini cronologici: post 10-12 d.C.Bibliografia: BUORA 1984, cc. 23-26, fig. 8, 5 e 7; Pozzuolo 1983-84, p. 209.

186

b

a

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

7. P. R AMAR

Scioglimento: P(ubli) R( ) Amar(anti ?)Punti diacritici: punto circolareNessi: AMLettere: /Dimensioni: /Impasto vaso: /Attestazioni: 1Siti di rinvenimento: Udine - Borgo Pracchiuso (necropoli)Termini cronologici: /Bibliografia: PANCIERA 1970, p. 166, XXVIII; BUORA 1984, cc. 19-20.

CONTRASSEGNI GRAFFITI

8.

Dimensioni: 3,7 x 1,8 cmImpasto vaso: Gruppo 3.cAttestazioni: 1Associazioni con altri bolli o contrassegni:

con contrassegno a forma di XSiti di rinvenimento: Campoformido - Basal-

della (necropoli, tomba 1)Termini cronologici: età claudiaBibliografia: BUORA 1984, cc. 24 e 25-26,

fig. 8, 8

9.

Dimensioni: 2,6 x 1,5 cmImpasto vaso: Gruppo 3.cAttestazioni: 1Associazioni con altri bolli o contrassegni:

con contrassegno a forma di svasticaSiti di rinvenimento: Campoformido - Basal-

della (necropoli, tomba 1)Termini cronologici: età claudiaBibliografia: /

(T. C., P. M.)

187

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

3. LA DIFFUSIONE DELLE OLLE AUERBERG NEI TERRITORI DI

AQUILEIA, TERGESTE, FORUM IULII, IULIUM CARNICUM E

IULIA CONCORDIA: CONTESTI E DESTINAZIONI D’USO SECONDARIO

3.1 I centri urbani

Allo stato attuale delle conoscenze, poche sono le attestazioni diceramica Auerberg dal centro urbano di Aquileia. Ciò potrebbe essereimputato, almeno parzialmente, al fatto che alcuni materiali dei vecchiscavi sono ancora inediti 168 e che non sono molti i contesti di prima etàimperiale noti 169. Ciononostante, le testimonianze finora acquisitesembrerebbero indicare che ad Aquileia si prediligevano sia forme cir-colanti in area friulana, come ad esempio le olle decorate a pettine(forma Cassani 1991, I-III), sia forme coeve largamente diffuse in tuttal’Italia settentrionale 170. Interessante appare la concentrazione dei con-tenitori Auerberg del gruppo 3.c nell’area dell’Essiccatoio Nord 171,oltre a quella, già ricordata, presso lo scalo idroviario minore di S.Stefano (gruppo 2.b) 172. A tale concentrazione in zone a carattere com-merciale corrisponde, invece, un’assenza nelle necropoli 173. Sebbene i

188

168 Nei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia è conservato unmodesto quantitativo di contenitori Auerberg, ma al momento non se ne conosce la pro-venienza; informazione fornita da Annalisa Giovannini.

169 Negli scavi nella zona ad est del foro non si registrano ritrovamenti certi: il fram-mento di orlo pubblicato come ceramica Auerberg sembrerebbe piuttosto, sulla base delladescrizione dell’impasto e del confronto morfologico, riferibile alla ceramica ad impastodi grafite: Scavi ad Aquileia 1994, pp. 203, 214, tav. 29, CCg 36. Dalle indagini condottedall’École Française de Rome e dall’Università di Trieste nell’area settentrionale del PortoFluviale, provengono in tutto 27 frammenti, per un totale complessivo di 11 individui; fattaeccezione per 4 esemplari, che sono da considerare residuali, gli altri sono stati recupera-ti in livelli (6 individui dalla domus, 1 dai livellamenti per la costruzione dei magazzini delporto) che possono datarsi tra la fine dell’età repubblicana e la seconda metà del I secolod.C. La forma è quella più attestata tra quelle di ceramica grezza. Non sono state operatedistinzioni sulla base degli impasti, sono state invece riconosciute due varianti morfologi-che (informazione fornita da A. Marensi e B. Portulano). Nello scavo di Via Geminadell’Università di Trieste la ceramica Auerberg non è attestata (informazione fornita da A.Duiz).

170 Un gruppo di olle di forma Cassani 1991, I-III è stato recuperato a Monastero, edè uno dei due tipi attestati nella necropoli di S. Stefano: STRAZZULLA RUSCONI 1979, c. 64;GIOVANNINI 2005, pp. 530-531; GIOVANNINI 2006b, pp. 192-194, figg. 7-8; per la forma cfr.tav. 4, n. 6; fig. 7.

171 Informazione fornita da Luciana Mandruzzato; si tratta comunque di pochi esem-plari.

172 Cfr. supra, p. 164.173 Cfr. infra, p. 194.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

dati relativi al centro urbano siano ancora limitati, come ipotesi dilavoro si può prendere in considerazione la possibilità che la ceramicaAuerberg e/o i prodotti in essa conservati arrivassero adAquileia comemerce importata dall’entroterra, ma che non vi incontrassero particola-re favore.

Per quanto riguarda Tergeste, le olle Auerberg sono sporadica-mente attestate nelle indagini condotte dall’Università di Trieste nelcentro storico (Progetto Urban-Crosada), con due frammenti apparte-nenti al gruppo 3.c 174.

A Forum Iulii, al cui territorio è verosimilmente attribuibile laproduzione bollata P.B.V nel già citato scavo di Corte Romana, risul-tano presenti, nelle stesse unità stratigrafiche, sia esemplari del gruppo2.b sia un’alta percentuale di frammenti pertinenti al gruppo medio-friulano privo di dimagrante di marmo (3.c.3). Sono testimoniati vasidi varie dimensioni, dai bicchieri alle grandi olle; in base ai dati discavo, la datazione più probabile del contesto originario sembra ripor-tare ad età augustea 175. A Cividale mancano allo stato attuale testimo-nianze riferibili a prodotti con rivestimento grasso (gruppo 1.b), docu-mentati invece in più esemplari presso Santa Lucia di Tolmino 176, lacui appartenenza amministrativa resta da definire 177.

Nel centro di Iulium Carnicum sono attestati tutti e tre i gruppid’impasto riconosciuti, a differenza dei siti indagati nel suo territorio,dove risultano presenti esclusivamente i vasi Auerberg “neri” 178.Tuttavia, va rilevato che la maggior parte del materiale proviene davecchi scavi, i quali non forniscono elementi utili per risalire al con-testo stratigrafico, e quindi ad una datazione puntuale 179. Solo lerecenti indagini svolte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologicinell’area della basilica civile hanno consentito di giungere ad alcuneprecisazioni cronologiche 180. Negli strati interpretati come apparte-

189

174 RICCOBONO c.s.175 Per un quadro preliminare dei risultati dello scavo: BORZACCONI 2005.176 Tali esemplari sono stati rinvenuti nella necropoli di Repelc, sulla sponda sinistra

del fiume Idrijca, recentemente scavata da M. Mlinar.177 ZACCARIA 2007, p. 138, fig. 7.178 Monte Sorantri di Raveo: DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006; Pratiche cultuali

2007. Cfr. supra, fig. 6 e pp. 159-164.179 Sui materiali dai vecchi scavi: DONAT 2001, pp. 371-372, nt. 2; neanche i son-

daggi condotti dopo il terremoto del 1976, che hanno permesso di ottenere numerose infor-mazioni sulla strutturazione dell’impianto urbano di Iulium Carnicum, hanno fornito deidati che permettessero di definire meglio la datazione delle testimonianze della ceramicaAuerberg ivi rinvenuta: RIGONI 1981; Iulium Carnicum 2007, pp. 47-49.

180 MANDRUZZATO, VITRI 2005; Iulium Carnicum 2007.

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

nenti alle strutture di età vicanica, e dunque precedenti la risistema-zione della zona in età augustea con la costruzione del foro e dellabasilica, i contenitori Auerberg risultano assenti. Le prime testimo-nianze relative alla forma si hanno, invece, nei riporti di terreno rea-lizzati per la creazione del foro, da collocare in età augustea 181; vi èstato rinvenuto un frammento pertinente al gruppo 2.b. L’attestazionepiù antica finora nota a Zuglio sembra quindi appartenere ad una pro-duzione localizzabile nella bassa pianura friulana o nel Cividalese enon alle Auerberg “nere”, tipiche, altrimenti, in Carnia. Nel centroalpino, inoltre, è documentata un’ampia varietà di forme in ceramicagrezza, riferibili a tipi diffusi alcuni solamente in area friulana, altri intutta l’Italia settentrionale 182.

(P. D.)

3.2 I centri minori e le ville rustiche

Dei numerosi esemplari di vasi Auerberg recuperati nel corsodelle indagini topografiche condotte in area mediofriulana 183 e nellafascia collinare 184 solo per pochi siti si possono ad oggi precisare lecaratteristiche tecniche e dell’impasto (fig. 5). È interessante notareche i contesti di provenienza nel territorio di Aquileia corrispondonoprevalentemente a ville rustiche, di cui alcune con fornaci annesse. Lamaggior parte delle attestazioni si concentra lungo le strade per ilNorico, con una maggiore incidenza sulla direttrice Concordia-Norico,attorno allo snodo di Codroipo e in prossimità dei fiumi Tagliamento eStella (fig. 6, A). A sud della cosiddetta Stradalta, nella bassa pianurafriulana, la documentazione è limitata esclusivamente al fiume Stella eadAquileia 185. Tale documentazione appare oltremodo significativa, inprimo luogo perché mette in rilievo come la distribuzione della forma

190

181 Iulium Carnicum 2007, pp. 47-49.182 DONAT 2001, pp. 381-383.183 Si vedano i volumi usciti nella collana Presenze romane nel territorio del Medio

Friuli, che riguardano le ricerche svolte nel comprensorio di quattordici comuni dellamedia pianura friulana nell’ambito del Progetto Integrato Cultura; CASSANI 1991, pp. 89-102.

184 RUPEL 1988, cc. 108 e 149, n. 1; ROSSET 2002; CIVIDINI 2006, pp. 49-111.185 Il dato collima con quello riguardante le attestazioni di vasi Auerberg nei conte-

sti tombali, anche se in questo caso si concentrano quasi esclusivamente a nord della cosid-detta Stradalta: cfr. infra, p. 193.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

coincida con le principali direttrici terrestri e fluviali da e per la zonaalpina, secondariamente perché molti dei siti di rinvenimento sonolocalizzati presso corsi d’acqua, fondamentali per la produzione e lacommercializzazione di ceramica. Sono anche da sottolineare le scar-se presenze dei prodotti Auerberg in prossimità della via Annia, in unterritorio peraltro intensamente popolato e sfruttato nel campo dellaproduzione fittile (fig. 6).

Sembra opportuno prendere analiticamente in considerazione icasi di Codroipo, Rivignano e Castions di Strada, dal momento che visono stati riconosciuti i tipi di produzione.

A Codroipo una significativa documentazione proviene dagliscavi condotti in piazzetta Marconi e in via Pordenone 186. I risultatidelle indagini di piazzetta Marconi sono editi fino al 1999 e diversivasi Auerberg sono stati sottoposti ad analisi archeometriche. Ciò hapermesso di attribuire i frammenti esaminati al gruppo 1.b. Tuttavia,gli scavi più recenti hanno consentito di verificare la presenza anche dicontenitori pertinenti al gruppo 3.c. Si tratta di un deposito archeolo-gico relativo al riempimento di un lungo fossato, nel quale si concen-trano materiali databili all’età augustea 187. Le indagini condotte in viaPordenone non hanno permesso di definire con certezza la natura del-l’evidenza, per quanto l’ipotesi più plausibile riporti ad un’area fune-raria, alla luce dei reperti e della discontinuità areale. In questo conte-sto, inquadrabile anch’esso in età augustea, si segnala il rinvenimentodi 23 frammenti di orli ascrivibili al gruppo 3.c 188. Degna di nota appa-re la compresenza sia delle produzioni locali che delle importazioni,riferibili alla fase più antica della forma. Questo dato va sicuramentemesso in relazione alla posizione del centro di Codroipo, collocato nelpunto d’incrocio tra la via Concordia-Norico e l’asse stradale verosi-milmente identificabile con la via Postumia.

Nel territorio di Rivignano, oltre al già citato rinvenimento nelcontesto produttivo di Flambruzzo - il Bosco 189, si ricorda la presenzadi diversi esemplari in aree archeologiche limitrofe, pertinenti a ville 190

ben inserite nel quadro della viabilità per la loro collocazione sull’as-

191

186 Per Piazzetta Marconi: Quadrivium 1999, pp. 61-64, 105-110; CIVIDINI,VENTURA 2005; per via Pordenone: Codroipo 2005; CIVIDINI, VENTURA c.s.

187 CIVIDINI, VENTURA 2005, cc. 387-388, figg. 1-2.188 Codroipo 2005, c. 392.189 Cfr. supra, p. 168.190 Le olle, frutto di ritrovamenti di superficie, provengono in particolare da

Flambruzzo, loc. Il Bosco/Processione e da Sivigliano, loc. Braidis, dove forse il com-plesso comprendeva anche una fornace: MAGGI 1998, pp. 43-44 e pp. 140-142.

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se fluviale dello Stella e lungo un itinerario che, partendo dalla viaAnnia, verosimilmente si innestava nella presunta via Postumia e poinell’asse Concordia-Norico 191. Perlopiù i rinvenimenti si riferiscono aolle di medie o piccole dimensioni di produzione mediofriulana, men-tre sporadiche risultano le attestazioni relative a prodotti importati. Lacircolazione dei vasi Auerberg nel Bacino dello Stella è documentataanche da un esemplare di origine locale recuperato nell’alveo delfiume presso Bronzan (Palazzolo dello Stella) 192 e da un frammentoritrovato nel sito di Rive dal Fàs (località Rovereto - Stroppagallo) aPocenia 193.

Numerose e diffuse capillarmente sono le olle Auerberg medio-friulane (gruppo 3.c) provenienti dal territorio di Castions di Strada 194,servito in età romana da un’articolata rete viaria, che comprendeva,oltre all’asse della Stradalta, un percorso di collegamento tra la costa el’area di Udine attraverso la zona di Pozzuolo del Friuli. Anche in que-st’area le attestazioni sono per lo più riconducibili a ville, fra le qualisi segnalano quella di Rem del Sterp 195, con probabile fornace annes-sa, e quelle di Le Selve, Tre Ponti e Morsano di Strada 196.

Nel Cividalese ancora scarsamente nota è la documentazionemateriale proveniente dalle ville dell’agro; l’area sud-orientale e quel-la delle Valli del Natisone, oggetto di recenti ricerche archeologico-topografiche 197, non hanno finora restituito alcuna attestazione. Percontro la media Valle dell’Isonzo sembrerebbe interessata da unadiscreta diffusione dei vasi Auerberg, anche se non è possibile quan-tificare l’entità del fenomeno; la maggior parte delle testimonianzenote proviene dal centro minore (vicus ?) di Santa Lucia di Tolmino(figg. 5-6) 198.

Nel territorio di Zuglio, come già accennato, la produzionemediofriulana senza inclusi di marmo è allo stato attuale della ricercadel tutto assente 199. Secondo quanto risulta dalla ricca documentazio-

192

191 MAGGI 2003, pp. 32-33, fig. 9.192 BRESSAN 1997, c. 450, fig. 4.193 Esemplare inedito conservato al Museo dello Stella. Per il sito: PRENC 1997, pp.

17-18, POC 005.194 CIVIDINI 2002.195 CIVIDINI 2002, p. 187.196 CIVIDINI 2002, rispettivamente pp. 96-99, pp. 132-134, pp. 82-83.197 Valli del Natisone 2007.198 Si fa riferimento ai rinvenimenti fatti in località Repelc, nel corso degli scavi

condotti dal Museo di Tolmino tra il 2000 e il 2002 (informazione fornita da M. Mlinar),nonché all’attestazione del bollo P.B.V (fig. 10).

199 Cfr. supra, fig. 6 e pp. 189-190.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

ne acquisita negli scavi dei siti d’altura con fasi di frequentazione data-bili tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del II secolo d.C. 200, in Carnial’olla Auerberg della produzione 1.b è la forma predominante all’in-terno della ceramica grezza (fig. 5).

(T. C., P. D., P. M.)

3.3 Le necropoli

Il riutilizzo dei contenitori Auerberg come urne cinerarie è moltocomune nel territorio considerato, in particolare nell’agro di Aquileia,mentre più raro appare in Rezia 201 e nel Norico 202. Quest’uso è testi-moniato anche nelle necropoli alpine di Tires ed Aica, sul confine traVenetia e Rezia, datate tra la seconda metà del I secolo d.C. e la primametà del II secolo d.C. 203.

Nel territorio di Aquileia tale genere d’impiego è documentatosoprattutto nel triangolo formato dal percorso della Stradalta a sud edalle due vie che collegavano Iulia Concordia e Aquileia con il Norico(fig. 6, B), nelle già citate “necropoli rurali” di Porta Pracchiuso, diBasaldella e di Pozzuolo del Friuli e, inoltre, nelle necropoli di Angorisdi Molin Nuovo (a nord di Udine) 204, di San Gottardo (a est diUdine) 205, di Nespoledo di Lestizza 206 e in alcune sepolture singole,come quella femminile di Alnicco (Moruzzo) 207 e una sporadica diOsoppo 208. Lo stesso uso è testimoniato nell’area funeraria di SanDaniele del Friuli, non lontano dalla strada Concordia-Norico.Annalisa Giovannini, che ha comparato i sepolcreti localizzati nellezone intorno ad Aquileia con le “necropoli rurali” del Medio Friuli, hasottolineato alcune diversità, tra le quali il fatto che in area suburbana

193

200 Cfr. supra, fig. 6 e pp. 159-164.201 In Rezia molto noto è l’esempio del Keckwiese, presso Kempten/Cambodunum,

dove sono attestate sia sepolture in urne Auerberg, sia ceramica Auerberg di dimensionidiverse (olla, olletta, bicchiere) deposta come corredo. La maggior parte delle sepolture sidata tra la fine del I e l’inizio del II secolo d.C.: MACKENSEN 1978, pp. 105-107, 134-144.

202 FLÜGEL 1999, p. 85, nt. 353; Cfr. il contributo di Eleni Schindler-Kaudelka,Susanne Zabehlicky-Scheffenegger in questo volume.

203 ROSADA, DAL RI 1985, pp. 57-58, 76-78, 88-90, 119-120, 144-145, 157-165.204 ZUCCOLO 1985, pp. 49-52.205 ZUCCOLO 1985, p. 52.206 Necropoli di Nespoledo 2002.207 BUORA 1991.208 CIVIDINI 2006, p. 84.

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si seppelliva prevalentemente in urne di pietra, mentre nei sepolcreti dicampagna si preferivano cinerari in cotto, che presupponevano unimpegno economico sicuramente inferiore 209. Lo studio della necropo-li di Santo Stefano 210, uno dei nuclei funerari aquileiesi più antichi 211,e di quelle leggermente più recenti di via San Girolamo, dellaColombara e di Beligna evidenzia l’assenza di cinerari Auerberg, seb-bene sia testimoniato l’impiego di urne in ceramica grezza 212. AdAquileia solo sporadico risulta dunque l’uso sepolcrale dei vasiAuerberg, che sembrerebbe attestato già verso la fine del I secoloa.C. 213.

A Forum Iulii sono note sepolture di incinerati in urne Auerbergnella necropoli di Borgo di Ponte, sita lungo la strada proveniente dallavia Aquileia-Emona, e databile tra la fine del I secolo a.C. e la secon-da metà del I secolo d.C. 214. Nell’area prevale, come adAquileia, l’usodi deporre le ceneri all’interno di urne lapidee; sono attestati comun-que olle in terracotta, tra cui contenitori Auerberg, e fondi di anfore 215.In questo contesto è stata recuperata un’olla Auerberg reimpiegatacome urna, che reca un unico foro centrale, della grandezza circa diuna moneta. Per essa si potrebbe pensare a un utilizzo precedente comevaso per piante 216 oppure la presenza del foro potrebbe essere messa in

194

209 Recenti scavi 1997, c. 165; DE CECCO 2002-03, p. 26; GIOVANNINI 2006a, p. 17;è nota per l’età romana la subordinata posizione economica e sociale del territorio rispet-to ai centri urbani: ZACCARIA 1979, p. 200.

210 Sui ritrovamenti di olle Auerberg (impasto 2.b) al di sotto della pavimentazionedi un probabile magazzino portuale nella stessa località cfr. supra, p. 164.

211 La necropoli gravitava su un asse viario minore, inseribile nel reticolo recente-mente ricostruito per il suburbio settentrionale: MAGGI, ORIOLO 2004, p. 636, fig. 4; inol-tre GIOVANNINI 2005, p. 530.

212 GIOVANNINI 2005, pp. 529-535, figg. 5, 8-9; GIOVANNINI 2006a, pp. 16-17;Recenti scavi 1997, c. 170; Recenti indagini 1998, c. 306.

213 Roma sul Danubio 2002, p. 185, n. Ic.2. L’olla, proveniente da vecchi scavi, èstata ritenuta da M. Buora un cinerario, considerate le sue grandi dimensioni e visto che èesposta al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia assieme agli oggetti provenientidalle necropoli. Non è stato possibile esaminare il pezzo, per risalire alla produzione; iltipo di decorazione e la superficie non impregnata di grasso farebbero propendere per unprodotto locale, morfologicamente simile a quelli del Locavaz e dunque databile ancora inetà augustea.

214 La datazione si ricava per lo più dallo studio delle monete e della terra sigillata,usate come corredo: MASELLI SCOTTI 1977; TAGLIAFERRI 1986, II, pp. 117-119, CI 93.

215 GIOVANNINI 2006a, p. 16.216 In età romana, così come oggi, esistevano anche delle vere e proprie produzioni

di vasi da fiori, le ollae perforatae ricordate da Plinio; in questo caso i fori venivano pra-ticati prima della cottura: MAZZOCCHIN 2004, pp. 142-143, figg. 72-73, con bibliografiasull’argomento.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

relazione con le offerte ai defunti e alle divinità ctonie. In genere, però,il collegamento era realizzato, tramite un tubo, un’imboccatura o uncollo d’anfora, che permettesse agli offerenti di versare liquidi, cibi oprofumi all’interno dell’urna 217. A tale proposito si può ricordare cheanche l’olla con marchio TAPVRI dal fiume Cormor reca sul fondo seiforellini, disposti a triangolo e realizzati dopo la cottura, i quali secon-do M. Buora indicherebbero un uso secondario come colatoio 218.

Per la necropoli di Borgo di Ponte si segnala, inoltre, il ritrova-mento nel 1838 di una moneta di Costantino all’interno di un’urnaAuerberg 219. A. Giovannini non esclude che si tratti di “un riuso del-l’olla attraverso un suo recupero in antiquo” 220, ma la conservazioneper circa duecento anni di un vaso in ceramica grezza appare inverosi-mile, considerati lo scarso valore materiale e la facilità a frammentar-si dell’oggetto.

Le tombe con cinerari della forma in questione in “necropoli rura-li” si datano prevalentemente all’età giulio-claudia (Pracchiuso,Angoris, San Gottardo, Basaldella 221, Pozzuolo 222, Nespoledo); un po’più tarde sono la deposizione fatta in urna Auerberg nella necropoli diSan Daniele del Friuli, che si colloca probabilmente in età flavia 223, ela sepoltura di Alnicco, della fine del I o dell’inizio del II secolod.C. 224. In queste necropoli è raramente riscontrabile una differenzia-zione sociale: il corredo, infatti, è generalmente povero, e in pochi casivengono deposti oggetti dotati di un certo valore 225.

A Basaldella, su 39 deposizioni di ceneri in olle in ceramica grez-za, ben 12 riguardano vasi Auerberg. La maggior parte di questi appar-tiene al gruppo 3.c, ma sono attestate anche tre olle Auerberg “nere” ed

195

217 Ad esempio ad Aquileia: Recenti scavi 1997, c. 166.218 BUORA 1984, c. 21.219 Notizia riportata da Alvise Zorzi alla fine dell’Ottocento e ripresa da Aannalisa

Giovannini: GIOVANNINI 2006a, p. 16.220 A sostegno di tale ipotesi la studiosa cita altri simili recuperi relativi ad oggetti

in metallo: GIOVANNINI 2006a, p. 16, nt. 36.221 DE CECCO 2002-03, p. 111.222 L’utilizzo della necropoli in età romana comincia nell’ultimo terzo del I secolo

a.C., ma le tombe finora pubblicate in cui la ceramica Auerberg è usata come cinerario sidatano ad età giulio-claudia (tombe 19, 21): Pozzuolo 1983-84, pp. 204-210.

223 ZUCCOLO 1983, cc. 13-17, figg. 1, 3; il pezzo più tardo del corredo è una coppettain terra sigillata tardo-padana Consp. 46.1.2, databile tra l’età flavia e la metà del II seco-lo d.C.: FLÜGEL, SCHINDLER-KAUDELKA 1995, c. 78, nt. 26.

224 BUORA 1991, pp. 117-118. Ch. Flügel e E. Schindler-Kaudelka citano la sepolturadi Alnicco, assieme a quella dalla necropoli di San Daniele del Friuli, fra le attestazioni piùtarde dei vasi Auerberg in territorio cisalpino: FLÜGEL, SCHINDLER-KAUDELKA 1995, c. 78.

225 ZUCCOLO 1985, pp. 56-57; DE CECCO 2002-03, pp. 117-121.

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una del gruppo 2.b. Per quel che riguarda Pozzuolo, quando è stato pos-sibile analizzare gli impasti, si è notata una prevalenza del gruppo 3.c.

Nell’ambito delle deposizioni funerarie sono state utilizzate comeurne cinerarie le olle di medie e grandi dimensioni; per quelle di medioformato è anche attestata, seppure sporadicamente, la deposizioneassieme al corredo 226. I bicchieri sono stati usati prevalentemente nelcorredo esterno, più raramente in quello interno (tav. 3, nn. 3-4). È pos-sibile quindi ipotizzare che nel primo caso fossero stati adoperati peroffrire libagioni e nel secondo costituissero un’offerta al defunto, fattaal momento della deposizione dei resti 227.

(P. D.)

3.4 I santuari alpini

Su un modesto terrazzo a ovest dell’abitato del Monte Sorantri diRaveo (figg. 5-6) sono state riconosciute due fosse, per le quali è stataipotizzata una funzione cultuale 228. La prima fossa, che sembra esserestata colmata in un unico momento intorno alla metà del I secolo d.C.,conteneva materiali di vario genere in stato estremamente frammenta-rio, tra i quali si segnalano anche vasi Auerberg del gruppo 1.b, cherecano dei graffiti post cocturam 229. La seconda fossa, rimasta in usodall’età augustea a quella giulio-claudia, sembrerebbe essere statachiusa contemporaneamente all’altra; essa è stata riempita quasi esclu-sivamente con ceramica grezza assai frammentata. Tra le forme pre-valgono nettamente i contenitori Auerberg del gruppo 1.b, alcuni deiquali con graffiti incisi dopo la cottura 230; sono attestati, inoltre, altri

196

226 Un caso a parte è rappresentato dall’olla con marchio Q.VAL usata a Pozzuolocome copertura di un’urna (tav. 1, n. 3), costituita anch’essa da un vaso Auerberg con mar-chio L.M (tav. 4, n. 5): Pozzuolo 1983-84, pp. 204, 207, 209, fig. 35, n. 2; BUORA 1984, cc.19 e 23-24, fig. 8, n. 6.

227 Nel corredo esterno, usato nel corso del successivo silicernium, sono stati rinve-nuti anche frammenti di un bicchiere in pareti sottili e di un’olpe in ceramica comunedepurata: DE CECCO 2002-03, pp. 50-51; per altre attestazioni di questo tipo di rito: Recentiindagini 1998, c. 322; TIRELLI 2001, p. 250.

228 Il sito è stato sede in età protostorica (a partire dal tardo IV secolo a.C.) di unimportante santuario a connotazione militare; vi sono state infatti recuperate numerose armiLa Tène: Iulium Carnicum 2007, pp. 41-42; Pratiche cultuali 2007 (con bibl. prec.).

229 Cfr. infra, p. 199, cat. nn. 1a, 5a, 6a e tav. 2, n. 4; per il materiale contenuto:Pratiche cultuali 2007, pp. 109-112, fig. 22.

230 Cfr. infra, p. 199, cat. nn. 2a, 3a, 4a.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

tipi di vasi chiusi con impregnatura di grasso 231. È possibile che in que-sta zona anche nella prima età imperiale siano continuate pratiche cul-tuali che prevedevano l’esposizione di armi 232 e offerte collegate pro-babilmente ad un banchetto rituale; oltre ai contenitori Auerberg consuperficie grassa e a resti di ossa calcinate 233, sono testimoniati, infat-ti, nella prima fossa, anche vasi per liquidi quali bottiglie e coppe 234.

L’offerta di vasi Auerberg del gruppo 1.b sembra testimoniata inun contesto cultuale anche sulla Gurina, nella valle del Gail (figg. 5-6),solo pochi chilometri a nord del passo di Monte Croce Carnico, checollegava l’ager di Iulium Carnicum con quello di Teurnia, nel cui ter-ritorio si trovava, appunto, Gurina 235. Le analisi archeometriche hannodimostrato che i vasi recuperati in questo sito appartengono allo stes-so gruppo di quelli attestati a Raveo, Verzegnis ed Invillino.

Una dedica a Saturno, incisa su un manico di simpulum prove-niente dal colle Santino, ha portato F. Mainardis ad ipotizzare che nellaprima età imperiale sul colle ci fosse un santuario, connesso con ilmercato del bestiame 236.

Come ricordato sopra, infine, anche il rinvenimento della cerami-ca Auerberg a Làgole è riferibile a un santuario alpino 237 (figg. 5-6).

In tutti questi complessi le olle Auerberg con rivestimento grassosono attestate assieme a ossa di caprovini in contesti cultuali, e sembraverosimile poterli collegare con il rito. Alcune statuette di Ercole, diocollegato all’attività di transumanza, recuperate sulla Gurina e aLàgole permetterebbero di ricondurre questi santuari anche a tale tipodi attività 238. Le località sono sempre situate nei pressi di fiumi o fontid’acqua, fondamentali per l’allevamento.

(P. D., Ch. F., G. P.)

197

231 Pratiche cultuali 2007, pp. 112-113, fig. 26.232 Nella prima fossa sono stati ritrovati frammenti di armi La Tène e romane:

Pratiche cultuali 2007, pp. 109-112, figg. 22-24.233 A causa delle ridottissime dimensioni dei frammenti non è possibile stabilire se

si tratti di ossa umane o animali.234 Nel caso della fossa riempita in un solo momento, il banchetto rituale va colle-

gato alla disattivazione dell’area sacra. Confronti per il tipo di contesto si hanno sia nelsantuario gallico di Gournay-sur-Aronde, sia in Stiria sul Frauenberg: Pratiche cultuali2007, pp. 113-116.

235 Anche in questo caso sembrerebbe trattarsi di una fossa; la fauna rinvenuta sullaGurina non è ancora stata studiata, ma, tra gli altri tipi di ossa, sono testimoniati anchecaprovini: GLEIRSCHER 2005, p. 53, Abb. 2.

236 MAINARDIS 2004; cfr. infra, p. 202, nt. 250.237 Cfr. supra, pp. 161-162.238 Sia a Làgole che a Raveo sarebbero state venerate, dunque, più divinità. ALàgole

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3.5 Graffiti venetici e latini sulla ceramica Auerberg “nera” di areacarnica

Su diversi frammenti di ceramicaAuerberg “nera” (gruppo 1.b) diprovenienza carnica, essenzialmente da Raveo (Monte Sorantri) e daVerzegnis (Colle Mazéit), sono stati individuati dei graffiti incisi sul-l’orlo di olle anche di grandi dimensioni. Si tratta di graffiti eseguitidopo la cottura che presentano la particolarità dell’utilizzo dell’alfabe-to venetico e dell’alfabeto latino.

Raveo, Monte Sorantri:

a) sei graffiti provengono dalla zona “cultuale”:

1a) US 713, inv. 490720ineditoveneticou(- - -?)

2a) fossa US 1406, inv. 490876ineditoveneticol(- - -?) vel u(- - -?)

3a) fossa US 1406, inv. 490898CREVATIN 2003, c. 150, n. 1veneticoa(- - -?)

4a) US 1406, inv. 490875 (fig. 13)ineditovenetico[- - -?]ou vel uo[- - -?]

5a) US 703CREVATIN 2003, c. 150, n. 2

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in età preromana era testimoniata la divinità salutifera Tribusiati/Trubusiati, che in etàromana verrà identificata con Apollo; sul Monte Sorantri l’offerta delle armi, continuatacome sembra anche in età romana, porta a pensare piuttosto ad una divinità guerriera:FOGOLARI, GAMBACURTA 2001, pp. 66-73; JABLONKA 2001, pp. 173-174, Taff. 138-139,209; Pratiche cultuali 2007, p. 115.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

veneticole(- - -?)

6a) US 713, inv. 490719 (tav. 2, n. 4)Monte Sorantri 2003, c. 688, fig. 6latinoL(ucius) H(- - -) Str[- - -].

b) tre graffiti provengono dalla zona dell’abitato (sebbene almeno indue casi si tratti di livelli di scarico/riporto):

1b) vano 4, US 111, livello di scarico, inv. 490081CREVATIN 2003, c. 151, n. 3veneticou(- - -?)

2b) vano 2, US 140, livello di scarico, inv. 490164ineditolatino?o(- - -?)

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1a 2a 3a 4a 5a

6a 1b

2b 3b 1c

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3b) vano 2, US 150/151, strato di riporto, inv. 490178 (tav. 2, n. 5; fig. 14)Monte Sorantri 2002, c. 625, fig. 5latino[- - -] M(arci) f(ilius) [- - -?].

Verzegnis, Colle Mazéit 239:

1c) US 2038, superficie molto compatta, forse un battutoVANNACCI LUNAZZI 2002, cc. 653-654, fig. 5, 1; CREVATIN 2003, c. 152, n. 4 240.veneticoui a[- - -].

Le scritte venetiche sono graffite con tratto leggero, in modo pocoleggibile (fig. 13), mentre quelle latine, in capitale, tradiscono partico-lare cura e attenzione. In entrambii casi si tratta di graffiti eseguitidopo la cottura 241.

Come si è detto 242, le caratte-ristiche e la forma dei contenitorisono riferibili a recipienti destinatialla conservazione di derrate ali-mentari, dotati di una copertura –perduta e probabilmente in mate-riale deperibile – fissata mediantelegacci 243. Se tale interpretazione ècorretta, quando il contenitore erachiuso, le scritte conservate, tutte

200

239 Altri rinvenimenti, tra cui una laminetta bronzea a pelle di bue e un coltello iscrit-to, lasciano supporre in questo sito, occupato senza soluzione di continuità dalla preistoriaal medioevo, la presenza di un’area sacra preromana: CREVATIN 1995, pp. 71-73;MARINETTI 1999, p. 433, n. 55; CREVATIN 2001, pp. 116-117, nn. 3-4.

240 Franco Crevatin è incerto sulla grafia venetica o latina, ma se fosse latina sidovrebbe supporre che il graffito fosse inciso alla rovescia rispetto all’orlo.

241 Si vedano invece gli esemplari pubblicati nel contributo di Eleni Schindler-Kaudelka, Susanne Zabehlicky-Scheffenegger in questo volume (uno dei quali – fig. 4, n.6 –, mostra una certa analogia con un graffito dal Monte Sorantri), che sono senza dubbioincisi prima della cottura, come osservato anche dalle autrici.

242 Cfr. supra, pp. 160-161.243 DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006.

Fig. 13. Scritta in venetico graffitadopo la cottura su vaso Auerberg dalMonte Sorantri di Raveo.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

incise sull’orlo, sarebbero risultate nascoste alla vista e pertanto nonandrebbero collegate alla funzione primaria dei recipienti, quali conte-nitori da dispensa. Non si tratterebbe dunque né di graffiti indicanti laproprietà dell’oggetto e neppure di scritte relative al contenuto e al suoproduttore.

Il contesto sacro di rinvenimento (sicuro per Monte Sorantri eassai probabile per Colle Mazéit) potrebbe invece fornire qualcheindizio per attribuire tali scritte a una fase secondaria rispetto alla pro-duzione e al primo utilizzo delle olle 244. Se, com’è probabile, le fosserappresentano la disattivazione, con banchetto rituale, di un’area diculto 245, le scritte graffite sull’orlo, eseguite nella fase finale di utiliz-zo delle olle, divenute doni o ex-voto in relazione al contenuto offer-to, sarebbero da considerare di carattere sacro 246. A questa tipologiapuò essere attribuito anche il graffito latino 3b, il quale, pur prove-nendo dall’abitato, è stato recuperato da uno strato di riporto nellacostruzione di una rampa in cui è confluito materiale preso sicura-mente altrove.

Passando a considerare le caratteristiche dei graffiti nelle duediverse lingue e scritture, si osserva che in quelle in venetico si distin-

201

244 Per i depositi di materiale ceramico nei santuari: cfr. REY-VODOZ 2006, pp. 229-232.

245 Cfr. supra, pp. 196-197.246 A titolo di confronto si vedano i graffiti venetici su orli di recipienti in ceramica

grigia e Graphittonkeramik recuperati nell’area del santuario di Gurina (JABLONKA 2001,pp. 177-178), in uno dei quali è anche riconoscibile un nome di matrice celtica (cfr. anchele considerazioni di BUORA 2002, cc. 510-511).

Fig. 14. Scritta in lati-no graffita dopo la cot-tura su vaso Auerbergdal Monte Sorantri diRaveo.

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guono una o al massimo due lettere 247, che difficilmente paiono costi-tuire parti di parole o di nomi propri. In particolare la ricorrenza dellalettera U parrebbe rimandare a una sigla, forse da intendersi comeabbreviazione del nome dell’offerente o più probabilmente della divi-nità 248. Ad eccezione della lettera O del graffito 2b, che potrebbe esse-re un contrassegno, i graffiti latini sono invece parti di una formulaonomastica di tipo romano.

Le differenze compositive tra le scritte venetiche e quelle latinepotrebbero essere legate a particolari del culto e del rituale ad esso col-legato; tuttavia pare più probabile che tali differenze siano semplice-mente imputabili all’interpretazione in chiave romana della ritualitàepicoria, o, meglio, delle modalità dell’offerta. Se pensiamo al mondovenetico, si osserva che il fenomeno di sigle incise su recipienti desti-nati a contesti sacri, una pratica che del resto rimanda al mondo etru-sco, è piuttosto frequente e ben documentato 249. Il passaggio al nuovomedium, linguistico e grafico, avrebbe pertanto indotto anche l’ado-zione di modalità espressive proprie della cultura destinata a diventaredominante. Alle sigle o alle abbreviazioni sufficienti per connotare inchiave cultuale l’offerta si sarebbero sostituiti i formulari propri del-l’epigrafia sacra (nome del fedele e un’espressione come donum dedit)o votiva del mondo latino [nome del fedele e formula del tipo v(otum)s(olvit) o altre simili] 250. Un fenomeno analogo si osserva nei materia-li ceramici graffiti del santuario camuno di Minerva a Breno: alle siglein alfabeto epicorio a un certo punto si affiancano scritte in latino, contraduzione e adattamento delle formule onomastiche anche nel caso diperegrini 251.

202

247 Diverso è il caso del Colle Mazéit (n. 1c), dove alla scritta bisillabica si associaun’altra lettera seguita da lacuna.

248 Emblematiche in questo caso sono le scritte di Làgole, dove il nome della divi-nità è abbreviato anche come tru-: da ultimo FOGOLARI, GAMBACURTA 2001.

249 MANESSI 2002, pp. 147-149; Altino: CAPUIS, GAMBACURTA 2001, p. 70.250 Si veda la documentazione di Làgole (ora raccolta in FOGOLARI, GAMBACURTA

2001) con iscrizioni in alfabeto, lingua e formulario venetico e con iscrizioni in alfabeto,lingua e formulario latino a cui si associano interessanti casi di commistione significativatra le due modalità espressive, come il manico di simpulum con la scritta in alfabeto latinoma in lingua venetica e in lingua latina v.olsomnos. enniceios / v(otum) s(olvit) l(ibens)m(erito) Trum(usiati): FOGOLARI, GAMBACURTA 2001, p. 191, n. 197; MARINETTI 2001, p.357, n. 197. A proposito dell’adozione di lingua e formulario latino, in presenza di influssiculturali e religiosi di diversa origine (in questo caso venetici e retici), si può ricordare ilframmento di manico di simpulum dedicato a Saturno rinvenuto sul Colle Santino diInvillino, da identificarsi sicuramente con il Saturno alpino di area retica: MAINARDIS 2004.

251 Cfr. il Firmus Bai f. [- - -] graffito in corsivo sul fondo di un piatto in sigillata dei

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L’aspetto più interessante per quanto riguarda i graffiti delSorantri risiede nel fatto che i dati ricavabili dalla stratigrafia e dallatipologia dei supporti non configurano il processo, a cui si è accen-nato, come un divenire, con un prima e un dopo. I graffiti venetici equelli latini sono la manifestazione di una realtà di bilinguismo edi digrafismo attiva nel sito almeno a partire dalla prima età impe-riale, con sopravvivenze significative nel I secolo d.C. Si osservadunque l’adeguamento al nuovo modello romano, con l’utilizzo dellalingua, della scrittura e del formulario latino, che consentono proba-bilmente di palesare anche il godimento della civitas 252, senza peròche questo determini un automatico abbandono degli usi precedenti,che si attardano anche grazie al conservatorismo proprio del mondoreligioso.

D’altro lato, in un sito di per sé privo, per quanto ne sappiamo,di altre manifestazioni scrittorie, anche nelle epoche successive, nonè un caso che proprio in ambito cultuale si sperimentino le primeprove di scrittura. Infatti l’epigrafia sacra, non solo nella Roma arcai-ca ma in tutto il mondo romano, fornisce normalmente i primi docu-menti, i quali precedono di gran lunga quelli numericamente piùsignificativi ma cronologicamente più tardi forniti dall’epigrafiafuneraria 253.

Che si tratti delle prime prove di scrittura lo indica la scelta di unacapitale “lapidaria” (fig. 14), che imita volutamente nelle lettere, neipunti distinguenti, ma soprattutto nell’esecuzione del solco, a sezionetriangolare, gli esempi reperibili nelle manifestazioni epigrafiche diIulium Carnicum, il principale centro del territorio. La città romana ele sue scritture “esposte” 254 esercitavano certamente un forte influssoacculturante sul territorio. Nell’apprendistato alfabetico delle gentiindigene si imitavano le scritte visibili sui monumenti lapidei 255, i qualierano accessibili non solo nelle aree pubbliche della città ma anche esoprattutto nella sua periferia, in particolare nelle necropoli collocatelungo le strade di maggior traffico.

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primi decenni del I secolo d.C.: GREGORI 2005, pp. 534-536 e in part. p. 534, nt. 1 con iriferimenti ai materiali ceramici, in corso di studio, in lingua e scrittura epicorie.

252 In questo senso depongono i tria nomina del graffito 6a e la filiazione del 3b.253 PANCIERA 1989-90, p. 907; PANCIERA 1995, pp. 326-327; PACI 1995; ZACCARIA

1999.254 Sul concetto di scrittura esposta: SUSINI 1989, pp. 271-305; CORBIER 2006, pp.

64-75.255 Un interessante esempio di questo fenomeno è visibile in un graffito funerario su

una tegola rinvenuto a San Servolo, nel territorio di Tergeste: MAINARDIS 2006, pp. 304-305, n. 2.

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I graffiti del Sorantri forniscono un’importante testimonianzadella sopravvivenza, almeno fino alla prima metà del I secolo d.C.,delle lingue e delle scritture indigene usate dalle genti locali. La fram-mentarietà delle scritte preromane non consente di stabilire quale fossel’idioma parlato 256, tuttavia c’è da chiedersi se anche in Carnia non sisia verificato quel fenomeno di acquisizione e di adattamento alla pro-pria lingua di un sistema scrittorio allogeno (in questo caso la scrittu-ra venetica), come accadde in altre parti del mondo poi romanizzato euniformato nell’uso della scrittura e della lingua latina 257.

(F. M.)

4. CONCLUSIONI

Lo studio condotto innanzitutto evidenzia come la ceramicaAuerberg, benché caratteristica dell’arco alpino centro-orientale, nel-l’areale preso in considerazione trovi ampia attestazione in tutta la pia-nura friulana, giungendo ad essere prodotta anche in zone prossimealla costa (Locavaz). I dati distributivi raccolti mostrano, più in parti-colare, una forte presenza nei territori di Iulium Carnicum a nord, diAquileia nella fascia centrale e di Forum Iulii ad est, mentre testimo-nianze solo sporadiche riguardano gli agri di Iulia Concordia e diTergeste (fig. 5).

Sono state distinte tre produzioni (gruppi 1.b, 2.b, 3.c): se per duedi esse (2.b, 3.c) una serie di elementi (fornaci, bolli, concentrazioni dievidenze) indica con buon margine di sicurezza una localizzazione nel-l’ambito territoriale indagato, per la terza (1.b) mancano per ora testi-monianze altrettanto concrete circa l’esistenza di centri di fabbricazio-ne locali 258. Solamente in Carnia si registra la presenza quasi esclusi-va di uno specifico gruppo (1.b) 259; nel restante territorio non si notauna predominanza areale netta di un gruppo rispetto all’altro. Tuttavia,l’osservazione di alcune zone di concentrazione della ceramicaAuerberg porta ad individuare dei “sistemi”, cui fanno capo diversisiti, che riflettono peculiari modalità sia distributive che produttive: adovest San Vito al Tagliamento/Codroipo/Flambruzzo (fig. 5, A), al cen-

204

256 Il contesto culturale pare comunque di tipo celtico: cfr. Pratiche cultuali 2007.257 Ad esempio la Gallia meridionale: cfr. BATS 2004.258 In questo caso l’unico elemento di rilievo a favore di una produzione in Friuli è

costituito dal bollo RVFI.O presente su un contenitore pertinente al gruppo 1.b.259 Fa eccezione Zuglio, dove sono documentate tutte e tre le produzioni.

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tro Basaldella/Udine/Pozzuolo/Pavia di Udine (fig. 5, B), ad estCividale (fig. 5, C) e a sud-est Locavaz (fig. 5, D). La documentazio-ne risulta, invece, molto rarefatta nella bassa pianura friulana e nellaDestra Tagliamento.

Nel quadro delineato viene a distinguersi l’intera fascia dellamedia pianura friulana sia per la capillarità delle attestazioni, sia per lapresenza commista di tutti i gruppi d’impasto, sia infine per la pecu-liarità della bollatura, che interessa il territorio da San Vito alTagliamento (agro di Iulia Concordia) a Forum Iulii, fino a SantaLucia di Tolmino (d’incerta pertinenza amministrativa). Tali caratteri-stiche definiscono una zona gravitante sulle principali direttrici dicomunicazione con l’area transalpina, dove viene adottato un modelloformale di verosimile derivazione lateniana in un ambito socio-econo-mico e secondo schemi produttivi tipicamente romani (fornaci annes-se a ville, uso del bollo nominale) (fig. 6). Nello stesso ambito si notauna frequente associazione dei vasi Auerberg con le olle di tradizionelocale tipo Cassani 1991, I-III, fatto che induce a pensare ad una fab-bricazione delle due tipologie nelle stesse aree e nei medesimi conte-sti 260.

Una modalità di produzione congiunta con altre forme in cerami-ca grezza legate a tradizioni culturali diverse 261 emerge già nell’im-pianto fornacale più antico finora riconosciuto, ovvero nel sito delLocavaz, dove i vasi Auerberg (gruppo 3.c) compaiono già negli ulti-mi decenni del I secolo a.C., forse succedendosi al loro prototipo costi-tuito dall’olla ad impasto senza aggiunta di grafite. Nella piena etàaugustea va collocato l’avvio generalizzato della produzione, comedimostrano i contesti di ritrovamento di Ronchi dei Legionari,Cividale-Corte Romana e Codroipo per il gruppo 3.c, di Aquileia-S. Stefano 262, Cividale-Corte Romana e Zuglio-Foro per il gruppo 2.be di Codroipo e Raveo-Monte Sorantri 263 per il gruppo 1.b.

La fortuna della forma per tutto il periodo giulio-claudio è benpercepibile tramite numerose e capillari attestazioni archeologiche egrazie ad alcune evidenze epigrafiche. L’uso dei vasi Auerberg è poitestimoniato per tutta la seconda metà del I fino all’inizio del II seco-lo d.C., arco cronologico al quale va ad esempio riferita parte dell’at-

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260 Si veda il caso già richiamato dell’impianto produttivo di Flambruzzo: Fornaci2006, p. 31, fig. 4.

261 Cfr. supra, pp. 165-167.262 Si fa riferimento all’opera di bonifica con anfore, cfr. supra, p. 164.263 I materiali più antichi di riempimento della fossa Tr. 14 si datano all’età augu-

stea: cfr. supra, p. 196.

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tività di lavorazione della carne e del grasso di caprovini nell’area del-l’abitato del Monte Sorantri di Raveo. I dati raccolti per quest’ultimocontesto hanno permesso di gettare luce sulla precisa funzione del tipoAuerberg come contenitore da trasporto, ma per il momento limitata-mente al gruppo 1.b. Nel territorio preso in considerazione, infatti,rimangono non del tutto chiarite le modalità d’impiego dei vasi appar-tenenti ai gruppi 2.b e 3.c: per ora le testimonianze rendono certo unuso secondario come urne funerarie e non escludono un utilizzo pri-mario come vasellame da fuoco, analogamente a quanto documentatosul Magdalensberg. Ciò che sicuramente emerge è che si tratta di unaforma polifunzionale, come attestato anche dal formato minore identi-ficabile con un bicchiere, sia sulla base dello studio delle deposizionifunerarie di Basaldella, sia in considerazione delle analogie morfolo-giche riscontrabili con la ceramica a pareti sottili 264.

Un’ultima interessante notazione riguarda il fatto che nell’ambitodella produzione 3.c si evidenziano caratteristiche formali 265 e decora-tive che sembrerebbero coniugare esperienze derivate dal modelloalpino con altre di temperie pienamente romana.

(P. D., P. M.)

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264 Esemplificativa è la forma Atlante tipo 1/70 (Schindler-Kaudelka 95), significa-tivamente documentata ad Aquileia, Emona e sul Magdalenserg. Cfr. supra, p. 180, nt.100.

265 Cfr. supra, pp. 169-170.

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Tav. 1. Vasi Auerberg con bollo Q.VAL: 1, 3. necropoli di Pozzuolo del Friuli(dis. G. Merlatti, G. Righi); 2. necropoli di S. Daniele di Basaldella (dis. G.Merlatti) (scala 1:3).

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Tav. 2. Vasi Auerberg con bolli e graffiti: 1. con bollo RVFI da Carpenedo -Pozzuolo del Friuli; 2. con bollo TAPVRI da Udine - fiume Cormor; 3. conbollo RVFI.O da Codroipo (dis. G. Merlatti, per concessione Civici Musei diUdine); 4-5. con graffiti L.H.STR[- - -] e [- - -]M.F dal Monte Sorantri di Raveo(dis. G. Righi) (scala 1:3).

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Tav. 3. Esempi di vasi Auerberg: 1-4. necropoli di S. Daniele di Basaldella (dis.G. Merlatti); 5-6. fornace del Locavaz (da MASELLI SCOTTI 1987); 7-9. fornace diFlambruzzo (dis. T. Cividini); 10. Monte Sorantri di Raveo (dis. G. Righi) (scala1:3).

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Tav. 4. Vasi Auerberg con bolli o contrassegni: 1-2. con bollo P.B.V dalla necro-poli di Pracchiuso - Udine (da BUORA 1984); 3. con bollo P.B.V da Cividale -Corte Romana; 4. necropoli di Basaldella (dis. G. Merlatti); 5. con bollo L.Mdalla necropoli di Pozzuolo; 6. vaso forma Cassani 1991, I-III con contrassegnodalla necropoli di Pozzuolo (da Pozzuolo 1983-84) (scala 1:3).

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

BUCHI 1992 = E. BUCHI, Le iscrizioni confinarie del Monte Civetta nel Bellunese,in Rupes loquentes (Atti del convegno internazionale di studio sulleiscrizioni rupestri di età romana in Italia, Roma - Bomarzo, 13-15 otto-bre 1989), Roma, pp. 117-149.

BUORA 1980 = M. BUORA, Vecchie e nuove scoperte nel Sanvitese, «AntichitàAltoadriatiche», 16, pp. 45-68.

BUORA 1982 = M. BUORA, Vie Cividine del Friuli (Appunti per una ricerca),«Forum Iulii», 6, pp. 43-52.

BUORA 1984 = M. BUORA, Marchi di fabbrica su urne con orlo a mandorla dalMedio Friuli, «Aquileia Nostra», 55, cc. 5-32.

BUORA 1985 = M. BUORA, La villa romana del Gorgaz presso San Vito alTagliamento, «Il Noncello», 60, pp. 63-103.

BUORA 1987 = M. BUORA, Fornaci di epoca romana in Friuli, in Fornaci e for-naciai in Friuli, a cura di M. BUORA, T. RIBEZZI, Udine, pp. 26-50.

BUORA 1989 = M. BUORA, A proposito del problema della continuità tra l’epocaromana e l’alto medioevo. Il caso della necropoli di Sclaunicco (UD),«Atti dell’Accademia di Scienze Lettere e Arti di Udine», 82, pp. 79-146.

BUORA 1991 = M. BUORA, Una sepoltura femminile presso Alnicco (Comune diMoruzzo, Udine), «Quaderni Friulani di Archeologia», 1, pp. 115-137.

BUORA 1996 = M. BUORA, La necropoli di Iutizzo nel quadro delle necropolirurali tardoantiche del Friuli e dell’Italia settentrionale e suo valoreper le indicazioni di carattere storico ed economico del popolamentoin Friuli, in I soldati di Magnenzio. Scavi nella necropoli romana diIutizzo - Codroipo, a cura di M. BUORA, Archeologia di frontiera, 1,Trieste, pp. 117-123.

BUORA 2000a = M. BUORA, Fibule dal territorio del Comune di Lestizza, inCIVIDINI 2000, pp. 187-192.

BUORA 2000b = M. BUORA, I ritrovamenti archeologici di Sevegliano, inBagnaria Arsa. Viaggio tra archeologia, storia e arte, a cura di C.TIUSSI, Bagnaria Arsa (UD), pp. 20-37.

BUORA 2002 = M. BUORA, I rinvenimenti della Gurina e la romanizzazione del-l’arco alpino orientale, «Aquileia Nostra», 73, cc. 509-530.

BUORA 2003 = M. BUORA, Produzioni locali e correnti di traffico sulle due spon-de del Tagliamento nel periodo tardo-repubblicano e nel primo perio-do imperiale romano. Un tentativo di storia economica, in Giornata distudio sull’archeologia del Medio e Basso Tagliamento “in ricordo diGiuseppe Cordenos”, a cura di G. TASCA, San Vito al Tagliamento(PN), pp. 110-123.

BUORA, ROMAGNOLI 1996 = M. BUORA, M. ROMAGNOLI, Una sepoltura a incine-razione del I sec. d.C. da via Pracchiuso a Udine, «Quaderni Friulanidi Archeologia», 6, pp. 20-30.

CAPUIS, GAMBACURTA 2001 = L. CAPUIS, G. GAMBACURTA, I materiali preromanidal santuario di Altino - località “Fornace”: osservazioni prelimina-ri, in Orizzonti del sacro. Culti e santuari antichi in Altino e nel Venetoorientale (Atti del Convegno, Venezia, 1-2 dicembre 1999), a cura di

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

G. CRESCI MARRONE, M. TIRELLI, Studi e Ricerche sulla GalliaCisalpina, 14, Roma, pp. 61-85.

CASARI 2002 = P. CASARI, Le sepolture romane e il catalogo dei materiali, in Lanecropoli di San Servolo. Veneti, Istri, Celti e Romani nel territorio diTrieste, Trieste, pp. 95-129.

CASSANI 1991 = G. CASSANI, La ceramica della US 1100 della villa di Pavia diUdine. Relazione preliminare sulla rozza terracotta, «QuaderniFriulani di Archeologia», 1, pp. 89-102.

Ceramiche grezze 1997 = A. FAILLA, F. MASELLI SCOTTI, S. SANTORO, Le cera-miche grezze di Aquileia: primi dati archeometrici, in Contributo1997, pp. 129-135.

Ceramiche in Lombardia 1998 = Ceramiche in Lombardia tra II secolo a.C. e VIIsecolo d.C. Raccolta dei dati editi, a cura di G. OLCESE, Documenti diarcheologia, 16, Mantova.

CHIOFFI 1999 = L. CHIOFFI, Caro: il mercato della carne nell’Occidente romano.Riflessi epigrafici ed iconografici, Atlante Tematico di TopografiaAntica, Suppl., 4, Roma.

CIL = Corpus Inscriptionum Latinarum consilio et auctoritate AcademiaeLitterarum editum, Berolini 1863-

CIPRIANO 2005 = S. CIPRIANO, I materiali di età romana, in Lo scavo urbano plu-ristratificato di via S. Martino e Solferino n. 79 a Padova, a cura di S.CIPRIANO, A. RUTA SERAFINI, «Quaderni di Archeologia del Veneto»,21, pp. 148-151.

CIPRIANO, MAZZOCCHIN 2003 = S. CIPRIANO, S. MAZZOCCHIN, Un intervento dibonifica a Patavium: analisi dell’associazione tra anfore e ceramicain SFECAG (Actes du Congrès, Saint-Romain-en-Gal, 29 mai -1 juin2003), Marseille, pp. 449-463.

CIVIDINI 1988 = T. CIVIDINI, Due frammenti di rozza terracotta col marchioTAPVRI da Turrida (Sedegliano, Udine), «Aquileia Nostra», 59, cc.315-318.

CIVIDINI 1997 = T. CIVIDINI, Presenze romane nel territorio del Medio Friuli, 1.Sedegliano, Tavagnacco (UD).

CIVIDINI 2000 = T. CIVIDINI, Presenze romane nel territorio del Medio Friuli, 7.Lestizza, Tavagnacco (UD).

CIVIDINI 2002 = T. CIVIDINI, Presenze romane nel territorio del Medio Friuli, 9.Castions di Strada, Tavagnacco (UD).

CIVIDINI 2006 = T. CIVIDINI, Il territorio della Collinare in epoca romana,Fagagna (UD).

CIVIDINI, MAGGI 1999 = T. CIVIDINI, P. MAGGI, Presenze romane nel territorio delMedio Friuli, 6. Mortegliano - Talmassons, Tavagnacco (UD).

CIVIDINI, VENTURA 2005 = T. CIVIDINI, P. VENTURA, Codroipo centro. Saggi discavo 2003-2005, «Aquileia Nostra», 76, cc. 385-391.

CIVIDINI, VENTURA c.s. = T. CIVIDINI, P. VENTURA, Codroipo (UD): materiali daVia Pordenone, «Quaderni Friulani di Archeologia», 17, in corso distampa.

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

Codroipo 2005 = T. CIVIDINI, C. TIUSSI, P. VENTURA, Codroipo, area a sud divia Pordenone. Saggi di scavo 2005, «Aquileia Nostra», 76, cc. 391-395.

Contributo 1997 = Il contributo delle analisi archeometriche allo studio delleceramiche grezze e comuni. Il rapporto forma/funzione/impasto (Attidel Colloquio, Bologna, 28 febbraio 1997), a cura di S. SANTOROBIANCHI, B. FABBRI, Bologna.

CORBIER 2006 = M. CORBIER, Donner à voir, donner à lire. Mémoire et commu-nication dans la Rome ancienne, Paris.

CREVATIN 1995 = F. CREVATIN, Nuovi testi venetici provenienti dal Friuli,«Incontri linguistici», 18, pp. 71-77.

CREVATIN 2001 = F. CREVATIN, Testimonianze epigrafiche in lingua venetica dallaCarnia, in Iulium Carnicum 2001, pp. 115-125.

CREVATIN 2003 = F. CREVATIN, Nuovi frammenti ceramici con iscrizioni veneticheda Monte Sorantri e da Verzegnis, «Aquileia Nostra», 74, cc. 149-154.

CVArr2 = A. OXÈ, H. COMFORT, P.M. KENRICK, Corpus Vasorum Arretinorum.Second Edition, Bonn 2000.

DE CECCO 2002 = C. DE CECCO, Basaldella di Campoformido, necropoli di SanDaniele, «Aquileia Nostra», 73, cc. 588-589.

DE CECCO 2002-03 = C. DE CECCO, Riti funerari nella necropoli di S. Daniele diBasaldella, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Udine.

D’ISEP 2005-06 = L. D’ISEP, Musile di Piave, località Millepertiche (VE): unanuova interpretazione del sito, Tesi di Specializzazione inArcheologia, Università degli Studi di Trieste.

DONAT 2001 = P. DONAT, Il materiale ceramico proveniente dai vecchi scavi.Prime considerazioni a proposito dei traffici commerciali lungo laValle del Bût, in Iulium Carnicum 2001, pp. 371-407.

DONAT, FLÜGEL, PETRUCCI 2006 = P. DONAT, CH. FLÜGEL, G. PETRUCCI,Fleischkonserven als Produkte römischer Almwirtschaft. SchwarzeAuerbergkeramik vom Monte Sorantri bei Raveo (Friaul-Julisch-Venetien, Nordostitalien), «Bayerische Vorgeschichtblätter», 71, pp.209-232.

FABBRI, GUALTIERI, GUIDUCCI 2004 = B. FABBRI, S. GUALTIERI, G. GUIDUCCI,Archeometria e prove tecniche per la ricostruzione del ciclo produtti-vo di una ceramica da cucina. Il caso Pantellerian Ware, inMetodologia di ricerca e obiettivi degli studi: lo stato dell’arte (Attidel Colloquio, Ferrara, 9 aprile 2002), a cura di F. BERTI, B. FABBRI, S.GUALTIERI e C. GUARNIERI, Imola, pp. 79-87.

FARKA 1977 = CH. FARKA, Die römischen Lampen vom Magdalensberg, Archäo-logische Forschungen zu den Grabungen auf dem Magdalensberg, 4,Klagenfurt.

La fauna 2006 = G. PETRUCCI, P. DONAT, S. VITRI, La fauna di età primo-imperiale dal sito d’altura di Raveo - Monte Sorantri (Carnia - UD):analisi preliminare, in Atti del 4° Convegno Nazionale di Archeo-zoologia (Pordenone, 13-15 novembre 2003), Quaderni del MuseoArcheologico del Friuli Occidentale, 6, Pordenone, pp. 325-330.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

Flambruzzo 2006 = T. CIVIDINI, P. MAGGI, C. MAGRINI, Rivignano, Flambruzzo,fornace romana in località Il Bosco. Scavi 2006, «Aquileia Nostra»,77, cc. 382-388.

Flambruzzo 2007 = T. CIVIDINI, P. MAGGI, C. MAGRINI, Rivignano (UD). Le inda-gini archeologiche nel sito della fornace di Flambruzzo, «Notiziariodella Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli VeneziaGiulia», 1, 2006, pp. 68-73.

FLÜGEL 1999 = CH. FLÜGEL, Auerberg III. Die römische Keramik, MünchnerBeiträge zur Vor- und Frühgeschichte, 47, München.

FLÜGEL, SCHINDLER-KAUDELKA 1995 = CH. FLÜGEL, E. SCHINDLER-KAUDELKA,Auerbergtöpfe in Raetien, Noricum und der Regio Decima, «AquileiaNostra», 66, cc. 65-84.

FLÜGEL, SCHNEIDER 2001 = CH. FLÜGEL, G. SCHNEIDER, Neue Forschungen zurrömischen Keramik vom Auerberg, «Bayerische Vorgeschichtblätter»,66, pp. 83-94.

FOGOLARI, GAMBACURTA 2001 = G. FOGOLARI, G. GAMBACURTA, Materiali vene-ti preromani e romani del santuario di Làgole di Calalzo al Museo diPieve di Cadore, Roma.

Fornaci 2006 = T. CIVIDINI, P. DONAT, P. MAGGI, C. MAGRINI, F. SBARRA, Fornacie produzioni ceramiche nel territorio di Aquileia, in Territorio e pro-duzioni ceramiche. Paesaggi, economia e società in età romana (Attidel Colloquio, Pisa, 20-22 ottobre 2005), a cura di S. MENCHELLI, M.PASQUINUCCI, Instrumenta, 2, Pisa.

GAMBACURTA 2007 = G. GAMBACURTA, L’aspetto Veneto Orientale. Materialidella Seconda Età del Ferro tra Sile e Tagliamento, L’Album, 13,Portogruaro (VE).

GIOVANNINI 2005 = A. GIOVANNINI, Il patrimonio del Museo ArcheologicoNazionale di Aquileia. Spunti da spigolature d’archivio e dati editi,«Antichità Altoadriatiche», 61, pp. 515-545.

GIOVANNINI 2006a = A. GIOVANNINI, Cividale, necropoli di Borgo di Ponte: latomba dagli ideali atletici, «Forum Iulii», 30, pp. 14-50.

GIOVANNINI 2006b = A. GIOVANNINI, “Questi sono monumenti preziosi che inte-ressa molto l’istorie delle antichità”. Il patrimonio archeologico diAquileia. Appunti su scavi, tutela e reperti da spigolature d’archivio edati inediti, «Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia eStoria Patria», 106, pp. 115-223.

GOMEZEL 1996 = C. GOMEZEL, I laterizi bollati romani del Friuli - Venezia Giulia(analisi, problemi e prospettive), L’Album, 4, Portogruaro (VE).

GLEIRSCHER 2004-05 = P. GLEIRSCHER, Zum Nachweis römischer Almhütten amDachsteinplateau und in den Steiner Alpen (Kamniske Alpe), in Alpen,«Mitteilungen und Forschungsberichte der ANISA», 24-25, pp. 23-30.

GLEIRSCHER 2005 = P. GLEIRSCHER, Archäologische Ausgrabungen auf derGurina und in Grabelsdorf, «Rudolfinum. Jahresbuch LandesmuseumKärnten», 2004 [2005], pp. 51-63.

GREGORI 2005 = G.L. GREGORI, Breno (Val Camonica), santuario di Minerva. Ilgraffito di Firmus, «Epigraphica», 67, pp. 534-536.

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

HÖCK 2005 = A. HÖCK, Die ländliche Besiedlung Osttirols zur Römerzeit,«Veröffentlichungen des Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum», 85,pp. 61-96.

ILAin = Inscriptions latines de l’Ain, a cura di F. BERTRANDY, F. KAYSER, B. RÉMY

et alii, Chambéry 2005.ILLPRON = Inscriptionum lapidariarum Latinarum Provinciae Norici usque ad

annum MCMLXXXIV repertarum indices, consilio et auctoritateAcademiae Scientiarum Rei Publicae Democraticae Germanicae com-posuerunt Manfredus Heinzmann et Petrus Schubert machina compu-tatoria usi, 3 voll., Berolini 1986-1987.

InscrAq = J.B. BRUSIN, InscriptionesAquileiae. I-III, Deputazione di Storia Patriaper il Friuli, 20, Udine 1991-1993.

Inscribed Economy 1993 = The inscribed Economy. Production and Distributionin the Roman Empire in the Light of instrumentum domesticum(Proceedings Conference, Rome, 10-11 January 1992), a cura di W.V.HARRIS, «Journal of Roman Archaeology», suppl. 6, Ann Arbor.

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JABLONKA 2001 = P. JABLONKA, Die Gurina bei Dellach im Gailtal. Siedlung,Handelsplatz und Heiligtum, Aus Forschung und Kunst, 33, Klagenfurt.

KAJANTO 1982 = I. KAJANTO, The Latin Cognomina, Roma.Königsreichalm 2007 = Königsreichalm, Dachsteingebirge. 3500 Jahre Alm-

wirtschaft zwischen Gröbming und Hallstatt, a cura di B. HEBERT, G.KIENAST e F. MANDL, ANISA Forschungsberichte, 1, Haus i.E.

MACKENSEN 1978 = M. MACKENSEN, Das römische Gräberfeld auf derKeckwiese in Kempten, I. Gräber und Gräbanlagen des 1. und 4.Jahrhunderts, Materialhefte zur Bayerischen Vorgeschichte, Reihe A -Fundinventare und Ausgrabungsbefunde, 34, München.

MAGGI 1998 = P. MAGGI, Presenze romane nel territorio del Medio Friuli, 8.Rivignano, Tavagnacco (UD).

MAGGI 2003 = P. MAGGI, Presenze romane nel territorio del Medio Friuli, 10.Bertiolo, Tavagnacco (UD).

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

MAGGI, TIUSSI 2005 = P. MAGGI, C. TIUSSI, Materiali iscritti di età romana dal-lo scavo di “Corte Romana” a Cividale, «Forum Iulii», 29, pp. 129-144.

MAGGI, ZBONA TRKMAN 2007 = P. MAGGI, B. ZBONA TRKMAN, Tra Natisone eIsonzo: il territorio in età romana, in Valli del Natisone 2007, pp. 59-77.

MAINARDIS 1994 = F. MAINARDIS, Iulium Carnicum, Supplementa Italica, n.s., 12,Roma, pp. 67-150.

MAINARDIS 2004 = F. MAINARDIS, Una nuova dedica di Saturno dal territorio diIulium Carnicum. Spunti per un ripensamento della fase romana diCol Santina di Invillino, in Epigrafia di confine, confine dell’epigrafia(Atti del Convegno Internazionale di Epigrafia, Bertinoro, 10-11 otto-bre 2003), Epigrafia e antichità, 21, Faenza (RA), pp. 79-108.

MAINARDIS 2006 = F. MAINARDIS, Val(ens): sulla fortuna di un nome nell’abitatoromano di San Servolo, in ∆υ′ νασθαι διδα′ σκειν. Studi in onore diFilippo Càssola, a cura di M. FARAGUNA, V. VEDALDI IASBEZ,Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia. Studi, 11, Trieste,pp. 297-310.

MANDRUZZATO c.s. = L. MANDRUZZATO, Ceramica comune grezza e ceramica dacucina, in Luoghi di vita rurale. Un percorso che attraversa i secoli, acura di F. MASELLI SCOTTI, in corso di stampa.

MANDRUZZATO, VITRI 2005 = L. MANDRUZZATO, S. VITRI, Zuglio, basilica civile.Scavi 2004-2005, «Aquileia Nostra», 76, cc. 478-485.

MANESSI 2002 = P. MANESSI, Ceramica preromana iscritta, in Akeo 2002, pp.147-153.

MARENSI 2004 = A. MARENSI, La ceramica comune come indice di acculturazio-ne? Alcuni esempi nord italici, in Le popolazioni dell’Italia antica e laloro continuità culturale e istituzionale sotto il dominio di Roma (Attidel Seminario, Biassono. 20 settembre 2003), Biassono (MI), pp. 47-58.

MARINETTI 1999 = A. MARINETTI, Venetico 1976-1996. Acquisizioni e prospetti-ve, in Protostoria e storia del “Venetorum angulus” (Atti del XXConvegno di studi etruschi ed italici, Portogruaro - Quarto d’Altino -Este - Adria, 16-19 ottobre 1996), Pisa-Roma, pp. 391-436.

MARINETTI 2001 = A. MARINETTI, Iscrizioni, in FOGOLARI, GAMBACURTA 2001,pp. 337-370.

MASELLI SCOTTI 1977 = F. MASELLI SCOTTI, Terra sigillata aretina e nord-italicadal Museo di Cividale, «Aquileia Nostra», 48, cc. 73-92.

MASELLI SCOTTI 1987 = F. MASELLI SCOTTI, La produzione del vasellame fittile nelterritorio di Aquileia, «Antichità Altoadriatiche», 29, 2, pp. 427-444.

MAZZOCCHIN 2004 = S. MAZZOCCHIN, La ceramica, in Montegrotto Terme - ViaNeroniana. Gli scavi 1989-1992, a cura di P. ZANOVELLO e P. BASSO,Padova, pp. 139-158.

MAZZOCCHIN, AGOSTINI 1997 = S. MAZZOCCHIN, C. AGOSTINI, Ceramica grezzabollata da Padova: ipotesi interpretative per l’indagine archeometri-ca, in Contributo 1997, pp. 136-142.

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PATRIZIA DONAT, PAOLA MAGGI et alii

MITTAG 1999 = E. MITTAG, Untersuchungen zu den sogenannten HalternerKochtöpfen aus dem Bereich der Colonia Ulpia Traiana, in XantenerBerichte. Grabung, Forschung, Präsentation. Sammelband, 8, Köln,pp. 201-311.

MODUGNO 1999 = I. MODUGNO, La viabilità aquileiese tra fascia rivierasca emontagne: la questione della transumanza. Una nota preliminare, inLa viabilità romana in Italia (Atti del III Congresso di TopografiaAntica, Roma, 10-11 novembre 1998), «Rivista di Topografia Antica»,9, pp. 51-66.

MODUGNO 2000 = I. MODUGNO, Alcune considerazioni sul culto di Ercole nel ter-ritorio di Aquileia tra protostoria ed età romana con particolare rife-rimento al fenomeno della transumanza, «Aquileia Nostra», 61, cc.57-76.

Monte Sorantri 2002 = S. VITRI, S. CORAZZA, P. DONAT, D. GADDI, Raveo, MonteSorantri. Campagne di ricerche 2002, «Aquileia Nostra», 73, cc. 611-625.

Monte Sorantri 2003 = S. VITRI, P. DONAT, G. RIGHI, L. VILLA, Progetto Monte So-rantri. Campagna di ricerche 2003, «Aquileia Nostra», 74, cc. 677-693.

Necropoli di Nespoledo 2002 = M. BUORA, G.F. ROSSET, C. TIUSSI, P. VENTURA,G. BAGGIERI, D. ARTIOLI, P. GUIDA, La necropoli di Nespoledo diLestizza (UD), «Quaderni Friulani di Archeologia», 12, pp. 89-114.

OLCESE 2003 = G. OLCESE, Ceramiche comuni a Roma e in area romana: produ-zione, circolazione e tecnologia (tarda età repubblicana - prima etàimperiale), Documenti di archeologia, 28, Mantova.

PACI 1995 = G. PACI, Romanizzazione e produzione epigrafica in area medio-adriatica, in Roma y el nacimiento de la cultura epigráfica enOccidente, a cura di F. BELTRÁN LLORIS, Zaragoza, pp. 31-47.

PAIS 1884 = E. PAIS, Corpus Inscriptionum Latinarum, Supplementa Italica, fasc.I, additamenta ad vol. V Galliae Cisalpinae, Roma.

PANCIERA 1970 = S. PANCIERA, Un falsario del primo Ottocento. GirolamoAsquini e l’epigrafia antica delle Venezie, Roma.

PANCIERA 1989-90 = S. PANCIERA, Le iscrizioni votive latine, «Scienzedell’Antichità. Storia, Archeologia, Antropologia», 3-4, pp. 905-914(= PANCIERA 2006, pp. 21-30).

PANCIERA 1995 = S. PANCIERA, La produzione epigrafica di Roma in età repub-blicana. Le officine lapidarie, in Acta colloquii epigraphici LatiniHelsingiae 3. - 6. sept. 1991 habiti, Helsinki, pp. 319-342 (= PANCIERA2006, pp. 31-52).

PANCIERA 2006 = S. PANCIERA, Epigrafia, epigrafi, epigrafisti. Scritti editi e ine-diti (1956-2005) con note complementari e indici, Roma.

PAPI 1994 = E. PAPI, Bolli su rozza terracotta da Roma, in Epigrafia della pro-duzione e della distribuzione (Actes de la VIIe Rencontre Franco-Italienne sur l’Épigraphie du Monde Romaine, 5-6 juin 1992),Collection de l’École Française de Rome, 193, Rome, pp. 277-286.

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PRODUZIONE, FUNZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI VASI AUERBERG

POLETTI ECCLESIA 1999 = E. POLETTI ECCLESIA, Due tradizioni produttive per leforme da cucina e da tavola. La ceramica comune, in Conubia gen-tium. La necropoli di Oleggio e la romanizzazione dei Vertamocori, acura di G. SPAGNOLO GARZOLI, Torino, pp. 303-319.

Pozzuolo 1983-84 = A.-M. ADAM, C. BALISTA, P. CÀSSOLA GUIDA, M. MORETTI,S. VITRI, Pozzuolo del Friuli: scavi 1981-1983, «Atti dei Civici Museidi Storia ed Arte di Trieste», Quaderni, 14, pp. 127-214.

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