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marxism entropy space time capitalism

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79Post - n°3 - Spazio

-Il capitale-spazio,lo spazio-tempo del capitalismo,e la sua freccia.

-di Filippo Ceccherini

illustrazioni di Paolo Salmaso

-Abstract

Questo lavoro si propone di esplicitare l ’elemento spaziale nelpensiero di Marx. L’interpretazione proposta in questo saggiogetta nuova luce sui contenuti de Il Capitale; il marxismo vieneletto come un’analisi dello sviluppo tendenziale dello spazio-tempo capitalistico.

-The spatial capital, the spacetime of capitalism, and its arrow.

The present work intends to investigate Marx’s thought in a spa-tial frame. The main aim is to provide a new interpretation ofthe contents of Capital: Marxism is read as an analysis of the spacetime dynamics inherent in capitalism.

“Spazio! Solo qualche anno fa questo termine aveva una connotazione esclusivamente geometrica, rimandava cioè ad un milieu vuoto” (Lefebvre 2000, p. 7). Da queste con-siderazioni Lefebvre costruì la sua indagine sullo spazio:in La Production de l ’Espace – la sua opera più compiuta – troviamo una ricostruzione storica dei differenti approcci filosofici allo spazio. Il lavoro di Lefebvre, pur non presen-tandosi come una teoria chiusa ma proponendosi piuttosto come un atelier in continuo svolgimento, ha aperto la stra-da a tutta una letteratura che ha fatto dello spazio l’oggetto principale della propria analisi. Harvey, ritenendo che Marx non avesse approfondito l’elemento spaziale, ha cercato di proseguire il lavoro di Lefebvre ponendosi l’obiettivo di integrare la componente spazio-geografica nel marxismo.È possibile affermare, con Harvey, che Marx non ha conside-rato l’elemento spaziale, ammettendo una superiorità teoreti-ca del tempo sullo spazio? Secondo la rilettura del testo mar-xiano che questo lavoro vuole suggerire, è possibile trovare ne Il Capitale una precisa considerazione dell’elemento spaziale,implicita nel vocabolario stesso che Marx usa. Queste consi-derazioni non vanno lette in antitesi alle teorie di Harvey; al contrario, questo lavoro deve molto ai suoi scritti: lo studio da lui sviluppato, pur se fondato su premesse opposte alle nostre,lo ha portato ad elaborare un’attenta indagine interdisciplina-re dell’elemento spaziale. Di più: lo spazio è qualcosa di tal-mente visibile, tangibile, evidente, che può essere considerato una sorta di “cartina al tornasole” di una teoria. Confrontarsi con il marxismo attraverso la tematica dello spazio permette,da un punto di vista analitico, di approfondire i punti forti ed i limiti di questo pensiero, e, da un punto di vista “didattico”,di presentare le teorie di Marx in maniera semplice e diretta.1

1. Spazio e tempo nel plusvalore e nel profitto.Nel primo libro de Il Capitale, Marx inizia a forgiare il suo “vocabolario” (già sviluppato, in parte, nei Grundrisse2) e con esso i concetti fondamentali della sua teoria del valore.“L’elemento comune che si rappresenta nel rapporto di scambio, o valore di scambio, della merce, è dunque il suo valore. [...] Un valore d’uso, o bene, ha dunque un valoreunicamente perché vi è oggettivato, materializzato, del lavo-

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ro astrattamente umano. Come misurare, ora, la grandezza del suo valore? Mediante la quantità della ‘sostanza creatrice di valore’ in esso contenuta, il lavoro. La quantità del lavo-ro si misura poi mediante la sua durata temporale; il tempo di lavoro possiede a sua volta il suo metro in date frazioni di tempo, come l’ora, il giorno ecc.” (Marx 2009a, p. 111).Il valore è tempo. Il valore di scambio di una sedia è la misu-ra del tempo che il lavoratore ha impiegato per costruirla.Il valore di scambio di un’auto è il tempo in cui essa è stata fabbricata: questo tempo è “entrato” nell’oggetto in questio-ne conferendogli un valore. Nello scambio abbiamo da un lato il tempo che ci è voluto per costruire l’oggetto che verrà scambiato (venduto), e dall’altro il tempo nel quale chi rice-ve (acquista) l’oggetto potrà beneficiarne, quindi utilizzarlo.3

Il tempo, oltre ad essere misura del valore di una merce, ha anche un altro ruolo: misura il capitale variabile (v) neces-sario a pagare (secondo Marx solo in parte) i lavoratori.Una giornata lavorativa si scompone, nella teoria marxiana, in due diverse parti (durate): nella prima il lavoratore svolge un lavoro “necessario” per la sua sussistenza, e produce un valore per il quale viene realmente pagato con una somma di capitale variabile, nella seconda parte, durante un “plus-tempo” di la-voro che non sarebbe affatto necessario per la sua sussistenza,egli produce un plusvalore, per il quale non verrà mai pagato.La durata della giornata lavorativa in cui il lavoratore produce valore e viene pagato con del capitale variabi-le v, la chiameremo Δt1, l’altro lasso di tempo, in cui il la-voratore produce solo plusvalore pv, lo chiameremo Δt2.Accanto al capitale variabile, e ad esso complementare, tro-viamo, nella teoria marxiana, il capitale costante (c). Leggia-mo la definizione data da Marx di queste due grandezze:

“I diversi fattori del processo lavorativo partecipano in modi anch’essi diversi alla formazione del valore dei prodotti [...] Dunque, la parte di capitale che si converte in mezzi di pro-duzione, cioè in materia prima, materia ausiliaria e mezzi di lavoro, non altera la sua grandezza di valore nel processo di produzione. Perciò lo chiamo parte costante del capita-le o, più brevemente: capitale costante. La parte di capitale convertita in forza lavoro, invece, modifica il suo valore nel

processo di produzione: riproduce il suo proprio equivalen-te e, in aggiunta, produce un’eccedenza, il plusvalore, che a sua volta può variare, essere maggiore o minore. Da gran-dezza costante, questa parte del capitale si trasforma conti-nuamente in grandezza variabile. Perciò la chiamo parte va-riabile del capitale o, più brevemente: capitale variabile. Le stesse parti componenti del capitale che, dal punto di vista del processo lavorativo, si distinguono come fattori oggetti-vi e soggettivi, cioè mezzi di produzione e forza lavoro, dal punto di vista del processo di valorizzazione si distinguono come capitale costante e capitale variabile. Il concetto di ca-pitale costante non esclude affatto una rivoluzione nel valo-re delle sue parti componenti” (Marx 2009a, pp. 298-309).

Il capitale costante è la parte spaziale del capitale: essa si com-pone, infatti, di “materie prime” e “strumenti di lavoro”,e la sua parte “fissa” è formata da “macchinari ed edifici”. Il lavoro è un processo che ha bisogno di uno spazio per potersi svolgere nel tempo. Come il tempo non può “pas-sare” se non in uno spazio così il capitale variabile non può “passare” se non negli spazi del capitale costante.Se Reichenbach aveva proposto (Reichenbach 1985, pp. 94-94)4 un modello della realtà basato sui tre assi cartesiani x, y, zed il “lampo luminoso” di una lampadina al centro di essi per indicare il tempo t, Marx avrebbe forse proposto un modello della realtà (capitalista) dove le tre dimensioni spaziali sono rappresentate dal capitale c ed il tempo di lavoro è indicato dal capitale variabile v (nella Figura 2 Paolo Salmaso ha dato una rappresentazione artistica di quanto abbiamo appena detto).A livello matematico la sostituzione che proponiamo, ispira-ta dai passi che abbiamo sopra citato, identifica valore, plu-svalore e capitale variabile con il tempo, mentre identifica il capitale costante (diviso in fisso e circolante) con lo spazio.Avremo quindi:

v = tc = s

Con queste premesse possiamo ora analizzare due punti cen-trali dell’economia politica marxiana: il saggio di plusvalore

(pv) e il saggio di profitto (π).Il saggio di plusvalore è dato dal rapporto tra il plusvalore e il capitale variabile con il quale il lavoratore viene pagato, e viene così espresso: pv / v. Esso non è altro che un rapporto tra due durate, cioè tra il tempo di lavoro non retribuito5 e quello retribuito. Noi lo esprimeremo quindi così: Δt2 / Δt1. La formula fornita da Marx per il saggio di profitto è con-cettualmente identica a quella del saggio di plusvalore, ma è riferita anche al capitale-spazio e non solo al capitale-tempo.Anche in questo caso si misura il rapporto tra il guadagno (al numeratore) e l’investimento necessario (al denominatore).La formula originale proposta da Marx, cioé π = pl / (c + v) diventa, nella nostra rilettura6: π = Δt2 / (Δt1 + Δs).

2. La storia dello spazio capitalistico: dall’accumulazione “originaria” alla caduta tendenziale del soggetto di profitto.Intimamente legata alla formulazione del saggio di profitto troviamo la teoria della sua caduta tendenziale:“A salario e giornata lavorativa dati, un capitale variabile, per esempio di 100, rappresenta un numero determinato di ope-rai messi in moto; è l’indice di questo numero. Supponiamo per esempio che 100 £ sia il salario per 100 operai, dicia-mo per una settimana. Se questi 100 operai eseguono tanto lavoro necessario, quanto pluslavoro; se dunque ogni giorno lavorano tanto tempo per sé, cioè per la riproduzione del loro salario, quanto per il capitalista, cioè per la produzione di plu-svalore, il valore totale da essi prodotto sarebbe = 200 £ e il plusvalore da essi prodotto ammonterebbe a 100 £. Il saggio di plusvalore p /v sarebbe = 100%. Ma, come abbiamo visto,questo saggio di plusvalore si esprimerebbe in saggi di pro-fitto assai diversi a seconda del volume del capitale costante c e quindi del capitale totale C [C = c + v], poiché il saggio di profitto è = p /C. Dato un saggio di plusvalore del 100% [abbiamo quindi questa situazione]:

c V π50 100 100/150 = 66.6%100 100 100/200 = 50%200 100 100/300 = 33.3%300 100 100/400 = 25%400 100 100/500 = 20%

Il capitale-spazio, lo spazio(-tempo) del capitalismo, e la sua freccia.

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[...] Lo stesso saggio di plusvalore, a grado di sfruttamen-to del lavoro invariato, si esprimerebbe dunque in un saggio di profitto decrescente, perché con il suo volume materiale,benché non nella stessa proporzione, cresce pure la grandez-za di valore del capitale costante quindi del capitale totale.[...] Il graduale aumento del capitale costante in rapporto al capitale variabile avrà necessariamente per risultato una graduale caduta del saggio generale di profitto, pur restando invariato il saggio di plusvalore, ovvero il grado di sfrut-tamento del lavoro da parte del capitale. [...] Ciò significa soltanto che lo stesso numero di operai, la stessa quantità di forza lavoro resa disponibile da un capitale variabile di data grandezza di valore, grazie ai metodi di produzione peculiari che si sviluppano in seno alla produzione capita-listica mette in moto, aziona, consuma produttivamente nel medesimo tempo una massa sempre crescente di mez-zi di lavoro, macchine e capitale fisso di ogni sorta, mate-rie prime ed ausiliarie – quindi anche un capitale costante di valore sempre crescente.” (Marx 2009c, pp. 271-273)

Questa crescita “tendenziale” dell’impiego del capitalecostante c, secondo la nostra rilettura, corrisponde ad unaumento dello spazio utilizzato nel processo produttivo.La legge della caduta tendenziale del saggio di profittoesprime quindi l’insaziabile sete di spazio del capitalismo.7

Il capitale ha una tendenza insita a “produrre” (per dirlacon Lefebvre) nuovi spazi, trasformarli, installare in essidei processi di produzione industriale e nuovi macchina-ri (per poi sostituirli con nuovi modelli tecnologicamen-te più avanzati), sviluppare reti di trasporto adeguate perfavorire il movimento sempre più rapido di merci, etc.8

Ora, per avviare un processo di produzione occorre unospazio in cui poterlo installare e costruirci degli stabili-menti industriali, ma per poter anticipare del capitale co-stante, ossia per poter “anticipare” uno spazio, occorre in-nanzitutto una certa somma di capitale variabile necessarioa pagare i lavoratori che in questo spazio saranno chiamatia produrre valore e plusvalore. L’unico modo per disporregià di questa somma di capitale variabile, è aver già accu-mulato, altrove e precedentemente, del capitale, e così via.

In sintesi: per poter “anticipare” un capitale-spazio occorreaver “anticipato” in precedenza un capitale-tempo; quest’ul-timo per potersi svolgere ha però avuto bisogno di un altro ca-pitale-spazio che ha reso possibile questo stesso svolgimento.La domanda sorge spontanea: quando è iniziato questoprocesso a ritroso? Quando è nata nel capitalismo que-sta sete di spazio? Marx ci propone una risposta: la teo-ria dell’accumulazione cosiddetta “originaria”. Per rubaretempo, il capitale ha dovuto inizialmente rubare spazio.La tappe di questo furto originario furono secondo Marxle seguenti:9

1) “nell’ultima parte del secolo XIV, in Inghilterra la servi-tù della gleba era di fatto scomparsa” (Marx 2009a, p. 900)

2) “nell’ultimo terzo del secolo XV e nei primi decennidel XVI” (Marx 2009a, p. 901) si svilupparono quelle chesarebbero state le basi del modo di produzione modernoattraverso la dissoluzione imposta dai re dei loro seguitifeudali l’espulsione dei contadini che lavoravano le terredei signori feudali l’espropriazione delle terre comuni (ter-ritori in comune gestiti da comunità di piccoli contadiniindipendenti) (Marx, 2009a, p. 900)

3) 1533, Enrico VIII stabilisce un limite massimo al pos-sesso di pecore, fissando questa soglia a 2000 pecore perogni contadino, mentre fino a quel momento alcuni conta-dini ne possedevano più di 24000

4) “La proprietà comune10 [...] era un’antica istituzionegermanica sopravvissuta sotto il manto del feudalesimo.[...] La sua violenta usurpazione, per lo più accompagnatadalla trasformazione di arativi in pascoli, ha inizio alla finedel secolo XV e si prolunga nel secolo XVI. Ma allora ilprocesso si compì come atto di violenza individuale invanoosteggiato per 150 anni dalla legislazione; il progresso delsecolo XVIII, invece, si manifesta nel fatto che la stessalegge diventa il veicolo del furto di terre del popolo, ben-ché i grandi fittavoli non cessino parallelamente di servirsidei loro piccoli e indipendenti metodi privati. La forma

parlamentare della rapina è quella dei ‘Bills for Inclosuresof Commons’ (leggi per la recinzione di terre comuni): in-somma, decreti in virtù dei quali i proprietari terrieri fan-no dono a se stessi, in proprietà privata, di suolo pubblico;decreti di espropriazione del popolo” (Marx 2009a, p. 909)

5) le leggi che permisero l’espropriazione degli spazi col-tivati causarono l’aumento del vagabondaggio nelle cit-tà, che fu però duramente perseguitato: “in Francia, allemetà del secolo XVII un ‘regno di vagabondi’ (royaumedes truands) si era instaurato a Parigi. Ancora nei primianni di regno di Luigi XVI (ordinanza del 13 luglio 1777),ogni uomo di costituzione sana dai 16 ai 60 anni, che fossesenza mezzi e non esercitasse alcuna professione, dove-va essere condannato alle galere. Non diversi lo statuto diCarlo V per i Paesi Bassi dell’ottobre 1537, il primo edittodegli Stati e Città di Olanda del 19 marzo 1614, e il ma-nifesto delle Province Unite del 25 giugno 1649. Così ilvagabondame espropriato con la forza, scacciato dal suoloe reso vagabondo, fu costretto con leggi tra il grottesco edil terroristico, frustandolo, marchiandolo a fuoco, tortu-randolo11, a sottostare alla disciplina necessaria al sistemadel lavoro salariato. Non basta che le condizioni di lavorosi presentino da una parte come capitale, e dall’altra comeuomini che non hanno nulla da vendere fuorché la propriaforza lavoro. Non basta neppure costringerli a vendersivolontariamente. Man mano che la produzione capitali-stica si diffonde, si sviluppa una classe operaia che, pereducazione, tradizione, ed abitudine, riconosce come legginaturali ovvie le esigenze di quel modo di produzione.”(Marx 2009a, p. 923). La classe operaia dimentica quindi ivecchi spazi, accettando i nuovi come “naturali”: quest’ul-timi non sono altro che gli spazi del capitalismo, spaziprodotti, o, per dirla con Harvey, “creati” e non “effettivi”.12

Marx, all’inizio del capitolo sull’accumulazione originaria,rimanda subito alla “previous accumulation” di Smith: que-sta citazione è da intendersi come una critica, non comeun punto di riferimento. Possiamo notare, forse, una certaironia nel paragonare la “previous accumulation” dell’eco-

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nomia politica classica al peccato originale della teologia;ironia che si riflette, probabilmente, nella scelta lessicale direndere il freddo e sobrio aggettivo inglese (previous) usa-to da Smith, con il tedesco ursprüngliche (che ha notevolirisvolti mistico-filosofici rimandando a significati quale“originario”, “primitivo”, ecc.), al posto di altri aggettivipiù neutri che egli avrebbe potuto usare per rendere quelprevious (ad esempio: “iniziale” [anfänglich], o preventi-vo [vorbeugend]). L’accumulazione smithiana da previousdiventa quindi ursprüngliche, per essere infine ritradotta,nelle edizioni inglesi de Il Capitale, con primitive: l’espres-sione smithiana “accumulazione preventiva”, che troviamoall’inizio del secondo libro de La ricchezza delle nazioni, di-venta, ne Il Capitale, “il segreto [Geheimnis] dell’accumula-zione originaria”. Il sarcasmo marxiano mira, soprattutto,a denunciare la violenza con la quale venne attuato questoprocesso storico, criticando e smascherando la narrazionepacifica che ne aveva fatto Adam Smith; questa scelta les-sicale non ci deve però fuorviare dai contenuti scientificidel testo. Marx non ha mai sostenuto che prima di questaaccumulazione “originaria” non ci fossero state, nelle so-cietà precedenti, altre forme di accumulazione della ric-chezza, né che questo fenomeno resterà unico nella storiadel capitalismo. Marx vuole solo analizzare storicamentecome si sono svolte le prime, violente, pratiche di accumu-lazione capitalistica: dopo aver letto la trattazione di quelcapitolo, la nascita del capitalismo non è più un “segreto”.Il presunto segreto serviva infatti ad avvolgere nel misterola creazione ex nihilo dello spazio capitalista. In teologiail problema da risolvere è l’inizio del tempo: nel mondocreato, dove tutto era eterno, Adamo ed Eva compironoil peccato originale, dando cioè un’origine al tempo uma-no. L’accumulazione originaria riguarda invece lo spazio,che da comune diventa individuale, diventa proprietà pri-vata, avviando il processo di accumulazione capitalistica.Questo obbliga gli ex-contadini a migrare in aree urbanedove troveranno nuovi spazi (quelli del capitalismo, ossiadel capitale costante, cioè del capitale-spazio), all’internodei quali venderanno ogni giorno una certa durata dellaloro forza-lavoro in cambio di un salario (capitale varia-

bile), producendo valore (durante il “tempo necessario”)e plusvalore (durante il tempo di lavoro non retribuito).Se il peccato originale deve render conto dell’origine deltempo teologico, la teoria dell’accumulazione originariaspiega l’origine e lo sviluppo dello spazio capitalistico: lacreazione di questo spazio, una volta lette le pagine diMarx, non ha più niente in comune con i misteri del tem-po teologico, ma costituisce una cruda pagina di storia.L’analisi della composizione del capitale ci ha permessodi risalire indietro nel tempo fino alla questione dell’ac-cumulazione originaria: il legame storico tra questi duetemi fonda il loro nesso teorico. Il percorso a ritroso chespiega la natura del capitale illustrandone la genesi storicaè, come abbiamo visto, il seguente:

a) si vuole valorizzare una quantità di capitale-tempo,b) per far questo ci serve uno spazio dove installare dellemacchine, e dove i salariati possano lavorare,c) per costruire questo spazio è stato necessario, preceden-temente, avere già una somma di capitale per pagare glioperai che hanno costruito (“prodotto”) questo spazio, equesto capitale è stato ottenutod) o grazie al prestito di una banca (l’edificio della quale èstato a sua volta costruito tramite ad un altro processo di“produzione dello spazio”, ecc.),e) oppure grazie alla presenza di uno spazio dove si è po-tuto valorizzare del capitale (e per avere questo capitale èstato necessario, in un momento precedente, avere già uncapitale da investire)

La condizione preliminare per avviare un qualsiasi proces-so di produzione e valorizzazione del capitale è avere giàun capitale precedentemente accumulato. L’accumulazio-ne originaria di spazi e terre ha consentito la successiva (ecostante) accumulazione di tempo (cioè di valore, capitalevariabile, e plusvalore): il capitale così accumulato vienepoi rinvestito sia in tempo (assumendo nuovi salariati) siain spazio (aumentando quantitativamente lo spazio, o otti-mizzando qualitativamente lo spazio già acquisito).Tempo e spazio scorrono nel capitale, il quale dialettica-

mente scorre in essi.Marx sottolinea nel III libro che il movimento avviato conquesta accumulazione originaria dello spazio divenne poiun processo costante (e non resta, come a volte si è pensa-to13, fuorviati forse dal termine “originaria”, un fenomenounico ed isolato):“La separazione tra condizioni del lavoro qui e produttorilà [...] [nella quale] risiede il concetto di capitale; ha iniziocon l’accumulazione originaria (Libro I, capitolo XXIV),e appare poi come processo costante [beständiger Prozeß], nell’accumulazione e concentrazione del capitale [...]”(Marx 2009c, pp. 315-6).Dopo queste considerazioni possiamo affermare che inMarx lo spazio, insieme al tempo, ha un ruolo fondamen-tale. Ne Il Capitale, lo spazio è considerato come la fontedel capitalismo, cioè la base dell’accumulazione originaria.Marx la chiama “originaria” perché nel capitolo in cui trat-ta questo tema si propone di analizzarne l’origine storicadell’accumulazione, e, lungi dal sostenere che questo fe-nomeno nasce e finisce nel 1500, ci ricorda che si tratta diun processo costante, di cui ha precedentemente illustratol’origine. Lo spazio è quindi all’origine dell’accumulazione,e siccome l’accumulazione è un processo costante, lo spa-zio ha un’importanza “costante” nel capitalismo, e quindinel pensiero di Marx.La centralità del ruolo che egli conferisce allo spazio siritrova infatti nella “legge della caduta tendenziale delsaggio di profitto”, che non è altro che una teoria sullatendenza dello sviluppo spaziale (sia in senso quantitativoche qualitativo) del capitale.

3. La “tendenza” dello spazio capitalistico.La teoria della caduta tendenziale del saggio di profitto haattirato molte critiche a causa del presunto determinismostorico che ne costituirebbe il fondamento teorico: Löwithha insistito molto sull’impianto teleologico dell’opera diMarx, Russell ha invece proposto un paragone tra il pen-siero di Marx e la religione ebraica, e lo stesso Harvey nonsi è risparmiato di sottolineare il “messianical approach”14

che animerebbe tutto il pensiero marxiano. Nel capitolo

Il capitale-spazio, lo spazio(-tempo) del capitalismo, e la sua freccia.

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intitolato appunto “Gesetz des tendenziellen Falls der Pro-fitrate”, Marx parla di una “tendenza” generale, insita nelmodo di produzione capitalista, che porta periodicamentea delle crisi o, comunque, a dei periodi di stallo economi-co; questa tendenza viene però contrastata da sei “contro-tendenze” specifiche che riescono, talvolta, ad evitare, ri-mandare, o al limite a impedire, le crisi globali. Negli anniin cui scriveva Marx mancava ancora un lessico scientificoper render conto di questo concetto: a questo propositopuò tornare utile un paragone con la storia della fisica.

Nel 1865 Clausius enuncia così le “due leggi fondamen-tali” della sua teoria del calore: “I) l’energia dell’universo ècostante, II) l’entropia dell’universo tende verso un massi-mo” (Clausius 1865, p. 59)15, ma non diede una definizioneprecisa di questa tendenza: fu Boltzmann a riformularla inmodo rigoroso. Egli formalizzò così l’intuizione di Clau-sius: S = klog(W), dove S è l’entropia e k è la “costante diBoltzmann”. La vera novità è la grandezza W: dato unostato termodinamico A di un sistema possiamo associa-re un valore della funzione di stato S esprimendo questovalore con S(A), valore che concettualmente corrispondeall’“ordine” dello stato A; a questo macro-stato corrispon-de un numero W di micro-stati equivalenti, e W(A) è ilnumero di modi (micro-stati) equivalenti nei quali lo statoA (macro-stato) può realizzarsi. Maggiore è il numero distati W e maggiori saranno le probabilità che lo stato inquestione si realizzi. La formalizzazione di Boltzmann haquindi una doppia importanza: integra per la prima voltala statistica nelle scienze naturali e lega dialetticamenteil mondo fenomenologico (mondo macroscopico) alla sua“base” atomica (mondo microscopico). All’interno di que-sta “tendenza” (che grazie a Boltzmann possiamo chiamarestatistica) che ha l’entropia a tendere ad un massimo (disor-dine), si possono avere dei microstati che tendono (anch’es-si statisticamente) ad una minore entropia (ordine). Nellafigura sottostante abbiamo rappresentato la “macro” ten-denza al disordine (freccia grande) all’interno della qualeabbiamo le “micro” tendenze all’ordine (frecce piccole):

Figura 3. Macrotendenza e micro-contro-tendenze.

Questo rapporto dialettico tra il mondo macroscopico ed ilmondo microscopico fu espresso da Boltzmann con il concettodei single words (cfr. Boltzmann 1896-98) e successivamentesviluppato da Reichenbach, con la teoria dei branch systems (cfr.Reichenbach 1956).Ora, come possiamo misurare l’avanzare statistico dell’entro-pia? Con il tempo: “la direzione temporale è la direzione nellaquale si svolgono la maggior parte dei fenomeni termodinami-ci” (Reichenbach 1956, p. 108). L’aumento statistico dell’en-tropia si svolge nel divenire temporale: il tempo ha quindi unadirezione. Inoltre: dato che il passaggio da uno stato disordina-to ad uno stato ordinato è statisticamente improbabile, mentreil passaggio da uno stato ordinato a uno stato disordinato èmolto probabile, il tempo non ha solamente una direzione maanche una freccia.16

I risultati ottenuti dalla scienza ci permettono quindi di soste-nere l’esistenza di una direzione (e di una freccia) statistica deltempo evitando qualsiasi critica di determinismo, teleologia oescatologia. Questa concezione statistica del divenire tempo-rale potrebbe costituire la base di una filosofia “statistica” dellastoria: una filosofia della storia non più basata su un futuroevento in base al quale tutto deve tendere, o tutto debba esseregiustificato, che non miri alla ricostituzione di un “originario”

stato di cose tragicamente perso, ma che prenda in considera-zione una probabile direzione statistica dei fatti, a partire dadati scientifici circa la realtà attuale. Una siffatta concezionedella storia non proporrebbe un futuro (positivo o negativo cheesso possa essere) ma un metodo per elaborare una previsio-ne statistica: una filosofia statistica della storia non si risolve-rebbe in un contenuto in cui “credere” ma in un metodo daapplicare, da verificare ogni volta, ed eventualmente affinare.Questa cornice concettuale che abbiamo brevemente espo-sto ci permette di rileggere la teoria della caduta tenden-ziale del saggio di profitto da un nuovo punto di vista.Nella sua forma “pura”, la “legge” elaborata da Marx, come ab-biamo visto, viene espressa così:π = pl / (c + v). Avremo quindi:limc→∞

pl / (c + v) = 0, o più brevemente, dato C = c + v, limc→∞pl / C = 0. Quando C aumenta, il profitto p diminuisce (nellaFigura 1 Paolo Salmaso ha dato una rappresentazione artisticadi quanto abbiamo appena detto).All’interno di questa “macro” tendenza, coesistono, secondoMarx, sei “micro” tendenze che contrastano la caduta tenden-ziale del saggio di profitto. Riprendendo lo schema usato perla freccia del tempo, diamo una rappresentazione di quella chepotremo chiamare la “freccia del capitale” o la “freccia dellospazio capitalistico”:

Il capitale-spazio, lo spazio(-tempo) del capitalismo, e la sua freccia.

diminuzione del compensodel lavoro al disotto del suo valore

aumento di gradodi sfruttamento del lavoro

1) 2)

ribasso di prezzo deglielementi del capitale costante

3)

la sovrapopolazionerelativa

commercioestero

aumento del capitaleazionario

4)5)

6)

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Questa tendenza racchiude la storia stessa del capitali-smo, del suo sviluppo spazio-temporale nella sua direzio-ne più probabile: l’uso che il capitale fa dello spazio segnala storia di questo modo di produzione. Il ruolo che lospazio ha nella teoria di Marx è così importante che ri-esce a render conto anche della sua filosofia della storia.Alla fine del XIX secolo la scienza non era ancora arrivataalle conclusioni della teoria della relatività che considera lospazio-tempo come un’unica, se pur duale, realtà; nella cul-tura di quell’epoca, spazio e tempo erano ancora disgiunti,nondimeno la teoria di Marx contiene già una lettura “spa-zio-geografica” del corso della storia. Da quanto detto, in-fatti, emerge che il lavoro teorico di Marx è stato capace diandare oltre ai limiti della cultura del suo tempo, e superare,nei risultati delle sue analisi, la statica dicotomia tra spazio etempo. La scelta lessicale di Engels (non di Marx) di defini-re il pensiero dell’amico una “concezione materialistica dellastoria”, o “materialismo storico” (senza menzionare quindil’importanza della componente spaziale o del ruolo delconcetto di tendenza), voleva essere solo una formulazionesintetica di un pensiero complesso, che andava ben oltre unsemplice connubio tra materialismo e filosofia della storia.Quando Marx parla di “mercato mondiale”, quindi, l’aggetti-vo mondiale si riferisce all’espansione geografica17 del capita-lismo, conseguenza di quel processo costante e tendenziale di accumulazione innescato dall’accumulazione originaria che,come abbiamo visto, fu in primis un’accumulazione di spazi. Il pensiero che emerge dall’opera principale (pur se in-compiuta) di Marx, è quindi, una concezione dialettico-materialista dello sviluppo tendenziale dello spazio-tempocapitalistico.

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-Note

(1) A questo proposito ricordiamo ilpenultimo lavoro di Harvey, A Companionto Marx’s Capital (tr. it. Introduzione alCapitale, La Casa Usher, Firenze, 2012, acura di Filippo Ceccherini), che ripropone inversione cartacea i corsi tenuti dal professoredella C.U.N.Y. sul primo libro de Il Capitale.(2) È opinione di chi scrive che i Grundrisserappresentino, nel percorso teorico di Karl Marx, il passaggio dalla “filosofia” (ancora presente nei Manoscritti economico-filosoficidel 1844), alla “scienza”: in entrambe, tutta-via, la componente filosofica, di ispirazione per lo più hegeliana, è molto forte, ed è cu-rioso notare che (anche basandosi solo su un criterio meramente quantitativo, ossia quello del numero di citazioni) se il modello filoso-fico e metodologico dei Manoscritti è ancora la Fenomenologia dello spirito, il modello dei Grundrisse è la Scienza della logica (volendo proseguire il parallelo tra i percorsi dei due autori potremmo dire che Il Capitale rappre-senta, per Marx, l’equivalente dell’Enciclope-dia delle scienze filosofiche in compendio). Non è questa la sede per addentrarsi in questioni di “marxologia” (per dirla con Raymond Aron),e quindi non possiamo approfondire le ra-gioni di queste affermazioni, ma ci limitiamo a sostenere che, se c’è stata una coupure (che Louis Althusser avrebbe chiamato “episte-mologica”) nel percorso di Marx, essa non va cercata nei cunicoli teoretici dell’Ideologia tedesca, piuttosto che negli assiomi-slogan delle Tesi su Feuerbach, ma nell’abbandono,da parte di Marx, di qualsiasi riferimento ad una divisione “borghese” del pensiero e del quadro del sapere. Se fino ai ManoscrittiMarx cercava ancora una collocazione “di-sciplinare” al suo pensiero, con i Grundrissecerca direttamente un nuovo lessico: non un lessico filosofico, economico, storico o giuri-

-Bibliografia

Boltzmann, L. (1896-98) Vorlesungen über Gastheorie, Barth, Lipsia.

Ceccherini, F. (2012) Les espaces du marxisme et l ’espace-temps du “Capital”, EUE, Sarrebruck.

Ceccherini, F. (2012) Marx e Harvey, oggi, saggio introduttivo a Harvey, D. (2012) Introduzione al Capitale. 12 lezioni sul primo libro, LaCasaUsher, Firenze, 2012 (trad. it. a cura di Filippo Ceccherini)

Harvey, D. (1972) Limits to Capital, Verso, New York.

Harvey, D. (1996) Justice, Nature and the Geography of Difference, Blackwell,Cambridge.

Harvey, D. (2003) The New Imperialism, Oxford University Press, New York.

Harvey, D. (2010) A Companion to Marx’s Capital, Verso, New York.

Klausius, R. (1865) “Über verschiedene für die Anvendung bequemeFormen der Hauptgleichungen der mechanischen Wärmetheorie”,Vierteljahrsschrift der Naturforschenden Gesellschaft in Zürich, X, pp.1-59, Zurigo.

dico, ma un lessico eclettico, interdisciplina-re e inedito che potesse diventare la base di un pensiero e di una prassi rivoluzionari. Il Capitale doveva rappresentare, nei propositi di Marx, la base teorica del proletariato. Con queste premesse, cercare di inserire l’opera principale di Marx in un qualche settore di-sciplinare (sia esso filosofia, economia, poli-tica, storia, sociologia) è metodologicamente sbagliato: se il marxismo è una critica alla società capitalista, alla relativa divisione del lavoro e alla conseguente parcellizzazione del pensiero, è evidente che esso non troverà mai un posto nell’attuale divisione del sapere.(3) Il valore di scambio dal punto di vista del venditore diventa (è) il valore d’uso dal punto di vista dell’acquirente. Grazie alla dialettica marxiana possiamo scomporre il fenomeno dello scambio come un’unità degli opposti.(4) Riporto in nota l’intero passo dedicato a questo tema: “Ci si è sforzati, senza successo,di immaginare la quarta dimensione dello spazio. Per esempio così: si pensino in un punto tre bastoni di legno che si intersecano ad angolo retto, come la lunghezza, la lar-ghezza, e l’altezza di una stanza. Queste sono le tre dimensioni dello spazio: dov’è il posto per una quarta? In che modo è possibile por-re una quarta stanga sul punto considerato in maniera che anch’essa, come le altre, formi angoli retti in tutte le direzioni? E in effetti neppure io vedo dove questa stanga potreb-be disporsi; ma la teoria della relatività non ha mai affermato qualcosa del genere! Essa dice soltanto che il tempo, in quanto tempo,dovrebbe essere aggiunto allo spazio; ma ciò significa qualcosa di sostanzialmente diverso.Possiamo immaginarcelo così. Se vogliamo determinare un punto nello spazio ci sono necessari tre numeri. Facciamo il caso che in una stanza sia appesa una lampada: come

Lefebvre, H. (2000) La Production de l ’Espace, Anthropos, Parigi.

Marx, K. (2009a) Il Capitale, Libro primo, UTET, Torino.

Marx, K. (2009b) Il Capitale, Libro secondo, UTET, Torino.

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Reichenbach, H. (1985) Da Copernico a Einstein, Laterza, Roma.

Reichenbach, H. (1956) The Direction of Time, University of California Press, Berkeley.

87Post - n°3 - Spazio

-Biografia

Filippo Ceccherini ha conseguito il Master di primo e secondo livello presso l ’Université de Paris 8 in filosofia politica, e in precedenza la laurea triennale in Logica Matematica e Filosofia della scienza presso l ’Università di Firenze. Si occupa di filosofia politica e marxismo; nel suo libro Les espaces du marxisme et l’espace-temps du “Capital”(E.U.E., Sarrebruck, 2012) ha esposto la sua interpretazione del pensiero marxiano.Ha recentemente tradotto, per l ’editore LaCasaUsher, il penultimo testo di David Harvey (Introduzione al primo libro del Capitale, LaCasaUsher, 2012).

Paolo Salmaso è nato a Mestre, VE (1987).Vive e lavora a Firenze.Tra le sue ultimi progetti ricordiamo nel 2011 la collaborazione con lo Streamfest ‘11 in Puglia e con Pattern a Monopoli (BA), nel 2010 con Fashion magazine presso Pitti Immagine Uomo,Firenze e con Fabbrica Europa, Firenze.

possiamo determinare il suo posto? Ne mi-suriamo la distanza dal pavimento, dalla pa-rete posteriore e da una delle pareti laterali;questi tre punti determinano la sua posizione nello spazio. Perciò essi vengono detti anche coordinate. Lo spazio si dice tridimensiona-le perché sono tre numeri a fornire tale de-terminazione. Ma se vogliamo determinare non un punto nello spazio, ma un evento,occorre un numero di più, e cioè l’indicazio-ne del tempo. Supponiamo di accendere la lampada per un attimo così da generare un lampo luminoso; questo è un evento. Tale evento è completamente determinato allor-ché io conosco i tre numeri che determinano la posizione della lampada e inoltre il quarto numero che determina il tempo del lampo luminoso. Poiché si tratta di quattro numeri,tempo e spazio insieme vengono detti una molteplicità quadridimensionale. Questo è tutto il mistero. Purtroppo una circostanza così semplice si trova spesso descritta nei linguaggi più oscuri.”(5) La teoria marxiana del plusvalore riman-da, in estrema sintesi, ad un furto di tempo.(6) Per ovviare all’impossibilità di sommare spazi e tempi, esponiamo in questa nota lo stesso concetto con un formalismo più preci-so dal punto di vista matematico.Sia µ : S→ +, dove S = {metri quadrati del suolo, metri cubi occupati dalle macchine,etc...}, allora abbiamo π = t / (µ (s) + t). Il fun-zionale µ associa ad ogni elemento dell’insie-me S un numero reale positivo ( +). Da un punto di vista intuitivo, il funzionale ci per-mette di “normalizzare” i volumi, le superfi-ci, etc., in un solo numero “adimensionale”,compatibile con l’operazione di somma ri-chiesta dall’espressione.(7) Va sottolineato che questa “sete” non è solo quantitativa. Un investimento in capi-

tica del temine beständig: continuativo, con-tinuo, costante, durabile, permanente.(14) Si veda: Löwith, K. (2004) Significato e fine della storia, Net, Milano; Russell, B.(1982) Storia della filosofia occidentale, Lon-ganesi, Milano; infine Harvey (1972) e Har-vey (2010).(15) Così nella versione originale: “I) Die Energie der Welt ist constant; II) Die En-tropie der Welt strebt einem”.(16) Eddington introdusse questo termine nel 1928 e da allora si è sviluppato un gran-de dibattito nella comunità scientifica, fino a mettere in discussione l’esistenza stessa del tempo (cfr. McTaggart, J.E. (2006) L’irrealtà del tempo, BUR, Milano). Per i limiti imposti da questo lavoro, e dovendo rispettare il tema di questo numero di Post, non ci addentre-remo ulteriormente nel dibattito scientifico legato alla freccia del tempo, ci limitiamo, in questa nota, ad esplicitare la nostra posizione favorevole circa l’esistenza della freccia del tempo.(17) Quello di Marx, di fatto, può essere già considerato un materialismo “storico-geo-grafico” (cfr. Harvey 1996), chiamato però,solo per semplicità, “materialismo storico”.

tale costante (capitale-spazio) può anche mirare esclusivamente ad un rinnovamento tecnologico dei macchinari senza aumentare di un millimetro lo spazio occupato. Nello stesso spazio che occupava, ad esempio, l’E-NIAC nel 1946 adesso possiamo installare decine di computers molto più potenti: in questo senso l’investimento in capitale-spa-zio è di tipo esclusivamente qualitativo.(8) Il capitale, se necessario, arriva anche a distruggere questi spazi per poter rilanciare l’economia, come illustra bene David Harvey nella sua teoria della crisi (cfr. Harvey 1972).(9) Quanto segue è una sintetica esposizione per punti del capitolo XXIV del primo libro de Il Capitale.(10) In tedesco il termine è Gemeindeeigen-tum, che alla lettera significa “proprietà della comunità” (da Gemeinde).(11) Marx allude alle ordinanze emesse dai giudici di pace nelle “petty sessions” (udienze per reati minori) in vigore in Inghilterra dal regno di Giacomo I fino ai primi del secolo XVIII.(12) Ho dovuto tralasciare, per i limiti di lunghezza imposti in questa sede, una trat-tazione più accurata della “trialettica” dello spazio di Lefebvre, delle riflessioni di Cas-sirer a riguardo e della griglia concettuale proposta dallo stesso Harvey.(13) “Il processo che Marx [...] chiama ac-cumulazione ‘primitiva’ o ‘originaria’, di-venta, nel pensiero della Arendt, una forza continua e propulsiva per la geografia storica del capitale in quelle che sono le dinamiche dell’imperialismo.” (Harvey 2003, p. 143).Non è la Arendt a “interpretare” il concetto marxiano di accumulazione originaria come un processo “continuo”, bensì lo stesso Marx,che in tedesco usa l’espressione “beständiger Prozeß”, sfruttando tutta l’ampiezza seman-