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18 ISBN 978-88-548-9007-7 euro 22,00 Re-It 18 Memorabilia Aracne Memorabilia è il diciottesimo volume della collana Re-cycle Italy. La collana restituisce intenzioni, risultati ed eventi dell’omonimo programma triennale di ricerca – finanziato dal Ministero dell’I- struzione, dell’Università e della Ricerca – che vede coinvolti oltre un centinaio di studiosi dell’architettura, dell’urbanistica e del paesaggio, in undici università italiane. Obiettivo del progetto Re-cycle Italy è l’esplorazione e la definizione di nuovi cicli di vita per quegli spazi, quegli elementi, quei brani della città e del ter- ritorio che hanno perso senso, uso o attenzione. Memorabilia. Nel paese delle ultime cose raccoglie gli atti dell’o- monimo convegno che si è tenuto presso l’Accademia di architet- tura, Università della Svizzera italiana nel maggio del 2015. L’in- contro è stato il terzo appuntamento della serie “Ricicli imma- teriali” organizzata dal gruppo di curatori della sezione “Teorie del Re-cycle” del progetto di ricerca Re-cycle Italy. Memorabilia è impostato sulla scelta di un “oggetto” da portare nel futuro e sul senso e sulla struttura di un possibile archivio. MEMORABILIA NEL PAESE DELLE ULTIME COSE

POR_Frammenti del mantello di Gea

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18

ISBN 978-88-548-9007-7

euro 22,00

Re-It18

Mem

orabilia Aracne

Memorabilia è il diciottesimo volume della collana Re-cycle Italy.

La collana restituisce intenzioni, risultati ed eventi dell’omonimo

programma triennale di ricerca – finanziato dal Ministero dell’I-struzione, dell’Università e della Ricerca – che vede coinvolti

oltre un centinaio di studiosi dell’architettura, dell’urbanistica e

del paesaggio, in undici università italiane. Obiettivo del progetto

Re-cycle Italy è l’esplorazione e la definizione di nuovi cicli di vita per quegli spazi, quegli elementi, quei brani della città e del ter-

ritorio che hanno perso senso, uso o attenzione.

Memorabilia. Nel paese delle ultime cose raccoglie gli atti dell’o-

monimo convegno che si è tenuto presso l’Accademia di architet-

tura, Università della Svizzera italiana nel maggio del 2015. L’in-

contro è stato il terzo appuntamento della serie “Ricicli imma-

teriali” organizzata dal gruppo di curatori della sezione “Teorie

del Re-cycle” del progetto di ricerca Re-cycle Italy. Memorabilia è

impostato sulla scelta di un “oggetto” da portare nel futuro e sul

senso e sulla struttura di un possibile archivio.

MEMORABILIANEL PAESE DELLE ULTIME COSE

MEMORABILIANEL PAESEDELLE ULTIME COSE

A CURA DISARA MARINIALBERTO BERTAGNAGIULIA MENZIETTI

Progetto grafico di Sara Marini e Sissi Cesira Roselli

Copyright © MMXVARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma(06) 93781065

ISBN 978-88-548-9007-7

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: dicembre 2015

PRIN 2013/2016PROGETTI DI RICERCA DI INTERESSE NAZIONALEArea Scientifico-disciplinare08: Ingegneria civile ed Architettura 100%

Unità di RicercaUniversità Iuav di VeneziaUniversità degli Studi di TrentoPolitecnico di MilanoPolitecnico di TorinoUniversità degli Studi di GenovaUniversità degli Studi di Roma"La Sapienza"Università degli Studi di Napoli "Federico II"Università degli Studi di PalermoUniversità degli Studi "Mediterranea" di Reggio CalabriaUniversità degli Studi "G. d’Annunzio" di Chieti-PescaraUniversità degli Studi di Camerino

MEMO-RABILIA DI UN COL- LEZIO- NISTA

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FRAMMENTI DEL MANTELLO DI GEA

Piero Ostilio Rossi>UNIROMA

Da più di vent’anni colleziono sabbie: frammenti dell’immenso mantello di Gea, la Terra; oggi ne ho circa cinquecento. Le catalogo con metodo puntiglioso: ciascuna di esse è conservata in un contenitore standard ed è identificata da un’etichetta che indica in modo dettagliato il luogo dal qua-le proviene e la data. Alcune riportano anche l’indicazione dell’ora, del-la temperatura o di particolari specificità storico-geografiche, altre sono corredate da una mappa o da una minuscola fotografia. Quelle che ho rac-colto personalmente sono solo una piccola parte, moltissime provengono da amici o da amici di amici: in questo caso sull’etichetta è indicato anche il nome di chi me l’ha donata; da qualche anno insieme alle sabbie ho pre-so l’abitudine di conservare anche frammenti vegetali, minerali o tracce del passaggio dell’uomo (pezzetti di giornale, di reti, di vetro, di mattoni) che sono stati raccolti insieme ad esse.È una narrazione del mondo costruita con minuscole quantità della ma-teria stessa che compone il mondo, nella varietà dei suoi colori e delle sue granulometrie; è una storia di erosioni che restituisce lo spessore e lo scorrere del tempo. Una macchina della memoria, Memorabilia da conse-gnare ad un archivio del futuro.

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… 324 / Spiaggia della Feuillère, Isola di Marie Galante, Arcipelago di Guada-lupe, 30 gennaio 2003 (Giovanni Fumagalli) … 325 / Stadio di Aphrodisias, Tur-chia, 28 aprile 2008, ore 13 (Andrea Jemolo) … 326 / Kilwa Kisiwani, Tanzania, 15 marzo 2009 (Ron van Oers) … 327 / Dar es Salaam, Tanzania, aprile 2009 (Lazare Eloundou)… 360 / Praia da Comporta Grândola, Portogallo (furto dal plastico delle case di Manuel e Francisco Aires Mateus), Padiglione del Por-togallo a Ca’ Foscari, Biennale di Venezia 4 settembre 2010, ore 15,40 … 362 / promontorio di Biskopsudden, Isola di Djurgården, Stoccolma, Svezia, 22 ago-sto 2010, ore 12,05 … 364 / Cimitero di Skogskyrkogården, Gunnar Asplund, Sigurd Lewerentz, viale della Skogskapellet, Stoccolma, Svezia, 18 agosto 2010, ore 16,00 … 365 / spiaggia di Pyrgaki, Isola di Naxos, Cicladi, Grecia, 10 agosto 2010 (Paola Fragnito) … 370 / Mausoleo di Ishrat-Khana, Samarcanda, Uzbekistan, 11 marzo 2009 (Francesco Bandarin) … 371 / Piramide Rossa, Snefru, IV dinastia, 2575-2551 a.C. Dashur Nord, Egitto, 17 marzo 2009 (Fran-cesco Bandarin) … [Fig. 1]«C’è una persona che fa collezione di sabbia. Viaggia per il mondo, e quan-do arriva a una spiaggia marina, alle rive d’un fiume o d’un lago, a un deserto, a una landa, raccoglie una manciata d’arena e se la porta con sé. (…) Si ha l’impressione che questo campionario della Waste Land univer-sale stia per rivelarci qualcosa d’importante; una descrizione del mondo? Un diario segreto del collezionista? O un responso su di me che sto scru-tando in queste clessidre immobili l’ora a cui sono giunto? Tutto questo insieme, forse. Del mondo, la raccolta di sabbie scelte registra un residuo di lunghe erosioni che è insieme la sostanza ultima e la negazione della sua lussureggiante e multiforme parvenza: tutti gli scenari della vita del collezionista appaiono più viventi che in una serie di diapositive a colori (…) evocati e nello stesso tempo cancellati dal gesto ormai compulsivo di chinarsi a raccogliere un po’ d’arena e riempirne un sacchetto (o un con-tenitore di plastica? o una bottiglia di coca cola?) e poi voltarsi e andar via. Ecco che come ogni collezione anche questa è un diario: diario di viaggi, certo, ma pure diario di sentimenti, di stati d’animo, di umori; anche se non possiamo essere sicuri che davvero esista una corrispondenza tra la fredda sabbia color terra di Leningrado, o la finissima sabbia color sabbia di Copacabana, e i sentimenti che esse evocano a vederle qui imbottigliate ed etichettate. O forse diario soltanto di quell’oscura smania che spinge tanto a mettere insieme una collezione quanto a tenere un diario, cioè il bisogno di trasformare lo scorrere della propria esistenza in una serie

Fig. 4, Penny Lane, 1996Fig. 3, Grattacieli in periferia, 2010

Fig. 2, Le pause sono pietre, 1999Fig. 1, Collezione di sabbie, 2015

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e ricomponendole in disegni talvolta ordinati, talvolta ottenuti per strati sovrapposti (nel mio lavoro di progettista ho costruito molti plastici in car-toncino e mi è rimasta una certa tendenza a tagliare e ad incollare). [Fig. 3]Più spesso però costruisco "tesori", applico cioè il principio dell’accumu-lo, della collezione come raccolta di oggetti che solo tutti insieme, grazie alle relazioni che si determinano tra di essi, acquistano un significato nuo-vo e attingono ad una particolare specie di qualità estetica; è una condi-zione ben nota ma che stupisce sempre perché permette di scoprire che esiste anche un "bello collettivo" che è formato da una congerie di cose che prese singolarmente possono essere – anzi molto spesso sono – in-significanti, ma che riunite insieme diventano preziose perché danno vita ad una forma di narrazione che è altro da loro, che ne trasferisce il senso originario in una dimensione lontana e imprevista. [Fig. 4]Prendo ad esempio Penny Lane, una tassonomia del 1996 costruita di ri-torno dagli Stati Uniti utilizzando 84 monete da un penny ordinatamente disposte in serie in ragione della loro lucentezza e quindi del loro invec-chiamento. Si potrebbe immaginare un rapporto diretto e scontato tra lu-centezza e data di conio, ma non è così: quella sequenza allude a storie misteriose e più complesse, a molti passaggi di mano, a contatti con so-stanze corrosive, a spiccioli dimenticati in un cassetto… Il più singolare tra i miei piccoli tesori è quello che riunisce i più dozzinali gadget in vendita nei bookshop di importanti opere di architettura moderna: da un modelli-no in plastica del Centre Pompidou con luce all’interno fine anni Settanta, ad un’inverosimile cartolina con una donna (incinta?) che ha come gonna la Pedrera di Gaudì, fino ad un tovagliolo con il profilo di Le Corbusier; senza dimenticare la bustina di sale del Museo Louisiana di Copenhagen, quella di zucchero della Staatsgalerie di Stoccarda di James Striling o un cioccolatino del Municipio di Aarhus di Arne Jacobsen. La palma del primato – quella cioè dell’oggetto più kitsch – spetta però alla bottiglia in plastica da mezzo litro, nobilitata per altro dal bollo della Western Penn-sylvania Conservancy, che contiene l’acqua del Bear Run, il ruscello sul quale affaccia la Casa sulla Cascata di Frank Lloyd Wright. Sono convinto che gli architetti abbiano una sorta di predisposizione per l’accumulo di tesori perché per progettare devono costruire, più o meno consapevolmente, un loro magazzino della memoria. Ne ho parlato a lungo in un libro di quasi vent’anni fa, La costruzione del progetto architettonico, a cui faccio ancora riferimento quando insegno.4 Da quel testo raccolgo un

d’oggetti salvati dalla dispersione, o in una serie di righe scritte, cristalliz-zate fuori dal flusso continuo dei pensieri».1

Sono un collezionista. Collezionare oggetti è un atteggiamento ricorrente e (forse) invariante del mio stare nel mondo. Come la protagonista del re-portage di Calvino, sono un raccoglitore: separo elementi significativi dalla congerie delle cose che compongono il mondo e tento di dare loro un ordi-ne diverso che funzioni come un’allusiva macchina della memoria, capace di creare nuovi circuiti di senso. Talvolta sono singoli oggetti ad essere ri-ciclati per straniamento, sottratti cioè all’ordine al quale appartengono per assumere un significato complesso ed enigmatico perché associati ad un sistema di riferimento ad essi estraneo. Ad esempio, raccolgo sassi che hanno forma di qualcos’altro (di una freccia, di un viso, dell’impronta di una scarpa…) e li colloco in un altrove che renda riconoscibile la figura a cui alludono. Talvolta costruisco intorno ad essi un racconto che finge di essere un’installazione artistica: è il caso del sasso a forma di virgola (Le pause sono pietre, 1999) con il quale ho riportato alla mia memoria il nome del professore (Licitra, si chiamava Licitra…) con il quale sostenni un difficile esame di quinta ginnasio al Liceo Mamiani di Roma. [Fig. 2]Il concetto di straniamento – gli architetti lo sanno bene perché si trat-ta di un tipico meccanismo d’invenzione progettuale – è infatti qualcosa che è strettamente collegato al concetto di appartenenza in quanto ne costituisce un'esplicita deviazione: di appartenenza ad un luogo, ad un sistema di riferimento, ad una categoria di forme o ad un principio di as-sociazione. Il meccanismo d'invenzione si basa sul mettere in crisi que-sta appartenenza (spesso derivata da un modo meccanico ed acritico di connettere le cose tra loro) disvelando altre possibili valenze che scatu-riscono dallo spaesamento di un materiale architettonico rispetto ad un suo contesto atteso.2 Lo ha ricordato Renato Bocchi quando a Mendri-sio ha suggerito di valutare seriamente – come certamente avrebbe fatto Wislawa Szymborska – «di salvare quel paradossale esercizio di fantasia creatrice che è il non-sense, il limerick, il saper trovare un senso alle cose attraverso il sottile straniante potere del non-senso, del capovolgimento di senso, dell’inversione, dell’associazione apparentemente casuale che è il sale dell’ironia del calembour, insomma della manipolazione creativa».3

Costruisco collage di piccole dimensioni utilizzando come carte colorate le immagini pubblicate dal quotidiano «La Repubblica» (hanno una gam-ma cromatica piuttosto ampia e sono ricche di sfumature) ritagliandole

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brano che mi sembra significativo: «Mentre lavorava in bottega a risuola-re dàlmede (le scarpe dei montanari veneti, ndr) – ha scritto Sebastiano Vassalli nel suo romanzo Marco e Mattio – sognava a volte di imbarcarsi su una nave che lo portasse al di là dell'oceano, in quel mondo lontano e misterioso che non a caso si chiamava "il Nuovo Mondo"; o fantasticava su quei mondi ancora più lontani e ancora più sconosciuti, che stavano sospesi in mezzo alle stelle. Quei mondi – gli aveva detto una volta don Marco – noi non possiamo nemmeno immaginarli, perché la nostra fanta-sia ha le ali tagliate, e non vola fino all'ignoto; riesce soltanto a rielaborare quello che già sappiamo, per cercare di dargli una nuova forma».5 L’architetto è un ladro di forme, ricordava infatti Le Corbusier a sottolineare che nel no-stro mestiere, nella pratica del progetto e nelle tecniche d’invenzione che lo sottendono, il ri-ciclo – il conferire nuovi cicli di vita alle forme attraver-so nuove associazioni e nuove figure – è una prassi consolidata, abituale e probabilmente insostituibile. Penso a Copycat. Empathy and envy as form-makers, l’installazione realizzata da Cino Zucchi alle Corderie per la Bien-nale di Venezia del 2012 (il Common Ground di Chipperfield), che proponeva una serie di grandi espositori verticali con collezioni di oggetti composti in riquadri con la scrupolosa sistematicità di un entomologo per trasmettere il concetto che le forme si propagano e si riproducono attraverso processi di "contagio" che determinano lunghe sequenze di manufatti che fanno riferimento ad una figura comune e si differenziano per scarti e sottili va-riazioni, vengono cioè ri-ciclate per slittamenti e varianti successive.Si tratta di un passaggio importante del percorso verso la creatività: la fantasia riesce soltanto a rielaborare quello che già conosciamo per cer-care di dargli una nuova forma e spesso agisce per successive distorsioni. Per questo una tappa importante è costituita dalla memoria, anzi dal "ma-gazzino della memoria",6 quella specie di grande gerla nel quale ciascu-no conserva l'insieme delle proprie esperienze. Come ha scritto Ludovico Quaroni, in questo grande deposito «di idee che non sono ancora immagi-ni e di immagini più o meno legate a idee di possibili utilizzazioni proget-tuali, può trovarsi di tutto: ci possono essere suggestioni avute vedendo un giorno anche lontano, un edificio costruito, un particolare dello stesso, un oggetto d'uso, un progetto o un disegno, letto magari male».7 Su questo genere di atteggiamento, sull’accumulazione di oggetti sotto forma di tesoro e sulla capacità evocativa del tesoro stesso, Orhan Pamuk ha scritto quello straordinario romanzo che è Il Museo dell’innocenza,8 la

Fig. 5, Veliero, 1977

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storia dell’inesausta passione di Kemal per Füsun, e ha poi realizzato ciò che sembrava una prerogativa riservata solo «ai maghi delle fiabe o al Ge-nio delle Mille e una notte»; ha preso ciò che la sua fantasia aveva costruito attraverso le pagine del romanzo e l’ha trasformato in qualcosa di mate-riale, di fisico, uno spazio da esplorare con tutti i nostri sensi: ha costruito il Museo dell’Innocenza,9 un luogo unico al mondo, uno grande tesoro nel cuore di Istanbul, a Beyoğlu, nel quartiere di Çukurcuma, in un edificio di tre piani dalle pareti color rosso scuro, all’angolo fra Çukurcuma Caddesi e Dalgiç Sokak. Per un architetto, forse l’archetipo del tesoro è la stra-ordinaria casa-museo di John Soane a Lincoln Inn Fields a Londra ma, su un piano molto meno solenne, anche la collezione di oggetti corrosi, di conchiglie, radici, ossa, frutti e cortecce d'albero di Le Corbusier può essere considerata una raccolta di questo genere; oggetti che divengono spesso matrici di quelle combinazioni inedite che rappresentano uno dei segreti della forma delle sue architetture. «Questi frammenti di oggetti naturali – dichiarò nel 1960 – di pezzi di pietra, di fossili, di brandelli di le-gno, di cose martirizzate dagli elementi, raccolte in riva all'acqua, al lago, al mare (…) e che esprimono leggi fisiche: l'usura, l'erosione, l'esplosione (…) non dimostrano solamente qualità plastiche, ma anche uno straordi-nario potenziale poetico».10 Re-cycle: nuovi cicli di vita… L’architecte est un voleur de formes. [Fig. 5]

Note

1. I. Calvino, Collezione di sabbia, Garzanti, Milano 1984, pag. 9. Il testo è del 1974.2. Cito qui Viktor Slovskij (1893-1984), il mag-gior teorico del formalismo russo.3. Renato Bocchi, Intervento introduttivo al seminario Memorabilia. Nel paese delle ul-time cose, tenutosi all’Accademia di Archi-tettura, Università della Svizzera italiana, Mendrisio, il 9 maggio 2015.4. P.O. Rossi, La costruzione del progetto ar-chitettonico, Laterza, Roma-Bari 1996.5. S. Vassalli, Marco e Mattio, Einaudi, Torino 1992, pag. 103. Il corsivo è mio.6. Cfr. F. Garavini (a cura di), M. De Montai-gne, Essais, Adelphi, Milano 1966, libro I,

cap. IX, pag. 42, notazione del 1588 a margi-ne del capitolo Dei bugiardi: "E ancora il mio eloquio ne è reso più breve, dato che il ma-gazzino della memoria è spesso più fornito di materia di quello dell'invenzione". 7. L. Quaroni, Progettare un edificio, Mazzot-ta, Milano 1977, pag. 62.8. O. Pamuk, Il Museo dell’innocenza, Einau-di, Torino 2009.9. O. Pamuk, L’innocenza degli oggetti. Il Mu-seo dell’innocenza, Istanbul, Einaudi, Torino 2012. Le citazioni sono tratte dalla quarta di copertina.10. Cfr. G. Charbonnier, Le monologue du peintre, vol. 2 , Julliard, Paris 1960, pag. 107.