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Le medaglie rinascimentali di scuola veneziana nelle collezioni dei Musei Civici Veneziani 4.2009 Bollettino dei Musei Civici Veneziani, III serie Marsilio

La scuola medaglistica veneziana nel Rinascimento attraverso le collezioni del Museo Correr

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Le medaglie rinascimentali di scuola veneziana nelle collezioni dei Musei Civici Veneziani

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Progetto graficoTapiro, Venezia

Redazione e impaginazioneredazioni, Venezia

© 2009 by Marsilio Editori® s.p.a. in VeneziaPrima edizione: maggio 2009isbn 978-88-317-xxxx

www.marsilioeditori.it

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PresidenteSandro Parenzo Consiglio di Amministrazione

VicepresidenteMassimo Cacciari ConsiglieriRossella Mamoli ZorziFrancesco MicheliGuido Roberto Vitale

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DirettoreGiandomenico Romanelli

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Comitato di DirezioneDaniela Andreozzi, Mauro Bon, Paola Chiapperino, Monica da Cortà Fumei, Daniela Ferretti, Silvio Fuso, Caterina Marcantoni, Luca Mizzan, Filippo Pedrocco, Camillo Tonini

Indice

Collezioni 7 La scuola medaglistica veneziana

nel Rinascimento attraverso le collezioni del Museo Correr Cristina Crisafulli, Leonardo Mezzaroba

16 Catalogo delle opere in collezione Cristina Crisafulli, Leonardo Mezzaroba

Studi e contributi 70 Tremissi longobardi della raccolta del N.H.

Domenico Pasqualigo nelle collezioni numismatiche del Museo Correr Michele Asolati

74 Ritratti Zen e non solo. Tiberio Tinelli nelle Collezioni Civiche Veneziane Massimo Favilla, Ruggero Rugolo

80 Il legato Manfredini al Museo Civico Correr Martina Artini

90 La Natura e il suo doppio. Ritratti del Sei e Settecento nelle raccolte dei Musei Civici Veneziani Paolo Delorenzi

Attività 102 Collezioni civiche di vetri antichi presso

il Museo del Vetro di Murano: catalogazione informatica Luca Trolese, Maria Cristina Vallicelli

108 Matrici metalliche incise nelle collezioni del Museo Correr Diana Cristante

113 Il Fondo Gallina presso la Biblioteca di Casa di Goldoni: alcune ricognizioni e considerazioni Flavia Crisanti

CollezIonI

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1. Marco Sestomedaglia, 1393, illustrazione tratta da Stahl, Waldman, The earliest known medalists, cit., tav. 19, n. 4

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la scuola medaglistica veneziana nel Rinascimento attraverso le collezioni del Museo CorrerCristina Crisafulli, Leonardo Mezzaroba

La storia della medaglia, che convenzionalmente si fa cominciare con il prestigioso pezzo modellato da Pisa-nello in occasione della visita in Italia dell’imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo (1438), trova in re-altà le sue prime radici nell’ultimo decennio del quat-tordicesimo secolo, quando in due città venete, prima a Padova (1390), poi a Venezia (1393), vennero prodotti alcuni pezzi che della medaglia avevano già tutte le ca-ratteristiche; tali esemplari, infatti, privi di potere libe-ratorio, pur traendo dalle monete, soprattutto antiche, modelli e tecniche realizzative, venivano emessi ormai al solo scopo di celebrare un evento o tramandare la memoria di un personaggio1.Queste prime realizzazioni venete sono accomunate, oltre che dalla tecnica impiegata nella loro fabbrica-zione, la coniazione, da un’altra peculiarità che ritro-veremo spesso nella scuola medaglistica veneziana, in particolare rinascimentale: un forte richiamo nelle ti-pologie adottate ai modelli figurativi classici, soprattut-to monetali2. Se così nelle medaglie padovane i ritratti di Francesco I e di Francesco II da Carrara sono forgiati su quello dell’imperatore romano Vitellio3, nelle prime veneziane, firmate da Marco (fig. 1) e Lorenzo Sesto, troviamo al dritto il ritratto dell’imperatore Galba e al rovescio una delle prime rappresentazioni di Venezia come figura femminile, ispirata a quella della Fortuna presente nella monetazione romana classica4.Tale precoce produzione medaglistica, avviata in ambi-to veneto, con questo forte richiamo all’antichità, è sta-ta spesso messa in rapporto dagli studiosi con il clima culturale presente nelle due città venete nella seconda metà del XIV secolo. Sia Padova che Venezia aveva-no, infatti, ospitato, tra i molti illustri umanisti, anche Francesco Petrarca5, personaggio che nutrì un vero e proprio culto per la moneta antica, collezionandola e ritenendola una fonte importantissima per la ricostru-zione delle effigi e dei fatti gloriosi degli antichi; dun-que un mezzo privilegiato per tramandarne la memoria ai posteri6. Si comprende allora facilmente come que-sta visione della moneta classica, svincolata da qual-siasi connotazione economica e affascinata invece dal

potere evocativo ed educativo delle immagini su questa impresse, potesse costituire facilmente una premessa e uno stimolo alla produzione della medaglia7.Del resto non è un caso che a Venezia si collochi uno dei più antichi mercati antiquari, caratterizzato anche da scambi di monete antiche come ci testimoniano al-cuni documenti riguardanti il notaio trevisano Oliviero Forzetta che già nella prima metà del Trecento si reca-va nella città lagunare per procurarsi oggetti antichi da collezionare, tra cui monete8.Stanti le forti analogie tra le prime produzioni medagli-stiche venete e la loro vicinanza cronologica e geografi-ca, alcuni studiosi avevano avanzato l’ipotesi che sia gli esemplari patavini, i quali non presentano alcuna firma di artista, che quelli lagunari fossero da attribuirsi a una stessa mano o bottega; in particolare avevano ritenuto plausibile attribuire le anonime medaglie padovane ai fratelli Sesto, la cui attività di intagliatori di coni presso la zecca di Venezia è attestata con certezza dal 31 marzo del 13939. Questi ultimi avevano firmato le prime me-daglie veneziane e quindi possono essere considerati in assoluto i primi medaglisti di cui sono noti i nomi.In realtà tale ipotesi, per quanto suggestiva, anche alla luce di nuove recenti considerazioni è da ritenersi poco plausibile: difficilmente una famiglia veneziana, quale era quella dei Sesto, avrebbe potuto lavorare presso la principale città rivale di Venezia; documenti d’archivio dimostrano inoltre come il primo salario pagato dalla zecca lagunare a Marco e Lorenzo Sesto non fosse ade-guato a un personale con elevata esperienza, ma piut-tosto, come si esprimono Stahl e Waldman, «consistent with that of beginning engravers at the Venetian mint over the preceding century»10. Questi primi esempi medaglistici veneziani, pur ripor-tati nei più importanti repertori di medaglie rinasci-mentali (non solo quelli a firma di Marco e Lorenzo, ma anche quello, di poco successivo, del figlio di Lo-renzo, Alessandro, datato 141711), sono però purtrop-po estremamente rari e mancano così anche alla ricca collezione numismatica dei Civici Musei Veneziani12, la quale vanta tuttavia alcune rare tessere che, per affinità

8 na, dopo più di un secolo dall’esperienza dei Sesto, la tecnica impiegata non è più la coniazione, ma quella adottata da Pisanello – la fusione – che permetteva la creazioni di esemplari con moduli maggiori e con ri-lievi più forti e plastici. Accanto ai modelli monetali si fanno sempre più frequenti anche quelli ripresi dall’arte contemporanea. Nei ritratti, per esempio, se l’imposta-zione rimane sempre rigidamente di profilo come nel-la monetazione classica imperiale, il medaglista sente tuttavia sempre più, nel trattamento dei capelli o delle vesti, l’influsso esercitato dalla pittura e dalla scultura dell’epoca.È questo il caso anche di uno dei primi incisori attivi in ambito lagunare, le cui opere sono segnate con la sigla «AN» o «ANT», abbreviazione nella quale si è potuto riconoscere la firma di Antonello Grifo, meglio noto come Antonello della Moneta, la cui attività di maestro di zecca è attestata nel Capitolar dalle broche19. A questo artista sono state attribuite con certezza due medaglie con il ritratto del doge Cristoforo Moro (v. infra cat. 10-14), mentre una terza, precedente, con il primo ritratto fisionomico in medaglia di un doge, quello di Francesco Foscari20, solo recentemente gli è stata rico-nosciuta. Anche questa terza medaglia, ben rappresen-tata da un bellissimo esemplare presente nelle Civiche Raccolte Veneziane (v. infra cat. 3), porta infatti la sigla «AN» come una delle due precedenti, ma Hill21, nella sua importantissima opera sulle medaglie rinascimen-tali, pensava di poterla attribuire, sulla base di una di-versità di stile, a un autore diverso, in particolare ad Antonio Gambello, padre di Vittore22. Tale ipotesi è stata però recentemente confutata da Stahl23, dato che, a differenza di Antonello della Mone-ta, nelle fonti non rimane alcuna traccia di una presun-ta attività incisoria di Antonio Gambello24.Tale nuova interpretazione risulta convincente in quanto permette di risolvere anche quell’elemento di disturbo determinato dalla assoluta somiglianza che il rovescio di una delle due medaglie di Cristoforo Moro mostra di avere con quello dell’esemplare di Francesco Foscari; per giustificarla, mantenendo due attribuzioni

stilistiche e tematiche raffigurate, sono state attribui-te da illustri studiosi13 alla famiglia dei Sesto14 (fig. 2). Anche in alcuni di questi esemplari il richiamo a miti e schemi iconografici classici è stringente, come si può notare nel ritratto simile ad Augusto o nella rappresen-tazione della Giustizia, raffigurazioni entrambe di chia-ra ascendenza romana imperiale. La produzione medaglistica veneziana, dopo un lungo periodo d’interruzione, riprende qualche decennio più tardi, poco dopo la metà del XV secolo, con emissioni quantitativamente più elevate rispetto alle preceden-ti, a dimostrare il successo ottenuto ormai da questa nuova espressione d’arte, la quale, a differenza dei pro-dotti delle arti figurative maggiori, come la pittura o la scultura, poteva per le sue dimensioni ridotte circolare ovunque e trasmettere quindi più agevolmente i suoi messaggi. Del resto, committenti e destinatari di tali opere mo-strarono da subito una lucida consapevolezza del-la forte valenza evocativa dell’oggetto medaglia. Gli esempi di Maometto II e di Tommaso Rangone detto il Filologo sono senza dubbio eloquenti. Fra il 1460 e il 1480 Maometto II chiamò presso la sua corte numerosi medaglisti, da Matteo de’ Pasti (che però non riuscì a raggiungere Costantinopoli) a Costanzo da Ferrara, da Bertoldo di Giovanni a Giovanni Bellini, e altri artisti che realizzarono per lui un numero ragguardevole di medaglie15; certo l’interesse del sultano turco per que-sto tipo di ritratto era del tutto privato, ma senza dub-bio, per realizzare questo suo desiderio, egli non esitò a scontrarsi con il carattere aniconico dell’arte islami-ca. In ambito cinquecentesco si colloca poi la vicenda dell’umanista, scienziato e ricchissimo mecenate Tom-maso Rangone; la sua ben nota16 ansia di “visibilità” si concretizzò anche nella realizzazione di otto medaglie a lui dedicate17; il Rangone attribuì a esse un’importan-za tale da descriverle puntualmente nei suoi Cataloghi e nel suo Testamento del 1577; fino a disporre minu-ziosamente l’ordine in cui dovevano essere portate ed esposte nel suo corteo funebre18.Alla ripresa della produzione medaglistica venezia-

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2. Sesto (attr.)tessere, fine XIV-inizio XV secolo. Venezia, Museo Correr

3. nicolò Tronlira e mezza lira, zecca di Venezia, Collezione Papadopoli

10 cominciò a diffondersi in modo sempre più significativo fra il Cinquecento e il Seicento, mentre la tecnica della fusione, dopo aver conosciuto un ultimo, breve momen-to di gloria in Toscana, nel Settecento, con la medaglia barocca, venne poi definitivamente accantonata.Di questo artista, che vanta una produzione sia fusa che coniata, nelle Civiche Raccolte Veneziane si possono apprezzare i plastici ritratti dei dogi Andrea Gritti, Leo-nardo Loredan, Marco Barbarigo e di personaggi illustri come il cardinale Domenico Grimani o il pittore Genti-le Bellini, che costituiscono felici espressioni della nuo-va concezione umanista dell’uomo, della sua grandezza e unicità. Da considerare sono anche i rovesci di questi esemplari che rivisitano spesso temi e soggetti presi dal mondo classico, del quale l’artista mostra di essere stato uno dei massimi ammiratori e con il quale spesso si misurò nelle sue opere.Una caratteristica che accomuna fin dall’inizio vari me-daglisti veneziani, a cominciare dai Sesto per proseguire con gli esempi già visti di Antonello della Moneta e di Camelio, è la loro occupazione in zecca come incisori di coni, sia esclusiva sia parallela ad altre attività artisti-che; elemento, questo, che contraddistingue, all’inizio della produzione medaglistica, la scuola veneziana da altre realtà dove, almeno nel primo Rinascimento, gli artisti della medaglia raramente avevano rapporti con gli atelier monetali e operavano spesso, invece, in altri campi delle arti figurative come la pittura o la scultura; basti citare, a questo riguardo, fra i primi, più famosi medaglisti, i pittori Antonio Pisano e Matteo dei Pasti o lo scultore Antonio Marescotti31. Tuttavia anche altrove tale caratteristica diventerà nel XVI secolo sempre più comune, quando, con il progressivo diffondersi della medaglia coniata, troveremo artisti famosi operanti nel-le più importanti zecche italiane.Del resto, nel Rinascimento, la posizione del maestro di zecca o incisore di coni era sicuramente molto am-bita e apprezzata e considerata un indiscusso ricono-scimento della propria abilità artistica: per ottenerla, un famoso artista come il Cellini era stato disposto persino a uccidere32.

distinte, bisognava infatti ricorrere, come già accenna-to, al concetto di ibrido, che risulta in questo caso poco appropriato dal momento che il rovescio di tale esem-plare mostra delle notabili differenze nel confronto con quello di Cristoforo Moro. Alla luce di queste conside-razioni si è ritenuto opportuno espungere il nome di Antonio Gambello da quello dei medaglisti di scuola veneziana.Non sembra, invece, più così certa l’attribuzione ad Antonello della Moneta dei coni della prima moneta veneziana messa in circolazione con ritratto dogale25 – la lira tron (fig. 3)26 –, la quale aveva suscitato a Vene-zia un notevole scalpore, tanto da portare alla famosa deliberazione del Senato datata 2 agosto 1473 che così recitava «Quod in omni sorte monetae quae fiet in ce-cha nostra, imago Ducis fiat flexis genibus ante imagi-nem Sancti Marci…»27. Questo provvedimento sancì la fine dell’impiego del ritratto dogale nella moneta e lo favorì nella medaglia28 che a Venezia «diviene subito strumento ufficiale del doge e della classe dominante, offrendosi come documento alternativo alla fissità tipo-logica delle monete dovuta a ragioni di ordine econo-mico e politico, regolate da fisse norme dello Stato e da quelle ancora più stringenti, anche se sottili e impercet-tibili del mercato»29. L’attribuzione della lira tron ad Antonello della Moneta è stata infatti messa in discussione sulla base di una me-daglia, conosciuta in un unico esemplare posseduto dal-le Collezioni Civiche Veneziane, che presenta al dritto la stessa impronta della lira suddetta e al rovescio il tipo di una medaglia di Vittore Gambello, detto Camelio; da qui la suggestiva ipotesi che anche i coni della lira possano essere assegnati a quest’ultimo artista30 il quale, tra i medaglisti veneziani rinascimentali, fu certamente quello che più influenzò l’opera dei suoi successori. A Camelio spetta anche il merito di aver introdotto, dopo le esperienze trecentesche, la tecnica della conia-zione nella medaglia. Tale modalità d’esecuzione, se co-stringeva gli esemplari in moduli più contenuti, si dimo-strava tuttavia più efficace nel trattamento dei dettagli, i quali risultavano molto più definiti. Così la coniazione

11celebrazioni per la battaglia di Lepanto; l’unico esem-plare noto è conservato presso il Museo Bottacin di Pa-dova. Il dritto e il rovescio di tale medaglia compaiono però, separatamente, in due diversi esemplari conser-vati presso le Civiche Raccolte Veneziane: si tratta di una medaglia del doge Pietro Lando (infra cat. 99) che propone lo stesso conio di dritto e di una tessera della Scuola della passione36, che si limita a riprenderne con piccole varianti la tipologia del rovescio37. Caratteristi-ca di quasi tutte le medaglie dello Spinelli è quella di mostrare un modulo contenuto che tuttavia non ha im-pedito all’artista di esprimersi, soprattutto nei rovesci, in scene complesse, ricche di particolari, richiamanti spesso, nella costruzione, modelli antichi e, nei dritti, con ritratti finemente modellati che, secondo il Lazari, si possono considerare tra i migliori eseguiti nel suo tempo: se infatti lo Spinelli «cede a Vittor Camelio e a Giovanni Cavino nella composizione de’ rovesci, li vince nel carattere delle teste»38. Molto diverso dallo stile dello Spinelli è quello del cele-bre scultore Alessandro Vittoria, caratterizzato da una continua ricerca dell’essenzialità attraverso l’elimina-zione di ogni fronzolo e dal raggiungimento di una par-ticolare plasticità in grado di far emergere dallo sfondo le figure rappresentate; questo artista mostra inoltre una particolare predilezione per il ritratto, che spesso costituisce l’unico elemento figurativo delle sue crea-zioni; per realizzarlo sceglie la tecnica della fusione, a lui evidentemente più congeniale.Famose sono le sue medaglie per Pietro Aretino (v. infra cat. 101), al quale l’autore era legato da una stretta ami-cizia: di tali esemplari, grazie alle opere dello scrittore toscano, possiamo apprendere, circostanza ecceziona-le, il ruolo svolto dalla committenza nell’esecuzione di una medaglia, come la scelta tipologica o il contenu-to delle legende, senza tralasciare le note di critica o di compiacimento avanzate per alcune scelte adottate dall’artista. Significative sono poi le già citate medaglie destinate a Tommaso Rangone, al quale il Vittoria fu legato da un rapporto di collaborazione che riguardò anche la progettazione architettonica e la scultura.

A tale schema sembra sottrarsi il pittore Giovanni Boldù, creatore di alcune delle migliori medaglie fuse della scuola veneziana; il suo stile, più che avvicinar-si a quello degli altri artisti lagunari, sembra risentire dell’impronta lasciata da Pisanello, non solo nei pla-stici rilievi delle raffigurazione ma anche nell’utilizzo di legende espresse in lingue antiche diverse dal lati-no, come il greco e l’ebraico. Celebre è una sua me-daglia, conservata nelle Collezioni Civiche Veneziane, che affronta il dilemma dell’ineluttabilità della morte, di fronte alla quale l’uomo rinascimentale si dispera: questa raffigurazione ebbe un tale successo da esse-re riprodotta, sul bronzo e sul marmo, anche in opere successive di altri artisti33. Gli altri medaglisti delle prime fasi della scuola venezia-na non sembrano raggiungere i livelli artistici di quelli finora esaminati e, se si esclude l’unica medaglia forgia-ta dal pittore Gentile Bellini con il ritratto di Maometto II, quelle create da Pietro da Fano, Marco Guidizani, Alessandro Leopardi, per fare alcuni esempi, rimango-no sicuramente al margine della medaglistica venezia-na; inalterata resta però la loro valenza storica, come documentazione di fatti e personaggi e la capacità di riflettere le tendenze culturali dell’epoca.Per ritrovare artisti dello spessore di Camelio o di Bol-dù, bisogna entrare nel pieno Cinquecento con le opere di Andrea Spinelli e Alessandro Vittoria.Il primo fu uno dei più proliferi medaglisti veneziani, come possono testimoniare anche le Civiche Raccolte con quattordici esemplari per otto tipi diversi, e fu ope-rativo a lungo nella zecca di Venezia, come si appren-de dalle fonti d’archivio che lo vedono lì impiegato dal 1535 al 157234. Probabilmente fra le sue più celebri me-daglie vi sono le due dedicate, nel 1534, alla ricostru-zione della chiesa di San Francesco della Vigna. L’accu-rata rappresentazione prospettica della chiesa, proposta sul rovescio, costituisce la più precisa e preziosa testi-monianza del progetto messo a punto da Jacopo San-sovino35 e sostituito poi da quello del Palladio. Famosa è poi la medaglia dello Spinelli coniata in oro (metallo raramente utilizzato nella medaglia) in occasione delle

12 concentrarono soprattutto sulla monetazione italiana, dimostrando la rara qualità di raccogliere quanto di meglio, prezioso e particolare si potesse acquistare nel mercato45, in parte perché, a differenza delle monete, il numismatico veneziano volle lasciare alla città sola-mente le medaglie di cui il Museo Correr non possedes-se già una copia46. A costoro va infine aggiunto Girolamo Ascanio Molin che, seppur non rappresentato nel catalogo di seguito proposto, fu autore di un lascito davvero ragguarde-vole47. Uomini come Papadopoli, Molin, Cicogna, Zoppetti e lo stesso Casoni furono interpreti di un collezionismo erudito, da loro interpretato con competenza e nella consapevolezza del valore storico, artistico e documen-tale dei beni che andavano raccogliendo. Se i grandi meriti di Nicolò Papadopoli nell’ambito degli studi nu-mismatici risultano universalmente noti, sono proba-bilmente meno conosciuti l’impegno e la costanza con cui il Cicogna si sforzò di indagare gli aspetti storici legati alle singole medaglie. Basti ricordare a questo riguardo che presso la Biblioteca del Museo Correr è conservato un imponente codice in cinque volumi, ac-quistato dal Cicogna nel 1830, intitolato Medaglie di Uomini Illustri spettanti per lo più allo Stato Viniziano con Illustrazioni e Disegni48, sul quale l’erudito venezia-no andò appuntando per oltre trent’anni osservazioni, precisazioni e commenti di grande interesse per chiun-que intenda accostarsi allo studio della medaglia di area veneta. Non meno curioso di approfondire la storia e il significato delle medaglie che andava collezionando, Domenico Zoppetti preferì invece affidarsi a un “esper-to”, il prete vicario di Sant’Alvise Francesco Driuzzo, cui inviò, a piccoli gruppi, fra il 1842 e il 1845, le sue medaglie. Le lettere con le quali il Driuzzo illustrava, soprattutto nella loro valenza iconografica, i diversi esemplari esaminati vennero raccolte in volume dallo Zoppetti e presso la Biblioteca del Museo Correr49 sono tuttora consultabili50.

Come si potrà vedere nella parte riservata al catalogo, gli esemplari appartenenti alle Civiche Raccolte Vene-ziane rappresentano adeguatamente il percorso storico-artistico dei medaglisti della scuola veneziana rinasci-mentale, così come fin qui illustrato. La maggioranza di questi provengono dal lascito Correr (1830) e ne costituiscono, quindi, il nucleo più antico39. Tuttavia non mancano apporti successivi anche se meno cospi-cui, che si sono aggiunti attraverso legati avvenuti tra l’Ottocento e i primi decenni del Novecento.Il primo fu quello di Domenico Zoppetti (1849) che la-sciò alla città un consistente nucleo di medaglie venete di cui rimane un elenco dettagliato40; tra queste alcune attengono proprio all’ambito cronologico e topografi-co in esame: il fatto che di varie medaglie esistano più esemplari provenienti anche da altre donazioni rende però difficile identificarne specificamente la provenien-za; allo stato attuale solo un esemplare è sicuramente riconducibile al lascito Zoppetti (v. infra cat. 18).Notevole è poi il nucleo di medaglie proveniente dalla donazione di Emmanuele Antonio Cicogna (1865)41; alcune compaiono fra quelle che vengono presentate in questa sede, ma significativo è il gruppo di quelle settecentesche e ottocentesche, comprese le medaglie d’oro che sovrani e accademie di vari stati vollero con-cedere a questo benemerito cultore di materia veneta42; gli elenchi conservati presso l’Archivio del Museo Cor-rer risultano però assai confusi e imprecisi e attendono uno studio sistematico.Va infine ricordato il limitato ma interessante contri-buto di un altro cultore di patrie memorie, l’ingegner Giovanni Casoni (1783-1857), dalla collezione43 del quale proviene un’altra delle medaglie qui proposte (v. infra cat. 41). Molto diverso è il caso delle medaglie del lascito Pa-padopoli (1922) la cui collezione è conservata distin-tamente rispetto alle altre e ha ricevuto, per vincolo testamentario, già nel 1925 una prima edizione44; tut-tavia, il numero di medaglie compreso in questa colle-zione risulta piuttosto contenuto rispetto a quello delle monete, in parte perché gli interessi di Papadopoli si

13data di esecuzione (1393) cosicchè, se per le affinità stilistiche e tipolo-giche alcuni studiosi hanno ritenuto che i due pezzi siano contempora-nei (v. Stahl, Waldman, The earliest known medalists, cit., p. 172), altri, invece, tra cui recentemente Desnier, «Novità alla corte dei Carraresi», cit., p. 369 e nota 24, sottolineano la possibilità che il bronzo di Lorenzo Sesto possa, per la sua qualità meno raffinata e per il richiamo più diretto alla monetazione classica, essere stato eseguito in un’epoca precedente a quello del fratello e forse addirittura prima degli esemplari carraresi. Se così fosse il primato della nascita della medaglia spetterebbe a Venezia e non a Padova. 5 Sul soggiorno padovano e veneziano di Francesco Petrarca v. L. Laz-zarini, Francesco Petrarca e il primo umanesimo a Venezia, in Umanesimo europeo, cit., pp. 63-92, in particolare pp. 64-66. 6 Sull’interesse numismatico di Francesco Petrarca cfr. Rizzoli, L’opera di G. F. Hill, cit., p. 130; A. Magnaguti, Il Petrarca numismatico, in «Rivista Italiana di Numismatica», XX, 1907, pp. 155-157; R. Weiss, Petrarch the antiquarian, in Classical Medieval and Renaissance studies, in honor of Ber-told Louis Ulman, II, a cura di C. Henderson Jr., Roma 1964, pp. 199-209, alle pp. 207-208; Id., The Renaissance discovery, cit., pp. 37-38; M. Aso-lati, Francesco Petrarca und seine numismatische Sammlung, in Venezia! Kunst aus venezianischen Palästen. Sammlungsgeschichte Venedigs vom 13. bis 19. Jahrhundert, catalogo della mostra a cura di G. Romanelli, G. Mac-chi, L. Altringer, Bonn 2002, pp. 72-74; Cunally, Images, cit., pp. 34-36.7 Sull’importante ruolo svolto dal Petrarca nella nascita della medaglia cfr. G. Gorini, I Dogi e le medaglie, in Il Serenissimo Doge, a cura di U. Franzoi, Treviso 1986, pp. 311-327, alla p. 311; Gasparotto, Pisanello, cit., pp. 326-327; Desnier, «Novità alla corte dei Carraresi», cit., pp. 365-366 e nota 10. In tale prospettiva vanno ricordate le parole pronun-ciate dallo stesso Petrarca a Carlo IV nell’atto di donargli alcune delle sue monete antiche: «ecce, inquam Caesar, quibus successisti, ecce quos imitari studeas» (F. Petrarca, Rerum Familiarium Libri, XIX, 3).8 Sulla figura di Oliviero Forzetta cfr. Gorini, Monete antiche a Padova, cit., pp. 17-18; L. Franzoni, Antiquari e collezionisti nel Cinquecento, in Storia della cultura veneta, III/3: Dal primo Quattrocento al Concilio di Trento, a cura di G. Arnaldi, M. Pastore Stocchi, Vicenza 1981, pp. 207-266, alle pp. 207-209; I. Favaretto, Arte antica e cultura antiquaria nelle collezioni venete al tempo della Serenissima, Roma 1990, pp. 33-37; M. De Paoli, «Opera fatta diligentissimamente». Restauri di sculture classiche a Venezia tra Quattro e Cinquecento, Roma, 2004, p. 62.9 Sull’attività della famiglia Sesto v. Stahl, Waldman, The earliest known medalists, cit., pp. 174-179; i due autori hanno anche dimostrato, sulla base di alcuni documenti d’archivio, che i fratelli Sesto compaiono per la prima volta in un atto non databile al 31 marzo 1394, come erroneamen-te riportato nel Capitolar dalle broche (Il «Capitolar dalle broche» della zecca di Venezia (1358-1556), a cura di G. Bonfiglio Dosio, Padova 1984 [Biblioteca Winsemann Falghera, 1], p. 63), ma risalente al 31 marzo 1393; in questa circostanza i due fratelli sono citati come incisori dei coni delle monete d’argento. Cfr. anche N. Papadopoli, Alcune notizie sugli intagliatori della zecca di Venezia, in «Rivista Italiana di Numismati-ca», I, 1888, pp. 351-359, alla p. 352. 10 Cfr. Stahl, Waldman, The earliest known medalists, cit., p. 181 e nota 45.11 Per il tipo di questa medaglia cfr. Hill, A Corpus, cit., n. 12.12 Lo Hill della medaglia di Marco Sesto conosceva un unico esemplare presente presso il Museo Nazionale del Bargello, costituito da una copia fusa (mentre l’originale doveva essere coniato). Ora però si dispone di un altro pezzo, coniato, conservato presso le collezioni dell’American Numismatic Society e rimasto a lungo praticamente sconosciuto agli

1 Su tale problematica cfr. J. Friedländer, Quali sono le prime medaglie del Medio-Evo?, in «Periodico di Numismatica e Sfragistica per la Storia d’Italia», I, 1868, pp. 141-155, ristampato come monografia intitolata Die geprägten Italienischen Medaillen des fünfzehnten Jahrhunderts. 1390 bis 1490, Berlin 1883; J. von Schlosser, Die ältesten Medaillen und die An-tike, in «Jahrbuches der kunsthistorischen Sammlungen des allerhöch-sten Kaiserhauses», XVIII, 1897, pp. 64-108; N. Papadopoli, Die ältesten Medaillen und die Antike von Julius von Schlosser. I. Die Denkmünzen der Carraresen und die Sesto von Venedig, in «Atti del Regio Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», s. VII, IX, 1897-1898, pp. 207-213; L. Rizzo-li, L’opera di G. F. Hill sulle medaglie italiane del Rinascimento e l’origine padovana della medaglia, in «Atti e memorie dell’Istituto Italiano di Nu-mismatica», VII, 1932, pp. 128-141; G. Gorini, Monete antiche a Padova, Padova 1972, pp. 21-22; R. Weiss, La medaglia veneziana del Rinascimen-to e l’Umanesimo, in Umanesimo europeo e Umanesimo veneziano, a cura di V. Branca, Venezia 1963 (Civiltà europea e civiltà veneziana, 2), pp. 337-348, alle pp. 338-340; A.M. Stahl, L. Waldman, The earliest known medalists: the Sesto brothers of Venice, in «American Journal of Numi-smatics», s. II, 5-6, 1993-1994, pp. 167-188; J.L. Desnier, «Novità alla corte dei Carraresi». L’arte della medaglia (1390), in «Quaderni Ticinesi di Numismatica e Antichità Classiche», XXIV, 1995, pp. 363-377; D. Ga-sparotto, Pisanello e le origini della medaglia rinascimentale, in Pisanello, catalogo della mostra, a cura di P. Marini, Milano 1996, pp. 325-330. 2 Per l’influenza esercitata sull’arte rinascimentale e sulla medaglia dall’immenso patrimonio iconografico monetale d’età classica, sempre più disponibile grazie al diffondersi del collezionismo, alle prime scoper-te archeologiche e alle prime opere a stampa, v. Weiss, La medaglia vene-ziana, cit., pp. 341-342; Id., The Renaissance discovery of classical antiqui-ty, Oxford, 1969, pp. 167-179; F. Panvini Rosati, Ispirazione classica nella medaglia italiana del Rinascimento, in La medaglia d’arte, atti del I conve-gno internazionale di studio (Udine 10-12 ottobre 1970), Udine 1973, pp. 95-105; G. Gorini, Le monete greche e romane nell’Arte Rinascimentale Veneta, in A testa o croce. Immagini d’arte nelle monete e nelle medaglie del Rinascimento, esempi dalle collezioni del Museo Bottacin, catalogo della mostra, a cura di G. Gorini, R. Parise Labadessa, A. Saccocci, Padova 1991, pp. 67-85; J. Cunally, Images of the Illustrious. The Numismatic Pre-sence in the Renaissance, Princeton 1999; più in generale, per l’influenza esercitata da tutti i campi dell’arte e della cultura classica sulle medaglie rinascimentali v. H. Kim, Commemorating the present through the past: medals and the reception of classical antiquity, in Reception of Classical Art, an Introduction, a cura di D. Kurtz, Oxford 2004 (BAR International Se-ries, 1295), pp. 55-64; L. Beschi, Immagini di scultura antica in medaglie rinascimentali, in «Eidola», 3, 2006, pp. 91-107.3 A differenza del dritto, il rovescio di queste medaglie si rifà alla tradizio-ne medievale riportando lo stemma dei Carraresi, ossia il carro; cfr. G.F. Hill, A Corpus of Italian Medals of the Renaissance before Cellini, London 1930, nn. 2, 4.4 Cfr. Hill, A Corpus, cit., nn. 10, 11; più precisamente la medaglia di Mar-co Sesto reca al D/ + MARCVS (fiore) SESTO (fiore) ME (fiore) FECIT : V :; busto laureato e drappeggiato dell’imperatore Galba a s.; in campo a s., un compasso (simbolo della famiglia Sesto) e al R/ ° PAX ° TIBI + ° VENETIA °; Venezia nelle vesti della Fortuna, stante a s. sopra una ruota, tiene una bandiera nella mano s.; in campo, 13-93; quella del fratello Lorenzo reca al D/ IMP SER GALBA . CA; busto laureato e drappeggiato dell’imperatore Galba a d. e al R/ LAVRENTI SESTO . ME FECIT; Venezia nelle vesti della Fortuna con globo nella mano d. e bandiera nella s. Si può notare che solo la prima delle due medaglie reca chiaramente la

14 chiesa di San Giuliano e convinse il Tintoretto a raffigurarlo in ciascu-no dei tre telèri da lui sovvenzionati per la Scuola di San Marco di cui era guardian grande (cfr. E. Weddigen, Thomas Philologus Ravennas: Ge-lehrter, Wohltäter und Mäzen, in «Saggi e memorie di storia dell’arte», 9, 1974, pp. 7-76, alle pp. 14-16, 55-58, 64-67.17 Cinque di queste sono caratterizzate dall’immagine del filologo, tre invece da lunghe legende celebrative. È lo stesso Rangone a indicare i nomi degli autori: cinque medaglie sono dovute ad Alessandro Vittoria, due a Matteo Pagano e una a Martino da Bergamo. Per la descrizione delle singole medaglie si rinvia al Catalogo.18 Cfr. R. Pasi, Le medaglie del ravennate Tommaso Rangoni detto il filologo, in «Medaglia», 6, 1973, pp. 7-24; Weddigen, Thomas Philologus, cit.; Vol-tolina, Storia, cit., nn. 483, 484, 493, 494, 502, 505, 512.19 Il «Capitolar dalle broche», cit., pp. 141, 144-146, 148, 152, 206, 220, 242. 20 Sull’evoluzione del ritratto dogale, da espressione di una «serie di ca-ratterizzazioni psicologiche e morali» (p. 125) a riflesso delle caratteri-stiche fisionomiche dell’individuo, cfr. G. Romanelli, Ritrattistica dogale: ombre, immagini e volti, in I Dogi, a cura di G. Benzoni, Milano 1982, pp. 125-158. A p. 138 dello stesso contributo si sottolinea, poi, come anche nella pittura e nella scultura, a partire da Francesco Foscari, «si avvicen-dano principi resi celebri anche nelle fattezze fisiche».21 Hill, A Corpus, cit., n. 410.22 Sulla vita di Antonio Gambello v. A. Markham Schulz, ad vocem Gam-bello, Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani, LII, Gambacorta-Gelasio II, Roma 1999, pp. 89-90.23 A. Stahl, Numismatic portraiture in Renaissance Venice, in «Quaderni Ti-cinesi di Numismatica e Antichità Classiche», XXX, 2001, pp. 305-311, alla p. 306. Prima dello studioso americano avevano avanzato dubbi sull’attribuzione della medaglia ad Antonio Gambello sia Weiss, che così si era espresso: «Una medaglia di Francesco Foscari […] attribuita, se-condo me con prove insufficienti, ad Antonio Gambelli …» (Weiss, La medaglia veneziana, cit., p. 341), sia Markham Schulz, che aveva afferma-to in modo più deciso: «Non ci sono prove che confermino la proposta di Hill (I, n. 410) di attribuire al G. la medaglia siglata «AN» del doge Francesco Foscari» (Markham Schulz, ad vocem Gambello, Antonio, cit., p. 90). 24 Possiamo inoltre sottolineare come, nello stesso decreto in cui si trova citato per la prima volta Vittore Gambello come maestro delle stampe, quest’ultimo venga definito figlio del «magistri Antonii marmorarii» os-sia scultore (v. Papadopoli, Alcune notizie, cit. p. 353).25 Si deve in realtà ricordare almeno un altro precedente di ritratto dogale in una moneta avvenuto con l’emissione di un bagattino di rame recante il busto di Cristoforo Moro; tuttavia gli esemplari di questo bagattino sopravissuti (quattro conservati presso le Collezioni Civiche Veneziane) sono molto rari e usciti tutti da una sola coppia di coni. Tale circostanza ha fatto ritenere che questi pezzi potessero essere stati delle prove più che delle monete vere e proprie.26 La riforma di Nicolò Tron comprendeva altri due nominali con ritratto, la mezza lira (fig. 3) di cui gli unici due esemplari conosciuti si conser-vano presso le collezioni dei Musei Civici Veneziani (inv. Papadopoli n. 5210 e Correr, SVen., n. 304) e il bagattino di rame.27 N. Papadopoli, Le monete di Venezia, II: Da Nicolò Tron a Marino Gri-mani, Venezia 1907, p. 574. Dopo la lira tron un altro e ultimo tentativo di porre un ritratto dogale su una moneta, un’osella, avvenne sotto il dogato di Andrea Gritti; anche in questo caso il progetto fu però respinto (v. infra cat. 62).

studiosi. Delle medaglie di Lorenzo e Alessandro Sesto sopravvivono, invece, solo le fotografie, dato che i pezzi conservati, come riportava lo Hill, presso lo Staatliche Museen di Berlino, andarono dispersi nel corso della seconda guerra mondiale. Per tale aspetto v. Stahl, Waldman, The earliest known medalists, cit., pp. 168-169, 174-179.13 Friedländer, Quali sono, cit., pp. 146-147; Schlosser, Die ältesten Me-daillen, cit., pp. 71-74. Altri studiosi invece hanno messo in discussione tale attribuzione per la mancanza di prove stringenti (Stahl, Waldman, The earliest known medalists, cit., p. 184). Da sottolineare però che, men-tre alcune tessere attribuite, forse troppo frettolosamente, dallo Schlosser ai Sesto mostrano vistosamente una qualità diversa, molto più grossolana rispetto alle medaglie, altre, come quelle che qui vengono riprodotte, rivelano invece con queste stringenti affinità anche stilistiche. Su tale questione esiste un curioso scambio epistolare tra Vincenzo La-zari, direttore del Museo Correr, e Friedländer, avvenuto tra il 1856 e il 1857, dal quale si evince che lo studioso veneziano appoggiava l’opi-nione di quello tedesco in procinto di scrivere l’articolo succitato, nel quale confermava la stretta somiglianza fra alcune tessere e le medaglie dei Sesto, e forniva contestualmente la descrizione di una di queste tes-sere, conservata presso il Museo Correr, assieme ad appunti personali manoscritti sui Sesto (cfr. Biblioteca del Museo Correr di Venezia, d’ora in poi BMCVe, Epistolario Lazari, ms. P.D. c 551/99). A questo gruppo di tessere, più raffinate, appartiene anche un esemplare di provenienza archeologica, rinvenuto in ambito veneziano, precisamente sull’isola del Lazzaretto Nuovo durante gli scavi del 1994 (v. M. Asolati, scheda 21, in Ritrovare restaurando. Ritrovamenti e scoperte a Venezia e in Laguna, Cornuda 2000, p. 126).14 Gli esemplari attribuibili con buona probabilità ai Sesto conservati presso il Museo Correr sono:1) D/ LP– V; un lupo vestito da monaco stante a d. davanti a un leggio tiene un flagello nella mano d.; di fronte a lui un cervo stante a d., con la testa rivolta a s., tiene una scimmia tra le zampe anteriori; R/ LEONIS VMILI-TAS; uomo nudo stante a d. tiene nella d. un bastone e la s. sopra un capo di un leone (Catalogo delle monete, medaglie, tessere, bolle e placchette esposte nel Museo Civico Correr, Venezia, 1898, p. 6, n. 25; von Schlosser, Die ältesten, cit., p. 72 n. 8);2) D/ IVS ° S ° TICIA °; uomo stante a s. con mantello tiene una bilancia e una cornucopia; R/ . PAX : E . RE9IES . ANIMI .; Filosofo seduto che legge un libro sopra un leggio (Catalogo Correr, cit., p. 6, n. 24; cfr. von Schlosser, Die ältesten, cit., p. 73 n. 17);3) D/ . IVSTE IVDICATE .; testa maschile a s. (Augusto ?); R/ Sovrano seduto in trono con scettro (Salomone o Virtù) (Catalogo Correr, cit., p. 5, n. 22; cfr. von Schlosser, Die ältesten, cit., p. 72 n. 10);4) D/ SANTVS (fiore) GORGII (fiore); San Giorgio seduto di fronte con in mano la spada; R/ (fiore) OMO (fiore) (fiore) LIO; uomo nudo stante a d. tiene nella d. un bastone e la s. sopra il capo di un leone (Catalogo Correr, cit., p. 5, n. 18; cfr. von Schlosser, Die ältesten, cit., p. 72 n. 6);5) D/ S[---]NTVS (fiore) GORGII (fiore); San Giorgio seduto di fronte con in mano la spada; R/ due ballerini uno di fronte all’altro; all’esergo, un triangolo (Catalogo Correr, cit., p. 5, n. 19; cfr. von Schlosser, Die ältesten, cit., p. 72 n. 6 e p. 74, n. 24).15 G.F. Hill, Medals of Turkish Sultans, in «The Numismatic Chronicle», s. V, VI (1926), pp. 287-298, identifica sette medaglie dedicate a Maometto II; cfr. anche P. Voltolina, La storia di Venezia attraverso le medaglie, Vene-zia 1998, nn. 35, 49, 75, 80.16 Basti ricordare come, forzando le severe leggi della Serenissima, egli ottenne di esporre una sua statua, opera del Vittoria, sulla facciata della

1545 Sulla figura di Nicolò Papadopoli cfr. A Saccocci, Nicolò Papadopoli studioso di numismatica, in Una città e il suo museo, cit., pp. 168-191.46 Nel suo testamento del 23 maggio 1820 Papadopoli così si esprimeva «Lascio al Comune di Venezia, perché sia depositata nel Museo Civico e Correr, la mia raccolta di monete italiane medioevali e moderne e di monete dell’Oriente latino, come pure quelle Medaglie Veneziane che mancassero alla raccolta del Museo Civico e Correr» (Archivo del Museo Correr, 1922, n. 30).47 Con testamento redatto il 9 maggio 1813, Girolamo Ascanio Molin donava alla città di Venezia circa diecimila esemplari fra monete e meda-glie. In un primo tempo queste confluirono nelle raccolte numismatiche della Biblioteca Marciana, ma a seguito di un lunghissimo contenzioso il Comune di Venezia ne ottenne la proprietà e lo spostamento presso il Museo Correr. Tale trasferimento, per mancanza di riscontri precisi, generò però notevoli confusioni cosicché, da un lato, al Museo Correr non confluirono solo esemplari appartenenti a Molin e dall’altro, altri pezzi di sicura provenienza Molin restarono presso il Museo Archeolo-gico di Venezia. Sulla complessa vicenda della donazione Molin cfr. C. Crisafulli, Aggiornamenti sul ripostiglio di aurei del I secolo d.C. da Este, in «…ut…rosae…ponerentur». Scritti di archeologia in ricordo di Giovanna Luisa Ravagnan, in «Quaderni di Archeologia del Veneto», serie speciale, 2, a cura di E. Bianchin Citton, M. Tirelli, Treviso 2006, pp. 137-142, e da ultimo il contributo di M. Asolati in questo stesso volume.48 BMCVe, mss. Cicogna 3071-3075. Si tratta di un codice anonimo, ma in realtà opera di Giannandrea Giovanelli (1725-1767).49 Si tratta del manoscritto, in due volumi e in due copie, intitolato Lettere che illustrano la Collezione di Medaglie d’uomini celebri raccolte dal sig. Do-menico Zoppetti del prete Francesco Driuzzo, Vicario di S. Alvise. La prima copia (BMCVe, mss. P.D. c 180) contiene le lettere dal 1842 al 1845, la seconda, più ampia, contiene le lettere dal 1842 al 1847; esiste, poi, nella Biblioteca del Museo Correr anche un secondo manoscritto di Driuzzo, datato 1845 e intitolato Miscellanea di Osservazioni sopra Medaglie antiche e vari altri oggetti del prete Francesco Driuzzo Veneziano (BMCVe, ms. P.D. c 224) il quale, però, non fa riferimento alla collezione Zoppetti e contie-ne soprattutto approfondimenti su monete antiche.50 Non va infine dimenticata la figura di Piero Voltolina, Conservatore onorario del Museo Correr, scomparso nel 2005, che si è dedicato a lun-go allo studio delle medaglie relative alla Repubblica di Venezia presenti nelle civiche raccolte veneziane, come testimoniano le sue numersose pubblicazioni.

28 Per un’analisi della ritrattistica dogale attraverso le medaglie v. Gorini, I Dogi e le medaglie, cit.29 G. Gorini, Monete e medaglie ai tempi del Giorgione, in I tempi di Gior-gione, a cura di R. Maschio, Roma 1994, pp. 151-155, alla p. 152. 30 Stahl, Numismatic portraiture, cit., p. 308. In realtà su tale ipotesi lo stesso Stahl avanza dei dubbi suggeriti essenzialmente dal fatto incon-sueto che Camelio avrebbe realizzato tali coni al di fuori dall’ambito della zecca dove la sua attività è documentata solo a partire dal 1484.31 Weiss, Vittore Camelio e la medaglistica del Rinascimento, in Rinasci-mento europeo e Rinascimento veneziano, a cura di V. Branca, Venezia 1967 (Civiltà europea e civiltà veneziana, 3), pp. 327-337, alla p. 329.32 Cfr. A. Saccocci, Aspetti artistici della monetazione italiana del Rinasci-mento, in A testa o croce, cit., pp. 11-65, alle pp.15-16.33 V. infra cat. 25. 34 Il «Capitolar dalle broche», cit., pp. 299, 332, 364, 409.35 Cfr. A. Foscari, M Tafuri, L’armonia e i conflitti. La chiesa di San France-sco della Vigna nella Venezia del ’500, Torino 1983, pp. 43-48.36 Inv. Papadopoli n. 16690.37 In effetti appare evidente che in questo caso non è stato utilizzato lo stesso conio della medaglia d’oro, ma si tratta di un’imitazione successi-va; v. G. Gorini, Lepanto nelle medaglie, in Il Mediterraneo nella seconda metà del ’500 alla luce di Lepanto, atti del convegno (Venezia, 8-10 ottobre 1971), a cura di G. Benzoni, Firenze 1974 (Civiltà veneziana. Studi, 30), pp. 153-162, alle pp. 159-160. 38 V. Lazari, Notizia delle opere d’arte e d’antichità della Raccolta Correr, Venezia 1859, p. 200.39 Sul lascito Correr e sull’istituzione di un museo civico v. G. Romanelli, «Vista cadere la patria…». Teodoro Correr tra “pietas” civile e collezioni-smo erudito, in Una città e il suo museo. Un secolo e mezzo di Collezioni Civiche Veneziane, in «Bollettino dei Civici Musei Veneziani d’Arte e di Storia», n.s., XXX, 1-4, 1986, Venezia 1988, pp. 13-25.40 Tale elenco è contenuto nell’inventario steso il 4 giugno 1852 in occa-sione della consegna dei beni della collezione Zoppetti al Comune (Ar-chivio del Museo Correr, 1851-1852, n. 231). Per il lascito Zoppetti cfr. anche G. Pavanello, Domenico Zoppetti, in Una città e il suo museo, cit., pp. 117-121 e F. Lugato, C. Tonini, Domenico Zoppetti, un collezionista tra accademia e rivoluzione, in Venezia Quarantotto. Episodi, luoghi e protago-nisti di una rivoluzione: 1848-49, a cura di G. Romanelli, M. Gottardi, F. Lugato, C. Tonini, catalogo della mostra, Venezia 1998, pp. 206-207.41 Archivio del Museo Correr, 1865-1866, n. 8. È appena il caso di ricor-dare che il massimo merito del Cicogna nei confronti del Museo Correr è costituito dal lascito dell’imponente e preziosa biblioteca, comprendente circa 40.000 volumi e 5000 manoscritti.42 Per quanto riguarda la figura del Cicogna e la sua donazione v. A. Do-rigato, Emmanuele Antonio Cicogna bibliofilo e cultore di patrie memorie, in Una città e il suo museo, cit., pp. 143-146; si veda inoltre P. Preto, ad vocem Cicogna, Emmanuele Antonio, in Dizionario Biografico degli Italia-ni, XXV, Chinzer-Cirni, Roma 1981, pp. 394-397.43 «Dal testamento 10 luglio 1855 e codicillo appare che la eredità dell’in-gegnere superiore di marina consisteva solo nel rateo di stipendio, e in quello di pensione quale membro dell’Istituto Veneto, in raccolte di mo-nete e medaglie veneziane, nei mobili, libri e oggetti di vestiario» (P. Rigobon, Gli eletti alle assemblee veneziane del 1848-49, Venezia 1950, p. 66). Molti dei suoi studi passarono all’amico Cicogna per poi confluire nella Biblioteca del Museo Correr.44 G. Castellani, Catalogo della raccolta numismatica Papadopoli-Aldo-brandini, Venezia 1925.

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Catalogo delle opere in collezioneCristina Crisafulli, Leonardo Mezzaroba

Abbreviazioni e scioglimenti(lettere) = lettere in nesso[lettere] = integrazioniCC = Cristina Crisafullid. = destraLM = Leonardo Mezzaroba prov. = provenienzas. = sinistra

N.B.: Sono state prese qui in considerazio-ne solo le medaglie veneziane con autore conosciuto o attribuito.La riproduzione fotografica delle medaglie è stata curata da Massimiliano Cadamuro del Centro di catalogo e produzione multi-mediale della Fondazione dei Musei Civici di Venezia.Le riproduzioni di monete, qui presentate come confronto, non riguardano, inve-ce, esemplari appartenenti alle collezioni numismatiche dei Musei Civici Veneziani e sono tratte dalle fonti qui di seguito in-dicate. Fig. 1: UBS Gold & Numismatics, Auction 75 (22 January 2008), lotto 1057; fig. 2: Classical Numismatic Group, Mail Bid Sale 58 (19 September 2001), lotto 55; fig. 3: LHS NumismatiK AG, Auction 96 (8 May 2006), lotto 1501; fig. 4: Classical Numismatic Group, Triton XI (8 January 2008), lotto 536; fig. 5: Gemini, LLC, Auc-tion IV (8 January 2008), lotto 408; fig. 6: Numismatica Ars Classica, Auction 49 (21 October 2008), lotto 286.

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17da Fano lavorava; quasi a significare che, anche quando operava a Venezia, l’artista era pur sempre al servizio del marchese di Mantova. Lo stesso ritratto della dogaressa ricorre anche in una medaglia a lei specifi-camente riservata (cfr. Hill, 1930, n. 408; Voltolina, 1998, n. 26).

2. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 89; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1587 [LM]

antonello grifo, detto antonello della moneta

Di questo autore non sono note né la data di nascita né quella di morte, ma il suo periodo di attività dovrebbe collocarsi tra il 1454 e il 1484 (Lorioli-Conti, 2004, p. 17). Oltre a essere incisore di matrici pres-so la zecca di Venezia come documentato nel «Capitolar dalle broche» (Il «Capitolar dalle broche», pp. 141, 144-146, 148, 152, 206, 220, 242), fu anche orefice e meda-glista.

3. Francesco Foscari, doge (1450-1457)ca. 1457D/ FRANCISCVS FOSCARI DVX; busto del doge a d. con corno e veste dogali;R/ VENETIA MAGNA; Venezia seduta di fronte su un seggio formato da due leoni tiene nella d. una spada e nella s. uno scudo recante un leone rampante; ai suoi piedi, due mezze figure di furie; in esergo, AN.AE; fusione; Ø mm 49; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 61; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 25; Heiss, 1887, p. 97, n. I/1; Catalogo Correr,

pietro da fano

Le poche notizie in nostro possesso su questo autore sono sostanzialmente lega-te alla sua produzione artistica. Formatosi alla scuola del veronese Matteo de’ Pasti, Pietro da Fano risulta attivo a Mantova, fra il 1452 e l’inizio del 1464, presso la corte di Ludovico III Gonzaga. A questo periodo risale una medaglia dedicata al marchese di Mantova (Hill, 1930, n. 407), ma lo stesso busto del marchese è ripro-dotto anche in una placchetta ottagonale conservata presso il Museo Nazionale del Bargello (Vannel, Toderi, 2003, n. 157). Il soggiorno mantovano venne interrotto da un viaggio a Venezia mentre era doge Pasquale Malipiero (quindi fra il 1457 e il 1462); in questa occasione Pietro da Fano realizzò il ritratto in medaglia del doge e della consorte Giovanna Dandolo.

1. Il doge Pasquale Malipiero (1457-1462) e la dogaressa Giovanna Dandoloca. 1460D/ PASQVALIS . MARIPETRVS . VENETVM . D . DVX (piccola corona); busto del doge a s., con corno e veste dogali;R/ INCLITE . IOHANNE . ALME . VRBIS . VENEZIAR . DVCISE; busto della dogaressa volto a s., con manto e berrettone.AE; fusione; Ø mm 91; Museo Correr, Cl. XXXIX, 50; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 35, n. 4, III, p. 5, B; Heiss, 1887, p. 110, n. I; Catalogo Correr, 1898, p. 11, n. 50; Hill, 1930, n. 409; Marcantoni, 1988, p. 69, n. I.94; Voltolina, 1998, n. 23.

La legenda del dritto della medaglia è interrotta da una piccola corona che gli studiosi identificano come simbolo di Ludovico III Gonzaga, per il quale Pietro

fig. 1. Marco Aurelio per Faustina II (160-176 d.C.)aureo, zecca di Roma

[3.]

18

[10.]

[14.]

[15.]

eliminare il fondo

19come nelle iscrizioni presenti in due altari a lui dedicati, dove il doge viene definito «inclitissimo et pientissimo» (Cicogna 1824-1858, VI, p. 580), o nel breve posto sotto il suo ritratto nella Sala del Gran Consiglio a Palazzo Ducale che così reci-ta: «Iustitiam colui pius, et si fata fuissent, Pro patria in Turcas Dux moriturus eram» (Sansovino, 1581, c. 245v). La rigorosità morale di questo personaggio così sotto-lineata sembra anche trasparire nella posa severa e austera del suo volto qui raffigu-rato.

11. Esemplare simile al precedenteD/ nel taglio, [(triangolo) ANT (triangolo)]AE; fusione; Ø mm 42; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1609

12. Esemplare simile al precedenteD/ nel taglio, [(triangolo)] AN[T (triangolo)]AE; fusione; Ø mm 40,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 5379

13. Esemplare simile al precedenteD/ nel taglio, [(triangolo)] AN[T (triangolo)]Pb; fusione; Ø mm 40; Papadopoli, n. 16930; prov. Papadopoli

14. Cristoforo Moro, doge (1462-1471)1462-1471D/ CRISTOFORVS (triangolo) MAVRO (triangolo) DVX (triangolo) (foglia d’edera) (triangolo); busto del doge a s. con corno e veste dogali; nel taglio del busto (triangolo) ANT (triangolo);

6. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 45; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1617

7. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 47; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1618

8. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 45; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1619

9. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 46; Papadopoli, n. 16929; prov. Papadopoli

10. Cristoforo Moro, doge (1462-1471)1462-1471D/ CRISTOFORVS (triangolo) MAVRO (triangolo) DVX (triangolo) (foglia d’edera) (triangolo); busto del doge a s. con corno e veste dogali; nel taglio del busto (triangolo) ANT (triangolo);R/ (triangolo) RELIGIONIS / (triangolo) ET / (triangolo) IVSTICIAE / (triangolo) CVLTOR (triangolo) / (foglia di vite); il tutto entro ghirlanda di quercia.AE; fusione; Ø mm 42; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1608

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 46, n. 1; Heiss, 1887, p. 105; Catalogo Correr, 1898, p. 14, n. 62; Hill, 1930, n. 411; Vol-tolina, 1998, n. 39.

Le qualità associate a Cristoforo Moro in questa medaglia, «religionis et iusticiae cultor», ritornano anche in altre fonti

1898, p. 14, n. 61; Hill, 1930, n. 410; Gori-ni, 1977, p. 55, n. 333; Hill, Pollard, 1967, p. 29, n. 136; Pollard, 1984-1985, n. 117; Marcantoni, 1988, p. 71, n. 98; Voltolina 1998, n. 8; Mezzaroba, 2004, p. 201, n. 12; Pollard et alii, 2007, n. 156.

Questa medaglia attribuita dallo Hill ad Antonio Gambello (v. saggio introdutti-vo a p. 8) mostra un dritto e un rovescio che si ispirano a opere d’arte del periodo. Il ritratto di Francesco Foscari riprende-rebbe quello del dipinto attribuito a Laz-zaro Bastiani conservato presso il Museo Correr (cfr. Burke, 1999, pp. 1087, 1102), mentre il rovescio con la Venezia-Giustizia sarebbe tratto dalla statua posta sopra la porta della Carta di Palazzo Ducale, opera di Bartolomeo Bon (cfr. Franzoi, Pignatti, Wolters 1990, pp. 142-144). Da sottoli-neare comunque che la raffigurazione di Venezia riprodotta nella medaglia come probabilmente quella scolpita nella statua tradiscono un modello iconografico classi-co comune: basti pensare al tipo della dea Cibele presente nelle monete emesse tra il II e l’inizio del III secolo d.C. per alcune Auguste, caratterizzato appunto da una figura femminile seduta tra due leoni: in particolare gli esemplari emessi da Marco Aurelio per Faustina II mostrano un’affini-tà anche epigrafica con questa medaglia in quanto presentano l’aggettivo Magna (fig. 1 e RIC, III, p. 270, n. 704 e p. 346, nn. 1663-1664).

4. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 46; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1615

5. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 46; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1616

20 R/ VENETIA MAGNA; Venezia seduta di fronte su un seggio formato da due leoni tiene nella d. una spada e nella s. uno scudo recante un leone rampante; ai suoi piedi due mezze figure di furie; in esergo, AN.AE; fusione; Ø mm 41; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 63; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 46, n. 2; Catalogo Correr, 1898, p. 14, n. 63; Hill, 1930, n. 411 nota; Voltolina, 1998, n. 40; Pollard et alii, 2007, n. 157.

La medaglia riprende il dritto di quella di Cristoforo Moro sopra descritta (n. 10) e mostra un rovescio molto simile a quello dell’esemplare di Francesco Foscari (n. 9) dal quale si differenzia, però, per alcuni particolari, come la divisione della legen-da. Tali diversità, anche se piccole, indu-cono a ritenere poco plausibile che questo pezzo possa essere considerato, seguendo lo Hill, un ibrido tra la medaglia di Fran-cesco Foscari e quella già illustrata di Cri-stoforo Moro.[CC]

marco guidizani

A parlarci di questo artista sono solo le quattro medaglie che recano la sua firma. Il fatto che esse si riferiscano a personaggi “veneziani” nella loro dimensione di co-mandanti dell’esercito (Bartolomeo Colle-oni, almeno a partire dal 1455) o di dogi (Pasquale Malipiero, fra il 1457-1462) o di cavalieri (Orsato Giustinian, nel 1459), consente di collocare l’attività del Guidi-zani a Venezia, nel periodo 1455-1462. Il Museo Correr conserva le medaglie rela-tive a tutti e tre i personaggi citati con la sola eccezione di una delle due medaglie dedicate al doge Pasquale Malipiero (cfr. Hill, 1930, n. 414; Voltolina, 1998, n. 25).

[16.]

21

[18.]

[20.]

22 logo Correr, 1898, p. 11, n. 49; Hill, 1930, n. 415; Voltolina, 1998, n. 24; Mezzaroba, 2004, pp. 201-202, n. 13.

L’iconografia del rovescio è fortemente allusiva della moderazione che caratte-rizzò il dogado di Pasquale Malipiero (1457-1462). La Pace vi è rappresentata come figura femminile seminuda, segno della propria lealtà; nella destra regge un ramo di palma a significare la vittoria sulla Guerra, i cui simboli, la spada e lo scudo, giacciono a terra.

19. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; difetto di fusione; Ø mm 61,2; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1597 [LM]

giovanni boldù

Poco si conosce di questo artista. Nelle sue medaglie si definisce pittore e con tale at-tributo appare anche in certi documenti, anche se di lui non sopravvive alcuna ope-ra pittorica. Le scarne notizie disponibili lo mostrano già adulto nel 1454. Nel 1473 fece testamento ed era ormai morto l’11 ottobre 1477 quando sua moglie appare già risposata (Mariacher, 1969, p. 269). A testimoniare la sua attività rimangono solo le medaglie, le quali tuttavia mostra-no un’elevata qualità artistica tanto da far ritenere Boldù uno dei più grandi meda-glisti della scuola veneziana.

20. Pietro Bono, musicista (1417-1497) 1457D/ . PETRVS . BONNVS . . ORP(HE)(VM) . SVPANS .; busto di Pietro Bono a s. con alto copricapo e tunica pieghettata;

porta un morbido copricapo rotondo ed è riccamente vestito;R/ . VOLONTAS . . SENATVS; un orso (simboleggiante, con le sue caratteristiche di forza e di valore, Orsato Giustinian) si protende verso i rami di una palma (simbolo di vittoria e gloria), mentre un leone (simbolo di Venezia), disteso, lo osserva; sulla s., a mezz’aria, una foglia d’edera; a d., OPVS / . M . GVI / DIZAN / I.AE; fusione; Ø mm 90,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 48; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 35, n. 2; Heiss, 1887, pp. 103-104, II; Catalogo Correr, 1898, p. 10, n. 48; Hill, 1930, n. 413; Voltolina, 1998, n. 33.

17. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 90; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1369

18. Pasquale Malipiero, doge (1457-1462)ca. 1457D/ . PASQ . MARIPE . VENETVM . DIGNISS . DVX . ET . P . P . ; busto del doge a d. con corno e veste dogali, entrambi finemente ricamati;R/ . PAX . AVGVSTA . ; la Pace, rappresentata come figura femminile, di fronte, con lunghi capelli e un mantello che copre la parte inferiore del corpo e poggia sul braccio d., porta un ramo di palma nella mano d. e una patera nella mano s.; per terra, uno scudo e una spada; a d., . OPVS . M . / GVIDIZA/ NI .AE; fusione; Ø mm 63; Museo Correr, Cl. XXXIX, 49; prov. Zoppetti

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 35, n. 3; Heiss, 1887, pp. 104-105, n. III; Cata-

15. Bartolomeo Colleoni, comandante dell’esercito veneziano (1400-1475)ca. 1455D/ . BARTHOL . CAPVT . LEONIS . MA . C . VE . SE . ; busto di Bartolomeo Colleoni a s., con capelli corti; porta un cappello morbido con l’orlo inferiore ripiegato; R/ IVSTIZIA . AVGVSTA . ET BENIGNITAS . PVBLICA . ; figura maschile, simboleggiante la Giustizia, nuda e volta a s., siede su di una corazza; con la mano s. sostiene un filo a piombo che passa all’interno di un anello, con la d. indica la parte verticale del filo; a d., OPVS . M . / GVIDIZA / NI .AE; fusione; Ø mm 76; Museo Correr, Cl. XXXIX, 47; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 34, n. 1; Heiss, 1887, pp. 98-103, n. I; Catalo-go Correr, 1898, p. 10, n. 47; Hill, 1930, n. 412; Voltolina, 1998, n. 29.

La medaglia potrebbe essere stata re-alizzata poco dopo il 10 marzo 1455, allorché il Colleoni si vide finalmente assegnare il comando dell’esercito della Serenissima; la cronologia però potrebbe essere spostata fino al 24 maggio 1458, in occasione del solenne conferimento del-le insegne di comando al Colleoni, nella Basilica di San Marco, alla presenza del doge Pasquale Malipiero (cfr. Voltolina, 1998, I, p. 46).

16. Orsato Giustinian, ambasciatore e comandante veneziano (m. 1464) ca. 1459D/ ORSATVS . IVSTINIANVS . P . VENETVS . ET . D . EQVES; busto di Orsato Giustinian, rappresentato in età avanzata, a d.;

23

fig. 2. Tarentum (circa 272-235 a.C.)statere, zecca di Tarentum, Calabria

[21.]

R/ . M . CCCC . LVII . OPVS . IOANIS . BOLDV . PICTORIS .; Genio nudo e alato, con piede d. sopra un ceppo, suona un liuto e siede su un’ara recante la scritta: OMNIVM PRINCEPS.PB; fusione; Ø mm 54; Museo Correr, n. 53; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, III, p. 36, n. 3; Heiss, 1887, pp. 107-108, n. III; Catalogo Correr, 1898, p. 12, n. 53; Hill, 1930, n. 416; Voltolina, 1998, n. 28.

La medaglia riecheggia il grande successo che otteneva all’epoca il musicista Pietro Bono, il quale veniva considerato uno dei migliori liutisti e la cui grandezza veniva esaltata nelle opere di molti umanisti; di questo personaggio tuttavia non soprav-vive alcuna musica (Meloncelli, 1970, pp. 289-291).

21. Filippo Maserano, poeta o musicista (secolo XV) 1457D/ . PHILIPPO . MASERANO . VE(NE)TO . (MV)SIS . DILECTO.; busto di Filippo Maserano a s. con veste ricamata;R/ Sopra, in arco, . VIR(TV)TI . OMNIA . PARENT .; sotto, in arco, MCCCC . LVII . OPVS . IOANIS . BOLDV . PICTORIS .; Arione laureato, semi-nudo, con mantello cavalca un delfino verso s. sopra le onde; sopra, in campo, . ARI-ONI . PB; fusione; Ø mm 70; Museo Correr, n. 55; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, III, p. 37, n. 5; Heiss, 1887, p. 108, n. IV; Catalogo Correr, 1898, p. 13, nn. 55-56; Hill, 1930, n. 417; Hill, Pollard, 1967, p. 29, n. 139; Marcantoni, 1988, p. 70, n. 96; Voltolina, 1998, n. 27; Pollard et alii, 2007, n. 160.

In questo esemplare, come in molti di quel-li eseguiti dall’artista, pur essendo presenti temi classici, questi risultano reinterpretati

24 in modo originale. Il tema di Arione su del-fino richiamerebbe, come già sottolineato dallo Heiss, la figura di Taras presente sugli stateri d’argento della zecca greca di Taran-to (fig. 2 e Vlasto, nn. 894-898); tuttavia l’artista qui reinterpreta il prototipo e lo ar-ricchisce di nuovi particolari come il ricco drappeggio che avvolge la figura. Anche la legenda richiama l’antichità riproducendo una famosa espressione sallustiana: «Quae homines arant, navigant, aedificant, virtuti omnia parent» (Sallustius, De Coniuratione Catilinae, II, 7-8), nobilitando così l’attivi-tà artistica di Maserano, sulla quale nulla è noto eccetto quanto indicato da questa me-daglia, e inserendola tra quelle virtuose cui l’uomo può dedicarsi. La legenda del dritto («musis dilecto») e la rappresentazione di Arione al rovescio permettono comunque di identificare il personaggio come un poe-ta o un musicista.

22. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 68; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 56; prov. Correr

23. Filippo de Vadi, fisico pisano (secolo XV)1457D/ . PHILIPPVS . DE (VA)DIS . DE . . PISIS . CHIRO(NE)M . SUPANS .; busto di Filippo de Vadi a s. con lunghi capelli e veste pieghettata;R/ . M . CCCC ° . LVII . OPVS . . IOANIS . BOLDV . PICTORIS .; personaggio in antichi abiti militari, stante di fronte sopra una ruota, tiene con entrambe le mani una spada di traverso; sopra il capo, due compassi aperti; sulle sue spalle, a s., una testa di volpe e, a d., una testa di ariete; sul petto della corazza, a d., un occhio; dietro le gambe, due chiavi incrociate; sul campo in basso, a s., un sole e, a d., un castello.

[23.]

25PB; fusione; forata; Ø mm 70; Museo Correr, n. 57; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, III, p. 37, n. 7; Heiss, 1887, pp. 109-110, n. VI; Catalogo Correr, 1898, p. 13, n. 57; Hill 1930, n. 419.

Anche qui i modelli classici, soprattutto statuari, traspaiono nella resa del perso-naggio elmato e corazzato, tuttavia l’estre-ma ricchezza di particolari e di figurazioni accessorie, spesso non facilmente intelle-gibili, rendono questa medaglia un chiaro esempio della matrice erudita rinascimen-tale da cui trae la sua ideazione.

24. Autoritratto1458D/ + Ιω(ΑΝΗ)c צײד ΜΠωΛ(ΑΝΤΟΥ) ;יוח׳נן כולדו ΖωΓΡΑΦ(ΟΥ) מונ יצײאbusto di Giovanni Boldù a s. con alto cappello e veste pieghettata;R/ . OPVS . IOANIS . BOLDV . PICTORIS . VENETI .; al centro un giovane uomo (Boldù?), seduto a s. su una roccia con la testa appoggiata alla mano d.; sotto di lui, un teschio; a s., una figura alata (la Fede) stante a d. con un calice; a d., un’anziana figura (la Penitenza) stante a s. con una frusta; in alto un sole raggiante; sotto, MCCC[C ° L]VIII.PB; fusione; forata; Ø mm 87; Museo Correr, n. 52; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, III, p. 36, n. 2; Heiss, 1887, p. 106, n. I/1; Cata-logo Correr, 1898, p. 11, nn. 52; Hill, 1930, n. 420; Hill, Pollard, 1967, p. 29, n. 141; Marcantoni, 1988, p. 70, n. 95; Voltolina, 1998, n. 30; Pollard et alii, 2007, n. 162.

Al dritto di questa medaglia l’artista si ri-trae nelle vesti di un uomo del suo tempo con alto cappello e veste pieghettata e si definisce, esprimendosi sia in greco che in

[24.]

26 ebraico e facendo così sfoggio di una vasta erudizione, un pittore.La raffigurazione del rovescio è la prima tra quelle di Boldù o a lui attribuite ad affrontare il tema della morte vista come motivo di disagio e afflizione: la nuova cultura umanista, rappresentata qui dalla figura di un giovane, forse l’artista stesso, rivalutando infatti l’uomo nella sua gran-dezza e nella sua unicità, non poteva più essere pienamente consolata dalla pro-messa cristiana di una vita ultraterrena (il sole raggiante presente nella medaglia), raggiungibile attraverso la Penitenza e la Fede.

25. Autoritratto1458D/ + ΙωΑΝΗC . ΜΠωΛ(ΑΝΤ)(ΟΥ) ΖωΓΡΑΦΟΥ ΒЄΝΑΙΤΙΑ .; busto nudo di Giovanni Boldù a s. con corona di edera;R/ . OPVS . IOA(NI)S . BOLDV . PICTORIS . VENE(TV)S . XOGRAFI .; sulla s., un giovane uomo (Boldù?) seduto a d. su una roccia con la testa tra le mani; davanti a lui, un bimbo alato (Genio della Morte) seduto di fronte con gli occhi chiusi, il braccio d. appoggiato su un teschio e una fiamma nella mano s.; sotto, . M . CCCC . LVIII .AE; fusione; Ø mm 87; Museo Correr, n. 51; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, III, p. 36, n. 1; Heiss, 1887, p. 107, n. I/2; Catalo-go Correr, 1898, p. 11, n. 51; Hill, 1930, n. 421; Hill, Pollard, 1967, p. 30, n. 142; Vol-tolina, 1998, n. 31; Pollard, 1984-1985, n. 119; Pollard et alii, 2007, n. 163.

La medaglia è sicuramente una delle più famose del Rinascimento Italiano. Al dritto abbiamo l’autoritratto dell’artista qui rap-presentato, diversamente da quella prece-dente, all’antica: nudo, a mezzo busto e con capigliatura a riccioli. I modelli per questa

fig. 3. Adriano per Antinoo (post 130 d.C.) bronzo, zecca di Mantinea/Arcadia

[25.]

27raffigurazione si possono ritrovare in alcuni ritratti monetali del II secolo d.C., in modo particolare, in quelli d’epoca adrianea dedi-cati al giovane Antinoo (fig. 3).Il rovescio riprende il tema del precedente esemplare, ma «mentre in quell’altro au-toritratto il Boldù aveva rappresentato un memento mori cristiano, l’elemento cristia-no è stato eliminato qui» e sostituito da «un memento mori espresso in un idioma schiettamente classico» (Weiss, 1963, p. 344). Questa scena del Boldù, caratte-rizzata dal putto con il teschio ebbe un notevole successo forse proprio per quei contrasti che la contraddistinguono: la di-sperazione dell’uomo e la tranquillità del putto, la giovinezza del putto stesso e la Morte che egli rappresenta. Tale raffigu-razione, introdotta per la prima volta dal medaglista veneziano, venne così ripresa in numerose opere di altri artisti non solo italiani ma anche nord-europei (Janson, 1937). Tra i più noti esempi un meda-glione marmoreo della Certosa di Parma (Janson, 1937. p. 430) e un medaglione bronzeo del Mausoleo di Marc’Antonio Martinengo ora conservato presso il Mu-seo Cristiano a Brescia (Morassi 1936, p. 242; Janson, 1937. p. 435).[CC]

attribuita a giovanni boldù

26. Antonino III (Caracalla), imperatore (198-217)1461D/ . ANTONINVS . . PIVS . AVGVSTVS .; busto laureato e drappeggiato dell’imperatore a s.;R/ . IO . SON . FINE .; raffigurazione simile alla precedente; sotto, . M . CCCC . LXVI .AE; fusione; Ø mm 90; Museo Correr, n. 54; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, III, p. 37, n. 4; Heiss, 1887, p. 107, n. II; Cata-[26.]

28 logo Correr, 1898, p. 12, nn. 54; Hill, 1930, n. 423; Hill, Pollard, 1967, p. 30, n. 143; Pollard, 1984-1985, n. 120; Pollard et alii, 2007, n. 164.

L’esemplare che ripropone nel rovescio lo stesso schema iconografico del preceden-te, presenta al dritto un ritratto la cui scar-sa qualità ha fatto dubitare più di qualche studioso sull’attribuzione di tale medaglia al Boldù. Il ritratto è quello di un giovane Caracalla come indica anche la legenda; questa, infatti, è ripresa esattamente dalle monete emesse da questo imperatore tra il 203 e il 210 d.C., quando egli era ancora associato nell’imperium al padre Settimio Severo (RIC, IV, I pp. 222-237, 281-290)

27. Esemplare simile al precedenteR/ [. M . CCCC . LXVI .]AE; fusione; Ø mm 87; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 3247

28. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 87; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 3248 [CC]

gentile bellini

Le notizie biografiche di questo celeberri-mo artista (Venezia, ca. 1429-1507) non hanno certo bisogno di essere riportate in questa sede; meno nota è invece l’attività medaglistica del Bellini che, a quanto è dato sapere, è limitata a una sola opera ma di grande prestigio (visto che riguarda il sultano turco Maometto II). A sua volta Bellini venne raffigurato in medaglia da Vettore Gambello detto il Camelio (v. infra n. 35).

[29.]

2929. Maometto II, sultano dei Turchi (1451-1481)ca. 1480D/ MAGNI SVLTANI MOHAMETI IMPERATORIS (piccolo fregio costituito da foglia); busto di Maometto II volto a s., appare con corta barba, il capo coperto da un turbante; indossa un caftano con un collo largo nella parte posteriore;R/ GENTILIS BELLINVS VENETVS EQVES AVRATVS COMESQ . PALATINVS . F . ; tre corone sovrapposte, rappresentanti i tre regni dell’impero di Maometto: la Grecia, l’Asia e Trebisonda.AE; fusione; forata; Ø mm 93,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 95; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 78; Hill, 1926, pp. 287-288; Hill, 1930, n. 432; Marcantoni, 1988, p. 70, n. 97; Voltolina, 1998, n. 75.

Accanto alle straordinarie capacità mili-tari, il sultano Maometto II evidenziò una grande propensione per le lettere e le arti; fu particolarmente affascinato dalla ritrat-tistica e, in apparente contraddizione con il carattere aniconico dell’arte islamica (ma il suo era un interesse puramente privato), cercò in Occidente degli artisti che fossero in grado di ritrarlo anche in medaglia. Spe-cifiche richieste vennero rivolte alle corti di Rimini, Firenze, Napoli e Venezia. Già nel 1461 Sigismondo Pandolfo Malatesta inviò a Istanbul Matteo de’ Pasti, ma il suo viaggio non fu fortunato (cfr. Hill, 1926, p. 292). Il medaglista Costanzo da Ferrara in-vece soggiornò a Costantinopoli per lungo tempo nel corso del decennio 1470 e vi re-alizzò la medaglia più riuscita di Maomet-to II (Hill, 1930, n. 322; Voltolina, 1998, n. 80; Museo Correr, Cl. XXXIX, 96); ma altre ne furono eseguite forse da Antonio Marescotti (Voltolina, 1998, n. 49; Museo Correr, Cl. XXXIX, 2956) e da altri anonimi

[31.]

30 autori (cfr. Hill, 1930, n. 1202; Voltolina, 1998, n. 35). Gentile Bellini fu inviato da Venezia nel 1479 ed eseguì il celebre dipin-to, ora alla National Gallery; l’artista scelse poi (forse nel 1480) di riproporre il ritratto in medaglia con le medesime caratteristi-che. In particolare vi si notano le tre corone che dovrebbero simboleggiare i tre regni dell’Impero di Maometto II: la Grecia, l’Asia e Trebisonda. Al momento della partenza del Bellini da Costantinopoli, Maometto II gli fece dono di una medaglia d’oro, con diploma, riportante iscrizioni arabe da una parte e il suo monogramma dall’altra.È probabile che, ritornato a Venezia, il Bel-lini abbia ripreso e replicato la medaglia apportando anche una piccola e miste-riosa aggiunta alla legenda del dritto, una «F» subito prima del nome «MOHAME-TI» (cfr. Voltolina, 1998, n. 75 bis). Alla medaglia del Bellini si sarebbe infine ispi-rato Bertoldo di Giovanni per una sua me-daglia di Maometto II, realizzata a Firenze (cfr. Hill, 1926, p. 290).

30. Esemplare simile al precedente R/ Liscio.AE; fusione; Ø mm 92; Museo Correr, Cl. XXXIX, 2954[LM]

girolamo todeschini

È opinione ormai condivisa che, sotto la si-gla «G T F», che compare su quattro meda-glie di grande modulo dedicate ad altrettan-ti personaggi veneziani della seconda metà del XV secolo, si celi il nome di Girolamo Todeschini (la «F» finale, verosimilmente, sta per fecit). Di questo artista non sappia-mo nulla e, come in altri casi, dobbiamo limitarci a ritenere che egli fosse attivo a Venezia negli ultimi decenni del Quattro-cento in considerazione dei personaggi da lui raffigurati: Nicolò Marcello, Giovan-ni Mocenigo, Zaccaria Barbaro e Stefano

[32.]

eliminare il fondo

31vittore gambello detto camelio

Camelio fu un artista eclettico essendo stato scultore, incisore, orafo, armaiolo e medaglista. Lasciò una profonda impronta nella storia della medaglia: a lui si deve la reintroduzione e la diffusione della tecni-ca della coniazione. La sua data di nascita si deve collocare tra il 1450 e il 1455, dal momento che fonti recentemente reperite lo mostrano già adulto nel 1473, anno in cui risulta avere fatto da testimone per un testamento (Markham Schultz, 1999, p. 90). Compatibile con questa nuova docu-mentazione risulterebbe anche la possibile attribuzione a questo artista dei coni della lira tron (1472) (Stahl, 2001, p. 308). Dal 18 settembre del 1484 disponiamo di vari documenti che ci attestano la sua attività nella zecca di Venezia dove fu lungamente attivo (v. Il «Capitolar dalle broche», pp. 205-206, 220, 272, 279). Nel 1510 il suo salario come maestro di zecca fu diminu-ito a causa delle ristrettezze finanziarie dovute alla guerra, fatto che lo costrinse a cercare un impiego più remunerativo a Roma, dove nel 1515 fu nominato incisore a vita della zecca papale. L’impiego roma-no tuttavia si interruppe nel 1517 quando Camelio fu assunto di nuovo nella zecca veneziana. Morì nel 1537.

34. Sisto IV, papa (1471-1484)1475?D/ SIXTVS (triangolo) IIII (triangolo) PONTIFEX MAXIMVS (triangolo) VRBE (triangolo) RES(TA)VRATA (triangolo); busto del papa a s. con tiara sopra camauro e cappa;R/ A s., il papa seduto in trono a d., affiancato da due cardinali, concede udienza; a d., alcuni fedeli inginocchiati, altri in piedi; sullo sfondo la prospettiva di un edificio sopra il quale sta una figura; in esergo, . O P . / . VICTORIS . / . CAMELIO . / . VE .

busto del doge a s. con corno e veste dogali finemente ricamati. Nel taglio del busto: . G . T . F . ;R/ IN NOMINE IESV OMNE GENVFLECTATVR CELESTIV TERESTRIV INFERNO; simbolo della Compagnia dei poveri Gesuati, costituito da monogramma di Gesù «IHS», circondato da raggi e lingue di fuoco.AE; fusione; forata; Ø mm 96; Museo Correr, Cl. XXXIX, 72; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 57, n. 3; III, p. 13, a; Heiss, 1887, p. 113, n. III; Catalogo Correr, 1898, p. 16, n. 72; Hill, 1930, n. 434; Gorini, 1986, pp. 312-313, n. 254; Voltolina, 1998, n. 55.

Un ritratto del doge Marcello, per molti versi simile, appare anche in due altre medaglie anonime (Hill, 1930, n. 494; Voltolina, 1998, nn. 56 e 60). Secondo alcuni studiosi, proprio dalla medaglia del Marcello avrebbero tratto ispirazione Tiziano e Gentile (o Giovanni) Bellini per le loro raffigurazioni di questo doge (conservate rispettivamente alla Pinacoteca Vaticana e alla National Gallery di Londra). Il rovescio invece testimonia la devozione del personaggio per la Compagnia dei poveri Gesuati (Da Mosto, 1977, pp. 191-192). Egli infatti, una volta eletto, volle ricevere, in ginocchio, il corno dogale dalle mani di due frati Gesuati. In questo modo sembra intendesse riparare pubblicamente, quale massima autorità dello Stato, alle gravi e ingiuste accuse che erano state mosse ai Gesuati presso Papa Eugenio IV; per queste essi erano stati processati e, solo dopo vari anni, riconosciuti innocenti.

33. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 95,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1585[LM]

Memmo (cfr. Voltolina, 1998, III, p. 861). Il modellato raffinato e il modesto rilievo delle medaglie hanno fatto ipotizzare che il Tode-schini dovesse essere un abilissimo incisore di monete (Heiss, 1887, p. 112). Presso il Museo Correr sono conservati alcuni esem-plari di medaglie relativi al doge Marcello e al Barbaro, mentre della medaglia del doge Mocenigo esiste una copia ottenuta con la tecnica della galvanoplastica.

31. Zaccaria Barbaro, patrizio veneto (ca. 1422-1492) ca. 1487D/ ZACHARIAS . BARBARO . INSIGNIS . EQVES . P . V . ; busto di Zaccaria Barbaro a s. con berretto, toga e stola ricamata sulle spalle; nel taglio del busto, . G . T . F ;R/ Liscio.PB con tracce di doratura; fusione; Ø mm 113; Museo Correr, Cl. XXXIX, 71; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 57, n. 1; Heiss, 1887, p. 112, n. I; Catalogo Correr, 1898, p. 16, n. 71; Hill, 1930, n. 433; Voltolina, 1998, n. 104.

Nel 1487 Zaccaria Barbaro visse un mo-mento di straordinaria gloria, culminato nell’elezione a Procuratore di San Marco de citra (14 marzo); ad alcuni studiosi è sembrato legittimo ipotizzare la realizza-zione della medaglia in quest’anno (Heiss, 1887, p. 112).

* Questa medaglia, per motivi redaziona-li, è riprodotta in scala ridotta rispetto alla grandezza naturale.

32. Nicolò Marcello, doge (1473-1474)ca. 1473D/ . NICOLAVS . MARCELLVS . DVX . ;

32 Purtroppo questo esemplare, non ripro-ducendo il rovescio della medaglia, ci impedisce di apprezzare qui a pieno la qualità dell’artista, che fu però sottoline-ata da Castaldo stesso in un suo sonetto dedicato a Camelio: «… Alcun di que’ che per felice sorte / In vivo intaglio son posti da lui / Non tema oltraggio di tempo o di morte». Curiosamente tali versi, assieme a una minuziosa descrizione di questa me-daglia (Farsetti 1757, pp. 22-23), ci sono riportati dal nobile veneziano Tommaso Giuseppe Farsetti il quale, oltre che essere un letterato, possedeva una ricca colle-zione di medaglie, come lui stesso sotto-linea, raccolta che fu poi lasciata allo Stato di Venezia e tuttora conservata presso la Galleria G. Franchetti alla Ca’ d’Oro (sulla collezione Farsetti v. Crisafulli, 1997; Ca-sarotto, 2005)

37. Domenico Grimani, cardinale (1493-1523)1513-1517?D/ DOMINICVS (triangolo) CARDINALIS (triangolo) GRIMANVS (triangolo); busto del cardinale a s. con testa tosata e indossante la mozzetta;R/ A s., THEOLOGIA; a d., PHILOSOPHIA; a s., la Teologia, stante a d. sotto una palma, prende il braccio della Filosofia che è seduta a s. sotto un albero con un libro aperto nella mano s.; la Teologia punta la mano verso una nube raggiante; in esergo, . V . C . F .AE; fusione; Ø mm 54; Cl. XXXIX, n. 112; prov. Correr

Bibliografia: Lazari, 1859, p. 182, n. 4; Ar-mand, 1883-1887, I, p. 116, n. 8; Heiss, 1887, p. 125, n. VII/2; Catalogo Correr, 1898, p. 23, n. 112; Hill 1930, n. 443; Vol-tolina, 1998, n. 162.

La medaglia riprende, nelle tipologie, un’al-tra attribuita a un artista di scuola romana

indossante un berretto, una veste e una catena con un medaglione;R/(tre foglie di vite incise) / GENTILI TRIBVIT / QVOD POTVIT VIRO / NATVRA HOC PO / TVIT VICTOR / ET ADDIDIT.PB; fusione; Ø mm 65; Museo Correr, Cl. XXXIX, n.108; prov. Correr

Bibliografia: Lazari, 1859, p. 182, n. 5; Ar-mand, 1883-1887, I, p. 114, n. 1; Heiss, 1887, p. 122, n. II; Catalogo Correr, 1898, p. 23, n. 108; Hill, 1930, n. 439; Hill, Pol-lard, 1967, p. 31, n. 147; Voltolina, 1998, n. 105; Pollard et alii, 2007, n. 169.

La medaglia mostra come lo stesso Camelio avesse consapevolezza delle proprie doti artistiche, qui felicemente espresse nel ritratto del pittore venezia-no. Il rovescio infatti si presenta come un’autocelebrazione con la quale l’arti-sta dichiara di aver non solo eguagliato la natura, ma di averla persino superata nel raffigurare il Bellini: «Evidentemen-te la modestia non era tra le sue debolez-ze!» (Weiss, 1967, p. 332). La datazione della medaglia è basata sulla presunta età dell’effigiato, che appare intorno alla settantina.

36. Cornelio Castaldo, giureconsulto e poeta (ca. 1480-1537)post 1510D/ CORNELIVS CASTALIDVS FELTRIEN (triangolo) IVRIS CON (triangolo); busto di Cornelio Castaldo a s. con lunghi capelli e veste;R/ LiscioAE; fusione; Ø mm 62; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1411

Bibliografia: Lazari, 1859, p. 183, n. 8 (per il D/); Armand, 1883-1887, I, p. 115, n. 5; Heiss, 1887, p. 124, n. V; Hill, 1930, n. 441; Voltolina, 1998, n. 230.

AE; fusione; Ø mm 51; Museo Correr, Cl. XXXIX, n.113; prov. Correr

Bibliografia: Lazari, 1859, p. 182, n. 1; Ar-mand, 1883-1887, I, p. 116, n. 9; Heiss, 1887, pp. 127-128, n. IX; Catalogo Correr, p. 25, n. 113; Hill, 1930, n. 437; Weiss, 1961, pp. 24-25; Hill, Pollard, 1967, p. 31, n. 145; Pollard, 1984-1985, n. 121; Mode-sti, 2002, n. 135; Pollard et alii, 2007, n. 167.

La datazione di questa medaglia, non re-alizzata a Venezia, come suggerisce la precisazione altrimenti superflua della cittadinanza dopo il nome dell’artista, ma presumibilmente a Roma, appare piuttosto controversa. La data 1475, suggerita da un esemplare conservato a Berlino che reca inciso tale anno, veniva comunemente scartata (v. Weiss, 1967, p. 331 e Modesti, 2002), perché ritenuta troppo alta e non compatibile con l’età di Camelio: Weiss suggeriva allora il periodo 1481-1484 e Modesti più precisamente l’anno 1482, perché costituiva una fase in cui i rapporti tra Roma e Venezia furono buoni. Tutta-via ora la questione deve essere rivista e il 1475 nuovamente essere preso in conside-razione alla luce della nuova documenta-zione: in quell’anno, come già precedente-mente sottolineato, l’artista doveva essere già adulto e probabilmente già attivo. Che si tratti di un’opera giovanile dell’arti-sta si può arguire, oltre che dalla poca in-cisività del ritratto, anche dalla mancanza di originalità riscontrabile al rovescio che copia quello di un esemplare eseguito da Cristoforo Geremia per Papa Paolo II (Mo-desti, 2002, n. 111).

35. Gentile Bellini, pittore (1429-1507)ca. 1500D/ GENTILIS BELINVS VENETVS (triangolo) EQVES COMESQ (triangolo); busto di Gentile Bellini a s.

33

[34.]

[35.]

[36.]

34 Costituisce una delle più belle medaglie del Camelio nella quale l’elemento classico rappresenta la caratteristica predominan-te. Se nel modulo e nella forma delle let-tere tale medaglia richiama i sesterzi alto-imperiali, nella raffigurazione del dritto, l’impostazione del busto e il trattamento dei capelli rivisitano i ritratti della famiglia giulio-claudia. Anche il rovescio propone una scena di gusto classico dominata dalla preparazione di un sacrificio; tuttavia lo schema compositivo appare originale.

41. Rappresentazione classicaca. 1510-1530D/ Figura maschile stante a s., vista di spalle, che trasporta un cervo morto; dietro questa, Pan seduto a s. con altre due figure (satiri?) sullo sfondo; a s., una figura seduta e due putti che suonano;R/ Altare quadrato sopra il quale sta un tripode fiammeggiante; a s., un ariete e una capra legati all’altare; a d., un albero ai cui piedi sta una pelle d’animale; sotto, strumenti sacrificali; in esergo, V . CAMELIO.AE; fusione (originale coniato); Ø mm 31; Cl. XXXIX, n. 115; prov. Casoni

Bibliografia: Lazari, 1859, p. 183, n. 11; Armand, 1883-1887, I, p. 117, n. 13; Cata-logo Correr, 1898, p. 25, n. 115; Hill, 1930, n. 447; Hill, Pollard, 1967, p. 31, n. 150a.

Come l’esemplare precedente, questa meda-glia si inserisce in quella serie in cui Came-lio più direttamente si propone di emulare i prodotti artistici classici. Come possiamo notare, anche in questo caso non si tratta di una mera imitazione dell’antico, ma l’arti-sta crea una scena inedita, pur ispirandosi a modelli antichi come quelli che possiamo riscontrare in alcune monete romane pro-vinciali in cui Ercole appare raffigurato con il cinghiale calidonio sulle spalle (fig. 4), in uno schema iconografico molto simile a

ne. Il rovescio, costituito dal solo elemento epigrafico, sembrerebbe, come già sottoli-neato da Hill, essere ripreso negli attributi dalla dedica del Sabellico ad Agostino Bar-barigo, inserita nell’edizione di Svetonio da lui commentata (Sabellico, 1491), nella quale appunto si può leggere: «quod vero iuris et aequitatis cultus ut si quando alias nunc maxime toto Veneto floret imperio, quod religio et innocentia passim omnibus alludunt…non fortunae tantum sed ae-quitate etiam tuae prudentiae et religioni damus». Difficile, però, definire l’ordine cronologico tra la dedica e la medaglia e appurare se entrambi questi documenti ab-biano avuto una fonte comune.

39. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 34; Papadopoli, n. 16932; prov. Papadopoli.

40. Autoritratto1508D/ VICTOR CAMELIVS SVI IPSIVS EFFIGIATOR MDVIII; testa nuda di Camelio a d.;R/ Sopra, FAVE FOR; scena di un sacrificio: al centro, un altare sopra il quale stanno i resti di una vittima e al cui fianco stanno due capre; in primo piano, tre uomini nudi, uno poggiante su un cippo, uno con una torcia e uno con un fagotto sulla spalla; sullo sfondo, un bambino, due uomini e una donna; in esergo, SACRIF.AE; fusione (originale coniato); Ø mm 36; Papadopoli, n. 16935; prov. Papadopoli

Bibliografia: Lazari, 1859, p. 183, n. 9; Ar-mand, 1883-1887, I, p. 115, n. 3; Heiss, 1887, pp. 123-124, n. IV; Catalogo Correr, 1898, p. 23, n. 109; Hill, 1930, n. 446; Hill, Pollard, 1967, p. 31, n. 148.

(Hill, 1930, n. 863), dalla quale tuttavia si distingue per la resa del ritratto, molto più accurata. La somiglianza dei lineamenti di questo dritto con il busto effigiato nel me-daglione d’argento dorato (Hill, 1930, 455) posto sulla coperta del celebre breviario Grimani (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Breviarium secundum consuetudi-nem Romanae curiae, appartenuto ai Grima-ni, cod. Lat. I, 99 [=2138]) fa ritenere che anche il pezzo a ornamento del codice mar-ciano sia opera del Camelio (Lazari, 1859, p. 183) o perlomeno, seguendo Hill, che questo sia stato copiato dalla sua medaglia.La cronologia di tale esemplare risulta piuttosto incerta: Weiss (Weiss, 1967, p. 333) la data ai primi anni del Cinquecen-to, ritenendola contemporanea a quella per Francesco Fasiol, morto nel 1509; Hill la associa invece al periodo romano di Ca-melio (1513-1517) e Voltolina, da ultimo, al 1513, quando il Grimani risultò essere un candidato al seggio papale rimasto libe-ro con la morte di Giulio II.

38. Agostino Barbarigo, doge (1486-1501)1486-1501D/ (fiore) . AVGVSTIN . BARBADIC . VENETOR . DVX .; busto del doge a s. con lunga barba, indossante copricapo e veste dogali;R/ (foglia di vite) / AEQVITATIS / ET . INNOCENTI / AE . CVLTVS . /. VICTORIS . / . CAM . / . V .AE; fusione (originale coniato); Ø mm 35; Cl. XXXIX, n. 107; prov. Correr

Bibliografia: Lazari, 1859, p. 182, n. 2; Ar-mand, 1883-1887, I, p. 117, n. 11; Heiss, 1887, p. 121, n. I/1; Catalogo Correr, 1898, p. 23, n. 107; Hill, 1930, n. 444; Gorini, 1977, p. 56, n. 336; Voltolina, 1998, n. 1278.

La medaglia rappresenta la prima realizza-ta da Camelio con la tecnica della coniazio-

35quello qui riprodotto. Nonostante l’estrema finezza nell’esecuzione, la mancanza di uno stretto riferimento alla contemporaneità e di uno scopo celebrativo apparente ha fatto dubitare che questo esemplare, così come quello descritto sotto al n. 43, sia da inseri-re propriamente nella classe delle medaglie (Weiss. 1967, p. 336).

42. Nicolò Tron, doge (1471-1473) Rappresentazione classica 1472 ca./1510-1530D/ (foglia) (triangolo) NICOLAVS TRONVS (triangolo) DVX; busto barbato del doge a s. con corno dogale; sotto, un ramo con tre foglie d’edera; R/ simile al dritto del precedente esemplare;PB; fusione (originale coniato); Ø mm 31; Cl. XXXIX, n. 114; prov. Correr

Bibliografia: CNI, VII, p. 147, n. 23 (per il D/); Catalogo Correr, p. 25, n. 114 (per il R/); Hill, 1930, n. 447; Voltolina, 1998, n. 50.

Questo esemplare, conservato unicamente al Museo Correr, come già sottolineato nel saggio introduttivo (p. 10) risulta essere un documento particolarmente interessante poiché ha permesso di suggerire, pur con non poche perplessità, il nome di Camelio come responsabile dell’incisione dei coni della lira tron, la prima moneta veramen-te circolante con il ritratto fisionomico del doge (Stahl, 2001, p. 308). Si tratta infatti di un ibrido eseguito accoppiando il dritto della lira con il dritto della medaglia prece-dente, la cui paternità è assodata grazie alla firma dell’artista in essa presente.

43. Autoritratto (?)ca. 1510-1530D/ Testa nuda di Camelio (?) a s.;

[37.]

[38.]

[40.]

[41.]

fig. 4. Antonino Pio (146-147)dracma di bronzo, zecca di Alexandria/Aegyptus

36 Bibliografia: Armand, 1883-1887, II, p. 70, n. 1; Heiss, 1887, p. 152, n. 1; Catalogo Correr, 1898, p. 69, n. 336; Hill, 1930, n. 449; Hill, Pollard, 1967, p. 32, n. 151; Vol-tolina, 1998, n. 1273; Pollard et alii, 2007, n. 172.

La medaglia, come molte delle preceden-ti e delle seguenti, mostra la predilezione dell’artista a realizzare i busti dei perso-naggi tanto che, spesso, al rovescio delle sue medaglie compaiono solo elementi epigrafici o raffigurazioni poco originali. Il rovescio deve essere allora interpretato in questi casi come un mero corollario del dritto. La legenda riproduce con pic-cole varianti il breve posto sotto il ritrat-to di Marco Barbarigo nella Sala del Gran Consiglio a Palazzo Ducale: «Servavi mor-bo Patriam, belloque fameque. Iustitiam colui, plus dare non potui» (Sansovino, 1581, c. 250v); il riferimento sarebbe alla pace di Bagnolo del 1471 in occasione del-la quale Marco Barbarigo aveva rappresen-tato Venezia.

45. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 75; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1583

46. Esemplare simile al precedentePB; fusione; Ø mm 76; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1584

47. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 77; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 3640

48. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 76; Museo Correr, n. 3641

R/ Mercurio, seduto a d. su un ceppo sotto un lungo germoglio, tiene con entrambe le mani il ginocchio s.; di fronte, un caduceo alato sopra una corazza su cui sono addossati una corazza, un elmo e uno scudo; dietro, una civetta; in esergo, V . CAMELIOAE; fusione (originale coniato); Ø mm 30; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 110; prov. Correr

Bibliografia: Lazari, 1859, p. 183, n. 10; Armand, 1883-1887, I, p. 117, n. 4; Heiss, 1887, p. 124, n. IV; Catalogo Correr, 1898, p. 24, n. 110; Hill, 1930, n. 448; Hill, Pol-lard, 1967, p. 31, n. 150; Gorini, 1977, p. 56, n. 337; Voltolina, 1998, n. 164; Pollard et alii, 2007, n. 171.

Il ritratto posto al dritto di questa me-daglia, per la somiglianza con quello dell’esemplare descritto sopra al n. 40, è stato interpretato come un autoritratto; tuttavia qui il modello del busto sembra essere più strettamente somigliante a quel-lo dell’imperatore Augusto. Il rovescio, come riferisce Hill, sembra rispecchia-re nella struttura compositiva la statua dell’«Ares Ludovisi».[CC]

attribuite a vittore gambello

44. Marco Barbarigo, doge (1485-1486)1485-1486D/ MARCVS . BARBADICO • DVX • VENECIAR • ; busto del doge a d. con copricapo, veste e stola dogali;R/ Entro corona d’edera, SER / VAVI : BE / LLO PATRIAM /MORBOQVE FAME / QVE : /IVSTITIAM FO / VI PLVS DA / RE . NON / POTV / I. AE; fusione; Ø mm 75; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 336; prov. Correr

[42.]

[43.]

3749. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 78; Museo Correr, n. 3642

50. Leonardo Loredan, doge (1501-1521)ca. 1501-1510D/ LEONAR (triangolo) LAVREDANVS (triangolo) DVX (triangolo) VENETIAR (triangolo) ET (triangolo) C ( triangolo); busto del doge a s. con copricapo e veste dogali;R/ AEQVITAS (fiore) PRINCIPIS; l’Equità stante a s. con bilancia e scettro; in esergo, fiore.AE; fusione; Ø mm 61; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 379; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, II, p. 124, n. 1; Heiss, 1887, p. 154, n. 1; Catalo-go Correr, 1898, p. 69, n. 379; Hill, 1930, n. 452; Hill, Pollard, 1967, p. 32, n. 152; Voltolina, 1998, n. 194; Mezzaroba, 2004, p. 202, n. 14; Pollard et alii, 2007, n. 174.

Questo ritratto dogale è accompagnato, al rovescio, da una raffigurazione ripresa da un modello molto diffuso nelle mone-te emesse nei primi tre secoli dell’impero romano: si vedano, in modo particolare, i sesterzi emessi da Vespasiano recanti la legenda AEQVITAS AVGVSTI (cfr. fig. 5 e RIC, II2, I, tav. 27, n. 286).

51. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 60; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1592

52. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 61; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1593

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38

fig. 5. Vespasiano (71 d.C.)asse, zecca di Roma

[51.]

[53.]

[55.]

39Di aspetto più simile a una moneta che a una medaglia, anche questo esemplare propone il tipo già visto di Venezia nelle vesti della Giustizia.

60. Leonardo Loredan, doge (1501-1521)1501-1521D/ LEONARDVS LAVREDANVS DVX VENETIAR; busto del doge a s. con copricapo e veste dogali;R/ LAVRE DATO VT [SOLITA] ES VENETIS NOVA SERTA [TRI]VMPHIS; un trofeo di armi ai piedi di un albero di alloro; sullo sfondo, un combattimento di cavalleria.AE; fusione (originale coniato); Ø mm 38; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 376; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, III, p. 205, n. A; Catalogo Correr, 1898, p. 69, n. 376; Hill, 1930, n. 459; Voltolina, 1998, n. 195.

61. Esemplare simile al precedente R/ LAVRE DATO VT SOLITA ES VENETIS NOVA SERTA TRIVMPHISAE; fusione (originale coniato); Ø mm 33; Papadopoli, n. 16933; prov. Papadopoli

62. Andrea Gritti, doge (1523-1536)1523D/ ANDREAS GRITI DVX VENET; busto del doge a s. con barba corta, indossante veste e corno dogali; sotto, foglia di vite;R/ MV[N]VS DATVM NOBILIB VENET; San Marco seduto a d. scrive su di un alto scranno; in esergo, . S . M . V .AE; fusione (originale coniato); Ø mm

La medaglia riprende il rovescio di quel-le eseguite da Antonello della Moneta, ma vi sono presenti anche richiami ad altri tipi classici, diffusi nella moneta-zione romana imperiale, quali per esem-pio l’Aequitas seduta con bilancia e cor-nucopia.

56. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 68; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1588

57. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 68; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1590

58. Esemplare simile al precedente R/ LiscioAE; fusione; Ø mm 68; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 1589

59. Agostino Barbarigo, doge (1486-1501)1486-1501D/ (triangolo) AVGVSTINVS . BARBADIC . VENETOR . DVX; busto del doge a s. con lunga barba, indossante copricapo e veste dogali;R/ Venezia, seduta a s. su un trono sostenuto da un leone, tiene una spada nella mano d.; dietro di lei, armi.AE; fusione (originale coniato); Ø mm 31; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 335; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, II, p. 70, n. 4; Heiss, 1887, p. 121, n. I/2; Catalogo Correr, 1898, p. 63, n. 335; Hill, 1930, n. 458; Hill, Pollard, 1967, p. 32, n. 155; Vol-tolina, 1998, n. 1276.

53. Leonardo Loredan, doge (1501-1521)post 1521D/ LEONARDVS LAVREDAN DVX VENETIAR; busto del doge a s. con copricapo e veste dogali;R/ (rosetta) / OPTIMI / PRINCIPIS / MEMORIA / (rosetta)AE; fusione; Ø mm 25; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 377; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, II, p. 124, n. 2; Catalogo Correr, 1898, p. 69, n. 377; Hill, 1930, n. 453; Voltolina, 1998, n. 193.

54. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 25; Papadopoli, n. 16934; prov. Papadopoli

55. Andrea Gritti, doge (1523-1536)ca. 1533D/ ANDREAS (triangolo) GRITI (triangolo) DVX (triangolo) VENETIAR (triangolo) ET (triangolo) C (foglia); busto del doge a s. con barba corta, indossante copricapo e veste dogali;R/ Venezia incoronata, seduta a s. su un trono supportato da due leoni, tiene una bilancia e una cornucopia; dietro di lei, armi; sullo sfondo, navi sul mare; in esergo (triangolo) VENETAE; fusione; Ø mm 68; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 411; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, II, p. 174, n. 3; Heiss, 1887, p. 156, n. 2; Ca-talogo Correr, 1898, p. 74, n. 411; Hill, 1930, n. 456; Hill, Pollard, 1967, p. 32, n. 153; Voltolina, 1998, n. 204; Mezzaroba, 2004, pp. 202-203, n. 15; Pollard et alii, 2005, n. 176.

40 33; Museo Correr, Cl. XXXIX, n. 413; prov. Correr

Bibliografia: Catalogo Correr, 1898, p. 74, n. 413; Papadopoli, 1907, pp. 144-145, 171; CNI, VII, p. 284, n. 388; Hill 1930, n. 461.

Questo esemplare risulta essere una copia della prova per la prima osella, moneta che, proprio a partire da An-drea Gritti, il doge avrebbe distribuito come dono natalizio ai nobili veneziani al posto del classico dono degli uccelli. Tale prova fu però respinta (v. Papado-poli, 1893-1919, II, pp. 144-145): anche l’osella, infatti, in quanto moneta, ave-va un valore regolato attraverso tariffe e doveva quindi rispettare la legge emessa nel 1472, che proibiva nelle emissioni monetali il ritratto dogale (v. anche sag-gio introduttivo p. 10)

63. Andrea Gritti, doge (1523-1536)1534D/ ANDREAS . GRITI . DVX . VENETIAR; busto del doge a s. con veste e corno dogali; sotto, ramo d’ulivo; la legenda è posta tra due cerchi puntinati; R/ (foglia) DIVI (foglia) (foglia) FRANCISCI (foglia); facciata di San Francesco della Vigna con torre sullo sfondo;AE; fusione (originale coniato); Ø mm 36; Museo Correr, n. 412; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, III, p. 233, n. A; Heiss, 1887, p. 135, n. I/2; Cata-logo Correr, 1898, p. 74, n. 412 Hill, 1930, n. 463; Voltolina, 1998, n. 286.

La medaglia costituisce un importante do-cumento storico in quanto il prospetto qui raffigurato sembra possa rappresentare uno dei due progetti preparati per la costruzio-

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42 La medaglia reca una sigla formata da una «I» e da una «O» in nesso, seguite da una «F»; sigla variamente interpretata in Ioan-nes Fecit oppure Ioannes Faletro (coeren-temente con il nome Ioannes Faletro con cui l’autore firmò la medaglia per il «prete Marco»). Assai più problematica appare invece l’interpretazione che fa corrispon-dere, alle due lettere in nesso, una «phi» greca (Φ); ne risulterebbe un Phaletros (Falier) Fecit con un’evidente incoerenza fra le due medaglie per quanto riguarda la firma (cfr. Hill, 1930, pp. 121-122).

65. Esemplare simile al precedente D/ Liscio.AE; fusione; forata; Ø mm 62,3; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1405; prov. Correr

66. Esemplare simile al n. 64con ampia cornice modanata.AE; fusione; Ø mm 77; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1386.Questo esemplare è specificamente riportato in Voltolina, 1998, n. 180 (bis).

67. Esemplare simile al precedentecon ampia cornice modanata.AE; fusione; Ø mm 77; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1680.[LM]

giovanni guido agrippa

Questo artista veneziano è conosciuto per le due medaglie eseguite in onore del doge Leonardo Loredan (1501-1521). Esse presentano caratteristiche curiose: hanno il medesimo dritto (il busto del doge Lo-redan) ma un rovescio decisamente con-trastante. Mentre la prima (Hill, 1930, n.

ne della chiesa di San Francesco della Vi-gna. Questo progetto, a tre navate e senza cupola, messo in gara con un altro del San-sovino, descritto in una medaglia di Andrea Spinelli (v. infra cat. 87), risultò però scar-tato (Foscari, Tafuri, 1983, pp. 44-46).[CC]

giovanni falier

Le scarsissime notizie sul veneziano Gio-vanni Falier sono legate a due medaglie eseguite, rispettivamente, per il procurato-re di San Marco Andrea Gritti e per un tal «prete Marco» (Voltolina, 1998, n. 246). Il fatto che il Gritti, eletto procuratore nel 1509, sia divenuto doge nel 1523, porta a identificare il primo quarto del Cinque-cento come l’epoca più probabile dell’atti-vità di questo artista.

64. Andrea Gritti (1455-1538), procuratore di San Marco (1509-1523)primo quarto del XVI secoloD/ . ANDREAE . GRITO . PROCVR . D . MARCI . ; busto del doge a s. con corazza e mantello; sotto il taglio del busto, IO F;R/ OPT . DE . PATRIA . MERITO; Gritti, rivestito di elmo e corazza, con il bastone del comando nella mano destra, arriva in corsa su un cavallo davanti alla porta di una città della quale si scorgono edifici e mura; un uomo, stante nudo di schiena, e a lui rivolto, solleva il braccio destro mentre tiene il sinistro dietro il dorso; all’esergo, GRAT . CIV .AE; fusione; Ø mm 66; Museo Correr, Cl. XXXIX, 119; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 122; Heiss, 1887, pp. 132-133; Catalogo Correr, 1898, p. 26, n. 119; Hill, 1930, n. 464; Voltolina, 1998, n. 180.

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43

44 Bibliografia: Hill, 1930, n. 468; Voltolina, 1998, n. 141.

* Questa medaglia, per motivi redaziona-li, è riprodotta in scala ridotta rispetto alla grandezza naturale.[LM]

fra antonio da brescia

Sulla base delle argomentazioni di Hill, 1930 (pp. 123-124, nota 1) gli studiosi concordano ormai nell’identificare l’auto-re del gruppo di nove medaglie, stilistica-mente coerenti fra loro e recanti la firma «A.», ovvero «F.A.B.», o ancora «FRA. AN. BRIX», in fra Antonio da Brescia (at-tivo fra il 1487 e il 1514). A queste vanno poi aggiunte altre quattro che, pur prive di una sigla, appaiono indiscutibilmente della stessa mano. Sulla base dei sogget-ti raffigurati, è possibile affermare che l’artista, molto apprezzato per l’eleganza del modellato e la fedeltà dei suoi ritratti, operò al di fuori della sua patria, proba-bilmente in una ristretta area che faceva capo a Venezia, ma comprendente anche Padova e Treviso. Le medaglie non recano alcuna data, ma si ritiene che siano state realizzate nell’arco di un trentennio, tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. A quelle conservate presso il Museo Correr vanno aggiunte una terza di Simone Mi-chiel e quelle di Piero Balanzano, Lucina Savorgnan, Alvise Gallo, Roberto Moro-sini, Nicolò Tempesta, Nicolò Vonica e fra Antonio Marcello (Voltolina, 1998, ri-spettivamente nn. 99, 103, 121, 165, 251, 259, 261, 266).

70. Albertino Papafava da Carrara, capostipite del ramo Papafava (1390-1428)ultimo quarto del XV secoloD/ ALBERTINVS . PAPAF . ; busto a s. con corta barba e lunghi capelli;

alessandro leopardi

Il nome di Alessandro Leopardi compare per la prima volta in un documento datato 25 giugno 1482, dove viene definito «testis iuratus», quindi almeno sedicenne. La sua nascita, avvenuta a Venezia, va dunque fis-sata antecedentemente al 1466. Fu orafo, fonditore, architetto, ma anche impiegato in zecca fra il 1484 e il 1887, anno in cui, accusato di aver contraffatto una firma, fu messo al bando dai territori della Serenis-sima (Hill, 1930, p. 123). Ma già l’anno seguente venne richiamato in patria dal Consiglio dei Dieci, che gli affidò l’incarico di condurre a termine la fusione in bronzo della statua di Bartolomeo Colleoni mo-dellata dal Verrocchio. L’opera, conclusa nel 1495, fruttò grande fama al Leopardi (da allora noto come «Alessandro del Ca-vallo»); egli riprese inoltre la sua attività in zecca come maestro stampatore e la man-tenne almeno sino al 1506. Nell’economia del nostro discorso è fondamentale ricor-dare che, nell’agosto del 1505, egli portò a termine i tre pili bronzei portastendardo posti in piazza San Marco, davanti alla Ba-silica. In quello centrale (recante l’iscrizio-ne con la firma del Leopardi e la data) sono visibili tre medaglioni del diametro di 240 millimetri, incastonati nella parte superio-re del supporto bronzeo del pilo, in tutto simili (fatte salve le dimensioni inferiori e l’assenza della cornice) a quello conservato presso il Museo Correr e presentato qui di seguito. La morte del Leopardi si colloca fra il luglio del 1522 e il marzo del 1523.

69. Leonardo Loredan, doge (1501-1521)ca. 1505D/ Busto del doge a d., con veste e corno dogali; ai lati, le iniziali incise, L-L;R/ Liscio.AE; fusione; Ø mm 310; Museo Correr, Cl. IX, 317

466; Voltolina, 1998, n. 135) propone una scena, tanto allegorica quanto movimen-tata, con una coppia di cavalli impetuosi che trascinano uno strano carro su cui si trovano il doge Loredan inginocchiato davanti a una donna (Venezia) seduta sul Leone di San Marco, la seconda medaglia (conservata presso il Museo Correr) è ca-ratterizzata dalla statica rappresentazione di Bernardo Loredan, figlio del doge. In questa seconda medaglia Giovanni Guido Agrippa si qualifica «Cavaliere», ma nulla ci è finora noto riguardo questo suo titolo onorifico.

68. Leonardo Loredan, doge (1501-1521) e il figlio Bernardo (1481-1519)ca. 1519D/ . LEONARDVS LAVREDANVS . ; busto del doge volto a d., con manto e corno dogali;R/ . BERNARDVS LAVREDANVS PRINCIPIS FIL . ; busto di Bernardo Loredan volto a s. con lunghi capelli e berretto; sotto il taglio del busto, A IOANNE GVIDO / AGRIPP EQVIT .AE; fusione; Ø mm 70; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1598

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 113, n. 2; Heiss, 1887, p. 132, n. 2; Hill, 1930, n. 467; Voltolina, 1998, n. 184.

La medaglia fu verosimilmente realizzata verso il 1519. Forse, in occasione della morte prematura di Bernardo Loredan, il doge volle celebrarne il ricordo associan-do alla propria immagine (tratta dal drit-to della medaglia che gli era stata dedica-ta in precedenza) quella del figliolo.[LM]

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46 R/ Entro corona formata da due rami di ulivo intrecciati: VIRTV/TIS / HOSPITIVM / A (fra due foglioline incrociate).AE; fusione; forata; Ø mm 60; Museo Correr, Cl. XXXIX, 102; prov. Correr

Bibliografia: Catalogo Correr, 1898, p. 22, n. 102; Hill, 1930, n. 472; Voltolina, 1998, n. 155.

La medaglia è riprodotta nel II vol, c. 472, del prezioso manoscritto anonimo (ma opera di Giannandrea Giovanelli, secolo XVIII, e postillato dallo stesso E.A. Cico-gna), conservato presso la Biblioteca del Museo Correr, mss. Cicogna, 3071-3075, Medaglie di uomini illustri spettanti per lo più allo stato viniziano.

74. Girolamo Savorgnan, condottiero e architetto militare (1465-1529)ca. 1514D/ HIERONYMVS . SAORNIANVS . OSOPI . D . ; busto di Girolamo Savorgnan a s. con lunga capigliatura;R/ DEFENSVM OSOPVM IN IESV; figura maschile con mantello allacciato al collo, siede su una corazza ed è volta a s. e regge con la d. un modello della fortezza di Osoppo; dietro si erge una Vittoria con la palma, nell’atto di posare una corona sulla testa del Savorgnan; di fronte, a terra, scudo, scure e lancia.AE; fusione; Ø mm 49; Museo Correr, Cl. XXXIX, 103; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 103, n. 7; Heiss, 1887, p. 118, n. VI; Catalogo Correr, 1898, p. 22, n. 103; Hill, 1930, n. 479; Voltolina, 1998, n. 167.

Benché la medaglia non porti le consuete sigle, tutti gli studiosi concordano nell’attri-buirne la paternità a fra Antonio da Brescia

che nel 1499, il Michiel, come Avogador di comun, aveva trionfato nel processo con-tro Antonio Grimani, generale dell’armata veneziana; nel 1500, poi, egli era stato no-minato Procurator di San Marco de citra. Quanto a Dea (Alidea) Contarini, si era sposata con il Michiel nel 1466.

72. Simone Michiel, canonico di Verona (ca. 1470-1535)ca. 1500D/ SIMON . MICHAEL . VENETVS . CANONICVS . VERONENSIS . ; busto di Simone Michiel a s., totalmente rasato, indossante una toga;R/ Entro corona formata da due rami di ulivo intrecciati, VERITATIS (foglia) / ALVMNVS (foglia) / . A .AE; fusione; Ø mm 65; Museo Correr, Cl. XXXIX, 101; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 102, n. 4; Catalogo Correr, 1898, p. 22, n. 101; Hill, 1930, n. 473; Voltolina, 1998, n. 100.

Simone Michiel era figlio di Nicolò e di Dea Contarini (v. medaglia preceden-te); fu nominato canonico di Verona nel 1498. Vi è una seconda medaglia che lo celebra con questo titolo: è caratterizzata dal medesimo rovescio ma con, al dritto, il busto volto a destra (Hill, 1930, n. 474; Voltolina, 1998, n. 99). Infine una terza medaglia (proposta qui di seguito) ricor-da che Simone Michiel venne nominato canonico di Treviso nel 1510.

73. Simone Michiel, canonico di Treviso (ca. 1470-1535)ca. 1510D/ (foglia) SIMON . MICHAEL . VENETVS . CANONICVS . TARVISINVS (foglia); busto di Simone Michael a s., calvo e con barba squadrata, indossante una toga;

R/ Carro allegorico, trainato da due unicorni, sul quale siede una donna con abiti e capelli svolazzanti che tiene con la d. una fiaccola; in esergo, F . A . B .AE; fusione; Ø mm 49; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1460; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 103, n. 5; Heiss, 1887, p. 117, n. IV; Hill, 1930, n. 469; Voltolina, 1998, n. 112.

Albertino Papafava fu il primo dei Carraresi a trasformare il proprio soprannome in co-gnome stabile (forse per opportunità, consi-derata la pessima fama che accompagnava, a inizio Quattrocento, il nome dei da Car-rara). La medaglia, palesemente di “restitu-zione”, fu con ogni probabilità commissio-nata dal figlio Ubertino (m. 1487 e indicato impropriamente, da Heiss e da Hill, come Albertino II, destinatario della medaglia).

71. Nicolò Michiel, procuratore di San Marco, (ca. 1440-1518) e sua moglie Dea Contarinica. 1500D/ NICOL . MICHAEL DOC ET EQS AC . S . MARCI PROCV . ; busto di Nicolò Michiel a s. con un copricapo rotondo; nel taglio del busto, . OP F A B;R/ DEA CONTARENA VXOR EIVS ; busto di Dea Contarini a s. con capelli raccolti sotto un copricapo.AE; fusione; Ø mm 71,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 100; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 102, n. 2; Heiss, 1887, p. 116, n. II; Catalogo Correr, 1898, p. 22, n. 100; Hill, 1930, n. 471; Voltolina, 1998, n. 133.

La medaglia dovrebbe essere stata realiz-zata intorno al 1500. Lo suggeriscono i termini DOC[TOR] e S[ANCTI] MARCI PROCV[RATOR]. Essi richiamano il fatto

47

[73.]

[74.]

[76.]

48 Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 129, n. 11; Catalogo Correr, 1898, p. 70, n. 381; Hill, 1930, n. 481; Pialorsi, 1989, p. 13, n. 2; Voltolina, 1998, n. 201.

77. Francesco Malipiero, magistrato (1493-1562), 1523D/ FRANCISCVS . MARIPETRO . ANDREAE . F . AN . XXX; busto di Francesco Malipiero a d. con lunghi capelli e barba corta e curata;R/ . FIRMAE ET PERPETVAE CARITATI . ; un pellicano con le ali spiegate, nell’atto di lacerarsi il petto, ritto su di un tronco d’albero, da cui si dipartono due rami, poggiato su di un monticello; in esergo, MDXXIII.AE; fusione; Ø mm 62; Museo Correr, Cl. XXXIX, 122; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 125, n. 3; Catalogo Correr, 1898, p. 26, n. 122; Hill, 1930, n. 482; Voltolina, 1998, n. 211.

78. Vincenzo Malipiero, magistrato (1476-1538)1523D/ VINCENTIVS . (MA)RIPETRO . AND . F . AN . AET XLVII . ; busto di Vincenzo Malipiero a d. con lunghi capelli e toga;R/ REGALIS . CONSTANTIA; un’aquila coronata, con ali aperte, su un monticello in mezzo all’acqua; sotto, M.D.XXIII.AE; fusione; forata; Ø mm 63; Museo Correr, Cl. XXXIX, 123; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 124, n. 2; Catalogo Correr, 1898, p. 27, n. 123; Hill, 1930, n. 483; Voltolina, 1998, n. 210.

ambito religioso. Egli produsse anche vari bronzetti e diverse medaglie. Riguardo queste ultime, Hill (1930, pp. 126-130) ne elenca undici, in parte sicure, in par-te attribuite. Il fatto è che nessuna di esse risulta firmata e solo quattro sono datate. Questo naturalmente ha causato notevo-li problemi di attribuzione, al punto che alcuni studiosi precedenti a Hill avevano assegnato le medaglie ad altri autori (ad esempio a fra Antonio da Brescia, oppure a fra Giulio da Brescia ecc.) o erano addirit-tura arrivati a ipotizzare l’esistenza di un misterioso artista, indicato come «Mae-stro del 1523» (Catalogo Correr, 1898, pp. 26-27). In linea di massima le medaglie sono state identificate e attribuite all’Oli-vieri soprattutto sulla base di elementi stilistici. Seguendo un atteggiamento tipi-co del Rinascimento, l’artista si volge con marcato interesse a modelli del mondo classico. È documentata infatti la presen-za, nel suo studio, di sessanta esemplari di «medaglie grandi e piccole», espressione questa che, ai tempi dell’Olivieri, designa-va per lo più le antiche monete romane. Fatta salva la medaglia di Sebastiano Re-nier (Hill, 1930, n. 489; Voltolina, 1998, n. 452), il Museo Correr annovera, nelle sue collezioni, l’intero corpus medaglistico di Maffeo Olivieri.

76. Roberto Maggi, giureconsulto (fine XV-inizio XVI secolo)1522D/ ROBERTVS MAGIVS DIVINI HVMANIQ . IVR . CON . PROT . APO; busto di Roberto Maggi a d. con berretto lobato e veste con largo bavero;R/ LABORE INGENIO ET PROBIT . ; la figura femminile nuda di Minerva, stante di fronte su piccola mensola, tiene con la d. un’asta e con la s. uno scudo con la testa della Gorgone, poggiante su di un elmo; sotto, MDXXII.AE; fusione; Ø mm 79; Museo Correr, Cl. XXXIX, 381; prov. Correr

sulla base delle evidenti analogie stilistiche. Quanto alla datazione, essa è legata alla va-lorosa difesa di Osoppo che vide il Savor-gnan opporsi e resistere alle truppe impe-riali per un mese e mezzo, nel 1514.

75. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 47,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1462.[LM]

maffeo olivieri

Figura preminente del Rinascimento ve-neziano, Maffeo Olivieri (Chiari, 1484-ca. 1543) dimostrò la sua abilità in vari cam-pi: fu scultore, intagliatore nel legno e nella pietra, bronzista e medaglista. Da una polizza d’estimo del 1534, conser-vata presso l’Archivio Storico Civico di Brescia, la “famiglia” dell’artista risulta composta da Mapheus de Oliveriis intalia-tor, dalla moglie Barbara, da due figli, dal fratello Andrea, più giovane di dieci anni e suo collaboratore, e da due garzoni.Figlio di Baldassare, Maffeo era nato a Chiari, in provincia di Brescia, ma si trasferì ben presto a Venezia assieme al fratello Andrea, anch’egli scultore, forse perché nella città lagunare operava già un certo Pietro Olivieri, anch’egli originario di Chiari e figlio di Baldassare, dunque verosimilmente fratello più vecchio di Maffeo (muore nel 1529), confratello e benefattore delle Scuola Grande di San Marco.Marin Sanudo annota, in data 24 dicem-bre 1527 (I Diarii, vol. XLVI, col. 405), che il bresciano Altobello Averoldi, legato apostolico a Venezia (e destinatario di una medaglia dell’Olivieri), offre alla Basilica di San Marco, in occasione del Natale, due candelieri in bronzo da lui stesso commis-sionati al nostro artista. Numerosi furono i lavori di intaglio, anche di grandi dimen-sioni, eseguiti dall’Olivieri soprattutto in

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50 79. Marcantonio Contarini, luogotenente della Patria del Friuli (ca. 1485-1548)1530D/ M . ANT . CONTARENV . IVLIENS . PRESES . ; busto di Marcantonio Contarini a d. con lunghi capelli; nel taglio del busto, MDXXX;R/ PACE CONFECTA . ; figura di donna nuda, posta di fronte, con una lancia nella destra, e, nella sinistra, uno scudo con l’effigie della Gorgone, appoggiato a terra; ai suoi piedi, un elmo.AE; fusione; Ø mm 61; Museo Correr, Cl. XXXIX, 3920

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 176, n. 6; Hill, 1930, n. 484; Voltolina, 1998, n. 277.

Marcantonio Contarini venne eletto Luo-gotenente della Patria del Friuli il 7 mag-gio 1527. All’approssimarsi della scadenza del mandato, nei primi mesi del 1530, gli Udinesi vollero dimostrargli la loro ricono-scenza donandogli questa medaglia (Cico-gna, 1824-1853, VI, p. 308). Poco dopo (14 giugno 1530), in occasione della posa della prima pietra della loggia di San Giovanni, in Piazza Contarena a Udine (oggi Piazza della Libertà), il Contarini volle fossero posti nel-le fondazioni due esemplari della medaglia stessa. Questi furono poi ritrovati durante i lavori di restauro del 1881; uno venne la-sciato in loco e l’altro fu consegnato al Mu-seo Civico (Voltolina, 1998, I, p. 325).

80. Agostino Geronimiano, umanista e poeta (m. 1529)primo quarto del XVI secoloD/ AVGVSTVS VATES; busto di Agostino Geronimiano a s. con capelli lunghi e lisci e con corona d’alloro; in esergo, fregio costituito da due foglie;R/ VRANIA; la musa rappresentata

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52 da una giovane figura femminile nuda, ritta, con lunghi capelli.AE; fusione; forata; Ø mm 33; Museo Correr, Cl. XXXIX, 333; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, II, p. 72, n. 15; Catalogo Correr, 1898, p. 62, n. 333; Hill, 1930, n. 485; Voltolina, 1998, n. 106.

Le facce della medaglia si riferiscono alle due grandi passioni del Geronimiano: al dritto la poesia, che egli coltivò volgendosi soprattutto a Pindaro e a Orazio, e che gli meritò persino l’incoronazione poetica, nel 1489, a opera dell’imperatore Federico III; al rovescio l’astrologia, che egli esercitava servendosi comunque della poesia (questo spiega la presenza della musa Urania). Se-guendo un gusto tipicamente umanistico egli assunse un nome classicheggiante: Pu-blio Augusto Graziano, che compare anche nella medaglia.

81. Altobello Averoldi, nunzio apostolico a Venezia (ca. 1466-1531)ca. 1526D/ ALTOBELLVS . AVEROLDVS . BRIXIEN . POLEN . EPS . VEN . LEGTS . APOST . ; busto di Altobello Averoldi a d. con berretta quadrilobata, veste talare e rocchetto;R/ La Verità nuda, a d., respinge due uomini, pure nudi, a s., che tentano di coprirla con un ampio velo; in esergo, . VERITATI . D .AE; fusione; Ø mm 92; Museo Correr, Cl. XXXIX, 361; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 104, n. 12; Catalogo Correr, 1898, p. 67, n. 361; Hill, 1930, n. 486; Pialorsi, 1989, p. 13, n. 3; Voltolina, 1998, n. 182.

Come si è avuto modo di vedere, l’Averoldi ebbe diretti rapporti con l’Olivieri dato che,

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53del Montegnacco sia stata ordinata a Ve-nezia in occasione del viaggio sopranota-to del 1530, anno in cui si fuse quella del Contarini» (Ostermann, 1888, p. 207).

85. Francesco Roseti, filologo e scrittore (fine XV-inizio XVI secolo)primo quarto del XVI secoloD/ FRANCISC . ROSETVS . VERON . P . ANTO . F . LIBER . ARTIV . PFESS; busto di Francesco Roseti a d. con capelli lunghi e toga;R/ VNO AVVLSO NON DEFICIT ALTER . POSTERITATI . ; un fanciullo nudo nell’atto di staccare un ramo da una palma. Sul suolo due cumuli di fronde; in esergo, un uccello entro un serto che poggia su due rami incrociati con foglie trilobate, che si estendono oltre le estremità della linea dell’esergo.PB; fusione; Ø mm 70; Museo Correr, Cl. XXXIX, 424; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 176, n. 17; Catalogo Correr, 1898, p. 75, n. 424; Hill, 1930, n. 490; Voltolina, 1998, n. 257.

Il motto del rovescio che riecheggia Eneide, VI, 143: «primo avolso, non deficit alter» («rotto il primo, ne spunta un secondo») ha avuto una certa fortuna nell’ambito medaglistico dell’area veneta; compare ad esempio in due medaglie di G.F. Neidinger dedicate ai fratelli Marco e Agostino Barbarigo, appartenenti alla storia metallica della famiglia Barbarigo (Voltolina, 1998, nn. 1274, 1275).

86. Leonardo Zantani, magistrato(secolo XVI)secondo quarto del XVI secoloD/ LEONARDVS . ZANTANI . ANTONII . F . AN . XLVII; busto di Leonardo Zantani a d. con lunghi capelli lisci e toga;

anche perché, nel corso dei combattimenti, il Loredan aveva subito e sopportato eroi-camente una gravissima bruciatura che gli era costata l’uso di una mano. Nel celebra-re il personaggio, forse in occasione della morte, l’Olivieri colse l’evidente analogia con l’episodio di Muzio Scevola per offrire un’immagine, sul rovescio della medaglia, dal forte sapore classico.

83. Esemplare simile al precedenteca. 1530; AE; fusione; Ø mm 60,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1434

84. Sebastiano Montegnacco, patrizio veneto (ca. m. 1540)ca. 1530D/ SEBASTIANVS MONTENIAC . P . V. ; busto di Sebastiano Montegnacco a d. con lunghi capelli e toga;R/ CASSIANVM . SOL . ET . IMPENSA . RESTAVRATVM . ; veduta della fortezza; sullo sfondo, un grande albero; in esergo, S . C. AE; fusione; Ø mm 62; Museo Correr, Cl. XXXIX, 498; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, II, p. 215, d.; Catalogo Correr, 1898, p. 86, n. 498; Hill, 1930, n. 488; Ostermann, 1888, pp. 205-207; Voltolina, 1998, n. 278.

Evidente l’analogia stilistica fra questa e la medaglia di Marcantonio Contarini (n. 79). Anche questa va inserita nella tipo-logia delle medaglie di benemerenza, se non altro perché porta la sigla «SC» che identifica, come committente, il Senato della Repubblica di Venezia. A parere di Ostermann la medaglia sarebbe stata con-segnata al figlio di Sebastiano, Leonardo, in occasione di uno dei viaggi diplomatici da lui effettuati a Venezia per conto della città di Udine: «Io credo che la medaglia

nel 1527, mentre era nunzio apostolico a Venezia, egli commissionò all’artista i due celebri candelieri per farne dono alla Basi-lica di San Marco, dove sono tuttora con-servati. Il fatto che i candelabri riportino incisa una scritta praticamente identica a quella del dritto della medaglia (Hill, 1930, p. 128) costituisce un indizio rilevante per l’attribuzione della medaglia all’Olivieri. Inoltre, questa circostanza potrebbe auto-rizzare una datazione più tarda, rispetto a quella del 1517-1523, indicata da alcuni studiosi (Pialorsi, 1989, p. 13; Voltolina, 1998, I, p. 222). La realizzazione della medaglia andrebbe dunque fissata dopo il 1526, quando l’Averoldi iniziò il suo se-condo mandato di nunzio a Venezia.

82. Jacopo Loredan , castellano di Brisighella nel 1508-1509 (m. 1535?)ca. 1530D/ IACOBVS LAVREDANVS IO F. ; busto di Jacopo Loredan a d. con lunghi e folti capelli che coprono le guance, indossante la toga;R/ (MA)NVV . P . PATR . VSTIONE . GENTIS . AVTOREM . IMITAT : APVD . BRASEGELL. ; Muzio Scevola stante di fronte con la corazza, mano sinistra sul petto e la destra che impugna una daga sopra un braciere con base costituita da un tripode.AE; fusione; Ø mm 63; Museo Correr, Cl. XXXIX, 121; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 124, n. 1; Catalogo Correr, 1898, p. 26, n. 121; Hill, 1930, n. 487; Voltolina, 1998, n. 154.

Nell’aprile del 1509 Jacopo Loredan, co-mandante veneziano del castello di Brisi-ghella (presso Ravenna), dopo una dispera-ta resistenza era costretto ad arrendersi alle truppe della Lega di Cambrai. L’episodio, ricordato dal Sanudo nei suoi Diarii (VIII, coll. 128-129), destò profonda impressione

54 drea Spinelli mostra un impianto del tutto diverso [rispetto a quella del Camelio]. Tutte le aperture – il portale, ora concluso a semicerchio, l’occhio sopra di esso, la bifo-ra, l’occhio circolare entro il timpano – sono poste al centro della facciata; ai lati sono solo due grandi nicchie, prive di riferimen-to rispetto al corpo edilizio retrostante. Una tale facciata presuppone una chiesa a navata unica; risulta caduta l’ipotesi del recupero e dell’eventuale ristrutturazione della vecchia chiesa. […] E forse perché una tale soluzio-ne presuppone una totale ridefinizione del corpo della chiesa, lo Spinelli ce ne offre una veduta di scorcio, atta a consentire di “leg-gere” – oltre alla facciata – anche il fianco e il gioco complessivo dei volumi» (Foscari, Tafuri, 1983, p. 46).Il 15 agosto 1534 venne dato inizio ai la-vori con la cerimonia della posa della pri-ma pietra, nel corso della quale vennero deposte nelle fondamenta la medaglia del Camelio o quella dello Spinelli o, più pro-babilmente, entrambe. Come è noto però, nel 1535, una serie di circostanze (fra cui l’intervento del frate minorita Francesco Zorzi) portarono a un ripensamento; in corso d’opera il progetto sansoviniano venne profondamente modificato, in par-ticolare per quanto riguarda la facciata, e la riprogettazione e la direzione dei lavori furono affidati ad Andrea Palladio.

88. Il doge Andrea Gritti e la chiesa di San Francesco della Vigna a Venezia (secondo tipo)1534D/ . ANDREAS . GRITI . DVX . VENETIAR MDXXIII; busto del doge a s. in altorilievo, con corno dogale ornato e manto dogale liscio;R/ DIVI . FRANCISCI . MDXXXIIII (tra due foglie di quercia); rappresentazione prospettica della facciata e del fianco destro della chiesa secondo il progetto sansoviniano; in esergo, AN . SP . F .

della Vittoria di Lepanto, un unicum in oro conservato presso il Museo Bottacin di Pa-dova (per il quale si rinvia a quanto indica-to nel saggio introduttivo a p. 11), il Museo Correr conserva l’intero corpus medaglisti-co dello Spinelli.

87. Il doge Andrea Gritti e la chiesa di San Francesco della Vigna a Venezia (primo tipo)1534D/ ANDREAS . GRITI . DVX . VENETIAR. ET . C . ; busto del doge a s. in altorilievo, barbuto, con corno e manto dogali ornati;R/ DIVI . FRANCISCI . MDXXXIIII (tra due foglie di quercia); rappresentazione prospettica della facciata e del fianco destro della chiesa secondo il progetto sansoviniano; in esergo, AN . SP . F .AE; coniazione; Ø mm 39; Museo Correr, Cl. XXXIX, 149; prov. Cicogna

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 155, n. 5; Catalogo Correr, 1898, p. 31, n. 149; Gorini, 1977, p. 57, n. 354; Voltolina, 1998, n. 287.

Questa medaglia, assieme alla seguente (che differisce solo per alcuni particolari del dritto), è un documento storico-artistico di straordinaria importanza. Essa infatti rap-presenta la più precisa (se non unica) testi-monianza iconografica del progetto messo a punto da Jacopo Sansovino per la ricostru-zione della chiesa di San Francesco della Vi-gna, nel 1534. A parere di Foscari e Tafuri, la medaglia è complementare a quella del Camelio (v. n. 63) riproducente un secondo progetto (forse dello Scarpagnino) che ven-ne però bocciato (Foscari, Tafuri, 1983, pp. 43-48). Prima di procedere a una puntuale analisi della medaglia e addirittura alla «sua trascrizione planimetrica», gli autori della monografia su San Francesco della Vigna affermano che la «medaglia coniata da An-

R/ . PERPETVITATI . D . ; una fenice, ad ali aperte, sopra una pira; lo sguardo volto al sole in alto sulla s.AE; fusione; Ø mm 64; Museo Correr, Cl. XXXIX, 124; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 51; Catalogo Correr, 1898, p. 27, n. 124; Hill, 1930, n. 491; Voltolina, 1998, n. 455. [LM]

andrea spinelli

Andrea Spinelli nacque a Parma nel 1508; è assai probabile che egli si sia inizialmente formato alla scuola di Giovanni Francesco Bonzagni, valente artefice presso la zecca di Parma. Passato poi a Venezia, nel 1535 entrò nella zecca lagunare come aiuto del primo incisore Pietro Benintendi. Una volta morto costui, agli inizi del 1540, lo Spinelli ne occupò il posto, come risulta da un’or-dinanza del 24 maggio dello stesso anno. Nella sua vita egli alternò l’attività di primo incisore dei conii delle monete e delle oselle della zecca con quella d’incisore di medaglie celebrative. Si dedicò anche al commercio di libri e stampe; in questa attività fu affianca-to dal figlio Giacomo che, però, sembra, gli premorì. Risiedeva nella parrocchia di San Giuliano, in prossimità di Piazza San Mar-co, e il suo negozio recava l’insegna «Alla Corona».Straordinariamente abile nell’incisione dei conii, egli seppe realizzare medaglie in cui l’essenzialità dei ritratti dei dritti si coniu-gava con la ricchezza e l’attenzione per i particolari dei rovesci; l’esempio più con-vincente è offerto dalla precisione delle due medaglie che, nel rovescio, riproducono il progetto messo a punto da Jacopo Sansovi-no per la ricostruzione della chiesa venezia-na di San Francesco della Vigna. Nel 1572 il figlio Marcantonio gli successe nell’incarico alla zecca; nello stesso anno Andrea Spinelli morì; il suo sepolcro si trova in un andito del campanile di San Francesco della Vigna.A eccezione della medaglia celebrativa

55AE; coniazione; Ø mm 37; Museo Correr, Cl. XXXIX, 150; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 155, n. 5; Heiss, 1887, pp. 1343-135, n. I; Cata-logo Correr, 1898, p. 32, n. 150; Voltolina, 1998, n. 288.

La medaglia differisce dalla precedente solo per alcuni particolari del dritto: una parte dell’iscrizione (presenza dell’anno d’inizio del dogado del Gritti) e alcune varianti nel-la rappresentazione del busto (dimensioni più massicce e aspetto più vigoroso) e del manto dogale (privo di ornamenti).

89. Esemplare simile al precedenteAE; coniazione; forata; Ø mm 36,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1612.

90. Esemplare simile al precedenteAE; coniazione; Ø mm 38; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1613.

91. Esemplare simile al precedentecircondato da un’ampia cornice modanata.AE; fusione (originale coniato); Ø mm 53; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1604.Questo esemplare è specificamente riportato in Voltolina, 1998, n. 288 (bis).

92. Antonio da Mula, duca di Candia (ca. 1460-ca. 1539)1538D/ . ANT . MVLA . DVX . CRETAE . X . VIR . III . CONS . IIII . ; busto di Antonio da Mula a s., quasi calvo, con toga;R/ . CONCORDIA . (fiore) . FRATRVM . 1538; Antonio Da Mula e Marcantonio Trevisan, togati, si stringono la mano; in esergo, AND . SPIN . / F .

fig. 6. Lucio Vero (161-162 d.C.)aureo, zecca di Roma

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57accanto a lui, come vuole la tradizione, il leone; in esergo, AND . SPINELI . F . / . 1540 .AE; coniazione; forata; Ø mm 38,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 152; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 154, n. 2; Heiss, 1887, p. 136, n. IV; Cata-logo Correr, 1898, p. 32, n. 152; Voltolina, 1998, n. 320.

La presenza di San Girolamo, nell’icono-grafia del rovescio, trova spiegazione nel fatto che il personaggio celebrato si chia-mava appunto Girolamo. Non a caso lo stesso rovescio è stato utilizzato per un altro Girolamo, ugualmente senatore, Gi-rolamo Zane (cfr. n. 97). Curioso il fatto che i due senatori, recanti lo stesso nome ed effigiati dallo stesso autore in medaglie tanto simili, morirono nello stesso anno, il 1543.

96. Esemplare simile al precedenteAE; fusione (originale coniato); Ø mm 39; difetto di fusione; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1568; prov. Correr.

97. Girolamo Zane, senatore (ca. 1461-1543)1540D/ HYERO . ZANE SENAT . OPT . ; busto di Girolamo Zane a s., con corta barba e mantello;R/ San Girolamo nel suo eremo in preghiera davanti al Crocifisso, accanto a lui, come vuole la tradizione, il leone; in esergo, AND . SPINELI . F . / . 1540 .PB; fusione (originale coniato); Ø mm 39; Museo Correr, Cl. XXXIX, 153; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 154,

AE; coniazione; Ø mm 40; Museo Correr, Cl. XXXIX, 151; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 154, n. 1; Heiss, 1887, p. 135, n. III; Ma-jer, 1952, p. 9; Voltolina, 1998, n. 302.

La medaglia celebra il da Mula (duca di Candia dal 1536 fino alla morte, avvenu-ta poco dopo il 1539). Nel rovescio viene ricordata la felice collaborazione fra co-stui e il capitano Marcantonio Trevisan (futuro doge), che consentì di respingere l’attacco del corsaro Ariadeno, detto il Barbarossa, il 12 giugno 1538. Il tipo del rovescio riprende quello di al-cune monete emesse da Marco Aurelio (RIC, III, pp. 214-217, nn. 7-11, 41-46, pp. 277-279, nn. 795-803, 823-832) e Lucio Vero (RIC, III, pp. 249-252, nn. 448-456, 470-474 e p. 316, nn. 1278-1296, 1308-1316), nelle quali al ro-vescio compaiono questi due imperatori romani, togati, che si stringono la mano (fig. 6).

93. Esemplare simile al precedenteAE; coniazione; Ø mm 40,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1566.

94. Esemplare simile al precedenteAE dorato; coniazione; forata; Ø mm 40,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1567.

95. Girolamo Querini, senatore (ca. 1461-1543)1540D/ . HIERON . QVIRIN . SENAT . INTEGERR; busto di Girolamo Querini a s., quasi calvo e con corta barba, indossante la toga;R/ San Girolamo nel suo eremo in preghiera davanti al Crocifisso, [98.]

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59R/ ADRIACI . REGINA . MARIS; figura femminile, simboleggiante Venezia, seduta sul Leone di San Marco, tiene con la destra una bilancia, con la sinistra una cornucopia; sulla d. trofeo d’armi, sulla s. una galea su un mare ondoso; in esergo, . AND . SPINELLI . / F .AE; coniazione; Ø mm 40; Museo Correr, Cl. XXXIX, 4910

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 155, n. 6; Gorini, 1977, pp. 57-58, n. 357; Vol-tolina, 1998, n. 320.

La scritta «SENATVS VENETVS» farebbe pensare a una medaglia promossa dal Se-nato della Repubblica in occasione della elezione a doge di Pietro Lando, appunto nel 1539, a sottolinere le speranze che in lui si riponevano per il bene di Venezia.

100. Devozione veneziana, l’adorazione dei Magi1542D/ A s. la Madonna seduta, con il Bambino sulle ginocchia, alle sue spalle San Giuseppe; è volta a d. e riceve l’omaggio dei tre Magi: uno inginocchiato davanti a lei, la corona per terra, gli altri due in piedi. Sopra la Sacra Famiglia una tettoia, sopra i re splende la stella cometa. Nell’esergo: . AND . SPINEL . / F ;R/ Entro ghirlanda, 1542 / HINC / VENETAE / PIETATIS / FRVCTVS.AE; coniazione; Ø mm 39; Museo Correr, Cl. XXXIX, 154; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 156, n. 7; Catalogo Correr, 1898, p. 32, n. 154; Voltolina, 1998, n. 334.[LM]

n. 2; Catalogo Correr, 1898, p. 32, n. 153; Heiss, 1887, p. 137, n. VII; Voltolina, 1998, n. 321.

98. Bernardo Soranzo, duca di Candia (ca. 1460-1549) 1540D/ . BERNARDVS (fregio a forma di rametto) SVPERANTIO . ; busto del Soranzo volto a s.; sotto il taglio del busto, . ANDREAS - SPINELI . F . / M . S .R/ . MDXL . / . BERNARDO . / SVPERANTIO CORCIRAE INSVLAE . PREF . / . CRETAE . DVCI . TERT . / VENETIAR . CONSILIARIO / . SEX . X . VIRALI . / . DIGNITATE . / . FVNCTO . AE; fusione; Ø mm 330; Museo Correr, Cl. XI, 1053

Bibliografia: Lazari, 1859, p. 199, n. 1053; Heiss, 1887, p. 136, n. V; Voltolina, 1998, n. 319.

* Questa medaglia, per motivi redaziona-li, è riprodotta in scala ridotta rispetto alla grandezza naturale.

Una replica di questa medaglia (di di-mensioni molto più contenute, 65,2 mil-limetri) è riportata in Voltolina, 1998, n. 335. Il busto del Soranzo vi risulta però rivolto a destra e la scritta del rovescio, praticamente identica, ma incisa, presen-ta l’anno MDXLII in luogo del MDXL.

99. Celebrazione di Venezia 1539D/ CONCORDIA . PARVAE . RES CRESCVNT; Cristo risorto, mentre regge il vessillo, ritto in piedi, volto a s. in atto di benedire il doge Pietro Lando e cinque senatori in atteggiamento supplice; sopra, SENATVS / VENETVS; in esergo, fra due stelle, 1539;[98 R.]

60 alessandro vittoria

Trasferitosi in tenera età a Venezia dalla nativa Trento, Alessandro Vittoria (Trento, 1525 - Venezia, 1608) si formò alla scuola di Jacopo Sansovino di cui divenne collabo-ratore. Legò il suo nome alla decorazione a stucco di importanti opere architettoniche (si pensi alla Scala d’oro di Palazzo Duca-le), alla ideazione e ricostruzione di edifici sacri veneziani e, soprattutto, alla scultura. Sue statue di santi si trovano in diverse chiese della città lagunare, suo è il Mercurio all’esterno di Palazzo Ducale, ma non meno celebre è la serie di busti-ritratto, dedicati ai maggiori personaggi veneziani del suo tem-po. Proprio questa attenzione per il ritratto è alla base della produzione medaglistica del Vittoria. Nelle sue medaglie egli propo-ne i busti dei personaggi in grande rilievo, su uno sfondo neutro che, isolandoli da un qualsiasi contesto, ne enfatizza l’immagine. Il primo grande committente di medaglie del Vittoria fu Pietro Aretino. Varie lettere di questo intellettuale ci informano che l’artista cominciò a modellare fin dal 1551, dietro sua esplicita richiesta o per sua ispi-razione, ritratti dell’Aretino stesso, delle sue amanti e persino del duca d’Atri Gio-vanni Francesco Acquaviva (Leithe-Jasper, 1999, p. 256, n. 26). Agli anni cinquanta va fissato anche l’inizio della sua attività al servizio dell’umanista, scienziato e me-cenate Tommaso Rangone, che, fra l’altro, commissionò al Vittoria la realizzazione di cinque medaglie. Altre medaglie furono dedicate ad artisti quali il musicista Nicolò Vicentino o i pit-tori Anselmo Canera (Voltolina, 1998, n. 470) e Bernardino India (Voltolina, 1998, n. 475). A un temporaneo ritorno del Vit-toria a Trento, sede conciliare, va fissata la medaglia per il Grande di Spagna Fran-cesco da Toledo (Leithe-Jasper, 1999, p. 257, n. 25). Il Vittoria realizzò anche un autoritratto (Voltolina, 1998, n. 474) e una tessera della Passione (Correr, Cl. XXXIX, n. 5528). Esistono infine varie ipotesi di at-tribuzioni al Vittoria di medaglie anonime,

[101.]

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[99.]

61riprodotta, fu realizzata prima del gennaio del 1553, quando l’Aretino scriveva al Vit-toria: «In quanto mo alle due medaglie, che nello stile vostro rappresentano l’effigie mia (…) mi son sute fino a casa portate; certo come il riverso come in ciascun’altra sua manifattura mi piace, del getto non parlo, perché non troppo merita nel rilievo di lau-de (…).» (Lettera ad Alessandro Vittoria, in Aretino, 1957, II, pp. 427-428). La perples-sità dell’Aretino per la scarsa nitidezza del rovescio è in qualche modo condivisibile, dato che risulta difficile leggerne in modo chiaro l’iconografia. Dovrebbe comunque trattarsi di quattro potenti personaggi che recano omaggio all’Aretino e si inchinano di fronte a tanto “flagello”. L’Aretino infat-ti, in una lettera destinata, nel dicembre del 1552, a Ersilia da Monte, aveva scritto di sé: «i principi dai popoli tributati di continuo, tuttavia me, loro schiavo e flagello tributa-no». Riportando tale testo e confrontandolo con il motto del rovescio della medaglia, Giammaria Mazzuchelli non esitava ad af-fermare che «l’inventore di questo rovescio sia stato l’Aretino medesimo» (Mazzuchelli, 1830, p. 115). Quanto al motto del dritto, l’aggettivo “divino” si ritrova già nel Furioso di Ariosto: «ecco il flagello / de’ principi, il divin Pietro Aretino» (XLVI, 14).

102. Caterina Chiericati, aristocratica vicentina (secolo XVI)1552D/ CATTERINA CHIEREGATA; busto di Caterina Chiericati a d., con capelli raccolti in una treccia annodata sulla nuca, orecchini pendenti, abito panneggiato e annodato sul petto; sotto, A V;R/ Liscio.AE; fusione; Ø mm 53; Museo Correr, Cl. XXXIX, 242; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 160, n. 2; Catalogo Correr, 1898, p. 47, n. 242;

per le quali si rinvia a Leithe-Jasper, 1999. Alessandrò Vittoria morì a Venezia nel maggio del 1608 e fu sepolto nella chiesa di San Zaccaria.

101. Pietro Aretino, intellettuale e poligrafo(1492-1556) 1552D/ . DIVVS . PETRVS . ARETINVS . A . V; busto di Pietro Aretino a d., con lunga barba e semicalvo, indossante un soprabito con collo di pelliccia su cui spicca un’insegna cavalleresca dal collare a grosse maglie;R/ I PRINCIPI TRIBVTATI DAI POPOLI . IL SERVO LORO TRIBVTANO; l’Aretino, barbuto e imponente, riceve, seduto su di uno scranno, l’omaggio di quattro personaggi che gli porgono in dono ricchi vasi; in primo piano, una piccola cesta da cui fuoriesce una collana.PB; fusione; forata; Ø mm 59,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 241, prov. Correr

Bibliografia: Mazzuchelli, 1830, pp. 114-115, tav. IV; Armand, 1883-1887, I, p. 159, n. 1; Catalogo Correr, 1898, p. 47, n. 241; Cessi, 1960, pp. 58-59, tav. 8; Leithe-Jasper, 1999, pp. 258-260, nn. 28-30; Vol-tolina, 1998, n. 468.

Pietro Aretino ebbe un ruolo importante nella carriera artistica di Alessandro Vittoria, che protesse, consigliò e incoraggiò nella realizzazione di medaglie. La riconoscenza del Vittoria si concretò in almeno due me-daglie recanti l’immagine dell’Aretino mu-nito della catena d’oro massiccio donatagli nel 1533 da Francesco I re di Francia, con evidenti analogie con più di un ritratto a lui dedicato da Tiziano (Leithe-Jasper, 1999, p. 258). Di certo la prima medaglia, uniface, fu ultimata prima del novembre 1552 (cfr. Lettera a Lucietta Saracina, in Aretino, 1957, II, pp. 412-413), mentre la seconda, qui

[102.]

[104.]

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62 Rangone a chiarire che quelle denomi-nate medium e magnum furono opera di Matteo Pagano (v. nn. 111, 117) men-tre la minus fu realizzata da Martino da Bergamo (Catalogo Correr, 1898, p. 82, n. 470; Voltolina, 1998, n. 505). Le altre cinque furono opera di Alessandro Vitto-ria. Quella che viene qui presentata è il tipo minimum; le dimensioni molto mo-deste sono comprensibili dato che fu re-alizzata anche in oro e argento. L’aspetto giovanile del Rangone e il fatto che, caso unico, non si ritrovi ancora nella scritta il soprannome «Filologo», autorizzano una datazione anteriore al 1553.

107. Tommaso Rangone per la ricostruzione della chiesa di San Giuliano a Venezia(ca. 1485-1577)ca. 1554D/ THOMAS / PHILOLOGVS / RAVENNAS PHISICVS / ERE / PROPRIO CONSTRVI / FECIT ANNO / M.D.LIIII; R/ DVCATVS / INCLITI PRINCIP/IS VENETORVM MA/RCI ANTONII TRIV/ISANO BNME / ANNO / . I .AE; coniazione; Ø mm 36,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 2128

Bibliografia: Weddigen, 1974, n. 9; Pasi, 1973, p. 12; Gorini 1976, p. 210, n. 1; Vol-tolina, 1998, n. 483.

Si tratta della prima delle cosiddette lit-terae e si riferisce all’inizio della riedifi-cazione della chiesa di San Giuliano cui lo stesso Vittoria partecipò cooperando con il Sansovino alla progettazione del-la facciata e realizzando la celebre statua bronzea del Filologo ancora oggi visibile sopra la porta principale.

105. Caterina Pasquale (secolo XVI)ca. 1553D/ CATERINA PASQUALE; busto di Caterina Pasquale a d., con capelli a treccia annodata sulla nuca, orecchini pendenti, abito panneggiato; sotto, A. V.;R/ Liscio.AE; fusione; forata; Ø mm 55; Museo Correr, Cl. XXXIX, 244; prov. Correr

Bibliografia: Catalogo Correr, 1898, p. 47, n. 244; Cessi, 1960, p. 52, tav. 6; Voltoli-na, 1998, n. 465; Leithe-Jasper, 1999, p. 266, n. 39.

106. Tommaso Rangone, umanista e mecenate (ca. 1485-1577)ca. 1552D/ THOMAS . RANGONUS RAVEN . ; busto di Tommaso Rangone a d., con lunga barba, indossante la toga;R/ LEO IMPERAT SOL ET APOLLO; Il sole sovrasta Apollo che, seduto, incorona la testa di un leone.AE; fusione; Ø mm 18; Museo Correr, Cl. XXXIX, 471; prov. Correr

Bibliografia: Catalogo Correr, Catalogo Correr, 1898, p. 82, n. 471; Pasi, 1973, pp. 10-11, n. 1; Voltolina, 1998, n. 493; Leithe-Jasper, 1999, p. 267, n. 41.

Dal Catalogo dei libri di Tommaso Ran-gone, dal Catalogo che ordina il corteo funebre del personaggio e dal suo Testa-mento (1577) (cfr. al riguardo Pasi, 1973, p. 24, nota 11) risulta che, nel corso della sua vita, costui promosse la realizzazio-ne di otto medaglie a lui dedicate: cinque recanti la sua effigie e da lui stesso chia-mate minimum, minus, medium, magnum, maximum; tre caratterizzate dalla sola iscrizione e definite litterae. È ancora il

Cessi, 1960, p. 50, tav. 5 a; Voltolina, 1998, n. 463; Leithe-Jasper, 1999, p. 263, n. 35.

La medaglia fu realizzata prima del novem-bre 1552, l’Aretino ne parla con evidente compiacimento nella già citata (n. 101) Lettera a Lucietta Saracina, affermando che all’artista era riuscito «di esprimere la mansuetudine, la gravità e la grazia de la Chieregata Caterina sublime».

103. Esemplare simile al precedentePB; fusione; forata; Ø mm 52,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 243; prov. Correr.Questo esemplare è specificamente riportato in Catalogo Correr, 1898, p. 47, n. 243.

104. Caterina Sandella, moglie di Pietro Aretino (secolo XVI)ca. 1553D/ . CATERINA . . SANDELLA . ; busto di Caterina Sandella a s. con treccia arrotolata sulla nuca e abito drappeggiato; sotto, A. V.;R/ Liscio.AE; fusione; Ø mm 55; Museo Correr, Cl. XXXIX, 247; prov. Cicogna

Bibliografia: Armand, 1883-1887, I, p. 160, n. 4; Catalogo Correr, 1898, p. 48, n. 247; Cessi, 1960, p. 61, tav. 13 b; Voltolina, 1998, n. 485; Leithe-Jasper, 1999, p. 265, n. 38.

Certamente successiva al novembre 1552, questa medaglia rappresenta Caterina Sandella, governante, amante e, dal 1548, moglie dell’Aretino. A costui la Sandella diede, nel 1537, una figlia di nome Adria, rappresentata, assieme alla madre, in una medaglia che sembra però difficilmente attribuibile al Vittoria (Voltolina, 1998, n. 360).

63

[108.]

[107.]

[106.]

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64 di Giunone, distesa su di un letto circondato da quattordici stelle; sotto, tre gigli e tre uccelli in volo.AE; fusione; Ø mm 39; Museo Correr, Cl. XXXIX, 246; prov. Correr

Bibliografia: Catalogo Correr, 1898, p. 48, n. 246; Pasi, 1973, pp. 17-20; Voltolina, 1998, n. 512; Vannel, Toderi, 2003, n. 551.

Parlando del Vittoria si è avuto modo di elencare gli otto tipi di medaglie che il Rangone volle venissero dedicati alla sua persona. È lo stesso Filologo ravennate a dirci che questo è il tipo medium e che il suo autore è il Pagano. La decodificazio-ne dell’iconografia del rovescio è stata a lungo discussa; sembra comunque ormai accertato che si tratti della “seconda” na-scita di Ercole, cui viene donata l’immor-talità: viene accostato al seno di Giunone Ercole, la dea si ridesta all’improvviso e il latte sprizza nel cielo dando origine alla Via Lattea, mentre sulla terra fa sbocciare i gigli. Il tema appare sviluppato in for-ma molto simile in un quadro, di poco successivo, del Tintoretto (L’origine della Via Lattea) ora conservato alla National Gallery di Londra (National Gallery. Illu-strated general catalogue, London, 19862, p. 615, n. 1313).

112. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 39,5; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1502.

113. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 40; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1499.

114. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; forata; Ø mm 38,9; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1501.

AE; fusione; Ø mm 51; Museo Correr, Cl. XXXIX, 456; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, II, p. 229, n. 24; Catalogo Correr, 1898, p. 80, n. 456; Voltolina, 1998, n. 519.

Difficile precisare una datazione per que-sta medaglia che celebra il geniale inven-tore di due strumenti “sperimentali”, l’ar-ciorgano e l’archicembalo. Unico spunto utile il fatto che, nel 1561, Nicolò Vicen-tino pubblicò, a Venezia, una Descrizione dell’Arciorgano, nel quale si possono ese-guire i tre generi della musica.[LM]

matteo pagano

Incertissime le notizie biografiche su Matteo Pagano, che va forse identificato con lo xilografo Matheus Paganus a Fide, attivo a Venezia dal 1543. Egli fu auto-re di due medaglie dedicate a Tommaso Rangone. Come si è visto (cfr. n. 106) fu lo stesso Filologo a precisare le caratteri-stiche e gli autori delle “sue” medaglie e persino l’ordine con il quale si dovevano far sfilare nel suo corteo funebre. In as-senza di tali indicazioni tutte le medaglie del Rangone sarebbero state attribuite ad Alessandro Vittoria o addirittura a Jaco-po Sansovino e nulla si sarebbe saputo di Matteo Pagano.

111. Tommaso Rangone, umanista e mecenate (ca. 1485-1577) ca. 1560D/ THOMAS . PHILOLOGVS . RAVENNAS . (punti a forma di fiore); busto di Tommaso Rangone volto a d. con lunga barba; rivestito della toga;R/ A . IOVE . ET . SORORE . GENITA . ; Giove, sotto forma di aquila, posa il neonato Ercole sul seno

108. Tommaso Rangone per la fondazione del «Collegio Ravenna» a Padova(ca. 1485-1577)ca. 1558D/ . THOMAS . PHILOLOGUS . RAVENNAS . ; busto di Tommaso Rangone a d. con lunga barba e toga.R/ VIRTVTE PARTA DEO ET LABORE; figura femminile simboleggiante la Virtù che incorona un bue, simbolo del lavoro e dello zelo, dall’alto Dio, a braccia aperte, irrora con la sua luce la scena.AE; fusione; Ø mm 54; Museo Correr, Cl. XXXIX, 469; prov. Correr

Bibliografia: Armand, 1883-1887, II, p. 196, n. 18; Catalogo Correr, 1898, p. 82, n. 469; Hill, 1930, n. 417; Pasi, 1973, pp. 15-16, n. 5; Voltolina, 1998, n. 502; Leithe-Jasper, 1999, p. 268, n. 42.

Si tratta del cosiddetto esemplare maxi-mum, realizzato per celebrare l’istituzione del «Collegio Ravenna» destinato a stu-denti indigenti, di preferenza ravennati. A confermarlo è il fatto che i motti del dritto e del rovescio si trovavano scritti sui muri interni del Collegio.

109. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 53; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1435.

110. Nicolò Vicentino, musicista(1511-ca. 1576)ca. 1561D/ VINCENTINVS NICOLAS; busto di Nicolò Vicentino a s. con lunga barba;R/ PERFECTAE MVSICAE DIVISIONISQ . INVENTOR; un organo con incisa la scritta ARCIORGANUM e un cembalo con incisa la scritta ARCHICEMBALUM.

65115. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; Ø mm 39; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1503.

116. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; forata; Ø mm 40; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1500.

117. Tommaso Rangone, guardian grande della Scuola di San Marco (ca. 1485-1577) 1562D/ THOM . PHILOL . RAVEN . PHYS . EQ . GVARD . D . MAR . MAG . ; busto di Tommaso Rangone a d. con lunga barba e toga; a s., 1562;R/ A . IOVE . ET . SORORE . GENITA . ; Giove, sotto forma di aquila, posa il neonato Ercole sul seno di Giunone, distesa su di un letto circondato da quattrodici stelle; sotto, tre gigli e tre uccelli in volo.AE; fusione; Ø mm 39; Museo Correr, Cl. XXXIX, 245; prov. Correr

Bibliografia: Catalogo Correr, 1898, p. 47, n. 245; Pasi, 1973, pp. 20-22; Voltolina, 1998, n. 522; Vannel, Toderi, 2003, n. 555.

Si tratta dell’esemplare che il Rangone defi-nisce magnum. La medaglia è molto simile alla precedente, salvo per la legenda del dritto. In essa infatti compare la data 1562 e i prestigiosi titoli che il Rangone ottenne in quell’anno: il 14 marzo fu nominato ca-valiere di San Marco e poco dopo guardian grande della Scuola di San Marco.

118. Esemplare simile al precedenteAE; fusione; forata; Ø mm 39; Museo Correr, Cl. XXXIX, 1498.[LM]

[111.]

[117.]

[119.]

66 bibliografia

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Sull’affascinante figura di Elisabetta Querini (legata da un più che «onesto affetto» al car-dinal Pietro Bembo) basterà riportare questo passo di G. Degli Agostini (Notizie istorico critiche intorno la vita e le opere degli Scrit-tori Viniziani, Venezia 1752-1754, II, pp. 574-575) in cui si fa cenno anche a questa medaglia: «Lisabetta di Francesco Querini, quanto più illustre per la cognizione delle lettere, e per grandezza d’animo, altrettanto famosa per la bellezza del corpo: Venne co-stei celebrata in parecchi leggiadrissimi so-netti sì dal Cardinal Pietro Bembo, come da Monsignor della Casa, a’ quali usò rarissimi segni di onesto affetto, e d’impareggiabile generosità. Tiziano Vecellio Pittor celeberri-mo, fece il di lei ritratto, cui Piero Aretino, non sempre maledico, appose un Sonetto di lode, che appunto si legge nel Libro III delle sue Lettere. V’è anche medaglia in bronzo di lei nel Museo Gradenico, veggendosi al lato destro l’effigie col suo nome all’intorno: ELISABETTAE QUIRINAE, e al sinistro le tre Grazie senza leggenda».[LM]

danese cattaneo

Nato circa nel 1512 a Carrara, o, forse, a Colonnata nelle Alpi Apuane, il Cattaneo frequentò la bottega di Jacopo Sansovino dapprima a Roma poi a Venezia, dove re-alizzò i suoi primi lavori. Nel 1533 si recò a Padova e, con altri artisti, fu impegnato nella decorazione a stucco della cappella di Sant’Antonio nella Basilica del Santo. Tor-nò quindi a Venezia dove ebbe larga parte nelle maggiori opere architettoniche del Sansovino e dove eseguì la medaglia per Elisabetta Querini. Assieme ad altri artisti lavorò per diversi anni alle sculture deco-rative della Libreria Marciana e s’impegnò largamente nella ritrattistica ufficiale. Nel 1546 scolpì un ritratto (perduto) di Gio-vanni dalle Bande Nere e ne realizzò anche il busto in alcune medaglie (cfr. Vannel, Toderi, 2003, nn. 541, 542). A uno dei suoi capolavori, il busto di Pietro Bembo (1547), sembra ispirarsi una medaglia ano-nima raffigurante al dritto il celebre lettera-to e al rovescio il cavallo Pegaso (cfr. Volto-lina, 1998, n. 312). La sua attività si svolse anche in molti altri grandi centri del Vene-to con l’esecuzione di busti, cariatidi, sta-tue, numerosi bronzetti e vari monumenti sepolcrali (la tomba del senatore Giovanni Andrea Badoer, quella del doge Leonardo Loredan ecc.). Il Cattaneo fu anche un va-lido poeta; progettò un poema, intitolato Vittoria navale, legato alla battaglia di Le-panto; a lui Torquato Tasso guardò come a un maestro. Morì a Padova nel 1572.

119. Elisabetta Querini, nobildonna veneziana (secolo XVI) secondo quarto del XVI secoloD/ ELISABETTAE QVIRINAE; busto di Elisabetta Querini a s. con treccia annodata sulla nuca;R/ Tre Grazie.AE; fusione; Ø mm 43; Museo Correr, Cl. XXXIX, 117; prov. Correr.

67Romanelli, 1982G. Romanelli, Ritrattistica dogale: ombre, immagi-ni e volti, in I Dogi, a cura di G. Benzoni, Milano, pp. 125-158

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