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1 UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI MILANO Facoltà di Scienze Linguistiche e Letterature Straniere Corso di Laurea in Lingue Straniere per le Relazioni Internazionali Anno Accademico 2011-2012 LE “MONTAGNE RUSSE”, OVVERO LE RELAZIONI NATO-MOSCA Relazione per il corso Regional Studies “La Russia nelle relazioni internazionali” della Prof. Serena Giusti Marco Boscariol (matr. 4008904) Per iniziare a parlare delle relazioni NATO-Russia bisogna subito sottolineare come queste facciano parte dell'insieme ben più ampio dei rapporti tra Russia ed Occidente. Seguendo un percorso a “montagne russe”, la NATO ha avuto un primissimo ruolo nelle relazioni russo- occidentali ed ironia della sorte, l'Alleanza è una delle poche istituzioni occidentali che ha creato dialogo (volontariamente o non) su questioni politico-militari e di sicurezza (in particolare europea) con la Russia. Dopo la caduta del Muro di Berlino (1989) ed il collasso dell'Unione Sovietica (1991), l'ideologia liberale uscita vincitrice della guerra fredda sembrava ormai dover guidare anche il futuro dell'Alleanza Atlantica: la NATO, da alleanza militare, sarebbe dovuta diventare un'istituzione internazionale “civilizzatrice” dei Paesi dell'Europa Centro-Orientale, ovvero avrebbe dovuto accompagnare la transizione democratica di questi Paesi (e perchè no, anche della Russia) 1 . Entrare nella NATO (e nell'UE) era dunque considerato da molti Paesi della “New Europe” come un ulteriore incentivo per procedere alle riforme politiche ed economiche di transizione verso regimi liberal-democratici. I primi anni '90, guidati dal vittorioso idealismo liberale, sembravano confermare questo nuovo ruolo della NATO e dell'UE (o più in generale dell'Occidente) capaci di poter integrare la Russia nella grande “casa comune europea”. I primi progetti di allargamento della NATO nel 1993- 1994 hanno però subito smorzato gli animi degli ottimisti. La successiva guerra in Kosovo del 1999 1 Esperienza non proprio nuova per la NATO che ha visto accedere al suo interno Paesi con un passato politico autoritario come Italia (1949), Germania (1955) e Spagna (1982).

Le \"montagne russe\", ovvero le relazioni NATO-Mosca

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UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI MILANO

Facoltà di Scienze Linguistiche e Letterature Straniere

Corso di Laurea in Lingue Straniere per le Relazioni Internazionali

Anno Accademico 2011-2012

LE “MONTAGNE RUSSE”, OVVERO LE RELAZIONI

NATO-MOSCA

Relazione per il corso Regional Studies “La Russia nelle relazioni internazionali”

della Prof. Serena Giusti

Marco Boscariol (matr. 4008904)

Per iniziare a parlare delle relazioni NATO-Russia bisogna subito sottolineare come queste

facciano parte dell'insieme ben più ampio dei rapporti tra Russia ed Occidente. Seguendo un

percorso a “montagne russe”, la NATO ha avuto un primissimo ruolo nelle relazioni russo-

occidentali ed ironia della sorte, l'Alleanza è una delle poche istituzioni occidentali che ha creato

dialogo (volontariamente o non) su questioni politico-militari e di sicurezza (in particolare europea)

con la Russia.

Dopo la caduta del Muro di Berlino (1989) ed il collasso dell'Unione Sovietica (1991),

l'ideologia liberale uscita vincitrice della guerra fredda sembrava ormai dover guidare anche il

futuro dell'Alleanza Atlantica: la NATO, da alleanza militare, sarebbe dovuta diventare

un'istituzione internazionale “civilizzatrice” dei Paesi dell'Europa Centro-Orientale, ovvero avrebbe

dovuto accompagnare la transizione democratica di questi Paesi (e perchè no, anche della Russia)1.

Entrare nella NATO (e nell'UE) era dunque considerato da molti Paesi della “New Europe” come un

ulteriore incentivo per procedere alle riforme politiche ed economiche di transizione verso regimi

liberal-democratici.

I primi anni '90, guidati dal vittorioso idealismo liberale, sembravano confermare questo

nuovo ruolo della NATO e dell'UE (o più in generale dell'Occidente) capaci di poter integrare la

Russia nella grande “casa comune europea”. I primi progetti di allargamento della NATO nel 1993-

1994 hanno però subito smorzato gli animi degli ottimisti. La successiva guerra in Kosovo del 1999

1 Esperienza non proprio nuova per la NATO che ha visto accedere al suo interno Paesi con un passato politico

autoritario come Italia (1949), Germania (1955) e Spagna (1982).

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sarà la causa di una ancora più profonda crisi nei rapporti NATO-Russia che sfocerà

nell'interruzione dei contatti all'interno del NATO-Russia Permanent Joint Council (PJC) istituito

giusto un anno prima. Gli avvenimenti dell'11 settembre 2001 hanno invece dato una svolta pro-

occidentale alla politica estera russa (forse, come vedremo, in ottica strumentale) e di conseguenza

la cooperazione NATO-Russia si è maggiormente istituzionalizzata. Questa nuova

“istituzionalizzazione” dei rapporti non ha però potuto evitare la crisi del 2008 con la guerra

nell'Ossezia del Sud. Questo conflitto ha mostrato con molta chiarezza come l'allargamento della

NATO ad Ucraina e Georgia possa provocare gravi problemi nei rapporti tra l'Alleanza e Mosca.

Dopo questa velocissima “carrellata” dei rapporti NATO-Russia si può facilmente notare

come queste relazioni siano sempre state altalenanti: dall'ottimistico periodo liberale alla crisi del

Kosovo, dal riavvicinamento post 11 Settembre alla guerra in Georgia. Tenendo sempre a mente

che l'instabilità delle relazioni sia l'elemento “più stabile” dei rapporti NATO-Russia, cerchiamo di

approfondire maggiormente le tappe fondamentali dei rapporti tra Mosca e l'Alleanza Atlantica.

Dalla fine della guerra fredda alla fine delle illusioni

La fine della guerra fredda e della conseguente contrapposizione est/ovest nel sistema politico

internazionale è stato sicuramente il più grande cambiamento per l'architettura della sicurezza

europea2. Dopo la caduta del Muro, l'allora Unione Sovietica fece solo accordi informali con

l'Occidente per assicurarsi che la NATO non si espandesse ad Est3. Curiosamente, la prima riunione

del North Atlantic Cooperation Council (NACC)4 avvenne in contemporanea con l'ultima riunione

dei leader politici sovietici in cui si dichiarava il dissolvimento dell'URSS5. Nel 1992, all'apice dei

successi del pensiero “pro-occidentale” all'interno della Russia (che all'epoca era occupata con le

prime liberalizzazioni e privatizzazioni), leader politici come Boris Yeltsin sostenevano persino la

possibilità di poter entrare a far parte della NATO.

Il “pensiero democratico” era all'epoca l'unica ideologia uscita vincitrice dalla guerra fredda e

2 Stranamente però la guerra fredda riusciva a creare un contesto di sicurezza “comune” con delle regole condivise (a

unity of opposites): si pensi alle dottrine del containment e della deterrenza nucleare, all'Ostpolitik o all'istituzione

della CSCE (Conference on Security and Cooperation in Europe).

3 Successivamente molti in Russia accuseranno la NATO di aver violato questi accordi informali raggiunti nei

colloqui per l'unificazione tedesca. L'iniziale posizione russa sulla sicurezza europea nel dopo guerra fredda,

espressa dal Ministro degli Esteri Andrei Kozyrev, era quella di un nuovo sistema di sicurezza basato sulla CSCE

(Conference on Security and Cooperation in Europe) e la subordinazione della NATO alla stessa nuova

organizzazione (diventata poi l'OSCE attuale). Ovviamente la NATO non ha mai accettato questa proposta.

4 Il NACC nasce da un'iniziativa USA ed includeva i Paesi NATO, quelli dell'Europa Centro-Orientale e le ex

repubbliche sovietiche (in pratica il NACC coincideva con la CSCE). Le decisioni del NACC venivano prese su basi

multilaterali e suo obiettivo era quello di creare “a new post-Cold War area of security from Vancouver to

Vladivostok”. Il NACC verrà sostituito nel 1997 dall'Euro-Atlantic Partnership Council che correntemente conta 50

Paesi tra membri NATO e Paesi Partner.

5 Verso la fine del primo meeting del NACC, l'ambasciatore sovietico annunciò che l'Unione Sovietica non esisteva

più e che lui ormai rappresentava la Federazione Russa.

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la Russia non aveva in fin dei conti nessun motivo per non accettare e integrarsi al predominio

occidentale. Sfortunatamente proprio dopo il 1992 la Russia iniziò a subire un tracollo economico e

le tensioni politiche crescettero all'interno del Paese. Complice anche il fatto che gli stessi governi

occidentali della NATO non riuscivano ad adattarsi al nuovo contesto geopolitico post guerra fredda

(sentimenti “russofobici” impedivano un avvicinamento tra NATO e Mosca), la Russia, per dirla

con le parole di Lilia Shevtsova6, scelse un paradigma “marxista” per le riforme di transizione di

regime: dare la priorità allo sviluppo di un economia di mercato a discapito della costruzione di

stabili istituzioni democratiche.

Attorno a metà degli anni '90 (1993-1994) il periodo “idealistico” delle relazioni NATO-

Russia si concluse per dar spazio ai primi scontri-dibattiti sull'allargamento dell'Alleanza ad Est. La

NATO viveva un periodo di “crisi d'identità” che minacciava la sua unità interna: la dissoluzione

dell'URSS minava infatti l'Alleanza della sua missione originale, ovvero la difesa collettiva contro

una minaccia militare esterna. L'Europa, proprio in quel periodo7, iniziò a progettare delle vie

alternative alla propria sicurezza. La NATO, per non rischiare di scomparire, doveva darsi delle

nuove missioni e quella dell'allargamento ad Est fu subito scelta come la via per evitare il

dissolvimento nel nuovo scenario internazionale. Inoltre, i Paesi dell'Europa Centro-Orientale

avevano difficoltà nella transizione democratica dei loro regimi: le sconfitte dei partiti di destra alle

elezioni in Ungheria e Polonia minacciavano l'avanzare delle riforme liberal-democratiche in questi

Paesi. Entrare nella NATO (e successivamente nell'UE) era vista come la migliore strada per

incanalare nella giusta direzione i processi di riforma essenziali per integrare a pieno titolo questi

Paesi nell'Occidente liberale8.

L'allargamento NATO è stato (forse retoricamente9) guidato da argomentazioni liberali con

cui si rassicurava la Russia del fatto che l'espansione ad Est non avrebbe minacciato la sua

sicurezza, ma che anzi era nei suoi interessi avere vicino alle sue frontiere dei Paesi stabili e

democratici (requisiti essenziali per entrare a far parte della NATO). Mosca non ha mai creduto

troppo a queste argomentazioni e ha cercato in tutti i modi di “limitare i danni” della prima ondata

di espansione ad Est dell'Alleanza (limitare e rallentare l'allargamento erano le sue uniche opzioni

6 Cit. in Sergei Medvedev e Igor Tomashov, “Nato and Russia in the Post-Wall Europe”, in Nato in the 60

th

Anniversary of the North Atlantic Treaty, (a cura di) Andrea Carati e Carlo Frappi, Milano, Franco Angeli, 2009, p.

219.

7 Vedi il Trattato di Maastricht firmato nel 1992.

8 Sull'influenza e le pressioni delle lobby Est-europee in merito all'allargamento NATO, in particolare nella politica

statunitense, si veda James M. Goldgeier, Not Whether But When: The U.S. Decision to Enlarge NATO, Washington

D.C., The Brookings Institution Press, 1999.

9 Ho avuto modo di illustrare nella mia tesi di laurea triennale (L'allargamento NATO del 1999: teorie a confronto.

Relatore Prof. V. E. Parsi, Correlatore Prof. E. Fassi) l'uso retorico delle argomentazioni liberali e la presenza di una

“squadra russofobica” nella politica USA che ha contribuito all'allargamento NATO del 1999.

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date le allora evidenti condizioni di inferiorità nel sistema internazionale).

Per procedere con l'allargamento, la NATO aveva bisogno di strumenti istituzionali più

flessibili rispetto al NACC, strumento multilaterale che non poteva differenziarsi negli approcci con

alcuni Stati dell'ex blocco sovietico rispetto ad altri. Nasce dunque nel gennaio del 1994 la

Partnership for Peace (PfP) che vede subito nel proprio programma i Paesi dell'Europa Centro-

Orientale. La Russia firmerà il PfP Framework Document solo alcuni mesi dopo la sua istituzione e

programmò il proprio piano individuale di partecipazione (caratteristica peculiare della PfP) solo

nel 1995, quando ormai la PfP aveva già avviato le prime fasi per vagliare le candidature dei

possibili futuri Stati membri10

.

Le trattative politiche11

tra NATO e Russia in merito all'allargamento ad Est dell'Alleanza

durarono dal 1994 al 1997 e si conclusero con la firma del Founding Act on Mutual Relations,

Cooperation and Security between NATO and Russia12

nel maggio del 1997 a Parigi (poco prima

del summit NATO del luglio dello stesso anno in cui si invitavano Repubblica Ceca, Ungheria e

Polonia agli accession talks per diventare membri NATO). A seguito fu creato il NATO-Russia PJC

(Permanent Joint Council), un foro di consultazione il cui obiettivo principale era “to build

increasing levels of trust, unity of purpose and habits of consultation and cooperation between

NATO and Russia, in order to enhance each other's security and that of all nations in the Euro-

Atlantic area and diminish the security of none”13

. Il Founding Act era la contropartita che

l'Alleanza concedeva per l'allargamento ad Est, ma l'espansione NATO era certamente una sconfitta

per Mosca dal punto di vista geopolitico. Completamente dipendente dall'Occidente (in particolare

economicamente a causa delle sue esportazioni di materie prime), la Russia non aveva le capacità

politiche per andare oltre l'uso retorico di un'eventuale “ri-sovietizzazione” della propria politica

estera e di difesa14

.

10 La Russia parteciperà alla PfP con l'obiettivo di poter raggiungere una cooperazione che potesse andare anche al di

fuori della PfP stessa. Nella primavera del 1995 (unico caso tra tutti i membri della PfP), la Russia ottenne infatti

uno status speciale (“16+1”) all'interno del North Atlantic Council and Political Committe. Cit. in Julianne Smith,

“The NATO-Russia Relationship. Defining Moment or Déjà Vu?”, novembre 2008, co-pubblicazione del CSIS

(Center for Strategic & International Studies) e dell'IFRI (Institut Français des Relations Internationales), p. 3.

11 Le condizioni essenziali perchè la Russia potesse accettare l'allargamento erano il non-stazionamento di truppe

alleate sul territorio dei nuovi membri NATO ed il non dispiegamento sullo stesso di armi nucleari. La NATO

accettò queste condizioni, sebbene con qualche riserva.

12 Il Founding Act era un accordo intergovernativo e la sua forma giuridica non prevedeva processi di ratificazione.

Questo permetteva a Boris Yeltsin di non dover confrontarsi con la Duma (risparmiandoli eventuali scontri politici

interni) ed inoltre l'accordo garantiva all'Occidente il fatto che la Russia non avrebbe avuto nessun potere di veto

sulle decisioni NATO.

13 Founding Act on Mutual Relations, Cooperation and Security between NATO and the Russian Federation, Parigi, 27

maggio 1997, www.nato.int.

14 Sotto un altro punto di vista si potrebbe affermare che è stato proprio l'allargamento NATO ed il relativo dibattito

con Mosca a permettere la creazione nel 1997 di un primo foro ufficiale di dialogo tra la Russia e la NATO. In realtà

però le questioni di “dialogo” venivano spesso presentate come un “dato di fatto” e il PJC aveva più un valore

simbolico che pratico.

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Contemporaneamente alle trattative per l'allargamento, scoppiò la guerra in Bosnia. Il

conflitto etnico nei Balcani sembrava dover inizialmente spingere a collaborare insieme NATO e

Russia. Quando però l'Alleanza condusse i primi bombardamenti aerei contro i Serbo-Bosniaci

nell'autunno del 1995, Mosca esprimette malcontento per i fatti avvenuti. Nonostante ciò, la Russia

appoggiò gli accordi di pace di Dayton e nel 1996 inviò truppe in Bosnia per partecipare

all'Implementation Force (IFOR), rivelandosi in realtà uno dei partner più importanti.

Dalla crisi in Kosovo al dopo 11 settembre

La guerra in Kosovo (ultima guerra del ventesimo secolo svoltasi in Europa), oltre che ad

essere un evento simbolico importante nelle relazioni NATO-Russia, è stata anche un banco di

prova per comprendere le implicazioni del nuovo ordine mondiale venutosi a istituire dopo la fine

della guerra fredda.

Dopo il 1989 i Balcani, al contrario dell'Europa Centro-Orientale, non seguirono la

transizione post-comunista verso la democrazia e le istituzioni occidentali come la NATO e l'UE. Il

conflitto venutosi a creare in Kosovo sembrava però inevitabilmente chiamare all'appello proprio

quelle due istituzioni che fanno dell'Idealpolitik il loro paradigma di riferimento politico. In realtà

dietro alle motivazioni di intervento umanitario c'erano anche strategie ed interessi da Realpolitik: la

NATO era alla ricerca di un proprio ruolo nello scenario post-guerra fredda (e di un chiaro nemico);

gli USA cercavano di rafforzare il loro ruolo nelle relazioni transatlantiche, indebolite dal Trattato

di Amsterdam e dall'arrivo dell'Unione Monetaria Europea; l'UE ed i suoi Stati membri erano

preoccupati dal possibile flusso migratorio di milioni di rifugiati kosovari15

.

Ancor prima della prima riunione del PJC, le relazioni NATO-Russia erano già diventate

instabili. La NATO aveva fatto pesanti dichiarazioni in merito ai combattimenti nell'Ex Repubblica

Federale della Jugoslavia e la Russia, per il timore di un intervento unilaterale dell'Alleanza,

utilizzò la prima riunione del PJC per affermare il proprio disappunto su qualsiasi azione militare

intrapresa senza l'avallo dell'ONU. Data però la debolezza della Russia, la NATO ignorò gli

avvertimenti e nell'ottobre del 1998 il North Atlantic Council (NAC) autorizzò “limited air strikes”

e una “phased air campaign” se le autorità jugoslave si fossero rifiutate di aderire alla Risoluzione

1199 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU16

. L'Alleanza ha “formalmente” consultato la Russia in

merito alla situazione in Kosovo, ma come ha sempre più volte sottolineato, Mosca non aveva

nessun diritto di veto (o di opinione)17

.

15 Sergei Medvedev e Igor Tomashov, “Nato and Russia in the Post-Wall Europe”, in op. cit., p. 222.

16 Cit. in Julianne Smith, “The NATO-Russia Relationship. Defining Moment or Déjà Vu?”, op. cit., p. 4.

17 Inoltre, proprio nel periodo del conflitto nei Balcani, l'Alleanza iniziava a discutere la possibilità di trasferire il suo

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Il 23 marzo del 1999 la NATO lanciò l'operazione militare alleata contro la Repubblica

Federale della Jugoslavia. Nello stesso giorno la Russia sospese le sue relazioni con la NATO e

ritirò tutte le sue delegazioni dall'Alleanza. Dopo quattro mesi la Russia ritornerà a stabilire rapporti

con la NATO18

, ma con il chiaro obiettivo di influenzare in prima persona la situazione in Kosovo.

In realtà, come per la Bosnia, Mosca dimostrerà di avere un ruolo costruttivo per la gestione del

conflitto: l'ex primo ministro russo Viktor Chernomyrdin sarà una figura fondamentale per i

negoziati di pace e nell'estate del 1999 Mosca invierà forze di peace-keeping in supporto alla

NATO's Kosovo Force (KFOR). Ovviamente tutti questi contributi russi erano guidati anche

dall'interesse di fare in modo che l'attuazione degli Accordi di Dayton per la Bosnia ed i futuri

accordi di pace per il Kosovo non pregiudicassero il popolo serbo.

Con l'avvento della Presidenza di Vladimir Putin (31 dicembre 1999) la Russia intraprende la

sfida di adattarsi alla globalizzazione del nuovo millennio, mostrando la volontà di cambiare le

proprie visioni e strategie in politica estera e di sicurezza. Cercando una riappacificazione con

l'Occidente, Putin lancia l'idea di una possibile futura membership russa nella NATO19

. Il 5 marzo

del 2000 (un mese dopo la visita del Segretario Generale della NATO, Lord Robertson, a Mosca)

Putin disse alla BBC che non vedeva il perchè la Russia non sarebbe potuta entrare a far parte della

NATO (ovviamente sotto certe condizioni). La risposta dell'Alleanza fu che la membership della

Russia “non era sull'agenda” e nel giro di qualche giorno, sotto la spinta anche degli Ufficiali

militari, Putin ritirò le sue precedenti affermazioni dichiarando che avevano solo carattere

ipotetico20

. Da questo momento in poi la politica estera russa avrà come dottrina semi-ufficiale il

“mondo multipolare”, ovvero Mosca cercherà di rimarcare sempre lo status di “centro” nel nuovo

ordine multipolare (visione in contrasto all'unipolarismo USA), ma comunque cercherà di farsi

accettare contemporaneamente dalle istituzioni occidentali come la NATO.

Dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, la Russia e l'Occidente si trovarono uniti

a fronteggiare una minaccia comune: il terrorismo internazionale. La NATO dovette cambiare il

proprio modo di operare e di organizzarsi per poter meglio affrontare le nuove minacce globali, ma

tutto questo non avvenne immediatamente: gli USA infatti non utilizzeranno subito le strutture

militari della NATO nel loro intervento in Afghanistan. La Russia, data la sua posizione geopolitica

quartier generale da Rendsburg (Germania) al Nord della Polonia, cosa che la NATO aveva esplicitamente promesso

alla Russia di non fare.

18 La prima riunione del PJC dopo la crisi del Kosovo avverrà però sotto la presidenza Putin.

19 Le iniziali spinte pro-NATO di Putin dipendevano molto anche da fattori domestici. La guerra in Cecenia stava

dimostrando la debolezza delle forze armate russe e l'affondamento del sottomarino nucleare russo Kursk

nell'agosto del 2000 era la dimostrazione che la Russia aveva bisogno della cooperazione internazionale se non

voleva ricorrere in altri di questi tragici fallimenti. Proprio per questo la cooperazione con l'Occidente non poteva

che iniziare dalla cooperazione con la NATO.

20 Sergei Medvedev e Igor Tomashov, “Nato and Russia in the Post-Wall Europe”, in op. cit., p. 224.

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e le sue vecchie esperienze di guerra nella regione, diventava invece un partner essenziale per poter

meglio implementare le operazioni militari in Afghanistan.

Per Putin gli attacchi terroristici del 2001 erano l'occasione per un riavvicinamento tra la

Russia e l'Occidente, ma anche per cercare di ottenere qualche beneficio: per esempio classificando

i ribelli ceceni come terroristi poteva finalmente sperare che l'Occidente avrebbe smorzato le

critiche sulle operazioni militari russe condotte in Cecenia. In effetti la Casa Bianca fece

successivamente rientrare la guerra in Cecenia nella grande categoria della “war on terror”.

Mosca non fece obiezioni allo stazionamento di truppe americane in basi aeree nell'Asia

Centrale per i preparativi di guerra in Afghanistan del 2001, ma anzi Putin compì numerosi gesti

simbolici di apertura verso l'Occidente, gli USA e la NATO21

. Nel novembre 2001, complici gli

attentati del settembre 2001 ed il crescente ruolo della Russia nelle sfide globali, Tony Blair propose

di trasformare le relazioni NATO-Russia in modo da poter coinvolgere più attivamente Mosca nelle

discussioni all'interno dell'Alleanza (in particolare per questioni come la guerra al terrorismo e la

proliferazione delle armi di distruzione di massa). L'idea era l'istituzione di un nuovo Russia-North

Atlantic Council in cui i 20 governi (quelli NATO più quello russo) avrebbero discusso su una

varietà di questioni di sicurezza da “eguali” (cosa che non avveniva all'interno del Permanent Joint

Council). Sebbene questa idea non fu subito accettata perchè troppo radicale22

, aprì le discussioni

per il progetto di riforma dei rapporti NATO-Russia che porteranno, con la New Quality

Declaration promulgata nel summit NATO in Italia del 28 maggio 2002, all'istituzione del nuovo

NATO-Russia Council (NRC). Operando con il principio del consenso che doveva essere raggiunto

tra i Paesi NATO e la Russia (non più quindi utilizzando il formato “NATO+1”), il NRC

comprendeva un'ampia gamma di questioni e rafforzava la trasparenza militare.

Certamente il NRC è servito come “contropartita” per il successivo allargamento della NATO

ad Est, ma comunque questo strumento ha lasciato ancora delle zone d'ombra nei rapporti NATO-

Russia come la guerra USA in Iraq. La Russia (come Francia e Germania) si è opposta alla guerra

ed ha seguito la sua idea di un nuovo mondo multipolare23

.

I successivi progetti revisionisti di Putin (rieletto per il suo secondo mandato nel marzo 2004)

di un “autoritarismo pro-occidentale” e di “democrazia sovrana” porteranno la politica estera di

Mosca ad essere meno pronta a supportare l'Occidente, ma anzi a mettere sempre più in discussione

21 Nel 2001 la Russia si ritirò dalle basi militari di Cam Rahn (Vietnam) e di Lourdes (Cuba) e si rese maggiormente

disposta ad accettare la seconda fase dell'allargamento NATO ad Est. Inoltre, nonostante il ritiro degli USA

dall'ABM (Anti-Ballistic Missile) Treaty nel dicembre 2001, Putin affermò come questo non minacciasse la

sicurezza della Russia. Vedi Sergei Medvedev e Igor Tomashov, “Nato and Russia in the Post-Wall Europe”, in op.

cit., p. 225.

22 In particolare si opporranno inizialmente gli USA ed i Paesi dell'Europa Centro-Orientale.

23 Francia e Russia (con il supporto della Germania) hanno bloccato in seno all'ONU la risoluzione che legittimava

l'uso della forza in Iraq, creando una delle più grandi crisi nella storia delle relazioni transatlantiche.

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il suo dominio e la sua legittimità nello scenario internazionale (in particolare a causa delle

preferenze USA all'intervento unilaterale).

La nuova politica estera russa e la crisi in Georgia

Nel secondo mandato di Putin si assiste ad un forte arretramento nelle aperture verso

l'Occidente e verso la NATO. Contemporaneamente alla sua rielezione, la NATO si è allargata a

nuovi sette Stati membri (compresi i 3 Stati Baltici)24

. Proprio sul territorio degli Stati Baltici la

NATO iniziò subito a compiere pattugliamenti aerei con i propri F-16. Il Presidente russo, irritato,

chiese che i nuovi Stati membri dell'Alleanza si adeguassero al Conventional Forces Treaty

(adottato al Summit OSCE di Istanbul nel novembre 1999) in modo che si evitasse qualsiasi sorta di

“strategic grey area”25

. Putin nel suo secondo mandato arriverà a riferirsi in merito alla

dissoluzione dell'Unione Sovietica come ad “una tragedia nazionale di immense proporzioni” e

definirà gli USA come “arroganti, ipocriti e colpevoli di intraprendere azioni militari

irresponsabili”26

. Da parte Occidentale, sempre più ONG e policymakers hanno invece espresso

verso la Russia serie perplessità in merito all'arretramento delle riforme democratiche, alle

violazioni dei diritti umani e alla natura “autoritaria” del governo di Mosca (senza contare le

critiche verso il “divide et impera” russo nei confronti dell'Europa Centro-Orientale).

Nonostante l'istituzione del NATO-Russia Council27

, dal 2003 le relazioni tra le due parti sono

andate peggiorando ed in particolare il gap tra la cooperazione politica e quella tecnica è

aumentato. Dal punto di vista della cooperazione politica, Mosca continua a rapportarsi alla NATO

come ad un avversario, poiché le esercitazioni militari nello spazio post-sovietico, le possibilità di

allargamento ad Ucraina e Georgia ed i piani USA per installare strumenti di difesa missilistica in

Polonia e Repubblica Ceca sono tutti elementi che la Russia giudica come minacce alla propria

sicurezza e come tentativo di accerchiare il Paese. Sul versante della cooperazione tecnica le cose

sembrano invece procedere con gradi di maggiore ottimismo e fiducia. Con l'istituzione del NRC si

24 Estonia, Lettonia e Lituania sono entrati a far parte della NATO il 29 marzo 2004 insieme a Bulgaria, Romania,

Slovacchia, Slovenia. Albania e Croazia entreranno nell'Alleanza il 4 aprile 2009.

25 Cit. in Julianne Smith, “The NATO-Russia Relationship. Defining Moment or Déjà Vu?”, op. cit., p. 9.

26 L'apice delle accuse verso gli USA, la NATO e l'OSCE avverrà nell'annuale Munich Security Conference del

febbraio 2007. Davanti a 350 tra Capi di Stato ed esperti europei ed americani (compreso il segretario alla difesa

USA Robert Gates), Putin espresse una feroce critica al “momento unipolare” e sottolineò il nuovo approccio russo

alla democrazia, al diritto internazionale ed all'uso della forza.

27 Il NRC è uno strumento burocratico complesso che include più di venti comitati e gruppi di lavoro di esperti su

questioni problematiche come il terrorismo internazionale, la non proliferazione delle armi di distruzioni di massa

(WMD), il controllo delle armi convenzionali, il traffico di droga, la difesa missilistica, il controllo aereo, la

cooperazione militare, la gestione delle crisi e delle emergenze civili, il salvataggio in mare, etc. Inoltre le riunioni

del NRC, a differenza del PJC, vengono presiedute dal Segretario Generale dell'Alleanza ed i ministri degli esteri e

della difesa si incontrano due volte l'anno (gli ambasciatori invece si incontrano mensilmente). Con il NRC, la

Russia non ha ricevuto nessuna garanzia di sicurezza, poiché l'articolo 5 dell'Alleanza non viene menzionato nei

documenti istitutivi.

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sono tenute simulazioni ed esercitazioni congiunte e la cooperazione riguarda tematiche come il

terrorismo, la difesa missilistica, la gestione di incidenti nucleari ed il salvataggio in mare. Tappe

fondamentali nella cooperazione tecnica sono state: nel 2004 l'adozione del NATO-Russia Action

Plan on Terrorism; dal 2006 la partecipazione russa all'Operation Active Endevour (OAE),

l'operazione antiterrorismo NATO nel Mar Mediterraneo; lo sviluppo della Cooperative Airspace

Initiative, strumento che rafforza la cooperazione NATO-Russia sulla sorveglianza dei cieli e la

coordinazione del traffico aereo; nel 2005 operazioni congiunte tra Russia e NATO hanno permesso

il salvataggio del batiscafo russo AS-28; nel 2006 il lancio del Pilot Project for Counter-Narcotics

Training of Afghan and Central Asian Personnel. La Russia ha assistito inoltre la NATO nelle

operazioni militari in Afghanistan, assistenza che non è mai venuta meno fino alla crisi russo-

georgiana del 2008.

Questa contraddizione tra cooperazione politica e cooperazione tecnica riflette le

contraddizioni della politica estera russa degli ultimi anni: l'opposizione politica all'Occidente

avviene contemporaneamente con l'allineamento alle sue istituzioni. L'ipotetica idea di entrar a far

parte della NATO, l'organizzazione del summit del G8 del 2006 a S. Pietroburgo e le trattative per

entrare a far parte del WTO (World Trade Organization) ne sono una prova. Si può anche notare

come al crescere del potere di Putin all'interno della Russia28

sia anche cresciuta la sua sicurezza di

sé e la sua forza a livello internazionale. In poche parole l'idea alla base della politica estera russa,

la “sovereign democracy”, prevede che Mosca possa essere uno dei partner privilegiati

dell'Occidente, ma allo stesso tempo la Russia non accetta critiche nei propri affari politici interni.

Nel frattempo che l'allargamento NATO (e dell'UE) andava avanti, ancora una volta la Russia

non aveva nessuna risorsa per opporsi all'espansione. Quello che è subito però sembrato chiaro è

che per i Paesi dell'Ex Unione Sovietica (ad esclusione dei Baltici) la Russia difficilmente avrebbe

concesso una “facile” integrazione nelle istituzioni occidentali (NATO ed UE). Le “rivoluzioni

colorate” in Georgia (“rivoluzione rosa” del 2003) ed Ucraina (“rivoluzione arancione” del 2004)

sono state percepite come una sconfitta geopolitica da parte di Mosca (e come un tentativo USA di

intromissione e limitazione della sovranità statale russa) e non hanno fatto altro che accelerare i

cambiamenti di rotta negli obiettivi di politica estera, ovvero cercare di evitare o di ostacolare il più

possibile l'avvicinamento di questi Paesi verso l'Occidente (ed in particolare verso la NATO).

Nel febbraio 2007 gli Stati Uniti iniziarono delle trattative formali con la Polonia e la

Repubblica Ceca in merito al progetto dello “scudo missilistico”, gettando benzina sul fuoco sulle

28 Putin è riuscito a far uscire la Russia dalla crisi finanziaria che colpiva il Paese nel suo primo mandato presidenziale

grazie alla crescita dei prezzi delle materie prime nel settore energetico.

10

relazioni NATO/USA-Russia29

. Nel dicembre 2007 si assisterà infatti alla paralisi del NRC. Come

ogni fine anno, Russia e NATO dovevano confermare il “piano di lavoro” del NRC per l'anno a

seguire, ma gli USA non diedero il loro voto poiché accusarono la Russia di non rispettare il CFE

Treaty (Treaty on Conventional Armed Forces in Europe)30

. In effetti, alcuni giorni dopo, la Russia

annunciò ufficialmente la sua sospensione dalla partecipazione al CFE Treaty. Per esprimere

ulteriore dissenso in merito allo scudo missilistico, Putin nominò Dmitry Rogozin (conosciuto per

le sue idee anti-occidentali) come nuovo ambasciatore NATO.

Al summit NATO di Bucarest dell'aprile 2008, dove era presente anche Vladimir Putin in

persona, ad Ucraina e Georgia non venne concesso di partecipare al Membership Action Plan

(MAP)31

, ma nel comunicato finale del summit si fece riferimento che la loro membership “non era

più questione di se, ma quando”.

Il 7 maggio 2008 Dmitry Medvedev subentra alla presidenza di Putin. Nel suo primo viaggio

in Europa nel giugno 2008 (seguendo la tradizione presidenziale russa di inizio mandato) Medvedev

propose un nuovo patto di sicurezza “dall'Atlantico agli Urali” per l'Europa e la Russia che

rimpiazzasse la NATO: “I'm confident that Atlanticism as the only principle has become obsolete

historically. We should talk about the unity of the entire Euro-Atlantic region from Vancouver to

Vladivostok”32

. I tentativi di Medvedev di rendere più positive e pragmatiche le relazioni tra

Occidente e Mosca hanno però vita breve.

Sulla base del comunicato finale del summit NATO di Bucarest di aprile 2008, il Presidente

georgiano Mikhail Saakashvili è diventato sempre più desideroso e volenteroso di risolvere il

problema del “riconoscimento degli Stati” all'interno del suo Paese (il problema del riconoscimento

dell'Ossezia del Sud è strettamente collegato con i difficili rapporti con la Russia). Queste volontà

contrastanti in merito alla regione separatista dell'Ossezia del Sud culmineranno nel conflitto russo-

georgiano scoppiato il 7 agosto 2008. Quel giorno la Georgia lanciò bombardamenti aerei e attacchi

di terra sul Sud dell'Ossezia. Mosca risponderà agli attacchi inviando centinaia di truppe nella

regione ed alcune anche in Georgia33

. Allo scoppiare della crisi, la NATO annunciò di voler

29 Odiernamente (metà dicembre 2009), il Segretario Generale NATO Rasmussen ha suggerito che NATO e Russia

dovrebbero unire i loro sistemi di difesa missilistica entro il 2020. Per un approfondimento sulla questione dello

scudo missilistico si veda Riccardo Alcaro, “Il nuovo Concetto strategico della Nato: verso la quadratura del

cerchio?”, Osservatorio di Politica Internazionale, Approfondimenti, n.11 – aprile 2010, IAI (Istituto Affari

Internazionali), www.iai.it

30 Divergenze esistevano anche sullo status finale del Kosovo e sulla difesa missilistica.

31 Paesi come Francia e Germania basarono la loro opposizione alla concessione del MAP a causa dei “conflitti

congelati” dei due Paesi. In realtà la minaccia russa di un attacco militare contro l'Ucraina nel caso di una sua

ammissione nella NATO (suggerito personalmente da Rogozin) hanno avuto largo peso.

32 Cit. in Julianne Smith, “The NATO-Russia Relationship. Defining Moment or Déjà Vu?”, op. cit., p. 12.

33 Esistono ancora dei dubbi sul fatto se le forze armate russe siano entrate nell'Ossezia del Sud prima o dopo i

bombardamenti georgiani.

11

sospendere le future riunioni del NATO-Russia Council fino a quando la Russia non avesse ritirato

il suo esercito dalla Georgia34

. Come risposta la Russia decise di sospendere la propria

cooperazione con l'Alleanza per un tempo indefinito (compresa la cooperazione in Afghanistan e

sulle tematiche dell'antiterrorismo).

In realtà il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo nel febbraio dello stesso anno da

parte di Europa e Stati Uniti aveva già minato le relazioni Russia-NATO ancor prima del conflitto

georgiano. Per tutti i mesi precedenti l'indipendenza del Kosovo, quasi profeticamente, la Russia ha

sempre preannunciato i possibili effetti che una dichiarazione unilaterale di indipendenza (e del suo

riconoscimento) avrebbe portato per la sicurezza internazionale (in particolare nelle regioni

separatiste della Georgia).

Il conflitto ha forse dimostrato che l'allargamento NATO, arrivato a prospettare l'ingresso di

Ucraina e Georgia, ha incontrato il suo limite35

. In realtà non ci sono motivazioni di sicurezza per

espandere l'Alleanza a questi due Paesi ed è molto più probabile che l'ingresso di questi due Stati

possa procurare dei conflitti invece che evitarne36

. Ucraina e Georgia poi, seguendo il punto di vista

russo, farebbero crescere non solo interrogativi sulla sicurezza europea, ma anche sulla sua identità:

se questi Paesi fossero accettati dalle istituzioni occidentali (UE e NATO), perchè la Russia non

dovrebbe esserlo?

Il futuro delle relazioni NATO-Russia

Dopo la guerra in Georgia le relazioni NATO-Russia si sono bloccate per un certo periodo, ma

grazie anche agli sforzi del nuovo Segretario Generale, Anders Fogh Rasmussen (eletto il 1 agosto

2009), l'Alleanza sembra ora cercare con la Russia una partnership piuttosto che limitarsi ad una

relationship.

Analizzando gli ultimi dieci anni di relazioni NATO-Russia si può notare come i rapporti tra

le due parti siano stati ambigui e controversi. La NATO nell'ultimo decennio, come ha notato Sergei

Karaganov37

, si è trasformata da un'alleanza difensiva ad una offensiva: si pensi alla guerra in

34 Ovviamente i Paesi dell'Europa Centro-Orientale avrebbero voluto una risposta più incisiva da parte della NATO e

dell'Occidente, ma in fin dei conti la Georgia non fa(ceva) parte dell'Alleanza. Non a caso però, poco dopo la fine

del conflitto, la Polonia decise di abbandonare qualsiasi perplessità sul piano USA di installare missili

“intercettatori” sul suo territorio e approvò l'accordo sullo scudo missilistico in cambio di missili Patriot (cosa che

irritò parecchio i russi).

35 Secondo i sostenitori dell'allargamento NATO ad Ucraina e Georgia, se questi Paesi avessero ricevuto il MAP, il

conflitto non sarebbe mai scoppiato. Dal punto di vista dei contrari (come Germania e Francia), se quei Paesi fossero

entrati nella NATO, nell'agosto del 2008 l'Alleanza si sarebbe trovata in mezzo alla terribile scelta tra scendere in

guerra contro la Russia oppure dissolversi davanti ad una minaccia di Mosca.

36 L'Ucraina è un Paese troppo grande per essere assorbito dall'Occidente e la Georgia, oltre che essere troppo lontana

dall'area Nord-Atlantica, è anche posizionata nel mezzo di una “polveriera” come il Caucaso.

37 Sergei Medvedev e Igor Tomashov, “Nato and Russia in the Post-Wall Europe”, in op. cit., p. 229.

12

Jugoslavia ed in Afghanistan (gli USA, insieme ad altri membri NATO, hanno anche invaso l'Iraq).

Per questi motivi la Russia non riesce a fidarsi completamente della NATO ed ha paura che si

creino nuove “dividing lines” vicino alle sue frontiere38

. Inoltre non si possono non notare dei

parallelismi “simbolici” tra i fatti del 1999 e quelli del 2008: la guerra in Kosovo della NATO con la

guerra “umanitaria” russa nel Sud dell'Ossezia, l'indipendenza del Kosovo con la simile

dichiarazione di indipendenza dell'Ossezia del Sud.

Viste le tematiche di cooperazione in seno al NRC (assistenza umanitaria, dialogo energetico,

antiterrorismo e non proliferazione delle WMD, solo per nominare alcune delle security issue più

importanti) il prezzo da pagare per un ipotetico stallo nei rapporti potrebbe essere molto alto in

termini di stabilità internazionale. Di sicuro l'allargamento NATO e la guerra in Kosovo hanno reso

più ostile l'opinione pubblica russa verso l'Occidente e l'Alleanza stessa. Dall'altra parte proprio

queste tematiche hanno però permesso la creazione di strumenti istituzionali tra NATO e Russia

che, paradossalmente, sono diventati gli strumenti chiave per il dialogo russo-occidentale39

.

Il futuro delle relazioni dipenderà sicuramente anche dal futuro ruolo della NATO nel contesto

internazionale (vedi l'ultimo intervento in Libia). Sfide alla sicurezza come le ambizioni nucleari

iraniane e la stabilizzazione dell'Afghanistan sono questioni che richiedono una stretta

collaborazione40

. Mosca sembra volenterosa di continuare la sua cooperazione in Afghanistan41

ed

in altre aree di mutuo interesse, ma l'opposizione all'allargamento NATO verso Ucraina e Georgia è

diventata ormai questione non negoziabile. Come ha però dimostrato il conflitto russo-georgiano

del 2008, la Russia non ha molti amici o Paesi satelliti (anche nel suo “near abroad”) ed è questo il

motivo per cui dovrebbe cercare di mantenere e stabilire rapporti sempre migliori con l'Occidente.

La NATO, ancora una volta, può essere il miglior ponte tra questi due mondi.

38 Senza tenere conto che la maggior parte delle élite politiche dei nuovi Paesi NATO sono profondamente anti-russe.

39 In fin dei conti la Russia ha partecipato al NACC ed alla PfP, alle operazioni IFOR e SFOR in Bosnia ed a quella

KFOR in Kosovo, per poi giungere al PJC e successivamente al NRC.

40 Sfide comuni tra Occidente e Russia sono anche il fondamentalismo religioso, la proliferazione nucleare, il

cambiamento climatico, la salute globale, la crisi finanziaria, la sicurezza energetica e la pirateria navale.

41 Gli accordi di transito tra NATO e Russia si sono dimostrati fondamentali nel conflitto in Afghanistan. Le due parti

inoltre collaborano sull'equipaggiamento dell'esercito afghano e sulle attività antidroga nella regione.