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Paola Bonfadini Marco Castelli Gaetano Cinque DALLA LETTERA ALLA EMAIL Quale cultura epistolare al tempo di Internet www.gruppo2009.it RIVISTA DI ARTE E CULTURA Atti del convegno a cura di Mario Baldoli

L'impallidire della cultura epistolare nella comunicazione contemporanea

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Paola BonfadiniMarco Castelli

Gaetano Cinque

Dalla lettera alla emailQuale cultura epistolare

al tempo di internet

w w w. g r u p p o 2 0 0 9 . i tRIVISTA DI ARTE E CULTURA

Atti del convegno a cura di Mario Baldoli

Dalla lettera alla emailQuale cultura epistolare

al tempo di internet

Paola BonfadiniMarco Castelli

Gaetano Cinque

w w w. g r u p p o 2 0 0 9 . i tRIVISTA DI ARTE E CULTURA

Le lettere si conservano per non leggerle più,una buona volta poi, per discrezione, si distruggono,

e svanisce così, senza che noi o altri si possa più recuperarle,il più leggiadro e spontaneo fiato di vita.

(Johann W. Goethe, Le affinità elettive, 1809,Rizzoli, Milano 1997,

introduzione di Pietro Citati,traduzione di Cristina Baseggio)

A Giacomo Apostoliil “Lupo”

INDICE

Prefazione di Mario Baldoli ......................................................................................5

L’impallidire della cultura epistolare nella comunicazione contemporaneadi Marco Castelli .....................................................................................7

Il piacere (perduto?) delle lettere scritte a manoe l’immateriale universo dei messaggi onlinedi Gaetano Cinque ...............................................................................25

“Caro amico ti scrivo”: note sulla lettera dalla latinità all’età modernadi Paola Bonfadini ...............................................................................35

In copertinaBrescia, Biblioteca Civica Queriniana, Bibbia, ms. A.II.8, sec. XII,artisti bresciani, f. 86r, Scrivano, particolare.

Pagina precedenteBrescia, Biblioteca Civica Queriniana, Fior di virtù, Inc. Lechi 111, Brescia, Giovan Battista Farfengo, 1489, c. a.I r, Frontespizio con autore nello studio.

Referenze fotograficheL’autorizzazione alla riproduzione delle immagini nel testo è stata concessa dall’Ufficio Riproduzioni della Biblioteca Queriniana di Brescia in data 6 agosto 2015. Un’ulteriore autorizzazione a conferma della precedente, autorizzazione anche per l’immagine di copertina, è stata concessa in data 8 marzo 2016. Le riproduzioni sono state eseguite da Paola Bonfadini.

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasimezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti.

Copyright - Gruppo 2009Prima edizione 2016ISBN _ 9788890639982

Grafica e stampa: Com&Print srl - Brescia

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L’impallidire della cultura epistolare nella comunicazione contemporanea

di Marco Castelli

Fra le scritte autoritarie e imperiose ve n’è una, per me la più ripugnante, che ferisce la vista più di qualsiasi altra. Issata sulle insegne degli uffici postali, recita con brutale

laconicità e feroce rigore: “Non scrivete lettere, mandate telegrammi”. Wire, don’t write. Per quanto ardito possa sembrare io lo proclamo l’annuncio più sovversivo, quello

che più di tutti mina la salvaguardia di una vita ancora relativamente civilizzata in un mondo che di civilizzato, oramai, ha ben poco. È indubbiamente un annuncio fazioso, ribelle, satanico, un annuncio che pretende di distruggere la più deliziosa delle invenzioni umane: la lettera. È talmente sacrosanto lo sdegno che mi sento accendere dentro, che sarei quasi tentato di fondare una confraternita pronta a calcare, anche a costo della propria

vita, le strade di ogni città pur di affiggere, accanto alle scritte che simboleggiano la barbarie, le grandi insegne della civiltà: “Viva la lettera, morte al telegramma!”

(Pedro Salinas)1

Lo storico tedesco Heiko Droste nota, relativamente agli albori delle spedi-zioni postali nelle terre del nord Europa, come la rapida crescita della comuni-cazione modificò la mappa mentale della gente dell’epoca, generando una nuova di-mensione spazio-tempo, man mano che si espandevano sempre più lontano le interazioni sociali, sia nel tempo che nello spazio2.Credo si possano avere poche ritrosie nel generalizzare questa affermazione anche ai mutamenti intervenuti nelle percezioni personali e nelle rappresen-tazioni sociali a seguito dello sviluppo della tecnologia informatica ed in par-ticolare della straordinaria diffusione di internet negli ultimi (pochi) decenni.

La situazione odierna, rispetto a quella della diffusione della lettera, presenta poi una differenza radicale legata alla pervasività del mezzo tecnologico, cioè al suo toccare sempre più aspetti del reale, segnalandosi per la diffusione capillare e costantemente in accelerazione: elementi questi che marcano la differenza tra una qualsiasi innovazione tecnica ed una vera e propria rivolu-zione tecnologica3.

1 PEDRO SALINAS, Difesa della lettera, Archinto, Milano, 2002, pp. 5-6.2 HEIKO DROSTE, Sending a Letter Between Amsterdam and Stockholm. A matter of trust and

precautions, in HANS COOLS, MARIKA KEBLUSEK, BADELOCH NOLDUS (a cura di), Your humble servant: Agents in Early Modern Europe, Uitgeverij Verloren, Hilversum, 2006, p. 135.

3 Per la differenza tra singola innovazione tecnologica e rivoluzione tecnologica si fa per

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La parola “rivoluzione” implica una subitaneità di cambiamento evidenzia, rela-tivamente alla rivoluzione industriale, lo storico Thomas S. Ashton, per poi sottolineare come i cambiamenti non furono soltanto “industriali”, ma anche sociali ed intellettuali4. La “pervasività rivoluzionaria”5 in effetti è caratterizzata da un duplice piano d’influenza: in primis ad un livello oggettivo, relativo alla diffusione della tecnologia (quanti oggetti possediamo oggi che possono con-nettersi a internet? Quali sviluppi per l’internet delle cose?6) ma in secondo luogo - e soprattutto - agisce anche ad un livello culturale, toccando sia l’in-teresse degli autori (si attendono le candidature per un futuro Dickens della realtà informatica) sia l’insieme dei modi di vita7 di una determinata società, che si esprimono in una costruzione collettiva che trascende le preferenze individuali, ma che al contempo influenza le pratiche delle persone8. Quindi nella - o in una - cultura9.

tutti riferimento a ANTONIO DI VITTORIO, (a cura di), Dall’espansione allo sviluppo. Una storia economica d’Europa, Giappichelli, Torino, 2011: La tecnologia associata allo sfrut-tamento di nuove fonti di energia fu il fattore chiave dell’eccezionale cambiamento europeo. Molte importanti innovazioni erano comunque state fatte anche in precedenza nelle industrie tradizionali (...) ciò che mutò nei cambiamenti fu la continuità e la velocità del fenomeno.

4 Citato in RONDO CAMERON, LARRY NEAL, Storia economica del mondo, Il Mulino, Bologna, 2005, pg. 262.

5 Pervasività che comunque va letta ancora alla luce del dato secondo il quale un italiano su tre non ha mai usato internet (rilevazione Eurostat, dicembre 2014) nonostante per il 44% degli stessi sia un bene essenziale (rilevazione istituto Swg, novembre 2015).

6 DAVIDE BENNATO, in Che cos’è l’internet delle cose?, “La stampa”, intervista di Anto-nino Caffo, 26 agosto 2014, definisce l’“Internet delle Cose” (IoT, Internet of Things), come una famiglia di tecnologie il cui scopo è rendere qualunque tipo di oggetto, anche senza una vocazione digitale, un distintivo collegato ad internet, in grado di godere di tutte le caratteristiche che hanno gli oggetti nati per utilizzare la rete. Il termine IoT è stato coniato nel 1999 dal pioniere della tecnologia inglese Kevin Ashton che lo propone come mezzo per mettere i computer in condizione di raccogliere informazioni con mezzi propri in modo che possano vedere, sentire e odorare da sé il mondo in tutto il suo casuale splendore, in CARLO RATTI, L’Internet delle cose: evoluzione o rivoluzione, AIG White Paper, edizione digitale, 2015, p. 6.

7 NICOLA ABBAGNANO, Dizionario di Filosofia (v. voce Cultura), UTET, Torino, 2006: Per i sociologi e gli antropologi per cultura si intende l’insieme dei modi di vita che sono creati, appresi e trasmessi da una generazione all’altra fra i membri di una particolare società.

8 MANUEL CASTELLS, Galassia Internet, Feltrinelli, Milano, 2008, p. 45: Per cultura intendo un insieme di valori e convinzioni che guida un comportamento. Modelli comportamentali ripetitivi generano abitudini che sono rafforzate dalle istituzioni ma anche dalle organizzazioni sociali informali. La cultura è diversa dall’ideologia, dalla psicologia o dalle rappresentazioni individuali. La cultura è una costruzione collettiva che trascende le preferenze individuali ma, al contempo, influenza le pratiche delle persone.

9 A tal proposito, in altro contesto, è stato evidenziato come le culture cambiano perché nuovi costumi, credenze e valori vengono continuamente acquisiti o inventati. Si pensi, ad esempio, al modo in cui i social networks (da Myspace a Facebook a Google+, da Messanger a Skype a Twitter) hanno cambiato le modalità della comunicazione e dell’interazione sociale nell’era di

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Gli sviluppi tecnologici provano a costruire un mondo pervasivo, che imiti ed elabori destrutturando e ricostruendo i luoghi e i paradigmi della realtà sociale tipici di ogni cultura. Non è naturalmente un’operazione semplice ed automatica, ma più che altro una forma di dialogo (o di dibattito) tra le diverse componenti che creano ed usano una tecnologia od uno strumento tecnologico. È un processo dall’esito incerto ed al quale ogni utilizzatore può partecipare in modo passivo o più o meno creativo (“forzando” una piattafor-ma per scopi non immaginati dai programmatori). Questa evoluzione genera-le oggi si posiziona poi in un contesto, come quello della tecnologia moderna, che può essere definito poliedrico e proteiforme. Poliedrico in quanto sempre più sfaccettato, fino alla “balcanizzazione” per quale si sviluppano autono-mamente le più innovative o varie o inutili piattaforme ed attività, seguendo delle linee generali ma allargando e mescolando gli ambiti delle une e delle altre. Proteiforme - si parla di protean technologies - perché le stesse piattaforme sono sempre costrette ad aggiornarsi per non perdere il passo sui concorrenti: tecnologie versatili, malleabili, sempre in riformulazione di aggiornamento in aggiornamento, in fase permanently beta, mai giunte a realizzazione definitiva10.

Ed in questo contesto, di questo dibattito, è stata oggetto anche la lettera, che, da medium principe della comunicazione non diretta, era diventata un’im-magine di comunicazione sia nel suo aspetto materico, sia in quello culturale.Dopo le ricerche delle staffette più veloci, dello studio delle stazioni di cambio dei cavalli, fino ad arrivare al sistema di posta universale (elemento all’epoca talmente rilevante da essere citato nel primo articolo della Costituzione degli Stati Uniti d’America11) ed alla posta pneumatica, anche l’arrivo di Internet ha influenzato il mezzo lettera, fin da quando lo sviluppo del Web (ARPA-NET allora) aveva ancora essenzialmente una finalità militare: si sono viste apparire già allora infatti, tacitamente accettate dalle autorità americane12, le

internet. (PAOLA PAROLARI, Diritti fondamentali. Prospettive transculturali e percorsi in-terculturali, in TECLA MAZZARESE (a cura di), Diritto, tradizioni, traduzioni. La tutela dei diritti nelle società multiculturali, Giappichelli, Torino, 2013, p. 225).

10 Secondo l’editore e sostenitore dell’open source TIM O’REILLY, What is Web 2.0: “The continuing evolution, O’Reilly Media, retrieved July 7, 2009: Users must be treated as co-developers, in a reflection of open source development practices (even if the software in question is unlikely to be released under an open source license). The open source dictum, ‘release early and release often’, in fact has morphed into an even more radical position, ‘the perpetual beta’, in which the product is developed in the open, with new features slipstreamed in on a monthly, weekly, or even daily basis.

11 United States Constitution, article I, section VIII: The Congress shall have Power (...) To establish Post Offices and Post Roads.

12 ANDRE SPICER, Hate email? Getting rid of it wouldn’t make you happy, The Guardian, 7

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prime mail private e mailing-list di comunicazione (inizialmente destinate agli appassionati di fantascienza)13.Quando la rete assorbe un medium, questo medium è ricreato ad immagine della rete - ci avverte lo scrittore Nicholas Carr14 - e vista l’ampiezza e la pervasività delle mutazioni in atto è forse importante chiedersi che cosa può restare dopo questo “round” del dibattito: cosa potrebbe cambiare e cosa potrà rimanere della nostra millenaria “cultura epistolare”. Quale futuro può avere la lettera, medium per sua natura e sua essenza “lento” nell’essere scritto e nell’essere inviato, in un mondo sempre più veloce? Che futuro per quel pezzo di carta che si accumula nei cassetti in un mondo che vuole file .pdf o almeno .docx, in quel web sempre in continua trasformazione nel quale le forme espressive vengono sempre meno scelte dagli utenti, ma sono sempre con più facilità imposte da chi gestisce i vari strumenti di comunicazione?

Lettere di ringraziamento, lettere dalle bancheLettere di gioia di ragazze e ragazzi,

Ricevute fiscali e inviti,Per ispezionare nuovi depositi e visitare i parenti, (...),

E timide dichiarazioni d’amanti,E pettegolezzi, pettegolezzi da tutte le nazioni,Notizie di circostanza, notizie di finanza, (...)

Chiacchierone, maliziose, noiose, amorevoli,Fredde e ufficiali e pieni di effusioni del cuore,

Intelligenti, stupide, corte e lunghe,Scritte a macchina e stampate e scritte tutte in modo sbagliato.

(Wystan H. Auden)15

Mi sembra che seguire il filo della “cultura epistolare” sia oggi, più che inseguire un segno che collega varie trasformazioni, provare ad inseguire i cocci di del vasellame rotto, che, nel momento della rottura, si sono anche molto allontanati l’uno dall’altro tracciando traiettorie diverse.(...) per quanto sia generalmente imperfetta l’aderenza dei nomi alle cose, i nomi, nonostante tutto, stringono la realtà con una presa troppo diretta perché sia mai consentito di descrivere una società senza fare largo uso delle sue parole, debitamente

marzo 2016. Tomlinson [l’inventore delle mail n.d.a.] came up with the idea while developing the Arpanet – the predecessor of today’s internet – in 1971. He and his colleagues were scratching their heads about what to do with their new invention, wherein one application eventually became email. “Don’t tell anyone!” he told a colleague. “This isn’t what we’re supposed to be working on”.

13 MANUEL CASTELLS, op. cit., pp. 30 e 59.14 NICHOLAS CARR, Is Google Making Us Stupid?, The Atlantic, july-august 2008.15 WYSTAN HUGH AUDEN, Night Mail, in Collected poems, Random House Inc, 1991.

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spiegate e interpretate, sostiene Marc Bloch16, ed infatti seguire l’idea episto-lare è facile soprattutto facendo leva sul raccordo linguistico che lega la comunicazione “via mail” e quella tradizionale. Tale legame etimologico è chiaramente ripreso nelle principali lingue: primo fu l’inglese electronic mail e più tardi email, e quindi “a calco” seguirono l’italiano con l’espressione posta elettronica, lo spagnolo con correo electrónico, ed il francese, in cui l’equi-valente di lettera è courrier, abbreviazione di courrier életronique17.Interessante può essere notare il termine scelto per indicare il nuovo mez-zo di comunicazione da parte delle lingue che hanno tradotto il termine dall’inglese sia stato il vocabolo generico “posta” (“courrier” e “correo”), indicante sia il sistema di consegna delle lettere e dei plichi sia gli oggetti stessi, piuttosto che il termine più specifico “lettera” (“lettre”, “carta, mi-siva”), evidenziando così allo stesso tempo una vicinanza ma anche un’irri-ducibilità di fondo, l’impossibilità di una diretta ed univoca identificazione tra la “posta elettronica” e quello che rappresenta la lettera.Particolare il fatto che questa traduzione non fosse inscritta nel termine da tradurre, vista la polisemia che il termine “mail” ha assunto nelle pieghe fra inglese britannico ed inglese americano, che utilizzano con frequenze opposte i termini “mail” e “post” per indicare le lettere ed il sistema di consegna delle stesse.

Anche questa irriducibilità lessicale porta a pensare che anche nel mezzo delle chat si possano incontrate alcune delle caratteristiche che fanno parte della cultura epistolare tradizionale, che d’altronde fu definita anche absen-tium amicorum quasi mutuus sermo, con un sermo che richiama certamente la discussione posata, ma probabilmente anche quel latinus sermo, espressione della chiacchiera della gente, del discorrere quotidiano. Caro Lazzaro - la-sciami chiaccherare un po’ con te si può trovare, ad esempio, nell’epistolario di Scipione18, e “palabra escrita”19 utilizza Garcìa Lorca per indicare una “carta” d’amore, a testimonianza di questa funzione che la lettera ha potuto, nono-stante le tempistiche che comportava, svolgere nell’immaginario collettivo.

16 MARC BLOCH, Apologia della Storia o Mestiere di storico, Einaudi, Torino, 2009, p. 124.17 Dictionnaire étymologique et historique du français (v. voce Courrier) Larousse, Paris, 2011.

Si considera significativo l’esempio della lingua francese per la particolare attenzione con la quale il governo cura lo sviluppo della lingua. Esempio di questa politica è la costitu-zionalizzazione del francese come lingua della Repubblica: La langue de la République est le français (art. 2 Cost.).

18 SCIPIONE (nome d’arte di Gino Bonichi), Carte segrete, Einaudi, Torino, 1982, p. 39.19 FEDERICO GARCIA LORCA, Sonetto de la carta, in Diván del Tamarit, Llanto por Ignacio

Sánchez Mejías, Sonetos, Alianza Editorial, Madrid, 1989.

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Le mail, considerate come “lo standard della comunicazione digitale”20, e le chat (escludendo le chat di gruppo) sono anzi tutto i due mezzi fondamentali nel panorama del web 2.0 che rispettano una delle caratteristiche della mag-gior parte delle lettere (si escludono qui essenzialmente le “lettere aperte” e comunque le opere letterarie) cioè quello di essere comunicazioni one to one e non one to many, come i medium televisivi e radiofonici o many to many, come i social network.Tra i due tuttavia vi è la grande differenza dell’ispirazione iniziale, in quanto se la mail può essere considerata la traduzione nel web del modello della let-tera, la chat ha sempre provato ad essere un tentativo d’imitare l’oralità del discorso.In ogni caso è facile notare come i due mezzi di comunicazione, i quali pur diversi nella concezione sono ormai uniti dalla sostanziale assenza di costi e di limiti tecnici alla lunghezza dei messaggi, si stiano sempre più avvicinando, rendendo fluidi i confini che sembravano dividerli, come dimostra il fatto che il sistema di chat ed il sistema email forniti dal più grande social network - Facebook - siano stati alcuni anni fa uniti in un unico archivio, tendendo così a superare la loro tradizionale divisione.Si può ritenere, inoltre, che con la diffusione capillare degli smartphone e delle connessioni si stia avendo una suddivisione tra questi due mezzi non più ricalcante una differenza tecnica ma sempre più per argomento: tecnico/lavorativo per le mail, e personale/affettivo per i sistemi più informali di chat. Differenziazione rafforzata dal fatto che la mail è oggi diventata uno stru-mento indispensabile nel mondo lavorativo, facendo sì che la chat si sia svi-luppata secondo dei modelli più aderenti alla comunicazione personale (dalla possibilità di note vocali alla facilità di invio, che porta a mandare moltissime comunicazioni dividendo il messaggio in micro-frasi, prassi non adatte alla comunicazione formale). A conferma dell’importanza dello strumento della mail nei contesti lavorativi possono essere evidenziati i risultati di uno studio21 secondo il quale i profes-

20 KRISTIN NARAGON, Email Is the Best Way to Reach Millennials, Harvard Business Review, 12 novembre 2015.

21 VICTOR LUCKERSON, Time, 10 November 2014; Clutter Killers: Google - and some others - want to take your inbox: “Email was supposed to make our lives easier. Instaed, it’s be-come a dumping ground for travel itineraries, receipts, social media updates, work documents and invitations - to say nothing of actual spam. (According to a recent study, most professionals spend almost a third of their workweek just wading through email). Tech companies have made a sport of vying to take this data deluge - not just in your email but also in everything from your calendar to you to-do-list - as consumers increasingly complain about information overload.” Sono state studiate, inoltre, anche le perdite di tempo “laterali” al controllo della posta elettronica. One study found that when people check their email, it takes the an average of 64 seconds to switch

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sionisti passano un terzo della propria settimana lavorativa a gestire la posta elettronica, come d’altronde anche il fatto che alcune imprese, soprattutto in Germania e Francia, abbiano vietato ai dipendenti di leggere la posta elettro-nica professionale al di fuori della giornata lavorativa in quanto il controllare la mail è per molti ormai a tutti gli effetti un’attività di lavoro22.

Lunghe settimane passarono prima che la risposta mi giungesse. Quella che finalmente ricevetti, portava, con un sigillo azzurro, il timbro di Parigi ed era assai pesante. La calligrafia chiara,

bella e sicura della busta si ritrovava sulle pagine della lettera dal primo all’ultimo rigo.

(Franz Xaver Kappus)23

Le differenze tra lettere e mail (ma chat cambia poco)24 sono numerose e posso-no essere enumerate anche a partire da una frase dell’introduzione a Lettere ad un giovane poeta di Rilke, scritta dal destinatario delle lettere dell’autore delle Elegie duinesi, Franz Xaver Kappus.

“Lunghe settimane passarono prima che la risposta mi giungesse...” Il passo si apre con una riflessione sul tempo passato nell’attesa di un riscontro e questo ci fa, al contrario, evidenziare come, se le lunghe settimane oggi equivalgono nella maggior parte dei casi ad una non risposta, anche poche ore possono, in alcuni contesti, sembrare troppe.In generale si possono classificare gli strumenti di comunicazione in medium sincroni, che richiedono la presenza contemporanea tra chi manda e chi riceve il messaggio, ed asincroni, che non richiedono questa simultaneità. La lettera è esempio del medium asincrono, e questa è stata una delle sue caratteristiche principali che è oggi quasi eliminata nella posta elettronica che, pur restando fondamentalmente asincrona (differentemente, ad esempio, da una telefonata) si avvicina sempre più alla sincronicità.

their attention back to their original task. Workers in the study were distracted this way an aver-age of 96 times a day. This means they spent more than 100 minutes every day being distracted by email. Another study recorded even more disturbing results. After observing employees closely over a two-week period, it found that after checking their emails, people would do on average 2.3 other thasks before getting back to the activity they were originally working on (ANDRE SPICER, Hate email? Getting rid of it wouldn’t make you happy, The Guardian, 7 marzo 2016).

22 Per la Germania TONIA MASTROBUONI, Basta mail di lavoro fuori orario, “La stam-pa”, 19 febbraio 2014. Per la Francia ALESSIO SFIENTI, Mai più mail di lavoro dopo la fine della giornata lavorativa, Pionero-Digital innovation, 13 aprile 2014.

23 RAINER MARIA RILKE, Lettere a un giovane poeta, Adelphi, Milano, 1980, p. 18.24 Si usa essenzialmente la classificazione sviluppata da LAURA SARTORI, La società

dell’informazione, Il Mulino - Itinerari, Bologna, 2012. Della classificazione proposta dalla studiosa sono già emerse supra i caratteri dell’interattività e della direzione della comunicazione.

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Si parla in seguito del “timbro di Parigi”, un luogo ben preciso, un’idea defi-nita di spazio. Anche in questo caso, in opposizione, possiamo notare come le mail, a meno di espliciti riferimenti nel corpo del testo, ci abbiano fatto di-menticare la provenienza geografica della comunicazione: per strada, in ufficio, in vacanza, tutto è sempre uguale ed il mondo un tappeto uniforme sul quale le distanze hanno scarsa rilevanza e tutto ciò che sembra aver dignità d’essere comunicato è un anodino “inviato da i-phone”, “android”, etc. Caratteristica, questa della “mobilità”, che - insieme a quella della a/simmetricità - genera una nuova dimensione spazio-tempo (come diceva Proust per le lettere) che sta modellando un mondo, più piccolo e più, con Baumann, “liquido”.Tempo e luogo inoltre rilevano non solo per il soggetto ricevente, oggi abitua-to ad una risposta tempestiva e spesso “anonima geograficamente”, ma anche dal punto di vista del mittente e della composizione dello scritto. Rilevanti a tal proposito possono essere le riflessioni di Pedro Salinas, il quale riguardo al tempo necessario per scrivere una lettera, notava come sia importante affidarsi al fluire delle righe, abbandonarsi alla loro andatura, al loro ritmo e lasciarsi condurre sin laddove esse sentano la necessità di arrivare. La lettera insegna all’uomo a essere generoso con il maggiore dei beni che gli sia mai stato donato: il tempo. Relativamente allo spazio evidenziava come scrivere una lettera richieda raccoglimento e concen-trazione; chi vi si accinge, dovrà appellarsi a tutta la propria capacità di concentrazio-ne, generalmente sparsa qua e là, e incanalarla tutta sul foglio bianco. Dovrà ritirarsi nel profondo della propria anima, recuperare se stesso, riconquistare il più possibile la propria individualità dispersa affinché l’altro, il destinatario, sia in grado di percepir-lo con chiarezza e di riconoscerlo con precisione25.Anche questi aspetti relativi allo spazio ed al tempo del mittente con il mezzo delle mail stanno sempre più scomparendo, il tempo divorato sia dalla fretta della risposta, in un circolo vizioso secondo il quale la possibilità di una rispo-sta più rapida si deve necessariamente accompagnare ad una risposta più rapida (frettolosa?), arrivando a contingentare i tempi della replica, della riflessione per l’icasticità espressiva, come dai correttori automatici, che predispongono per la spedizione il testo appena scritto, volendo quasi evitare la necessaria rilettura di ponderazione prima dell’invio. Il tutto in uno spazio che, lontano dal permettere una riflessione tranquilla, è spesso popolato di notifiche, suoni, da nuove mail in arrivo, messaggi, oppure qualsiasi altra distrazione può veni-re dal mondo esterno quando si scrive in mobilità.“(...) ed era assai pesante” continua l’allievo di Rilke, ed essendo improbabile che il peso fosse valutato in kilobytes anche questa caratteristica è profonda-mente mutata, con il contemporaneo scomparire nel fondo dei cassetti delle

25 PEDRO SALINAS, op. cit., pp. 75 e 86.

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“veline” per la posta aerea. Con il passaggio da un medium analogico ad un medium digitale i dati perdono il loro peso, sono dematerializzati, spesso sal-vati “nel cloud”, nella “nuvola”. Ciò porta indubbiamente ad una serie di van-taggi per la loro conservazione, riproducibilità, e modificabilità ma allo stesso tempo tale caratteristica aiuta a considerare la mail un dato: copio e incollo, inoltro, ci lavoro, ma fa perdere la materialità degli oggetti, la certezza della loro esistenza.Come si farà ad avere la certezza che tra qualche decennio i documenti creati oggi saranno sempre accessibili, oggi che vediamo come sia difficile verificare un contenuto di un floppy-disk scritto qualche lustro fa?Proprio a partire dall’esempio del floppy-disk Vinton “Vint” Cerf, uno dei padri di Internet, oggi vicepresidente di Google con la carica di Chief Internet Evangelis” (letteralmente, Evangelista-Capo di Internet) ha risposto amara-mente al dubbio della permanenza dei dati elettronici: Quando si pensa alla quantità di documenti della nostra vita quotidiana che sono salvati in forma digitale, come le nostre interazioni via mail, i tweet, e tutto ciò che fa parte del web, è chiaro che stiamo per perdere una grande parte della nostra storia.(...) Stiamo gettando con non-chalance, senza rendercene conto, tutti i nostri dati in quello che potrebbe diventare un buco nero dell’informazione. Digitalizziamo le cose perché pensiamo di preservarle ma non ci rendiamo conto che a meno che non si eseguano altre operazione, queste versioni digitali non possono essere più sicure, ed anzi possono esserlo peggio, degli oggetti che digitalizziamo (...). Se ci sono delle foto alle quali tenete, stampatele26.

Tuttavia oltre al rischio che una perdita di peso sia solo una inquietante per-dita di materialità e di sicurezza, il “peso di una lettera” è anche tutto ciò che accompagna la missiva stessa: i documenti allegati alla lettera, fotografie, scritti, oggetti.Questa è al contrario una caratteristica che, nella mail è estremamente valo-rizzata, tramite l’integrazione dei più diversi codici in un unico supporto. Il vantaggio è poi quello di non essere una multimedialità ridotta ad un primo livello, ma di potersi con facilità inserirsi nella rete globale tramite link ed ipertesti. Se prima la foto inserita nella lettera era quella, adesso con la stessa si

26 Citato in IAN SAMPLE, Google boss warns of ‘forgotten century’ with email and photos at risk, The Guardian, 13 febbraio 2015: When you think about the quantity of documentation from our daily lives that is captured in digital form, like our interactions by email, people’s tweets, and all of the world wide web, it’s clear that we stand to lose an awful lot of our history, (...) We are nonchalantly throwing all of our data into what could become an information black hole without realising it. We digitise things because we think we will preserve them, but what we don’t under-stand is that unless we take other steps, those digital versions may not be any better, and may even be worse, than the artefacts that we digitised, (...) If there are photos you really care about, print them out.

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può avviare una ricerca, posso guardare video simili, ascoltare in pochi minuti la canzone allegata e magari altre dello stesso autore, in quella dimensione aperta tipica di internet.Il superamento della dimensione lineare, rappresentata nell’immaginario dal-l’”indice del libro”, alla dimensione piana, espressa dall’hyperlink, disegna qua-si una nuova geografia mentale che salta dei punti, per provare a collegare elementi lontani fra loro27. La dimensione lineare del discorso a due, del libro, viene superata dalla dimensione reticolare di una chat con più persone (le quali non vedendosi parlano spesso “le une sulle altre”), dal reticolo dei link, del “web”, che non a caso significa ragnatela. La dimensione orizzontale e simul-tanea di internet - scrive Raffaele Mantegazza riferendosi ai “suoi” studenti - ha divorato la dimensione verticale e sequenziale del libro, precipitandovi in una vuota contemporaneità della quale siete prigionieri perché non vedete più le vie d’uscita del passato e del futuro28.

Gli allegati che hanno appesantito le lettere dello scambio tra Rilke e Klappus sono stati anche delle semplici trascrizioni dei testi poetici del poeta emergen-te, che il più celebre Rainer trascriveva all’amico sapendo quanto sia importante e istruttivo di ritrovare il proprio lavoro in una calligrafia estranea29.L’elemento della calligrafia chiara, bella e sicura della busta30 è notato da Klappus fin dalla prima osservazione della lettera, ma purtroppo rappresenta un elemento perso nella comunicazione elettronica, se non, al massimo, nella scel-ta del font, evidentemente ben altra cosa dalla grafia personale dei manoscritti. L’insigne ruolo della penna è quello di personalizzare la lettera, di rappresentare chi la scrive attribuendogli un volto i cui lineamenti fisionomici si tramutano in caratteri calligrafici31 notava al riguardo Salinas, e chissà che volti avrebbe potuto in-travvedere attraverso lo schermo lattiginoso dei PC...Inoltre Klappus accenna anche al primo impatto con l’arrivo della lettera: la scritta sulla busta, che riportava mittente e destinatario. Se queste nelle mail sono state principalmente mutuate vi è stato inserito un altro dato: l’“oggetto”, prima presente nella modellistica solo per le lettere formali e, nella maggior parte dei casi “standardizzate”. La mail non può essere spedita se non è inserito

27 In un differente contesto, Nicholas Carr, art. cit., sviluppa la tematica raffrontando l’hyper-link alle note a piè di pagina, evidenziando come “a differenza delle note a piè di pagina (...) l’hyperlink non segnalano solamente i lavori collegati, ma spingono oltre gli stessi”.

28 RAFFAELE MANTEGAZZA, Lettera a uno studente, Città Aperta Edizioni, Troina, 2008, p. 33.29 RAINER MARIA RILKE, op. cit., p. 71.30 RAINER MARIA RILKE, op. cit., p. 18.31 PEDRO SALINAS, op. cit., p. 96.

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almeno un punto o una virgola nello spazio riservato all’oggetto, e questa è un aspetto aggiunto a questa forma di comunicazione dal medium tecnologi-co. Si può ritenere che questo inserimento sia una spia della caratterizzazione produttivistica del mezzo mail: certo, è utile sapere in anticipo il contenuto di quello che stiamo andando a leggere, ma questo non ci toglie il piacere, il mistero, dell’apertura? Non ci pone in un’ottica in cui è da rilevare subito il dato necessario, e poi il resto può anche essere non letto?

Mittente e destinatario, spazio nell’andare a capo dopo la formula di appello: altra caratteristica della lettera è certamente quella di essere un testo che ri-sponde ad una sedimentata formalizzazione, ad un insieme di abitudini e in-dicazioni che vengono assimilate fin dai primi anni di studio e che definiscono uno statuto proprio della “cultura epistolare”. In questo ambito è interessan-te notare un avvicinamento dell’ambiente telematico ad una formalizzazione dello stile epistolare: la nascita della netiquette. Evoluzione di un “galateo del web”, la netiquette, neologismo tipicamente telematico, deriva dalla fusione di due parole, una di origine inglese “network” (rete), l’altra di origine francese “étiquette” (etichetta, bon ton) e indica l’insieme delle regole comportamen-tali vigenti nel cyberspazio32.La nascita di questa forma di autoregolamentazione potrebbe anche segnalare lo sviluppo di una nuova cultura della comunicazione asincrona che prova ad organizzarsi, a formalizzarsi.Ne sono alcuni esempi l’utilizzo delle emoticon33, una convenzione che può rivelarsi particolarmente utile nel dialogo on-line laddove la mancanza di in-flessione nel tono della voce ovvero l’assenza di espressioni facciali comporta l’inevitabile perdita delle sfumature emozionali che abitualmente contraddi-stinguono la conversazione orale.Altro esempio di regola di netiquette è l’evitare di scrivere con le sole lettera maiuscole, infatti ciò in Rete è considerato l’equivalente di urlare e, come tale, è ge-neralmente ritenuto una villania34.

32 MATTEO GIACOMO JORI, Netiquette, in MARIO JORI, Elementi di informatica giuri-dica, Giappichelli, Torino, 2006, pp. 101-123.

33 Ormai talmente diffuse da aver portato l’istituto dell’Oxford Dictionary a segnalare una di queste (la “faccina che piange dal ridere) come “parola dell’anno” 2015. Come si legge nelle motivazioni offerte dall’istituzione, nell’ultimo anno si è registrata una vera e propria esplo-sione dela cultura delle emoji (...) Più in generale l’emoji rappresenta l’evoluzione delle modalità e dei bisogni di comunicazione del 21esimo secolo: le emoji hanno “il pregio di essere flessibili, im-mediati ed in un certo senso belle”, tanto da diventare “una forma arricchita di comunicazione, che riesce a trascenderei confini della linguistica”. (CLAUDIO TAMBURRINO, Emoji, l’Oxford Dictionary ci ride su, Punto-informatico.it, 17 novembre 2015).

34 MATTEO GIACOMO JORI, op. cit., p. 115.

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Vi sono poi altre regole relative al mezzo, non inviare allegati di eccessive dimensioni, usare un testo non formattato, etc, come per la lettera vi erano quelle relative alle distanze da tenere dai margini del foglio... Stiamo forse davvero andando verso una nuova cultura delle mail?

La facilità di scrivere lettere - considerata puramente in teoria - deve aver portato nel mondo uno spaventevole scompiglio delle anime. È infatti un contatto con fantasmi,

e non solo col fantasma del destinatario, ma anche col proprio che si sviluppa tra le mani nella lettera che stiamo scrivendo, o magari in una successione di lettere,

dove l’una conferma l’altra e ad essa può appellarsi per testimonianza. Come sarà nata mai l’idea che gli uomini possono mettersi in contatto tra loro mediante lettere?

(Franz Kafka)35

Si era evitato finora - fedeli alle scelte metodologiche iniziali - lo svolgersi di un parallelo fra la cultura epistolare e lo strumento del social network, oggi sempre più diffuso in tutte le fasce di età. La motivazione era l’aver rintracciato in mail e chat una delle caratteristiche cardine della cultura epistolare e cioè il fatto di essere dirette a un destinatario definito da una persona determina-ta, riproducendo pertanto le forme di comunicazione “one to one”. In effetti sembra chiaro che il social network copra uno spazio autonomo rispetto alla comunicazione epistolare, uno spazio nuovo e precedentemente impensabile di comunicazione “liquida”, disegnato solo grazie ai nuovi strumenti tecnologici e prima inimmaginabile. Uno spazio che sembra tanto più improbabile quanto più si prova a ricrearlo mediante le immagini ironiche diffuse su internet delle ipotetiche chat tra Leopardi e Manzoni o fra Dante e Beatrice36, ma che si pre-senta oggi come un luogo necessario e nel quale si prova sempre più a ricostruire la complessità del mondo reale37.Tuttavia forse si potrebbe notare come il social network possa rappresentare uno sviluppo imprevedibile di alcune dinamiche secondarie della lettera. Se la vistosa metamorfosi della funzione responsiva del destinatario era dominante in passato al punto di caratterizzare fortemente lo stile epistolare - scrive Silvia Zancanella - nel ‘900 perde rilevanza e il destinatario stesso, smarriti connotati referenziali e linguistici precisi, diviene una presenza generica, fantasmatica, reinventata al di là della sua fisio-nomia reale in un gioco di specchi necessario allo scrivente per dare corpo e voce a quella che si delinea sempre più come un’alterità insita nell’identità stessa. La pagina epistolare

35 FRANZ KAFKA, Lettere a Milena, Mondadori, Milano, 1988, p. 247.36 Redazione ADNKRONOS, Dante whatsappa e Leopardi posta un selfie, pagina su poeti fa

boom su Facebook, 20 ottobre 2015. Si veda inoltre: https://www.facebook.com/seisocial-network/.

37 FRANCESCO ZAFFARANO, Perché internet vuole Mattarella su twitter, “La stampa”, 1 febbraio 2015.

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si trasforma così in una sorta di “autobiografia strisciante”, alterando gran parte dei connotati tradizionali (...) la scelta del destinatario non è fatta in base alla sua capa-cità responsiva perché, di fondo, non è su questo che si basa la scrittura epistolare38. Si porta a sostegno di questa tesi, tra gli altri, l’esempio dell’epistolario kafkiano39 nel quale l’autore non chiede a Felice null’altro che una paziente, generica disponi-bilità all’ascolto, cosa che da sola, non basta a motivare la spinta propulsiva dell’atto epistolare; un atto che vive e si nutre del tu, del suo silenzio, perché qualsiasi risposta non troverebbe ascolto e spazio in questo serrato confronto con le immagini dell’identità40. Si potrebbe dire che a questa necessità, a questo bisogno di essere ascoltati più che di ricevere una risposta, può rispondere oggi lo strumento del social net-work, che spesso è il medium di una comunicazione gettata nel vuoto o nella mera approvazione di un like o di un retweet: un’accettazione, un’approvazione più che una risposta, se non direttamente un silenzio virtuale.Ed è anche facile trovare delle assonanze tra le sempre più frequenti denunce di questo “contatto con i fantasmi” della nuova solitudine virtuale.

Molti, a quanto si racconta, furono i pareri che Thamus espresse nell’uno e nell’altro senso a Theuth su ciascuna arte, e sarebbe troppo lungo ripercorrerli; quando poi fu

alla scrittura, Theuth disse: “Questa conoscenza, o re, renderà gli Egizi più sapienti e più capaci di ricordare, poiché con essa è stato trovato il farmaco della memoria e della sapienza”. Allora il re rispose: “Ingegnosissimo Theut, c’è chi sa partorire le arti e chi

sa giudicare quale danno o quale vantaggio sono destinate ad arrecare a chi intende servirsene. Ora tu, padre della scrittura, per benevolenza hai detto il contrario di quello

che essa vale. Questa scoperta infatti, per la mancanza di esercizio della memoria, produrrà nell’anima di coloro che la impareranno la dimenticanza, perché fidandosi

della scrittura ricorderanno dal di fuori mediante caratteri estranei, non dal di dentro e da se stessi; perciò tu hai scoperto il farmaco non della memoria, ma del richiamare alla memoria. Della sapienza tu procuri ai tuoi discepoli l’apparenza, non la verità.

(Platone)41

38 SILVIA ZANCANELLA, Ribellione e ripetizione. La questione della “lettera” nel Novecento, in “Lingua e stile”, a. XXXV, n. 1, marzo 2000, p. 130.

39 Interessante è notare come questa attitudine dell’epistolario kafkiano si presenta non solo nelle lettere amorose ma anche in quelle familiari come nella Lettera al padre, relati-vamente alla quale è notato come Forse fin dall’inizio Kafka sentiva che quella lettera non era indirizzata al padre oggettivo ed esterno ma a quello soggettivo e interno: un ennesimo colloquio con uno spettro interiore, l’ennesimo litigio e processo con e da una controparte che lo opprimeva anche in sogno. Come si dice dei pazzi, insomma, Kafka “parlava da solo”: e questa lettera non sarebbe che un angoscioso soliloquio affidato alla carta scritta. (ITALO ALIGHIERO CHIUSANO, Introduzione a Lettera al padre per le edizioni Newton Compton editori).

40 MIREILLE BOSSIS, La lettre comme demande et declaration d’amour, in ANNA DOLFI (a cura di), Frammenti di un discorso amoroso nella scrittura epistolare moderna. Atti del semi-nario, Trento, 1991, Bulzoni, Roma, 1992, pp. 190-221.

41 PLATONE, Fedro [in Tutte le opere], Newton and Compton, Roma, 1992, p. 983.

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Internet è la trama delle nostre vite42, scrive il sociologo Manuel Castells, a giudizio del “The Guardian” “il Marx e il Weber del ventunesimo secolo”43, per giustifica-re la sua ricerca di un retroterra culturale e di una teoria sociologica della “rete”.Castells, che viene inserito nella corrente del cosiddetto determinismo mo-derato, rappresenta un po’ la sintesi tra i pessimisti ed i fedeli alle magnifiche sorti e progressive, come anche elemento di sintesi tra coloro che vedono nella tecnologia un monolite caduto dal cielo e chi immagina uno sviluppo tecni-co regolato e gestito dalla società44.Secondo le ricerche di questo studioso ogni transizione storica sarebbe legata allo sviluppo ed alla diffusione di un nuovo tipo di tecnologia, che compor-terebbe, all’interno di una determinata società, la riorganizzazione attorno a quest’ultima innovazione dell’intera gamma delle tecnologie disponibile, accrescendo al contempo le performance di ciascuna di esse. La tecnologia viene quindi vista, in prima istanza, come intrinsecamente portatrice di un carattere di positività per la storia dell’umanità.Tuttavia lo studioso ha comunque ben presente che è la società che deve uti-lizzare e si interfaccia con la nuova tecnologia e pertanto, usando le sue parole, le persone, le istituzioni, le imprese e la società in generale trasformano la tecnologia, qualunque tecnologia, appropriandosene, modificandola, sperimentando con essa45. Pertanto il carattere di positività che ogni tecnologia porta con sé viene, per Castells, temperato dall’orizzonte sociale ed economico di utilizzo della stessa.La società prodotta da ogni transizione deve, di conseguenza, essere pensata come il sedimentarsi dinamico, mai concluso, sempre aperto, di un duplice ordine di azioni: da un lato l’azione di rottura forte, decisa, dettata dalla nuova tecnologia, dall’altro un quadro di resistenze al mutamento, ma anche di scopi ed istanze collettive e sociali pregressi, già in atto, e che interagiscono speri-mentalmente con questa nuova tecnologia, appropriandosene, realizzandone totalmente o parzialmente le potenzialità: è pertanto il contesto a configurare il senso e la valenza storica di una innovazione tecnologica. Le nuove tecnologie hanno una natura evolutiva - con aspetti positivi e nega-tivi - più che rivoluzionaria, e, soprattutto, si agganciano a dinamiche sociali già in corso da decenni, esaltandone o limitandone alcune caratteristiche.

42 MANUEL CASTELLS, Galassia Internet, Feltrinelli, Milano, 2008, p. 13.43 Citato in PIERFRANCO PELLIZZETTI, Conflitto. L’indignazione può davvero cambiare il

mondo?, Codice edizioni, Torino, 2013, p. 77.44 Per la stesura della sezione si è debitori essenzialmente alle sintesi e riflessioni di LAU-

RA SARTORI, op. cit. e SERGIO A. DEGRADI, Informazionalismo, etica hacker e lavoro immateriale. Un percorso tra Manuel Castells, Pekka Himanen e André Gorz in MARIO JORI (a cura di), Elementi di informatica giuridica, Giappichelli, Torino, 2006, pp. 19-49.

45 MANUEL CASTELLS MANUEL, op. cit., p. 16.

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Il rapporto tra la tecnologia e gli settori sociali, mediata dalle loro pratiche quotidiane, è riflessivo, uno modifica l’altro: la mail è costruita sulla lettera, ma oggi, con l’aggiunta dell’oggetto, la possibilità di eliminare le barriere temporali questa forma cerca una propria strada. In mezzo a queste spinte c’è la società, l’utilizzatore, che deve decidere quale elemento valorizzare, quale superare.

Sarebbe in ogni caso assurdo pensare di fermarsi ad un mondo preceden-te, perché, a partire dalle critiche di Socrate alla nascita della scrittura46 la regressio ad infinitum fino a giungere al bon sauvage sarebbe troppo facile. Proprio l’esempio del re di Tebe, davanti alle proposte portategli da Theuth, dio dell’invenzione, è importante: continuare a mettere sotto vaglio critico le proposte tecniche, magari evitando sia esiti luddisti, sia di divinizzazione della tecnologia, ma mantenendo un vaglio critico sugli effetti sociali della tecnologica, che non sono predeterminati ma, come dice Castells, determi-nati dal nostro approccio con la stessa: sarebbe assurdo negare alla lettera ed alla comunicazione scritta questa sua ultima evoluzione, considerando che la trasmissione delle lettere è sempre stata stimolo per innovazioni tecniche e sempre all’avanguardia: dall’organizzazione dei messi e dei corrieri, alle corriere tra i paesi, per arrivare alla posta pneumatica fino alle trasformazioni contemporanee.

Chi scrive vive.

(Slogan pubblicitario delle poste tedesche)47

Nel titolo dell’intervento si è utilizzata l’espressione “impallidire”, impalli-dire in quanto, gli schemi costruiti dalla cultura epistolare agiscono e proba-bilmente agiranno ancora nelle nostre comunicazioni immateriali, ma pian piano ha già cominciato a venir meno tutto l’aspetto della cultura pratica, dell’attesa del postino, dell’apertura della lettera. Non si tratta probabilmen-te di un’agonia dei riti, ma uno stadio della loro continua trasformazione. come era diverso quando la posta nelle grandi città veniva consegnata più volte al giorno e come era ancora differente, prima dei francobolli, quando si racconta che, per evitare il pagamento della lettera, venissero scritte le infor-mazioni più importanti sulla busta, con una specie di oggetto ante-litteram, in modo da far evitare al destinatario il pagamento della missiva48.

46 PLATONE, op. cit. 47 Citato in ALEIDA ASSMANN, Ricordare, Il Mulino, Bologna, 2002, pg. 199.48 Tra i vari materiali sulla storia della filatelia: http://www.fsfi.it/filatelia-scuola/docu-

mentazione2/nascita%20francobollo.pdf.

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La lettera come l’abbiamo sempre conosciuta probabilmente diventerà sempre più utilizzata per informazioni commerciali ed amministrative, se non altro per il fatto che il continuo aumento del prezzo delle affrancature segna, con elevata probabilità, la fine d’un utilizzo frequente a fini personali di questo strumento49.

L’importante è forse una sola cosa: mantenere intatta la nozione di valore che ricolleghiamo a questa forma espressiva, il nocciolo duro di quella cultura. Ne Il perfetto manuale epistolare ad uso de’ segretari e de’ particolari, scritto da Domenico Milone nel 1816, nel capitolo “Riflessioni sullo stile epistolare” si può leggere: La natura stessa dee suggerire i precetti dell’arte; poiché più noi ci allon-taniamo da essa, più s’accumulano difficoltà, maggiori si richiedono precetti, e nulla mai giunge a perfezione. (...) avrebbesi dovuto soltanto dire così: sian le lettere vostre l’immagine del conversare. Il grado, la condizione, l’amicizia e tutti que’ vincoli, che uniscono l’uomo nella società, prescrivono all’animo le regole medesime. (...) La lettera dunque altro non sarebbe che una semplice, e facile, espressione del pensiero e del sentimento50.

La lettera come forma di comunicazione, indipendentemente dal medium che trasporta “l’espressione del pensiero e del sentimento” e che forse diventa essa stessa espressione del sentimento, perlomeno quando non si scrive perché si ha qualcosa da dire, ma (...) perché si vuole mantenere un certo tipo di relazione51.La scelta quindi, più che identificare internet in un “giusto mezzo”, un po’ buo-no e un po’ cattivo, evitando anche uno sterile luddismo, può essere solo in un impegno di responsabilità, per cercare lo strumento più adatto a tendere verso la corrispondenza d’amorosi sensi che costituisce essa stessa la nostra idea di lettera.Il “dar un peso” a quella comunicazione stilizzata, con qualsiasi mezzo avvenga, aiuterà quindi e soprattutto ad evitare che la digitalizzazione porti all’accumu-lo inutile di gigabyte di mail. È d’altronde lo stesso pericolo che evidenziava Goethe alle prime luci del XIX secolo: Le lettere si conservano per non leggerle più: una buona volta, poi, per discrezione, si distruggono, e svanisce così, senza che noi o altri si possa più recuperarle, il più leggiadro e spontaneo fiato di vita52.

49 Il prezzo dell’affrancatura nel periodo 2005-2015 è più che raddoppiato (da 0,45 euro a 0,95), mentre l’inflazione ha avuto in quello stesso periodo anche indici negativi, ed in generale prossimi allo zero.

50 DOMENICO MILONE, Il perfetto manuale epistolare ad uso de’ segretari e de’ particolari, presso i fratelli Reycend e Comp. libraj, Torino, 1816, pp. 7-8.

51 ROGER DUCHÊNE, Du destinataire au public, ou les métamorphoses d’une correspondance privée, in Revue d’histoire littéraire de France, janvier-février 1976, p. 36.

52 J. W. GOETHE, Le affinità elettive, Rizzoli, Milano, 1997, p. 287.

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Nella storia tutto inizia con l’atto di mettere da parte, raccogliere e rendere così “docu-menti” certi oggetti ripartiti diversamente, 53 dicono gli archivisti, e davanti all’e-voluzione che sembra infinita degli spazi di memoria è sempre più comunque il passare ore ed ore a cercare un file perso in una qualche cartella di una certa memoria esterna.È un luogo comune dire che Internet non dimentichi mai, ma la cultura digitale non ci permette di ricordare, Produciamo e pubblichiamo in rapporto a megabyte, usando piattaforme che possono scomparire in ogni momento. I nostri strumenti si rompono alla velocità di un semplice “click” e una strana nostalgia per un passato non vissuto invade i circuiti della cultura diffusa54, scrive Giselle Beiguelman.L’evoluzione attuale dei dispositivi di memoria ci permette certo di non dovere più trovarci davanti alla drammatica scelta degli amanuensi medioevali, fra il copiare un testo o l’altro per salvarlo dall’oblio, per coprire un documento già trascritto con un altro testo quando si riteneva che uno fosse più importante. Eppure sembra quasi che davanti ad una capacità di accumulo sempre mag-giore si cerchi la discrezione, la fugacità di qualcosa che scompare, come ad esempio in alcune applicazioni (dall’utilizzo controverso) che permettono di scambiarsi messaggi che dopo qualche secondo scompariranno e non sarà più possibile recuperare55.È questa forse una risposta anche ad un’epoca dove accumulare informazione è come respirare: involontario e meccanico. Non scegliamo cosa tenere, ma cosa eliminare56.

Sarebbe forse utile pertanto prendere la sfida dei nuovi mezzi tecnologici come un invito alla Destruktion delle tradizioni automatiche ed una sfida per com-piere una vera opera di “decostruzione” che possa aiutarci a trovare un nuovo senso di quello che scriviamo in quello che facciamo, in una nuova gerarchia delle “cose”57.

53 MICHEL DE CERTEAU, L’écriture de l’histoire, Gallimard, Paris, 1975, p. 84.54 GISELLE BEIGUELMAN, Corrupted memories: the aesthetics of digital ruins and the museum

of the unfinished, in BARRANHA HELENA, MARTINS S. SUSANA (a cura di), Uncer-tain spaces - virtual configurations in contemporary art and museum, edito in formato digitale da Instituto de historia de arte, Faculdade de Ciencias Socials e Humanas-Universidade Nova de Lisboa, Lisbon, 2015, pp. 66-67.

55 Si fa riferimento soprattutto all’applicazione SNAPCHAT, ma anche ad altri servizi di messaggistica che hanno implementato questa possibilità tra i loro servizi, come il dif-fuso TELEGRAM.

56 DOMENICO QUARANTA (a cura di), Collect the WWWorld. The Artists as Archivists in the Internet Age, LINK Editions, Brescia, 2011, p. 8.

57 MAURIZIO FERRARIS, Derrida e la decostruzione, La Repubblica, Torino, 2011, p. 12: (...) decostruire, per Derrida, non significa semplicemente smontare quello che ci è stato consegnato dalla tradi-zione, ma significa mostrare che cosa c’è dietro alle varie gerarchie che stanno all’interno del nostro mondo.

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Nei momenti di relativa opulenza è necessario sforzarsi per dare un senso alle “cose” alle quali, nei momenti di minor agio, il “valore” era dato natu-ralmente per la natura stessa della situazione. Questo “dare un senso” è forse l’attività principe dell’uomo, che l’ha accompagnato da sempre durante lo sviluppo delle forme economiche e sociali: dare un “valore” non solo econo-mico e d’uso ma anche simbolico e culturale agli oggetti naturali o che lui stesso. È una sfida impegnativa, ma una sfida che ci caratterizza in quanto uomini e la cui risposta potrà dirci davvero chi siamo oggi e cosa potremo essere un domani. La responsabilità di questa scelta è nostra.Si domanda al riguardo Castells: Chi sono gli attori? Noi potremmo essere ancora più noi, il popolo, voi e io, a costruire sulla nostra responsabilità individuale, come esseri umani informati, consapevoli dei nostri doveri, fiduciosi nei nostri progetti. In realtà, solo se voi, e io, e tutti gli altri, siamo responsabili di ciò che facciamo e ci sentiamo responsabili di ciò che succede intorno a noi, la nostra società può controllare e guidare questa creatività tecnologica senza precedenti58.

L’accumulo irrazionale ed inutile, la mancanza di una gerarchizzazione dell’importanza è forse quello che resta come grande pericolo della comuni-cazione virtuale, come d’altronde era anche il grande pericolo della comuni-cazione epistolare, senza il colore dei francobolli, ma senza, forse, il pericolo di vedere le nostre missive perse in un qualche ufficio  postale di periferia, senza il peso ed il frusciare della carta, ma con sempre la stessa emozione prima dell’apertura: che sia accompagnata dal suono della rottura della busta o di un click del mouse.

(...) si può essere fedeli alle cose solo se sono disposte inun ordine gerarchico. In caso contrario (...) troviamo solo un

“cumulo d’immagini infrante, dove batte il sole”59

(Czesłav Miłosz)

58 MANUEL CASTELLS, op. cit., p. 262.59 MIŁOSZ CZESŁAV, La testimonianza della poesia, Adelphi, Milano, 2013, p. 100.

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Gli autori ringraziano il prof. Mario Baldoli e il gruppo 2009per il coinvolgimento nell’iniziativa.

Si ringraziano, inoltre, il Referente del Servizio Biblioteche dott. Ennio Ferraglio, la dott.ssa Maddalena Piotti, funzionario responsabile dei servizi di reference e prestito interbibliotecario, la dott.ssa Santuzza Mille dell’Ufficio Riproduzioni della Biblioteca Civica Queriniana di Brescia.

Paola Bonfadinipaleografa, specialista in storia dell’arte e delle arti minori, si occupa partico-larmente dello studio e della valorizzazione relativi al Libro antico miniato e alla pittura lignea d’arredo. È membro della Società Internazionale di Storia della Miniatura e insegna materie letterarie e latino nei Licei.

Marco Castellistudente di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Brescia e appas-sionato delle problematiche legate all’informatizzazione della società.

Gaetano Cinquescrittore, docente e preside nei Licei di Stato di Brescia. Le sue ultime opere, sono: Lettere da Trieste 1937-1940 (2013); Tess, amica mia. Storia di un cane e della sua anima (2015), Cercando l’Antica madre (2015), pubblicate con Europa Edizioni.

Quando avete ricevuto l’ultima lettera scritta a mano?

Noi viviamo oggi una terza grande rivoluzione,dopo quella neolitica e industriale: la rivoluzione digitale.Essa trasforma il nostro modo di vivere, di pensare,di parlare, di ricordare, di comunicare, di sognare,col fine di integrare uomo e robot.

Considerando la valanga multimediale che produciamoogni giorno sui social network, come facciamoa scegliere cosa archiviare?E se tutto fosse distrutto da un errore di sistemao da un blocco del prodotto?Come accettare un’informazione così instabilee frammentaria prodotta da noi e su di noi?Sono tutte queste informazioni davvero rilevanti?E cosa potremmo fare se improvvisamentediventassero irraggiungibili?

(Giselle Beiguelman)

Euro 12,00

ISBN 978-88-906399-8-2